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Materia: fisiatria (ortopedia – medicina riabilitativa)

Argomento: lombalgia, low back pain


Professoressa: T. Paolucci
Data: 2/11/2022

LOMBALGIA – LOW BACK PAIN

DEFINIZIONE
Una delle patologie più diffuse tra quelle del sistema muscolo scheletrico è la lombalgia, nota anche come
low back pain (LBP). Si tratta di una patologia idiopatica ricorrente che colpisce il tratto lombare della
colonna vertebrale caratterizzata da dolore in sede lombare o dorso-lombare e limitazione funzionale non
attribuibile ad una condizione patologica specifica (non specific LBP). Il dolore lombare è un dolore
localizzato a valle della scapola fin sopra il solco intergluteo con o senza irradiazione, con dolore alla radice
o dolore sciatico.
Il termine “aspecific”o “non specific” low back pain non vuol dire che a monte non sia stata effettuata una
diagnosi clinica. L’aspetto importante in ambito medico e riabilitativo è la presa in carico globale del
paziente, per cui si deve trattare il sintomo dolore (in questo caso la lombalgia) relativamente ad una causa
ben precisa. Infatti, la diagnosi clinica orienta anche la scelta del trattamento sia farmacologico sia
riabilitativo.
Il termine “aspecifico” spesso viene abusato per fare riferimento a quelle forme di mal di schiena che non
sono propriamente riconducibili alla situazione di ernia o di protrusione, come una sindrome faccettale
(lombalgia cronica aggravata dall’ortostatismo) o una contrattura muscolare antalgica di un disturbo
posturale che si inquadra nell’ambito dei paramorfismi e che in un certo momento della vita del paziente si
presenta e si esplica con dolore. La diagnosi è quindi fondamentale per iniziare un approccio riabilitativo.

CAUSE
Ne sono molte, una forma di mal di schiena aspecifico
potrebbe non essere dovuto semplicemente a un DIM
(disturbo intervertebrale minore), quindi un disturbo
della faccetta articolare più che del disco
intervertebrale. Il paziente potrebbe avere metastasi a
livello del rachide o un tumore primitivo come un
mieloma. Potrebbe essere un dolore irradiato di tipo
vascolare in caso di aneurisma dell’aorta addominale
(AAA). Potremmo avere pazienti con problemi
dell’apparato uro-ginecologico come endometriosi, cisti
ovariche, sindrome della cauda equina. Un’altra causa potrebbe essere una frattura (se la frattura è franca
il dolore è fortissimo, come una coltellata e il pz non riesce a respirare). Se è un crollo vertebrale la
sintomatologia è molto più subdola. Anche le malattie reumatiche possono determinare LBP, ma è un
dolore diverso rispetto a quello muscolo-scheletrico sia come presentazione sia come risposta al
trattamento riabilitativo.
La diagnosi differenziale è importantissima per evitare di danneggiare il paziente. Per esempio, in caso di
neoplasia (il paziente lamenta un dolore notturno) è fortemente controindicato un trattamento con

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ipertermia, utilizzato invece per gestire una contrattura. Confondere una neoplasia con una contrattura è
quindi un errore grave che porta ad operare al di fuori delle linee guida e ad allungare i tempi di diagnosi.
Ugualmente, un pz con AAA non risponde al trattamento per il mal di schiena. Se non riconosciuto, un AAA
può portare il vaso alla rottura e sarà necessario un intervento chirurgico in urgenza. È necessario quindi
partire da una diagnosi certa. L’esame obiettivo e la risposta ai trattamenti ci aiutano a capire se la diagnosi
è corretta. Questo perché in caso di una lombalgia comune (posturale, DIM, contrattura antalgica,
disfunzione per ernia espulsa) si possono prevedere le tempistiche di guarigione. Quando non otteniamo la
risposta che ci aspettiamo nel tempo previsto, dobbiamo sospettare che la diagnosi non sia corretta.

CLASSIFICAZIONE
La lombalgia viene suddivisa in basa alla modalità di insorgenza e alla durata del dolore in:
- acuta (meno di 4 settimane);
- subacuta (da 4 a 12 settimane);
- cronica (più di 12 settimane): solo il 10-12% dei pazienti con lombalgia comune cronicizza. In realtà il
dolore cronico diventa una patologia a sé stante, con altre tipologie di mantenimento. Si ricorre a un tipo di
approccio non solo meccanicistico ma neuro-cognitivo perché in qualche modo il paziente va a
memorizzare il dolore. In realtà si può parlare già di dolore cronico nel caso in cui siamo di fronte a una
situazione che non evolve così come dovrebbe essere fisiologicamente. In altre parole, se io so che quel
dolore legato a quella tendinopatia in 10 giorni deve esaurirsi, non devo aspettare 12 settimane per
chiamare quel dolore “cronico”. Quindi se supera il tempo fisiologico di guarigione è già un dolore cronico.
Più del 70-90% delle persone avrà almeno un episodio di mal di schiena una volta nella vita. Ogni anno il
15%-45% degli adulti soffre di dolore lombare e una persona su venti si presenta con un nuovo episodio.
Nella metà dei casi l’evento acuto può recidivare ma fortunatamente solo il 10% dei pazienti va incontro a
cronicizzazione.

