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Professore Manno

Sbobinatrici Silvia Bosso, Giorgia Buscaino


Titolo Skill – Posizionamento sondino nasogastrico

Il professore fa un’introduzione precisando che, sebbene si tratti di una skill pratica, è materialmente impossibile portare
degli studenti del quarto anno a mettere il sondino naso-gastrico in pazienti del pronto soccorso, anche perché si tratta
di una manovra fastidiosa per il paziente che può essere riluttante. Secondo lui, inoltre, bisogna costruire prima una
salda base teorica per capire cosa si sta facendo esattamente mentre si esegue questa procedura che, con un po’ di
pratica, si effettua facilmente. La teoria in questo caso serve soprattutto per capire se il paziente sia un caso particolare
e quali siano le possibili complicanze della procedura. Durante questa lezione si vedranno comunque tutti i materiali
utilizzati e un video finale.

Perché si mette un sondino nasogastrico?

Di seguito sono riportate le quattro principali indicazioni. Viene esclusa l’applicazione nel post-operatorio che, oltre a
far parte di altre dinamiche, è un compito prettamente dell’anestesista (prima o durante l’intervento).

• Sospetta (o certa) occlusione intestinale. In questo caso il paziente con dolore addominale importante,
distensione, vomito, alvo chiuso a feci e gas: è necessario detendere l’apparato digerente. Innanzitutto, se non
si mette il sondino e non si drena un po’ il contenuto addominale, il paziente non è visitabile perché ha troppo
dolore. È inoltre importante osservare ciò che viene fuori dal drenaggio, per fare diagnosi differenziale con
l’ematemesi, nonché per costruire la diagnosi vera e propria. Il professore afferma di non amare le descrizioni
poco scientifiche tipo “vomito caffeano” e aggiunge che fornirgli una definizione del genere all’esame comporta
la bocciatura: ci si esprime in termini condivisi dalla comunità scientifica internazionale.
Se ad esempio, una volta posizionato il sondino, si drenano 500cc di bile liquida giallo-verdastro, è verosimile
che il paziente abbia un’occlusione alta (a livello del digiuno, duodeno). Se, invece, si drenano 500/1000cc di
materiale francamente enterico (spesso descritto con un altro termine che a dire del prof. non significa niente:
fecaloide) è verosimile che il paziente soffra di una lezione bassa: a livello di sigma, retto, colon. Si può iniziare
così a formulare un’ipotesi diagnostica.
Il posizionamento del sondino nasogastrico può avere anche una valenza terapeutica nel caso di un ileo a-
dinamico (in cui non ci sono stenosi né massa occludente, il volvolo è assente, così come le compressioni ab
estrinseco). Comunemente lo si riscontra in pazienti con ascite o con metastasi peritoneali da CAP ovarico. In
quest’ultima situazione, in particolare, si crea una sorta di paralisi riflessa della peristalsi del movimento
intestinale per cui il paziente si comporta come un occluso vero e proprio. È importante allora posizionare il
sondino e detendere l’apparato digerente per fornire all’organismo il segnale che il problema del blocco è
finito. Col passare di ore e talvolta giorni potrebbe seguire una ripresa lenta della peristalsi (su cui magari si
agisce anche con una paracentesi). Purtroppo in questi casi la chirurgia può far poco, salvo l’utilizzo di protocolli
avanzati di chirurgia del peritoneo in situazioni particolari.
• Ematemesi. In questi casi il posizionamento del sondino nasogastrico è l’unico modo per capire se il paziente
dev’essere avviato immediatamente a una procedura diagnostica operativa oppure può aspettare. Se vengono
drenati 300cc di sangue rosso vivo che riempie la busta, verosimilmente si tratta di un sanguinamento attivo e
bisognerà chiamare l’endoscopista, il radiologo interventista e tutte le figure del caso che devono
immediatamente procedere. Nel caso in cui vengano drenati invece 200cc di sangue con dei coaguli e magari
tracce di bile, è meno probabile che sia una situazione acuta quindi il paziente viene indirizzato alle stesse figure
specialistiche di cui sopra, ma programmando l’intervento e prendendosi il tempo per fare altri esami
preliminari. Bisogna precisare che in situazioni del genere fare l’emocromo in prima battuta non serve a molto.
Nella pratica clinica, di fronte a un paziente in shock emorragico (pallido, con 80 di massima, 150 di frequenza,
anurico, sudato), se si controlla l’emocromo, l’emoglobina probabilmente risulterà a 9,8. Dopo 30 minuti
arriverà a 5,8 verosimilmente, ma se ci si basa solo sull’emocromo iniziale sembra vada tutto bene.
Un falso mito da sfatare è che in caso di rottura di varici esofagee si possa peggiorare la situazione del paziente
inserendo il sondino: non è mai stato dimostrato! Al contrario, l’emorragia gastrointestinale alta da rottura di
varici esofagee è un’emergenza vera e propria, per cui lo stomaco si riempie subito di sangue, forte irritante

