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Favre
I pivot
Osteopatici
I pivot
osteopatici
di
A. Ceccaldi e J. F. Favre
D.O. (G.B.) D.O. (G.B.)
1986
Prefazione
E’ grazie all’ installazione di studi professionali ed all’ edizione di qualche pubblicazione
scientifica (peraltro poco numerose) che la Medicina Osteopatica ha acquisito da circa una doz-
zina d’ anni in Francia il ruolo che le compete.
Ciò che di fatto ha “conquistato” il pubblico è stata la determinazione e le forti motivazioni
dei membri dell’ Associazione Francese degli Osteopati, membri che hanno tutti conseguito la
formazione professionale sotto le direttive del Maestro Andrew Taylor STILL D.O. (U.S.A.), J.
M. LITTLEJOHN D.O. (U.S.A.) e J. WERHNAM D.O. (G.B.).
La moda delle “medicine dolci” e il settore di mercato cui queste si sono rivolte hanno reso
logica la pubblicazione di numerose opere in base alle quali si è diffusa l’ idea che l’ Osteopatia
sia basata necessariamente sull’ applicazione di tecniche cosiddette “dolci”, come in effetti pos-
sono esserlo le tecniche viscerali, quelle di ascolto craniosacrale, etc.
Questa convinzione in realtà è un’ immagine distorta dell’ Osteopatia, una sua immagine
addolcita e in realtà privata del suo fondamentale substrato anatomofisiologico; con una sem-
plice asserzione STILL ci ha trasmesso la consapevolezza dell’ enorme importanza di queste
conoscenze di base:
La spiegazione dei fenomeni data dagli Autori, basata sulle leggi dell’ anatomia, della
fisiologia e della biomeccanica consente di apprendere la Medicina Osteopatica in base ad un
aspetto più scientifico e rigoroso.
Presentazione
In base alle numerose opere concernenti l’ Osteopatia, si è resa necessaria la creazione di
librerie specializzate, e ciò non è altro che la dimostrazione del giusto riconoscimento che questa
Medicina manuale ha raggiunto, nonostante essa sia ancor oggi sottovalutata da alcuni e addi-
rittura denigrata da altri.
Alcune di queste opere trattano il concetto cranico, e la qual cosa non può lasciare nessuno
indifferente; la maggior parte di esse però è rivolta all’ aspetto più tecnico dell’ Osteopatia, che
concerne manovre di mobilizzazione dei tessuti molli, normalizzazioni vertebrali e di articola-
zioni periferiche, il tutto nel rispetto della Fisiologia che è di giorno in giorno più studiata ed
approfondita.
A noi è apparso come una lacuna il fatto che l’ aspetto fondamentale della struttura non era
ancora stato preso in considerazione, nonostante il principale assioma di STILL è stato:
I suoi lavori, e soprattutto quelli dei suoi “discepoli” Littlejohn, Hall, Werhnam, etc., hanno
insistito particolarmente su questo aspetto fondamentale. Appare in effetti che le leggi della mec-
canica determinino la nostra lotta quotidiana contro la forza di gravità, forza che ha influenze
determinanti su tutta la fisiologia del nostro corpo. Queste leggi, con i loro aspetti intricati e
sottili, sono tanto difficili da comprendere quanto lo sono da spiegare.
Che esse vengano considerate in modo analitico, oppure in rapporto ai vari distretti ver-
tebrali, o il relazione all’ approccio palpatorio per identificare l’ eventuale presenza di un pro-
blema viscerale, o ancora che siano prese in considerazione per l’ esecuzione di una corretta
diagnosi, queste leggi riprendono in ogni situazione la loro fondamentale importanza, e la loro
approfondita conoscenza sarà di enorme aiuto per il miglioramento e l’ approfondimento delle
conoscenze osteopatiche.
Confidiamo nel fatto che quest’ opera possa aiutare in tal senso.
Introduzione
La sottile meccanica umana e le strette relazioni strutturali tra le sue componenti permet-
tono al corpo una autonomia e l’ espletamento di una Fisiologia eccezionali, nonostante vi sia il
continuo e nefasto contrasto con la forza di gravità.
I vettori degli spostamenti del corpo umano, che si concretizzano con la deambulazione,
sono elementi di importanza capitale in rapporto all’ autonomia e alla fisiologia citate.
Se gli spostamenti vettoriali posteroanteriori (la deambulazione) è di gran lunga l’ elemento
più importante, e se l’ equilibrio laterale sul piano frontale è necessario a questi spostamenti, ci
sembra molto importante rimarcare che il gioco meccanico che avviene sul piano orizzontale è
quello che acconsente allo svolgimento dei due precedenti. E’ questo gioco che permette i mag-
giori adattamenti durante la perenne lotta contro la gravità. A livello vertebrale le leggi di Lowett,
adattate da Fryette, sono l’ illustrazione perfetta di ciò. A questo titolo i nostri studi ci hanno
portato a definire, in stretta relazione con i meravigliosi lavori di Littlejohn, Hall e Werhnam, un
certo numero di settori chiave nell’ equilibrio meccanico del corpo umano, che altri prima di noi
hanno chiamato “pivot”, definizione che ci sembra molto appropriata.
Abbiamo così studiato questi pivot legamentosi e vertebrali, e tra di essi si riconoscono:
- come pivot legamentosi quello del piede (cioè il legamento astragalocalcaneare, del ginocchio
(legamenti crociat), ileo/lombosacrale (cerniera della colonna e del segmento di sostegno e di
propulsione), del sistema scapolare, ossia l’ apparato legamentoso sterno clavicolare
- come pivot vertebrali si riconoscono: C2, C5, il complesso D3÷D4 (con 4º anello costale) D9 ed
L3.
Non c’ è bisogno di dire che qualsiasi aggressione lesionale specifica a carico di uno o più
punti pivot si va a ripercuotere anche sugli altri e sull’ insieme della struttura, determinando
alterazioni della fisiologica funzionalità dell’ organismo.
L’ uomo è un tutto, e se, per evidenti ragioni didattiche siamo stati obbligati a “smontare”
la struttura, al fine di studiare uno per uno questi pivot, è importante che nel momento in cui
si effettua una diagnosi ciascuno di essi sia ricollocato nell’ insieme, nel contesto globale della
struttura, perché solo così rispetta la sua vera funzione, la fisiologia o la patologia, in accordo
con le leggi dell’ Osteopatia.
E’ in base alla ricostruzione delle singole parti che è possibile schematizzare l’ immagine del
treppiede vitale dell’ uomo, dando a ciò la definizione: “... l’ insieme delle tre funzioni essenziali
della vita, la respirazione, la circolazione, l’ innervazione”.
Cap. 1°
Definizione strutturale
anatomofisiologica
15
Lo scopo di questo capitolo è quello di presentare l’ Anatomia delle strutture che vengono
definite come “pivot”; per chiarezza è stata fatta una suddivisione tra i pivot legamentosi e quelli
vertebrali.
Pivot legamentosi
In numero di 4 essi sono: legamento interosseo astragalocalcaneàre, legamenti crociati del
ginocchio, sistema legamentoso “ileo/lombosacràle” e legamenti sternoclavicolàri.
Pivot articolari
In numero di 5 essi sono: 3ª vertebra lombare o L3, 9ª vertebra dorsale o D9, complesso
articolare 3ª÷4ª vertebra dorsale/4ª costa o D3÷D4/4º anello costale, 5ª vertebra cervicale o C5,
2ª vertebra cervicale o C2.
Anatomia
Esso si compone di
due strati fibròsi: uno
posteriore posizionato
proprio davanti all’ artico-
lazione A÷C posteriore ed
uno anteriore posizionato
proprio dietro all’ articola-
zione A÷C anteriore.
I due piani sono sepa- Fig. 1 - Pivot astragalocalcaneàre, legamento interòsseo astragalocalcaneàre
rati da uno strato di tessuto
adiposo all’ interno del quale a volte si sviluppa una borsa sierosa.
Lo strato A÷C posteriore ha una direzione quasi trasversale al grande asse del calcagno,
mentre quello anteriore ha una direzione molto più obliqua verso l’ avantifuori.
La risultante direzionale dei due strati A÷C si trova praticamente perpendicolare all’ asse di
Henke (asse funzionale del piede). Lo “srotolamento” del piede sollecita particolarmente questo
legamento e lo sottopone a forzature di doppia torsione invertita in funzione dell’ appoggio. Esso
si compone di fibre verticali ed oblique che confermano la sua funzione. La sua innervazione
nasce da un ramo collaterale della branca terminale esterna del nervo tibiàle anteriore. La sua
vascolarizzazione nasce generalmente dall’ arteria del seno del tarso, qualche volta dalla dorsale
del tarso o dalla malleolàre esterna. Essa si porta in fuori fino all’ ingresso nel seno, che percorre
anastomizzandosi a volte con un ramo della plantare interna (Rouviére).
16 - I pivot osteopatici
Fisiologia
Durante l’ appoggio il legamento A÷C subisce totalmente l’ azione di taglio sottoastragàlico
dovuto al peso del corpo e alle forze di trasmissione dell’ appoggio al suolo.
Il legamento A÷C agisce contemporaneamente da pivot e da freno fisiologico del movimento.
Durante l’ impatto del tallone al suolo il piede si trova in inversione ed il seno del tarso
tende ad aprirsi; il legamento A÷C va in tensione massima, soprattutto nella sua parte esterna.
L’ articolazione A÷C anteriore si sposta verso l’ interno mentre quella A÷C posteriore si sposta
verso il fuori; di conseguenza il legamento A÷C si “avvita” su se stesso per frenare il movimento
fisiologico. Il progressivo appoggio di tutto il piede al suolo permette la legamento di rilasciarsi
e tornare alla posizione neutra, e resta solamente la gravità ad esercitare la sua azione a livello
delle faccette articolari del seno del tarso.
Infine durante l’ appoggio di spinta le forze di mobilizzazione si invertono ed il legamento
interosseo “si avvita” in senso inverso. L’ articolazione A÷C anteriore si sposta verso il fuori
mentre quella posteriore si sposta all’ interno.
L’ integrità anatomica di questo lega-
mento è indispensabile al fine di una buona
Fisiologia articolare, cioè al fine di una
corretta sequenza di fasi (attorno all’ asse
di Henke) durante la deambulazione.
Anatomia
Si tratta di due cordoni fibròsi, corti
e molto spessi, che si estendono dal piatto
tibiàle fino allo spazio intercondiloidéo
del femore; sono due legamenti denomi-
nati legamento crociato anteriore (LCA)
e legamento crociato posteriore (LCP).
Secondo Rouviére (tomo II°, pag. 309-310,
edizione 1940):
• il LCA s’ inserisce in basso sulla superficie
prespinàle del piatto tibiàle, nello spazio
compreso tra il tubercolo interno della spina
della tibia posteriormente e l’ inserzione
anteriore della fibrocartilàgine esterna
(menisco esterno) in fuori, e dietro all’
inserzione anteriore della fibrocartilàgine
interna (menisco interno) in avanti
• si dirige verso l’ alto/dietrofuori per
poi fissarsi su una zona d’ inserzione
Fig. 2 - I pivot del ginocchio
verticale sulla metà posteriore della fac
1 - Legamento crociato anteroesterno
cia intercondiloidéa del condilo esterno
2 - Legamento crociato posterointerno
del ginocchio
17
• il LCP emerge dalla superficie retrospinàle e posteriormente alle inserzioni delle fibrocartilàgini
esterna ed interna. La sua inserzione si prolunga verso il bassodietro, sulla parte superiore della
depressione verticale che fa seguito alla superficie retrospinàle. Si dirige in alto/avantidentro,
e termina seguendo una linea d’ inserzione orizzontale sulla parte anteriore della superficie
intercondiloidéa del condilo interno e sul fondo del solco intercondiloidéo
• i due legamenti si intersecano sia nel senso anteroposteriore che nel senso trasversale: il LCA
è anteriore in basso ed esterno in alto (AE) mentre il LCP è posteriore in basso ed interno in alto
(PI). Una borsa sierosa si sviluppa molto spesso tra i due legamenti e talvolta è in comunicazione
con la cavità articolare
• lungo il LCP il fascio meniscofemoràle mantiene degli stretti rapporti con il corno posteriore
esterno del menisco
• il punto d’ incrocio dei legamenti crociati determina il pivot centrale che si situa esattamente
al punto ove si intersecano gli assi di flessione e di rotazione. Questi assi, a forma di spirale,
realizzano il legame geometrico istantaneo durante il movimento, relativamente alla flessione e
alla rotazione (Bousquet e coll. - 1982).
Fisiologia
I legamenti crociati sono assolutamente indispensabili ad ogni tipo di deambulazione con
appoggio in stazione eretta. Nel momento dell’ “attacco” del passo (appoggio a terra del calca-
gno), l’ estensione della gamba sulla coscia diminuisce ed in questo caso sono i condili femorali
che ruotano sulla tibia che è ferma. Questa fase porta all’ incrocio dei legamenti crociati. Durante
la fase di presa d’ appoggio plantare del piede tale incrocio si mantiene, permettendo così la
stabilità rotatoria. Infine, durante la fase di spinta/slancio, è la volta della tibia ad eseguire una
rotazione sotto i condili femorali che rimangono fermi, sempre col mantenimento dell’ incrocio
dei legamenti. Nella fase oscillatoria della deambulazione si ha che l’ arto inferiore passa dalla
rotazione interna (propria del momento della spinta), alla rotazione esterna, fino al momento
dell’ appoggio del calcagno. L’ incrocio dei legamenti durante questa fase si rilascia. Le patologìe
inerenti alle lassità di queste strutture legamentose sottolineano l’ importanza capitale della loro
integrità.
• il fascio inferiore, detto ileotrasversàrio lombare inferiore, si stacca dalla sommità e dal bordo
inferiore dell’ apofisi trasversa della quinta vertebra lombare. Esso si dirige verso il bassofuori
per inserirsi sulla cresta iliaca più in avanti e all’ interno rispetto al fascio precedente. Possono
essere distinti un fascio strettamente iliaco ed un strettamente sacrale.
Pensiamo che il 3° e 4° fascio dei legamenti ileotrasversàri coniugati siano le strutture che
meglio rappresentano la materializzazione anatomica dell’ asse obliquo, perché essi sono i più
lunghi ed i più inclinati in rapporto alla spina iliaca posterosuperiore, e presentano anche la
situazione tensionale maggiore.
Il grande legamento sacroischiàtico opposto rappresenta una controforza che si oppone
obbligatoriamente al sistema complesso di forze; il freno legamentoso dell’ insieme di questo
sistema sarà dato dalle strutture ileolombàri. L’ illustrazione del movimento sull’ asse obliquo,
che avviene durante l’ attività primaria dell’ essere umano (la deambulazione), verrà data in
seguito (la descrizione al capitolo 2°).
Il sistema ileo/lombosacràle rappresenta un reale pivot di movimento nell’ uomo, e ci sembra
importante rimarcare ancora che il suo ruolo principale è la stabilità.
Anatomia
L’ articolazione sterno/costocla-
vicolàre presenta alla descrizione dei
mezzi di unione molto ben definiti.
Capsula articolare
S’ inserisce su tutto il contorno
dell’ articolazione e la fibrocartilà-gine
aderisce a tutta la sua circonferenza.
