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J-L Lerat
Facoltà Lyon-Sud
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Le fratture hanno delle caratteristiche e delle evoluzioni molto differenti in funzione della loro
localizzazione sullo scheletro (ossa piatte, ossa lunghe, ossa corte) e in funzione della loro posizione
a livello dell’osso stesso (diafisi, metafisi, epifisi).
- le ossa piatte. Le ossa piatte, come il cranio e la scapola, non hanno delle funzioni di
locomozione. Le loro fratture consolidano sempre spontaneamente vista la loro abbondante
vascolarizzazione apportata in gran parte dalle numerose inserzioni muscolari.
- le ossa corte . Le ossa del carpo e del tarso e le vertebre sono delle ossa massicce che hanno come
caratteristica di presentare molteplici superfici articolari la cui integrità è indispensabile per un buon
funzionamento delle articolazioni vicine. L’osso è spongioso compatto con delle corticali solide.
- le ossa lunghe . Le ossa lunghe presentano una diafisi, due metafisi e due epifisi.
- La diafisi è lunga, e forma il canale midollare con una corticale molto solida. Il femore e la tibia
sono delle ossa “portanti” che subiscono delle forze considerevoli. Hanno dei fasci frontali e
sagittali che aumentano la loro resistenza per meglio sopportare le forze di compressione, tensione e
torsione. La diafisi delle ossa lunghe è mal vascolarizzata a livello del terzo medio, laddove il
sangue proviene soprattutto dalla periferia dei muscoli [2/3 esterno dal periostio e dai muscoli che
vi si inseriscono (cf schema)]. Si comprende perchè un’osteosintesi con placca, che comporta
inevitabilmente un raschiamento dei muscoli al fine di esporre l’osso, rischia di perturbare la
vascolarizzazione (più di una osteosintesi con chiodo centro-midollare dove non viene aperto il
focolaio di frattura).
- Le epifisi sono delle zone spongiose dense in periferia e ricoperte di cartilagine articolare. L’osso
spongioso è caratterizzato da un sisteme di trabecole larghe.
- Le metafisi sono situate alla giunzione fra diafisi ed epifisi.
E’ a questo livello che sono situate le cartilagini di accrescimento, o cartilagini di coniugazione,
responsabili della crescita in lunghezza delle ossa lunghe. Queste cartilagini di accrescimento che
appaiono nelle radiografie come delle linee o delle soluzioni di continuo, non devono essere
confuse con dei tratti di frattura (fare delle radiografie comparative dei due lati). Spariscono alla
fine dell’adolescenza e si fondono completamente nell’adulto. Sono delle zone molto attive
soprattutto vicino al ginocchio (estremità inferiore del femore ed estremità superiore della tibia, che
sono responsabili dell’80% della crescita in lunghezza dell’arto inferiore) e lontano dal gomito
(estremità superiore dell’omero e polso, che sono responsabili del 75% della crescita in lunghezza
dell’arto superiore).
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I traumi a carico delle zone di crescita (fratture e distacchi epifisari) possono perturbare la crescita
in lunghezza allorchè si verifichino durante l’infanzia e l’adolescenza. Possono determinare
un’epifisiodesi, ovvero un arresto della crescita. Un’epifisiodesi può essere totale, interessando tutta
la larghezza della cartilagine di accrescimento e determinando un arresto completo della crescita, o
può verificarsi in una zona piu’ circoscritta, comportando allora solo un arresto localizzato della
crescita. In questi casi, la prosecuzione della crescita nella zona contigua può comportare una
deviazione dell’osso (cf. capitolo delle fratture dell’infanzia).
- il periostio è una membrana periferica, facile da scollare dall’osso nel bambino. E’ più o meno
spessa e il suo spessore diminuisce nell’adulto. La crescita in larghezza dell’osso dipende molto dal
periostio.
Il periostio svolge una funzione importante nel consolidamento delle fratture. Svolge inoltre
funzione di barriera fra l’osso e le parti molli, frenando ad esempio l’estendersi di certi processi
patologici che si muovono dall’osso alle parti molli. (Ad esempio, l’ostomielite ed alcuni tumori
ossei).
Una frattura è un’interruzione di continuità di un osso. Può trattarsi di una semplice fessura
ossea senza spostamento, fino ad una frattura molto comminuta (frattura a numerosi frammenti).
Una frattura può essere aperta o chiusa. Allorchè la pelle sia aperta, il focolaio di frattura
comunica con l’esterno e una sovrainfezione è sempre possibile e deve essere prevenuta. Si possono
osservare delle grosse perdite di sostanza a livello cutaneo e muscolare, che comportano consistenti
problemi terapeutici per la copertura dell’osso.
Una frattura aperta è una frattura anzitutto molto più grave rispetto alla stessa frattura chiusa
e le indicazioni terapeutiche sono molto differenti. Finché la pelle è intatta, non c’è alcun rischio di
complicanza infettiva della frattura. Allorché la pelle sia aperta, c’è un rischio molto alto di
infezione che può ritardare o impedire il consolidamento.
A B C D
Frattura trasversale delle due ossa della gamba (A) - Frattura comminuta (B) - Frattura spiroide (C) - Frattura patologica
del femore a carico di un osso indebolito da un tumore osteolitico (D)
- Trauma diretto
Si tratta di un urto diretto: ad esempio per la caduta di un oggetto pesante o l’impatto in corso di un
incidente stradale, oppure per una caduta con contatto diretto col suolo.
Caduta sul gomito, in grado di determinare una frattura sovra-condiloidea o una frattura dell’olecrano
- Trauma indiretto
Il trauma può verificarsi in torsione, in trazione, in varo o valgo, in compressione o attraverso un
meccanismo complesso. L’osso si frattura a distanza dal punto di applicazione delle forze.
L’esempio più tipico è la frattura di gamba dello sciatore che ruota sul proprio piede bloccato dallo
sci. Questo stesso meccanismo può comportare delle distorsioni articolari con rottura dei legamenti.
Le vertebre si fratturano spesso attraverso un meccanismo a carattere compressivo, cosiccome i
piatti tibiali o il calcagno. L’omero si rompe per flessione indiretta in seguito ad una caduta sulla
mano.
Frattura del gomito dopo caduta sulla mano Torsione in grado di produrre una frattura o una rottura dei legamenti
- Le fratture da stress
Le fratture da stress si producono in seguito a una moltitudine di sforzi a
carico di un osso.
La più frequente si verifica a livello del collo dei metatarsali medi, che è un
sito privilegiato nella marcia. E’ la frattura più frequente delle giovani
reclute dell’esercito, a cui sono imposte delle lunghe marce alle quali non
sono abituati. Possono inoltre verificarsi negli sportivi in seguito ad un
sovra-allenamento (es fratture delle danzatrici e dei corridori). Queste
fratture sono spesso parziali e difficili da vedere sulle radiografie (visibili
con la scintigrafia ossea).
LE LINEE DI FRATTURA
- Le infrazioni ossee
Le infrazioni si producono allorché vi siano dei traumi minimi. Non c’è
che una fessura più o meno completa, senza nessuno spostamento e la
linea può essere difficilmente visibile sulle radiografie iniziali. Spesso
la si vede meglio sulle radiografie eseguite 15 giorni più tardi, in
ragione dell’osteoporosi che si sviluppa nell’immediato ai lati della
lesione in seguito ad ogni frattura (E’ tipico che le fratture dello
scafoide carpale non si vedano a volte se non sulle radiografie dopo una
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quindicina di giorni). Queste fratture consolidano d’abitudine spontaneamente (solo le infrazioni
dello scafoide carpale e del collo femorale possono consolidare con difficoltà). Le infrazioni delle
piccole ossa, invisibili su delle radiografie semplici, possono, in caso di dubbio, giustificare degli
esami complementari per la diagnosi: TC o scintigrafia ossea.
- Le fratture "a legno verde" (vedi il capitolo delle fratture del bambino)
Si tratta di una forma molto particolare di frattura diafisaria o metafisaria del bambino. Una
corticale è fratturata in modo non completo e tiene soprattutto grazie al periostio che svolge una
funzione di cerniera. L’angolazione è talvolta importante ma i frammenti sono stabili e non si
spostano nel corso della manipolazione all’esame obiettivo, al contrario delle normali fratture degli
arti.
3° Fratture comminute
Le fratture comminute si caratterizzano per il fatto che sono presenti più di due frammenti ossei e a
volte un grande numero di frammenti. Spesso non c’è che un frammento intermedio ad "ala di
farfalla": si tratta della forma più semplice di frattura comminuta.
Queste si verificano in corso di traumi diretti o complessi molto violenti e sono spesso
accompagnate da lesioni delle parti molli, dei muscoli, dei vasi o dei nervi. Sono particolarmente
instabili.
Una breccia cutanea, frequente in questi casi, controindica ogni osteosintesi chiusa e quindi si
utilizza spesso il fissatore esterno.
Nelle fratture chiuse si può realizzare un inchiodamento una volta stabilizzato il focolaio di frattura
(aggiungendo un dispositivo di bloccaggio per impedire la rotazione dei frammenti).
Frattura ad “ala di farfalla” Fratture comminute della tibia e del ginocchio Fratture a doppio piano
Nelle fratture a doppio piano vi sono 2 linee di frattura trasversali o oblique che separano un
frammento più o meno grande. Queste fratture sono instabili. Il frammento intermedio può avere
una vascolarizzazione assai precaria vista la separazione completa dal resto dell’osso e il
consolidamento dell’osso può risultarne ritardata. Il trattamento ortopedico sarà difficile poiché non
si avrà alcuna presa sul frammento intermedio. Il trattamento chirurgico dovrà evitare la
devascolarizzazione del frammento, cosa che esclude una osteosintesi con placca, a favore di un
chiodo centro-midollare.
5° Le fratture ingranate
Le inserzioni sulle ossa di certi tendini possono essere strappate in occasione di traumi (spesso
legati allo sport). Si può vedere uno spostamento del frammento osseo che si manifesta con la
retrazione del muscolo corrispondente: grande e piccolo trocantere, trochite dell’omero, epitroclea,
tuberosità tibiale, stiloide del 5° metatarsale sono le tuberosità o apofisi più spesso distaccate.
Solamente il trattamento chirurgico precoce può permettere una fissazione solida e in posizione
Frattura del piccolo trocantere Frattura del grande trocantere Frattura della tuberosità tibiale
Molte fratture non si spostano (cf sotto: fratture da stress, infrazioni ed alcune fratture del bambino).
