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ARGOMENTO Protocolli della Vibrazione e della

Laserterapia
PROF. Paolucci
DATA 07/12/2022

La prof.ssa riprende la trattazione della vibrazione dalla differenza tra Whole Body Vibration (WBV) e Focal
Muscle Vibration (fMV) e passando ai protocolli terapeutici.

La prof.ssa inizia con una breve digressione:


L’intento è sempre quello di utilizzare protocolli estratti dalla letteratura per non affidarsi a costruzioni
terapeutiche casuali ma di riflettere durante la scelta dei diversi parametri (intensità, frequenza…). Nella
terapia fisica e strumentale un parametro fondamentale è rappresentato dalla frequenza perché questa
fornisce informazioni sulla penetrazione dell’energia utilizzata e sull’effetto che si vuole ottenere. Ad
esempio, è noto che se si volesse ottenere un effetto sul gate control, cioè sulla teoria del cancello, le più
efficaci frequenze sarebbero quelle intorno ai 100-120 Hz, questo perché le TENS lavorano e si settano in
questo valore di frequenza. Sebbene questa associazione sia fondamentale, i dispositivi che vengono
impiegati oggi e per il prossimo futuro vengono definiti device a polifrequenza, cioè settati in una finestra
di frequenze. Non sono settati sulla singola frequenza ma generano valori di frequenza all’interno
dell’intervallo in maniera casuale affinché si possa avere un effetto cumulativo delle diverse frequenze che
possono contribuire a diversi effetti. Ovviamente, la professoressa ci tiene a sottolineare che ogni
specialista sceglie e utilizza le tecniche in base alle indicazioni e anche alla propria esperienza: alcuni usano
maggiormente la vibrazione, le correnti interferenziali oppure c’è chi non usa l’elettroterapia antalgica nei
dolori focali ma preferisce l’impiego della laserterapia con puntale.

Uso clinico della vibrazione


La vibrazione in ambito medico riabilitativo viene utilizzata in più contesti, sia ortopedico traumatologico sia
neurologico che geriatrico e nella medicina sportiva (incremento della performance).
Nella letteratura esistono diversi protocolli associati a raccomandazioni di diversi gradi (forte, medio-debole
e non raccomandato).
Tra le raccomandazioni di alto grado rientrano:
- Spasticità (Paoloni et al., 2014, Casale et al., 2014). L’energia meccanica vibratoria focale è stata
usata per il controllo della condizione in azione coadiuvante (additiva) alla terapia farmacologica o
all’esercizio riabilitativo (la vibrazione NON si utilizza in solitaria). Gli studi riportano una finestra di
frequenza tra i 100 e i 120 Hz: la frequenza di 120 Hz fa riferimento allo studio di Paoloni; mentre,
la frequenza di 100 Hz allo studio di Casale. In particolare:
o 120 Hz (in treni di 6 s con 1 s di pausa), 30 minuti, 5 giorni a settimana per 2 settimane
o 100 Hz, 30 minuti, 5 giorni a settimana per 2 settimane
Entrambi i protocolli riportano un utilizzo della tecnica per 5 giorni/settimana in quanto l’obiettivo
è quello di contenimento della spasticità. I colleghi impegnati nello studio hanno utilizzato dei
device assimilabili alla DICE perché in letteratura gli studi che utilizzano i device Cro®System
risultano essere associati a protocolli di trattamento ancora più ridotti (3 sedute consecutive
settimanali e il protocollo non si può ripetere prima dei 2-3 mesi). L’impiego della vibrazione nella
patologia a livello centrale:
o Garantisce la facilitazione
o Riduce l’inibizione
o Incrementa l’output motorio
- Osteoporosi post menopausale (Dionello et al. 2016, Oliveira et al. 2018). In questo caso le
tempistiche sono più lunghe perché l’obiettivo finale è la mineralizzazione dell’osso. Si utilizzano
frequenze di 20 Hz per 5/15 minuti con tempistiche di 3 volte a settimana per almeno 6 mesi. Nel
secondo studio è stata utilizzata una piattaforma vibrante con oscillazioni sinusoidali di tipo
alternante (ginocchia semi-flesse) con stimolazione di tipo WBV.
Quindi frequenze più basse e tempistiche più lunghe rispetto alla spasticità. L’impiego della
vibrazione nella patologia comporta:
o Aumento della densità ossea (BMD)
o Aumento delle funzioni neuromuscolari
- Soggetti anziani (Pessoa et al., 2017). L’obiettivo in questi pazienti è quello di migliorare l’equilibrio
e il reclutamento muscolare; anche in questo caso si utilizza la whole body vibration ma questa
deve essere utilizzata con cautela perché sebbene da una parte ha importanti effetti dall’altra
necessita di una selezione del paziente; per questo, il paziente anziano non deve presentare
controindicazioni o comorbidità (crolli vertebrali, fratture vertebrali…). L’impiego della vibrazione
nella patologia comporta:
o Efficacia su performance ventilatorie (la prof.ssa non è d’accordo per l’assenza di evidenze)
o Miglioramento capacità funzionali, abilità all’esercizio e qualità di vita

