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CHINESIOLOGIA CLINICA / CHINESITERAPIA

GUIDA PER IL CHINESIOLOGO

A cura del Dott. Fabio Perna

Chinesiologo Clinico / Fisiologo Clinico dell'Esercizio Fisico


INDICE

Età Anziana: Chinesiologia Speciale pag. 2


Principali Test di Valutazione Funzionale pag. 5
Il Recupero Funzionale pag. 24
Legamento Crociato Anteriore: Recupero E Prevenzione pag. 30
Pubalgia: L’Intervento Chinesiologico pag. 37
Cuffia Dei Rotatori: Il Trattamento Rieducativo pag. 44
Effetti Dell’Esercizio Eccentrico: Forza, Ipertofia E Recupero pag. 49
Che Ruolo Ha Il Training Neuromuscolare Nella Protezione Del L.C.A.? pag. 53
Parkinson: Esercizio Fisico Adattato pag. 55
Chinesiologia E Malattia Di Parkinson: Su Cosa Lavorare? pag. 58
Scoliosi: Che Ruolo Ha Il Chinesiologo? pag. 62
Sindrome Femoro-Rotulea: Il Trattamento Chinesiologico pag. 66
Artrosi Del Ginocchio: L’intervento Chinesiologico pag. 69
Programmazione Di Lavoro Nella Cardiopatia Ischemica: Cosa Considerare? (Parte 1) pag. 73
Programmazione Di Lavoro Nella Cardiopatia Ischemica (Parte 2) pag. 78
Programmazione Di Lavoro Nella Cardiopatia Ischemica (Parte 3) pag. 81
Training Nel Soggetto Obeso: Spunti Pratici pag. 85
Training Clinico Nell’Iperteso: Come Lavorare? pag. 91
Rischio Di Caduta: Importante Migliorare La Velocità Di Andatura pag. 94
Neuropatia Diabetica: Importante Lavorare Anche Sulla Postura pag. 97
L’equilibrio Nell’Ictus In Fase Stabile: Principi Di Rieducazione E Test Di Valutazione pag. 100
Osteoporosi E Fratture Vertebrali: Su Cosa Deve Lavorare Il Chinesiologo? pag. 111
Post-Ictus: I Benefici Della Ginnastica Respiratoria pag. 115
Sindrome Da Conflitto Sub-Acromiale: Guida Per Il Chinesiologo pag. 117
Reflusso Gastroesofageo: Perché Praticare Ginnastica Respiratoria? pag. 121

Bibliografia pag. 123

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Età Anziana: Chinesiologia Speciale

Ogni anno circa un terzo delle persone oltre i 65 anni, è vittima di cadute accidentali, nella metà

dei casi diventano ricorrenti, e provocano una volta su dieci lesioni importanti, quali: fratture

dell’anca, ematomi cerebrali e ferite dei tessuti molli o della testa. In Italia fra i 3 e i 4 milioni di

incidenti domestici, colpiscono gli anziani, con conseguenze rilevanti in termini di disabilità,

ricoveri e mortalità. Tra gli incidenti domestici, le cadute rappresentano la voce più

importante. Diversi studi hanno permesso di dimostrare che nel 40% dei casi la maggior causa di

ricovero all’interno di case di cura è rappresentata proprio dalla caduta. Ogni anno circa il 30% di

soggetti di età superiore ai 65 anni che vivono in comunità, cade. Tale numero sale al 40% se i

soggetti presi in considerazione sono over 80. I programmi di esercizio fisico adattato, sono efficaci

nel prevenire le cadute negli anziani. Non solo riducono le cadute ma prevengono le lesioni

derivanti dalle stesse cadute. L’effetto protettivo sembra più pronunciato per le lesioni più gravi: la

riduzione stimata è del 37% per tutte le cadute nocive, del 43% per grave cadute nocivi e 61% per

le cadute con conseguente fratture. Si sottolinea il lavoro da svolgere sull’equilibrio, rieducazione

funzionale del cammino, sulla forza, resistenza e flessibilità articolare. Ad esempio un altro fattore

di rischio nell’evento di caduta, è la bassa massa ossea. I protocolli chinesiologici, hanno mostrato

un significativo effetto positivo sulla massa ossea in soggetti anziani con età media di 75 anni.

L’esercizio fisico si colloca sempre più in un intervento terapeutico integrato necessario. Una

disciplina come il Tai Chi ha mostrato una riduzione dell’incidenza di cadute dal 22% al 58%. In

uno studio, si è proposta la combinazione di esercizi di forza con esercizi di yoga e il

miglioramento medio sull’andatura variava dal 4% al 50%. Il miglioramento medio dell’equilibrio

variava dal 5% al 80%. L’aumento medio della forza variava dal 6% al 60%. I soggetti sono stati

anche sottoposti ad un protocollo di esercizio fisico, che consisteva in una media di 3 serie da 8

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ripetizioni all 80% del 1RM, 3 volte al settimana per 10 settimane. I risultati hanno rivelato che

questo protocollo ha migliorato la velocità di andatura abituale.

IL CIRCUIT TRAINING

Un programma di esercizio di Circuit Training, ha dato il 40% in meno cadute. Altri hanno

dimostrato una riduzione del tasso di cadute del 31% e maggiore resistenza ed equilibrio, dopo il

periodo di studio. Un programma di esercizio multi-variato che comprende forza, resistenza,

equilibrio, è la migliore strategia. Nella scelta tra pesi liberi e macchine per il potenziamento si

dovrà valutare l’opportunità di privilegiare:

•Condizioni di sicurezza che le macchine riescono a garantire con maggior margine

•La più ampia trasferibilità alle attività quotidiane che le esercitazioni con pesi liberi, spesso

permettono.

•30% del massimale per le esercitazioni iniziali di apprendimento, con un numero di ripetizioni che

non porti all’esaurimento

•70 % (8 -10 RM) per soggetti allenati. Per questi ultimi si può prevedere che le ripetizioni portino

vicino all’esaurimento dell’energia dei gruppi muscolari interessati.

Un protocollo di esercizio fisico tipo, dovrebbe includere: da 1 a 3 serie, di 8-14 ripetizioni e 6-12

esercizi principali che condizionano i maggiori gruppi muscolari.

•Arti inferiori (locomozione)

•Muscolatura addominale (controllo posturale)

•Arti superiori (funzione dinamica)

•Controllo della respirazione durante lo sforzo

•Variazioni della pressione arteriosa indotte dalla contrazione muscolare intensa.

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MODIFICAZIONE DELLA DEAMBULAZIONE NEGLI ANZIANI

•Riduzione della velocità media del cammino

•Maggiore tempo trascorso nella fase di appoggio e doppio appoggio

•Riduzione del ROM

•Aumento della larghezza del passo

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Principali Test di Valutazione Funzionale

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Il Back Scratch Test, o semplicemente "Scratch Test", misura quanto le mani, possono unirsi

dietro la schiena. Questo test è progettato per testare l'idoneità funzionale degli anziani e non solo.

Il Test misura l'ampiezza del movimento delle spalle in generale e viene eseguito in posizione

eretta. Consiste nel mettere una mano dietro la testa e spalla, spingendo il più possibile verso il

centro della schiena. L'altro braccio dietro la schiena, ha il palmo rivolto verso l'esterno e le dita

verso l'alto, così da cercare la sovrapposizione del dito medio sull'altro.

È necessario misurare la distanza tra le punte del dito medio (con righello o metro). Se le due dita

arrivano al contatto, il punteggio è zero. Se le punte non toccano, occorre misurare la distanza che

resta da colmare (simboleggia un punteggio negativo, in quanto non si ha mobilità sufficiente

nell'arrivare al contatto), mentre, se si sovrappongono, bisogna misurare di quanto (simboleggia un

punteggio positivo, in quanto si riesce addirittura a superare il contatto delle dita, mostrando una

buona mobilità). Occorre ripetere il test 2 volte per essere valido. Il test è molto utile in quei

soggetti, spesso anziani, che potrebbero non essere in grado di eseguire i test di fitness

tradizionali.

Si riportano le tabelle che mostrano gli intervalli consigliati (in pollici) in base all'ètà (da Jones &

Rikli, 2002).

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Il "2 Minute Step in Place Test", consente di valutare la resistenza aerobica nei soggetti anziani e

viene eseguito in alternativa al test del cammino di 6 minuti, per persone che usano dispositivi

ortopedici, o hanno problematiche di bilanciamento, durante il cammino. Occorrono, un nastro per

segnare i dati vicino ad un muro e un cronometro. Il livello di altezza da raggiungere, è a metà tra

ginocchio e cresta illiaca antero-superiore.

Il soggetto quindi marcia sul posto per 2 minuti, all'altezza impostata. È permesso riposare,

poggiarsi al muro o ad una sedia stabile. Occorre registrare il numero di volte in cui il ginocchio

raggiunge il livello del nastro, in questa finestra di tempo.

Di seguito è riportata una tabella che mostra gli intervalli consigliati per questo test in base all'età

(da Jones & Rikli, 2002).

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"L'Arm Curl (Biceps) Test" è un test che permette di misurare la forza e la resistenza della parte

superiore del corpo. Occorre un peso di circa 2 / 2,5 kg per le donne, mentre per gli uomini circa

3,5 kg, una sedia senza braccioli e un cronometro.

Lo scopo del Test è quello di eseguire il maggior numero di contrazioni del braccio in 30 secondi,

dalla parte del braccio dominante. Il soggetto è sulla sedia, con un peso in mano, il braccio in

posizione verticale e bloccato, in modo che solo l'avanbraccio si muova attraverso la flessione (il

tester può aiutare a tenere fermo il braccio del soggetto). Quindi si flette completamente

l'avanbraccio, con il palmo in supinazione.

Il protocollo prevede che la mano libera del soggetto sia posizionata sul bicipite, mentre la mano

del braccio che esegue il test, deve arrivare a toccare la mano del tester, per dimostrare la

completa contrazione. E' importante che la parte superiore del braccio sia stabile e non oscilli.

Di seguito è riportata tabella che mostra i parametri consigliati in base all'età (da Jones & Rikli,

2002).

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Nel TEST DI LASèGUE, la comparsa del dolore è attribuita alla compressione del nervo sciatico,

da parte della muscolatura dei flessori della coscia. Si attribuisce una diversa positività del segno

di Lasègue a seconda dell’evocazione del dolore, rispetto ai gradi di estensione dell ginocchio.

Partendo da coscia flessa a 90° sull’anca, si comincia con l'estensione del ginocchio. Potremmo

trovarci così 3 situazioni:

- Quando, iniziando l'estensione del ginocchio, si avverte dolore prima dei 45°, si riporta Lasègue

+++

- Quando si avverte dolore tra i 45 e i 90°, si riporta Lasègue ++

- Quando si avverte dolore oltre i 90° fino all’estensione totale del ginocchio, si riporta Lasègue +

Spesso si fa confusione con un altro test, lo “straight leg raising test”, dove l'esecuzione prevede il

sollevamento dell’arto inferiore, sempre a ginocchio teso, sino alla comparsa del dolore.

Per differenziare l'irritazione dello sciatico, dallo stiramento dei flessori del ginocchio, si abbassa

tutto l’arto, chiedendo la dorsi-flessione del piede al soggetto: se c’è dolore vuol dire che c'è

interessamento dello sciatico, mentre se non c’è, il dolore avvertito in precedenza, si può attribuire

appunto allo stiramento dei flessori del ginocchio. Infatti questo ci fa capire la differenza tra il vero

test di Laségue, dall'altro tipo.

Importante eseguire il test di Laségue in maniera corretta, ed è importante anche ricordare che

questo è un test abbastanza indicativo ma non specifico.

Bisogna ricordare che il Lasègue non prevede il sollevare un arto inferiore teso, ma prevede di

valutare l'anca nelle diverse fasi di estensione del ginocchio, misurando così i gradi in cui si evoca

il dolore, in modo da poter descrivere una positività da uno a tre +.

(nella prima immagine il VERO Lasègue, mentre nella seconda, il test “straight leg raising test”)

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Il TEST DI JOBE, valuta una possibile infiammazione / lesione del tendine, nel muscolo

sovraspinato.

Il soggetto deve mantenere il braccio abdotto a 90°, sul piano scapolare (30-45°) e in

intrarotazione. Da questa posizione, il soggetto effettua una spinta verso l’alto, contrastata

manualmente dal valutatore. Si consiglia di eseguire il test bilateralmente.

La valutazione può essere eseguita utilizzando:

- Il peso del braccio come fattore resistivo, in quanto in posizione eretta il sovraspinato interviene

già per eseguire l’elevazione del braccio contro la gravità. Il peso del braccio e spinta

dell’operatore sono due stimoli importanti per un tendine infiammato. Quindi si può valutare prima

l'infiammazione del tendine al carico gravitario, se l'esito è negativo, si applica la resistenza

dell'esaminatore.

- La posizione in decubito supino, in quanto permette una valutazione più fine del sovraspinato,

perché lo sgrava dal carico gravitario. In decubito supino, la posizione specifica per l’esecuzione

del test viene raggiunta con un minore impegno del deltoide, consentendo una migliore

valutazione del tendine.

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Il TEST DI PATTE, permette di valutare l'integrità dei muscoli: Sottospinato e Piccolo Rotondo.

Il soggetto deve mantenere il braccio abdotto a 90°, extraruotato, con il gomito flesso a 90°. Da

questa posizione, l’operatore chiede alla persona una spinta posteriore, che viene contrastata

manualmente dal valutatore.

Il LIFT-OFF TEST o “TEST DI GERBER” viene eseguito in caso di sospetta lesione / sofferenza

del tendine del muscolo sottoscapolare e consiste nel sollevare attivamente il dorso della mano

(contro resistenza dal valutatore), dalla colonna lombare.

Il soggetto viene esaminato in piedi con la mano dietro la schiena e il dorso della mano appoggiato

a metà della zona lombare. Successivamente, si richiede una spinta della

mano contro quella dell’operatore.

Un unico inconveniente è rappresentato da una possibile limitazione articolare che non

consentirebbe al soggetto di raggiungere la posizione. Se invece il soggetto ha un range articolare

completo e la rotazione interna attiva non comporta dolore, ma il lift-off test è positivo,

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probabilmente si ha disfunzione del muscolo sottoscapolare, indicando una probabile instabilità o

sofferenza.

L’impossibilità di allontanare il dorso della mano dalla colonna, con presenza di dolore, indica una

positività del test, fornendo informazioni su una possibile lesione / disfunzione del muscolo

sottoscapolare.

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Il PALM-UP TEST o "TEST DI SPEED" valuta l'integrità / efficienza del tendine del capo lungo del

bicipite brachiale. Il soggetto posiziona le braccia anteposte a 90° ed extraruotate con

l'avanbraccio supinato. Da questa posizione, si richiede una spinta verso l’alto, contrastata

manualmente dall’operatore.

L’extrarotazione del braccio è fondamentale per il contatto del capo lungo del bicipite, contro il

margine mediale del solco bicipitale. La spinta verso l’alto produce la contrazione

del ventre muscolare con conseguente scivolamento del tendine nel solco.

Il Test è positivo, quando la persona riferisce dolore e impotenza. La positività si riscontra anche in

tutti i casi di rottura in una delle componenti tendinee della cuffia dei rotatori, che interessano il

capo lungo del bicipite.

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Il Test di Patrick o "FABERE TEST", viene eseguito per valutare una sofferenza dell’articolazione

dell’anca o della sacro-iliaca.

Il Test si esegue con il soggetto in posizione supina e chiedendo allo stesso, di portare l'anca in

flessione, abduzione ed extrarotazione, con la caviglia poggiata appena sopra al ginocchio.

L’esaminatore stabilizza il lato opposto con la mano sulla SIAS e successivamente applica una

forza di rotazione esterna, abduzione ed estensione al ginocchio omolaterale fino ad ottenere il

ROM completo.

- Se il dolore è suscitato sul lato omolaterale, indica un disturbo all’anca, nello stesso lato.

- Se il dolore è nel lato controlaterale, posteriormente, il dolore è causato da una disfunzione

dell’articolazione sacro-iliaca.

