SEMEIOTICA
TRAUMATOLOGIA
CAVIGLIA
PIEDE
J-L Lerat
Facoltà Lyon-Sud
440
Il piede è visto qui dal suo bordo interno, i 3 archi sono rappresentati con linee tratteggiate.
L’appoggio anteriore è costituito dalle teste dei 5 metatarsi e dalle dita. Il tallone è costituito da un
solo osso, il calcagno. Il tallone presenta un leggero valgismo fisiologico. L’arco anteriore è visibile
soprattutto sul piede in scarico. Al momento dell’appoggio tutte le teste poggiano normalmente al
suolo, ma sopportano pressioni diverse. Una iperpressione anormale localizzata si traduce in un
durone a quel livello.
Le zone della palpazione sono rilievi anatomici ossei o tendinei facili da trovare.
A / Zone del bordo interno del piede da davanti a dietro: testa del primo metatarso, primo
cuneiforme, scafoide, malleolo interno, tubercolo posteriore dell’astragalo, sustentacolum tali del
calcagno, tendine anteriore della gamba, tendine posteriore della gamba.
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B / Zone del bordo esterno del piede da davanti a dietro: testa del 5° metatarso, stiloide del 5°
metatarso, inserzione del peroniero laterale corto, cuboide, calcagno e tendini peronieri, tubercolo
dei peronieri.
Pianta: aponevrosi plantare ispessita. Duroni. Palpazione del tendine di Achille (nodulo) o tacca (rottura inveterata).
La caviglia vista sulla faccia esterna con i 3 fasci del LLE. Il malleolo esterno è sempre più basso e
più arretrato dell’interno.
La caviglia vista sulla faccia interna con il LLI che si palpa sotto il malleolo interno e che si tende
imprimendo valgismo al retropiede.
Si deve apprezzare la mobilità attiva funzionale chiedendo al paziente di mettersi in piedi e di appoggiarsi
prima con la parte anteriore, poi sul tallone, quindi sui bordi esterni ed interni dei piedi al fine di valutare i
movimenti di inversione e di eversione. La flessione dorsale si compie per la maggior parte
nell’articolazione tibio-astragalica ed è di 20°. La flessione plantare arriva fino a 50°.
L’asse di flessione è obliquo e passa per la punta dei due malleoli. Se la flessione dorsale aumenta con la
flessione del ginocchio significa che esiste una retrazione del tricipite.
L’adduzione e l’abduzione sono molto ridotte. Se si tiene fermo il tallone con una mano e si blocca
la sotto-astragalica, il movimento si compie nella mediotarsale.
Quando le ginocchia sono orientate sul piano frontale, i piedi sono in rotazione variabile da un soggetto all’altro in
funzione della torsione della tibia e della detorsione sottomalleolare.
L’asse dell’impronta plantare non si orienta allo stesso modo in tutti i soggetti in rapporto al
ginocchio. In effetti può esserci una torsione tibiale esterna più o meno importante (da 10° a 40°) e
raramente una torsione tibiale interna. Quando il ginocchio è di fronte il piede guarda perciò più o
meno verso l’esterno o verso l’interno.
L’asse dell’impronta plantare non è perpendicolare all’asse bimalleolare. C’è in effetti una
detorsione sottomalleolare che diminuisce un po’ l’effetto della torsione esterna dello scheletro
della gamba.
Le impronte plantari possono essere esaminate al podoscopio o mediante fotopodogramma, che ha
il vantaggio di lasciare una immagine documentata, che si può comparare con altre per seguire
l’evoluzione del piede.
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BREVE STUDIO DEI DIFFERENTI TEMPI DELLA MARCIA ( DUCROQUET)
Durante la marcia c’è sempre un piede in contatto col suolo. La marcia richiede una reazione al
suolo che sostiene il peso del corpo in movimento. Poi si fa un movimento periodico di ciascun arto
inferiore nel senso della progressione.
1° tempo:
DOPPIO APPOGGIO POSTERIORE DI SLANCIO
Gli arti sono allargati, il posteriore è l’arto dinamicamente attivo, quello che assicura la
progressione o lo slancio.
2° tempo:
PERIODO OSCILLANTE o di LEVITAZIONE
L’arto destro si è staccato dal suolo, incrocia l’arto sinistro da dietro in avanti.
3° tempo:
DOPPIO APPOGGIO ANTERIORE (di RICEZIONE)
L’arto destro, dopo aver incrociato il sinistro in appoggio, raggiunge il suolo e riceve il peso del
corpo; deve inoltre misurare, frenare, regolare la progressione, armonizzare.
4° tempo:
APPOGGIO UNILATERALE
L’arto destro, che deve frenare, regolare, armonizzare lo slancio, diviene l’unico portante.
Lo studio dello svolgimento della marcia deve tenere conto dell’angolo del passo, molto variabile
da un soggetto all’altro (da 10° di rotazione interna a 20° di rotazione esterna), e dell’ampiezza del
passo.
Il centro di gravità e la marcia: durante la marcia il centro di gravità, che è situato a livello del
bacino, si sposta verticalmente. I suoi spostamenti descrivono una sinusoide (curva b), armoniosa
nel senso della progressione. Anche i suoi spostamenti laterali descrivono una curva sinusoidale (a)
di frequenza pari alla metà di quella della prima curva. La marcia comincia con un abbassamento
che trasforma energia potenziale in energia cinetica che sarà riutilizzata. Ciò spiega lo scarso
dispendio energetico della marcia.
Piede egiziano: alluce (A) più lungo di D2 Piede greco: A più corto Piede quadrato: A = D2
La morfologia dell’avampiede è variabile: molto spesso si osserva un alluce più lungo delle dita
vicine: si tratta del piede egiziano. E’ il morfotipo più a rischio di deformazione in alluce valgo.
L’ispezione consente di notare l’esistenza di duroni sviluppati a livello delle zone dove l’appoggio è
eccessivo: sia sotto le dita che, più sovente, davanti alle teste metatarsali.
Si formano a volte anche dei duroni sul piano dorsale delle articolazioni interfalangee, molto spesso
a livello del quinto dito.
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L'ALLUCE VALGO
L’affezione del piede più frequente è la deformazione dell’alluce in valgismo. Già nell’adolescente,
soprattutto nella ragazza, esistono delle condizioni per cui l’alluce si deformi in valgo: la
crescita rapida del piede e le calzature inadatte, sempre troppo triangolari. Talvolta l’esistenza di un
metatarso varo (metatarsus varus), così come di un alluce troppo lungo (piede egiziano), favorisce
l’evoluzione dell’alluce valgo.
Alluce valgo: La deformazione è accentuata dalla trazione dei tendini Sporgenza di M1 con igroma da contatto
L’alluce valgo è una deformazione complessa del primo raggio caratterizzata da:
- deviazione dell’alluce verso l’esterno (angolo B), che passa sopra o sotto al secondo dito
- rotazione dell’alluce con faccia plantare rivolta verso l’esterno e unghia ruotata verso l’ interno
- il primo metatarso si sposta verso l’interno: metatarso varo (angolo A)
- l’angolazione aumenta dopo la comparsa a causa del gioco muscolare. In effetti l’inclinazione
dell’alluce modifica il tragitto del tendine dell’estensore proprio dell’alluce, il quale “prende la
corda dell’arco” e il flessore segue la stessa sorte. La contrazione di questi muscoli accentua la
deviazione
- si origina una sublussazione progressiva della prima articolazione metatarso-falangea
- sporgenza della testa del primo metatarso che entra in conflitto con la scarpa, cosa che provoca
una
- borsite o un igroma infiammatorio a fronte del rilievo dell’osso.