[n. d. s. La professoressa non ha toccato l’aspetto della modifica delle ampiezze presenti nello studio per
completezza riporto quanto detto nella sbobina del 13/10/2021: Lo studio prevedeva l’utilizzo di frequenze
di 35 Hz, 2 mm di ampiezza con 10 sequenze al minuto il primo mese, 4 mm con 15 sequenze al minuto nel
secondo mese, 4 mm di ampiezza con 20 sequenze al minuto il terzo mese. Si nota che la frequenza rimane
fissa ma varia l’ampiezza, in modo da evitare l’accomodazione dell’imput recettoriale che arriva al SNC. Si
dà così il tempo al sistema nervoso centrale di variare la memoria cellulare e di conseguenza strutturale,
che porta a modifiche macroscopiche di natura neuroplastica relativamente alla struttura delle sinapsi;
Pessoa dunque ha apportato la modifica dando un tempo reputato utile e necessario al sistema per
strutturare la modifica, e poi ha apportato una piccola variazione: in questo modo, una volta che la modifica
si è strutturata e il paziente risultava leggermente migliorato, faceva in modo che quest’ultimo non si
abituasse e aggiungeva qualcosa di differente, uno stimolo ulteriore; in questo modo otteneva di volta in
volta una risposta in più e complessivamente un miglioramento. È un approccio che dovremmo considerare
quasi sempre e più frequentemente nei nostri protocolli, in maniera particolare nella riabilitazione. Questa
progressione, che nella riabilitazione neuromotoria o neurocognitiva è obbligatoria, dovrebbe essere
sempre presente, sia che si tratti di esercizio riabilitativo sia che si tratti di terapia strumentale.]

- Paralisi cerebrali infantili (Saquetto et al., 2015). Anche in questo caso è stata utilizzata la WBV per
una questione legata all’equilibrio e l’autore ha riportato un aumento della velocità del passo.
Rimane comunque l’indicazione di avere cautela e fare una valutazione attenta nell’impiego di
queste terapie in pazienti minorenni.

Tra le raccomandazioni di grado moderato-debole rientrano:


