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LE FASCE

Ruolo dei tessuti nella meccanica umana di Serge Paoletti

Edizioni Sully

EMBRIOLOGIA
Stiamo per fare un richiamo embriologico considerando luovo a partire dalla seconda settimana, che corrisponde alla formazione dei foglietti, fino alla ottava settimana, che corrisponde alla fine della formazione dellembrione. Le tappe che seguono costituiscono la formazione del feto.

FORMAZIONE DEL DISCO EMBRIONARIO DIDERMICO


Nel corso della seconda settimana il blastocita, formato nella prima settimana, simpianta solidamente nella membrana o trofoblasta. Trofoblasta e bottone embrionario proseguiranno ciascuno il proprio sviluppo. Il trofoblasta si defferenzier in: sinciziotrofoblasta citotrofoblasta. lectoblasta lendoblasta, che forma il disco embrionario didermico

Le cellule del bottone embrionario formeranno due strati: -

Inizialmente le cellule ectoblasiche sono in connessione con il citotrofoblasta, ma, in seguito appaiono delle piccole fessure intercellullari fra i due strati. Queste fessure divengono presto confluenti e danno vita alla cavit amniotica. Si stabilisce una giunzione tra lamnioblasta e le cellule dellectoblasta, che prende il nome di giunzione amnio-ectoblastica. Il trofoblasta in seguito si sviluppa considerevolmente , particolarmente apparire daranno lacunari. tempo, dei vita al agli polo al polo vacuoli che spazi questo antiembrionario, dove si vedono intracitoplasmatici, Durante

embrionario, alcune cellule appiattite si slaminano sulla superficie interna del


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citotrofoblasta e formano la membrana di Heuser che si continua col bordo dellendoblasta e forma con questo il sacco vitellino primitivo o cavit exocelomica. Allundicesimo-dodicesimo giorno di sviluppo, il blastocita determina una leggera sopraelevazione della faccia interna dellutero. Simultaneamente le cellule sinciziali penetrano pi profondamente nello stroma, secernendo una sostanza vasodilatatrice che dilata i capillari materni, che prendono il nome di capillari sinusoidi (fig 1). Il sincizio lacunare si trova allora in continuit con le cellule endoteliali dei vasi e il sangue materno penetra nel sistema lacunare; finalmente verr ad aprirsi nello spazio lacunare dei capillari arteriosi e venosi. Sotto leffetto della differenza di pressione tra capillari arteriosi e venosi, si stabilisce una circolazione di sangue materno nel sistema lacunare trofoblastico: la circolazione uteroplacentare. Nella faccia interna del citotrofoblasta le cellule continuano a slaminarsi per formare il mesenchima extra-embrionale. Presto in questo tessuto appariranno delle grandi cavit, che formeranno una nuova cavit, il celoma extra-embrionale che circonder il sacco vitellino primitivo e la cavit amniotica eccetto che a livello della sua connessione con il trofoblasta. Il mesenchima extraembrionale somatopleura splancnopleura Verso il che tappezza il citotrofoblasta e lamnio chiamato: extra-embrionale; extra-embronale. giorno il quello che tappezza il sacco vitellino: tredicesimo

foglietto ectoblastico embrionale, che comincia a formare uno strato di cellule epiteliali sulla faccia interna della membrana di Heuser, continua a proliferare e d una nuova cavit: sacco vitellino secondario o lecitocele. Questa molto pi piccola della cavit exocelomica; importanti frammenti di questultima sono eliminati, tuttavia persistono nel celoma esterno delle cisti axocelomiche (fig 2). Verso la fine della seconda settimana il disco embrionale rappresentato da due dischi uniti: - il foglietto ectoblastico che forma il pavimento della cavit amniotica - il foglietto endoblastico che forma il tetto del lecitocele.

FORMAZIONE
lo stadio gastrula. La terza settimana

DEL

DISCO

EMBRIONARIO TRIDERMICO
di sviluppo

caratterizzata dalla formazione della linea primitiva sulla superficie dellectoblasta che guarda verso la cavit amniotica (fig 3). Lestremit craniale di questa linea chiamata nodo di Hansen e si presenta come una depressione leggermente sopraelevata. Le cellule dello strato ectoblastico si spostano sulla superficie del disco in dirazione della linea primitiva; in quel punto queste si invaginano nel solco e poi migrano nuovamente in direzione laterale tra ectoblasta ed endoblasta, per formare il mesoblasta. Le cellule che si invaginano nella regione del nodo di Hansen migrano in direzione craniale fino alla lamina procordale e formano una invaginazione a dita di guanto a partire dal nodo di Hansen: il canale cordale. Questultimo si ferma alla regione procordale a causa di legami molto stetti tra ectoblasta ed endoblasta (fig 4). Verso il diciasettesimo giorno il cordomesoblasta separa interamente lectoblasta dallendoblasta eccetto a livello della membrana cloacale e della placca procordale, il canale cordale si chiude e forma un cordone denso, la notocorda definitiva. La linea primitiva regredir verso la quarta settimana (fig 5). Attorno ventesimo lembrione attaccato trofoblasta embrionale, al giorno al solo futuro

tramite il peduncolo cordone ombelicale.

DIFFERENZIAZIONE DEI FOGLIETTI E DELIMITAZIONE


Dalla quarta allottava settimana ciascuno dei tre foglietti former un certo numero di tessuti specifici e di organi (fig 6). Durante questo periodo la forma dellembrione cambia notevolmente arrivando a forme riconoscibili verso la fine del secondo mese. A-I derivati del mesoblasta Verso il ventesimo giorno le cellule del mesoblasta accanto alla linea mediana proliferano per formare il mesoblasta para-assiale. Lateralmente il mesoblasta resta pi spesso e forma la lamina laterale, che in seguito si sfalda in due strati: la somatopleura intraembrionale, che andr a ricoprire lamnios la splancnopleura intraembrionale, che ricoprir il sacco vitellino (fig 7).

Questi due strati delimiteranno il celoma interno. Il tessuto che unisce il mesoblasta para-assiale e la lamina laterale chiamato mesoblasta intermedio. 1) Mesoblasta para-assiale Alla fine della parai in cranioterza settimana il mesoblasta per assiale si divide formare somiti; questi si sviluppano direzione

caudale fino ad un numero di 42-44 paia.

Allinizio della quarta settimana i somiti migrano in direzione della corda dorsale e costituiscono lo sclerotoma, formato da tessuto connettivo giovane che possiede un alto potere di differenziarsi, potendosi trasformare in: fibroblasto, che forma le fibre reticolari, di collagene ed elastiche condroblasto, che dar la cartilagine osteoblasto, che dar lo scheletro osseo.

La parete del somite, dopo la migrazione dello sclerotoma, costituisce il dermomiotoma, dalla sua faccia interna si staccher il miotoma che fornir gli elementi muscolari del segmento metamerico corrispondente. Dopo la formazione del miotoma, le cellule rimanenti si disperdono sotto lectoblasto sottostante che le ricoprir per formare il derma e il tessuto sottocutaneo. 2) Mesoblasta intermedio (fig 8) Nella regione cervicale e toracica superiore originer i futuri nefrotomi. Nella futuro regione rene, dal caudale che sar creer il cordone nefrogeno, completato secretorio 3) Le lamine laterali Abbiamo gi visto che si differenziano in: somatopleura e splancnopleura e che tappezzano il celoma intraembrionale. Al momento dellavvolgimento dellembrione: la somatopleura forma, con lectoblasta che la ricopre, la parete laterale e ventrale dellembrione sistema

la splancnopeura si avvolge attorno allendoblasta per formare la parete del tubo digerente (fig 9). A met della terza

settimana le cellule mesoblastiche, situate su ciascun lato della fila mediana e di fronte alla placca procordale, formeranno labbozzo del cuore e dei vasi; per gemmazione i vasi extraembrionali entreranno in connessione con i vasi intra-embrionali facendo comunicare la circolazione embrionale e placentare (fig 10). Il mesoblasta da dunque vita a differenti formazioni: tessuto connettivo, cartilagine, ossa, muscoli striati e lisci pericardio, pleura e peritoneo cellule sanguigne e linfatiche, pareti del cuore, dei vasi sanguigni e linfatici rene, gonadi e i loro apparati escretori le corticosurrenali e le midollo surrenali in milza primo luogo dunque il il tessuto connettivo che ci interessa mesoderma e pi in particolare il mesenchima. Le cellule mesenchimali si moltiplicano e migrano in tutto lembrione riempendo gli spazi vuoti e insinuandosi tra le cellule degli organi. Dalle cellule mesenchimatose di questa rete primitiva derivano
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direttamente o indirettamente tutti i costituenti del tessuto connettivo. Le cellule mesenchimatose rappresentano i precursori della maggior parte di tipi di cellule contenute nel tessuto connettivo adulto. Alcune cellule non si differenziano e persistono sotto la loro forma primitiva; queste sono le cellule indifferenziate, che giocano un ruolo preponderante nella crescita, riparazione e in certi meccanismi di difesa del corpo. Le cellule indifferenziate conservano la loro potenzialit embrionale nel moltiplicarsi e trasformarsi in nuove file di cellule specializzate. Il mesoblasta, come abbiamo visto, avvolto da due foglietti, uno esterno, lectoblasta di cui una parte lo ricopre durante lo sviluppo embrilogico; laltro interno, lendoblasta, che lui stesso sosterr.

B-I derivati dellectoblasta (fig 11) Allinizio settimana, della nello terza stesso

momento in cui si forma la notocorda, il disco ectoblastico da vita al sistema nervoso centrale, che si allarga verso la linea primitiva formando la placca neurale. I bordi laterali di questa placca in seguito si solleverranno e formerranno le creste neurali, mentre la depressione mediana former il solco neurale. Le creste neurali si avvicinerranno luna allaltra e si fonderanno per formare il tubo neurale. Il sistema nervoso comprende allora una porzione cilindrica stretta, il cordone midollare, e una porzione cefalica pi larga, le vescicole cerebrali, che alla fine della quarta settimana da vita alle vescicole otica e ottica. Quindi durante lo sviluppo dellembrione lectoblasta si scinde in due parti: una parte sar ricoperta dal mesoblasto e forma il sistema nervoso che invier delle espansioni durante lo sviluppo nel mesoblasto e attraverso di questo nellendoblasto. una parte ricoprir il mesoblasta e former lepidermide. sistema nervoso centrale e periferico epitelio sensoriale degli organi di senso
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Lectoblasta da dunque vita alle seguenti strutture: -

epiderma e suoi annessi (peli, unghie e ghiandole cutanee) ipofisi smalto dei denti

C-I derivati dellendoblasta Dalla crescita del S.N.C. e dei somiti, lembrione subisca una piegatura longitudinale inglober Questa (fig 12). Lendoblasta former lintestino anteriore, medio e posteriore. lintestino anteriore sar provvisoriamente chiuso dalla membrana faringea lintestino posteriore sar chiuso dalla membrana cloacale, che in seguito si divider in membrana urogenitale e anale (fig 13). In questo periodo, a causa della piegatura laterale, la delimitazione dellembrione avverr con la della formazione una e trasversale, parte del che sacco vitellina

vitellino nella cavit cos formata. incorporazione former labbozzo del tubo digerente

parete addominale, che contiene una formazione tubulare: lintestino primitivo. seguito con formazione In la della

piega caudale alla fine della quarta settimana, la vescicola ombellicale e il peduncolo embrionale si fondono per formare il cordone ombelicale. Lendoblasta d dunque vita alle strutture seguenti: il rivestimento epiteliale del tubo digestivo, della vescica e delluretra lepitelio di rivestimento dellapparato respiratorio lepitelio di rivestimento della cassa del timpano e della tromba di Eustachio
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il parenchima dellamigdala, della tiroide, della paratiroide e del timo lesofago, lo stomaco, il fegato, la cistifelia e le vie biliari, il pancreas e lintestino lapparato tracho-bronchiale la membrana faringea, la cloaca, lallantoide le tasche entobranchiali

Dalla quinta allottava settimana tutte queste formazioni prolifereranno con lapparizione dellabbozzo delle membra, la formazione degli organi e della testa. il periodo dellorganizzazione, il feto formato, la tappa ulteriore sar incentrata soprattutto sulla crescita.

RIASSUNTO DELLO SVILUPPO EMBRIONALE 1. prima settimana : segmentaione dellovulo, formazione del blastocito 2. seconda settimana : trasformazione del blastocito in disco embrionale di dermico con due foglietti: lendoblasto e lectoblasto 3. terza settimana : trasformazione del disco in disco embrionale tridermico: endoblasta, mesoblasta, ectoblasta 4. quarta settimana : delimitazione dellembrione, apparizione delle gemme degli arti, abbozzo di numerosi organi, apparizione della circolazione feto placentare 5. secondo mese : apparizione di numerosi organi, modellatura esterna del corpo, il volume della testa aumenta con larrivo degli occhi, delle orecchie e del naso; apparizione degli arti. 6. dal terzo al sesto mese : tutti gli abbozzi degli organi sono a posto e gli organi subiscono un fenomeno di crescita, di differenziazione, di maturazione. 7. alla fine del sesto mese il feto diventato vitale.

DERIVAZIONE DEI FOGLIETTI Mesoblasto: tessuto connettivo, cartilagine, ossa, muscoli striati e lisci - pericardio, pleura e peritoneo.- cellule sanguigne e linfatiche,- pareti del cuore, dei vasi sanguigni e linfatici.- rene, gonadi e i loro apparati escretori.- le corticosurrenali e le midollo surrenali-, milza le tuniche
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muscolari e connettive del sistema digerente il rivestimento epiteliale del tubo digerente, della vescica delluretra Endoblasto: il rivestimento epiteliale del tubo digestivo, della vescica e delluretra, - lepitelio di rivestimento dellapparato respiratorio, della cassa del timpano e della tromba di Eustachio il parenchima dellamigdala, della tiroide, della paratiroide e del timo - lesofago, lo stomaco, il fegato, la cistifelia e le vie biliari, il pancreas e lintestino - lapparato tracho-bronchiale lallantoide e il foglietto interno delle membrane cloacale e faringea Ectoblasto : sistema nervoso centrale e periferico - epitelio sensoriale degli organi di senso epidermide e suoi annessi (peli, unghie e ghiandole cutanee) la ghiandola mammaria ipofisi - smalto dei denti

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Appena fecondato lovulo animato da un movimento continuo, ininterrotto, allo scopo di riuscire a costituire un essere straordinario. Formato allinizio da tre foglietti sovrapposti, lembrione crescer e si svilupper in maniera continua.Ogni foglietto si unisce, si associa, si interpenetra con il foglietto adiacente per crescere e sviluppare le diverse parti del corpo umano. A partire da uno stesso tessuto di base le cellule costituenti si differenziano per creare un muscolo, il fegato, losso, una fascia la pelle etce questo in maniera quasi perfetta poich gli errori sono, tutto sommato, piuttosto rari. Allinizio lembrione i avvolge su se stesso, in senso verticale con lapparizione della curva cefalica, laterale con la costituzione delle pareti e cavit. Allinterno si sistemeranno i vari organi ed appariranno le bozze degli arti inferiori e superiori. Alla fine del secondo mese il feto costituito. Le tappe seguenti sono rivolte alla crescita e alla maturazione, il tutto con un ritmo, una pulsazione che si formata al momento della fecondazione e cesser con la morte. questo ritmo che far crescere, muovere, stimolare le funzioni fisiologiche del corpo umano, il ritmo che proviene dalla memoria embriologica e che ritroveremo nel cranio, nelle fasce, negli organi, che permetter al corpo (ambiente interno stabile) di adattarsi ad un ambiente esterno dalle condizioni fluttuanti al fine di mantenere lequilibrio e la salute.

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Lo stato di questo ritmo ci permetter, attraverso le nostre mani, di diagnosticare lequilibrio o lo squilibrio di tutto o di alcune parti del corpo. MECCANISMO DI SVILUPPO EMBRIONALE
Come pu un uovo dare un essere umano? Come si manifesta la complessit durante lo sviluppo? Lo sviluppo embrionale la sede dei fenomeni isto e biochimici oltre che dei fenomeni biocinetici e biodinamici che orientano e modellano la crescita cellulare. A) I FENOMENI ISTO E BIOCHIMICI Le cellule riconoscono la loro posizione nellembrione dalla concentrazione dei morfogeni. Gli studi fatti sulla drosofilia hanno permesso di riconoscere questi morfogeni. Esistono nella drosofilia una trentina di morfogeni che definiscono il patrimonio dellembrione. Solo tre di questi codificano dei segnali molecolari che determinano la struttura lungo lasse antero-posteriore. Ciascuna di queste proteine di segnalazione appare in un sito specifico e d inizio alla creazione di un tipo particolare di gradiente morfogenetico. Un segnale comanda la met anteriore che dar la testa e il torace; un secondo segnale, alladdome; un terzo alle strutture situate alle due estremit della larva. Un gradiente di concentrazione in proteine Bicoid si stabilisce dai primi stadi; la sua concentrazione massima si situa allestremit anteriore. Una certa soglia critica di concentrazione necessaria perch essa divenga attiva. capace di dare inizio alla produzione di un mRNA a partire dal DNA, quindi alla sintesi della proteina codificata dal gene a partire dal mRNA. Un gradiente di concentrazione agisce su due o tre geni determinando due o tre zone di attivazione. LmRNA Bicoid contiene tutte le informazioni necessarie ad una cellula per riconoscerlo, trasportarlo e fissarlo; inoltre si sposta sempre nella stessa direzione lungo elementi strutturali chiamati microtubuli. La proteina Nanos determina la parte posteriore. I gradienti di concentrazione Bicoid e Nanos si stabilizzano solo in assenza di membrane cellulari, che ne bloccano la diffusione. Nel frattempo, nella maggior parte degli animali, le membrane cellulari separano, gi dai primi stadi, le differenti parti delluovo. Lasse dorso-ventrale dellembrionedella drosofila definito attraverso un gradiente unico che si stabilisce anche in presenza di membrane cellulari. Questo gradiente deve rassomigliare a quello che esiste negli altri organismi. La proteina Dorsale determina le prime strutture embrionali lungo lasse dorso-vertebrale. Questa proteina sia un attivatore sia un inibitore della trascrizione nel nucleo cellulare. Attivatore dei due geni quando la sua concentrazione supera una data soglia e inibitore di due altri geni quando la sua
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concentrazione inferiore a quella soglia. Infine quando la concentrazione della proteina dorsale nei diversi nuclei definisce un gradiente, ognuna delle due paia di geni si esprime da un lato o dallaltro dellembrione. La proteina Dorsale omogenea nellembrione mentre la sua ripartizione intracellulare varia lungo lasse dorso-ventrale. Una proteina chiamata Cactus si lega alla proteina Dorsale per impedirgli di penetrare nel nucleo. Tuttavia sulla faccia ventrale dellembrione pi di una decina di altre proteine cooperano per staccare la proteina Dorsale dalla proteina Cactus. Le proteine sono attivate da un segnale. Collegamenti molecolari, assicurati da diverse proteine, trasmettono l'informazione che concerne i gradienti, da un compartimento allaltro. Alla fine limportazione progressiva nei nuclei di una proteina a ripartizione uniforme alla partenza, attiva il nucleo attraverso un gradiente di concentrazione. Tutte le catene di attivazione studiate a questo giorno portano alla formazione di un gradiente di morfogeni che si comporta come un fattore di trascrizione; secondo la sua concentrazione questo gradiente attiva o inibisce la trascrizione di uno o pi geni bersaglio. Una cooperazione tra pi molecole diverse o tra pi coppie di una stessa molecola potrebbe dare inizio alla trascrizione. Alcuni gradienti morfogenetici hanno un solo effetto quando la concentrazione in un morfogene superiore alla soglia critica. Un gene bersaglio o attivo o non lo . In altri casi le reazioni differiscono a seconda delle concentrazioni in morfogeni; questo tipo di gradiente indispensabile allaumentare della complessit negli organismi in movimento. Le interazioni delle molecole che agiscono sulla trascrizione possono modificare notevolmente le reazioni ai gradienti, contribuendo alla formazione di strutture complesse a partire da un sistema iniziale molto semplice. La sovrapposizione di pi gradienti in una regione dellembrione permette di suddividere questa maggiormente e di accedere ad una complessit supplementare. La regolazione combinatoria e i gradienti di concentrazione permettono di organizzare le funzioni, codificate dai geni, in un vasto repertorio di meccanismi di sviluppo. Nella drosofilia i gradienti provocano lespressione di geni in bande trasversali nella regione delluovo che diventer la regione segmentata della larva. Questa struttura comanda in seguito la formazione di bande ancora pi fini che determinano direttamente le caratteristiche di ogni segmento dellembrione. Quando lembrione si divide in cellule i fattori di trascrizione non si possono pi diffondere. Le tappe ulteriori nel corso delle quali il patrimonio embrionale si stabilisce mettono in gioco dei segnali trasmessi tra cellule vicine.

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Gli embriologisti hanno scoperto che questi risultati non si applicano unicamente alla drosofilia ma allinsieme del regno animale e permettoneranno un giorno di comprendere meglio lo sviluppo dellembrione umano. B) I FENOMENI BIOCINETICI E BIODINAMICI Lo sviluppo cinetico dellembrione stato studiato da Bleschschmidt che ha definito i campi metabolici. Questi sono otto e comprendono: 1) Campi di corrosione (corrosion fields) Un campo di corrosione si stabilisce quando due strati di cellule epiteliali sono unite le une alle altre per formare una membrana a due foglietti. Le cellule in contatto si necrotizzano e scompaiono, permettendo la comunicazione tra i fluidi o con i tessuti che giacciono sotto. Questi campi si stabiliscono dalla seconda settimana tra i tubuli mesonefrici e il canale nefrotico nello sviluppo dei vasi. Le due aorte dorsali entrano in contatto e la loro membrana mediale degenera per formare un solo vaso. Esistono altri esempi di campi di corrosione, per esempio a livello delle membrane oronasali, oro-faringee, cloacalli, tubuli seminiferi 2) Campi di densificazione (densation fields) I campi di densificazione appaiono nel sistema scheletrico. Tale campo composto da cellule arrotondate circondate da una piccola quantit di sostanza intercellulare. questa quantit di liquido che differenzia i campi densi dai campi lassi. Le cartilagini nascono dal blastema, ma solo una parte di questo diventa cartilagine; anche i legamenti e le capsule nascono dal blastema. Lo sviluppo organico normale inizia allesterno della cellula. I campi di densificazione sono caratterizzati dalla loro posizione oltre che da quella delle loro cellule e del loro nucleo. Prendendo come esempio lo sviluppo della trachea: lepitelio dorsale pi spesso di quello ventrale; le cellule vicine allepitelio sono allungate e allineate tangenzialmente; esse daranno vita ai muscoli tracheali e alla membrana fibrosa. Dal lato ventrale lo stroma assomiglia ad un campo di densificazione con un aggregazione di numerose cellule arrotondate dove limitata la sostanza intercellulare. Lepiteliio dorsale cresce pi rapidamente di quello ventrale e ci comporta un allungamento tangenziale. delle A cellule ed un si allineamento produce una livelo ventrale

compressione e le cellule divengono sferiche. Queste cellule proliferano, si condensano e diventano di cartilagine (fig 15).

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Il principio biocinetico dei campi di densificazione valido anche per le altre formazioni: le coste, sotto la spinta della massa cardiaca ed epatica, il setto nasale. La differenziazione in un campo di condensazione procede da un fenomeno biomeccanico che richiede un processo biodinamico. Le cellule di questi campi non hanno un orientamento particolare e ci vuol dire che sono in uno stato di tensione equivalente in tutte le direzioni e di conseguenza, diventano sferiche. 3) Campi di contusione (contusion fields) In un campo di densificazione le cellule sferiche si appiattiscono e si trasformano in cellule cartilaginee. Questo processo, che appare su un piano circolare, lungo un asse di densificazione logitudinale, si sviluppa dal centro verso la periferia ed chiamato campo di contusione. I campi di contusione sono sempre circondati dal pericondrio che si unisce con il mesenchima lasso periferico. Un campo di densificazione una zona di condensazione di cellule arrotondate, un campo di contusione una zona di compressione dove le cellule diventano piatte. Lo schema di contusione si applica soprattutto allo sviluppo scheletrico. Gli abbozzi di membra sono circondati da una membrana, allinterno della quale le cellule si moltiplicano in tutte le direzioni, creando delle tensioni equivalenti in tutti i punti e respingendo il liquido intercellulare alla periferia; si creno cos la condizione per un campo di contusione. I campi di contusione si sviluppano dunque allinterno di un campo di densificazione,quando si crea una resistenza, secondo lasse longitudinale, in seguito alla crescita delle cellule sferiche. Questa resistenza alla crescita genera una compressione che a sua volta allorigine dellappiattimento delle cellule (e le trasforma in cellule cartilaginee). 4) Campi di compressione (distusion fields) Anche questi campi si applicano al sistema scheletrico. Sulle membra di un embrione di due mesi la vecchia cartilagine localizzata nella porzione prossimale e la cartilagine pi giovane in quella distale. In pi le cellule cartilaginee appaiono in primo luogo nella parte centrale e quindi lontano dal mesenchima periferico vascolarizzato. Se prendiamo come esempio una falange sotto leffetto della compressione, le cellule perdono la loro acqua e non sono pi vascolarizzate n drenate. La forma delle cellule cambia e divengono sferiche. Crescono prima su un solo asse. Questo tipo di crescita dovuta ad un fenomeno di tumefazione, che possiamo chiamare campo di compressione. La crescita-tumefazione parallela allasse longitudinale della precedente precartilagine. Una tale cartilagine cresce come sotto lazione di un pistone. La compressione talmente importante che lacqua eliminata, una capsula si forma attorno alle cellule e inizia la calcificazione.

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5) Campi di ritenzione (retension fields) Nei campi di ritenzione si ha unaggregazione di cellule tessutali interne che allinizio erano indifferenziate e che spingono pi lentamente in una direzione determinata rispetto ai tessuti che le circondano. Subiscono dunque uno stiramento che le trasforma progressivamente in tessuto connettivo fibroso, che poi dar tendini, legamenti ed aponeurosi. Le tensioni create dai campi di ritensione fanno si che la parte periferica cresca pi rapidamente creando cos la morfologia umana. 6) Campi di stiramento (dilation fields) Questi campi si applicano allo sviluppo della muscolatura umana. Lo sviluppo del sistema muscolare diverso da un distretto ad un altro, ma i principi sono gli stessi per tutti i muscoli. Cos, labbozzo del muscolo cardiaco meno compresso esteriormente dal liquido celomico che interiormente dal sangue, ne risulter una maggiore stimolazione alla dilatazione. Questa dilatazione va progressivamente a determinare una risposta di contrazione. Il risultato di questa dilatazione-contrazione che le cellule cardiache sono capaci di mobilizzarsi luna in rapporto allaltra. Il cuore progressivamente si dilater e ci aumenta la resistenza delle fibre muscolari circolari. Poi aumenter il volume cardiaco, ma poich il cuore fissato alle sue due estremit, prender una forma globulosa. I campi di stiramento saranno allorigine dei muscoli. I somiti che fiancheggiano il dermatoma crescono rapidamente sia cranialmente che caudalmente, questo in accordo con la crescita dellembrione. Di conseguenza le cellule, sotto il dermatoma, si allineano su un asse cranio-caudale parallelo allasse del tubo neurale. Le cellule muscolari si assottigliano nei campi di stiramento e allo stesso tempo si sviluppano dentro di loro delle fibrille. Allinizio le striature trasversali sono mal definite. Dopo il primo mese una fila di nuclei diventa distinta e ne risulta laccrescimento delle cellule muscolari. Dal momento in cui le cellule del dermatoma si allineano lungo la membrana dellectoderma, le cellule del miotoma si mettono perpendicolarmente al setto. I campi di stiramento sono generalmente presenti sia per lo sviluppo delle cellule muscolari stirate che per la costituzione dei tendini. Questi campi sono dunque caratterizzati non soltanto dallaccrescimento longitudinale delle cellule, ma anche da un accrescimento trasversale. Labbozzo muscolare nelle zone ristrette non pu dilatarsi trasversalmente. Subisce a tali livelli un fenomeno di compressione che porter alla formazione di un tendine. In queste regioni la quantit di acqua della sostanza intercellulare diminuita e di conseguenza la sostanza pi consolidata. Come tutti i tessuti compressi i tendini hanno delle funzioni restritive. Queste funzioni restrittive, con un leggero potere elastico, sono caratteristiche
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dei tendini, aponeurosi e setti intermuscolari. I campi di stiramento della cartilagine embrionale sono essenziali per la crescita dei muscoli e dei tendini. La crescita della cartilagine va di pari passo con la crescita muscolare. Tutti i muscoli hanno delle funzioni passive prima di essere capaci di contrarsi attivamente. Pi le cellule muscolari crescono rapidamente, pi saranno riccamente innervate, pi potranno contrarsi precocemente. I campi di distensione si applicano anche al tratto intestinale. 7) Campi lassi paraepiteliali (parathelial loasening fields) Sono creati dalla congestione della sostanza intercellulare nei tessuti interni dove si esprime il catabolismo cellulare. Quando il volume dei cataboliti aumenta, aumenta il volume della sostanza intercellulare e le vescicole si fondono. Allinizio dello sviluppo, questi campi lassi allinterno del mesoderma sono i precursori della formazione dei vasi. Un gruppo particolare, i campi lassi paraepiteliali, caratteristico dello sviluppo delle ghiandole. 8) Campi di frizione (datraction fields) Si applicano al sistema osseo. Dal punto di vista topocinetico ci sono tre tipi di tessuto osseo -osso membranoso che si sviluppa a partire dal tessuto connettivo stirato -osso cartilagineo, che si sviluppa a partire dalla cartilgine -osso che si sviluppa dal tessuto osseo gi formato tutti questi tipi hanno uno sviluppo cinetico caratteristico per il fatto che sono sempre accompagnati da una estensione, sotto tensione, della sostanza intercellulare. Il processo extracellulare essenziale per linizio del processo di ossificazione. Le cellule mesenchimatose, che scivolano lungo un supporto cos rigido, sono compresse contro questo supporto. Il liquido espulso dalla sostanza che di conseguenza si indurisce. Le zone nelle quali laggregazione di cellule scivola con una compressione lungo un supporto duro, sono chiamate campi di frizione. Prendiamo cme esempio un osso frontale. Labbozzo di dura madre uno strato di tessuto connettivo sotto tensione che si divide in due lamine con la formazione di un centro di ossificazione sulla lamina esterna. La scissione causata da una forte trazione del setto orbitale in direzione della parte bassa del viso. Labbozzo del foglietto esterno produce la tensione. Il foglietto interno adatta la crescita espansiva dellaracnoide. Il liquido intercellulare eliinato e di conseguenza la sostanza si indurisce e si viene a creare un punto di condensazione per lo sviluppo dellosso. Una volta indurita, la parte interna del tessuto nella zona di condensazione perde le sue possibilit di crescita. Il tessuto forma un mantello attorno al centro di condensazione e poi si estende tramite
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prolliferazione cellulare. Con il tempo i centri di ossificazione progrediscono come linee divergenti che si irradiano dal punto di condensazione (campi di frizione).

ANATOMIA DELLE FASCE cap.2 LA FASCIA SUPERFICIALIS


Si colloca tra il pannicolo adiposo del derma e il tessuto cellulare sotto cutaneo. La fascia superficialis vera e propria inizia dalle arcate zigomatiche, si congiunge al mascellare superiore, e termina alle caviglie e ai pugni. Non si trova: sul viso nella parte superiore dello sterno -cleido - mastoideo sulla nuca sullo sterno a livello dei glutei

Costituisce il punto di partenza dei vasi linfatici e gioca per questo un ruolo importante nella nutrizione e nella respirazione delle cellule. E' in caso di una sua lesione che si determina la gravit delle ustioni.

LE APONEUROSI ESTERNE
A) L'APONEUROSI EPICRANICA Si tratta di una vasta lamina fibrosa che ricopre come una calotta la convessit del cranio. Separata dal periostio tramite un tessuto cellulare molle che gli consente un certo scorrimento, invece legata intimamente alla pelle che la segue nei suoi movimenti. Nei senso ante-posteriore, l'aponeurosi epicranica riunisce i muscoli occipitali ai muscoli frontali. Posteriormente s'inserisce sulla protuberanza occipitale esterna e sulla linea curva superiore. Si prolunga lateralmente tra le aponeurosi temporali e del massetere, e finisce sulla cresta sopramastoidea, il condotto uditivo esterno e il tessuto sotto cutaneo della regione del massetere.

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L'APONEUROSI TEMPORALE (FIG. 16). Spessa e molto resistente, si estende partendo dalla linea curva temporale superiore e dallo spazio compreso tra le due linee curve fino all'arcata zigomatica, in due lamine che si attaccano alle labbra del bordo superiore dell'arcata zigomatica, e da l si prolunga attraverso l'aponeurosi del massetere. L'APONEUROSI DEL MASSETERE. S'inserisce: posteriormente, sul bordo posteriore del ramo ascendente mascellare superiore. anteriormente, circonda il muscolo e poi passa in profondit fino a fissarsi sul bordo anteriore del ramo ascendente. in alto, si fissa sull'arcata zigomatica in basso, sul bordo inferiore del mascellare dove si prolunga attraverso l'aponeurosi cervicale superficiale dietro, lungo il bordo posteriore si unisce all'aponeurosi parotidea e poi sdoppiandosi circonda il canale di Stenon. tabella 1

ARTICOLAZIONI DELL APONEUROSI EPICRANICA


CONNESSIONI CON LA PELLE
CONNESSIONI CON LA DURA MADRE

APENEUROSI EPICRANICA
APENEUROSI TEMPORALE

APENEUROSI MASSETERICA
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APENEUROSI CERVICALE SUPERFICIA LE APONEUROSI DELLA FACCIA (FIG. 17). La faccia cos composta: da una fascia superficiale a sua volta formata da uno strato superficiale sottile e da uno strato profondo pi resistente. Questi due strati avvolgono i muscoli della mimica e li collegano alla fascia profonda. da una fascia profonda, pi spessa, non elastica, separata dalla precedente per mezzo di un tessuto aureolare lasso. La fascia profonda ricopre le ossa, la cartilagine, i muscoli della masticazione e le strutture viscerali. Come la fascia superficiale, si tratta di una guaina continua che si confonde e deriva dalle fasce temporali, della parotide e del massetere. La fascia profonda sostiene i vasi profondi e i nervi della masticazione. A) L'APONEUROSI CERVICALE SUPERFICIALE. (fig 18) Quest'aponeurosi forma al collo una guaina completa, e aderisce: In alto: alla linea curva occipitale superiore all'apofisi mastoidea alla cartilagine del condotto uditivo esterno all'aponeurosi del massetere e al bordo inferiore della mascella.

Essa quindi il prolungamento dell'aponeurosi epicranica. In basso: sul bordo anteriore della forchetta dello sterno sulla faccia anteriore del manubrio dello sterno sulla faccia superiore della clavicola sul bordo posteriore della spina della scapola.

Dalla sua faccia profonda si stacca, lungo il bordo anteriore del trapezio, un'espansione profonda fibrosa che si unisce all'aponeurosi dei muscoli scaleni.

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Nella zona anteriore, dove ricoperta dai muscoli pellicciai, si presenta sottile, mentre altrove spessa. Si sdoppia per avvolgere i muscoli sterno-cleido-mastoidei e i trapezi. Passa davanti all'osso iodio al quale si congiunge. Lateralmente crea un'espansione che forma una guaina nella quale scorre e si riflette il muscolo digastrico. Nella zona sotto ioidea anteriore, superiore e mediana si confonde con l'aponeurosi cervicale media. Nella zona inferiore, le due aponeurosi si allontanano tra loro per andarsi a inserirsi una quello della sul bordo posteriore forchetta anteriore e l'altra su

sternale. Lo spazio dello sterno cos delimitato: chiuso esternamente dall'aderenza dell'aponeurosi media, al bordo anteriore della guaina dello sternocleido-mastoideo in avanti e dall'aponeurosi del trapezio dietro. Nella parte sotto-ioidea si sdoppia per formare l'aponeurosi della ghiandola sotto mascellare. Dietro, ricopre la ghiandola parotidea formando con l'aponeurosi del massetere la guaina di questa ghiandola. Lateralmente al bordo anteriore dello sterno-cleido-mastoideo si stacca una fascetta che s'inserisce sull'angolo della mascella superiore; questa sostiene e tiene tesa l'aponeurosi dello sterno-cleido-mastoideo, affinch questo resti ben fermo per proteggere il fascio vascolare e nervoso soggiacente: carotide, giugulare interna, pneumogastrico. Posteriormente, sulla linea mediana presenta una piega fibrosa che si estende dalla protuberanza occipitale esterna alla sesta vertebra cervicale, e talvolta fino alla prima dorsale: il legamento cervicale posteriore che si fissa con la sua parte medina sulle apofisi spinose. Si tratta di una lamina molto resistente che riceve delle espansioni aponeurotiche da trapezio, splenio, romboide, piccoli dentati posteriori e superiori. Su certe persone, prende forma di una corda della misura di una matita che emerge con una salienza posteriore molto evidente quando si flette avanti la testa. L'aponeurosi cervicale superficiale si sdoppia numerose volte per avvolgere i muscoli della nuca. Superficialmente, l'aponeurosi percorsa dalle due giugulari anteriori che vi scorrono in uno sdoppiamento prima di perforarla. Sulla sua superficie scorrono allo stesso modo i

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rami superficiali del plesso cervicale: C2, C3, C4. Da notare che tutti i rami superficiali, cos come la giugulare esterna, perforano l'aponeurosi al bordo posteriore dello sterno-cleido-mastoideo. L'aponeurosi cervicale superficiale si prolunga attraverso le aponeurosi del tronco e degli arti superiori ed inferiori.

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L'APONEUROSI DEL TRONCO. il proseguimento lo sterno la clavicola la spina della scapola. dell'aponeurosi cervicale superficiale. Superiormente si fissa su:

Da qui si prolunga in due direzioni per formare le aponeurosi del tronco da un lato e quelle dell'arto superiore dall'altro, con numerosi sdoppiamenti che costituiscono i setti intermuscolari ed inguainano i diversi muscoli delle varie regioni, formando, pertanto: la guaina dei muscoli pettorali, del trapezio, del gran dorsale, della massa sacro-lombare; le aponeurosi dei muscoli profondi, cio il quadrato lombare, gli intercostali esterni, i muscoli itrinseci della colonna vertebrale. A livello dell'addome avremo: le aponeurosi di piccolo obliquo, grande obliquo e trasverso, cos come la guaina dei retti (fig.19). 1) LE APONEUROSI POSTERIORI. Distinguiamo un'aponeurosi sacro-ilio-costale individuata soprattutto nella parte mediana dove s'inserisce sull'apofisi della spina, e in quella inferiore dove costituisce l'aponeurosi lombare: strato molto resistente che s'immette sull'apofisi spinosa, sul sacro, sulla cresta iliaca e si prolunga in basso attraverso l'aponeurosi del gluteo e dei membri inferiori, e lateralmente tramite l'aponeurosi degli obliqui. Questa aponeurosi rinforzata nell'area post-laterale dall'aponeurosi del gran dorsale, che s lega il bacino e all'arto superiore, poich il suo punto finale superiore la sua guaina bicipitale; essa causa al passaggio un'espansione che si attacca all'angolo inferiore della scapola. Nella sua zona superiore, l'aponeurosi ilio-costale rinforzata dall'aponeurosi del trapezio che si fissa su di essa. L'aponeurosi lombare aderisce sulla linea mediana alle spinose soprattutto da L2 a S2. E' molto resistente e formata da un intersecarsi di fibre verticali, oblique e trasversali che generano un'area di grandi costrizioni. Il suo ispessimento si prolunga per formare i numerosi e forti legamenti del sacro cos come i due legamenti sacroischiatici. 2) L'APONEUROSI ANTERIORE. Formata nella parte superiore da aponeurosi dei succlavi, del piccolo e grand pettorale. Nella parte mediana, sprovvista di muscoli, essa aderisce allo sterno.

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Queste aponeurosi si prolungano lateralmente tramite le aponeurosi del deltoide, del cavo delle ascelle, e tramite l'aponeurosi del gran dorsale, la cui articolazione continua nelle aponeurosi posteriori, poi con quelle dell'arto. Nell'area inferiore mediana e laterale, la continuazione avverr attraverso le aponeurosi degli obliqui e del trasverso e la guaina dei retti. Tutte le aponeurosi si articolano sulla linea mediana per costituire la linea alba che un punto incrocio delle diverse fibre dei due emicorpi, ma questo contatto si forma in modo piuttosto lasso. La zona sotto-ombelicale sempre meno lassa di quella soprastante, e questo spiega perch le ernie della linea alba si verificano soprattutto sopra. Questa deiscenza utile in particolare nella gravidanza. Dal momento in cui l'utero gravido si alza verso la cavit addominale, la linea bianca si dilata per permettere una dilatazione dell'addome, evitando cos che si verifichino tensioni troppo forti e compressioni degli organi addominali. Si assiste allo stesso fenomeno nelle persone che ingrassano; l'accumulo di grasso a livello dell'epiploon induce a una dilatazione delle fibre della linea alba. La linea alba presenta un punto d'inserzione superiore sull'appendice xifoide, in basso sulla sinfisi del pube dove si prolunga attraverso il legamento sospensorio della verga o della clitoride. Si noti come la zona anteriore e laterale dell'addome sia l'unica zona del corpo dove la struttura rigida del tutto assente. Per questo, le aponeurosi addominali sdoppiandosi diventano sempre pi profonde per giungere con l'aponeurosi del trasverso alla parete interna addominale e direttamente in contatto con la fascia trasversale e il peritoneo. Da notare ancora a livello dell'addome la presenza dell'anello inguinale interno e esterno che costituisce un punto fragile in cui possono convergere le anse intestinali e verificarsi possibili ernie. Nella donna, il canale percorso dal legamento rotondo, nell'uomo dal cordone spermatico. E' attraverso quest'ultimo che il testicolo scende nello scroto provocando con il suo passaggio un'invaginazione: del peritoneo che costituir la tunica vaginale della fascia trasversale che costituir la tunica fibrosa delle fasce del piccolo obliquo e del trasversale, che costituiranno la tunica muscolare o cremastere. Il gran dorsale e il trapezio sono i tensori dell'aponeurosi posteriore, il gran pettorale dell'anteriore. La guaina dei retti interrotta nella sua parte posteriore a circa tre dita sotto l'ombelico, formando una linea semi circolare resistente, l'arcata di Douglas, facilmente palpabile in numerosi soggetti e da non confondersi con la radice del mesentere situata molto pi in profondit.
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Le aponeurosi degli addominali convergono nella parte inferiore dell'addome su una linea che va da una spina ante-superiore all'altra, e su tutta la larghezza della sinfisi del pube. L'intersecarsi di queste diverse fibre costituisce in parte l'arcata crurale che riceve da dietro le fibre dell'aponeurosi femorale, essa dunque un punto di scambio e di continuit tra addome e arto inferiore. L'arcata crurale riceve anche delle espansioni dalla fascia iliaca e da quella trasversale, formando cos un punto di articolazione tra la parete addominale e la superficie interna delladdome. I punti pi rinforzati delle aponeurosi addominali sopra al livello del pube formano i legamenti di Gimbernat, Colle e Hesselbach (fig. 21).

3) FASCIA ILIACA. Annessa all'aponeurosi superficiale, la fascia iliaca merita uno studio a parte. data la sua collocazione, infatti circonda lo psoas, che rappresenta con il lungo del collo uno dei due muscoli che si inseriscono nella zona anteriore delle vertebre e ha un tragitto intra-cavitario. lo psoas e la sua fascia sono collegati con il rene e l'uretere, il colon ascendente e discendente.

Inoltre, la fascia iliaca contiene in un suo sdoppiamento il plesso lombare. La fascia iliaca, sdoppiamento dellaponeurosi addominale, occupa trasversalmente tutta la larghezza della fossa iliaca interna e si estende dall'inserzione superiore dello psoas fino all'inserzione trocanterica di tale muscolo, dove si prolunga tramite l'aponeurosi femorale. Sottile nella sua zona superiore, s'ispessisce gradatamente scendendo nel bacino, che contiene il tendine del piccolo psoas quando questo esiste.

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La fascia iliaca s'inserisce: 1. All'interno sulle vertebre lombari formando a quel livello una sorta di ponte per il passaggio delle arterie e delle vene lombari alla base del sacro sullo stretto superiore del bacino. A questo livello forma sull'arteria e sulla vena iliaca esterna un foglietto che mantiene questi vasi sul bordo interno dello psoas.

2. All'esterno Andando dall'alto verso il basso, si inserisce sull'aponeurosi del quadrato dei lombi, lungo il bordo esterno dello psoas sul legamento ilio-lombare sul labbro interno della cresta iliaca.

3. In alto Presenta un ispessimento sotto forma di arco, l'arco dello psoas, sul quale si inserisce la parte corrispondente del diaframma (continuit fasciale). 4. In basso A livello dell'arcata crurale la fascia iliaca aderisce intimamente nlla sua met esterna (legame e continuit con le aponeurosi addominali), sul lato interno, forma la bandelletta iliopectinea e poi continua fino all'inserzione trocanterica in cui si prolunga attraverso l'aponeurosi femorale. Risulta quindi che la fascia iliaca costituisca con la colonna lombare e la fossa iliaca interna una loggia osteofibrosa, perfettamente chiusa nella sua porzione addominale e che si apre dal lato della coscia al di sopra della met esterna dell'arcata crurale. La fascia iliaca essenzialmente costituita da fasce aponeurotiche posizionate in senso trasversale, cui si aggiungono alcuni fasci verticali. Uno strato cellulare la separa dal peritoneo. Essa avvolge lo psoas senza aderirvi. Uno strato di tessuto celluloso-sieroso fa da separatore, i nervi del plesso lombare sono intimamente legati a quest'aponeurosi.

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IN SINTESI LE APONEUROSI DEL TRONCO. Fanno seguito all'aponeurosi cervicale superficiale a livello della cintura scapolare. Terminano sulla circonferenza superiore del bacino dove si prolungano attraverso le aponeurosi dell'arto inferiore Hanno inserzioni mediane, anteriori e posteriori: sterno apofisi spinose

Si sdoppiano a pi riprese per avvolgere i diversi muscoli del torace e addominali. Nella parte superiore del tronco si prolungano attraverso le aponeurosi ascellari e dell'arto superiore. Nella zona inferiore del tronco divengono molto forti, a questo livello i muscoli sono praticamente inesistenti. Presentano diverse lamine con direzioni diverse che vanno a sostenere la statica toracica e addominale. A livello addominale, il loro sdoppiamento le porta sempre pi in profondit fino ad articolarsi con la fascia trasversale.La divisione pi profonda a livello posteriore costituisce la fascia iliaca. A livello del bacino si articolano con le aponeurosi perineali, in particolare quelle superficiali e medie. Infine, a livello anteriore tramite l'aponeurosi ombelico - prevescicale, si articolano con gli organi del piccolo bacino e con l'aponeurosi perineale profonda. D- L'APONEUROSI DELL'ARTO SUPERIORE (FIG.22) Fa seguito all'aponeurosi cervicale superficiale dopo un collegamento alla clavicola, all'acromion e alla spina della scapola; essa inoltre la continuazione dell'aponeurosi del gran pettorale, del gran dorsale, del cavo ascellare. Di medio spessore, in effetti pi resistente dal lato degli estensori che dei flessori. La sua superficie percorsa da un sistema nervoso e linfatico. A livello del terzo inferiore dell'avambraccio perforata dal ramo cutaneo del radiale. Il brachiale cutaneo esterno l'attraversa a livello della piega del gomito. A livello del terzo inferiore del braccio si trova l'orifizio della vena basilica, orifizio nel quale la vena s'impegna e da cui emergono i rami cutanei del brachiale interno, con la sua ramificazione anteriore e posteriore. La sua parte superiore esterna percorsa dall'accessorio del brachiale cutaneo interno che riceve una ramificazione anastomotica degli intercostali. La vena cefalica percorre il bordo esterno dell'arto superiore, spesso legata alla basilica tramite la mediana basilica, a livello della piega del gomito, spesso accompagnata dal nervo cutaneo ante28

brachiale esterno. Essa sale verso il solco delto-pettorale dove perfora l'aponeurosi del deltoide e quella claveopettorale per gettarsi nella vena ascellare. Dalla superficie interna dell'aponeurosi dell'arto superiore si distaccano dei setti intermuscolari che si sdoppiano per avvolgere i diversi muscoli dell'arto superiore. Proseguendo prende dei punti fissi a livello del gomito e del polso per terminare con le aponeurosi del palmo. Successivamente studieremo le diverse parti da conoscere a livello di: spalle braccia avambraccio mano. DELLA

1) L'APONEUROSI SPALLA (FIG.23)

Prosegue direttamente dall'aponeurosi cervicale superficiale; formata nella sua parte esterna anteriore e posteriore dall'aponeurosi del gran pettorale. Davanti -fuori da quella del deltoide, dietro da quella del sopraspinoso e sottospinoso. Dietro al gran pettorale si sdoppia per l'aponeurosi clavi-pettoroascellare, costituita dallapeneurosi del sottoclavicolare che riceve un rinforso del legamento coraco clavicolare interno. Dal bordo inferiore del succlavio si stacca una fascia che raggiunge il piccolo pettorale. A questo livello si sdoppia in due foglietti: - uno foglietto anteriore che raggiunge in basso l'aponeurosi del gran pettorale e si fissa alla pelle alla base dell'ascella. - uno foglietto posteriore che continua con l'aponeurosi ascellare profonda e invia cos delle espansioni sulla pelle del cavo ascellare. Questi due prolungamenti che si fissano a livello della pelle portano il nome di legamento sospensore dell'ascella di Gerdy. Nella sua parte interna inferiore, forma l'aponeurosi della base della cavit ascellare formata da due lame aponeurotiche: superficiale e profonda.
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a) Aponeurosi superficiale. Si estende dal bordo inferiore del gran pettorale al bordo inferiore del gran dorsale e del gran ricurvo, di cui il prolungamento. b) Aponeurosi profonda. E' una lamina quadrilatera unita davanti al foglietto profondo del legamento sospensore; da l si dirige dietro e va ad attaccarsi al bordo ascellare della scapola per tutta la sua estensione e aderisce al di fuori alla faccia anteriore del tendine del lungo bicipite. La zona posteriore entra in contatto con il gran dorsale e il gran rotondo. Il bordo infero- interno prende contatto con l'aponeurosi del gran dentato. Al di fuori, si unisce davanti all'aponeurosi del coracobrachiale e del bicipite; dietro forma l'arco ascellare che avvolge il fascio vascolare nervoso. 2) L'APONEUROSI BRACHIALE (FIG.24) Segue l'aponeurosi della spalla. Termina al gomito dove prende inserzione a livello dell'olecrano, dell'epitroclea e dell'epicondilo, riceve inoltre nella sua parte anteriore l'espansione del tendine del bicipite che un vero e proprio tensore d'aponeurosi. Su un piano sagittale presenta due setti: Il setto intramuscolare esterna Il setto intramuscolare interna.

I setti agganciano in un piano sagittale l'aponeurosi all'osso e consentono ai diversi gruppi muscolari di esercitare tutta la loro efficacia prendendo appoggio su di essa.

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a) Il setto intra muscolare esterna. Ha origine dal bordo anteriore della coscia bicipitale e si confonde con il bordo posteriore del tendine del deltoide, inserendosi lungo il bordo esterno dell'omero, fino al livello dell'epicondilo. Separa i muscoli anteriori e posteriori, ed un punto di inserzione di entrambi. E' attraversata obliquamente da nervo radiale e dall'arteria omerale profonda. b) Il setto intramuscolare interna. Pi larga e spessa di quella esterna, ha origine dal bordo posteriore della scanalatura del bicipite, continua col tendine del coraco-brachiale con cui si unisce e si confonde in parte. Si inserisce lungo il bordo interno dell'omero fino all'epitroclea. Invia un'espansione fibrosa, esile, che si estende dall'estremit superiore del setto intramuscolare interna al trochine, passando dietro al coracobrachiale, che porta il nome del legamento brachiale interno. Separa il muscolo tricipite dal brachiale anteriore dando inserzione ad ambedue. Il nervo ulnare anteriore attraversa il seto nella sua parte media, e resta attaccato alla sua parte posteriore. Dalla sua faccia profonda si distaccano inoltre diverse guaine muscolari: bicipite, coraco-brachiale, brachiale anteriore, tricipite; nella sua parte superiore una lamina aponeurotica separa la lunga porzione del tricipite dalle altre porzioni. Nella sua parte inferiore, questa lamina continua la diccia del nervo radiale in cui questo s'impegna accompagnato dall'omerale profonda e avvolto nella propria aponeurosi. Tra bicipite e brachiale anteriore, una sottile lamina aponeurotica separa i due muscoli e permette la loro mobilit. Questa lamina continua attraverso l'aponeurosi anti brachiale. Nella parte interna, a contatto con il setto intramuscolare interno, si trova il canale brachiale contenente l'arteria e la vena omerale e delle ramificazioni del plesso brachiale. Il fascio vascolonervoso di per s contenuto in una guaina aponeurotica che gli serve come mezzo di contenzione e di protezione. L'aponeurosi brachiale, come quella anti-brachiale, inviano delle espansioni che circonderanno i diversi nervi, arterie e vene profonde e superficiali. 3) L'APONEUROSI ANTIBRACHIALE. Continua dall'aponeurosi brachiale e termina al polso, dove rinforzata dai legamenti anulari anteriori e posteriori del carpo. Sulla parte superiore riceve l'espansione del tendine del bicipite. Anche il brachiale anteriore e il tricipite dietro invianono delle espansioni di rinforzo.

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Pi spessa dietro che davanti, l'aponeurosi prende delle insersioni inferiori a livello del carpo tramite i legamenti anulari, e nella zona posteriore legata intimamente al bordo posteriore dellulna. Inoltre, invia una seconda espansione sul bordo posteriore del radio; costituisce inseme allo scheletro osseo la regione anti brachiale anteriore e posteriore. Dalla sua faccia profonda si distaccano anche le diverse guaine muscolari che circondano ogni muscolo permettendo lo scorrimento di questi, gli uni sugli altri. Nella regione anteriore uno sdoppiamento dell'aponeurosi separa lo strato superficiale da quello profondo. La stessa disposizione si riscontra nella parte posteriore. I muscoli di questa aponeurosi sono suddivisi in diversi gruppi. Il gruppo esterno comprende il lungo supinatore e i due radiali. Questi tre muscoli sembrano circondati da una stessa guaina aponeurotica, e ci ha la sua importanza che vedremo pi avanti. Questa stessa disposizione si ritrova nella parte interna con i due ulnari, ma meno marcata. 4) L'APONEUROSI DELLA MANO (FIG.26). Continua dall'aponeurosi anti brachiale a livello dei legamenti anulari. Si distinguono delle apeneurosi dorsale e delle apeneurosi palmari. a) Le aponeurosi dorsali. Se ne distinguono due: superficiale e profonda. Superficiale:E' sottile e ricopre i tendini estensori. Prosegue dai legamenti anulari posteriori e si confonde in basso con i tendini estensori, si inserisce sulle falangi. Lateralmente, s'inserisce sul bordo esterno del primo metacarpo e sul bordo esterno del quinto metacarpo. Profonda:Molto sottile, ricopre la superficie dorsale dei muscoli interossei. b) Le aponeurosi palmari Sono due: superficiale e profonda. Aponeurosi palmare superficiale: E' formata da tre parti: una parte media o aponeurosi palmare propriamente detta due parti laterali che ricoprono le eminenze tenar e ipotenar.
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a) l'aponeurosi palmare media (fig. 27) E' triangolare, la cui sua base corrisponde alla radice delle ultime quattro dita, l apice la continuazione dell'aponeurosi anti-brachiale e del legamento anulare anteriore del carpo. Si prolunga in alto attraverso il tendine del piccolo palmare, che il tensore dell'aponeurosi. Si tratta di una lamina fibrosa resistente, situata giusto al di sotto dei tegumenti ai quali legata intimamente da corti prolungamenti fibrosi. Dupuytren a descritto dei prolungamenti lunghi: linguette cutanee che vanno dal terzo inferiore dell'aponeurosi alla piega interdigitale. Queste linguette sono tese al massimo nei movimenti d'estensione, e sono responsabili della retrazione dell'aponeurosi palmare nella malattia di Dupuytren. Questa aponeurosi ricopre i tendini flessori, i vasi e i nervi del palmo della mano e continua in ogni lato con l'aponeurosi delle protuberanze tenar e ipotenar. Si prolunga a livello delle dita, formando le guaine dei tendini flessori, inserendosi sulle falangi. Lapeneurosi palmare media formata da fibre longitudinali e trasversali. 1) Le fibre longitudinali: Seguono il legamento anulare e il tendine del piccolo palmare. Discendono e si irradiano verso le quattro ultime dita sulle metacarpofalangee, generando otto linguette, due per ciascuna delle quattro dita. Queste linguette vengono a fissarsi sulle superfici laterali della prima falange delle ultime quattro dita, costituendo il punto pi distante dall'aponeurosi superficiale dell'arto superiore. Davanti ai tendini, le fibre si riuniscono per formare delle bandellette pre tendinee, riunite da lamine intertendinee pi sottili. Le fibre delle fascette pretendine terminano in tre modi diversi: alcune si attaccano alla faccia profonda della pelle altre si dirigono verso l'aponeurosi profonda. Queste costituiscono dei setti sagittali che limitano con l'aponeurosi superficiale e profonda dei tunnel aponeurotici attraversati da: Tendini flessori Lombricali Vasi e nervi digitali.
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- altre formano delle fibre perforanti che si distaccano dalle linguette pre tendinee a livello dell'articolazione di metacarpofalangea, attraversano il legamento trasverso profondo, circondano l'articolazione di metacarpofalangea e continuano dietro al tendine estensore con quelle del lato opposto. 2) Le fibre trasversali: Sono ricoperte da fibre longitudinali, eccetto nella zona inferiore dell'aponeurosi, dove costituiscono i legamenti trasversi superficiali e interdigitali. b) Le aponeurosi palmari laterali. Molto pi sottili dell'aponeurosi media, ricoprono i muscoli delle emminenze tenar e ipotenar. Quella esterna s'inserisce fuori sullo scafoide, trapezio e sul bordo esterno del primo metacarpo, dentro affonda fra i muscoli tenarici per fissarsi sul bordo anteriore del terzo metacarpo. L'interno s'inserisce dentro, sul pisiforme e il bordo interno del quinto metacarpo, e fuori, sul bordo anteriore del quinto metacarpo. Si forma cosi la loggia dei muscoli ipotenarici. L'aponeurosi palmare profonda. Continua in alto con gli elementi fibrosi del carpo, termina sulle articolazioni metacarpofalangee, tramite un ispessimento situato davanti alla testa dal secondo al quinto metacarpo, costituente il legamento trasverso profondo. IN SINTESI LE APONEUROSI DELL'ARTO SUPERIORE. Fa seguito all'aponeurosi cervicale superficiale e si articola con le aponeurosi toraciche anteriori e posteriori. Termina a livello delle dita dopo aver preso dei punti fissi a livello dei gomiti e del polso. La sua superficie percorsa da numerose vene, linfatici e nervi che la perforano. E' costituita da fibre verticali e oblique che s'intersecano e si compenetrano allo scopo di aumentare la sua resistenza. Dalla sua faccia profonda si distaccano in diverse lamine: perpendicolari: i setti intermuscolari che la agganciano al periostio e tramite questi si prolunga con le trabecolee ossee longitudinali, che circondano i diversi muscoli o a costituire le lamine aponeurotiche profonde. Infine, presenta degli sdoppiamenti che avvolgono e proteggono il sistema vascolare e nervoso, sia a livello superficiale sia profondo.

