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SEMEIOTICA

TRAUMATOLOGIA

CAVIGLIA
PIEDE
J-L Lerat
Facoltà Lyon-Sud
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SEMEIOTICA TRAUMATOLOGIA CAVIGLIA PIEDE______________________________439


ANATOMIA DI SUPERFICIE – PALPAZIONE_________________________________________441
MOBILITÀ DELLA CAVIGLIA E DEL PIEDE_________________________________________443
l'ALLUCE VALGO__________________________________________________________________448
ALTRE PATOLOGIE DELL’ALLUCE________________________________________________451
PIEDE PIATTO VALGO STATICO___________________________________________________454
PIEDE CAVO______________________________________________________________________457
LE METATARSALGIE______________________________________________________________460
PIEDE PARALITICO_______________________________________________________________462
PIEDE TORTO VARO EQUINO CONGENITO_________________________________________464
ALTRE AFFEZIONI DEL PIEDE_____________________________________________________466
TRAUMATOLOGIA____________________________________________________________467
FRATTURE DEL COLLO DEL PIEDE________________________________________________467
I CALLI VIZIOSI DEL COLLO DEL PIEDE___________________________________________477
LE FRATTURE-DISTACCO EPIFISARIO DELLA CAVIGLIA___________________________479
LE ROTTURE DEL TENDINE D’ACHILLE____________________________________________487
LE FRATTURE DELL'ASTRAGALO__________________________________________________489
LE FRATTURE DEL CALCAGNO____________________________________________________495
LE LUSSAZIONI TARSO-METATARSALI____________________________________________505
LE FRATTURE DEI METATARSI______________________________________________________509
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RICHIAMO ANATOMICO DEL PIEDE

Organo di sostegno e di movimento, il piede è un organo molto strutturato, caratteristico della


specie umana. La sua funzione statica è ben studiata ma la sua funzione dinamica è ancora difficile
da comprendere. L’architettura del piede comprende 3 archi: interno, esterno e anteriore. Ci sono 3
zone di appoggio principali. Il bordo esterno del piede presenta una banda continua in contatto col
suolo, mentre invece il bordo interno manca di un appoggio centrale. L’altezza della volta è
variabile da un soggetto all’altro e si modifica a seconda dell’ appoggio. La sommità della volta
resiste a grandi forze di compressione. Alla base di essa ci sono dei legamenti plantari che resistono
agli sforzi di trazione.

Il piede è visto qui dal suo bordo interno, i 3 archi sono rappresentati con linee tratteggiate.
L’appoggio anteriore è costituito dalle teste dei 5 metatarsi e dalle dita. Il tallone è costituito da un
solo osso, il calcagno. Il tallone presenta un leggero valgismo fisiologico. L’arco anteriore è visibile
soprattutto sul piede in scarico. Al momento dell’appoggio tutte le teste poggiano normalmente al
suolo, ma sopportano pressioni diverse. Una iperpressione anormale localizzata si traduce in un
durone a quel livello.

ANATOMIA DI SUPERFICIE – PALPAZIONE

Le zone della palpazione sono rilievi anatomici ossei o tendinei facili da trovare.

A / Zone del bordo interno del piede da davanti a dietro: testa del primo metatarso, primo
cuneiforme, scafoide, malleolo interno, tubercolo posteriore dell’astragalo, sustentacolum tali del
calcagno, tendine anteriore della gamba, tendine posteriore della gamba.
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B / Zone del bordo esterno del piede da davanti a dietro: testa del 5° metatarso, stiloide del 5°
metatarso, inserzione del peroniero laterale corto, cuboide, calcagno e tendini peronieri, tubercolo
dei peronieri.

C / Zone plantari e posteriori.


L’esistenza di una esostosi ossea sotto la tuberosità del calcagno o “spina irritativa del calcagno”
può disturbare l’appoggio del tallone durante la deambulazione.
La palpazione del’aponevrosi plantare presenta talvolta un ispessimento nella “aponevrosite
plantare”.
Palpare accuratamente il tendine di Achille e la sua inserzione sul calcagno. Questo tendine può
presentare delle irregolarità fibrose nelle tendiniti croniche cosiccome nelle rotture traumatiche. Nel
caso di una rottura traumatica del tendine (talvolta favorita da una tendinite) ci può essere un vero e
proprio “colpo di scure” o una semplice depressione che si percepisce al momento della palpazione
del tendine nei primi 6 centimetri.

Pianta: aponevrosi plantare ispessita. Duroni. Palpazione del tendine di Achille (nodulo) o tacca (rottura inveterata).

La caviglia vista sulla faccia esterna con i 3 fasci del LLE. Il malleolo esterno è sempre più basso e
più arretrato dell’interno.
La caviglia vista sulla faccia interna con il LLI che si palpa sotto il malleolo interno e che si tende
imprimendo valgismo al retropiede.

Palpazione delle zone interne: sporgenza del tubercolo scafoide con


l’inserimento del TP e del malleolo con il LLI.
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MOBILITÀ DELLA CAVIGLIA E DEL PIEDE

Inversione Eversione Flessione dorsale Flessione plantare

Si deve apprezzare la mobilità attiva funzionale chiedendo al paziente di mettersi in piedi e di appoggiarsi
prima con la parte anteriore, poi sul tallone, quindi sui bordi esterni ed interni dei piedi al fine di valutare i
movimenti di inversione e di eversione. La flessione dorsale si compie per la maggior parte
nell’articolazione tibio-astragalica ed è di 20°. La flessione plantare arriva fino a 50°.
L’asse di flessione è obliquo e passa per la punta dei due malleoli. Se la flessione dorsale aumenta con la
flessione del ginocchio significa che esiste una retrazione del tricipite.

L’adduzione e l’abduzione sono molto ridotte. Se si tiene fermo il tallone con una mano e si blocca
la sotto-astragalica, il movimento si compie nella mediotarsale.

Il complesso sotto-astragalico è un insieme funzionale che comprende la sotto-astragalica e la


mediotarsale (astragalo-scafoide e calcaneo-cuboide). La combinazione dei movimenti che ne
deriva, con quelli della caviglia, è complessa.
Le ampiezze di inversione e di eversione sono poco importanti. L’inversione associa flessione
plantare, supinazione e rotazione interna del piede. L’eversione associa flessione dorsale,
pronazione e rotazione esterna del piede. Durante la deambulazione questi movimenti si compiono
in un piede appoggiato al suolo, essendo la gamba l’elemento mobile.
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La mobilità delle articolazioni metatarso-falangee può essere misurata con un goniometro.
Sul piano funzionale è importante soprattutto la flessione dorsale per consentire il normale
svolgimento del passo. La flessione plantare è più ridotta ed è indispensabile per sfruttare tutta la
potenza dei flessori. Si possono misurare anche le ampiezze delle articolazioni interfalangee.
Si deve testare la forza dei muscoli opponendosi alla loro azione: opporsi così all’estensione delle
dita e alla loro flessione, alla flessione plantare del piede attraverso il tricipite e all’estensione
del piede attraverso il tibiale anteriore. Infine bisogna opporsi all’inversione dovuta al tibiale
posteriore e all’eversione dovuta ai peronieri laterali.

Quando le ginocchia sono orientate sul piano frontale, i piedi sono in rotazione variabile da un soggetto all’altro in
funzione della torsione della tibia e della detorsione sottomalleolare.

L’asse dell’impronta plantare non si orienta allo stesso modo in tutti i soggetti in rapporto al
ginocchio. In effetti può esserci una torsione tibiale esterna più o meno importante (da 10° a 40°) e
raramente una torsione tibiale interna. Quando il ginocchio è di fronte il piede guarda perciò più o
meno verso l’esterno o verso l’interno.

Impronte plantari: fotopodogramma Podoscopio Detorsione sotto-malleolare

L’asse dell’impronta plantare non è perpendicolare all’asse bimalleolare. C’è in effetti una
detorsione sottomalleolare che diminuisce un po’ l’effetto della torsione esterna dello scheletro
della gamba.
Le impronte plantari possono essere esaminate al podoscopio o mediante fotopodogramma, che ha
il vantaggio di lasciare una immagine documentata, che si può comparare con altre per seguire
l’evoluzione del piede.
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BREVE STUDIO DEI DIFFERENTI TEMPI DELLA MARCIA ( DUCROQUET)

Durante la marcia c’è sempre un piede in contatto col suolo. La marcia richiede una reazione al
suolo che sostiene il peso del corpo in movimento. Poi si fa un movimento periodico di ciascun arto
inferiore nel senso della progressione.

1° tempo:
DOPPIO APPOGGIO POSTERIORE DI SLANCIO
Gli arti sono allargati, il posteriore è l’arto dinamicamente attivo, quello che assicura la
progressione o lo slancio.

2° tempo:
PERIODO OSCILLANTE o di LEVITAZIONE
L’arto destro si è staccato dal suolo, incrocia l’arto sinistro da dietro in avanti.

3° tempo:
DOPPIO APPOGGIO ANTERIORE (di RICEZIONE)
L’arto destro, dopo aver incrociato il sinistro in appoggio, raggiunge il suolo e riceve il peso del
corpo; deve inoltre misurare, frenare, regolare la progressione, armonizzare.

4° tempo:
APPOGGIO UNILATERALE
L’arto destro, che deve frenare, regolare, armonizzare lo slancio, diviene l’unico portante.

Appena uno di questi tempi è alterato si determina uno zoppicamento.


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ASPETTO DELL’APPOGGIO PLANTARE NEL PASSO

Lo studio dello svolgimento della marcia deve tenere conto dell’angolo del passo, molto variabile
da un soggetto all’altro (da 10° di rotazione interna a 20° di rotazione esterna), e dell’ampiezza del
passo.

Il centro di gravità e la marcia: durante la marcia il centro di gravità, che è situato a livello del
bacino, si sposta verticalmente. I suoi spostamenti descrivono una sinusoide (curva b), armoniosa
nel senso della progressione. Anche i suoi spostamenti laterali descrivono una curva sinusoidale (a)
di frequenza pari alla metà di quella della prima curva. La marcia comincia con un abbassamento
che trasforma energia potenziale in energia cinetica che sarà riutilizzata. Ciò spiega lo scarso
dispendio energetico della marcia.

LA MARCIA CON I PIEDI RIVOLTI ALL’INTERNO: UN DISTURBO FREQUENTE DELLA


MARCIA
Quando incominciano a camminare molti bambini possono essere impacciati da una andatura con i
piedi rivolti all’interno, a tal punto da essere soggetti a frequenti cadute. Ciò può essere dovuto ad
una anormale torsione interna della tibia o più frequentemente ad un’anteversione eccessiva dei
colli femorali. Tali torsioni femorali eccessive hanno la tendenza a correggersi un po’ fino all’età di
7-9 anni (vedere capitolo sull’anca). Qualche raro caso richiede correzioni chirurgiche.
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MORFOLOGIA DELL’AVAMPIEDE

Il piede ancestrale disteso Il piede nella scarpa

L’avampiede ha normalmente tendenza a distendersi, ma le costrizioni imposte dalla scarpa tendono


a comprimere l’alluce verso l’esterno (Alluce valgo) e il quinto dito verso l’interno (Quinto varo).
C’è una rottura dell’equilibrio che normalmente esiste tra l’adduttore dell’alluce e l’abduttore. Le
deformazioni esistenti hanno la tendenza ad accentuarsi per il gioco dei tendini flessori ed estensori
che prendono la corda delle angolazioni. La conseguenza più comune delle scarpe a punta aguzza è
la deviazione dell’alluce in valgo con spostamento del 2° dito che si solleva o si deforma in
artiglio. Gli effetti dei tacchi alti si sommano a quelli delle punte aguzze, causando un sovraccarico
a livello delle teste dei metatarsi. Le dita perdono il loro appoggio cercando di compensare
attraverso una flessione plantare delle falangi distali, cosa che si accompagna ad una estensione
delle articolazioni metatarso-falangee.

Piede egiziano: alluce (A) più lungo di D2 Piede greco: A più corto Piede quadrato: A = D2

La morfologia dell’avampiede è variabile: molto spesso si osserva un alluce più lungo delle dita
vicine: si tratta del piede egiziano. E’ il morfotipo più a rischio di deformazione in alluce valgo.
L’ispezione consente di notare l’esistenza di duroni sviluppati a livello delle zone dove l’appoggio è
eccessivo: sia sotto le dita che, più sovente, davanti alle teste metatarsali.
Si formano a volte anche dei duroni sul piano dorsale delle articolazioni interfalangee, molto spesso
a livello del quinto dito.
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L'ALLUCE VALGO

L’affezione del piede più frequente è la deformazione dell’alluce in valgismo. Già nell’adolescente,
soprattutto nella ragazza, esistono delle condizioni per cui l’alluce si deformi in valgo: la
crescita rapida del piede e le calzature inadatte, sempre troppo triangolari. Talvolta l’esistenza di un
metatarso varo (metatarsus varus), così come di un alluce troppo lungo (piede egiziano), favorisce
l’evoluzione dell’alluce valgo.

Alluce valgo: La deformazione è accentuata dalla trazione dei tendini Sporgenza di M1 con igroma da contatto

Riposizionamento delle dita vicine

L’alluce valgo è una deformazione complessa del primo raggio caratterizzata da:
- deviazione dell’alluce verso l’esterno (angolo B), che passa sopra o sotto al secondo dito
- rotazione dell’alluce con faccia plantare rivolta verso l’esterno e unghia ruotata verso l’ interno
- il primo metatarso si sposta verso l’interno: metatarso varo (angolo A)
- l’angolazione aumenta dopo la comparsa a causa del gioco muscolare. In effetti l’inclinazione
dell’alluce modifica il tragitto del tendine dell’estensore proprio dell’alluce, il quale “prende la
corda dell’arco” e il flessore segue la stessa sorte. La contrazione di questi muscoli accentua la
deviazione
- si origina una sublussazione progressiva della prima articolazione metatarso-falangea
- sporgenza della testa del primo metatarso che entra in conflitto con la scarpa, cosa che provoca
una
- borsite o un igroma infiammatorio a fronte del rilievo dell’osso.
L’infezione è sempre possibile a questo livello. Il conflitto con la scarpa può essere all’origine di
un’irritazione del piccolo nervo collaterale sottocutaneo, con conseguente aumento dei dolori.