- Patologie neurologiche (Murillo et al., 2014). Lo studio cercava di valutare cosa andasse a
determinare la terapia nelle diverse patologie. Si è riscontrato che la vibrazione determina:
o nel Neglet un effetto facilitante la terapia, cioè nell’accelerare la risoluzione (la vibrazione
NON determina la risoluzione);
o nella Sclerosi Multipla un effetto facilitante nella gestione della fatica e nel controllare
l’ipertono spastico;
o nel Parkinson un miglioramento nell’efficacia sulla deambulazione;
o nella Distonia un miglioramento della sensibilità propriocettiva (usata in forma di fMV)
- Ipotonotrofia del muscolo quadricipite nel paziente con osteoartrosi (Benedetti et al., 2017). Lo
studio ha dimostrato che attraverso un protocollo terapeutico breve (5 giorni/settimana per 2
settimane) si ottiene il rinforzo muscolare del muscolo quadricipite.
- Sportivi sani (Bertucci et al., 2015). Utilizzata per migliorare la performance. Sono state impiegate
frequenze a 40 Hz con ampiezza di 2 mm. I pazienti venivano posizionati su Pedane di Bosco. (La
tecnica WBV è stata ideata e adoperata in primo luogo per migliorare gli atleti come protocollo
allenante e poi travisata in ambito riabilitativo).

La tecnica non è raccomandata per le patologie come la fibromialgia. Per le caratteristiche della fMV era
stata pensata come possibile impiego nelle patologie croniche e complesse ad eziopatogenesi non ancora
del tutto chiarita che si estrinsecano in dolori sul sistema muscoloscheletrico localizzati in punti dolenti,
che, nel caso della fibromialgia, sono rappresentati dai tender points. Per questo, la diagnosi si effettua
attraverso la clinica con la ricerca di almeno 11 dei 18 punti codificati nella tabella di Wolfe. Non esistono
studi che permettano l’impiego di questa tecnica in questa patologia. Questo è associato anche al fatto che
non è raccomandata la massoterapia che invece è impiegata nel caso di contrattura artralgica. Il massaggio
determina sollievo in molte patologie associate a dolore muscolo scheletrico ma non nella fibromialgia.

Controindicazioni
Le controindicazioni della tecnica Whole Body Vibration sono rappresentate da:
- Gravidanza (anche sospetta);
- Epilessia;
- Patologie vascolari (sindrome di Raynaud, teleangectasia);
- Spirali anticoncezionali e patologie dell’apparato riproduttivo (il paziente spesso si dimentica);
- Presenza di mezzi di sintesi o pacemaker;
- Algie in fase acuta (lombalgia) o ernie;
- Post-intervento chirurgico;
- Neoplasie (sia in trattamento che sopravvissuto. Se si volesse ottenere lo stesso obiettivo che
raggiunge la vibrazione si dovrebbero seguire altre strade come l’esercizio propriocettivo, terapia
farmacologica, somministrazione di vitamina D).

Le controindicazioni della tecnica focale sono:


- Gravidanza;
- Epilessia;
- Trombosi venosa profonda arti inferiori;
- Ferite aperte;
- Applicazioni sull’area cervicale = la tecnica non deve essere applicata sull’area cervicale (tale
indicazione è presente anche nella magnetoterapia). L’effetto calore associato alla tecnica porta il
terapista a posizionare il mannicolo sempre in prossimità del trapezio medio e inferiore mai
nell’inserzione dell’elevatore lungo della scapola o sul trapezio superiore perché si tiene sempre
“basso” e mai a ridosso dell’area cervicale alta.

LASERTERAPIA
La laserterapia rispetto alle altre terapie è quella che in letteratura ha più evidente scientifiche a supporto.
La WALT (World Association for Laser Therapy) ha standardizzato i protocolli di trattamento con dei
parametri di riferimento molto stretti e che vengono aggiornati quasi annualmente.

La professoressa scorre le slide dove sono riportate le tabelle con le caratteristiche del trattamento in
associazione alla patologia da trattare con indicazione di potenza e area di trattamento:

I laser che vengono utilizzati risultano essere sicuri, classificati come Laser 3B, che si differenziano dai laser
chirurgici per lunghezza (d’onda) ed intensità. Rispetto alle altre tecniche viene introdotto il parametro
lunghezza d’onda che risulta in questo ambito fondamentale poiché le diverse lunghezze d’onda vanno a
stimolare diversi cromofori, cioè particelle intracellulari o extracellulari che interagiscono con i raggi laser.