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per la mucosa gastrica, che porta il paziente a vomitare molto sangue. Posizionare il sondino e “svuotare” lo
stomaco per quanto possibile, non solo rende gestibile il paziente, dolorante e probabilmente sotto shock, ma
aiuta anche gli endoscopisti nella successiva procedura terapeutica di legatura o sclerosi delle radici,
rendendola più agevole. Questa manovra in urgenza potrebbe essere fatta addirittura con il “siringone”,
aspirando. In fine, se il paziente dovesse perdere il controllo del vomito, non riuscendo a vomitare, ci sarebbe
il rischio che il suo contenuto gastrico finisca nel polmone, causando una polmonite ab ingestis, verosimilmente
letale. Omettendo questa importantissima manovra di tutela, si rischia anche la reclusione.
• Nutrizione enterale. Il sondino si utilizza anche nei casi in cui l’apparato digerente risulta sano, ma il paziente
non riesce più ad inghiottire e far progredire il bolo: si pensi alle malattie neurologiche degenerative (malattie
del motoneurone, sclerosi multipla), alle malattie internistiche (sclerodermia, esofago a tubo di cartone), in
qualche caso anche le neoplasie avanzate del cavo orale. Il sondino per la nutrizione enterale è concepito,
tuttavia, come soluzione temporanea e non dev’essere mantenuto nel paziente per un tempo superiore a 30
giorni. Superato questo limite, il sondino non solo è più sostenibile essendo un grosso limite nella quotidianità,
ma può dare anche delle lesioni da decubito (o da pressione) sulle narici, che finirebbero per ulcerarsi e, in casi
estremi, andare in necrosi. Oltre il primo mese, dunque, viene appurato che il paziente abbia definitivamente
perso l’attività peristaltica e la vera ed unica soluzione consiste nella PEG, gastroscopia percutanea.
L’endoscopista posiziona un dispositivo in materiale plastico nello stomaco, attraverso la parete addominale,
in modo da collegare la cavità gastrica con l’esterno. Per quanto la procedura non sia esente da complicanze e
il tubicino possa “disposizionarsi”, generalmente si tratta di una soluzione molto ben gestita dai familiari e
talvolta addirittura dal paziente stesso. Permette una nutrizione completa, ci sono dei preparati appositi, e ha
il vantaggio di nascondersi sotto i vestiti, rendendo il dramma del paziente più sostenibile. Il posizionamento
di un sondino nasogastrico a scopo nutrizionale ha caratteristiche diverse da quello tradizionale, innanzitutto
per le caratteristiche intrinseche del sondino stesso. La nutrizione enterale è naso-enterica (non nasogastrica)
perché la maggior parte dei nutrienti somministrati sono già digeriti e devono andare nell’intestino, non nello
stomaco. Chiaramente, non sarebbe grave se andassero nello stomaco invece che nell’intestino, ma non è
ottimale sottoporre gli alimenti che hanno una certa preparazione ad una doppia digestione. Inoltre, è diverso
il segmento intestinale in cui viene collocato il sondino, che in questo caso va posizionato una volta superato
l’angolo di Treitz della prima ansa digiunale. A differenza del sondino tradizionale, il sondino nutrizionale ha un
mandrino metallico all’interno che lo rende più robusto e più facile da direzionare. La manovra di
posizionamento va comunque fatta in radiologia, con l’aiuto della scopia. Dopo aver indossato un camice di
piombo, si comincia a sistemare il sondino e si chiede al tecnico di vedere il punto esatto in cui si trova il
mandrino metallico. In questo modo l’operatore si rende conto se deve o meno avanzare, vede la C duodenale
e l’angolo di Treitz. Al termine della procedura, il sondino metallico va estratto e conservato: lo
sposizionamento successivo del sondino naso-enterale è molto comune, in questi casi si riutilizza lo stesso
mandrino e si riposiziona il tutto con assoluta facilità. Altrimenti verrebbe sprecato il materiale, in quanto si
dovrebbe aprire una nuova confezione con sondino e mandrino, cestinare il sondino ed utilizzare solo la parte
metallica.
• Per somministrare carbone vegetale attivo in pazienti che hanno abusato di farmaci (casualmente o,
soprattutto, per scopo suicidario). Se il paziente è collaborante il carbone si può tranquillamente far bere,
altrimenti si posiziona il sondino, che viene comunque lasciato per un po’ dato che il carbone viene dato 1-2
volte a distanza di 6h tra una somministrazione e l’altra. È importante chiarire che non si tratta di una lavanda
gastrica (manovra effettuata invece dagli anestesisti che “mettono un tubo in bocca” e applicano lavaggi
continui con la fisiologica e carbone vegetale). Il professore precisa che, tra l’altro, “lavanda gastrica” è uno dei
termini non scientifici di cui sopra e che al suo posto va usata la corretta denominazione: gastrolusi.