Legamenti passivi
Sono strutture di rinforzo per la
capsula, e consistono: in avanti il le-
gamento sternoclavicolàre anteriore;
dietro il legamento sternoclavicolàre
posteriore; in alto il legamento sterno-
clavicolàre superiore che comprende
due strati:, uno profondo o legamento
sternoclavicolàre propriamente detto
Fig. 4 - Il pivot del sistema scapolare
ed uno superficiale detto legamento interclavicolàre; in
1 - Legamento interclavicolare 2 - Legamento
basso il legamento inferiore, o costoclavicolàre (diretto
sterno clavicolare anteriore e posteriore
verso l’ altofuori e comprende due strati talvolta sepa-
rati da una borsa sierosa: lo strato anteriore o superficiale, che è la continuazione dell’ aponévrosi
del muscolo sottoclaveàre, lo strato profondo che rappresenta il legamento propriamente detto).
Sinoviale
Quando il menisco interposto non è perforato essa è suddivisa in due parti.
L’ insieme legamentoso è innervato dalla branca clavicolare del plesso superficiale che na-
sce dalla terza ansa del plesso. La vascolarizzazione nasce da collaterali dell’ arteria mammaria
interna e dall’ intercostale corrispondente (H. Rouviére).
Fisiologia
E stata volontariamente descritta l’ Anatomia del sistema legamentoso che, da un punto di
vista fisiologico, va considerato come separato in due parti (destra e sinistra) che nell’ insieme
20 - I pivot osteopatici
3ª vertebra lombare o L3
Caratteristiche morfologiche strutturali principali
Il corpo è massiccio ed a forma
di rene a grande asse trasversale, le
apofisi costiformi sono molto lunghe
mentre la spinosa è massiccia e ret-
tangolare (fig. 5).
Forma delle
superfici articolari
Superfici del corpo
Uno strato cartilagìneo ricopre
ogni piatto vertebrale, ad eccezione di
uno spazio corrispondente ad una pic-
cola circonferenza marginale. Il loro
orientamento, in rapporto al suolo e
nell’ uomo in piedi, è praticamente
parallelo al suolo.
I dischi intervertebrali sovra e
sottostante sono particolarmente alti
in rapporto alla zona vertebrale: la
loro altezza è infatti circa 1/3 rispet-
to al corpo della vertebra, e questo
elemento è un fattore essenziale in relazione alla mobilità. Fig. 5 - Il pivot L3
Il disco condiziona il gioco armonioso del sistema articolare rappresentato dalle apofisi articolari.
Apofisi articolari
A livello di L3 esse hanno la forma di un segmento di cilindro, che può essere pieno o scavato
a seconda che si tratti della faccetta inferiore o superiore. La posizione decentrata delle apofisi
articolari in rapporto al pivot discale (effettiva rotula discale costituita dal piede anteriore del
treppiede) conferisce loro una funzione di guida; in rapporto a ciò il movimento di L3 non potrà
mai esser concepito fine a se stesso, ma sempre in rapporto al movimento sovra e sottostante.
Legamenti bianchi
Corti: legamenti intertrasversàri ed interspinosi.
Lunghi: legamento comune vertebrale anteriore, comune vertebrale posteriore, sovraspinòso.
Legamenti gialli
Contrariamente ai legamenti bianchi essi sono molto elastici; il loro ruolo è quello di unire
tra loro le lamine chiudendo ed otturando lo spazio che le separa; lateralmente essi rinforzano
la capsula delle articolazioni interapofisarie.
Topometrìa radicolo-midollo-vertebrale
Secondo Delmas (Medicorama n° 242, 12, 1980) a livello di L3 si contano 18 radici: si tratta in effetti
della parte alta della cauda equina che realizza un vero e proprio “riempimento” della dura madre.
Faccette articolari
costali
Sono situate a livello della par-
te posterolaterale del corpo e vi si
distinguono: una faccetta superiore
che generalmente deborda sulla ra-
dice del peduncolo ed una inferiore
che determina una ugnatura sulla
parte inferiore del corpo.
Faccette articolari
delle apofisi trasverse
Si situano a livello dell’ estre-
mità anteriore libera dell’ apofisi
trasversa, e corrispondono alla
tuberosità costale.
Sistema legamentoso
detto “passivo”
A livello rachìdeo è identico
al sistema legamentoso vertebrale,
ad esso però va aggiunto il sistema
Fig. 6 - Il pivot D9
legamentoso delle articolazioni costovertebrali.
Ogni paio di coste si articola con la vertebra sovrastante e con la sottostante, grazie a
due articolazioni per ciascuna costa; l’ angolo diedro presente a livello della testa costale corri-
sponde al disco intervertebrale. Inoltre si articola con la tuberosità costale dell’ apofisi trasversa
della vertebra sottostante.
I legamenti dell’ articolazione costovertebrale sono uno interosseo fissato a livello del disco
intervertebrale ed uno raggiato.
I legamenti dell’ articolazione costotrasversaria sono: legamento costotrasversario interos-
seo, legamento costotrasversario posteriore, legamento costotrasversario superiore e legamento
costotrasversario inferiore.
Topometrìa radicolo-midollo-vertebrale
Secondo Delmas lo stesso disco può comprimere due radici, e nel caso specifico D9 è in rap-
porto posteriore con le radici 9ª e 10ª. D9 presenta anche la particolarità vascolare che rappresenta
l’ arteria radicolàre di Adamkiewicz (D9÷D10 e D4).
Lateralmente
Muscoli intercostali, catena laterovertebràle del sistema simpatico ed 8ª radice rachìdea
dorsale.
Posteriormente
Muscoli spinali profondi.
La forma delle
superfici articolari
D4
Le superfici del soma sono
piane e si articolano col disco in-
tervertebrale sovra e sottostante.
Sono situate in un piano pratica-
mente orizzontale. Le superfici
articolari sono piane; quelle supe-
riori sono orientate verso l’ alto/
fuoridietro, mentre quelle inferiori
sono orientate verso il basso/
avantifuori. Le superfici articolari
costali tagliano obliquamente la
parte posterolaterale dei piatti
vertebrali.
La faccetta costale, che cor-
risponde alla tuberosità costale,
è situata a livello dell’ estremità
anteriore dell’ apofisi trasversa.
K4
La testa della costa ha la forma
di un angolo diedro che si articola con la faccetta costale Fig. 7 - Il complesso D3÷D4/K4
sovrastante (faccetta costale inferiore di D3), e con la
faccetta costale sottostante (faccetta costale superiore di D4). La tuberosità costale corrisponde
alla faccetta costale dell’ estremità anteriore dell’ apofisi trasversa.
zona di scarsa mobilità alla quale spetta il ruolo di pivot; inoltre D4/K4 è la estremità inferiore
del triangolo superiore del corpo umano, quindi zona di stress massimale per l’ arco dorsale.
Topometrìa radicolo-midollo-vertebrale
D4 può comprimere le radici 5ª e 6ª.
5ª vertebra cervicale o C5
Caratteristiche morfologiche strutturali principali
La vertebra C5 presenta un corpo allungato trasversalmente, il cui spessore è maggiore
sul davanti che non sul dietro. A livello del suo bordo anterosuperiore presenta un rilievo che
permette l’ articolazione con il becco del bordo anteroinferiore; questa particolarità anatomica
cervicale gioca un ruolo molto importante durante l’ esecuzione della flessoestensione.
I peduncoli, a livello dei bordi superiore ed inferiore, sono scavati mentre l’ apofisi spinosa
è bitubercolàta. Le apofisi trasverse si “impiantano” sul corpo vertebrale mediante due radici
che circoscrivono, assieme al peduncolo corrispondente, il forame trasversario. La loro faccia
superiore è scavata a doccia, e la loro sommità è bitubercolàta (fig. 8, pagina seguente).
Sistema
legamentoso
detto “passivo”
Presenta esattamente
le stesse caratteristiche già
descritte per il pivot L3.
Sistema
muscolare
“attivo”
La 5ª vertebra cervicale
è completamente “circonda-
ta” da muscoli.
Anteriormente
Sono presenti i muscoli
del piano profondo pre-
vertebrale: muscolo retto
anteriore e muscolo lungo
del collo. Fig. 8 - Il pivot C5
Lateralmente
Sono presenti i muscoli laterali del piano profondo vertebrale: scaleni (anteriore, medio e
posteriore) ed intertrasversàri.
Posteriormente
Sono presenti i muscoli profondi posteriori: sacrolombare, trasversario spinoso, trasversario
del collo, lungo dorsale, splenio, grande e piccolo complesso.
Topometrìa radicolo-midollo-vertebrale
C5 si trova collocata tra l’ emergenza della 5ª radice al di sopra e la 6ª radice al di sotto. La vasco-
larizzazione midollare è spesso caratterizzata dalla presenza di una grossa arteria a livello C5÷C7.
Forma delle
superfici articolari
Le superfici del
soma vertebrale
La superficie superiore è sovrastata
dall’ apofisi odontòide, struttura che
fornisce la relazione anatomica con l’
atlante. Essa presenta due faccette arti-
colari ellittiche a grande asse verticale,
di cui quella anteriore, convessa in tutti
i sensi, si articola con l’ arco anteriore
dell’ atlante; quella posteriore, convessa
trasversalmente e concava dall’ alto al
basso, corrisponde al legamento trasverso (il vero freno della mobi- Fig. 9 - Il pivot C2 (epistrofeo)
lità). La superficie inferiore presenta, come tutte le corrispondenti
faccette articolari somatiche, un disco intervertebrale per il rapporto con la vertebra sottostante.
L’ epistroféo presenta dunque la particolarità di essere una vertebra atipica nella sua metà
superiore, e tipica nella sua metà inferiore.
Apofisi articolari
Le apofisi articolari superiori sono situate ai due lati dell’ apofisi odontòide. Di forma ova-
lare con una piccola estremità diretta verso l’ avantidentro, trasversalmente sono piane con una
convessità in senso anteroposteriore, e con una leggera inclinazione verso il fuori.
Le apofisi articolari inferiori sono situate al di sotto dell’ estremità anteriore delle lamine.
Topometrìa radicolo-midollo-vertebrale
C2, radice mista, fuoriesce al di sopra dell’ epistroféo.
C3, radice mista, fuoriesce al di sotto dell’ epistroféo.
Cap. 2°
Evidenziazione dei pivot
attraverso una particolare
scomposizione
della deambulazione
31
La deambulazione rappresenta l’ esercizio funzionale primario dell’ essere umano; con essa
si realizza un movimento della totalità del corpo, e lo scopo di questo capitolo è quello di mettere
in evidenza il ruolo dei “pivot legamentosi e vertebrali” in questa attività prediletta dall’ uomo.
I movimenti pivot sono numerosi, complessi e simultanei; la comprensione della loro cinetica è
obbligatoriamente conseguente ad una scomposizione analitica e minuziosa dell’ insieme. Adot-
teremo a questo scopo la considerazione classica del passo secondo Jules Marey esemplificata in
fig. 10, suddivisa come segue:
• primo doppio appoggio: anteriore
Dx./posteriore Sx.
• primo appoggio unilaterale: arto
inferiore Dx. portante/arto inferiore
Sx. oscillante
• secondo doppio appoggio: anteriore
Sx./posteriore Dx.
• secondo appoggio unilaterale (arto
inferiore Sx. portante / arto inferiore
Dx. oscillante).
Limiteremo il nostro studio ad un
semipasso a partire dal primo doppio
appoggio; prenderemo in considera-
zione anche tutti i movimenti definiti
come “annessi” alla deambulazione,
e li integreremo nella o nelle fasi cui
appartengono. Allo stesso modo descri-
veremo il ruolo di ogni pivot nell’ am-
bito della deambulazione su un suolo
piano, a partire dai piedi fino alla testa.
Ogni tempo sarà artificialmente e vo-
lutamente arrestato per la descrizione.
Ogni lettore dovrà dunque rico-
struire mentalmente la sequenza completa dei movimenti che costituiscono la deambulazione,
per arrivare a considerare il corpo come un “insieme articolare in movimento”.
Il ribattimento del piede sul suolo e la verticalizzazione dell’ arto inferiore portante solle-
citano particolarmente le articolazioni tibiotarsica e astragalocalcaneàre. L’ insieme dei muscoli
che agiscono sulla caviglia entra allora in funzione, realizzando un freno al ribattimento del
piede sul suolo, grazie all’ azione dei muscoli della loggia anteriore della gamba, un’ azione ad
effetto antivalgo, grazie ai muscoli posteriori della gamba, e l’ inizio della stabilizzazione del
ginocchio, grazie all’ azione dei muscoli soleo e lungo flessore dell’ alluce (flessore proprio dell’
alluce e flessore comune delle dita).
Ginocchio
Da una condizione di estensione pressoché completa, passa in leggera flessione sotto l’ influen-
za del peso del corpo. Il muscolo quadricipite si prende carico di controllo del grado di flessione,
mediante una contrazione eccentrica. I muscoli della zampa d’ oca giocano un ruolo molto impor-
tante, quello di legamenti attivi che limitano il valgismo fisiologico del ginocchio al momento dell’
attacco del passo (appoggio del tallone al suolo). L’ integrità fisiologica dei legamenti crociati (pivot
del ginocchio) è indispensabile anche nel caso il cui la deambulazione in piano richieda delle sollecitazioni
ridotte; le lassità croniche del ginocchio sono la migliore dimostrazione di questa affermazione.
Anca
Nel momento dell’ attacco del passo si trova in flessione e rotazione esterna; la flessione
diminuisce di fatto l’ avanzamento del bacino. Gli abduttori stabilizzano lateralmente il bacino.
Il medio gluteo è il muscolo dominante questa stabilizzazione, ma non va dimenticato per la
sua importanza, il tensore della fascia lata che stabilizza allo stesso modo il ginocchio. Il piccolo
gluteo gioca, in queste condizioni, un importante ruolo sulla rotazione esterna del bacino.
Controrotazione della
cintura scapolare (fig. 13)
Durante ogni fase di doppio appoggio
la cintura scapolare effettua una contro-
rotazione. Nel primo doppio appoggio
(anteriore Dx./posteriore Sx.) il braccio
Sx. è anteriore mentre quello Dx. è poste-
riore. La controrotazione della cintura scapo-
lare sollecita l’ integrità fisiologica dei pivot
legamentosi sterno/costoclavicolàri. Questa
articolazione rappresenta il solo punto fisso
articolare della catena cinetica che compo-
ne la cintura scapolare. Le fasi di doppio
appoggio impongono un avvitamento delle
emicintùre scapolari Dx. e Sx. L’ adatta-
mento del rachide alle rotazioni opposte
delle cinture (fig. 14, pagina seguente).
Le rotazioni opposte delle cinture
obbligano la colonna vertebrale a subire
due movimenti rotatori in senso inverso.
Piera e Grossiord indicano, con l’ EMC, il
massimo di movimento localizzato in L5
ed in D1.; situano il punto di transizione,
ove cioè le rotazioni si annullano, appros-
simativamente in D7. Il rachide tuttavia ha
delle curvature proprie che modificano la
meccanica di queste rotazioni.