Successivamente la testa del metatarso può lussarsi in rapporto ai sesamoidi situati normalmente
sotto la testa del primo metatarso. Essi compaiono nel primo spazio inter-metatarsico sulla
radiografia della faccia in appoggio. I sesamoidi possono causare dolore a causa dello svilupparsi di
un’artrosi tra essi e il metatarso.
L’evoluzione si ha verso l’artrosi dell’articolazione metatarso-falangea e verso il deterioramento
delle dita vicine che si deformano. Molto spesso si hanno metatarsalgie a livello dei metatarsi medi
che si manifestano con un difetto nell’appoggio dell’alluce.
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L’incidenza di Guntz mostra i sesamoidi centrati normalmente sotto la testa di M1 o decentrati nell’alluce valgo

Alcune incidenze speciali liberano i sesamoidi e le teste dei metatarsi, in particolare l’incidenza di
GUNTZ. All’esame si percepiscono i sesamoidi sotto la testa del metatarso contro cui li si applica
in flessione dorsale.

TRATTAMENTO DELL'ALLUCE VALGO


Il trattamento è innanzitutto preventivo evitando di portare calzature con tacchi alti e a punta che
favoriscono la deformazione triangolare dell’avampiede. Quando i dolori diventano invalidanti e
l’indossare calzature penoso si può prendere in considerazione il trattamento chirurgico. Si dispone
di numerose tecniche chirurgiche che si adattano a ogni caso particolare.

La resezione semplice dell'esostosi


E’ il procedimento più semplice. L’esostosi, rappresentata dalla sporgenza interna della testa del
metatarso, è talvolta resecata nei casi a lenta evoluzione accompagnata solo da dolori. In generale
questo gesto è associato ad altri, in particolare alla liberazione laterale.

La liberazione laterale
Ha per principio di liberare gli attacchi tra la testa del metatarso e i sesamoidi in modo che questa
possa riposizionarsi sugli stessi. Il sesamoide esterno resterà attaccato all’adduttore.

La resezione della base della falange (KELLER-LELIÈVRE)

E’ associata alla regolarizzazione del metatarso. Ha il vantaggio di


essere semplice e di accorciare il primo raggio, cosa che consentirà di
evitare la recidiva. Gli inconvenienti sono l’eliminazione della
superficie di scorrimento della falange (con una neoarticolazione che
si riforma ma che non sempre ha una mobilità normale) e
l’arretramento dei sesamoidi con perdita della forza di flessione.

L'artroplastica di REGNAULD
Permette di conservare la base della falange che viene
risagomata dopo osteotomia per incastrarsi nella diafisi,
creando un accorciamento adeguato con
preservazione della cartilagine.
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L'operazione di MAC BRIDE

Ha lo scopo di correggere la deviazione attraverso una trasposizione


muscolare attiva dell’adduzione dell’alluce. E’ il tendine
dell’adduttore dell’alluce che viene disinserito dal lato esterno del
metatarso e reinserito in tensione dal lato interno. E’ indicata solo nei
casi in cui il primo raggio non è troppo lungo. E’ sovente associata
alla resezione dell’esostosi.

L'osteotomia della falange


Osteotomia cuneiforme semplice che
corregge l’angolazione, oppure trapezoidale
che permette allo stesso tempo un
accorciamento (gesti associati alla
resezione dell’esostosi).
Le osteosintesi di queste piccole osteotomie
sono molto migliorate con l’utilizzo di
piccole cambre, in particolare quelle a
memoria di forma che sono costruite per
esercitare una compressione.

Le osteotomie del 1° metatarso


Osteotomia d’apertura della base di M1 e osteotomia di chiusura di F1 (+ resezione dell’esostosi).
Oppure osteotomia della base per correggere il metatarso varo, associata ad osteotomia della
falange.

Osteotomia di apertura di M1 e chiusura di P1 Doppia osteotomia della base di P1 e del collo di M1

L'osteotomia "SCARF"
Resa popolare da WEIL, “Scarf” è l’abbreviazione americana di un procedimento da carpentiere, da
cui è derivata questa varietà di osteotomia. Si tratta di una osteotomia orizzontale del metatarso,
realizzata su tutta la lunghezza della diafisi, che consente un’osteosintesi con 2 micro-viti e
permette di accorciare il metatarso, il tutto correggendo le deformazioni, facendo ruotare e traslare i
frammenti sul piano orizzontale.
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ALTRE PATOLOGIE DELL’ALLUCE

Arco laterale dell’alluce

Questa deformazione non deve essere confusa con l’alluce valgo.


L’arco è un’angolazione della falange stessa e non dell’articolazione
metatarso-falangea. Il secondo dito è a “collo di cigno” poiché è
compresso dalla falange distale dell’alluce.

Alluce varo: l’alluce è deviato verso l’interno.

Alluce flesso: l’alluce è fisso in flessione plantare.

Alluce rigido
Si tratta dell’artrosi primitiva dell’articolazione metatarso-falangea dell’alluce (che può avere inizio
nell’adolescente). Si manifesta con rigidità e dolori. Il difetto di flessione della M-F causa una
mancanza di appoggio della falange al suolo, che può essere esso stesso responsable di un
sovraccarico dei matatarsi vicini. Come in tutte le artrosi c’è un pizzicamento dell’interlinea
articolare M-F e si formano degli osteofiti che che possono dar luogo ad una vera e propria esostosi.
Il trattamento è sia un’artrodesi, sia un’artroplastica. Si può fare un’artroplastica modellante
semplice che restituisce mobilità, ma il risultato è spesso imperfetto e temporaneo. Si può anche
procedere ad un’artroplastica, inserendo una protesi che sostituisce completamente l’articolazione.

Le esostosi osteogeniche sotto-ungueali


Sono osteocondromi (tumori benigni) molto dolorosi alla pressione dell’unghia (A) che bisogna
resecare.
L’unghia dell’alluce può deformarsi: per onicogrifosi (B), per un’unghia incarnita accompagnata
talvolta da infiammazione e infezione (C), per una micosi o una psoriasi (D).

A B C D
DEFORMAZIONI DELLE ALTRE DITA
Dita ad artiglio
La deformazione «ad artiglio» delle dita è molto frequente. La si vede sovente in associazione col
piede cavo per probabile disequilibrio dei muscoli. Si possono vedere artigli distali o totali. La
conseguenza di questa deformazione è un appoggio eccessivo dell’estremità del dito al suolo,
oppure la formazione di duroni per conflitto delle articolazioni inter-falangee con la scarpa. Sovente
tutte le dita esterne sono coinvolte.
Gli artigli fastidiosi vengono corretti mediante artrodesi o con resezioni artroplastiche di una o di
due teste falangee a seconda che si tratti di un artiglio distale o totale.
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Dita a martello
Questa deformazione è caratterizzata da un’ipertensione della M-F con una flessione della prima
articolazione inter-falangea ed un conflitto dorsale con la scarpa. La seconda articolazione inter-
falangea è in estensione e il dito si appoggia al suolo con il polpastrello. Conseguenza
dell’iperestensione della prima falange è spesso una sublussazione, poi una lussazione
dell’articolazione metatarso-falangea.

E’ spesso necessario il trattamento chirurgico.


Si procede soprattutto ad artrodesi inter-falangee prossimali in leggera flessione. Essendo la causa
sovente un raggio troppo lungo, si accorcia con una osteotomia il metatarso corrispondente.
L’osteotomia viene fatta sia alla base del metatarso (GIANNESTRAS), sia a livello della diafisi
(HELAL), sia con l’osteotomia di WEIL che è una osteotomia orizzontale fissata con una vite con
scavalcamento e conservazione dell’articolazione. Si vede l’azione dell’accorciamento nella
riduzione delle lussazioni M-F e nella diminuzione del carico sulla testa (per l’azione sulle
metatarsalgie vedi capitolo specifico).

Osteotomia di traslazione di WEIL Osteotomia Scarf di M1, di P1 e Weil di D2 e D3

Caso particolare del 5° dito: Quinto varo

Deformazione del quinto dito che ha la tendenza ad accavallarsi al quarto. La deformazione può
provocare una borsite per conflitto della sporgenza con la scarpa. Il disturbo funzionale giustifica
talvolta una correzione chirurgica. L’operazione consiste di solito nel resecare la base della falange
e nel fare una plastica cutanea.
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Quinto varo e suo trattamento per resezione artroplastica della base di P1

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PIEDE PIATTO VALGO STATICO

Il piede piatto è un crollo della volta plantare ed è caratterizzato da una caduta dell’astragalo con
eversione medio-tarsica, adduzione dell’avampiede e calcagno valgo. Verso l’interno c’è una
sporgenza dell’astragalo che può entrare in conflitto con la scarpa.
Nel bambino piccolo il piede è normalmente piatto. Gli archi plantari non sono definitivamente
formati se non dopo diversi anni di marcia.

- Quando il piede rimane piatto nel corso della crescita il bambino può essere ostacolato nella
marcia e ci può essere un’usura anormale delle scarpe.
- Raramente ci sono altri problemi di cui preoccuparsi, in particolare raramente ci sono dolori.
- Si vede sovente un ginocchio valgo in associazione ai piedi piatti.
- Talvolta il piede piatto proviene da un’anomalia dell’astragalo o da una paralisi dei muscoli degli
arti inferiori dovuta ad una poliomielite o ad una miopatia.
Il podoscopio e il fotopodogramma consentono di analizzare la forma delle impronte plantari e di
classificare i piedi piatti in 3 gradi.

Piede piatto di grado 1 grado 2 grado 3 Sfondamento dell’arco interno

E’importante notare se il piede piatto è flessibile, cioè se si corregge in scarico o se al contrario è


fisso in tutte le posizioni.

Radiologia del piede piatto


I segni radiologici principali sono:
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- La linea di SCHADE A-B corrisponde all’allineamento degli assi dell’astragalo e del 1°
metatarso.
- L’angolo di MEARY corrisponde all’angolazione degli elementi di questa linea (asse
dell’astragalo e asse del 1° metatarso). L’angolo, normalmente di zero gradi, è aperto in alto in caso
di piede piatto.
- L’angolo di ROCHER è l’angolo R tra il bordo inferiore del calcagno e il primo osso metatarsale.
- L’angolo di HIBBS è delimitato dall’asse del calcagno con il primo metatarsale.

Angoli di Rocher e di Hibbs in un piede normale Angolo di Méary in un piede piatto

- Le sinostosi calcaneo-scafoidee (che talvolta non sono visibili che su lastre di 3/4) possono
spiegare certi piedi piatti evolutivi di bambini o di adolescenti. La saldatura anormale tra le due ossa
disturba lo sviluppo armonioso della parte posteriore del piede e l’astragalo bascula intorno al
blocco formato dal calcagno e dallo scafoide.
Tali piedi piatti per sinostosi possono presentare dolori (contrariamente al piede piatto statico).

Piede piatto Valutare le sinostosi calcaneo-scafoidee (possibile causa di piede piatto)

TRATTAMENTO DEL PIEDE PIATTO

Trattamento ortopedico
Nella maggior parte dei casi il trattamento consiste nel portare scarpe
ortopediche, talvolta è indicata la chinesiterapia.
Il piede piatto flessibile può richiedere una soletta detta attiva in una
scarpa a contrafforte rigido.
La soletta contemplerà un cuneo supinatore posteriore che permette di
correggere il calcagno valgo ed un cuneo pronatore dell’avampiede che
consente una detorsione di questo.
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Trattamento chirurgico

Nel bambino in crescita le grosse deformazioni possono eccezionalmente giustificare la chirurgia.


Si possono proporre diversi tipi di intervento:
- stabilizzazione astragalo-calcaneare temporanea durante la crescita per mezzo di una vite
(operazione del “cavaliere” di JUDET) o mediante una protesi in silastic introdotta nel seno del
tarso e fissata con una vite. Questo tipo di operazione ha lo scopo di evitare il basculamento
dell’astragalo e di mantenere rapporti normali tra le ossa del tarso durante il periodo del loro
sviluppo al fine di prevenirne la deformazione. Quando la crescita è finita e l’architettura delle ossa
del piede posteriore è normale, si può liberare l’articolazione sotto-astragalica e rimuovere il
materiale.
- operazione di GRICE, che utilizza un innesto osseo tra l’astragalo e il calcagno. E’ un’artrodesi ed
è riservata al piede piatto paralitico. Le indicazioni dipendono dall’eziologia.

Operazione di JUDET (fissaggio con vite astragalo-calcaneare) Operazione di GRICE Raramente, tripla artrodesi

Nei casi inveterati e mal tollerati dall’adulto, che sono eccezionali, si possono proporre delle
artrodesi sotto-astragaliche e mediotarsiche, dopo resezione correttiva della deformazione.

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PIEDE CAVO

L’accentuazione dell’arco longitudinale del piede cavo è dovuta ad uno squilibrio muscolare. La
deformazione associa un’accentuazione della volta e un varo del piede posteriore.
Bisogna sempre ricercare un’anomalia alla visita neurologica (spasticità, postumi della poliomielite,
malattia di FRIEDRIECH, di CHARCOT-MARIE). Molto spesso non si trova niente di anormale.
Più raramente il piede cavo è legato ad una fibrosi muscolare del compartimento posteriore della
gamba di origine ischemica (sindrome di VOLKMANN della gamba). In certi casi si scopre sulla
radiografia lombare una spina bifida occulta.