Il test risulta positivo anche se è presente una limitazione del range articolare.

In generale:

- Se c'è disfunzione muscolare: la resistenza opposta alla pressione è di rimbalzo.

- Se c'è disfunzione capsulo-legamentosa: la resistenza opposta alla pressione è oltre l’elasticità

muscolare.

- Se c'è disfunzione ossea: Si rileva che la SIAS opposta, si solleva

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Il Recupero Funzionale

Le lesioni muscolo-tendinee possono essere causate da:

– Fattori intrinseci: collegati alla struttura muscolare e tendinea (riduzione funzionale e di elasticità)

– Fattori estrinseci: elementi ritrovabili nell’ambiente esterno (calzature, traumi, temperature,

terreno…)

LESIONI MUSCOLARI

Le lesioni possono derivare da traumi:

– Diretti: vi è un qualcosa che comporta un evento sul ventre muscolare (contatto), come una

contusione.

– Indiretti: lesione senza contatto, come una contrattura, stiramento, strappo

Nella fase acuta il trattamento prevede l’utilizzo del protocollo RICE (riposo, ghiaccio,

compressione, elevazione). Dopo questa fase, si andrà a lavorare su:

– Recupero dell’escursione articolare ed estensibilità.

– Lavoro aerobico di base e recupero della forza.

– Lavoro specifico sul campo.

– Esercitazione di mantenimento.

CONTUSIONE

È un trauma da contatto, in genere non particolarmente grave, e si risolve in 2-4 giorni. Necessario

il protocollo RICE. La contusione può essere:

– Lieve: 0-2 giorni

– Moderata: 5-10 giorni

– Grave: 15-20 giorni

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CONTRATTURA

È un’alterazione strutturale in cui il muscolo rimane ipertonico in seguito ad uno sforzo intenso,

solitamente insorge a riposo (anche dopo un giorno), non si individua un momento preciso e il

dolore aumenta se si accorcia il muscolo. Si interviene dopo qualche giorno con allungamento,

mobilità e stretching.

STIRAMENTO

È un problema discriminato durante l’attività che parte lieve e va “aggravandosi”, è un trauma da

elongazione in cui si individua un momento preciso. Si interviene con esercizi isometrici. Il tempo

di recupero medio è di circa 15 giorni.

STRAPPO

È una lesione che causa la rottura di alcune fibre muscolari in seguito ad una contrazione violenta.

Si ha dolore sia nella contrazione concentrica sia in quella eccentrica. Lo strappo si classifica in:

– 1 grado: 20-30 giorni

– 2 grado: 30-45 giorni

– 3 grado: oltre i 45 giorni

Più è grave lo strappo, maggiore sarà il dolore durante la contrazione eccentrica. Sia a monte che

a valle dello strappo è possibile avere una contrattura. L’evento dello strappo prevede delle fasi:

1 Fase infiammatoria (24-48h), dove si interviene con il protocollo RICE.

2 Fase macrofagica (3-4 giorni)

3 Cicatrizzazione (7 giorni)

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Sia in caso di stiramento severo che in caso di strappo, bisogna intervenire dopo 1-2 settimane a

seconda del grado di lesione. La progressione nelle lesioni muscolari prevede: isometrico,

concentrico, eccentrico.

LESIONI TENDINEE

Nelle tendinopatie è fondamentale svolgere un lavoro di tipo eccentrico. Si distinguono:

– Tendiniti: infiammazioni date da sovraccarico ripetuto nel tempo.

– Avulsioni tendinee: distacchi delle giunzioni mio-tendinee con distacco di parte dell’osso.

– Rotture tendinee: sutura chirurgica.

IL RECUPERO FUNZIONALE

Il lavoro di recupero funzionale consiste nella creazione di un percorso di lavoro finalizzato al

recupero della mobilità articolare e della capacità muscolare compromesse da un infortunio o da

interventi chirurgici. Molto spesso gli infortuni vengono trascurati e non viene attuata una pratica

riabilitativa/rieducativa corretta.

Il protocollo può essere suddiviso in tre punti chiave che devono essere raggiunti:

1 Valutazione integrata (identificazione del problema)

2 Progettazione del programma correttivo (risoluzione del problema)

3 Implementare la soluzione (tecnica di esercizio)

FASI DEL RECUPERO FUNZIONALE

Prima fase di inibizione: per scaricare la tensione o diminuire l’iperattività dei tessuti neuro-mio-

fasciali nel corpo. Può essere realizzato attraverso l’utilizzo di tecniche di rilascio mio-fasciale.

Seconda fase di allungamento muscolare: dove l’obiettivo è quello di aumentare l’estensibilità, la

lunghezza muscolare e il R.O.M. articolare.

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Terza fase di attivazione muscolare: Può essere realizzata attraverso l’uso di esercizi di

tonificazione muscolare, isometrici, selettivi per il distretto corporeo da recuperare.

Quarta fase di Integrazione: prevede tecniche di integrazione per riqualificare il “sinergico

collettivo”, ovvero una fase del recupero funzionale con movimenti funzionali e progressivi,

integrati in maniera globale.

1 Fase: SMR (Self-Myofascial Release)

Può essere impiegata per due obiettivi principali:

1.Alleviare gli effetti collaterali di punti trigger (dove si accumulano le tensioni) attivi o latenti.

2.Influenzare il sistema nervoso autonomo.

Anche una compressione ischemica (attraverso rulli, palle, handheld rollers) ad alta intensità

(massima tolleranza al dolore) per una durata minima (circa 30 secondi) o ad una bassa intensità

(soglia minima del dolore) per una durata più lunga (circa 90 secondi), riduce significativamente il

dolore e la sensibilità del trigger point. E’ stato dimostrato che la combinazione delle due tecniche,

aumenta significativamente il R.O.M.

2 Fase: Il lavoro sarà mirato nel recuperare la lunghezza muscolare e R.O.M. articolare.

3 Fase: il lavoro comprende esercizi isolati di tonificazione muscolare. E’ una tecnica

somministrata per migliorare la coordinazione intramuscolare intramuscolare dei muscoli

interessati. Possono essere eseguiti immediatamente dopo le tecniche di allungamento inibitorio. E

nonostante non ci siano specifiche prove scientifiche, clinicamente ha prodotto risultati favorevoli.

L’idea è quella di posizionare il soggetto, nella migliore linea di azione per un’attivazione ottimale di

ciascun muscolo. Questi esercizi possono essere eseguiti con resistenza manuale (facilitazione

neuromuscolare propriocettiva o contro-resistenza isometrica), cavi, tubi elastici, manubri e

macchine isotoniche.

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4 Fase: fase del movimento dinamico integrato. L‘ultima componente dell’esercizio continuum

correttivo, implica l’uso globale del corpo con esercizi dinamici e globali, migliorando la capacità

funzionale del sistema e aumentando il controllo neuromuscolare. Ciò è ottenuto utilizzando

esercizi che si concentrano sulla funzione sinergica della stabilizzazione e la mobilitazione dei

muscoli del corpo. L’effetto indotto sarà quello di aumentare la coordinazione neuromuscolare e

quindi la sua efficienza in modo progressivo. Tale risultato aiuterà a stabilire un migliore controllo

posturale e diminuire il rischio di lesioni. Il modello di Dinamica Integrata non è solo limitato al

movimento in sé, ma anche ad una progressione di sequenze di movimenti. Ad esempio, un

esercizio di base potrebbe essere composto da un esercizio con gli arti inferiori, con il minimo

controllo per la stabilità, per poi progredire alternando l’uso degli arti inferiori e poi evolversi con

esercizi simili, aumentando l’instabilità. Tale progressione potrebbe essere eseguita sui diversi assi

e piani possibili.

ISOMETRIA

Questa modalità di contrazione sarebbe più appropriata per un soggetto con una adeguata forza di

base e controllo neuromuscolare, in quanto comporta contrazioni con intensità elevata. Nella fase

del potenziamento muscolare isolato, ha lo scopo di aumentare la coordinazione intramuscolare

dei muscoli, necessari per aumentare i livelli di attivazione, prima di integrarli nelle loro sinergie

funzionali.

CONTRAZIONE MUSCOLARE ECCENTRICA

La componente eccentrica coinvolta nell’attivazione muscolare isolata ha evidenziato un ruolo

importante nel recupero delle lesioni muscolari e tendinopatie. La sequenza ai fini del recupero

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muscolare deve essere in progressione: Isometria – Contrazione Concentrica – Contrazione

Eccentrica.

SUPERFICI INSTABILI

Negli ultimi anni, alcuni studi, hanno evidenziato i benefici che si possono acquisire, integrando

training su superfici instabili, nel protocollo di recupero funzionale.

RECUPERO FUNZIONALE IN ACQUA

•La diminuzione della forza di gravità facilita una ripresa molto rapida dei movimenti attivi, la

mancanza parziale di peso favorisce, la possibilità di effettuare correttamente il gesto specifico

•La riduzione dello stress articolare, del gonfiore e quindi del dolore favorisce movimenti più ampi

rispetto a quelli che vengono eseguiti fuori dall’acqua. Questo aspetto consente al soggetto di

migliorare la propria fluidità articolare, cioè avere una maggiore elasticità nei movimenti e quindi

minor rigidità.

•La resistenza offerta dall’acqua favorisce un precoce recupero muscolare, tale resistenza può

essere aumentata con l’utilizzo di alcuni ausili (elastici, galleggianti).

L’ambiente acquatico modifica la percezione del nostro corpo, questo costringe la ricerca di un

maggiore controllo e ad eseguire movimenti con maggiore attenzione.

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Legamento Crociato Anteriore: Recupero E Prevenzione

Negli ultimi anni, il numero delle donne che giocano negli sport è aumentato in modo significativo.

Questo drammatico aumento della partecipazione sportiva delle donne ha comportato un

concomitante aumento delle lesioni al legamento crociato anteriore (senza contatto). Sport di

squadra competitivi tra cui calcio, basket, pallavolo, richiedono stabilità dinamica agli arti inferiori

per diversi movimenti di taglio, decelerazione,

salto. La letteratura chiarisce che questi

movimenti specifici sono fattori di rischio, e questi

sport sono stati identificati come quelli con la più

alta incidenza di lesioni. Le lesioni del legamento

crociato anteriore, in particolare nelle giovani atlete donne, sono diventate un problema di salute

pubblica in America. Circa $ 100.000.000 ogni anno vengono spesi per la ricerca di strategie di

prevenzione, purtroppo con scarsi risultati. Nonostante la significativa ricerca in questo campo,

continua a mancare il consenso.

FATTORI DI RISCHIO AMBIENTALI

I fattori di rischio ambientali comprendono tutti i fattori estrinseci all’atleta. Questi includono il clima,

tipo di calzatura, superficie di gioco, e lo sport in questione. La maggior parte degli studi prendono

in considerazione discipline quali: il football americano, il calcio australiano, e la pallamano. Il clima

asciutto aumenta il coefficiente di attrito e torsionale. Sulla base di questi studi, il clima ottimale per

contribuire a ridurre le lesioni, sembra essere di tipo umido e freddo. Poi l’interazione scarpa-

superficie è molto importante per evitare lesioni. Superfici di gioco con alta copertura in erba,

tappeto erboso artificiale, sono associati con un coefficiente di attrito elevato ed anche una

maggiore reazione al suolo. L’alto attrito è associato ad un aumento delle prestazioni per effetto di

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una migliore trazione, ma anche ad un aumento di infortuni. In uno studio confrontando il calcio al

coperto e all’aperto, è stata trovata maggiore incidenza di lesioni quando lo sport è stato giocato al

coperto. L’ottimale superficie per prevenire lesioni è all’aperto su erba naturale.

FATTORI DI RISCHIO INTRINSECI

Ci sono stati molti fattori di rischio anatomici che sono stati associati ad un aumento lesione del

legamento crociato anteriore. L’indice di massa corporea (BMI) è forse l’unico fattore di rischio

anatomico modificabile. Studiosi hanno dimostrato che nelle donne il legamento crociato anteriore

era più piccolo in lunghezza, sezione trasversa, volume e massa se confrontato con quello degli

uomini. Inoltre hanno trovato più bassa la concentrazione di fibrille collagene rispetto ai maschi.

Questo probabilmente indica che le donne hanno una minore rigidità lineare di trazione con meno

allungamento e minore assorbimento di energia; anche un possibile ginocchio recurvato e una

pronazione del piede eccessiva. Un’inclinazione pelvica anteriore stringe i flessori dell’anca,

allungando e indebolendo i muscoli posteriori della coscia. Un momento di flessione a livello

dell’anca viene contrastato con un momento estensore al ginocchio, portando a ginocchio in

iperestensione e recurvando il ginocchio. I muscoli posteriori della coscia dovrebbero contrastare

questo movimento recurvato ed impedire la traslazione tibiale anteriore, ma i muscoli posteriori

della coscia di questi atleti sono in genere deboli. Anche la pronazione del piede e la rotazione

interna della tibia, che si verificano normalmente durante la fase di contatto del ciclo del passo,

sono compromessi. La pronazione prolungata del piede produce eccessiva rotazione interna

tibiale, che estende il LCA sopra il condilo femorale laterale, e può produrre un effetto di pre-

caricamento. Studiosi hanno mostrato una relazione diretta tra la pronazione del piede e

sofferenza del LCA.

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FATTORI DI RISCHIO ORMONALI

I fattori di rischio ormonali per le lesioni di LCA sono un campo di corrente della ricerca. Ricercatori

hanno dimostrato che le cellule del legamento, hanno sia recettori degli estrogeni che del

progesterone. Gli ormoni sessuali hanno un’influenza sulla coordinazione motoria ed avrebbero

anche effetti sulla forza, capacità aerobica, anaerobica e resistenza ad alta intensità nelle atlete.

C’è stata molta disparità di studi riguardanti il ciclo mestruale, quando avvengono gli infortuni. Il

consenso sembra essere ora verso la fase pre-ovulatoria come periodo di rischio, in quanto

portando l’aumento di estrogeni, provoca maggiore lassità del ginocchio.

FATTORI DI RISCHIO NEUROMUSCOLARI

L’attuale ricerca si è concentrata molto sul controllo neuromuscolare nella prevenzione di certi

movimenti che sono associati con lesione del LCA. L’attivazione muscolare inconscia è cruciale

durante le molte azioni di sport, in cui un atleta cambia rapidamente direzione, durante la

decelerazione, accelerazione, movimenti di taglio. Questo potrebbe spiegare perché alcuni atleti

sono più suscettibili al danno rispetto ad altri, e in questo caso, ci può essere un ruolo importante

dei programmi di prevenzione.

PROGRAMMI DI PREVENZIONE

Questi programmi di solito sono rivolti in particolare a giovani atleti di sesso femminile. Attualmente

si ritiene che gli atleti delle scuole superiori debbano ricevere la massima educazione e screening.

Però, alcuni studiosi hanno suggerito di iniziare questi programmi preventivi già nelle scuole, per

essere in grado di educare i bambini prima di iniziare lo sport specifico, nel tentativo di modificare

la loro attivazione muscolare inconscia e integrare la biomeccanica corretta. La maggior parte dei

programmi in letteratura sono dalle 6 alle 8 settimane. Ad oggi, non vi è alcun programma di

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intervento standardizzato per prevenire gli infortuni del legamento crociato anteriore (senza

contatto). Questi programmi di recupero/prevenzione includono:

– Pliometria arti inferiori

– Equilibrio dinamico

– Esercizi di forza

– Stretching

– Controllo del tronco

– Agilità

– Rafforzamento del ginocchio

– Esercizi per la propriocezione

Aumentando l’attivazione degli adduttori dell’anca con 6 settimane di pliometria, è possibile ridurre

il ginocchio valgo e potenzialmente prevenire le lesioni. Poiché il meccanismo di lesione è

multifattoriale, è buon senso che un programma di prevenzione dovrebbe includere una varietà di

interventi. Ad esempio in alcuni studi, esercizi integrati con video educativi aggiunti, ha portato una

diminuzione importante degli infortuni.

33
ESEMPI DI ESERCIZI

Questo è un esercizio progressivo pliometrico. Si indica all’atleta di generare energia sufficiente

per il salto e mantenere nel frattempo l’equilibrio. Bisogna cercare una profonda flessione del

ginocchio.