L’infezione è sempre possibile a questo livello. Il conflitto con la scarpa può essere all’origine di
un’irritazione del piccolo nervo collaterale sottocutaneo, con conseguente aumento dei dolori.
Successivamente la testa del metatarso può lussarsi in rapporto ai sesamoidi situati normalmente
sotto la testa del primo metatarso. Essi compaiono nel primo spazio inter-metatarsico sulla
radiografia della faccia in appoggio. I sesamoidi possono causare dolore a causa dello svilupparsi di
un’artrosi tra essi e il metatarso.
L’evoluzione si ha verso l’artrosi dell’articolazione metatarso-falangea e verso il deterioramento
delle dita vicine che si deformano. Molto spesso si hanno metatarsalgie a livello dei metatarsi medi
che si manifestano con un difetto nell’appoggio dell’alluce.
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L’incidenza di Guntz mostra i sesamoidi centrati normalmente sotto la testa di M1 o decentrati nell’alluce valgo
Alcune incidenze speciali liberano i sesamoidi e le teste dei metatarsi, in particolare l’incidenza di
GUNTZ. All’esame si percepiscono i sesamoidi sotto la testa del metatarso contro cui li si applica
in flessione dorsale.
La liberazione laterale
Ha per principio di liberare gli attacchi tra la testa del metatarso e i sesamoidi in modo che questa
possa riposizionarsi sugli stessi. Il sesamoide esterno resterà attaccato all’adduttore.
L'artroplastica di REGNAULD
Permette di conservare la base della falange che viene
risagomata dopo osteotomia per incastrarsi nella diafisi,
creando un accorciamento adeguato con
preservazione della cartilagine.
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L'operazione di MAC BRIDE
L'osteotomia "SCARF"
Resa popolare da WEIL, “Scarf” è l’abbreviazione americana di un procedimento da carpentiere, da
cui è derivata questa varietà di osteotomia. Si tratta di una osteotomia orizzontale del metatarso,
realizzata su tutta la lunghezza della diafisi, che consente un’osteosintesi con 2 micro-viti e
permette di accorciare il metatarso, il tutto correggendo le deformazioni, facendo ruotare e traslare i
frammenti sul piano orizzontale.
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Alluce rigido
Si tratta dell’artrosi primitiva dell’articolazione metatarso-falangea dell’alluce (che può avere inizio
nell’adolescente). Si manifesta con rigidità e dolori. Il difetto di flessione della M-F causa una
mancanza di appoggio della falange al suolo, che può essere esso stesso responsable di un
sovraccarico dei matatarsi vicini. Come in tutte le artrosi c’è un pizzicamento dell’interlinea
articolare M-F e si formano degli osteofiti che che possono dar luogo ad una vera e propria esostosi.
Il trattamento è sia un’artrodesi, sia un’artroplastica. Si può fare un’artroplastica modellante
semplice che restituisce mobilità, ma il risultato è spesso imperfetto e temporaneo. Si può anche
procedere ad un’artroplastica, inserendo una protesi che sostituisce completamente l’articolazione.
A B C D
DEFORMAZIONI DELLE ALTRE DITA
Dita ad artiglio
La deformazione «ad artiglio» delle dita è molto frequente. La si vede sovente in associazione col
piede cavo per probabile disequilibrio dei muscoli. Si possono vedere artigli distali o totali. La
conseguenza di questa deformazione è un appoggio eccessivo dell’estremità del dito al suolo,
oppure la formazione di duroni per conflitto delle articolazioni inter-falangee con la scarpa. Sovente
tutte le dita esterne sono coinvolte.
Gli artigli fastidiosi vengono corretti mediante artrodesi o con resezioni artroplastiche di una o di
due teste falangee a seconda che si tratti di un artiglio distale o totale.
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Dita a martello
Questa deformazione è caratterizzata da un’ipertensione della M-F con una flessione della prima
articolazione inter-falangea ed un conflitto dorsale con la scarpa. La seconda articolazione inter-
falangea è in estensione e il dito si appoggia al suolo con il polpastrello. Conseguenza
dell’iperestensione della prima falange è spesso una sublussazione, poi una lussazione
dell’articolazione metatarso-falangea.
Deformazione del quinto dito che ha la tendenza ad accavallarsi al quarto. La deformazione può
provocare una borsite per conflitto della sporgenza con la scarpa. Il disturbo funzionale giustifica
talvolta una correzione chirurgica. L’operazione consiste di solito nel resecare la base della falange
e nel fare una plastica cutanea.
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PIEDE PIATTO VALGO STATICO
Il piede piatto è un crollo della volta plantare ed è caratterizzato da una caduta dell’astragalo con
eversione medio-tarsica, adduzione dell’avampiede e calcagno valgo. Verso l’interno c’è una
sporgenza dell’astragalo che può entrare in conflitto con la scarpa.
Nel bambino piccolo il piede è normalmente piatto. Gli archi plantari non sono definitivamente
formati se non dopo diversi anni di marcia.
- Quando il piede rimane piatto nel corso della crescita il bambino può essere ostacolato nella
marcia e ci può essere un’usura anormale delle scarpe.
- Raramente ci sono altri problemi di cui preoccuparsi, in particolare raramente ci sono dolori.
- Si vede sovente un ginocchio valgo in associazione ai piedi piatti.
- Talvolta il piede piatto proviene da un’anomalia dell’astragalo o da una paralisi dei muscoli degli
arti inferiori dovuta ad una poliomielite o ad una miopatia.
Il podoscopio e il fotopodogramma consentono di analizzare la forma delle impronte plantari e di
classificare i piedi piatti in 3 gradi.
- Le sinostosi calcaneo-scafoidee (che talvolta non sono visibili che su lastre di 3/4) possono
spiegare certi piedi piatti evolutivi di bambini o di adolescenti. La saldatura anormale tra le due ossa
disturba lo sviluppo armonioso della parte posteriore del piede e l’astragalo bascula intorno al
blocco formato dal calcagno e dallo scafoide.
Tali piedi piatti per sinostosi possono presentare dolori (contrariamente al piede piatto statico).
Trattamento ortopedico
Nella maggior parte dei casi il trattamento consiste nel portare scarpe
ortopediche, talvolta è indicata la chinesiterapia.
Il piede piatto flessibile può richiedere una soletta detta attiva in una
scarpa a contrafforte rigido.
La soletta contemplerà un cuneo supinatore posteriore che permette di
correggere il calcagno valgo ed un cuneo pronatore dell’avampiede che
consente una detorsione di questo.
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Trattamento chirurgico
Operazione di JUDET (fissaggio con vite astragalo-calcaneare) Operazione di GRICE Raramente, tripla artrodesi
Nei casi inveterati e mal tollerati dall’adulto, che sono eccezionali, si possono proporre delle
artrodesi sotto-astragaliche e mediotarsiche, dopo resezione correttiva della deformazione.
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PIEDE CAVO
L’accentuazione dell’arco longitudinale del piede cavo è dovuta ad uno squilibrio muscolare. La
deformazione associa un’accentuazione della volta e un varo del piede posteriore.
Bisogna sempre ricercare un’anomalia alla visita neurologica (spasticità, postumi della poliomielite,
malattia di FRIEDRIECH, di CHARCOT-MARIE). Molto spesso non si trova niente di anormale.
Più raramente il piede cavo è legato ad una fibrosi muscolare del compartimento posteriore della
gamba di origine ischemica (sindrome di VOLKMANN della gamba). In certi casi si scopre sulla
radiografia lombare una spina bifida occulta.