La deformazione
C’è un’esagerazione della concavità plantare la cui sommità si situa a livello del tarso anteriore o
della medio-tarsica, cosa che fa dividere il piede cavo in due categorie: piedi cavi posteriori e piedi
cavi anteriori. Nel piede cavo posteriore il calcagno è in varo e si verticalizza (es: paralisi del
tricipite, poliomielite). Quando i muscoli anteriori sono paralizzati, l’avampiede cade. Quando il
tibiale posteriore è attivo, il piede si incava ancora di più. C’è sempre una retrazione
dell’aponevrosi plantare e dei muscoli corti. I muscoli intrinseci del piede si indeboliscono e le dita
si ritraggono ad artiglio. All’inizio le dita toccano ancora il suolo col polpastrello ma più tardi
perdono del tutto il contatto col suolo.

Deformazione tipica del piede cavo

Piede cavo con retrazione dell’aponevrosi plantare Piede flessibile e piede fisso (dislivello fra tallone e metatarsali)

Alla visita si rileva un dislivello tra la sporgenza del tallone e la sporgenza del metatarso. La forma
di questo piede può modificarsi al momento dell’appoggio, cosa che consente di fare distinzione tra
piedi cavi rigidi e piedi cavi flessibili.
C’è un varismo costante del calcagno e spesso l’avampiede è varo e in adduzione: piede cavo-varo
in opposizione al piede cavo-diretto dove gli appoggi di M1 eM5 sono simmetrici.

Calcagno in varo Piede cavo varo


Al podoscopio la banda di appoggio corrispondente al bordo esterno del piede scompare tra il 1° e il
3° grado in cui i due appoggi anteriore e posteriore sono completamente separati. L’appoggio delle
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dita sparisce nel 3° grado. Si possono vedere dei piedi cavi con una sporgenza interna del tarso che
può portare ad una confusione col piede piatto.

L’esagerazione dell’appoggio anteriore determina la progressiva insorgenza di metatarsalgie. I


dolori sono localizzati soprattutto sulle teste del 1° e del 5° metatarso, dove compaiono anche
dei duroni. Talvolta ci sono dei duroni plantari distinti su tutte le teste dei metatarsi.
Radiografie: L'angolo di MEARY è aperto verso il basso.

Trattamento del piede cavo


Il trattamento abituale del piede cavo è ortopedico,
basato sul posizionamento di solette destinate a
sostenere la volta plantare e a scaricare le zone
dolorose di iper-appoggio, in particolare sotto le
teste dei metatarsi. E’ possibile portare un cuneo
pronatore posteriore.

Il trattamento chirurgico è raramente necessario prima dell’età di 12 anni e in questi casi mira a
correggere le dita ad artiglio, ad eseguire aponevrotomie e capsulotomie per correggere le retrazioni
delle parti molli. Talvolta bisognerà correggere l’insieme della deformazione, ma mai prima dei 12
anni. In funzione della deformazione e dei dati delle radiografie sotto carico, la correzione
chirurgica dovrà vertere sul piede posteriore o sul mediotarso. Si è talvolta portati a correggere le
deformazioni ossee con metatarsectomie, tarsectomie o con osteotomie del calcagno (DWYER).
L’osteotomia di DWYER corregge il varismo del calcagno resecando un cuneo osseo esterno.

L'osteotomia di DWYER corregge il varo del calcagno resecandone un cuneo osseo esterno
459
Metatarsectomie
Resezione cuneiforme o trapezoidale a livello della base dei 5 metatarsi. Questa operazione è
indicata nelle deformazioni anteriori.

Metatarsectomie + artrodesi
La resezione viene effettuata nell’articolazione tarso-metatarsale di LISFRANC.

Tarsectomie anteriori
L’osteotomia passa attraverso lo scafoide e il cuboide. Il tratto anteriore passa attraverso i 3
cuneiformi. Questa operazione è indicata se la sommità del cavo è dislocata molto indietro.

Tarsectomie classiche e resezione-artrodesi sotto-astragalica e medio-tarsale.


Queste operazioni riducono lo slivellamento. Hanno l’inconveniente di bloccare delle articolazioni e
di accorciare il piede. Sono indicate soltanto per i piedi cavi posteriori. Talvolta è necessario
resecare maggiormente il calcagno per renderlo orizzontale (BERTRAND). Nello stesso tempo si
può correggere anche il calcagno varo.
460
LE METATARSALGIE

Le metatarsalgie (dolori sotto le teste dei metatarsi) nelle maggior parte dei casi sono legate a
compressioni anomale sulle teste dei metatarsi: sono metatarsalgie statiche.
Le metatarsalgie statiche hanno cause diverse:
- avampiede sfondato (avampiede piatto, sovraccarico da obesità). L’avampiede piatto è
caratterizzato da un cedimento delle teste dei metatarsi al momento dell’appoggio; lo si può trovare
soprattutto in associazione col metatarso varo congenito e l’alluce valgo.
Le metatarsalgie sono frequenti nelle donne di mezza età, nelle quali sono di solito associate ad un
insufficiente appoggio dell’alluce con conseguente appoggio esagerato sui metatarsi vicini. I
sintomi sono legati soprattutto all’attività.
- anomalia morfologica con metatarsi troppo lunghi o troppo verticali (piede cavo, equinismo).

L’avampiede armonioso ha M1 uguale a M2 e gli altri metatarsi sono più corti (Maestro-Besse)

Esistono differenti morfotipi di avampiede, alcuni portatori di metatarsalgie

Talvolta le metatarsalgie possono essere dovute ad altre cause come una frattura da affaticamento,
una osteocondrite della testa del metatarso (malattia di FREIBERG) o presenza di neuromi dei nervi
interossei (malattia di MORTON).

Le alterazioni dell’equilibrio dell’appoggio plantare anteriore si traducono in un sovraccarico delle


teste dei metatarsi, piede cavo (A), avampiede curvo (B), differente lunghezza dei metatarsi (C).
L’iperpressione favorisce lo sviluppo di lesioni che interessano le strutture dell’avampiede:
- lesioni dei tegumenti: ipercheratosi (calli e duroni),
- lesioni ossee: talvolta osteite (duroni infettati) o fratture spontanee,
- lesioni articolari: dita ad artiglio per alterazione dell’equilibrio tra flessori e estensori.

L'arco anteriore normale si caratterizza per un appoggio predominante sul 1° e sul 5° metatarso. Il
cedimento dell’arco anteriore (B) accentua l’appoggio sui metatarsi medi. Questo può portare a
un’inversione dell’arco, nell’avampiede rotondo, con appoggio su M2, M3 e M4 (C).

Trattamento delle metatarsalgie


Di solito le metatarsalgie statiche rispondono bene all’adozione di plantari ortopedici che scaricano
le zone dolorose. Il plantare ortopedico con barra d’appoggio dietro le teste dei metatarsi (A)
corregge gli appoggi anormali. Lo si può prescrivere negli avampiedi rotondi e nei piedi cavi.
461
Invece di sollevare i metatarsi dietro la zona dolorosa si può anche scavare il plantare a questo
livello (B), cosa che attenua i dolori.

La correzione chirurgica delle deformazioni come l’alluce valgo è auspicabile e allevia le


metatarsalgie. Si possono anche realizzare delle osteotomie a livello dei metatarsi.

Si può a volte proporre nel piede rotondo degli interventi destinati ad accorciare i metatarsi lunghi:
metatarsectomie alla base (vide supra), resezione delle teste metatarsali (allineamento delle dita di
LELIÈVRE), accorciamento a livello dei colli dei metatarsi (REGNAULD) (C) o osteotomie
metatarsali di accorciamento (WEIL).

Resezione delle teste di LELIÈVRE Accorciamento di REGNAULD Osteotomia di WEIL

Attualmente queste osteotomie sono praticate dopo determinazione delle lunghezze metatarsali
ottimali su abachi e si realizzano una o più osteotomie per ridare all’avampiede un’architettura
conforme. Oltre all’accorciamento ottenuto dalla traslazione, si può ottenere anche la riduzione
delle lussazioni delle metatarso-falangee.

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462
PIEDE PARALITICO

Nella maggior parte delle paralisi c’è un disequilibrio fra i muscoli flessori ed estensori, cosa che
porta a deformazioni a volte considerevoli che si stabilizzano con lo sviluppo. Nella poliomielite, si
vede spesso costituirsi un piede cavo equino per paralisi dei muscoli anteriori.

Piede equino per paralisi Piede equino poliomielitico


dei muscoli anteriori

Quando c’è una paralisi del tricipite e dei flessori, si determina un piede talo: si vedono dei piedi
tali diretti e dei talo-cavi.

Piede talo diretto Piede talo cavo

Allorché ci sia una rottura dell’equilibrio fra i flessori e gli estensori, la testa metatarsale si sfonda e
si determina una deformazione ad artiglio.

Paralisi del nervo sciatico popliteo esterno

Quando c’è una paralisi dello sciatico popliteo esterno (di solito post-traumatica), la marcia è
turbata dal "piede che cade" o steppaggio: il piede che oscilla è deviato in varo equino (A) ;
raggiunge il suolo con la punta e il bordo esterno (B). L’appoggio corregge l’atteggiamento vizioso,
ma questo si ripropone quando il piede viene sollevato di nuovo. Per evitare di strofinare il piede
per terra, il soggetto piega il suo ginocchio.

Steppaggio

L'attrezzatura impiegata consiste nell’impiego di una stecca rigida all’interno della scarpa, oppure
nell’installare un richiamo elastico per rimediare al deficit di flessione dorsale attiva, attendendo i
segni di recupero nervoso.
463

Apparecchi rigidi anti-steppaggio posizionati nella scarpa Sollevatore elastico

Il trattamento chirurgico delle paralisi definitive dello SPE:

1 – Correzione attraverso trasposizione tendinea del tibiale posteriore anteriormente, attraverso la


membrana interossea. Diviene così un elevatore del piede.

2 – Correzione mediante artrodesi sotto-astragalica e medio-tarsale.


La resezione sotto-astragalica è maggiore anteriormente, al fine di orizzontalizzare il piede
(operazione di LAMBRINUDI).

3 – Si può anche realizzare un’artrodesi tibio-astragalica, che ha il vantaggio di stabilizzare bene


l’articolazione, ma il cui inconveniente è di far sparire ogni movimento di flesso-estensione. Questa
artrodesi è indicata nei casi in cui esista un equinismo irriducubile per retrazione posteriore.

Artrodesi tibio-astragaliche: Méary Crawford-Adams Charnley

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464
PIEDE TORTO VARO EQUINO CONGENITO

Il piede torto varo equino congenito (P.T.V.E.) è la più frequente delle malformazioni congenite del
piede e tutti i neonati devono essere esaminati per una diagnosi sistematica.
La deformazione è complessa: associa un VARO del retro piede, un’ADDUZIONE dell’avampiede,
un EQUINISMO per retrazione del tendine d’Achille e un’INVERSIONE.

Esame nel neonato: se il piede sembra fisso in inversione, tenere la gamba e toccare delicatamente il
bordo esterno del piede. Se il piede è normale, il bambino risponderà con una dorsiflessione. Se il
piede è torto, non ci sarà reazione. Se il bambino non risponde normalmente alla stimolazione,
flettere delicatamente il piede: nel bambino normale, si può portare il piede sulla tibia.

Posizione fetale Piede torto varo equino


Radiografia
- Di profilo, oltre all’atteggiamento in equinismo, si constata nel P.T.V.E. una tendenza al
parallelismo degli assi astragalico e calcaneare, che sono obliqui in basso e in avanti.

- Di fronte, nel piede normale, l'asse dell’astragalo e quello del 1° metatarsale sono sovrapposti. Nel
P.T.V.E. c’è una grande divergenza.

Evoluzione
Nei casi non trattati, le retrazioni delle parti molli impediscono il normale sviluppo dello scheletro e
si ha una deformazione delle ossa del tarso che rende le deformazioni permanenti.

Trattamento del P.T.V.E


Deve essere intrapreso immediatamente, dalla nascita. Consiste nel fare eseguire delle
manipolazioni correttrici da fisioterapisti specializzati, seguite da un contenimento con stecche
gessate o plastiche al fine di mantenere il guadagno conseguito. I risultati sono di solito
soddisfacenti, evitando l’intervento chirurgico.
Liberazione delle parti molli: in qualche caso, soprattutto quelli visti tardivamente, la chirurgia è
necessaria per liberare i tessuti retratti, in particolare mediante sezione delle aponevrosi plantari,
delle capsule articolari e allungamento del tendine di Achille, dei tendini flessori, tibiale posteriore,
fino ad ottenere una correzione soddisfacente. Tale correzione viene in seguito mantenuta con
metodi ortopedici.
465
I casi non trattati necessitano di correzioni chirurgiche mediante resezioni di ossa e di artrodesi del
metatarso e dell’articolazione sottoastragalica.

Piede torto inveterato di un adulto Appoggio sul bordo esterno del piede

Aspetto del piede che guarda all’indietro. L’altro piede era identico prima dell’operazione
466
ALTRE AFFEZIONI DEL PIEDE

LA SCAFOIDITE TARSALE O MALATTIA DI KOHLER


Si tratta di un’osteocondrosi dello scafoide tarsico che si sviluppa nel
periodo che va dai 3 ai 10 anni. Un dolore sul bordo interno del piede attira
l’attenzione. I sintomi recedono spontaneamente dopo qualche mese e non c’è
bisogno di trattamento chirurgico. L’aspetto radiologico è un addensamento
dell’osso con un appiattimento. Solette di sostegno della volta plantare
alleviano i dolori.

LA MALATTIA DI SEVER
Osteocondrosi della grande apofisi del calcagno.
Si manifesta con dolori al tallone tra i 6 e i 12 anni e alla
radiografia si rileva un’anomalia della grande apofisi del
calcagno con condensazione e frammentazione. Si pensa
che si tratti di una osteocondrosi favorita da traumatismi
ripetuti dell’inserzione del tendine di Achille. La
guarigione è spontanea.