Noi pensiamo che L5, completamente
integrata nel sistema legamentoso ileo/
lombosacràle, sia relativamente stabile, e
segua il movimento globale del bacino nell’
esecuzione del passo pelvico. Riteniamo
altresì che all’ adattamento rotatorio la
vertebra L3 sia più affine.
La vertebra D1 è una cerniera tra
la colonna cervicale mobile e la colonna
dorsale rigida, e subisce poco, a nostro avviso, l’ azione di rotazione indotta dagli arti superiori.
L’ avvitamento indotto dai movimenti degli arti superiori sulle emicintùre scapolari si ri-
percuote a livello di D4, la qual vertebra non a caso è anche la sommità del triangolo cervicale
da un lato, e zona di inserzione muscolare principale dei muscoli fissatori della scapola. Questa
zona subisce quindi le azioni/reazioni muscolari imposte dall’ “avvitamento scapolare”. Infine
la zona transizionale ove s’ invertono le rotazioni indotte dalle cinture (scapolare e pelvica) si
situa a livello della vertebra D9. E’ evidente che l’ integrità fisiologica delle curve anteroposteriori del
rachide ne condizionano la meccanica. In realtà è possibile che una molteplicità di variazioni possono
alterare più o meno sensibilmente questa scomposizione fisiologica della deambulazione.
Influenza delle rotazioni opposte sulla cassa toracica
Il movimento di bilanciamento delle braccia si riflette in modo immediato sulla cassa toracica.
Il bilanciamento anteriore di un braccio induce sulla clavicola corrispondente
un posizionamento in rotazione posteriore nonché una “apertura” della griglia costale di quel
lato, inducendo sulle coste una posizione di inspirazione.
Il bilanciamento posteriore dell’ altro braccio induce sulla clavicola corrispondente un
posizionamento in rotazione anteriore nonché una “chiusura” della griglia costale di quel lato,
inducendo sulle coste una posizione di espirazione.
35
Inclinazione inversa
delle cinture
Le cinture, oltre a ruotare in senso in-
verso, si inclinano anche in senso inverso.
Questa inclinazione è in realtà appena ac-
cennata se si considera la deambulazione su
terreno piano, e questo perché gli abduttori
controllano perfettamente l’ equilibrio tra-
sversale del bacino.
In patologia la classica paralisi del medio
gluteo illustra perfettamente il mancato con-
trollo (zoppìa di trendelemburg); ad un livello
decisamente inferiore la deambulazione con
appoggio sui talloni è un’ altra dimostrazione
di ciò, e il fatto deriva dalla necessità di una
ricerca più fine del posizionamento del centro
di gravità all’ interno del poligono di sostegno.
Questa inclinazione inizia a manifestarsi
proprio all’ inizio della fase di appoggio unila-
terale, e verrà descritta nel seguente capitolo.
Inclinazione anteroposteriore
del tronco
Piera e Grossiord affermano che il mo-
vimento di inclinazione anteroposteriore
non supera mai i 5° per andature ordinarie,
pertanto non sono rilevabili da un occhio
non allenato.
La patologia ci può dare qualche esem-
pio estremo che consente di comprendere
meglio; la zoppìa tipica definita come “zoppìa
del saluto” illustra bene questa inclinazione:
il tronco s’ inclina leggermente verso l’ avanti
al momento dello “slancio/spinta” e legger-
mente verso il dietro al momento della presa
di contatto del tallone al suolo. Così durante
la fase di doppio appoggio si ha a livello del
tronco una sollecitazione notevole a carico
del pivot sterno/costoclavicolàre, mentre il
pivot ileo/lombosacràle, come già visto pre-
cedentemente, non risulta particolarmente
sollecitato. La sinfisi pubica subisce e adatta l’ avvitamento pelvico, ma non è un pivot.
Semipasso posteriore
Arto inferiore Dx. portante
Esso deve assicurare un triplo ruolo: sostegno del peso del corpo, equilibrio dell’ uomo
eretto, progressione, finalità primaria della deambulazione.
Piede
Si trova in appoggio piano al suolo; la gamba, da verticale che era, inizia ad assumere un po-
sizionamento di leggera inclinazione in avanti, la qual cosa determina una chiusura (diminuzione)
dell’ angolo piede/gamba. Il centro di gravità si sposta dal centro del poligono di sostegno (ove
era nella fase di doppio appoggio) al centro del nuovo poligono di sostegno, rappresentato dal
piede in appoggio al suolo. Questo spostamento spiega le oscillazioni laterali della marcia, e se
37
riportato su un piano orizzontale, disegna una sinusòide le cui sommità Dx. e Sx. corrispondono
alla posizione verticale di ogni piede portante. Le azioni muscolari sono di stabilizzazione ed
essenzialmente derivano dalla messa in azione del tricipite surale; il soleo, capo monoarticolàre
estremamente attivo, lavora in associazione e sinergìa con il breve flessore plantare. Gli stabiliz-
zatori laterali della caviglia (tibiàli e peronéi laterali) assicurano l’ equilibrio laterale del piede.
Ginocchio
Si raddrizza progressivamente dalla sua posizione di flessione imposta dal peso del corpo.
Il quadricipite è il muscolo che si prende carico di quest’ azione, in particolare con due dei suoi
ventri muscolari (retto femorale e vasto esterno). La stabilizzazione è assicurata dal tricipite della
sura che “rinvia all’ indietro” in ginocchio.
I legamenti crociati, pivot del ginocchio, sono indispensabili per una valida stabilizzazione.
Anca
Si porta in estensione senza pervenire alla rettitudine; gli abduttori (medio gluteo e tensore
della fascia lata) assicurano l’ equilibrio laterale del bacino. All’ inizio dell’ appoggio unilaterale si
manifesta una leggera inclinazione laterale dal lato opposto a quello dell’ arto portante. Il piccolo
gluteo inizia la sua azione di rotatore esterno del bacino in rapporto al ginocchio relativamente fisso.
del retto anteriore del quadricipite. Il passaggio della gamba riporta l’ equilibrio trasversale all’
orizzontale, senza oltrepassarlo in condizioni di deambulazione in piano. Entrano in gioco anche
alcuni muscoli del tronco, come il quadrato dei lombi e gli spinali lombari omolaterali.
Semipasso anteriore
Arto inferiore Dx. portante
Gamba
Esegue una flessione dorsale sull’ astragalo, fino a circa 15° di movimento. Sotto l’ influenza
del tricipite surale il tallone si stacca dal suolo, con i peronéi laterali che intervengono al fine di
controbilanciare l’ azione del tricipite e preparare la spinta dell’ appoggio anterointerno.
Ginocchio
Si posiziona in estensione completa finché il tallone si stacca dal suolo, per poi flettersi
subito dopo la spinta finale.
Anca
Si trova in questa fase in estensione pressoché completa.
Semipasso posteriore
L’ inclinazione laterale determinata dall’ appoggio unilaterale induce (fig. 16, pagina se-
guente), all’ inizio del semipasso posteriore, un adattamento in attitudine scoliotica transitoria lom-
39
Quarta costa, K4
Ha la tendenza a posizionarsi in in-
spirazione a Dx. ed espirazione a Sx.
Pivot C5
La quinta vertebra cervicale si tro-
va in posizione di chiave di volta nell’
adattamento in attitudine scoliotica
cervicale sinistra. La sua posizione è in
lateroflessione e rotazione destra.
Complesso OAE
Il pivot C2, l’ epistroféo, è in leggera
lateroflessione e rotazione destra. L’ at-
lante, o C1, effettua una controrotazione
sinistra di adattamento alla rotazione
dell’ epistroféo. L’ occipite, ultimo
elemento del cardàno, adatta l’ inclinazione con una lateroflessione sinistra e rotazione destra.
Il complesso occipite-atlante-epistroféo realizza l’ adattamento finale per mantenere l’
orizzontalità dello sguardo, costante fisiologica della stazione eretta. La regolazione tonica che
sottende a questa adattazione sarà sviluppata in un capitolo successivo.
Semipasso anteriore
Dopo il passaggio della gamba oscillante l’ inclinazione laterale del bacino, dovuta all’
appoggio unilaterale, si realizza di nuovo, per durare fino all’ appoggio del tallone al suolo che
permette il secondo doppio appoggio. In questa fase la posizione dei pivot è la seguente: quello
41
Semipasso posteriore
Il braccio Dx. ritorna dalla sua posizione che era posteriore
e la clavicola Dx. abbandona la posizione in rotazione anteriore.
Il braccio Sx. ritorna dalla posizione anteriore in cui era e la
clavicola Sx. abbandona la posizione in rotazione posteriore.
Semipasso
anteriore
Il braccio Dx. si proietta verso una posizione anteriore e
la clavicola Dx. inizia la sua rotazione posteriore.- Il braccio
Sx. si proietta verso una posizione posteriore e la clavicola Sx.
inizia la sua rotazione anteriore.
Insistiamo molto par-
ticolarmente sulle seguenti
azioni muscolari globali:
durante la proiezione an-
teriore del braccio, esso si
trova in rotazione esterna;
durante la proiezione po-
steriore del braccio, esso si
trova in rotazione interna.
Cap. 3°
I pivot vertebrali e
i pivot legamentosi;
loro ruolo nell’ equilibrio
della deambulazione umana
45
Leggi meccaniche
del treppiede vertebrale
Quattro leggi regolano l’ utilizzazione meccanica del
treppiede:
- 1ª legge del treppiede: il treppiede permette sia la stabilità che
la flessibilità del movimento
- 2ª legge del treppiede: se i tre piedi del treppiede funziona-
no sotto carico, il peso di un sovraccarico aggiunto non può
essere sopportato che con difficoltà in rapporto alla base d’
appoggio
- 3ª legge del treppiede: la legge precedente è vera quando il
sovraccarico aggiunto che si sposta in rapporto alla base è in Fig. 25 - Gli assi verticali
appoggio su due soli piedi del treppiede A-A’: asse verticale passante per il
- 4ª legge del treppiede: quando il sovraccarico aggiunto non centro del corpo vertebrale
grava che su uno solo dei tre piedi del treppiede sarà possibile B-B’ e C-C’: assi verticali passanti per
un suo spostamento in modo relativamente facile in rapporto le faccette articolari posteriori
alla sua base d’ appoggio.
Nel nostro studio dei pivot utilizzeremo la meccanica retta dalle leggi enunciate, in rapporto
alle possibilità di movimento attorno agli assi precedentemente descritti.
Ogni treppiede vertebrale sarà studiato in funzione sia della vertebra sottostante che di
quella sovrastante e vedremo così di analizzare quelli che sono i principali “movimenti reciproci”,
gli adattamenti meccanici reciproci in rapporto alla fisiologia articolare e le compensazioni meccaniche
che saranno per noi la quasi certezza di una patologia.
47
Il sacro segue le stesse leggi degli altri segmenti vertebrali: se esso subisce un movimento in side
bending avrà la tendenza ad effettuare una rotazione dal lato opposto (assi di Mitchell): sarà allora il
pivot legamentoso ileo/lombosacràle a divenire il garante di un buon utilizzo meccanico del sacro.
I nostri studi sui disadattamenti meccanici concernenti ciascuno dei pivot vertebrali e le-
gamentosi in funzione delle vertebre sovra e sottostanti sarà analizzato per poter comprendere
meglio le aggressioni subite dall’ insieme strutturale dell’ individuo e per spiegare così in modo
più completo le aggressioni alla fisiologia propria di funzionamento.
In base al movimento vertebrale che avviene sui 7 assi di movimento, sui piani orizzontale,
frontale e sagittale, possono essere spiegati i differenti meccanismi alla base di fenomeni lesio-
nali ed è possibile descrivere, come già premesso, le perturbazioni che eventuali loro condizioni
patologiche possono creare.
Pivot C5
Movimenti fisiologici
La posizione del pivot C5 nell’ ambito cervicale gli permette senza troppi problemi di utilizzare
gli assi orizzontali del treppiede. La flessibilità globale cervicale globale chiede a questa zona l’
esecuzione migliore possibile della componente rotatoria di movimento, tenuto conto natural-
mente dell’ orientamento delle faccette articolari e dei movimenti di lateralità che ne derivano.
Durante i movimenti estremi globali della colonna cervicale, è a livello di C5 che le forze di
tensione e di contropressiòne sono di maggior entità; questa è la ragione per la quale C5 subisce
il massimo rischio di artrosi, che si manifesta anche in base ad un aspetto radiologico.
D’ altra parte C5 è il pivot interarco tra il piccolo arco superiore cervicale (C0÷C4) e l’ arco
medio (C6÷D8); gli adattamenti cervicocefàlici per garantire la più ampia mobilità possibile, in
rapporto alla zona toracica rigida, si effettuano in base alla corretta utilizzazione del pivot C5.
52 - I pivot osteopatici
Pivot D3÷D4/K4
E’ una delle regioni del corpo umano meccanicamente più importanti.
Movimenti fisiologici
D3 e D4 hanno possibilità fisiologiche di movimento in flessione, estensione, lateralità e rotazione
in base agli assi già definiti.; ciò avviene malgrado la rigidità del segmento dorsale, condizionata in
particolare dal relativo spessore del disco intervertebrale in rapporto a quello del corpo vertebrale
di ciascuna vertebra dorsale ( 1/6 a livello dorsale contro 1/3 a livello cervicale e lombare).
Questa restrizione d’ ordine generale è un po’ controbilanciata dalla lunghezza del segmento
dorsale (esso possiede infatti il maggior numero di vertebre, 12).
Per sua caratteristica la porzione toracica vede limitato il movimento di flessoestensione,
ma ha, come contropartita, una capacità di movimento in rotazione ed in lateralità maggiore di
quanto si potrebbe immaginare.
Resta comunque il fatto innegabile che, per via della curva cifotica fisiologica anteriore presente,
sono facilitate all’ insorgenza le lesioni dette “posteriori” (in flessione) delle vertebre D3 e D4.
Alle restrizioni di movimento già presenti per via della conformazione particolare di questa
porzione, va sommato il fatto della presenza delle leve costali, elemento che si ripercuote ad ogni
livello vertebrale, e quindi anche a livello del pivot D4 con la costa K4 (si potrebbe utilizzare la
terminologìa R4 dove R deriva dall’ inglese rib, costa).
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E’ importante iniziare tutti i trattamenti specifici di D3÷D4/K4 con una normalizzazione della
struttura vertebrale sovrastante, della struttura scapolare e cervicale, per “ottimizzare” le funzioni
vitali vasomotorie e toracopolmonàri. Ciò sarà la garanzia di una buona funzionalità dia-fram-
matica riflessa e di una secondaria, non meno importante, normalizzazione visceroaddominàle.
Pivot D9
Movimenti fisiologici
D9 possiede una proprietà unica nell’ ambito vertebrale: strutturalmente ha delle faccette
articolari inferiori con superficie di ampiezza molto limitata, pertanto è in grado di eseguire il
movimento di rotazione senza che il grado di lateralità sia molto apprezzabile; anche il bascu-
lamento, anteriore e posteriore, è limitato.
D9 è situata tra i 2 archi cervicodorsàle (C6÷D8) e dorsolombare (D10÷L5). Tensioni e su-
perlavoro sono mal tollerati da questo pivot. Se l’ arco superiore è rigido D9 trasmette all’ arco
inferiore una “ricerca di adattamento” fisiopatològica; viceversa se si tratta dell’ arco inferiore.