Uno spostamento non si può valutare se non disponendo di due radiografie, una di fronte e una di
profilo. Uno spostamento può essere il risultato di più spostamenti elementari.
- La traslazione
- La sovrapposizione
La sovrapposizione corrisponde ad un
accavallamento longitudinale dei frammenti.
Nelle fratture trasversali non la si riscontra se
non in quelle in cui vi sia una traslazione
completa. Nelle fratture oblique o spiroidi, la
sovrapposizione è molto frequente.
- L’angolazione
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L’angolazione può essere sul piano frontale: in abduzione o in valgo e in adduzione o in varo,
oppure sul piano sagittale: angolazione anteriore o antecurvatum e angolazione posteriore anche
detta recurvatum. Si tratta probabilmente del tipo di spostamento la cui correzione è più importante
in ragione delle possibili sequele assai problematiche, soprattutto a livello dell’arto inferiore. Il più
piccolo difetto angolare può avere una ripercussione sulla funzione delle articolazioni presenti al di
sopra e al di sotto della frattura. Un consolidamento in varo della gamba, ad esempio, determinerà
un sovraccarico interno del ginocchio e della caviglia.
- La rotazione
Una frattura viene definita con l’elenco di tutte le sue caratteristiche e il medico che riceve il
paziente deve stabilire una vera e propria "carta d’identità" della frattura, annotandone: il lato
interessato, l’osso o le ossa fratturate, il livello, la forma dei margini e dei frammenti, gli
spostamenti sui 3 piani, la rottura o meno della pelle e le lesioni delle parti molli (muscoli, nervi,
vasi).
L’anamnesi
- I segni di shock
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I segni di shock sono molto frequenti: pallore, lipotimie, accelerazione del polso e soprattutto
caduta della pressione arteriosa (che non è sempre legata ad un’emorragia, ma è in rapporto al
dolore, che è necessario lenire). Alcune fratture, anche chiuse, sono ritenute responsabili di shock
non solo per l’emorragia che le può accompagnare (una frattura diafisaria del femore può
facilmente accompagnarsi ad un ematoma da 500 ml ad 1 litro), ma lo shock può manifestarsi col
solo spostamento della frattura. Una coscia che presenti un’angolazione o un accavallamento
importante vede lo shock regredire dal momento in cui l’arto è immobilizzato in posizione corretta
e, soprattutto, con l’installazione di un sistema di trazione longitudinale che riduce o almeno allinea
la frattura (all’inizio una semplice trazione manuale).
- l’ esame obiettivo cerca poi di fare la valutazione locale dell’arto dopo aver escluso, in un
politraumatizzato, la presenza di altre fratture associate.
La valutazione radiografica
Le radiografie vanno poi a confermare la diagnosi fatta attraverso l’esame clinico. Sono necessarie
almeno una proiezione frontale e una laterale dell’osso, comprendenti inoltre le articolazioni al di
sotto e al di sopra del tratto interessato. Tutti gli spostamenti saranno quindi valutati e si sarà
dunque in grado di scegliere il trattamento più adeguato dopo aver così classificato tutte le
caratteristiche della frattura e gli elementi prognostici.
Una frattura è una soluzione di continuo brutale, che altera l’apparato locomotore interrompendo la
trasmissione dei carichi. Questo innesca un processo di riparazione che è l'osteogenesi riparatrice
con ricostituzione della continuità solida dell’osso.
La frattura va a perturbare un tessuto strutturato, vivente, vascolarizzato e in continuo
rimodellamento, elementi che assicurano il suo mantenimento biologico e meccanico. Il collagene, i
minerali e la sostanza fondamentale vengono continuamente rimpiazzati (ad un ritmo che rallenta
con l’età).
E’ importante prima di tutto non ostacolare l’osteogenesi naturale, ma piuttosto favorirla. La qualità
del consolidamento sarà direttamente legata alla scelta del trattamento. Ma prima di indicare i mezzi
terapeutici è importante conoscere bene le modalità di consolidamento delle fratture.
Il consolidamento è un fenomeno fisiologico complesso nel corso del quale si assiste alla
cicatrizzazione del tessuto osseo. Il consolidamento deve molto al periostio, all’ematoma che si
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forma attorno alla frattura e alle sollecitazioni meccaniche. Numerose sono state le teorie
riguardanti il consolidamento dell’osso, ma oggi si può effettuare schematicamente la seguente
sintesi: Tutte le fratture consolidano attraverso 3 fasi principali:
Il focolaio di frattura acquisisce a poco a poco una certa stabilità grazie allo sviluppo di questo callo
fibroso, si dice che "si incolla". La mobilità diminuisce, le fibre collagene sono sostituite da sali
minerali che si depositano. Il tessuto fibro-vascolare presenta una metaplasia cartilaginea e in
seguito ossea comportando quindi un callo primario.
L'apporto vascolare aumenta la tensione di ossigeno, responsabile della trasformazione dei
condrociti periferici in osteociti. Appaiono inoltre degli osteoclasti che cominciano a riassorbire le
estremità ossee devitalizzate. La quantità di condrociti è variabile, è più importante se persistono dei
movimenti eccessivi ai capi ossei. Contemporaneamente, la stessa attività ha preso inizio in sede
midollare.
Le cellule ossee invadono il callo di congiunzione e il callo osseo comincia ad apparire sulla
radiografia progressivamente, a partire dal 30° giorno, prima nel bambino e più tardi nell’anziano.
C’è un callo del periostio che si sviluppa in periferia e un callo endosteo che si forma nella cavità
midollare. Le forze in compressione ed in trazione sono assai utili allo sviluppo del callo osseo. Il
callo si modella e si organizza formando una giunzione efficace fra i due frammenti, a condizione
che lo spazio fra di essi sia minimo e che la breccia periostea sia piccola. Anche se i frammenti
ossei si trovano uno in faccia all’altro, il callo periferico può nondimeno unirsi al callo endosseo.
Trasformazione del callo fibroso in callo osseo Qualche caso di callo osseo ottenuto con immobilizzazione gessata
Infine, gli osteoclasti possono raggiungere ed attraversare il margine di frattura grazie ai vasi
neoformati e gli osteoblasti vanno a ricostituire un sistema osseo "haversiano" normale. La
formazione di una nuova corticale con ripristino di una continuità fra i canali di Havers (cf corso di
istologia), non è possibile se non in assenza di tessuto fibroso nello spazio. Il callo si adatta subito
alle condizioni meccaniche e si "corticalizza" nell’arco di molti mesi.
Il callo si rimodella e si adatta dal momento in cui è sottoposto alle sollecitazioni dell’appoggio.
Ogni traccia della frattura può anche sparire in un bambino, mentre tale fenomeno è meno evidente
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nell’adulto. Nel bambino si può anche osservare la correzione di piccoli difetti angolari. I difetti di
rotazione al contrario non sono soggetti a correzione spontanea.
Nell’adulto non si può sperare in nessuna modificazione allorché vi siano dei difetti di asse.
Oltre ai fattori meccanici, fattori circolatori, ormonali, nutrizionali e bioelettrici intervengono nel
consolidamento, in proporzioni difficili da quantificare. Studieremo soprattutto i fattori legati alla
localizzazione, alle complicanze e al trattamento.
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I FATTORI CHE INFLUENZANO IL CONSOLIDAMENTO
Consolidamento di una tibia di un bambino mediante trattamento ortopedico. Rimodellamento del callo fra 8 e 29 mesi.
Fratture della tibia e del femore perfettamente ridotte e fissate con placche, con consolidamento anatomico, ma senza
callo esterno visibile.
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Questo tipo di osteosintesi non presenta gli inconvenienti segnalati per le osteosintesi con placca, a
focolaio aperto. L’operazione consiste nell’introdurre nella diafisi attraverso l’estremità dell’osso
(del femore, della tibia o dell’omero) un grosso chiodo del calibro del canale osseo, senza scoprire
la frattura. La riduzione è effettuata mediante trazione su di un letto operatorio speciale (letto
ortopedico) che consente di ottenere l’allineamento dei frammenti. L’introduzione del chiodo
centro-midollare viene fatta dall’estremità prossimale dell’osso con una piccola incisione e sotto il
controllo di un amplificatore di brillanza e uno schermo televisivo. L’assenza di apertura del
focolaio di frattura evita la devascolarizzazione dei frammenti e preserva l’ematoma attorno alla
frattura.
Un inchiodamento centro-midollare è solido e permette una mobilizzazione e una ripresa della
marcia con appoggio progressivo rapido (quando si tratta di fratture semplici). Le sollecitazioni
meccaniche attivano il consolidamento grazie ad una successione frequente di forze in
compressione ed in trazione. La qualità del callo è equivalente a quella di un callo spontaneo e la
protezione del chiodo consente un appoggio precoce.
L’inchiodamento centro-midollare è il metodo di scelta nelle fratture diafisarie, nelle quali deve
completamente sostituire le placche avvitate. Nelle fratture metafisarie invece si possono utilizzare
delle placche avvitate, benché l’inchiodamento bloccato o "sprangato" (mediante viti trasversali che
attraversano l’osso e il chiodo) possa anch’esso essere utilizzato con successo.
Abituale buona qualità del callo ottenuto dopo inchiodamento centro-midollare di tibia, omero o femore.
L’inchiodamento centro-midollare non può purtroppo essere realizzato in tutti i casi di frattura
diafisaria delle ossa lunghe, in particolare nel bambino in cui è controindicato, in ragione del
rischio molto importante che si farebbe correre alla crescita se si attraversasse la cartilagine di
coniugazione metafisaria. Si può tuttavia impiegare il metodo di Métaizeau con dei piccoli chiodi
elastici, in alcuni casi (vedi sotto).
La trazione ossea rappresenta a volte un eccellente metodo. Per le fratture diafisarie del femore del
bambino, ad esempio, l’estensione è in questo caso positiva poiché assicura riduzione e
contenimento mediante l’allineamento dei frammenti. Essa ripristina la lunghezza iniziale dei
muscoli e favorisce la mobilizzazione delle articolazioni. Questa mobilizzazione comporta anche
dei movimenti a livello del focolaio di frattura, ma queste sollecitazioni, se non eccessive, hanno un
effetto di stimolo per il consolidamento.
La trazione può essere applicata a mezzo di un dispositivo adesivo (per i bambini leggeri) o con
l’impiego di un filo di trazione nei bambini più grandi. E’ necessario evitare le complicanze
infettive a livello di questo mediante una buona tecnica di posizionamento e delle buone condizioni
di asepsi.