L’ARTRITE REUMATOIDE
Il piede e la caviglia sono spesso colpiti durante la PR e le deformazioni sono severe e multiple. Si
vedono piedi piatti, avampiedi piatti, alluci valghi, dita ad artiglio e lussazioni dei M-F, essendo
tutte queste deformazioni favorite dalla distruzione delle intercapedini articolari. Le metatarsalgie
sono frequenti. Si utilizzano le scarpe ortopediche per evitare la chirurgia, ma spesso si devono fare
delle artrodesi delle dita e dei M-F.
Attualmente nella PR si fanno sempre più spesso delle protesi articolari alla caviglia con buoni
risultati. E’ importante conservare mobilità alla caviglia poichè le altre articolazioni dell’arto
inferiore vengono molto compromesse durante la PR.

SINDROME DEL CANALE TARSALE


Il nervo tibiale posteriore può essere compresso nel suo passaggio nel canale tarsico verso la pianta
del piede provocando dolorosi bruciori nel piede e nelle unghie e parestesie. Si tratta di una
sindrome canalare che è rara e che può giustificare talvolta una liberazione chirurgica.

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467
TRAUMATOLOGIA

FRATTURE DEL COLLO DEL PIEDE

Richiamo anatomico e fisiologico della caviglia

L’articolazione della caviglia è sovente paragonata ad un mortasa. La pinza bimalleolare è la


mortasa e l’astragalo costituisce il tenone. I legamenti interni ed esterni solidarizzano i malleoli con
l’astragalo e il calcagno. La maggior parte del carico è sostenuto dalla tibia, ma una porzione del
carico è anche trasmesso al perone.
Dei legamenti resistenti solidarizzano il perone con la tibia (legamenti tibio-peroneali con due fasci:
anteriore e posteriore). La loro integrità è essenziale perché la pinza malleolare sia efficace, con una
buona trasmissione del carico al perone. E’ fondamentale ridurre le diastasi e ristabilire la
morfologia della mortasa nelle fratture della caviglia.

La mortasa tibio-astragalica o tibio-talica e i legamenti

Quando la caviglia si flette dorsalmente, l’astragalo provoca un allontanamento dei malleoli (a


causa della sua forma più larga in avanti). La stabilità della mortasa tibio-astragalica è direttamente
legata a questo “auto-serraggio” della puleggia astragalica per mezzo della pinza malleolare in
funzione del grado di dorsiflessione. I legamenti hanno un ruolo fondamentale in questa
stabilità.

Anche i tendini sono molto importanti per stabilizzare la caviglia. I muscoli sono ripartiti in
funzione della loro azione, “varizzando” e “valgizzando” e si equilibrano. I muscoli peronieri
laterali sono valgizzanti mentre il tibiale posteriore e, ad un livello inferiore, i flessori delle dita
sono varizzanti. L’equilibrio fra questi tendini è determinante per la stabilità della caviglia ed
essi giocano un ruolo che si evidenzia molto chiaramente dopo le rotture legamentari, quando
permane una lassità legamentare cronica. In effetti la rieducazione appropriata dei muscoli
stabilizzatori (rieducazione propriocettiva) può mascherare l’insufficienza dei legamenti.

Mobilità nella tibio-astragalica Duomo astragalico più largo in avanti Tendini varizzanti e valgizzanti
468
Radiografia della caviglia
Le radiografie della caviglia devono essere interpretate in funzione di un certo numero di proiezioni
diverse.
Una radiografia di fronte, fatta con i piedi paralleli, non mostra mai la caviglia di fronte poichè
l’asse della caviglia non è perpendicolare a quello del piede (“detorsione sotto-malleolare” da 10° a
25°). Il malleolo esterno è più posteriore del malleolo interno. I malleoli si sovrappongono un po’.
La sporgenza dell’ombra del perone sulla tibia (T) è normalmente circa il doppio dello spazio
chiaro tra il bordo del perone e la trabecola anteriore del malleolo tibiale (C). In caso di diastasi
tibio-peroniera questo spazio aumenta, ma è talvolta difficile scoprire le diastasi piccole. Bisogna
imparare anche ad apprezzare la sublussazione dell’astragalo in rapporto alla tibia che si traduce in
una leggera apertura dell’interlinea. Nell’immagine di lato le due superfici articolari devono essere
congruenti. Una piccola rotazione mostra non più due linee parallele ma due paia di linee parallele.

LE FRATTURE MALLEOLARI
Le fratture dei malleoli sono fra le più frequenti.

Malleolo esterno
- Le linee di frattura del malleolo esterno sono trasversali, spiroidi o comminute.
- Il livello delle linee di frattura è definito in base alla situazione rispetto ai legamenti tibio-
peroneali (DANIS) oppure, che è la stessa cosa, rispetto ai tubercoli malleolari (DUPARC). Ci sono
delle fratture sovra-legamentari, inter-legamentari e sotto-legamentari.

Malleolo interno
- Le linee malleolari interne sono trasversali o oblique (talvolta quasi verticali). Cominciano molto
spesso a livello dell’interlinea. Le fratture della punta corrispondono ad avulsioni del legamento
collaterale interno.
469
Le fratture dei malleoli sono spesso associate a:
- rotture dei legamenti interni o esterni oppure avulsioni delle inserzioni ossee, lesioni che sono
considerate equivalenti alle fratture. Le lesioni ossee e legamentose della caviglia corrispondono
agli stessi meccanismi.
- fratture del pilone tibiale: sono soprattutto fratture marginali posteriori, il cui frammento è di
misura variabile (fratture tri-malleolari). A volte si vedono fratture marginali anteriori (tubercolo di
TILLAUX avulso dal legamento tibio-peroneale anteriore).
- lesioni osteo-condrali o condrali del duomo astragalico o del pilone tibiale.

Classificazione

Una classificazione anatomo-patologica è d’obbligo se si vogliono comprendere bene le lesioni e


soprattutto comprendere le indicazioni terapeutiche. I lavori di LAUGE et HANSEN vi hanno
contribuito notevolmente e hanno portato ad una classificazione complessa, basata sui meccanismi.
La classificazione di DUPARC è più semplice, integrando la localizzazione anatomica dei tratti di
frattura e i meccanismi principali, che sono dei movimenti forzati in adduzione, in abduzione e
soprattutto in rotazione esterna.

1 / LE FRATTURE IN ADDUZIONE

La loro frequenza è pari al 5-10 % dei casi.

Allo stadio 1: Il primo elemento rotto è il legamento collaterale esterno (ci può essere un’avulsione
della punta del malleolo esterno) o una frattura orizzontale sotto-legamentosa.

Allo stadio 2: L’adduzione dell’astragalo provoca una frattura del malleolo interno. La linea di
frattura è verticale.

Stadio 1 Stadio 2

2 / LE FRATTURE IN ABDUZIONE

La loro frequenza è pari al 20 %. L’astragalo è forzato in abduzione con il piede in eversione.

Allo stadio 1: Il primo elemento leso è il malleolo interno, con una frattura orizzontale (il
collaterale interno può rompersi, o la punta del malleolo interno venire strappata).

Allo stadio 2: L’articolazione tibio-peroneale inferiore si apre, con rottura dei 2 legamenti tibio-
peroneali anteriore e posteriore (o avulsione ossea).
Compare una diastasi tibio-peroneale, con lacerazione della membrana interossea.

Allo stadio 3: Frattura del perone al di sopra dell’articolazione ; la linea è netta o comminuta, con
spesso un piccolo frammento intermediario. E’ la classica frattura di DUPUYTREN bassa. E’
470
orizzontale nei traumi in abduzione pura. L’astragalo può incastrarsi fra il malleolo esterno e il
pilone tibale.

Stadio 1 Stadi 2 e 3

LE FRATTURE IN ROTAZIONE ESTERNA


Le fratture in rotazione esterna, che si determinino con una componente in adduzione o in
abduzione, si presentano in modo simile, nella loro forma completa, con:
- una frattura del perone,
- una frattura del malleolo interno o una rottura del legamento collaterale interno
- una diastasi tibio-peroneale inferiore.
Ma ci sono delle differenze:
- la comparsa delle lesioni non avviene secondo lo stesso ordine dal lato interno e dal lato
esterno.
- L’altezza della frattura del perone cosiccome l’orientamento del tratto sono differenti:
frattura situata in basso, obliqua in basso e in avanti, nelle fratture in adduzione,
frattura situata più in alto, obliqua in basso e indietro, nelle fratture in abduzione.

3 / LE FRATTURE IN ROTAZIONE ESTERNA, SOVRA-LEGAMENTARI


(Sovra-tubercolari in abduzione)
La loro frequenza è pari al 20 % dei casi.
L’astragalo è forzato in rotazione esterna e il piede è in abduzione (eversione o pronazione).

Allo stadio 1: La rotazione dell’astragalo provoca una frattura del malleolo interno (o una rottura
del legamento collaterale interno).

Allo stadio 2: Se l’astragalo continua a ruotare, è il malleolo peroneale che viene spinto in fuori con
rottura del legamento tibio-peroneale anteriore (o avulsione della sua inserzione sul tubercolo di
TILLAUX). Si ha una diastasi tibio-peroneale.

Allo stadio 3: Frattura del perone, sovra-legamentosa, con un treatto di frattura obliquo in basso e
indietro: frattura di DUPUYTREN. Il perone si può rompere molto in alto, verso il collo (frattura di
MAISONNEUVE).

Allo stadio 4: Se l’astragalo continua a ruotare, si ha la rottura del legamento tibio-peroneale


posteriore (o avulsione della sua inserzione ossea), e poi rottura della membrana interossea;
compare allora un’importante diastasi, che può arrivare fino ad una lussazione della caviglia in fuori
e all’indietro.
471

Stadio 1 Stadio 2: rottura del legamento o frattura del tubercolo di Tillaux Stadi 3 e 4

Frattura di Maisonneuve Possibile frattura del malleolo posteriore (DESTOT)

4 / LE FRATTURE IN ROTAZIONE ESTERNA, INTRA-LEGAMENTOSE


(Inter-tubercolari in adduzione)
Sono le più frequenti (50 %). La rotazione esterna può provocare da sola delle lesioni. Ad esempio,
nelle cadute sugli sci, il piede può rimanere bloccato nello scarpone. La rotazione esterna
dell’astragalo divarica il malleolo peroneale e apre la pinza malleolare, provocando lesioni a catena
sui legamenti e i malleoli. L’adduzione del tallone, o inversione, può sommarsi alla rotazione
esterna e, per l’anatomia e la fisiologia della sotto-astragalica, aumenta la rotazione esterna
dell’astragalo.
Allo stadio 1: C’è una rottura del legamento tibio-peroneale anteriore. Questo può strappare la
propria inserzione sulla tibia a livello del tubercolo di TILLAUX.
Allo stadio 2: Se la rotazione aumenta, frattura spiroide del malleolo a livello dell’inserzione dei
legamenti tibio-peroneali. La frattura spiroide del perone nella zona dei legamenti può far sembrare
che i rapporti fra perone e tibia siano conservati, senza che ci sia diastasi. Ad un grado maggiore, si
può avere la rottura del legamento tibio-peroneale posteriore (o un’avulsione della sua inserzione a
livello del margine tibiale posteriore). Può esserci una diastasi tibio-peroneale più o meno
importante, soprattutto se sono rotti i due fasci.
Allo stadio 3: Frattura trasversale del malleolo interno (o rottura del legamento collaterale interno).
Lo spostamento appare a volte molto scarso nelle radiografie, che sono falsamente rassicuranti,
mentre si tratta di una lesione molto instabile che può dare una limitazione secondaria importante se
trascurata. Altri traumi possono determinare quasi costantemente fratture dei malleoli, ma esse sono
allora associate a fratture del pilone tibiale.

Stadio 1 Stadio 2 Stadio 3


472
LE FRATTURE IN FLESSIONE DORSALE FORZATA
Il trauma associa un’iperflessione dorsale improvvisa della tibio-astragalica e una componente di
compressione verticale (caduta da un luogo elevato o incidente d’auto: piede sul pedale del freno).
L’astragalo, più largo in avanti, sollecita i malleoli in questo movimento di flessione dorsale, con
frattura marginale anteriore della tibia.

Compressione nella frenata Caduta sul tallone in flessione dorsale

Il malleolo interno e poi il malleolo esterno si fratturano e il margine anteriore della tibia si
schiaccia e si distacca.
Le fratture marginali anteriori sono totali o parziali.
A volte non si distacca che una parte del margine anteriore, con una parte del malleolo interno o con
una parte del tubercolo di TILLAUX. Altre volte si frattura tutto il margine anteriore, in blocco o in
più frammenti, consentendo una sublussazione o una lussazione anteriore dell’astragalo in avanti.

LE FRATTURE IN FLESSIONE PLANTARE

Con le cadute dall’alto sulla punta del piede si possono produrre fratture del margine posteriore del
pilone tibiale associate a frattura dei malleoli: frattura marginale parcellare o frattura marginale
totale (frattura di CUNEO e PICOT).

LE FRATTURE IN COMPRESSIONE
Le fratture bi-marginali: ci sono due frammenti principali suddivisi spesso da tratti divisori.
Le fratture complesse sono molto scomposte. L’astragalo può « lussarsi » in avanti o indietro
accompagnando uno o l’altro dei margini. L’astragalo può anche schiacciarsi fra i due margini.
Il perone è sempre fratturato. La frattura del malleolo interno è verticale.
473
Diagnosi delle fratture del collo del piede

L’anamnesi ricerca la nozione di trauma indiretto violento, con vivo dolore a livello della caviglia,
seguito da impotenza totale.
All’esame obiettivo, l’ispezione può mostrare una deformazione del piede che può confermare il
verso del trauma iniziale e permette già di sospettare la diagnosi della forma della frattura.
La deformazione della frattura di DUPUYTREN è caratteristica:

Di fronte:
- colpo d’ascia esterno.
- traslazione esterna del piede associata a pronazione e rotazione esterna.
- allargamento del collo del piede con sporgenza all’interno del malleolo interno fratturato.
- la pelle è minacciata dal lato interno (fratture aperte +).