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ARTICOLAZIONI DELLE APONEUROSI DELLARTO SUPERIORE

APONEUROSI CERVICALE SUPERFICIALE APONEUROSI DEL G RAN DORSALE

PELLE INTERMUSCOLARI

APONEUROSI DELLARTO SUPERIORE


PERIOSTIO

SETTI

APONEUROSI CLAVICOLO PETTORO ASCELLARE TERMINAZIONE APONEUROSI CERVICALE MEDIA SULLE DITA

E- L'APONEUROSI DELL'ARTO INFERIORE (FIG. 28)

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Segue le aponeurosi lombare e addominale. Nella sua parte postero laterale ha origine dalla cresta iliaca, dove prolunga laponeurosi lombo-sacrale e il gran legamento sacro - ischiatico. Nella parte anteriore, nasce dal pube, dalla branca ascendente dell'ischio, dall'arcata crurale. Termina ai piedi dopo aver preso un punto di inserzione a livello del ginocchio e della caviglia. E' costituita da un intersecarsi di fibre verticali, orizzontali e oblique. Il suo schema generale ci mostra che essa si avvolge sulla coscia e sulla gamba, dall'alto in basso e verso l'esterno e l'interno. Questo avvolgimento pi netto a livello della coscia. Sottile dietro e in dentro spessa invece davanti e soprattutto all'esterno, dove prende il nome di fascia-lata. A questo livello l'aponeurosi femorale rappresenta la zona pi spessa e resistente di tutta l'anatomia umana. Essa presenta: una faccia profonda da cui si distaccano dei setti, che studieremo con i diversi segmenti dell'aponeurosi dell'arto inferiore. Uno faccia superficiale sotto cutanea separata dal piano cutaneo per mezzo della fascia superficialis e sulla quale corrono i linfatici, due vene importanti e i nervi sensitivi. LE VENE Le due pi importanti sono: La safena esterna Ha origine dal bordo esterno del piede e prosegue approssimativamente sulla zona mediana e posteriore della gamba. Perfora nella maggior parte dei casi l'aponeurosi della tibia a livello della cavit del popliteo per gettarsi nella vena poplitea. Da notare che questa perforazione soggetta a variazioni e si situa secondo Moosman e Hostweile nel terzo superiore del polpaccio, nel terzo inferiore, o al livello del tendine d'Achille. La safena interna. Nasce dal bordo interno del piede. Passa davanti al malleolo interno, segue il bordo interno della gamba e della coscia, per gettarsi nella vena femorale a livello della regione inguinale, dopo aver perforato la fascia cribiformis. Questa aderisce alla tunica esterna della vena ed emette un prolungamento su di essa. I NERVI CUTANEI. I nervi si trovano collocati dall'alto in basso e dall'interno all'esterno. 1) Alle facce antero-interna e antero-esterna:
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il piccolo addomino-genitale nella regione inguinale, il safeno interno, e l'accessorio del safeno interno dalla parte del tutto interna, perch il safeno interno discende fino all'alluce mentre l'accessorio del safeno interno si ferma alla parte interna del ginocchio.

l'otturatore interno della faccia interna fino al ginocchio il perforante del crurale nella parte mediana fino al ginocchio il ramo crurale del genito-crurale nella parte mediana e superiore il femoro-cutaneo nella parte esterna il safeno peroneo e cutaneo peroneo sotto al ginocchio nella parte esterna. il muscolo cutaneo della gamba, nella superficie esterna della gamba e in quella superiore esterna del piede.

2) Sulla superficie posteriore. A livello del gluteo si trovano: il plesso sacro-coccigeo all'interno il piccolo sciatico nella parte inferiore la prima e seconda radice lombare nella parte superiore un ramo del grande addomino-genitale nella parte superiore esterna

A livello della coscia: la faccia posteriore e mediana innervata dal piccolo sciatico fino alla cavit poplitea. la faccia posteriore interna dall'otturatore e dall'accessorio del safeno interno la faccia posteriore esterna dal femoro-cutaneo

A livello del polpaccio: safeno esterno per la parte mediana nervo cutaneo peroneo accessorio del safeno esterno per la parte posteriore esterna safeno interno per la parte posteriore interna.

Si studieranno ora le diverse parti dell'aponeurosi dell'arto inferiore, il suo strato profondo e le diverse espansioni. 1) L'APONEUROSI DEI GLUTEI.

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Si distacca dalla cresta iliaca, dal sacro, dal coccige, dal gran legamento sacro-sciatico e si prolunga in basso e in avanti con l'aponeurosi femorale. Nella parte anteriore ricopre il medio gluteo. Giunta al bordo anteriore del grande gluteo, si divide in tre foglietti: superficiale, medio e profondo. a) I foglietti superficiale e medio Ricoprono lo strato superficiale e profondo del grande gluteo. b) Lo strato profondo Sottile, celluloso, ricopre successivamente dall'alto in basso: la parte posteriore del medio gluteo il piramidale i gemelli il quadrato crurale. al di sopra del piramidale per lasciare il passaggio ai vasi e ai nervi glutei superiori, sotto al piramidale per il passaggio dei vasi sciatici e del nervo sciatico. Infine due strati cellulosi ricoprono lo faccia profonda del medio gluteo e la superficie esterna del piccolo gluteo; questi due foglietti continuano con il foglietto profondo dell'aponeurosi del gluteo lungo l'interstizio che separa il medio gluteo dal piramidale. Vediamo che l'aponeurosi del gluteo si spartisce in vari foglietti per rivestire i diversi muscoli, al fine di permettere il loro scorrimento, gli uni sugli altri; costituisce peraltro dei piani di separazione che ci consentono una palpazione profonda, in particolare tra il medio e il grande gluteo, per raggiungere il piramidale e i gemelli, di cui studieremo in seguito. l'importanza

Si interrompe:

2) L'APONEUROSI DELLA (FIG. 29) Si fissa in alto sull'arcata crurale, al pube e sul ramo ischio-puberale; in fuori e dietro continua
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COSCIA

l'aponeurosi del gluteo. L'aponeurosi femorale si prolunga in basso con laponeurosi tibiale dopo un punto di inserzione a livello della rotula, delle tuberosit tibiali e della testa del perone. L'aponeurosi femorale presenta una disposizione particolare nella sua parte supero-interna, a livello del triangolo di Scarpa, a cui dato il nome di fascia cribiformis (a forma di setaccio). Si tratta di un'area molle e sottile, bucata per permettere il passaggio di un vasto numero di vasi linfatici che, dal superficiale, divengono profondi. La pi interessante di queste aperture quella attraversata dalla vena safena interna: in linea con essa, l'aponeurosi s'ispessisce formando un anello, cui viene dato il nome di legamento falciforme e al quale aderisce la guaina della safena interna Questa fascia cribrosa costituisce anche una piega aponeurotica che consente l'abduzione e rotazione interna della coscia, senza provocare in tal modo una tensione troppo forte dell'aponeurosi e evitando cos uno strozzamento delle strutture vascolari e nervose. La sua faccia superficiale si sdoppia per avvolgere il muscolo sartorio. Dallo strato profondo si distaccano dei prolungamenti che vanno ad avvolgere i muscoli della coscia, formando una guaina per ognuno di loro. L'aponeurosi femorale peraltro collegata al femore da due setti intramuscolari, interno ed esterno. Il setto intramuscolare interno Si estende su una linea obliqua che va dal grande e piccolo trocantere fino al condilo interno del ginocchio, inserendosi nel bordo interno della linea aspra; e nella parte inferiore entra nella costituzione dell'anello del terzo adduttore, in cui passa l'arteria femorale. Il bordo interno spesso e sporgente, facilmente palpabile, si presta al tatto come una corda. Pare continuare in basso con il legamento laterale interno del ginocchio. La sua faccia anteriore serve da punto d'inserzione al vasto interno, quella posteriore applicata vicino agli adduttori, alle aponeurosi cui si lega fortemente. Questa aponeurosi divide la regione anteriore della coscia in due aree: una anteriore esterna che contiene il quadricipite una posteriore interna che contiene i muscoli adduttori; il gracile, i vasi femorali

Un setto meno forte separa la loggia posteo-interna da quella posteriore. Il setto intramuscolare esterno Si estende dal gran trocantere al condilo esterno al di sopra del quale forma una corda sporgente, dopo un'inserzione sul labbro esterno della linea aspra. E' punto d'inserzione anteriore per il muscolo vasto mediale e posteriore per il fascio breve del bicipite. Separa la loggia anteriore da quella posteriore.
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La guaina dei vasi femorali. L'aponeurosi femorale si sdoppia per formare una guaina che avvolge e protegge i vasi femorali. Tale guaina si estende dall'anello crurale a quello del terzo adduttore e prende il nome di canale femorale nella parte superiore e di canale di Hunter nella zona inferiore. Il canale ha la forma di un prisma triangolare, torto sul suo asse in modo tale che la sua faccia anteriore in basso divenga interna. Questa disposizione fasciale in torsione fatta in modo da proteggere gli elementi vascolari e nervosi del canale femorale (arterie e vene femorali, nervi safeni interni e accessori del safeno interno), e impedirne la compressione e lo stiramento nei movimenti dell'anca, soprattutto in fase in abduzione-rotazione esterna. Un elemento supplementare protegge, ricoprendolo, questo canale nella parte inferiore: si tratta del muscolo sartorio che presenta un tragitto a spirale obliquo, verso il basso e all'interno. 3) L'APONEUROSI DELLA GAMBA (FIG. 30) Continua dall'aponeurosi della coscia, direttamente dalla parte posteriore, dopo aver preso inserzione a livello della rotula, delle tuberosit della tibia, della testa del peroneo nella zona anteriore. A tal livello riceve delle espansioni aponeurotiche da determinati muscoli della coscia, dal bicipite all'esterno, dal sartorio semitendinoso all'interno. Dal suo strato profondo si distaccano diverse fasce che vanno a formare le guaine dei muscoli, cos come le pareti inter muscolari anteriori ed esterne.

La

parete

intramuscolare esterna Si estende dallo strato interno dell'aponeurosi al bordo separa esterna posteriore. esterno l'area da del anteroquella peroneo. Questa parete

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La parete intramuscolare interna Si estende dalla superficie profonda dell'aponeurosi al bordo anteriore del perone; separa l'area anteriore esterna della gamba in due zone: anteriore esterna per i peronei e l'estensore proprio dell'alluce. La loggia anteriore contiene il muscolo estensore proprio dell'alluce, il tibiale anteriore e l'estensore comune degli alluci; gli ultimi due prendono inserzione sull'aponeurosi del tibiale. A livello della testa del perone, esiste una linea osteo-fibro-muscolare in cui passa il nervo sciatico popliteo esterno, suscettibile ad una compressione in tale zona. Sulla superficie antero-laterale della gamba, l'aponeurosi tibiale ricopre direttamente la tibia e aderisce fortemente al suo periostio. Nella parte posteriore, l'aponeurosi tibiale si sdoppia a livello della cavit poplitea, per ricoprire i muscoli profondi cos come gli elementi vascolari e nervosi e separare queste strutture dal tricipite, permettendo in tal modo il suo scorrimento sulle strutture profonde. 4) L'APONEUROSI DEL PIEDE (FIG. 31) Continua dall'aponeurosi tibiale tramite il legamento anulare, termina agli alluci. Si distinguono l'aponeurosi dorsale e plantare. a) Le aponeurosi dorsali. sono tre: superficiale del pedidio profonda.

1) Aponeurosi superficiale. Ricopre i tendini estensori, lateralmente si fissa sui bordi interni ed esterni del piede, dove si confonde con l'aponeurosi plantare. 2) L'aponeurosi del pedidio.
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Si tratta di uno sdoppiamento di quella superficiale; ricopre il pedidio, i vasi del pedidio e il nervo tibiale anteriore. Fuori, s'inserisce sul bordo esterno del piede, all'interno si confonde con l'aponeurosi superficiale. 3) l'aponeurosi profonda. Si distacca da legamento anulare anteriore del tarso, ricopre la superficie dorsale del metatarso e dei muscoli interossei. b) Le aponeurosi plantari. Sono due, una superficiale, l'altra profonda. 1) L'aponeurosi superficiale. E' separata dalla pelle tramite una fascia di tessuto adiposo abbondante e come l'aponeurosi palmare si suddivide in tre parti. media interna esterna.

a) Aponeurosi plantare media. E' una fascia resistente e spessa soprattutto sul retro; contribuisce al mantenimento delle volte plantari anteriori e posteriori. E' triangolare; si attacca dietro sulle tuberosit del calcagno e davanti si allarga. Termina a livello delle articolazioni metacarpo -falange. E' costituita da fibre longitudinali molto resistenti che formano in avanti delle bandellette pre tendinee e delle fibre trasversali, abbondanti nella zona anteriore. Queste formano a livello delle metacarpo-falange un legamento trasverso superficiale, che sostiene la volta plantare anteriore. Lateralmente, si confonde con le aponeurosi esterne e interne. b) L'aponeurosi plantare interna. Assai pi sottile della precedente, si estende dalla tuberosit interna del calcagno alla radice dell'alluce. Si confonde fuori con l'aponeurosi media, dentro con l'aponeurosi plantare superficiale. c) L'aponeurosi plantare esterna. Si attacca sul retro alla tuberosit esterna del calcagno, e di fronte alla base del quinto metacarpo; si confonde all'interno con l'aponeurosi media, al di fuori con l'aponeurosi superficiale. Nel punto in cui l'aponeurosi media continua con quella esterna e interna, costituisce un'espansione sagittale che collega: - l'interno dello scafoide al primo cuneiforme e alla strato inferiore del primo metacarpo. - l'esterno sulla guaina del lungo peroneo laterale e sul quinto metacarpo. Queste pareti determinano sulla fascia plantare del piede tre logge: interna, media ed esterna. Queste sono incomplete e attraversate da elementi vascolari e nervosi.
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2) L'aponeurosi profonda Ricopre i muscoli interossei e si connette dietro sugli elementi fibrosi del tarso, confondendosi in avanti con il legamento dell'intermetatarso profondo. Ricordiamoci che, al livello dell'arto inferiore, cos come all'arto superiore, l'aponeurosi tibiale si sdoppia per avvolgere il sistema vascolare e nervoso, superficiale e profondo, e soprattutto il nervo sciatico che, qualunque sia il suo modo di divisione alto o basso, sempre avvolto da una guaina aponeurotica che continua sullo sciatico popliteo esterno e interno, e pu giocare un ruolo importante nella sua patologia, come vedremo. IN SINTESI L'APONEUROSI DELL'ARTO INFERIORE.
Prosegue dalle aponeurosi del tronco, tramite le aponeurosi delle natiche. Termina a livello del piede, dopo aver preso punti fissi a livello del ginocchio e delle caviglie. E' attraversata da un sistema venoso, linfatico e nervoso che la perfora. E' formata da fibre verticali, oblique e orizzontali che s'intersecano e si compenetrano al fine di accrescere loro la resistenza. Dal suo strato profondo si distaccano diverse lame: perpendicolari: setti intramuscolari che si agganciano sul periostio e tramite questo si prolungano con le trabecole ossee. Longitudinali, che circondano i diversi muscoli in cui costituire le fasce aponeurotiche profonde. Infine, essa presenta degli sdoppiamenti che proteggono e avvolgono il sistema vascolare e nervoso, sia superficiale sia profondo. Inoltre, si articola con le aponeurosi del torace e addominali, con quelle perineali superficiali e profonde per mezzo del piramidale e dell'otturatore interno, con la fascia iliaca tramite lo psoas, con le aponeurosi addominali profonde e la fascia trasversalis a livello dell'arcata crurale.

ARTICOLAZIONI

DELLE

APENEUROSI

DELLARTO INFERIORE

APENEUROSI DORSALE APENEUROSI ADDOMINALE APENEUROSI DEL GLUTEO FASCIA ILIACA


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FASCIA TRASVERSALIS PELLE

APENEUROSI DELLARTO INFERIORE


SETTO INTERMUSCOLARE

APENEUROSI DEL PERINEO PERIOSTIO

TERMINAZIONE SULLE DITA

LE APONEUROSI INTERNE Si studieranno in seguito: le aponeurosi cervicali, medie e profonde. le aponeurosi intra-toraciche intra-addominali del piccolo bacino

A- L'APONEURSI CERVICALE MEDIA (FIG. 32)

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Si estende: dall'osso iodio alla superficie posteriore della clavicola e dello sterno. Lateralmente avvolge i muscoli omo-ioidei e si confonde sul bordo anteriore del trapezio con l'aponeurosi superficiale profonda. Davanti, l'aponeurosi media aderisce a quella superficiale fino all'estremit inferiore basso le della due si per laringe, pi in aponeurosi separano e

delimitare lo spazio soprasternale, percorso dalla giugulare anteriore. L'aponeurosi cervicale media si sdoppia in una fascia superficiale per i muscoli anteriori del collo e per quelli sterno-cleido-ioidei e omo-ioidei; in una fascia profonda per i muscoli tiro-ioidei e sterno-tiroidei. Dal suo strato profondo si distaccano delle espansioni che entrano in rapporto con la membrana peri-faringea e il fascio vascolare del collo, che gira intorno alla carotide primitiva, alla giugulare interna e al nervo pneumo-gastrico; ogni elemento fornito anche di una guaina propria. Trasmette peraltro un'espansione alla tiroide e s'immette nella costituzione della sua aponeurosi. Nella parte inferiore laterale, dopo essersi fissata sulla clavicola, trasmette delle espansioni molto resistenti al tronco venoso brachio-cefalico e alla vena succlavia, fissando e mantenendo beanti questi elementi venosi. S'immette inoltre nella costituzione dell'aponeurosi del succlavio. L'aponeurosi cervicale media si prolungher a livello del torace anteriore tramite l'aponeurosi endotoracica. B. L'APONEUROSI CERVICALE PROFONDA (FIG. 33) Ricopre davanti i muscoli prevertebrali, da cui il nome di aponeurosi pre vertebrale. Si fissa: in lato sull'apofisi basilare dell'occipitale

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- lateralmente sulle apofisi traverse delle cervicali, da cui prosegue con l'aponeurosi degli scaleni. Per suo tramite raggiunge lo strato profondo dell'aponeurosi superficiale davanti al bordo anteriore del trapezio, cos come l'aponeurosi media, separa in questo modo la guaina viscerale anteriore da quella posteriore muscolare del collo.Davanti, sulla linea mediana, collegata con la faringe e l'esofago, a cui unita per mezzo di un strato di tessuti cellulari molto giugulare lasso; interna, lateralmente il pneumos'interfaccia con la carotide, la gastrico, e allo stesso modo con i rami anteriori dei nervi rachidei che sono inglobati nell'aponeurosi pre vertebrale. Dietro, ricopre i muscoli pre vertebrali, a cui trasmette espansioni che li circondano: il lungo il collo, piccoli e grandi retti anteriori. Da notare che questi muscoli sono gli unici a livello superiore ad essere collocati di fronte alla colonna vertebrale e ad avere, inoltre, una situazione intra cavitaria. Rappresenta inoltre il supporto al sistema simpatico e ai rami comunicanti, situati in uno sdoppiamento dell'aponeurosi pre-vertebrale o in una guaina speciale (Droubruch). Si prolunga verso la parte inferiore tramite la fascia endo-toracica posteriore, dopo un punto di inserzione sulla prima vertebra dorsale. IN SINTESI LE APONEUROSI CERVICALI
Sono tre: 1) Una superficiale che prolunga verso il basso le aponeurosi del cranio, termina sulla circonferenza dell'anello torace e si prolunga tramite le aponeurosi: del torace dell'arto superiore

Avvolge i muscoli superficiali del collo, anteriori e posteriori, cos come le vene e i nervi superficiali. Si articola in oltre con l'aponeurosi media e profonda sul bordo esterno del trapezio, con la media nella zona anteriore del collo.
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2) Una media presente nella parte antero-laterale del collo. Inizia dall'osso ioide, si collega al livello dello sterno per prolungarsi poi tramite la fascia endo-toracica. Avvolge i muscoli profondi antero-esterni Costituisce la guaina del fascio vascolare nervoso del collo: carotide, giugulare interna, vago . Partecipa alla costruzione dell'aponeurosi della tiroide. Si articola infine con l'aponeurosi superficiale e profonda cos come l'aponeurosi peri-faringea. 3) Una profonda Nasce dall'apofisi basilare dell'occipite. Si prolunga in basso tramite la fascia endo-toracica dopo un punto d'inserzione sul D1. Dietro, aderisce alle apofisi trasversali cervicali. Costituisce l'aponeurosi degli scaleni e si articola tramite loro con la media e la superficiale avvolgendo i muscoli prevertebrali. Sostiene il plesso cervicale cos come i gangli cervicali in uno sdoppiamento. Infine, si stabilizza sull'aponeurosi peri-faringea tramite delle bande anteriori e posteriori.

ARTICOLAZIONI DELLAPENEUROSI CERVICALE SUPERFICIALE


EPICRANICA TEMPORALE PELLE MASSETERICA APENEUROSI CERVICALE MEDIA

APENEUROSI CERVICALE SUPERFICIALE


APENEUROSI CERVICALE PROFONDA FASCIA TRASVERSALIS FASCIA ILIACA APENEUROSI DORSALE E TORACO ADDOMINALE

APENEUROSI AS E AI

ARTICOLAZIONI DELLAPENEUROSI CERVICALE MEDIA


APENEUROSI DELLARTO SUP APENEUROSI SUPERFICIALIS APENEUROSI PROFONDA

APENEUROSI CERVICALE MEDIA


APENEUROSI PERIFARINGEA PERICARDIO DIAFRAMMA
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FASCIA ENDOTORACICA

PLEURA PERITONEO

FASCIA PERIRENALE

FASCIA TRASVERSALIS
APENEUROSI DELLARTO INFERIORE APENEUROSI DEL PERINEO

FASCIA PROPRIA APENEUROSI ADDOMINALI

ARTICOLAZIONIDELLAPENEUROSICERVICALE PROFONDA
APENEUROSI EPICRANICA APENEUROSI CERVICALE MEDIA

APENEUROSI CERVICALE PROFONDA


APENEUROSI PERIFARINGEA

E SUPERFICIALE

PERICARDIO DIAFRAMMA

FASCIA ENDOTORACICA
FASCIA PERIRENALE

PLEURA PERITONEO FASCIA PERIRENALE

FASCIA TRASVERSALIS
FASCIA ILIACA APENEUROSI DEL PERINEO B- LA FASCIA ENDOTORACICA (FIG. 34)

FASCIA ILIACA

Riveste la superficie interna della cassa toracica, delle costole e degli intercostali interni cui legata da elementi fibrosi. Dietro, rispetto alla superficie laterale della colonna vertebrale, pi densa e collegata alle vertebre da fini legamenti (Braine).

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Nella parte superiore, ricopre la volta pleurale, aderisce al periostio della prima costola soprattutto nella parte posteriore, e alla guaina vascolare dell'arteria succlavia (collegamento con aponeurosi cervicale media) anteriormente. S'ispessisce consistentemente e forma una parete fibrosa, il diaframma cervico-toracico di Bourger alla luce del quale si sono individuati i legamenti sospensori della pleura (Seibileau): legamento costo-pleurale trasverso-pleurale vertebro-pleurale

Nella sua parte inferiore, ricopre il diaframma a cui unita in modo assai stretto, e tramite questo si prolunga nella parete addominale per la fascia trasversalis. Nella parte interna aderisce strettamente alla pleura parietale che tramite essa, allega alla parete toracica. Nella zona del mediastino spessa e molle. Nonostante ci forma sulla superficie del pericardio una lamina fibrosa unita ad esso, immediatamente sottostante alla pleura. La pleura aderisce ancora alla parete tramite la fascia endo-toracica: davanti, rispetto al triangolare dello sterno dietro, tra l'angolo posteriore delle costole e la colonna vertebrale e sulla colonna stessa.

C- LA FASCIA TRASVERSALIS Riveste lo strato interno dell'addome. Aderisce strettamente al peritoneo parietale tramite una fascia propria, da cui difficile distinguerla. Nella parte posteriore, si sdoppia per formare un sacco che contiene il rene. Questo sacco formato:
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da una fascia retro-renale che aderisce dietro nella zona mediana ai grossi vasi e alle vertebre. dalla fascia pre-renale.

Frontalmente, queste due fasce si raggiungono lateralmente, formando un sacco in cui sono contenuti i reni. Tale fascia si attacca in alto al diaframma e in basso alla fascia iliaca. Nella parte inferiore, riposa sugli organi del piccolo bacino confusa con il peritoneo parietale. Genera un diverticolo nel canale inguinale, che costituisce la guaina fibrosa del cordone. A livello dei vasi iliaci esterni la fascia continua sulla guaina di questi. Anteriormente e nella zona mediana rinforzata da legamenti di Henl e Hesselback. Inizia dietro sul bordo laterale della regione lombare, dove si riconnette alla fascia iliaca; sulla parte ventrale strettamente legata alla linea alba. E' costituita da fibre trasversali soprattutto unite a delle fibre oblique e verticali, in particolare nella zona anteriore. Il suo spessore non uniforme, e soprattutto spessa sotto l'ombelico. La fascia trasversale, nella parte anteriore laterale in contatto con le aponeurosi addominali, nella parte posteriore se ne separa tramite la fascia renale, quest'ultima situata sulla fascia iliaca, che uno sdoppiamento delle aponeurosi addominali posteriori. Questa fascia iliaca aderisce: all'interno, ai corpi vertebrali, alle arcate d'inserzione dello psoas e alla linea innominata. all'esterno, all'aponeurosi del quadrato dei lombi.

In alto, la fascia presenta un ispessimento, l'arcata dello psoas. Questa si attacca medialmente al corpo della seconda lombare, passa davanti allo psoas e termina alla base dell'apofisi trasversa della prima lombare A livello dell'arcata femorale, la fascia iliaca aderisce a questa frontalmente, al punto che nella sua parte interna pi spessa e forma una banda fibrosa e resistente, la fascetta iliopectinea, che delimita al di fuori l'anello crurale. Sotto l'arcata, la fascia iliaca si prolunga fino all'inserzione trocanterica dello psoas iliaco e s'immette nella costituzione delle aponeurosi femorali.

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LE FASCE ENDOTORACIHCE E TRASVERSALI IN SINTESI Continuano dalle aponeurosi cervicali medie e profonde che costituiscono la fascia endo-toracica stessa, prolungata dalla fascia trasversale dopo un collegamento tramite il diaframma. 1) la fascia endo-toracica si articola: all'esterno con la faccia interna della cavit toracica all'interno con le pleure e il pericardio in basso col diaframma e poi la fascia trasversale.

2) La fascia trasversale si articola: in alto con il diaframma e la fascia endo-toracica esternamente con le aponeurosi addominali profonde cos come con le fasce renali all'interno con il peritoneo in basso con le aponeurosi del piccolo bacino da un lato, e con l'arto inferiore dall'altro, tramite le sue espansioni sull'arcata crurale; comunicazione verso l'esterno.

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E-LE APONEUROSI DEL PERINEO E DEL PICCOLO BACINO (fig 35)


Le aponeurosi del perineo vanno a chiudere la parte inferiore della cavit addominale. Sono delle fasce molto resistenti, si inseriscono sulla circonferenza del bacino e presentano degli orifizi in senso antero-posteriore, con una differenza nella parte anteriore tra uomo e donna. Le aponeurosi sono tre sostengono e rinforzano i tre piani muscolari del piccolo bacino: aponeurosi perineale superficiale aponeurosi perineale media aponeurosi perineale profonda

1) Aponeurosi perineale superficiale Sottocutanea, si estende solamente nel perineo anteriore. Si attacca: -lateralmente sul labbro anteriore del ramo ischio-pubico -il suo apice, diretto in avanti, continua con il rivestimento fibroso del pene. Nella donna si perde nei tessuti connettivi delle piccole labbra e in avanti si continua con la fascia clitoridea -la sua base si estende da un ischio allaltro e stabilisce i confini tra perineo anteriore e posteriore. A questo livello si incurva verso lalto e dopo aver contornato il bordo posteriore del trasverso superficiale, si fonde col foglietto inferiore dellaponeurosi media. Invia indietro delle espansioni allanello fibroso centrale del perineo. La faccia profonda emette delle espansioni che tappezzano il trasverso superficiale, lischio-cavernoso, il bulbo-cavernoso. Queste espansioni si uniscono al foglietto profondo dellaponeurosi media.
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2) Laponeurosi perineale media Gli anatomisti inglesi la chiamano anche: legamento perineale di Carcassonne, legamento triangolare delluretra di Colle, o diaframma urogenitale dagli anatomisti tedeschi. Di forma triangolare, occupa solamente il triangolo anteriore o urogenitale del perineo. La sua complessit dimostrata dal fatto che sono state fatte numerose descrizioni, anche contraddittorie ( Zuckerkandl, Charpy, Delbert, Gregoire, Monier, Hovelacque). Per semplificare le cose al fine di una migliore comprensione noi ci riferiamo a Testut e Rouviere. composta da due foglietti: uno inferiore e uno superiore, che racchiudono tra loro i muscoli del piano medio, trasverso profondo indietro e sfintere esterno delluretra in avanti. a) Foglietto inferiore o legamento perineale di Carcassonne Spesso e resistente, si inserisce allesterno sulla faccia interna dellischio, sul labbro interno del bordo inferiore del ramo ischio-pubico, immediatamente al di sopra delle inserzioni dei corpi cavernosi e ischiocavernosi aderisce indietro; alle eccetto si quali che estende

trasversalmente e aderisce intimamente, sulla linea mediana, alla tonaca albuginea del bulbo e ai corpo spongioso delluretra. Il suo bordo posteriore si unisce: in basso allaponeurosi perineale superficiale, in alto al foglietto profondo dellaponeurosi media. Indietro invia delle espansioni allanello fibroso centrale del perineo. In avanti si confonde col foglietto superiore. In definitiva il foglietto inferiore dellaponeurosi media realizza un sistema di ancoraggio del bulbo e dei corpi spongiosi, tale da fissarli saldamente ai rami ischio-pubici (Paul Delbert). Il suo tessuto non sempre lo stesso. E infatti pi sottile indietro dove ricopre il trasverso profondo, mentre pi spesso e molto resistente in vicinanza delluretra membranosa; qui laponeurosi ha laspetto di una bandelletta, chiamata legamento trasverso del pube. La parte anteriore spessa, e si confonde con il legamento sottopubico che chiude la parte alta e anteriore del perineo.
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b) Foglietto superiore o profondo (fig 37) Ricopre la faccia superiore del trasverso profondo e dello sfintere striato delluretra. Posteriormente si unisce al foglietto superficiale dellaponeurosi e invia delle espansioni allanello centrale del perineo. Anteriormente aderisce al foglietto inferiore per costituire con questo il legamento trasverso del bacino di Henl e infine termina sul legamento sottopubico. Sui lati il foglietto superiore dellaponeurosi media si attacca al ramo ischio-pubico al di sopra dellinserzione del trasverso profondo e invia una espansione allaponeurosi dellotturatore interno. Questa espansione si sdoppia per formare un condotto fibroso nel quale passa il pacchetto vascolonervoso pubendo interno: il canale di Alcook. Nella parte posteriore laponeurosi perineale media emette una lamina ascendente tra la prostata e luretra membranosa in avanti e il retto indietro. Questa si aggancia in alto al fondo di sacco di Douglas e costituisce laponeurosi prostatoperitoneale di Denonvilliers. Questa aponeurosi si sdoppia in due lamine: una lamina posteriore che forma il setto retto-vescicale una lamina anteriore che ricopre le vescicole seminali, il canale deferente e la parte posteriore della prostata. Forma dunque la loggia della prostata, la cui parte anteriore si distacca dalla aponeurosi perineale media. Nella donna, laponeurosi di Denonvilliers rimpiazzata da un sottile foglietto che costituisce laponeurosi retto-vaginale. Nelluomo laponeurosi perineale media racchiude tra i suoi due foglietti le ghiandole di Cowper. Questa presenta due orifizi : lorifizio della vena dorsale del pene, tra il legamento sotto-pubico e il legamento trasverso di Henl pi indietro, lorifizio della porzione membranosa delluretra, circondato dallo sfintere esterno.

3) Laponeurosi perineale profonda (fig 38) Molto pi estesa delle precedenti, occupa contemporaneamente il perineo anteriore e posteriore. Supera anche i confini della regione perineale per risalire sulle pereti laterali del bacino e raggiungere direttamente il distretto superiore. La parte superiore dellincavo pelvico costituito da otto muscoli:

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elevatore dellano, nella parte centrale ischio-coccigei, indietro otturatori, di lato piramidali, nella parte postero-laterale

Questi otto muscoli sono circondati ciascuno dalla propria aponeurosi. Lunione di tutte le aponeurosi costituisce laponeurosi perineale profonda, che con i muscoli citati, chiuder tutti gli orifizi del perineo ad eccezione di quelli del piano medio. Nella sua estensione laponeurosi perineale assume la forma di un imbuto. Per comodit di descrizione la divideremo in due met simmetriche, considerando per ciascuna di esse: un bordo esterno un bordo interno una faccia superiore una faccia inferiore

1) Bordo esterno Si inserisce: in avanti sulla faccia posteriore del corpo del pube e del suo ramo orizzontale (in continuit con la fascia addominale anteriore); sullarcata fibrosa che limita in basso lorifizio interno del canale sotto-pubico, di cui entra a far parte; dietro questo canale risale fino al distretto superiore, si inserisce sulla linea innominata fondendosi con la fascia iliaca (continuit della fascia addominale laterale con la fascia pelvica); discende in seguito verso la grande incisura ischiatica costeggiando il bordo superiore del piramidale; infine entra in contatto con laponeurosi presacrale e si attacca allinterno dei fori sacrali pelvici (continuit posteriore con le fasce addominali) 2) Bordo interno Le due met dellaponeurosi pelvica entrano in contatto tra loro sulla linea mediana in due punti: il rafe ano-bulbare il rafe ano-coccigeo Davanti al rafe ano-bulbare, queste sono separate da un intervallo triangolare costituito dallaponeurosi perineale media. Tra i due rafe, queste due met sono separate dallorifizio rettale unendosi alla guaina fibrosa del retto pelvico. A livello della prostata questa guaina si unisce allaponeurosi laterale della prostata e, attraverso il suo intermediario, alla aponeurosi media. 3) Faccia inferiore Poggia direttamente sui muscoli che giacciono sotto; unita a questi da un sottile strato di tessuto cellulare
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4) Faccia superiore separata dal peritoneo attraverso uno spazio chiamato pelvico-viscerale, che contiene luretra, il canale deferente e i vasi e i nervi dei visceri pelvici. Laponeurosi perineale profonda non ha uno spessore uniforme, ma presenta tre grandi ispessimenti che divergono a raggiera dalla spina ischiatica, per formare la stella a tre braccia di Rogies: arco tendinoso dellelevatore, che va sullischio un rinforzo che costeggia il bordo anteriore della grande incisura sciatica (bandelletta ischiatica) un rinforzo che scende lungo linterstizio tra il muscolo coccigeo da un lato, il piramidale e il plesso sacrale dallaltro (bandelletta spino-sacrale). da notare che laponeurosi dellotturatore interno, che superiormente era accollata allaponeurosi perineale media e superiore, si continua in basso con il grande legamento sacro-ischiatico e si prolunga sulla faccia anteriore del muscolo grande gluteo, che supera in basso questo legamento (unione con laponeurosi superficiale). Laponeurosi perineale profonda invia delle espansioni al nucleo fibroso centrale del perineo. In senso antero posteriore perforata dal retto e circondata dal suo sfintere, luretra alluscita della prostata, la vagina, nella donna, che rappresenta un importante deiscenza. Laponeurosi perineale profonda si inserisce sulla circonferenza della vagina e costituisce uno dei suoi principali sostegni. Lapeneurosi perineale profonda riceve delle espansioni dalla bandelletta del colon (articolazioni con fasce viscerali) e nella sua parte postero laterale attraverso la fascia del piramidale costituisce il sostegno del plesso lombo sacrale. Altre strutture aponeurotiche completano e chiudono il piccolo bacino da dietro in avanti: laponeurosi presacrale laponeurosi di Denonvilliers o retto-vaginale (gi studiata) laponeurosi vescico-vaginale e il parametri nella donna laponeurosi ombelico-previscerale le lamine sacro-retto-genito-pubiche di Delbet o tende dellarteria e del plesso ipogastrico.

Le prime quattro rappresentano delle tende vascolari situate nel piano frontale. Lultimo setto in direzione sagittale.
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5) Le aponeurosi annesse al perineo (fig 39) a) Aponeurosi presacrale Discende dalladdome con larteria emorroidale media (continuit con le aponeurosi addominali), riveste la faccia anteriore del sacro e si confonde sulla faccia posteriore del retto con la guaina fibrosa del retto, che a sua volta costituita dalla fascia retrorettale, che si estende dalla fine del meso-sigmoide in alto fino al pavimento pelvico in basso. Sullaponeurosi presacrale, va a terminare la parte posteriore dellaponeurosi perineale profonda e va ad ancorarsi la lamina di Delbert. infine anche il supporto del plesso sacrale e della ghiandola coccigea di Luschka.

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b) Aponeurosi di Denonvilliers o retto-vaginale c) Aponeurosi vescico-vaginale e parametrio La base della vescica separata dalla vagina da un setto cellulare pi o meno ben individualizzato: la fascia vescico-vaginale o fascia dHalban, nello spessore della quale passa trasversalmente il segmento terminale juxtavescicale delluretere. Le fasce retto-vaginali e di Halban inviano delle espansioni al legamento largo. Questo un ispessimento del peritoneo, che ricopre lutero, le tube, le ovaie, e i legamenti rotondi. La sua forma e la sua direzione sono molto complessi per questo ne daremo una breve descrizione senza entrare troppo nei dettagli. Il legamento largo formato da due foglietti peritoneali, che rivestono uno la faccia anteriore e laltro quella posteriore dellutero, a partire dal suo bordo laterale. Questi due foglietti, che sono in continuit luno con laltro, si appoggiano luno allaltro e si dirigono in fuori verso la parete laterarale della pelvi, sulla quale si riflettono per divenire peritoneo parietale pelvico. In basso i due foglietti si allontanano luno dallaltro, dallavanti allindietro, sul pavimento pelvico e si riflettono luno in avanti, laltro indietro per diventare peritoneo pelvico del fondo dalla pelvi (fig 40). Il legamento largo cos formato ha schematicamente la forma di un setto trasversale quadrilatero fortemente inclinato in basso, in avanti e nel suo insieme, fortemente concavo indietro. Vi si distinguono due parti: una parte inferiore spessa, fissa, solidale contemporaneamente alla parete pelvica, alla regione cervico-istmica dellutero e alla vagina; corrisponde al parametrio, supporto dellutero (dalla croce di Richard) e alla paravagina, supporto superiore della vagina. Una parte superiore, il mesometrio, che comprende tre ali: una ala tubale o mesosalpingi; una ala funicolare o del
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legamento rotondo; un meso ovario teso al di sotto dal legamento utero-ovarico al lomboovarico.(fig 41) d) Aponeurosi ombelico previscerale (fig 42) Corrisponde alle tende vascolari dalle arterie ombelico-vescicali, che la sottendono lateralmente, sulla linea mediana; aderisce ugualmente alluraco. Di forma triangolare fortemente concava allindietro: si attacca attraverso la sua sommit, allombelico si porta in basso indietro e raggiunge presto la sommit della vescica. Qui si allarga bruscamente e si ripiega su se stessa, come a formare un sacco concavo indietro; abbraccia la faccia anteriore e le facce laterali della vescica e scende cos lungo le sue facce fino al pavimento pelvico dove va a finire nel modo seguente: 1-sulla linea mediana si fonde con i legamenti pubo-vescicali 2 - ai lati si confonde con laponeurosi pelvica fino al bordo anteriore delle due incisure ischiatiche. I bordi laterali dellaponeurosi ombelico-prevescicale si estende obliquamente dalla grande incisura ischiatica allombelico. Aderiscono alla parete addomino-pelvica in parecchi punti: in basso allaponeurosi dellotturatore interno; in alto alla guaina del grande retto, alla fascia trasversale fino a tre, quattro centimetri al di sotto delle arcate di Douglas; Laponeurosi ombelico-prevescicale ha nella sua parte inferiore uno spazio tra la vescica e la parete addominale: lo spazio di Retyzius. Lamine sacro-retto-genito-pubiche di Delbet (fig 43) Corrispondono alla tenda delle arterie ipogastriche. Si estendono sagittalmente dal sacro indietro, al interno dei fori sacrali, fino alla faccia posteriore del pube in avanti. Costeggiano i bordi laterali dei visceri pelvici dove lasciano alcune fibre. Sulla faccia interna, sono doppie, rivestite e rinforzate da una lamina nervosa che corrisponde al plesso ipogastrico.

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Riassumendo le aponeurosi del perineo e del piccolo bacino


Nel perineo abbiamo le tre aponeurosi che chiudono la cavit inferiore delladdome, dato che queste tre aponeurosi sono rinforzate dai muscoli che esse circondano. Nel perineo anteriore troviamo: - lapeneurosi perineale superficiale che si articola con le aponeurosi: addominali superficiali dellarto inferiore dei glutei - lapeneurosi perineale media composta da due foglietti, essa si articola con le aponeurosi: perineale superficiale perineale profonda addominali profonde - lapeneurosi perineale profonda, molto resistente, ricopre tutto il perineo e si articola con: la perineale media in basso le aponeurosi addominali profonde cos come lapeneurosi ombellico - prevescicale lateralmente con lapeneurosi dellotturatore interno e attraverso di esso si collega con lesterno con il grande legamento sacro-ischiatico che si prolunga sulla faccia anteriore del muscolo grande gluteo, . lapeneurosi dellischio coccigeo e del piramidale nella parte postero-laterale, essendo queste due aponeurosi parte della perineale profonda. Attraverso il piramidale, inoltre, stabilisce un collegamento con lesterno, lapeneurosi presacrale dietro, la fascia trasversalis in tutto il suo contorno. Sopra queste apenerosi e spesso derivanti da queste abbiamo: due strutture centrali antero posteriori: le lamine sacro-retto-genito-pubiche di Delbet. Queste, a sua volta, sono divise in setti che, dal davanti in dietro, sono: lapeneurosi ombellico-vescicale lapeneurosi vescica vaginale o fascia di Halban nella donna lapeneurosi retto-vaginale nella donna o aponeurosi prostato-peritoneale nelluomo lapenurosi presacrale La parte superiore di questa zona chiusa, nelluomo, dal peritoneo, nella donna dal peritoneo e dai parametri. Una struttura, in questa zona, il nucleo fibroso centrale, attira lattenzione: una struttura fibrosa situata, nelluomo, fra lano e la radice dello scroto, nella donna fra retto e radice inferiore delle grandi labbra. Rappresenta il punto pi basso del perineo e per estensione della cavit toraco addominale. formata dalle espansioni di tre aponeurosi perineali e di tutti i muscoli del perineo eccetto gli ischio-cavernosi e gli ischio-coccigei. Rappresenta, dunque, il fili che chiude in basso la borsa toraco addominale. Fascia traversalis Aponeurosi ombellico prevescicale peritoneo fascia di Halban lamine sacro-retto-genito-pubiche aponeurosi di Denonvilliers fascia presacrale

Aponeurosi perineali
Fascia dellotturatore Aponeurosi del piramidale aponeurosi arto inferiore

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LASSE APONEUROTICO CENTRALE


A- LAPONEUROSI INTERPTERIGOIDEA
Quadrilatera, si attacca: in alto, da dietro in avanti: sulle due labbra della scissura di Glaser, sul prolungamento della rocca interposta fra le scissure petro-timpaniche e timpano petrose, sulla spina dello sfenoide, sul bordo interno del foro ovale in basso: sul mascellare immediatamente al di sotto delle inserzioni dello pterigoideo interno e sulla spina di Spix il suo bordo posteriore libero il suo bordo anteriore: si attacca al bordo posteriore dellala esterna dellapofisi pterigoidea; pi in basso si porta verso la faccia laterale della base della lingua, dove si unisce al prolungamento anteriore dellaponeurosi perifaringea. Laponeurosi interpterigoidea non ha lo stesso aspetto in tutto il suo decorso: la parte posteriore spessa e resistente conosciuta col nome di legamento sfeno-mascellare la parte anteriore suddivisa in due dal legamento pterigo-spinoso

B- APONEUROSI PTERIGOTEMPOROMASCELLARE (fig 44)


Situata al di fuori dellaponeurosi interpterigoidea, si inserisce: in alto sulla grande ala dello sfenoide in avanti sulla parte superiore dellala pterigoidea interna il suo bordo superiore, diventa libero e si ispessisce sopra e al di fuori del foro ovale, per formare i legamenti di Hyrtl in basso la sua inserzione si confonde con laponeurosi interpterigoidea

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C- APONEUROSI PALATINA
una lamina fibrosa molto resistente che ricopre i muscoli stafilini e costituisce il velo del palato. Fa seguito alla volta palatina e occupa la met anteriore del velo palatino di cui questa costituisce la struttura scheletrica. Si attacca: in avanti al bordo posteriore della volta palatina lateralmente al bordo inferiore e alluncino dellala interna dellapofisi pterigoidea indietro si perde nello spessore del velo

laponeurosi palatina costituita in gran parte da fibre tendinose dei muscoli peristafilini e si prolunga indietro attraverso questi. I muscoli del velo del palato sono in rapporto con le aponeurosi della faringe; queste aponeurosi emettono delle espansioni che ricoprono la porzione discendente dei muscoli peristafilini interno ed esterno.

D- APONEUROSI FARINGEA E PERIFARINGEA (fig 45)


Laponeurosi perifaringea una membrana fibrosa molto resistente che avvolge lesofago e la trachea. Si continua in alto nello spazio maxillo-faringeo sulla parete della faringe e si prolunga in basso nel mediastino; la sua porzione inferiore viene chiamata anche guaina viscerale. Sopra il costrittore superiore si unisce allaponeurosi intrafaringea e, confondendosi con questa, si attacca alla base del cranio: alla base delloccipite a livello del tubercolo faringeo sulla faccia inferiore della rocca in avanti e dentro al foro carotideo sulla lamina fibrosa che ostruisce il foro lacero anteriore sulla parte postero-esterna della base dellapofisi pterigoidea sulla parete inferiore, fibrosa della tromba sul legamento pterigo-mascellare

Emette in avanti un prolungamento di cellule linguali che accompagna verso la lingua il muscolo faringoglosso. Le aponeurosi intra e perifaringee emettono delle espansioni che ricoprono la porzione discendente dei muscoli peristafilini interno ed esterno. Laponeurosi perifaringea rinforzata al di sotto del peristafilino esterno dal legamento timpano-pterigo-mascellare.

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Raggiungendo il bordo posteriore della tiroide laponeurosi perifaringea si sdoppia in due foglietti: uno profondo o interno, continua la guaina viscerale sulla trachea e la laringe e forma il foglietto profondo della guaina tiroidea laltro esterno tappezza da dentro a fuori la faccia posteriore del lobo laterale corrispondente del corpo della tiroide e si unisce, nella parte pi esterna di questa faccia, al foglietto profondo dellaponeurosi media, che completa in avanti la guaina del corpo della tiroide Dalla parte anteriore della guaina viscerale, lungo il bordo inferiore del corpo della tiroide, si stacca una espansione che accompagna le grosse vene tiroidee, circonda il tronco brachio-cefalico venoso sinistro e si prolunga fino al pericardio . questa espansione porta il nome di lamina tiropericardica o cervicopericardica(Richet). La lamina cervicopericardica e la parte continua del pericardio limitano, col foglietto profondo dellaponeurosi media e il legamento sterno-pericardico superiore, uno spazio occupato dal timo (fig 46). La guaina viscerale del collo invia indietro delle espansioni sagittali (Charpy), che la uniscono allaponeurosi cervicale profonda e attraverso di essa ai tubercoli anteriori delle apofisi trasverse. Un prolungamento posteriore la unisce allapofisi stiloidea costituendo laponeurosi stilo-faringea. Si lega inoltre alle grandi e piccole corna dellosso ioide. A livello del costrittore superiore, invia una espansione intrafaringea che costituisce laponeurosi intrafaringea. Ha la forma di una doccia perch occupa solo le pareti posteriore e laterali della faringe; fibrosa e resistente in alto, sottile e cellulare in basso, si continua con la tunica cellulare dellesofago indietro e il pericardio in avanti.
Dura madre base del cranio Aponeurosi interpterigoidea Aponeurosi pterigo temporo - mascellare Aponeurosi palatina aponeurosi cervicale media

Aponeurosi perifaringea
Aponeurosi cervicale profonda pericardio diaframma

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E-IL PERICARDIO
Il pericardio un sacco fibro-sieroso che riveste il cuore ed composto da due parti: una profonda, sierosa formata da un foglietto viscerale, modellato sul cuore e i vasi e un foglietto parietale che ricopre il foglietto precedente una superficiale, fibrosa, che riveste il foglietto parietale sotto forma di un sacco chiuso ermeticamente, destinata a proteggere e fissare il cuore. Noi studieremo soprattutto il pericardio fibroso e descriveremo in seguito brevemente quello sieroso.

1) Il pericardio fibroso (fig 47)


Fa seguito, come abbiamo visto prima, allaponeurosi perifaringea. Il pericardio fibroso una membrana spessa e resistente. Riveste il foglietto parietale del pericardio sieroso, forma un vero e proprio sacco fibroso attraversato dai grossi vasi del cuore. Dei solidi legamenti lo fissano al diaframma, alla parete anteriore e posteriore del torace e alla regione del collo. a) Il sacco fibroso Di aspetto bianco madreperlaceo, formato da fibre curvilinee che si intrecciano in tutti i sensi e si addensano in bandellette che realizzano attorno ai vasi dei veri e propri anelli fibrosi. Ha la forma di un cono troncato alla base inferiore. Avvolge il cuore. La sua base riposa sul diaframma, pi precisamente sul foglietto anteriore e sulla parte anteriore del foglietto sinistro, ma ne sempre separata da un sottile strato di tessuto cellulo-adiposo in continuit con la fascia endotoracica. La sua faccia anteriore corrisponde al bordo anteriore dei polmoni, al fondo di sacco anteriore della pleura (culde-sac) e al piastrone sterno-costale. La sua faccia posteriore corrisponde agli organi del mediastino posteriore, in particolare allesofago toracico. La sommit, troncata, si perde nei vasi della base del cuore, al di sopra del pericardio sieroso e, come abbiamo gi segnalato, costituisce una continuit con laponeurosi perifaringea. b) i legamenti del pericardio( fig 48). Il pericardio emette numerosi prolungamenti, che costituiscono i suoi legamenti di ancoraggio. 1) Legamenti freno-pericardici Sono tre, i pi solidi ed in dipendenza dalla fascia endotoracica. Il legamento anteriore si fissa sulla
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fogliolina anteriore; ildestro situato a destra della vena cava inferiore e il sinistro a sinistra della vena cava inferiore. Questi ultimi due legamenti contengono la vena cava inferiore e formano i legamenti frenopericardici di Teutleben. 2) Legamenti sterno-pericardici Sono due: uno superiore teso dal manubrio al pericardio ( un prolungamento del foglietto profondo dellaponeurosi cervicale media ed anche la continuit della parete anteriore della guaina viscerale del collo), laltro inferiore teso dalla base inferiore dellappendice xifoide al pericardio. 3) Legamenti vertebro-pericardici Sono delle bendellette fibrose sviluppate nello spessore dei setti sagittali. Le loro inserzioni si confondono con quelle dei setti sagittali dellaponeurosi perifaringea, sullaponeurosi prevertebrale dalla sesta cervicale fino alla terza dorsale e terminano in basso sulla parte superiore del pericardio. 4) Legamenti cervico-pericardici Formano la lamina tiropericardica di Richet, espansione della guaina viscerale del collo, che si stacca dalla guaina del corpo della tiroide e forma una lamina frontale che limita il dietro della loggia timica terminandosi sulla faccia anteriore del pericardio. 5) Legamenti viscero-pericardici Sono legamenti accessori, semplici tratti fibrosi che legano il pericardio allesofago toracico(in dietro, sono detti legamenti esofago-pericardici), alla biforcazione tracheale (in alto, legamenti tracheopericardici e bronco-pericardici), lateralmente alle vene polmonari e vanno a formare le ali del pericardio.

2) Il pericardio sieroso
E formato da due foglietti: il foglietto viscerale si modella sul cuore il foglietto parietale riveste quello viscerale e si unisce al pericardio fibroso.

Questi due foglietti delimitano uno spazio chiuso dalle loro riflessioni interne attorno ai grossi vasi. Il pericardio fibroso inestensibile ed innervato dal nervo frenico, mentre quello sieroso riceve le fibre vasomotrici e sensitive che provengono dal plesso coronario per cui la stimolazione non causa dolore.

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Riassumendo lasse apeneurotico centrale


costituito da: 1. apenerosi interpterigoidea, pterigo-temporo-mascellare, che lagganciano alla base del cranio e che si prolungano con: 2. aponeurosi faringea e perifaringea 3. questultima prolungata dal pericardio questo asse si articola con: in alto con le meningi attraverso i nervi cranici nel suo contorno dallalto in basso: indietro allapeneurosi cervicale profonda attraverso le lamine sagittali avanti e indietro (la fascia endotoracica si lega) attraverso i legamenti peripericardici inavanti allapeneurosi cervicale media costituendo con questa la guaina della tiroide e la loggia timica la pleura lateralmente a livello toracico 4. in basso con il diaframma ARTICOLAZIONI DEL PERICARDIO dura madre base del cranio aponeurosi interpterigoidea aponeurosi interpterigo- mascellare aponeurosi palatina aponeurosi perifaringea aponeurosi cervicale media pleura

PERICARDIO
fascia endotoracica diaframma fascia trasversalis

peritoneo

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IL DIAFRAMMA (FIG 49)


il muscolo principale della inspirazione, ma al di l di questo ruolo possiamo considerarlo anche come una fascia. Il suo centro fibroso, discende dal setto trasverso cervicale e trasporta con questo tutte le colonne fasciali che abbiamo studiato. Costituisce la continuit tra la fascia toracica ed addominale, separando queste due cavit. Nella sua parte superiore ricoperto dalla fascia endotoracica (ricoperta dalle pleure), questa fascia si prolunga nelladdome attraverso la fascia trasversalis. Dalla sua faccia inferiore, tappezzata dal peritoneo, si distaccano le fasce renali; il diaframma in oltre in rapporto con la fascia dello psoas. Il peritoneo ricopre questa faccia inferiore e attraverso di essa appende il fegato e lo stomaco al diaframma. Nella sua parte superiore anche questultimo appeso attraverso una guaina fasciale formata dal pericardio, dalla fascia perifaringea, dalle aponeurosi interpterigoidea e palatina, alla base del cranio. In senso anteroposteriore questa guaina stabilizzata dai legamenti vertebro-pericardici e sterno-pericardici. Il diaframma rappresenta dunque una continuit fasciale tra la base del cranio, il collo, il torace e laddome; un punto di legame e di ammortizzamento importante, come vedremo pi in l.