PATOLOGIE STRUTTURALI DELLA COLONNA VERTEBRALE


Le patologie strutturali della colonna che
possono determinare il dolore lombare
sono:
- scoliosi: intesa come scoliosi
propriamente detta, dismorfismo in cui la
colonna è deviata sia sul piano laterale sia
sul piano frontale e presenta sempre la
rotazione vertebrale. Si parla invece di
atteggiamento scoliotico quando è
assente la rotazione vertebrale. Parlare di
atteggiamento scoliotico e di scoliosi
propriamente detta dal punto di vista del
trattamento è completamente diverso.
Nell’atteggiamento scoliotico si può
decidere di eseguire una osservazione
clinica, di dare indicazioni rispetto all’ergonomia posturale, quindi di spiegare al paziente come muoversi
nella quotidianità per evitare il mal di schiena anche attraverso protocolli riabilitativi brevi. Nel caso invece

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di una scoliosi propriamente detta il trattamento riabilitativo è immediato. La scelta dell’intensità, del
setting e della frequenza settimanale del trattamento si basa sulla gravità della scoliosi, facendo riferimento
al classico angolo di Cobb;
- ipercifosi;
- iperlordosi.
La maggior parte delle disfunzioni dolorose sulla colonna sono alterazioni strutturali che riguardano il piano
laterale. Questo perché le tre curvature fisiologiche della colonna (lordosi cervicale, cifosi toracica e lordosi
lombare) compensano a monte o a valle tutto quello che accade, dà fastidio o irrigidisce un tratto del
rachide. Nel paziente in fase di crescita l’alterazione strutturale viene in qualche modo compensato dai
tessuti molli e la cosa che preoccupa di più è contenerne l’evolutività. Nell’adulto invece non abbiamo il
problema dell’evolutività (se la scoliosi è di 15 gradi Cobb così rimane, al massimo in età geriatrica con
l’osteoporosi può aumentare di qualche grado). Quello che subentra e ci preoccupa è l’aspetto del dolore
perché il sistema diventa più rigido ed ha meno possibilità di compensi e adattamenti. È questo che provoca
dolore e mantiene l’alterazione posturale, creando retrazioni muscolari e tutto quello che ne consegue.
Ecco perché l’ipercifosi e l’iperlordosi possono diventare sintomatiche ed esplicarsi con il sintomo dolore.

FATTORI DI RISCHIO
I fattori di rischio comprendono:
- Età: contrariamente a quello che si potrebbe pensare, l’età più colpita è quella giovanile dai 25 ai 55 anni.
- Sesso maschile: sia per abitudini e attitudini lavorative sia per attitudine costituzionale legata alla statura
soprattutto soggetti molto alti spesso hanno una colonna più rigida sul piano sagittale. L’atteggiamento
classico è quello di avere la postura con il bacino retroverso con una verticalizzazione del rachide lombare e
con un irrigidimento della colonna a livello dorsale e cervicale.
- Dimensione del canale spinale: se il canale è ristretto, il paziente potrebbe rispondere meno al
trattamento riabilitativo. Il dolore in questo caso ha caratteristiche diverse rispetto al comune mal di
schiena.
- Gravidanza: per aumento della lordosi lombare.
- Sovrappeso e obesità
- Alterazione della lordosi fisiologica (iperlordosi, rettilineizzazione)
- Asimmetria del bacino
- Attività lavorative e sportive o ludiche: movimenti ripetuti di flessione, rotazione o estensione possono
essere dannosi per la colonna. Alcune attività sportive come l’equitazione o la ginnastica artistica
mobilizzano tantissimo la colonna. Pazienti che congenitamente nascono con uno scivolamento vertebrale
possono provare mal di schiena dopo aver iniziato a praticare queste attività. In questo caso si consiglia di
non praticare sport che lavorano in iperestensione.
- Fattori psicologici: come depressione, ansia e disturbi del comportamento. È vero che possiamo
somatizzare nel corpo alcuni disagi ma bisogna fare attenzione a non ricondurre frettolosamente tutto a un
problema psicologico quando non si riesce a trovare una causa organica e meccanicistica.