34
Si indica all’atleta di mantenere la maggior parte del peso sulla gamba in affondo, evitando

l’iperestensione del tronco. Una leggera inclinazione in avanti è accettabile. Il ginocchio dell’atleta

non deve avanzare oltre la caviglia.

Il salto verticale inizia con l’oscillazione delle braccia in avanti, portando le ginocchia più in alto

possibile. L’obiettivo è quello di raggiungere una posizione parallela di entrambe le cosce rispetto

al pavimento.

35
Evitare l’iperestensione lombare durante il ponte. Con l’avanzare delle fasi, l’obiettivo è quello di

restringere la base di supporto e il numero di punti di contatto per aumentare la difficoltà. Poi

ridurre al minimo il movimento della palla sotto i piedi durante flessione ed estensione dell’anca.

36
Pubalgia: L’Intervento Chinesiologico

È una patologia di difficile e controversa interpretazione per:

• Complessità anatomica della regione pubica

• Sovrapposizione di quadri clinici causati da diverse patologie.

Anche il termine pubalgia viene definito da alcuni autori “ambiguo” o riduttivo in virtù della sua

complessità (vidalin e coll., 2004). Patologia divenuta da tipica dei solo atleti di alto profilo

agonistico a problema sempre più diffuso ad ogni livello sportivo, in atleti di livello

intermedio/amatoriale, dove le condizioni di pratica sportiva non sono idonee alla prevenzione. Le

attività sportive a maggior rischio in misura maggiore sono il football poi hockey, rugby e corsa di

fondo. Alcuni autori individuano da 15 a 72 cause di pubalgia, in maggioranza patologie muscolari

e tendinee (tendinopatie inserzionali, calcificazioni ectopiche, avulsioni, ernie), ma anche da altra

origine:

– Ossea e articolare: fratture da stress, osteocondrosi e osteonecrosi

– Origine tumorale, infettiva, borsiti, intrappolamenti nervosi

– Pubalgie di tipo viscerale

CLASSIFICAZIONE (brunet ’83, durey e r. ’76)

1) Patologia parieto-addominale ( parte inferiore dei muscoli larghi dell’addome, grande e piccolo

obliquo e trasverso) e gli elementi anatomici che costituiscono il canale inguinale

2) Patologia dei muscoli adduttori (che riguarda principalmente la loggia superficiale: adduttore

lungo e pettineo

3) Patologia a carico della sinfisi pubica

37
CLASSIFICAZIONE (teoria di bouvard 2004: rivisitazione di brunet e coll.)

Unica patologia caratterizzata da sintomatologia dolorosa della zona pubica derivante dalla pratica

sportiva che raggruppa 4 forme cliniche:

1) Osteoartropatia pubica (sinfisi e branche ossee)

2) Sofferenza del canale inguinale (groin disruption=difetti anatomici parete posteriore)

3) Tendinopatie inserzionali del retto addominale

4) Tendinopatie inserzionali e preinserzionali degli adduttori

Il dolore prevede in genere: irradiazione lungo la muscolatura adduttoria e/o addominale, in

direzione del perineo, organi genitali.

TEST PER IL MUSCOLO ILEO-PSOAS

38
TEST PER IL MUSCOLO RETTO

TEST PER RETTO E OBLIQUI ADDOME

39
TEST PER ADDUTTORI (1): La contrazione isometrica degli adduttori può causare, nelle forme

canalari inguinali, un dolore di proiezione sovra-pubico (Durey, 1984)

TEST PER ADDUTTORI (2): Generalmente questo tipo di manovra risulta dolorosa quando

nell’entesopatia è coinvolto il muscolo gracile

40
TEST PER ADDUTTORI (3): Anche questo tipo di manovra, come la precedente, suscita dolore in

caso di coinvolgimento dei muscoli gracile e semitendinoso

Esisterebbero dei fattori intrinseci ed estrinseci, che potrebbero predisporre l’atleta all’insorgenza

della pubalgia.

Tra i fattori intrinseci, quelli che raccolgono il maggior consenso tra i vari Autori, (Durey, 1987;

Bouvard e coll., 2004) sono:

1 – PATOLOGIA DELL’ANCA /SACRO-ILIACA

2 – ASIMMETRIA ARTI INFERIORI

3 – IPERLORDOSI LOMBARE

4 – SQUILIBRIO TRA MUSCOLATURA ADDOMINALE E ADDUTTORIA

5 – MUSCOLO ISCHIO-CRURALE POCO ELONGABILE

41
Tra i fattori estrinseci ritroviamo invece (Brunet, 1983; Brunet e coll., 1984; Volpi, 1992):

1) Inadeguatezza dei materiali utilizzati: un esempio tipico nell’ambito del calcio è costituito

dall’utilizzo di tacchetti troppo lunghi su terreni secchi, oppure troppo corti in caso di terreni morbidi

(Puig e coll., 2004)

2) Inidoneità del terreno di gioco

3) Errori nella pianificazione dell’allenamento

IL TRATTAMENTO CHINESIOLOGICO

– Rinforzo della muscolatura addominale in toto ed in particolar modo dei muscoli obliqui e del

terzo inferiore del retto addominale. Inizialmente, il lavoro sarà isometrico, nella fase centrale sarà

concentrico, e solo nell’ultima fase lavoro eccentrico.

– Allungamento e detensione della muscolatura adduttoria. L’allungamento e la detensione della

muscolatura adduttoria, deve essere impostato, oltre che sugli esercizi classici di stretching e sulle

posture globali, anche e soprattutto applicando i principi dello Stretch & Spray enunciati e descritti

da Travell e Simmons (1988).

– Condizionamento muscolare della muscolatura adduttoria contestuale al progressivo rinforzo

della muscolatura addominale. Dopo una prima fase di rinforzo essenzialmente a carico della

muscolatura addominale, deve seguire un contestuale condizionamento della muscolatura

adduttoria, soprattutto nei casi in cui la situazione tendineo-inserzionale di quest’ultima sia carente

dal punto di vista strutturale

– Condizionamento e rinforzo sinergico della muscolatura addominale, adduttoria e lombare.

La contrazione di tipo isotonico, preferibilmente effettuata con resistenza manuale offerta

dall’operatore o con resistenza elastica deve prevedere l’utilizzo delle tre posizioni sotto-riportate.

42
L’ultima tappa del piano di lavoro conservativo, consiste nell’allenamento contestuale e sinergico

della muscolatura addominale, adduttoria e lombare, al fine di creare un armonico ed equilibrato

sinergismo muscolare di questi tre gruppi muscolari. Gli esercizi di core stability coinvolgono la

muscolatura addominale in toto (retto, traverso, obliqui e piramidale) associando a ciò una

richiesta di stabilità segmentale, soprattutto a carico del tratto lombare, che coinvolge attivamente

la muscolatura della loggia lombare (quadrato dei lombi) i muscoli paravertebrali, il multifido e

l’erettore della colonna (Behm e coll, 2002; Hodges e Richardson, 1996; McGill, 2001)

43
Cuffia Dei Rotatori: Il Trattamento Rieducativo

Dal punto di vista chinesiologico la spalla costituisce un segmento complesso per l’elevato numero

di articolazioni e di muscoli. Questi poi, avendo configurazione a ventaglio, vanno considerati

come singole unità, ma come più elementi ciascuno in grado di esercitare trazioni in direzioni

diverse. La scapola rappresenta all’interno del sistema spalla l’anello di congiunzione più

importante della catena cinetica arto superiore, tronco, resto del corpo. Il passaggio delle forze è

possibile se la scapola è stabilizzata sulla gabbia toracica. Se c’è una discinesia della scapola, si

avrà un deficit di forza dell’arto superiore. Ad accentuare la complessità di questa articolazione

contribuisce il limitato controllo visivo data la sua posizione posteriore: ne deriva un rallentamento

del ri-apprendimento e della automatizzazione dello schema motorio. Non esiste un progetto di

recupero standard. Il progetto riabilitativo e rieducativo va impostato in base a:

• Tipo di lesione

• Metodica chirurgica utilizzata

• Obiettività del soggetto

Nel complesso la cuffia è composta da due muscoli extrarotatori (sottospinato e piccolo rotondo),

un muscolo intrarotatore (sottoscapolare), e un muscolo abduttore (sovraspinato).

Dopo l’intervento chirurgico:

– Tutore in abduzione di 30° per 30 giorni circa

– Mobilizzazione passiva della scapolo-omerale dopo i primi giorni (apparecchio motorizzato

piuttosto che esercizi pendolari o auto-assistiti)

– Mobilizzazione attiva della scapolo-omerale dopo 30 giorni per gli stabilizzatori della scapola,

rotatori e deltoide

– Esercizi contrastati dopo 90-120 giorni

44
L’elaborazione del progetto riabilitativo va fatta precedere da una valutazione obiettiva che

considera il paziente siaanaliticamente (articolarità attiva e passiva, trofismo dei muscoli, elasticità

cutanea nella zona cicatriziale), cheglobalmente (postura nelle varie posizioni, articolazioni

collegate: gomito-rachide cervicale-rachide dorsale).

VALUTAZIONE DEL CAMMINO

Il cammino avviene secondo uno schema crociato. Il cingolo scapolo-omerale compensa i 40° di

rotazione del bacino con:

– Rotazione alternata delle spalla

– Oscillazione delle braccia

Se la spalla non partecipa correttamente a questo schema, il cammino perde ergonomia e

armonia. Il trattamento riabilitativo è rivolto inizialmente all’articolazione scapolo-toracica che

rappresenta, all’interno del sistema spalla, il centro di relazione tra capo, tronco e arto superiore.

La scapola, dal lato malato, tende ad essere in posizione asimmetrica rispetto alla controlaterale

sia nella statica che durante il movimento. Il trattamento della discinesia Scapolo-Toracica,

prevede:

– Mobilizzazione dei tessuti molli

– Stretching di Piccolo Pettorale, Elevatore scapola, Trapezio superiore, Gran dorsale,

Sottospinoso, Piccolo rotondo

– Esercizi percettivi (spugne di diversa consistenza)

– Esercizi propriocettivi

– Esercizi di basculamento della scapola

– Esercizi di estensione isometrica in carico

– Co-contrazioni stabilizzanti

45
Gli obiettivi generali principali del trattamento rieducativo sono:

➢ Ripristino del ROM e della FORZA MUSCOLARE

➢ Ricostruzione di uno schema sensitivo-motorio corretto

➢ Recupero della funzione

➢ Senza evocare dolore

L’obiettivo primario del soggetto riguarda il raggiungimento della “zero posizione” ovvero

l’elevazione anteriore della spalla a 150° nel piano scapolare. Sul piano scapolare perché:

– I tendini dei muscoli della cuffia dei rotatori sono detesi, il tendine del capo lungo del bicipite è

stabile nella sua doccia

– L’apparato capsulo-legamentoso è deteso

– Vi è una buona stabilita’ gleno-omerale

– I muscoli abbassatori omerali esercitano una tensione stabilizzatrice ottimale

– La grande tuberosita’ dell’omero passa al di sotto della volta acromion-coracoidea, senza creare

conflitto

– Si ha recupero spontaneo delle rotazioni

La tecnica che si basa sul “Earlier Passive Motion”, metodica Lionese: ovvero il recupero prioritario

dell’elevazione passiva anteriore sul piano scapolare sia in ambiente secco che umido.

IDROCHINESITERAPIA

• Elevazione anteriore sul piano scapolare

• Bracciate semplici davanti al corpo tipo rana

• Flesso-estensione arti tipo marcia

• Rotazione esterna tipo preghiera (gomiti angolo retto mai attacati al corpo, si passa da mani

congiunte ad allontanarle esternamente)

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• Rotazione esterna tipo siesta

• Rotazione interna mano dorso

PROTOCOLLO: LINEE GUIDA

1 Fase (Fisioterapia): 2/3 settimane di mobilità antalgica: mobilizzazione passiva in elevazione

anteriore a soggetto supino, ed seguire movimenti in extrarotazione re1, stretching dei muscoli

periscapolari, intrinseci della spalla, massoterapia: massaggio trasverso profondo e muscoli

dolenti.

2 Fase (Chinesiologia): Stabilità della testa omerale, con potenziamento degli abbassatori lunghi

dell’omero: gran pettorale, gran dorsale, piccolo e grande rotondo (lavoro isometrico a vari gradi di

abduzione e anteposizione combinati ad intra-extra rotazione). In piscina lavoro isometrico

/eccentrico con galleggianti.

3 Fase (Chinesiologia): Ripristino dell’equilibrio muscolare della scapolo toracica, con lavoro attivo

per gran dentato con gli elastici.

4 Fase (Chinesiologia): Centratura attiva dinamica testa omerale rotazione int/est con elastici, ed

esercizi propriocettivi in catena cinetica aperta e chiusa.

MOBILIZZAZIONI PASSIVE SUL PIANO SCAPOLARE

Vengono effettuati esercizi di mobilizzazione della gleno-omerale e della scapola

toracica, preferibilmente a paziente supino, ove è il terapista che opera l’elevazione del braccio sul

piano scapolare (EAP), effettuando anche delle leggere trazioni lungo l’asse dell’omero per lo

stretching della capsula antero-inferiore con effetto pompage dell’articolazione. Può essere

eseguita anche in acqua con ausilio di galleggianti.

47
ABBASSATORI LUNGHI OMERALI

Soggetto in posizione eretta abbassa il braccio, tenuto a gomito esteso, dalla posizione di

elevazione massima consentita, ovvero al di sotto dell’arco di conflitto, resistito da un elastico

agganciato più in alto del livello della spalla. L’esercizio eseguito principalmente sul piano

scapolare, è realizzato in extrarotazione ed in intrarotazione.

POTENZIAMENTO DEI MUSCOLI DEPRESSORI E ROTATORI DELLA TESTA

OMERALE E STABILIZZATORI SCAPOLARI

Sul piano scapolare dalla posizione di 150° a scendere fino ai 45° circa, contro resistenza variabile

fornita da elastici tubolari o a bende. Si inizia con resistenze blande e si continua con resistenze

progressivamente maggiori, sempre nel rispetto del dolore e della forza individuale.

RIPRISTINO DELL’EQUILIBRIO MUSCOLARE DELLA SCAPOLO TORACICA

In questo programma riabilitativo, il lavoro finalizzato alla scapola riveste notevole importanza, per

il ruolo che svolge l’oscillazione scapolare nella meccanica dell’elevazione dell’arto superiore,

pertanto per il lavoro del gran dentato anteriore, vengono eseguiti esercizi di antepulsione della

spalla contro resistenza elastica, con l’arto a gomito esteso, poggiato su un piano orizzontale per

l’incapacità muscolare del soggetto a mantenere attivamente i 90°. La medesima posizione viene

adottata per il lavoro della muscolatura antagonista spinoscapolare, piccolo e grande romboide,

trapezio medio ed inferiore, operando spinte di retroposizione della spalla contro la resistenza di

trazione anteriore dell’elastico.

48
Effetti Dell’Esercizio Eccentrico: Forza, Ipertofia E Recupero

Cambiamenti neuromuscolari e funzionali indotti dall’esercizio sono specifici per il tipo di lavoro

svolto. Le contrazioni eccentriche sono caratterizzate dal fatto che il carico sul muscolo è maggiore

della forza sviluppata dal muscolo stesso, producendo così una contrazione allungante. L’esercizio

eccentrico comporta microlesioni muscolari e maggiore tensione meccanica, rispetto alle

contrazioni concentriche / isometriche e quindi può comportare maggiori adattamenti

muscolari.Studi hanno riportato che l’esercizio eccentrico ad alta intensità è più efficace

dell’esercizio concentrico nell’aumentare la massa muscolare, attraverso cambiamenti nelle

caratteristiche istochimiche e substrati metabolici all’interno del muscolo scheletrico.