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LE APONEUROSI CHE TAPPEZZANO LA FACCIA INTERNA DELLA CAVITA TORACO-ADDOMINALE


A) LE PLEURE
Due aponeurosi, una destra e una sinistra, indipendenti luna dallaltra. Sono delle sierose che presentano due foglietti: -un foglietto viscerale, che riveste i polmoni -un foglietto parietale, che riveste la cavit toracica Il foglietto parietale e il foglietto viscerale si continuano luno con laltro a livello dellilo polmonare formando la linea di riflessione della pleura. Le pleure, mantenute normalmente in contatto da un film liquido, delimitano tra loro una cavit virtuale: la cavit pleurica. 1) La pleura viscerale Riveste tutta la superficie del polmone ad eccezione di una parte della sua faccia mediastinica, dove le pleura si riflette a livello dellilo per divenire pleura parietale. Questa linea di riflessione prosegue al di sotto dellilo per costituire il legamento triangolare. La pleura viscerale penetra nel polmone, dove riveste le scissure polmonari, poi si sdoppia per tappezzarei i lobuli polmonari. La pleura viscerale unita al parenchima polmonare da un sottile strato di tesuto cellulare sottopleurico che continua allinterno del parenchima formando la trama o linterstizio polmonare. 2) La pleura parietale (fig 50) Tappezza Riposa pressoch sulla interamente la faccia profonda della cavit toracica. parete attraverso lintermediario della fascia endotoracica che si sdoppia dunque allinterno. Si distinguono pi segmenti: -un segmento costale o pleura costale -un segmento mediastinico o pleura mediastinica -un segmento diaframmatico o pleura diaframmatica Questi tre elementi si proseguono senza soluzione di continuit formando i cul-de-sac pleurici. a) La pleura costale Riveste la faccia profonda delle coste e degli spazi intercostali dai quali si separa attraverso la fascia endotoracica. In avanti si estende fino al bordo dello sterno e si riflette indietro per
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diventare pleura mediastinica. Indietro si estende fino al solco laterovertebrale dove si riflette ugualmente in direzione della pleura mediastinica. In basso si riflette per diventare pleura diaframmatica. b) La pleura diaframmatica Pi sottile della pleura costale, aderisce alla fascia endotoracica e attraverso il suo intermediario alla faccia superiore delle cupole diaframmatiche in maniera stabile e incompleta. A sinistra lascia libera la parte di diaframma destinata allinserzione del pericardio. A destra ricopre tutta la cupola fuori che una linea anteroposteriore che passa per il bordo esterno dellorifizio della vena cava inferiore. c) La pleura mediastinica Ricopre gli organi del mediastino secondo una direzione anteroposteriore, dallo lo sterno in avanti fino al solco costovertebrale indietro. Gli organi sono: nel mediastino anteriore: pericardio, nervo frenico, vasi diaframmatici superiori, timo, tronco brachiocefalico destro e vena cava superiore ed inferiore. nel mediastino posteriore: trachea, esofago, la grande azigos e la pneumogastrica destra (a destra), aorta toracica discendente, le emiazigos e in alto il canale toracico (a sinistra). A livello del peduncolo polmonare, la pleura mediastinica forma un manicotto pressoch circolare attorno a degli elementi del peduncolo di cui tappezza la faccia anteriore, posteriore e superiore. Al di fuori, a livello dellilo si riflette per divenire pleura viscerale. La riflessione della pleura a livello dellilo si prosegue fino al diaframma attraverso il legamento triangolare del polmone. Il legamento del polmone sinistro pressapoco verticale. Il legamento del polmone destro obliquo, deviato in basso e indietro dalla vena cava inferiore. Ogni legamento del polmone corrisponde in dentro al bordo laterale corrispondente dellesofago, attraverso lintermediario della fascia periesofagea, ed assai fortemente unito a questo. d) La volta pleurica (fig 51) La volta pleurica copre la sommit del polmone. Aderisce fortemente alla fascia endotoracica, che si ispessisce considerevolmente per formare il diaframma cervicotoracico di Bourgerey, in seno del quale si pu vedere i legamenti sospensori della pleura (vedere la fascia endotoracica): -legamento costopleurale -legamento trasversopleurale -legamento vertebropleurale. La pleura parietale innervata dai nervi intercoastali, toracoaddominali e dal nervo frenico.

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Riassumendo le due pleure


Presentano due foglietti separati da uno spazio virtuale lubrificato perpermettere lo scivolamento. Il foglietto interno ( pleura viscerale) circonda il polmone e si sdoppia in profondit per formare le scissure e circondare lobi e lobuli. Il foglietto esterno (pleura parietale) aggancia il polmone alla periferia e permette di costituire una pompa efficace Le sue articolazioni sono: Medialmente con il pericardio Esternamente con la fascia edotoracica e attraverso di essa con la parete toracica interna In basso con il diaframma In alto con la fascia endotoracica e attraverso di essa con le fasce cervicali e con i legamenti sospensori della pleura

ARTICOLAZIONI DELLA PLEURA

APENEUROSI CERVICALI

PERICARDIO

PLEURA

FASCIA ENDOTORACICA

DIAFRAMMA

FASCIA TRASVERSALIS

PERITONEO

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B) IL PERITONEO E LA CAVITA PERITONEALE(fig 52) Il peritoneo una membrana sierosa che riveste la faccia profonda della cavit addominale, pelvica e i visceri che contengono. Oggetto di numerose modificazione successive nel corso della vita embrionale e fetale, il peritoneo delladulto presenta numerose pieghe, che gli conferiscono una disposizione particolarmente complessa spiegata dallembriologia. Come tutte le sierose costituito da due foglietti: -un foglietto parietale che riveste la faccia profonda della cavit addominale -un foglietto viscerale che riveste la faccia superficiale dei visceri addominali. Questi due foglietti delimitano una cavit virtuale: la cavit peritoneale. Questa cavit rappresenta un sacco chiuso che contiene i visceri addominali. Tuttavia da notare che nella donna il peritoneo non chiuso ermeticamente; in effetti questa cavit si apre a livello dellovaia e questa apertura porta il nome di linea di Farre. Questa soluzione di continuit permette lo scorrimento del liquido peritoneale attraverso le tube e spiega la possibilit di infezione peritoneale ascendente di origine ginecologica. Nelluomo, al momento della discesa dei testicoli, il peritoneo si invagina come un dito di guanto a livello dei testicoli (tunica vaginale) trascinando con lui la fascia trasversale (tunica fibrosa) e alcune fibre dei muscoli trasversi e piccolo obliquo (cremastere). Il suo punto pi pendente costituisce il fondo di sacco di Douglas. Il peritoneo parietale spesso separato dalla parete addominale da un tessuto sottoperitoneale: la fascia propria. Abbondante e lassa nella parte inferiore della parete dove il peritoneo facilmente scollabile, in altri luoghi poco abbondante e stringe e lega solidamente il peritoneo alla parete. 1) IL PERITONEO PARIETALE Tappezza la faccia profonda della cavit addominale. Si distigue: il peritoneo parietale diaframmatico il peritoneo parietale posteriore il peritoneo parietale anteriore il peritoneo parietale inferiore o pelvico

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a) il peritoneo parietale diaframmatico Aderisce fortemente alla faccia inferiore del diaframma eccetto a livello del legamento coronale del fegato, come vedremo pi avanti. b) il peritoneo parietale posteriore Riveste la fascia trasversale e, attraverso il suo intermediario, la parete addominale posteriore, dalla quale separato dallo spazio retroperitoneale dove alloggiano: grossi vasi paravertebrali come laorta e la vena cava (sulla linea mediana) e reni, surreni e ureteri (lateralmente). Segnaliamo che luretere attraverso la sua guaina connettiva, formata dalla fascia sottoperitoneale, aderisce in avanti al peritoneo. Luretere accompagna il peritoneo quando lo si scolla. c) il peritoneo parietale anteriore Riveste la faccia profonda della parete anterolaterale delladdome, dalla quale separato attraverso uno spazio di cellule sottoperitoneali, che diventa sempre pi stretto via via che ci si dirige in avanti verso la linea mediana. Nella sua parte sotto-ombelicale si allontana sempre pi dalla parete, spinto indietro dallaponeurosi ombelico-prevescicale. A questo livello sollevato dalluraco e dai legamenti ombelicovescicali laterali che creano a livello della sua faccia interna tre fossette: -la fossetta inguinale interna -la fossetta inguinale media -la fossetta inguinale esterna La fossetta esterna costituisce uno dei punti deboli della parete addominale( lorifizio interno de canale inguinale) da dove possono infiltrarsi le anse intestinali e creare delle ernie inguinali. Un po al di sotto dellarcata crurale il peritoneo parietale anteriore separato dal piano parietale attraverso uno spazio di cellule: lo spazio di Bogros. d) il peritoneo parietale inferiore o pelvico Riveste le pareti della cavit pelvica lateralmente e, sulla linea mediana, ricopre lo spazio sottoperitoneale e i visceri che questo contiene, da dietro in avanti: retto, organi genitali interni, vescica. Riveste le facce laterali e superiore della vescica alla quale aderisce fortemente. Dietro la vescica: - nelluomo, ricopre la base delle vescicole seminali, costituisce il fondo di sacco di Douglas e ricopre indietro il retto, dove va a formare per ogni lato i solchi laterorettali. nella donna aderisce fortemente al parametrio, che ricopre lutero e gli annessi e forma due cul de sac: uno anteriore (il cul de sac vescicouterino, poco marcato) e uno posteriore (il cul de sac di Douglas). Da notare che i cul de sac possono essere la sede di:
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-depositi di liquidi (soprattutto quello di Douglas che in discesa) -migrazione di anse intestinali che vengono ad incastrarvisi. 2) IL PERITONEO VISCERALE Riveste la faccia profoda del peritoneo parietale e la faccia superficiale dei visceri addominali aderendovi strettamente. I foglietti peritoneali delimitano la cavit peritoneale occupata dai visceri digestivi. Questa cavit divisa da un certo numero di pieghe che formano dei setti, delle fossette ed anche dei recessi. Il pi importante di questi recessi la retrocavit degli epiploon, che permette di dividere la cavit peritoneale in due parti: -grande cavit peritoneale -retrocavit degli epiploon Uno dei pi importanti ripiegamenti peritoneali lega il colon trasverso alla parete posteriore e forma un setto obliquo in basso e in avanti, che divide la grande cavit peritoneale in due piani: -piano sopramesocolico -piano sottomesocolico Adesso andremo a interessarci alle pieghe peritoneali, la loro formazione molto complessa e per una migliore comprensione preferibile rimandare allembriologia. 3) LE DIVERSE PIEGHE PERITONEALI La sierosa peritoneale molto complessa a causa di un gran numero di pieghe peritoneali che portano il nome di: mesos legamenti epiploon

a) I mesi I mesi uniscono i visceri addominali alla parete e apportono loro la propria vascolarizzazione e innervazione. Un meso si costituisce ogni volta che il peritoneo parietale, riflettendosi sul peritoneo di un viscere, racchiude i vasi e i nervi che si recano a questo viscere. La zona parietale circoscritta fra due foglietti che costituiscono il meso, rappresenta la radice di inserzione del meso. La lunghezza del meso d ad ogni organo una mobilit pi o meno grande allinterno della cavit peritoneale. Tramite la disposizione primaria embriologica si pu distinguere: -un mesogastro a livello dello stomaco -un mesentere a livello dellintestino tenue -un mesocolon a lilvello dellintestino crasso.
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Secondariamente a causa dellallungamento dellintestino primitivo e delle rotazioni gastriche e intestinali, alcuni organi si trovano applicati contro la parete addominale posteriore; il foglietto posteriore del meso si fonde con il peritoneo parietale posteriore e si dice che si realizza unaccollamento. Le fasce sono dunque dei piani di divisione avascolarizzati, che mantengono applicati alla parete, pi o meno fortemente, gli organi che rivestono. Dopo la nascita la parte terminale dellesofago e la parte iniziale dello stomaco, oltre che lestremit sinistra del pancreas, sono unite dallintermediario del mesogastro posteriore: -il duodeno-pancreas anche egli unito attraverso lintemediario della fascia di Treitz -il colon ascendente e discendente unito dallintermediario della fascia di Toldt. Lo stomaco , il primo duodeno, lintestino tenue, il colon trasverso e il colon sigmoide restano mobili e legati alla parete attraverso dei mesi. Andiamo adesso a studiare i mesi e i loro derivati, le fasce di unione. b) I differenti mesi -I mesi dello stomaco (fig 53) Costituiti dalla falci vascolari, sono due: la falce della coronaria e la falce dellepatico. La falce della coronaria o legamento gastropancreatico di Huske tesa dal tronco ciliaco al terzo superiore della piccola curvatura; il suo bordo inferiore libero, concavo in basso, orientato in avanti e a destra, limita in alto il foramen bursae omentalis, che d accesso alla retrocavit degli epiploon. La falce dellepatico o legamento duodeno-pancreatico orientato in senso inverso; il suo bordo superiore libero, concavo in alto limita la parte bassa del foramen. -Il mesentere Meso delle anse tenui, le lega alla parete addominale posteriore e assicura loro una vascolarizzazione e una innervazione propria. Ha la forma di un segmento di cerchio di cui: -la corda il bordo parietale o radice -la periferia il bordo intestinale di una lunghezza da 5 a 6 metri ed molto mobile. La radice costituisce la parte fissa, solidamente attaccata alla parete addominale posteriore soprattutto nella sua parte media. Lunga 15 centimetri larga 18 millimetri, disegna una linea spezzata obliqua in basso e a destra. Vi si distinguono tre segmenti:

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-il superiore, obliquo in basso e a destra, si estende dallangolo duodeno-digiunale, dove fissato fortemente allapofisi trasversa sinistra della seconda lombare e attraverso il muscolo di Treitz al bordo inferiore del terzo duodeno; dunque davanti al corpo di L3 -il medio verticale, pi corto, rappresenta lelemento pi fisso. al suo livello che i vasi mesenterici superiori penetrano nel mesentere. Si proietta su L3, L4. -linferiore di nuovo obliquo in basso e a destra, si estende dal disco di L4-L5 allangolo ileo-ciecale al sotto delarteria iliaca primitiva destra, incrociando luretere e i vasi spermatici ( o lombo ovarici). -Il meso colon trasverso Forma una lamina trasversale tesa fra la parete addominale destra e quella sinistra. Obliquo in basso e in avanti separa la cavit peritoneale in due parti: -superiore o sopramesocolica -inferiore o sottomesocolico Il mesocolon lega il colon trasverso alla parete posteriore. Il suo bordo anteriore molto lasso, soprattutto a sinistra, il bordo posteriore si fissa alla parete posteriore. Incrocia la testa del pancreas alla quale aderisce, passa al di sopra dellangolo duodeno-digiunale,costeggiando il bordo inferiore del corpo del pancreas; nella ua parte sinistra costituisce la parete inferiore della retro cavit degli epiploon. -Il meso-sigmoideo Il colon sigmoide legato alla perete posteriore attraverso un meso a doppia radice: -una radice primaria che discende verticalmente e medialmente e che va dalla mesenterica inferiore alla faccia anteriore di S3. -una radice secondaria obliqua in basso e a sinistra, che va dal mesentere inferiore al bordo interno dello psoas sinistro; costeggia il bordo esterno dei vasi iliaci primitivi e poi quelli esterni, incrociando i vasi spermatici (o lombo-ovarici) e luretere. Dei mesi si staccano dalle espansioni che legano il colon sigmoide alla parete e agli organi vicini e costituiscono dei legamenti: -il legamento colon-iliaco,che unisce il colon alla parete iliaca sinistra e prolungando verso sinistra la radice secondaria. -il legamento colon-tubaio, incostante teso tra il meso-sigmoide e la tuba sinistra -il legamento colon-mesenterico, mutevole, teso da sinistra a destra dal meso-sigmoide al foglietto destro del mesentere.

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c) Le fasce Rappresentano, come abbiamo detto, ununione dei mesi. -La fascia di Treitz(fig 54) Fascia di unione del duodeno e della testa del pancreas, unisce solidamente questi organi alla parete posteriore, poich il suo punto massimo di fissaggio langolo del 2-3 del duodeno e la sua espansione sullapofisi trasversa di L2, il muscolo di Treitz. Anche questo invia una espansione sul pilastro sinistro del diaframma, sul bordo destro dellesofago e sulla circonferenza dellorifizio dellaorta. -La fascia di Toldt Fascia di unione alla parete posteriore del colon ascendente e discendente. Per il colon ascendente, si estende dal cieco allangolo colico destro. Fissa il colon al peritoneo parietalle posteriore; tuttavia in un certo numero di casi lunione non esiste e il colon totalmente libero nella cavit addominale. La fascia si prolunga verso il basso con il legamento laterocolico, che lega il bordo esterno del cieco alla parete lomboiliaca. Il bordo esterno del cieco legato alla parete iliaca anche attraverso lintermediario del legamento retro-ilio-colico, che non altro che un prolungamento dellinserzione bassa della radice del mesentere. La radice del mesentere fornisce il mezzo di fissazione dellappendice e cio il mesoappendice che emette anchesso un prolungamento inferiore: il legamento appendico-ovarico. Nella parte superiore, la fascia di Toldt si prolunga fino allangolo colico destro dove forma il piano profondo di fissazione o lamina fissatrice del gomito destro di Buy, dove si pu individuare : -un legamento reno-colico -un legamento freno-colico Ricordiamoci che gli altri legamenti fissano langolo colico destro : -sul piano medio i legamenti cisto-duodeno-colico ed epato-colico -sul piano superficiale il legamento omento-colo-parietale Per quanto riguarda il colon discendente, la fascia si estende dallangolo colico sinistro al colon sigmoide. Fissa il colon al peritoneo posteriore e si prolunga in basso attraverso il meso sigmoide. Nella sua parte superiore forma il il piano profondo di fissazione dellangolo colico sinistro, attraverso la lamina fissatrice del gomito sinistro di Buy.
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Ricordiamoci gli altri legamenti che fissano langolo sinistro: -nel piano medio attraverso il legamento spleno-colico, prolungamento verso il basso dei legamenti gastro e pancreatico-splenici -nel piano superficiale, il pi importante, attraverso il legamento frenico-colico sinistro, che costituisce anche il letto della milza, la cui base riposa sulla sua faccia superiore. Bisogna notare che il colon si stacca facilmente dalla parete posteriore e che il peritoneo posteriore ha la tendenza a prolungarsi verso il centro delladdome; questo spiega il perch sia molto pi facile ricondurre il colon verso la zona mediana delladdome piuttosto che distenderli verso lesterno.
d) I legamenti

Vanno sotto questo nome (legamenti peritoneali) delle lamine peritoneali a due foglietti che legano i visceri tra loro o un viscere alla parete addominale, senza contenere dei peduncoli vascolari importanti. Alcuni sono il risultato di una riflessione peritoneale, altri sono il prolungamento dei mesi o dellepiploon. Questi legamenti sono molto numerosi. Alcuni rappresentano dei mezzi di fassazione molto solidi, altri sono incostanti e variabili e hanno un ruolo di contenimento minore. Distinguiamo: -Il legamento rotondo del fegato un residuo della vena ombelicale; forma una vasta piega sagittale chiamata legamento falciforme o legamento sospensore. Rappresenta un setto verticale e anteroposteriore che va dallombelico alla faccia postero-superiore del fegato e lega la faccia convessa del fegato al diaframma e alla parete anteriore delladdome. costituito da due foglietti uniti nella loro parte anteriore fino allombelico, dove si prolunga attraverso il legamento vescico-ombelicale mediale (vestigio delluraco). Nella sua parte posteriore, a livello del bordo postero-superiore del fegato, i due foglietti si separano e si dirigono: uno a destra sul lobo destro del fegato, laltro a sinistra su tutta lampiezza del lobo sinistro, dove si prolunga col foglietto superiore del legamento coronario. -Il legamento coronario Unisce la faccia posteriore del fegato al diaframma e comprende due foglietti: -un foglietto antero-superiore che si riflette dal diaframma sul fegato costeggiando il suo bordo posterosuperiore. Sulla linea mediana si prolunga attraverso il legamento falciforme come possiamo vedere. -un foglietto inferiore che si riflette sulla porzione verticale del diaframma, costeggia il bordo inferiore poi la vena cava inferiore, infine la parte trasversale del canale di Aranzio dove raggiunge il foglietto posteriore del piccolo epiploon. Il legamento coronario emette tre prolungamenti attorno alla vena cava inferiore:
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-il meso epato-cavo, incostante, che si prolunga attorno alla vena cava inferiore -I legamenti triangolari destro e sinistro formati dallunione dei foglietti superiore ed inferiore del legamento coronario. Questi due legamenti terminano con un bordo libero teso verticalmente dal diaframma alla faccia superiore del fegato. Ricordiamoci che dal punto di vista embriologico, il fegato si sviluppa dal setto trasverso (che costituir il centro frenico del diaframma) il quale ha origine dallarco branchiale. Per il suo aumento di volume, discende nella cavit addominale e stira la sue inserzioni per formare i legamenti coronario, falciforme e piccolo epiploon. Il fegato circondato dalla capsula di Glisson che proviene dal centro frenico; sar in seguito interamente ricoperto dal peritoneo eccetto a livello del piano di allontanamento del legamento coronario dove direttamente in contatto con il diaframma. -Il legamento gastro-frenico Punto di riflessione sul peritoneo diaframmatico dei due foglietti del peritoneo gastrico, si estende dal versante posteriore della grande tuberosit al foglietto sinistro del diaframma. Si continua: -a destra con la porzione alta del piccolo epiploon -a sinistra con lepiploon gastro-splenico. -Il legamento gastro-colico Teso dalla grande curvatura dello stomaco al colon trasverso, deriva dal grande epiploon. -Il legamento largo Lo si pu considerare come un legamento che fissa fortemente il peritoneo sullutero e i suoi annessi come noi labbiamo gi visto. -Il legamento sospensore degli angoli colici Sono i legamenti parieto-colici destro e sinistro, espansione laterale del grande epiploon e mezzo di fissazione pi importante delle anse coliche. e) Gli epiploon Sono delle lamine peritoneali che talvolta contengono uno o pi peduncoli vascolari e si portano da un organo allaltro allinterno della cavit peritoneale. Esistono quattro epiploon di cui tre si fissano sullo stomaco: -Il piccolo epiploon o epiploon gastro-epatico una lamina quadrilatera situata in un piano frontale e tesa : dalla piccola curvatura dello stomaco, bordo mediale dellesofago addominale e dal primo duodeno, alla faccia inferiore del fegato a livello dellilo (per poi curvare allangolo destro in dietro, per seguire il canale di Aranzio e il canale verticale sinistro) e alla faccia posteriore del fegato prima di andare ad inserirsi sul diaframma. Ricordiamoci che il piccolo epiploon riceve delle espansioni dal legamento coronario e dal legamento gastro-frenico. Lascia a destra
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un bordo libero che costituisce lo iato di Winslow che d accesso alla retrocavit degli epiploon. Nel suo spessore decorrono la vena porta, il coledoco e larteria epatica e i peduncoli nervosi del fegato. -Il grande epiploon o epiploon gastro-colico (fig 53) una lamina quadrilatera che ricopre in avanti lintestino come un grembiule pi o meno esteso. Si fissa in alto sulla grande curvatura dello stomaco, forma il legamento gastrocolico, passa in avanti al colon trasverso dove aderisce per poi discendere nella cavit addominale e terminare in un bordo libero. Lateralmente invia delle epansioni alle pareti addominali, che costituiscono i legamenti sospensori delle anse coliche. A livello del suo bordo sinistro il legamento gastro-colico si continua in alto a sinistra con lepiploon gastrosplenico. una vasta lamina peritoneale che comprende quattro foglietti accolati. -Epiploon gastro-splenico Prosegue verso lalto il legamento gastro-colico. una lamina a due foglietti tesa dalla grande curvatura dello stomaco fino al versante anteriore dellilo della milza. A questo livello i due foglietti si separano: quello anteriore riveste il versante anteriore della faccia interna della milza; quello pesteriore si riflette a livello dellilo della milza per formare il foglietto antero-destro dellepiploon pancreatico-splenico. -Epiploon pancreatico-splenico Formato da due foglietti, si inserisce in dietro e in dentro a livello dell coda del pancreas e sul piano parietale posteriore e si estende fino allilo della milza. Il suo foglietto antero-destro si prosegue con il foglietto posteriore dellepiploon gastro-splenico. Il suo foglietto posteriore, molto breve, si riflette al di fuori per divenire peritoneo parietale posteriore. -Retrocavit degli epiploon I quattro epiploon determinano dietro lo stomaco una cavit appiattita in senso antero-posteriore, la retrocavit degli epiploon, delimitata: -in dietro dal peritoneo parietale posteriore -in avanti dal piccolo epiploon, faccia posteriore dello stomaco e del colon trasverso -in basso dal mesocolon trasverso che ne forma il pavimento -a sinistra dagli epiploon gastro.splenico e pancreatico-splenico Questa cavit comunica a destra con la grande cavit peritoneale attraverso lo iato di Winslow. La retrocavit degli epiploon rappresenta un piano di scivolamento che permette una grande mobilit dello stomaco nella cavit addominale. Linnervazione del peritoneo avviene attraverso il nervo frenico,

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toraco addominale, e il plesso lombare per le fibre sensitive e vasomotrici. La radice del mesentere contiene delle fibre della sensibilit dolorosa, molto sensibili allo stiramento.

Riassumendo il peritoneo
costituito da due foglietti separati da uno spazio virtuale che permette lo scivolamento: il peritoneo parietale: riveste la faccia profonda della cavit addominale. Si articola in alto con il diaframma, lateralmente con la fascia trasversalis, in basso con gli organi del piccolo bacino e con il peritoneo attraverso le aponeurosi vescico-rettali, vescica-vaginali, retto-vaginale, prostatica. Il peritoneo viscerale: non si modella direttamente sul peritoneo parietale,ma presenta numerosi ripiegamenti chiamati: legamenti ( lamine peritoneali a due foglietti che collegano i visceri fra di loro o un viscere alla parete addominale senza contenere nel suo interno fasci pascolo-nervosi ) Meso: un legamento che contiene il fascio vascolonervoso destinato allorgano che aggancia alla parete addominale) Fasce: sono un accoramento dei meso Epiploon: sono delle lamine peritoneali che collegano gli organi allinterno della cavit addominale e contengono fasci vascolo nervosi.

PLEURA

FASCIA ENDOTORACICA DIAFRAMMA

PERICARDIO

FASCIA PERIRENALE PERITONEO FASCIA ILIACA PARAMETRI

FASCIA TRASVERSALIS APENEUROSI OMBELICO PREVESCICALE

ORGANI DEL PICCLO BACINO APENEUROSI PRESACRALE APENEUROSI VESCICO-RETTALE APENEUROSI PERINEALI FASCIA DI HALBAN

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LE APONEUROSI CONTENUTE ALLINTERNO DI UN CONDOTTO OSSEO O LE MENINGI


Lasse cerebro-spinale interamente avvolto da tre membrane concentriche, le meningi, che sono da fuori a dentro: la dura madre, laracnoide e la pia madre. Adesso andremo a studiare la parte craniale e rachidea delle meningi. A-LA DURA MADRE

1) La dura madre craniale (fig 55)


una membrana fibrosa spessa (da 0,3 mm a 1 cm massimo nella circonferenza del foro occipitale) e resistente, costituita da dei fasci di tessuto connettivo uniti a fibre elastiche; riveste la faccia interna della scatola cranica e si unisce intimamente al periostio dove molto difficile individualizzarla. La distinzione tra periostio e dura madre chiara nel foro occipitale dove la dura madre, fin l confusa con il periostio, si separa da questo per continuarsi con la dura madre spinale. In seguito ai lavori di Kuchiwaki e coll. si visto che lo spesore della dura madre varia in funzione della prssione intracranica. Pi la pressione aumenta pi lo spessore diminuisce. Descriviamo adesso la faccia interna e la faccia esterna della dura madre. FACCIA ESTERNA Riveste tutta la faccia interna della scatola cranica e aderisce a questa parete attraverso dei prolungamenti fibrosi, vascolari e nervosi. Questa aderenza diversa sulla volta e sulla base del cranio. Sulla VOLTA l'aderenza relativamente debole eccetto che a livello delle suture, dove aderisce fortemente. Lo scollamento relativamente facile nella regione descritta da G.Marchant sotto il nome di zona scollabile: -da avanti a dietro, dal bordo posteriore delle piccole ali dello sfenoide fino a due o tre centimetri dalla pretuberanza occipitale interna. -da alto in basso, da qualche centimetro fuori dalla falce del cervello ad una linea orizzontale che, partendo dal bordo posteriore delle piccole ali, incontra il bordo superiore della rocca e passa al di sopra della porzione orizzontale del seno laterale. Sulla BASE l'aderenza molto forte soprattutto a livello dei seguenti punti:
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-apofisi cristagalli -bordo posteriore delle piccole ali dello sfenoide -apofisi clinoidee anteriore e posteriore -bordo superiore della rocca -circonferenza del foro occipitale L'aderenza della dura madre craniale varia anche con l'et; pi pronunciata nell'adulto che nel bambino e aumenta ancora via via che si invecchia, senza considerare le alterazioni patologiche. Lascia ai vasi e ai nervi che escono dl cranio dei prolungamenti che li accompagnano nei rispettivi fori; questi prolungamenti si separano al di l dei fori per continuarsi con il periostio extracraniale e accompagnano: -il grande ipoglosso fino alla fossetta condiloidea anteriore -il vago, il glossofaringeo e lo spinale, oltre che la vena giugulare interna, fino al di sotto del foro lacero posteriore -il nervo faciale e uditivo nel condotto uditivo interno dove la dura madre si fonde al periostio -il nervo mascellare inferiore nel foro ovale -il nervo mascellare superiore nel foro grande rotondo -i filamenti olfattivi fino alle fosse nasali -a livello del foro ottico e della fessura sfenoidale la dura madre penetra nell'orbita dove noi la vediamo da una parte confondersi con il periostio di questa cavit e dall'altra parte fornire al nervo ottico una guaina fibrosa che lo accompagna fino al globo dell'occhio e che qui si confonde, senza demarcazione, con la sclera. La dura madre al di sopra del nervo ottico forma una piega falciforme (tenda del nervo ottico) che va dal limbo sfenoidale alla clinoide anteriore. Il nervo aderisce alle pareti del canale ottico attraverso l'intermediario della sua guaina e questo spiega il perch esso possa essere leso da fratture irradiate al canale o colpito nel corso di infezionidei seni. Questi prolungamenti contribuiscono ad aumentare ancora le aderenze alla base del cranio. Nel territorio delle suture craniche dei fasci vascolo-nervosi fini, contenuti in tessuto connetivo lasso, lasciano la dura madre per raggiungere il cuoio capelluto in canali sinuosi transossei. FACCIA INTERNA Dalla sua faccia interna la dura madre emette dei prolungamenti che separano le diverse parti dell'encfalo e le mantengono nella loro rispettiva posizione qualunque sia la posizione della testa. Questi setti sono cinque: -tenda del cervelletto ,falce cerebrale, falce del cervelletto, tenda dell'ipofisi, tenda del bulbo olfattivo.

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La TENDA DEL CERVELLETTO un setto orizzontale esteso tra la faccia superiore del cervelletto, che ricopre, e la faccia inferiore dei lobi occipitali, che riposano su di lei. Caratterizzata da due facce e due bordi faccia superiore: pi alta nella parte centrale rispetto ai versanti laterali; a causa dell'inserzione sulla linea mediana della falce cerebrale. Su ciascun lato di questi riposano i lobi occipitali. faccia inferiore: fatta a forma di volta riposa sul cervelletto e sulla sua parte medina si inserisce la falce del cervello. bordo anteriore o piccola circonferenza: fortemente concavo in avanti; forma con l'estremit anteriore del solco basilare il forame ovale di Pacchioni, attraversato dal tronco cerebrale. A ognuna delle sue estremit il bordo anteriore della tenda del cervelletto passa al di sopra della rocca, dove incrocia la grande circonferenza , fuori dall'apofisi clinoidea posteriore, e si fissa sulla sommit e sul bordo esterno dell'apofisi clinoidea anteriore. Le estremit dei due bordi della tenda del cervelletto formano un triangolo, il cui terzo lato rappresentato da una linea antero-posteriore che unisce le due apofisi clinoidee; Questo triangolo riempito da una lamina di dura madre nella quale sprofonda l'oculomotore comune e il patetico. Dai tre bordi di questo triangolo si distaccano tre espansioni che discendono verso la base del cranio e vi si fissano solidamente (dalla faccia anteriore della rocca fino alla fessura sferoidale, sul fondo della sella turcica). Queste espansioni formano le pareti: interna, esterna e posteriore dei seni cavernosi. bordo posteriore o grande circonferenza: concavo in dietro, si inserisce da dentro a fuori sulla protuberanza occipitale interna, sulle due labbra del solco del seno laterale, sul bordo superiore della rocca e infine sull'apofisi clinoidea posteriore. Lungo questo bordo sono contenuti i seni laterali in dietro e i seni petrosi superiori di lato. Vicino alla sommit dell piramide petrosa, il bordo posteriore della tenda del cervelletto presenta un orifizio da dove passa il trigemino, orifizio che d accesso al cavo di Meckel che contiene il ganglio di Gasser. La FALCE CEREBRALE un setto verticale piazzato nella scissura interemisferica e che separa i due emisferi cerebrali. Presenta due facce, due bordi, una base e una sommit. Le facce corrispondono alla faccia interna degli emisferi cerebrali La base posteriore, inclinata verso il basso e dietro, si continua sulla linea mediana con la tenda del cervelletto, che mantiene tesa. Il seno retto contenuto lungo la linea di unione tra falce e tenda. La sommit si inserisce sull'apofisi cristagalli e invia un prolungamento nel "foro cieco" Il bordo superiore fortemente convesso, occupa la linea mediana dalla protuberanza occipitale interna fino al foro cieco. In questo bordo alloggia il seno longitudinale superiore

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Il bordo inferiore convesso, sottile, corrisponde alla faccia superiore del corpo calloso ma riposa direttamente su questo solo nella sua parte posterire. Il bordo inferiore contiene nel suo spessore il seno longitudinale inferiore. La FALCE DEL CERVELLETTO una lamina verticale mediana che separa i due emisferi del cervelletto: -le facce laterali corrispondono agli emisferi cerebellari -la base si porta verso l'alto e si unisce alla parte mediana della tenda del cervelletto -la sommit, diretta in basso e in avanti, si biforca a livello del foro occipitale; le due branche di biforcazione aggirano questo orifizio e si dirigono verso il foro "spezzato" posteriore. Ognuna di queste contiene la parte inferiore del seno occipitale posteriore corrispondente. -il bordo posteriore convesso si inserisce sulla cresta occipitale interna e contiene il seno occipitale posteriore. -il bordo anteriore, concavo e libero in rapporto con il verme inferiore. La TENDA DELL'IPOFISI un setto orizzontale teso al di sopra della sella turcica. Si inserisce: -sul bordo superiore della lamina quadrilatera dello sfenoide in dietro -sul labbro posteriore del solco ottico e sulle quattro apofisi clinoidee in avanti si unisce poi alla parete dei seni cavernosi lungo la linea di unione tra parete superiore ed interna di questo seno. Presenta due foglietti: -un foglietto superficiale che la tenda dell'ipofisi -un foglietto profondo che riveste la sella turcica e raggiunge il foglietto precedente a livello del solco ottico. La tenda dell'ipofisi ricopre l'ipofisi, forata da un orifizio che serve da passaggio allo "stelo" pituitario e contiene il seno coronario. La TENDA DEL BULBO OLFATTIVO una piccola piega di dura madre a forma di spicchio di luna tesa da ciascun lato della linea mediana fino al di sopra dell'estremit anteriore del bulbo olfattivo, tra l'apofisi cristagalli e il bordo interno delle bozze orbitarie del frontale. Spesso la tenda del bulbo olfattivo assente. La dura madre craniale e il cuoio capelluto sono innervate dal trigemino, da alcuni rami cavernosi oltre che dal sistema autonomo. Si distinguono dei rami meningei:
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-anteriori, dati da fili etmoidali della parte nasale del nervo oftalmico -laterali, dati dalle branche del trigemino. Uno di questi rami meningei, conosciuto sotto il nome di nervo ricorrente di Arnold, nasce dall'oftalmico e si ramifica nella tenda del cervelletto; il ramo meningeo del nervo mascellare superiore passa dal grande foro rotondo e quello del mascellare infreiore dal foro ovale. -posteriore, dato dalle branche dello pneumogastrico e del grande ipoglosso e destinato alla dura madre dalla fossa posteriore, ed inoltre dalle branche meningee di C1-C3 he passano attraverso il forame magno.

2) La dura madre rachidea (fig 56)


un manicotto fibroso che contiene il midolo spinale e le radici rachidee. Si estende dal foro occipitale fino alla seconda vertebra sacrale. Il suo diametro pi grande di quello del midollo e inferiore a quello del canale midollare. ESTREMITA' SUPERIORE Si fissa solidmente alla terza vertebra cervicale, all'asse e alla circonferenza del foro occipitale per prolungarsi con la dura madre craniale. Le arterie vertebrali la attraversano atlantoidea. ESTREMITA' INFERIORE Discende al di sotto dell'estremit inferiore del midollo e racchiude gli elementi della coda equina e del filo terminale. Termina a fondo di sacco sulla seconda vertebra sacrale, ma si prolunga col filo terminale fino al coccige, attraverso il legamento coccigeo del midollo. Questo legamento si fissa al legamento vertebrale posteriore attraverso un setto mediale completo o aperto (legamento anteriore della dura madre di Trolard). SUPERFICIE ESTERNA saparata dalle pareti attraverso lo spazio epidurale, occupato dai vasi venosi e da un tessuto adiposo semifluido abbondante soprattutto nella parte posteriore. Questo grasso entra o esce dal canale secondo le variazioni pressorie intratoraciche ed intra-addominali. a livello dell'articolazione occipito-

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In dietro non presenta alcuna connessione. In avanti lo spazio epidurale molto stretto; la dura madre unita al legamento vertebrale posteriore attraverso dei prolungamenti fibrosi abbondanti soprattutto nella regione cervicale e lombare. Hack e coll. Nel corso di dissezioni umane hanno messo in evidenza un ponte fibroso antero posteriore che, a livello occipitale, aggancia la dura madre alla membrana occipito-atlantoidea e, attraverso questa, al piccolo retto posteriore. Le radici dei nervi rachidei attraversano la dura madre e portano con loro dei prolungamenti di questa fino ai fori di coniugazione dove, dopo aver emesso delle ramificazioni sul periostio del foro di coniugazione, si confondono poco a poco col nevrilemma (fig 57). Degli studi fatti da Yaszemki White mostrano che esistono dei legamenti durali lombari che vanno dal tubo durale al legamento comune vertebrale posteriore e dalla guaina della radice nervosa alla parte interna del peduncolo all'interno del canale neurale. Esistono delle altre connessioni tra la dura madre e le radici nervose. All'interno di questi tessuti ci sono delle vene durali. La connessione tra nervi e legamenti vertebrali nasce dal manicotto durale della radice a livello del disco e termina sull'espansione laterale del legamento vertebrale. Lo spessore di questo legamento varia da individuo ad individuo e da livello a livello. SUPERFICIE INTERNA Corrisponde al foglietto parietale dell'aracnoide. legata alla pia madre da un tratto di tessuto connettivo : -in senso antero posteriore dove rappresenta soltanto piccoli filamenti -in senso trasversale dove rappresenta una vera e propria membrana che occupa tutta l'altezza del midollo;: il legamento dentato. Tutti questi prolungamenti hanno il fine di fissare e mantenere il midollo al centro del canale fibroso di dura madre oltre che proteggerlo. L'innervazione dell dura madre rachidea avviene attraverso il nervo seno vertebrale di Luschka.

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B-LA PIA MADRE la pi profonda delle tre membrane. una membrana cellulo-vascolare e per questa ragione viene definita membrana nutritiva. La pia madre forma una guaina a livello dei cordoni nervosi, che li accompagna fuori dal cranio e dal rachide fino alle loro terminazioni; tale guaina il nevrilemma. 1) La pia madre craniale Pi sottile e ricca di vasi rispetto alla pia madre rachidea, inoltre meno aderente. La pia madre riveste la superficie esterna dellencefalo, insinuandosi in tutte le anfrattuosit. A livello della protuberanza e dei peduncoli pi aderente che a livello del cervello e del cervelletto. allo stesso tempo meno vascolarizzata e pi resistente. La superficie interna in rapporto diretto con la sostanza nervosa; le aderisce in maniera lassa attraverso dei filamenti di tessuto connettivo e soprattutto attraverso gli innumerevoili piccoli vasi che ritornano alla sostanza nervosa o che da questa vanno verso la pia madre. La faccia esterna in rapporto con lo spazio subaracnoideo nel quale circola il liquido cefalorachidiano. A livello della grande fessura di Bichat, la pia madre craniale si insinua allinterno del cervello per formarvi la tela coroidea e i plessi coroidei. 2) La pia madre rachidea Fa seguito alla pia madre craniale e si prolunga in basso attorno al filo terminale, sotto il nome di legamento coccigeo, che si inserisce alla base del coccige. Questo legamento gracile, ma resistente e contribuisce a mantenere in uno stato di stabilit lestremit inferiore del midollo spinale. -Faccia interna: aderisce in modo continuo alla sostanza nervosa grazie ai numerosi setti connettivi che penetrano nei fasci bianchi. Del resto, invia anche dei prolungamenti nei solchi mediani anteriore e posteriore. -Faccia esterna: bagnata dal liquido cefalorachidiano. legata alla dura madre attraverso dei prolungamenti antero-posteriori e laterali. -Prolungamenti antero-posteriori: sono dei prolungamenti connettivi molto gracili soprattutto in avanti, mentre sono pi numerosi e resistenti nella paarte posteriore. Formano sulla linea mediana un vero e proprio setto (setto posticum di Schwalbe) e sono sviluppati soprattutto nella regione dorso-lombare. -Prolungamenti laterali o legamento dentellato: teso trasversalmente dalla pia madre alla dura madre, dalle masse laterali dellatlante fino a L1. posizionato tra le radici anteriori e posteriori dei nervi rachidei. Il suo bordo esterno ornato o dentellato e le dentellature si fissano tra gli orifizi di uscita di due nervi rachidei vicini, sulla dura madre. Tra le due dentellature il bordo esterno libero e d passaggio alle radici del medesimo nervo rachideo. Il pi cefalico dei legamenti dentati legato allarteria vertebrale e al grande ipoglosso nei pressi del foro occipitale.

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C-LARACNOIDE una membrana connettiva sottile compresa tra la dura madre e la pia madre. unita alla dura madre in tutto il suo decorso. Delimita uno spazio sopra e uno subaracnoideo. Lo spazio sopra-aracnoideo pressoch virtuale, attraversato da numerose arterie e vene oltre che da fili nervosi che tornano o partono dal nevrasse; a livello del rachide attraversato da trabecole connettive e dai legamenti dentati che legano la pia madre alla dura madre. Laracnoide appare verso il 12-13esimo giorno. A 30 settimane sottile e ancora incompleta e a 38 settimane diventa pi resistente. Dal feto fino a tre anni si nota un aumento del suo spessore e delle sue connessioni. Il legamento dentellato appare attorno al 41esimo giorno. 1) Aracnoide craniale (fig 58) Il foglietto viscerale dellaracnoide unito alla dura madre non segue la pia madre nelle anfrattuosit dellencefalo ma passa a ponte al di sopra di queste; ne risulta un allargamento degli spazi subaracnoidei, che formano delle cavit dove si accumulano quantit pi o meno importanti di liquido cefalorachidiano. Queste cavit portano il nome di: -confluenti: anteriore (davanti al chiasma ottico); inferiore (dietro al chiasma fino alla pretuberanza); superiore (al di sopra dei tubercoli quadrigemini); pontocerebellari (tra lestremit inferiore dellemisfero cerebellare e il bordo laterale della pretuberanza) -cisterne o laghi: cisterna esterna o ambientale (lungo la parte mediana della fessura del Bichat); lago cerebellare superiore (tra la tenda del cervelle e il cervelletto); lago cerebella inferiore o grande cisterna (al di sopra del bulbo e al di sotto del cervelletto). Laracnoide craniale contiene le granulazioni del Pacchioni, che sono delle piccole masse a forma di gemma presenti soprattutto nelle vicinanze dei seni e che servono al riassorbimento del liquido cefalorachidiano. Queste granulazione si accrescono da dentro a fuori obbedendo ad una forza di espansione eccentrica per venire in contatto con la parete ossea e scavarvi delle fossette pi o meno profonde (presenti nel cranio dei vecchi) e andando, in casi estremi, a perforare la calotta cranica facendo sporgere dei tessuti.
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2) Aracnoide rachidea (fig 59) Segue alllaracnoide craniale dal foro occipitale fino alla coda equina aderendo alla dura madre. Riveste inoltre tutti gli elementi vascolonervosi, i legamenti dentellati e accompagna le radici nervose fino al foro di coniugazione La faccia dove si riflettono. interna

dellaracnoide rivestita da una leptomeninge; questo confermato dai lavori di Nicholas e Weller oltre che da Parkinson. Questa leptomeninge esiste a livello midollare ma assente a livello cerebrale; presente soprattutto a livello dorsale. Lo spazio subaracnoideo vertebrale separato attraverso uno strato di pia madre, dagli spazi perivascolari o di Virchow Robin, ci che non avviene a livello cerebrale. La leptomeninge tappezza la faccia profonda dellaracnoide a livello mediano, si riflette sulla linea mediana per formare i setti (septa) posteriori, che legano in modo lasso laracnoide alla pia madre. da notare che a livello dorsale esiste un setto laterale. Questa leptomeninge tappezza anche la pia madre e i legamenti dentati. Le fibre di collagene dei legamenti dentati sono pi spesse dalla parte che d verso la dura madre di quella che d verso la pia madre. La leptomeninge fenestrata ed ha delle trabecole che si attaccano ai nervi e ai vasi della pia madre oltre che alla pia madre. La pia madre attaccata al midollo da un contingente di fibre di collagene pi abbondanti a livello dorsale (questi legami non sono fenestrati). A livello ventrale presente una leptomeninge fenestrata meno marcatamente, che st attorno allarteria midollare anteriore. Non sono stati messi ain evidenza setti (septa) a questo livello. La leptomeninge e i legamenti sono presenti soprattutto nelluomo, probabilmente a causa della posizione eretta.. laspetto fenestrato attorno ai vasi ha certamente il fine di ammortizzare gli sbalzi pressori durante i cambiamenti di postura. La leptomeninge serve inoltre a mantenere stabili nervi e vasi nello spazio subaracnoideo (anche il midollo spinale). Uno spazio la separa dalla pia madre, qui circola il liquido cefalorachidiano, che a livello midollare riassorbito dalle guine perivenose e dai gangli extravertebrali. Laracnoide e la pia madre craniale sono innervate dal plesso nervoso che accompagna i vasi.

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ARTICOLAZIONI DELLE MENINGI

PERIOSTIO E CUOIO CAPELLUTO VENE EMISSARIE VOLTA ENDOCRANICA


LEGAMENTO VERTEBRALE POSTERIORE FACCIA LATERALE DELLE VERTEBRE ( LEGAMENTO DENTATO)

MENINGI

PERIOSTIO DEL FORO DI COGNIUGAZIONE

FASCE PERIFERICHE PER I PROLUNGAMENTI NERVOSI SACRO FILO TERMINALE COCCIGE

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ANATOMIA MICROSCOPICA ED ISTOLOGICA


Si possono definire i tessuti come il primo livello di organizzazione sopracellulare: sono degli insieme di cellule differenziate che formano una associazione allo stesso tempo territoriale, funzionale e biologica. J Racadot

ANATOMIA MICROSCOPICA DEI TESSUTI CONNETTIVI DI SOSTEGNO J.F.Bernandin e Kaiyos danno una definizione biochimica del tessuto connettivo che si basa sulla presenza in questo tessuto di quattro tipi specifici di macromolecole: collagene, elastina, proteoglicani e glicoproteine di struttura. Associazioni cellulari formano una rete a maglie larghe; queste cellule possono essere fissate o libere in una sostanza intercellulare. Le cellule fisse hanno la denominazione a seconda del tessuto che formano: connettive, cartilaginee, ossee La sostanza intercellulare si compone di: una sostanza fondamentale fibre diverse si possono distinguere i seguenti tessuti: tessuto connettivo (embrionale, reticolare, interstiziale, fibroso, adiposo) tessuto cartilagineo (cartilagine ialina, elastica, fibrocartilagine, tessuto osseo) A- IL TESSUTO CONNETTIVO (fig 61) Si distinguono diversi tipi di tessuto connettivo. Tuttavia non esiste una linea di demarcazione netta che separa un tipo dallaltro.Il tessuto connettivo composto da elementi cellulari e sostanza intercellulare. a) Elementi cellulari Cellule fisse Cellule libere istiociti Mastociti (i pi frequenti) Linfociti Plasmacellule Granulociti Fibrociti (i cui precursori sono i fibroblasti ) Cellule mesenchimali Cellule reticolari Cellule con pigmenti Adipociti c) La sostanza intercellulare:Contiene soprattutto fibre Fibre reticolari: della stessa struttura delle fibre collagene, si incontrano sotto forma di rete fibrosa attorno ai vasi capillari della sostanza basale nei tubi urinari. Fibre collagene: formate da fibrille tenute insieme da una sostanza cementaria amorfa. Poco estensibili e sempre raggruppate in fasci nei tessuti. Si trovano solitamente nei tendini, membrana del timpano e in alcune fasce. Fibre elastiche: si trovano anche nelle arterie coronarie e in certi legamenti (legamento giallo) d) La sostanza fondamentale

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Prodotta in parte dalle cellule del tessuto lintermediario dove si effettuano gli scambi metabolici tra le cellule e il sangue. d) I diversi tipi di tessuto connettivo Il tessuto embrionale: si presenta sotto forma di mesenchima Il tessuto reticolare: si distingue il tessuto linfoide (gangli linfatici) e mieloide (midollo osseo), Il tessuto interstiziale: lasso, senza forma specifica. La sua funzione quella di riempire gli spazi tra alcune strutture (muscoli, visceri) formando uno strato di scivolamento. Gioca un ruolo nel metabolismo rigenerazione. collagene, generale elastiche, e nella fibre Contiene:

reticolari,

sostanza fondamentale e cellule. Il tessuto fibroso: caratterizzato da una alta percentuale di fibre collagene; la sostanza fondamentale e le cellule sono meno abbondanti che nel tessuto interstiziale. Si trova soprattutto nei tendini e nelle aponeurosi palmare e plantare. Il tessuto adiposo: si distinguono due tipi: un tessuto adiposo bianco monovacuolare e un tessuto adiposo bruno plurivacuolare. Questultimo pi abbondante nei neonati e permane negli adulti in certi distretti (capsula adiposa dei reni). Contiene degli adipociti e del tessuto interstiziale. Si distingue: il tessuto adiposo di riserva (dipende dallo stato di nutrizione, presente soprattutto nei cuscinetti adiposi sottocutanei e utilizzato in caso di bisogno) e il tessuto adiposo di edificazione (indipendente dalla nutrizione, lo si incontra nelle articolazioni, nel midollo osseo, nei boli grassi di Bichat).

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B-IL TESSUTO CARTILAGINEO composto da cellule e da sostanza intercellulare molto ricca in acqua (70%), pressoch totalmente privo di vasi e nervi. La natura della sostanza intercellulare determina il tipo di tessuto cartilagineo; si distingue: - la cartilagine ialina, - la cartilagine elastica, - la cartilagine fibrosa a) La cartilagine ialina: contiene sostanza intercellulare, numerose fibre collagene di piccolo calibro e delle reti isolate di fibre elastiche. Alla periferia la cartilagine rivestita dal pericondrio, che in continuit con questa. La si trova nelle cartilagini articolari, costale, delle vie respiratorie, di coniugazione e nellabbozzo dello scheletro. b) La cartilagine elastica: la sostanza intercellulare contiene sopratutto reti di fibre elastiche e in misura minore di collagene. La si trova nel padiglione auricolare e nellepiglottide.. c) La fibrocartilagine: contiene meno cellule, ma abbondantemente provvista di fasci collageni; la si trova in particolare nei dischi intervertebrali e nei legamenti interpubici della sinfisi. Il disco intervertebrale tenuto al suo posto da cartilagine ialina molto aderente al corpo vertebrale, allinterno del quale il disco si prolunga e si inserisce attraverso le spine di Schmorl. Il legamento vertebrale comune posteriore aderisce fortemente al disco. Qui troviamo una articolazione e una continuit fasciale tra tessuto osseo cartilagineo e fibroso. IL TESSUTO OSSEO Il tessuto osseo composto da: cellule ossee o osteociti sostanza fondamentale fibrille di collagene sostanza cementante divarsi sali

Appare evidente che losso formato in parte da due strutture che sono i componenti fondamentali di tutti i tessuti: sostanza fondamentale e fibrille collagene. per questo che si pu affermare che losso una fascia densificata al massimo. Le fibrille fanno parte dei costituenti organici dellosso (in opposizione ai sali che sono i costituenti minerali). La solidit di un osso dipende in parte dai costituenti organici, dal momento che se questi sono in quantit insufficente, losso perde la propria elasticit e diviene pi fragile. Losso, come tutta la fascia, deve dunque avere due caratteristiche fondamentali: elasticitplasticit e solidit. a) I diversi tipi di osso Si possono distinguere due tipi di osso a seconda della disposizione delle fibrille: osso reticolare osso lamellare o del canale di Havers
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Osso

reticolare

il

risultato

della

trasformazione da tessuto connettivo ad osseo. presente soprattutto durante lo sviluppo e permane nelladulto vicino alle suture craniche. Osso lamellare (fig 62) Costituisce il restante delle ossa. Presenta una stratificazione ben netta, dovuta a degli strati di sostanza fondamentale sotto forma di lamelle alternate con degli strati di osteociti. Questi strati, disposti concentricamente attorno al canale di Havers, costituiscono un osteone. Fra i diversi osteoni si trovano delle lamine interstiziali, essendo i canali di Havers legati fra loro attraverso dei sottili canali obliqui detti canali di Volkmann. La struttura e la disposizione degli osteoni dipende dal carico imposto allosso (variabilit, adattabilit; ritroviamo lo stesso schema della fascia). Lo sviluppo del tessuto osseo avviene grazie agli osteoblasti, cellule specializzate derivate da cellule mesenchimali (cellule allorigine di tutti i tessuti). Gli osteoblasti secernono una sostanza intercellulare, losteoide, che, allorigine composta da sostanza fondamentale molle e fibre collagene. b) Le diverse modalit di ossificazione Si distingue una modalit di ossificazione diretta o endoconnettiva (fibrosa) e una indiretta o encondrale (per sostituzione di cartilagine). ossificazione endoconnettiva: il tessuto osseo si forma a partire dal tessuto connettivo. Losso inizialmente fibroso si trasforma in seguito in lamellare. Questo tipo di ossificazione si incontra nelle ossa della volta cranica, della faccia e della clavicola. ossificazione incondrale: necessita prima della presenza di parti scheletriche cartilaginee, rimpiazzate in seguito da osso grazie alla presenza di condroclasti, che distruggono il tessuto cartilagineo e permettono agli osteoblasti di formare il tessuto osseo. Si distinguono due tipi di ossificazione encondrale: endocandrale e pericondrale. La prima avviene allinterno della cartilagine a livello delle epifisi mentre la seconda parte dal pericondrio e si limita alla diafisi. c) Il periostio E una membrana fibroelastica che riveste interamente losso eccetto a livello delle cartilagini. A livello delle inserzioni muscolari e fasciali si confonde con queste ultime (prova della continuit ininterrotta delle fascie). Laderenza allosso molto variabile: -molto aderente alle ossa corte -debolmente aderente alle ossa larghe
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-aderenza debole a livello delle diafisi e forte a livello delle epifisi nelle ossa lunghe Questa propriet del periostio dovuta : - allinserzione dei tendini e delle fascie allosso, ed questa che fissa il periostio allosso - allinserimento nellosso di vasi e nervi generati dal periostio - alla penetrazione nellosso di fibre di tessuto connettivo generate nel periostio e che costituiscono le fibre di Sharpey (continuit fascia, periostio, osso, punto terminale di arrivo delle fasce). Faccia interna: porta sulla sua superficie le ramificazioni vascolari e nervose destinate allosso. Inoltre esiste uno strato di cellule midollari che entrano a far parte della crescita in spessore dellosso. Faccia esterna: in rapporto con muscoli tendini e fasce. A tratti anche in rapporti con la pelle e ne separata da una fascia o da un tessuto cellulare poco denso (tibia, osso malare). Struttura: costituita da tessuto fibroso di cui si distinguono due strati: uno esterno, formato da tessuto connettivo misto a fibre elastiche e uno interno formato dai medesimi elementi ma che pi sottile. Lo strato interno pi sottile, la rete elastica pi stretta. Da questo strato partono delle fibre di tessuto connettivo e di fibre elastiche che penetrano nellosso: le fibre di Ranvier. Lo strato interno, inoltre, d vita agli osteoblasti, che spariscono alla fine della crescita, ma che riappaiono in qualunque momento per riformare losso in caso di frattura. Il periostio molto vascolarizzato e serve alla nutrizione dellosso, ne prova il fatto che se lo si toglie, losso si necrotizza. Nel periostio penetra una maglia molto importante di fili nervosi e questo ne spiega la sua sensibilit; una parte di questi fili penetra nellosso con il sistema vascolare. Esiste anche una larga rete di canali linfatici. d) Organizzazione del tessuto osseo Losso costituito da cellule (osteoblasti, osteoclasti e osteociti) e da matrice extracellulare. matrice extracellulare: fatta da una matrice organica di sostanza fondamentale e di fibre collagene mineralizzate oltre che da una componente di sali minerali. matrice organica: comprende fibre collagene e sostanza fondamentale. Le fibre collagene sono molto numerose. Si pu mettere in evidenza delle fibre tubulari intraossee che sarebbero il prolungamento delle fibre di inserzione dei tendini o della fascia. Sono le fibre di Charpey. La sostanza fondamentale meno abbondante e contiene mucopolisccaridi, glicoproteine, proteine di struttura, acqua ed elettroliti. sali minerali: danno la durezza al tessuto osseo. Sono cristalli di idrossipatite di calcio e fosfato. formazione e riassorbimento di tessuto osseo: per tutta la vita il tessuto osseo la sede di un rinnovamento permanente attraverso un processo distruttivo e uno costruttivo.
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Formazione di tessuto osseo: gli osteoblasti attraverso la secrezione e la sintetizzazione di glicoproteine, mucopolisaccaridi e molecole di tropocollagene formano una sostanza preossea. In seguito si ha la mineralizzazione attraverso depositi di un sale fosfocalcico e costruzione di cristalli di idrossipatite. Riassorbimento di tessuto osseo: entrano in gioco due processi che sono il riassorbimenro osteoclastico e quello periosteocitario. Il riassorbimento osteoclastico stimolato dallormone paratiroideo. Losteoclasta secerne ioni H+ (solubilizzano la sostanza minerale), idrolasi acide (polimerizzano le glicoproteine e i mucopolisaccaridi), collagenasi (attaccano il collagene). Nel riassorbimento periosteocitario alcuni osteoclasti hanno una attivit pi litica e determinano la demineralizzazione e la lisi del tessuto osseo che li circonda. Per concludere questo capitolo sul tessuto connettivo andiamo a dire qualche parola sul tessuto muscolare, nervoso, epiteliale e la pelle, perch ognuno di questi tessuti in parte in rapporto con il tessuto connettivo e questultimo forma la loro matrice di supporto e sostegno. D) IL TESSUTO MUSCOLARE Il tessuto muscolare indissociabile dalla fascia. Questultima gli fornisce i suoi rivestimenti, rappresenta un punto di appoggio e di inserzione del muscolo e gli porta il sistema neurovascolare (fig 63). Il muscolo si divide in pi unit circondate da una fascia o perimisio esterno. Questo si sdoppia per formare una guaina, grazie al perimisio interno, ad un fascio primitivo. Anche il perimisio interno si sdoppia per formare linvolucro miofibrille, discontinuit connettivo che della fibra lunit tendine muscolare: il sarcolemma che chiude le rappresentano un muscolare. Il muscolo si prolunga senza attraverso (convergenza di fasce o membrane che formano un fascio molto spesso, resistente ed elastico). Questo tendine formato da due tipi di tessuto connettivo: tessuto fibroso e tessuto cellulare lasso. costituito da fasci primitivi o fibre circondate da una guaina. Questi fasci si
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attaccano gli uni agli altri per formare dei fasci secondari circondati da una membrana, loro stessi raggruppati in fasci, che costituiscono il tendine; anchesso inguainato da una membrana. Alcune masse tendinee hanno sviluppato in loro delle vere e proprie ossa a spese del tessuto tendineo; queste sono le ossa sesamoidi di cui la pi notevole la rotula. Il tessuto muscolare si divide in due categorie: Tessuto muscolare liscio Tessuto muscolare striato scheletrico

Tessuto muscolare liscio: comprende un nucleo centrale, il citoplasma con dei miofilamenti, una membrana plasmatica rivestita da una lamina basale sulla quale si inseriscono dei fasci di fibre collagene. Tessuto muscolare striato scheletrico: circondato da una lamina basale, la cellula muscolare striata possiede parecchie centinaia di nuclei situati contro la membrana plasmatica. I fasci muscolari sono uniti da tessuto connettivo vascolare. Le inserserzioni scheletriche avvengono attraverso lintermediario dellaponeuresi e dei tendini di cui le fibre di collagene si inseriscono alle estremit di ogni cellula muscolare. E- IL TESSUTO NERVOSO I nervi sono composti da srtutture nervose conduttrici e dai loro apparati mesenchimali di sostegno e di protezione. 1) Il tessuto del sistema nervoso centrale Il tessuto di sostegno e di rivestimento del sistema nervoso centrale la nevroglia, di origine ectodermica, che qui assume la funzione di tessuto connettivo (sostegno, scambio, riassorbimento e formazione di cicatrici durante i processi patologici). Si distinguono tre tipi di cellule: astrociti: protoplasmatici (pi frequenti nella sostanza grigia) e fibrosi (hanno dei prolungamenti esili e predominano nella sostanza bianca). Quando si ha distruzione del tessuto centrale formano cicatrici di tessuto gliale. Gli astrociti sono gli elementi di sostegno alla periferia del cervello e formano la membrana gliale limitante. Inviano dei prolungamenti verso i vasi: le trombe vascolari che contribuiscono con la membrana basale allisolamento del tessuto cerebrale ectodermico in rapporto al tessuto capillare mesodermico e formano anche la barriera ematoencefalica selettiva per le sostanze del torrente sanguigno. Gli astrociti possiedono una debole motilit. Oligodendrociti: accompagnano le cellule nervose a livello della sostanza grigia . invece a livello della sostanza bianca si dispongono in fila tra le fibre nervose e sono considerate come le generatrice di guaina mielinica. Sono animate da una pulsazione che contrae e dilata i loro corpi cellulari, seguendo un ritmo regolare.
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Microglia: al momento della distruzione di un tessuto, queste fagocitano i frantumi e cambiano di forma; si mettono rapidamente tra i prolungamente astrocitari , cambiando continuamente di forma.