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Cosa serve per inserire il sondino nasogastrico?

Innanzitutto servono i guanti e, non essendoci nessuna indicazione alla sterilità, basta lavare le mani e indossarli, come
per qualunque procedura medica. I sondini a disposizione sono 3: di 12, 14 e16 french (misura di diametro che
corrisponde ad 1/3 di mm), in ordine bianco, verde e arancione. Si può immaginare lo stomaco di un occluso come un
recipiente, una vasca d’acqua che bisogna drenare, sicuramente con un tubo di grande calibro di fa più in fretta, quindi
potremmo usare il sondino da 16 french, quindi quello arancione, che però è molto grosso e quindi posizionarlo
potrebbe non essere facile. Il sondino da 12 french, quello bianco, invece è veramente piccolo, infatti si usa poco.
Normalmente quindi si usa il verde (14 french).
Però se si ha solo il sondino arancione lo si usa lo stesso; se invece si ha solo quello bianco prima si cerca di recuperarne
un altro, se non ci si riesci si usa il bianco. Serve il gel, fondamentale per umettare la punta del catetere e far scivolare
meglio il sondino, inoltre in questo un po’ di antisettico locale, importante per l’approccio alle prime vie aeree. Serve
poi una siringa da 60, chiamata però normalmente siringone o schizzettone (fondamentale per gli urologi quando
mettono i cateteri vescicali per lavare), importante per valutare se si è realmente nello stomaco o in un altri distretti.
Domanda studente: se ci troviamo di fronte ad un bambino, che sondino mettiamo?
Il professore afferma che la skill è sul sondino naso-gastrico in paziente adulto ed il professore non sa la procedura in
un bambino. Però, come si vedrà nella dinamica di posizionamento, è fondamentale la collaborazione del paziente ma,
per definizione, un bambino non collabora, quindi di fronte a situazioni piuttosto rare in cui c’è la necessità di mettere
un sondino è una manovra che si fa con l’aiuto degli anestesisti.
Serve poi il sistema di raccolta che normalmente è una busta. Il sondino naso-gastrico si mette a caduta, tranne in un
caso specifico di occlusione intestinale, di cui si parlerà alla fine della lezione. Quindi serve anche un cerotto, perché se
non viene fissato immediatamente dopo un secondo, il sondino naso-gastrico è per terra. In questi casi il paziente dice
“casualmente”, ma nel 99% è perché il paziente se lo sfila.
Abbiamo già detto che il materiale è flessibile.
Altra caratteristica importante è che ha:
- una parte colorata (bianca, verde o arancione) che è la campana di raccordo, che serve per collegare il sistema di
raccolta (la busta) o il siringone,