La deformazione
C’è un’esagerazione della concavità plantare la cui sommità si situa a livello del tarso anteriore o
della medio-tarsica, cosa che fa dividere il piede cavo in due categorie: piedi cavi posteriori e piedi
cavi anteriori. Nel piede cavo posteriore il calcagno è in varo e si verticalizza (es: paralisi del
tricipite, poliomielite). Quando i muscoli anteriori sono paralizzati, l’avampiede cade. Quando il
tibiale posteriore è attivo, il piede si incava ancora di più. C’è sempre una retrazione
dell’aponevrosi plantare e dei muscoli corti. I muscoli intrinseci del piede si indeboliscono e le dita
si ritraggono ad artiglio. All’inizio le dita toccano ancora il suolo col polpastrello ma più tardi
perdono del tutto il contatto col suolo.
Piede cavo con retrazione dell’aponevrosi plantare Piede flessibile e piede fisso (dislivello fra tallone e metatarsali)
Alla visita si rileva un dislivello tra la sporgenza del tallone e la sporgenza del metatarso. La forma
di questo piede può modificarsi al momento dell’appoggio, cosa che consente di fare distinzione tra
piedi cavi rigidi e piedi cavi flessibili.
C’è un varismo costante del calcagno e spesso l’avampiede è varo e in adduzione: piede cavo-varo
in opposizione al piede cavo-diretto dove gli appoggi di M1 eM5 sono simmetrici.
Il trattamento chirurgico è raramente necessario prima dell’età di 12 anni e in questi casi mira a
correggere le dita ad artiglio, ad eseguire aponevrotomie e capsulotomie per correggere le retrazioni
delle parti molli. Talvolta bisognerà correggere l’insieme della deformazione, ma mai prima dei 12
anni. In funzione della deformazione e dei dati delle radiografie sotto carico, la correzione
chirurgica dovrà vertere sul piede posteriore o sul mediotarso. Si è talvolta portati a correggere le
deformazioni ossee con metatarsectomie, tarsectomie o con osteotomie del calcagno (DWYER).
L’osteotomia di DWYER corregge il varismo del calcagno resecando un cuneo osseo esterno.
L'osteotomia di DWYER corregge il varo del calcagno resecandone un cuneo osseo esterno
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Metatarsectomie
Resezione cuneiforme o trapezoidale a livello della base dei 5 metatarsi. Questa operazione è
indicata nelle deformazioni anteriori.
Metatarsectomie + artrodesi
La resezione viene effettuata nell’articolazione tarso-metatarsale di LISFRANC.
Tarsectomie anteriori
L’osteotomia passa attraverso lo scafoide e il cuboide. Il tratto anteriore passa attraverso i 3
cuneiformi. Questa operazione è indicata se la sommità del cavo è dislocata molto indietro.
Le metatarsalgie (dolori sotto le teste dei metatarsi) nelle maggior parte dei casi sono legate a
compressioni anomale sulle teste dei metatarsi: sono metatarsalgie statiche.
Le metatarsalgie statiche hanno cause diverse:
- avampiede sfondato (avampiede piatto, sovraccarico da obesità). L’avampiede piatto è
caratterizzato da un cedimento delle teste dei metatarsi al momento dell’appoggio; lo si può trovare
soprattutto in associazione col metatarso varo congenito e l’alluce valgo.
Le metatarsalgie sono frequenti nelle donne di mezza età, nelle quali sono di solito associate ad un
insufficiente appoggio dell’alluce con conseguente appoggio esagerato sui metatarsi vicini. I
sintomi sono legati soprattutto all’attività.
- anomalia morfologica con metatarsi troppo lunghi o troppo verticali (piede cavo, equinismo).
L’avampiede armonioso ha M1 uguale a M2 e gli altri metatarsi sono più corti (Maestro-Besse)
Talvolta le metatarsalgie possono essere dovute ad altre cause come una frattura da affaticamento,
una osteocondrite della testa del metatarso (malattia di FREIBERG) o presenza di neuromi dei nervi
interossei (malattia di MORTON).
L'arco anteriore normale si caratterizza per un appoggio predominante sul 1° e sul 5° metatarso. Il
cedimento dell’arco anteriore (B) accentua l’appoggio sui metatarsi medi. Questo può portare a
un’inversione dell’arco, nell’avampiede rotondo, con appoggio su M2, M3 e M4 (C).
Si può a volte proporre nel piede rotondo degli interventi destinati ad accorciare i metatarsi lunghi:
metatarsectomie alla base (vide supra), resezione delle teste metatarsali (allineamento delle dita di
LELIÈVRE), accorciamento a livello dei colli dei metatarsi (REGNAULD) (C) o osteotomie
metatarsali di accorciamento (WEIL).
Attualmente queste osteotomie sono praticate dopo determinazione delle lunghezze metatarsali
ottimali su abachi e si realizzano una o più osteotomie per ridare all’avampiede un’architettura
conforme. Oltre all’accorciamento ottenuto dalla traslazione, si può ottenere anche la riduzione
delle lussazioni delle metatarso-falangee.
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PIEDE PARALITICO
Nella maggior parte delle paralisi c’è un disequilibrio fra i muscoli flessori ed estensori, cosa che
porta a deformazioni a volte considerevoli che si stabilizzano con lo sviluppo. Nella poliomielite, si
vede spesso costituirsi un piede cavo equino per paralisi dei muscoli anteriori.
Quando c’è una paralisi del tricipite e dei flessori, si determina un piede talo: si vedono dei piedi
tali diretti e dei talo-cavi.
Allorché ci sia una rottura dell’equilibrio fra i flessori e gli estensori, la testa metatarsale si sfonda e
si determina una deformazione ad artiglio.
Quando c’è una paralisi dello sciatico popliteo esterno (di solito post-traumatica), la marcia è
turbata dal "piede che cade" o steppaggio: il piede che oscilla è deviato in varo equino (A) ;
raggiunge il suolo con la punta e il bordo esterno (B). L’appoggio corregge l’atteggiamento vizioso,
ma questo si ripropone quando il piede viene sollevato di nuovo. Per evitare di strofinare il piede
per terra, il soggetto piega il suo ginocchio.
Steppaggio
L'attrezzatura impiegata consiste nell’impiego di una stecca rigida all’interno della scarpa, oppure
nell’installare un richiamo elastico per rimediare al deficit di flessione dorsale attiva, attendendo i
segni di recupero nervoso.
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PIEDE TORTO VARO EQUINO CONGENITO
Il piede torto varo equino congenito (P.T.V.E.) è la più frequente delle malformazioni congenite del
piede e tutti i neonati devono essere esaminati per una diagnosi sistematica.
La deformazione è complessa: associa un VARO del retro piede, un’ADDUZIONE dell’avampiede,
un EQUINISMO per retrazione del tendine d’Achille e un’INVERSIONE.
Esame nel neonato: se il piede sembra fisso in inversione, tenere la gamba e toccare delicatamente il
bordo esterno del piede. Se il piede è normale, il bambino risponderà con una dorsiflessione. Se il
piede è torto, non ci sarà reazione. Se il bambino non risponde normalmente alla stimolazione,
flettere delicatamente il piede: nel bambino normale, si può portare il piede sulla tibia.
- Di fronte, nel piede normale, l'asse dell’astragalo e quello del 1° metatarsale sono sovrapposti. Nel
P.T.V.E. c’è una grande divergenza.
Evoluzione
Nei casi non trattati, le retrazioni delle parti molli impediscono il normale sviluppo dello scheletro e
si ha una deformazione delle ossa del tarso che rende le deformazioni permanenti.