ESERCIZIO ECCENTRICO E ADATTAMENTI ISTOCHIMICI

La tensione meccanica prodotta dalla forza in allungamento, è un fattore essenziale per stimolare

le vie di segnalazione coinvolte nella crescita muscolare. Gli stimoli meccanici possono regolare il

tasso di sintesi proteica per delle proteine che sono centrali per il processo di crescita. Gli stimoli

meccanici possono contribuisce anche all’ipertrofia muscolare attraverso i cambiamenti in

49
permeabilità della membrana delle fibre muscolari agli ioni calcio. Le maggiori concentrazioni di

calcio all’interno del citosol della cellula, aumenta il volume e il tasso di sintesi proteica. Durante

l’esercizio eccentrico, la proteina chinasi attivata da questa sollecitazione, collega lo stress

cellulare con una risposta adattiva nei miociti, modificando la crescita e la differenziazione.

ESERCIZIO ECCENTRICO E ADATTAMENTI METABOLICI

La tensione meccanica prodotta da questo lavoro, contribuisce all’allungamento del tempo di

ischemia muscolare, aumentando la lieve degradazione delle fibre, portando ad un incremento

dell’attività del nervo simpatico, facilitando una risposta adattativa ipertrofica.

ESERCIZIO ECCENTRICO E ADATTAMENTI NEURALI

Gli adattamenti neurali possono verificarsi sia a livello della corteccia motoria, che nel midollo

spinale, in seguito all’allenamento. Gli adattamenti si verificano in corrispondenza dei percorsi di

accoppiamento eccitazione-contrazione a livello della giunzione neuromuscolare. Il sistema

nervoso centrale impiega strategie neurali differenti, per controllare il muscolo scheletrico durante

le contrazioni eccentriche, rispetto a contrazioni isometriche o concentriche. Fang et al. hanno

dimostrato che le attività corticali per la preparazione del movimento eccentrico, erano maggiori,

probabilmente per ridurre il riflesso di stiramento indesiderato e il danno muscolare sub-

cellulare. Quindi il cervello probabilmente pianifica e programma diversamente i movimenti

eccentrici. Inoltre gli studi hanno dimostrato che le attività corticali associate all’elaborazione dei

segnali di retroazione, sono maggiori durante l’esercizio eccentrico, a causa del più alto grado di

complessità del movimento per controllare il muscolo stirato. Inoltre, si registra l’insorgenza più

precoce dell’attivazione corticale, data dalla pianificazione per una maggiore complessità del

50
movimento, modulazione dell’eccitabilità del riflesso monosinaptico o per la diversa strategia di

controllo (ad es. reclutamento di unità motorie), che comporta questa contrazione.

ESERCIZIO ECCENTRICO E UNITÀ MOTORIE

Durante una contrazione muscolare, il sistema nervoso centrale aumenta i tassi di accensione

delle unità motorie e / o l’assunzione di ulteriori unità motorie. Un potenziale meccanismo

responsabile è dato dalle vie regolatorie neurali coinvolte nel processo di eccitazione e inibizione.

Durante le contrazioni eccentriche, la comunicazione afferente a livello midollare, da parte delle

fibre del Golgi, inducono un’inibizione pre-sinaptica più elevata e l’allenamento porta ad una

rimozione dell’inibizione neurale e il corrispondente aumento della massima forza muscolare e

velocità.

ESERCIZIO ECCENTRICO E FORZA MUSCOLARE

L’esercizio eccentrico può preferibilmente reclutare muscoli con fibre a contrazione rapida. Ciò

porterebbe ad un aumento di tensione meccanica e di conseguenza a una produzione di forza

ancora maggiore. Farthing e Chilibeck hanno riferito che 8 settimane l’allenamento di resistenza

eccentrica, ha comportato un aumento maggiore dell’ipertrofia e forza muscolare rispetto

all’allenamento concentrico. Kaminski et al. hanno anche osservato maggiori miglioramenti nella

contrazione di picco dopo il lavoro eccentrico (29%) rispetto al concentrico (19%). È stato anche

mostrato che il movimento che parte dall’allungamento verso l’accorciamento (quindi da una

posizione eccentrica), ha l’effetto maggiore sull’aumento della velocità, sviluppo della forza

rispetto a contrazioni concentriche e isometriche.

51
ESERCIZIO ECCENTRICO E RECUPERO

L’esercizio eccentrico viene anche utilizzato nel recupero di svariate condizioni, come

tendinopatie, stiramenti muscolari e lesioni del legamento crociato anteriore. Però se non gestito al

meglio, l’effetto non uniforme di un lavoro eccentrico, porta a cambiamenti non uniformi

nell’attivazione muscolare e nelle sinergie muscolari, che possono portare a squilibri di

forza. L’esercizio eccentrico non svolto bene o non accuratamente dosato, è anche associato a

lesioni, dolore, ridotta eccitabilità della fibra, debolezza e può portare a una compromissione della

stabilità articolare durante perturbazioni esterne. Le contrazioni eccentriche sono importanti ad

opera del loro potenziale nel produrre una grande forza a basso costo metabolico. Dati riportati da

diversi studi suggeriscono che il lavoro eccentrico, è lo stimolo più efficace per promuovere la

crescita muscolare e migliorare il controllo neuromotorio.

52
Che Ruolo Ha Il Training Neuromuscolare Nella Protezione Del

L.C.A.?

Tra le tipologie di lesioni debilitanti, le atlete dimostrano suscettibilità alla lesione del legamento

crociato anteriore (LCA). Il rischio di lesioni è più elevato nelle donne, data la loro differenza dal

punto di vista anatomico, ormonale e biomeccanico. Diversi studi biomeccanici hanno riscontrato

nelle donne: un’elevata abduzione del ginocchio, flessione limitata del ginocchio, schemi di

atterraggio asimmetrici e minore controllo del tronco. Di conseguenza, alcuni studi hanno

esaminato l’efficacia di un allenamento neuromuscolare integrativo (NMT), lavorando sui fattori di

rischio biomeccanici, riscontrando notevoli miglioramenti.

La meta-analisi ha generato un OR 0,54 (IC 95%: 0,35, 0,83, p = 0,05;), che garantisce l’efficacia

dell’allenamento neuromuscolare come intervento importante nel ridurre del 46% il rischio di

danno al legamento crociato anteriore. Dal punto di vista del dosaggio, occorre impostare: durata,

frequenza e volume. Rispetto al dosaggio, si sono avuti effeti migliori lavortando molto sulla durata

del training e su una maggiore frequenza dell’allenamento settimanale.

Confrontando sessioni lunghe e corte, si è visto che più lunghe sessioni hanno mostrato una

riduzione del 26% del rischio di infortunio. Allo stesso modo, chi si è allenato con una frequenza

settimanale maggiore, ha dimostrato un rischio inferiore del 27%.

FREQUENZA DELL’ALLENAMENTO NEUROMUSCOLARE

L’allenamento neuromuscolare durante la stagione, senza però frequenti allenamenti nel periodo

pre-stagionale, fornisce meno protezione nella prevenzione degli infortuni. Un’altra meta-analisi ha

riferito che l’intervento combinato, sia prima che durante la stagione, fornisce il massimo effetto

protettivo per ridurre l’incidenza della lesione.

53
Fisiologicamente, il miglioramento nell’attivazione muscolare non era osservabile dopo 3

settimane di allenamento, ma erano necessarie almeno 6 settimane. Oltre all’aspetto fisiologico, le

prestazioni, sempre diverse, durante le situazioni di gioco, possono richiedere anche un periodo

più lungo per l’adattamento. Quindi, considerando il tempo necessario, è logico lavorare su questa

componente già prima della stagione.

VOLUME DI ALLENAMENTO NEUROMUSCOLARE

La dose-risposta inversa osservata indica che: maggiore è il volume del training neuromuscolare,

maggiore è l’effetto profilattico. Gli effetti di profilassi maggiore, sono stati trovati nei gruppi che

praticavano un volume maggiore di allenamento, portando ad una riduzione del rischio di lesioni,

del 68%. Quindi più si va a ridurre il volume e minore è la protezione dal rischio infortuni. L’analisi

attuale suggerisce che il 68% delle lesioni al legamento crociato anteriore, può essere evitato, se

un programma neuromuscolare preventivo, ha una durata superiore a 20 minuti, con più sessioni

settimanali. Si suggerisce che la durata dovrebbe maggiore di 20 minuti per sessione. Quindi, i

risultati, devono incoraggiare i preparatori ad applicare questo tipo di training preventivo, per

ridurre al minimo la probabilità di un infortunio.

54
Parkinson: Esercizio Fisico Adattato

La malattia di Parkinson è un disturbo del movimento, caratterizzato da diversi sintomi: tremore a

riposo, bradicinesia, compromissione dell’equilibrio, andatura irregolare. Sebbene le cause della

malattia sono ancora oggetto di indagine, la sua incidenza aumenta, tra le persone di età superiore

ai 50 anni. Negli ultimi anni, l’esercizio fisico di tipo aerobico è stato molto studiato e utilizzato

come valido supporto alla terapia farmacologica. Studi hanno dimostrato che l’esercizio aerobico,

può essere utile nel migliorare l’equilibrio, l’andatura, l’efficienza fisica e la qualità della vita. Le

meta-analisi hanno suggerito che l’esercizio aerobico migliora in modo significativo anche la

velocità del cammino, lunghezza del passo. Il Tremore di riposo è inizialmente unilaterale, più

evidente nella parte distale dell’arto e scompare

con un atto volontario o durante il sonno. La

rigidità è causata da una contrazione muscolare

eccessiva e continua. La bradicinesia è

particolarmente compromettente in termini di

attività quotidiane. L’instabilità posturale e la

suscettibilità alle cadute sono molto gravi e comuni in questa malattia. La compromissione

dell’equilibrio in stazione eretta è identificata come il principale fattore di scarsa qualità della vita.

Circa il 70% dei soggetti riferisce delle cadute, spesso con gravi conseguenze, come le fratture. La

paura di cadere può impedire ai soggetti di partecipare alle più svariate attività fisiche. Migliorare

l’equilibrio è uno dei principali obiettivi da dover raggiungere. Più frequente si riscontrano difficoltà

di umore sono la depressione, l’ansia e apatia. I sintomi depressivi sono presenti nel 30-50% dei

casi. L’ansia solo di recente ha attirato l’attenzione scientifica, nonostante la sua alta prevalenza.

Circa il 45% dei soggetti con Parkinson ha sintomi di ansia. L’apatia è un disturbo molto frequente

che può manifestarsi anche prima dei principali sintomi. Sintomi psicotici, come allucinazioni e

55
deliri, si verificano nel 4% dei pazienti e sono spesso associati all’eccesso della terapia con

dopamina. Una crescente evidenza suggerisce che anche l’esercizio fisico vigoroso, può

influenzare favorevolmente la progressione della malattia, in quanto favorisce il fattore neurotrofico

BDNF, migliorando la plasticità neuronale e le funzioni cognitive. Tra gli anziani, l’esercizio non

solo è associato a migliori punteggi cognitivi, ma riduce significativamente il rischio di demenza e

decadimento cognitivo lieve. Infine, numerosi studi su soggetti anziani con e senza demenza

hanno riportato un aumento dei volumi cerebrali di materia grigia, associati specificatamente

all’aver svolto esercizio fisico. L’esercizio fisico vigoroso dovrebbe essere fortemente incoraggiato,

in quanto può avere un effetto neuro-protettivo, al di là della sua importanza per la salute generale.

ESERCIZIO FISICO VIGOROSO

Una recente meta-analisi di studi prospettici ha confermato l’associazione positiva fra comparsa di

malattia di Parkinson e diminuzione del livello di intensità dell’esercizio fisico. Si riscontra che la

fitness cardiovascolare (misurata dal picco di VO2) è stata associata con una migliore funzionalità

cognitiva e motoria. Questa tipologia di esercizio potrebbe non essere applicata, in quanto in

generale l’esercizio aerobico, a seconda delle condizioni potrebbe già essere sufficiente

nell’apportare miglioramenti. Vanno proposti esercizi di andature, idrokinesiterapia, tonificazione

muscolare globale. Queste attività sono spesso trascurate. Anche se il trattamento fisioterapico è

abitualmente utilizzato nel Parkinson, non è utile nel migliorare l’efficienza fisica. I soggetti

fisicamente in forma con Parkinson, negli studi, dimostrano migliori punteggi cognitivi a breve

termine dalla seduta dell’esercizio fisico.

56
AUMENTO DEL VOLUME CORTICALE E DELL’IPPOCAMPO

L’invecchiamento è associato ad una progressiva riduzione del volume della materia grigia, dovuta

principalmente alla progressiva perdita di sinapsi e neuroni. Studi suggeriscono che l’esercizio

fisico può contrastare questa tendenza, ritardandola. Quindi, l’esercizio fisico di tipo aerobico negli

anziani è importante per evitare la perdita di volume nella corteccia o nell’ippocampo. Nei vari studi

il volume ematico cerebrale del giro dentato dell’ippocampo è aumentato, al termine di un

programma di esercizio di 3 mesi.

EQUILIBRIO

Test hanno dimostrato che l’esercizio migliora la stabilità posturale. Il Tai Chi, lo Yoga, hanno

mostrato moltissimi benefici, tra i quali: relax, basso stato di ansia e di depressione. L’equilibrio e il

benessere mentale sono interconnessi. Prendendo in considerazione il fatto che la terapia

farmacologica ha i suoi limiti, portando anche numerosi effetti collaterali, bisogna tendere a

strategie terapeutiche integrate. A conti fatti, i vantaggi dell’esercizio fisico, sono chiari. L’Esercizio

Fisico Adattato è considerato negli studi, un trattamento terapeutico specifico per il

Parkinson. L’evidenza scientifica suggerisce che anche l’esercizio fisico vigoroso dovrebbe essere

collocato in un ruolo di centralità nel trattamento chinesiterapico. In primo luogo, i medici

dovrebbero in particolare consigliare a queste persone di impegnarsi in un regolare esercizio fisico

adattato. Le istruzioni di una efficace chinesiterapia spiegano che occorre lavorare in maniera

dinamica, oltre il semplice stretching, ad esempio, esercizi sul cammino e di equilibrio.

57
Chinesiologia E Malattia Di Parkinson: Su Cosa Lavorare?

La ricerca della letteratura ha prodotto pochi studi che analizzano l’efficacia dell’esercizio fisico nel

migliorare le attività della vita quotidiana. E’ stato osservato che i pazienti malati di Parkinson che

fanno esercizio per 150 minuti alla settimana hanno un declino più lento in termini di mobilità e

qualità di vita, nell’arco di due anni, rispetto a chi fa meno esercizio o non lo fa.Con mezz’ora di

attività in più, i benefici possono addizionarsi. È importante sapere che:

•La malattia di Parkinson progredisce sempre con il tempo.

•I sintomi motori, se non trattati, progrediscono in modo aggressivo nelle fasi iniziali della malattia

e più lentamente in seguito.

•Se non trattati, si può prevedere che i pazienti vadano incontro ad una perdita della

deambulazione indipendente in media dopo otto anni e siano costretti a letto dopo dieci anni.

• I farmaci hanno migliorato la prognosi dei sintomi motori, mentre allo stesso tempo , vi è una

nuova fonte di disabilità a causa degli effetti indesiderati della terapia farmacologica (assunzione

Levodopa) che si verificano dopo anni di utilizzo.

•L’età è il miglior predittivo della progressione della malattia. Il deficit cognitivo è più frequente in

coloro che hanno più di 70 anni di età ,all’insorgenza dei sintomi.

LINEE GUIDA 2013

Non esistono allo stato attuale terapie in grado di rallentare o interferire con il decorso della

malattia. La terapia farmacologica dopaminergica appare efficace nel migliorare solo alcuni dei

sintomi di malattia, peraltro diminuendo in efficacia, nell’avanzare della condizione, e mostrandosi

scarsamente utile nel modificare i sintomi rappresentati da disturbo del linguaggio, alterazione

della postura, del cammino e della stabilita posturale.

58
Appare evidente che l’approccio alla evoluzione del malato Parkinsoniano, necessita di un

progetto terapeutico multidisciplinare, in cui la riabilitazione assume un ruolo fondamentale.

In riferimento alla Scala di Hoehn e Yahr l’intervento chinesiologico sarebbe importante fino al

valore 3 della scala. Successivamente subentrano: severa disabilità e mancanza di autonomia

nello svolgere l’attività fisica.