- Una parte finale, la punta, che è un millebuchi, perché se ci fosse solo un buco dopo un secondo sarebbe chiuso, in
quanto materiale enterico e sangue sono estremamente viscosi.
Come si mette il sondino? Il paziente è semi-seduto. Infatti la complicanza più temibile e più grave che si può correre
è creare un reflusso di materiale enterico nell’apparato respiratorio con conseguente polmonite ab ingestis. Quindi
la tutela principale è proprio mettere il paziente semi-seduto e non mettere mai il sondino in un paziente sdraiato.
Si fa una manovra di misurazione della lunghezza ideale del posizionamento, cioè quando arrivando a questa tacca
verosimilmente si ha superato la giunzione esofago-gastrica.
Considerazione fondamentale: le skills chirurgiche prevedono tutte una conoscenza dell’anatomia, non bisogna andare
alla prova se non si è saldi nell’anatomia delle cose di cui si parla. Se si è in fallo in questi concetti si viene subito bocciati,
perché non è tollerabile che uno studente del 4 anno non conosca l’anatomia. Lo stesso vale quando si parla di ernia, di
esplorazione rettale.
Quindi bisogna ripassare bene queste cose, ad esempio in questo caso a che altezza si trova la giunzione esofago-
gastrica. Si prende il sondino e si fa naso-orecchio, orecchio-xifoide dello sterno e si mette un cerottino (in realtà è una
manovra che non fa nessuno perché totalmente inutile - all’esame però bisogna farlo, se si salta si viene bocciati). Si
bagna molto bene la punta del catetere nel gel. Si inizia con la testa del paziente inclinata all’indietro perché è molto
più facile seguire il pavimento della narice e superare la coana. Si spinge il sondino dolcemente, 10 cm più o meno ed il
paziente inizia a tossire, questo significa che si è nel retro-faringeo e a questo punto bisogna chiedere la collaborazione
del paziente. C’è bisogno che il paziente deglutisca in modo da chiudere l’epiglottide, permettendo il passaggio del
sondino nella via digerente, incorrendo un rischio minore di andare nel compartimento respiratorio. Quindi si dice al
paziente di prendere un sorso d’acqua e di non lo inghiottirlo fino ad indicazioni del medico, in modo tale che quando il
paziente inghiotte si va avanti con il sondino, con un movimento ritmico (paziente inghiotte-sondino va avanti).
Piccola nota personale del professore: lui non utilizza questa tecnica, perchè questo è controproducente e
potenzialmente problematico, infatti normalmente i pazienti occlusi non sono giovani e collaboranti, anzi sono anziani,
stanno malissimo e non capiscono più niente, vomitano e spesso sono poco collaboranti. Quindi già il paziente
normalmente non vuole il sondino, poi gli si dice che deve prendere l’acqua ma non la deve inghiottire etc.