La nevroglia circonda e protegge il neurone, che costituisce lunit funzionale del sistema nervoso. Il neurone costituito da un corpo cellulare, centro trofico della cellula, dai dendriti, prolungamenti che costituiscono legami di ricezione e di influsso e dallassone, prolungamento principale rivestito di una guaina di Schwann mielinizzata o no, che conduce linflusso nervoso. Una fibra nervosa contiene nella sua parte centrale lexoplasma, sostanza semifluida che scorre dal corpo cellulare verso la periferia. 2) I nervi periferici (fig 64) La sua unit di base costituita dalla fibra nervosa il cui corpo cellulare situato nel midollo o nei gangli cranio-rachidei. Questa fibra circondata da una guaina di Schwann mielinizzata o non. Questa guaina formata da fibrille di collagene, a disposizione longitudinale, che, con la membrana basale, formano la guaina endoneurale. Le fibre si raggruppano in fascicoli nervosi e rappresentano lunit anatomico-funzionale del nervo. Allinterno dei fascicoli si trova un tessuto connettivo lasso, lendonevrio, dove sono immerse le fibre. I fascicoli sono circondati dal perinevrio costituito soprattutto da fibre longitudinali. La percentuale di fibre elastiche circolari spiega la resistenza meccanica dei nervi priferici; negli arti inoltre il perinevrio rinforzato a livello delle articolazioni. I fasci nervosi sono immersi nel perinevrio, un tessuto connettivo lasso che contiene: tessuto adiposo, vasi sanguigni e linfatici. Il tutto circondato dal nevrilemma, un prolungamento della pia madre e della dura madre (i punti di vista dvergono a seconda degli autori) e ci da vita ad un nervo periferico. Ogni nervo si dirige verso la sua destinazione supportato da una fascia che forma una guaina supplementare volta a contenere, proteggere e vascolarizzare il nervo stesso. Il nervo circondato dal nevrilemma (prolungamento periferico della pia madre). Allinterno dellepinevrio ogni fascio nervoso circondato da una guaina di tessuto connettivo, il perinevrio. Questo forma una barriera di diffusione che separa lepinevrio, che gioca un ruolo di protezione, dal tessuto connettivo intrafascicolare chiamato endonevrio.

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F-I TESSUTI EPITELIALI DI RIVESTIMENTO Sono fatti di cellule strettamente sovrapposte e rivestono il corpo e le cavit dellorganismo. a) Sistema di unione intercellulare Le cellule sono unite da delle interdigitazioni della loro membrana plasmatica e soprattutto dal sistema di unione intercellulare, che assicura allepitelio una notevole coesione. Questi sistemi sono di tre tipi: congiunzione di tipo occludente (serrate chiuse) due membrane adiacenti sono fuse lungo creste lineari formate da un seguito di proteine di membrana incastrate luna nellaltra a modo di una chiusura lampo; congiunzione di tipo aderente comportano la presenza di un materiale adesivo intercellulare; congiunzione di tipo comunicante cellule adiacenti che sono unite tra loro da una sorta di canali tubulari formati da proteine di membrana che permettono il passaggio diretto da una cellula allaltra. b) Relazioni tra epitelio e tessuto connettivo (fig 65) La faccia apicale degli epiteli direttamente in contatto con il lume della cavit che riveste. La faccia basale riposa su un tessuto connettivo attraverso una membrana basale formata da sostanza fondamentale. Questa membrana basale costituita da due strati : -uno strato superficiale o lamina basale, formata da glicoproteine e collagene tpo IV -uno strato profondo formato da fibre reticolari Il suo ruolo duplice: sostegno e barriera (filtrazione, diffusione, scambi). c) Differenziazione funzionale Per garantire tutte le loro diverse funzioni gli epiteli hanno spesso differenziazioni cellulari particolari. La durata di vita di tali cellule breve e il rinnovamento avviene attraverso cellule epiteliali indifferenziate situate nella membrana basale: -cellule cheratinizzate dellepidermide, che hanno un ruolo di protezione -cellule pigmentate della retina che producono melanina per proteggere dalla luce -cellule sensoriali o neurosensoriali dellorecchio interno per ludito e poi per il gusto e lolfatto -cellule dellepitelio di scambio nel mesotelio delle sierose, nellepitelio alveolare dei polmoni,.. -cellule cigliate, a livello delle vie respiratorie e genitali (tube) e nelle ghiandole -cellule piatte striate, dai bordi a spazzola o stereociglia, specializzate nei fenomeni di assorbimento. cellulare e specializzazione

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G-LA PELLE Ricopre la faccia esterna del corpo, misura circa 1,6 metri quadrati. A livello degli orifizi del corpo si continua con le mucose. 1) Differenti pelle (fig 66) Troviamo strati: EPIDERMIDE: epitelio pluristratificato e cheratinizzato composto a sua volta da pi strati. Le cellule dellepidermide migrano dalla base fino alla superficie in circa 30 giorni. Possiamo distinguere uno strato pi profondo (strato basale) che riposa su una lamina di tessuto connettivo basale che fa da supporto cellulare alla pelle e separa derma da epidermide; qui le cellule mandano numerose espansioni che fanno da fissazione e nutrimento. Risalendo troviamo lo strato spinoso, che ha spazi intercellulari pi larghi e stabilizzati da tonofibrille; lo strato lucido con eleidina e carotene; lo strato corneo, luogo di cheratinizzazoione e desquamazione. DERMA: grazie allalta percentuale di fibre collagene lo strato della pelle meccanicamente pi efficace. Il cuoio proviene dal derma. Lelasticit della pelle viene fuori dai diversi angoli che formano le maglie tra loro. Delle reti elastiche assicurano la reintegrazione degli strati fibrillari dopo la loro deformazione; sono dei legami trasversali, che sono i responsabili delle pieghe cutanee e si traducono nelladulto e soprattutto nei vecchi in una pelle flaccida e rugosa. Il derma contiene la radice dei peli, le ghiandole, i vasi sanguigni, le cellule connettive e cellule libere del sistema immunitario, oltre a strutture nervose. Il derma composto da pi strati: Strato papillare: situato immediatamente sotto la membrana basale ellepidermide. Esiste uno stretto rapporto con questultima attraverso le fibre di reticolina che sono a loro volta in rapporto con i prolungamenti cellulari dello strato basale. Strato reticolare: costituito da fasci di fibre collagene aggrovigliati, questo strato che determina la resisistenza alla rottura della pelle. Infatti le fibre del derma sono orientate cosi bene, che se si perfora la pelle non si forma un buco ma una fessura allungata. I chirurghi tengono conto delle linee di apertura; un incisione parallela a queste linee, le allontana invece di sezionarle, favorendo la cicatrizzazione. Una tensione importante porta a strappi con formazioni di smagliature. andando dallesterno allinterno tre strati di

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IPODERMA: una fascia lassa in continuit con il derma e realizza uno strato di scivolamento. Gioca il ruolo di riserva di grasso, che anche un fattore di regolazione termica. La ripartizione di tessuto adiposo sotto il controllo del sistema endocrino. Lipoderma riposa sulla fascia superficialis, ma non ovunque; questo per esempio non avviene nel volto dove lipoderma posa direttamente sui muscoli favorendo cos la mimica facciale.

2) Ruolo della pelle Protezione: la pelle protegge il corpo contro le aggressioni chimiche, meccaniche, termiche, cos come dai numerosi agenti patogeni. Immunitario: la pelle possiede cellule immunologiche e partecipa al sistema di difesa dellorganismo Regolazione termica: attraverso modificazioni della perfusione sanguigna e delleliminazione di liquido dalle sue ghiandole Regolazione dellequilibrio idrosalino: protegge il corpo dalla disidratazione eliminando lacqua e i sali attraverso le ghiandole sudoripare. Organo di senso: attraverso le proprie numerose strutture nervose percepisce la pressione, la temperatura e il dolore. un organo di comunicazione per la sua capacit di arrossarsi, sbiancare e per il fenomeno dellorripilazione. La resistenza elettrica della pelle viene modificata da uno stress psichico. Infine il riflesso e il rivelatore di ci che accade a livello della sostanza fondamentale. Heine ha provato infatti che la sostanza fondamentale invia delle espansioni in superficie sotto forma di cilindri che avvolgono i fasci nervosi e i vasi. Questi cilindri di Heine portano modificazioni nella pelle, che viene a diventare anche un organo di percezione magnetico ed elettromagnetico. Questo spiega il perch una stimolazione cutanea pu modificare durevolmente i processi di regolazione organica. Noi abbiamo qui un sistema fasciale, i cilindri, che mettono in comunicazione tutte le fasce profonde con la superficie, in maniera visibile.

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ISTOLOGIA DEL TESSUTO CONNETTIVO


LE PARTI CHE COSTITUISCONO IL TESSUTO CONNETTIVO 1-La sostanza fondamentale La sostanza fondamentale un materiale omogeneo la cui viscosit varia da stato liquido a semiliquido, simile a gel. una soluzione colloidale di mucopolisaccaridi: condroitina, solfato, cheratansolfato eparina Gli elementi costitutivi della fascia per i solfati e condroitina e acido ialuronico per i non solfati, con una predominanza di proteoglicani e glicoproteine di struttura. I cambiamenti di viscosit permettono una fissazione di acqua nei tessuti, prevenendo il disseminarsi di infezioni e influenzando latttivit metabolica della cellula. Lacqua al 50% sotto forma di cristalli liquidi a temperatura corporea. La sostanza fondamentale realizza una rete riccamente idratata attorno a proteine fibrose e assicura un ruolo di lubrificazione e di assorbimento degli urti resistendo alla compressione. Attraverso le sue cariche elettriche influenza numerosi elementi dentro e fuori del tessuto connettivo. Gioco un ruolo fondamentale nella nutrizione delle cellule grazie agli scambi con i capillari sanguigni che risiedino in abbondanza nel tessuto connettivo. I proteoglicani e le proteine di struttura formano un setaccio molecolare attraverso il quale passano tutti gli elementi metabolici dal capillare verso la cellula e, al ritorno, le molecole troppo grandi o con una determinata carica elettrica subiscono un processo di esclusione. Il diametro dei pori del filtro dipende dalla concentrazione di proteoglicani nel compartimento tessutale interessato. Grazie alla loro carica negativa i proteoglicani sono i garanti dellisosmia e dellisotonia della sostanza fondamentale.( isosmia= pressione osmotica uguale a quella del sangue. isotonia = press. osmotica uguale a quella esercitata dal liquido extracellulare sulle membrane cellulari. Esse non solo membrane semipermebili ideali e quindi l'isotonia diversa dall'isosmia.) La sostanza fondamentale o matrice del tessuto connettivo pu essere considerata come un laboratorio dove vengono compiute tutte le funzioni del tessuto connettivo. 2-Le fibre di tessuto connettivo Si trovano nella sostanza fondamentale e sono di tre tipi: collagene, fibre elastiche e di reticolina. La loro quantit varia a seconda della funzione della fascia considerata. Fibre di collagene: il collagene il costituente proteico pi importante del nostro organismo e rappresenta il 60-70% della massa di tessuto connettivo. Il tropocollagene lunit di base del collagene. Tropocollagene: comprende una forte percentuale di glicina, che lo distingue dalle altre proteine dellorganismo, eccetto lelastina. Un quarto dei suoi aminoacidi formato da prolina. Biosintesi di collagene: realizzata soprattutto nei fibroblasti; tuttavia anche le cellule endoteliali, muscolari lisce e epiteliali sono capaci di sintetizzarlo. La sintesi del protocollagene si sviluppa nei ribosomi associati al reticolo endoplasmatico. Subisce in seguito una idrossilazione di prolina
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e di lisina sotto il controllo del tropocollagene-prolina-idrossilasi e della tropocollagene-lisinaidrossilasi. Poi si ha una glicosilazione delle unit di saccaridi (galattosio e glucosil-galattosio), che vengono ad inserirsi sulla parte idrossilata di certe idrossilisine. Una volta liberati dai ribosomi le tre catene A di protocollagene sono allineate parallelamente e si avvolgono ad elica per formare il protocollagene. Lestrusione di protocollagene sembra essere fatta da vescicole del golgi e/o da vescicole che derivano dal reticolo endoplasmatico. La fibrillogenesi nella sostanza extracellulare porta, per divisione, alla liberazione di tropocollagene. La divisione pu essere incompleta come nel collagene della membrana basale. Il tropocollagene subisce una polimerizzazione che porta alla formazione di fibrille. Questa sembra essere sotto il controllo degli idrati di carbonio associati alla molecola di tropocollagene. La formazione di fibrille inversamente proporzionale alla quantit di questi glucidi e ci spiega perch il collagene delle lamine basali, ricco di glucidi, non forma fibrille. La maturazione extracellulare per la formazione di fibrille e di fibre di collagene essenzialmente dipendente dai proteoglicani e dai glicoaminoglicani. Il collagene molto resistente a tutti gli enzimi proteolitici e pu essere degradato solo con lintervento della collagenasi. Il rinnovamento di collagene variabile: lento, nei tessuti stabili e molto rapido, in talune condizioni (cicatrizzazione, nellutero durante la gestazione). Diversi tipi di collagene: esistono quattro tipi. Tipo I: il pi frequente (derma, ossa, tendini), realizzato da fibre con grande resistenza alla forze di tensione Tipo II: associato a dei proteoglicani, forma poche fibre e si trova soprattutto nel tessuto cartilagineo Tipo III: ha una grande percentuale di cisteina e idrossiprolina. Forma il collagene della pelle fetale ed associato al tipo I nel derma papillare, nei vasi, nellintestino, nellutero, nei polmoni Tipo IV: si trova nelle lamine basali, contiene una forte percentuale di idrati di carbone e di idrossilisina. Questi quattro tipi di collagene possono essere sintetizzati da cellule diverse o da pi tipi della stessa cellula (tipo I e III dai fibroblasti). Sono fibre di aspetto bianco madreperlaceo, allungate, leggermente ondulate e non elastiche. Sono composte da fasci di fibre parallele non ramificate. I fasci possono unirsi gli uni agli altri. Le fibrille sono tenute insieme da una sostanza cementante che forma anche un rivestimento attorno a tutte le fibre. Da un punto di vista chimico sono costituite da collagene, che se lo si
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Fibra di collagene

fa bollire d gelatina. La sua inelasticit conferisce agli organi dove si trova una combinazione unica di flessibilit e resistenza. costituito soprattutto da aminoacidi, glicina, prolina e idrossiprolina. Wyckoff e Kennedy hanno messo in evidenza una strittura tubulare di fibrille collagene. Secondo Erlingheuser il liquido cefalorachidiano circolerebbe in tutto il corpo utilizzando le fibrille tubulari di collagene. Fibre di elastina: una proteina fibrosa che forma i componenti amorfi delle fibre elastiche, il cui precursore la tropoelastina. La tropoelastina sintetizzata nel reticolo endoplasmatico delle cellule mesenchimali (fibroblasti, cellule muscolari lisce). La formazione di ponti intermolecolari porta alla formazione di elastina. Il suo rinnovamento molto lento e la sua degradazione necessita dellintervento di una elastasi. Queste fibre sono lunghe e fini e si anastomizzano tra di loro; possono essere allungate da una volta ad una volta e mezzo la loro lunghezza. Chimicamente le fibre sono composte di elastina, una sostanza albuminoide molto resistente al calore, agli acidi e alle basi. Presenta una colorazione gialla. Le fibre sono formate da una componente amorfa ed una fibrillare formata da microfibrille. Con let la parte amorfa diventa pi importante e le microfibrille sono spinte verso la periferia. La componente amorfa fatta da elastina e quella fibrillare da glicoproteine di struttura. Queste fibre sono prodotte dai fibroblasti a livello di tendini e pelle e da cellule muscolari lisce nei vasi di grosso calibro, sotto forma di tropoelastina. Come per il collagene la temperatura ottimale a 37C. Fibre di reticolina: sono fibre collagene di piccolo calibro disperse in piccolo numero in seno alla sostanza fondamentale e ricche di microfilamenti. Sono ramificate e si uniscono luna allaltra per formare una fragile rete spiegata. Spesso, invece di anastomizzarsi, si incrociano. Le fibre di reticolina si trovano spesso a livello delle membrane basali e in continuit con le fibre di collagene negli organi linfoidi ed ematopoietici. Non hanno sostanza fondamentale. Le si incontra anche nel tessuto connettivo lasso ed in quello adiposo. Possono essere presenti elementi fibrillari come fibrille e fibre collagene. 3-I proteoglicani: fissano lacqua e i cationi e formano cos la sostanza extracellulare o sostanza fondamentale del tessuto connettivo. Sono importanti per determinare le propriet viscoelastiche delle articolazioni e di altre strutture sottoposte a deformazione meccanica. I proteoglicani possono essere la riserva di quattro componenti nutritivi: idrati di carbonio (sotto forma di glucosio e galattosio), albumine (sotto forma del gruppo NH), lipidi (nella catena idrocarbonata), acqua (nutrimento essenziale, la sua mancanza genera una ritrazione di proteoglicani). I proteoglicani, le glicoproteine di struttura e il glicolix (membrana che circonda la faccia esterna della cellula e che permette il dialogo con la sostanza fondamentale) sono i mediatori e le fibre di informazione. I proteoglicani sono macromolecole composte da catene polipeptidiche sulle quali si inseriscono le catene glucidiche chiamate glicosaminoglicani o mucopolisaccaridi acidi. La sintesi di proteoglicani avviene in un primo tempo allinterno del reticolo
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endoplasmatico granulare e in un secondo tempo in quello del golgi, prima della loro estrusione. La loro ripartizione diversa a secondo dei tessuti : dermatano solfato (pelle, tendini, pareti delle arterie), cheratano solfato (cornea, cartilagine, nucleo polposo), acido ialuronico (umor vitreo, liquido sinoviale). 4-Le glicoproteine di struttura: giocheranno un ruolo importante stabilendo ponti intermolecolari e orientando le proteine fibrose. Sembra esistere una relazione tra la regolarit delle fibre di collagene e la loro associazione con le glicoproteine. Nelle lamine elastiche permettono lassemblaggio delle molecole di tropoelastina. LE CELLULE DEL TESSUTO CONNETTIVO Cellule mesenchimali: il loro citoplasma possiede dei prolungamenti che spesso danno alla cellula un aspetto stellato e che permettono ladesione con la cellula vicina. I punti di contatto sono temporanei perch le cellule mesenchimali mantengono la loro individualit e possono anche spostarsi. Alcuni autori pensano che permangano nel tessuto adulto pronte a differenziarsi in: fibroblasti, macrofagi e cellule del parenchima delle ghiandole surrenali. Fibroblasti: sono i costituenti cellulari pi numerosi del tessuto connettivo. Si trovano nel tessuto adulto. Servono alla produzione di sostanza fondamentale intercellulare e dei precursori di fibre connettive. Assicurano anche la secrezione di enzimi, permettono il catabolismo di alcune macromolecole e il rinnovamento di strutture quali la membrana basale. Giocano un ruolo importante nellinfiammazione e nella cicatrizzazione. La produzione di protocollagene si effettua a livello del reticolo endoplasmatico e dellapparato di Golgi, si ha poi la secrezione nella sostanza fondamentale. I fibroblasti sintetizzano anche i glicosaminoglicani. I fibroblasti modificano il loro comportamento in base a fattori meccanici. Tutte le tensioni o le pressioni mantenute su un tessuto fasciale generano: moltiplicazione dei fibroblasti; orientamento dei fibroblasti secondo linee di forza create dalla pressione o dalla tensione; aumento della secrezione da parte dei fibroblasti di macromolecole al fine di rinforzare la fascia di fronte allaumento delle costrizioni. Se la tensione persiste ne risulter un addensamento della fascia che apparir pi stretta e di un colore pi madreperlaceo, con una disposizione in funzione delle linee di forza, come possiamo vedere in dissezione. Il fibroblasta il principio direttore della sostanza fondamentale, solo questo tipo di cellula, in retroazione con con tutti gli altri componenti cellulari e nervosi, capace di sintetizzare una sostanza fondamentale adattabile alle situazioni del momento. Il fibroblasta per incapace di distinguere il bene dal male; se viene alterato secerne una sostanza strutturata ma non fisiologica, la cui influenza sugli elementi cellulari pu essere allorigine di malattie croniche e di tumori.

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Cellule reticolari: sono grandi cellule stellate; nella maggior parte derivanti dal mesenchima. Tuttavia la maggiorparte delle cellule del timo e dellamigdala sono probabilmente di origine endoblastica. Mastociti: appartengono al sistema immunitario e sono liberate nel tessuto connettivo per facilitare le reazioni immunitarie. I mastociti sono particolarmente abbondanti nel tessuto areolare, soprattutto degli organi che contengono importanti quantit di eparina. Sintetizzano e secernono nella sostanza fondamentale: eparina, istamina, dopamina, serotonina e acido ialuronico. Macrofagi: sono dei fagociti. Alcuni sono fissi, altri liberi e si mettono fra le fibre fagocitando batteri, frammenti cellulari e materiale estraneo. I monociti del torrente sanguigno possono trasformarsi in macrofagi dopo essere entrati nello spazio cellulare. Grazie alla loro propriet di trasferimento e di fagocitosi hanno un ruolo principale nella difesa dellorganismo, anche attraverso la secrezione di enzimi e di interferone. Sono le cellule pi numerose del tessuto connettivo lasso e denso. La loro attivit e il loro numero aumenta negli stati patologici. Plasmacellule: sono poco frequenti nel tessuto connettivo normale, eccetto che nella lamina propria dello stomaco dove sono numerose. Le si vede anche nel tessuto ematopoietico e sono numerose nelle regioni di infiammazione cronica (mucosa digestiva, gangli linfatici, milza). Sono responsabili della produzione di anticorpi. Leucociti: possono passare nel tessuto connettivo dal torrente sanguigno.si tratta di linfociti, monociti e polimorfonucleati eosinofili. Hanno mobilit, necessaria per combattere contro linfiammazione e gli agenti patogeni. Adipociti: appaiono o in gruppi tra le fibre di collagene. Li ritroviamo in tutti i tipi di tessuti. In alcune regione come vicino al rene o alla ghiandola surrenale, le cellule adipose seguono un ciclo continupo di crescita e sparizione. Il tessuto adiposo formato soprattutto da grasso bianco. Una variet di tessuto adiposo conosciuta con il nome di grasso bruno, incontrato maggiormente nei neonati. Il primo ruolo di queste cellule quello di immagazzinare grassi per diverse finalit: riserva di grassi neutri (grazie alla lipogenesi) o liberazione (lipolisi) nel torrente sanguigno in caso di bisogno energetico; isolante termico; protezione meccanica (ammortizzando le pressioni e gli urti). Cellule pigmentate: contengono dei pigmenti con colore e struttura specifica. I pi conosciute sono i melanociti, che contengono la melanina, un pigmento bruno scuro o nero.
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I DIFFERENTI TIPI DI TESSUTO CONNETTIVO Mesenchima: lo si incontra nellembrione; caratterizzato da mancanza di fibre e presenza di sostanza fondamentale acquosa. Tessuto connettivo mucoso: o gelatinoso di Wharton, si trova nel cordone ombelicale. Possiede meno cellule ma pi sostanza fondamentale gelatinosa rispetto al tessuto mesenchimale, oltre ad un piccolo numero di fibre. Esiste nelladulto solo in condizioni patologiche (papilloma, miosoma). Tessuto connettivo reticolare: il pi primitivo dei tessuti connettivi delladulto. costituito da una rete di cellule reticolari e di fibre argentofile molto sottili. Alcune di queste cellule sono fissate alle fibre, altre sono libere. Questo tessuto si trova nei gangli linfatici, nella milza, nel fegato e nel midollo osseo. Tessuto connettivo lasso: composto da una trama lassa di fibre di collagene, elastiche e reticolari, immerse in una sostanza fondamentale abbondante e di debole viscosit. Tutte le cellule del tessuto connettivo adulto, eccetto le cellule reticolari, vi sono presenti. Tutti gli scambi tra i vasi sanguigni ed il parenchima degli organi avvengono attraverso questo tessuto che assicura un ruolo nutritivo. La sua presenza nella sottomucosa del tubo digerente allorigine della sua motricit. Questo tessuto connettivo lasso ha delle propriet meccaniche di plasticit e di elasticit, dovute in gran parte alla sostanza fondamentale. Ospita le cellule di difesa del sistema immunitario, i vasi e i nervi. Serve da materiale di riempimento formando lo stroma della maggior parte degli organi pieni: corion e sottomucosa del tubo digerente; corion delle vie respiratorie, genitali ed urinarie; derma della pelle; strato sottomesoteliale delle sierose. Entra nella costituzione dei nervi periferici e dei muscoli; lo si trova infine nella fascia superficiale e profonda. Tessuto adiposo: un tessuto di tipo connettivo, ricco di adipociti e capillari sanguigni. Alcune regioni come il rene, le fosse ischio-rettali, lepiploon, lipoderma, il mesentere, ne sono particolarmente provviste. In tali regioni, nella vita embrionale, appaiono dei capillari sferici ancor prima che il grasso inizi a depositarsi. Un lobulo di tessuto adiposo si sviluppa poi in un territorio di questi plessi e si accresce fino ad andare a toccare il lobulo adiacente (i lobuli restano tuttavia separati da dei setti fibrosi; nel tessuto sottocutaneo questi setti sono chiamati legamenti cutanei). I lobuli del tessuto adiposo funzionano come degli ammortizzatori di pressione e come organi di riserva. Esistono due variet di tessuto adiposo: il grasso bianco e quello bruno. Nelladulto presente essenzialmente il grasso bianco. Il grasso bruno molto abbondante nei neonati. Tessuto connettivo denso: sono dei tessuti connettivi meccanici. Contengono numerose fibre. La vascolarizzazione poco abbondante e sono soprattutto composti da fibre di collagene oltre che fibre elastiche. Ne esistono di due tipi: orientato e non orientato.

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NON ORIENTATO (fig 70): simile al tessuto connettivo lasso, ma le fibre di collagene sono pi larghe e pi dense. Il tessuto ha un consistenza pi ferma e resistente. Lo si trova nel derma, nelle capsule di alcuni organi, nella dura madre, nelle fasce profonde, nel periostio, pericondrio e nelle capsule, nelle cartilagini e nellosso. ORIENTATO: lo si trova nei tendini, aponeurosi, legamenti, stroma della cornea. I tendini sono composti da fasci paralleli di fibre di collagene spessi e serrati gli uni contro gli altri. Questi fasci sono separati tra loro da tessuto connettivo lasso. Tutto linsieme circondato da una guaina fibrosa formata da connettivo denso (fig 71). Le aponeurosi sono composte da fibre parallele disposte a strati e incrociate ad angolo retto; le fasce sono il risultato dellassemblaggio delle aponeurosi e possiedono la stessa struttura di base. I legamenti dal punto di vista istologico sono comparabili ai tendini. I legamenti elastici (gialli) contengono pi fasci paralleli di fibre elastiche spesse e legate da deboli quantit di tessuto connettivo. Qui i fibroblasti sono meno numerosi. Delle gellule giganti dai corpi estranei (fusione di macrofagi) si incontrano nella regione di irritazione e di infiammazione, che contiene frammenti troppo grandi per essere fagocitati dai macrofagi. Le propriet meccaniche del tessuto connettivo sono: elasticit, viscosit, plasticit e resistenza.

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PATOLOGIA DELLE FASCE


Il tessuto connettivo come stato dimostrato precedentemente presente a livello di tutti i compartimenti del corpo umano: vascolare, neurologico, viscerale.etc In pi, poch questi tessuti sono in stretta relazione gli uni con gli altri, evidente che qualunque sia il danno nellorganismo, automaticamente il tessuto connettivo ne implicato in modo pi o meno grave. chiaro che ogni patologia specifica delle varie branche (neurologia, reumatologia, cardiologia, gastroenterologia) avr una risonanza sullo stato dei tessuti connettivi. I manuali di patologia clasificano le malattie specifiche del tessuto connettivo o collagenosi o connettiviti. Esse inglobano varie patologie la cui caratteristica comune una degenerazione della sostanza fondamentale del tessuto connettivo. La loro originalit consiste nel carattere diffuso, ma questo stupisce forse se sappiamo dellonnipresenza del tessuto connettivo? I fattori in comune sono: espressione clinica come le malattie infiammatorie, prognosi grave, sindromi di sovrapposizione nelle forme atipiche, che danno origine alla difficolt della diagnosi. LE COLLAGENOSI Le quattro grande collagenosi Comprendono: L.E.S.(lupus eritematoso disseminato), sclerodermia, periartrite nodosa, dermatomiosite. Non faremo uno studio approfondito delle quattro patologie, ma precisiamo che i loro segni clinici sono molteplici e pi o meno comuni a gradi diversi. Si localizzano a livello: cutaneo, muscolare, articolare, toracico, neurologico, viscerale. Una parentesi per ci che riguarda il danno cutaneo e che illustra perfettamente il danno del tessuto connettivo. La sclerodermia caratterizzata da una produzione accresciuta di collagene; a livello della pelle una epidermide atrofica ricopre un ammasso compatto di fibre di collagene che restano parallele allepidermide. Dei prolungamenti digitiformi di collagene si estendono dal derma fino al tessuto sottocutaneo fissando la pelle ai piani profondi. Il danno pi o meno grave a tutti i sistemi, conseguente alle connettiviti, conferma il loro carattere di malattia generale e rinforza limportanza che riveste il tessuto connettivo, presente a livello di tutti i compartimenti del corpo. Altre forme di collagenosi Si aggiunger alle collagenosi: sindrome di Wegner (caratterizzata da una patologia molto grave alle vie aeree superiori, del polmone e del rene); sindrome di Sharp o connettivite mista; sindrome di Marfan (altezza eccessiva, allungamento degli arti e soprattutto delle estremit, cifo-scoliosi con torace ad imbuto, iperlassit legamentosa, manifestazioni viscerali); poliartrite reumatoide (classificata ultimamente tra le collagenosi e caratterizzata da sinovite, vasculoartrite, noduli reumatoidi. Questi ultimi possono essere sottocutanei o avere la sede nella pleura, nel polmone, nel cuore, a livelllo dela capsula
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del fegato, delle corde vocali. Il nodulo comprende una zona centrale di necrosi fibrinoide, racchiuso da una palizzata di istociti che sono a loro volta circondati da tessuto connettivo fibroso infiltrato con linfociti e plasmacellule); morbo di Dupuytren (ispessimento e retrazione dellaponeurosi palmare media, di origine sconosciuta, corisponde a un danno molto specifico e molto localizzato su una fascia). ALTRE AFFEZIONI DELLE FASCE Oltre alle patologie specifiche del tessuto connettivo, che esamineremo, ci sono altre affezioni che nella maggior parte dei casi non presentano quadri clinici cos drammatici come quelli affrontati precedentemente, bens costituiscono la patologia pi frequente nel tessuto connettivo. Considereremo, prima di tutto, cicatrici, aderenze e fissazioni. Le suddette patologie o disfunzioni c'interesseranno particolarmente (le osteopatie), poich le incontreremo di frequente. Nel tempo le cicatrici e le aderenze creano delle irritazioni; le immobilit, a loro volta, interferiscono con la meccanica articolare o viscerale, provocando dei sintomi detti funzionali perch spesso hanno una manifestazione sotto clinica, senza espressione radiologica o biochimica. Si tratta di vere e proprie lesioni primarie che dovranno essere rilevate con molta cura. In seguito, svilupperemo i diversi studi effettuati a livello del tessuto connettivo e specialmente della sostanza fondamentale, con lintento di dimostrare che la patologia si sviluppa soprattutto al tale livello dal momento in cui la sostanza sopraffatta. Citeremo Snyder, che afferma che la sostanza fondamentale costituisce il laboratorio delle funzioni del tessuto connettivo e larena del processo patologico. LE CICATRICI Salvo i casi di cicatrici retrattili e di cheloidi, che rappresentano situazioni particolari per fortuna rare, ogni pi banale cicatrice pu costituire un punto di perturbazione per il corpo umano. Ci nonostante, la maggior parte non costituisce un elemento di alterazione, ma un certo numero pu esser causa di dolori, disfunzioni e perfino patologie insostenibili per il soggetto come nelle causalgie. In seguito al verificarsi di una lesione sopravviene il fenomeno di ricostruzione, con rifioritura e proliferazione delle fibre elastiche e connettive, allo scopo di realizzare una riparazione pi perfetta possibile nella zona in cui tessuto ha subito unaggressione. Nonostante laccuratezza di questo sistema di ricostruzione, non si otterr mai un risultato perfetto. Prova ne sia che la traccia che lascia la cicatrice colpisce le fasce profonde. Come detto in precedenza, nella maggior parte dei casi, il fenomeno di riparazione avviene senza comportare problemi secondari. Malgrado ci, in alcuni casi non trascurabili una cicatrice pu dare origine a perturbazioni e ad

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insediamento di una patologia di prossimit, che si manifesta sotto forma di irritazioni, oppure pu costituire sede di immobilit che perturba la meccanica e la fisiologia del corpo. Una cicatrice irritante genera un elemento di perturbazione del tessuto connettivo, il quale a sua volta, sottomesso alle tensioni e allo stress in questa zona di irritazione, modifica la propria struttura, plasticit ed elasticit e, a lungo, produce una perturbazione della meccanica fasciale che influisce sulla funzionalit di unarea pi o meno estesa. Nel caso di cicatrici presenti nella zona delladdome ( il caso pi comune determinato dalle appendicectomie) posso avere delle perturbazioni alla meccanica dellorgano vicino, sottoposto quindi a una tensione ed irritazione permanente che lo porter a perdere la mobilit e restare fisso. Abbiamo visto come la fisiologia delladdome facilitata dalla mobilit delle fasce; questa immobilit, quindi, porterebbe lorgano verso la disfunzione, con il rischio a lungo termine dinstaurare una vera patologia. La patologia delle cicatrici pu essere continuativa di corpi estranei che possono infiltrarsi al momento dellaggressione. Kellner ha dimostrato lintrusione di cristalli di talco nelle cicatrici chirurgiche, frammenti di proiettili e di stoffa sui feriti di guerra, granelli di sabbia, piccole bolle di catrame, schegge di vetro negli infortunati da incidenti della strada Il riassorbimento di corpi estranei lento, perfino impossibile; questi creano un'acidosi nei tessuti che li circondano e, di conseguenza, delle mutazioni della sostanza fondamentale. Da rivelazioni elettriche effettuate sono stati ottenuti risultati di 1400 kilo-ohm di differenza( in pi) fra misurazioni a livello di queste cicatrici disturbanti e quelli registrati sulla pelle in prossimit delle stesse; misurazioni su cicatrici non disturbanti sono risultati vicini al normale. Le cicatrici si devono considerare come delle zone potenziali di perturbazione. ADERENZE E IMMOBILITA Molto numerose nel corpo umano, possono essere conseguenza di una cicatrice, di infiammazioni o infezioni, di irritazioni o aumento di costrizioni in qualsiasi parte del corpo. Si producono assai facilmente specie a livello del torace e delladdome. Solo il fatto di incidere sul peritoneo comporta un'alta potenzialit di aderenze. Hanno la tendenza ad aumentare con let ed eclatante il numero di aderenze trovate nella pleura, nel polmone e nel peritoneo, quando si pratica una dissezione. Comportano conseguenze pari a quelle delle cicatrici, se si considera che in certi casi realizzano un vero ponte fibroso non elastico con lorgano cui sono correlate. Si torna quindi al circolo vizioso di ipomobilit, disfunzioni e perfino patologie.

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TESSUTO CONNETTIVO, PUNTO DI PARTENZA DELLA MALATTIA. Lo studio istologico e del ruolo del tessuto connettivo ci dimostra che qualunque sia il tipo di aggressione, choc o stress che esso riceve, ne conseguir sempre una ripercussione. E possibile affermare che non esiste alcuna patologia che non abbia risonanza sulla fascia; pi esattamente, ogni patologia non pu estendersi se non dopo aver annullato le possibilit del tessuto connettivo. Eppinger ha affermato che la malattia ha origine dalla sostanza fondamentale e si propaga poi nelle cellule parenchimatiche. La specificit sintomatologica e diagnostica si manifesta tardivamente dopo l'insediamento delle lesioni cellulari, ed posteriore agli stadi originari delle diverse infezioni. Vi sono svariate cause di irritazione a livello del connettivo; esse comprendono tutte le situazioni in cui le fasce sono sottoposte a stress: ferite, colpi meccanici, lesioni fisico-chimiche, ormoni ad azione tessutale, choc. Lo choc operatorio ne fa parte, ed opportuno sottolineare che lorganismo impiega circa 21 giorni per superarlo. La sostanza fondamentale non solo uno starter per le informazioni destinate alla cellula e al sistema umorale e nervoso, ma subisce modificazioni a causa di disordini funzionali dei tessuti. Una situazione minima, di breve durata, provoca una depolarizzazione parziale dei proteoglicani che in un sistema funzionale viene corretta dallo sforzo di un carico di compenso. Se questi stimoli minimi divengono continui, provocano fenomeni di depolarizzazione costanti che comportano alterazioni strutturali nella sostanza fondamentale, portando alla formazione di un blocco. Allinizio le mutazioni rimangono localizzate, dato che lestensione dellinformazione limitata da propriet isolanti delle sierose, dei setti (come il diaframma)e delle fasce. A uno stadio preliminare difficile rilevare le perturbazioni indotte nel tessuto connettivo, considerando che spesso non generano sintomi di irritazione o reazione, e per questo possono inviare un messaggio confuso in un tempo molto lungo mantenendo il sistema di regolazione cellulare, tessutale, umorale, nervoso, in uno stato di pretensione. In seguito, le alterazioni della regolazione si estendono. La sintomatologia si propaga al lato opposto, per compartecipazione secondaria dellasse vertebrale. Una stimolazione supplementare su questo sistema alterato porta spesso a risposte inadeguate ed eccessive. Un disordine esterno pu insediarsi (ad esempio in un organo) accrescendo ancora lirritazione del centro dinfezione primario e inducendo infine, se non ci sono interventi, a una fase di spossamento, a un blocco della reazione che potr trovarsi allorigine di una malattia grave. E. Perger segnala che il 25% dei pazienti affetti da un blocco della regolazione di base hanno sviluppato tumori negli anni a seguire; lintervento di disordini della regolazione non deve essere trascurato nellevoluzione della malattia tumorale.

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Peraltro, stata evidenziato, nei malati cronici, lesistenza di una potenziale attivo dal lato colpito e di un aumento della conduttanza. Il disturbo, dunque, inizialmente locale e include dermatosi e miotonia. Tramite lintervento del sistema nervoso vegetativo laffezione modifica la vasomotricit e le altre funzioni vegetative del quadrante corrispondente allaccentuazione dellintensit di stimolazione, e la messa in atto del processo di regolazione centrale finisce per sviluppare una sintomatica emicorporale. Partendo da unalterazione locale, una malattia generale si manifesta tardivamente in seguito allintervento di fattori secondari e terziari. Il tessuto connettivo reagisce dunque nella sua totalit ma non necessariamente in maniera omogenea. Le diversit sono tanto pi marcate quanto il percorso dellaffezione cronica ridotto. Il fattore tempo e la durata dellaggressione preliminare giocano un ruolo preminente nella diffusione delle perturbazioni allinsieme dellorganismo. Certe cellule mesenchimali restano indifferenziate nel tessuto connettivo adulto, conservano la memoria embrionale e possono in caso di necessit trasformarsi in altre linee di cellule specializzate. Queste cellule sono in generale inibite ma in caso di ferite, malattie, divengono mitoticamente attive per far fronte allaggressione. Pu sembrare che la messa in circolo dei meccanismi di difesa che si producono nel tessuto connettivo sia consecutiva a un'autonomia della periferia e che il sistema centrale intervenga in secondo tempo. Ci confortato dal fatto che il valori di partenza e le affezioni pi marcate sono sempre situate negli emicorpi pi perturbati. Le disintegrazioni del tessuto (infiammazioni, cicatrici, aderenze), non riassorbibili procurano tali differenze emilaterali. Kellner ha provato che lequilibrio acido-basico dipende dal sistema di base: in zona acida la neutralit del PH ristabilita dalla lisi dei fibroblasti, mentre in area alcalina la normalizzazione risulta dalla loro moltiplicazione. Mc Laughlin ha constatato che la coltura in vitro delle cellule epiteliali embrionali ha una crescita indifferenziata e disordinata; lintroduzione di cellule mesenchimali comporta la differenziazione, una membrana basale si forma, completata da una stratificazione cellulare. Queste due esperienze proverebbero che il tessuto connettivo contiene un sistema di organizzazione indipendente dalle influenze centrali. In caso di uno stress persistente, problemi funzionali o cambiamenti del setaccio molecolare potrebbero modificare la sintesi della sostanza fondamentale, generando un terreno fertile per le malattie croniche. Hine ha messo in evidenza che sono sufficienti 30 minuti per provocare un netto aumento del collagene nel setto alveolare su vittime della strada gravemente traumatizzate. Speransky ha dimostrato, tramite esperienze fatte su animali, che una stimolazione intensa dei recettori cutanei o muscolari, situati nel territorio innervato dal bulbo rachideo, o dalla parte superiore del midollo spinale, o ancora una stimolazione meccanica o chimica diretta ai centri nervosi, possono indurre delle modificazioni profonde nel tessuto polmonare, molto simili a quelle che si riscontrano nella polmonite.
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Pare quindi che, se il tessuto connettivo ha una propria autonomia e pu essere all'origine di un sistema di difesa proprio e indipendente, pu essere anche il punto di partenza di un processo patologico a se stante. Sembra quindi che questo meccanismo non sia esclusivo di una simulazione periferica o centrale delle afferenze nervose e possa indurre delle perturbazioni nel tessuto connettivo. Questo ci che necessario tener presente, prima di effettuare una diagnosi su una perturbazione o patologia di una parte qualunque dell'organismo. La reazione primaria nell'ambito di un'aggressione non una reazione biochimica tipica, ma soprattutto il risultato di uno scivolamento del PH verso l'acidosi. La propagazione a distanza di un problema nel tessuto connettivo avviene per via nervosa. La normalizzazione in seno al tessuto connettivo pu durare fino a tre anni. Non ci sono possibilit di regolazione fino a quando la meccanica del tessuto connettivo resta paralizzata come nel processo cronico evolutivo.

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Capitolo 5
RUOLO DELLE FASCE Come studieremo, le fasce hanno molteplici ruoli all'interno dell'organismo, derivanti dalla loro storia e fisiologia. Le fasce e, di conseguenza, il tessuto connettivo sono presenti in tutte le parti del corpo. Lo studio anatomico e isto-fisiologico ci consente di affermare che il tessuto connettivo riveste un ruolo primario nel mantenimento di tutte le funzioni del corpo. Vari studi effettuati sullargomento dimostrano che il primo garante di un buono stato funzionale e di una buona salute. "Il tessuto connettivo non solo collega le diverse parti del corpo, ma in un senso pi ampio collega le numerose branche della medicina" (Snyder). Studieremo successivamente i diversi ruoli delle fasce: A - Sostegno e supporto. B - Protezione C - Ammortizzatore D - Emodinamica E - Difesa F - Comunicazione e scambio. Il tessuto connettivo collega gli organi e le parti del corpo tra loro, in una continuit ininterrotta. Lo studio anatomico ci dimostra, in effetti, che non c' mai interruzione tra i diversi tessuti, ma che tutto si articola al fine di realizzare un'armonia di funzioni perfette. A - RUOLO DI SOSTEGNO (FIG. 72) Le fasce permettono di mantenere l'integrit anatomica dell'individuo. Se su una persona si potessero sopprimere tutti i sistemi tranne le fasce, queste conserverebbero un'apparenza perfettamente umana. Non sarebbe lo stesso se si conservasse solo il sistema vascolare o nervoso, ci logico poich le fasce sono il supporto e la guida di tali sistemi; questa la conferma dell'interdipendenza e indissolubilit delle differenti strutture del corpo. Grazie alle fasce il sistema muscolare pu funzionare, come vedremo nella meccanica fasciale. Grazie alle fasce le articolazioni possono mantenere la stabilit e le funzioni. Il sistema muscolare il motore delle articolazioni, ma a sua volta coordinato dalla meccanica fasciale.

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Per merito delle fasce i diversi organi possono mantenere la loro forma anatomica restare fissati alla struttura ossea. Le fasce assicurano cos una buona coerenza e permettono, inoltre, un buon funzionamento fisiologico. B - RUOLO DI SUPPORTO. Le fasce sono il supporto del sistema nervoso, vascolare e linfatico. Lo studio anatomico ci ha dimostrato che i diversi sistemi sono intimamente legati alle fasce. Essi stessi sono, in parte, costituiti da fasce che hanno lo scopo di mantenere la loro forma anatomica; sono anche avvolti da una guaina fasciale a sua volta collegata e guidata da fasce pi dense. I sistemi nervoso e vascolare sono interdipendente dal sistema fasciale. Nel corso dello sviluppo embriologico la crescita e la migrazione si svolgono in modo parallelo ed intricato tra il sistema vascolo nervoso e quello fasciale. Il ruolo di supporto particolarmente evidenziato: a livello dell'aponeurosi cervicale profonda indissociabile dal plesso cervicale e dai gangli simpatici cervicali, a livello dei mesi, che sono dei veri e propri portatori di vasi e nervi, ecc. C - RUOLO DI PROTEZIONE Uno dei ruoli fondamentali delle fasce il mantenimento dell'integrit fisica e fisiologica del corpo. Presenti a tutti i livelli, come visto in precedenza, proteggono le diverse strutture anatomiche contro le tensioni, lo stress, le aggressioni che permanentemente il corpo subisce. Per adempiere tale compito danno prova di adattabilit e di capacit di variazioni in funzione dei segmenti che salvaguardano. Infatti,nella parte periferica, la fascia s'ispessisce e si addensa nelle zone di massima costrizione: ne risulta, a livello articolare, una copertura fasciale molto importante con un addensamento massimo al livello dei legamenti che sono stabilizzatori molto potenti. Tuttavia, qualunque sia la resistenza di una fascia, questa non raggiunger mai uno stato di rigidit, se non nella patologia, inoltre si noter sempre la presenza di una certa elasticit, per rispondere meglio alle sollecitazioni che deve subire la zona controllata. Quando i carichi di lavoro diventano molto forti, si pu constatare un ispessimento della fascia, fino a sostituire interamente i fasci muscolari. Ne sono esempi i potenti tratti ilio-tibiali e l'aponeurosi lombo sacrale, molto resistente. Un altro ruolo di protezione consiste nella capacit di ammortizzare. In caso di sforzi o di contrazioni molto violente, la fascia si fa carico di parte dell'intensit delle forze per evitare che tensioni troppo violente gravino su muscoli , organi., impedendone cos la rottura. Questo intervento avviene grazie alla stimolazione delle terminazioni nervose della fascia.
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Bednar e Coll hanno dimostrato che il legamento vertebrale comune anteriore ha una funzione passiva, ma riccamente innervato. Se stimolata sede di un'attivit neurologica molto attiva. A livello dell'asse cerebrale - spinale la fascia ha un ruolo di protezione del cervello e del midollo, a difesa sia delle variazioni di pressione troppo brutali, che degli choc che sarebbero molto dannosi per tali strutture.In questa zona, la fascia d prova notevole di adattabilit e ingegnosit. Una sola guaina connettiva sarebbe insufficiente per assolvere il ruolo di protezione; infatti, si costituita una tripla guaina fasciale e per aumentare la sua efficacia sono stati aggiunti due sistemi tampone: il liquido cefalo rachidiano e un importante sistema venoso. Questo ruolo di protezione, esercitato dalla fascia, lo ritroviamo anche per il sistema vascolare e nervoso, i quali non solo ne sono sostenuti ma, in una certa misura, sono protetti da possibili compressioni, stiramenti, traumatismi. Da ricordare semplicemente che i principali tronchi arterio-venosi e nervosi si trovano a livello delle fasce profonde, e che queste sono in pi inserite nelle guaine fasciali (canale di Hunter), oppure contenuti nelle parti pi stabili della fascia (radice del mesentere). Infine, per proteggere gli organi vitali e fragili, la fascia li avvolge come una guaina resistente e in pi interpone una fascia molto fluida e plastica: il tessuto grasso. ( grasso perineale), o un tessuto a trama molto lassa: il tessuto areolare. Gli organi stessi hanno un involucro fasciale che mantiene loro la struttura. Questo involucro penetra all'interno dell'organo e si divide pi volte, realizzando cos un divisione in compartimenti che isola, pi o meno, le diverse parti l'una dall'altra. Questo allo scopo di impedire la diffusione delle infezioni tra i vari segmenti. Gli esempi pi eclatanti di questa divisione in compartimenti riguardano fegato e polmoni. D - RUOLO DI AMMORTIZZATORE La fascia, tramite la sua elasticit permette di ammortizzare le costrizioni che il corpo subisce. La struttura macromolecolare a rete dei proteoglicani partecipa attivamente alla coesione meccanica dei tessuti. I proteoglicani sono ammortizzatori di colpi, che agiscono come dei lubrificanti e che, se sollecitati intensamente e in modo ripetuto, si trasformano in una sostanza visco-elastica. I proteoglicani e l'acido ialuronico conferiscono alla sostanza fondamentale una sovrastruttura molecolare reticolata, coprono le superfici cellulari, costituiscono la sostanza intercellulare, avvolgono e infiltrano le fibre di collagene e di elastina, costituendo un potere viscoelastico di tampone indispensabile a una funzione cellulare e tissutale normale. Ci confermato dal lavoro di Yahia e Coll, che dimostra un comportamento visco-elastico della fascia lombo-dorsale nel momento in cui sottoposta a carichi ripetuti; infatti questa visco-elasticit varia nel

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tempo. Inoltre, questo, permette di diminuire le intensit delle pressioni e di canalizzarle seguendo diverse direzioni al fine di evitare la lesione organica. Questo ruolo di ammortizzatore rinforzato dall'accumulo di tessuti grassi particolarmente abbondanti in certe aree vulnerabili: grasso perineale, grasso addominale abbondante sul grande epiploon, ma anche in zone sottomesse a forti pressioni a livello delle fosse ischio-rettali. In merito a tale ruolo, opportuna una parentesi per quel che concerne le meningi: abbiamo visto che esse rivestono la scatola cranica e la colonna vertebrale, a fine di contenere e proteggere l'asse cerebro spinale. Ma le meningi hanno anche la funzione di contenere il liquido cefalorachideo, guaina idrica che svolge un ruolo di ammortizzatore per il cervello, proteggendolo dalle variazioni di pressione cui soggetto. Inoltre, ha una funzione di nutrimento e difesa. Tale liquido secreto soprattutto dai plessi coroidei, una parte, circa il 20%, proviene direttamente dal parenchima venoso per via trans-vascolare, a livello degli spazi perivascolari di Virchow Robin. Il suo riassorbimento avviene per via venosa, tramite le villosit e granulazioni aracnoidee di Pacchioni, e per via linfatica nella guaina neurale verso il canale toracico. Il volume di questo liquido in un adulto di 140 ml, pi o meno di cui 30, di cui 35ml nei ventricoli, 25ml negli spazi sotto aracnoidei pericerebrali e nelle cisterne, 75 negli spazi sotto aracnoidei spinali. La sua composizione simile a quella del plasma e della linfa, ma con delle proporzioni diverse. Peraltro veicolo di numerosi ormoni e di altre sostanze il cui ruolo ancora oscuro. Nuove sostanze cerebrali vengono tuttora regolarmente scoperte, cosa che permette di affinare il ruolo del LCR. L'ultima stata una sostanza con un forte potere soporifero, scoperta da Richard Lernier. La produzione di liquido cefalorachideo va da 0,5 l a 1l /24h. Si in questo modo descritta una fluttuazione del LCR seguendo un movimento di espansione e ritrazione che costituisce uno dei motori del meccanismo cranico, la cui periodicit va da 8 a 12 cicli al minuto. A tal proposito, gli studi di Laland-Clarke descrivono continue pulsioni che intervengono nelle pi fini strutture del cervello e sono caratterizzate da onde cicliche da 10 a 14 intervalli a minuto. Pare, infatti, che questo ritmo da 8 a 12 traduca piuttosto uno stato patologico legato a una simpaticotomia relativa allo stress, generato dalla vita moderna. In effetti, il ritmo del cranio delle societ primitive si colloca all'incirca tra 2,5 intervalli al minuto. Siamo portati a considerare tale frequenza come uno stato di equilibrio. Tali movimenti ritmici del cervello e la fluttuazione del LCR sono stati all'origine di una teoria per la quale questo LCR circolerebbe a livello delle fasce e sarebbe l'origine dei loro movimenti ritmici. In effetti, non sembra esserci continuit tra LCR e liquido periferico, specialmente a livello delle radici nervose.

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Brydevik e Coll, in seguito ad un'iniezione di H-metiglucosio intravenoso o direttamente nel liquido cefalico-rachideo, hanno dimostrato che la distribuzione degli isotopi si stabilisce nella maniera seguente: radice nervosa: 58% portato dal LCR contro il 35% dai vasi intramurali. Nervo periferico: 95% portato dai vasi intramurali, nulla per quel che riguarda LCR.