Piede torto inveterato di un adulto Appoggio sul bordo esterno del piede
Aspetto del piede che guarda all’indietro. L’altro piede era identico prima dell’operazione
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ALTRE AFFEZIONI DEL PIEDE
LA MALATTIA DI SEVER
Osteocondrosi della grande apofisi del calcagno.
Si manifesta con dolori al tallone tra i 6 e i 12 anni e alla
radiografia si rileva un’anomalia della grande apofisi del
calcagno con condensazione e frammentazione. Si pensa
che si tratti di una osteocondrosi favorita da traumatismi
ripetuti dell’inserzione del tendine di Achille. La
guarigione è spontanea.
L’ARTRITE REUMATOIDE
Il piede e la caviglia sono spesso colpiti durante la PR e le deformazioni sono severe e multiple. Si
vedono piedi piatti, avampiedi piatti, alluci valghi, dita ad artiglio e lussazioni dei M-F, essendo
tutte queste deformazioni favorite dalla distruzione delle intercapedini articolari. Le metatarsalgie
sono frequenti. Si utilizzano le scarpe ortopediche per evitare la chirurgia, ma spesso si devono fare
delle artrodesi delle dita e dei M-F.
Attualmente nella PR si fanno sempre più spesso delle protesi articolari alla caviglia con buoni
risultati. E’ importante conservare mobilità alla caviglia poichè le altre articolazioni dell’arto
inferiore vengono molto compromesse durante la PR.
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TRAUMATOLOGIA
Anche i tendini sono molto importanti per stabilizzare la caviglia. I muscoli sono ripartiti in
funzione della loro azione, “varizzando” e “valgizzando” e si equilibrano. I muscoli peronieri
laterali sono valgizzanti mentre il tibiale posteriore e, ad un livello inferiore, i flessori delle dita
sono varizzanti. L’equilibrio fra questi tendini è determinante per la stabilità della caviglia ed
essi giocano un ruolo che si evidenzia molto chiaramente dopo le rotture legamentari, quando
permane una lassità legamentare cronica. In effetti la rieducazione appropriata dei muscoli
stabilizzatori (rieducazione propriocettiva) può mascherare l’insufficienza dei legamenti.
Mobilità nella tibio-astragalica Duomo astragalico più largo in avanti Tendini varizzanti e valgizzanti
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Radiografia della caviglia
Le radiografie della caviglia devono essere interpretate in funzione di un certo numero di proiezioni
diverse.
Una radiografia di fronte, fatta con i piedi paralleli, non mostra mai la caviglia di fronte poichè
l’asse della caviglia non è perpendicolare a quello del piede (“detorsione sotto-malleolare” da 10° a
25°). Il malleolo esterno è più posteriore del malleolo interno. I malleoli si sovrappongono un po’.
La sporgenza dell’ombra del perone sulla tibia (T) è normalmente circa il doppio dello spazio
chiaro tra il bordo del perone e la trabecola anteriore del malleolo tibiale (C). In caso di diastasi
tibio-peroniera questo spazio aumenta, ma è talvolta difficile scoprire le diastasi piccole. Bisogna
imparare anche ad apprezzare la sublussazione dell’astragalo in rapporto alla tibia che si traduce in
una leggera apertura dell’interlinea. Nell’immagine di lato le due superfici articolari devono essere
congruenti. Una piccola rotazione mostra non più due linee parallele ma due paia di linee parallele.
LE FRATTURE MALLEOLARI
Le fratture dei malleoli sono fra le più frequenti.
Malleolo esterno
- Le linee di frattura del malleolo esterno sono trasversali, spiroidi o comminute.
- Il livello delle linee di frattura è definito in base alla situazione rispetto ai legamenti tibio-
peroneali (DANIS) oppure, che è la stessa cosa, rispetto ai tubercoli malleolari (DUPARC). Ci sono
delle fratture sovra-legamentari, inter-legamentari e sotto-legamentari.
Malleolo interno
- Le linee malleolari interne sono trasversali o oblique (talvolta quasi verticali). Cominciano molto
spesso a livello dell’interlinea. Le fratture della punta corrispondono ad avulsioni del legamento
collaterale interno.
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Le fratture dei malleoli sono spesso associate a:
- rotture dei legamenti interni o esterni oppure avulsioni delle inserzioni ossee, lesioni che sono
considerate equivalenti alle fratture. Le lesioni ossee e legamentose della caviglia corrispondono
agli stessi meccanismi.
- fratture del pilone tibiale: sono soprattutto fratture marginali posteriori, il cui frammento è di
misura variabile (fratture tri-malleolari). A volte si vedono fratture marginali anteriori (tubercolo di
TILLAUX avulso dal legamento tibio-peroneale anteriore).
- lesioni osteo-condrali o condrali del duomo astragalico o del pilone tibiale.
Classificazione
1 / LE FRATTURE IN ADDUZIONE
Allo stadio 1: Il primo elemento rotto è il legamento collaterale esterno (ci può essere un’avulsione
della punta del malleolo esterno) o una frattura orizzontale sotto-legamentosa.
Allo stadio 2: L’adduzione dell’astragalo provoca una frattura del malleolo interno. La linea di
frattura è verticale.
Stadio 1 Stadio 2
2 / LE FRATTURE IN ABDUZIONE
Allo stadio 1: Il primo elemento leso è il malleolo interno, con una frattura orizzontale (il
collaterale interno può rompersi, o la punta del malleolo interno venire strappata).
Allo stadio 2: L’articolazione tibio-peroneale inferiore si apre, con rottura dei 2 legamenti tibio-
peroneali anteriore e posteriore (o avulsione ossea).
Compare una diastasi tibio-peroneale, con lacerazione della membrana interossea.
Allo stadio 3: Frattura del perone al di sopra dell’articolazione ; la linea è netta o comminuta, con
spesso un piccolo frammento intermediario. E’ la classica frattura di DUPUYTREN bassa. E’
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orizzontale nei traumi in abduzione pura. L’astragalo può incastrarsi fra il malleolo esterno e il
pilone tibale.
Stadio 1 Stadi 2 e 3
Allo stadio 1: La rotazione dell’astragalo provoca una frattura del malleolo interno (o una rottura
del legamento collaterale interno).
Allo stadio 2: Se l’astragalo continua a ruotare, è il malleolo peroneale che viene spinto in fuori con
rottura del legamento tibio-peroneale anteriore (o avulsione della sua inserzione sul tubercolo di
TILLAUX). Si ha una diastasi tibio-peroneale.
Allo stadio 3: Frattura del perone, sovra-legamentosa, con un treatto di frattura obliquo in basso e
indietro: frattura di DUPUYTREN. Il perone si può rompere molto in alto, verso il collo (frattura di
MAISONNEUVE).
Stadio 1 Stadio 2: rottura del legamento o frattura del tubercolo di Tillaux Stadi 3 e 4
Il malleolo interno e poi il malleolo esterno si fratturano e il margine anteriore della tibia si
schiaccia e si distacca.
Le fratture marginali anteriori sono totali o parziali.
A volte non si distacca che una parte del margine anteriore, con una parte del malleolo interno o con
una parte del tubercolo di TILLAUX. Altre volte si frattura tutto il margine anteriore, in blocco o in
più frammenti, consentendo una sublussazione o una lussazione anteriore dell’astragalo in avanti.
Con le cadute dall’alto sulla punta del piede si possono produrre fratture del margine posteriore del
pilone tibiale associate a frattura dei malleoli: frattura marginale parcellare o frattura marginale
totale (frattura di CUNEO e PICOT).