Di profilo:
- sublussazione posteriore con diminuzione del dorso del
piede.
- sporgenza del pilone in avanti.
- equinismo del piede.
L’esame è rapidamente ostacolato dall’edema.

Bisogna ricercare subito le complicanze immediate:


- ecchimosi e flittene sono precoci e ostacolano la riduzione e il contenimento.
- l’apertura cutanea impone una pulizia accurata come in tutte le fratture aperte,
un’antibioticoterapia generale e una siero-profilassi contro il tetano.
- bilancio vascolare: palpazione dei polsi pedidio e tibiale posteriore.
- bilancio della sensibilità e della motricità delle dita.

La radiografia
Le proiezioni con le incidenze classiche di fronte e di profilo mostrano i tratti di frattura, il loro
orientamento e lo spostamento. La radiografia deve interessare tutta la gamba e il ginocchio
(fratture di MAISONNEUVE, vicine al collo del perone).
474
TRATTAMENTO delle fratture del collo del piede

Il trattamento ortopedico
Porta al consolidamento in 90 giorni in assenza di complicanze.
- Le fratture senza spostamento saranno immobilizzate in un gesso ad arto sollevato all’inizio;
seguirà la marcia con le stampelle. Dopo 4-6 settimane (in base alla forma della frattura e alla
stabilità), si farà un gesso da marcia per 4-6 settimane.
- Le fratture scomposte
- La riduzione deve essere realizzata in urgenza, prima che compaia un’edema importante
che ostacoli le manovre di riduzione. E’ fatta in AG. Le manovre saranno basate sull’analisi delle
lesioni e del meccanismo causale. E’ dunque fondamentale analizzarle bene e imprimere alla
caviglia un movimento opposto a quello che ha determinato la frattura.
La riduzione è a volte difficile a causa dell’interposizione fra l’astragalo e il malleolo interno del
legamento collaterale interno rotto.
- La riduzione deve essere perfetta sulla radiografia di controllo e il contenimento con un
gesso cruro-podieno (ginocchio a 20° di flessione) deve consentire una buona stabilità. Deve essere
dunque di eccellente qualità, non deve essere compressivo e apportare un contenimento sufficiente.
Le docce posteriori sono nettamente insufficienti e bisogna saper realizzare dei buoni gessi
circolari, a condizione che essi siano ben imbottiti e fissurati al fine di evitare tutte le complicanze
abituali dei gessi.
La sorveglianza radiologica durante le prime tre settimane deve rilevare un’eventuale recidiva dello
spostamento sotto il gesso.

Il trattamento chirurgico

Osteosintesi del malleolo peroneale Fissaggio del malleolo interno e del malleolo posteriore

E’ a volte necessario eseguire una trazione con filo trans-calcaneare attendendo di poter eseguire
un’osteosintesi, se le lesioni cutanee sono importanti.
Il trattamento chirurgico è realizzato rapidamente, soprattutto in caso di lussazione, che va ridotta
immediatamente con la manovra del "togli stivale".
L’osteosintesi è divenuta quasi sistematica in caso di spostamento, poiché è il solo sistema per
ristabilire un’anatomia perfetta nelle fratture molto scomposte.
Le rotture legamentose associate potranno essere riparate. La chirurgia verrà proposta ogni volta
che la riduzione ortopedica sarà imperfetta.
L’esposizione delle lesioni sarà fatta con 2 incisioni interna ed esterna (pre-malleolari o retro-
malleolari).
L'osteosintesi permette a volte di evitare il gesso, ma in genere si installa uno stivaletto gessato per
45 giorni senza appoggio e uno stivaletto da marcia per altri 45 giorni.

Le fratture scomposte e instabili di un malleolo


475
L'osteosintesi viene fatta con filo, con vite o con placca avvitata. L’ingessatura può limitarsi a 2 o 3
settimane solamente, a seconda dei casi, per poi intraprendere rapidamente la rieducazione. La
marcia con appoggio può essere ripresa verso la sesta settimana con un gesso da marcia e si può
autorizzare l’appoggio libero, in funzione della qualità del consolidamento radiologico, fra l’ottava
e la decima settimana. Si inizierà quindi la rieducazione.

Le fratture marginali posteriori

L'osteosintesi della frattura marginale è indicata se è coinvolta più del 25% della superficie
articolare. Si realizza un avvitamento diretto da dietro o un avvitamento in compressione da davanti.

Le fratture bi-malleolari

Frattura molto scomposta operata all’età di 51 anni Risultato corretto senza artrosi dopo 10 anni

Frattura di Destot del malleolo posteriore (paziente di 77 anni) Esempio di una vite di « sindesmodesi temporanea »

L’osteosintesi delle fratture bi-malleolari o tri-malleolari viene realizzata con viti o placche avvitate
sul perone. La diastasi scompare quando il perone viene completamente ridotto. Non bisogna
trascurare la riparazione del legamento collaterale interno (che può interporsi fra malleolo interno e
astragalo). I legamenti tibio-peroneali sono riparati dopo ripristino della forma del perone e
riduzione perfetta della tibio-peroneale inferiore. La loro sutura è abbastanza delicata in genere,
mentre è più facile realizzare l’osteosintesi dei frammenti ossei avulsi con i legamenti tibio-
peroneali (con filo o vite).
Si può a volte solidarizzare il perone e la tibia con una vite trasversale provvisoria. Questa,
posizionata al di sopra della sindesmosi tibio-peroneale, è detta vite di sindesmodesi. Viene lasciata
fino a cicatrizzazione avvenuta dei legamenti tibio-peroneali e poi rimossa per non irrigidire
l’articolazione (6 settimane).
476
Le fratture per compressione
I frammenti sono numerosi. L’impatto osseo può rendere impossibile il ripristino della normale
anatomia. Anche in questo caso è l’osteosintesi del perone che va a restituire una lunghezza
normale, poi la tibia sarà fissata con un’altra placca e il vuoto sarà colmato con un innesto. Si
possono utilizzare delle placche modellate speciali che permettono di fissare più viti.

- Ci sono molto raramente delle indicazioni di artrodesi immediata, quando le superfici articolari
sono distrutte e impossibili da ricostituire.

- La trazione con un filo trans-calcaneare può essere una soluzione quando le lesioni cutanee
rendono impossibile qualsiasi osteosintesi.
- Si possono impiegare i fissatori esterni. Essi permettono di distrarre da subito, al fine di
ripristinare la lunghezza. I fili sono disposti in genere nel calcagno. Ci si può accontentare di
ristabilire allora la superficie articolare del pilone tibiale, attraverso la giustapposizione dei
frammenti con un’osteosintesi a minima con fili o piccole viti (anche in caso di apertura cutanea).
Il fissatore esterno sarà lasciato in sede per 6 settimane e si potrà poi proseguire il trattamento con
uno stivaletto gessato, se si è ottenuto il consolidamento.

Fratture comminute del pilone tibiale trattate mediante distrazione con fissatore esterno e avvitamento a minima
477

EVOLUZIONE
- Il consolidamento delle fratture del collo del piede è ottenuto in 90 giorni quando la riduzione è
corretta e in assenza di complicanze.
- L’apertura cutanea può determinare un’infezione e un’osteoartrite della caviglia.
- I disturbi del consolidamento si verificano se la riduzione non è corretta. In particolare, il malleolo
interno consolida in ritardo allorché vi sia il minimo spostamento.
- La rigidità si evita con una buona rieducazione precoce.
- I calli viziosi sono dovuti a un trattamento inadeguato. L’osteosintesi deve essere corretta.
- L’artrosi è in genere l’esito di un’incongruenza delle superfici articolari. L’artrosi può
sopraggiungere tardivamente anche in caso di riduzione corretta. Bisogna realizzare a volte delle
artrodesi tibio-astragaliche ma bisognerebbe sempre più poter impiantare delle protesi totali di
caviglia, che hanno il vantaggio di preservare una certa mobilità.

Algodistrofia

I CALLI VIZIOSI DEL COLLO DEL PIEDE

Sono frequenti nell’evoluzione delle fratture articolari (malleoli e piloni tibiali) o delle fratture
extra-articolari (1/4 inferiore della tibia).

Eziologia
Sono dovuti a cause diverse: riduzione assente o insufficiente, cattivo contenimento o inopportuna
osteosintesi e appoggio troppo precoce, con spostamento secondario.
Accanto a questi calli viziosi "evitabili", ci sono quelli inevitabili, a causa di una comminuzione
talmente importante che è impossibile ottenere la riduzione e ci si dovrà accontentare di una
riduzione approssimativa (ristabilendo se possibile degli assi corretti, ma non sempre delle buone
superfici articolari).

Forme cliniche
Ci sono 4 tipi principali di callo vizioso: in valgo, in varo, antero-posteriori e in rotazione, ma di
solito i calli viziosi presentano deformazioni miste.

Calli viziosi in valgo: queste sono le fratture bi-malleolari in abduzione.


Calli viziosi in varo: si tratta di fratture sovra-articolari o di fratture in adduzione.
Calli viziosi antero-posteriori: fratture marginali anteriori che danno una deformazione in talo-cavo
o frattura marginale posteriore. Può esserci una traslazione posteriore nelle fratture tri-malleolari,
che danno una deformazione in piede piatto equino.
I calli viziosi in rotazione sono frequenti (75% delle fratture malleolari sono in rotazione).

Calli viziosi in varo, in valgo Callo vizioso marginale anteriore Callo vizioso marginale posteriore
478

Callo vizioso in valgo Callo vizioso in varo Callo vizioso con sublussazione posteriore

Conseguenze dei calli viziosi

Il disassamento modifica la ripartizione delle pressioni sull’astragalo e sull’avampiede,


determinando delle retrazioni tendinee. Le deformazioni dell’articolazione, con una pinza
malleolare che può essere allargata e un soffitto modificato, sono all’origine di artrosi secondarie
dolorose. Le lesioni proprie della cartilagine sono anch’esse generatrici di artrosi.

Trattamento dei calli viziosi

Di fronte ad un callo vizioso, non bisogna sperare in un’adattamento provvidenziale e il tempo farà
sempre emergere la mediocrità del trattamento iniziale di una frattura.
- Osteotomie correttrici: Il solo trattamento conservatore possibile di un callo vizioso è
un’osteotomia che corregga i difetti su uno o più piani, allorché questo sia possibile. E’ un gesto
difficile il cui risultato sarà tanto migliore quanto meno si sarà atteso per intervenire. L’indicazione
di correzione viene in generale posta in presenza di deviazioni dell’ordine di 5° per il varismo, 10°
per il valgismo, per un accorciamento di 3 mm del malleolo esterno e per un callo vizioso
marginale, se interessa un terzo della superficie articolare.

Esempi di osteotomia per un callo vizioso dei malleoli in varo: osteotomia di valgizzazione per
sottrazione o chiusura ed osteotomia di valgizzazione del pilone tibiale per apertura (con innesto).

Correzione mediante osteotomia di resezione esterna Correzione mediante osteotomia di apertura interna

Artrodesi tibio-astragaliche
Se una correzione del callo vizioso è impossibile, soprattutto in caso di rigidità e di dolori
invalidanti, si potrà proporre un’artrodesi della caviglia.

Tecnica di MEARY di CRAWFORD-ADAMS di CHARNLEY


479
La mobilità tibio-astragalica è molto importante per lo svolgimento normale del passo. Un’anchilosi
della caviglia in posizione di flessione è molto limitante, soprattutto in un uomo, che cammina con
tacchi molto piccoli. Essa costringe il ginocchio a estendersi di più affinché il tallone poggi a terra.
L’anchilosi della caviglia (o artrodesi) è meglio tollerata se è ottenuta a 90°.

LE FRATTURE-DISTACCO EPIFISARIO DELLA CAVIGLIA

I distacchi epifisari sono frequenti nel bambino da 10 a 15 anni.


Il rischio di saldatura della cartilagine di accrescimento (epifisiodesi) è importante, con
conseguenze morfologiche e funzionali spesso difficili da trattare.
Sono possibili tutti i tipi di frattura-distacco epifisario (vedi generalità delle fratture).
La forma più frequente è il tipo 2 della classificazione di SALTER e HARRIS. Il piccolo
frammento osseo avulso a livello della metafisi può essere interno o esterno e a volte posteriore. Il
perone è spesso fratturato un po’ più in alto. Lo spostamento è abitualmente abbastanza scarso e la
riduzione è ottenuta con semplici manovre ortopediche. C’è a volte un’interposizione del periostio
che dopo essersi scollato sulla metafisi va ad insinuarsi nell’apertura creata dal trauma a livello
della cartilagine di coniugazione (quando lo spostamento è importante), impedendo una riduzione
perfetta. La persistenza di una leggera lassità nonostante una pressione manuale forte dovrà far
sospettare questa interposizione e imporrà una riduzione chirurgica per rimuovere l’ostacolo e
bloccare lo spostamento con un filo.
I distacchi in equinismo che presentano un frammento metafisario posteriore si riducono in
posizione di talismo.
Tutte le manovre di riduzione, che siano ortopediche o chirurgiche, saranno fatte con gradualità al
fine di evitare un trauma supplementare a livello della cartilagine fertile.

Le fratture-distacco di tipo 3 distaccano un frammento osseo epifisario che è attirato dalle inserzioni
legamentose. Ne risulta una riduzione più difficile. Una riduzione molto buona è necessaria per
ristabilire la superficie articolare ed evitare un’epifisiodesi.

Una piccola vite trasversale epifisaria è talora necessaria se non si può ottenere una riduzione
corretta con manovre ortopediche.
480

Frattura-distacco Salter 3

Una forma particolare di frattura-distacco di tipo 3 è la frattura di TILLAUX-CHAPUT in cui il


tubercolo antero-esterno della tibia viene staccato dalla trazione del legamento tibio-peroneale
inferiore nel corso di un movimento di rotazione esterna del piede. Il trattamento prevede la
fissazione con viti o fili.