CAUSE MECCANICHE

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Le cause meccaniche più diffise sono la
spondiloartrosi, patologia degenerativa, l’ernia
discale, la spondilolisi, traumi e scoliosi.
Nell’immagine in basso al centro si vede uno
scivolamento vertebrale. Questo deve essere
stadiato con un grading e bisogna valutare se è
stabile o instabile attraverso una radiografia in
dinamica che il paziente effettua flettendo il
tronco. Se quando il paziente muove la colonna
questo scivolamento non si modifica, non c’è
l’indicazione chirurgica e al dolore non si
associano deficit di tipo neurologico. Il
trattamento è prettamente conservativo (si
rafforzano gli addominali). Nell’immagine in alto
a sinistra si vede un classico crollo vertebrale da mal tenuta del muro anteriore, che nel corpo vertebrale è
la parte meno ricca di trabecolature. All’aumentare dell’età le vertebre si decalcificano e il corpo inizia a
deformarsi assumendo una classica forma a cuneo. Il dolore che il paziente riferisce è subdolo e sordo
(mentre nella frattura è come una coltellata) e quando si arriva a fare l’accertamento radiografico spesso la
fase acuta è già passata. Nel referto si parla di “esito” oppure “in fase di guarigione”. Nell’immagine in alto
a destra invece si vede la protrusione (in rosso) che va a comprimere la radice nervosa. In questo caso non
si parla di lombalgia comune ma di radicolopatia che si distingue in lombocruralgia, lombosciatalgia o altro
a seconda dell’irradiazione.

CAUSE REUMATOLOGICHE
Le cause reumatologiche che principalmente colpiscono la colonna sono:
 Spondilite anchilosante, colpisce pazienti giovani e maschi;
 Artrite reumatoide;
 Artrite psoriasica, ma solitamente parte dalle grandi articolazioni come anca o ginocchio e non dal
rachide.
Le prime due danno una formazione classica a ponte o a piatto dei sindesmofiti. Si ha quindi una variazione
strutturale del corpo vertebrale e la colonna si irrigidisce. Nella spondilite anchilosante il paziente oltre ad
avere dolore, limitazione articolare della colonna e retrazione muscolare ha anche problemi di espansione
della gabbia toracica. Infatti, oltre al rachide lombare viene colpito anche il rachide dorsale e i pazienti
presentano una ipomobilità della gabbia toracica che con l’andare del tempo porta a una diminuzione della
capacità respiratoria di tipo restrittivo.

CAUSE NEOPLASTICHE
A seconda della fascia di età possiamo avere tumori primitivi e metastatici differenti. Ad
esempio, l’osteoma osteoide e il granuloma eosinofilo sono più frequenti nell’infanzia. La
caratteristica del dolore neoplastico è che si manifesta nelle ore notturne o durante il riposo. Di
contro se la causa è meccanica o muscoloscheletrica o reumatologica il dolore è
diurno. Se la causa è osteo-artrosica il dolore da sovraccarico aumenta nella fascia serale, dopo che il
paziente è stato tanto tempo in piedi. Se invece è di origine reumatica il paziente si sveglia già al
mattino con il fastidio.

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ALTRE CAUSE
Altre cause possono essere:
 Dolore riflesso, come in caso di aneurisma dell’aorta addominale, endometriosi, pancreatite.
 Patologie coxofemorali
 Patologie endocrine e metaboliche, al limite con le patologie tumorali come il morbo di Paget e
l’angioma vertebrale. L’angioma è una neoformazione benigna ma è bene tenerla sotto controllo
evitando terapie fisiche strumentali come la magnetoterapia che vanno a stimolare l’apposizione di
calcio, la neoangiogenesi e l’attività degli osteoblasti.
 Infezioni, osteomieliti e spondilodisciti oggi più rare del passato.
 Cause vascolari, AAA, ematoma epidurale, ematoma retroperitoneale.

ANAMNESI
L’anamnesi è il primo importantissimo step. Al paziente bisogna domandare:
- Quando insorge il dolore. Abbiamo già visto che la suddivisione tra dolore notturno e diurno ci indica più
o meno la causa;
- Localizzazione e qualità. Se ad esempio il paziente riferisce un dolore alla schiena associato a sporadico
dolore all’inguine o al ginocchio o fino al piede probabilmente ha una protrusione;
- La presenza di parestesia e debolezza muscolare sono indicativi di una radicolopatia acuta. Solitamente
nella fase acuta il paziente presenta un dolore diverso da quello proprio da sovraccarico, in cui la
sintomatologia (parestesie e disestesie e spesso un deficit di attivazione muscolare segmentaria) si
arricchisce. Per capire se si tratta di una radicolopatia acuta si effettua un test in cui viene chiesto al
paziente di fare qualche passo sulle punte e qualche passo sui talloni. Il paziente con sciatalgia acuta non
riesce perché ha o un deficit o dell’estensore lungo dell’alluce o del tibiale anteriore o, di contro, del soleo a
seconda se la radice coinvolta è più bassa (L5-S1) o più alta (L4-L5).
- Fattori che aggravano o riducono i sintomi (es. postura)
- Caratteristiche del paziente
Bisogna considerare sempre la sciatalgia acuta come un sintomo e non di per sé una patologia.