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E’ necessario poi sorvegliare la trazione per evitare che sia eccessiva ed evitare di creare uno scarto
fra i frammenti (radiografie successive). Al costo di qualche precauzione, non vi sono
complicazioni legate a questo trattamento.
L’immobilizzazione con gesso che fa seguito a tale trazione dopo qualche settimana, è anch’essa
benefica poiché non determina una immobilizzazione rigorosa e i piccoli movimenti favoriscono il
consolidamento. Ciononostante, certi tipi di movimento sono nefasti per l’evoluzione del callo, le
torsioni e i movimenti in flessione, che deformano il callo. Le sollecitazioni favorevoli sono in
compressione ed in trazione.
La trazione continua delle fratture è raramente un metodo impiegato fino al termine del trattamento,
e viene sostituita da un gesso. Nell’adulto, la trazione continua a mezzo di un filo trans-osseo e di
una staffa; si tratta di un trattamento di attesa allorché non si possa intervenire secondo una
metodica classica a causa delle condizioni locali sfavorevoli o delle condizioni generali critiche, in
un politraumatizzato che necessiti di cure più urgenti.
Trazione adesiva per riduzione di femore nel bambino. Trazione mediante filo nei condili, nel calcagno o nell’olecrano.
La messa in appoggio precoce di ogni frattura è benefica se la riduzione non è precaria. L’appoggio
sarà immediato nelle fratture diafisarie trasversali, dopo il posizionamento di un chiodo. Sarà
sicuramente più tardiva dopo la riduzione ortopedica di una frattura e il confezionamento di un
apparecchio gessato (minimo 6 settimane per una frattura di gamba dell’adulto e in seguito al
confezionamento di un secondo gesso detto di marcia).
La scelta del metodo di trattamento si basa sulla conoscenza dei meccanismi di consolidamento ed è
importante, in primo luogo, non ostacolarlo. La difficoltà del trattamento delle fratture risiede nella
scelta del procedimento più adatto in base alla localizzazione della frattura, alle condizioni locali e
generali (età e condizioni generali) e che non impedirà il consolidamento, ma al contrario, lo
favorirà.
La scelta di un’osteosintesi invece di un trattamento ortopedico è lecita se il rischio di infezione è
assente o minimo e se il beneficio per la ripresa della funzione è evidente. Se non intervengono
queste due condizioni, è preferibile indirizzarsi verso il trattamento ortopedico.
I due metodi sono complementari e necessitano entrambi di molta cura e di un’attento
monitoraggio.
Le indicazioni terapeutiche dipendono da questi numerosi fattori e sono assai variabili anche in
funzione delle abitudini di ogni chirurgo. Non sarebbe conveniente trattare le indicazioni in un solo
capitolo ed esse saranno affrontate dettagliatamente per ogni frattura nel capitolo corrispondente.
Valutiamo ora le differenti modalità terapeutiche e i loro principi generali.
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IL TRATTAMENTO DELLE FRATTURE
PRINCIPI GENERALI
La riduzione
La riduzione sarà realizzata in anestesia generale, più spesso, o in anestesia loco-regionale (ad
esempio, per il polso). Le manovre saranno dettate dall’analisi dello spostamento sulle radiografie
di fronte e di profilo. Ogni caso è a sè stante. La trazione è l’elemento costante di ogni riduzione.
Essa può essere applicata manualmente o attraverso differenti sistemi esterni. Deve essere molto
progressiva.
- L'immobilizzazione gessata: Essa è indicata nelle fratture non scomposte o semplici da ridurre. La
confezione di un gesso cosiccome il monitoraggio obbediscono a regole rigorose.
Le fratture non scomposte vengono semplicemente ingessate. Vengono poi fatte delle radiografie di
controllo della frattura ingessata e saranno ripetute ad intervalli variabili per scongiurare gli
spostamenti secondari (al 5° e al 15° giorno per una frattura di polso).
.
Riduzione manuale di una frattura molto scomposta Riduzione progressiva con trazione in AG
Confezionamento del gesso su jersey e cotone Sostituzione dopo 30-45gg con un gesso in flessione leggera
Le bende gessate sono attualmente sostituite sempre più spesso da bende in resina. Il gesso è
tuttavia più facile da modellare su di un arto e lo si può "lavorare" per qualche minuto prima che si
indurisca, al contrario della resina che polimerizza rapidamente. Il gesso ha l’inconveniente di
essere più pesante. I principi di realizzazione sono gli stessi e il monitoraggio di tutti gli apparecchi
di immobilizzazione obbedisce agli stessi principi.
A / Confezionamento di un gesso
Il materiale
Si deve preparare tutto in anticipo per non essere presi alla sprovvista dall’indurimento. Le bende
gessate hanno misure differenti e devono essere scelte in funzione della grandezza dell’apparecchio
da fare. Non bisogna tirarle fuori troppo in anticipo dall’involucro di protezione.
Esistono molteplici categorie di bende gessate con tempi di presa differenti. Si ha interesse a
prenderne a presa più lenta se si prevede una preparazione più lunga, ad esempio per un
lombostat…
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- Il jersey tubulare
Il jersey viene srotolato sull’arto. Dev’essere di misura adatta all’arto per evitare pieghe e rilievi che
potrebbero entrare in conflitto con la pelle. Si possono mettere due spessori di jersey, cosa che in
più faciliterà l’apertura al momento della rimozione dell’apparecchio. Per ingessare l’arto superiore
verranno tolti gli anelli.
- Il materiale di imbottitura
Varia a seconda delle abitudini di ognuno. Si deve evitare il cotone semplice perché è tende troppo
a bagnarsi. Alcuni impiegano il cotone cardato, ma non è facile da distribuire in modo omogeneo.
E’ più pratico utilizzare delle bende speciali in schiuma o in tessuto aerato, che si possono secondo
il bisogno impiegare per imbottire le zone da proteggere. Le placche di feltro sono utilizzate
soprattutto per imbottire i rilievi ossei nei gessi voluminosi (colonna o pelvi-dorso-podalico).
1° - Si può confezionare una semplice valva gessata, realizzata con una placca composta di molti
strati di bende gessate. Il numero di spessori dipende dal volume del segmento da immobilizzare (da
6 per un polso a 12 per una gamba). La stecca viene poi tagliata secondo le dimensioni esatte
dell’arto e posizionata.
Il tempo di immersione della stecca varia a seconda delle marche (da 10 a 30 secondi) in acqua
tiepida a 25°. L’asciugatura viene effettuata mediante precauzioni volte a non eliminare troppo
gesso. La stecca viene tesa e in seguito applicata sull’arto ricoperto di jersey ed imbottito. Una
benda elastica, srotolata rapidamente sopra il gesso evitando ogni costrizione, consente di
mantenerlo per 2-3 minuti in presa ; in seguito la benda sarà sostituita da una benda asciutta. Questo
tipo di gesso può essere poi "circolarizzato" allorché il rischio di edema diminuisca. La
circolarizzazione è fatta semplicemente srotolando qualche giro di benda di gesso sulla parte
superiore.
Confezione di una valva gessata semplice con una stecca composta da diversi spessori. Prova di applicazione sull’arto
per regolare la misura. Posizionamento di un jersey+imbottitura con delle bende di cotone.
La stecca viene immersa, poi asciugata e applicata sul braccio e modellata con delle bende di garza.
Esempio di preparazione di una stecca per fabbricare una doccia per l’avambraccio o per la gamba.
2° - Si può confezionare anche un apparecchio gessato circolare con delle spirali rinforzate,
posizionando una stecca fatta con qualche strato, poi di nuovo delle spirali circolari. Questo
apparecchio è più resistente di una semplice stecca.
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- Il primo metodo consiste nello srotolare le bende senza stringerle, lisciare bene per renderlo
omogeneo (e aumentarne la resistenza) e modellarlo con cura. Si attende che il gesso sia asciutto e
duro per fessurarlo con una sega elettrica. E’ necessario fare 2 linee a distanza di 5 mm e sollevare
il gesso compreso fra di esse. E’ il metodo classico. Si potranno allargare i margini
secondariamente, in caso di edema.
- Il secondo metodo consiste nell’arrotolare le bende stringendole forte sopra un’imbottitura spessa
e nel lisciarle bene e modellarle fino alla presa. Ma non bisogna attendere che sia tutto asciutto e
duro per fissurare il gesso: lo si fa invece col bisturi, al momento preciso in cui il gesso asssume la
consistenza di un cartone umido. Il bisturi taglia il gesso senza rischi per la pelle sottostante se la
guarnitura è abbondante. Si vedono allora i due margini del gesso allargarsi con la progressione del
bisturi e il gesso consolida senza provocare la compressione dell’arto. Inoltre il gesso è meglio
adattato alla forma dell’arto.
Gesso circolare aperto con la sega elettrica dopo consolidamento – Gesso circolare tagliato con un bisturi al momento
della presa. E’ necessario che lo spessore dell’imbottitura sia consistente per proteggere la pelle.
ATTENZIONE ! Ogni punto doloroso a livello di una estremità ossea può dare una piaga (tallone+
++ gomito++). Bisogna allora “finestrare” rapidamente il gesso ed evitare la piaga con delle frizioni
ripetute con alcool.
B / Sorveglianza di un gesso
Ogni gesso, soprattutto confezionato in urgenza, giustifica un controllo speciale.
Un gesso circolare è da controllarsi in modo particolare e dovrà essere sistematicamente fessurato e
divaricato da principio. Potrà essere allargato al bisogno se compaiono segni di compressione. Il
gesso viene aperto con una sega vibrante e allargato con delle pinze divarica-gesso di Henning.
Bisognerà sempre spiegare ai pazienti portatori di gesso quali sono i segni che rendono necessario
l’allargamento del gesso:
- Calore e formicolii legati ad una compressione dell’arto, ma anche raffreddamento se la
compressione è importante, con perdita della sensibilità.
- La cianosi e l’edema sono anch’essi segni di compressione.
- Bisogna spiegare ai pazienti che è indispensabile mantenere sollevato un arto ingessato, in
particolare la notte, per evitare l’edema.
Se l'allargamento del gesso non basta per alleviare molto rapidamente i sintomi di compressione,
bisogna rimuovere il gesso e farne un altro.
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Un ischemia prolungata di qualche ora può determinare delle lesioni irreversibili come la sindrome
di Volkmann, la paralisi dello sciatico popliteo esterno, gangrena, ecc...