Le fratture-distacco epifisario di tipo 4 attraversano la cartilagine di crescita e danno epifisiodesi.


La loro riduzione deve essere perfetta.

Un caso particolare è la frattura tripiana obliqua


(TILLAUX e FROST). La linea di frattura è complessa nei
3 piani. C’è un frammento metafisario, un distacco e una
frattura epifisaria di tipo 3.
La valutazione radiografica è difficile poiché si può avere
l’impressione di un tipo 3 di fronte e di un tipo 2 di
profilo. La riduzione deve essere chirurgica.
481
Le lesioni di tipo 5 per compressione verticale della cartilagine fertile sono gravi, poiché
determinano spesso grosse perturbazioni della crescita. La loro diagnosi non è semplice e spesso
viene inizialmente misconosciuta. Peraltro un’immobilizzazione corretta non elimina il rischio di
epifisiodesi. Solo in un secondo momento, dopo qualche anno di evoluzione, si può riscontrare
l’epifisiodesi.
Un meccanismo di tipo 5 può sempre associarsi a una delle lesioni dei tipi precedenti.

EVOLUZIONE dei distacchi epifisari

La prognosi dipende dal tipo di distacco, dalla violenza del trauma e dall’importanza dello
spostamento. Ci sono lesioni irreversibili della cartilagine di coniugazione per le quali la prognosi è
cattiva nonostante un’eccellente riduzione.
Le lesioni in compressione hanno una prognosi peggiore rispetto alle lesioni in rotazione.
Al di fuori delle lesioni di tipo 5, le lesioni di tipo 3 e 4 sono sicuramente le più gravi cosiccome le
forme “tripiane oblique”. Sarà necessaria un controllo prolungato dopo ogni lesione di questa
regione. Il trattamento delle epifisiodesi è molto difficile (vedi generalità).

Il ponte di epifisiodesi interna è rimosso e si interpone un tessuto inerte

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482
LE ROTTURE LEGAMENTOSE DELLA CAVIGLIA

Le lesioni del legamento collaterale esterno sono le più frequenti. Le lesioni isolate del legamento
collaterale interno sono più rare (sono più spesso associate a fratture malleolari).

Richiamo anatomico dei legamenti della caviglia

Il legamento collaterale esterno è composto da 3 fasci: peroneo-astragalico anteriore, peroneo-


astragalico posteriore e peroneo-calcaneare.
Il legamento collaterale interno è il legamento deltoideo.
L'articolazione sotto-astragalica è stabilizzata dai legamenti calcaneo-malleolari e dal legamento a
siepe.

Anatomia patologica

- Nella distorsione benigna si ha qualche rottura fibrillare che sollecita i recettori propiocettivi,
abbondanti nei legamenti, cosa che determina la reazione vasomotrice.
- Nella distorsione di media gravità, ci sono rotture fascicolari dei legamenti senza rottura capsulare.
- Nella distorsione grave, c’è rottura di uno o più legamenti con interruzione della capsula.
- I legamenti sotto-astragalici spesso si rompono nel corso delle distorsioni esterne della caviglia.

Anamnesi ed esame obiettivo


Dopo un incidente di torsione in varo con supinazione, l’anamnesi ricerca:
- una sensazione di rottura, che spesso è stata percepita dal paziente
- il dolore acuto è costante
483
- l'impotenza immediata non è sempre completa, i pazienti possono di solito riprendere un’attività
dopo qualche minuto di dolore acuto
- una tumefazione esterna talvolta voluminosa, che ricorda un uovo di piccione, segnala l'ematoma
costituitosi rapidamente; l’ecchimosi è più tardiva.
Alla palpazione si riscontrano dei punti dolorosi, anteriormente e sotto il malleolo.

L'esame ricerca una lassità anormale dei legamenti esterni, cosa che si traduce in un varismo
esagerato dal lato colpito rispetto al lato sano e in una lassità anteriore.

Movimenti di lateralità
- Si impugna solidamente il tallone con entrambe le mani e si imprimono dei movimenti di
lateralità. L’apertura articolare viene meglio percepita se con un dito si palpa l’interlinea articolare
durante la manovra di varo forzato. La manovra deve essere dolce e indolore. La si può effettuare
anche in AG.
- Si può misurare l’apertura ottenuta effettuando delle radiografie dinamiche. Con guanti di
protezione, si fa una manovra delicata poiché bisogna evitare le sovrapposizioni. Si utilizzano
sempre di più gli apparecchi che fanno aprire le interlinee applicando forze calibrate in modo
preciso (es: apparecchio TELOS). Un angolo di più di 10° è considerato come patologico. E’
importante eseguire misure comparative dei 2 lati.
- La lassità della sotto-astragalica è spesso difficile da differenziare clinicamente dalla lassità tibio-
astragalica. E’ il dito che permette di localizzare l’apertura.

Movimenti di cassetto anteriore

Una mano impugna il tallone e lo tira in avanti, mentre l’altra


respinge il terzo inferiore della gamba indietro. Se c’è una
rottura del fascio peroneo-astragalico, compare un cassetto.
Questo aumenta ancora se sono rotti anche gli altri fasci del
collaterale esterno. Si possono anche fare delle radiografie in
questa posizione per misurare il cassetto (che non deve superare
normalmente i 7-8 mm). La ricerca del cassetto anteriore viene
fatta in leggero equinismo (si può, come per la lassità laterale,
impiegare il TELOS).

La radiografia
Le proiezioni di fronte e di profilo verificano l’assenza di fratture associate. Bisogna ricercare
sistematicamente le fratture osteocondrali del duomo astragalico o le fratture a livello del margine
della sotto-astragalica. La TC confermerà la diagnosi in caso di dubbio.
484

Frammento osteocondrale supero-esterno in sede, basculato o capovolto Frattura supero-interna

Le radiografie dinamiche possono essere fatte eventualmente in anestesia, se necessario.


La proiezione in varo equino mostra un’apertura anormale, la cui importanza è d’aiuto alla diagnosi
della lesione:
- da 10 a 15°: segnala la rottura del fascio peroneo-astragalico anteriore, primo a rompersi.
- da 20 a 25°: segnala la rottura di due fasci.
- 30°: segnala la rottura dei tre fasci.
L’apertura dell’articolazione sotto-astragalica è visibile in queste proiezioni, ma più difficilmente.
Si può misurare anche la traslazione laterale del calcagno rispetto all’astragalo.

La misura del cassetto anteriore


Viene fatta in una radiografia di profilo. Il cassetto è patologico al di sopra di 7-8 mm di apertura
posteriore tibio-astragalica.

Radiografia in cassetto manuale Cassetto anteriore fatto con un peso


Il trattamento
Il bendaggio adesivo (strapping) è un contenimento sufficiente nelle distorsioni benigne o di media
gravità. E’ associato agli antinfiammatiori e alla fisioterapia. E’ mantenuto da 15 giorni a 3
settimane.
Il gesso, sotto forma di uno stivale da marcia, immobilizzerà le distorsioni gravi per 45 giorni. Si
utilizzano molto le ginocchiere rimovibili (tipo "AIRCAST"), che permettono la marcia e
impediscono i movimenti laterali.
La rieducazione è una tappa essenziale del trattamento, per ritrovare una buona stabilità.
La rieducazione propiocettiva della caviglia sarà intrapresa dopo il periodo di immobilizzazione,
qualsiasi sia la gravità della distorsione e qualsiasi sia il tipo di trattamento adottato.
485

Il trattamento chirurgico è a volte preferito al gesso semplice nelle rotture gravi, soprattutto nei
soggetti giovani e sportivi: consiste in una sutura dei fasci rotti allo scopo di favorire una
cicatrizzazione meglio organizzata delle fibre rotte. Segue l’intervento l’ingessatura, come nel
trattamento ortopedico.

2 esempi fra le numerose tecniche possibili di ligamentoplastica esterna della caviglia


L'evoluzione
L'evoluzione è di solito favorevole, con un trattamento adatto e ben condotto.
La sindrome algodistrofica è una complicanza che si riscontra raramente se la marcia viene ripresa
rapidamente.
La sindrome di instabilità cronica e dolorosa è frequente in seguito alle distorsioni trascurate o mal
trattate. Il quadro è quello delle distorsioni ripetute. La lassità legamentosa messa in evidenza
dall’esame clinico e dalle radiografie dinamiche è superiore rispetto all’altro lato. La rieducazione
propiocettiva ben condotta permette di stabilizzare una gran parte di questi casi, altrimenti si può
ricorrere alla chirurgia.
Il trattamento chirurgico è una ligamentoplastica.
Numerose operazioni sono state proposte, fra le quali le più utilizzate sono la tecnica di WATSON
JONES o quella di CASTAING che utilizzano il tendine del peroniero breve laterale. I risultati sono
in genere soddisfacenti.
La rieducazione propiocettiva dovrà essere prescritta prima e dopo l’operazione.

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LA LUSSAZIONE DEI TENDINI PERONIERI LATERALI

La lussazione iniziale dei tendini dei peronieri laterali è di solito traumatica ed è successiva a una
lacerazione della guaina fibrosa dei peronieri.

E' nel corso di un movimento forzato del piede in flessione dorsale che i tendini peronieri passano
davanti al perone, rompendo la guaina rappresentata dal legamento anulare. La guaina può anche
disinserirsi dall’osso. I tendini tornano poi al loro posto ma possono rilussarsi, approfittando dello
scollamento, se non si effettua immediatamente la riparazione della guaina.

La diagnosi viene fatta raramente al primo episodio, di solito vi si giunge dopo molte recidive. In
genere si ritiene a torto che si tratti di una "distorsione".
La palpazione dei tendini dietro al malleolo esterno permette di provocare un dolore molto preciso a
questo livello e non sulla punta o sotto, come nelle distorsioni. Si possono meglio percepire i tendini
nei movimenti di eversione del piede contro la resistenza offerta dalla mano. A volte si possono
sentire nel corso dell’esame questi tendini lussarsi davanti al malleolo peroneale.

Allo stadio di lussazione recidivante, il paziente riferisce uno scatto percepito all’esterno della
caviglia, che corrisponde al passaggio dei tendini peronieri sulla faccia esterna del malleolo esterno,
da dietro in avanti. A volte il paziente può provocare questo scatto quando vuole e la diagnosi è
allora evidente.
La limitazione funzionale è importante per la vita normale e sportiva e giustifica un intervento.

Trattamento

Tecnica di Méary Tecnica di Kelly e Watson Jones

Molte tecniche mirano a stabilizzare i tendini peronieri:


- Creazione di una doccia più profonda dietro il malleolo esterno,
- Butée ossea realizzata impiegando un piccolo frammento osseo trasposto sul perone (KELLY e
WATSON JONES).
- Ricostruzione di una guaina fibrosa realizzando una plastica di chiusura della breccia, dopo
rifinitura e sutura con punti trans-ossei (MEARY).

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LE ROTTURE DEL TENDINE D’ACHILLE

Il tendine d’Achille si rompe abitualmente nel corso di uno sforzo di trazione muscolare molto
violento (corsa, salto).
- Essa è improvvisa, avvertita come uno schiocco violento sulla parte postero-inferiore della gamba
e seguita da impotenza e impossibilità a mettersi sulla punta del piede.
- La rottura avviene nella mezza età, in un tendine che può essere indebolito, a volte, per qualche
lesione degenerativa (tendinite) o per iniezioni locali di corticosteroidi.
- La sede di rottura è situata a una distanza di 4-8 cm dall’inserzione nel calcagno.

L'esame obiettivo
Dimostra una depressione nel tragitto del tendine, visibile spesso a occhio nudo.
- Se l’edema colma questa depressione, la palpazione rivela molto bene una fossetta sul tendine.
- Si può mettere in evidenza il segno di THOMPSON, ricercato nel paziente prono con i piedi fuori
dal lettino. Con la pressione sul polpaccio si provoca sulla gamba sana una flessione plantare della
caviglia, mentre il piede non si muove dal lato della rottura.
La flessione plantare contro resistenza è impossibile (stare sulla punta dei piedi è impossibile).

Necrosi cutanea dopo riparazione

L'evoluzione
La cicatrizzazione richiede dalle 6 alle 8 settimane. Il recupero del muscolo sarà ottenuto più
lentamente. La ripresa della marcia sarà progressiva, con il tallone leggermente sollevato all’inizio.
La rieducazione permetterà di recuperare la forza muscolare. La ripresa progressiva delle attività
sportive sarà possibile dopo 4 settimane.

Il trattamento ortopedico
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Gesso cruro-podieno in flessione del ginocchio e flessione plantare della caviglia (15°). Questa
posizione ha lo scopo di favorire il contatto delle estremità del tendine rotto e di facilitare così la
cicatrizzazione. Il gesso sarà sostituito dopo 4 settimane, eliminando l’equinismo e mantenendo la
caviglia a 90°, con un altro gesso per 4 settimane con ripresa progressiva dell’appoggio. La
rieducazione permetterà poi il recupero dei movimenti e della forza del tricipite.

Inspessimento tendineo dopo cicatrizzazione Rottura inveterata non trattata

La riparazione chirurgica
La sutura del tendine viene realizzata con una via di accesso verticale, un
po’ lateralizzata. Le fibre rotte sono spesso difficili da avvicinare e da
suturare quando sono lacerate. La sutura è fatta con fili riassorbibili. Si può
rinforzare la zona fragile con una parte del tendine peroniero laterale o con
una bendeletta dell’aponevrosi muscolare, ricavata al di sopra della sutura e
trasposta al di sopra di questa (BOSWORTH).
Dopo sutura e rinforzo, si può ingessare in posizione neutra ed evitare
l’equinismo, principale inconveniente del trattamento ortopedico.
Dopo il gesso, il recupero della mobilità sarà più rapido.
La durata del gesso è la stessa che in seguito a trattamento ortopedico.

La necrosi cutanea è una complicanza possibile che ritarda la cicatrizzazione tendinea.