ATTVITA’ FISICA E PARKINSON: OBIETTIVI

•Rieducare i soggetti alla corretta deambulazione tramite una rielaborazione sistematica degli

schemi motori di base;

•Correggere la camminata ponendo l’accento sul corretto appoggio del piede e sul movimento

oscillatorio del braccio opposto alla gamba, ma anche allenare i soggetti a compiere diverse

andature e cambi di direzione;

59
•Aumentare la forza, la resistenza e la coordinazione tramite esercizi a corpo libero;

•Lavorare sull’ equilibrio statico e dinamico, l’organizzazione spazio-temporale e la

ritmizzazione dei movimenti;

•Combattere le rigidità dei muscoli flessori e delle articolazioni coinvolte, con esercizi di

stretching e di mobilizzazione attiva e passiva

Diversi tipi di esercizi sono state proposti da studi controllati randomizzati per minimizzare gli effetti

negativi del PD sul motorio . Questi studi si sono concentrati su diversi approcci di terapia fisica,

come ad esempio esercizi specifici per migliorare la mobilità (Schenkman et al. 1998), la forza

muscolare (Dibble et al., 2006, Dibble et al. 2009), l’equilibrio (Hirsch et al.

2003), condizionamento aerobico (Herman et al. 2007) e l’andatura (Nieuwboer et al., 2007). I

risultati di questi studi hanno aperto una strada per lo sviluppo di una pratica basata sulle evidenze

nel trattamento della malattia di Parkinson.

Gli esercizi respiratori sono di fondamentale importanza A tal proposito, è importante sottolineare

che le persone affette dal morbo di Parkinson possono presentare una mimica facciale scarsa e

un’espressione del volto costantemente triste o accigliata, ma ciò non significa che non stiano

gradendo l’attività svolta o che siano contrariate.

Da un punto di vista psicologico, i soggetti traggono giovamento nel riunirsi a persone che hanno

le loro stesse problematiche perché si sentono compresi, accettati e meno soli nell’affrontare la

malattia e i problemi quotidiani.

Da un punto di vista di performance, sono stati ottenuti risultati migliori in sedute di attività fisica

individuali.

Negli ultimi anni, si è evidenziato che programmi di allenamento / forza sono efficaci (Scandalis et

al., 2003, Hass et al. 2007). Clinicamente si riscontra l’incapacità dei muscoli di generare potenza

adeguata, in particolare gli estensori del tronco e dell’anca. Questi programmi si sono svolti in un

60
periodo relativamente breve di tempo, con una frequenza di allenamento di 2-3 volte a settimana,

una serie di esercizi per ogni gruppo muscolare con solo contrazione concentrica. Studi più recenti

hanno suggerito che guadagni funzionali maggiori ,si hanno quando i protocolli ad alta intensità

sono utilizzati ,coinvolgendo principalmente la contrazione eccentrica (Dibble et al., 2006, Dibble et

al. 2009), in particolare esercizi di allungamento muscolare: minimo consumo di ossigeno in

relazione alla quantità di lavoro prodotto (Lastayo et al. 1999). Inoltre l’alta intensità, può ridurre al

minimo la perdita di integrità ossea, preservare la forza muscolare eccentrica e promuovere la

capacità metabolica e la plasticità strutturale ,del sistema muscolo-scheletrico (Pang & Mak 2009

Falvo et al. 2007).

Recentemente, Muhlack et al. hanno suggerito che l’esercizio aerobico, può migliorare l’efficacia

della levodopa e quindi la risposta motoria.

61
Scoliosi: Che Ruolo Ha Il Chinesiologo?

La scoliosi è una deformità tridimensionale del rachide. Nella sua forma più comune, scoliosi

idiopatica (70%-80% dei casi), le cause sono sconosciute. La scoliosi idiopatica giovanile in

genere viene diagnosticata dai 10 anni in su. Mentre la prevalenza di adolescenti con scoliosi è di

circa il 3% nella popolazione generale, quasi il

10 % dei soggetti che hanno ricevuto la

diagnosi, richiede qualche forma di trattamento.

Gli esercizi adattati vengono proposti per le

curve lievi, mentre la chirurgia spinale per le

curve gravi (angolo di Cobb >50°). La scoliosi è

più comune nelle donne, e in genere non causa

problemi di salute durante la crescita (tranne in casi gravi). Tuttavia la deformità risultante ha

spesso un impatto negativo sull’immagine corporea e sull’autostima. Se la scoliosi supera una

soglia critica (di solito considerata 30° Cobb) alla fine della crescita, il rischio di problemi in età

adulta aumenta: riduzione della qualità della vita, disabilità, aumento della deformità, limitazioni

funzionali, problemi respiratori.

ATTUALI PRATICHE CLINICHE

Le prove esistenti in letteratura riguardo i trattamenti conservativi, possono e devono prevedere

esercizi specifici adattati, raccomandati come primo passo nel trattamento, per evitare la

progressione della curva. Gli esercizi in fase iniziale di lieve scoliosi consentono di raggiungere

validi obiettivi:

– Prevenzione del peggioramento delle curve

– Prevenire la progressione di deformità

62
– Prevenire o trattare la disfunzione respiratoria

– Prevenire o curare sindromi dolorose della colonna vertebrale

– Migliorare la postura

La ragione del loro poco utilizzo nella pratica è che non vi è molta conoscenza sui potenziali

dell’esercizio fisico. La maggior parte dei medici non conosce o prescrive tali esercizi specifici

adattati. I principi di questi esercizi sono basati su una specifica forma di auto-correzione, ovvero si

tratta di esercizi di stabilizzazione che possono includere il miglioramento del controllo

neuromotorio, propriocettività ed equilibrio, a seconda dei casi. Solo la fisioterapia classica, d’altra

parte, essendo più generica, ha un basso impatto sullo sviluppo di queste componenti, come

stretching e rafforzamento della muscolatura. Recenti revisioni sistematiche hanno evidenziato i

possibili effetti dell’esercizio adattato sulla scoliosi soprattutto in termini di angolo di Cobb, sulla

base di studi controllati che sono stati principalmente di osservazione e in parte pro-prospettiva. Se

la scoliosi progredisce oltre una certa soglia critica, il tutore è generalmente raccomandato come

trattamento successivo. Tuttavia, è stato dimostrato che in seguito a tale trattamento vi sono

importanti ripercussioni psicologiche sul ragazzo, soprattutto durante il periodo puberale,

compromettendo l’autostima e l’immagine di sé. Quindi, c’è un ruolo promettente per gli esercizi

specifici, in quanto la prevenzione è la chiave per evitare/attenuare i successivi trattamenti. Come

affermato in precedenza la fisioterapia generalizzata e l’esercizio specifico adattato, differiscono in

modo significativo. La prima tende a trattare il corpo passivamente, quindi con basso impatto sul

rafforzamento della muscolatura coinvolta nella condizione specifica. La chinesiologia invece è un

trattamento che consiste in un protocollo di esercizi adattati individualmente ed eseguiti con lo

scopo di ridurre la deformità e stabilizzare i miglioramenti al fine di limitare la necessità del tutore o

la necessità di un intervento chirurgico.

63
L’AUTOCORREZIONE

La più importante caratteristica dei protocolli di esercizio fisico adattato è l’autocorrezione, che

significa raggiungere la migliore correzione possibile attraverso la contrazione muscolare. Questa

metodica è stata riconosciuta dagli esperti come la componente più importante del protocollo. È

necessario intervenire con:

– Spostamento laterale del busto verso le concavità

– Isometria e stabilizzazione dei muscoli del tronco

– Esercizi di de-rotazione, auto-allungamento e respirazione controllata

QUANDO È UTILE L’ESERCIZIO FISICO ADATTATO?

– L’uso esclusivo dell’esercizio fisico è necessario nel trattamento primario di scoliosi idiopatiche

giovanili per le curve lievi per limitare e/o ridurre la progressione della curva e cercare di evitare

l’uso di un tutore

– L’esercizio fisico collabora anche quando si ricorre all’utilizzo del tutore. In questo caso l’obiettivo

dell’esercizio adattato è di ridurre gli effetti collaterali dell’utilizzo del tutore (debolezza muscolare,

rigidità, schiena piatta)

– E’ importante protocollare l’esercizio fisico sia prima che dopo la correzione chirurgica. Prima

dell’intervento l’obiettivo sarebbe quello di mantenere la mobilità della curva per contribuire a

realizzare la correzione massima durante l’intervento chirurgico; post-chirurgico lo scopo sarebbe

quello di aumentare l’equilibrio e la postura.

È necessario quindi un team multidisciplinare specializzato che lavori insieme, così da ottenere un

maggiore successo a tutto beneficio del soggetto in cura. Il trattamento conservativo della scoliosi

con l’uso dell’esercizio fisico purtroppo, non è molto comune. Ma i principali risultati degli studi,

mostrano che il protocollo di esercizio fisico adattato è in grado di:

64
– Diminuire l’angolo di Cobb

– Ridurre (rallentare) la progressione della curva

– Diminuire la perdita della correzione

– Aumentare la funzionalità respiratoria

– Diminuire l’asimmetria

– Migliorare lo squilibrio muscolare

– Migliorare l’efficienza fisica

– Diminuire lo stress

– Controllo della progressione della curva in età adulta

– Diminuire il dolore della scoliosi

– Migliorare la postura

Sebbene la qualità degli studi inclusi è ancora agli esordi, molti risultati registrati sono a favore

dell’efficacia dell’esercizio fisico come trattamento nella scoliosi idiopatica giovanile.

L’IMPORTANZA DELL’ESERCIZIO FISICO ADATTATO

Vi è una domanda di competenze sul trattamento conservativo della scoliosi. Vi è un forte

potenziale per le professioni di lavorare in team nella gestione della scoliosi: fisioterapisti,

chinesiologi, ecc. Sono necessari più ricercatori specializzati nel campo degli esercizi specifici per

la scoliosi e nel rinforzo spinale, in quanto la maggior parte delle società di ricerca di scoliosi sono

state fondate per lo più da medici chirurghi e, conseguentemente, tendono a concentrarsi solo

sulle pratiche mediche. Quindi è di fondamentale importanza ricercare e promuovere nella pratica,

l’utilizzo di interventi conservativi.

65
Sindrome Femoro-Rotulea: Il Trattamento Chinesiologico

La sindrome femoro-rotulea è un disordine muscolo-scheletrico comune in soggetti attivi o alle

prime armi, in genere di età compresa tra 15 a 30 anni. La prevalenza varia da 21% al 45% negli

adolescenti attivi e dal 15% al 33% negli adulti, più nelle donne rispetto agli uomini. Il dolore viene

avvertito durante attività come la corsa, o lo scendere le scale, nell’accovacciata, e nella seduta

con flessione delle ginocchia protratta nel tempo. L’eziologia sembra essere multifattoriale. Diversi

i fattori causali: cinematica degli arti inferiori alterata, eccessiva pronazione del piede, che può

provocare una rotazione interna maggiore della tibia e un maggiore stress, deficit nella

muscolatura del muscolo quadricipite, che stabilizza lo scorrimento della rotula attraverso la

scanalatura femorale. Un squilibrio tra la forza del muscolo vasto mediale obliquo e altri gruppi

muscolari possono portare ad uno spostamento

laterale della rotula, con conseguente sforzo

sulla faccetta laterale femoro-rotulea. Studi

biomeccanici hanno dimostrato che i soggetti

con dolore femoro-rotuleo, mostrano un

maggiore movimento frontale e trasverso

dell’anca durante le attività vita di tutti i giorni. È stato ipotizzato che questo può influenzare le

forze laterali che agiscono sulla rotula. Inoltre, l’eccessiva rotazione interna del femore, porta allo

spostamento laterale della rotula e quindi potrebbe anch’esso essere un fattore che aggrava

questa sindrome. Attualmente, la teoria più accettata, spiega che questa situazione, disturba

l’omeostasi del tessuto molle e la vascolarizzazione compromessa, può causare la sensazione di

dolore. Questo dolore è stato collegato anche al contatto tra le due strutture (femore e rotula)

dovuto a una ridotta area di contatto, provocando così un maggiore stress nella parte più laterale

dell’articolazione. La causa del dolore quindi è data da fattori: locali, distali e prossimali

66
all’articolazione del ginocchio, con una buona prova che l’asse di rotazione del femore in relazione

alla rotula è un fattore chiave. In linea con la natura multifattoriale di questa sindrome, la sua

gestione è concentrata su una varietà di interventi, tra cui: riposo, analgesici e recupero funzionale

generale del quadricipite (vasto mediale e obliquo), esercizi della muscolatura prossimale (anca),

taping rotuleo e rieducazione del cammino. L’evidenza suggerisce che una ridotta forza e funzione

della muscolatura prossimale al ginocchio, combinato a disfunzione dei collegamenti tra la

meccanica dell’anca e ginocchio, aumenta il dolore. Il recupero della muscolatura prossimale,

consiste in esercizi a catena cinetica aperta e chiusa.

IL RECUPERO MUSCOLARE

Una forte evidenza indica che il recupero dei muscoli prossimali, insieme al recupero del

quadricipite è l’approccio migliore rispetto al solo recupero del quadricipite. Questi risultati in

letteratura, supportano l’attuazione dei programmi di recupero muscolare prossimale per la

gestione del dolore femoro-rotuleo. Quindi un intervento di recupero prossimale dei muscoli

dell’anca, combinato ad esercizi per il quadricipite a catena cinetica aperta e chiusa, si traduce in

risultati superiori rispetto alla sola cinetica chiusa. Però su questo ultimo risultato non vi è ancora

una definitiva posizione. Quando si effettuano esercizi per il quadricipite a catena chiusa, si

faciliterebbe anche l’attivazione dei muscoli prossimali dell’anca. L’intervento di recupero non

deriva esclusivamente attraverso i cambiamenti nella forza, ma attraverso una combinazione di

modifiche più globali degli arti inferiori, ovvero bisogna portare un cambiamento nella

biomeccanica. L’avere una muscolatura adduttoria e intra-rotatoria dell’anca più forte, viene

identificato come un fattore di rischio per la sindrome femoro-rotulea. Di conseguenza l’intervento

è quello di recuperare l’equilibro tra i distretti muscolari (intra-extra rotatori e adduttori-abduttori).

67
TRATTAMENTO CHINESITERAPICO

Gli interventi che mirano a migliorare la resistenza, la forza e l’attività neuromuscolare della

muscolatura prossimale, sono efficaci. Il recupero della muscolatura prossimale, combinato ad

esercizi per il quadricipite a catena cinetica aperta e chiusa, sono superiori rispetto all’intervento

isolato al quadricipite. Gli esercizi di recupero dovrebbero essere svolti dai 3 fino 7 giorni

settimanali, quindi preferibilmente richiamare ogni giorno gli esercizi, con un’intensità dei

programmi che varia nel tempo. Le linee guida indicano che esercitare la componente

neuromuscolare ha un maggiore effetto se eseguita ogni giorno, mentre l’allenamento della forza

dovrebbe essere eseguito 2-3 volte a settimana. Essendo comunque l’argomento ancora in fase di

studio e di ricerca, per protocollare una definitiva linea guida di esercizi, richiede ancora tempo.