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Così nei casi in cui si riesce a farglielo fare il paziente si strozza con l’acqua. E’ molto più facile dire “inghiotti come se
inghiottissi gli spaghetti”, così il paziente manda giù la saliva e tutto il resto che c’è in bocca e nel frattempo si inserisce
il sondino.
Questa procedura utilizzata dal professore NON deve essere fatta all’esame, in cui invece bisogna utilizzare la procedura
standard.
La cosa che non si deve assolutamente fare e che invece molti fanno è inzeppare il sondino come dei matti. Il
posizionamento del sondino naso-gastrico è una manovra estremamente fastidiosa. Chi già c’è passato non si fa
rimettere il sondino. Oltre al fatto che se si infila il sondino velocemente il rischio del reflusso aumenta enormemente.
La manovra si fa con calma e soprattutto dopo 3/4 mandate ci si ferma, si tranquillizza il paziente, gli si dice di stare
calmo, che la manovra è riuscita e soprattutto di respirare. Infatti molti pazienti in questa congestione non respirano,
se la fanno in apnea, quindi gli si deve dare tregua.
Inoltre dopo 3/4 mandate bisogna guardare in bocca perché la cosa più comune che può capitare è che il sondino a
questo livello si arricci. Spesso si va avanti senza guardare in bocca, si arriva al segnalino che indica il superamento della
giunzione esofago-gastrica, ma il sondino non drena, si prova ad aspirare di nuovo e comunque non drena e allora ci si
chiede cosa c’è di sbagliato e alla fine il problema è che il sondino sta in bocca. Quindi bisogna sfilare il sondino e
ricominciare da capo, ma se già inizialmente il paziente non voleva farsi mettere il sondino, opporrà ancora più
resistenza.
Se invece dopo 3 mandate si guarda in bocca e si vede che è arricciato, si sfila quel pezzettino e si ricomincia in maniera
molto più gestibile.
In seguito, arrivati al segnalino, si hanno 3 possibilità:
- drena spontaneamente il materiale enterico biliare -> fissare il sondino
- non drena granchè ma con il siringone si aspira materiale enterico biliare -> fissare il sondino
- non drena, non aspira, ma in bocca non ci sta nulla perchè è stata controllata prima, quindi ci si chiede se ci si trova
nello stomaco. Ovviamente non si può lasciare il sondino messo senza sapere dove si trova, bisogna sempre accertarsi
della posizione (tutti i medici hanno nell’armadio uno scheletro di un caso clinico in cui “sicuramente il sondino è
nello stomaco, impossibile che stia nel polmone” e invece poi con una lastra di controllo si è scoperto che il sondino
era nel bronco).

Come si vede che il sondino è nello stomaco?


Si prende il famoso siringone con circa 30cc di aria e lo si dà all’infermiere. Si prende il fonendoscopio e lo si posiziona
a livello dell’epigastrio. Si dice all’infermiere “vai” e lui spara il contenuto del siringone, l’aria: se si sente il borborismo
verosimilmente, nel 90% dei casi, ci si trova nello stomaco.
Se invece il borborio non si sente? Quali sono i casi in cui sentire il borborismo? Non è facile soprattutto in certe
situazioni. Esempio: paziente occluso di 180kg, si mette il sondino ma sentire il borborismo potrebbe non essere
facilissimo in quanto il paziente ha una pancia molto pronunciata.
Caso opposto: paziente di 50 kg con ernia iatale da scivolamento, buona parte dello stomaco sta nel torace, quindi il
sondino ha fatto un grande giro, salendo e scendendo, anche in questo caso in corrispondenza dell’epigastrio potrebbe
non essere semplicissimo sentire il borborismo.
Se dopo aver fatto la manovra del borborismo ma non si è sicuri, dato che bisogna avere la certezza che il sondino si
trovi nello stomaco, bisogna rifare la manovra una seconda volta.
Se anche dopo questa manovra non si è sicuri, bisogna sfilare il sondino, perché il rischio è troppo grande.
Se in questi primi casi lo si rimette e si hanno di nuovo problemi, si può chiedere la collaborazione dei radiologi e fare
una verifica radiologica del posizionamento del sondino.
Ma questo nonostante sia scritto in tutte le linee guida, fatte fondamentalmente dagli infermieri, non è la routine; infatti
se si chiede più e più volte aiuto al radiologo, questo alla terza volta chiederà “ma tu cosa vuoi da me?”
Il posizionamento del sondino si valuta come detto prima (con la manovra del borborismo).
Poi ovviamente, parlando con il radiologo, esprimendo i propri dubbi ed incertezze si può chiedere la collaborazione,
ma bisogna farsi la propria esperienza, perché il sondino normalmente non viene controllato con la radiologia.
Sarà diverso nel caso di un paziente non collaborante che pone delle problematiche diverse.
Quali sono le complicanze del posizionamento del sondino?
- L’arricciamento in bocca è una sequela, non una complicanza e si sa come comportarsi; non c’è un modo per evitarlo,
non c’è una strategia per evitare che si arricci.