VALUTAZIONE DEL DOLORE LOMBARE


Bisogna valutare topografia, cronologia e caratteri del dolore.
Quale posizione aumenta il dolore?
- Seduto: probabilmente si tratta di una protrusione o di una ernia. Questo perchè nella posizione seduta,
in semiflessione, agiamo di più e maggiormente sul pilastro anteriore e quindi il nucleo polposo che già è
all’esterno viene spinto ancora di più.
- Stazione eretta: potrebbe trattarsi di un problema delle faccette articolare o anche di una stenosi del
canale (osserva bene come tiene il tronco). Questo perché in posizione eretta scarichiamo il pilastro
anteriore e carichiamo di più sulle faccette articolari.
- Prono: dormendo a pancia in giù spesso accade che involontariamente si assuma una posizione in leggera
estensione. Quindi un paziente che riposa a letto e dice “io prono non riesco a dormire perché il dolore è
lancinante” probabilmente ha una sindrome faccettale.

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La deambulazione influenza il dolore?
Il dolore discale migliora camminando in discesa perché la colonna è estesa e i dischi sono scaricati. Invece
nelle stenosi o nella sindrome delle faccette articolari il dolore migliora quando si cammina in salita perché
la colonna è leggermente flessa e ciò aumenta lo spazio foraminale.
Quale distanza il soggetto è in grado di percorrere?
Nella stenosi spinale è presente, oltre al dolore, una facile affaticabilità del cammino per astenia degli arti
inferiori. Il paziente riferisce di sentire entrambe le gambe pesanti, a volte addormentate soprattutto dopo
aver camminato molto. È una claudicatio neurogena (pseudo-claudicatio). Ancor di più se il paziente
riferisce di avere disestesie e/o parestesie bisogna sospettare una stenosi spinale.
Talvolta un paziente può avere una protrusione associata ad una stenosi del canale. In caso di
lombosciatalgia acuta si effettua una terapia farmacologica (cortisone) o fisica e la sintomatologia si risolve.
Se il paziente continua a lamentare dolore, impotenza funzionale e fatica quando cammina nonostante il
trattamento, probabilmente c’è una stenosi e la stenosi del canale vertebrale per la quale spesso c’è
l’indicazione chirurgica.

TOPOGRAFIA DEL DOLORE


La topografia del dolore è importante sia per la
diagnosi sia per sapere come sta andando il
trattamento. Quando il dolore si centralizza,
soprattutto se radicolare, il paziente sta migliorando.
Quanto più il dolore rimane irradiato perifericamente
tanto più la situazione ci preoccupa.

CARATTERI DEL DOLORE


Un altro aspetto da considerare sono i caratteri del
dolore. Se è un dolore superficiale o profondo.
Considerare l’andamento rispetto all’intensità,
uniforme o parossistico, se si tratta di un dolore
viscerale interno, quindi un dolore colico o
pancreatico. O se è uniforme e parossistico. Poi si
valuta il carattere qualitativo-soggettivo. Se si tratta
di un dolore misto o dovuto ad una protrusione il
paziente riferisce di avere prurito o sentire bruciore
quindi un dolore urente. Se è prettamente da
sovraccarico lo indicherà come gravativo o costrittivo.
Possiamo sintetizzare tutto questo nelle scale di misura per il dolore. Ogni anno escono da due a tre
revisioni di trattati o libri sulle scale di valutazione in riabilitazione. Vengono utilizzate sia scale
unidimensionali come la VAS, che indaga l’intensità del dolore, oppure scale multidimensionali che vanno
ad analizzare tutte le sfere legate al dolore come la McGill (a tre dimensioni – sensoriale, affettiva e
valutativa) e le scale specifiche per patologie. Ogni patologia ha la sua scala di riferimento. [La