Il pivot D9 è la vertebra che possiede la maggior possibilità di interazioni meccaniche con tutte
le catene viscerali esaminabili.
Pivot L3
Movimenti fisiologici
L3 è un pivot molto importante per la colonna; i suoi piatti vertebrali superiore ed inferiore
sono praticamente orizzontali, la qual cosa gli conferisce grandi possibilità di movimento an-
teroposteriore; per contro, essendo vertebra lombare, ha le faccette articolari posteriori molto
verticalizzate sia sul piano parasagittale che sul piano parafrontàle, e ciò conferisce alla vertebra
scarse possibilità di movimento sia in rotazione che in lateralità.
Movimenti fisiologici
I tre piani ortogonali (frontale, sagittale e orizzontale) permettono al complesso l’ esecuzione di
movimenti ben definiti: essi sono: nutazione e contronutazione nel senso anteroposteriore, sul piano
sagittale; torsioni sacrali e/o lateroflessione-rotazione del sacro avvengono su piani semiortogonàli,
per similitudine un “compromesso” tra i piani frontale ed orizzontale; il supporto di questo mo-
vimento sono in realtà gli assi definiti da Mitchell, in funzione dell’ inclinazione del piatto sacrale.
Ciascuno dei movimenti fisiologici, associati o meno, combinati o meno, dipendono dal siste-
ma strutturale appena descritto; il principale fattore di mobilità e di adattamento resta comunque
il disco intervertebrale, o meglio i dischi L4÷L5 ed L5÷S1. Il gioco articolare del complesso pivot
ileo/lombosacràle dipende dalla loro possibilità dinamica e dalla loro integrità fisiologica. Il loro
ruolo di ammortizzatore nei confronti di sollecitazioni provenienti dalla sovrastante colonna, in
associazione anche al peso del corpo, implica che essi abbiano anche una note-vole plasticità ed
una notevole capacità di adattamento alla costante compressione cui sono sottoposti.
Articolarmente la stabilità sacroiliaca è garantita da un potente sistema legamentoso sia po-
steriormente che anteriormente: legamenti ileosacrali e sacroischiàtici. Dinamicamente i legamenti
ileolombàri, molto importanti, agiscono da freni e da garanti una buona utilizzazione fisiologica
della cerniera lombosacràle, una delle zona più esposte di tutto l sistema vertebrale.
Vertebra L5
L5 si trova al centro dell’ insieme strutturale ileo/lombosacràle; è il solo elemento di quest’
insieme che presenta dei rapporti anatomici con tutti gli altri. La sua posizione, inclinata verso
l’ avanti, la predispone a lesioni anteriori; la forma di L5 è a cuneo, con inclinazione più o meno
accentuata su una semiortogonalità orizzontale; essa con tale inclinazione corrisponde al sacro
in modo speculare. E’ questa posizione strutturale invertita che assicura stabilità pelvica per il
gioco agonista/antagonista delle reciproche possibilità articolari.
Le strutture legamentose assicurano e garantiscono risposte ottimali a tutte le sollecitazio-
ni articolari. L5 è il pivot del complesso ileo/lombosacràle. I suoi rapporti meccanici con la vertebra
sovrastante L4 sono estremamente importanti in quanto quest’ ultima fa parte del complesso
pivot ileo/lombosacràle. Se L5 sostiene L4 e tuta la parte sovrastante del corpo, L4 permette a L5,
grazie al suo sistema legamentoso (legamenti ileolombàri) ed al suo potente sistema muscolare
(a netta predominanza pelvica), di evitare eccessive sollecitazioni sia di tipo anteroposteriore (le
più importanti) che di tipo laterale ed orizzontale.
Un fattore d’ importanza primaria interviene nei rapporti tra queste strutture vertebrali: si
tratta dell’ orientamento reciproco delle faccette articolari posteriori. Se il loro orientamento è più
vicino al piano frontale questo fatto limita le possibilità di movimento in senso anteroposteriore
sul piano sagittale, ma consente una maggiore mobilità laterale ed orizzontale. Accade l’ inverso
se le superfici articolari sono più vicine, come orientamento reciproco, al piano sagittale. Le più
grandi difficoltà di adattamento si manifestano quando una di queste articolazioni intervertebrali
posteriori è “frontale” mentre l’ altra è “sagittale”. Le aggressioni divengono allora molto impor-
tanti, e le forze di taglio sui tre piani ortogonali sono massimali; lo stesso accade quando queste
stesse superfici articolari hanno un orientamento “non ben solidale” sui tre piani orizzontale sa-
gittale e verticale, cioè a dire con un orientamento di 30°, 45°, 60°, a seconda del tipo morfologico.
Gli adattamenti sovra e sottostanti divengono così molto delicati, e possono essere all’ ori-
gine di scoliosi adattative al di sopra, e di situazioni di torsione sacrale al di sotto, con possibili
57
implicazioni agli arti inferiori. Queste disposizioni anatomiche sono una delle cause principali
dell’ avvitamento del bacino descritto in precedenza.
Si sente spesso parlare di “spostamento delle vertebre” in riferimento alla regione lombare; in
realtà ciò non avviene. Se la dinamica discale e le sue risultanti meccaniche sono ben conosciute,
si può comprendere come spesso dei movimenti forzati o mal eseguiti (anche a causa delle leve
lunghe, ad esempio gli arti inferiori, o il tronco nel suo insieme) creano delle “sovratensiòni” e
delle posizioni sfavorevoli dell’ insieme strutturale ileo/lombosacràle. Il complesso pivot pre-
senta allora delle dislocazioni degli assi del treppiede ed il freno legamentoso fisiologico non è
più in grado di assicurare la sua funzionalità; è allora che si manifesta la distorsione, vertebrale o
sacroiliaca, che è la principale forma di “incidente”, col coinvolgimento discale che ne deriva.
si avrà a che fare con un soggetto in equilibrio di “tipo posteriore”; se invece cade posteriormente a
questo stesso repere si avrà a che fare con un soggetto in equilibrio di “tipo anteriore”. L’ astragalo
trasmette le pressioni gravitarie basandosi su un “equilibrio instabile” che è spesso indice di una situa-
zione lesionale di compenso che interessa tutta la linea gravitaria per fenomeno di azione/reazione.
Se la rigidità relativa ed adattativa del piede è costante, è importante che il triangolo meccanico
costituito dallo scheletro dell’ arto inferiore non subisca dislocazioni soprattutto secondo i suoi lati o
linee maggiori, cioè quelle che vanno dall’ acetabolo alla caviglia e dal gran trocantere alla caviglia.
Il relais meccanico rappresentato dal ginocchio “disloca” queste linee durante le varie fasi
della deambulazione; nella fase di appoggio unilaterale, come anche nella fase statica eretta, il
posizionamento in “avvitamento” del ginocchio conserva, oltre alla necessaria stabilità, anche la
posizione corretta di queste linee del triangolo. Questa stabilità deve tuttavia essere ben presente
anche durante le fasi di flessione dell’ arto inferiore, e quindi in tutte le fasi della deambulazione.
Non ci si deve mai scordare del fatto che clinicamente il ginocchio è una struttura che deve
essere fredda, indolore, mobile e stabile.
L’ interdipendenza costoclavicolàre ci permette di dire che una lesione della clavicola inte-
ressa molto spesso il posizionamento della 1ª costa, e viceversa.
Le eventuali compensazioni controlaterali sono quasi sempre dovute all’ asimmetrìa di
utilizzo del pivot, cosa che dà l’ immagine, come già spiegato in precedenza, di avvitamento
sternoclavicolàre, lesione da normalizzare o correggere osteopaticamente.
65
Cap. 4°
I pivot nell’ attività
tonica posturale
67
E’ evidente che il sistema informazionale non può riuscire correttamente nella sua
funzione di trasmissione se i meccanorecettori e gli effettori (in un qualsiasi distret-
to) sono perturbati. Non va mai scordato che le strutture vertebrali permettono la
corretta progressione delle informazioni, sia afferenti che efferenti, solo se non sono
soggette a perturbazioni. Il rischio di un’ informazione erronea o falsa, a causa di
ciò, deve perciò esser preso in grande considerazione.
68 - I pivot osteopatici
In questo capitolo vedremo un certo numero di elementi fondamentali anatomofisiologici
che interessano i muscoli, e l’ integrazione del loro utilizzo nel concetto osteopatico meccanico.
Classificheremo in seguito, il più schematicamente possibile, il sistema retto e quello crociato,
nonché le incidenze fisiopatològiche del loro utilizzo in funzione dei pivot. Proporremo infine
un utilizzo terapéutico del sistema crociato.
Inizieremo ora col definire (ammettendo che lo si possa fare) la nozione di movimento.
Il movimento
Verificando su diversi dizionari si può osservare che il movimento è stato definito con una
molteplicità di giri di parole; vi è comunque una definizione che illustra meglio delle altre il
movimento, naturalmente in base ad un’ ottica osteopatica:
il movimento è lo spostamento di un corpo mobile.
Il corpo umano è in continuo movimento per lottare contro gli effetti della gravità; il corpo
non è mai immobile, nemmeno quando all’ apparenza assume la posizione il più statica possibile:
in effetti la definizione “statico” non significa immobile, semmai “che non sta effettuando alcun
spostamento vettoriale”. Meccanicamente appare che ogni movimento corporeo sia la risultante
di due forze di senso opposto tra loro che si manifestano in modo alternativo (la flessione è legata
all’ estensione e viceversa).
Il movimento vede la sua partenza, o meglio il suo inizio, da una posizione posturale, e termina,
o meglio si conclude, in un’ altra posizione posturale.
Possiamo accordare al movimento il concetto equivalente di “una serie di sequenze postu-
rali” finalizzate; il fenomeno della deambulazione ne è l’ esempio tipico. Entra così in gioco la
nozione di equilibrio; il movimento corretto dipende dal grado di equilibrio, ed i muscoli sono il
mezzo che ne consentono l’ effettuazione. Vedremo in seguito come l’ utilizzo del mezzo muscolare
può essere appreso. Riguardo all’ attività muscolare, noi la classifichiamo in due fasi fisiologiche,
le attività tonica e fasica.
Ciascuna di queste due fasi, strettamente legate tra loro come le interazioni di strutture
antagoniste, porta all’ elaborazione del movimento “globale”.
Il movimento globale mette in gioco più articolazioni con una molteplicità d’ interventi
muscolari; l’ analisi del movimento globale consente di identificare dei movimenti essenziali
(flessione, adduzione e rotazione esterna), con i loro complementari/antagonisti (estensione,
ab-duzione e rotazione interna). Quest’ insieme costituisce verosimilmente la cibernetica del corpo
umano.
La quarta dimensione, il tempo, interviene per “collocare” i movimenti nello spazio; se
lo scopo del movimento è nel futuro, non ha senso una sua collocazione nel presente (per non
parlare del passato!). Nel passato può esser ritrovata una preselezione dei movimenti da effet-
tuarsi: è la costruzione mentale del movimento (momento immaginario del movimento) che si
basa sull’ esperienza, sul vissuto.
Questa elaborazione sarà facilitata, o ostacolata, nel momento presente, sia per una pertur-
bazione della situazione posturale di inizio o d’ arrivo; tale perturbazione potrebbe essere una
limitazione articolare, una retrazione muscolare fisiologica, ma anche dei fenomeni non meno
patologici come il dolore. Queste sono “sensazioni” del presente che vanno ad influenzare il mo-
mento immaginario del movimento, e quindi anche l’ esecuzione corretta del movimento nel futuro.
Tutta questa organizzazione dipende ben inteso dal nostro sistema nervoso e dalla sua
utilizzazione gerarchica. In riassunto, le caratteristiche importanti che dovremo rilevare all’
osservazione osteopatica del movimento sono le seguenti nozioni: spostamento vettoriale del
corpo, per quanto minimo, spostamento spaziale, nozione analitica del movimento, con le sue
tre componenti: flessoestensione, ad-abduzione, rotazione esterna/interna.
Queste tre componenti determinano la nozione di ortogonalità dei tre piano dello spazio,
frontale, sagittale ed orizzontale, e delle loro eventuali risultanti: nozione fisiologica di attività
posturale, sia tonica che fasica, nozione meccanica di agonista ed antagonista, nozione temporale
del momento, nozione di scopo, o meglio di finalità propria del movimento.
69
Sistema cerebellare
Posizionato come fosse una deviazione della faccia posteriore del tronco cerebrale il cervel-
letto è costituito da un “verme” mediano, da due emisferi laterali e da un nucleo centrale (nucleo
dentato, nucleo del tetto, embolus e globulus).
Il cervelletto è collegato: al bulbo mediante i peduncoli cerebellari inferiori, alla protuberanza
mediante i peduncoli cerebellari medi, ai peduncoli cerebrali mediante i peduncoli cerebellari
superiori. Adotteremo per la descrizione la suddivisione patogenetica classica.
Archeocerebellum
E’ costituito dal flocculo nodulare e presenta delle connessioni vestibolari.
Paleocerebellum
Costituito dal verme, presenta delle connessioni spinali e mesencefaliche. Riceve delle affe-
renze provenienti dai fasci di Fleschig e Gowers, ed emette delle fibre che, dopo aver fatto relais con il
nucleo del tetto e col globulus, si dirigono al peduncolo cerebellare superiore; essi costituiscono i fasci
incrociati di Russel e la commissura di Wernekink, fasci che riuniscono la parte “antica” del nucleo
rosso, e formano sinàpsi con le fibre che entrano nella costituzione del fascio rubrospinàle.
Neocerebellum
Costituito dai lobi laterali, presenta delle connessioni con la corteccia cerebrale.
70 - I pivot osteopatici
Mediante il peduncolo cerebrale medio riceve delle afferenze in provenienza dai nuclei del
ponte, essi stessi in connessione con le aree 6, 7, 5 e 21 della corteccia.
La neocortex emette allora delle fibre che poi si relazionano con il nucleo dentato e con l’
embolus, raggiungendo, dopo esser passate per il peduncolo cerebellare superiore, il nucleo rosso
ed il talamo. Dopo il relais talamico si proiettano alle aree 5 e 6 della corteccia.
Il cervelletto gioca così un importante ruolo nella regolazione degli adattamenti posturali
e dei movimenti volontari, permettendo il gioco armonioso dei muscoli agonisti ed antagonisti
relativamente alle loro contrazioni e decontrazioni.
Archeo ed paleocerebellum intervengono nella regolazione della statica grazie all’ aggiu-
stamento permanente del tono di sostegno alle necessità dell’ equilibrio statico; il neocerebellum
controlla e coordina l’ attività cinetica, regolarizzando i movimenti volontari degli arti.
Fusi neuromuscolàri
Sono paralleli alle fibre contrattili dei muscoli striati, e sono rappresentati da due tipi di fibre: a
sacco nucleare ed a catena nucleare. Le fibre a sacco nucleare costituiscono il primo tipo; presentano
un rigonfiamento a livello della regione equatoriale che costituisce il sacco, nel quale sono accumulati
numerosi nuclei, e la cui striatura non è visibile che a livello dei segmenti polari. Le fibre a catena nucleare
costituiscono il secondo tipo; non posseggono rigonfiamenti pertanto i nuclei sono collocati in fila india-
na, a catena gli uni con gli altri. L’ innervazione sensitiva è garantita da due tipi di terminazioni nervose.