68
Artrosi Del Ginocchio: L’intervento Chinesiologico

L’osteoartrite è una malattia cronica degenerativa, caratterizzata da dolore e graduale perdita di

cartilagine. I fattori causali di questa condizione sono molteplici e possono essere presenti nelle

varie articolazioni, dove cambia il profilo biochimico, metabolico e morfologico. Si riscontra una

perdita di normalità del movimento, deformazioni ossee, con formazione di speroni ossei, presenza

di processi infiammatori, accumulo di liquido sinoviale, debolezza del quadricipite. Colpisce oltre

l’80% della popolazione adulta/anziana e le donne sono più colpite rispetto agli uomini, con una

prevalenza del 35-45% a 65 anni di età. In una meta-analisi si è visto che le donne hanno un

rischio significativamente più elevato di sviluppare artrosi del ginocchio e alla mano, rispetto agli

uomini. Anche se le ragioni di questa maggiore prevalenza nelle donne non sono chiari, diversi

fattori possono essere responsabili: ormonali, post-menopausa, il rimodellamento della cartilagine

(che avviene a circa 50 anni a seguito della diminuzione dei livelli di estrogeni, che forniscono

protezione mitocondriale), debolezza muscolare, obesità e minori volumi di cartilagine articolare

nelle donne rispetto agli uomini. L’osteoartrite colpisce soprattutto le articolazioni che supportano il

peso corporeo e tra queste, il ginocchio

è l’articolazione più colpita. Carichi

anomali ed eccessivi sono fattori

importanti che possono provocare

osteoartrite del ginocchio. I soggetti con

osteoartrite al ginocchio,

hannodebolezza al quadricipite e deficit

propriocettivo, fattori che possono alterare l’equilibrio e il controllo posturale. L’infiammazione delle

articolazioni in questi soggetti contribuisce al dolore e impedisce l’arrivo di informazioni afferenti

per quanto riguarda il movimento e il senso di posizione. Tali deficit propriocettivi causano un

69
cambiamento nella stabilità dinamica, generando una instabilità funzionale che limita la capacità

dell’individuo di eseguire le attività quotidiane. Uno studio di questa revisione ha utilizzato una

piattaforma di forza per misurare la pressione di ciascuna porzione del piede al fine di valutare

l’equilibrio statico e dinamico di soggetti con artrosi del ginocchio da 1 al 4 grado e ha dimostrato

che il grado di gonartrosi era correlato positivamente con la lunghezza e la larghezza di

oscillazione, ovvero, aumentando la gravità dell’artrosi, vi era una difficoltà maggiore del soggetto

nel mantenimento dell’equilibrio. Per la maggior parte dei soggetti, la raccomandazione è il

trattamento conservativo, che aiuta a ridurre e alleviare i sintomi, migliorare le prestazioni delle

attività funzionali, prevenire la perdita di forza muscolare e rallentare la progressione della malattia.

Tra i vari trattamenti conservativi, l’esercizio fisico adattato ha dimostrato di avere un ruolo

importante nel ridurre il dolore e migliorare le prestazioni funzionali. C’è già un buon livello di

evidenze cliniche che mostrano l’efficacia di esercizio fisico aerobico e l’allenamento della forza

per il trattamento dell’osteoartrite al ginocchio. Invece, pochi studi riguardanti gli effetti

dell’esercizio fisico sulla stabilità posturale e l’equilibrio, sono stati conclusi. Un miglioramento

significativo dell’equilibrio è stato trovato in una serie di studi che coinvolgono esercizio a breve

termine (6-16 settimane). Così, dal momento che la compromissione dell’equilibrio è uno dei primi

cambiamenti nei soggetti con artrosi del ginocchio, traducendosi in un controllo posturale

compromesso, lo stesso equilibrio è un parametro per monitorare questi soggetti, in maniera tale

da pianificare il protocollo più appropriato di esercizio terapeutico.

L’APPROCCIO CHINESIOLOGICO

Vi è una varietà di esercizi terapeutici che vengono utilizzati nella pratica clinica con soggetti con

artrosi del ginocchio. Almeno 8 studi di questa revisione sono stati considerati di alta qualità

metodologica. Le proposte di trattamento degli studi inclusi in questa revisione sistematica sono

70
stati soddisfacenti, non solo per quanto riguarda gli esercizi terapeutici utilizzati (esercizio

aerobico, di forza, idrokinesiterapia ed esercizi propriocettivi), ma anche con per quanto riguarda la

qualità metodologica. Le linee guida metodologiche dei vari studi valutati sono state

adeguatamente preparate consentendone la riproducibilità. L’allenamento della forza e quello

aerobico spiccava nell’efficacia del trattamento, in particolare per rafforzare il quadricipite, dal

momento che la sua debolezza può essere responsabile dei fenomeni di squilibrio e dolore. Il

rafforzamento del quadricipite è il punto chiave per il controllo del dolore, efficienza fisica e la

qualità della vita. Inoltre, questo approccio terapeutico contribuisce al miglioramento del controllo

delle oscillazioni posturali, migliorando così l’equilibrio. Tuttavia, il tempo di trattamento appropriato

e la frequenza della sessione devono essere meglio approfonditi. In un’altra revisione sistematica,

il cui obiettivo era quello di determinare se l’esercizio terapeutico sarebbe stato vantaggioso in

termini di riduzione del dolore articolare e miglioramento del funzionamento fisico, i risultati, di

protocolli di esercizio fisico aerobico e di forza, hanno dimostrato effetti positivi. I Ricercatori hanno

condotto uno studio di confronto di un programma di esercizi di rafforzamento, con un programma

di esercizio di equilibrio con una frequenza di 5 volte alla settimana per quattro settimane. Le

conclusioni per quanto riguarda il tempo e la frequenza di intervento ottimale, non sono ancora

stati stabiliti, ma la direzione è senza dubbio in favore dell’utilizzo dell’esercizio fisico come

trattamento terapeutico integrato.

IDROCHINESITERAPIA

L’idrokinesiterapia ha fornito effetti benefici, come il rilassamento, l’analgesia. Gli studiosi hanno

osservato che l’esercizio in acqua fornirebbe più benefici per i soggetti con artrosi del ginocchio

rispetto a protocolli di esercizio fisico a secco.

71
È stata validata anche la pedana vibrante stabile come trattamento integrativo, ovvero esercizio

fisico su una piattaforma con vibrazioni. Per 2 volte alla settimana per 8 settimane, ed è stato

dimostrato che l’esercizio su una piattaforma stabile migliora la forza muscolare, mentre l’esercizio

sulla piattaforma vibrante migliora la propriocezione. Sulla base dei risultati, in cui gli studi

presentati sono ad alta qualità metodologica, si può concludere che gli esercizi terapeutici coinvolti

migliorano l’equilibrio in soggetti con artrosi del ginocchio, suggerendo che possono essere

prescritti in maniera sicura.

72
Programmazione Di Lavoro Nella Cardiopatia Ischemica: Cosa

Considerare? (Parte 1)

ELEMENTI DA CONSIDERARE NELLA PROGRAMMAZIONE:

•ETA’

•SESSO

•CLASSE DI RISCHIO

•PATOLOGIE ASSOCIATE

•SITUAZIONE MUSCOLOSCHELETRICA

•TERAPIA FARMACOLOGICA

•RISULTATO DEL TEST DA SFORZO

•ABITUDINI PRECEDENTI IN TERMINI DI ESERCIZIO FISICO

•GRADIMENTO DELL’ATTIVITA’ FISICA

•COMPRENSIONE DELLE MODALITA’ ESECUTIVE DEL PROGRAMMA

•ADESIONE AGLI OBIETTIVI PREFISSATI

Per rendere l’intervento dell’ esercizio fisico sicuro ed efficace, ma anche per favorirne

la compliance, è necessario conoscere lo stato di rischio del paziente e prendere in considerazione

alcuni parametri:

• L’ estensione dell’ ischemia miocardica;

• La funzione del ventricolo sinistro;

• Il decorso clinico durante il ricovero ospedaliero;

• Il risultato del test da sforzo massimale (o limitato dai sintomi);

Sulla base di questi parametri è possibile stratificare i pazienti in tre categorie di rischio:

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1. Basso (pazienti con decorso clinico ospedaliero non complicato; senza di ischemia

miocardia; con capacità funzionale maggiore di 7 MET, con funzione ventricolare sinistra normale

(frazione d’eiezione > 50%) e senza aritmie extrasistoliche ventricolari importanti).

2. Intermedio (con sottoslivellamento del tratto ST ≥2 mm, con difetto reversibile della captazione

del cloruro di tallio (radiofarmaco) alla scintigrafia miocardia perfusoria; con funzione ventricolare

sinistra moderata-buona (frazione di eiezione 35-49%); con angina di recente insorgenza o che ha

modificato le sue caratteristiche).

3. Alto (pazienti con pregresso infarto che ha coinvolto il 35% o più del ventricolo sinistro; con

funzione ventricolare sinistra < 35%; con decremento della pressione sistolica o addirittura con il

suo mancato incremento durante un test da sforzo; con angina persistente o ricorrente; con

capacità funzionale <5 MET e con risposta pressoria ipotensiva o sottoslivellamento del tratto S-T

>1 mm, al test da sforzo; con episodio di scompenso cardiaco durante il ricovero ospedaliero; con

sottoslivellamento del tratto S-T di 2 mm a carico medio basso; con aritmie extrasistoliche

ventricolari minacciose).

Esempio di programmazione di lavoro secondo le linee guida da Fitness cardiometabolico: il

manuale, Pietro Mariani Casali et al. Calzetti Mariucci 2008

Training Rosso (soggetti ad Alto Rischio): Obiettivi

• Percezione corporea e adattamenti posturali

• Recupero o acquisizione degli schemi motori di base e della propriocettività

• Condizionamento osteo-articolare

• Percezione e interpretazione dell’intensità della fatica

• Adattamento all’ambiente

• Addestramento all’uso delle attrezzature

• Condizionamento cardio-vascolare e respiratorio

74
• Motivazione all’adesione e alla prosecuzione dell’attività

Si consigliano 4-6 microcicli da 3 sedute settimanali di durata crescente. Il I° Microciclo è utilizzato

per valutare il soggetto e le sue reazioni psicofisiche all’ambiente e all’esercizio. Nei Microcicli

successivi si aumenta gradualmente il carico di lavoro.

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Ripetere lo schema utilizzato nel III Microciclo, adattando il lavoro alle nuove capacità del soggetto,

inserendo, se possibile, l’uso di piccoli sovraccarichi (manubri, elastici, cavigliere).

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Programmazione Di Lavoro Nella Cardiopatia Ischemica (Parte 2)

Esempio di programmazione di lavoro secondo le linee guida da Fitness cardiometabolico: il

manuale, Pietro Mariani Casali et al. Calzetti Mariucci 2008

Training Azzurro (soggetti a Medio Rischio):

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Programmazione Di Lavoro Nella Cardiopatia Ischemica (Parte 3)

Esempio di programmazione di lavoro secondo le linee guidada Fitness cardiometabolico: il

manuale, Pietro Mariani Casali et al. Calzetti Mariucci 2008

Training Verde (soggetti a Basso Rischio): Obiettivi

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Training Nel Soggetto Obeso: Spunti Pratici

Inquadramento clinico dell’obeso:

– Condizioni patologiche e sintomatologia presenti;

– Terapia farmacologica in atto;

– Altre condizioni presenti;

– Livello di attività fisica ;

– Livello di motivazione e barriere alla pratica di esercizio.

I test di valutazione

1.Test da sforzo cardio-respiratorio

2.Test di valutazione della forza

3.Test di valutazione dell’equilibrio e della flessibilità

Il soggetto obeso ha spesso significative limitazioni del range articolare, in gran parte secondarie

all’impedimento meccanico legato all’aumento della massa. Sono spesso presenti fenomeni

artrosici dovuti a sovraccarico ed eventualmente, all’invecchiamento.

PROTOCOLLO DI ESERCIZIO FISICO

Partendo dai dati della valutazione funzionale e le linee-guida internazionali:

• Sviluppare un protocollo di esercizio specifico e adattato;

• Counseling- capire quali sono le necessità e le priorità della persona e cosa si aspetta dalla

pratica di attività. Identificare eventuali barriere alla pratica di esercizio;

• Utilizzare queste informazioni per definire gli obiettivi e per aumentare la compliance;

• Eseguire test di rivalutazione periodici per adeguare i carichi di lavoro e motivare la persona

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OBIETTIVI

•PERCEZIONE DEL SE’ E DELLA SPAZIALITA’

•CONDIZIONAMENTO OSTEO-ARTICOLARE

•APPRENDIMENTO USO DELLE ATTREZZATURE

•ADATTAMENTO CARDIOVASCOLARE E RESPIRATORIO

Il lavoro cardiovascolare deve essere adeguato alle capacita’ funzionali del soggetto e puo’ essere

frazionato in piu’ ripetute e adattato nella sua durata complessiva.

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Nel programmare le fasi iniziali dell’attività a carico naturale,bisogna considerare che,in questi

individui,il peso del corpo rappresenta un sovraccarico sufficiente a indurre stimoli allenanti.

Per evitare eccessivi stress fisici l’uso di sovraccarichi andrà quindi valutato con attenzione e

inserito gradualmente.

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Training Clinico Nell’Iperteso: Come Lavorare?

LINEE GUIDA 2013 ESH/ESC

• Ai pazienti ipertesi andrebbe consigliato di eseguire attività fisca aerobica di moderata intensità

(camminata, jogging, ciclismo, nuoto) per almeno 30 minuti dai 5 ai 7 giorni a settimana. Tali

intervalli di training aerobico hanno dimostrato di ridurre la BP

• L’impatto dell’esercizio fisico di tipo isometrico e quello degli esercizi di resistenza dinamica

(sviluppo di forza associato al movimento) sulla pressione arteriosa è stato recentemente

rivalutato.

• L’esercizio di resistenza dinamica ha comportato sia una riduzione dei valori pressori che il

miglioramento di altri parametri metabolici, pertanto andrebbe consigliata tale attività per almeno 2-

3 volte la settimana.

• L’esercizio di tipo isometrico invece non va raccomandato come primario trattamento (dal

momento che sono disponibili dati provenienti soltanto da pochi studi).

LA MIGLIORE ATTIVITÀ FISICA PER L’IPERTESO

Attività cardiovascolare

Si consiglia un’intensità che inizi al 40%-50% del VO 2max, raggiungendo infine il 50%-85% la

RPE (Rating of Perceived Exertion Scales) inizialmente dovrebbe essere 8-10 (sulla scala 6-20)

con un obiettivo di 11-13.

La durata dell’attività aerobica non deve essere inferiore di massima ai 20 minuti, con l’obiettivo di

raggiungere i 30-60 min.

La frequenza deve andare da tre a sette giorni la settimana. Il consumo calorico settimanale sarà

fra 700 e 2000 Kcal.

91
Dovrebbe essere buona abitudine effettuare camminate di 2-3 km al giorno .

Condizionamento muscolare

Sono consigliati esercizi con pesi leggeri e a circuito al 50% del proprio massimale, eseguendo un

numero alto di ripetizioni (dalle 16 alle 20 per serie) con velocità di esecuzione bassa. Le serie

possono essere da 1 a 3 per ogni esercizio.

L’intervallo di riposo inizialmente dovrebbe essere di 2-3 min per consentire al soggetto di

recuperare completamente fra le serie.

Esercizi di flessibilità

Da svolgere quotidianamente, devono coinvolgere tutti i principali distretti muscolari con maggiore

attenzione a quelli utilizzati nell’attività muscolare e aerobica.

Questi esercizi possono essere collocati all’inizio o al termine dell’allenamento o dopo ogni

attrezzo cardiotonico o isotonico.

ESEMPIO DI TRAINING

Il protocollo d’esercizi potrà prevedere tre fasi consequenziali con volume allenante crescente

tenendo sempre monitorate frequenza cardiaca e pressione arteriosa. Nelle varie sedute si

potranno proporre a corpo libero e callistenici, esercizi di mobilità articolare, educazione

respiratoria e tecniche di rilassamento, training di tipo aerobico personalizzato (ritmo ed intensità

costante), training con attrezzi isotonici (evitare esercizi per polpacci e addominali).

Una singola seduta potrà variare dai 40 minuti fino ai 90.