Il rischio di trombosi venosa giustifica una profilassi sistematica.

Le suture percutanee. La riparazione con suture percutanee è recente. Il principio consiste


nell’introdurre attraverso la pelle dei fili muniti di arpione che vanno a fissarsi sul muscolo.
Impiegando fili che attraversano il tendine longitudinalmente e in senso opposto, si favorisce la
messa in contatto delle zone rotte, senza esporre il tendine (i fili sono appoggiati sulla pelle con dei
bottoni). La cicatrizzazione è ottenuta negli stessi tempi. Non c’è rischio di necrosi cutanea.
C’è il rischio di rottura recidivante sia in seguito a trattamento ortopedico che chirurgico.

Le indicazioni
La scelta fra il trattamento ortopedico e il trattamento chirurgico dipende dall’età, dall’attività
sportiva e dall’esperienza del chirurgo.

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LE FRATTURE DELL'ASTRAGALO

Le fratture dell'astragalo sono rare ma le loro conseguenze sono importanti a causa del ruolo di
quest’osso nella trasmissione del carico della gamba al piede. E’ importante dunque conoscerle
bene per trattarle correttamente e al momento giusto. Bisogna distinguere le fratture parcellari e le
fratture totali. La loro evoluzione è dominata dal rischio di necrosi e dal rischio di rigidità (come per
tutte le fratture articolari).

Richiamo anatomico
L'astragalo è un osso molto particolare, poiché è ricoperto da superfici cartilaginee in quasi tutte le
sue facce e la sua vascolarizzazione è molto precaria.
I vasi arrivano dal seno del tarso e dal collo dell’astragalo, cosiccome dalle inserzioni capsulari del
lato interno.

L'astragalo prende parte a 3 articolazioni importanti, con il pilone tibiale in alto, il calcagno in basso
e lo scafoide tarsale in avanti (dove costituisce parte dell’articolazione medio-tarsale).

Le fratture parcellari
Rappresentano il 30% delle fratture dell’astragalo. La diagnosi è clinicamente impossibile poiché
non c’è deformazione caratteristica. E’ la radiografia che permette di fare la diagnosi.
Le fratture parcellari della testa dell'astragalo sono conseguenza di una flessione dorsale forzata.
Esse distaccano un frammento più o meno importante della testa, che può a volte enuclearsi.
Il dolore ha sede a livello della medio-tarsale (può anche coesistere una frattura dello scafoide). Si
tratta di una frattura articolare che bisogna ridurre perfettamente come tutte le fratture articolari, per
evitare l’evoluzione verso un’artrosi post-traumatica dell’articolazione astragalo-scafoidea.

Frattura della testa Frattura dei tubercoli posteriori


Le fratture dei tubercoli posteriori del corpo
- Possono distaccare un tubercolo o entrambi.
- Il dolore ha sede a livello delle docce retro-malleolari.
- La flesso-estensione forzata dell’alluce risveglia un dolore (il flessore dell’alluce passa fra i
tubercoli).
- Queste fratture lasciano raramente delle sequele.
La frattura di un solo tubercolo può far fare confusione con l’osso trigono, che è un osso
sovrannumerario.
- La frattura di entrambi i tubercoli interessa un frammento osseo che deborda sulla superficie
articolare con il talamo e può, in caso di spostamento, dare un’artrosi astragalo-calcaneare dolorosa.
490
Le fratture del tenone astragalico
Avvengono nel quadro di una torsione con rottura legamentosa della caviglia. La radiografia mostra
un frammento osseo a livello del polo supero-interno o del polo supero-esterno dell’astragalo. Sono
lesioni talvolta visibili solo con le proiezioni TC.
La diagnosi è spesso tardiva e fa discutere l’eventualità di un’osteocondrite dell’astragalo.

Frattura del margine astragalico Frattura del tenone con una frattura del malleolo interno

Le fratture totali dell’astragalo

Rappresentano il 70% delle fratture dell’astragalo.


Esse si dividono in fratture-separazioni e fratture totali del corpo dell’astragalo.

A / Le fratture-separazioni sono le più frequenti:


L'astragalo viene diviso in due frammenti da una linea frontale, a livello del collo o del corpo. Si
verificano negli urti frontali in auto (il piede sul pedale del freno) o nel corso di cadute con
accovacciamento che provochino un movimento di flessione dorsale forzata.

Frattura verticale Frattura verticale del collo Frattura sagittale


491
Stadio 1: Non c’è spostamento. Non c’è alterazione dell’articolazione. E minata solo la
vascolarizzazione attraverso il collo. Il rischio di necrosi è basso.

Stadio 2:
Spostamento con sublussazione o lussazione dell’articolazione sotto-astragalica con basculamento
in flessione plantare del frammento prossimale. Soppressione della vascolarizzazione di collo e
seno del tarso.

Stadio 3:
Enucleazione del frammento astragalico indietro e all’interno del malleolo interno. La tibia si
insinua fra i due frammenti. Possibile lesione del gruppo vascolo-nervoso tibiale posteriore. Il
rischio di necrosi è dell’85%. A volte l’apertura cutanea permette un’enucleazione completa del
frammento astragalico.

B / Le fratture-infossamento del corpo dell’astragalo


Sono caratterizzate da uno schiacciamento della puleggia astragalica. C’è a questo livello uno
scalino articolare di cuisi deve ottenere una riduzione perfetta se si vuole ristabilire una funzione
articolare corretta.

Frattura dell’astragalo e del perone Frattura-infossamento dell’astragalo


492

La diagnosi delle fratture dell'astragalo


L'anamnesi ricostruirà il meccanismo del trauma, che facilmente è una torsione nelle fratture
parcellari e un trauma importante nelle fratture totali.
In queste forme possono essere presenti l'impotenza funzionale cosiccome la deformazione.
L'esame ricerca una deformazione a volte importante (un’inversione del piede con un equinismo),
dei dolori alla palpazione, un gonfiore del retro-piede, valuta lo stato cutaneo e la presenza dei polsi
periferici.

L'apertura cutanea è presente nel 15% dei casi, con un rischio di artrite infettiva importante.

La radiografia permette la diagnosi precisa. Incidenze di fronte e di profilo della tibio-tarsica,


aggiungendo delle incidenze dorso-plantari e retro-tibiali. Le tomografie possono essere utili
cosiccome la TC può precisare le linee e il volume dei frammenti.

L'evoluzione
Le complicanze secondarie sono frequanti e spiegano la cattiva prognosi
funzionale di queste fratture.
- Le pseudoartrosi sono eccezionali.
- I calli viziosi sono rari grazie a manovre di riduzione efficaci.
- La necrosi del corpo dell’astragalo è la principale complicanza. Si tratta
di una privazione arteriosa proveniente dal collo (50% dei casi nelle
fratture del corpo). La necrosi si traduce, fra il 2° e il 3° mese, in una
condensazione anomala del corpo. Essa può determinare,
secondariamente, uno sfondamento della puleggia astragalica, che verrà
sopportata più o meno bene a lungo termine. La rivascolarizzazione della
necrosi avviene fino all’8°mese e bisogna proibire la ripresa
dell’appoggio, se si vuole evitare lo sfondamento dell’astragalo.
Tt ortopedico: buon consolidamento
- L'artrosi post-traumatica della tibio-astragalica o della sotto-astragalica si sviluppa soprattutto se
la riduzione non è stata corretta e se ci sono lesioni cartilaginee. Essa limita dolorosamente le
ampiezze di flesso-estensione.

Trattamento
- Trattamento delle fratture parcellari
Se il frammento è poco scomposto, basta una semplice immobilizzazione gessata per un buon
risultato.
Se il frammento è scomposto, soprattutto se è articolare, si ricorre all’osteosintesi con una riduzione
perfetta.

- Trattamento delle fratture totali


493
1- Il trattamento delle fratture-separazioni
Allo stadio 1: semplice immobilizzazione gessata
Allo stadio 2:
- La riduzione ortopedica della lussazione astragalica è possibile, ma sempre difficile da mantenere
con un semplice gesso. Infatti, la posizione di riduzione è l’equinismo ed è pericoloso mantenere
l’equinismo completo 6 settimane in un gesso, dato il rischio di irrigidimento in questa posizione.
- La riduzione chirurgica seguita da osteosintesi solida è una soluzione migliore, soprattutto se si
può evitare un’ingessatura e mobilizzare rapidamente la caviglia. L’appoggio non sarà ripreso
prima di 2 o 3 mesi, quando il consolidamento radiologico sarà sufficiente.
Allo stadio 3: la riduzione chirurgica dell'enucleazione sarà seguita da un’osteosintesi.

Sono possibili molti procedimenti di osteosintesi:


- Il semplice posizionamento di fili, percutaneo o aperto
- L’avvitamento della frattura per accesso diretto
- L’avvitamento "in compressione" con accesso posteriore.

Avvitamento anteriore o posteriore Buon consolidamento dopo un’avvitamento posteriore

Posizionamento di fili anteriore Avvitamento anteriore

2 - Il trattamento delle fratture-sfondamento del corpo dell’astragalo


- La riduzione chirurgica è spesso possibile.
- Talvolta viene proposta d'emblée l'artrodesi dell’articolazione della caviglia, tanto i danni
possono essere importanti e irreparabili.

Artrodesi e astragalectomia sono le soluzioni di fronte a danni irreparabili


494
Trattamento delle sequele delle fratture dell'astragalo
Le necrosi come le artrosi post-traumatiche possono essere trattate mediante artrodesi o protesi
totale, ma i risultati attuali delle protesi articolari mancano ancora di riscontro sufficiente perché si
possa affermare che siano una soluzione migliore rispetto all’artrodesi. Quest’ultima allevia il
dolore, ma la perdità della mobilità è una sequela limitante sul piano funzionale.
In certi casi particolari di enucleazione si può fare un’astragalectomia completa, che mette
direttamente a contatto il pilone tibiale e il calcagno. Questa soluzione presenta un vantaggio
rispetto all’artrodesi, che è quello di permettere di conservare un po’ di mobilità.

Necrosi Artrosi tibio-astragalica Sequele: crollo e artrosi

Protesi tibio-astragalica per sequele di frattura dell’astragalo e del pilone tibiale

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495
LE FRATTURE DEL CALCAGNO

Queste fratture sono di diagnosi radiologica difficile e di evoluzione particolarmente lunga.

Richiamo anatomico

Meccanismi delle fratture, anatomia patologica

Le fratture del calcagno sono provocate da una caduta sul tallone da una certa altezza, in 9 casi su
10. Raramente si tratta di un trauma diretto, ad esempio nel corso di un incidente stradale. Le lesioni
associate sono frequenti.

Esame
Si nota un gonfiore plantare e un impastamento sotto-malleolare, soprattutto esterno.
Rapidamente, compare un’ecchimosi plantare e laterale.
496

Foto JL Besse
497
LE FRATTURE TALAMICHE
Esse sono il risultato dell’azione di due forze opposte, una rappresentata dalla trasmissione del
colpo dall’astragalo sul talamo e l’altra dalla resistenza al terreno applicata sulla grossa tuberosità.

Tipo 1: frattura-separazione il cui tratto può attraversare il talamo (b) o passarvi anteriormente o
posteriormente (a e c).

Tipo 2: il frammento interno si schiaccia al suolo e il frammento esterno viene anch’esso


compresso:
- Si lussa e si corica in supinazione: è la frattura-lussazione di tipo II.

Tipo 3: - Oppure si infossa: è la frattura-separazione-infossamento di tipo 3, a 3 frammenti.

Tipo 4: l'infossamento del talamo è maggiore, con 4 frammenti o più. L’infossamento dipende dalla
posizione della caviglia nella caduta sul tallone.
498
L’infossamento è orizzontale quando il carico va all’indietro in una caviglia in equinismo.
L’infossamento è verticale se il carico va in avanti con una caviglia in flessione dorsale.

LE FRATTURE EXTRA-TALAMICHE

- Fratture dell'angolo superiore della grossa tuberosità.


Con il tendine di Achille (avulsione)
Oppure indipendente dal tendine d’Achille, per trauma
diretto.
- Fratture del tubercolo plantare postero-interno.
- Fratture della grande apofisi. Esse sono dovute a
un’abduzione forzata dell’avampiede con uno
schiacciamento del cuboide sul calcagno; si tratta di
fratture articolari spesso misconosciute.
- Fratture della tuberosità posteriore.

Fratture della grande tuberosità Fratture retrotalamiche

Diagnosi radiologica

Proiezione di profilo esterno, ottenuta su un piede appoggiato sulla cassetta sul suo bordo esterno.
Si apprezza la morfologia globale del calcagno, il becco della grande apofisi, il talamo, la grande
tuberosità.
Si può tracciare l’angolo di BOEHLER, formato da due linee che congiungono da una parte il
talamo e la grande tuberosità e dall’altra il talamo e il becco della grande apofisi.
Questo angolo è normalmente compreso fra 25 e 45°. Diminuisce con l’importanza
dell’infossamento, fino ad annullarsi nello stadio 3.
Nella radiografia si precisa anche il grado di infossamento verticale o orizzontale.
L'infossamento orizzontale deteriora in misura minore i rapporti della sotto-astragalica.
499

Spostamento talamico di profilo e tipo di trauma

Incidenza assiale ascendente retro-tibiale

I raggi penetrano al centro della pianta del piede, con la caviglia in flessione dorsale massima e la
cassetta dietro la gamba. Questa incidenza (cosiccome l’incidenza dorso-plantare), coglie il
calcagno di fronte (B), la parte inferiore dell’astragalo (A), l’articolazione sotto-astragalica
posteriore (C) e il sustentaculum tali (D).
Questa proiezione permette di distinguere l’infossamento talamico parziale e l’infossamento
talamico globale che non sposta la piccola apofisi e l’articolazione sotto-astragalica anteriore.