Altro aspetto interessante della tecnica è associato alla rapidità della sessione (anche di pochi minuti)
perché riguarda un trattamento specifico del “punto” per poi passare al successivo: la durata del
trattamento è data dalla somma dei tempi di trattamento dei singoli punti (normalmente mai oltre la
mezz’ora). Questa considerazione risulta vera per il trattamento puntuale. Infatti, esistono due modalità
per eseguire la laserterapia, quella con il puntale e quella a scanner.
Nel trattamento a scanner, il raggio laser “viene spennellato” nella regione dolente e si associano tempi più
dilatati della sessione di trattamento (qualche ora).

Tra le raccomandazioni di grado forte rientrano:


- Low back pain (Glazov et al., 2016). La laserterapia viene impiegata nelle forme sub-acute e
croniche con durata inferiore a 30 mesi e a dosi > 3J/punto. La professoressa apre una parentesi
dicendo che spesso nella lombosciatalgia viene impiegata a livello dei punti dolenti, cioè nei Punti
di Valleix, ma non ci sono studi sulle forme acute e per questo sarebbe più corretto dire che nelle
forme acute la terapia “non è formulabile”, cioè manca di evidenza.
- Gonalgia su gonartrosi (Rayegani et al., 2017). In questa condizione la tecnica viene impiegata
enormemente e spesso in associazione alla magnetoterapia. Il quadro clinico del paziente con
gonartrosi è caratterizzato dalla presenza di dolore, scarsa qualità dell’osso e tendinopatie croniche
recidivanti e localizzate in diverse zone (tendine rotuleo, finestre meniscali, zampa d’oca, cisti di
Baker). La condizione della cisti di Baker è utile a capire l’associazione laser- e magneto-terapia
perché il paziente spesso non si opera e fornire calore a livello della zona dell’angolo popliteo non è
ottimale (essendo vascolarizzata): la magnetoterapia va a stimolare la parte osteogenica, lavorando
sulla qualità dell’osso; mentre, la laserterapia permette di circoscrivere il raggio d’azione e di lavora
sul dolore di sovrapposizione.
In questa patologia si usa uno spettro di lunghezza d’onda da 830 a 904 nm e una potenza da 0,76 a
50 Joule/cm2 (i valori sono associati a laser scanner perché in caso di impiego del puntale i valori
sarebbero molto inferiori). Le sedute possono essere dalle 8 alle 20 con una durata totale che va
dai 6 ai 160 minuti. Importante valutare questo aspetto perché tutte le tecniche, tranne la
magnetoterapia, sono fuori LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), cioè non sono a carico del sistema
sanitario nazionale e senza possibilità di rimborso. Il paziente non è in grado di sostenerle
economicamente e per questo vengono eseguite un massimo di 12 sedute.
- Artrite reumatoide (Rayegani et al., 2017). La laserterapia con puntale permette il trattamento
nelle fasi subacute con beneficio sul dolore, riduzione della rigidità mattutina e un aumento della
forza di presa. Vengono usate dosi < 3J/cm2 e uno spettro di lunghezza d’onda di 630 nm. Per il
paziente con artrite reumatoide in fase di riacutizzazione è necessario escludere l’impiego di tutte
le terapie fisiche che utilizzano calore che invece possono essere usate in una fase di quiescenza:
“no calor su calor”. Questo è dimostrabile attraverso il termotatto con un riscontro di calore
nell’area che si dovrebbe trattare (stesso discorso vale per il paziente con gonalgia).

Tra le raccomandazioni di grado moderato-debole rientrano:


- Cervicalgia. In questo tipo di patologia può essere usato solo il laser puntale perché la regione
risulta molto delicata. Si trattano i trigger point cervicali. Si utilizzano lunghezze d’onda fino a 904
nm ma con una potenza di circa 2 Joule/cm 2 e un tempo di esposizione di 238 secondi.
Esistono diverse forme di protocollo di trattamento che possono durare dai 10 giorni alle 7
settimane.