LE FRATTURE IN COMPRESSIONE
Le fratture bi-marginali: ci sono due frammenti principali suddivisi spesso da tratti divisori.
Le fratture complesse sono molto scomposte. L’astragalo può « lussarsi » in avanti o indietro
accompagnando uno o l’altro dei margini. L’astragalo può anche schiacciarsi fra i due margini.
Il perone è sempre fratturato. La frattura del malleolo interno è verticale.
473
Diagnosi delle fratture del collo del piede
L’anamnesi ricerca la nozione di trauma indiretto violento, con vivo dolore a livello della caviglia,
seguito da impotenza totale.
All’esame obiettivo, l’ispezione può mostrare una deformazione del piede che può confermare il
verso del trauma iniziale e permette già di sospettare la diagnosi della forma della frattura.
La deformazione della frattura di DUPUYTREN è caratteristica:
Di fronte:
- colpo d’ascia esterno.
- traslazione esterna del piede associata a pronazione e rotazione esterna.
- allargamento del collo del piede con sporgenza all’interno del malleolo interno fratturato.
- la pelle è minacciata dal lato interno (fratture aperte +).
Di profilo:
- sublussazione posteriore con diminuzione del dorso del
piede.
- sporgenza del pilone in avanti.
- equinismo del piede.
L’esame è rapidamente ostacolato dall’edema.
La radiografia
Le proiezioni con le incidenze classiche di fronte e di profilo mostrano i tratti di frattura, il loro
orientamento e lo spostamento. La radiografia deve interessare tutta la gamba e il ginocchio
(fratture di MAISONNEUVE, vicine al collo del perone).
474
TRATTAMENTO delle fratture del collo del piede
Il trattamento ortopedico
Porta al consolidamento in 90 giorni in assenza di complicanze.
- Le fratture senza spostamento saranno immobilizzate in un gesso ad arto sollevato all’inizio;
seguirà la marcia con le stampelle. Dopo 4-6 settimane (in base alla forma della frattura e alla
stabilità), si farà un gesso da marcia per 4-6 settimane.
- Le fratture scomposte
- La riduzione deve essere realizzata in urgenza, prima che compaia un’edema importante
che ostacoli le manovre di riduzione. E’ fatta in AG. Le manovre saranno basate sull’analisi delle
lesioni e del meccanismo causale. E’ dunque fondamentale analizzarle bene e imprimere alla
caviglia un movimento opposto a quello che ha determinato la frattura.
La riduzione è a volte difficile a causa dell’interposizione fra l’astragalo e il malleolo interno del
legamento collaterale interno rotto.
- La riduzione deve essere perfetta sulla radiografia di controllo e il contenimento con un
gesso cruro-podieno (ginocchio a 20° di flessione) deve consentire una buona stabilità. Deve essere
dunque di eccellente qualità, non deve essere compressivo e apportare un contenimento sufficiente.
Le docce posteriori sono nettamente insufficienti e bisogna saper realizzare dei buoni gessi
circolari, a condizione che essi siano ben imbottiti e fissurati al fine di evitare tutte le complicanze
abituali dei gessi.
La sorveglianza radiologica durante le prime tre settimane deve rilevare un’eventuale recidiva dello
spostamento sotto il gesso.
Il trattamento chirurgico
Osteosintesi del malleolo peroneale Fissaggio del malleolo interno e del malleolo posteriore
E’ a volte necessario eseguire una trazione con filo trans-calcaneare attendendo di poter eseguire
un’osteosintesi, se le lesioni cutanee sono importanti.
Il trattamento chirurgico è realizzato rapidamente, soprattutto in caso di lussazione, che va ridotta
immediatamente con la manovra del "togli stivale".
L’osteosintesi è divenuta quasi sistematica in caso di spostamento, poiché è il solo sistema per
ristabilire un’anatomia perfetta nelle fratture molto scomposte.
Le rotture legamentose associate potranno essere riparate. La chirurgia verrà proposta ogni volta
che la riduzione ortopedica sarà imperfetta.
L’esposizione delle lesioni sarà fatta con 2 incisioni interna ed esterna (pre-malleolari o retro-
malleolari).
L'osteosintesi permette a volte di evitare il gesso, ma in genere si installa uno stivaletto gessato per
45 giorni senza appoggio e uno stivaletto da marcia per altri 45 giorni.
L'osteosintesi della frattura marginale è indicata se è coinvolta più del 25% della superficie
articolare. Si realizza un avvitamento diretto da dietro o un avvitamento in compressione da davanti.
Le fratture bi-malleolari
Frattura molto scomposta operata all’età di 51 anni Risultato corretto senza artrosi dopo 10 anni
Frattura di Destot del malleolo posteriore (paziente di 77 anni) Esempio di una vite di « sindesmodesi temporanea »
L’osteosintesi delle fratture bi-malleolari o tri-malleolari viene realizzata con viti o placche avvitate
sul perone. La diastasi scompare quando il perone viene completamente ridotto. Non bisogna
trascurare la riparazione del legamento collaterale interno (che può interporsi fra malleolo interno e
astragalo). I legamenti tibio-peroneali sono riparati dopo ripristino della forma del perone e
riduzione perfetta della tibio-peroneale inferiore. La loro sutura è abbastanza delicata in genere,
mentre è più facile realizzare l’osteosintesi dei frammenti ossei avulsi con i legamenti tibio-
peroneali (con filo o vite).
Si può a volte solidarizzare il perone e la tibia con una vite trasversale provvisoria. Questa,
posizionata al di sopra della sindesmosi tibio-peroneale, è detta vite di sindesmodesi. Viene lasciata
fino a cicatrizzazione avvenuta dei legamenti tibio-peroneali e poi rimossa per non irrigidire
l’articolazione (6 settimane).
476
Le fratture per compressione
I frammenti sono numerosi. L’impatto osseo può rendere impossibile il ripristino della normale
anatomia. Anche in questo caso è l’osteosintesi del perone che va a restituire una lunghezza
normale, poi la tibia sarà fissata con un’altra placca e il vuoto sarà colmato con un innesto. Si
possono utilizzare delle placche modellate speciali che permettono di fissare più viti.
- Ci sono molto raramente delle indicazioni di artrodesi immediata, quando le superfici articolari
sono distrutte e impossibili da ricostituire.
- La trazione con un filo trans-calcaneare può essere una soluzione quando le lesioni cutanee
rendono impossibile qualsiasi osteosintesi.
- Si possono impiegare i fissatori esterni. Essi permettono di distrarre da subito, al fine di
ripristinare la lunghezza. I fili sono disposti in genere nel calcagno. Ci si può accontentare di
ristabilire allora la superficie articolare del pilone tibiale, attraverso la giustapposizione dei
frammenti con un’osteosintesi a minima con fili o piccole viti (anche in caso di apertura cutanea).
Il fissatore esterno sarà lasciato in sede per 6 settimane e si potrà poi proseguire il trattamento con
uno stivaletto gessato, se si è ottenuto il consolidamento.
Fratture comminute del pilone tibiale trattate mediante distrazione con fissatore esterno e avvitamento a minima
477
EVOLUZIONE
- Il consolidamento delle fratture del collo del piede è ottenuto in 90 giorni quando la riduzione è
corretta e in assenza di complicanze.
- L’apertura cutanea può determinare un’infezione e un’osteoartrite della caviglia.
- I disturbi del consolidamento si verificano se la riduzione non è corretta. In particolare, il malleolo
interno consolida in ritardo allorché vi sia il minimo spostamento.
- La rigidità si evita con una buona rieducazione precoce.
- I calli viziosi sono dovuti a un trattamento inadeguato. L’osteosintesi deve essere corretta.