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professoressa sottolinea il fatto che esistono varie scale di riferimento e consiglia di consultare iil libro di
testo di Donatella Bonaiuti “Scale di valutazione in riabilitazione” nel momento in cui ci si troverà a redarre
la tesi.]
Se il paziente con mal di schiena ci dovesse riferire problemi nel controllo degli sfinteri o deficit di
reclutamento muscolare segmentario che non stanno all’irradiazione radicolare della sospetta ernia, allora
si accendono altri campanelli di allarme. Una delle malattie che mima una lombosciatalgia è la sclerosi
multipla. In questo caso, però, il paziente riferirà che il sintomo prevalente non sia tanto il dolore quanto il
deficit di attivazione muscolare, l’impotenza funzionale. La diagnosi va fatta confrontando il referto
radiografico con l’anamnesi e con la visita.
L’esame obiettivo è, quindi, importante per riuscire a fare diagnosi differenziale con altre condizioni cliniche
per le quali le opzioni terapeutiche potrebbero essere anche molto invasive.
Un esempio è quello della diagnosi differenziale fra una coxartrosi sintomatica e una lombocruralgia. A
fronte di una radiografia nella quale si può osservare un’artrosi a livello dell’anca, un corretto esame
obiettivo può dirimere il dubbio e permettere di osservare l’assenza di un deficit articolare marcato.
Misdiagnosticare una coxartrosi e sottoporre il paziente all’intervento, anche se ben effettuato, significa
non risolvere il suo problema. Il paziente, quindi, tornerà e continuerà a lamentare dolore. Il motivo per cui
la lombocruralgia può essere scambiata per una coxartrosi è legato al fatto che l’erniazione interessa le
radici L1-L2 o L2-L3. La lombocruralgia, quindi, si manifesta con un dolore irradiato a livello inguinale,
dell’anca (se interessa L4 si può irradiare anche verso la gamba). Durante l’esame obiettivo si valutano i
riflessi osteotendinei (ROT) che, normalmente, sono aumentati nelle patologie del SNC e diminuiti nelle
patologie del SNP.
Nelle erniazioni ci si aspetta, quindi, che i riflessi siano diminuiti rispetto all’arto controlaterale. Quando
sono interessate le radici L3-L4 abbiamo a disposizione il riflesso rotuleo; per L5-S1 abbiamo a disposizione
il riflesso achilleo e medio-plantare. Se la radice è L1-L2, però, non abbiamo riflessi a disposizione. Le
lombocruralgie sono poco frequenti, ma non sono improbabili. È importante conoscerne l’esistenza e
imparare a riconoscerle, proprio per evitare di sottoporre i pazienti ad interventi terapeutici non risolutivi.

Nella lombosciatalgia, invece, il dolore segue il decorso del nervo sciatico, a seconda della radice
interessata dall’erniazione. Solitamente
inizia dalla porzione lombare, scende
lungo il grande gluteo, posteriormente,
ed arriva sul tallone. Quando la radice è
più alta può, dopo aver decorso il grande
gluteo, lateralizzarsi e portarsi
anteriormente fino al dorso del piede e al
primo dito.
I test, i ROT e la conoscenza precisa
dell’irradiazione sono fondamentali per
aiutare a fare diagnosi, perché, a volte, la
RMN può mettere in evidenza più
protrusioni erniarie ed è solo con una visita completa che si riesce a comprendere quale di queste sia
clinicamente rilevante.

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Una volta compreso il livello al quale il paziente presenta una protrusione che causa dolore, è importante
capire la fase in cui si trova l’erniazione per scegliere quale sia il percorso terapeutico più adatto da
intraprendere.
Si riconoscono 3 fasi:
- Fase Irritativa
- Fase Compressiva
- Fase Paralitica

Nella fase paralitica il paziente ha dolore e,


soprattutto, perdita di forza e di sensibilità.
La perdita di forza va recuperata entro 2/3
mesi, perché se questo non dovesse
accadere, sarebbe necessario procedere
chirurgicamente. Il limite dei 2/3 mesi è legato al fatto che, se si arriva troppo tardi all’indicazione
chirurgica, il recupero difficilmente sarà completo.
Nelle fasi irritativa e compressiva, invece, il trattamento farmacologico e riabilitativo solitamente danno
buoni risultati.

CLINICA
Oltre all’anamnesi e all’esame obiettivo è possibile eseguire una correlazione tra tipologia di patologia e età
del paziente, questo ci aiuterà ulteriormente a fare una corretta diagnosi:

Bambino < 10 anni


(Raramente i bambini di questa età lamentano dolore alla schiena e quando lo fanno non è quasi mai
normale. Non bisogna fare l’errore di considerarlo sempre come “dolore della crescita” perché delle volte
vale assolutamente la pena indagare)
Lombalgia rara e di solito transitoria,
Spondilolisi o spondilolistesi,
Spondilodiscite ematogena,
Osteoma osteoide.