Terminazioni primarie
Arrotolate a spirale attorno al sacco o alla catena nucleare, sono fibre di tipo Ia di grosso
calibro che si articolano direttamente con i motoneuroni e contribuiscono alla formazione dell’
arco monosinaptico del riflesso miotattico. Le fibre di tipo Ia hanno la capacità di rispondere a
stiramenti di leggera intensità ed alle rapide variazioni di tensione; la loro articolazione è più
specifica a livello dei motoneuroni estensori (fibre mieliniche Ia di diametro 12÷20µm che realizzano
il riflesso monosinaptico in estensione).
Terminazioni secondarie
Intervengono più specificamente sulle fibre a catena; sono in pratica delle fibre più sottili,
infatti appartengono al gruppo II, che si articolano con gli interneuroni midollari e contribui-
scono alla formazione dell’ arco polisinàptico del riflesso di flessione; il suo significato specifico
ha ancora degli aspetti oscuri.
L’ innervazione motoria è garantita dai motoneuroni gamma, a loro volta divisi in due tipi:
gamma 1 che innervano le fibre a sacco e gamma 2 che innervano le fibre a catena. I motoneuroni
gamma intervengono nella determinazione del livello dell’ attività dei fusi; durante il loro funzio-
namento gli elementi contrattili si raccorciano, determinano uno stiramento della parte recettrice,
e di conseguenza determinano la variazione del valore a seconda dell’ entità del riflesso di stira-
mento. Nei tendini esistono tuttavia anche i corpuscoli di Golgi, che sono sensibili alle variazioni
di tensione del tendine stesso; sono innervati da fibre di tipo Ib che rappresentano una via esclu-
sivamente disinàptica. Mentre essi sono stimolati, le loro fibre Ib trasmettono una stimolazione a
carattere inibitorio che raggiunge, per intermediazione di interneuroni spinali, i motoneuroni alfa
che innervano il muscolo relativo al tendine stirato; si realizza così il riflesso miotattico inverso.
71
Muscolo scheletrico
Si ammette attualmente una specializzazione tonica o fasica relativa ad alcuni muscoli o
gruppi di muscoli. Alla fine del secolo scorso Ranvier ha evidenziato nel coniglio l’ esistenza di
fibre toniche a finalità posturale e di fibre fasiche adattate al movimento volontario.
Molto più tardi Eccles ha evidenziato tutto un insieme di proprietà che permettono di op-
porre i muscoli a funzionamento tonico ai muscoli il cui ruolo è primariamente fasico.
Fibre bianche di tipo II o fibre A fasiche
Sono fibre di movimento volontario, ed hanno per caratteristiche proprie di essere: di con-
trazione rapida, molto brevi, molto vulnerabili alla fatica, energeticamente molto dispendiose,
di utilizzare un meccanismo anaerobico.
Fibre rosse di tipo I o fibre B toniche
Sono fibre tipicamente adattate alla postura, ed hanno per caratteristiche proprie di essere:
di contrazione lenta, poco vulnerabili alla fatica, energeticamente poco dispendiose, di avere
capacità contrattili persistenti e di utilizzare un meccanismo aerobico.
Infine i fisiologi Granit ed Eccles ci hanno mostrato, indipendentemente l’ uno dall’ altro,
l’ esistenza di motoneuroni specializzati, a conferma della descrizione dei differenti caratteri
dei due tipi di fibre muscolari: motoneuroni alfafàsici, innervanti le fibre bianche e motoneuroni
alfatònici, innervanti le fibre rosse.
Organizzazione spinale
Comprende un certo numero di elementi “analizzatori” che inviano verso la corteccia e verso
il cervelletto le informazioni che ricevono; le interazioni che esistono col sistema extrapiramidàle
si reintegrano dopo elaborazione corticale e/o cerebellare. I propriocettori cutànei informano in
rapporto alle pressioni al suolo. I corpuscoli di Ruffini e di Pacini, capsulari e legamentosi, in-
formano sull’angolo, sulla velocità e sulla direzione di movimento articolare. Gli organi tendìnei
del Golgi sono gli iniziatori di una interazione riflessa che frena l’ attività muscolare. I fusi neu-
romuscolàri, iniziatori di un’ interazione di tipo più lungo, rappresentano il sistema gamma.
Nel loro insieme questi sistemi giocano il ruolo estremamente importante di elementi di
valutazione tensionale.
Regolazione midollare
Il riflesso miotattico, o stretch reflex, è l’ elemento primordiale della regolazione del tono
muscolare (Sherrington). Tuttavia il funzionamento del fuso non è solo sotto la dipendenza di
eventuali stiramenti passivi: l’ attività tonica posturale agisce in permanenza, e si manifesta di
continuo al di là di ogni stiramento aggiuntivo.
Il tono gamma permette l’ esecuzione di una attività di tipo tonico permanente, autoindotta
72 - I pivot osteopatici
e mantenuta per attivazione del tono gamma, il quale determina la contrazione del fuso, l’ ec-
citazione della fibra anulospirale ed una nuova ondata di stimolazioni per i neuroni gamma ed
alfamòtori, da cui un aumento del tono ... da ciò consegue che il processo si rinnova per mecca-
nismo di autoeccitazione.
Il sistema inibitore di Renshaw è un “tono” retroattivo e negativo capace di frenare il modo
determinato e regolato in precedenza, l’ attività del motoneurone alfa (l’ elemento biochimico
di questa sinàpsi è un acido aminico inibitore, la glicìna).
Inibizione presinaptica: è un fenomeno che si può osservare a carico delle fibre Ia per l’ interme-
diazione di interneuroni cosicché gli influssi afferenti coinvolgono meno i motoneuroni alfa.
Sistema oculomotore
Richiamo anatomico sommario
E’ risaputo che ogni globo oculare comprende sei muscoli: retto superiore innervato dal III°,
retto inferiore innervato dal III°, retto interno innervato dal III°, piccolo obliquo innervato dal
IV°, grande obliquo innervato dal III° e retto esterno innervato dal VI°.
I nervi oculomotori, III°, IV° e VI° paio di nervi cranici, hanno i rispettivi nuclei situati nella
protuberanza e nei peduncoli cerebrali; essi costituiscono la via finale comune a tutti gli stimoli
nervosi che pervengono ai muscoli oculomotori.
Nuclei oculomotori
Subiscono l’ azione permanente dei diversi sistemi. Tra i centri corticali, i più importanti
sono: l’ area oculomotoria centrale (area 8 di Brodman) che nell’ uomo comanda la motilità ocu-
lare volontaria; le aree oculomotorie occipitoparietàli (aree 18 e 19 di Brodman) che comandano
la fissazione dello sguardo che porta alla fòvea retìnica l’ immagine dell’ oggetto che appare nel
campo visivo del soggetto; tra le altre aree oculomotrici esistenti si citano in particolare quelle
poste a livello della corteccia temporale; mediante la loro azione si ha la coordinazione tra mo-
vimenti oculari e stimolazioni auditive.
73
L’ azione di altri sistemi, come quella del cervelletto, della sostanza reticolata, del labirinto
e delle vie vestibolari, uniscono i nuclei vestibolari a quelli oculomotori. Essi permettono l’ ese-
cuzione di movimenti oculari riflessi che garantiscono l’ adattamento oculare ai cambiamenti di
posizione della testa e ai movimenti rotatori della persona.
Benderella longitudinale superiore (BLP)
E’ un sistema di coordinazione internucleare che gioca un ruolo molto importante: nell’
oculo/cefalogirìa in relazione alle connessioni che essa stabilisce tra i nuclei oculomotori e gli
altri nuclei dei nervi cranici interessati e nella realizzazione di movimenti oculari, assicurando
le connessioni tra i diversi nuclei oculomotori e; garantendo la loro azione coordinata, ciò vale
con particolare riferimento per i movimenti di lateralità.
I movimenti degli occhi non sono indipendenti ma sinergici, armonici e coniugati. Così i muscoli
motori dei globi oculari rispondono agli ordini delle zone corticali motorie specifiche, e sono
coordinati grazie all’ azione della BLP. L’ oculomotricità dà il riferimento della verticale, dell’
orizzontale e del trasversale, informazioni che poi vengono associate e comparate con le in-
formazioni di provenienza dal labirinto. Per J. B. Baron l’ oculomotricità comanda controlla e
coordina l’ adattamento alla gravità. Essa rappresenta verosimilmente il direttore d’ orchestra di
tutta l’ attività tonica posturale, regolando la posizione della testa nello spazio.
Regolazione sovraspinàle
Il sistema nervoso piramidale e quello extrapiramidàle lavorano in sinergìa. “Tre livelli di
regolazione ci mostrano che le formazioni extrapiramidàli modificano l’ eccitabilità del motoneu-
rone corticale sia relativamente alla facilitazione, sia relativamente all’ inibizione, ma anche che
lo stimolo piramidale è in grado di influenzare il sistema extrapiramidàle e di determinarne delle
modificazioni.” (EMC Attività motoria e tono muscolare). I meccanismi centrali di regolazione
del tono e della postura esercitano un’ influenza di facilitazione e/o di inibizione.
- influenza esercitata dalla formazione reticolare: inibitoria o attivatrice (fascio reticolospinàle mediano)
- influenza esercitata dal cervelletto: inibitoria (paleocerebello) o attivatrice (neocerebello)
- influenza vestibolare: attivatrice (via vestibolospinàle)
- influenza dei nuclei grigi centrali ed influenza corticale.
In conclusione, è bene rimarcare il ruolo estremamente importante della formazione reticolare
che rappresenta la via finale comune dell’ insieme dei sistemi di controllo centrale.
Sistema retto
Le caratteristiche del sistema retto sono definite soprattutto dall’ utilizzo di movimenti
che si svolgono su un solo piano: frontale per l’ ab-adduzione, sagittale per la flessoestensione,
raramente sul piano orizzontale per le rotazioni statiche a destra e sinistra.
Questo sistema non può dunque avere una sua propria utilità specifica nell’ ambito degli
spostamenti vettoriali del corpo (ad esempio nella deambulazione), ad esclusione di ciò che con-
cerne l’ indispensabile interazione tra i due sistemi: ci si riferisce in particolar modo all’ azione di
“arrotolamento / srotolamento” collegate alla gravità; a questo titolo il sistema retto condiziona l’
erezione vertebrale proprio nei suoi rapporti con la gravità; esso viene considerato come l’ elemento
75
Sistema crociato
Acconsente agli spostamenti vettoriali nell’ uomo in stazione eretta (nella deambulazione
per esempio), in tutti gli spostamenti corporei spaziotemporàli e su tutti i piani. Questa è l’ im-
magine concreta di coordinazione motoria, considerata come una delle chiavi dell’ Osteopatia
“totale”. Il suo trattamento si presenta come un intervento terapéutico da associarsi al trattamento
specifico dei pivot.
E’ importante a tal fine fare un richiamo alla “gerarchia neurologica” relativamente al
cervelletto, elemento principale dell’ insieme coordinazione motoria/equilibrio. Il cervelletto è
diviso in archeocerebellum, paleocerebellum e neocerebellum:
- l’ archeocerebellum interessa la sfera dell’ equilibrio
- il paleocerebellum interessa il tono posturale statico, il sistema tonico
- il neocerebellum controlla i movimenti involontari e coordinati, il sistema fasico.
Principi di utilizzo
1 - 6 muscoli, o meglio, 3 gruppi di muscoli
legati all’ analisi del movimento: • flessori÷estensori
Al fine di sem-
• adduttori÷abduttori plificare i principi di
• rotatori interni÷rotatori esterni utilizzo dei sistemi mio-
fasciali retto e crocia-
2 - 3 antagonisti d’ equilibrio: • tonicofasici to, verranno utilizzati
• grandi leve/piccole leve come riferimento quei
• muscoli profondi/muscoli superficiali fondamenti della fisio-
logia muscolare che,
3÷4 “tipi” di utilizzo muscolare fisiologico: • tonicotònico • tonicofàsico suddivisi in tre parti a
• fasicofàsico • fasicotònico scopo didattico, sono
in realtà indissociabili
nella pratica. Il tutto viene riassunto nella seguente tabella, a proposito della quale ogni gruppo
verrà successivamente analizzato in modo singolo.
1° Gruppo
I muscoli appartenenti a questo gruppo interessano l’ analisi del movimento, a proposito
della quale è possibile schematizzare come indicato alla figura sottostante; l’ insieme di questi due
schemi induce il movimento combinato di spirale/diagonale globale o di spirale/diagonale analitico.
A livello degli arti
Il sistema crociato impone il seguente schema di funzionamento, che segue la nozione di
agonismo ed antagonismo muscolare:
- agonismo: flessione/adduzione/rotazione interna.
- antagonismo: estensione/abduzione/rotazione interna.
Necessita una precisazione a riguardo: per l’ arto superiore flessione e rotazione interna si
integrano mentre adduzione e rotazione interna si associano; per l’ arto inferiore estensione e
rotazione esterna si integrano mentre abduzione e rotazione interna si associano.
A livello del tronco e del collo
L’ utilizzo del sistema crociato impone l’ applicazione delle leggi di Lowett & Fryette in
funzione dei pivot vertebrali. Per riassumere, il posizionamento vertebrale è considerato in ERS
(estensione/rotazione/side bending) o in FSR (flessione/side bending/rotazione).
2° Gruppo
Tale gruppo inte-
ressa la tecnica organica
dell’ equilibrio, che vie-
ne realizzato ricercano
nel sistema crociato la
miglior facilitazione pro-
priocettiva. La liberazio-
ne delle fasce sarà tanto
più facilmente ottenuta
quanto più il sistema
muscolare sarà corretta-
mente utilizzato.
L’ azione muscola-
re meccanica necessita
77
del supporto che deriva dall’ interazione tra i muscoli del piano profondo e quelli del piano
superficiale, tra quelli che costituiscono le grandi leve e quelli che costituiscono le piccole leve
in relazione ai pivot o alla struttura rigida sulla quale essi agiscono direttamente. Questa stessa
azione muscolare dovrà esser ottenuta in base ad un corretto reclutamento di fibre, toniche o
fasiche, sempre al fine di ottenere una buona qualità di movimento.
3° Gruppo
Qui viene interessato l’ aspetto più qualitativo e quantitativo dell’ utilizzo del mezzo muscolare, ciò
che noi definiamo come sequenza dell’ azione terapéutica d’ intervento, che viene definita in sei punti:
• dimostrazione del movimento: immagine visuale spaziotemporàle
• eseguire passivamente il movimento: “guida” propriocettiva
• richiedere l’ esecuzione attiva del movimento con l’ aiuto di una guida
• richiedere l’ esecuzione attiva del movimento senza l’ aiuto di una guida
• eventuale correzione del movimento attivo senza guida
• utilizzo associato di tecniche di rilasciamento e d’ irrobustimento muscolare
- rilasciamento: tenere, rilasciare, contrarre senza movimento e rilasciare, resistere con
movimento e rilasciare
- irrobustimento: resistenza statica applicata all’ inizio, alla metà o alla fine del movi-
mento, resistenza dinamica progressiva.