- L’artrosi è in genere l’esito di un’incongruenza delle superfici articolari. L’artrosi può
sopraggiungere tardivamente anche in caso di riduzione corretta. Bisogna realizzare a volte delle
artrodesi tibio-astragaliche ma bisognerebbe sempre più poter impiantare delle protesi totali di
caviglia, che hanno il vantaggio di preservare una certa mobilità.
Algodistrofia
Sono frequenti nell’evoluzione delle fratture articolari (malleoli e piloni tibiali) o delle fratture
extra-articolari (1/4 inferiore della tibia).
Eziologia
Sono dovuti a cause diverse: riduzione assente o insufficiente, cattivo contenimento o inopportuna
osteosintesi e appoggio troppo precoce, con spostamento secondario.
Accanto a questi calli viziosi "evitabili", ci sono quelli inevitabili, a causa di una comminuzione
talmente importante che è impossibile ottenere la riduzione e ci si dovrà accontentare di una
riduzione approssimativa (ristabilendo se possibile degli assi corretti, ma non sempre delle buone
superfici articolari).
Forme cliniche
Ci sono 4 tipi principali di callo vizioso: in valgo, in varo, antero-posteriori e in rotazione, ma di
solito i calli viziosi presentano deformazioni miste.
Calli viziosi in varo, in valgo Callo vizioso marginale anteriore Callo vizioso marginale posteriore
478
Callo vizioso in valgo Callo vizioso in varo Callo vizioso con sublussazione posteriore
Di fronte ad un callo vizioso, non bisogna sperare in un’adattamento provvidenziale e il tempo farà
sempre emergere la mediocrità del trattamento iniziale di una frattura.
- Osteotomie correttrici: Il solo trattamento conservatore possibile di un callo vizioso è
un’osteotomia che corregga i difetti su uno o più piani, allorché questo sia possibile. E’ un gesto
difficile il cui risultato sarà tanto migliore quanto meno si sarà atteso per intervenire. L’indicazione
di correzione viene in generale posta in presenza di deviazioni dell’ordine di 5° per il varismo, 10°
per il valgismo, per un accorciamento di 3 mm del malleolo esterno e per un callo vizioso
marginale, se interessa un terzo della superficie articolare.
Esempi di osteotomia per un callo vizioso dei malleoli in varo: osteotomia di valgizzazione per
sottrazione o chiusura ed osteotomia di valgizzazione del pilone tibiale per apertura (con innesto).
Correzione mediante osteotomia di resezione esterna Correzione mediante osteotomia di apertura interna
Artrodesi tibio-astragaliche
Se una correzione del callo vizioso è impossibile, soprattutto in caso di rigidità e di dolori
invalidanti, si potrà proporre un’artrodesi della caviglia.
Le fratture-distacco di tipo 3 distaccano un frammento osseo epifisario che è attirato dalle inserzioni
legamentose. Ne risulta una riduzione più difficile. Una riduzione molto buona è necessaria per
ristabilire la superficie articolare ed evitare un’epifisiodesi.
Una piccola vite trasversale epifisaria è talora necessaria se non si può ottenere una riduzione
corretta con manovre ortopediche.
480
Frattura-distacco Salter 3
La prognosi dipende dal tipo di distacco, dalla violenza del trauma e dall’importanza dello
spostamento. Ci sono lesioni irreversibili della cartilagine di coniugazione per le quali la prognosi è
cattiva nonostante un’eccellente riduzione.
Le lesioni in compressione hanno una prognosi peggiore rispetto alle lesioni in rotazione.
Al di fuori delle lesioni di tipo 5, le lesioni di tipo 3 e 4 sono sicuramente le più gravi cosiccome le
forme “tripiane oblique”. Sarà necessaria un controllo prolungato dopo ogni lesione di questa
regione. Il trattamento delle epifisiodesi è molto difficile (vedi generalità).
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482
LE ROTTURE LEGAMENTOSE DELLA CAVIGLIA
Le lesioni del legamento collaterale esterno sono le più frequenti. Le lesioni isolate del legamento
collaterale interno sono più rare (sono più spesso associate a fratture malleolari).
Anatomia patologica
- Nella distorsione benigna si ha qualche rottura fibrillare che sollecita i recettori propiocettivi,
abbondanti nei legamenti, cosa che determina la reazione vasomotrice.
- Nella distorsione di media gravità, ci sono rotture fascicolari dei legamenti senza rottura capsulare.
- Nella distorsione grave, c’è rottura di uno o più legamenti con interruzione della capsula.
- I legamenti sotto-astragalici spesso si rompono nel corso delle distorsioni esterne della caviglia.
L'esame ricerca una lassità anormale dei legamenti esterni, cosa che si traduce in un varismo
esagerato dal lato colpito rispetto al lato sano e in una lassità anteriore.
Movimenti di lateralità
- Si impugna solidamente il tallone con entrambe le mani e si imprimono dei movimenti di
lateralità. L’apertura articolare viene meglio percepita se con un dito si palpa l’interlinea articolare
durante la manovra di varo forzato. La manovra deve essere dolce e indolore. La si può effettuare
anche in AG.
- Si può misurare l’apertura ottenuta effettuando delle radiografie dinamiche. Con guanti di
protezione, si fa una manovra delicata poiché bisogna evitare le sovrapposizioni. Si utilizzano
sempre di più gli apparecchi che fanno aprire le interlinee applicando forze calibrate in modo
preciso (es: apparecchio TELOS). Un angolo di più di 10° è considerato come patologico. E’
importante eseguire misure comparative dei 2 lati.
- La lassità della sotto-astragalica è spesso difficile da differenziare clinicamente dalla lassità tibio-
astragalica. E’ il dito che permette di localizzare l’apertura.
La radiografia
Le proiezioni di fronte e di profilo verificano l’assenza di fratture associate. Bisogna ricercare
sistematicamente le fratture osteocondrali del duomo astragalico o le fratture a livello del margine
della sotto-astragalica. La TC confermerà la diagnosi in caso di dubbio.
484
Il trattamento chirurgico è a volte preferito al gesso semplice nelle rotture gravi, soprattutto nei
soggetti giovani e sportivi: consiste in una sutura dei fasci rotti allo scopo di favorire una
cicatrizzazione meglio organizzata delle fibre rotte. Segue l’intervento l’ingessatura, come nel
trattamento ortopedico.
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486
La lussazione iniziale dei tendini dei peronieri laterali è di solito traumatica ed è successiva a una
lacerazione della guaina fibrosa dei peronieri.
E' nel corso di un movimento forzato del piede in flessione dorsale che i tendini peronieri passano
davanti al perone, rompendo la guaina rappresentata dal legamento anulare. La guaina può anche
disinserirsi dall’osso. I tendini tornano poi al loro posto ma possono rilussarsi, approfittando dello
scollamento, se non si effettua immediatamente la riparazione della guaina.
La diagnosi viene fatta raramente al primo episodio, di solito vi si giunge dopo molte recidive. In
genere si ritiene a torto che si tratti di una "distorsione".
La palpazione dei tendini dietro al malleolo esterno permette di provocare un dolore molto preciso a
questo livello e non sulla punta o sotto, come nelle distorsioni. Si possono meglio percepire i tendini
nei movimenti di eversione del piede contro la resistenza offerta dalla mano. A volte si possono
sentire nel corso dell’esame questi tendini lussarsi davanti al malleolo peroneale.
Allo stadio di lussazione recidivante, il paziente riferisce uno scatto percepito all’esterno della
caviglia, che corrisponde al passaggio dei tendini peronieri sulla faccia esterna del malleolo esterno,
da dietro in avanti. A volte il paziente può provocare questo scatto quando vuole e la diagnosi è
allora evidente.