Adolescente
Infezioni, Spondilolistesi,
Osteoma osteoide,
Osteoblastoma,
Osteosarcoma o Sarcoma di Ewing (rare),
Patologie degenerative (ernia discale)

Adulto <40 anni


Patologie degenerative (ernia discale),
Spondilite anchilosante o altre patologie reumatiche,
Tumori maligni (osteo e/o condrogenetici, intradurali)

40 anni< Adulto <60 anni


Patologie degenerative discali,
Spondiloartrosi,
Spondilolistesi degenerativa,
Mieloma,
Metastasi.

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Adulto >60 anni
Patologie degenerative,
Fratture osteoporotiche,
Mieloma,
Metastasi,
Altre patologie internistiche.

Quindi l’età di insorgenza di un dolore ci orienta sul tipo probabile di patologia che può presentare il nostro
paziente.

ESAME OBIETTIVO (ERNIA DEL DISCO)


Fondamentale è l’iter con cui si andrà a visitare il paziente.
Un aspetto molto importante dell’esame obiettivo
è “come visitare il paziente”.
Il paziente va visitato tassativamente in biancheria
intima. Perché qualsiasi indumento riduce la nostra
capacità di valutare le linee di allineamento
posturale e le simmetrie che ha il corpo del
paziente.

L’esame obiettivo periferico si basa su:


 Manovre di stiramento radicolare
 Manovre di evocazione del dolore con la
palpazione
 Esame della sensibilità
 Esame della muscolatura
 Esame dei ROT (riflessi osteo-tendinei)

MANOVRE DI STIRAMENTO RADICOLARE

 Manovra di Lesegue: nel paziente con un’erniazione questa manovra è positiva già a 20°-30° di
flessione di anca. Si può elicitare ancora di più il test ponendo il piede in dorsiflessione. [La
professoressa ci tiene a specificare che un paziente positivo a 80° di flessione di anca non è più
definibile Lasegue-positivo. Il paziente in
questione è positivo per altre cose: es.
accorciamento degli ischiocrurali]

 Manovra di Wassermann: è una manovra


utilizzata per esaminare il nervo femorale,
quindi quando l’ernia è più alta di L4 e L5.
Nella manovra classica il paziente si pone in
posizione prona e si flette il ginocchio, fino

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ad evocare dolore. Nella manovra elicitata viene estesa l’anca, sollevando la coscia dal lettino. In
questo caso si deve sempre stabilizzare il bacino, perché il paziente, quando sente dolore, tende ad
allontanarlo dal lettino.

MANOVRE DI EVOCAZIONE DEL DOLORE CON LA PALPAZIONE

I pazienti sono posti in posizione prona e si evoca dolore andando a palpare i punti che corrispondono alle
emergenze delle radici spinali.
Si parte dalla palpazione dei processi spinosi, poi si passa allo spazio intervertebrale. Successivamente, una
volta raggiunta la L5, ci si sposta lateralmente, fino a raggiungere le spine iliache posterosuperiori. Per
ultimo si evoca la palpazione sulle linee paravertebrali. A questo livello si può effettuare anche la manovra
del pincé roulé, per vedere se è possibile sollevare le pliche cutanee o se è presente una forte contrattura
muscolare.
Si valuta anche la presenza dei punti grilletto (trigger point), che si riconoscono perché la palpazione fa
“saltare” il paziente, o dei tender point, nei quali a palpazione causa dolore ma meno intenso rispetto ai
precedenti.

Nell’ambito esclusivamente della lombalgia o della lombosciatalgia si possono effettuare le seguenti


manovre:

 Segno Delitala: manovra volta all’evocazione del dolore con la digitopressione effettuata sulle
emergenze delle radici nervose a livello del rachide lombare.

 Segno di Neri: manovra volta all’evocazione del dolore con la digitopressione effettuata sugli spazi
intervertebrali lombari. Più specifico del precedente, ma di relativa importanza.

 Punti di Valleix: sono dei punti di emergenza superficiale dei nervi, a livello dei quali, in caso di
nevralgia, la digitopressione evoca dolore. L’esame deve essere valutato prima sul lato non
sofferente, quindi sul lato sofferente. Nel
caso specifico della lombalgia o della
lombosciatalgia si parte dalle SIPS (Spine
Iliache Postero Superiori), fino ad arrivare
in prossimità del grande trocantere.
Successivamente di procede con la
digitopressione lungo la linea glutea
inferiore, la coscia, il cavo popliteo, il
polpaccio e si termina a livello della fascia
plantare. Questi punti sono spesso
utilizzati anche durante il trattamento,
perché su di essi si può effettuare la
terapia con laser a puntale.