Per chiudere con queste precisazioni va detto che l’ utilizzo del sistema crociato nella te-
rapéutica associata ci consente di utilizzare le catene muscolari in modo molto semplificato;
peraltro quest’ apporto terapéutico deve essere complementare. Non insisteremo mai abbastanza sul
fattore movimento, ma anche sul fattore equilibrio nella scelta delle catene muscolari crociate,
soprattutto se il fine è quello di ottenere un ripristino o un miglioramento del rilasciamento o
del rafforzamento del mezzo muscolare profondo o superficiale.
L’ aspetto “schematico” del nostro modo di utilizzare il sistema crociato è evidente; ma è in
base a quest’ aspetto che l’ obiettivo primario, in rapporto cioè ai pivot, sarà perseguito.
La nostra finalità terapéutica concreta, per quanto riguarda l’ utilizzo del sistema crociato
in terapia associata, sarà quella di “proporre” al soggetto la o le posture attive appropriate in re-
lazione con le correzioni e le normalizzazioni osteopatiche dei pivot che avremo già effettuato.
Quest’ asse risultante sarà perciò “obliquo e trasversale” al tronco, e per volerne dare un
repere, si può citare l’ articolazione scapolomeràle ad una estremità, e la coxofemoràle del lato opposto.
Il tronco possiede dunque due assi di torsione elicoidàle che sembra si incrocino a livello del
centro di gravità del corpo, con particolare riferimento al pivot vertebrale L3.
E’ importante precisare che, nell’ ottica osteopatica, il sistema crociato comprende non solo
la parte del tronco compresa tra le scapolomeràli e le coxofemoràli; in realtà va tenuta in consi-
derazione anche l’ influenza che deriva dagli arti superiori ed inferiori, nonché l’ influenza di
un sistema crociato molto specifico: il sistema crociato cervicocefàlico. A scopo di chiarimento
segue ora l’ elenco dei “mezzi muscolari” che possono entrare in gioco.
Sistema crociato tronco/arti
Per quanto riguarda il sistema
crociato tronco/arti abbiamo:
- in un piano profondo i muscoli piccolo
obliquo, il quadrato dei lombi (fibre lom-
bocostali), piccolo dentato posteroinferio-
re ed intercostali profondi di un lato
- in un piano superficiale i muscoli gran-
de obliquo, il quadrato dei lombi (fibre
ileolombàri), gli intercostali superficiali,
il piccolo dentato posterosuperiore di
uno stesso lato (fig. 33).
Se si aggiunge l’ influenza degli arti
superiori e di quelli inferiori con i loro rispet-
tivi relais scapolare e pelvico, troviamo:
- con la cintura pelvica e l’ arto inferiore lo
psoas, il grande gluteo ed il tensore della
fascia lata, il piccolo gluteo, gli adduttori
piccolo e medio ed il piramidale
- con la cintura scapolare e l’ arto
superiore si trovano grande e piccolo
pettorale e triangolare dello sterno sul
davanti, romboide, porzione media ed
inferiore del trapezio, gran dentato e
gran dorsale sul dietro.
Va ricordato che se il “mezzo” miofasciale profondo corrisponde al centro di gravità del
corpo in rapporto all’ avvitamento, è l’ ombelico che rappresenta l’ incrocio e la risultante delle
linee di forza miofasciali delle strutture più superficiali (Busquet, 1982).
sistema crociato; in effetti, con la sua concavità posteriore, protegge sul piano sagittale le strutture
retrostanti, esofago e trachea, da azioni meccaniche di tipo compressivo (lo strangolamento ne
è l’ esagerazione) derivate da torsioni che gli adattamenti simultanei ai movimenti sui tre piani
dello spazio possono provocare. Punti di convergenza di forze che proteggono la gola tra i suoi
“mezzi” miofasciali propri vi sono i muscoli omoioidéi ed i muscoli stiloioidéi.
Se l’ osso ioide interviene quasi esclusivamente durante l’ utilizzo del sistema cervicoce-
fàlico retto, con una importante sinergìa dei muscoli motori e fissatori della mandibola, le altre
due “rotule meccaniche” sono C2 e C5, pivot vertebrali del cui uso le strutture mi-fasciali non
possono fare a meno. Queste strutture sono: i muscoli SCM in un piano superficiale ed i muscoli
scaleni e suboccipitali profondi in un piano profondo.
L’ azione degli scaleni è un po’ particolare, nel senso che essi sono i garanti del mantenimento
della lordosi della colonna cervicale, al punto che da alcuni Autori sono stati definiti come “i
muscoli psoas cervicali”.
Posteriormente la loro azione sui tre piani ortogonali è aiutata da:
- sul piano frontale dall’ azione multifida del muscolo trasversario del collo.
- sul piano sagittale dall’ azione “di sicurezza” del muscolo grande complesso.
- sul piano orizzontale dall’ azione meccanica antagonista di torsione dei muscoli spleni del
collo e della testa.
Il complesso cervicocefàlico, posato sul “soffitto del torace” presenta una certa originalità
ed indipendenza dal sistema crociato miofasciale del corpo.
L’ adattamento oculo/cefalogiro è certamente sotto la dipendenza dell’ azione coniugata
più specifica dei muscoli scaleni ed SCM, in rapporto alla componente cervicocefàlica dell’ ocu-
lo/cefalogirìa; i muscoli profondi suboccipitali hanno invece una particolarità propria: in base
ad un primo aspetto essi permettono le relazioni adattative più sottili della sfera oculomotoria
con il sistema crociato dei muscoli motori dell’ occhio; in base ad un secondo aspetto essi pre-
sentano una notevole sensibilità alle sollecitazioni di tipo propriocettivo di provenienza dagli
informatori cutànei e dagli informatori articolari posizionali del corpo; infine essi controllano
la vascolarizzazione cefalica e proteggono il bulbo rachìdeo, essendo a tutti gli effetti i “garanti
attivi” del cardàno cervicocefàlico.
Insieme podale
Presenta qualche particolarità in quanto il sistema
retto infatti a questo livello interviene con la sua azione
sul piano frontale (fig. 34). L’ equilibrio in appoggio
laterale del piede è in gioco attorno all’ asse di Henke
anche se esso non è situato esattamente su un preciso
piano ortogonale dello spazio.
Tale asse è esattamente situato su un piano risul-
tante dei tre piani dello spazio, ed ha un’ inclinazione di
circa 45° sul piano orizzontale. I muscoli interessati sa-
ranno: i tibiàli all’ interno ed i peroneàli all’ esterno.
Con il loro gioco di agonista-antagonista, essi
mantengono l’ equilibrio laterale del piede. Natural-
mente essi partecipano anche alle attività dinamiche,
ma non fanno parte del sistema propulsore del piede, che
rappresenta per eccellenza il sistema crociato (fig. 35). A
questo livello i muscoli interessati sono:
- il tricipite della sura, propulsore “variabile”
del piede, che mantiene anche l’ appoggio po-
steroesterno nella fase di presa d’ appoggio del
piede nella deambulazione (attacco del passo)
- il corto flessore plantare, struttura che ideal-
mente continua al di sotto della volta plantare
l’ abbassamento del piede al suolo, in una presa
d’ appoggio di tipo “propulsivo”. Esso orienta
la sua azione verso le ultime quat-tro dita del
piede, cioè dall’ interno all’ esterno
- il flessore proprio dell’ alluce, posto più
medialmente, ha lo scopo di controbilanciare
l’azione verso l’ esterno dovuta al corto flessore
plantare. Il flessore proprio dell’ alluce è uno dei
più importanti muscoli in rapporto all’ equilibrio
dinamico dell’ essere umano. Esso determina la propulsione del piede verso l’ interno. E’ questo muscolo
che garantisce anche la derotazione dell’ avampiede sul retropiede durante lo “srotolamento”
del passo, e l’ equilibrio longitudinale dell’ appoggio podale che va ad interessare l’ intero equi-
librio del corpo, moltiplicando con la sua azione le afferenze propriocettive. L’ azione sinergica
crociata del corto flessore plantare e del lungo flessore proprio dell’ alluce rappresenta per noi
il sistema propulsore crociato del piede.
Tra il sistema retto di equilibrio e il sistema crociato di propulsione c’ è una notevole inte-
razione, e le loro funzioni si miscelano in un tutto molto intricato.
82 - I pivot osteopatici
Sistema crociato
del segmento cervicocefàlico
Anch’ esso presenta qualche particola-
rità interessante; se consideriamo l’ utilizzo
delle leve degli arti, indispensabile affinché
il sistema crociato abbia tutta la sua efficacia,
abbiamo già constatato a tal proposito che
la leva cervicocefàlica riveste la stessa fon-
damentale importanza per il funzionamento
del sistema crociato stesso. In effetti, nella
misura in cui noi restiamo convinti della
lesione totale, allo stesso modo dobbiamo ricercare una spiegazione totale della postura, che
comporta un utilizzo totale del sistema crociato, e ciò malgrado l’ indipendenza di cui gode la
componente cervicocefàlica del sistema crociato.
Inoltre va detto che tale segmento può esser facilmente suddiviso in segmento cefalico
puro, dipendente direttamente dal cardàno C0÷C2, e segmento cervicocefàlico globale; anche
con questa suddivisione la globalità del segmento risponde direttamente alle richieste posturali
che gli pervengono, facendo uso dell’ appoggio toracico che lo sostiene. In conseguenza a queste
considerazioni, nel nostro trattamento del sistema crociato, associato al trattamento osteopatico
dei pivot, è buona norma tenere sempre conto del segmento cervicocefàlico.
Per contro, se l’ induzione globale deve seguire le regole che definiscono la mobilità vertebrale
classica, così come l’ ha descritta Fryette con le sue leggi, osserveremo il cardàno cervicocefàlico
C0÷C2 con una cura particolare e riferimenti precisi, per la sinergìa che li lega, alla muscolatura
intrinseca dell’ occhio ed ai muscoli suboccipitali profondi.
E’ un fatto concreto l’ utilità che deriva, in ambito correttivo, dall’ utilizzo della sfera ocu-
lomotoria; seguendo le indicazioni teoriche dateci da Piret & Béziers, molte volte e stato consta-
tato e verificato che una successione di adattamenti elicoidàli è interdipendente e si relaziona con ogni
segmento del sistema crociato.
Il sistema crociato a livello del tronco avrà dunque il suo “prolungamento elicoidàle” non
solamente verso ciascuno degli arti opposti interessati, ma anche verso il segmento cervicocefàlico,
e ciò al fine di realizzare ciò che è da noi stato definito con il termine di “la postura totale”, per
analogia con il concetto di lesione totale, come già citato in precedenza.
Resta ben inteso che il ripristino di questa postura totale non sarà effettuata che dopo una
normalizzazione estremamente precisa dei pivot vertebrali; sarebbe del tutto aberrante utilizzare il
“mezzo miofasciale” su un terreno che non è in grado di accettare una modificazione per motivi
articolari (impossibilità articolare meccanica).
Infine, come è stato ugualmente già detto, la nostra azione sarà dapprima effettuata in assenza
di forze gravitarie (con paziente in decubito), per poi iniziare ad indurre progressivamente delle
condizioni, per esacerbare volutamente con degli squilibri la propriocettività, e che porteranno
alla posizione verticale di deambulazione vettoriale concretizzata con il cammino. E’ a questo
stadio del trattamento che il segmento podale dovrà intervenire con tutta la sua forza ed il suo
rigore per garantire il massimo dell’ efficacia al trattamento stesso.
83
appoggio del collo da una parte, e d’ altra parte l’ adattamento della massa toracica in rapporto
alle altre masse del corpo, il tutto in accordo con le linee di forza AP, PA e la linea di gravità.
E’ a livello del pivot D3÷D4/K4 che si “articola” tutto il lavoro miofasciale dell’ arto superiore;
così il posizionamento posturale di un arto superiore, in accordo con le tensioni miofasciali del
tronco, influenza il pivot e contemporaneamente dipende dalle sue condizioni meccaniche.
Va anche tenuto conto del fatto che la meccanica respiratoria agisce elettivamente su uno
dei componenti dell’ insieme, logicamente sulla 4ª costa; essa si posizionerà in atteggiamento
inspiratorio durante l’ elevazione verso avanti dell’ arto superiore corrispondente, ed in atteg-
giamento espiratorio durante la retroposizione dell’ arto superiore, con posizionamenti opposti
tra destra e sinistra durante la deambulazione.
Sistema crociato miofasciale e pivot D9
Vertebra meccanicamente autonoma, D9 sarà sempre implicata nell’ utilizzo anche parziale
del sistema miofasciale crociato. Essa risulta tributaria dei muscoli obliqui per intermediazione
delle inserzioni costali; queste ultime sono poi uno dei motori di tutti gli adattamenti del tronco
alle sollecitazioni derivate dagli spostamenti vettoriali. La meccanica del diaframma è un altro
fattore in grado di influenzare D9.
Sistema crociato miofasciale e pivot L3
Risultante del sistema crociato superiore ed inferiore, L3 per noi è il punto di convergenza
elicoidàle del movimento globale. L3 resta il centro di gravità miofasciale profondo, che riequi-
libra il centro di gravità miofasciale superficiale a livello ombelicale.
E’ a livello di L3 che il sistema muscolare, molto intricato a questo livello tanto posterior-
mente quanto anteriormente, garantisce la meccanica/pivot di questa vertebra. Da non scordare
il fatto che essa occupa la posizione di sommità del piccolo triangolo inferiore costruito tra L3 e le
cavità acetabolari destra e sinistra; inoltre è a questo livello che l’ utilizzo dello psoas omolaterale
permette l’ adattamento miofasciale dinamico dell’ arto inferiore in causa.
Sistema crociato miofasciale e pivot ileo/lombosacràle
A livello di questo pivot legamentoso il sistema miofasciale posteriore dell’ arto inferiore
trova il suo maggior utilizzo (glutei, piramidali). L’ azione propriocettiva d’ informazione ha un’
enorme importanza. E’ anche un elemento garante di una integrità discale in rapporto ad una
zona particolarmente esposta (vedi la clinica); il pivot legamentoso ileo/lombosacràle garantisce
anche un corretto utilizzo del sistema miofasciale crociato: la nozione di avvitamento del bacino
dev’ essere corretta da una postura adattativa contraria al fine di limitare i rischi di false infor-
mazioni derivanti dal’ azione gravitaria durante gli spostamenti vettoriali in posizione eretta; il
pivot ileo/lombosacràle sorregge in effetti tutto l’ insieme vertebrale.
Durante lo studio della postura del paziente individuare l’ aspetto erroneo, che sarà utilizzato
in primo luogo, mentre l’ aspetto correttivo entrerà in gioco più tardi. E’ bene seguire il protocollo
d’ apprendimento già citato, e cioè: mostrare la postura, far eseguire passivamente il “movimento
posturale”, far eseguire attivamente, con l’ aiuto del terapéuta, il “movimento posturale” al fine
di ottenere la postura il più possibile corretta, far lavorare attivamente, nella posizione postu-
rale realizzata, i gruppi muscolari deficitari al fine di ricreare, propriocettivamente parlando,
l’ equilibrio miofasciale. Questa sarà la fase di ricerca e di “tonificazione” del sistema crociato.
Durante questo lavoro è importante che la radice nervosa implicata sia fatta lavorare in base
a tutte le sue effettive possibilità neurologiche.