La nutrizione delle radici nervose dovuta per la maggior parte al LCR, mentre quella dei nervi periferici data esclusivamente dai vasi. Non stato dimostrato che vi sia un passaggio di LCR verso i nervi periferici. I nervi cranici e rachidei, al di l dei loro orifizi ossei, sono rivestiti da tessuto connettivo in cui circolano i linfatici. Le meningi avrebbero cos strette relazioni con i vicini spazi linfatici, non ci sarebbe continuit diretta ma semplice filtrazione, impregnamento per contiguit. Ci sembra del tutto logico poich se ci fosse continuit tra LCR e periferia, questa costituirebbe un rischio importante per il cervello nel diffondersi di infezioni o di agenti patogeni provenienti dalla periferia, dove le porte di accesso sono tanto pi numerose. Il fatto che lo scambio avvenga per diffusione stabilisce un meccanismo tampone di salvaguardia, paragonabile a quello di altre regioni del corpo. Il LCR comunica quindi con il liquido extra cellulare, come questo comunica con il liquido intra cellulare. Qualunque siano i livelli, la comunicazione avviene per diffusione o trasporto attivo, ma mai direttamente. Questi diversi liquidi hanno delle composizioni chimiche diverse, ma restano permanentemente in contatto gli uni con gli altri, garantendo una continuit e una comunicazione permanente allnterno dell'organismo nella sua totalit. E- RUOLO EMODINAMICO Il sistema vascolare e quello linfatico sono indissociabili da quello fasciale. La circolazione di ritorno avviene tramite sistemi venosi e linfatici e non dotato di una pompa aspirante tanto potente quanto quella che invia il sangue a tutto il corpo attraverso il sistema arterioso. Peraltro, quest'ultima possiede una struttura rigida difficilmente deformabile, contrariamente ai linfatici e alle vene, che sono molto flaccide e possono collabire facilmente. Per questi motivi i vasi sono provvisti di valvole, per facilitare la circolazione di ritorno, ma le valvole sono insufficienti a svolgere tale compito. Le fasce sopperiscono alla pompa centrale per agevolare la circolazione di ritorno. Si tratta di vere e proprie pompe periferiche che spingono sangue e linfa verso il cuore Le fasce sono animate da movimenti ininterrotti la cui frequenza di circa 8-12 intervalli per minuto. Tali contrazioni realizzano un movimento di pompa erogante, permettendo la progressione dei fluidi. da notare che il trasporto della linfa all'interno dei vasi avviene per contrazioni successive dei segmenti
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valvolari. La linfa trasportata da onde di contrazione di una periodicit di 10-12 per minuto. Ci equivale alla periodicit delle fasce, ma il linfatico non prima di tutto di per se una fascia? Questo meccanismo sottile rinforzato da contrazioni muscolari canalizzate attraverso le fasce. L'anatomia ci ha dimostrato che le fasce non sono continue e parallele, ma costituite da diversi strati in direzione obliqua, trasversale o circolare. Il diverso orientamento delle fibre fasciali ci permette di affermare che la forma generale delle fasce presenta un aspetto a spirale. Quindi, al momento della sua contrazione si avr tendenza a racchiudere le strutture che avvolge, spingendo i liquidi verso il cuore, come uno straccio che si torce. Se la fascia il motore del ricambio circolatorio, pu essere anche l'elemento perturbatore. Immaginiamo una fascia in stato di tensione anormale, si comprende facilmente come il sistema vascolare che vi collegato sar in stato di compressione permanente, in tal caso giocando un ruolo di ostruzione che favorisce la stasi. I linfatici e le vene perforano le fasce a livello delle strutture anulari, pi o meno irrigidite, per permettere la libert del condotto in questo anello, ma se questo sottoposte a tensioni troppo importanti pu trasformarsi in un vero e proprio laccio emostatico. F- RUOLO DI DIFESA La finalit del tessuto connettivo ristabilire delle normali funzioni di difesa. Il ruolo di difesa del connettivo rappresenta certo una fase primaria nel meccanismo delle fasce. nella sostanza fondamentale che inizia la lotta contro gli agenti patogeni e le infezioni, ci grazie a un meccanismo intrinseco locale che interviene prima del sistema generale. Da questo conflitto locale dipende la diffusione dell'agente patogeno e quindi la salute del soggetto. I processi di difesa sono caratterizzati da quattro fasi cellulari: 1. Inizialmente si organizza uno scudo di istiociti intorno a luogo dell'invasione nociva. 2. Segue immediatamente la fase micro-fagica (reazione locale, ma con qualche partecipazione passiva dell'organismo). 3. Fase macro-fagica, accompagnata da una cooperazione attiva dell'insieme del corpo. 4. Stadio dei linfociti (con eliminazione dell'infezione e passaggio alla cronicit). Lo stadio macro-fagico scatenato dal fattore monocitario, la sua assenza riduce l'intensit dello stadio macro-fagico fino a renderlo inattivo. Le prime reazioni di difesa locali sono ammortizzate da una serie di ormoni tessutali (prostaglandine, leucotrieni, interferone, ).

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La comparsa delle fasi istiocitarie e microfagiche non rileva solo la biochimica ma anche le modificazioni biofisiche, come quella brutale del Ph verso l'acidosi nel punto dell'aggressione, responsabile delle alterazioni delle membrane delle cellule. Al contrario, la modificazione repentina della situazione biofisica nella zona dell'aggressione genera una reazione di urgenza immediata, scatenando la prima razione di difesa allo scopo di limitare l'intento di aggressione. Il tutto avviene in due fasi. 1. Soppressione dei legamenti delle grandi cellule reticolari, con il sistema di base. La loro liberazione sotto forma di istiociti mononucleari facilita lo stabilizzarsi di uno scudo intorno alla zona invasa. 2. Alterazione della permeabilit delle pareti capillari, permettendo l'installazione dello stadio microfagico. Questi fenomeni di difesa si accompagnano al passaggio del siero nel tessuto e alla comparsa dell'edema. L'edema non nocivo per il processo di difesa, come si creduto per un certo periodo, ma al contrario partecipa alla diluizione dell'agente nocivo, e le immunoglobuline sieriche che provengono da infezioni anteriori possono gi intervenire localmente. Questo meccanismo di difesa scaturisce dalla sostanza fondamentale; questa correlata alle ghiandole endocrine tramite dei capillari, e al sistema nervoso centrale dalle estremit terminali libere dalle fibre nervose e vegetative. I due apparati si trovano all'interno del tronco cerebrale. La sostanza fondamentale pu quindi influenzare direttamente i centri regolatori superiori grazie agli elementi liberati (interleuchine, prostaglandine, interferone, proteasi, ecc..), un'informazione reciproca stabilita tra i capillari, le fibre nervose vegetative e le cellule connettive mobili della sostanza fondamentale (macrofagi, leucociti, monociti). Ne risulta un'organizzazione umorale a rete di gran complessit. Il vantaggio di questi sistemi intrecciati dato da un aumento delle facolt di adattamento e di efficienza. Lo scopo dell'organismo quello di garantire il proprio mantenimento grazie alla regolazione dell'omeostasia. In biologia come in medicina, la casualit e la finalit non si escludono, bens s'influenzano reciprocamente. Filogeneticamente, la sostanza fondamentale pi antica del sistema nervoso e umorale. Di conseguenza, la sua formazione e la sua degradazione sono rette da un'organizzazione cellulare primitiva compensatoria: l'associazione fibrocito-macrofago. Alla questa necessit i fibrociti sono capaci di reagire in pochi secondi, tramite una sintesi dei proteoglicani e delle glicoproteine strutturali, quantitativamente e qualitativamente adattati, che saranno fagocitati dai macrofagi. Con la progressione della sua alterazione,
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i fibrociti secernono una sostanza fondamentale strutturata ma non fisiologica. Influenzati da questa, tutti gli elementi cellulari possono costituire l'origine delle malattie croniche e tumorali (Heine). Altre sostanze intervengono ugualmente nel ruolo di difesa della sostaza fondamentale. Proteoglicani e gliocosaminoglicani rappresentano il primo sistema di difesa primitivo, e costituiscono un sistema viscoelastico che assorbe i colpi con un effetto di consumo di energia. Selye considera il tessuto connettivo come il regolatore della sindrome da stress. Tale sindrome conduce a un invecchiamento precoce dovuto alla perdita dell'adattabilit e dell'energia dell'adattamento. Tale ruolo di difesa del tessuto connettivo illustrato dalle funzioni del peritoneo e del grande epiploon. Le funzioni principali del peritoneo sono quelle di ridurre gli attriti, di immagazzinare i grassi, tramite il grande epiploon, e di resistere alle infezioni. Il grande epiploon tende a dirigersi verso il luogo dell'infezione (il meccanismo sconosciuto), ad incollarsi al focolaio e per conseguenza ad alimentare la vascolarizzazione locale. In tal modo aiuta a prevenire il propagarsi dell'infezione. In base alle nostre ordinarie conoscenze, sembra che gli interventi del sistema immunitario siano posteriori a quelli della sostanza fondamentale, che risulta dunque la prima barriera di difesa. G- RUOLO DELLA COMUNICAZIONE E DEGLI SCAMBI. Il tessuto connettivo, e tramite questo la sostanza fondamentale, sono in contatto contiguo con gli elementi cellulari del corpo. Il sistema vascolare, come quello linfatico e nervoso, si fermano al livello della sostanza fondamentale, e non si prolunga al di l nella cellula. Tutti i diversi sistemi portano alla sostanza gli elementi nutritivi e le informazioni periferiche e ne ripartono con i prodotti di scarto del metabolismo e le informazioni provenienti dalle cellule. Queste cellule sono bagnate dal liquido extra cellulare attraverso il quale s'instaura un dialogo con la sostanza fondamentale. Questo ha lo scopo, come abbiamo visto, di posizionare una barriera di difesa al fine di evitare che la cellula possa essere colpita. A partire dal momento in cui la sostanza fondamentale viene sopraffatta da un agente patogeno, la cellula stessa pu essere colpita e s'innesca un processo degenerativo e morboso. Oltre al suo ruolo di difesa, la sostanza fondamentale in comunicazione permanente con la cellula, fornendogli tutti gli elementi funzionali di cui questa necessita e veicolando al contrario i prodotti del metabolismo cellulare, cos come i diversi messaggi emessi dalla cellula. Il tessuto connettivo considerato come un complesso unitario che sviluppa le cellule parenchimatiche specifiche e permette la loro sopravvivenza, come la loro regolazione. Bordeu aveva gi riscontrato nel 1767 che il tessuto connettivo non era solo un elemento di riempimento e di sostegno, ma anche di regolazione e di nutrimento per gli organi, e che era contemporaneamente un mediatore delle attivit vascolari e nervose. Il tessuto connettivo un'unit di collegamento tra il parenchima e le formazioni vascolari e nervose.
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Questi scambi con la cellula avvengono per: cellula diffusione meccanismo osmotico processo attivo del mesotelio o glicocalice costituisce

Lo strato glucidico superficiale della lintermediario funzionale tra l'interno e lo spazio cellulare. ( fig. 73) Corrisponde alla guaina recettiva della cellula, tramite glicosaminoglicani e i proteoglicani, e mette in contatto lambiente intracellulare con la sostanza fondamentale. Le perturbazioni della sostanza possono alterare i glucidi del glicocalice o modificare il comportamento della cellula. Esistono delle proteine di legame: fibronectina, laminino, condronectina, che sono intermediari tra la superficie cellulare e la sostanza fondamentale. La fibronectina partecipa alla crescita, alla mobilit, alla differenziazione cellulare; interviene nella fissazione delle cellule alla sostanza, impedendo cos la sovrapposizione. La tenasina, nuova glicoproteina scoperta, parteciper alle interazioni cellulari. L'eparina contenuta nelle vescichette situate nei mastociti e granulociti basofili, e quindi la liberazione avviene secondo la necessit, parteciperebbe alle interezioni cellulari. Leparina contenuta nelle vescicole situate nei mastociti e granulociti basofili, la cui liberazione si svolge a seconda dei bisogni, partecipa a tutti i fenomeni di regolazione della sostanza fondamentale: 1. regolatrice della lipolisi e della lipoproteinemia circolante 2. stimola l'aggregazione delle cellule linfatiche 3. attiva le proteine chinasi delle cellule muscolari 4. provoca la sintesi della sostanza fondamentale: interviene nella sintesi del collagene e nella polimerizzazione delle fibrille di collagene. Le membrane basali corrispondono a una determinata forma della sostanza fondamentale. Sono indispensabili per la crescita regolare dell'epitelio, ricoprono ugualmente le cellule di Schwann, gli assoni terminali, le cellule muscolari striate e lisce, le cellule miocardiche. La modificazione delle membrane basali all'origine delle lesioni organiche. Le membrane impediscono la propagazione dell'infiammazione del connettivo l'epitelio, grazie al loro tenore elevato di vitamina C, che sembra captare i radicali ionici legati al processo infiammatorio. L'alimentazione del parenchima il risultato di una corrente di secrezione attraverso le canicole della membrana capillare verso la membrana cellulare: qui il liquido carico di prodotti provenienti dal metabolismo resta a disposizione della cellula parenchimatica, poi questo liquido carico di prodotti del metabolismo cellulare raggiunge i vasi linfatici molto numerosi a livello del tessuto connettivo.
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H- RUOLO BIOCHIMICO A seguito delle ricerche di Philippe Bourdinaud (lui stesso si ispirato agli studi di D.Urry) riguardo all'azione biochimica della mano dell'osteopatia sul tessuto connettivo umano, sappiamo oggi che le fibre di elastina, reticolina e collageno, chiamati tuttora biopolimeri, contenuti nella matrice fasciale, sono in grado di ritrarsi sotto linfluenza di una pressione superiore a quella fisiologica per la quale la loro composizione biomolecolare concepita, e di ritornare alla loro lunghezza iniziale, se la pressione dell ambiente interstiziale ridiventa fisiologica. Il fenomeno di ritrazione si manifesta quando un'iperpressione provoca il raggruppamento di molecole d'acqua della matrice fasciale, le spinge l'una verso l'altra, sotto forma di gabbie di acqua, attorno a poli idrofobi di fibre. La transizione inversa allora possibile, cio il ritorno alla lunghezza iniziale, solo se l'iperpressione nella matrice fasciale cessa o ritorna fisiologica, e questo avviene per mezzo della creazione di legami d'idrogeno tra le molecole d'acqua della matrice fasciale e i poli idrofobi delle fibre. Questa risposta si verifica a gradi di energia infinitesimale dell'ordine di qualche micron, perfino nanometro d'angstrom, ed riconducibile a ogni momento in cui un'energia influenza lambiente. E' importante qui precisare che ogni tipo di energia possiede questa capacit di provocare il fenomeno della transizione inversa dei biopolimeri, come l'energia fotonica, calorica, chimica, elettrica ed elettromagnetica. Nonostante ci, bisogna notare che l'energia meccanica risulta cinque volte superiore rispetto alle altre. Le proteine sono, infatti, capaci di effettuare un lavoro a partire da uno stimolo energetico, e da quello deriva l'energia meccanica. Si tratta del meccanismo universale pi efficace che consiste nel piegamento o allungamento di questi biopolimeri. Questo meccanismo alla base della maggior parte delle trasformazioni bioenergetiche. Ci significa che alcune strutture anatomiche come: le membrane di tensioni reciproche del cranio, la dura madre midollare, i legamenti, le capsule articolari, i tendini, le aponeurosi, le cartilagini, in definitiva tutti i tessuti connettivi del corpo, sono in grado nell'infinitamente piccolo (dell'ordine di un micron, di un manometro o di un angstrom) di ritrarsi sotto l'influenza di un'iperpressione, e poi di ritornare alla loro lunghezza iniziale se la pressione della zona ritorna fisiologica. Tali scoperte scientifiche traducono perfettamente la teoria osteopatica dei nostri maestri, quando sostengono l'azione dell'osteopatia sul metabolismo cellulare.

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CAPITOLO 6 MECCANICA DELLE FASCE


La meccanica fasciale svolge un ruolo essenziale nel funzionamento del corpo, cos come nel mantenimento della sua integrit. Le fasce funzionano come un tutto, ma per la buona comprensione del loro meccanismo occorrer studiare prima la meccanica locale e poi quella generale. (fig 74) MECCANICA LOCALE La meccanica sotto locale forma delle fasce si manifesta protezione, multifattoriale, separazione,

avendo queste un ruolo di: sospensione, contenimento, assorbimento degli urti, ammortizzamento delle pressioni. A- SOSPENSIONE E PROTEZIONE 1)Sospensione Il ruolo di sospensione della fascia acquista significato nelle fasce interne, sia che siano sotto forma di meso dei legamenti sia delle fasce propriamente dette. la fascia che garantisce la coesione interna perch mantiene, attraverso le insersioni strutturali, ogni organo al suo posto. Questo sostegno avviene in modo fermo, ma, nella maggior parte dei casi, non fisso. In effetti ogni organo grazie alla elasticit dei suoi punti di aggancio, ha sempre una certa mobilit. Mobilit necessaria per adattarsi alle diverse costrizioni che possono

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intervenire, ma anche mobilit che rientra nel contesto generale di mobilit del corpo umano, affinch la funzione e la fisiologia possano esprimersi pienamente. Il ruolo di sospensione non si esercita unicamente nella parte cavitaria, ma anche alla periferia del corpo umano. Attraverso le aponeurosi dei legamenti il supporto di ogni muscolo, articolazioni e sistema vascolo-nervoso. Circondando i vasi, i nervi, i muscoli e le articolazioni e formando i loro punti di insersione, questo sistema periferico esso stesso ancorato a dei punti fissi rappresentati dalla struttura ossea, che gli permettono di mantenere lintegrit anatomica delle strutture che supporta (fig75). Dallintegrit della struttura ossea dipende il suo stato funzionale e per estensione, la buona fisiologia del corpo. Ma un osso, di per se stesso, non ha alcuna possibilit di azione; la sua funzione, la sua integrit e le relazioni tra osso e osso dipendono unicamente dai punti di aggancio che uniscono un osso alle strutture ossee vicine. Quindi se la struttura forma limpalcatura, il punto di ancoraggio, essa dipende intimamente dai tessuti molli per il mantenimento della sua coesione e della sua funzione; si viene cos a creare una interrelazione indissociabile fra struttura e tessuti molli , e da ci dunque fra struttura e funzione e tra funzione e struttura. La funzione di sospensione delle fasce varia a seconda della zona considerata. La fascia possiede una capacit di stiramento diversa a seconda della sua localizzazione. Per esempio la capacit di stiramento di un tendine equivale ad 1/10 rispetto a quella della pelle e ci dovuto al fatto che il tendine costituito da fibre di I tipo disposte parallelamente, mentre nella pelle ci sono tutti i tipi di fibre e queste sono disposte in tutte le direzioni. Lo spessore delle fibre di collagene specifico dellorgano ed evolve con let. Lelasticit della fascia decresce durante la vita. La fascia sede di ispessimenti, accorciamenti, calcificazioni, in funzione delle costrizioni subite. Tuttavia questa funzione di sospensione ha una adattabilit notevole a seconda delle circostanze. Cos, durante la gravidanza , lutero la sede di una distesione notevolmente con l allungamento dei suoi legamenti, senza peraltro che questo crei alcun tipo di dolore. Non solo lutero si distende, ma, risalendo nella cavit addominale, genera in secondo luogo una distensione delle fasce della parete addominale senza tuttavia generare neanche qui un disturbo doloroso. In altre circostanze dove sottomesso a tensioni di stress e di tensione reagisce attraverso un ispessimento o una calcificazione, ma niente di ci si produce in gravidanza. Dopo il parto ritorna progressivamente normale, ovvero si ritira per ritrovare la sua tonicit e la sua elasticit. Questo un fenomeno preprogrammato e si pu pensare che la fascia abbia in memoria questo meccanismo. Prendiamo il caso dellobesit: questa situazione pu essere considerata come patologica. In alcuni soggetti laumento di peso enorme, laccumulo di tessuto grasso avviene a tutti i livelli, implicando un aumento di volume che pu essere considerevole e quindi automaticamente portare ad una distensione della fascia (per contenere questo sovrappi). Durante il dimagrimento, soprattutto se

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progressivo, nella grande maggior parte dei casi la fascia riprende la sua elasticit e la sua tonicit normali. Abbiamo quindi a che fare con un sistema di adattamento notevole. Un altro esempio: il rene, contenuto in un sacco aponeurotico sospeso attraverso dei legamenti e dallarteria renale, soggetto a ptosi o a divenire fluttuante in seguito ad una lassit del sistema di sospensione, essendo stirata anche larteria renale. Se attraverso una manipolazione osteopatica, a condizione che questa non sia troppo tardiva, riusciamo far reintegrare il rene nella sua posizione normale, constatiamo che dopo un certo tempo il rene si stabilizzato nella sua loggia e che le strutture di sostegno hanno ritrovato la loro tonicit. La fascia possiede una notevole mallebilit che le permette di adattarsi continuamente alle costrizioni che deve subire, ma anche capace di ritrovare il suo stato precedente perch programmata per facilitare la fisiologia del corpo (a condizione che un aiuto esterno le sia apportato in un tempo ragionevole). 2)Protezione Oltre al ruolo di mantenimento la fascia possiede un meccanismo di protezione per garantire lintegrit fisica e fisiologica del corpo umano. Questo meccanismo di protezione si esprime seguendo pi vettori e questo grazie alla sua solidit, ma anche alla sua contrattilit ed elasticit. Mantenimento dellintegrit anatomica Grazie alla sua resistenza la fascia permette il mantenimento dellintegrit anatomica delle diverse parti del corpo. Permette ai diversi organi di conservare una forma costante. Questo non avviene in modo rigido, ma grazie ad unadattabilit che varia a seconda delle regioni prese a riferimento. Cos le fasce che avvolgono i reni, il fegato, o che mantengono la struttura delle arterie, pur avendo una certa elasticit, possiedono un tono maggiore rispetto a quelle presenti nellintestino, nello stomaco, nelle vene e negli ureteri, che sono sottomessi a variazioni di forma e di pressione dipendenti dal loro grado di riempimento; devono dunque permanentemente aggiustare le loro tensioni, per una maggiore tolleranza e perci necessitano nella loro struttura di una maggiore quantit di reticolina, fibre elastiche e di una sostanza fondamentale meno densa. ancora grazie alle fasce che i muscoli possono avere la loro forma anatomica; ma qui abbiamo a che fare con fasce molto pi dense e resistenti. La loro deformazione minima permettendo cos ai muscoli di appoggiarsi a loro. Protezione contro le variazioni di tensione La fascia costituisce la prima barriera protettrice contro le variazioni importanti di tensione nel corpo, permettendo di assorbire gli urti per preservare lintegrit delle strutture che avvolge e sostiene. Funge dunque da vero e proprio ammortizzatore, che tramite la sua contrattilit e la sua elasticit attenua le tensioni che si esercitano sul corpo e di prendersi carico e di distribuire lenergia trasmessa da un urto violento, al fine di evitare una lesione sullorgano che protegge.
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Questo ruolo di tampone e di protezione significativo a livello delle meningi il cui fine quello di preservare lasse cerebrospinale contro gli urti e le variazioni brutali di pressione, che potrebbero essere molto dannose per il tessuto nervoso. A questo livello abbiamo un elemento supplementare che rinforza il ruolo di ammortizzazione: il liquido cefalo-rachidiano. In periferia il liquido cefalo-rachidiano sostituito, nelle zone particolarmente sensibili (reni, fosse ischio-rettali), da tessuto grasso, che non altro che una variet di tessuto connettivo prossimo alla fluidit. Bisogna ricordare che la contrattilit e la elasticit sono fattori importanti della meccanica fasciale; lelasticit diminuisce nel corso della vita contribuendo in modo importante allinvecchiamento. Un esempio illustra chiaramente questo stato di cose: ci sono delle modificazioni progressive della pelle nel corso dellet, come le pieghe cutanee che si affacciano nel corso degli anni e che aumentano via via che il tempo passa; queste pieghe sono dovute allindebolimento dei legami trasversali e quindi dellelasticit del tessuto connetivo. La dinamica meccanica di un tessuto sar condizionata dalla concentrazione locale di proteoglicani e di acido ialuronico. Le tappe della sintesi e del metabolismo dei proteoglicani possono essere modificati da dei fattori endogeni (ereditariet, errori genetici) ed esogeni (malnutrizione, stress, infezioni batteriche e virali, traumi). Ci porter ad un addensamento della sostanza fondamentale con un rinforzo delle fibre di collagene. Se le forzature che si esercitano sul tessuto connettivo persistono, questo trasformer completamente la sua struttura, soprattutto nei punti di inserzione, per poi arrivare alla calcificazione. per questo che noi vediamo il progressivo formarsi di calcificazioni su attacchi legamentosi o fasciali a seguito di tensioni importanti. Questo fenomeno particolarmente frequente a livello del calcagno, del gomito e della spalla o della colonna vertebrale, citando gli esempi pi notevoli che si trovano quotidianamente. Sotto leffetto di irritazioni, infiammazioni e di stress ripetitivi e molto importanti, il tessuto connettivo mette in moto un meccanismo di difesa che consiste nella sua trasformazione in tessuto osseo. Assistiamo cos ad un importante fenomeno di adattamento, compensazione tanto pi notevole visto che come vedremo pi avanti, questo fenomeno pu essere reversibile. B- CONTENIMENTO E SEPARAZIONE La fascia unisce e separa tutto, separa e unisce tutto (L. Issartel) 1)Contenimento Non esiste una sola parte del corpo che non sia avvolta da una fascia. Come dimostra lanatomia, il corpo umano costituito da dei grandi guaine che racchiudono delle regioni pi o meno estese, ma, allinterno di queste regioni, c una duplicazione della fascia che va a contenere delle strutture sempre pi fini, e questo senza alcuna discontinuit. Cos a livello della coscia, per esempio, abbiamo una grande guaina
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cilindrica che ingloba tutti i muscoli di questa zona. Questo grande cilindro si divide in seguito, grazie a dei setti intermuscolari, per separare i gruppi muscolari con funzioni diverse. Allinterno di questi setti possiamo avere pi muscoli avvolti nella stessa guaina fasciale. Nello stesso muscolo abbiamo unaltra divisione aponeurotica che circonda i diversi fasci muscolari, i quali saranno a loro volta divisi in setti da altre membrane che rivestono le miofibrille. La cavit addominale chiusa da una vasta borsa membranosa che contiene tutti i visceri, e li isola dalle strutture vicine, mantenendo una certa coerenza e costanza di pressione. Ma questo stesso peritoneo va a dividersi in legamenti, mesi.che vanno a costituire linvolucro strutturale degli organi. La fascia dunque garantisce la struttura anatomica dei tessuti molli; essendone a sua volta il costituente, il supporto e limpalcatura. Una debolezza al suo livello si tradurr in un ernia della materia che contiene; questernia potr a sua volta evolvere verso una rottura con danno alla funzione fisiologica. Senza la fascia i diversi organi non potrebbero adempire al loro ruolo. Gli organi cavi sarebbero sede di distensioni enormi; la loro fisiologia sarebbe completamente perturbata dal fatto che gli epiteli hanno il loro punto di ancoraggio nelle membrane basali, esse stesse allorigine della loro rigenerazione (degli epiteli). Unarteria sprovvista di fascia sarebbe flaccida, facilmente comprimibile e ci perturberebbe enormemente il flusso sanguigno. Gli organi pieni senza la loro struttura fasciale sarebbero incapaci di mantenere la loro forma e diverrebbero del tutto inoperanti. A livello muscolare sarebbe impossibile sviluppare la potenza legata alla contrazione. Abbiamo detto che la fascia una struttura rigida pi o meno anaelastica. Durante la contrazione un muscolo ha bisogno di punti di appoggio per manifestare la sua efficacia. Possiede perci degli ancoraggi ossei, ma questi sarebbero insufficienti se il muscolo non si appoggiasse alla fascia (soprattutto se la contrazione genera spostamento del segmento osseo). La fascia costituisce un punto di fissazione per il muscolo, ma anche un punto di appoggio a partire dal quale potr esprimere tutta la sua potenza. Questo ruolo di contenimento interviene anche per proteggere gli organi e i muscoli contro gli urti e le variazioni di pressione assorbendone essa stessa una parte di energia; in mancanza della fascia finiremmo molto velocemente per strapparci o scoppiare. Questo ruolo di contenimento si manifesta anche per canalizzare le forze. La fascia assiste al controllo del movimento nella sua realizzazione oltre che nella sua coordinazione. 2)Separazione Sebbene tutte le strutture anatomiche siano legate alla fascia, questa funge anche da mezzo di separazione affinch esse salvaguardino la loro coerenza. Questa separazione si realizza attraverso una divisione in compartimenti e degli scivolamenti. Scivolamento (o clivaggio)
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Per evitare rigidit e mantenere il massimo di mobilit (funzione principale anche della pi piccola parte del corpo) oltre che una certa indipendenza (tra un organo o una struttura in rapporto a quella adiacente), ogni parte, pur rimanendo in relazione con quella vicina, ne separata attraverso dei piani di scivolamento. Questi piani sono costituiti da tessuto connettivo lasso che penetra tra gli organi per riempire gli spazi, ma anche, come abbiamo gi detto, per collegare le strutture. Questi piani di scivolamento presentano tre punti di interesse: 1) favoriscono lo scivolamento degli organi, muscoli o fasci muscolari, gli uni in rapporto agli altri, permettendo cos di adattarsi alle variazioni di forma, di tensione, di movimento. 2) rappresentano dei punti di passaggio che facilitano la palpazione profonda. Quando, per attuare dei test o dei trattamenti, dobbiamo indirizzarci in zone situate in profondit, ci occorre attraversare una barriera muscolare. Se cerchiamo di penetrare passando attraverso un piano muscolare, saremo molto velocemente frenati dalla tensione del muscolo o dalla sua contrazione riflessa; per di pi interporremmo tra le nostre mani e la zona da palpare una struttura spessa e densa che diminuir o impedir la palpazione. I piani di sfaldamento ci permettono un passaggio pi facile. Cos se vogliamo palpare un piramidale o un piccolo legamento sacro-sciatico, bisogner servirci del piano di scivolamento presente tra il medio e il grande gluteo. Se si vuole palpare il nervo sciatico sulla faccia posteriore della coscia, la sola via di passaggio possibile il piano di sfaldatura presente tra il gruppo esterno e quello interno degli ischio-crurali. Allo stesso modo per palpare un rene il punto di passaggio efficace non potr che essere fra il bordo esterno dei grandi retti e gli obliqui. Se si vuole palpare il legamento vertebrale comune anteriore il solo punto di passaggio possibile attraverso la linea alba, e questo un punto di scivolamento soggetto a notevoli variazione. Ricordiamoci che in gravidanza grazie soprattutto allallontanamento della linea alba se laddome pu dilatarsi. Ma purtroppo a causa della cattiva riunione postpartum che interviene una interruzione della linea bianca attraverso la quale si pu facilmente sentire le anse intestinali. Permettono infine ai chirurghi di fare delle incision minime e di separare facilmente gli organi tra loro quando operano nella cavit addominale. Compartimentazione La divisione delle fasce permette di costituire dei compati pi o meno a tenuta stagna, per mantenere diverse pressioni tra i diversi compartimenti, ma anche per prevenire la diffusione delle infezioni o delle infiammazioni da un compartimento allaltro. Questa compartimentazione protegge dunque gli organi dallespansione di focolai purulenti. Ma come abbiamo visto, realizza anche delle segmentazioni allinterno di uno stesso organo e di queste le pi rappresentative sono i lobi del fegato e del polmone. Questa compartimentazione supplementare ha per fine la protezione di un organo vitale, preservando la

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sua funzione quando danneggiata una delle sue parti. per questo che il fegato pu assolvere alla sua funzione fisiologica finch persiste il 30% di tessuto funzionante. C- ASSORBIMENTO DEGLI URTI Durante un trauma violento il corpo vittima di un onda durto che fa penetrare al suo interno una grande quantit di energia. Se la sua intensit troppo elevata ne conseguiranno danni importanti a livello di determinate strutture o organi. Il ruolo del tessuto connettivo quello di ammortizzare questa onda durto e di disperderla in differenti direzioni al fine di attenuarne lintensit, preservando lintegrit fisica del corpo umano. Se lintensit va oltre una certa soglia, il tessuto connettivo non potr adempiere al suo ruolo e assisteremo a delle lesioni che portano a esiti fatali, fra i quali i pi ricorrenti sono lo scoppio della milza e del fegato e la rottura del rene. Lorientamento delle fibre fasciali, il ruolo di tampone del tessuto connettivo, tendono, come abbiamo detto, a disperdere questa energia in differenti direzioni al fine di attenuare lintensit e permettere anche lassorbimento dellurto. Tuttavia, in un certo numero di casi, questa energia non pu essere ammortizzata e dispersa, sia perch lurto troppo violento sia perch avviene in una zona che era gi in stato di tensione anormale. Assistiamo dunque alla formazione di quelle che Elmer Green ha chiamato cisti di energia. Ci vuol dire un imprigionamento nel tessuto connettivo di una quantit importante di energia che avr a, pi o meno lunga scadenza, un effetto perturbante. Questa cisti si manifesta come unostruzione della conduzione efficace di elettricit attraverso la parte del corpo dove risiede. Si comporta come agente irritante e contribuisce allo sviluppo di un segmento facilitato come focolaio di irritazione locale. Genera un aumento dellentropia ed meno funzionale dei tessuti circostanti. Pu essere il risultato di un trauma, ma anche di una invasione patogena, di una disfunzione fisiologica o di un problema emozionale. curioso pensare che un tessuto molle possa accumulare in se stesso una quantit di energia che resta imprigionata dentro di esso. Abbiamo visto che il ruolo della sostanza fondamentale era, fra gli altri, quello di ammortizzamento e che per adempiere al suo lavoro metteva in moto numerosi meccanismi per ristabilire la normalit. In un certo numero di casi avviene che i suoi meccanismi sono sommersi di lavoro e non possono del tutto far fronte agli stress imposti. In questi casi essa mette in memoria questi stress e lo fa in maniera indipendente dalle vie superiori. Certamente queste ultime interverranno per aumentare la possibilit di evacuazione di energia attenuandone le conseguenze, ma non potranno cancellare gli stress subiti. Questo messo in evidenza dallesperimento di Frankstein: dopo aver iniettato essenza di terebinto nella zampa di un gatto, ha visto che questultimo, sotto lintensit di un urto, ha messo la gamba in posizione di triplice ritrazione. Passato un certo periodo il gatto ha ritrovato la funzionalit della sua zampa. Dopo alcuni mesi stata effettuata una decerebrazione del gatto e immediatamente la zampa traumatizzata ha assunto la posizione di triplice ritrazione. Linterruzione dei processi regolatori superiori
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ha fatto venir fuori il trauma iniziale: si parlato cos di memoria cellulare o di memoria periferica, ma si pu meglio definirla come memoria del tessuto connettivo e pi precisamente memoria della sostanza fondamentale. Quando il potere tampone del tessuto connettivo superato, ovvero quando un trauma o unaggressione supera una certa intensit, si assiste al collocarsi di uno stress locale che il pi delle volte evolve in maniera silente e questo anche per alcuni anni, ma che poi, nella maggior parte dei casi, tende verso uno stato patologico. Questo avviene a partire da un meccanismo locale autonomo, ma tramite il sistema nervoso pu guadagnare rapidamente una zona pi estesa, tramite il meccanismo di facilitazione di un segmento midollare. Al suo livello la resistenza alla conduzione di un impulso elettrico stata ridotta. Il segmento altamente irritabile e uno stimolo supplementare anche debole, gli generer una risposta importante, non corrispondente con lintensit della stimolazione. Questo segmento midollare facilitato genera delle risposte del tono muscolare, con diminuzione della mobilit del segmento in questione oltre ad un cambiamento palpabile della struttura del tessuto. Ricordiamoci che questo cambiamento pu essere indotto direttamente senza passare dallarco midollare e questo grazie a delle modificazioni nella sostanza fondamentale che si vanno a ripercuotere sulla superficie tramite i cilindri di Hine. La stimolazione simpatica genera a sua volta un cambiamento nella struttura della pelle oltre che un cambiamento nellattivit delle ghiandole sudoripare. La sua azione infine si estende a distanza sugli organi dipendenti dalla zona metamerica che a loro volta entrano in disfunzione senza lintervento esterno. Un segmento facilitato avr purtroppo tendenza ad autoperpetuarsi. D- AMMORTIZZAZIONE DI PRESSIONI Il corpo subisce continuamente tensioni, stiramenti, urti, stress di tutti i tipi. Se non esistesse un reparto difensivo per ammortizzare questi diversi traumi, sarebbe poco probabile che lessere umano fosse sempre vivo e in ogni caso la sua funzionalit sarebbe fortemente alterata. Questo ruolo di ammortizzazione in gran parte compiuto dalla fascia e si realizza attraverso la sua struttura biochimica, le sue componenti elastiche, la sua costruzione anatomica, il tessuto grasso. 1) Struttura biochimica Abbiamo studiato nel capitolo precedente il ruolo tampone del tessuto connettivo devoluto alla sostanza fondamentale, essa stessa dipendente dalla concentrazione in proteoglicani. Occorre ricordarsi che i proteoglicani modificano le caratteristiche visco-elastiche dei tessuti permettendo cos il loro adattamento alle variazioni di pressione. La proporzione tra sostanza fondamentale e fibre dipende dalle forze che agiscono sul tessuto. Cos avremo che in un legamento, dove le forze sono dirette secondo una direzione costante con sollecitazioni importanti, la sostanza fondamentale molto limitata e le fibre sono molto abbondanti e allineate in fasci paralleli. In seguito ad una qualsiasi sollecitazione la fascia gioca un ruolo di ammortizzatore per attenuarne lintensit e assorbire una parte di forza. Se questa sollecitazione
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persiste la fascia in un secondo tempo modificher la sua struttura. Cos quando una tensione applicata ad un qualsiasi livello, le fibre di collagene aumentano e si orientano secondo le linee di forza potendo creare una fibrosit. Hurchler e coll. in studi fatti su una fascia patologica nel quadro della sindrome cronica della loggia tibiale anteriore, non hanno constatato differenze quantitative di collagene. Al contrario hanno notato un aumento dello spessore e della rigidit strutturale. A livello della fascia patologica la la struttura reticolata delle fibre pi piccola. In certi pazienti appare pi spessa ed in altri pi spessa e con delle aderenze muscolari ed in altri ancora istologicamente normale. Questo ci porta a pensare che ogni soggetto risponde in maniera diversa ad una stessa patologia e questo certamente in base allo stato di salute generale del paziente. Quando guardiamo una persona occorrer quindi integrare la patologia in un contesto generale; questa lidea che esprime I.Korr che non ci sono malattie ma solo malati. Page nota che il tessuto connettivo forma le membrane attraverso le quali hanno luogo i processi osmotici di nutrizioni ed eliminazione. Pressioni o tensioni anormali vanno a ripercuotersi sugli scambi osmotici dei fluidi. Lequilibrio che esiste tra il flusso sanguigno ed il fluido tessutale deve essere mantenuto, affinch si possa esprimere pienamente lequilibrio fisiologico del corpo. Qualsiasi tensione membranosa pu perturbare lemodinamica del corpo; il drenaggio dei tessuti sar a sua volta perturbato con accumulo di metaboliti e progressive disfunzioni locali. Yahia e coll. tramite prelievi campione di fascia lombare, hanno constatato degli ispessimenti evidenti, ciascuno con fibre orientate in una direzione specifica. 2) Componente elastica La fascia non una struttura totalmente rigida. Qualunque sia la sua localizzazione, presenta sempre una certa elasticit grazie alla quale pu attenuare lintensit delle pressioni e far aumentare al massimo la soglia di rottura. Durante uno sforzo violento la resistenza muscolare supportata e rinforzata dalle caratteristiche elastiche del tessuto connettivo; senza questo il muscolo raggiungerebbe rapidamente la sua soglia di tolleranza e ne conseguirebbe facilmente la rottura. Se questo non si realizza frequentemente grazie alle propriet visco-elastiche e contrattili della fascia. Yahia e coll. hanno studiato lo stiramento su campioni di fasce. Hanno constatato che pi una fascia stirata, pi aumenta la sua rigidit e che per ottenere una stessa deformazione in un tempo pi corto occorre una carica pi importante. In pi se la fascia sottomessa ad una carica costante la deformazione diminuisce progressivamente. 3) Tessuto grasso Oltre al suo ruolo di messa in riserva di grasso, di isolante termico, il tessuto grasso interviene anche per ammortizzare le pressioni. Questo ruolo riveste una importanza pi o meno grande a seconda delle regioni considerate. A livello cutaneo il tessuto grasso attenua lintensit degli urti, costituendo un
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cuscino ammortizzante pi o meno efficace a seconda dello spessore. Cos un urto sul braccio, dove il pannicolo adiposo ben presente, sar meno doloro rispetto alla tibia dove il tessuto grasso praticamente inesistente. A livello addominale, oltre a riempire lo spazio compreso tra i diversi organi, il tessuto grasso attenua in modo significativo le grandi pressioni che si esercitano allinterno della cavit addominale, proteggendo cos i diversi organi affinch la loro fisiologia possa svolgersi normalmente. A livello dei reni il grasso perineale molto abbondante. Permette una fissazione del rene (le ptosi renali sono frequenti nei dimagrimenti rapidi con perdita del grasso perineale) e costituisce attorno a questo un cuscinetto adiposo che protegge contro i traumi (se troppo violenti possono portare alla rottura del rene). A livello del perineo infine esiste una importante raccolta di grasso. Esempio del perineo Il perineo per la sua situazione, il suo ruolo, la sua costruzione anatomica, merita uno studio particolare che illustrer perfettamente le diverse caratteristiche della fascia. Richiamiamo alla mente che il perineo composto da tre strati fasciali sovrapposti: aponeurosi perineale superficiale, media (presenti a livello del perineo anteriore), aponeurosi perineale profonda (rappresenta lamaca che chiude tutta la cavit addominale). Questi involucri fasciali circondano i diversi muscoli che rinforzano e sottendono. Questa costruzione sarebbe perfetta se non presentasse in senso antero-posteriore delle aperture nelle quali si introducono gli organi del piccolo bacino: retto, vescica nelluomo e retto, vescica e sopratutto vagina nella donna (questa costituisce una importante fessura dove si situano utero e collo della vescica). Il perineo riempito nella sua parte centrale, in senso antero-posteriore, dagli organi dl piccolo bacino che hanno grossolanamente una forma concava e sui quali aderisce e riposa il peritoneo. Lateralmente troviamo le fosse ischio-rettali, due strutture longitudinali riempite di grasso. Il perineo rappresenta la parte pi declive della cavit toraco-addominale, su cui si appoggia tutta una colonna liquida, che comprende non soltanto gli organi perineali, ma anche gli organi addominali e toracici. Questa colonna ha un peso considerevole e poich il perineo non chiuso ermeticamente, se questo peso si ripartisse solo verticalmente, gli organi perineali tenderebbero rapidamente alla ptosi, ma questa fortunatamente non che una circostanza eccezionale. Il perineo, per evitare questi inconvenienti e al fine di sostenere la colonna viscerale sottostante, assicurare una perfetta fisiologia degli sfinteri, assorbire le pressioni che si esercitano su di lui, si dotato di pi meccanismi di protezione: elasticit e solidit architettura anatomica presenza di un cuscino adiposo ammortizzatori complementari
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sinergia di movimento

a)elasticit e solidit Per sostenere gli organi perineali, le fasce pelviche devono avere due caratteristiche essenziali e apparentemente contraddittorie: elasticit e solidit. Solidit per sopportare le enormi pressioni che possono esercitarsi quando si tossisce o facciamo sforzi violenti. Elasticit per permettere di ammortizzare permanentemente le pressioni e per favorire il gioco degli sfinteri. La perdita di uno di questi due fattori o di entrambi porta alla rottura del funzionamento fisiologico degli organi perineali, con possibilit di disfunzioni vescicali o uterine e, in pi o meno tempo, prolasso di questi organi. b)architettura anatomica Abbiamo segnalato che gli organi perineali hanno una forma grossolanamente concava in senso anteroposteriore e sagittale. Questo per permettere alle pressioni che vengono dallalto di ripartirsi in tutti i sensi e non solamente in una direzione strettamente verticale. Kamina nota che: la statica interna tanto migliore quanto lorientamento fisiologico dellapparato genitale conservato o accentuato e quando gli elementi di sostegno sono solidi. Durante lo sforzo, la pressione addominale, tenuto conto della direzione generale del bacino, orientata essenzialmente in dietro verso la resistente regione ano-coccigea. C una traslazione posteriore dei visceri ed in particolare dellutero, il cui collo si appoggia sul perineo posteriore. Del resto le fasce uterine dellelevatore dellano si contraggono per opporsi alle sollecitazioni pressorie. Alzano il centro tendineo del perineo, che applica la parete vaginale posteriore contro quella anteriore, formando un angolo vaginale a seno posteriore: langolo vaginale. Nellarchitettura anatomica bisogna tener conto dellinclinazione del bacino, della lordosi lombare, della tonicit addominale. Laumento della lordosi lombare e la perdita della tonicit addominale favoriscono lantiversione del bacino; di conseguenza, la risultante delle forze che si esercitano sul perineo ha la tendenza ha focalizzarsi sulla fessura vulvare, esercitando una pressione molto pi forte sulla vescica e sullutero. Se ci troviamo davanti ad un perineo indebolito, molto rapidamente ci porter alla discesa del collo vescicale o uterino. c)presenza di un cuscino adiposo Il tessuto grasso presente a livello delle fosse ischio-rettali ha il compito non soltanto di colmare uno spazio lacunare o per proteggere gli elementi vascolo-nervosi, ma anche per ammortizzare le pressioni.

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Rappresenta un tampone elastico che attenua lintensit delle pressioni e ne prende in carico una certa parte

d)ammortizzatori complementari -Postero-lateralmente la cavit perineale chiusa dal muscolo piramidale circondato dalla sua fascia, che in dipendenza dallaponeurosi perineale profonda. Oltre a chiudere ermeticamente lanello pelvico in dietro, il piramidale costituisce un ammortizzatore supplementare delle sollecitazioni che si esercitano sul piccolo bacino. -Lateralmente il bacino presenta due orifizi: i forami otturatori, dei quali ci si pu chiedere la funzione. Oltre al fatto che danno inserzione ai due muscoli otturatori, questi forami sono colmati dalla membrana otturatrice, struttura elastica che vibra in funzione delle pressioni che si esercitano sul piccolo bacino; un po alla maniera di due branchie di un pesce, costituendo cos un elemento supplementare di regolazione delle sollecitazioni. e)sinergia di movimento Non ci scordiamo che esiste una importante massa viscerale addominale che domina il piccolo bacino e che questa massa chiusa nella sua parte superiore dal pistone diaframmatico, che mobilizzato continuamente dallalto verso il basso, esercitando quindi una certa pressione sulla colonna viscerale. Questa pressione si trasmette agli organi pelvici. I tessuti molli del perineo, grazie alla loro elasticit, sono l anche per assorbire ed integrare questo movimento permanente, evitando cos che questo diventi dannoso per il proprio contenuto. Il perineo lavora dunque in sinergia con il diaframma, realizzando un lieve movimento di discesa durante linspirazione. Per convincersi di ci basta respirare contraendo il perineo e si percepisce che la respirazione diviene improvvisamente pi difficile e si ha la sensazione di un aumento di pressione. Tutto sommato, grazie alla solidit, alla plasticit e alle caratteristiche visco-elastiche delle fasce, le pressioni trasmesse dalla colonna toraco-addominale non si esercitano soltanto in maniera verticale, ma sono ripartite e prese in carico da tutte le componenti dellanello pelvico: In basso e in dietro a livello dellanello fibroso centrale del perineo, punto della cavit pi declive e di convergenza di tutte le fasce e di tutti i muscoli perineali. Rappresenta il laccio che chiude il sacco e pu quindi essere considerato il punto pi solido. Lateralmente esiste il primo ammortizzatore costituito dal tessuto connettivo grasso. Pi lateralmente ancora si trovano in avanti le membrane otturatrici e in dietro i piramidali. In avanti infine una parte di sollecitazioni presa in carico dal perineo anteriore e dalla sinfisi.

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4) Struttura anatomica Ancorata al sistema scheletrico la fascia non rappresenta un semplice tubo costituito da bande verticali o parallele. Larchitettura della fascia formata da pi strati sovrapposti e interdipendenti gli uni dagli altri, orientati in parecchie direzioni: verticali, orizzontali e oblique. Tutto ci al fine di rinforzare la solidit, lefficacia e di aumentare la resistenza alle sollecitazioni che si esercitano su di essa. Debnar e coll., nel corso dellanalisi di campioni di fascia toraco-lombare, hanno dimostrato che questa formata numerose lamine di collagene orientate obliquamente le une in rapporto alle altre. Gerlach e Lierse hanno studiato la fascia dellarto inferiore. A livello della coscia hanno visto che (fig 76): 1) Nella sua parte anteriore la fascia presenta: -delle fibre orizzontali che si attaccano al tratto ileo-tibiale e delle altre che vanno posteriormente -delle fibre verticali nella parte superiore della coscia, che sono intrecciate orizzontali -delle fibre oblique in basso ed in dentro la cui parte inferiore si prosegue sulla parte interna della tibia. Sono pi sottili di quelle verticali ad eccezione che a livello delle anche dove sono pi forti 2) nella sua parte posteriore: -potenti fibre verticali con le fibre

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-fibre orizzontali presenti soprattutto sotto il grande gluteo e nella parte inferiore della coscia (queste terminano nel cavo popliteo); le fibre pi basse sono arciformi, dapprima oblique in basso ed in dentro, poi verticali e si continuano con laponeurosi tibiale posteriore. 3) nella sua parte interna: -costituite da fibre verticali e oblique, queste ultime provenienti dalla fascia lata; presentano un contingente anteriore obliquo in basso ed in avanti e un contingente posteriore obliquo in basso ed in dietro. Le fibre anteriori si confondono con il retinacolo patellare, quelle laterali con il legamento collaterale interno. La parte laterale interna presenta fibre molto resistenti, strette e facilmente palpabili. 4) nella sua parte esterna: -delle fibre verticali molto potenti formano il tratto ileo-tibiale. Questo tratto in connessione con il femore grazie alla membrana interossea esterna. Nella sua parte inferiore entra nella costituzione del retinacolo patellare e del legamento collaterale esterno. Le fibre della coscia si prolungano a livello della gamba e del piede, dove presentano la stessa architettura. In genarale la fascia dellarto inferiore e comunque, tutte le fasce, hanno una costruzione a spirale. Questo permette loro di giocare un ruolo di straccio nella dinamica dei fluidi, come abbiamo gi visto, ma anche di aumentare la capacit di resistenza alle sollecitazioni e di mantenere delle forme anatomiche.

MECCANICA GENERALE
A) CONDUZIONE DELLA SENSIBILITA La conduzione della sensibilit, proveniente dalla periferia, arriva al corno posteriore del midollo spinale. Da qui, attraverso le vie intramidollari, portata verso i centri specifici cerebrali che elaborano linformazione ed inviano la risposta di ritorno adeguata alla situazione. Questo uno schema un po grossolano, nella realt le cose sono molto pi complesse. Esiste tutta una serie di recettori periferici che si trovano nelle vie di passaggio anatomiche sopra descritte, ma sembra che le vie di conduzione non
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siano cos semplici come si potrebbe pensare e che esistano dei circuiti che attualmente sfuggono a ogni schematizzazione. Ogni informazione che arriva al corno posteriore del midollo non genera sistematicamente una risposta e questo fortunatamente, altrimenti saremmo in uno stato di agitazione permanente. Perch ci sia una risposta appropriata necessario che avvenga una sommazione di impulsi. a partire da questa constatazione che Melzach e Wall hanno elaborato la teoria del portone. Esiste nel corno posteriore del midollo un meccanismo regolatore che consente di aumentare o diminuire debitamente gli impulsi nervosi. Questo meccanismo determinato dallattivit di fibre A e A, oltre che dalle influenze discendenti generate dal cervello. Quando la quantit di informazioni che attraversano il portone oltrepassa una soglia critica, c lattivazione delle zone neurali responsabili del dolore. A livello delle cellule T del corno posteriore arriva tutto un flusso di stimoli; fino ad una certa soglia, le cellule T sono in grado di esercitare un controllo inibitorio e il portone resta chiuso. Quando la sommazione diventa troppo grande il controllo inibitorio inibito, il portone si apre e compare la sensazione dolorosa. Tuttavia il meccanismo puramente midollare pone alcuni problemi; infatti il modello del portone basato su un controllo presinaptico, ma esistono anche delle inibizioni postsinaptiche; ne prova il fatto che il meccanismo di salvaguardia, ma anche larresto della lesione avviene in primo luogo alla periferia, prima ancora dellintervento dellarco riflesso. Appare chiaro dunque che non tutte le informazioni vanno verso i centri superiori, ma che vengono trattate anche dai cervelli periferici. Cos esperimenti effettuati su topi decerebrati hanno dimostrato che questi potevano risolvere dei problemi di labirinto per trovare il cibo. Il midollo sarebbe dotato di memoria, pu prendere decisioni e risolvere alcuni problemi. Ma i cervelli periferici sono disposti anche alla periferia e soprattutto a livello delle fasce. Le fasce sarebbero dei conduttori di una sensibilit superficiale che segue sistemi diversi da quelli midollari; quello che Bichat chiamava il simpatico delle membrane. Cos, per esempio, se ci grattiamo a livello della coscia, possono apparire dei punti di irritazione lontani, sulla schiena o altrove. Questa conduzione periferica della sensibilit perfettamente illustrata in caso di causalgie o di algoallucinosi. Queste due patologie possono generare dei dolori talmente atroci che il soggetto portato a suicidarsi. Oppure nei casi pi ribelli, dopo radicolotomie, simpatectomie, cordotomie o sezioni midollari, si ottiene, a volte, solo una scomparsa transitoria del dolore infatti questo finisce per ritornare con la stessa intensit. Da dove viene? Da dove passa? Sicuramente non dal sistema nervo-midollo che stato sopresso. Sembra quindi esistere una maglia sensitiva autonoma che costituisce la prima organizzazione periferica, e che funziona in maniera del tutto indipendente. Un tocco leggero su una zona dolorosa pu scatenare dolori atroci, talvolta il dolore si manifesta spontaneamente senza stimoli apparenti. I dolori possono propagarsi in modo imprevedibile in parti lontane del corpo, che non hanno alcun legame con il sito iniziale del dolore. Spesso il dolore persiste a
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lungo dopo larresto dello stimolo. Questo fatto sfugge a qualsiasi spiegazione logica se consideriamo un sistema del dolore specifico, rigido, diretto. Cos una vescica in uno stato di semi-replezione insensibile e non genera lo stimolo ad urinare. La replezione genera il bisogno di urinare grazie ad uno stimolo di eccitazione dei meccanorecettori. In caso di cistite, il bisogno di urinare si scatena con una capacit di replezione molto debole. Lutero presenta una doppia innervazione. Il corpo innervato da un contingente di fibre dorso-lombari non doloroso se non in caso di forti dilatazioni, di infezioni importanti, nel parto e durante le mestruazioni in alcune donne. Certamente in questo ultimo caso le fasce sono in uno stato di stimolo massimale e il semplice fatto della congestione mestruale sufficiente a scatenare il dolore. Il collo innervato dal plesso ipogastrico ed sede di intensi dolori anche se viene dilatato di pochi centimetri. Non soltanto i tessuti reagiscono agli stimoli, ma allinterno di uno stesso organo gli stimoli possono generare reazioni del tutto differenti. Appare sempre pi evidente che la fascia non soltanto la sede di una sensibilit, ma che capace di elaborare linformazione in maniera del tutto autonoma. Piscinger attribuisce questa regolazione al sistema di base. Essa assicurata dal mentenimento dellomeostasi del sistema, ovvero la correzione, con il minimo di perdita di energia, delle deviazioni che risultano dallintervento di fattori perturbanti. Questi fattori perturbanti agiscono in generale in modo unilaterale. La mobilit e la funzione sono perturbate nel segmento colpito. Ancor prima dellapparizione dei disturbi clinicamente espressi, la perturbazione gi installata; essa caratterizzata da una un aumento di dispendio energetico che assicura la funzione. Poi per via riflessa segmentaria, il danno va in profondit, via viscerosomatica, per guadagnare, con linstallazione della cronicit, tutto il lato omolaterale che si trova cos in ipofunzione. Yahia e coll., nei loro lavori sulla fascia toraco-lombare hanno messo in evidenza dei corpuscoli di Pacini e Ruffini. I corpuscoli di Ruffini sono caratterizzati da un semplice assone ed una arborizzazione dendritica molto densa con le fibre di collagene. I meccanocettori sono localizzati soprattutto nelle zone juxtavascolari e nel tessuto connettivo lasso con dei fasci di collagene denso. Questa conduzione nervosa a livello della fascia sembra essere fatta sia dal sistema parasimpatico che, soprattutto, da quello simpatico e che intervengono non soltanto nella meccanica, ma anche nella biochimica fasciale. Il simpatico, influenzando la circolazione sanguigna ed il metabolismo,influisce sul livello del pH e leliminazione degli scarti. Se la fascia possiede il suo sistema di innervazione perch non una struttura rigida, ma possiede un certo movimento. Ci stato controllato da Yahia e coll., nellesperienza di stiramento della fascia, che ha messo in evidenza una contrazione spontanea durante lo stiramento, che si traduce in un aumento delle sue propriet viscoelastiche. Boabighi e coll., hanno dimostrate che le fibre di collagene sono costituite da ondulazioni regolari, queste sono comparabili nella loro forma alle onde fluide in movimento. La loro ampiezza media di 6
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micrometri e la loro lunghezza donda di 60 micrometri. Andiamo a vedere adesso qualche misura effettuata da questi autori PROPRIETA ISTOLOGICHE DELLE APONEUROSI (misure in micron ) STRUTTURA Aponeurosi brachiale Aponeurosi antibrachiale Retinacolo degli estensori Retinacolo dei flessori Aponeurosi alta dellobliquo esterno Aponeurosi bassa dellobliquo esterno Fascia lata anteriore Tratto ileo tibiale Retinacolo estensore della caviglia Dobbiamo dunque considerare la fascia come una struttura dotata di un certo movimento autonomo. Lorigine di questo movimento deve essere ricercata nellembriologia. Lo sviluppo embriologico non che un movimento continuo che, dopo diversi stadi, porta alla costituzione di un essere umano. Ricordiamoci che allinizio abbiamo tre foglietti intimamente intricati: ectoblasta, mesoblasta ed endoblasta. Questi tre foglietti subiscono una involuzione che permette loro di costituire lo scheletro, le cavit, gli organi. Questa involuzione si svolge in modo concomitante infatti ogni foglietto migra in parallelo e penetra in quello vicino. Persister la memoria del movimento continuo, che si ritrover a livello craniale, viscerale e fasciale. La sua ampiezza sar allincirca di 8-14 periodi al minuto, con leggere variazioni a seconda delle zone considerate. Questo movimento continuo permetter di facilitare gli scambi cellulari oltre che rendere dinamica la meccanica dei fluidi. Sembra che questo movimento sia mantenuto dal sistema nervoso simpatico, la sua diminuzione, la sua assenza o la sua accelerazione costituir per noi un mezzo di diagnosi di lesione, come vedremo pi in l. B) PARTICOLARITAMORFOLOGICHE Il tessuto connettivo molto ricco di fibre collagene disposte in fasci molto densi e pressoch paralleli, orientati con regolarit nel senso dove le sollecitazioni meccaniche sono pi importanti. La differenza di intensit delle costrizioni meccaniche ci porta a constatare in maniera generale che:
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Diametro dei fasci 130 155 200 200 155 170 150 155 285

ampiezza 8,5 8,5 1,5 1,5 8,5 5,7 8,5 4,5 1,5

Lunghezza donda 30 30 70 70 30 85 35 75 80

a livello degli arti superiori le fasce antero-esterne sono pi spesse e pi potenti di quelle posterointerne. Questa stessa disposizione si trova a livello dellarto inferiore, fatta eccezione a livello della gamba dove la fascia antero-interna che ricopre la tibia la pi spessa. A livello plantare e palmare ritroviamo delle fasce potenti, spesse e resistenti. A livello del collo e del tronco in generale le fasce posteriori sono pi potenti di quelle anteriori.