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Esempio di Training clinico

•Educazione sanitaria

•Riscaldamento muscolare (10 min circa), 5 min di esercizi a corpo libero e di stretching passivo

•Parte centrale: training aerobico (30 min con pause e registrazione della pressione arteriosa e

frequenza cardiaca al 3° min di recupero), 10-15 min al treadmill (camminata in pendenza), 10-15

min al cicloergometro (intensità costante)

•Defaticamento: 15-20 min circa, educazione respiratoria e tecniche di rilassamento

•Registrazione dati e parametri rilevati

PARAMETRI DELL’ALLENAMENTO CARDIOVASCOLARE DI ENDURANCE

NELL’ANZIANO IPERTESO

•durata del programma d’allenamento. A maggior parte dei miglioramenti dei valori pressori si

hanno all’incirca dopo 10 settimane; naturalmente se non si segue con costanza gli effetti sono

reversibili

•durata della seduta d’allenamento: 40/60 minuti

•frequenza:3 o 4 volte a settimana

•intensità: dal 40 al 70% del VO2 max (utile il cardiofrequenzimetro)

•tipo di esercizio: passeggiate, nuoto, bicicletta;

I soggetti ipertesi che seguono una terapia farmacologica, dovrebbero associarla ad esercizi di

endurance, per diminuire le dosi dei medicinali antipertensivi, riducendo inoltre il rischio di mortalità

prematura. Essi sono un’utile strategia per limitare l’incidenza d’ipertensione nei soggetto non

ipertesi ma predisposti.

93
Rischio Di Caduta: Importante Migliorare La Velocità Di Andatura

La velocità dell’andatura ha dimostrato di essere un forte predittore per eventi avversi/cadute negli

anziani. La ridotta velocità è associata ad un maggiore rischio di cadute, invalidità,

ospedalizzazione e aumento mortalità in anziani sani fragili. Una velocità di andatura inferiore a 1,0

m/s, espone le persone ad un rischio più elevato di problemi di salute. La velocità dell’andatura è

sensibile ai cambiamenti fisiologici nel corso dell’avanzare dell’età.

I criteri raccomandati per un cambiamento clinicamente significativo della velocità degli anziani

oltre i 4 o 10 m, è 0.05 m/s per piccoli cambiamenti significativi e 0.1 m/s per cambiamenti

sostanziali significativi.

L’esercizio fisico svolge un ruolo importante nel migliorare la velocità dell’andatura e in una meta-

analisi gli autori hanno concluso che un esercizio ad alta intensità, può migliorare la velocità

dell’andatura preferita, con allenamento della forza, abbinato all’allenamento aerobico. Si ipotizza

94
che l’allenamento progressivo di forza in combinazione con equilibrio migliora l’effetto

dell’esercizio, anche se non tutti sono daccordo che la componente equilibrio sia fondamentale.

Ad esempio, una riduzione della forza e velocità nella flessione plantare, limita la progressione in

avanti del corpo e diminuisce la quantità di moto dell’oscillazione della gamba, riducendo così

lunghezza del passo. Questo può portare a una ridistribuzione del momento muscolare e di

potenza nelle ginocchia e nelle anche. Un intervento tramite l’esercizio fisico molto promettente per

migliorare la velocità dell’andatura, integra una componente ritmica o di ballo. Negli ultimi anni,

l’andatura viene considerata una funzione cognitiva superiore, anziché un semplice schema

automatico. Camminare in sicurezza e adattare l’andatura all’ambiente, richiede l’elaborazione e

aggiornamento delle informazioni visive, vestibolari e propriocettive, per questo forse allenare il

ritmo, come in un ballo, allena le funzioni cognitive più elevate.

L’allenamento progressivo di forza sembra influenzare velocità di andatura con una media di base

di 0,51 m/s, con un picco raggiunto da alcuni con una velocità media dell’andatura di base di 1,46

m/s. Si ipotizza che piccoli guadagni di forza, potrebbero comportare un maggiore miglioramento

nella velocità dell’andatura.

Questi risultati sono promettenti, in quanto il guadagno della velocità nell’andatura è stato

mantenuto anche a distanza di 3, 6 e 12 mesi, dopo le sessioni di training.

95
96
Neuropatia Diabetica: Importante Lavorare Anche Sulla Postura

La neuropatia periferica diabetica (DPN) è una complicazione microvascolare debilitante tra i

soggetti con Diabete mellito di tipo 2 (T2DM). Questa condizione influenza la funzionalità sensitiva

e motoria periferica, sia a livello prossimale che distale. Colpisce anche il sistema nervoso

autonomo, con manifestazione dell’intolleranza all’esercizio, ipotensione ortostatica e morte

improvvisa. I sintomi più comuni della neuropatia periferica diabetica sono: intorpidimento,

formicolio e dolore che potrebbe peggiorare a fine giornata (inizia nelle dita dei piedi, per poi

intaccare la zona plantare, caviglie, fino alla parte inferiore della tibia, con l’associazione dei

crampi notturni e instabilità nel cammino. Gradualmente influenza negativamente la forza

distalmente, intaccando la normale funzione di deambulazione. L’alterazione del nervo periferico è

il contributo principale dell’instabilità posturale, che può aumentare la probabilità di caduta. Gli

individui con DPN hanno 15 volte più probabilità di sperimentare caduta rispetto ai soggetti sani.

Le cadute sono un problema di salute molto sentito nella popolazione anziana. Pertanto, un deficit

di controllo posturale e instabilità di andatura sono fattori di rischio importanti.

97
Il controllo posturale è definito come il bilanciamento della posizione del corpo nello spazio. Il

controllo posturale è ottenuto dai feedback sensoriali come: sistema vestibolare, visivo e somato-

sensoriale. L’instabilità posturale è significativamente associato alla neuropatia periferica diabetica

(DPN), causata da un deficit nei sistemi che lavorano per controllare l’equilibrio. L’interruzione

della funzione neuronale afferente ed efferente, portano a una diminuzione della funzionalità

propriocettiva e tattile nel mantenimento posturale.

Negli studi l’oscillazione del corpo nel gruppo DPN, era significativamente più alta del 74%. Si è

notato quindi che il gruppo con neuropatia periferica diabetica, ha mostrato un migliore equilibrio e

compenso nella postura, dopo una sessione di esercizio fisico personalizzato. L’adulto normale

mantiene la propria postura con un ondeggiamento antero-anteriore che è noto come strategia

della caviglia, simile a un pendolo invertito: il fulcro è la caviglia e la testa è l’estremità opposta del

pendolo. Il gruppo DPN mostrava una ridotta capacità in questo meccanismo di controllo. La

riduzione di forza muscolare in questi distretti può contribuire a ridurre la capacità di controllo.

Menomazioni dei percorsi afferenti e efferenti può causare notevoli cambiamenti nel controllo

posturale.

Analizzando i parametri temporali-spaziali, nel gruppo con neuropatia periferica diabetica, si

registrano passi più piccoli, durata ridotta nel singolo appoggio, maggiore durata nella fase di

doppio appoggio, diminuzione della velocità di andatura, aumento del tempo di passo e maggiore

variabilità dell’andatura.

Inoltre, il ridotto movimento dei fianchi (piano frontale, del 25%), delle ginocchia (piano

trasversale, 31% e 32%), nelle caviglie (piano sagittale, 22%) e nelle prime articolazioni

metatarso-falangee (piano sagittale, 32%), con una minore rotazione del piede (24%), sono state

correlate a possibile storia di ulcera plantare. Autori hanno suggerito che la forza ridotta del

ginocchio e della caviglia possono causare un disturbo nella risposta di controllo dell’equilibrio,

98
aumentando il rischio di caduta. Minore mobilità in dorsi-flessione e maggiore mobilità plantare,

sono stati associati ad una diminuzione della forza muscolare dei dorsi-flessori e flessori plantari

che possono influenzare la velocità del ciclo dell’andatura. Inoltre, la mancanza di sensibilità del

dolore e la ripetuta pressione sull’avanpiede durante la fase di Push Off, sviluppa

l’ulcerazione. Quindi il diminuito feedback sensoriale con un ulteriore contributo di deficit visivi,

debolezza muscolare e mancanza di controllo neuromuscolare delle articolazioni distali,

determinano un aumento dell’instabilità dell’andatura.

La gestione olistica del soggetto e l’intervento multidisciplinare, sono necessari per far fronte e

prevenire questo problema.

99
L’equilibrio Nell’Ictus In Fase Stabile: Principi Di Rieducazione E

Test Di Valutazione

Dopo l’ictus, l’obiettivo principale della riabilitazione è quello di promuovere l’indipendenza nelle

attività della vita quotidiana e l’equilibrio è un forte predittore di recupero funzionale, in quanto

influisce sulla capacità di camminare e sul rischio di cadute. Anche se la stragrande maggioranza

delle persone dopo la fase acuta, riguadagna la capacità di equilibrio, l’asimmetria nella

deambulazione e l’aumentata alterazione posturale spesso persistono anche nella fase

stabilizzata, così come una diminuita capacità di resistere alle perturbazioni esterne. Quindi, un

obiettivo chiave del trattamento chinesiologico è di continuare a migliorare la capacità di

equilibrio. Diversi studi che sono stati pubblicati, suggeriscono che la terapia dell’esercizio fisico,

può produrre miglioramenti significativi nell’equilibrio nei soggetti nella fase cronica dell’ictus. Gli

interventi tramite l’esercizio riguardavano: equilibrio e/o allenamento funzionale, allenamento della

deambulazione, allenamento aerobico ad alta intensità.

Le meta-analisi hanno mostrato un miglioramento generale in diversi test di equilibrio (Berg

Balance Scale, Functional Reach Test e Sensory Organization Test) grazie all’esercizio fisico.

Questo suggerisce che i miglioramenti osservati nella capacità di equilibrio, sono dovuti molto

probabilmente all’ottimizzazione delle strategie di controllo posturale, grazie al rafforzamento della

caviglia, dell’anca, al miglioramento nel controllo del tronco e in una migliore regolazione delle

risposte motorie agli input esterni. I benefici dell’esercizio fisico sono stati riscontrati soprattutto

lavorando sull’equilibrio, integrando esercizi base di allenamento funzionale ed esercizi di

andatura. L’allenamento dell’andatura per essere efficace nel migliorare la capacità di equilibrio,

deve includere esercizi di camminata impegnativi, con ostacoli, preferibilmente senza riduzione

dei gradi di libertà. È importante introdurre, se possibile, tipi di allenamenti, sia secco che in acqua

100
(es. allenamento dell’equilibrio con lievi perturbazioni, esercizi con compiti complessi e di

adattabilità dell’andatura), così da sfruttare i residui potenziali recuperabili. Infatti gli studi con

questo tipo di allenamento mostrano in media un miglioramento da 1,6 a 3,3 punti nel punteggio

del B.B.S. Il recupero della capacità di equilibrio e andatura possono essere influenzate però dalla

gravità ed esito dell’ictus. Un test alternativo di valutazione potrebbe essere il mini-BESTest, che è

un test di equilibrio dinamico che ha dimostrato un’elevata affidabilità.

MINI-BESTest

Test di valutazione che consente di differenziare e valutare l’equilibrio in 6 sistemi sottostanti:

biomeccanici; limiti di stabilità; risposte posturali; aggiustamenti posturali anticipatori; orientamento

sensoriale; equilibrio dinamico.

La revisione sistematica mostra che la capacità di equilibrio può essere migliorata anche nella fase

cronica e stabile dell’Ictus. Specificamente, lavorare sull’equilibrio e/o l’allenamento funzionale

adattato e l’allenamento della deambulazione, riporta importanti benefici. Si raccomanda quindi

l’esercizio fisico come terapia per le persone nella fase cronica dopo l’ictus per migliorare la loro

capacità di equilibrio.

101
102
103
104
TEST UTILIZZATI NELLO STUDIO

S.O.T.

Il protocollo del SOT (Sensory Organization Test) valuta 6 condizioni che identificano anomalie nei

3 sistemi che contribuiscono al controllo posturale: somato-sensoriale, visivo e vestibolare. I deficit

vengono riportati dalla vista, piedi e articolazioni in seguito all’oscillazione. Poiché i risultati

vengono visualizzati in tempo reale, l’operatore può facilmente identificare il potenziale problema,

analizzando la performance o incongruenze tra le prove.

105
EQUILIBRIO

Il punteggio di equilibrio quantifica la stabilità posturale durante ciascuna delle tre prove di sei

condizioni sensoriali. Il punteggio di equilibrio è dato dall’oscillazione anteriore / posteriore (AP) del

soggetto. Il limite di stabilità è di 12,5 gradi. Chi ondeggia ai limiti della stabilità riceverà un

punteggio molto basso. Un punteggio vicino a 100 indica una buona stabilità e un’oscillazione

minima. Un punteggio di 0 viene assegnato automaticamente a tutte le cadute o prove

interrotte. Le barre verdi indicano prestazioni entro il range normale; mentre le barre rosse

indicano prestazioni al di fuori del normale.

Il punteggio è dato da:

• Mediazione del punteggio per le condizioni 1 e 2;

• Punteggio di equilibrio di ciascuna prova delle condizioni sensoriali 3, 4, 5 e 6;

• Infine dividere la somma per il numero totale di prove.

106
ANALISI SENSORIALE

Il grafico dell’analisi sensoriale riflette i rapporti sensoriali calcolati dai punteggi di equilibrio medi,

ottenuti su coppie di condizioni di prova sensoriali.

ANALISI DELLA STRATEGIA

L’analisi strategica quantifica il movimento sulle caviglie (strategia della caviglia) e sui fianchi

(strategia dell’anca), usata dal soggetto per mantenere l’equilibrio durante ogni prova.

Normalmente le persone si muovono principalmente sulle articolazioni della caviglia quando la

superficie è stabile, passando ai movimenti dell’anca man mano che diventano meno stabili.

107
ALLINEAMENTO COG

Soggetti con prestazioni normali mantengono il loro COG vicino al centro della base di appoggio.

IMPLICAZIONI FUNZIONALI

L’organizzazione delle informazioni sensoriali è fondamentale per mantenere l’equilibrio.

L’incapacità di utilizzare le informazioni sensoriali in modo appropriato può causare instabilità

negli ambienti in cui ci possono essere situazioni che mettono alla prova il nostro sistema

sensoriale a causa dell’oscurità, o quando ci sono situazioni di superficie instabile. L’incapacità di

organizzare appropriatamente informazioni sensoriali può portare a menomazioni nell’allineamento

del COG.

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BERG BALANCE SCALE

109
FUNCTIONAL REACH TEST

Il test Functional Reach può essere somministrato mentre il soggetto è in piedi.

Il soggetto è di fianco un muro e posiziona il braccio che è più vicino al muro a 90 gradi di flessione

della spalla con un pugno chiuso. Il Chinesiologo chiede al soggetto di coprire pi distanza possibile

senza fare un passo. Viene registrata la posizione del terzo metacarpo. I punteggi sono

determinati valutando la differenza tra la posizione iniziale e quella finale, la distanza di

estensione, di solito misurata in pollici. È necessario effettuare 3 prove per avere l’affidabilità del

test.

110
Osteoporosi E Fratture Vertebrali: Su Cosa Deve Lavorare Il

Chinesiologo?

Le fratture vertebrali correlate all’osteoporosi rappresentano una significativa fonte di morbilità e

mortalità. Le fratture vertebrali e all’anca sono una conseguenza comune nell’osteoporosi e

possono provocare dolore, depressione, compromissione funzionale e aumento della

mortalità. Una donna su cinque che ha una frattura vertebrale, soffrirà di un’altra frattura

vertebrale entro un anno, e il rischio di morte è 2,7 volte superiore rispetto a chi è senza frattura.

Le organizzazioni come: Osteoporosis Canada, National Osteoporosis Foundation, Osteoporosis

Australia e International Osteoporosis Foundation (IOF), sottolineano l’importanza dell’esercizio

fisico per la prevenzione della perdita ossea, delle cadute e delle fratture associate alla malattia . Ci

sono state diverse recenti meta-analisi che affrontano l’impatto dell’esercizio sugli esiti correlati al

rischio di fratture. L’approccio Grading of Recommendation Assessment, Development, and

Evaluation (GRADE), è un approccio strutturato e trasparente per valutare la qualità delle prove

esistenti intorno a una questione clinica e sviluppare raccomandazioni. L’approccio GRADE è

utilizzato o approvato dall’Organizzazione mondiale della Sanità e dalla Cochrane.

111
Il gruppo di esperti spiega che non è possibile formulare raccomandazioni per un esercizio fisico

generico, ma occorre una raccomandazione specialistica di un esercizio clinico.

Ecco le principali raccomandazioni per le persone con Osteoporosi:

1 Si raccomanda vivamente che le persone con osteoporosi si impegnino in un programma di

esercizio adattato multi-componente che includa allenamento di resistenza in combinazione con

l’allenamento dell’equilibrio.