ESAME DELLA SENSIBILITÀ


Durante questa fase dell’esame obiettivo si valutano la sensibilità superficiale e profonda. Nel caso specifico
della lombosciatalgia si riscontrano prevalentemente delle alterazioni della sensibilità superficiale.
Raramente si riscontra un coinvolgimento profondo.
Per la sensibilità superficiale si valuta:
 Sensibilità termica: percezione del caldo e del freddo

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 Sensibilità tattile (da Medicinaonline.com: esaminata con un batuffolo di cotone. Il
paziente, a occhi chiusi, deve dire “sì” ogni volta che viene toccato.)
 Sensibilità dolorifica (Da Medicinaonline.com: valutata tramite punture di spillo eseguite su
aree diverse a intervalli di circa un secondo; durante tale esame si chiede al soggetto di
distinguere fra toccamento e puntura.)

Per l’esame della sensibilità profonda, ci si basa molto sull’attrezzatura a disposizione. Si valutano:
 Sensibilità vibratoria (Da Medicinaonline.com: esaminata posizionando un diapason a
bassa frequenza e a lunga durata di vibrazione (128 Hz) sulle prominenze ossee e
confrontando il punto esaminato con la parte corrispondente controlaterale del soggetto
(se normale) o dell’esaminatore.)
 Sensibilità rispetto al senso di posizione o al senso di movimento (Da Medicinaonline.com:
Si afferra il dito ai lati con fermezza e lo si muove rapidamente chiedendo al paziente di
riferire se il movimento è diretto verso l’alto o il basso rispetto alla posizione iniziale.

ESAME DELLA FORZA MUSCOLARE

L’esame della forza muscolare, dal punto di vista clinico,


viene effettuato attraverso l’utilizzo di una scala; la MCR
scale. Scala valutativa riconosciuta a livello
internazionale che utilizza un punteggio numerico che
va 0 a 5 (vedere immagine scala MRC).
L’utilizzo di una scala è fondamentale sia per omologare
il risultato del nostro esame obiettivo, sia perché, di
solito, in uno studio mancano gli strumenti fatti su
misura per la valutazione della forza di contrazione di
un muscolo (es: dinamometro) e di conseguenza risulta
molto utile avere un mezzo alternativo, come una scala,
per eseguire una stima accurata attraverso l’esame
manuale.
Spesso, per mancanza di tempo, non si ha modo di
valutare ogni singolo muscolo dell’arto inferiore quindi la stima viene fatta su alcuni muscoli o gruppi
muscolari che sono target e si riconducono specificatamente a un tipo di radicolopatia (muscoli o gruppi
muscolari target patognomonici di una determinata radicolopatia).

Iniziando dall’immagine c
(quella più a destra) vediamo la
valutazione dell’estensore lungo
dell’alluce: dopo aver
posizionato le nostre dita sul
primo dito del piede del
paziente (in posizione supina) gli
chiediamo di tirare in su l’alluce
contro la nostra resistenza. Il
paziente con patologia franca
non ce la fa. Passando
all’immagine b e a vediamo la
valutazione della dorsiflessione generale utile per valutare il muscolo tibiale anteriore e degli estensori
comuni delle dita.

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Si può valutare anche l’azione
della flessione plantare.
Inoltre, quando il paziente è in
piedi, gli si può chiedere di
camminare e di cercare di
posizionarsi prima sulle punte e
poi sui talloni in modo da
sollecitare muscoli tra di loro
antagonisti: il paziente con
sciatica non riesce a stare sulle
punte o sui talloni dal lato afflitto. Questo dipende dalla radice coinvolta. Se non riesce a stare sulle punte
sarà convolta S1, se invece non riesce a stare sui talloni L4-L5.

[Le slide a seguire sono state semplicemente lette]

La professoressa specifica che l’esame della forza muscolare non viene svolto solo con i test da lei citati ma
che ce ne sono tantissimi altri, per tantissimi altri gruppi muscolari e che sono di interesse specialistico.
Aggiunge inoltre che ogni test, per ogni muscolo, è stato accuratamente omologato attraverso una specifica
progressione, una propria posizione di esecuzione e attraverso manovre ben precise; in modo tale da
rendere i test riproducibili e affidabili.

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ESAME DEI RIFLESSI
Nell’esame dei riflessi osteotendinei si mira ad identificare la normo-evocabilità dei riflessi osteotendinei
rispetto al controlaterale o una
eventuale ipo-iper-
anevocabilità. I principali
riflessi analizzati sono: per le
radici L3-L4 (maggiormente L4)
il rotuleo, per S1 l'achilleo, per
S2 il medioplantare. Uno dei
primi riflessi e anche il più
“classico” da valutare è il riflesso rotuleo.
Nell’evocazione di un riflesso l’importante è non classificare un riflesso come assente dopo il primo
tentativo. Delle volte, per evocare meglio un riflesso, può essere utile distrarre il paziente in qualche modo
per ridurre la tensione causata dallo stress\ansia della visita e di conseguenza ridurre anche una rigidità
della gamba che va a compromettere l’esame stesso. Si può, a questo scopo, chiedere al paziente di
eseguire la manovra di Jendrassik.