Questa differenza a seconda della localizzazione si spiega attraverso le loro caratteristiche biomeccaniche. Le fasce pi spesse e resistenti hanno sia un lavoro dinamico, sia frenante molto pi importante. Sono queste che intervengono maggiormente nel mantenimento della statica e della postura. Abbiamo visto come lintensit delle sollecitazioni genera le caratteristiche della fascia e come tali differenze appaiono del tutto logiche. Boabighi e coll., hanno studiato le proprit biomeccaniche di alcune aponeurosi e noi riproduciamo qui le loro misurazioni: STRUTTURA Aponeurosi brachiale Lacerto fibroso Aponeurosi antibrachiele Retinacolo degli Allungamento percentuale 88 42 43 55 76 47 53 100 62 48 35 65 propriet biomeccaniche delle apeneurosi in Costrizione in N/mm Modulo di Young (da N/mm ) 1,7 2,9 1,2 1,0 1,3 2,4 2,6 1,2 3,5 0,6 3,8 1,1 2 12 3 3 2 7 13 3 18 2 19 3

estensori Retinacolo dei flessori Aponeurosi palmere Aponeurosi digitale Aponeurosi dellobliquo est. Aponeurosi dellobliquo int. Fascia lata Tratto ileo-tibiale Retinacolo est. caviglia

Lanalisi di questa tabella mette in evidenza un gruppo la cui soglia di rottura elevata, come si vede dal modulo di Young. Questo gruppo comprende: il lacero fibroso, laponeurosi palmare e digitale, il tratto ileo-tibiale, laponeurosi bassa del muscolo obliquo esterno . Questo gruppo tuttavia ha dei valori pi bassi di stiramento e corrisponde a ci che noi abbiamo classificato con aponeurosi pi spesse e resistenti. Lo studio morfologico mette in evidenza che: gli arti inferiori sono generalmente, in posizione naturale, in rotazione esterna. - gli arti superiori sono in generale, in posizione naturale, in rotazione interna.
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Vedremo con i test che questa posizione generale dovr essere tuttavia sfumata. Unaltra particolarit sorprendente consiste nellallineamento degli arti in rapporto al tronco. Tanto gli arti inferiori sono in continuit con il tronco e con il bacino, tanto gli arti superiori sembrano branchie derivate dal torace come due innesti che sono stati attaccati al tronco. Vedremo che questo ha la sua importanza pratica. C) MANTENIMENTO DELLA POSTURA Se anche il mantenimento e la correzione della postura sono devolute al sistema muscolare, tuttavia questo non pu assolvere al proprio compito senza laiuto e il supporto delle fasce. Come abbiamo visto precedentemente, un muscolo senza fascia non fisiologicamente funzionale. Inoltre in certe condizioni, la fascia supplisce interamente il muscolo per mantenere la postura. Alcune fasce sono pi attive di altre in questo ruolo. Cathie constatando che su queste aponeurosi esistono bande visibili nettamente, cita come fasce di postura le fasce del: del grande gluteo, cervicale, lombo-sacrale, tratto ileotibiale;

Questa constatazione conferma che: pi una fascia ha un carico di lavoro importante, pi tender a rinforzare le sue fibre di collagene e sar la prima a reagire al trauma. Recenti studi istologici sostengono lipotesi che la fascia dorso-lombare potrebbe giocare un ruolo neurosensoriale nella meccanica della colonna lombare; infatti durante una flessone anteriore del tronco non constata lattivit elettrica dei muscoli posteriori, ma la loro azione supportata dai legamenti vertebrali. Se i muscoli sono i motori della postura (poich intervengono in maniera pi evidente nella dinamica), per ci che concerne la statica, le fasce sembrano essere pi adatte per il mantenimento di questa postura e questo con il fine di spendere la minor energia possibile. In linea generale le fasce esterne saranno considerate maggiormente come fasce di postura e quelle interne come fasce di sostegno. Il loro studio anatomico oltre che la loro architettura mostrano che sono prima di tutto adatte a mantenimento della postura. D) CATENE FASCIALI 1) GENERALITA Lo studio anatomico delle fasce mostrano chiaramente che queste costituiscono una successione ininterrotta che parte dal cranio e arriva fino ai piedi. Queste catene fasciali sono esterne ed interne ed in comunicazione luna con laltra. In nessun momento c
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interruzione a livello delle fasce, tutte incatenate le une con le altre in maniera armoniosa. Prendono solo collegamento su alcuni punti ossei per migliorare la loro coerenza e aumentare la loro efficacia. Tenuto conto dellorientamento delle fibre fasciali, queste catene possono essere verticali o oblique (fig 77). Vleeming e coll., durante i loro lavori sulla fascia toraco-lombare dimostrano che la lamina superficiale di questa si continua con la fascia del grande gluteo. Alcune fibre a livello del sacro continuano direttamente il fianco omolaterale, altre si incrociano per prendere legame sulla SIPS e sulla cresta ilaca dove si confondono poi con quelle del grande dorsale. La lamina superficiale si confonde con quella profonda a livello del sacro e continua con il grande ligamento sacro sciatico. La trazione su un punto della fascia superficiale toraco-lombare genera uno spostamento della fascia a distanza, pi o meno importante, che segue la direzione della trazione e questo spostamento a volte controlaterale (attraverso le fibre a direzione obliqua). Una trazione sul bicipite femorale e la sua fascia genera uno spostamento della lamina pofonda del grande legamento sacro-sciatico fino alle vertebre lombari basse, si pu avere anche uno spostamento controlaterale. La mobilizzazione della fascia lombare pu avvenire attraverso diversi muscoli: grande dorsale, ischio-crurali, obliqui, grande gluteo. Il grande gluteo e il grande dorsale controlaterale creano una forza perpendicolare a livello della sacro-ilaca. La fascia toraco-lombare il trasmettitore delle forze tra: colonna, pelvi e arto inferiore. Questa continuit fasciale confermata dai lavori di Gerlach e coll., sulla fascia della coscia. Questa prende legame in alto a livello del legamento inguinale, cresta iliaca, sacro e coccige. Nella sua parte inferiore entra a far parte dei legamenti del ginocchio e si continua con la fascia della gamba. inoltre attaccata al perone attraverso il setto intermuscolare. Una lamina di tessuto connettivo che proviene dalla fascia lata va a costituire il setto intermuscolare interno ed esterno, che fissa la fascia lata e il tratto ileo-tibiale al femore, costituendo cos una solida unit tra osso, fascia e tendine. 2) RUOLO DELLE CATENE Il ruolo delle catene fasciali riguarda particolarmente tre punti importanti: a. trasmissione b. coordinazione armornizzazione c. ammortizzatore a) Ruolo di trasmissione (fig 78) Per schematizzare possiamo considerare le fasce come delle corde incaricate di trasmettere le forze attraverso il corpo. Il motore di queste corde il sistema muscolare, ma compreso in una unit funzionale indissociabile muscolo-fascia. Queste corde per trasmettere la loro energia in modo efficace e coordinato

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hanno bisogno di punti di appoggio, generalmente costituiti dalle articolazioni, (pulegge) carrucole di riflessione delle corde.

b) Ruolo di coordinazione e armonizzazione Perch un movimento sia efficace occorre che lenergia che lo determina sia ben canalizzata e che lazione dei diversi muscoli sia ben coordinata, affinch le forze motrici possano agire efficacemente. Questo avviene attraverso le fasce. Cos quando si esegue un gesto complesso, come per esempio la marcia, si mette in gioco tutto un importante meccanismo che riguarda il corpo in tutta la sua interezza.
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La marcia implica in primo luogo la stazione eretta , dunque un riaggiustamento continuo della posizione verticale in rapporto ad una base di appoggio, i piedi, che rappresentano una superficie dappoggio limitata. La stazione eretta deve avvenire con il minimo dispendio di energia. Ci realizzato in parte dal gioco delle corde e delle carrucole fasciali. Durante la marcia invece abbiamo la messa in gioco di tutta una serie di movimenti complessi che fanno si che la propulsione avvenga nella direzione voluta. Ci sar la messa in gioco di una o pi catene fasciali con il fine di compiere un gesto preciso ed efficace. Il semplice fatto di camminare si accompagna ad una serie di movimenti compensatori, arti superiori, inclinazione del troncoetc. evidente che se non esistesse unarmonizzazione tra tutti questi diversi movimenti implicati in una funzione cos banale come la marcia, questa rischierebbe di diventare complicata o impossibile. sottointeso che una serie di sistemi intervengono in questa armonizzazione: muscoli, sistema nervoso, centri dellequilibrio, ma, nonostante questi, la marcia sarebbe praticamente impossibile senza la fascia. Ogni gesto che compiamo la somma di pi movimenti: flessione, estensione, rotazione, traslazione. Nella vita quotidiana non esistono movimenti puri, ogni movimento la combinazione di pi parametri. Larchitettura delle fibre fasciali con la loro direzione verticale, obliqua e trasversale sembra essere perfettamente adatta ad armonizzare questa combinazione di fattori affinch il movimento divenga funzionale. c) Ruolo di ammortizzazione Le catene fasciali trasmettono i movimenti della vita quotidiana, ma intervengono anche durante sforzi violenti o traumi. Nel caso di una forza violenta abbiamo la partecipazione di tutto il corpo nel suo insieme, che ripartisce questa forza su una superficie pi grande per non far raggiungere il punto di rottura. Se i muscoli sono concepiti per fornire lenergia necessaria alla realizzazione dello sforzo, la fascia coordina la ripartizione dello sforzo, d ai muscoli un punto di appoggio solido e infine grazie alle sue propriet viscoelastiche ammortizza una parte di energia al fine di evitare di raggiungere il punto di rottura. In caso di un trauma, che spesso avviene in maniera inaspettata, il sistema muscolare non in stato di difesa e dunque non pronto ad ammortizzare limportante energia che penetra brutalmente nel corpo. dunque la fascia che in parte assorbe, ammortizza e cerca di canalizzare questa energia in diverse direzione per attenuare leffetto dannoso ed evitare una eventuale lesione degli organi. Quando questa energia troppo violenta o concentrata su una superficie ridotta possiamo assistere a delgli strappi o alla scomposizione di organi. Studi realizzati sui cambiamenti allinterno delle fascie a seguito di traumi mostrano che queste presentano delle modificazione delle loro propriet viscoelastiche, modifiche che possono insorgere subito dopo il trauma e che dimostrano che la fascia ha preso su di se una grande parte di energia.
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3) PRINCIPALI CATENE FASCIALI Tenuto conto dellonnipresenza delle fasce, possiamo dire che le catene fasciali sono presenti a tutti i livelli. certo che se si resta su un piano strettamente locale, sempre possibile trovare una catena fasciale poich questa la guida e la cinghia di trasmissione delle forze. Tuttavia abbiamo visto che il corpo partecipa sempre nel suo insieme alle sue grandi funzioni. Questo determina della catene pi estese che legano il corpo da un punto allaltro. Tuttavia tramite lo studio anatomico delle fasce, la direzione delle loro fibre, lo spessore e la concentrazione delle fibre collagene, la funzione pi specifica di certe parti del corpo rispetto alle altre, siamo portati a pensare che esistano delle catene preferenziali che intervengono pi frequentemente nella meccanica umana. Andiamo adesso a descrivere qualche grande catena fasciale. La trasmissione delle sollecitazioni allinterno di queste avviene dallalto verso il basso o dal basso verso lalto, ma anche da dentro a fuori e da fuori a dentro. A livello dei punti di incrocio, queste catene possono passare sulla parte controlaterale. Alcune catene, soprattutto a livello del tronco, lavorano principalmente in maniera obliqua, coordinando un lato con laltro. evidente che le catene fasciali funzionano bene sia in senso ascendente che discendente. Andiamo adesso a descrivere qualche catena esterna, interna e meningea, ricordandoci sempre che queste restano costantemente in relazione le une con le altre. a) Le catene esterne A partire dallarto inferiore possiamo descrivere tre catene fasciali: una esterna, una anteriore ed una posteriore. La catena esterna (fig 79) parte dal piede e segue: la fascia esterna della gamba fa un legame a livello del ginocchio e della testa del perone segue la faccia antero-esterna della coscia tramite il tratto ileotibiale e la fascia lata fa un legame a livello dellanca e del bacino (a questo livello si articola con una catena orizzontale collegata al perineo tramite il piramidale e lotturatore interno) a partire dal bacino: - sale anteriormente seguendo il retto addominale e la fascia toracica, prende legame a livello della clavicola, arriva alla parte laterale del cranio attraverso la fascia superficiale;

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- sale posteriormente seguendo la fascia toraco lombare, arriva alla parte posteriore del cingolo scapolare dove prende legame con la scapola, si articola a questo livello con la catena obliqua del cingolo scapolare tramite la fascia dei rotatori esterni della spalla, arriva infine alla parte posteriore delloccipite tramite la fascia del trapezio, splenio La catena anteriore (fig 80) parte dal piede e segue: la fascia antero-interna della gamba, si lega alla faccia interna del ginocchio (a questo livello una parte delle forze possono essere trasmesse alla parte antero-esterna della coscia attraverso fibre fasciali oblique), segue la fascia degli adduttori, prende legame a livello del pube e dellarcata crurale e monta in seguito, come la catena precedente, attraverso il retto addominale, potendo passare sul lato controlaterale attraverso la fascia degli obliqui A livello del bacino si articola con due catene interne: - una rappresentata dalla fascia iliaca - laltra rappresentatadallaponeurosi perineale superficiale.

La catena posteriore (fig 81) parte dal piede e va: sulla fascia posteriore del polpaccio, prende legame a livello del ginocchio, segue preferenzialmente la fascia del bicipite, prende legame a livello gluteo sullischio, il sacro, il coccige, il grande ligamento sacro-sciatico ed infine sulla cresta iliaca; in seguito monta posteriormente come la catena esterna oppure pu andare controlateralmente attraverso le fibre oblique della fascia toraco-lombare a livello gluteo si articola con altre catene: - una a direzione orizzontale (la perineale tramite il coccige e dei legamenti sacro sciatici)
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- una a direzione verticale (la catena della dura madre attraverso il coccige e le fibre che cambiano la parte terminale della dura madre con il grande legamento sacro sciatico tramite il sacro e il coccige) Per larto superiore descriviamo una catena interna ed una esterna: La catena interna (fig 82) parte dalla mano: segue il bordo antero-interno dei muscoli epitrocleari, prende legame con il gomito (a questo livello una parte delle forze pu essere trasmessa alla catena esterna da fibre oblique basse dellaponeurosi del bicipite), segue il setto intermuscolare interno, si prolunga attraverso la fascia del coraco-brachiale, prende legame sullacromion e la clavicola, per terminare sulla parte antero-laterale del cranio tramite laponeurosi cervicale superficiale e laponeurosi degli scaleni La catena esterna (fig 82) rappresenta la catena pi sollecitata a livello dellarto superiore e, come vedremo, a questo livello che dovremmo intervenire pi frequentemente; parte dal polso e segue: sia il bordo antero-interno della fascia degli epicondili che il bordo postero-interno della fascia degli epicondili, prende legame con la faccia esterna del gomito, segue il setto intermuscolare esterno, a livello della V deltoidea pu seguire due direzioni: ---- un antero-interna (dalla parte interna della fascia deltoidea. A questo livello si articola con la catena trasversa costituita dalle fasce dei pettorali e segue lo stesso tragitto della catena interna) ---- una postero-esterna (con il bordo esterno della fascia deltoidea, si collega alla spina della scapola e qui si articola con la catena obliqua posteriore rappresentata dalla fascia del grande dorsale e dei rotatori esterni. Finalmente poi raggiunge loccipite tramite lo stesso tragitto della catena posteriore). b) Le catene interne Ne descriviamo principalmente tre: una periferica, una centrale ed una mista. La catena periferica (fig 83)la facciamo partire dal perineo ricordandoci per che pu essere influenzata dalle catene esterne tramite le fasce perineali del piramidale e
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dellotturatore; poi si trasmette attraverso la fascia trasversale o il peritoneo, prende legame a livello del diaframma, segue la fascia endotoracica, arriva a livello della cintura scapolare dove prende legame, segue approssimativamente le catene esterne per poi arrivare alla base del cranio. Notiamo che le catene periferiche possono seguire anche le pleure per arrivare alla spalla o a livello del diaframma di Bourgerey e di l rimontare sulla base del cranio come tutte le altre catene. La catena centrale la facciamo iniziare dal diaframma, senza dimenticarci che sotto questo si trova tutto un sistema fasciale di sostegno degli organi e che questo sistema fasciale addominale in connessione con il sistema fasciale pelvico. A partire dal diaframma questa catena segue il pericardio, la fascia perifaringea, a livello dell imbuto toracico presenta una connessione con le fasce cervicali profonda e media e dunque una parte delle sollecitazioni potr dirigersi verso i supporti ossei. prende in seguito legame con losso ioide, a questo livello ugualmente laponeurosi cervicale superficiale potr prendere in carico una parte delle sollecitazioni, attraverso laponeurosi pterigo-temporo-mascellare e interpterigoidea arriva alla base del cranio, di l eventualmente si prolunga a livello della dura madre intracranica tramite dei prolungamenti nervosi che la portano ad articolarsi con le fasce sopracitate. La catena mista a partire dal perineo segue laponeurosi ombelico-prevescicale, si lega allombelico, a questo livello pu essere presa in carico dalla fascia trasversale, segue il legamento rotondo del fegato e poi quello falciforme, si lega al diaframma, di l segue la catena fasciale periferica o centrale precedentemente descritta. c) La catena meningea (fig 84) Il suo punto di partenza inferiore si situa a livello del coccige , ma abbiamo visto che pu essere influenzata dalle catene interne, dalle aponeurosi del perineo, dalle catene esterne e attraverso i loro legami con il coccige, il sacro e il pube. Sale poi nel condotto vertebrale dove ha numerosi punti di legame con le vertebre, questo per un fine di sicurezza e di salvaguardia: anteriormente contatta il legamento vertebrale comune posteriore, in tutta la lunghezza della colonna, ma due legami sono particolarmente resistenti: il legamento coccigeo nella sua parte inferiore, i suoi legami superiori a livello di C2-C3; lateralmente la dura madre vertebrale invia bilateralmente delle espansioni meningee che accompagnano il nervo fino al foro di coniugazione. A questo livello prende dei solidi legami sul contorno osseo, costituendo dei punti fissi
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bilaterali delle radici rachidee. Questo al fine di impedire uno stiramento verticale troppo importante delle radici e del midollo. Penetra in seguito nella scatola cranica attraverso il foro occipitale attorno al quale prende dei solidi legami. Nella parte endocraniale questa catena si espande in una sfera per attaccarsi su tutta la circonferenza della scatola cranica. Le articolazioni sono pi marcate sulla base del cranio. Emette inoltre dei setti importanti destinati a migliorare la motricit e proteggere: la tenda del cervelletto (che costituisce un rinforzo allancoraggio orizzontale) e la falce del cervelletto e del cervello(si appendono allapofisi cristagalli e costituiscono un rinforzo allancoraggio sagittale). Presenta delle articolazioni con lesocranio : sulla base tramite dei prolungamenti attorno ai nervi cranici e sulla volta tramite laponeurosi epicraniale attraverso i canali transossei 4) GRANDI PUNTI DI AMMORTIZZAZIONE (fig 85) Le catene fasciali trasmettono la mobilit attraverso tutto il corpo ma sono anche la sede di sollecitazioni che possono perturbare il loro meccanismo. Affinch queste perturbazioni non si trasmettano lungo tutta la catena, esistono dei punti di ammortizzamento. Questi sono ripartiti lungo tutto il percorso, ma alcuni sono pi importanti e pi sollecitati di altri perch posti in punti di convergenza; noi li studieremo dal basso verso lalto: Il cingolo pelvico il diaframma il cingolo scapolare losso ioide la cerniera occipito-cervicale

La cintura pelvica il punto di unione tra gli arti inferiori e il tronco, da una parte, e il perineo dallaltra parte. Rappresenta un punto di convergenza di forze, che deve permanentemente adattare, controllare e dirigere, grazie alla sua mobilit e alla sua architettura. a questo livello che le forze discendenti, ascendenti o a direzione trasversale, attraverso la catena interna saranno ammortizzate e ripartite, soprattutto quando raggiungono unintensit critica. Il diaframma oltre al ruolo di muscolo respiratorio principale, adempie ad altre funzioni intervenendo sia a livello meccanico che fisiologico: separa in maniera ermetica la cavit toracica e quella addominale, facendo da passaggio tra una zona a pressione negativa e una zona in cui la pressione sempre pi grande andando in senso caudale; la sede di una doppia attrazione: cefalica (attraverso la fascia toracica, periferica e centrale) e caudale (attraverso le fasce addominali e il peso degli organi a lui appesi).
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Malgrado questa dualit contraddittoria deve restare sempre agile e funzionale ed in questo aiutato dalla differenza di pressione; tutto ci per adempiere perfettamente alle sue funzioni: respiratoria di mobilizzazione emodinamica di sospensione della massa addominale di motore viscerale, che grazie al suo movimento di pistone permanente realizza una dinamizzazione costante degli organi, influenzando fortemente le loro funzioni fisiologiche. La sua costruzione anatomica ci interroga sul suo funzionamento meccanico. composto da una parte periferica muscolare, che costituisce il motore diaframmatico e che si appoggia sulla circonferenza interna della cavit toracica. Tuttavia questa parte costale per essere perfettamente funzionale non deve essere fissa e per questo il diaframma deve servirsi di altri punti di appoggio, questo ruolo devoluto alla parte centrale del diaframma, unicamente aponeurotico: il centro frenico (fig 86). Questo sospeso ad una forte lamina fasciale, il pericardio, che crea un punto fisso dove il diaframma pu appoggiarsi per aprirsi durante linspirazione. Il suo appoggio alla massa addominale relativo nella normalit poich questo non ha punti di appoggio e ha la tendenza ad essere spinto in basso e in avanti. per questo motivo che il perineo lavora in sinergia e in armonia con il diaframma. Durante sforzi maggiori il diaframma si appoggia alla massa addominale, resa rigida dalla contrazione addominale, o addominale e pelvica insieme. Esistono numerosi studi per determinare la meccanica diaframmatica. Paiva e coll., hanno dimostrato, tramite test effettuati in decubito, che: 1) il contatto diaframma polmone uniforme e rappresenta una superficie pi o meno uguale chiunque sia il soggetto e qualunque sia la differenza di peso; 2) esiste un gradiente di pressione uniforme che si esercita sul diaframma, anche a riposo, malgrado la differenza tra gli organi di destra e di sinistra. Le pressioni misurate nel diaframma danno dei valori di 9,7 cm di acqua a destra e 9,2 a sinistra. Il diaframma non ha una forma sferica, il suo raggio di curvatura decresce quando decresce laltezza. Quando si contrae e il volume del polmone aumenta il raggio diminuisce con laltezza e diventa pi sferico. Quando il volume del polmone aumenta, il diaframma pu migliorare la conversione della tensione in pressione.
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Verschankelen e coll., hanno dimostrato che i valori di spostamento del diaframma durante una inspirazione aumentano dal davanti allindietro con 100% in dietro, 90% nel mezzo e 60% in avanti. Il movimento del diaframma accoppiato a quello delle coste e degli addominali. La relazione migliore nella sua parte mediana e posteriore; la parte posteriore accoppiata soprattutto con lo spostamento degli addominali. Durante una inspirazione normale il diaframma si accorcia, pi posteriormente che anteriormente. Dopo frenicotomia la parte posteriore si allunga durante linspirazione mentre la parte posteriore si allunga in certi animali e si accorcia in altri (Decramer e coll.). fermiamoci un attimo sulla innervazione dl diaframma, che sicuramente rappresenta una spiegazione dei fenomeni lesionali della regione cervico-scapolare (fig 87). Inizialmente situata nel miotoma cervicale, il setto trasverso, futuro diaframma, migra progressivamente verso il basso durante lo sviluppo dellembrione, per prendere la sua posizione definitiva. Innervato inizialmente dal nervo frenico, se lo porta dietro durante la sua discesa. Durante la sua migrazione il nervo frenico non si accontenta di seguire il diaframma, ma distribuisce numerosi collaterali nel su passaggio e innerva cos anche: il timo, il pericardio, la pleura parietale, la vena cava superiore ed inferiore, la capsula di Glisson, i gangli semilunari (dove invia un filetto nervoso). Se noi aggiungiamo le sue anastomosi con: il nervo del sottoclaveare, il XII e il X nervo cranico e il simpatico cervicale, comprendiamo la sua importanza e il perch il cingolo scapolare sia la sede di patologie spesso incomprensibili. La via neuronale costituita dal frenico una spiegazione a questi dubbi. Per concludere, notiamo che il diaframma rappresenta un punto importante di ammortizzazione intratoracico, per le sollecitazioni meccaniche trasmesse dalla fascia, ma anche per le variazioni di pressione. Il cingolo scapolare Il cingolo scapolare il punto di convergenza e dove prendono legame tutte le fasce interne o esterne. Questo spiega le numerose sollecitazioni di cui la sede e in caso di disfunzione fasciale, gli sforzi che pu subire. Questa regione deve permanentemente controllare e aggiustare le sollecitazioni che vengono dal basso, generate da zone che noi qualifichiamo di rigidit; o da quelle zone che vengono dallalto generate da una regione ipermobile. Il ciclo scapolare deve costantemente giocare un ruolo di bilancia per
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armonizzare tutte le forze che gli passano attraverso e proteggere le zone vitali che gli giacciono sopra e sotto. Maggiormente si viene a inserire su di lui un segmento ipermobile, larto superiore, che costituisce la zona pi costantemente sollecitata meccanicamente. inoltre il punto di convergenza delle sollecitazioni verticali, oblique e trasversali. Per queste diverse ragioni questa regione ha unarchitettura molto particolare, orientata verso lipermobilit dove eccetto la sterno-claveale, i punti di ancoraggio sono realizzati esclusivamente dai tessuti molli. Questa convergenza di forze discendenti o ascendenti, interne o esterne, ci d una spiegazione meccanica della frequenza di lesioni della cerniera cervico-scapolare. Losso ioide La catena fasciale centrale pericardio-aponeurosi-faringea possiede dei punti di legame periferici, i legamenti pericardici, connessioni con le aponeurosi cervicali media e profonda, ma questi non sono cos importanti come quelli del cingolo scapolare. Cos durante delle sollecitazioni importanti le tensioni potrebbero trasmettersi in maniera brutale alla base del cranio e proseguire intracranialmente. Per evitare il generarsi di questa situazione si interposto nella parte superiore di questa catena fasciale losso ioide. Interamente sospeso a dei cavi muscolo-fasciali, lioide fluttua in tutti i piani dello spazio, controllato e sostenuto da dei legami che lo collegano alla mandibola, alla mastoide, allapofisi stiloidea, alla scapola e alla cartilagine tiroidea. La catena fasciale centrale prende dunque legame, alla fine dellaponeurosi perifaringea, sullioide, poi si prolunga verso lalto attraverso laponeurosi interpterigoidea e pterigotemporo-mascellare. Losso ioide, oltre al suo ruolo nella voce e nel canto come fissatore della cartilagine tiroidea, serve anche ad ammortizzare e ripartire le sollecitazioni della catena centrale sia anterolateralmente per laponeurosi cervicale superficiale, sia posteriormente verso il temporale attraverso il digastrico e la fontana (bouquet) di Riolan. La cerniera cervico-occipitale La scatola cranica posta su un supporto occipitale, costituisce un punto di convergenza tra le catene cervico-craniali discendenti e le catene sottogiacenti. Questo punto di convergenza interessa anche le catene endocraniale e la dura madre vertebrale, che si legano a questo livello. Questa cerniera rappresenta di conseguenza una zona di ipersollecitazione e questo spiega i numerosi muscoli, lunghi o corti, che la controllano, al fine di poterla adattare costantemente a tutte le variazioni di tensione possibili, per proteggere al massimo lcomputer centrale e i suoi prolungamenti di conduzione dellinformazione. Tutte le fasce si inseriscono sulla sua circonferenza. Rappresenta il primo ammortizzatore discendente e lultimo ascendente, prima che la tensione penetri allinterno della scatola cranica, dove fortunatamente un gioco di membrane pu ancora prendere in carica unenergia di intensit sopraliminale. Ricordiamoci che a livello del cranio e del midollo un sistema liquido rinforza efficacemente il sistema membranoso.
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Queste ipersollecitazioni della cerniera cervico-occipitale spiega il perch questa sia la sede di frequenti restrizioni di mobilit. E) LE CATENE LESIONALI Rappresentano il tragitto che pu seguire una tensione di membrana per propagarsi a distanza. Si pu descrivere un numero infinito di catene lesionali, ma la pratica e la meccanica umana ci mostrano che la trasmissione della sollecitazioni e delle distorsioni avviene seguendo assi privilegiati che sono rappresentati in modo generale attraverso le catene studiate nel capitolo precedente. Queste catene lesionali sono dunque delle distorsioni, delle catene fasciali che si trovano perturbate nel loro funzionamento fisiologico. Invece di trasmettere e ripartire armoniosamente il movimento, loro si trasformano, in questo caso in punti fissatori, sorgenti di irritazione e di perturbazione della mobilit. Allorigine una catena lesionale pu sopravvenire in seguito a una molteplicit di fattori: traumi (distorsioni, caduta su coccige, ma anche traumi diretti su tessuti molli), cicatrici, infezioni, infiammazioni, stress. Questi fattori creano un punto di disfunzione fasciale che, se non rimosso, genera una modificazione della qualit dei tessuti e che, nel tempo, pu prolungarsi lungo una catena fasciale per creare, pi o meno a lungo termine, una disfunzione talvolta molto a distanza. Una catena lesionale pu iniziare in qualsiasi punto di una catena fasciale, il suo percorso pu essere quindi lungo o corto, partire per esempio dai piedi ed arrivare alla cerniera cervico-occipitale o al cranio. Non tutti i traumi generano direttamente la messa in moto di una catena lesionale. Talvolta questa apparir subito dopo il trauma, talvolta settimane o mesi dopo e talvolta infine anche anni dopo. Tutto ci dipende da numerosi fattori: intensit della forza di partenza, et del soggetto al momento del trauma, possibilit di adattamento-compensazione del soggetto. evidente che pi un soggetto sar giovane pi il suo corpo potr difendersi dalle aggressioni. Un corpo in buona salute e funzionale far di tutto per attenuare gli effetti di una lesione cercando di ripartire gli eccessi di energia in diverse direzioni. Con laumento dellet o linsieme di pi traumi il corpo avr pi difficolt a difendersi; le possibilit di adattamento-compensazione si riducono, la sommazione diventa troppo imponente, il sistema trabocca e le catene lesionali progrediscono con conseguenze nefaste. Ricordiamoci che i tessuti hanno in memoria i traumi subiti e questi, qualunque sia la loro origine, si accumulano e un giorno o laltro saranno restituiti dal corpo. La sommazione traumatica temporale lontana dallessere una regola assoluta, alcuni soggetti sviluppano una disfunzione molto rapidamente, altri dopo anni, altri molto tardi o mai e questo dipende dalla vitalit dellindividuo, dal suo capitale di partenza per affrontare le sollecitazioni della vita. Un fattore importante per limitare la diffusione di un trauma consiste nelle zone di ammortizzamento. Queste sono numerose e ripartite in tutto il corpo: tessuti grassi, sistema liquido, concezione architetturale, articolazioni. Via via che un sistema sar saturo, le sollecitazioni si trasmetteranno al
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successivo; saranno in seguito frenate dai grandi punti di ammortizzamento che abbiamo visto pi indietro; una volta esauriti anche questi, le solecitazioni finalmente raggiungeranno il loro bersaglio provocando molto spesso conseguenze nefaste. evidente che, se durante il suo percorso, una catena lesionale incontra un punto di debolezza (articolare, tessutale, viscerale) preesistente, questa contribuir ad accelerare il fenomeno degenerativo a questo livello. Una catena fasciale lesionata pu arrivare o partire da qualsiasi distretto corporeo, seguire un percorso ascendente o discendente, in funzione del distretto di partenza, dei fattori di sollecitazione che essa subisce, dal sistema di compensazione e di adattamento del soggetto. Avremo dunque catene lesionali ascendenti e discendenti. 1) Catene lesionali discendenti In linea generale e in ordine di importanza le incontriamo soprattutto a livello craniale, cervicale, del cingolo scapolare, del bacino, degli arti inferiori, del torace, delladdome e del diaframma. Andiamo adesso a descriverne alcune incontrate frequentemente maggior paret delle volte le catene fasciali. A partire da un punto di fissazione dellaponeurosi epicraniale possiamo assistere alla messa in moto di una lesione discendente condotta attraverso dellaponeurosi cervicale superficiale fino al cingolo scapolare, da dove potr seguire o larto superiore o il torace superiore. Se il punto di partenza alla base del cranio, in senso largo, o intracranica, la lesione potr essere condotta attraverso l'aponeurosi cervicale profonda, l'aponeurosi degli scaleni e arriver infine allo stesso percorso della precedente. Se abbiamo un punto di fissazione mediastinico o toracico la perturbazione pu trasmettersi eventualmente alle fasce addominali (Toldt, Treitz) con possibilit di prolungarsi fino al piccolo bacino. Infine se il punto di fissazione a livello dello psoas, del perineo o dei muscoli corti dell'anca, la catena lesionale avr la possibilit di prolungarsi verso il basso con l'apparizione di una patologia del ginocchio o della caviglia. In riferimento alle catene fasciali descritte, bisogna notare che le catene lesionali discendenti sono pi corte nel loro percorso, raro in effetti, vederle iniziare dalla testa e finire ai piedi, sebbene questa eventualit esiste realmente. 2) Catene lesionali ascendenti Queste sono pi frequenti di quelle discendenti certamente a causa dell'appoggio al suolo, dell'aggiustamento costante necessario alla stabilit e alla lotta permanente contro il peso, cos come per la sospensione degli organi, la cui sollecitazione naturale una trazione verso il basso. Contrariamente alle catene lesionali discendenti, quelle ascendenti possono svilupparsi su un lungo tragitto. Ne descriveremo alcune fra le pi frequenti. ricordandoci che il loro percorso ricalca la

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- - A partire dal piede la catena lesionale pi comune si sviluppa lungo la catena esterna. In seguito ad una distorsione la trazione della fascia esterna pu giocare sulla testa del perone o sulla parte esterna del ginocchio e creare un dolore funzionale a questo livello, se la lesione continua a salire generer una perturbazione al livello dell'anca (con possibilit di penetrare nel piccolo bacino attraverso la fascia del piramidale e dell'otturatore interno) e poi della sacro-iliaca. Da l seguir il percorso dell'aponeurosi toraco-lombare o del grande dorsale per arrivare alla spalla e finalmente, se non sar interrotta, alle cervicali e al cranio. Ben inteso che, come abbiamo segnalato il suo punto di partenza pu essere al ginocchio, al bacino o altrove. - - Una caduta sul coccige pu essere all'origine di una catena lesionale duramadrica potendo a poco a poco arrivare alle membrane intracraniali. - - Un problema al livello del perineo pu trasmettersi sia ai visceri addominali sia alla fascia trasversale, prendere legame sul diaframma e da l, attraverso il sistema pleurale o la fascia endotoracica, proseguire fino al cingolo scapolare per terminare al livello cervicale o al cranio. - - Daremo l'esempio di una catena lesionale incontrata pi volte e che a prima vista sembra pi teorica che reale; il suo punto di partenza pu essere la vescica o la fascia ombelico-prevescicale, si prosegue poi attraverso il legamento rotondo, il legamento falciforme, che la trasmette al diaframma dove prosegue attraverso il pericardio e la aponeurosi perifaringea, dove si manifester con una disfunzione al livello della gola. Abbiamo in memoria un recente caso di una paziente che ci consultava per una irritazione alla gola e dolore alla deglutizione. Questa persona aveva subito una celioscopia, presentava una cicatrice al livello dell'uraco che generava un disturbo al livello della gola a causa di un aumento di tensione. La cicatrice era il punto di partenza di una catena lesionale ascendente, avendo per espressione clinica un dolore alla gola che scomparso in seguito alla normalizzazione del punto di fissazione situato sull'uraco. Possiamo moltiplicare gli esempi sebbene non ci sembri utile, ci che utile ricordare la realt delle catene fasciali, la loro possibilit lesionale e, di conseguenza la necessit di un indagine, spesso molto lontana, per la comprensione di un fenomeno patologico.

CAPITOLO 7
Obiettivi Del Test

TEST SULLE FASCE

Sistema recettore sensibile, la fascia nella vita quotidiana la sede di numerose distorsioni, la cui origine pu essere: traumatica ostetriche postura scorretta chirurgica (cicatrici, aderenze)
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infiammatoria accidentale tensioni, attitudini sbagliate (specialmente professionali) falsi movimenti stress.

Tali aggressioni comportano una modificazione biochimica all'interno del tessuto connettivo, traducendosi in una modificazione delle propriet visco-elastiche, loro stesse all'origine delle mutazioni della struttura: addensamento e orientamento delle fibre del collageno, seguendo le linee di forza; perdita di elasticit tessutale. Tutti questi disturbi della fascia saranno all'origine di cambiamenti palpabili, quantificabili e talvolta visibili. Lo scopo del test fasciale quello di rilevare, grazie all'enorme sensibilit della nostra mano i diversi problemi che si presentano nel tessuto, per poter trovare, in un secondo tempo, una risposta terapeutica efficace. MODALITA' DEI TEST La ricerca delle lesioni delle fasce si esegue manualmente. E' possibile affermare che il test una tecnica di fascia contro fascia: l'una rivela le proprie distorsioni, l'altra sta in ascolto per registrarle e comprenderle. Si parlato di una "memoria delle fasce", che consiste in una registrazione all'interno del tessuto connettivo dell'impronta di diversi traumatismi, in senso ampio, subiti da un individuo. Il nostro scopo quello di rilevare questa impronta e possibilmente eliminarla o attenuarla. La fascia, come si visto, dotata di un meccanismo di contrazione generato dal sistema d'innervazione, piuttosto che dalla fase embriologica. Questo meccanismo induce un micromovimento perpetuo, di cui stata registrata la frequenza tra 8 e 14 fasi al minuto. Le fasce, per, hanno anche la funzione di corde e carrucole che trasmettono la motricit. Da queste constatazioni si possono descrivere due modalit di test: test di ascolto test di mobilit

Questi due test non sono opposti. L'ascolto , in effetti, un test di mobilit nella sua espressione pi fine, manifestata da un micromovimento non indotto, e non visibile, ma sentito. Il test di mobilit, come indica il nome, implica uno spostamento indotto assai pi importante, visibile con la messa in tensione. TEST DI ASCOLTO
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Consiste nel porre la mano su una qualunque zona del corpo per registrare le mutazioni soggiacenti eventuali. La mano deve rimanere del tutto passiva, per poter valutare i movimenti in scala di micron.Alcune misurazioni effettuate al livello della sensibilit della mano hanno dimostrato che essa pu rilevare movimenti dell'ordine di 10 micron, e che la differenza tra i valori rilevati in modo manuale e per mezzo apparecchi sofisticati risulta essere appena del 5%. A- PROTOCOLLO DEL TEST Per essere efficace un test di ascolto richiede precauzioni elementari, senza le quali risulta del tutto inutile. E' evidente che un test d'ascolto non si esegue in modo spontaneo, ma necessita di addestramento per perfezionarsi, e della disponibilit da parte del terapeuta di ammettere che una mano pu avvertire movimenti infimi. Il corretto svolgimento dipender da: contatto manuale trovarsi in sintonia col paziente neutralit del terapeuta

1) Il contatto manuale Dovendo testare movimenti nell'ordine di qualche micron, chiaro che il minimo "granello di sabbia" pu falsare il test. In primo luogo, si deve evitare che le mani siano fredde per non scatenare un riflesso di difesa. La mano deve essere appoggiata ben piatta sulla zona da esaminare cercando di stabilire un contatto pi ampio possibile con il tessuto del soggetto, per due motivi fondamentali: 1. pi la superficie del contatto ampia, pi grande il numero di ricettori dai quali si ricevono informazioni. 2. pi la mano piatta, pi facilmente ci arriveranno informazioni precise dalle fasce del paziente. - E' necessario evitare il contatto con l'estremit delle dita; i tessuti sono dotati di sensibilit estrema e se la palpazione aggressiva non si ottiene da parte loro alcuna risposta, poich si provoca una reazione tramite uno spasmo riflesso, che si pu innescare con facilit. - Anche la pressione deve essere moderata, se troppo forte pu superare il livello di ascolto voluto impedendo di percepire il movimento; verrebbero, infatti, stimolati soprattutto i recettori della pressione. - La mano deve posare in modo naturale sul tessuto, alleggerita solo dal suo peso, ma deve anche ottenere un'aderenza ferma creando un effetto a ventosa. La mano "s'incolla" al tessuto per seguirlo pi facilmente nella sua motilit.

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2) Trovarsi in sintonia col soggetto. Il test di ascolto in assoluto il pi raffinato come possibilit di palpazione. I tessuti hanno memoria del passato, e il nostro scopo leggere la storia di cui essi sono impregnati. Si stabilisce un dialogo passivo; il paziente non ha padronanza delle informazioni che riceviamo dalle fasce, perch ci sono trasmesse a livello incosciente. Se non si riesce ad ottenere un giusto contatto, non si ricevono risposte. Conosciamo il soggetto attraverso i suoi tessuti, agendo con gran rispetto come se dovessimo chiedere il permesso per dialogare con essi. 3- Neutralit del terapeuta. La lettura dei tessuti deve avvenire in stretta imparzialit per essere efficace. Il terapeuta si deve apprestare al compito senza alcun tipo di preconcetto ed essere totalmente passivo e dedito all'ascolto. Deve rispettare il ritmo del paziente, senza imporre il proprio ritmo, altrimenti si ottiene una non risposta o una risposta falsata. Ci non cos scontato, per mancanza d'abitudine, o perch la motilit tarda a manifestarsi e il terapeuta ha la tendenza a proiettare il proprio ritmo sui tessuti del paziente, rilevando cos solo il proprio movimento. L'attenzione dev'essere posta esclusivamente su quello che accade a livello del contatto, lasciandosi guidare dai tessuti soggiacenti. Ci richiede una disponibilit e una concentrazione massima, per ottenere una risposta rapida. Al momento in cui tutti i parametri sono rispettati il test inizia veramente. Solo quando i tessuti accetteranno di dialogare con il terapeuta, riveleranno le loro distorsioni, il dolore: la storia. Riuscendo a rimanere totalmente in ascolto del paziente, stupefacente la rapidit con cui i suoi tessuti si mettono a "dialogare". Pi rapidamente s'instaura uno stato di confidenza, pi repentina sar la risposta. Si avr l'impressione di movimenti molto ampi, come se il fatto d'essere in sintonia costituisse un amplificatore del micromovimenti ricercati. Un solo momento di distrazione, un gesto troppo brusco o una negligenza del terapeuta saranno sufficienti ad interrompere il dialogo. Non necessario un tempo troppo lungo per testare la motilit; pu accadere che si rimanga delle ore in contatto col tessuto senza trarne la minima informazione. B- I TEST D'ASCOLTO Lo scopo di questi test d'indagare sulle anomalie dei tessuti molli. Un'anomalia si definisce solo in rapporto alla normalit, per questo essenziale definire il concetto di normalit 1) La normalit
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Include diversi parametri che la mano deve registrare spontaneamente: La temperatura dei tessuti. Sebbene la pelle possa presentare delle differenze di temperatura seguendo le zone considerate, deve essere inscritta in una range di normalit, al bisogno paragonata con la propria temperatura o con quella di un'altra zona. Frequentemente si constata un'elevazione della temperatura sopra i valori soglia, che traduce una reazione soggiacente. Pu succedere anche che si verifichi una temperatura sotto-liminare, tale caso riscontrato soprattutto nei piedi e nelle mani. la trama dei tessuti. Questi devono essere elastici, duttili al tatto, facili da deprimere, di un'elasticit normale, e nemmeno troppo tesi n troppo flosci. L'elasticit varia in funzione delle fasce esaminate. il movimento dei tessuti: sebbene certi abbiano una direzione preferenziale, come vedremo pi avanti, nell'insieme si pu attestare la normalit quando il movimento armonioso in tutte le direzioni dello spazio. Al momento in cui si pone la mano su questo, si deve avere l'impressione di una fluttuazione su tutti i piani, come se ponessimo la mano su un corpo molle che ondeggia sull'acqua. Non dev'essere privilegiata nessuna direzione, e se si nota un micro spostamento attivo, i tessuti soggiacenti devono seguire senza restrizioni. il ritmo dei tessuti. Si detto che i tessuti sono sede di movimenti ritmici, la cui periodicit si distribuisce su una scala da 8 a 14 cicli al minuto. I valori che stanno al di sotto o sopra a questo ritmo possono essere ritenuti come anomalie, nella maggior parte dei casi. Si consideri per che alcuni soggetti hanno valori leggermente fuori da tali soglie, senza necessariamente essere anomali. E' necessario sapere anche che il ritmo pu variare seguendo lo stato attuale del paziente e che se pu essere facilmente riscontrato in alcune zone, parte anteriore dei membri inferiori, torace, cranio, in altre zone molto difficile se non impossibile evidenziarlo (parte posteriore, coscia, natiche, zona dorsale, addome). Una parentesi merita l'addome; tanto difficile sentire il ritmo della fascia superficiale, quanto relativamente facile diagnosticare attraverso questo le diverse fasce intra-addominali. L'anatomia umana ci riserva qualche contraddizione incomprensibile, che non meno reale. 3) L'ascolto in piedi. Spesso il test preceduto da un ascolto in piedi. Il soggetto tiene le gambe leggermente divaricate, sguardo orizzontale, occhi chiusi. Il terapeuta si posiziona dietro al paziente, pone delicatamente la sua mano piatta sulla testa del soggetto, senza indurre compressione.

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Frequentemente si verifica un movimento del corpo in una flessione anteriore, antero-laterale o posteriore. Il fatto di aver posizionato un punto fisso sulla testa crea un abbinamento tra il suolo e la testa, e le fasce comprese tra i due punti si mettono in movimento, qualora comportino un punto di fissazione. Per questo si verificano delle inclinazioni del tutto involontarie, essendo il punto di fissazione un fattore di focalizzazione delle tensioni che generano una flessione del corpo verso quella zona. Ci permette di asserire l'esistenza di un problema nel quadrante in cui si colloca, bench non si possa trarre solo attraverso questo test una diagnosi formale. In questo modo s'illustra perfettamente la dinamica delle fasce nella meccanica generale del corpo. Nelle persone depresse le fasce sono generalmente implicate. Bisogna vigilare su questi pazienti perch cadono facilmente all'indietro, ed necessario esser pronti al sorreggerli. 4) L'ascolto degli arti inferiori. Per quel che riguarda il test di ascolto generale, la modalit consiste nel porre una mano su una regione del corpo allo scopo di rilevare un'anomalia sottostante. Si possono anche porre due mani ad una certa distanza, sentendo se la motilit si stabilisce tra i due punti di contatto in modo normale o perturbato. La finalit quella di mettere le mani su una zona qualunque del corpo e trarne informazioni su qualunque restrizione a distanza; ci si raggiunge con una lunga esperienza ed una sensibilit affinata. Ci non per niente semplice, ma alcune persone ci riescono bene, bench rare. Per tornare ai membri inferiori, i protocolli dei test saranno descritti con le varianti: il soggetto disteso supino e perfettamente rilassato. Le mani si pongono piatte sulla superficie dorsale dei piedi, notando l'armonia dei movimenti o eventualmente un'attrazione preferenziale verso una determinata zona, che in tal caso costituisce un asse lesionale: il cambiamento della struttura dei tessuti connettivi dovuto a un qualunque trauma crea un vettore preferenziale di movimento non fisiologico. E' sufficiente seguire passo passo la direzione della tensione per arrivare esattamente al punto o alla zona iniziale. Per aver conferma di ci che sentiamo passivamente sufficiente creare un microspostamento della mano, pi intenzionale che reale. Se ci si muove nel senso della restrizione ci avverr facilmente. Se si vuole andare in senso inverso si avvertir una tensione che impedisce di allontanare la mano. Le modalit e i principi dei test di motilit saranno gli stessi a livello di qualsiasi area del corpo; quindi non sar necessario descriverli ulteriormente. Ogni test d'ascolto eseguito in posizione di decubito, partendo dal piede e muovendosi verso il bacino. a) Ascolto dellarticolazione del ginocchio e della caviglia

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Caviglia: una mano posta sulla faccia dorsale del piede, laltra sul bordo inferiore della tibia. Nella normalit noi dovremmo sentire un movimento armonioso in tutti i piani dello spazio, come se mobilizzassimo una rotula. Ginocchio: una mano a livello della tuberosit tibiale (fig 88) laltra nella parte inferiore del femore, escludendo la rotula. Nella normalit dovremmo sentire un movimento che si armonizzi in tutti i piani dello spazio come se b) Ascolto coscia-gamba (fig 89) Una mano appoggiata al centro della coscia, laltra mano sulla faccia antero-esterna della tibia. La mano cefalica registrer un movimento di rotazione esterna ed interna, la mano con predominanza di questultima, caudale registrer un mobilizzassimo una rotula.

movimento con predominanza di rotazione esterna Abbiamo visto che le fasce dellarto inferiore sono composte da fibre di diverse direzioni; nel meccanismo congiunto coscia-gamba sono le fibre a obliquit interna che predominano a livello della coscia e a obliquit esterna a livello della gamba.

c) Ascolto globale degli arti inferiori (fig 90) Il terapeuta si situa lateralmente al soggetto guardandolo in direzione cefalica. Appoggiare una mano ben piatta sulla faccia antero-laterale della parte inferiore della coscia. Registreremo un movimento generale dellarto inferiore a predominanza di rotazione esterna; in effetti le fasce nel loro insieme sono molto pi spesse e resistenti nella loro parte antero-esterna. Lascolto pu avvenire in maniera bilaterale. 4) Ascolto degli arti superiori

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Come abbiamo gi segnalato lascolto dei tessuti dellarto superiore si rivela nettamente pi delicato rispetto a quello degli arti inferiori, se non, in alcuni casi, addirittura impossibile. Ci deriva dalla particolarit di questo segmento corporeo che sembra impiantato in derivazione sul resto del corpo. Se noi poniamo la nostra mano sulla faccia dorsale della mano del soggetto, nella normalit lindicazione di motilit ben minore che nellarto inferiore, e ci avviene anche nellascolto segmentario.

a) ascolto 91)

braccio-

avanti-braccio faccia della della registrer dominanza mano movimento interna

(fig

porre una mano sulla del braccio al di sotto laltra mano al di sotto gomito, La sui muscoli cefalica a esterna, la un mano

antero-esterna V deltoidea, del un di caudale a piega

epicondiloidei.

movimento rotazione registrer

dominanza di rotazione

b) ascolto (fig 92)

globale

dellarto superiore Il terapeuta si posizione lateralmente al paziente guardando caudalmente, la mano sar posta nella parte inferiore dellomero, a livello dellarticolazione del gomito. La predominanza di movimento si manifester in favore della rotazione interna; lascolto potr farsi bilateralmente.

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Ci dovuto forse alla potenza dei muscoli pettorali e alle loro fasce che sollecitano larto superiore in rotazione interna? Possiamo del resto segnalare lattitudine naturale del segmento superiore a posizionarsi in rotazione interna. Sembra che larto superiore, nella sua motilit, funzioni in senso inverso a quello inferiore; forse per un fine di equilibrio generale al fine di creare un bilanciamento funzionale? 5) Ascolto delladdome Non descriveremo sistematicamente lascolto a livello delladdome, che gi stato fatto in altre opere, ma insisteremo sulle difficolt che si presentano a questo livello. Le difficolt sono legate al numero di strutture che si interpongono sotto le nostre mani: peritoneo, fasce, legamenti, mesi, organi. Difficolt collegata anche alla profondit del campo di esplorazione e dal fatto che ci sono pi strati tra una fascia superficiale e una renale. Il principio generale per quanto riguarda laddome di porre le mani a piatto attorno allombelico e registrare eventuali tensioni. Per rendere pi fine la diagnosi bisogner spostare le mani verso la tensione sentita, per determinarne pi esattamente il punto di origine. Nella normalit la motilit delladdome quella generale dei tessuti e ci vuol dire che la mano fluttua al di sopra della cavit addominale con una libert in tutti i piani dello spazio. 6) Ascolto del torace Ci indirizzeremo in una regione dove la motilit dei tessuti molto marcata. La difficolt consister nel realizzare un test discriminante tra la profondit e la superficie, dove si collocano due importanti fasce: il pericardio e le pleure, oltre che, nella parte inferiore del torace, il diaframma. Il soggetto sar posto in decubito supino e il terapeuta si posiziona dietro la sua testa.

a) parte inferiore del torace (fig 93) la mani aperte saranno poste sulla parte laterale del torace, le dita seguiranno posteriormente la direzione delle coste, i pollici saranno orientati medialmente. Dobbiamo testare il torace nella sua globalit e poi, per via comarativa, un emitorace in rapporto allaltro. Nella normalit questo fusto elastico sembra
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muoversi in tutti i piani senza restrizioni. Una variante di questa tecnica consiste nel mettersi lateralmente al soggetto, facendoglielo di fronte. b) parte superiore del torace (fig 94) In questa regione la difficolt si accresce, tenuto conto che in pi alle aponeurosi superficiali si aggiungono il pericardio, la cupola pleurica e le fasce che prendono legame a livello del cingolo scapolare. b1) test bimanuale Le due mani largamente aperte saranno poste sulla parte laterale del torace, il palmo delle mani sar appena sotto le clavicole, le dita largamente aperte copriranno i pettorali e i pollici saranno in direzione mediale. Nella normalit un movimento armonioso si sentir sotto le nostre mani; in caso di tensione questa pu essere: 1. a direzione mediale per un problema che concerne la fascia superficiale che ricopre direttamente lo sterno 2. a direzione medale ma si avr una sensazione di sprofondamento della mano se il problema si colloca livello del pericardio 3. a direzione verticale se il problema localizzato nella cupola pleurica 4. a direzione supero-esterna se il problema concerne la regione periscapolare. b2) test sternale Lesperienza ci mostra che i problemi del torace superiore sono particolarmente localizzati a livello dello sterno o in prossimit di questo. Porre una mano sullo sterno inglobandolo nella sua totalit, tenar ipotenar situato a livello della forcella sternale, la mano sar il pi possibile in contatto con i tessuti a mo di ventosa; a partire da questo momento la motilit delle fasce dello sterno e sottogiacenti potr essere facilmente percepita. Bisogna immaginarsi lo sterno come un sacro rovesciato posto nella mano. Un microspostamento della mano potr far viaggiare lo sterno in tutti i piani dello spazio e ci permetter di localizzare molto facilmente il punto di restrizione. 7) Ascolto globale del cingolo scapolare (fig 95) Il soggetto sempre in decubito supino, il terapeuta dietro la testa del paziente, porre i due pollici sul bordo anteriore dei trapezi
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vicino lapofisi trasversa di C7, la mano aperta posa sulla cupola pleurica, sulle clavicole e sul moncone di spalla. I pollici registreranno le restrizioni attorno alla prima costa. Le mani quelle relative alle inserzioni fasciali attorno alla clavicola, oltre che le eventuali tensioni periarticolari. frequente notare un leggero squilibrio destro-sinistro. Nei destri il complesso spalla-clavicola destra ha una tendenza a orientarsi in avanti e in dentro; nei sinistri lo stesso fenomeno si ha a sinistra. Se questa tendenza nettamente marcata entriamo nella disfunzione. 8) Ascolto del bacino (fig 96) Il soggetto sar in decubito prono. Questa regione il punto di articolazione tra le potenti fasce lombo-sacrali e quelle dellarto inferiore con dei forti rinforzi legamentosi conosciuti sotto il nome di piccoli e grandi legamenti sacro-sciatici. Occorrer aggiungere tutte le strutture intracavitarie che dipendono dal piccolo bacino. Infine non bisogna dimenticare linserzione terminale della dura madre a livello del sacro. Abbiamo cos unidea dellaccumulo di informazioni che transitano in questa regione, informazioni che complicano lascolto. Il terapista si pone lateralmente al soggetto guardando cefalicamente, la mano ingloba bene il sacro a effetto ventosa, la base a livello degli angoli inferiori del sacro. Se la zona funzionale il sacro fluttuer armoniosamente tra le iliache. In caso di disfunzione: se le dita della mano sono attirate cefalicamente il problema si situer probabilmente a livello della cerniera lombo-sacrale o della fascia lombare. se il palmo della mano attirato caudalmente, la disfunzione potr avere sede a livello del coccige o del grande legamento sacro-ischiatico. se la mano ha la tendenza a infossarsi tra le iliache occorrer considerare delle restrizioni a livello del piccolo bacino. Se la mano attirata lateralmente la restrizione potr essere di origine sacro-iliaca, del piccolo legamento sacro-ischiatico, o dellanca e pelvi-trocanterica.