Perché non si può utilizzare il laser a scanner? Per una serie di motivi. Il principale è che c’è tessuto
cerebrale e, non conoscendone gli effetti, si cerca di evitare l’esposizione di questo tessuto; inoltre, in
letteratura non vengono riportati, ma sono ampiamente riscontrati sul campo, alcuni sintomi che il paziente
può manifestare a seguito del trattamento come cefalea, prurito, agitazione. La professoressa spiega anche
che ha riscontrato molti pazienti che, a seguito del trattamento, hanno riportato ustioni; questo dovuto dal
fatto che sebbene in linea teorica l’operatore dovrebbe rimanere dentro il box per tutta la durata del
trattamento, nella realtà l’operatore è spesso assente e il ritardo nel rientrare (anche se di pochi minuti
magari per controllare il referto di un altro paziente) porta a una maggiore stimolazione di tessuti.
Ricordiamo che comunque il dispositivo è posto a una distanza di sicurezza di 20 cm dal paziente ma questo
potrebbe riscontrare situazioni molto spiacevoli soprattutto per la possibile presenza di comorbidità. In
ogni caso, il punto cardine di attenzione è rivolto al ragionamento in termini di sicurezza (primo punto).
SECONDA PARTE SBOBINA ORTOPEDIA
07/12

RIZOARTROSI
Per questa patologia bastano poche sedute,
nel protocollo in questione sono state
valutate un minimo di 5 sedute fino ad un
massimo di 20 sedute, per un trattamento
di durata variabile tra le 2 e le 4 settimane.

PATOLOGIE DI SPALLA
In forme patologiche come ad esempio la
tendinopatia del sovraspinoso (patologie
della cuffia dei rotatori) o forme più
complesse come una iniziale capsulite
adesiva è consigliato associare alla
laserterapia un’altra tecnica di terapia fisica strumentale, ovvero l’ipertermia.
Quest’ultima infatti permette di “lavorare” in maniera più generale sull’articolazione, con la laserterapia
(con il puntale) invece che viene applicata direttamente sui punti dolorosi sede della lesione.
I protocolli sono riportati in figura, con particolare attenzione nella sindrome da impingement per
l’esercizio terapeutico di “allungamento” e aumento dell’elasticità dell’articolazione gleno-omerale.
I trattamenti, come frequenza, comunque non superano le 3 sedute settimanali.

<<Domanda dello studente che chiede chiarimenti sul perchè sarebbe preferibile non eseguira la
laserterapia a livello cervicale.
Risposta della professoressa: A causa della vicinanza con il tessuto cerebrale. Non conoscendo ancora gli
effetti della laserterapia diretta su questo tessuto sarebbe preferibile evitare questa applicazione.
Purtroppo un problema anche della letteratura a riguardo è che viene dato molto peso all’aspetto clinico e
macroscopico e posta poca attenzione verso l’aspetto microscopico e gli effetti molecolari.>>

Un piccolo inciso sulla magnetoterapia e sull’utilizzo dei carpet magnetici in riferimento alla stimolazione
della regione cervicale.
In questi tappetini ci sono 3 fonti di stimolo di solito posizionati : sotto l’angolo popliteo, a livello lombare e
del cingolo scapolare.
Spesso il paziente non si posiziona in maniera corretta, per esempio troppo in basso, permettendo allo
stimolatore del cingolo scapolare di agire invece a livello cervicale, comportando frequentemente
l’impossibilità di terminare la seduta a causa di cefalea, agitazione, prurito, calore nucale, spesso
peggiorando la situazione a discapito della salute.