(Non viene spiegata quasi per nulla durante la lezione per cui ho fatto una ricerca su Wikipedia:
La  manovra di Jendrassik  è una manovra medica in cui il paziente stringe i denti, flette le mani e intreccia
le dita. Nel frattempo il tendine rotuleo del paziente viene quindi colpito con un
martello riflesso per suscitare il  riflesso rotuleo  . La risposta suscitata viene
confrontata con il risultato riflesso della stessa azione quando la manovra non è
in uso. Spesso si osserverà una risposta riflessa più ampia quando il paziente è
impegnato nella manovra: "Un riflesso debole o apparentemente mancante
potrebbe essere innescato dall'attività afferente risultante da tale tensione
muscolare. Questa è la vera spiegazione della manovra, non un diversivo
dell'attenzione del paziente – un equivoco che viene sentito ancora oggi."
Questo effetto fu osservato per la prima volta alla fine del XIX secolo dal medico
ungherese Ernő Jendrassik, dal quale prese il nome.
La manovra può essere utilizzata anche per distrarre i pazienti durante
l'esecuzione di altri test o procedure e può essere utilizzata qualsiasi distrazione
adeguata; per esempio quando si cerca  il segno di Romberg.)

Oppure, se nemmeno questo dovesse essere sufficiente, si può chiedere al paziente di eseguire una
contrazione isometrica del quadricipite femorale. Se, solo dopo aver eseguito tutte queste manovre, il
riflesso dovesse essere ancora assente si può parlare di riflesso assente.

Inoltre, altri due riflessi classici da


poter valutare sono il riflesso
achilleo e il riflesso medio
plantare. Il tutto per completare
la valutazione sulle radici inferiori
L4-L5-S1.

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Ricordiamo che molto importante nell’esame obiettivo è anche la progressione. Indispensabile per
risparmiare tempo e soprattutto per evitare troppi cambiamenti di posizione al paziente che comunque
sente dolore.
Quindi in sequenza, riassumendo quanto detto in precedenza, una volta che il paziente si è tolto scarpe e
vestiti andiamo a ad eseguire:

- Valutazione statica della postura e delle


simmetrie, dove siamo noi a girare intorno al
paziente;

- Valutazione dinamica della deambulazione


del paziente (lo facciamo camminare e
vediamo cosa succede/cambia);

- Valutazione della articolarità. Cioè “come si


muove il paziente?”. Il ROM articolare (da
google: Il ROM articolare (Range Of Motion) è
la  libertà espressa in gradi che ogni
articolazione può eseguire nello spazio);

- Valutazione della elasticità posturale. Possono essere definiti test di lunghezza muscolare;

- Valutazione della forza muscolare;

- Valutazione palpatoria. Questa va eseguita sia riguardo alle strutture ossee, sia nel riguardo dei tessuti
molli (muscoli), alla ricerca dei segni di Delitala e di Neri. Durante questa fase è importante non trascurare
anche l’addome perché ci sono diverse patologie viscerali che possono in alcune circostanze mimare un
dolore lombare o posteriore in generale;

- Valutazione dei riflessi;

- Sintesi della diagnosi.

ESAME RADIOGRAFICO
L’esame radiografico risulta
estremamente utile perché
arricchisce la nostra anamnesi
attraverso segni diretti e indiretti
di diverse alterazioni
(compressioni, fratture, angiomi,
altri tumori. Risulta ancor più utile
qualora durante il nostro esame
obiettivo il quadro risulti
estremamente sfumato con la
mancanza di alcuni segni tipici
della patologia che stiamo
cercando ma con la presenza di altri (la professoressa fa l’esempio di un puzzle a cui mancano alcuni pezzi).
In teoria l’esame radiografico della colonna dovrebbe essere svolto su tutto il rachide per avere un quadro
di insieme. Spesso però, per risparmiare, l’esame è svolto in maniera segmentaria (es: dolore lombare->rx

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rachide lombare). Per completare l’indagine rx, specialmente se il paziente deve essere indirizzato dal
chirurgo, si può ricorrere anche alla risonanza magnetica, all’esame elettro mio grafico ed elettro neuro
grafico (quest’ultimi aiutano a quantificare e a stratificare la gravita della compressione radicolare). La TC va
richiesta solo in pazienti che non possono eseguire una risonanza magnetica.

Dopo aver preso in considerazione l’anamnesi e dopo aver svolto l’esame obiettivo (tenendo conto della
sequenza di cui sopra), con una diagnosi in nostro possesso, dobbiamo e possiamo iniziare a strutturare un
percorso di cura e di trattamento riabilitativo.

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