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Se il palmo della mano attirato verso il tavolato e cefalicamente occorrer considerare una tensione anomala a livello della dura madre. 9) Ascolto delle fasce dorsali (fig 97) Il paziente in decubito prono. Losteopata seduto lateralmente e guarda cefalicamente. Le mani sono poste bilateralmente in rapporto allasse vertebrale; ognuna delle due mani ingloba il rachide e le parti iuxta-laterali (o una sola mano che copre rachide e parti laterali). La motilit nella regione dorsale bassa difficile da percepire. A questo livello avremo una risposta positiva soprattutto in caso di distorsione. A livello dorsale superiore molto pi facile mettere in evidenza la motilit. Le due mani saranno poste sulle scapole. Si percepir rapidamente un movimento come se le mani fluttuassero sulla gabbia toracica. Linterposizione delle scapole in rapporto al torace sembra costituire un amplificatore del movimento. In caso di distorsione la scapola sar attirata preferenzialmente verso la zona in restrizione. 10) Ascolto craniale In questa regione possono essere testati diversi parametri e ci aumenta la complessit e la difficolt diagnostica. Dobbiamo in effetti tenere conto di : 1-membrane intracraniali; 2-membrane esocraniali e loro prolungamenti (aponeurosi cervicali); 3-meningi rachidee; 4-asse aponeurotico centrale. La posizione della testa sar in decubito supino qualunque sia lasse testato. (a) le membrane intracraniali Non abbiamo intenzione di descrivere le tecniche craniali. Pensiamo che la tecnica a 5 dita ben adatta a un ascolto generale del cranio. In caso di distorsione pu essere completata da una tecnica falce-tenda del cervelletto: loccipite riposa sul palmo della mano sinistra; il pollice e lanulare diretti lateralmente come per inglobare la tenda del cervelletto, laltra mano posta sulla volta con il medio che indica lasse sagittale della falce del cervello. Una delle difficolt nella percezione delle membrane intra-craniali dovuta allinterposizione tra la mano e queste delle aponeurosi esocraniali e di tutto il piano osseo. Abbiamo visto che linterno del cranio in relazione con lesterno e viceversa , un parametro pu dunque influenzare laltro. Sar necessario per un ascolto intracraniale proiettarsi allinterno dl cranio. (b) le membrane esocraniali e loro prolungamenti Paziente in decupito supino. evidente che le aponeurosi esterne possono essere in restrizione; non bisogner dunque trascurarle in caso di tensione superficiale, ma sar necessario ricercare il punto di restrizione, che sar molto
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disturbante per la meccanica craniale e cervico-scapolare, come vedremo pi tardi. Abbiamo visto che la base del cranio era il punto di partenza dei cavi aponeurotici e delle aponeurosi cervicali. In caso di lesione ascendente questi costituiranno un punto frenante della motilit craniale. Questo particolarmente vero per le aponeurosi dello sternocleidomastoideo e soprattutto dellaponeurosi cervicale superficiale posteriore, che ha la tendenza a portare il temporale in lesione. Durante la presa craniale, sentiremo una attrazione caudale nelle nostre mani, che segue la direzione delle fibre incriminate. (c) meningi rachidee (figg. 98 e 99) La presa sar sotto-occipitale, le dita poste le une sulle altre aformare una V molto aperta. Indurre una leggera trazione seguendo lasse intravertebrale. Aumentare leggermente questa trazione per discendere progressivamente fino a livello sacrale. La dura madre prende dei solidi legami a livello di C2-C3, ma attraverso dei prolungamenti radicolari prende anche dei solidi legami sulla circonferenza dei fori di coniugazione bilateralmente. Questi legami non sono teorici, la dura madre solidamente ancorata al periostio vertebrale costituendo cos un mezzo di protezione midollare e delle radici intrarachidee. Abbiamo potuto verificare la loro solidit sul maiale, dove per arrivare a disinserirle stato necessario applicare una forza importante. Nella normalit una leggera trazione sulla dura madre non avr delle risposte positive. Essendo la dura inestensibile, risentir facilmente di una fissazione, poich in quel punto la dura madre non fluttuer pi nel condotto osseo. Con una certa manualit sar facile fare diagnosi di restrizioni ai vari livelli, sia frontalmente che lateralmente. asse aponeurotico centrale (fig. 100) Il punto di partenza di quest asse si colloca sulla circonferenza del foro occipitale. Quando sar passato il potere frenante dei diversi elementi posti lungo il suo percorso, tutta la restrizione, in qualunque distretto del suo tragitto, si ripercuoter sulla base del cranio. Per lascolto di questo asse la presa della mano la
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stessa che per lasse dura-madrico, con i pollici diretti verso lasse mandibolare. -Nella normalit questo asse perfettamente libero. In caso di restrizioni si possono fare due constatazioni: 1) sensitiva: le mani sono attirate caudalmente, con la scatola cranica che segue un movimento ritmato dalla respirazione 2) visiva: guardando questo asse centrale constatiamo che si ha un movimento ritmico caudo-cefalico e, in caso di grave fissazione, vediamo la parte viscerale del collo infossarsi allinterno dellimbuto toracico con un ampiezza di parecchi centimetri. 11) Ascolto antero-posteriore (fig 101 e 101 bis) Il soggetto in decubito supino. Il terapista dietro la testa del soggetto. Il terapista pone una mano a coppa sotto loccipite inducendo una leggera trazione, laltra mano appoggiata piatta sullo sterno. Questa tecnica serve a testare il sincronismo generale delle fasce, particolarmente a livello toracico e cervico-craniale. Una leggera trazione sotto-occipitale serve a proiettarsi su tutte le fasce posteriori. Nella normalit un movimento ampio, libero e ben ritmato percepito dalle nostre mani. In caso di restrizione percepiremo un movimento asincrono e che segue determinati assi preferenziali.

12) Lo stress In alcune persone particolarmente stressate i tessuti avranno una motilit perturbata. Il movimento sar rallentato e la sua ampiezza diminuita. La sensazione percepita sar una mancanza di libert nelle oscillazioni dei tessuti, come se questi fossero indecisi riguardo alla direzione in cui muoversi. Avremo cos una sensazione di retroazione e la mano avr la tendenza a richiudersi. Questo pu essere sentito a tutti i livelli ma soprattutto nel cranio, nella regione toracica e, in questultimo caso, in modo pi evidente nello sterno.
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13) Zone particolari Alcune zone del corpo sono pi vulnerabili e lasciano dei ricordi imperituri di un trauma a loro livello. In queste zone possiamo dire che le fasce hanno una memoria particolarmente durevole. sufficiente porre le mani su questi distretti per rivelare delle tensioni fasciali spesso conseguenti a choc molto vecchi. Queste regioni sono maggiormente localizzate a livello: cranico e cervicale, dorsale superiore, sternale, coccigeo, epigastrico, nelle cicatrici e nei punti di impatto dellurto. (a) cranio e cervicali Importante incrocio della circolazione per le vie nervose e vascolari, questa regione dotata di una grande mobilit sia per un fine di migliore funzione, sia per un fine di adattamento-compensazione. A livello delle vertebre cervicali superiori e delloccipite abbiamo larrivo di una moltitudine di sollecitazioni. Questa regione in uno stato di riaggiustamento permanente al fine di assicurare un funzionamento il pi perfetto possibile nei centri superiori dellinformazione e di comando. Nel caso di traumi importanti lultimo punto di ammortizzazione nelle vertebre cervicali e nella cerniera occipito-cervicale. Non stupisce, quindi, di incontrare delle tensioni fasciali oltre che delle restrizioni di mobilit a questo livello. La zona occipito-cervicale superiore sar la pi implicata. Si pu affermare che raro non trovare delle limitazioni a questo livello. Le prime tensioni ad imprimersi sono quelle conseguenti al parto. Non raro constatare una traslazione laterale delle vertebre cervicali con compensazione occipite-atlante derivante da un vecchio trauma della circolazione o da un urto laterale violento, per la maggior parte delle volte dimenticato dal paziente ma non dai tessuti. (b) dorsale superiore Zona di sostegno delle vertebre cervicali, quelle dorsali superiori spesso subiscono le sollecitazioni imposte dalle prime. Cos nel caso di un colpo di frusta questa regione che va ad assorbire spesso la maggior parte dellenergia dellurto e di seguito a entrare in uno stato di disfunzione. Uno degli urti pi traumatici quello relativo alle cadute a piatto sul dorso, soprattutto se prodotta nellinfanzia. Questurto allorigine di uno shock molto importante con spasmo respiratorio, angoscia e panico. Il trauma va ad imprimersi sui tessuti insieme allo stress che lo accompagna. Quando andiamo a posare una mano su questa zona sentiamo unimportante rigidit oltre che una tensione tessutale, come se la pelle fosse troppo tesa. sufficiente interrogare il soggetto perch vi riveli spontaneamente il suo trauma in quanto questo ha lasciato unimpronta indelebile. La regione dorsale superiore , cos come labbiamo vista, un importante incrocio fasciale, continuamente sollecitato. Sotto il peso di urti, stress, tensioni, questa zona va ad essere la sede di limitazioni sempre pi importanti che portano ad una modificazione della statica. Il dorso si cifotizza, le spalle ruotano in avanti; da cui lespressione molto significativa tutto sulle mie spalle oppure ho limpressione di portare il peso del mondo sulle mie spalle. (c) sterno
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una zona di elezione per le tensioni conseguenti a stress ripetuti e non compensati. Durante lascolto a questo livello i tessuti sono tesi, fissati, si ritraggono verso il centro, lasciano la sensazione di una mano che ha la tendenza a incavarsi quando lo sterno si ritrae posteriormente. La cintura di sicurezza, in caso di incidenti, lascia unimpronta assai rivelatrice durante lascolto, sotto forma di una trazione obliqua come una sbarra che percorre il torace superiore. (d) coccige Allo stesso modo che una caduta a piatto sul dorso che lascia un ricordo imperituro, una persona che caduta sul coccige non lo dimenticher mai. In questa regione si applica perfettamente il detto vedere le stelle. Oltre il trauma locale, la caduta sul coccige spesso accompagnata da una scossa che pu risalire fino al cranio, ma pu riguardare anche laddome o il torace. Non raro constatare, dopo un tale trauma, lapparizione di una tensione dolorosa in seno ad un organo o constatare una ptosi. Il coccige, nel caso di choc, si lede il pi frequentemente in flessione e latero-flessione. La palpazione a questo livello riveler lurto anche dopo molti anni, e anche se lurto divenuto muto possiamo dire che limpronta a vita. (e) regione epigastrica Numerose persone somatizzano il loro stress a livello epigastrico da cui lespressione avere un peso nello stomaco. Questo stress esercita il plesso solare che genera a sua volta una disfunzione di tutta la regione sopra-mesocolica. In un ascolto a questo livello abbiamo la sensazione di una zona dura, ipertesa che non si lascia comprimere e che genera dolore. Alla palpazione abbiamo effettivamente limpressione di avere un palla sotto la mano. Gli organi sono fissati e distesi; il fatto di porre la nostra mano genera uneco dei battiti aortici che sono molto amplificati e inquietano particolarmente il paziente. (f) cicatrici Non tutte le cicatrici sono allorigine di una disfunzione ma come abbiamo visto numerose sono quelle che generano delle perturbazioni. Esse devono essere sistematicamente testate perch, quando diventano elementi perturbatori, costituiscono la causa primaria di una disfunzione meccanica o fisiologica. Lascolto di una cicatrice restrittiva ci riveler molto facilmente la direzione delle tensioni che avr generato. (g) punti di impatto degli urti Quando il corpo subisce un urto questo deve essere ammortizzato, altrimenti potrebbe ledere gravemente le strutture fragili. Durante un urto diretto, un colpo per esempio, si ha prima lammortizzazione da parte della pelle, poi delle fasce e del pannicolo adiposo. Quando il trauma sopravviene su una zona poco protetta, come la tibia o il cranio, la zona tessutale di ammmortizzazione nettamente ridotta. Va dunque a imprimersi sulle fasce e a costituire un punto di fissazione da cui parte da un processo lesionale.

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Dobbiamo ricercare con molta minuziosit questi segni di punti di impatto perch sono spesso la chiave del successo del nostro trattamento. Un urto a livello del cranio, soprattutto nella sua parte postero-laterale, pu essere allorigine di una modificazione del tessuto connettivo che porta alla formazione di una catena lesionale discendente che si trasmette via via: alla cerniera occipito-cervicale, alle vertebre cervicali, alla cerniera cervico-dorsale, alla spalla. Durante lascolto percepiamo una fissazione molto spesso puntiforme. Ma un urto importante come un incidente in automobile o una caduta sul polso oltrepassa le possibilit dei tessuti molli e dovr essere quindi presa in carico da un tessuto pi denso come il complesso periostio-osso. Losso ha una certa elasticit, la sua architettura costruita in maniera tale da assorbire gli urti. Se questi sono troppo violenti lasceranno unimpronta sul tessuto osseo che diverr punto di partenza di un processo patologico. Ci torna in mente un paziente visto recentemente in seguito ad un urto frontale in auto. Questa persona si aggrappata al volante e una gran parte di energia stata assorbita dal radio sinistro. Allascolto questo dava limpressione di essere piegato come se le fibre ossee fossero penetrate in parte luna nellaltra. In effetti losso era arrivato al limite di rottura.

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TEST PALPATORI E DI MOBILIT A- TEST PALPATORI Il test di ascolto del tutto passivo e si realizza con tutta la superficie della mano; il test palpatorio si svolger con i polpastrelli e implicher una pressione pi o meno accentuata a seconda della zona da raggiungere. Apriamo una parentesi prima di andare oltre: necessario, prima di porre la mano su un paziente, osservare bene la zona da testare, perch losservazione carica di insegnamenti molto utili (colore della pelle, stato della pelle, che pu essere fine, spessa, infiltrata, con macchie, foruncoli, gonfiori). A livello della linea alba per esempio se noi constatiamo una deviazione laterale di questa con una curvatura di piccola ampiezza, ci segnaler un problema nel quadrante corrispondente alla deviazione. Ricordiamoci che attraverso i cilindri di Hine la pelle il rivelatore di ci che avviene in profondit. Il fine della palpazione di mettere in evidenza tutte le modificazioni che possono essere intervenute in un tessuto. Queste modificazioni possono essere di pi ordini: cambiamenti di struttura e zone dolorose. 1) cambiamenti di struttura Saranno constatati a livello della pelle e poi delle fasce sottstanti secondo un cronologia che va dalla superficie alla profondit 1. a livello della pelle Una pelle normale deve essere regolare, elastica e morbida. In caso di modificazioni potr apparire indurita, infiltrata ed edematosa. Quindi saranno constatati dei cambiamenti della sua elasticit con diminuzione o perdita di questa. In certi casi sar impossibile formare pieghe cutanee e in altri si constater una durezza anomala dalla sparizione di queste pieghe e ci si traduce in una alterazione dei legami trasversali. 2. a livello delle fasce sottogiacenti Le fasce sottogiacenti al rivestimento cutaneo devono essere percepite come delle strutture flessibili dotate tuttavia di una certa durezza; questa variabile a seconda delle zone consaiderate, e andando da zone facilmente depressibili, fascia anteriore del collo, a zone con resistenza maggiore, fasce di inserzione , legamenti e alcuni msi. In maniera generale una fascia funzionale pu presentare o no delle ondulazioni ed costituita da bande parallele orientate nello stesso senso. Durante una distorsione si modificano le sue propriet visco-elastiche, facendo modificare la sensazioni palpatorie. La perdita di elasticit costituir un fastidio alla palpazione che porter la fascia ad essere tesa in modo anomalo e necessiter una forza

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maggiore per penetrare in profondit. Le modificazioni delle fibre collagene metteranno in evidenza allinterno della fascia: delle bande fasciali ben individualizzabili molto pi tese delle strutture circostanti che presentando a volte un bordo tagliente ben distinto orientato obliquamente o perpendicolarmente alla direzione generale delle fibre. Queste bande sono i rivelatori di sollecitazioni anomale e il loro tragitto si stabilisce in funzione della direzione delle sollecitazioni. Queste bande sono facilmente palpabili e appaiono chiaramente alla dissezione sotto forma di fasci pi densi e di aspetto pi madreperlaceo. delle bande fasciali pi tese e attorcigliate sul loro asse longitudinale costituite in modo da seguire lasse generale della fascia e spesso di una lunghezza maggiore rispetto alle bande oblique o trasversali. Alcune fasce, come la fascia lata, hanno un aspetto ondulato; durante delle tensioni importanti queste ondulazioni hanno la tendenza a aumentare prendendo laspetto di una lamiera ondulata come se fossero state riaccorciate a mo di una grinza di tenda. In altre circostanze si percepir allinterno di una banda fasciale o in una fascia normale delle granulazioni molto spesso ovalari a grandezza di un grano di riso, di caff o di un nocciolo di oliva. Possono essere anche arrotondate come un granello di sabbia o di sale grosso. Le granulazioni ovali saranno maggiormente riscontrate a livello delle membrane che separano i differenti muscoli, le altre possono risiedere non importa dove. La loro consistenza potr essere molto dura, vicino alla consistenza del tessuto osseo. Infine si potranno palpare zone molto indurite o calcificate. Queste percorreranno un tragitto da qualche millimetro a 1 o 2 centimetri. Si incontreranno particolarmente a livello della spalla, del gomito, dei legamenti vertebrali profondi, del grande legamento plantare. Queste zone hanno la consistenza dellosso; infatti assistiamo a questo livello alla trasformazione da tessuto molle a tessuto osseo. Per far fronte a sollecitazioni troppo grandi le fasce, i legamenti, i muscoli si calcificano. Questo fenomeno di trasformazione da tessuto molle a osso stato studiato dallquipe di Reddi che ha concluso che possibile la trasformazione da muscolo a osso grazie allosteogenina. Come vedremo oltre questo fenomeno fortunatamente non sempre irreversibile. 2) il dolore Si dice che il dolore bugiardo e se lo consideriamo con circospezione vediamo la variabilit che pu presentare da un soggetto allaltro o eventualmente il fatto che pu nascondere un problema pi profondo; il dolore pu tuttavia essere un buon alleato se lo si considera con le precauzioni duso. Una fascia, normalmente, non dolorosa a una pressione normale; in caso di leione la sua sensibilit nettamente aumentata e questa diviene molto dolorosa a livello delle bande o dei punti nodulari e appena tollerabile a una palpazione leggera nelle zone di calcificazione o in certi legamenti. Il dolore legato alla liberazione
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di prostaglandine. Laspirina e gli antidolorifici bloccano la sintesi di prostaglandina e impediscono dunque la produzione di questa sostanza critica che segnala il danno tessutale. Per quanto riguarda la pelle essa pu essere sede di dolori molto vivi scatenati da un semplice sfioramento. In seguito ad un trattamento appropriato si nota una diminuzione o una scomparsa dei punti dolorosi. Questo ha unaltro vantaggio, ed quello di fare sentire al paziente leffetto benefico del trattamento e ci non far altro che rassicurarlo del resto non vi cosulta perch ha male l. Insistiamo ancora sul fatto che il dolore non che la parte emersa di un iceberg e questo parte integrante di pi fattori che costituiscono la lesione osteopatica. B- TEST DI MOBILITA I test di mobilit seguono naturalmente i test palpatori e vi sono collegati. 1) Scopo del test Il fine quello di mettere in evidenza una perturbazione della motilit sia che questa sia a livello della pelle, di un legamento, di un viscere o di unarticolazione. Ha per fine confermare il test di ascolto. Il test di mobilit pu applicarsi a qualsiasi distretto corporeo e richiede una ottima conoscenza dellanatomia. Pi sar precisa la nostra conoscenza anatomica palpatoria, pi sar fine il test di mobilit e efficace il trattamento che ne deriver. Il test di mobilit si far seguendo due modalit: a grande leva o segmentario. 2) Test a grande braccio di leva Riguarda dei segmenti o delle parti pi estese. Una limitazione di unarticolazione o di tutta una zona pu essere di origine strettamente locale o provenire da una catena lesionale lunga. I test a grande braccio di leva sono tutti quelli pi classici: flessione plantare, flessione dorsale, flessione anteriore della testa e del tronco La loro modalit di esecuzione non presenta alcuna difficolt. tuttavia pi difficile determinare al primo colpo se la limitazione puramente locale o dipende da una grande leva fasciale. Con una certa abitudine si pu vedere assai facilmente la differenza. importante vedere la differenza in quanto le tecniche correttive variano in funzione dei parametri limitativi, ma anche delle zone considerate. I test a grande braccio di leva sono sfortunatamente troppo spesso evitati o fatti in modo incompleto. Eppure sono loro a dimostrare obbiettivamente al soggetto il miglioramento apportato dal trattamento grazie al guadagno di mobilit ottenuto, guadagno che spesso va di pari passo con una modificazione della sensazione dolorosa. 3) Test segmentari un test specifico in modo da fare diagnosi molto precisa sul distretto lesionato. Permetter di precisare la natura della fissazione, la sua localizzazione e la sua profondit. Avviene naturalmente in seguito ai test di ascolto e di palpazione. Permette di confermare o di negare i diversi fattori gi registrati. Porter infine
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al trattamento che sar tanto pi preciso ed efficace quanto il test segmentario sar stato realizzato con la massima precisione. Richiede naturalmente da parte del terapista una grande pratica palpatoria e una grande precisione nella conoscenza anatomica topografica. Procederemo dalla superficie alla profondit, andando dalla pelle alle fasce periferiche, poi a quelle profonde ed infine ai visceri. a) A livello cutaneo La pelle legata nella sua parte profonda alle fasce superficiali. Abbiamo visto che un problema profondo si ripercuote a livello cutaneo, creando delle modificazioni a questo livello o anche una coppia lesionale di fissazione che va dalla superficie alla profondit. La tecnica consister nel mobilizzare la pelle molto leggermente in tutte le direzione, seguendo tutta lestensione della zona considerata, con i polpastrelli di due o tre dita o con la mano intera. Si tratta molto semplicemente di far scivolare un piano di tessuto sullaltro. Nella normalit lo scivolamento sar uguale in tutti i sensi; in caso di limitazione lo spostamento allopposizione di questa sar pi difficile, se non impossibile, e ci ci riveler subito la zona di fissazione e la sua direzione. Mettendo una maggiore pressione ci possiamo indirizzare a delle zone pi profonde e testare anche diversi piani. b) Test delle fasce periferiche Sia ben inteso che non andremo a descrivere i test di tutte le fasce, ma le modalit saranno approssimativamente le stesse seguendo i segmenti considerati. Descriveremo adesso alcun tra quelli pi frequentemente realizzati o che potranno essere la chiave di alcuni nostri trattamenti. LIVELLO DELLARTO INFERIORE Il grande legamento plantare (fig 102) Il soggetto in decubito prono. Si piega il ginocchio e si realizza una pressione a livello plantare, molto velocemente sentirete una corda sotto le dita; se si aumenta la pressione il dolore diventer sempre pi vivo fino a divenire insopportabile. In un secondo tempo si prende il bordo interno del legamento con i polpastrelli delle ultime tre o quattro dita per mobilizzarlo verso lesterno. In caso di lesione il movimento molto limitato e doloroso.

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La fascia antero-interna della gamba Riposa direttamente sulla tibia. Il soggetto in decubito supino; far scivolare i polpastrelli di due o tre dita lungo la fascia dalla caviglia al ginocchio. In caso di fissazione percepiremmo una zona cutanea edematosa che arresta lo scivolamento delle dita. A questo livello mobilizzeremmo la pelle e le fasce cutanee sottogiacenti. Questa mobilizzazione molto limitata e dolorosa, la fascia sembra incollata al periostio. Talvolta si pu percepire una piccola banda fasciale sulla quale si agganciano le dita. Vedremo, nel trattamento, linteresse a testare questa zona. La loggia antero-esterna e postero-interna della gamba (fig 104 e 105) Si tratta di testare i piani di sovrapposizione tra le zone aponeurosi-muscolari e la tibia. Il soggetto in decubito supino, con larto inferiore piegato e il piede appoggiato sulla tavola. Con i polpasterlli dei due pollici bisogna testare dal basso in alto lo spazio osteo-muscolare della loggia antero-esterna. Con i polpastrelli delle dita bisogna testare in seguito lo spazio osteo-muscolare posteriore. In caso di fissazione molto difficile far penetrare le dita in profondit e il paziente sente un vivo dolore. Questo test pu essere molto utile in seguito ad episodi di sciatica, di fratture, di distorsioni o di dolori ribelli al polpaccio.

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La fascia dello sciatico (fig 106) Il nervo sciatico, qualunque sia la sua modalit di separazione, circondato da una fascia che lo accompagna in tutta la sua lunghezza. Nella normalit il nervo sciatico non percepito durante una palpazione profonda, mentre lo in caso di patologia. Il soggetto in decubito prono; il terapista si pone lateralmente al paziente. La palpazione inizia approssimativamente sotto la piega glutea. Lasse dello sciatico lasse longitudinale della coscia., ci vuol dire il piano di divisione tra bicipite da una parte e semimembranoso-semitendimoso dallaltra parte. Bisogna penetrare progressivamente con i polpastrelli delle dita in profondit, poi mobilizzare i piani profondi seguendo un asse longitudinale e trasversale. Bisogna poi scendere progressivamente fino al cavo popliteo e di l fino al tendine di achille, passando tra i due gemelli. A questo livello talvolta utile mettere la gamba in leggera flessione. In caso di patologia dello sciatico la mobilizzazione dei piani profondi difficile e assai dolorosa. In generale le fissazioni si situano di preferenza nella parte superiore della coscia e in mezzo al polpaccio. Si tratta spesso di una zona che ha lestensione di qualche centimetro. A volte si trova un solo punto di fissazione molto corto e localizzato nel punto di congiunzione fra il terzo superiore e medio della coscia. LIVELLO DORSALE Glutei e paravertebrali Il soggetto in decubito prono. Il terapista si pone lateralmente. Con i polpastrelli testare i piani di inserzione dei glutei superiori sotto la cresta illiaca (fig 107). Spesso a questo livello troviamo delle bande fasciali molto tese e dolorose che perturbano la meccanica del bacino.

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Di seguito risalire con i polpastrelli lungo i muscoli paravertebrali fino alla zona cervico-dorsale e cervico-occipitale (fig 108). Di frequente si percepisce, se siamo sufficientemente in profondit, dei fasci che ruotano sotto le nostre dita e che possono essere della misura di un dito. Una zona di tensione pu iniziare a livello lombare inferiore e risalire senza interruzione in alto fino a livello dorsale. interessante seguirla perch spesso il suo punto finale rivelatore di una lesione dorsale in interrelazione con la fissazione lombare. A livello dorsale superiore, possono essere percepite delle bande fasciali oblique che sono in rapporto con le inserzioni muscolari mediali della scapola e i piccoli dentati posteriore e superiore. Arriviamo qui a livello di un cingolo, punto di scambio di direzione e di incrocio delle fasce. La scapola (fig 109) Il soggetto in decubito prono. Il terapista si piazza lateralmente a lui e pone le due mani ben piatte sulle scapole. Occorre in seguito mobilizzare le mani in tutte le direzioni per testare lo scivolamento dei piani sottoscapolari. Di seguito testare elettivamente con i polpastrelli delle dita la zona sovra e sottospinosa. A livello sovraspinoso troveremo delle zone di tensione dolorosa situate tra i fasci muscolari e a direzione orizzontale. A livello sottospinoso le zone di tensione saranno oblique e in direzione della spalla, i punti pi eloquenti si situano al bordo esterno e superiore della scapola. In caso di problemi di spalla, questa regioni sono frequentemente in lesione.

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LIVELLO VENTRALE Andiamo soprattutto ad attaccarci a due zone particolarmente sollecitate: lo sterno e la clavicola. Lo sterno (fig 110) Il soggetto in decubito supino. Il terapista posto lateralmente. Si pongono le mani ben a piatto sullo sterno come per lascolto, ma quando avremo lo sterno bene nelle mani, lo mobilizzeremo in tutte le direzione. Si pu, per maggiore facilit, porre le due mani in opposizione, il palmo di una mano a livello della forcella sternale e laltra a livello dellappendice xifoide. A livello dello sterno la fascia direttamente in contatto con losso come nella tibia. Con i polpastrelli delle dita si scivola lungo lo sterno. In caso di lesione le dita saranno arrestate da una barriera fibrosa a direzione orizzontale. Dei punti di fissazione spesso iperalgici acuti si incontreranno a livello della linea mediana oltre che a livello sternocondrale. Lo sterno una zona di ipersollecitazione sia ascendenti che discendenti. Le disfunzioni fasciali saranno quindi frequenti. In pi come abbiamo gi segnalato questa regione molto sensibile a tutti i tipi di stress. La clavicola (fig 111) Punto di legami fasciali, la clavicola una zona in costante sollecitazione. Inoltre per le sue relazioni sottostanti pu costituire un elemento perturbatore per il plesso brachiale, larteria succlavia e anche per le strutture sovrastanti. Il test si indirizzer soprattutto alle strutture sottoclavicolari: aponeurosi clavicolo-petto-ascellare, legamento conoide, trapezoide e acromion-claveare. Il soggetto in decubito supino, il terapista si piazza lateralmente al paziente; il pollice e lindice sono posti al di sopra e al di sotto della clavicola e si introducono progressivamente sotto per testare i tessuti molli. In caso di rilasciamento totale le due dita possono venire in contatto luna dellaltra. In caso di lesione la penetrazione rapidamente fermata dalle tensione e dalla comparsa del dolore. Per maggiore facilit si pu sollevare la spalla con laltra mano o, meglio ancora, mettere il soggetto in decubito laterale, procurando la massima detenzione. In caso di tensione importante, questa ultima posizione permette una palpazione migliore.
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LIVELLO DEL COLLO Descriveremo unicamente un test delle cartilagini e dellaponeurosi perifaringea. Questa zona molto importante per il fatto che controlla la faringe, la laringe e la tiroide. Abbiamo visto in anatomia che si articola con le vertebre cervicali e che losso ioide gioca un ruolo importante nellammortizzazione e nella ripartizione delle tensioni trasmesse dallasse centrale. Lo ioide e la cartilagine tiroidea sono meccanicamente legati nel fenomeno della voce dato che la tiroide ha bisogno di fissarsi bene sullioide per permettere il gioco delle cartlagini aritenoidee e far vibrare le corde vocali. Queste hanno una vibrazione di circa 20.000 periodi e possono arrivare nei soprani pi alti a 36.000. evidente che tutte le perturbazioni meccaniche a questo livello potranno tra laltro ripercuotersi sulla voce. Test globale (fig 112) Il soggetto in decubito supino. Il terapista si pone lateralmente e mette la mano sinistra sulla fronte del soggetto. Prende lasse viscerale del collo tra tre dita del lato controlaterale e il pollice del lato omolaterale. Esegue una rotazione a sinistra della testa e allo stesso tempo esercita una trazione verso destra con i polpastrelli delle dita. Esegue in seguito una rotazione destra della testa e con il pollice spinge leggermente verso sinistra. Per una maggiore precisione, si potr prendere lasse del collo tra il pollice e lindice e mobilizzare in modo pi segmentario. In caso di fissazione lo spostamento su un lato molto resistente, e il dolore pu essere molto vivo. facile scatenare, quando si mobilizza il lato fissato, un riflesso di tosse , soprattutto a livello tiroide-cricoide. Durante questi test globali non raro riscontrare i seguenti fenomeni: un rumore di sfregamento, che in certi casi molto forte (in alcuni soggetti questo rumore del tutto banale, e ci che non normale quando si accompagna a dolori localizzati spesso a livello retrofaringei e che si proiettano sulle vertebre cervicali) un vivo dolore, provocato durante lo stiramento a livello della vertebra cervicale e che corrisponde spesso a sintomi descritti dal paziente a questo livello. Non ci scordiamo che lasse viscerale del collo collegato ai tubercoli anteriori delle apofisi trasverse attraverso tratti fibrosi a direzione anteroposteriore.

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Test dellioide (fig 113) Attraverso losso ioide possiamo avere informazioni riguardo diverse strutture: laponeurosi cervicale superficiale e media, laponeurosi perifaringea, la sua relazione con la spina temporale attraverso la fontana di Roland e con la scapola attraverso la scapolo-ioidea. Lioide una fibrocartilagine a forma di ferro di cavallo. Questa conformazione che ci distingue dallanimale (in questultimo in effetti lioide molto aperto) ci ha permesso nel corso dellevoluzione di essere dotati delluso della parola. Tuttavia non raro trovare delle variazioni di forma tuttaltro che normali che vanno da un ioide molto chiuso come un diapason, incontrato soprattutto nel sesso femminile, a un ioide molto aperto, che si percepisce come punta di corna, caratteristica del sesso maschile. Il soggetto in decubito supino; si prende lioide tra pollice e indice, a livello delle facce laterali. Lo si mobilizza a destra e sinistra, in avanti e indietro, in inclinazione laterale, ponendo un dito nella sua parte inferiore e laltro nella sua parte superiore. molto frequente trovare un lato pi alto dellaltro (pi spesso a sinistra); se la tensione non troppo importante questo pu essere considerato come normale. Si prender in seguito tra pollice e indice la cartilagine tiroidea e si mobilizzer lioide in rapporto alla toroide (fig. 114). Altre cartilagini Il soggetto in decubito supino; si prender una cartilagine tra pollice e indice e la si mobilizzer in rapporto alle altre; si tester cos la tiroide in rapporto allioide e la tiroide in rapporto alla cricoide.

LIVELLO DEL CRANIO A livello del cranio il test di mobilit consister in una mobilizzazione del cuoio capelluto in rapporto al piano osseo sottostante. Nella normalit il piano cutaneo scivola sul sottostante senza tensioni n dolore. evidente che questa mobilit pi importante a livello frontale e occipitale. In caso di fissazione solitamente dovute a degli urti, come abbiamo gi segnalato, possiamo incontrare diverse possibilit:

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sia una banda fasciale molto tesa e nettamente individualizzabile, talvolta sentita come una piccola cordicella che si estende lungo pi centimetri. Questo genere di tensione spesso localizzata nella zona parieto-temporale. sia una zona edematosa infiltrata di circa 5 cm e che presenta frequentemente una depressione nel mezzo, che costituisce il punto di fissazione del periostio. Questa zona molto difficilmente mobilizzabile ed sede di un dolore tipo puntura che pu essere eccessivamente acuto. sia un incavo a livello dellosso. Questa situazione si incontra a livello delle suture e dellosso vormiano. Appare dunque sotto le dita una depressione come se la fascia fosse stata aspirata allinterno. Anche in questa zona la mobilizzazione del tessuto dolorosa.

c) TEST DELLADDOME Non nelle nostre intenzioni descrivere i diversi test viscerali. Vogliamo semplicemente insistere sullimportanza della palpazione e dei test di mobilit a livello viscerale. Se c una regione del corpo dove le tecniche osteopatiche sono una pura applicazione dellanatomia, questa la regione addominale. Per una diagnosi precisa e un trattamento efficace necessario conoscere perfettamente lanatomia topografica e lanatomia palpatoria. I test di ascolto sono di grande utilit per lorientamento diagnostico ma non sono sufficienti; quindi saranno completati dalla palpazione e dai test di mobilit. Ci metter in evidenza una zona sensibile o fissata, la palpazione inoltre un mezzo di conoscenza dello stato della zona che allascolto si era rivelata in restrizione. evidente che se sentiamo sotto le nostre dita dei piccoli rilievi, un indurimento, una deformazione, ci deve farci adottare unattitudine di grande riserva e indirizzare il paziente a uno specialista. Queste modificazioni morfologiche non possono essere messe in evidenza che attraverso una palpazione precisa e allenata. Il problema che si pone con laddome legato alla profondit della palpazione e allinterposizione di diverse strutture, da cui la difficolt di stabilire una diagnosi differenziale. Tuttavia con la pratica e una perfetta conoscenza dellanatomia ci diviene pi facile. La palpazione, abbiamo gi detto, deve essere il pi precisa possibile, deve seguire la struttura da palpare e talvolta dovr essere anche profonda, malgrado tutto la difficolt di interposizione svolgersi direttamente sulla zona considerata e non per semplice proiezione. Se sappiamo essere pazienti e trovare il buon percorso, le fasce ci lasceranno praticamente sempre passare e cos potremo palpare senza troppa difficolt un mesentere, un muscolo di Treitz o un rene per via anteriore. Questa palpazione sar direttamente seguita dal test di mobilit di organi msi o di legamenti testati. La mobilit viscerale molto variabile a seconda dei segmenti considerati, ci va da uno stato molto fluido
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per gli intestini a una mobilit pi ristretta per fegato o legamenti, o una mobilit pressoch nulla per ci che riguarda un muscolo, una fascia di Treitz o un mesentere. Tuttavia ricordiamoci che qualunque sia il tessuto questo dotato di una certa elasticit. dunque questultima che occorrer mettere in evidenza quando ci si indirizza a una zona con minore mobilit. La palpazione e il test di mobilit addominale possono essere spiacevoli e dolorose. La comparsa di un dolore itenso deve farci adottare la pi grande prudenza. Contrariamente alla fasce periferiche che sono sede di dolori spesso al limite della tollerabilit, senza che questo sia obbligatoriamente segno di un problema grave, lo stesso fenomeno a livello viscerale purtroppo spesso diagnosi di un problema grave. d) CICATRICI ED ADERENZE Le cicatrici Come abbiamo gi segnalato alcune cicatrici possono imprigionare nel tessuto cicatriziale differenti corpi estranei che possono rivelarsi elementi di disturbo nei processi fisiologici e biologici. Maggiormente le cicatrici possono essere la sede di fissazioni o aderenze e queste generano obbligatoriamente una modificazione della viscoelasticit dei tessuti e generare cos un segmento o un organo in disfunzione. necessario dunque testare sistematicamente tutte le cicatrici. Oltre a palpare il tessuto superficiale e i bordi cicatriziali occorrer mobilizzare il tessuto sottostante. Con laiuto dei polpastrelli di uno o due dita mobilizzeremo la zona circoscritta della cicatrice in tutti i piani dello spazio, prendendola anche in profondit secondo la sua localizzazione. In casi di fissazione o di aderenza sentiremo facilmente una corda pi o meno resistente che ci impedir lo spostamento. Spesso la fissazione avviene su un solo asse. Le aderenze Conseguenti a cicatrici, infezioni, infiammazioni, sono in questi ultimi due casi meno visibili e potranno essere messe in evidenza solo attraverso la palpazione e la mobilizzazione. In linea generale le aderenze hanno sede a livello viscerale: piccolo bacino ,addome, torace. La dissezione mostra frequentemente che ponti fibrosi si erano stabiliti fra pleura e polmone. La difficolt in queste regioni che non vi si pu accedere direttamente. C- CASI PARTICOLARI Affrontiamo a parte il discorso sui test di alcuni legamenti perch la loro patologia molto frequente ed essi sono la chiave della riuscita del trattamento osteopatico. Questi legamenti sono: i legamenti ileolombare, i piccoli e grandi legamenti sacro-ischiatici e, in misura minore, il legamento comune vertebrale anteriore e i legamenti cervico-pleurici.

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1) I legamenti ileo-lombari (fig 115) Prendendiamo come esempio il legamento destro. Il soggetto in piedi con le gambe leggermente divaricate; il terapista posto dietro il soggetto in contatto con lui e con un braccio posto sotto il braccio sinistro del paziente cinge la parte bassa del torace di questultimo. Fa scivolare il pollice destro lungo la parte discendente della cresta iliaca per dirigersi in basso e in avanti a livello dello spazio di L4-L5, entra in contatto con il legamento iliolombare e ne apprezza lelasticit. In alcuni pazienti questo perfettamente deteso e difficilmente percettibile. Nella maggio parte dei casi teso , della misura di una matita, perfettamente individualizzabile e leggermente sensibile. In altri infine talmente teso che sembra calcificato, difficilmente mobilizzabile e di una sensibilit estrema. Per facilitare la nostra palpazione possiamo, se necessario, fare una traslazione sinistra del bacino accompagnata da una inclinazione destra del tronco, o associata ad una rotazione destra , il paziente si appoggia al nostro braccio sinistro per essere perfettamente rilassato. Il test di questo legamento pu essere veramente efficace e rivelatore solo se fatto in piedi; in decubito dice veramente poco. Questo legamento interviene soprattutto nella statica ed ha bisogno del peso per entrare in azione e per essere testato pi facilmente. Alla dissezione il legamento ileo-lombare appare spesso come una struttura piuttosto circolare, della dimensione di una matita e di aspetto madreperlaceo dal quale si deducono dei cambiamenti a livello del tessuto connettivo in seguito a sollecitazioni molto importanti.

2) I piccoli e grandi legamenti sacro-ischiatici Ricordiamoci semplicemente che la loro palpazione avverr in decubito prono e che essi sono la sede di enormi tensioni che possono farli risentire in alcuni casi come delle strutture indurite. Il piccolo legamento pi difficile da mettere in evidenza perch ricoperto da una grande massa muscolare. Ricordiamoci i loro rapporti con il piramidale e, tra loro, il nervo sciatico. Infine non dimentichiamoci che i legamenti ischiatici sono in rapporto con la regione intrapelvica.

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3) Il legamento comune vertebrale anteriore (fig 116) Durante delle patologie lombosacrali talvolta utile testare questo legamento. Il soggetto in decubito supino con le gambe piegate. Il terapista si pone lateralmente e posiziona i polpastrelli delle dita delle due mani nella parte inferiore della linea alba. Penetra progressivamente e in modo dolce e in profondit fino al contatto osseo. Realizza uno stiramento longitudinale allontanando in senso opposto le dita di ogni mano, poi in modo molto dolce fa uno stiramento trasversale. La palpazione di questo legamento pu essere talvolta molto dolorosa e accompagnarsi a una diffusione di questo dolore a livello lombosacrale o a livello di un percorso radicolare. evidente che questo test non pu che applicarsi a soggetti magri con addome facilmente deprimibile. inutile volerlo realizzare in un soggetto pletorico. Nella donna potr essere fatto pi facilmente. inutile precisare che questa palpazione si fermer alla biforcazione aortica. 4) I legamenti cervico-pleurali (fig 117) Sono tre e fissano il diaframma cervico-toracico alla prima costa e alle vertebre cervicali. Da dietro in avanti sono: il legamento costo-pleurico; il legamento trasverso-pleurico il legamento vertebro-pleurico. normalit questi legamenti sono difficilmente

Nella sentire.

individualizzabili ma in caso di tensione si possono facilmente Il soggetto in decubito supino e il terapista dietro la testa del soggetto. Per facilitare la palpazione, per esempio a destra, occorre sollevare leggermente la testa del paziente con una latero-flessione destra. Con il pollice destro che passa davanti al trapezio si va a livello della apofisi trasversa di D1, dunque del legamento costo-pleurale; poi descrivendo un arco di circonferenza da dietro in avanti si cerca di individuare gli altri fasci. Questa palpazione pu avvenire in posizione seduta ma sar pi difficile da realizzare a causa delle tensioni fasciali che sopraggiungeranno. Ricordiamoci che il ganglio stellato situato in prossimit del legamento costo-pleurale e che questultimo termina in modo bifido (questa biforcazione d passaggio alla radice D1).
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Cronologia dei test Quando abbiamo da testare una zona qualunque del corpo bene seguire un certo ordine per ottimizzare le informazioni. prima di tutto occorre saper osservare e, come abbiamo gi detto, ci pu essere molto istruttivo; in seguito occorre fare il test di motilit che permette sia di rassicurare il paziente sia di entrare il contatto con i suoi tessuti; infine si procede allesecuzione del test palpatorio e di mobilit. Ci teniamo a ripetere che sarebbe dannoso limitarsi a un solo parametro. La diagnosi osteopatica deve essere una diagnosi di convergenza, cio accumulare il massimo di informazioni cliniche, radiologiche, biologiche, test di ascolto e di mobilit e questo per affermare con la minima possibilit di errore lorigine dei lamenti del paziente.

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TRATTAMENTO DELLE FASCE


SCOPI DEL TRATTAMENTO Ogni aggressione, qualunque sia lorigine, sar seguite da una modificazione in seno ai tessuti (cambiamento della struttura che diventer granulosa, edematosa, indurita, con aumento della sensibilit miofasciale). Queste modificazioni attraverso dei fenomeni biochimici e meccanici genereranno una disfunzione delle fasce che generer a sua volta un cambiamento nel comportamento fisiologico di un segmento o di un organo. Bednar e Coll hanno constatato dei cambiamenti degenerativi nelle fasce che consistono in una separazione dei fasci di collagene con formazione di tessuto misto oltre a infiltrazioni di linfociti e di plasmacellule. In alcuni pazienti si ha una proliferazione vascolare con una anomalia capillare a spese della lamina basale esterna, in altri pazienti si ha la presenza di microcalcificazioni. Se laggressione troppo forte o se persiste troppo a lungo abbiamo visto che va a perturbare gli scambi tra la sostanza fondamentale e la cellula. Questo fenomeno dar origine ad una irregolarit della cellula nel suo interno e questa irregolarit si evolve verso la cronicit o la patologia. Una delle principali cause di disfunzioni fasciali attribuita ai traumi. In caso di trauma importante devono essere considerate le fasce di tutto il corpo. Il cambiamento del tessuto pu essere immediato o intervenire nella notte o nei giorni seguenti allincidente. Il trattamento dei traumi deve essere intrapreso il pi rapidamente possibile e iniziare preferibilmente attraverso un lavoro tissutale. Le modificazioni in seno al tessuto connettivo si ripercuoteranno sul sistema simpatico e sensitivo. Questa situazione generer degli influssi afferenti perturbati, essi stessi allorigine di uno stato di facilitazione midollare creando cos un circolo vizioso automantenuto. La facilitazione delle vie simpatiche generer una perturbazione della secrezione ghiandolare, della vasomotricit, delle funzioni dei visceri. Questo aumento del tono simpatico pu rivelarsi dannoso. Nella normalit il sistema nervoso simpatico gioca un ruolo importante negli aggiustamenti di protezione e di adattamento dellambiente interno in rapporto alle variazioni dellambiente esterno, al lavoro muscolare, allo stress emozionale.il simpatico inibisce lattivit dei visceri che non sono immediatamente implicati in queste situazioni e diminuisce il debito di sangue in questi visceri e nella pelle a favore dei muscoli striati. Questi periodi sono in generale brevi e seguiti da periodi di riposo. Una simpaticotonia permanente genera una riduzione del debito di sangue, una inibizione delle attivit della secrezione, uno spasmo degli sfinteri.. e tutto ci termina con una lesione o a una disfunzione degli organi coinvolti. Bisogna notare che le manifestazioni cliniche possono cambiare con il tempo. Una iperidrosi pu dar luogo a una ipoidrosi, un angiospasmo pu lasciare il posto ad una atonia vasomotrice con stasi,
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infiammazione, edema. Ci vuol dire che lo stato cronico inizia a produrre dei cambiamenti degenerativi, inizialmente pu anche non persistere una simpaticotonia evidente o addirittura essere mascherata in qualche modo. A livello delle ghiandole endocrine una simpaticotonia prolungata modificher le risposte normali dei tessuti agli ormoni circolanti, inoltre lischemia locale che la simpaticotonia genera a livello di tessuti endocrini potr produrre degli effetti estesi e allontanati dalla zona facilitata. I processi che si svolgono a livello del segmento facilitato fanno s che una volta installata, la facilitazione pu persistere a lungo dopo la scomparsa dellirritazione che aveva scatenato inizialmente il processo. In funzione di questi dati appare che una lesione a livello del tesuto connettivo, se persistente, generer pi o meno a lungo termine un fenomeno lesionale automantenuto, in un secondo tempo dallentrata in gioco di un sistema neurologico che esso stesso allorigine di uno stato di facilitazione; si crea cos un circolo vizioso che se non verr interrotto porter a dei fenomeni degenerativi che perturbano le funzioni fisiologiche. Lo scopo di un trattamento osteopatico sar dunque quello di interrompere questo circolo vizioso correggendo gli spasmi, le tensioni, le irritazioni dei tessuti, oltre che lo stato di simpaticotonia, tutto ci affinch le fasce ritrovino pienamente il loro stato funzionale. La liberazione dei tessuti e la correzione delle posture sono di grande importanza per il mantenimento di una buona emodinamica. Se questa emodinamica non perturbata, gli scambi dei tessuti possono avvenire normalmente. I tessuti saranno ben vascolarizzati e riceveranno dunque tutti gli elementi necessari alla loro funzione (ormoni, proteine..). i prodotti di scarto relativi al loro metabolismo potranno essere eliminati evitando la stasi locale fonte di disfunzioni. Il sistema neurologico libero da tutte le forzature potr esprimersi pienamente per facilitare gli scambi e veicolare le informazioni necessarie al mantenimento dellomeostasi. Dobbiamo dunque sorvegliare che i tessuti siano liberi da tutte le forzature perch queste sono fonte di disfunzioni che con il tempo genererebbero fenomeni degenerativi. Cos per esempio se le fasce attorno ad unarticolazione esercitano una sollecitazione mantenuta nel tempo potr esserci una perturbazione della lubrificazione articolare. Questa perturbazione sar allorigine di una degenerazione che porter alla fine ad unusura precoce dellarticolazione. Il test fasciale consiste, come abbiamo detto, nel decifrare il messsaggio emesso dal tessuto. Quando questo messaggio sar integrato e compreso il trattamento che ne deriva dovr apportare una risposta adeguata alle informazioni ricevute.

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MODALITA' E PRINCIPI Stabiliremo un principio generale per la correzione dei tessuti, che possa applicarsi a tutte le fasce, con riserva di utilizzo solo per le zone interessate e in funzione della patologia. Tale principio avr lo scopo di ristabilire la funzione del tessuto, risanando in primo luogo la funzione di un tessuto cio la motilit e la mobilit che saranno loro stesse seguite da una restaurazione dell'emodinamica e del tono nervoso. Nel capitolo dedicato ai test stato detto che per mezzo della nostra mano si stabilisce dapprima un contatto con le fasce, e successivamente s'instaura un dialogo che permette di decifrare il messaggio emesso dalle stesse. Il trattamento il prolungamento dei test. Come vedremo nelle tecniche specifiche, la maggior parte delle correzioni fasciali sono direttamente indotte dal test. Al momento in cui si rileva una perturbazione all'interno del tessuto si pu agire continuando il dialogo, cio apportando l'aiuto necessario affinch questa fissazione sia soppressa. Il terapeuta, che fino ad ora era passivo, in ascolto, diverr attivo e operante. Due sono le condizioni essenziali in questo compito: precisione scelta della tecnica giusta

La precisione Indispensabile per il buon esito del nostro trattamento. Pi la correzione sar precisa, pi rapidamente otterremo un rilasciamento delle tensioni ; di conseguenzapi rapidamente il tessuto ristabilir le sue funzioni fisiologiche. Quando un tessuto stato traumatizzato, nella maggior parte dei casi incapace di alleviare il traumatismo. Per, come stato detto, la fascia dotata di una memoria, e di una certa intelligenza; pertanto, conosce il proprio problema e pare attendere che un intervento esterno possa conferirgli un impulso che gli serva a ristabilire le sue funzioni. Pi questo impulso sar preciso e adeguato, pi facilmente la fascia dialogher con il terapeuta e sar pronta a lasciarsi trattare. Scelta della tecnica In funzione della zona da trattare, del tipo di tessuto, delle diverse patologie o distorsioni riscontrate, si cercher un'appropriata risposta tecnica. Se si effettua una correzione precisa con un'adeguata tecnica, avremo il pi alto margine d'efficacia. Il trattamento fasciale implica due modalit correttive primarie: 191

l'induzione il trattamento diretto

A- L'INDUZIONE 1) Principio Deriva direttamente dal test di ascolto; tale test ci ha mostrato che i tessuti hanno un'attrazione particolare verso il punto di fissazione. Esiste una focalizzazione delle forze che circondano questo punto di fissazione, che rinforzano ancora di pi le tensioni al quel livello. La tecnica consiste, quindi, nel seguire la direzione delle tensioni i tutti i suoi parametri. Talvolta, si pu trovare un unico asse di tensione, ma a volte possono esisterne due o tre. A quel punto necessario riequilibrare il tessuto in funzione di assi diversi; se ne dimentichiamo anche uno solo la tecnica non sar valida perch persister un elemento di disturbo. 2) Modalit tecniche La mano deve esser libera di dirigersi fino al punto di fissazione, a quel punto avremo soppresso gli assi di stiramento e saranno ridotte le forze che si applicano in tal punto. Mantenendo la posizione con una leggera pressione di qualche secondo, o addirittura per uno o due minuti, si potr indurre un rilassamento che si avvertir sulla nostra mano. E' necessario diminuire la pressione e poi rimetterci in ascolto e di nuovo in induzione, fino a che il tessuto non sar libero in tutti i parametri. Nel momento in cui si riprende un secondo contatto, necessario modificare i parametri dell'asse; in effetti, un asse di tensione potrebbe aver ceduto, ma in un secondo tempo un altro preferenziale pu apparire. Se non gestiamo in permanenza il nostro aiuto manuale in funzione dei vettori di tensione, bloccheremo la motilit dei tessuti, non prmettendo lattuarsi della correzione. In alcuni casi ci troviamo alla presenza di lesioni assai radicate o datate, che difficilmente cedono spontaneamente con una sola messa in equilibrio. E' dunque necessario esser pi attivi nel supporto da fornire ai tessuti. La pressione sul punto di fissazione sar un po pi accentuata, in modo da realizzare un leggero stiramento; potr esser allentata per ricominciare a recuperare progressivamente terreno, cinque o sei volte di seguito. La mano pu anche attuare uno stiramento opposto al punto di fissazione, per sollecitare le tensioni tutt'intorno, poi tornare sul punto di fissazione, creare una pressione al suo livello, rilasciare e di nuovo ripartire in stiramento opposto. Il tutto in media per cinque o sei volte. In genere, con tale trattamento, il tempo necessario al rilasciamento si stabilisce intorno ai tre / cinque minuti, oltre i quali opportuno interrompere, perch una stimolazione troppo prolungata rischia di generare una risposta inversa a quella voluta, cio un rinforzamento delle tensioni. Tornando un po pi tardi sulla zona trattata, sorprendente constatare un netto miglioramento della situazione. Il tempo di latenza come risposta alla correzione sar in tal caso aumentato. Talvolta questa latenza pu necessitare di

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ventiquattro ore o addirittura di giorni, in base alla cronicit della lesione o alle capacit di adattamento del paziente. E' evidente che come accadeva per il test di ascolto c la necessit, nell'induzione, di rispettare il ritmo dei tessuti del soggetto. Il micromovimento che realizziamo dovr essere accompagnato solo da quello dei tessuti, altrimenti supereremo la possibilit di risposta delle fasce ottenendo solo uno spasmo riflesso. L'induzione sar in particolare adattata ad ampie porzioni di fasce, o ad un equilibrio pi generale; risulter meno efficace sui legamenti, sui mesi, sugli strati fasciali o sugli indurimenti fasciali. Se la zona da trattare molto estesa, la tecnica si attuer con le mani distanziate l'una dall'altra. Verranno a crearsi cos due punti di fissazione intorno ai quali si potr mobilitare e armonizzare un segmento di fascia: in realt, quando un segmento o tutta una fascia inibita, ha bisogno di un punto fisso esterno, punto intorno a cui rilanciare la sua motilit. B- TRATTAMENTO DIRETTO 1) Principio Il trattamento fasciale diretto consiste nel prendere contatto tramite i polpastrelli di uno o pi dita, con la zona lesa per mobilitarla, stirarla, inibirla fino a correggere la lesione. Ci si applica soprattutto su zone specifiche: legamenti, mesos, o segmenti di ascia in cui si diagnosticato uno strato fasciale, un'aderenza, un punto d'indurimento, una modifica della fascia d'inserzione. Interviene pi spesso in fissazioni datate, in cui le modificazioni dei tessuti sono gi ben stabilizzate, e in cui l'induzione non pi sufficiente per ristabilire la normalit. A questo livello si constatano, come abbiamo segnalato, delle modificazioni della visco-elasticit, dei cambiamenti nella struttura della fascia con la comparsa di strati fasciali, madreperlacei, molto tesi, attorcigliati, o delle zone d'indurimento, che vanno dal granello di sabbia al nocciolo d'oliva. Gli scambi a livello dei tessuti sono perturbati, un'area di importanti tensioni permanenti che andranno ad automantenere i fenomeni degenerativi. In quest'area la fascia sottomessa, non pi capace di difendersi da se stessa, stordita, incapace di sostenere questo stordimento, necessita di un aiuto esterno per ristabilire i meccanismi fisiologici che sono stati inibiti da un'aggressione. Sar dunque necessario risvegliare la zona fasciale lesionata attraverso un'appropriata tecnica, massaggiatura o stiramento, per generare un meccanismo funzionale normale. Questo letargo dei tessuti pu durare anni se trascurato, e divenire col tempo nucleo di fenomeni cronici degenerativi. Nonostante ci, si constatato che anche a lunga distanza sempre importante intervenire, dato che la possibilit, anche minima, di recupero sussiste sempre.