La TC completa questo bilancio standard e permette di comprendere meglio la complessità


dell’infossamento al fine di guidare il chirurgo per la ricostruzione.
500

Radiografia semplice e TC di un infossamento verticale del talamo

Ci sono numerose classificazioni delle fratture del calcagno


Noi considereremo quella di Uthéza che le divide in fratture a un tratto e a 2 tratti sulla proiezione
frontale; questi sono ben messi in evidenza dalla TC.

Trattamento delle fratture del calcagno

Il metodo funzionale con rieducazione immediata, senza ingessatura, si rivolge alle fratture poco
scomposte. Esso evita i disturbi trofici frequenti in queste fratture.
501

Immobilizzazione semplice con gesso, senza riduzione.


Si utilizza il gesso di GRAFFIN, che lascia il tallone senza appoggio e porta l’appoggio in avanti. Si
può mettere in carico dalla fine della fase edematosa, dopo 8-10 giorni.
Questo trattamento è valido per le fratture poco scomposte.

Rimodellamento manuale del calcagno seguito da protezione con un gesso modellato e, 15 giorni dopo, con un gesso
secondo Graffin.

Si può anche fare un tentativo di riduzione mediante manipolazioni esterne in AG e mettere un


gesso ben modellato che sarà sostituito dopo 15 giorni-3 settimane da un gesso di GRAFFIN.

Il posizionamento di fili percutaneo può completare la riduzione per manipolazione, permettendo un


migliore avvicinamento dei frammenti e un migliore fissaggio. Un gesso protegge il piede, come nei
casi precedenti. Nei casi in cui sia controindicata un’operazione classica, questo metodo è semplice.

Il posizionamento di fili percutaneo è soprattutto indicato nelle fratture scomposte della grande tuberosità. Si può
utilizzare una vite.

Riduzione quasi perfetta del talamo, ottenuta con rimodellamento e posizionamento di fili percutaneo in una frattura
molto complessa

La riduzione a focolaio aperto


La riduzione chirurgica si rivolge alle fratture molto scomposte.
502
Le piccole fratture parcellari della grande tuberosità vengono fissate con una vite.
Le fratture talamiche vengono esposte per via esterna e i frammenti ossei sono riposizionati affinché
le superfici cartilaginee dell’articolazione sub-talica vengano ripristinate. Si utilizzano viti o una
placca per fissare la riduzione. E’ consigliato associare un innesto sotto il talamo, per colmare il
vuoto creato dalla riduzione.

Via di accesso classica Via di accesso al limite della pelle plantare che consente di non ledere il nervo
(Photo JL Besse)

Il talamo è estratto e innalzato e il vuoto è colmato con un innesto osseo. Una placca fissa la ricostruzione

Placche speciali per osteosintesi del calcagno

Osteosintesi con viti multiple Osteosintesi con placca

La ricostruzione-artrodesi immediata (STULZ).


E’ riservata ai casi che presentino danni articolari maggiori, che facciano prevedere una cattiva
ricostruzione e un’artrosi ineluttabile. Si preferisce in questi casi bloccare da subito la sub-talica.

L'evoluzione delle fratture del calcagno


503
L'evoluzione è molto lenta, con spesso un’osteoporosi e un’edema prolungato e talvolta una vera e
propria sindrome algodistrofica (3%). La cicatrizzazione è spesso lenta in seguito a intervento
chirurgico. Difficoltà di cicatrizzazione: 20%, necrosi cutanea: 3%, ematoma sovrainfettato: 3%.

I dolori persistono a lungo a livello dell’articolazione sub-talica, nella quale si può sviluppare
un’artrosi a causa dei danni cartilaginei o a causa della residua cattiva congruenza articolare.

S-T normale remodelé S-T pincement S-T


L’evoluzione dell’articolazione sub-talica verso l’artrosi è frequente (foto JL Besse)

Quando i dolori persistono, si può essere portati a realizzare un’artrodesi sub-talica molti anni dopo
il trauma.

Le sequele morfologiche di queste fratture consistono in un allargamento e un cedimento del tallone


con a volte quello che si chiama piede piatto valgo post-traumatico.
-
504
LE LUSSAZIONI PERI-ASTRAGALICHE

1/ LUSSAZIONI TIBIO-ASTRAGALICHE

L'astragalo si lussa rispetto alla tibia. Si tratta di un’eventualità


eccezionale, permessa da una rottura completa dei legamenti della
caviglia che richiede una riparazione chirurgica.

Di solito la lussazione si associa a una frattura di uno o di entrambi i


malleoli e si tratta allora di una lussazione-frattura in cui il problema è
legato al trattamento delle fratture malleolari.

2/ LE LUSSAZIONI SOTTO-ASTRAGALICHE E MEDIO-TARSALI

La lussazione è più spesso interna che esterna.


Il meccanismo è un’inversione forzata in flessione plantare nel corso della quale si rompono i
legamenti esterni della caviglia e il legamento astragalo-calcaneare, detto legamento a siepe.
L’astragalo resta al suo posto e il calcagno si lussa rimanendo unito al piede mediante
l’articolazione calcaneo-cuboidale. L’articolazione astragalo-scafoidea si apre e lo scafoide resta
solidale con l’avampiede.
La deformazione del piede è importante e caratteristica e la radiografia conferma la diagnosi.
L’astragalo perde ogni contatto con il calcagno e lo scafoide.

Il trattamento delle lussazioni sotto-astragaliche e mediotarsali


- La riduzione in AG è ottenuta imprimendo una flessione plantare, una trazione sul tallone e il
posizionamento in eversione.
- L'ingessatura, con la caviglia ad angolo retto, è mantenuta per 5-6 settimane.
- La riduzione cruenta non viene effettuata, tranne che in caso di fallimento della riduzione
ortopedica. Ci sono allora interposizioni o del legamento frondiforme e del podieno o del tibiale
posteriore.
- Il posizionamento di fili percutaneo. In entrambi i casi, che la riduzione sia ortopedica o
chirurgica, ci si può assicurare una buona stabilità con l’introduzione di un semplice filo, che
eviterà ogni spostamento nel corso del confezionamento del gesso e in un secondo momento.
505
2/ L'ENUCLEAZIONE DELL'ASTRAGALO
Nel corso di un trauma violento che associ un’inversione forzata e una flessione plantare,
l’astragalo può enuclearsi in fuori e in avanti.
L’astragalo perde allora tutte le sue connessioni legamentose e vascolari e il rischio di necrosi è
maggiore. Si preferisce, nonostante questo rischio, tentare una riduzione piuttosto che effettuare
un’astragalectomia o un’artrodesi d’emblée.

Enucleazione del corpo dell’astragalo Tentativo di ricostruzione con evoluzione di una necrosi con consolidamento

Astragalectomia nel caso di un’enucleazione completa in cui non era stato possibile conservare l’astragalo

LE LUSSAZIONI MEDIO-TARSALI

E' una lussazione dell’articolazione di CHOPART, fra scafoide e cuboide da una parte e astragalo e
calcagno, dall’altra. Lo spostamento avviene più frequentemente verso la pianta del piede.
Si nota a volte la presenza di fratture associate a livello dello scafoide e del cuboide. La riduzione
deve essere allora perfetta se si vuole evitare un’artrosi secondaria.
La riduzione manuale è possibile, di solito, ed è raro dover ridurre questo tipo di lussazione
chirurgicamente. Un’immobilizzazione di 6 settimane basta per assicurare la stabilizzazione.
Vengono talora posizionati dei fili percutanei nel corso della riduzione.

Lussazione medio-tarsale interna ed esterna Riduzione e stabilizzazione con fili percutanei


506
LE LUSSAZIONI TARSO-METATARSALI

Sono rare e sfortunatamente misconosciute e diagnosticate troppo tardi, allo stadio di sequele, con
deformazioni, disturbi statici e dolori legati ad un’artrosi post-traumatica.

Richiamo anatomico

L'articolazione tarso-metatarsale è formata dalla paletta esterna del piede o spatola, costituita dai 4
metatarsi esterni, e dalla colonna interna, formata dal 1° metatarsale e dal 1° cuneiforme, prolungata
indietro dallo scafoide e dal retropiede.
Le interlinee articolari di questi due elementi architetturali sono oblique e orientate all’indietro, ma
in senso opposto (all’esterno per la paletta e all’interno per la colonna). Questa divergenza spiega il
senso dello spostamento nelle lussazioni:
La base del 2° metatarsale è incastrata nella morsa dei cuneiformi. Questo spiega la frattura
frequente di questa base nelle lussazioni, essendo la lussazione tarso-metatarsale pura rara.

L’interlinea dell’articolazione di Lisfranc è molto irregolare con l’incastro di M2 Aspetto di fronte e di tre quarti

I meccanismi

L'iperflessione plantare associata ad una supinazione o a una pronazione dell'avampiede sono i


meccanismi più frequenti. La supinazione dà una lussazione della spatola, in alto e all’esterno, e la
pronazione lussa la colonna in dentro.
Questi meccanismi si verificano quando il piede è incastrato in una staffa o in un incidente in auto.
La lussazione plantare è possibile in un trauma diretto, per caduta di un peso sul dorso del piede.

Scala Urto posteriore Urto frontale in auto Caduta sulla punta del piede: Lussazione dorsale

Lussazione plantare
507
Classificazione delle lussazioni tarso-metatarsali

Lussazioni omolaterali

1 - Lussazioni spatolari: uno o più elementi della spatola si lussano all’esterno e in alto.

2 - Lussazioni columno-spatolari dorso-esterne: i 5 metatarsi sono lussati in alto e all’esterno


(raramente in basso). La base del 2° metatarsale è fratturata 3 volte su 4.

Lussazioni divergenti

1 - Lussazioni colonnari: il 1° metatarsale si lussa all’interno, mentre la spatola resta in sede. Molto
spesso c’è una frattura parcellare della base del 1° metatarsale.

2 - Lussazioni columno-spatolari divergenti: la colonna si lussa all’interno e la spatola si lussa


all’esterno, con spesso frattura della base del 2° metatarsale.
508
Sono possibili complicanze: fratture aperte e lesioni vascolari che portano a volte ad amputazione
del piede.

Talvolta gravi lesioni delle parti molli: qui impiego di fili. La vascolarizzazione insufficiente può costringere
all’amputazione

Trattamento delle lussazioni tarso-meta-tarsali


Il trattamento consiste in una riduzione precoce seguita da un contenimento rigoroso con fili
percutanei.

- La riduzione ortopedica semplice


E’ realizzata mediante trazione e manipolazione, senza apertura. Può venire tentata in certi casi
giunti all’osservazione molto presto, se non ci sono fratture associate, ma la stabilità è precaria e si
temono spostamenti secondari. E’ preferibile fissare la riduzione con fili percutanei.

- La riduzione chirurgica
E’ realizzata mediante 2 incisioni dorsali, centrate sul 1° e il 4° spazio intermetatarsale. Dei fili
percutanei adeguatamente posizionati permettono di fissare tutte le forme di lussazione e le fratture
associate.

2 incisioni dorsali permettono di accedere a tutti i metatarsi. Esempi di lussazioni spatolari e columno-spatolari

Columno-spatolare dorso esterna Columno-spatolare divergente

- Il riposizionamento-artrodesi d’emblée

E’ riservata ai casi in cui l’importanza delle fratture associate delle basi dei metatarsi o dei
cuneiformi e del cuboide non permettono di sperare nel recupero funzionale dell’articolazione.
509

Il riposizionamento-artrodesi secondario
Si rivolge ai casi inizialmente trascurati o ridotti male che evolvono verso dolori statici e artrosi
post-traumatica.

Callo vizioso in una lussazione passata inosservata Callo vizioso formatosi dopo fallimento della chirurgia

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510
LE FRATTURE DEI METATARSI

Frattura della base del 5° metatarso


E' la frattura più frequente. E’ provocata da un’inversione brutale (marcia su terreno irregolare). Il
peroniero breve laterale strappa la sua inserzione sulla stiloide del metatarso. Il dolore è localizzato
sul rilievo del 5° metatarso.
La radiografia mostra una linea perpendicolare all’asse del metatarso. La frattura interessa spesso
l’articolazione con il cuboide.
Se il frammento è più grosso, è l’articolazione con il 4° metatarsale che viene coinvolta.

Trattamento delle fratture dei metatarsi


- La maggior parte delle fratture non sono scomposte ed è sufficiente un semplice contenimento
elastico per 3 settimane.
- In caso di spostamento e soprattutto negli sportivi, si può proporre un’osteosintesi con un tirante
per le fratture della stiloide, oppure con una piccola vite per le fratture più voluminose della base.

Frattura scomposta dell’apofisi stiloide del 5° metatasale: trattamento mediante filo e piccolo filo metallico

Frattura del 1° metatarso


E’ la più grave delle fratture dei metatarsi, viste le possibili ripercussioni sulla statica. L’edema
post-traumatico è importante.
Se lo spostamento è marcato, è indicato eseguire una riduzione chirurgica e un’osteosintesi con un
materiale miniaturizzato.

Le fratture dei metatarsi medi


Si collocano soprattutto a livello del collo o delle diafisi e sono multiple. Se poco scomposte, si
lasciano stare.
In caso di spostamento importante, e soprattutto se il 5° o il 1° metatarso sono fratturati assieme ai
medi, si propone una riduzione cruenta con posizionamento di fili centro-midollare o di piccole
placche.

Le fratture da fatica
Sono spesso situate a livello del collo o delle diafisi e sono multiple.
Consolidano rapidamente in 3 o 4 settimane.

FRATTURE DELLE FALANGI


Sono più benigne. Sono spesso il risultato di uno schiacciamento da parte di un peso sul dito. La
frattura è spesso comminuta e aperta. Il trattamento consiste nel contenimento con uno "strapping"
adesivo con le dita vicine per 2-4 settimane.

LE LUSSAZIONI METATARSO-FALANGEE
Vengono ridotte mediante trazione. Se la stabilità è insufficiente, si impiegheranno dei piccoli fili di
Kischner.

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