85
Postura in decubito
Il decubito dorsale è di gran lunga il più utilizzato.
A livello dell’ arto inferiore prescelto, in base alla clinica, effettuare una messa in tensione
dello psoas in associazione ad una flessione della coscia sul bacino dell’ altro lato.
Indurre abduzione o adduzione sull’ arto inferiore in estensione (rettitudine) accoppiata ad
una rotazione interna o esterna.
Associazione a livello del piede dell’ utilizzo dei suoi tre assi funzionali: tibiotàrsico (flessione
plantare o dorsale del piede), asse di Henke (eversione o inversione del piede), metatarsofalangéo
(flessione dorsale o plantare delle dita).
Il tronco sarà posizionato in lateroflessione e rotazione.
L’ arto superiore opposto seguirà la posizione inversa dell’ arto inferiore scelto.
Il segmento cervicocefàlico seguirà il posizionamento dell’ arto superiore, oppure un posi-
zionamento inverso, a seconda della clinica.
Nota: la messa in posizione dei muscoli ischioperoneotibiàli (IPT) esclude l’ azione sullo
psoas, ma non il posizionamento posturale del tronco, dell’ arto superiore e del segmento cervi-
cocefàlico. Il posizionamento in decubito ventrale è più efficace quando lo scopo è la ricerca delle
curve fisiologiche della colonna vertebrale, in particolare della lordosi lombare, indispensabile
alla buona fisiologia meccanica.
Postura a sedere
La propriocettività assume qui una grande importanza per l’ appoggio gluteo che questa
postura richiede.
I muscoli IPT prescelti saranno messi in tensione mediante l’ estensione dello stesso arto
inferiore; l’ altro arto inferiore sarà in flessione a livello del ginocchio con un appoggio del piede
all’ esterno dell’ arto inferiore precedentemente posizionato in estensione.
Il tronco sarà posizionato in rotazione opposta, o dallo stesso lato dell’ arto inferiore in
estensione, e ciò in base alla clinica.
L’ arto superiore potrà essere posizionato in due modi: potrà aiutare la rotazione del tronco
con una adduzione associata ad una rotazione interna o esterna oppure potrà essere posizionato
in abduzione e rotazione esterna con la mano sulla nuca.
Il segmento cervicocefàlico va posizionato in modo inverso rispetto al tronco; potrà co-
munque essere posizionato anche in funzione della posizione scelta per l’ arto superiore (con
rotazione della testa dallo stesso lato dell’ arto superiore in abduzione e rotazione esterna, o dal
lato opposto se l’ arto superiore è in adduzione e rotazione interna).
Nota: la postura totale in posizione seduta deve sempre essere associata ad un lavoro espi-
ratorio addominale (sinergìa diaframma/trasverso dell’ addome) al fine di sollecitare la tonicità
addominale profonda.
Cap. 5°
Specificità fisiopatologica
di ogni pivot vertebrale
89
Corrispondenze anatomofisiologiche
Ogni pivot vertebrale o legamentoso possiede delle proprietà meccaniche che consentono l’
esecuzione di una certa gamma di movimenti di tipo fisiologico; oltre a ciò ogni pivot possiede
anche una certa gamma di possibilità di adattamento sia ad una funzione specifica che a differenti
funzioni o compensazioni proprie dell’ organismo, e ciò non solamente in rapporto con unità
funzionali vicine, ma anche in rapporto con l’ insieme vertebrale.
Vedremo dunque, per ciascuno dei pivot, le differenti possibilità di movimento e adattamen-
to, escludendo quelle che sono già state ampiamente e minuziosamente descritte in precedenza,
cercando di focalizzare il più possibile l’ attenzione su quegli elementi che è indispensabile co-
noscere al fine di poter eseguire al meglio il trattamento terapéutico dei pivot.
La maggior parte delle corrispondenze vertebrovisceràli sono già state “catalogate” da
diversi Autori, ed ogni viscere è già stato in diverse occasioni “assegnato” ad una vertebra o ad
un gruppo di più vertebre.
In effetti nelle descrizioni già fatte ricorre un luogo comune che può portare a imprecisione
operativa: va precisato che non è “la” vertebra in se stessa che interessa la corrispondenza ver-
tebrovisceràle, vertebromuscolàre, vertebrometamérica, ma è il forame di coniugazione esistente
tra due vertebre contigue, a destra ed a sinistra.
E’ dal forame di coniugazione che passa il nervo interessato, con le sue componenti di fibre
motrici, sensitive e viscerali dirette verso i gangli paravertebrali, verso i nuclei grigi e bianchi,
verso i plessi, i visceri, i muscoli.
E’ a livello del forame di coniugazione che l’ eventuale edema, l’ eventuale reazione infiam-
matoria dovuta ad una malposizione articolare tra due vertebre dà degli effetti per lo più negativi,
effetti che possono essere eliminati ripristinando la corretta posizione vertebrale mediante un
trattamento osteopatico globale più che per un “aggiustamento” specifico locale.
Al fine di evitare il perpetuarsi dell’ imprecisione d’ ora in poi avremo cura di citare, in
rapporto ad una innervazione specifica, non più la vertebra ma l’intervallo tra due vertebre con-
tigue, come è giusto che sia poiché la fuoriuscita del nervo non è dalla vertebra ma dal forame
di coniugazione. Allo stesso modo catalogheremo, sotto forma di tavole, le relazioni tra le radici
nervose e l’ innervazione muscolare ed articolare.
Numerosi altri Autori, anatomofisiòlogi affermati, hanno lasciato arricchito la letteratura
medica con tavole di corrispondenze: tra i tanti citiamo: Head, Ling, Hall, MacKenzie, Dejerine,
Dana, Jarricot, Quinckee, Magoun (al quale ci sentiamo particolarmente vicini), Mahieu, Voisin
ed altri ancora. Ad essi ci siamo fortemente ispirati per stilare la nostra propria cartografìa, in
rapporto alla nostra esperienza personale. Diamo al lettore tale nostro lavoro, con riserva di
applicazione ed uso in modo corretto. Le interferenze viscerovertebràli che ci interessano sono
in riferimento a ciascun pivot vertebrale.
Corrispondenze vertebrovisceràli
Cardàno cervicocefàlico
Occipite÷C1
Cervello - stomaco - fegato - pancreas - milza - polmone - tiroide - orecchie - occhi e faringe.
C1÷C2
Cervello - occhi - naso - cuore - tiroide - stomaco - pancreas - polmoni - reni - fegato - milza -
surrenali e canali biliari.
C2÷C3
Cervello - cuore - laringe - tiroide - occhi - naso - stomaco - fegato - milza - polmoni - pancreas
e surrenali.
90 - I pivot osteopatici
Apice della mobilità cervicale
C4÷C5
Cuore - faringe - corpo della tiroide - trachea.
C5÷C6
Cuore - faringe - ghiandole mammarie - corpo della tiroide - paratiròidi.
Apice circolatorio
D3÷D4
Cervello - circolazione generale - capsule surrenali - cuore - orecchie - stomaco - fegato - milza -
ghiandole mammarie - ipofisi - corpo della tiroide - vescicola biliare - polmoni.
D4÷D5
Cervello - cuore - stomaco - pancreas - milza - piloro - vescicola biliare - ghiandole mammarie
- polmoni.
Apice vitale
D8÷D9 e D9÷D10
Diaframma - surrenali - reni - vescicola biliare - intestino - pancreas - dilatazione aòrtica - vescica.
Occipite÷C1
Cervello, orecchie, perturbazioni vagali (ε e para ε)
- Tutte le perturbazioni cerebrali come sonnolenza, lassità, pesantezza generale e sensazione
di pesantezza del cranio, mal di testa quotidiano o episodico, depressione nervosa, irritabilità,
astenìa, crisi epiléttiche, neuroastenìa, etc.
- Perturbazioni circolatorie periferiche della testa e del collo, arrossamento della faccia, delle
cavità nasali e della bocca.
- Vertigini, sordità e pseudo sordità. - Angina pectoris.
- Dilatazione pupillare. - Aumento della lacrimazione.
- Aumento della salivazione. - Spasmi muscolari della testa e del collo.
- Torcicollo, cefalée. - Perturbazioni della milza.
- Perturbazioni oculari. - Emicranie, nausee.
- Alcune perturbazioni polmonàri. - Perturbazioni tiroidée.
- Falsa mastoidìte. - Nevralgie cervicoccipitàli.
- Nevralgie facciali. - Nevrìti e nevralgie cervicobrachiàli.
- Stimolazione del trigémino. - Diminuzione di resistenza alle infezioni.
- Alterazioni del tessuto adenoidéo.
- Perturbazioni delle funzioni del diaframma (stimolazione).
- Paralisi e parestesìe facciali; “tic” della faccia, del collo e delle spalle.
- Perturbazioni dello stomaco, del fegato, del pancreas e dell’ incrocio epatobiliàre.
C1÷C2
Cervello, occhi, perturbazioni vagali (ε e para ε).
- Perturbazioni oculari, auditive e nasali. - Aumento della salivazione.
- Aumento della lacrimazione. - Alcune perturbazioni cardiache.
- Spasmi della testa e del collo. - Torcicollo.
91
C2÷C3
Cervello, naso, perturbazioni vagali (ε e para ε)
C4÷C5
Tiroide, faringe, cuore ed arti superiori
- Cefalgìa, neuroastenìa. - Asma bronchiàle.
- Turbe del diaframma. - Nausea, falsa mastoidìte.
- Turbe della sfera faringéa; laringite. - Coinvolgimento del nervo frenico.
- Parési traumatiche del bicipite brachiale. - Nevralgie e nevrìti cervicobrachiàli.
- Acidòsi, riduzione della conducibilità nervosa.
- Aumento dei tempi di reazione (in ambito motorio).
- Perturbazioni cardiopolmonàri con irregolarità dei ritmi.
- Sparizione o diminuzione dei riflessi bicipitale e stiloradiàle.
- Diminuzione della resistenza alle infezioni in ambito cefalico.
- Perturbazioni della vasomotricità della circolazione cerebrale.
- Tutte le perturbazioni ε e para ε con coinvolgimento del GCS (caròtidi).
- Spasmi e coinvolgimenti scapolari, del bicipite, del tricipite e del polso.
- Spasmi e coinvolgimento della muscolatura della testa, del collo e del gomito.
- Torcicollo (C5 è la vertebra della colonna cervicale più soggetta a fenomeni artrosici).
- Coinvolgimenti muscolari (contratture) cervicobrachiàli, acromiali, del romboide e del circonflesso.
92 - I pivot osteopatici
C5÷C6
Tiroide, faringe, cuore ed arti superiori
- Perturbazioni cardiopolmonàri, irregolarità dei ritmi. - Torcicolli.
- Nevralgie delle ghiandole mammarie. - Cefalgìe e neuroastenìe.
- Perturbazioni della vasomotricità cerebrale. - Emicranie e nausee.
- Perturbazioni tiroidée ed acidòsi. - Perturbazioni della sfera faringéa.
- Perturbazioni paratiroidée. - Spasmi palmari.
- Parestesìe e paralisi facciali. - Nevrìti cervicobrachiàli.
- Parestesìe (anestesie) delle dita indice e medio. - Spasmi e “tic” di collo e spalle.
- Parestesìe traumatiche del bicipite brachiale.
- Perturbazioni del frenico, del circonflesso e del diaframma.
- Spasmi interessanti il bicipite, il tricipite ed il polso.
- Sparizione o diminuzione del riflesso bicipitale e stiloradiàle.
- Tutte le perturbazioni delle manifestazioni ε e para ε con coinvolgimento del GCS.
D2÷D3
Polmoni, cuore, bronchi
- Perturbazioni polmonàri e bronchiàli. - Perturbazioni tiroidée (pallore).
- Diminuzione dell’ immunità tissutale. - Diminuzione della vagotonìa.
- Polso rapido. - Asma cardiaca.
- Aumento della lacrimazione. - Incontinenza urinaria.
- Rallentamenti ipofisari. - Dolori e spasmi scapolobrachiàli.
- Nevralgie intercostali (2° e 3° nervo intercostale).
- Dolori e spasmi pettorali e della regione mammaria.
- Rallentamento dell’ attività delle ghiandole mammarie.
- Perturbazioni circolatorie interessanti la nutrizione tissutale.
- Iperplasìa dei tessiti linfòidi e della sfera rinofaringéa (adenòidi).
- Lesioni della 2ª e 3 costa (influenza degli scaleni) e condrocostàli.
- Dolori di testa di tipo congestizio, perturbazioni della vasomoziòne.
- Stati emozionali, lassità cerebrale, irritabilità, addormentamento anormale.
- Perturbazioni oculari (oscuramenti visivi, perturbazioni del colore e della visione).
- Perturbazioni della dilatazione cardiaca, con diminuzione dell’ efficienza del muscolo.
- Circolazione e secrezioni “ridotte” a causa di contratture muscolari cervicali e cervicodorsàli.
D3÷D4
Circolazione generale, cuore, polmoni, stomaco
- Perturbazioni tiroidée (pallore ed iperplasìa). - Iperplasìa linfòide.
- Perturbazioni polmonàri e bronchiàli. - Diminuz. dell’ immunità polmonare.
- Diminuzione della vagotonìa. - Aumento della lacrimazione.
- Asma cardiaca. - Diminuz. pressione sanguigna.
- Iperacidità gastrica. - Rallentamento ipofisario.
- Nevralgie scapolari ed inter-costomeràli. - Nevralgie pettorali.
- Nevralgie intercostali (3° e 4° nervo intercostale). - Crisi e coliche epatiche.
- Lesioni clavicolari e sternoclavicolàri. - Incontinenza urinaria.
- Deficienze della dilatazione pupillare ed oculare. - Congest. venosa della massa viscerale.
- Lesioni costali della 3ª e 4 costa; lesioni condrocostàli.
- Perturbazioni e deficienze della circolazione sanguigna.
- Perturbazioni circolatorie interessanti la nutrizione tissutale.
- Rallentamento del funzionamento delle ghiandole mammarie.
- Deficienze della circolazione nelle regioni faringéa, laringéa e del collo.
- Perturbazioni del tono e dell’ efficienza cardiaca (velocità e forza del polso).
- Diminuzione dell’ efficienza mentale, addormentamento anormale, irritabilità, stati emozionali.
- Perturbazioni di stomaco, fegato, vescicola biliare, milza, intestino tenue e pancreas.
93 - I pivot osteopatici
D4÷D5
Circolazione generale, cuore, stomaco
- Iperplasìa linfòide (tonsille, ghiandole). - Perturbazioni polmonàri/bronchiàli.
- Diminuzione dell’ immunità polmonàre. - Aumento della lacrimazione.
- Perturbazioni del tono e dell’ efficienza cardiaca. - Congestioni epatiche.
- Nevralgie inter-costomeràli - Nevralgie pettorali.
- Iperacidità gastrica, atonìa e ptòsi gastrica. - Nevralgie intercostali (4°÷5° nervo).
- Nevralgie della zona muscoli. alta dell’ addome. - Perturb. funz. glicolìtica e glicogenica.
- Stati emozionali, diminuzione dell’ efficienza mentale.
- Perturbazioni tiroidée (pallore e sovrafunzionaménto).
- Lesioni costali della 4ª e 5ª costa e lesioni condrocostàli.