Infine, bisogna conoscere la gravità delle tromboflebiti al di sotto del gesso, visto che la loro
diagnosi è difficile. Esse possono verificarsi nonostante un trattamento anticoagulante preventivo
attuato sistematicamente nelle immobilizzazioni gessate dell’arto inferiore, soprattutto nei pazienti
che rimarranno allettati. Non si attua profilassi anticoagulante per un gesso dell’arto superiore. Per
prevenirle, si dovrà consigliare la mobilizzazione attiva delle estremità per tutta la durata
dell’ingessatura.
Si deve aprire il gesso per effettuare gli esami indispensabili che sono l’ecodoppler o la flebografia.
La rimozione di un gesso si esegue mediante due tagli di sega elettrica che consentono di separare il
gesso in 2 valve e di separarle con delle pinze speciali. Poi imbottitura e jersey vengono così
scoperti e li si può tagliare con delle forbici. Attenzione, i tratti di sega devono passare sulle zone
meglio ricoperte da muscoli poiché la sega vibrante può ledere la pelle nei punti in cui l’osso ne è
direttamente al di sotto. La sega vibrante può inoltre provocare un riscaldamento in grado di
scottare la pelle.
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Gesso toraco-brachiale.
Il braccio può venire posizionato più o meno in abduzione e rotazione a seconda del tipo di lesione da trattare.
Il braccio può essere posizionato più o meno in abduzione a seconda del tipo di lesione da trattare.
Un’abduzione importante è a volte auspicabile in caso di trattamento delle fratture del trochite e
delle rotture della cuffia dei rotatori per evitare lo spostamento dovuto alla trazione dei muscoli.
L’abduzione è più discreta in caso di frattura-lussazione o in caso di frattura dell’omero.
Gesso brachio-antibrachiale
Il gesso "pendente"
Il gesso detto "pendente" è impiegato per le fratture dell’estremità superiore dell’omero e della
diafisi. Comprende l’avambraccio e il gomito, ma non risale necessariamente molto in alto. Non
include la zona di frattura, che non avrebbe senso immobilizzare. E’ con il suo peso che il "gesso
pendente" permette una riduzione e una stabilizzazione della frattura. E’ sospeso al collo atttraverso
un sistema semplice di cui la lunghezza deve essere ben regolata:
- se l’attacco è troppo corto: il gesso appoggia in avanti e inclina il focolaio di frattura,
- se l'attacco è troppo lungo si ha il fenomeno inverso.
L'effetto di trazione che si ricerca per la riduzione si ha quando il soggetto è in piedi, grazie al solo
peso del gesso.
Per proseguire questa azione durante la notte, si può installare sul piano del letto una trazione per
mezzo di un anello di gesso sotto il gomito, nel prolungamento dell’asse dell’omero, (il gomito
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poggia sul letto, la mano è allo zenith, stabilizzata da dei cuscini e una trazione leggera di 2 kg, o
meno, viene applicata con un sistema di pulegge all’estremità del letto).
La notte, il braccio poggia sul letto in rotazione neutra e si può mantenere una trazione molto leggera
Il gesso pelvi-podieno
Immobilizza il bacino e l’arto inferiore.
Necessita di un tavolo speciale con un appoggio sotto il sacro e il torace e di un dispositivo di
trazione sui piedi attraverso degli stivali di cuoio.
Imbottitura accurata delle creste iliache, delle ultime coste, dei trocanteri, del coccige e di tutte le
zone critiche dell’arto inferiore.
Bisogna prevedere delle stecche di rinforzo fra la pelvi e l’arto inferiore.
E’ necessario prestare particolare attenzione alle rifiniture a livello dell’epigastrio, dei genitali e del
coccige. Si possono immobilizzare i due arti inferiori o uno solo, ma è comunque importante
comprendere la radice della coscia controlaterale.
Le differenti forme di gesso pelvi-podieno: A: Un solo arto è unito alla pelvi. B: Il 2° arto è unito alla pelvi attraverso la
coscia. C: Pelvi-podieno corto o "mezzo bermuda gessato".
La valva cruro-podiena
Immobilizza il ginocchio e il piede.
Il ginocchio è in estensione o leggermente flesso, il piede ad angolo retto ( si può "circolarizzare").
Lo stivale podieno
Immobilizza la caviglia e il piede (ad angolo retto).
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Bisogna proteggere la tuberosità tibiale, il collo del perone, i malleoli, il tallone, i metatarsali.
Il tacco viene fissato con delle bende di gesso e applicato su qualche strato aggiunto sotto la pianta.
E’ necessario posizionarlo in avanti rispetto ai malleoli.
Il gesso di Sarmiento
La funzione del gesso di Sarmiento è di permettere un appoggio precoce nelle fratture di tibia.
Il gesso prende appoggio sotto la rotula e sulle tuberosità dei piatti tibiali modellandosi
particolarmente su questi rilievi, trasmettendo così l’appoggio direttamente al ginocchio, senza
sollecitare la tibia fratturata. Questo gesso da marcia migliorato consente un appoggio precoce per
certe fratture della gamba.
- Non comprimere la testa del perone. Il ginocchio deve poter flettersi a 90°.
- Modellare bene il gesso sulla rotula, sui condili femorali, sulla tuberosità tibiale.
- Si può anche articolare il gesso a livello della caviglia con una parte sul tallone o anche con la
calzatura.
.
Il dorso-lombostat gessato
Il più comune, in pratica, è quello raccomandato da BOEHLER per le fratture dei corpi vertebrali
lombari con scivolamento anteriore e muro posteriore intatto.
Questo gesso è fatto in posizione di iper-riduzione (in lordosi) ottenuta in posizione prona fra due
tavoli. Si riducono anche le frequenti fratture-spostamento anteriori dei corpi vertebrali.
Un jersey viene posizionato preliminarmente e l’imbottitura viene applicata con cura sulle creste
iliache e soprattutto su sterno, pube e regione lombare, che costituiscono le 3 zone di appoggio.
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Gesso fatto in posizione di lordosi, sia in posizione prona fra due tavoli, sia su di un telaio speciale
Il lombostat viene ben imbottito sulle zone d’appoggio e poi alleggerito e curvato in avanti
La minerva gessata
La maggior parte delle volte, si utilizzano delle minerve o dei collari cervicali fabbricati in materia
plastica e regolabili.
A volte, in caso di frattura grave del rachide cervicale, dopo trazione con una staffa o intervento, si
realizzano delle minerve gessate. La loro confezione è attuata molto delicatamente su dei pazienti
difficili da verticalizzare, spesso con l’ausilio di una trazione che si lascia nel corso della
preparazione e che viene applicata grazie a un sostegno murale.
- Servono dei buoni appoggi sulle creste iliache
- Le aperture anteriori possono essere larghe
- Il mento, l’occipite e la fronte devono essere particolarmente protette.
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Il materiale deve essere "biocompatibile" ovvero non deve innescare reazioni tossiche o
infiammatorie. Il materiale deve essere al sicuro da ogni agente corrosivo.
Il materiale metallico deve essere senza difetti che possano essere all’origine di una rottura. Le
leghe impiegate devono essere assai resistenti anche se il loro volume è piccolo. La maggior parte
delle volte le leghe associano il cromo , il cobalto e il molibdeno. Si impiega molto anche l’acciaio
inox.
Le placche di osteosintesi sono fabbricate in ogni sorta di forma e taglia per essere adattate ad ogni
osso e ad ogni frattura.
I chiodi centro-midollari impiegati per le diafisi delle ossa lunghe sono ugualmente disponibili di
ogni lunghezza e di ogni calibro e il loro posizionamento è facilitato da un materiale
“ausiliario”specifico.
Le osteosintesi devono permette una ridotta immobilizzazione e una rieducazione precoce delle
articolazioni, al fine di ottenere una ripresa di marcia nei tempi migliori.
Si utilizzano delle viti con filettature particolari che sono adattate alla struttura dell’osso corticale
(filettatura sottile) o dell’osso spongioso (filettatura larga). Sono posizionate dopo realizzazione di
un foro con trapano, poi la filettatura è realizzata nell’osso nell’ampiezza corrispondente al filetto
della vite.
Il contatto dei frammenti è assicurato da un impiego giudizioso delle viti e del loro orientamento in
rapporto alla linea di frattura.
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Per l’osteosintesi in osso spongioso, la totalità della filettatura della "vite per osso spongioso" si
trova nel frammento opposto alla testa della vite, determinando così al momento della chiusura un
effetto di richiamo con compressione dei frammenti.
Nel corso di una osteosintesi per una frattura complessa, i frammenti intermediari vengono fissati ai
frammenti principali con delle viti. La placca di osteosintesi serve quindi a stabilizzare il tutto, una
volta che si è ottenuta la riduzione. La compressione dei frammenti favorisce il consolidamento
osseo.
Si possono impiegare diversi sistemi per ottenere la compressione del focolaio di frattura:
A volte si utilizzano delle pinze o dei sistemi che permettono di ottenere un appoggio provvisorio
sull’osso al di fuori della placca e un secondo punto d’appoggio sulla placca. Poi si posizionano le
ultime viti.
Una pinza mantiene qui la riduzione durante l’avvitamento Compressione mediante pinza con appoggio sulla placca e
su una vite
A volte si impiegano delle placche dette auto-compressive. Esse presentano dei fori ovali che
consentono di posizionare la vite al di fuori del buco. L’avvitamento provocherà allora uno
scivolamento dell’osso verso il focolaio di frattura finché la testa della vite penetrerà nella placca.
Si può così eliminare tutto lo spazio fra i frammenti.
Le osteosintesi con placca avvitata sono utilizzate soprattutto per le fratture delle metafisi e delle
epifisi ; lo sono sempre di meno per le diafisi.
Le placche avvitate sono differenti per consentire tutte le combinazioni. Ecco qualche esempio con
una gamma di materiale molto diffuso nel mondo (il materiale svizzero "AO").
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Placche per le ossa piccole della mano e del polso Placche modellate per l’osteosintesi del cotile
I chiodi sono dei lunghi tubi metallici cavi, fatti per essere introdotti nel femore, nella tibia e
nell’omero.Offrono numerosi vantaggi, soprattutto per le fratture del terzo medio delle diafisi.