2 Si raccomanda che le persone con osteoporosi non svolgano l’allenamento aerobico a scapito

dell’esercizio di resistenza o di equilibrio.

Per individui con frattura vertebrale osteoporotica:

1 Si consiglia la consultazione con il terapista di riferimento per garantire un esercizio sicuro e

appropriato. Si raccomanda che le persone con frattura vertebrale osteoporotica si impegnino in

un programma di esercizi multicomponente che includa l’allenamento di resistenza in

combinazione con l’allenamento dell’equilibrio.

2 Si raccomanda che le persone con frattura vertebrale osteoporotica, non si impegnino in

esercizio aerobico ad esclusione della resistenza o dell’allenamento dell’equilibrio.

Per le persone con osteoporosi che sono sedentarie, ci sono comorbidità che influenzano la

partecipazione all’attività e hanno un rischio di fratture elevato, quindi è importante essere seguiti

dal professionista dell’esercizio clinico.

112
ALLENAMENTO DELLA FORZA

Si raccomanda che individui con osteoporosi o fratture vertebrali osteoporotiche partecipino a un

programma di esercizi multicomponente che include un programma di allenamento di resistenza

progressiva (forza), per tutti i principali gruppi muscolari, almeno 2 volte a settimana. L’intensità e

il tipo di esercizio fisico, devono essere adattati alla tolleranza e abilità del soggetto, specialmente

in presenza di dolore. Devono essere eseguite 2 serie di almeno un esercizio per ciascun gruppo

muscolare principale, con un’intensità di 8-12 ripetizioni al massimo per chi può tollerarlo,

riconoscendo che alcune persone, come quelle che sono sedentarie, dovrebbero iniziare da

un’intensità più bassa. Esercizi di allenamento di resistenza possono includere elastici, pesi liberi o

il proprio peso. Le macchine dovrebbero essere evitate in individui ad alto rischio di frattura

vertebrale a meno che non ci sia certezza che possano essere usate e regolate in maniera

adatta. Si raccomandano movimenti lenti e controllati. Si è evidenziato l’importanza di includere

esercizi mirati ai muscoli posturali e che individui con osteoporosi e frattura vertebrale, siano

educati alla corretta postura anche durante le attività quotidiane. Vi è una crescente evidenza che

la postura ipercifotica è associata a compromissione dell’equilibrio e ad altri esiti avversi. Sono

anche suggeriti esercizi per aumentare la forza nei movimenti funzionali e squat.

ALLENAMENTO DELL’EQUILIBRIO

Si raccomanda fortemente che individui con osteoporosi o frattura vertebrale osteoporotica

partecipino all’allenamento dell’equilibrio quotidiano come parte di un programma di esercizi

multicomponente e che mirino ad accumulare 2 ore di allenamento per equilibrio a settimana (~

15-20 minuti al giorno), dove è possibile eseguire l’allenamento quotidiano tutto in una volta, in

brevi periodi durante il giorno, o incorporato nelle attività quotidiane. In effetti, uno studio recente

ha dimostrato che l’insegnamento di esercizi integrati nello stile di vita, può funzionare come un

113
programma di esercizi strutturati. Gli esercizi dovrebbero essere scelti in modo da fornire uno

stimolo sufficiente da poter essere controllato, riducendo la base d’appoggio, perturbando il loro

centro di massa, quindi adattando il programma individualmente. Un’altra strategia potrebbe

essere quella di incorporare esercizi che sfidano sia la forza che l’equilibrio, come squat, affondi.

Ci deve essere un aumento progressivo della difficoltà o dell’intensità dell’esercizio nel tempo. Le

precauzioni ambientali devono essere sempre la priorità per evitare eventi avversi.

ALLENAMENTO AEROBICO

Per le persone con osteoporosi o fratture vertebrali osteoporotiche, l’esercizio aerobico da solo

potrebbe non essere sufficiente per la prevenzione delle cadute o delle fratture- Anche se

importante per altre funzionalità, non è la priorità in questo tipo di patologia. Per ottenere benefici

per la salute in più domini della salute, oltre alla salute delle ossa, l’esercizio aerobico deve

comunque essere abbinato con allenamento di forza ed equilibrio. Individui con osteoporosi o

fratture vertebrali possono raggiungere l’intensità, la frequenza e la durata raccomandate per

l’esercizio aerobico (150-300 minuti a settimana di attività fisica aerobica di intensità moderata o

75-150 minuti a settimana di intensa attività fisica aerobica), in periodi di 10 minuti o più.

Le prove disponibili suggeriscono che i programmi di allenamento versatili, che combinano il

potenziamento muscolare e l’allenamento dell’equilibrio possono ridurre le cadute. I programmi di

esercizio fisico multi-componente possono anche avere il maggior potenziale per migliorare la

densità minerale ossea. Un programma di esercizi domiciliari può essere molto utile in individui ad

alto rischio di cadute.

114
Post-Ictus: I Benefici Della Ginnastica Respiratoria

L’ictus è la seconda causa globale di morte e la prima causa di disabilità. Studi precedenti hanno

già dimostrato che la debolezza generale nel post-ictus, influenza non solo la muscolatura in

generale, ma anche i muscoli respiratori. Queste persone in genere dimostrano un ridotta forza e

resistenza in questo distretto, in seguito all’alterazione della fisiologia respiratoria. La forza della

muscolatura respiratoria dopo l’ictus è la metà rispetto a quella di soggetti sani. La ridotta funzione

respiratoria è associata al decondizionamento e complicanze respiratorie, le quali sono le

principali cause di morte non vascolare. La ginnastica respiratoria consiste nell’eseguire esercizi di

respirazione ripetitivi contro una resistenza, la quale può essere fornita dalle labbra (bocca

socchiusa così da aumentare la pressione alveolare). L’allenamento dei muscoli respiratori

permetterà adattamenti nella loro struttura come in qualsiasi muscolo, fornendo benefici sulla

qualità della vita.

Secondo l’American Thoracic Society / European Respiratory Society, in riferimento ai test della

muscolatura inspiratoria, è necessaria una pressione di 80 cm H2O per escludere clinicamente la

debolezza muscolare inspiratoria. Nelle prove che esaminano l’effetto dell’allenamento dei muscoli

respiratori in soggetti sia con malattia neuromuscolare che con malattia ostruttiva polmonare, è

stata utilizzata una soglia di 60 cm H2O, per differenziare i soggetti deboli dai sani. La massima

115
pressione inspiratoria media dei partecipanti nello studio era 46 cm H2O e un aumento di 7

cmH2O, rappresenta un aumento del 16%, che è sufficiente per essere considerato clinicamente

significativo. Sebbene non ci siano valori di riferimento indica quanta forza espiratoria è necessaria

per escludere la debolezza muscolare espiratoria clinicamente importante, si spiega che un

aumento di 13 cmH2O, nei partecipanti con una media nella massima pressione espiratoria di 58

cm H2O, rappresenta comunque un aumento del 22%, che è anche sufficiente per essere

considerato clinicamente significativo.

La durata minima raccomandata del protoccolo di esercizio è di almeno 8 settimane.

In conclusione, questa revisione sistematica fornisce la prova che l’allenamento respiratorio è

efficace dopo l’ictus. I risultati delle meta-analisi basati su cinque prove, hanno indicato che 30

minuti di allenamento della muscolatura respiratoria, 5 volte a settimana, per 5 settimane, può

aumentare la forza respiratoria muscolare negli individui dopo l’ictus. Inoltre, l’allenamento dei

muscoli respiratori può ridurre il rischio di complicanze respiratorie (ad es., polmonite e infezioni

polmonari).

116
Sindrome Da Conflitto Sub-Acromiale: Guida Per Il Chinesiologo

Il trattamento della “Sindrome da Conflitto Sub-acromiale” della spalla, è cambiato negli ultimi dieci

anni. La sola spiegazione anatomica non è sufficiente per spiegare la patologia. Oggi si parla di

“Sindrome del Dolore Sub-acromiale” (SAPS) e i consigli terapeutici forniti dallo studio, sono:

– La diagnosi può essere fatta solo utilizzando una combinazione di più test di valutazione.

– Questa condizione dovrebbe preferibilmente essere trattata non chirurgicamente.

– Il dolore acuto deve essere trattato con analgesici solo se necessario.

– L’iniezione subacromiale con corticosteroidi è indicata per sintomi persistenti o ricorrenti.

– L’esame ecografico è raccomandato per escludere la rottura di componenti della cuffia dei

rotatori.

– L’esercizio fisico dovrebbe essere di bassa intensità e alta frequenza, combinando esercizio

eccentrico, attenzione alla postura e, in ausilio, trattamento dei punti trigger mio-fasciali.

– Non ci sono prove convincenti che il trattamento chirurgico sia più efficace di quello

conservativo.

117
Neer sviluppò il concetto di sindrome da “conflitto”. Questa condizione può essere causata o

aggravata dal contatto tra l’acromion e la cuffia dei rotatori, mentre si solleva il braccio. Oggi

invece, l’attenzione viene posta sul ruolo della degenerazione dei tendini nei muscoli della

cuffia. Questa sindrome, oggi detta “Sindrome del dolore sub-acromiale”, viene descritta come un

evento non traumatico, di solito unilaterale, che causa dolore attorno all’acromion e che peggiora

durante o dopo il sollevamento del braccio.

QUALI SONO LE MIGLIORI MISURE PREVENTIVE?

C’è una associazione tra il verificarsi di questo dolore e movimenti ripetitivi della spalla o

mano/polso, durante il lavoro. Infatti il lavoro che richiede l’utilizzo prolungato della mano, braccio e

parte superiore dell’arto, oppure il lavorare con una cattiva posizione della spalla, sono tutti fattori

importanti. Ci sono anche prove importanti che l’esercizio fisico (più di 3 ore a settimana per

almeno 10 mesi all’anno), ha un effetto preventivo sul rischio di disturbi al collo, spalle e per il

miglioramento di questa condizione. Gli studi raccomandano un intervento tempestivo nel

modificare e variare i movimenti della spalla o della mano durante il lavoro, così da lavorare in

modo ergonomico e migliorare le possibilità di recupero.

QUALI TEST SONO UTILI?

Nessun singolo test è sufficientemente accurato per la diagnosi. La combinazione di un numero

maggiore di test, aumenta la probabilità nell’individuare il problema. Per determinare questa

sindrome, occore compiere almeno:

– Valutazione del range articolare che provoca dolore.

– Valutazione del muscolo infraspinato e sovraspinato.

118
QUALI ANALISI STRUMENTALI SONO UTILI?

L’ecografia e la risonanza magnetica convenzionale sono utili nel rilevamento di problematiche

della cuffia dei rotatori. L’artrografia MR è un metodo accurato per escludere le lesioni parziali della

cuffia dei rotatori. È probabile che l’ecografia sia un metodo accurato per la rilevazione della

tendinopatia della cuffia dei rotatori, borsite sub-acromiale, rottura del tendine del bicipite e

tendinosi calcarea. L’ecografia della spalla è un metodo sensibile e specifico. Gli Ultrasuoni sono

consigliati, se un primo periodo di trattamento non operatorio, non porta a miglioramenti. Gli

ultrasuoni possono essere combinati con la radiografia convenzionale della spalla per determinare

artrosi, anomalie ossee, e presenza / assenza di depositi di calcio. La risonanza magnetica della

spalla è indicata quando gli ultrasuoni sono inconcludenti e dovrebbe essere usata di più, solo in

soggetti che sono eleggibili per la riparazione chirurgica della cuffia.

QUAL È IL TRATTAMENTO MOTORIO CONSIGLIATO?

Esercizi focalizzati sul polsino di rotatore e stabilizzatori scapolari, sembrano essere efficaci. Le

mobilizzazioni manuali articolari NON hanno alcun beneficio aggiuntivo nel ridurre il dolore e

migliorare la funzione della spalla (Brudvig et al., 2011). L’esercizio fisico dovrebbe preferibilmente

essere eseguito a bassa intensità e alta frequenza, entro la soglia del dolore e concentrandosi sul

lavoro eccentrico, combinando esercizi di rilassamento e della stabilizzazione scapolare con

attenzione alla postura corretta.

119
Le raccomandazioni elencate di seguito, forniscono un consiglio basato sulla migliore evidenza

scientifica disponibile:

1. Una buona diagnosi, fatta dopo una combinazione di prove: Test Hawkins-Kennedy, Test

dell’Arco Doloroso e Test di valutazione del muscolo infraspinato.

2. È preferibile trattare prima NON CHIRURGICAMENTE

3. Trattare il dolore acuto con analgesici (NSAID) per un massimo di 2 settimane.

4. Svolgere esercizi adattati di bassa intensità e alta frequenza, combinando l’allenamento

eccentrico, con esercizi di stabilizzazione della scapola e concentrandosi sul rilassamento e

postura corretta.

5. Trattamento dei punti trigger mio-fasciali (incluso lo stretching dei muscoli), può aiutare.

6. Se i sintomi persistono per più di 6 settimane, l’ecografia e radiografia possono essere utili.

7. La risonanza magnetica è indicata quando l’ecografia è inconcludente, oppure per misurare la

condizione dei muscoli quando si considera una riparazione della cuffia dei rotatori.

120
Reflusso Gastroesofageo: Perché Praticare Ginnastica

Respiratoria?

La malattia da reflusso gastroesofageo (GERD) è una condizione che si sviluppa quando il riflusso

gastrico, provoca sintomi fastidiosi e diverse complicanze (si parla di almeno due episodi di

bruciore di stomaco a settimana). Rappresenta uno dei più comuni disturbi gastrointestinali e in

concomitanza si registra un rilassamento inappropriato dello sfintere esofageo inferiore (LES). Ciò

fa sì che l’acido gastrico entri nella componente distale dell’esofago, stimolando i chemocettori e

causando irritazione con insorgenza della sintomatologia. Questi sintomi sia esofagei che extra-

esofagei, sono innescati da lesioni della mucosa, dovuti alla frequenza e alla durata di questi

eventi di reflusso. I soggetti in questa condizione avvertono altri sintomi, come: gola secca, mal di

gola, raucedine, tosse cronica, disfagia o bruciore alla bocca. Spesso queste persone hanno

diagnosi errate, ad esempio vengono trattate per rinite (non allergica), rinofaringite o sinusite. Il

reflusso è fisiologicamente prevenuto da specifiche barriere anti-reflusso esofagee, tra cui lo

sfintere esofageo inferiore. Questo sfintere è un fascio di fibre muscolari lisce circolari nella parte

distale dell’esofago che genera una pressione positiva più alta rispetto alla pressione intra-

addominale, impedendo il reflusso di contenuti gastrici nell’esofago e di conseguenza il bruciore di

stomaco.

121
Il diaframma toracico è costituito da una componente costale e una parte crurale, inserita nelle

coste e nel rachide. La parte crurale lega l’esofago verso l’alto, creando un canale dove l’esofago

entra nell’addome. Il diaframma crurale esercita un’azione a pinza sullo sfintere esofageo

inferiore, e il legamento freno esofageo si collega anatomicamente ai muscoli crurali. Tra gli

interventi conservativi, è stato recentemente proposto l’esercizio fisico come trattamento

terapeutico, attraverso esercizi di respirazione. La malattia da reflusso gastroesofageo,

rappresenta un onere crescente ed i sintomi mostrano un aumento di prevalenza in tutto il mondo,

stimata intorno al 4% per anno. I possibili fattori che contribuiscono a questo riguarda l’aumento

dell’obesità e maggiore consumo di farmaci.

È noto che la contrazione del diaframma crurale, ha un ruolo fondamentale nella regolazione

fisiologica della barriera anti-reflusso, ed essendo un muscolo striato, può essere contratto

attivamente durante l’ispirazione. La ginnastica respiratoria quindi potrebbe allenare il diaframma

crurale, influenzando positivamente la barriera anti-reflusso.

Data la sua sicurezza e mancanza di effetti collaterali, questo tipo di lavoro potrebbe svolgere un

ruolo cruciale ed essere una promettente opzione integrativa per il trattamento della malattia da

reflusso (soprattutto nella sua forma lieve).

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