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A tal proposito vorremmo citare due esempi, che non sono direttamente legati a un trattamento osteopatico, ma che illustrano perfettamente come un tessuto pu recuperare la propria memoria dopo un lungo letargo. I suddetti casi sollevano una serie d'interrogazioni sulla possibilit d'intervenire eventualmente su situazioni all'apparenza disperate, di cui ancora necessario trovare una modalit tecnica. Il primo, di cui tutte le televisioni hanno parlato, riguarda una giovane americana che scriveva al contrario, tanto che per leggerla occorreva uno specchio; un colpo alla testa le ridona una capacit di scrittura normale. Il secondo caso, di cui un po si parlato, ancor pi straordinario; un uomo di circa settant'anni anni, emiplegico da una ventina d'anni, afasico e in stato di letargo, viene ospedalizzato per un problema cardiaco. A causa di uno stato di agitazione cade dal letto e sub un trauma alla testa, in seguito al quale recupera l'uso della parola e della memoria, come dopo essersi risvegliato da un sonno di vent'anni. Attualmente ha recuperato tutte le sue capacit mentali, ma non quelle fisiche. I due casi suddetti testimoniano una rimessa in moto dei circuiti, di un contro choc del tessuto nervoso non grazie a un intervento umano ma a un traumatismo benefico. Queste situazioni fanno davvero riflettere. 2) Modalit tecniche Le tecniche dirette sono segmentali e consistono in un contatto diretto con la zona da trattare, e partendo dalla zona stessa esercitare una pressione o di uno stiramento pi o meno forte a seconda della zona o del segmento coivolto,in funzione del soggetto e dell'origine della lesione. Certi tessuti necessitano di un contatto dolce e di una forza moderata per riprendere la loro libert. Altri, invece, richiedono un contatto pi fermo e una forza pi importante per risvegliarsi, come vedremo. In alcune zone la pressione pu risultare al limite del tollerabile. Nell'ultimo caso pare che il punto di pressione esercitato per sopprimere la lesione corrisponda all'effetto dellago di Lewit: secondo questo studioso, l'efficacia di un trattamento dipende poco dall'agente immesso, ma collegato piuttosto all'intensit del dolore prodotto nell'area di rilassamento e alla precisione con cui lago (il dito) ha localizzato il punto di sensibilit massima. A proposito del dolore, era stato detto che poteva essere utile ma ingannevole. Nel caso di lesioni fasciali, praticamente sempre presente, talvolta eccessivamente vivo. Lo si riscontra sempre nelle bande fasciali, nei punti di indurimento isolati o d'inserzione fasciale. Possiamo dire che nei casi di lesione della fascia, il dolore un elemento di diagnosi e la sua diminuzione o sedazione un fattore di riuscita del trattamento. Bisogner tenerne conto, pertanto, dosando l'intensit in funzione del paziente, della zona da trattare o del tipo di lesione. In effetti, se alcuni pazienti lo tollerano bene, altri ne tollerano una soglia minima che dovr esser presa in considerazione. In punti come i legamenti plantari, ad esempio, possibile una pressione assai dolorosa, cosa che sconsigliata in punti come nella doccia bicipitale.
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In ogni caso, praticando un trattamento con una pressione dolorosa, prudente non prolungarlo oltre certi limiti, altrimenti ne scaturisce una reazione inversa all'effetto cercato. Le tecniche dirette per trattare una fascia si possono quindi riassumere in: pressione tipo massaggio (pompage); stiramento, pressione tipo scivolamento, caso particolare dei legamenti; tecnica strutturale.

PRESSIONE TIPO MASSAGGIO (fig. 118) Si applica soprattutto a una zona puntiforme o di estensione limitata: punto di inserzione di una fascia, zona modulare Dopo aver identificato esattamente la zona da trattare, occorre applicare una pressione pi o meno accentuata (in genere con il pollice) sercitando, nello stesso tempo, uno stiramento e una rotazione del pollice come se si volesse effettuare un massaggio. La pressione dovr essere progressiva e non brusca, occorre aspettare che le fasce ci diano libero accesso. Per una efficacia ottimale, malgrado il dolore possibile e la pressione, occorrer seguire il movimento delle fasce che progressivamente ci porteranno al punto massimo. Mantenere la pressione per qualche secondo e poi iniziare di nuovo la manovra lasciandoci sempre guidare dalle fasce. Spesso sufficiente per avere un notevole miglioramento una ripetizione di 4 o 5 volte. Questa ripetizione valida anche per le altre tecniche (salvo quella strutturale) quindi noi consideriamo questo come acquisito. Si sospende poi la tecnica per ritornarci ulteriormente se necessario. Lo scopo di questa tecnica di reprimere per quanto si pu lindurimento. Occorre immaginarsi di avere fra le dita un corpo friabile che va ridotto progressivamente in polvere. La fascia si trova in uno stato di siderazione, la pressione tipo masaggio toglie progressivamente questa siderazione. La fascia ritrova la sua motilit e la sua mobilit e molto rapidamente la zona indurita, che ci sembrava una calcificazione, sparisce.

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STIRAMENTO (FIG. 119) Si applica su una banda fasciale o su una porzione di fascia di qualche centimetro. In casi di banda fasciale abbiamo segnalato che questa pu essere molto tesa e presentare talvolta un bordo tagliente. 1. Determinare due punti estremi della banda 2. prendere contatto con i polpastrelli di due dita a livello di questi punti ed esercitare una trazione longitudinale nellasse della banda tenendo conto dei movimenti fasciali. 3. In un secondo tempo agganciare con una o due dita il bordo tagliente ed esercitare una trazione perpendicolare progressiva tenendo sempre conto del movimento fasciale. Questa seconda manovra sar pi dolorosa della prima; occorrer dunque saper giocare con il dolore. Se abbiamo a che fare con una porzione di fascia (in generale si tratter di una regione profonda o di un piano di separazione di due fasce) 1. seguire con le dita delle mani o con i due pollici tutta lestensione della zona, penetrare progressivamente in profondit fino al punto di contatto 2. eserciterare una trazione longitudinale attraverso un movimento inverso delle dita di ciascuna mano. 3. Mantenendo la trazione longitudinale si eserciter infine una trazione perpendicolare alla fascia. Occorre sempre tenere conto dei movimenti delle fasce e questo valido per ciascuna tecnica che vedremo pi avanti (fig. 120). Se la tensione superficiale tipo una cordicella sar sufficiente una trazione perpendicolare alle fibre. Anche qui si tratter di togliere lo spasmo alla fascia, sopprimere la sua congestione, e da qui la sua tensione e irritazione. Occorre immaginarsi di avere tra le mani un impasto spesso che si vuole ridurre a un piccola pellicola facilmente mobilizzabile tra le dita.

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PRESSIONE TIPO SCIVOLAMENTO Si esercita sia su una zona arrotondata di grossa misura e fissata in profondit al periostio, sia su una zona di grande lunghezza per esempio la fascia tibiale, sia su una zona di grande lunghezza come una fascia di separazione. - su una zona estesa (fig. 121) Far scivolare il dito lungo la fascia esercitando una pressione moderata. Si possono incontrare numerose situazioni: 1. Possiamo avere a che fare con un aumento delle ondulazioni fasciali: in questo caso eserciteremo una potenza nella pressione, con il pollice, finch londulazione non si attenua e ci permette di passare a quella seguente. un po come se avessimo a che fare con della carta sgualcita che vorremmo lisciare. 2. Possiamo essere in presenza di una banda fasciale tesa e attorcigliata; eserciteremmo in questo caso una potenza nella pressione ma aggiungeremmo anche una rotazione come se volessimo riaddrizzare la fascia; quando cade la tensione si pu proseguire con lo scivolamento. 3. il pollice potrebbe essere frenato da una zona tesa ed edematosa; in questo caso eserciteremo una presione pi accentuata con eventualmente un movimento rotatorio finch la fascia non ci lascia continuare il nostro percorso. - su una fascia di separazione Come nel caso precedente la tecnica consister nel far scivolare il pollice nel piano di separazione dellle due fasce. Incontreremo dei segmenti pi tesi e dolorosi. Fermeremo in quel punto la nostra progressione esercitando una pressione pi accentuata e accompagnata da un movimento rotatorio o di trazione perpendicolare. su una zona arrotondata Si incontra particolarmente nei distretti dove la fascia direttamente in contatto con il periostio. Si tratta di una zona rotonda, edematosa, sopraelevata e con un punto di fissazione al periostio nel suo centro (fig. 122 e 122 bis). Occorre fare una pressione su tutta il contorno della zona dirigendosi verso il centro; si prende poi contatto con il
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punto di fissazione e mentre si eserciter una pressione molto marcata si stirer in tutti i sensi. Lo scopo di questa tecnica lo stesso degli altri casi. Per facilitare il trattamento si pu immaginare di avere un cubetto di ghiaccio fra le dita da far sciogliere progressivamente. sempre la ricerca della fluidit. legamenti Rappresentano una categoria a parte per la loro funzione e le modalit di trattamento. Occorre prendere contatto con il pollice in generale ed esercitare poi una pressione perpendicolare allle sue fibre. Quando questo diventa possibile occorre prendere un secondo punto di contatto con laiuto del palmo dellaltra mano, con la sua inserzione pi accessibile al fine di costituire una coppia con le due mani (una mano esercita una pressione stiramento e laltra una pressione stiramento variando leggermente la sua posizione per lavorare in ogni piano). Se ne abbiamo la possibilit, dopo aver preso contatto con il legamento, si mobilizza il corpo attorno al legamento per permettere il suo rilasciamento. Vedremo tutto ci nella tecnica del legamento ileo-lombare. Nel caso di lesione alcuni legamenti diventano molto tesi e alla palpazione. sembrano completamente induriti Occorre quindi ridare loro una certa elasticit. - strutturale Le tecniche strutturali restano il trattamento per eccellenza delle fasce soprattutto delle fasce corte e profonde difficilmente accessibili alla palpazione. Una lesione strutturale nella maggior parte dei casi prima di tuttto una lesione fasciale. Allo stesso modo una disfunzione somatica non pu essere mantenuta che dai tessutoi molli circostanti. Questi tessuti si modificano, si fibrotizzano e fissano maggiormente la lesione con la comparsa di fenomeni degenerativi a lungo termine. evidente che quando abbiamo a che fare con una lesione vertebrale dificile avere accesso alle fasce profonde e ai loro prolungamenti: i numerosi legamenti periarticolari. Inoltre, se la lesione vecchia, questi saranno in uno stato di tensione massima, spesso prossima alla calcificazione. La tecnica strutturale in questi casi la pi adatta e certamente la pi efficace. Si tratta di realizzare uno stiramento rapido dei tessuti, cosa che permetter di sopprimere lo spasmo di cui questi sono vittime e di creare un rilasciamento che render la libert allarticolazione. Tutte le lesioni strutturali non sono unicamente mantenute da un processo fasciale. Larticolazione tibiocarsica, le metacarpo-falangee, le interfalangee in particolare sembrano procedere in altro modo. certo che la loro lesione si associa ad un fenomeno tissutale ma la liberazione di questo non corregge sempre la lesione. In effetti a livello delle articolazioni si aggiunge un fenomeno di vuoto articolare che unisce le parti dellarticolazione le une contro le altre a mo di ventosa. Tutto questo fa s che se noi non decoattiamo larticolazione e ricreiamo una certa pressione al suo interno questa non ritorner funzionale.

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LE TECNICHE SPECIFICHE
Non descriveremo sistematicamente tutte le tecniche specifiche delle fasce ma prenderemo alcuni esempi a livello di diverse regioni del corpo per illustrare il principio generale di trattamento fasciale annunciato al capitolo precedente. A- LARTO INFERIORE a) il legamento plantare (fig. 123) In seguito a diverse distorsioni che subisce il piede frequente constatare una tensione importante del legamento plantare. Questa tensione blocca tutto il meccanismo del piede e impedisce spesso la riuscita delle tecniche strutturali specifiche e pu, infine essere allorigine di una spina calcaneare. Il soggetto in decubito prono con le gambe piegate penetrare in profondit per sentire la corda che tende la volta plantare. In un primo tempo esercitare una pressione mentre si scivola insistendo sulle zone con maggiore sensibilit. In un secondo tempo agganciare il legamento con i polpastrelli delle dita e stirarlo trasversalmente. Questa tecnica molto dolorosa: occorre dunque prevenire il paziente che dovr essere consenziente. Occorre sempre rimanere nel limite del tollerabile. Prese queste precauzioni il trattamento dovr essere deciso ma breve. Il risultato spesso molto rapido, nella maggior parte dei casi bastano una o due sedute, anche se abbiamo a che fare spesso con dei casi di vecchi traumi importanti. In caso di spina calcaneare, dopo aver trattato il legamento plantare occorrer insistere direttamente a livello della spina attraverso una pressione-rotazione per trattare la fascia a livello della inserzione sul tallone, in seguito salire lungo il tendine di Achille per arrivare al polpaccio, dove le tensioni si situano pi spesso nel piano di divisione dei gemelli. Anche in questo caso la fine del dolore deve essere rapida. Talvolta constatiamo una diminuzione della spina o una sua scomparsa.

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b) la fascia della gamba (fig. 124) ricopre direttamente la tibia ed frequentemente implicata nelle lesioni dellarto inferiore, oltre che essere la chiave del successo del trattamento di un ginocchio o di una caviglia. Il soggetto in decubito supino, con le gambe stese o piegate e i piedi che poggiano sulla tavola. Esercitare una pressione da scivolamento lungo la fascia, insistendo attraverso stiramenti, pompage, rotazione sulle zone di fissazione. Si sale cos fino al piatto interno della tibia. Tutti i punti di fissazione devono essere rilasciati, in questo momento si potr far scivolare il dito lungo la fascia senza ostacolo e senza dolore. Il trattamento della fascia e della gamba spesso la chiave per un problema di caviglia dolorante, in cui si ha difficolt alla flessione plantare. In seguito ad una distorsione lo stiramento brutale, generato dal falso movimento, si ripercosso esclusivamente sulla fascia della gamba, preservando i legamenti della caviglia ma creando una tensione fissatrice su questa. Segnaliamo anche che la fascia della gamba una zona preferenziale di prevenzione dei problemi ginecologici nella donna. Questi sono allorigine di modificazioni fasciali riflesse che si situano generalmente a met tibia sul lato esterno e sul condilo interno, sotto forma di una zona edematosa infiltrata e dolorante. Il trattamento di queste zone d spesso per via riflessa dei risultati interessanti a livello ginecologico. Talvolta tutta la fascia in disfunzione senza un particolare punto di fissazione. Il trattamento avverr sotto forma di ascolto-induzione sia in modo globale ponendo una mano a livello della parte inferiore della tibia e una in quella superiore, sia in maniera segmentale per finire via via in modo globale. c) la coscia Nella maggior parte dei casi i problemi della coscia si situano a livello esterno e interno. 1) a livello esterno (fig. 125) Sono tutte distorsioni legate alla fascia lata. Il soggetto in decubito supino con le gambe stese. Con i polpastrelli di due o tre dita facciamo una pressione da scivolamento lungo il tratto ileotibiale. Incontreremo speso un aumento di ondulazioni come se fossimo in presenza di una
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tenda ondulata. Occorrer cercare di ridurre progressivamente queste ondulazioni. Incontreremo lungo il tragitto dei punti dolorosi sotto forma di granulazioni e occorrer ridurli attraverso una levigazionerotazione. Qui, come in tutti i casi di trattamento delle fasce, lefficacia si tradurr in una diminuzione della tensione, in una riduzione del dolore e in un miglioramento funzionale. Ci vale per tutte le fasce e dunque applicabile ad ogni tecnica. Ritorniamo un attimo sul dolore per segnalare che questo pu essere acuto e al limite del tollerabile e se il trattamento ben condotto e preciso questo deve totalmente cessare in un lasso di tempo molto breve. Se il trattamento mal condotto o la fascia reagisce troppo violentemente persister per pi giorni un dolore residuo, anche se inizialmente la zona trattata poteva essere non dolorante. 2) a livello interno (fig. 126) Il soggetto in decubito supino con il ginocchio e lanca leggermente piegate. Il terapista si posiziona lateralmente ponendo un ginocchio sulla tavola e facendo riposare la faccia esterna della coscia del paziente sulla propria coscia. Posizionare polpastrelli delle dita delle due mani lungo il piano di divisione degli adduttori e esercitare una pressione da stiramento. Se esiste un punto di fissazione pi importante si pongono i due pollici sul bordo superiore degli adduttori, realizzando in seguito uno stiramento trasversale spingendo verso il lettino. d) lo sciatico (fig. 127) Per finire con larto inferiore parleremo del trattamento della fascia sciatica. Abbiamo detto nei test che questa poteva essere fonte di irritazione e causa dellorigine o del mantenimento di una sciatica. Raccontiamo per questo un aneddoto importante. Come molte persone abbiamo conosciuto pazienti che avevano consultato dei guaritori che avevano messo loro a posto dei nervi o rimontato i nervi e nel caso di sciatica il risultato era talvolta spettacolare. La tecnica consisteva nel mettere il paziente in decubito prono o in piedi e con il pollice risalire lungo lo sciatico fino al gluteo o lungo il dorso fino alle vertebre cervicali. Inutile precisare che nella maggior parte dei casi il paziente aveva un ricordo indimenticabile; il pollice del terapista solcava tutta la zona da trattare e talvolta ne restava una traccia lunga a sparire. Comunque il paziente si trovava spesso alleggerito della sua sciatica. Per anni ne abbiamo cercato una spiegazione. Questultima pertanto era molto semplice e lo studio pi approfondito dellanatomia lo ha dimostrato. Lo sciatico circondato da una fascia, la tensione di questa, molto semplicemente, pu irritarlo. La solcatura non rimetteva il nervo a posto ma faceva semplicemente un lavoro fasciale. La tradizione
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popolare sempre fondata su una certa verit. Lo stress generato dalla tecnica sembrava risvegliare la fascia che si trovava in uno stato di ipofunzionalit e si irritava. Il forte stimolo aveva inibito la siderazione e rimesso in memoria la fisiologia normale. Abbiamo dunque adattato e applicato questo trattamento molto spesso con successo. Il soggetto in decubito prono; dopo aver trovato la zona di restrizione che si trova spesso a met coscia, introduciamo i polpastrelli delle dita di due mani in profondit per realizzare uno stiramento longitudinale e trasversale. Discendiamo lungo la fascia fino al polpaccio; poi appoggiamo una coscia sul tavolo e vi poniamo sopra la gamba piegata del paziente. Procediamo in seguito con lo stiramento o la pressione-inibizione del punto specifico. Non necessario nella grande maggioranza dei casi esercitare una pressione troppo forte facendo male al paziente, n solcare con il pollice tutto larto inferiore, ci pu essere fatto in modo pi dolce. Spesso constatiamo dopo un tale trattamento un miglioramento funzionale con diminuzione netta del segno di Lasgue. Ben inteso che questa tecnica non esclusiva del trattamento della sciatica, ma si accompagna a una esplorazione minuziosa delle cause possibili e molto frequentemente si associa ad altre tecniche.

B- IL BACINO Non insisteremo sulle tecniche di liberazione dei piccoli e grandi legamenti sacro-ischiatici o del piramidale, che tutti conoscete, ma segnaliamo il fatto che il piccolo legamento sacro-ischiatico spesso la chiave dei problemi del bacino e dellarto inferiore. Sar dunque necessario esplorarlo sistematicamente. Descriveremo essenzialmente due tecniche per: le fasce glutee e i legamenti ileolombari e lombo-sacrali.

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Le fasce glutee (fig 128)

Ricoprono una grande superficie e sono costantemente sollecitati a causa della posizione eretta. Il soggetto in decubito prono con il pollice, attraverso una pressione scivolamento o una tecnica di inibizione o stiramento andiamo a trattare: i legami di inserzione lungo la cresta iliaca, dove incontriamo spesso delle bande fasciali o delle zone nodulari; le fasce che avvolgono i diversi fasci muscolari e che seguono una direzione obliqua in basso e in fuori (per una migliore efficacia sar necessario penetrare profondamente tra i fasci); linserzione della fascia lungo il bordo laterale del sacro, in contatto con losso, dove le bande fasciali e le zone nodulari sono frequenti. In molti pazienti, per una maggiore efficacia, questa tecnica dovr praticarsi in piedi. Facendo lesempio di una fascia di destra: ci si pone dietro il paziente, che si appoggia contro il terapista; si passa il braccio sinistro sotto quello del paziente, cingendolo; sostenendo il paziente col braccio sinistro si fa una traslazione sinistra del bacino, accompagnata da una inclinazione destra del busto. Questo permette di diminuire le tensioni a livello della fascia e di realizzare un miglior lavoro con la mano destra. Il legamento ileo-lombare (fig 129)

una vera e propria corda tesa tra le apofisi trasverse di L4-L5 e la cresta iliaca. una chiave essenziale per la normalizzazione della cerniera lombosacrale. Come abbiamo segnalato, la tecnica si fa solo in posizione eretta; in decubito prono non efficace. Questo legamento ha bisogno, per essere trattato, di un peso che lo metta in tensione. Prendiamo lesempio del legamento di destra: il soggetto in posizione eretta con i piedi leggermente divaricati. Il terapista si pone dietro di lui e si mette in contatto con il dorso del paziente. Il braccio sinistro del terapista, passa sotto quello del paziente,e cinge questultimo. Il pollice destro si posiziona a met del legamento ed esercita una pressione perpendicolare a questo. Spesso anche una semplice pressione pu essere dolorosa, con limpossibilit di deprimere il legamento come se fosse calcificato. Occorrer dunque avvalersi della partecipazione di tutto il corpo, per integrarlo in uno schema generale.
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Si porter poi l paziente in flessione anteriore, pi o meno accentuata, e questo tramite un semplice nostro indietreggiamento. I piedi del soggetto non devono muoversi durante tutta la manovra, in seguito si eseguir una latero flessione destra e una rotazione sinistra. Durante tutto questo temop il pollice esercita una pressione costante sul legamento, in funzione del dolore. Occorrer riaggiustare la posizione del corpo attorno al legamento; ritornare alla posizione iniziale e reintrodurre in seguito i diversi parametri. La difficolt di questa manovra che spesso i pazienti, per paura di cadere, si contraggono e ci rende la tecnica impossibile. Occorrer spiegargli, per rassicurarlo pienamente, quel che ci si aspetta da lui, che lui sia del tutto rilassato. Per rassicurarlo ulteriormente bisogner sostenerlo fermamente, quindi si porter la nostra gamba sinistra a lato della sua in modo da sostenerlo anche con un secondo appoggio. Questa tecnica pu essere subito risolutiva, ma la sua efficia si fa sentire dopo, a seguito di tecniche articolari sui tessuti molli del bacino o ad una correzione strutturale. Se tale tecnica relizzata correttamente si guadagner molto nella flessione anteriore e questo faciliter il processo di normalizzazione. Il legamento lombo-sacrale La tecnica la stessa della precedente con alcuni dettagli in pi: il pollice posto superiormente al solco; il soggetto sar portato in estensione-inclinazione destra e rotazione sinistra. Occorre segnalare che questo legamento meno spesso chiemato in causa rispetto al precedente C- LA REGIONE DORSALE La fascia dorso-lombo-sacrale (fig 130) Questa regione, zona fasciale per eccellenza, sottoposta a molteplici distorsioni fasciali. Il soggetto in decubito prono, partendo dal sacro facciamo una pressioneche scivolando risalga fino a livello cervicale. Incontriamo delle bande fasciali, dei punti nodulari e dei fasci tondeggianti molto tesi e grandi. Arrivati alla zona interscapolare incontreremo spesso delle tensioni oblique in direzione della scapola. La faccia posteriore della scapola sede frequente di tensioni fasciali sia a livello del sottospinoso che a livello del sovraspinoso. Effettuare una pressione scivolamento obliqua verso la spalla. Individuiamo delle tensioni tra i fasci muscolari, delle zone nodulari oltre che delle vere e proprie palle molto tese e ipersensibili, che bisogner far cedere attraverso degli stiramenti, pressioni, rotazioni, inibizioni (fig 131e 131 bis). Non bisogna dimenticarsi di fare una pressione da scivolamento lungo il bordo esterno della scapola, dove le distorsioni sono molto frequenti.
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Il trattamento della regione dorsale sar talvolta pi efficace in posizione seduta, quindi con laiuto del peso. Nelle persone anziane, difficilmente mobilizzabili e con le quali la prudenza non mai troppa, la posizione seduta , nella maggior parte dei casi, sufficiente per i problemi lombosacrali e pu essere impiegata esclusivamente con risultati immediati e durevoli. - Le fasce posteriori (fig 132 e 132 bis) In alcuni soggetti constatiamo una tensione generale delle fasce posteriori, con difficolt a piegarsi in avanti o a mettersi sdraiati e se si solleva una gamba, langolo di flessione molto limitato e spesso doloroso. Una tecnica fasciale globale migliora nettamente la situazione, equivale al roll lombare senza specificit locale. Il soggetto in decubito laterale e il terapista gli st di fronte. Questultimo porta il segmento superiore in leggera rotazione posteriore attraverso la trazione anteriore e cefalica dellarto superiore in contatto con la tavola. A livello degli arti inferiori, quello che st sotto poggia sulla tavola diritto e quello che st sopra portato fuori dalla tavola. Si prende contatto a livello della parte superiore del torace e a livello del bacino. Si mette in tensione aumentando la rotazione e la trazione longitudianali. Allo stesso tempo spingiamo la gamba superiore con il nostro piede in modo da portarla in flessione ed adduzione, aumentando cos la tensione, sempre guardando che rimanga dritta. Una variante st nel posizionarsi subito dietro la gamba del paziente. Il fine della tecnica consiste nel realizzare uno stiramento molto rapido attraverso un trust non specifico. Le due braccia realizzano uno stiramento longitudinale mentre con la gamba sinistra si accentua la flessioneadduzione dellarto inferiore del paziente. Questa tecnica si realizza bilateralmente, il guadagno della mobilit importante, immediato e durevole.

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D- LA REGIONE VENTRALE La regione ventrale di divide in due parti: laddome e il torace, separati dal diaframma. Il trattamento fasciale delladdome si localizza sul legamento vertebrale anteriore, sui visceri, zone fasciali per eccellenza dato che le fasce superficialis addominali sono sollecitate pi raramente. Tratteremo in seguito il diaframma, poi il torace, dove il trattamento principale si situa a livello dello sterno. Il legamento vertebrale comune anteriore (fig 133) Il soggetto in decubito supino con le gambe piegate e i piedi che poggiano sulla tavola. Il terapista si posiziona lateralmenete e deprime progressivamente con le dita delle due mani la linea alba, per entrare in contatto con il legamento. In seguito ad una pressione leggera si realizza uo stiramento longitudinale allontanando le due mani, in seguito si esegue uno stiramento trasversale. Questa tecnica va eseguita con dolcezza ed da evitare se si vede che la sua ralizzazione difficile. Spesso una tecnica utile in caso di lombalgia cronica e sciatica. Ricordiamoci che bisogna stare attenti a non oltrepassare la biforcazione aortica. I visceri Non abbiamo lintenzione di spiegare tutte le tecniche viscerali, cosa fatta in maniera eccelente da altri autori; vogliamo soltanto sottolineare che le tecniche fasciali si applicano anche ai visceri, infatti il viscerale avviene esclusivamente con tecniche fasciali. In questa regione noi alterniamo lascolto induzione al trattamento diretto. In modo generale preferibile iniziare attraverso lascolto induzione seguito da un trattamento diretto e se necessario far seguire questo da un ascolto induzione. Se c una regione dove la progressione attraverso le fasce deve farsi dolcemente, questa laddome; occorrer sempre aspettare che le fasce ci permettano la penetrazione e in nessun caso volere a tutti i costi superare una barriera di resistenza. In modo generale lascolto induzione avviene lasciando scivolare la mano verso il punto di fissazione, mantenere in seguito una certa pressione, infine se necessario aumentare leggermente la pressione della mano eseguendo cos uno stiramento. Si ritorna poi alla posizione iniziale ripetendo la manovra. Se esiste un asse di tensione o di movimento preferenziale occorre vedere che il riequilibrio avviene secondo i tre piani dello spazio e se si privilegia un piano occorre riaggiustarlo sempre in rapporto agli altri altrimenti la tecnica sar inefficace. La progressione deve avvenire seguendo i movimenti delle fasce. Sar sufficiente seguirle e in seguito dar loro una leggera sollecitazione. Le
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tecniche di ascolto induzione possono essere insufficienti e avere bisogno dellutilizzo di tecniche dirette. Il loro principio sar lo stesso che per le altre fasce, ma con una maggiore prudenza. Si tratta di penetrare profondamente nelladdome e questo pu essere fatto soltanto con il consenso delle fasce. Occorrer aspettare il tempo necessario perch ci sia data la possibilit di passare e seguire sempre il movimento fasciale evitando di volerlo oltrepassare. Queste stesse tecniche consisteranno in stiramenti, pressioni, rotazioni, inibizioni; le bande fasciali sono costituite soprattutto dal mesentere, le fasce di Toldt o di Treitz o le tubature in caso di fissazione. I punti nodulari saranno particolarmente incontrati a livello degli sfinteri: piloro, Oddie, valvola ileo-cecale. IL DIAFRAMMA Legame fasciale e fascia lui stesso, abbiamo visto tutta limportanza di questa struttura nella fisiologia umana. Occorre dunque sorvegliare che il suo movimento sia libero da tutte le forzature. tecnica globale (fig. 134) Il soggetto in decubito supino con gli arti inferiori piegati e i piedi appoggiati sulla tavola. Il terapista si posiziona lateralmente guardando cefalicamente. Con le mani leggermente aperte prende maggior contatto possibile con le basse coste e i pollici diretti verso lappendice xifoide. Accompagna con le mani i movimenti toracici; la tecnica consiste nel riarmonizzare un emitorace in rapporto allaltro, poi il torace nel suo insieme, in modo da avere un movimento armonioso in tutti i piani dello spazio. tecnica muscolare (fig. 135) nella stessa posizione di prima si pongono le due mani sotto un emitorace con i pollici che penetrano sotto la griglia costale in contatto con linserzione muscolare. Si fa penetrare progressivamente i pollici il pi cefalicamente possibile. Si correggono attraverso uno stiramento , presione, inibizione, tutte le fissazioni incontrate, portando i pollici in direzioni opposte, per poi passare allemitorace controlaterale. preferibile far seguire questa tecnica da un trattamento di riarmonizzazione globale. I pilastri del diaframma non sono acessibili direttamente, la tecnica strutturale quindi sar la pi indicata a questo livello. Occorre guardare
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nella seconda tecnica a non scatenare dolore, perch questo sarebbe seguito immediatamente da uno spasmo riflesso e dallespulsione delle dita. Lo sterno

Siamo di nuovo in una zona dove la fascia direttamente in contatto con losso. Nel piano profondo si aggiunge il pericardio, e abbiamo segnalato che una zona particolarmente sensibile allo stress e ci implica che saranno frequentemente riscontrate distorsioni fasciali. Linduzione (fig. 136) Il soggetto in decubito supino e il terapista si pone lateralmente o dietro la testa del paziente. Si pone una mano sullo sterno cercando di prendere il pi contatto possibile a mo di ventosa. Incontreremo a questo livello dei movimenti di torsione, inclinazione, attrazione posteriore, contrazione assiale dello sterno, o la combinazione di alcuni di questi. Il principio generale di trattamento resta lo stesso che dalle altre parti; a partire da un asse privilegiato si raiarmonizza lo sterno in tutti i suoi parametri, affinch esso fluttui in tutta libert. Tecnica diretta Il soggetto nella stessa posizione del precedente e si esegue una pressione scivolamento lungo lo sterno, nella sua parte mediana, lungo i suoi bordi laterali. Le bande fasciali e le zone nodulari si trovano frequentemente a questo livello, le prime si situano maggiormente nella parte centrale e le seconde lateralmente alla punta dello sterno. La tecnica paragonabile a quella gi descritta in funzione della distorsione incontrata. Sar utile far seguire la seconda tecnica da un ascolto induzione. Spesso saremo in presenza di un dolore molto forte. Occorrer dosare correttamente la pressione, altrimenti il paziente potr risentire per qualche giorno un dolore persistente, tipo puntura o bruciatura. Questo pu essere un male minore se cessa nel giro di qualche giorno, tuttavia se la pressione stata troppo forte, il dolore pu durare pi settimane e diventare veramente fastidioso per il paziente, se non angosciante. Il lavoro sullo sterno pu migliorare notevolmente le palpitazioni, le tachicardie, lo stress e le ansie.

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E- LARTO SUPERIORE Larto superiore sempre sollecitato. Lo abbiamo posto come un caso a parte in funzione della sua morfologia, del funzionamento delle sue fasce, ma anche delle sue risposte. Tenuto conto della sua attivit permanente larto superiore presenta meno problemi delle altre parti del corpo, eccetto che alla sua radice, che al contrario, sembra accumulare problemi. Risponde molto difficilmente alle tecniche di ascolto induzione, ma molto positivamente alle tecniche dirette. a) a livello dellavambraccio (fig. 137) Il soggetto in decubito supino, si fa una pressione scivolamento sulla faccia anteriore o posteriore dellavambraccio, risalendo fino al gomito. In modo generale questo scivolamento ci riporta verso lepitroclea o lepicondilo, seguendo dunque due assi preferenziali, il pi spesso sede di lesioni soprattutto allesterno. Per ci che riguarda la parte mediana la pressione dovr essere pi accentuata. In caso di forte tensione, questa sar fermata nella parte inferiore dal quadrato dei pronatori e nella parte superiore attraverso i muscoli a direzione obliqua, prendendo laspetto talvolta di una pallina ipertrofica e molto dolorosa. Le bande fasciali sono meno frequentemente incontrate a questo livello. Avremo piuttosto a che fare con delle tensioni dei piani di separazione, sotto forma di una corda dritta o attorcigliata. I punti nodulari sono frequenti e scatenano un dolore molto vivo. La regione pi sollecitata si situa lungo i bordi del supinatore lungo e particolarmente sul suo bordo antero- interno. Durante la progressione si metteranno in evidenza delle fibre tese nel senso longitudinale e queste dovranno essere stirate in maniera perpendicolare, invece in profondit delle zone arrotondate da trattare attraverso una levigazione rotazione e inibizione. Le tecniche a livello dellavambraccio sono molto spesso sensibili. In certi casi necessitano anche dellimpiego di una certa forza dolorosa per essere rapidamente efficaci; occorrer dunque avvertire il paziente e avere il suo consenso, acquisito questo i risultati possono essere pi che soddisfacenti. Queste tecniche applicate a livello dellavambraccio possono rivelarsi perticolarmente efficaci per i problemi dei crampi alle mani, dellirrigidimento mattutino delle dita, dei dolori alla mobilizzazione, della rizoartrosi, dei problemi del canale carpico e beninteso di tutti i fenomeni di irritazioni e tendiniti a livello dellavambraccio e soprattutto del gomito; i problemi alla spalla possono, a volte, essere alleviati attraverso un trattamento fasciale dellavambraccio. sufficiente seguire la catena fasciale.

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b) a livello del gomito (fig. 138) Punto di cambio della catena fasciale antero-esterna e postero-esterna dellavambraccio e la catena esterna del braccio, il gomito una zona di ipersollecitazione fasciale che si traduce spesso in una tendinite esterna. Lepitrocleite una eventualit pi rara. Siamo spesso di fronte a delle epicondiliti che rispondono positivamente al trattamento fasciale. Il soggetto in decubito supino. Occorrer trattare la catena fasciale dellavambraccio dallavanti allindietro. Nella maggior parte di casi questa catena in rapporto con il bordo antero-interno del supinatore lungo. Arriveremo in seguito allepicondilo dove incontreremo delle bande fasciali, delle zone nodulari di inserzione che possono anche calcificare. Occorre esercitare una pressione inibizione ferma sul punto trafittivo, accompagnata, se necessario, da uno stiramento delle fibre. Il successo del trattamento sembra proporzionale allintensit della pressione. Sar quindi molto doloroso e per questo dovr essere breve. In generale il miglioramento funzionale immediato. Come sempre, la difficolt consister nel dosare la soglia di pressione; al di l di una certa soglia questa tecnica inutile e talvolta pu aggravare i sintomi. Infatti ci dipende enormemente dallorigine della tendinite, alcune delle quali non tollerano una pressione dolorosa. un interrogatorio minuzioso e lesperienza che ci indicano con cosa abbiamo a che fare. necessario prolungare il lavoro sul gomito attraverso un trattamento della catena esterna del braccio. Il braccio(fig 139) Nel braccio i problemi si collocano sulla catena esterna, ne abbiamo spiegato le ragioni. Il soggetto in decubito supino, si esercita una pressione scivolamento dal gomito fino alla V deltoidea. Troveremo a questo livello delle bande fasciali longitudinali con, a volte, una zona arrotondata e infiltrata, che si trattar attraverso una levigazione rotazione. La V deltoidea spesso sede di una ipertrofia che verr trattata da una pressione inibizione e stiramenti trasversali. A partire da qui il percorso proseguir in avanti, in dietro e in mezzo al deltoide seguendo lasse di tensione.

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c) a livello della spalla (fig. 140) Articolazione fasciale per eccellenza, punto di convergenza di tutte le aponeurosi, le sollecitazioni a livello scapolare sono numerose e il suo trattamento resta molto delicato e richiede una investigazione molto ampia. Dal punto di vista locale il trattamento fasciale pu avere una grande utilit. Il soggetto in posizione seduta (abbiamo bisogno del peso per una maggior efficacia). Il terapista si pone dietro il paziente e si appoggia contro il suo dorso. Si esegue una pressione scivolamento lungo il piano di divisione del deltoide in direzione della V deltoidea. Incontreremo spesso delle bande fasciali profonde che tratteremo attraverso pressione inibizione e stiramento trasversale. Tratteremo in seguito la regione della scapola seguendo le modalit annunciate in precedenza. utile andare a verificare il punto di inizio superiore della catena brachiale interna introducendo il pollice nel cavo ascellare. La catena fasciale dellarto superiore non dovr essere trascurata, ma in qusto caso necessario mettere il paziente in decubito supino. Il trattamento delle fasce della spalla , come tutti gli altri, doloroso ma se c una zona in cui bisogna saper dosare il dolore proprio questa. Una pressione troppo forte si traforma velocemente in una ipereazione con aggravamento dei sintomi. La doccia bicipitale richiede tutta la nostra attenzione; sede di irritazione molto dolorosa non tollera una pressione troppo accentuata. F- IL COLLO a) Il cingolo scapolare (fig. 141) Il soggetto in decubito supino e il terapista dietro la testa del paziente. Pone i suoi pollici davanti al bordo anteriore del trapezio in direzione della prima costa, vicino allasse vertebrale. Gli indici posano sulle fasce sottoclavicolari e sono paralleli alla clavicola. Il palmo delle mani appoggiato sulla parte esterna delle clavicole e dei monconi di spalla. Le ultime tre dita si posano: il medio sul pettorale, lanulare e il mignolo sulla spalla e sul deltoide. Si esercita una leggera pressione con i pollici (spesso un lato pi resistente e si presenta come una palla arrotondata difficilmente deprimibile). Con i pollici si fa un ascolto induzione seguendo i movimenti del tessuto. In un secondo tempo si potr accentuare la pressione con una leggera rotazione e
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stiramento nella direzione adeguata. Progressivamente la palla si scioglie sotto il pollice e la sensazione dolorosa alla pressione sparisce. In maniera concomitante le dita controllano la tensione a livello delle spalle; se questa troppo forte le dita realizzeranno un ascolto induzione per normalizzarla. Questa tecnica non necesita alcuna pressione forte e deve essere indolore. Il rilasciamento deve avvenire in 2 o 3 minuti al massimo. Siamo davanti talvolta a unimportante tensione della spalla che inibisce il nostro trattamento. In questo caso occorre fare una tecnica diretta a grande braccio di leva: con una mano posta sotto loccipite si sostiene la testa del soggetto appoggiandola inoltre contro il nostro addome; laltra mano posta sul moncone della spalla. Si esercita una pressione con la mano scapolare nello stesso tempo si fa una inclinazione rotazione opposta della colonna cervicale. Lefficacia di questa tecnica tiene conto del riaggiustamento permanente dellinclinazione laterale con la flesso-estensione e un certo grado di rotazione. Questa tecnica anzi un trattamento globale delle fasce laterali del collo. In seguito si torna alla tecnica precedente. b)

Le cartilagini Il soggetto in decubito supino, il terapista si pone dietro la testa del paziente, nel nostro esempio a destra. Questa tecnica richiede una certa successione, andando dal generale allo specifico (fig. 142). Si pone la mano sinistra sulla fronte del paziente; le dita della mano destra sul bordo sinistro del tratto del collo. Si esegue una rotazione sinistra della testa e nello stesso tempo una trazione perpendicolare destra. Si accentua leggermente la trazione con la mano destra, solitamente fino alla tensione massimale. In seguito si esegue una rotazione destra della testa e con il pollice destro si spingono le cartilagini verso la sinistra. In un secondo tempo si tratter losso ioide avendo come principio il fatto di esercitare uno stiramento dolce e progresivo in direzione opposta al punto frenatore (fig. 143). La terza tappa consister nel prendere lioide tra pollice e indice della mano sinistra e le cartilagini tra pollice e indice della mano
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destra. Si introduce una traslazione inversa delle due cartilagini; ci metter in tensione la restrizione (fig. 144). Si proceder alla quarta tappa allo stesso modo fra tiroide e cricoide. Questa tecnica pu diventare velocemnete molto dolorosa e in certe persone angosciante, occorrer dunque che essa sia molto progressiva. Se ben condotta questa tecnica pu rivelarsi molto efficace per le angine, i mal di gola le irritazioni e le modificazioni della voce e la raucedine. Vorremmo dare due esempi per mostrare la sua efficacia. Il primo si riferisce a un paziente che in seguito a un falso movimento si trovava in situazione di cantare stonato. Un trattamento delle cartilagini ha immediatamente restaurato la normalit. Il seondo caso riguarda una cantante lirica che in presenza di tensioni a livello del collo non poteva pi cantare. Anche in questo caso un semplice trattamento delle cartilagini ha restituito lordine. Abbiamo incontrato questo caso numerose volte. c) I legamenti cervico-pleurali (fig. 145) Il paziente in decubito supino e il terapista si pone dietro a lui. Prende loccipite nella sua mano appoggiando la testa contro il suo addome. Il pollice dellaltra mano prende contatto con il legamento in questione. Si esegue una latero-flessione omolaterale e nello stesso tempo il pollice segue il rilasciamento del legamento ed esercita su di lui una leggerissima pressione. Si riagguiusta in seguito la posizione in funzione della latero-flessione rotazione flessione estensione, il pollice mantiene la tensione del legamento. Si attende il rilasciamento progressivo riaggiustando sempre la posizione. In unultima fase si pu mantenere il legamento e portare la colonna cervicale in latero-flessione opposta. Questa tecnica richiede molta pi prudenza tenuto conto delle struttura che costeggiano la cupola pleurica. Non raro constatare in seguito a una cattiva esecuzione, un rossore eccessivo del viso del paziente, sensazione di vertigini e un leggero malessere.

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G- IL CRANIO Il cuoio capelluto (fig 146 e 146 bis) Il soggetto in decubito supino e il terapista alla testa del paziente. A livello delle suture incontriamo delle zone di depressione e delle zone circolari. Con i polpastralli delle dita facciamo una pressione scivolamento convergente verso il centro della lesione. Per le zone circolari, si porta in seguito verso il centro e si esercita una leggera pressione e mobilizzare la fascia in tutti i sensi sul periostio. Le zone circolari si incontrano spesso in seguito a degli urti e possono essere allorigine di catene lesionali discendenti. Le zone di depressione si incontrano pi frequentemente in caso di affaticamento, stress, mal di testa e strapazzi. a) La giunzione occipito-cervicale (fig 147) Ultima zona di adattamento-compensazione, sede di tensioni permanenti ed raro che presenti una libert totale di movimenti. Il soggetto in decubito supino e il terapista si pone dietro il paziente, ponendo le dita delle due mani al di sotto delloccipite nella zona tessutale. Si mette una leggera pressione delle dita e si segue il rilasciamento del tessuto. Si potranno spostare le due mani in senso opposto per introdurre uno stiramento laterale e infine, oltre alla pressione, piegare le dita per eseguire uno stiramento longitudinale localizzato. Si porranno in seguito i polpastrelli sulla linea curva occipitale. Il peso della testa sufficiente per la pressione; attendiamo il rilasciamento dei tessuti. Se sotto le dita appare una banda o un punto nodulare lo tratteremo specificatamente. Il nervo di Arnold passa a questo livello in un canale osteofibroso e non raro che vi sia compresso.

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b) Lavoro globale delle fasce superiori (fig 148) Il soggetto in decubito supino e il terapista, posto dietro di lui, prende loccipite del paziente nelle sue mani a V aperta, con i pollici in direzioni delle temporo-mandibolari. Si esegue una leggera trazione e nello stesso tempo si riaggiusta la flessione delloccipite sullatlante. A partire da qua si possono controllare tutte le fasce posteriori e laterali. In funzione delle tensioni si riaggiuster tutto il segmento superiore attraverso dei micromovimenti di flessione, estensione, lateroflessione e rotazione, e in seguito si attende il rilasciamento progressivo dei tessuti. evidente che se esite una forte perturbazione a distanza occorrer andare l per regolarla; pi il trattamento preciso e specifico, pi efficace. Questa tecnica molto utile quando la tensione globale o per affinare la correzione dopo un trattamento specifico. Con una certa abitudine si pu discendere molto in basso per completare un trattamento, ma illusorio voler trattare tutto attraverso la leva superiore. H- LASSE DUROMADRICO VERTEBRALE (FIG. 149) La distinzione fra questa tecnica e la precedente molto sottile. Il soggetto in decubito supino e il terapista, alla testa del paziente, posiziona le sue mani nel prolungamento luna dellaltra lungo la linea curva occipitale. Si riaggiusta in seguito la flessione estensione occipito-atlante per essere bene nellasse duro-madrico. Si introduce una minima trazione pi intenzionale che reale e si discende progressivamente lungo la colonna. Quando appare un punto di fissazione ci si arresta su questo punto e si aggiusta eventualmente la lateroflessione rotazione; si attende il rilasciamento accentuando leggermente la tensione poi rilasciandola per riprenderla in seguito fino a che non si sente una certa libert.- tutto cos evidente che, nelle fissazioni importanti, occorrer dapprima passare attraverso una tecnica strutturale e non sperare in un rilasciamento che rischierebbe di farsi attendere troppo a lungo. Al contrario nelle tensioni minori o per completare un trattamento strutturale questa tecnica risulta efficace e perfettamente adatta.

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LAVORO FASCIALE GLOBALE Abbiamo descritto nellinsieme delle tecniche segmentali ma il lavoro fasciale pu avvenire anche in modo globale sia procedendo mano a mano sia tutto insieme su una lunga distanza, seguendo le possibilit del terapista (fig. 150). Per esempio a livello dellarto inferiore il soggetto in decubito supino. Il terapista pone una mano sulla faccia dorsale del piede e laltra a met tibia; tra le due mani si stabilisce un movimento di ascolto induzione, che armonizza larto inferiore in tutti i piani dello spazio. Si proceder via via fino alla radice dellarto; poi una mano a livello del piede e laltra alla radice dellarto, si riarmonizzer larto inferiore nel suo insieme. Avremmo potuto iniziare tutto insieme da questultima tappa. A partire dalla radice dellarto si pu risalire via via fino al livello del cranio, per controllare finalmente, con una grande esperienza, le disfunzioni fasciali che partono dallinizio delle fasce: il cranio. Ancora una volta questo riguarda le tensioni globali senza fissazione specifica. Bisogna riconoscere che voler controlare tutto a partire da un solo punto molto difficile e che pu essere pi semplice andare dove ci chiama la tensione. I- RIEQUILIBRIO ANTERO-POSTERIORE (FIG. 151) Consiste nel rimettere in fase i movimenti fasciali della parte posteriore del corpo con quelli della parte anteriore. Il soggetto in decubito supino e il terapista, alla testa del soggetto, prende loccipite nella sua mano sinistra a culla. La mano destra si pone sullo sterno. Si induce una leggera trazione della mano sinistra per controllare le fasce posteriori; la mano destra controla le fasce anteriori e percorre lasse centrale del torace fino alla regione epigastrica. Tramite acolto induzione si armonizzano i movimenti percepiti dalle due mani fino a una libert totale; le due mani devono essere in perfetta sincronia. J- LO STRESS
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Numerose persone sono in uno stato di stress permanente e questo imprime sulle loro fasce perturbando la motilit e creando delle tensioni, un po come se ci infiliamo una tuta troppo stretta; questo modifica il loro umore. Non esiste una ricetta per questa situazione, il trattamento diverso per ciascun individuo. Tuttavia in un certo modo possiamo aiutare favorevolmente alcune persone soprattutto se questo trattamento interviene rapidamente. Il soggetto in decubito supino e il terapista si pone lateralmente a lui. Pone una mano a piatto sulla regione epigastrica. Spesso si sente sotto le nostre mani una zona tesa, dura come se tutto facesse blocco e con dei battiti aortici nettamente esagerati. Progressivamente i tessuti si mettono in movimento e si rilassano. Occorre essere del tutto passivi e non forzare la barriera di resistenza. Lideale sarebbe che la mano potesse affondare liberamente in un addome del tutto elastico. Non ci scordiamo che abbiamo sotto le nostre mani il plesso solare e in caso di disfunzione pu perturbare tutta la fisiologia della sfera sottomesocolica. In seguito trattare il diaframma e poi si passa allo sterno. Non ci scordiamo che a questo livello abbiamo in proiezione il plesso cardio-polmonare, con tutte le conseguenze della sua disfunzione. In seguito si passa al cranio del paziente. Si fa poi un riequilibrio antero-posteriore e si finisce attraverso un lavoro globale delle fasce. Questo trattamento non esclusivo, pu essere soggetto a numerose variazioni, in funzione del soggetto trattato; ha il merito tuttavia di portare un certo benessere che avviene in modo durevole se il trattamento interviene rapidamente. K- LE CICATRICI E LE ADERENZE sempre pi raro incontrare una persona senza cicatrici e quando queste sono perturbanti devono essere sistematicamente trattate perch costituiscono la lesione primaria. Si tratta la cicatrice in superficie a livello del tessuto cicatriziale attraverso degli stiramenti longitudinali e trasversali. Si passa poia la lavoro in profondit, perch a questo livello che si hanno psesso perturbazioni. Una volta trovato lasse di fissazione preferenziale si stira progressivamente in senso inverso alla restrizione. Si ritorna al punto di partenza per reintrodurre uno stiramento rispettando le possibilit dei tessuti e includendo progressivamente gli altri assi. Se necessario si fissa con laltra mano la porzione di fascia opposta. Si termina tramite un ascolto induzione che deve mettere in evidenza una migliore motilit dei tessuti sottogiacenti. Ripetiamo che non si tratta di soppprimere le aderenze perch solo un bisturi potr farlo ma queste a forza di irritazioni perdono tutta lelasticit e finiscono per inibire lorgano vicino e per fissarlo. Si tratta di ritrovare semplicemente una certa possibilit di elasticit come nel potere di tutti i tessuti; dopo il trattamento sulla cicatrice un organo potr ritrovare una funzione normale. Citiamo semplicemente due esempi su tanti. frequente incontrare una stitichezza destra in seguito a una cicatrice da appendicectomia e a volte un semplice lavoro su questa ristabilisce un transito normale. Il secondo esempio riguarda un paziente che in seguito ad episiotomia presenta una dispareunia
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superficiale che impedisce tutto il rapporto. Un solo trattamento del tessuto cicatriziale sufficiente affinch tutto ritorni nella normalit. Potremmo moltiplicare gli esempi sebbene non tutte le cicatrici reagiscano al nostro trattamento; ma proponiamo una soluzione diversa pensando che sarebbe dannoso privarne il paziente. Cronologia del trattamento Vorremmo ripetere prima di tutto che il trattamento deve essere inizialmente locale. pi elegante, soddisfacente, efficace, andere allorigine del problema per apportarne una correzione, solo in seguito potremmo cercare una correzione globale a distanza su una catena lesionale indotta dalla fissazione dorigine. Possiamo allora riequilibrare tutto il corpo attorno ad una fissazione puntuale che ha generato un percorso lesionale pi o meno esteso. La riequilibro di alcune fasce non necessita di un trattamento diretto. Lascolto sar immediatamente seguito da una induzione e riverificato da un ascolto. Se dobbiamo applicare un trattamento diretto cominciamo da un ascolto induzione , questo ci permette di prendere contatto con i tessuti del soggetto e di stabilire un dialogo con questi; inoltre ci permette di abbassare leggermente la soglia di irritazione. In un secondo tempo si passa ad un trattamento diretto. In un terzo tempo si torna ad un ascolto induzione seguito da un ascolto. importante ritestare tutti i nostri parametri alla fine del trattamento: dolore, mobilit funzionale; non ci dimentichiamo che questo che rassicura il soggetto sul buon fondamento della nostra azione. Indicazioni e controindicazioni Tenuto conto della non aggressivit delle tecniche fasciali e delle modifiche che possono generare a livello dei tessuti, tanto sul sistema di difesa quanto sul loro metabolismo, le indicazione delle tecniche tissutali sembrano praticamente illimitate. Sembra logico pensare che un lavoro di ascolto induzione possa essere applicato a tutti i casi. Le controindicazioni sono pi relative che formali. Consigliamo di adottare grande prudenza in caso di infezioni. sconsigliato inoltre applicare delle tecniche dirette su dei tessuti iperalgici o in corso di infiammazione acuta. Tutte le tensioni o le masse non identificate formalmente come uno stato di tensione del tessuto non dovr in alcun modo essere la sede di tecniche dirette. In modo generale una prima controindicazione consiste nel non prendere in carico un paziente di cui non abbiamo compreso n la storia n il problema; indirizzarlo ad una persona pi competente la parte pi elementare di prudenza e saggezza. Anche se il trattamento attraverso le fasce pu applicarsi praticamente a tutti i casi, non costituisce la panacea, soprattutto se sar adottato dopo molto tempo. Occupa un grande posto nellarte di curare, ma occorre che abbia il suo giusto posto.

INDICE
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1. EMBRIOLOGIA pg 2 Formazione del disco embrionario didermico pg 2 Formazione del disco embrionario tridermico pg 4 Differenziazione dei foglietti e determinazione dellembrione pg 5 Deriva del mesoblasta Deriva dellectoblasta Deriva dellendoblasta Meccanismo di sviluppo embrionario pg 12 Fenomeni isto e biochimici Fenomeni biocinetici e biodinamici 2. ANATOMIA DELLE FASCE pg 17 Fascia superficialis pg 17 Aponeurosi esterne pg 17 Aponeurosi epicranica Aponeurosi della faccia Aponeurosi cervicale superficiale Aponeurosi del tronco o Aponeurosi posteriore o Aponeurosi anteriore o Fascia iliaca Aponeurosi dellarto superiore pag 26 o Aponeurosi della spalla o Aponeurosi brachiale o Aponeurosi antibrachiale o Aponeurosi della mano Aponeurosi interne o Aponeurosi cervicale media pag 43 o Aponeurosi cervicale profonda pag 44 o Fascia endotoracica pag47 o Fascia trasversale pag 48 Aponeurosi del perineo e del piccolo bacino o Aponeurosi perineale superficiale pag 50 o Aponeurosi perineale media pag 51 o Aponeurosi perineale profonda pag 52 o Aponeurosi annesse al perineo Asse aponeurotico centrale pg 59 o Aponeurosi interpterigoidea o Aponeurosi pterigotemporomascellare o Aponeurosi palatina o Aponeurosi faringea e perifaringea Pericardio pag 61
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Il diaframma pag 65 Le aponeurosi che tappezzano la faccia interna della cavit toraco-addominale o Le pleure pag 66 o Il peritoneo e la cavit peritoneale 69 Le aponeurosi contenute allinterno di un condotto osseo o le meningi pg 79 o La dura madre pag 79 o La pia madre pag 85 o Laracnoide pag 86 3. ANATOMIA MICROSCOPICA ED ISTOLOGICA pag 89 Anatomia microscopica dei tessuti connettivi di sostegno Tessuto connettivo pag 89 Tessuto cartilagineo pag 90 Tessuto osseo pag 91 Tessuto muscolare pag 94 Tessuto nervoso pag 95 Tessuto epiteliale e di rivestimento pag 97 La pelle pag 98 Istologia del tessuto connettivo pag 100 formazione del tessuto connettivo e suoi composti cellule del tessuto connettivo diversi tipi di tessuti connettivi 4. PATOLOGIA DELLE FASCE pag 107 Le collagenosi pag 107 Altri danni alle fasce pag 108 o Cicatrici o Aderenze e fissazioni o Tessuto connettivo, punto di partenza delle malattie 5. RUOLO DELLE FASCE pag112 Sostegno pag 113 Supporto pag 114 Protezione pag 114 Ammortizzazione pag 115 Emodinamico pag 117 Difesa pag 118 Comunicazione di scambi pag 120 Biochimico pag 122 6. MECCANICA DELLE FASCE pag 123 Meccanica locale pag 123 o Sospensione e protezione
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o Contenimento e separazione pag 126 o Assorbimento degli urti o Ammortizzazione delle pressioni Meccanica generale pag 136 o Conduzione della sensibilit pag 136 o Particolarit morfologiche pag 139 o Mantenimento della postura pag 141 o Catene fasciali pag 142 o Le catene lesionali pag 153 7. TEST DELLE FASCE Scopi dei test pag 156 Modalit dei test pag 156 Test di ascolto pag 159 Test palpatorio e di mobilit pag 172 Cronologia dei test pg 186 8. TRATTAMENTI DELLE FASCE pag 187 Scopi del trattamento pag 187 Modalit e principi pag 189 Induzione pag 190 Trattamento diretto pag 191 Tecniche specifiche Pompage pag 193 Stiramento pag 194 Scivolamento pag 195 Strutturale pag 196 Distretti di applicazione: Arto inferiore pag 197 Bacino pag 200 Regione dorsale pag 202 Regione ventrale pag 204 Diaframma pag 205 Arto superiore pag 207 Collo pag 209 Cranio pag 212 Asse duro-madrico pag 213 Lavoro fasciale globale pag 214 Riequilibrio antero-posteriore pag 214 Stress pag 215 Cicatrici e aderenze pag 215 Cronologia del trattamento pag 216
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