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Esempio di un chiodo per tibia. C’è un’angolazione speciale concepita per adattarsi alla forma del canale
Si può introdurre un chiodo nella cavità midollare senza aprire il focolaio di frattura e senza
devascolarizzarlo, semplicemente attraverso l’estremità dell’osso. La riduzione è ottenuta su tavolo
ortopedico per il femore e la tibia (tavolo munito di dispositivi per trazione longitudinale applicata
sui piedi o con delle staffe con fili trans-ossei) ed è controllata in scopia. Il canale midollare è
calibrato grazie ad alesatori di diametro crescente e il chiodo (di cui sono stati decisi il calibro e la
lunghezza) viene introdotto nella diafisi.
Riduzione su tavolo ortopedico, apertura del canale midollare al di sopra della tuberosità tibiale e introduzione del chiodo
Il chido stabilizza bene i movimenti e permette un appoggio rapido, anche prima che sia raggiunto il
consolidamento. I movimenti di rotazione sono a volte mal controllati, soprattutto nelle fratture
situate al di sotto o al di sopra del terzo medio. E’ in questi casi che si può "bloccare" il chiodo alle
sue estremità con delle viti trasversali che attraversano l’osso e il chiodo in fori speciali: si tratta
dell’inchiodamento bloccato (vedi fratture della tibia e del femore).
3° Fissatore esterno
Il fissatore esterno è il sistema ideale per stabilizzare i grandi traumi aperti degli arti.
Diverse spine metalliche vengono avvitate nell’osso attraverso la pelle, da una parte all’altra della
frattura, lontano dalle lesioni cutanee. Dei "giunti" solidarizzano le spine tra di loro e delle barre di
fissazione congiungono i giunti. Si possono eseguire dei montaggi di tutti i tipi e si può anche
realizzare una compressione a livello del focolaio di frattura. Le grosse lesioni delle parti molli
possono essere così curate senza compromettere la stabilità del focolaio. Delle numerose varietà di
fissatori esterni esistenti, uno dei più vecchi è il fissatore di HOFFMANN. Si può fare un
montaggio su un solo piano o impiegare due piani di fili a 45° o 90° (montaggio a V molto
resistente). Attualmente si usa spesso il fissatore Orthofix che presenta delle articolazioni che
consentono montaggi modificabili e, in casi particolari, il fissatore di ILIZAROV comprendente dei
fili crociati tesi su anelli fissati a delle stecche longitudinali.
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1/ LE COMPLICANZE IMMEDIATE
1° L'apertura cutanea
L’apertura determina una comunicazione fra il focolaio di frattura e l’esterno. Questa condizione
può comportare un’infezione, che è una complicanza grave. Il rischio è legato al grado di
contaminazione della ferita (ferita sporca di terra e di detriti differenti, ecc…) e al tempo trascorso
dopo l’incidente (l’inquinamento batterico diviene importante a partire dalla sesta ora). La pelle può
presentare delle lesioni di gravità variabile e la prognosi ne dipende per buona parte.
L’apertura cutanea è classificata in Francia in 3 tipi, secondo la classificazione di CAUCHOIX.
- Apertura cutanea di tipo I
Ferita semplice franca senza perdita di sostanza.
Il trattamento è semplice dopo disinfezione locale, si possono avvicinare i margini cutanei senza
tensione con delle suture e si ottiene una cicatrizzazione senza necrosi secondaria.
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Le lesioni dei muscoli sono la maggior parte delle volte delle lesioni benigne. A volte si ha
l’interposizione di muscoli fra i frammenti ossei che possono ostacolare la riduzione e rendere
necessaria la sua esecuzione chirurgica. Eccezionalmente, si possono osservare degli schiacciamenti
muscolari che possono accompagnarsi a una sindrome da "Crush Injury", dominata
dall’insufficienza renale acuta con mioglobinuria.
4° Le complicazioni generali
Si tratta essenzialmente di sindrome da shock traumatico, che è frequente, soprattutto nei
politraumatizzati (cranio, torace, addome) e che necessita di cure di rianimazione.
2/ LE COMPLICANZE SECONDARIE
1° L'infezione
L'infezione precoce è la complicanza più temuta in ragione delle difficoltà del suo trattamento e
della ripercussione negativa che essa esercita in generale sul consolidamento della frattura.
L’infezione di una frattura non è possibile a meno che non vi sia una ferita dall’inizio o il
trattamento chirurgico abbia malauguratamente introdotto dei germi nel focolaio di frattura
(complicanza iatrogena). Una frattura chiusa non ha alcun motivo di
sovrainfettarsi.
- Il tetano è eccezionale grazie alla prevenzione sistematica (sieroterapia e
vaccinazione)
- La gangrena gassosa è una infezione temibile legata a dei germi anaerobi.
La diagnosi si fa clinicamente sulla comparsa di crepitazione alla pressione
delle parti molli e su dei segni generali di gravità estrema; può portare
all’amputazione dell’arto per evitarne l’estensione.
La radiografia può mostrare delle bolle gassose nelle parti molli.
- I germi classici sono responsabili delle infezioni secondarie abituali (gli
stafilococchi aurei in particolare).
L'infezione si manifesta localmente con dolore e un’infiammazione con rossore e calore. Una
fluttuazione compare rapidamente, in rapporto con una raccolta purulenta. E’ presente febbre e i
parametri biologici sono a favore dell’infezione (VES elevata, leucocitosi e aumento della PCR).
Trattamento: Bisogna evacuare la raccolta purulenta e pulire abbondantemente tutti i tessuti,
altrimenti l’evoluzione sarà verso l’osteite.
2° La necrosi cutanea
Questa complicanza è talvolta temibile poiché può portare alla mancanza di copertura del focolaio
di frattura e all’infezione. La necrosi può prodursi in molteplici circostanze: o la pelle è contusa, o
c’è stata una ferita con uno scollamento e sono i bordi cutanei che necrotizzano. A volte è una
scheggia ossea che comprime la pelle, provocando secondariamente una necrosi che può avere delle
conseguenze gravi, soprattutto se si sviluppa sotto il gesso. Bisogna saper decidere di aprire il gesso
in caso di dubbio. Spesso è la presenza di un ematoma che distende la pelle a favorire una necrosi
(importanza del drenaggio nei casi operati).
Il trattamento consiste nell’escissione della zona di necrosi. A volte l’escissione cutanea rimarrà
superficiale e la cicatrizzazione avverrà spontaneamente. A volte, al contrario, bisognerà realizzare
degli interventi di chirurgia plastica per ricoprire l’osso. Attenzione all’evoluzione sotto il gesso!
Esempi di necrosi cutanea che ha portato all’esposizione dei frammenti ossei e ad una sovrainfezione
3° Le flebiti
Le trombosi venose profonde possono comparire ed evolvere al di sotto del gesso e la loro diagnosi
non è agevole, poiché l’esame clinico è impossibile (palpazione del polpaccio in particolare).
Possono comparire nonostante la prevenzione sistematica con il trattamento anticoagulante.
Bisogna talvolta prescrivere un eco-doppler o una flebografia (cosa che può richiedere la rimozione
del gesso). Oltre alla profilassi anticoagulante, la mobilizzazione precoce, il mettersi in piedi
rapidamente e le contrazioni muscolari attivano la circolazione di ritorno ed evitano la stasi venosa.
Gli spostamenti secondari devono essere individuati con delle radiografie sistematiche di controllo
nelle prime settimane. Sono sempre possibili, anche con degli apparecchi gessati ben realizzati.
Sono favoriti dalla risoluzione degli edemi e dai movimenti.
Si possono correggere degli spostamenti secondari con delle gipsotomie correttive. Si tratta di
tagliare parzialmente il gesso su 2/3 della circonferenza e di divaricarlo per correggere il difetto
assiale. Un piccolo cuneo di legno mantiene la correzione che viene accertata con una radiografia. Il
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gesso è poi "circolarizzato" con qualche giro di benda e la correzione controllata con altre
radiografie, ripetute ancora 8 giorni più tardi.
E’ indispensabile che l’imbottitura sotto il gesso sia spessa per realizzare questo genere di
gipsotomia senza danneggiare la pelle (rischio di compressione).
Si può attuare questo tipo di correzione fino alla 3a settimana.
In caso di spostamento secondario di una frattura, si può decidere di cambiare il metodo di
trattamento e praticare un’osteosintesi.
5° Disturbi trofici
Ci sono delle forme particolari, come la "sindrome spalla mano" o delle forme che interessano tutto
l’arto superiore o inferiore (piede, ginocchio, anca).
La biologia è normale.
La radiografia mostra una demineralizzazione ossea con osteoporosi delle zone metafiso-epifisarie
(classica osteoporosi “punteggiata o maculata”). Le interlinee sono normali.
La remineralizzazione richiede molti mesi, talvolta più di un anno.
La scintigrafia ossea al tecnezio mostra un’ipercaptazione regionale intensa ai tempi angiografici
che compare fin dall’inizio della malattia (testimonia fedelmente l’evoluzione).
La RMN mostra anch’essa dei segni tipici e precoci (edema e stasi vascolare dell’osso midollare).
Il trattamento è difficile e lungo. Bisogna lenire il dolore (antidolorifici, FANS) per iniziare la
rieducazione. E’ indicato il riposo. Il trattamento fa capo alla calcitonina (per 6 settimane), associata
alla kinesiterapia da quando i dolori si attenuano.
La fase fredda si caratterizza per una regressione dei dolori e degli edemi mentre i disordini trofici
si accentuano (modificazione dei tegumenti, atrofia del tessuto sottocutaneo, caduta dei polsi). Si
osservano spesso delle sequele legate a delle retrazioni capsulari e un irrigidimento (artiglio
neurotrofico, rigidità delle dita e del polso in flessione).
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6° L'embolia grassosa
Si pensa generalmente che questa complicanza sia dovuta a delle particelle di grasso che migrano
nella circolazione a partire dal focolaio di frattura e che danno soprattutto delle manifestazioni
polmonari e neurologiche. La si vede più frequentemente dopo le fratture del femore e del bacino.
La mancata immobilizzazione del focolaio di frattura potrebbe favorire questa complicanza che
sopraggiunge, generalmente, qualche giorno dopo il trauma (da 12 a 72 ore), in feriti in attesa di
operazione. Talvolta si ha poco dopo l’osteosintesi. Di certe embolie grassose sarebbe responsabile
l’inchiodamento centro-midollare.
- Il quadro è quello di uno scompenso respiratorio acuto. Compare la febbre, delle petecchie sulla
pelle (e sulle congiuntive + lesioni tipiche al fundus oculi), si instaura uno stato confusionale e si
può avere un’insufficienza renale acuta. La biologia mostra un’anemia e un’iper leucocitosi, una
trombocitopenia, dei disturbi del metabolismo proteico e lipidico.