SINDROME DEL TUNNEL CARPALE


In linea generale sono preferiti alla laserterapia gli ultrasuoni, grazie all’effetto antiedemigeno maggiore, e
la TENS (Stimolazione Elettrica Nervosa Transcutanea).
L’effetto superiore della laserterapia rispetto alle altre 2 tecniche citate precedentemente si ottiene quando
si utilizzano potenze più alte, che però spesso nei centri terapici non sono disponibili, oppure hanno costi
proibitivi per il paziente (anche 50-60€ a seduta, a fronte di terapie complete con ultrasuoni che arrivano a
costare circa 150€ in totale).
Ricordiamo comunque che la terapia fisica per il tunnel carpale in forma moderata/grave è essenzialmente
solo per contenere la patologia ma non per curarla, situazione per cui è invece indicata la terapia chirurgica.
DISFUNZIONI DELL’ARTICOLAZIONE
TEMPOROMANDIBOLARE
Anche in questo caso la laserterapia
ha applicazione solo contenitiva per
la sintomatologia dolorifica, mentre
maggiore importanza deve essere
data all’esercizio, alla terapia
ortodonzica (bite) e, nel caso di
dislocazione del menisco, alla terapia
chirurgica.

Per quanto riguarda la laserterapia ad


alta intesintà, l’attenzione viene
posta sulle patologie come
EPICONDILITE ed EPITROCLEITE.
Per queste condizioni l’esercizio riabilitativo consiste nello scollamento miofasciale (terapia manuale),
oppure la terapia infiltrativa (es. infiltrazione peritendinea con acido ialuronico o addirittura cortisone
(soprattutto nei casi cronici a difficile risoluzione), il quale però è altamente sconsigliato nell’applicazione
sui tendini e sui tessuti molli).
Volendo evitare le precedenti procedure, soprattutto l’infiltrazione con cortisone dimostrata risolutiva ma
con seri dubbi sui possibili effetti negativi sul tendine in una fase successiva, si potrebbe utilizzare una High
Intensity LaserTeraphy (che lavora a lunghezze d’onda sopra i 1000 nm e con una potenza di circa 3 kW).
Aumentando la lunghezza d’onda e la potenza l’effetto tende ad essere meno penetrante ma più
superficiale, maggiormente indicato per queste forme patologiche.
Vedremo in una diapositiva successiva come la laserterapia ad alta intensità sia molto indicata per l’effetto
analgesico.

La professoressa tiene a ribadire il fatto


che ogni tecnica abbia il proprio
meccanismo d’azione e il proprio effetto
specifico, rendendo necessaria la
valutazione critica della migliore
procedura (di solito sarebbe consigliato
usufruire di una coppia di terapie in
contemporanea) in funzione della
condizione clinica del paziente, non
affidandosi sempre e solo alle
strumentazioni più gettonate, come la
Tecar.

La laserterapia manca completamente


di evidenza di efficacia (non ci sono
lavori a favore, anche se neanche di effetti negativi che ne escludano categoricamente l’utilizzo) per:

 La CEFALEA CERVICOGENICA
 Le forme MIOFASCIALI di CERVICALGIA
CONTROINDICAZIONI E MISURE DI SICUREZZA DELLA LASERTERAPIA

Durante la procedura è obbligatorio (per legge) per l’operatore e per il paziente indossare occhiali
protettivi.
Questo vale anche se il paziente sta eseguendo un trattamento in posizione prona (fondamentale la
sicurezza!).

Andrebbe evitata nei pazienti con pregressa neoplasia, anche lontana dal sito di trattamento.
N.D.S questo vale specificatamente per la professoressa, l’evidenza reale è la controindicazione sull’uso
diretto su una neoplasia, però per questione di prevenzione e sicurezza ci tiene ad indicare la sua posizione
più drastica.

Alcuni soggetti con diagnosi di


LES, alcune forme di
sclerodermia ecc. hanno
manifestato con la
laserterapia (talvolta anche
con la magnetoterapia)
reazioni come rush cutaneo,
flushing sul volto ed anche in
questo caso la
controindicazione non è
assoluta ma relativa (sempre
meglio evitare!).