La limitazione funzionale è importante per la vita normale e sportiva e giustifica un intervento.
Trattamento
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487
LE ROTTURE DEL TENDINE D’ACHILLE
Il tendine d’Achille si rompe abitualmente nel corso di uno sforzo di trazione muscolare molto
violento (corsa, salto).
- Essa è improvvisa, avvertita come uno schiocco violento sulla parte postero-inferiore della gamba
e seguita da impotenza e impossibilità a mettersi sulla punta del piede.
- La rottura avviene nella mezza età, in un tendine che può essere indebolito, a volte, per qualche
lesione degenerativa (tendinite) o per iniezioni locali di corticosteroidi.
- La sede di rottura è situata a una distanza di 4-8 cm dall’inserzione nel calcagno.
L'esame obiettivo
Dimostra una depressione nel tragitto del tendine, visibile spesso a occhio nudo.
- Se l’edema colma questa depressione, la palpazione rivela molto bene una fossetta sul tendine.
- Si può mettere in evidenza il segno di THOMPSON, ricercato nel paziente prono con i piedi fuori
dal lettino. Con la pressione sul polpaccio si provoca sulla gamba sana una flessione plantare della
caviglia, mentre il piede non si muove dal lato della rottura.
La flessione plantare contro resistenza è impossibile (stare sulla punta dei piedi è impossibile).
L'evoluzione
La cicatrizzazione richiede dalle 6 alle 8 settimane. Il recupero del muscolo sarà ottenuto più
lentamente. La ripresa della marcia sarà progressiva, con il tallone leggermente sollevato all’inizio.
La rieducazione permetterà di recuperare la forza muscolare. La ripresa progressiva delle attività
sportive sarà possibile dopo 4 settimane.
Il trattamento ortopedico
488
Gesso cruro-podieno in flessione del ginocchio e flessione plantare della caviglia (15°). Questa
posizione ha lo scopo di favorire il contatto delle estremità del tendine rotto e di facilitare così la
cicatrizzazione. Il gesso sarà sostituito dopo 4 settimane, eliminando l’equinismo e mantenendo la
caviglia a 90°, con un altro gesso per 4 settimane con ripresa progressiva dell’appoggio. La
rieducazione permetterà poi il recupero dei movimenti e della forza del tricipite.
La riparazione chirurgica
La sutura del tendine viene realizzata con una via di accesso verticale, un
po’ lateralizzata. Le fibre rotte sono spesso difficili da avvicinare e da
suturare quando sono lacerate. La sutura è fatta con fili riassorbibili. Si può
rinforzare la zona fragile con una parte del tendine peroniero laterale o con
una bendeletta dell’aponevrosi muscolare, ricavata al di sopra della sutura e
trasposta al di sopra di questa (BOSWORTH).
Dopo sutura e rinforzo, si può ingessare in posizione neutra ed evitare
l’equinismo, principale inconveniente del trattamento ortopedico.
Dopo il gesso, il recupero della mobilità sarà più rapido.
La durata del gesso è la stessa che in seguito a trattamento ortopedico.
Le indicazioni
La scelta fra il trattamento ortopedico e il trattamento chirurgico dipende dall’età, dall’attività
sportiva e dall’esperienza del chirurgo.
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LE FRATTURE DELL'ASTRAGALO
Le fratture dell'astragalo sono rare ma le loro conseguenze sono importanti a causa del ruolo di
quest’osso nella trasmissione del carico della gamba al piede. E’ importante dunque conoscerle
bene per trattarle correttamente e al momento giusto. Bisogna distinguere le fratture parcellari e le
fratture totali. La loro evoluzione è dominata dal rischio di necrosi e dal rischio di rigidità (come per
tutte le fratture articolari).
Richiamo anatomico
L'astragalo è un osso molto particolare, poiché è ricoperto da superfici cartilaginee in quasi tutte le
sue facce e la sua vascolarizzazione è molto precaria.
I vasi arrivano dal seno del tarso e dal collo dell’astragalo, cosiccome dalle inserzioni capsulari del
lato interno.
L'astragalo prende parte a 3 articolazioni importanti, con il pilone tibiale in alto, il calcagno in basso
e lo scafoide tarsale in avanti (dove costituisce parte dell’articolazione medio-tarsale).
Le fratture parcellari
Rappresentano il 30% delle fratture dell’astragalo. La diagnosi è clinicamente impossibile poiché
non c’è deformazione caratteristica. E’ la radiografia che permette di fare la diagnosi.
Le fratture parcellari della testa dell'astragalo sono conseguenza di una flessione dorsale forzata.
Esse distaccano un frammento più o meno importante della testa, che può a volte enuclearsi.
Il dolore ha sede a livello della medio-tarsale (può anche coesistere una frattura dello scafoide). Si
tratta di una frattura articolare che bisogna ridurre perfettamente come tutte le fratture articolari, per
evitare l’evoluzione verso un’artrosi post-traumatica dell’articolazione astragalo-scafoidea.
Frattura del margine astragalico Frattura del tenone con una frattura del malleolo interno
Stadio 2:
Spostamento con sublussazione o lussazione dell’articolazione sotto-astragalica con basculamento
in flessione plantare del frammento prossimale. Soppressione della vascolarizzazione di collo e
seno del tarso.
Stadio 3:
Enucleazione del frammento astragalico indietro e all’interno del malleolo interno. La tibia si
insinua fra i due frammenti. Possibile lesione del gruppo vascolo-nervoso tibiale posteriore. Il
rischio di necrosi è dell’85%. A volte l’apertura cutanea permette un’enucleazione completa del
frammento astragalico.
L'apertura cutanea è presente nel 15% dei casi, con un rischio di artrite infettiva importante.
L'evoluzione
Le complicanze secondarie sono frequanti e spiegano la cattiva prognosi
funzionale di queste fratture.
- Le pseudoartrosi sono eccezionali.
- I calli viziosi sono rari grazie a manovre di riduzione efficaci.
- La necrosi del corpo dell’astragalo è la principale complicanza. Si tratta
di una privazione arteriosa proveniente dal collo (50% dei casi nelle
fratture del corpo). La necrosi si traduce, fra il 2° e il 3° mese, in una
condensazione anomala del corpo. Essa può determinare,
secondariamente, uno sfondamento della puleggia astragalica, che verrà
sopportata più o meno bene a lungo termine. La rivascolarizzazione della
necrosi avviene fino all’8°mese e bisogna proibire la ripresa
dell’appoggio, se si vuole evitare lo sfondamento dell’astragalo.
Tt ortopedico: buon consolidamento
- L'artrosi post-traumatica della tibio-astragalica o della sotto-astragalica si sviluppa soprattutto se
la riduzione non è stata corretta e se ci sono lesioni cartilaginee. Essa limita dolorosamente le
ampiezze di flesso-estensione.
Trattamento
- Trattamento delle fratture parcellari
Se il frammento è poco scomposto, basta una semplice immobilizzazione gessata per un buon
risultato.
Se il frammento è scomposto, soprattutto se è articolare, si ricorre all’osteosintesi con una riduzione
perfetta.
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495
LE FRATTURE DEL CALCAGNO
Richiamo anatomico
Le fratture del calcagno sono provocate da una caduta sul tallone da una certa altezza, in 9 casi su
10. Raramente si tratta di un trauma diretto, ad esempio nel corso di un incidente stradale. Le lesioni
associate sono frequenti.
Esame
Si nota un gonfiore plantare e un impastamento sotto-malleolare, soprattutto esterno.