- Le radiografie polmonari mostrano delle immagini di embolia polmonare nei due campi
(immagine a “tempesta di neve”). Si tratta di una complicanza grave che impone un trattamento nel
reparto di rianimazione. Si giunge talvolta ad operare in urgenza, in seguito all’embolia e
nonostante gli importanti rischi di complicanze, con lo scopo di stabilizzare la/le fratture ed evitare
così una nuova immissione in circolo di emboli.
1- Ritardo di consolidamento
2 – Pseudoartrosi
Si tratta dell’assenza di consolidamento ben dopo i termini abituali, con il riscontro di un aspetto
radiologico particolare che porta a pensare che la situazione è irreversibile e che il consolidamento
sarà impossibile nonostante il prosieguo dell’immobilizzazione.
Ci sono due tipi principali di pseudoartrosi, le ipertrofiche e le atrofiche.
Le pseudoartrosi ipertrofiche
Pseudoartrosi ipertrofica a zampa d’elefante della tibia Pseudoartrosi del perone con tibia solida
In questi casi più rari non c’è alcuna traccia di attività cellulare a livello delle estremità ossee.
Queste sono esili, arrotondate e osteoporotiche. Si vede questo tipo di pseudoartrosi fra le
pseudoartrosi congenite, soprattutto visibili a livello della gamba.
Si vedono anche delle pseudoartrosi atrofiche come risultato di fallimenti ripetuti nel trattamento di
certe fratture diafisarie: pseudoartrosi atrofiche infettate. I frammenti sono devitalizzati e atonici.
2 casi di pseudoartrosi atrofiche della gamba dopo placche Pseudoartrosi congenita della gamba
A - Pseudoartrosi ipertrofiche
- Un’osteosintesi stabile
Un chiodo centro-midollare può permettere ad una pseudoartrosi ipertrofica diafisaria di
consolidare, per trasformazione del tessuto cartilagineo e fibroso in tessuto osseo (anche senza
intervenire direttamente sul focolaio di pseudoartrosi). Si pratica un foro nel canale midollare per
attraversare la zona di pseudoartrosi, seguito da un alesaggio per ottenere il calibro sufficiente e si
introduce il chiodo. Il consolidamento è stimolato dalla stabilità apportata dal chiodo, dalla ripresa
della marcia con messa in contatto dei frammenti e per effetto dell’alesaggio al quale si attribuisce
l’azione di spingere dei piccoli frammenti ossei nella zona di pseudoartrosi.
Nel caso di una pseudoartrosi metafisaria, un’osteosintesi con placca porta alla stabilità. Si elimina
la pseudoartrosi asportando il tessuto fibroso e lo si sostituisce con un innesto osseo proveniente
dalla cresta iliaca.
Pseudoartrosi metafisaria distale della tibia guarita con un innesto e una placca
Il principio della "decorticazione" consiste nello staccare dall’osso dei trucioli di corticale
impiegando uno scalpello e nel posizionarli aderenti al periostio e nel contempo ai muscoli che vi si
inseriscono e lo vascolarizzano. I trucioli hanno uno spessore che va da 1 mm a 1,5 mm. Vengono
asportati su un tratto di molti centimetri, da una parte e dall’altra della pseudoartrosi e tutto attorno
all’osso. Si crea così tutto attorno alla zona un manicotto di piccoli frammenti che avranno la
funzione di innesti osteo-periostei peduncolati in buono stato vitale. L’ematoma che si viene a
formare fra i frammenti e l’osso ha un ruolo importante per la costituzione del callo, come lo ha
nelle fratture recenti. La maggior parte delle volte si associa un’osteosintesi (chiodo o placca). Il
manicotto di frammenti periferici si ispessirà rapidamente in 2 mesi e diverrà un blocco unico. Il
consolidamento comincerà sempre alla periferia dell’osso e più tardivamente coinvolgerà il focolaio
di pseudoartrosi.
La decorticazione di Judet con i multipli piccoli frammenti ossei peduncolati, punto di partenza di un grosso callo
,
La decorticazione dà degli eccellenti risultati nelle pseudoartrosi non infettate e ad essa possono
essere aggiunti in certi casi degli innesti supplementari (soprattutto quando c’è una perdita di
sostanza ossea).
La decorticazione dà buoni risultati anche nelle pseudoartrosi infettate poiché i frammenti
peduncolati conservano la loro vitalità, anche in un terreno infettato. La procedura di osteosintesi
sarà il fissatore esterno.
La decorticazione osteo-muscolare di JUDET è un metodica molto preziosa che dà buoni risultati
nelle pseudoartrosi con o senza perdita di sostanza.
- La stimolazione elettromagnetica
L'osso produce dei potenziali elettrici di breve durata proporzionali alle sollecitazioni a cui è
sottoposto. Le zone in compressione sono elettricamente negative e quelle in tensione sono positive.
L’osteogenesi aumenta localmente sotto la stimolazione elettrica di una corrente continua
somministrata mediante un catodo impiantato (Brighton). L'osteogenesi viene stimolata anche da un
campo elettromagnetico pulsato applicato senza contatto all’esterno del focolaio di frattura o di
pseudoartrosi (Bassett). I lavori sperimentali e clinici provano in gran numero l’efficacia di questa
stimolazione dell’osteogenesi riparatrice. I risultati clinici rimangono molto difficili da valutare
poiché non è possibile avere delle serie comparative. E’ peraltro molto difficile apportare al giorno
d’oggi delle risposte precise a tutte le incertezze del meccanismo di stimolazione.
L’impiego di questi metodi in pratica deve essere riservato ai casi in cui i metodi tradizionali di
decorticazione e di innesto hanno fallito a più riprese. Prima di essere applicate nella pratica
comune, tali metodi dovranno dimostrare la loro efficacia. (Bisogna infatti avere la prova che non vi
siano conseguenze nefaste tardive dopo questa stimolazione).
B - Pseudoartrosi atrofiche:
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Il trattamento delle pseudoartrosi atrofiche associa:
- una osteosintesi rigida, se possibile con inchiodamento centro-midollare, l’ablazione del tessuto
fibroso, la decorticazione delle estremità ossee, un innesto osseo (sostituito al tessuto fibroso e fra i
frammenti). Le pseudoartrosi congenite sono oggetto di un trattamento più importante, come
l’innesto del perone controlaterale con i suoi vasi, che vengono anastomizzati ai vasi riceventi.
I calli viziosi
Si dice che si è ottenuta un consolidamento vizioso quando si è realizzato con uno degli spostamenti
iniziali elementari (angolazione, spostamento laterale, accavallamento e traslazione) o più
spostamenti combinati.
Un’angolazione persistente a livello dell’arto inferiore può determinare gravi conseguenze. Per
esempio, solo qualche grado di varo o di valgo a livello del femore o della tibia sono sufficienti per
provocare nell’arco di qualche anno un’artrosi dolorosa del ginocchio, dell’anca o della caviglia.
Callo vizioso in varo del quarto distale della gamba Valgo e traslazione del terzo distale della gamba Varo del ginocchio per callo
vizioso
I calli viziosi sono meno problematici a livello del braccio, poiché l’arto superiore è sospeso, ma
possono esserlo particolarmente a livello delle due ossa dell’avambraccio dove determinano dei
difetti nella pronosupinazione, cosiccome a livello delle falangi dove vanno ad ostacolare i
movimenti fini della mano. In particolare i difetti di rotazione sono molto fastidiosi, sul piano
funzionale, a livello dell’arto superiore.
Le fratture articolari non tollerano alcun difetto di riduzione, poiché le alterazioni delle superfici
cartilaginee hanno sempre ripercussioni sul funzionamento articolare.
Allorché dei frammenti rivestiti di cartilagine articolare si siano consolidati con una differenza di
altezza rispetto al resto dell’articolazione, la forma dell’interlinea articolare viene modificata.
Questi difetti provocano delle limitazioni nell’ampiezza dei movimenti che sono legate a dei
blocchi o a delle incongruenze della superficie. Tali alterazioni dei movimenti sono accompagnate
da dolore e l’artrosi si sviluppa con un’usura cartilaginea e alla radiografia una diminuzione dello
spessore della stessa. A livello delle articolazioni portanti (anche, ginocchio, caviglie), questi difetti
causano delle deviazioni angolari che non possono che aggravarsi rapidamente con l’usura delle
superfici.
Gli interventi di correzione (osteotomie) non possono che essere palliative migliorando la
distribuzione dei carichi e ritardando la comparsa dell’artrosi.
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I calli viziosi a livello delle metafisi determinano delle deviazioni che si ripercuotono sulle pressioni
articolari causando l’artrosi, anche se le superfici cartilaginee non sono interessate dalla frattura. A
livello del ginocchio, per esempio, bisogna correggere tali difetti, soprattutto le deviazioni in varo
che determinano rapidamente delle gonartrosi femoro-tibiali interne.
I calli viziosi diafisari sono all’origine delle stesse evoluzioni artrosiche date dai calli viziosi
metafisari. Possono essere corretti da delle osteotomie nel callo osseo (fissate con chiodi centro-
midollari o con placche).
Esempio di correzione di un doppio callo vizioso con angoloazione e accavallamento a livello della diafisi femorale e
rotazione del terzo inferiore. Osteotomia a due livelli e osteosintesi realizzata con un chiodo centro-midollare bloccato.
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Irrigidimenti articolari
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Le fratture sono molto frequenti nel bambino, soprattutto nel gioco e nello sport. I traumi
colpiscono una struttura in crescita in cui le conseguenze possono essere gravi, in particolare se
sono interessate le cartilagini di coniugazione. Queste sono situate alle estremità delle ossa lunghe
fra la diafisi e l’epifisi (metafisi). E’ a questo livello che si ha la crescita in lunghezza delle ossa. Il
nucleo epifisario è cartilagineo e si ossifica a poco a poco per finire col saldarsi alla maturità ossea.
(Fra 14 e 15 anni per le ragazze e fra 16 e 17 anni per i ragazzi).
I distacchi epifisari si verificano a livello della cartilagine di accrescimento, fra la matrice cartilaginea e la metafisi.
Questa zona è ben visibile su questa sezione frontale di femore di neonato.