Riguardo l’epilessia, se il
paziente manifesta una forma stabile, ben controllata con la terapia farmacologica, non ci sono evidenze di
controindicazioni tali da sconsigliare la laserterapia (o anche una elettroterapia stimolatoria), mantenendo
nel caso un controllo più rigido.
CROMOFORO : gruppo di atomi e molecole in grado di assorbire la radiazione elettromagnetica.
La capacità con cui sono in grado di assorbire la radiazione elettromagnetica varia in funzione della
lunghezza d’onda (λ).

Questa caratteristica permette di scegliere il tipo di laserterpia che vogliamo utilizzare, in funzione di quale
cromoforo vogliamo stimolare, e quindi di quale effetto vogliamo ottenere (es. più antiedemigeno, più
rigenerativo, antinfiammatorio ecc. )

Il concetto precedente è ben spiegato da questa diapositiva, dopo possiamo vedere 2 esempi:

- λ = 1064 nm
(laserterapia
ad alta
intensità)
Effetto su
acqua e
melanina
(cromofori).
Ottimo effetto
analgesico ma
scarsa utilità
in caso di
processi
infiammatori
poichè le
molecole di
H2O causano alta resistenza.

- λ = 808 nm
Effetto biostimolatorio autorigenerativo buono e molto indicata nel caso delle
infiammazioni in quanto le molecole d’acqua causano una bassa resistenza.
Permette anche un trattamento temporalmente più prolungato.

Elementi da tenere sempre in considerazione:

1) Le caratteristiche del paziente


Non esiste una terapia fisica strumentale che, a parità di diagnosi, sia valida per tutti i pazienti.
Un esempio sono i soggetti diabetici, i quali mostrano forti limitazioni per le varie tecniche
strumentali.

2) L’eterogenicità dei parametri


Prima di poter definire se una terapia fisica ha funzionato o non ha funzionato, dobbiamo chiederci
se sono stati rispettati i parametri fisici corretti (es. negli ultrasuoni, che hanno parametri semplici e
standardizzati).

3) Poche evidenze con elevato livello di qualità


Purtroppo in letteratura sono presenti ancora “grigi” per quanto riguarda alcuni argomenti e
l’evidenza di efficacia di alcune tecniche è spesso scarsa o incompleta.

4) Le caratteristiche della patologia


Considerare lo stadio della patologia, se la terapia conservativa è indicata, oppure se è il
trattamento chirurgico ad essere preferibile (es. tunnel carpale allo stadio moderato/grave).

5) Il timing del follow up


Evitare di effettuare terapie fisiche incomplete ed incostanti, seguire il protocollo indicato senza
considerare lo stato di miglioramento, spesso transitorio, dopo le poche sedute iniziali.
Creare una buona alleanza terapeutica con il paziente, spiegare in maniera chiara rischi di azioni
non corrette e concordare con esso le sedute di controllo periodicamente.
Frequentemente l’errore più grande è il fai da te!

La lezione si conclude con una discussione sull’eccessivo utilizzo di tecniche riabilitative fisiche
(tecarterapia, laserterapia, magnetoterapia, ultrasuoni ecc.) in soggetti giovani, adolescenti in fase di
sviluppo, spesso sportivi, molte volte senza addirittura effettuare prima una radiografia.
La professoressa ci tiene a consigliare di evitare categoricamente la terapia fisica strumentale in questi
soggetti, su epifisi “fertili”, prediligendo riposo o cerotti medicali, oppure farmaci antinfiammatori.
Non ci sono evidenze di guadagno terapeutico, mentre sono molteplici le controindicazioni.
L’attenzione andrebbe posta bensì sul potenziamento della componente muscolare e soprattutto sul
mantenimento di un’ottima elasticità e mobilità.

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