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- Il reflusso di materiale enterico durante la procedura ha la sua pericolosità, quindi bisogna stare attenti e bisogna
fare la manovra molto lentamente e con attenzione per non esasperare questa situazione che si verifica di routine.
- Il passaggio in vie aeree: quando invece di andare nell’apparato digerente si sta andando in quello respiratorio il
paziente normalmente presenta una tossa incoercibile per lo stimolo irritativo nella trachea. Se si verifica questo si
sta dando al paziente un occlusione acuta delle vie respiratorie, quindi il paziente è livido, paonazzo e se avesse un
saturimetro (cosa che non si ha perché è una procedura che si fa senza l’utilizzo di questo) si vedrebbe la picchiata
della saturazione; inoltre con il sondino si drena un po’ di muco e un po’ sangue. Se ci sono queste cose bisogna sfilare
immediatamente il sondino, dare ampia tregua al paziente e poi si può riprovare.
- Altra complicanza estremamente temibile ma rara è l’epistassi al passaggio della coana, una problematica doppia
perché: è una complicanza grave, c’è ematemesi importante, quindi di otorino, tamponamento anteriore, alcune
volte posteriore e poi pregiudica la manovra, infatti non si può mettere il sondino dopo. Solitamente è una
complicanza che si ha nei pazienti scoagulati. In questi pazienti bisogna fare ancora più attenzione, sopratutto nella
coana, è meglio bagnare ancora di più il sondino con il gel, magari si può anche mettere di routine quello bianco che
è più piccolino, ma per il resto si mette esattamente come in tutti gli altri pazienti.
E’ stato detto che il sondino naso-gastrico si mette a caduta, qual è l’unico caso in cui il sondino si mette e poi si fa
un’aspirazione rapida del contenuto intestinale?
In una situazione molto comune di interesse chirurgico che è l’ernia inguinale quando è intasata o incarcerata dalla
presenza di un’ansa.
La soluzione in questo caso è la riduzione dell’ernia con una manovra manuale, non semplicissima ed estremamente
dolorosa, che inoltre può non riuscire.
In questi casi se si drena abbastanza velocemente tutto il contenuto che sta nelle anse intestinali a monte della strettoia,
in buona porta parte dei casi si detende questa parte dell’ansa che sta dentro e la manovra di riduzione è molto più
facile, addirittura in qualche caso più fortunato si vede proprio l’ernia che rientra.
Quindi in questo caso l’aspirazione rapida del materiale si deve fare perché è virtuosa. Però bisogna stare attenti. Perché
muore un paziente occluso? Si ricorda che l’occlusione intestinale è un’urgenza chirurgia. Muore di shock ipovolemico
relativo perché il suo contenuto di liquidi viene sequestrato in apparato digerente. Un occluso normalmente si dice in
chirurgia che “può aspettare la mattina dopo”, ma ovviamente bisogna compensarlo, quindi bisogna dare liquidi
abbondanti perché c’è il rischio di passare da uno shock ipovolemico relativo ad uno assoluto. Invece perché muore un
paziente perforato? Per shock settico, quindi il perforato “non può aspettare”, perchè lo shock settico è velocissimo nel
dare le sue nefaste conseguenze.

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