1. Epifisaria centrale
2. Epifiso-metafisaria interna
3. Epifiso metafisaria esterna
4. Centro-midollare
5. Anastomosi epifiso-periostee
6. Arterie metafisarie laterali
7. Ghiera pericondrale
8. Colonne di crescita
9. Nucleo epifisario
10. Cartilagine ialina.
Le fratture del bambino possono talvolta essere del tutto somiglianti a quelle dell’adulto (es: fratture
trasversali del femore, dell'omero o fratture del collo). Il loro trattamento è più spesso ortopedico,
ma a volte chirurgico, impiegando come vedremo nei prossimi capitoli dei fili, degli inchiodamenti
elastici che preservano le zone di crescita, ma raramente delle placche avvitate).
I tempi di consolidamento sono di molto inferiori a quelli dell’adulto. Non si ha quasi mai
pseudoartrosi. Il rimodellamento osseo permette spesso la correzione di alcune deformazioni
angolari (prima dell’8° mese).
Sono fratture tipiche del bambino. Si ha una frattura della corticale opposta alla sede del trauma. Il
periostio si strappa. Si ha un divaricamento del focolaio di frattura con, come cerniera, l’altra
corticale che è interrotta in modo incompleto (come un ramo di legno verde). Il periostio resta
intatto dal lato del trauma, nella concavità della deformazione.
L’angolazione è talvolta molto marcata ma il focolaio rimane lo stesso stabile. Si vedono dei
bambini con un avambraccio rotto e molto angolato che non hanno bisogno di sorreggerlo con
l’altra mano, al contrario di quello che succede nell’adulto in cui l’avambraccio fratturato è
ciondolante, doloroso e obbligatoriamente sostenuto dalla mano controlaterale.
La riduzione dell’angolazione delle fratture a legno verde è particolare:
Bisogna imprimere un movimento inverso a quello che ha provocato il trauma e si ottiene la
correzione poggiando sul periostio rimasto intatto nella concavità dell’angolazione.
Persiste poi spesso una piccola angolazione ed è necessario superare la linea retta per ottenere un
buon allineamento.
Si fa così quella che si chiama una "ipercorrezione", ma in questo modo si rischia di spingersi
troppo in là, rompendo la corticale ed il periostio responsabili della stabilità, che viene allora persa.
L’ immobilizzazione gessata deve essere controllata in modo particolare per evitare gli spostamenti.
Fratture a legno verde: angolazione tipica Buona riduzione e consolidamento Insufficiente riduz.: callo vizioso
Le fratture-distacco epifisario sono frequenti nel bambino da 10 a 15 anni (20% dei traumatismi).
Le differenti forme di distacco epifisario saranno viste nei rispettivi capitoli (ginocchio, caviglia,
anca, spalla, polso).
Le cartilagini di coniugazione sono molto fragili e sono spesso la sede di distacchi puri o di fratture-
distacco epifisari che sono classificati da SALTER e HARRIS.
La gravità risiede nelle ripercussioni più o meno importanti sulla crescita. La cartilagine di
coniugazione è una zona molto vascolarizzata sede di un’attività cellulare intensa con
moltiplicazione e trasformazione delle cellule cartilaginee in cellule ossee. Più la lesione traumatica
si avvicina all’epifisi e più sarà pericolosa per la crescita.
Distacchi epifisari puri di tipo 1 del ginocchio e della spalla . I fili sono obbligatoriamente transfissi.
Ogni imperfezione radiologica di riduzione deve far sospettare questa interposizione e deve portare
ad eseguire una riduzione chirurgica.
Distacco del periostio = interposizione possibile nella riduzione. Una interposizione persistente
rischia di determinare un’epifisiodesi per maturazione ossea precoce (per mancanza di stimolazione
della cartilagine di coniugazione e formazione di una barriera alla rivascolarizzazione).
Bisogna dunque esigere una riduzione perfetta, immobilizzare con un gesso e controllare l’assenza
di spostamenti secondari.
Più raramente, può essere indicato stabilizzare la riduzione con dei fili. Questi devono
necessariamente attraversare la cartilagine di accrescimento. I fili devono essere poco
traumatizzanti per evitare di provocare un’epifisiodesi. Saranno rimossi dopo 6 settimane. Tutte le
manovre di riduzione, ortopedica o chirurgica, devono essere atraumatiche per non aggiungere
lesioni vascolari alle lesioni legate al trauma stesso.
Lesioni di tipo 2 su una falange e su una caviglia con interposizione di un lembo di periostio.
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Lesione di tipo 2 fissata con una sola vite a livello del ginocchio e un filo a livello del 1° metacarpale
.
Quando possibile, senza rischiare di ledere la cartilagine di accrescimento, è preferibile mettere 2 viti
Il distacco è parziale e si ferma a livello di una frattura verticale che separa un piccolo frammento
dell’epifisi.
E’ d’obbligo una riduzione perfetta, più spesso per via chirurgica, poiché è importante avere non
solo una cartilagine di coniugazione ben ridotta, ma anche che la cartilagine articolare sia
ricostituita integralmente, al fine di evitare un risentimento sulla funzione articolare. Di solito si
fissa il frammento con delle viti o dei fili.
Osteosintesi con una vite da spongiosa trasversale di due fratture di tipo 3 del ginocchio e della caviglia
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Tipo 4 di SALTER e HARRIS
Salter 4 a livello del malleolo interno che può essere fissato con 2 fili o con 2 viti
Caso particolare di frattura del tubercolo di Tillaux Frattura dei malleoli corrispondenti ai tipi 1 e 4 di Salter
Il trattamento di tutti questi distacchi deve comportare una RIDUZIONE il più perfetta possibile,
ortopedica o chirurgica, con un MONITORAGGIO regolare (radiologico e clinico) per scongiurare
il verificarsi di epifisiodesi.
LE EPIFISIODESI POST-TRAUMATICHE
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Le epifisiodesi si possono avere con tutti i tipi di lesione della cartilagine di coniugazione, ma è il
tipo 5 il più pericoloso, seguito dai tipi 3 e 4.
La crescita può essere arrestata totalmente o solo in parte.
- Epifisiodesi completa
Un’epifisiodesi completa determinerà un’asimmetria nella lunghezza degli arti per arresto della
crescita. L’entità di questa dipende dall’età del soggetto al momento del trauma. Più presto
sopraggiungerà il trauma, più la crescita sarà perturbata per un periodo più lungo. La gravità della
disuguaglianza dipende anche dalla localizzazione anatomica. Le cartilagini fertili sono situate
vicino al ginocchio (che è dunque l’articolazione più sensibile) e lontano dal gomito.
Epifisiodesi della tuberosità tibiale che comporta un recurvatum e dietro la zona fertile del femore un flexum
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Epifisiodesi del femore determinante un valgo o un varo Epifisiodesi centrale determinante un arresto
I tentativi di "disepifisiodesi"
Le "disepifisiodesi" sono dei tentativi che consistono nel resecare la zona di epifisiodesi, ovvero il
ponte osseo che esiste fra epifisi e metafisi e che impedisce alla cartilagine di coniugazione
rimanente di proliferare normalmente. Dopo il reperimento e la resezione di questa zona, la si
sostituisce con del tessuto artificiale (materiale plastico molle, cemento acrilico, ecc..) con lo scopo
di impedire all’osso di svilupparsi nuovamente e di ricostituire il ponte. La crescita può allora
proseguire a livello della cartilagine sana che trascina con sè l’insieme.
Si è potuto assistere a risultati spettacolari, anche se questo metodo non sempre permette di evitare
il ricorso ad osteotomie correttive, o ad operazioni di allungamento degli arti rimasti troppo corti.
Ponte di epifisiodesi ben visibile in RMN Tentativo di disepifisiodesi con stabilizzazione del varo
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TRATTAMENTO DEI CALLI VIZIOSI
Epifisiodesi determinante un’inversione dell’inclinazione della tibia Radiografia di controllo in corso di rialzo
mediante innesto
Le epifisiodesi provocano a livello degli arti inferiori del bambino delle turbe statiche che è
necessario compensare con dei rialzi (nelle o sotto le scarpe dell’arto interessato) o mediante
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interventi di equiparazione. L’equilibrio del bacino e del rachide hanno questo prezzo. I calli viziosi
in fratture diafisarie con accavallamento danno raramente degli accorciamenti puri e generalmente
associano deformazioni complesse con angolazione e rotazione. Le osteotomie correttrici sono
dunque spesso impegnative sotto più punti di vista.
Nel bambino è possibile una stimolazione della crescita in lunghezza in seguito ad una frattura.
Prendiamo ad esempio le fratture della diafisi del femore. Quando si eseguono delle riduzioni
perfette si riscontrano a fine crescita degli allungamenti notevoli di più centimetri. E’ il motivo per
cui non si cerca di ottenere una riduzione completa dei monconi sovrapposti nelle fratture del
femore nel bambino, quando le si tratti con trazione adesiva allo zenith. Tali fratture possono
consolidare con un accorciamento di 3 o 4 cm e si assiste, dopo un anno o due, al livellamento
spontaneo del lato fratturato.
- Le operazioni di livellamento degli arti
Le osteotomie di resezione per gli arti troppo lunghi sono possibili ma non devono essere realizzate
se non a fine crescita, quando si può valutare l’asimmetria definitiva.
- Operazioni di allungamento-accorciamento
Sono possibili operazioni di allungamento delle ossa troppo corte. Si possono realizzare con
fissatori esterni, divaricando i due frammenti ossei dopo osteotomia. L’allungamento è progressivo
nell’arco di più settimane con l’uso di un dispositivo a vite di distrazione (fissatore con telaio o
fissatore di Wagner). La zona ossea aperta viene poi riempita con un innesto e fissata con una
placca.
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Affrontiamo qui le fratture diafisarie passando in rassegna velocemente le nozioni già trattate.
Le fratture dell’estremità superiore della tibia saranno trattate con le fratture del ginocchio e le
fratture dell’estremità inferiore con la traumatologia della caviglia.
EZIOLOGIA
Queste fratture prevalgono nei soggetti da 18 a 40 anni, ma possono osservarsi ad ogni età.
Avvengono la maggior parte delle volte per torsione (sport, sci) o per trauma diretto (strada e
lavoro).
Eccezionalmente si hanno fratture isolate della tibia o fratture isolate del perone, ma più spesso si
tratta di fratture di entrambe le ossa della gamba. Le fratture sono talvolta poste su livelli differenti.
C’è un punto debole all’unione fra terzo medio e terzo inferiore della tibia, che spiega la
predominanza delle fratture a questo livello. La tibia è curva sui due piani.
Le radiografie comportano una proiezione frontale e una di profilo di tutta la gamba con le
articolazioni.