- Perturbazioni o deficienze della circolazione sanguigna.
- Perturbazioni circolatorie interessanti la nutrizione tissutale.
- Perturbazioni del funzionamento delle ghiandole mammarie.
- Deficienza di dilatazione pupillare ed oculare (corrispondenza D4 e C2).
- Deficienze della circolazione sanguigna nella sfera laringéa, faringéa e del collo.
- Perturbazioni dell’ incrocio epatobiliàre, della milza, del pancreas e dell’ intestino tenue.
D8÷D9
Diaframma, ghiandole surrenali, reni, fegato, VB, intestino e dilatazione aòrtica
- Ptòsi addominale. - Iper ed ipoacidità gastrica.
- Atonìa intestinale con diarrée e costipazione. - Aumento dei rischi d’ intossicazione.
- Diminuzione della funzione splancnica. - Diminuzione dell’ immunità.
- Cattivo assorbimento delle sostanze nutritive. - Stati depressivi.
- Nevralgie intercostali basse. - Glicemìa perturbata.
- Spasmi epigastrici, gastrìte, dilatazione gastrica. - Congestione ovarica o testicolare.
- Ritenzione di liquidi. - Possibilità di cistìti e di idrocéle.
- Diminuzione circolatoria degli organi sessuali.
- Controllo del riflesso vasomotore per la vasodilatazione.
- Atonìa e rilassamento muscolare della parete addominale.
- Aumento della velocità del flusso sanguigno cardiaco e del ritmo respiratorio.
- Congestione venosa, del fegato, della vescicola biliare, del pancreas e della milza.
- Controllo addominale della perturbazione della funzione del nervo grande splancnico.
- Abbassamento della pressione sanguigna addominale e del tono muscolare in generale.
D9÷D10
Surrenali, diaframma, fegato, pancreas, reni e vescica
- Diminuzione della pressione sanguigna. - Diminuzione dell’ immunità.
- Ptòsi addominale. - Depressione e neuroastenìa.
- Congestione ovarica o testicolare. - Possibilità di cistìti o idrocéle.
- Diminuzione del peristaltìsmo. - Iperglicemìa (stato di prediabéte).
- Vulnerabilità dell’ appendice intestinale. - Atonìa intestinale.
- Nevralgie intercostali basse. - Facilitazione alle intossicazioni.
- Congestione o dilatazione renale.
- Stress epigastrico, gastrìte, iper o ipoacidòsi gastrica.
- Modificazioni vasomotorie del pancreas e della milza.
- Controllo della grande curvatura e del fondo dello stomaco.
- Nevralgie addominali, che possono indurre in errore in patologia viscerale.
- Per l’ atteggiamento particolare, possibilità dal lato destro di congestione del sistema biliare.
L2÷L3
Cervello, intestino, vescica
- Dilatazione dei vasi sanguigni intestinali. - Diminuzione del peristaltìsmo.
94 - I pivot osteopatici
L3÷L4
Cervello, intestino, vescica
- Dilatazione venosa intestinale ed aerocolìa. - Digestione.
- Emorroidi ed affezioni rettali. - Azione sul plesso ipogastrico; spasmi.
- Dilatazione venosa vescicale. - Azione sulla minzione.
- Azione sulla funzione della prostata. - Azione sulle funzioni ovariche o pelviche.
- Rischi d’ aborto. - Parto.
- Erezione. - Inizio della zona para ε inferiore.
- Spasmi della regione lombare. - Sciatalgìe, lombalgìe, cruralgìe.
- Ptòsi addom.; azione sul colon trasverso. - Incontinenza urinaria.
- Congestione pelvica generale; edema agli arti inferiori.
L5÷S1
Arti inferiori, piccolo bacino, vescica, organi sessuali, cervello
- Perturbazioni della defecazione. - Perturbazioni vescicali.
- Incontinenza urinaria (azione para ε). - Perturbazioni ipogastriche.
- Spasmi muscolari degli arti inferiori. - Perturbazioni della minzione.
- Perturbazioni della prostata o vaginali. - Sciatalgìe, lombalgìe.
- Spasmi della regione lombare e degli adduttori.
Cap. 6°
Nomenclatura terapeutica
osteopatica dei pivot
101
La finalità del nostro studio sui pivot vertebrali e legamentosi è evidentemente l’ aspetto
terapéutico della cosa.
Quattro elementi sono di assoluta importanza: normalizzazione specifica di ciascun pivot;
“sblocco” di una situazione patologica di compensazione; normalizzazione specifica; lavoro
specifico di riequilibrio consentito dal sistema miofasciale crociato.
Abbiamo così catalogato una serie di tecniche , non certamente esaurienti e sufficienti per
tutte le situazioni, che consentirà almeno in parte di risolvere terapeuticaménte il problema che
si presenta, in base all’ anamnesi ed alla clinica del caso.
Non rientra nelle nostre intenzioni la descrizione minuziosa delle tecniche, cosa che d’ al-
tronde è già stata fatta da altri in modo eccellente. Lo scopo del capitolo è quello di considerare
la messa in pratica di queste tecniche.
L’ insieme di possibilità di applicazione di queste tecniche terapéutiche deve essere cosa
già ben nota all’ operatore esperto, ed è giusto che a ciascuno sia lasciata ampia facoltà di scelta
in base al caso specifico che si presenta, al fine di ottenere la miglio azione correttiva in base alla
lesione specifica.
Normalizzazione specifica
Poiché si tratta di una “scarica energetica”, è necessario che la precisione sia alla base di ogni
trattamento articolare. A livello dei pivot vertebrali è l’ impatto preciso della correzione che
consente di ottenere la risposta midollare richiesta; comunque deve essere effettuata in primo
luogo la normalizzazione dell’ insieme meccanico.
Con il trattamento osteopatico dovranno essere ricercate la “rettitudine” delle linee di forza
AP e PA e il posizionamento più corretto possibile della linea di gravità. Per quanto concerne i
pivot legamentosi, la clinica ricoprirà una parte essenziale; la decisione di applicare un tipo di
tecnica piuttosto che un altro, o la decisione di effettuare una correzione specifica deriverà esclu-
sivamente da quanto è derivato dalla clinica e dall’ esame del paziente, e nulla dovrà esser fatto
senza uno scopo preciso. In ogni caso poi la correzione dovrà esser preceduta da una precisa ed
efficace normalizzazione miofasciale ed articolare delle strutture sovra e sottostanti.
In rapporto ai pivot si presentano due situazioni particolari, in rapporto specifico con il
pivot vertebrale C2 e col pivot legamentoso ileo/lombosacràle.
C2 dipende e allo stesso tempo controlla il cardàno cervicale alto, ed in certe situazioni si
presenta la necessità di trattare anziché C2 stessa, per una impossibilità specifica a suo carico, l’
atlante. Il pivot legamentoso ileo/lombosacràle presenta la particolarità di “legare” tre strutture
che molto spesso necessitano di un trattamento specifico: L4, L5 ed il sacro.
La fisiopatologìa analitica, in accordo con le leggi meccaniche, permette di effettuare la scelta
su quale di queste strutture trattare in modo primario, senza dimenticare il concetto di globalità. E’
corretto effettuare la correzione di queste strutture intervenendo su una sola per volta, a maggior
ragione quando lo scopo dell’ azione terapéutica è quello di ritrovare un “impatto para ε sacrale”.
L’ azione attiva/passiva è effettuata dal soggetto con l’ aiuto dell’ operatore. Il ruolo di quest’
ultimo sarà quello di correggere e controllare questa azione. Il lavoro posturale attivo è fondamentale; è
da questo lavoro infatti che dipenderà il rilasciamento delle tensioni miofasciali e la loro sparizione
in quanto, se la postura sarà corretta tali tensioni diverranno del tutto inutili al “funzionamento” del
corpo. Ogni tipo di rafforzamento, come pure ogni tipo di rilasciamento, dovrà esser accuratamente
spiegato al soggetto; la componente psichica ha la sua parte: le tecniche saranno tanto più efficaci
quanto più il soggetto sarà convinto della loro efficacia. Per ogni pivot esistono moltissime possi-
bilità e tecniche di correzione; segue ora un elenco, certamente non omnicomprensivo, di alcune
di quelle che riteniamo siano le procedure d’ intervento più efficaci. Nell’ elenco le sigle TM e TA
stanno ad indicare rispettivamente il trattamento dei tessuti molli ed il trattamento articolatorio.
C2
Decubito supino
- Normalizzazione specifica (TM e TA).
- “Sblocco” di una situazione di compensazione.
- Correzione specifica.
- Lavoro specifico di riequilibrazione (sistema crociato).
Posizione seduto
- Lavoro specifico di riequilibrazione (sistema crociato).
Decubito prono
- Correzione specifica (scelta dall’ operatore).
C5
Decubito supino
- Normalizzazione specifica (TM e TA).
- “Sblocco” di una situazione di compensazione.
- Correzione specifica.
- Lavoro specifico di riequilibrazione (sistema crociato).
Posizione seduto
- “Sblocco” di una situazione di compensazione.
- Correzione specifica.
- Lavoro specifico di riequilibrazione (sistema crociato).
D3÷D4/K4
Decubito supino e decubito laterale
- Normalizzazione specifica (TM e TA).
- “Sblocco” di una situazione di compensazione.
- Correzione specifica.
- Lavoro specifico di riequilibrazione (sistema crociato).
Posizione seduto
- Normalizzazione specifica (TA).
- “Sblocco” di una situazione di compensazione.
- Lavoro specifico di riequilibrazione (sistema crociato).
Decubito prono
- Normalizzazione specifica (TM e TA) e correzione specifica.
D4
Decubito supino, laterale e prono
- Normalizzazione specifica (TM e TA).
- “Sblocco” di una situazione di compensazione.
- Correzione specifica.
- Lavoro specifico di riequilibrazione (sistema crociato).
104 - I pivot osteopatici
D9
Decubito supino e decubito laterale
- “Sblocco” di una situazione di compensazione.
- Correzione specifica.
- Lavoro specifico di riequilibrazione (sistema crociato).
Posizione seduto
- Normalizzazione specifica (TA).
- “Sblocco” di una situazione di compensazione.
- Lavoro specifico di riequilibrazione (sistema crociato).
Decubito prono
- Normalizzazione specifica (TM e TA).
- Correzione specifica.
L3
Decubito supino e decubito laterale
- Normalizzazione specifica (TM e TA).
- “Sblocco” di una situazione di compensazione.
- Correzione specifica.
- Lavoro specifico di riequilibrazione (sistema crociato).
Posizione seduto
- Normalizzazione specifica (TA).
- Lavoro specifico di riequilibrazione (sistema crociato).
Decubito prono
- Normalizzazione specifica (TM e TA).
- Lavoro specifico di riequilibrazione (sistema crociato).
Pivot ileo/lombosacràle
Decubito supino e decubito laterale
- Normalizzazione specifica (TM e TA).
- “Sblocco” di una situazione di compensazione.
- Correzione specifica.
- Lavoro specifico di riequilibrazione (sistema crociato).
Posizione seduto
- Lavoro specifico di riequilibrazione (sistema crociato).
Decubito prono
- Normalizzazione specifica (TM e TA).
- “Sblocco” di una situazione di compensazione.
- Correzione specifica.
- Lavoro specifico di riequilibrazione (sistema crociato).
Pivot sternoclavicolàre
Decubito supino e decubito laterale
- Normalizzazione specifica (TM e TA).
- “Sblocco” di una situazione di compensazione.
- Correzione specifica.
- Lavoro specifico di riequilibrazione (sistema crociato).
Posizione seduto
- Idem.
Decubito prono
- Normalizzazione specifica (TM e TA).
- Lavoro specifico di riequilibrazione (sistema crociato).
105
Il lavoro specifico di equilibrazione che prevede l’ utilizzo del sistema crociato può e deve
poter esser eseguito in posizione verticale, cioè all’ impiedi. In effetti la finalità di utilizzo del corpo
umano è in posizione per lo più eretta, e lo scopo è quello di garantire la miglior ergonomìa al corpo.
Questo lavoro specifico dei sistemi, retto e crociato, sarà da eseguirsi rispettando il più possibile la
messa in tensione passiva ed il lavoro attivo/passivo; riveste grande importanza anche la ricerca di un
lavoro attivo personalizzato di rilasciamento o di rafforzamento dell’ insieme miofasciale interessato,
in posizione di decubito supino, decubito laterale, ma soprattutto in posizione verticale (sia seduto
che all’ impiedi). La propriocettività non potrà essere sollecitata e migliorata che a condizione di
un valido equilibrio ed un corretto funzionamento delle strutture legamentose ed articolari che
ricoprono il ruolo di pivot; per ottenere lo scopo desiderato la fisiologia dei pivot deve essere rispet-
tata. Come già precisato in precedenza non descriveremo le tecniche osteopatiche utilizzate; ciò che
interessa questa trattazione è invece stilare un elenco delle possibilità di trattamento che abbiamo,
ancora una volta non completo, ma esauriente: saranno infatti elencate quelle ritenute “migliori”.
Pivot astragalocalcaneàre
Decubito dorsale
• Mobilizzazione ad 8 di Chopart.
• Correzione astragalocalcaneàre anteriore (anterointerna).
• Correzione astragalocalcaneàre posteriore (posteroesterna).
• Mobilizzazione mediotàrsica.
• Correzione metatàrsica (barra di torsione di Hendrickx).
Decubito prono
• Decoattazione astragalocalcaneàre e tibiotàrsica.
Decubito prono
• Trazione dell’ arto inferiore.
• Circonduzione dell’ arto inferiore in flessione con appoggio sacroiliaco.
• Mobilizzazione anteroposteriore del sacro.
• Pressioni specifiche a livello lombare.
Decubito laterale
• Mobilizzazione in flessoestensione di L3÷L5.
• Posizione “semi-SIMS”.
• Utilizzo degli arti inferiori per il lavoro sugli obliqui.
Pivot D9
Posizione seduto ed in decubito prono
• Normalizzazione dorsolombare.
Decubito prono
• Correzione specifica.
Posizione seduto
• Correzione specifica.
• Tecnica “Dog”.
• Tecniche di normalizzazione specifica ad energia muscolare.
107
Pivot D3÷D4/K4
normalizzazione tessuti molli cervico/dorsoscapolàri
Decubito prono
• Pressioni specifiche.
• Mobilizzazione scapolotoracica.
• Lavoro cervicocefàlico.
Decubito supino
• Lavoro cervicocefàlico.
• Trazioni dell’ arto superiore.
Posizione seduto
• Mobilizzazione dorsale alta.
N.B. La traduzione specifica dei termini può alterare il senso della lingua originale.
108 - I pivot osteopatici
Consigli
Il corretto utilizzo dei pivot è indispensabile alla buona ergonomìa dell’ essere umano.
L’ azione miotensiva è il solo mezzo per rendere più duratura la correzione dei pivot.
Il lavoro miotensivo dei muscoli posteriori (erettori e di sostegno) del rachide dovrà essere pri-
vilegiato.
L’ esame radiologico è un mezzo clinico che può essere ritenuto indispensabile per il trattamento
dei pivot.
L’ interrelazione biomeccanica tra i vari pivot esige che l’ esame osteopatico sia minuzioso e
completo.
109
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