Rapidamente, compare un’ecchimosi plantare e laterale.
496
Foto JL Besse
497
LE FRATTURE TALAMICHE
Esse sono il risultato dell’azione di due forze opposte, una rappresentata dalla trasmissione del
colpo dall’astragalo sul talamo e l’altra dalla resistenza al terreno applicata sulla grossa tuberosità.
Tipo 1: frattura-separazione il cui tratto può attraversare il talamo (b) o passarvi anteriormente o
posteriormente (a e c).
Tipo 4: l'infossamento del talamo è maggiore, con 4 frammenti o più. L’infossamento dipende dalla
posizione della caviglia nella caduta sul tallone.
498
L’infossamento è orizzontale quando il carico va all’indietro in una caviglia in equinismo.
L’infossamento è verticale se il carico va in avanti con una caviglia in flessione dorsale.
LE FRATTURE EXTRA-TALAMICHE
Diagnosi radiologica
Proiezione di profilo esterno, ottenuta su un piede appoggiato sulla cassetta sul suo bordo esterno.
Si apprezza la morfologia globale del calcagno, il becco della grande apofisi, il talamo, la grande
tuberosità.
Si può tracciare l’angolo di BOEHLER, formato da due linee che congiungono da una parte il
talamo e la grande tuberosità e dall’altra il talamo e il becco della grande apofisi.
Questo angolo è normalmente compreso fra 25 e 45°. Diminuisce con l’importanza
dell’infossamento, fino ad annullarsi nello stadio 3.
Nella radiografia si precisa anche il grado di infossamento verticale o orizzontale.
L'infossamento orizzontale deteriora in misura minore i rapporti della sotto-astragalica.
499
I raggi penetrano al centro della pianta del piede, con la caviglia in flessione dorsale massima e la
cassetta dietro la gamba. Questa incidenza (cosiccome l’incidenza dorso-plantare), coglie il
calcagno di fronte (B), la parte inferiore dell’astragalo (A), l’articolazione sotto-astragalica
posteriore (C) e il sustentaculum tali (D).
Questa proiezione permette di distinguere l’infossamento talamico parziale e l’infossamento
talamico globale che non sposta la piccola apofisi e l’articolazione sotto-astragalica anteriore.
Il metodo funzionale con rieducazione immediata, senza ingessatura, si rivolge alle fratture poco
scomposte. Esso evita i disturbi trofici frequenti in queste fratture.
501
Rimodellamento manuale del calcagno seguito da protezione con un gesso modellato e, 15 giorni dopo, con un gesso
secondo Graffin.
Il posizionamento di fili percutaneo è soprattutto indicato nelle fratture scomposte della grande tuberosità. Si può
utilizzare una vite.
Riduzione quasi perfetta del talamo, ottenuta con rimodellamento e posizionamento di fili percutaneo in una frattura
molto complessa
Via di accesso classica Via di accesso al limite della pelle plantare che consente di non ledere il nervo
(Photo JL Besse)
Il talamo è estratto e innalzato e il vuoto è colmato con un innesto osseo. Una placca fissa la ricostruzione
I dolori persistono a lungo a livello dell’articolazione sub-talica, nella quale si può sviluppare
un’artrosi a causa dei danni cartilaginei o a causa della residua cattiva congruenza articolare.
Quando i dolori persistono, si può essere portati a realizzare un’artrodesi sub-talica molti anni dopo
il trauma.
1/ LUSSAZIONI TIBIO-ASTRAGALICHE
Enucleazione del corpo dell’astragalo Tentativo di ricostruzione con evoluzione di una necrosi con consolidamento
Astragalectomia nel caso di un’enucleazione completa in cui non era stato possibile conservare l’astragalo
LE LUSSAZIONI MEDIO-TARSALI
E' una lussazione dell’articolazione di CHOPART, fra scafoide e cuboide da una parte e astragalo e
calcagno, dall’altra. Lo spostamento avviene più frequentemente verso la pianta del piede.
Si nota a volte la presenza di fratture associate a livello dello scafoide e del cuboide. La riduzione
deve essere allora perfetta se si vuole evitare un’artrosi secondaria.
La riduzione manuale è possibile, di solito, ed è raro dover ridurre questo tipo di lussazione
chirurgicamente. Un’immobilizzazione di 6 settimane basta per assicurare la stabilizzazione.
Vengono talora posizionati dei fili percutanei nel corso della riduzione.
Sono rare e sfortunatamente misconosciute e diagnosticate troppo tardi, allo stadio di sequele, con
deformazioni, disturbi statici e dolori legati ad un’artrosi post-traumatica.
Richiamo anatomico
L'articolazione tarso-metatarsale è formata dalla paletta esterna del piede o spatola, costituita dai 4
metatarsi esterni, e dalla colonna interna, formata dal 1° metatarsale e dal 1° cuneiforme, prolungata
indietro dallo scafoide e dal retropiede.
Le interlinee articolari di questi due elementi architetturali sono oblique e orientate all’indietro, ma
in senso opposto (all’esterno per la paletta e all’interno per la colonna). Questa divergenza spiega il
senso dello spostamento nelle lussazioni:
La base del 2° metatarsale è incastrata nella morsa dei cuneiformi. Questo spiega la frattura
frequente di questa base nelle lussazioni, essendo la lussazione tarso-metatarsale pura rara.
L’interlinea dell’articolazione di Lisfranc è molto irregolare con l’incastro di M2 Aspetto di fronte e di tre quarti
I meccanismi
Scala Urto posteriore Urto frontale in auto Caduta sulla punta del piede: Lussazione dorsale
Lussazione plantare
507
Classificazione delle lussazioni tarso-metatarsali
Lussazioni omolaterali
1 - Lussazioni spatolari: uno o più elementi della spatola si lussano all’esterno e in alto.
Lussazioni divergenti
1 - Lussazioni colonnari: il 1° metatarsale si lussa all’interno, mentre la spatola resta in sede. Molto
spesso c’è una frattura parcellare della base del 1° metatarsale.
Talvolta gravi lesioni delle parti molli: qui impiego di fili. La vascolarizzazione insufficiente può costringere
all’amputazione
- La riduzione chirurgica
E’ realizzata mediante 2 incisioni dorsali, centrate sul 1° e il 4° spazio intermetatarsale. Dei fili
percutanei adeguatamente posizionati permettono di fissare tutte le forme di lussazione e le fratture
associate.
2 incisioni dorsali permettono di accedere a tutti i metatarsi. Esempi di lussazioni spatolari e columno-spatolari
- Il riposizionamento-artrodesi d’emblée
E’ riservata ai casi in cui l’importanza delle fratture associate delle basi dei metatarsi o dei
cuneiformi e del cuboide non permettono di sperare nel recupero funzionale dell’articolazione.
509
Il riposizionamento-artrodesi secondario
Si rivolge ai casi inizialmente trascurati o ridotti male che evolvono verso dolori statici e artrosi
post-traumatica.
Callo vizioso in una lussazione passata inosservata Callo vizioso formatosi dopo fallimento della chirurgia
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510
LE FRATTURE DEI METATARSI
Frattura scomposta dell’apofisi stiloide del 5° metatasale: trattamento mediante filo e piccolo filo metallico
Le fratture da fatica
Sono spesso situate a livello del collo o delle diafisi e sono multiple.
Consolidano rapidamente in 3 o 4 settimane.
LE LUSSAZIONI METATARSO-FALANGEE
Vengono ridotte mediante trazione. Se la stabilità è insufficiente, si impiegheranno dei piccoli fili di
Kischner.