- Fratture spiroidi: 50 % dei casi
* Fratture per torsione, più spesso diafisarie basse. Il perone è fratturato più in alto.
* C’è un margine appuntito supero-interno che minaccia la pelle.
* Talvolta c’è una linea di divisione che può isolare un terzo frammento ad ala di farfalla.
* Ci sono spiroidi corte e spiroidi lunghe (le lunghe sono più stabili).
* Lo spostamento avviene la maggior parte delle volte per sovrapposizione e tende ad
accentuarsi.
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- Fratture trasversali
Seguono un trauma diretto e si possono osservare a tutti i livelli. Lo spostamento è variabile.
Possono essere stabili dopo riduzione, a meno che non ci sia un terzo frammento.
- Fratture oblique corte
Sono molto instabili. L’apertura cutanea può avvenire da dentro a fuori.
- Fratture comminute
Si accompagnano a lesioni delle parti molli e sono molto instabili.
- Fratture bifocali o su due piani
C’è un frammento intermediario di diafisi che rischia di essere escluso dalla vascolarizzazione. La
vascolarizzazione intra-ossea è in effetti scarsa mentre predomina la vascolarizzazione periferica.
Questa può essere interrotta dalla frattura e dallo spostamento.
Evoluzione
- Il consolidamento di una frattura di gamba ben trattata avviene in 2-3 mesi nell’adulto, più
rapidamente nel bambino. Si parla di ritardo di consolidamento al quarto mese se non c’è traccia di
callo periferico.
- Le complicanze sono quelle di tutte le fratture diafisarie (vedi generalità).
MÉTODI TERAPEUTICI
staffa di CUNÉO
3°/ La riduzione su telaio di TRILLAT seguita da gesso.
- La trazione è assicurata grazie ad una staffa di Cunéo le cui punte sono conficcate nel calcagno su
entrambi i lati e potranno essere poi rimosse al momento della preparazione del gesso (si può anche
impiegare un filo trans-osseo e una staffa classica).
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- Il ginocchio è in flessione con un sostegno a livello del cavo popliteo.
- La riduzione è realizzata sotto controllo radiografico o meglio con amplificatore di brillanza e
schermo televisivo.
- Il gesso è confezionato con cura. E’ circolare, ben imbottito all’interno e tagliato. Il monitoraggio
del gesso sarà rigoroso e il trattamento anticoagulante sistematico.
- Gli spostamenti sotto il gesso saranno indagati con radiografie ripetute. Potranno essere corretti
mediante gipsotomia nel caso di una semplice angolazione.
Gli spostamenti più complessi dovranno essere ridotti con un secondo tentativo sotto anestesia
generale e su telaio ortopedico, o con intervento cruento.
Il gesso iniziale è dunque un gesso cruro-podieno con ginocchio flesso, che sarà sostituito dopo
qualche settimana da uno stivale gessato da marcia se il consolidamento è evoluto in modo
favorevole dopo 6 settimane.
Permette un appoggio precoce in certe forme di fratture. Il gesso cruro-podieno iniziale è sostituito
verso la 3a settimana da un gesso da marcia speciale. Questo apparecchio è caratterizzato dalla
fasciatura serrata delle masse muscolari che avranno al funzione di tutore compressivo per l’osso.
Gli appoggi sono ben modellati a livello dei condili femorali, del tendine rotuleo e della rotula. Si
potranno in certi casi realizzare anche degli
apparecchi in plastica con articolazione a livello
della caviglia, facilitanti la marcia.
Il principio del metodo è di mantenere con un
cilindro modellato una compressione delle masse
muscolari che stabilizza così i frammenti ossei
abbastanza da consentire un certo appoggio
dell’arto. Questo carico è trasmesso sui rilievi
ossei modellati con cura.
I vantaggi di questo metodo sono una ripresa più
rapida della funzione e dell’appoggio.
Il consolidamento viene stimolato dall’appoggio,
a condizione che non si crei uno spostamento
secondario, cosa che purtroppo avviene
abbastanza spesso.
Quando l’osteosintesi viene realizzata in buone condizioni di asepsi e con una buona tecnica
chirurgica, i rischi di infezione sono minimi e il metodo presenta dei vantaggi. Apporta una stabilità
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che permette di evitare l’immobilizzazione gessata. Non c’è callo vizioso dopo una buona
osteosintesi.
- L’avvitamento semplice
Le viti da sole sono raramente sufficienti, salvo nelle fratture spiroidi lunghe. Questo tipo di
intervento non evita un gesso protettore, ma permette un’eccellente riduzione. Questo metodo
riunisce gli inconvenienti di due, il gesso e l’approccio chirurgico.
- I cerchiaggi metallici sono decisamente insufficienti per le fratture di gamba (tranne che per le
spiroidi) e sono stati abbandonati. Avevano l’inconveniente di devascolarizzare i frammenti.
- Le placche avvitate
Permettono una riduzione molto buona, una buona stabilità ed evitano il gesso, ma abbiamo visto
che hanno degli inconvenienti:
La devascolarizzazione dell’osso ritarda il consolidamento e dà un callo di qualità inferiore. Le
placche non sono più utilizzate per le fratture diafisarie e sono riservate soprattutto al trattamento
delle fratture delle estremità.
Fratture prossimali della gamba trattate con delle placche interne o esterne
Tecnica: Preparazione del canale dalla superficie pre spinale della tibia. La riduzione è ottenuta, se
possibile, senza apertura del focolaio e si introduce quindi una guida metallica nel canale.
L’alesaggio consente l’introduzione di un grosso chiodo. A questo scopo, degli “alesatori” di
calibro crescente sono introdotti sulla guida e, raggiunto il calibro desiderato, si posiziona il chiodo
opportuno. Si stabilizzano molto bene anche i frammenti. Solo la rotazione può a volte essere
bloccata in modo insufficiente, in particolare quando la linea di frattura è situata lontano dal terzo
medio della diafisi dove il canale è stretto, o in caso di frammenti multipli.
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Tecnica dell’inchiodamento della tibia: Preparazione del foro di entrata. Introduzione della guida. Alesaggio con
alesatori di calibro crescente. Introduzione del chiodo.
Aspetto di un chiodo per tibia: Il chiodo è cavo e la sua forma a trifoglio aumenta la sua rigidità. Inchiodamento
semplice
Chiodo bloccato con viti Chiodo con alette di Grammont Chiodo per frattura comminuta
Chiodo con alette di Grammont: questo chiodo è munito all’interno di un dispositivo a "geometria
variabile" composto da due alette che possono aprirsi all’estremità distale del chiodo. Le alette sono
spinte dall’altra estremità e si aprono nell’osso metafisario dove bloccano la rotazione.
Le indicazioni nelle fratture di tibia sono in funzione dell’età del paziente, della localizzazione della
linea, della sua forma, dell’apertura cutanea e delle abitudini del chirurgo.
A / In funzione dell’età
Le fratture chiuse del bambino e dell’adolescente vengono tutte trattate ortopedicamente. Si evita di
introdurre chiodi attraverso la cartilagine di coniugazione prima della fine della crescita. Il rischio
di provocare un’epifisiodesi è troppo grande.
- Le fratture comminute possono essere inchiodate a focolaio chiuso. La stabilità non è sempre
eccellente in questi casi ed è possibile bloccare il chiodo in alto e in basso con viti che impediscono
la rotazione e mantengono la lunghezza corretta.
- L'estensione continua può consentire di attendere il miglioramento delle condizioni cutanee prima
di prendere la decisione di fare un’osteosintesi (che si potrà effettuare 2-3 settimane più tardi).
Il trattamento antibiotico è sistematico.
Frattura bassa con chiodo tibiale e placca peroneale Qualità molto buona del callo osseo ottenuto
- Agli stadi 1 e 2, si possono realizzare una pulizia e una sutura cutanea e immobilizzare
ortopedicamente o con un chiodo centro-midollare. In particolare le aperture cutanee da dentro a
fuori con ferita franca e pulita possono essere operate, nonostante il rischio di infezione non sia
trascurabile.
- Il fissatore esterno è utilizzato per lesioni di tipo 3 o per ferite molto sporche.
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Le fratture metafisarie aperte vengono trattate con fissatori nelle epifisi o prendendo appoggio al di là di queste
Le pseudoartrosi ipertrofiche sono rare dopo un trattamento ortopedico ben condotto. Si verificano
piuttosto dopo una frattura aperta o dopo un’osteosintesi con placca che determini una
devascolarizzazione intempestiva dei frammenti. Si può trattarle in differenti modi:
- Una semplice osteosintesi con chiodo centro-midollare dopo aver ricreato il canale midollare (che
è otturato dal callo endosseo anarchico) può bastare, grazie alla stabilizzazione e alla messa in
compressione con la ripresa della marcia.
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- La decorticazione osteo-muscolare di JUDET dà risultati eccellenti sul consolidamento delle
pseudartrosi ipertrofiche, senza che si renda necessario ricorrere ad un innesto osseo
complementare, ma questo è tuttavia possibile (vedi generalità). Alla decorticazione si aggiunge
spesso un’osteosintesi (placca o chiodo).
Sono trattate con l’impiego di un innesto osseo massivo (apposto o avvitato, doppio innesto avvitato
o innesto massivo e chiodo).
Le pseudoartrosi infettate sono molto difficili da trattare ed è spesso necessario eseguire più
interventi successivi. Il trattamento dura spesso mesi o anni. A volte, l’amputazione conclude una
lunga evoluzione dopo una serie di operazioni ripetute. La gravità delle pseudoartrosi infettate è
variabile in funzione della perdita di sostanza ossea e della qualità della copertura cutanea o
muscolare. A livello della gamba la copertura è spesso insufficiente e sarà necessario provare a fare
delle plastiche con lembi muscolari che sono difficili da realizzare ; occorrerà quindi la
collaborazione di chirurghi plastici esperti.
- Si possono eseguire innesti massivi di osso cortico-spongioso (dall’ileo), ma questi non possono
essere presi in considerazione se non dopo escissione e pulizia dell’osso, guarigione dall’infezione
ed eliminazione delle fistole cutanee.
B/ Quando si ha una perdita di sostanza cutanea e una perdita di sostanza ossea insieme
b) La 2a fase consiste nel colmare la totalità della cavità con dell’osso spongioso (prelevato dalle
creste iliache posteriori o nelle metafisi del ginocchio).
L'osso spongioso messo a contatto col tessuto di granulazione viene da questo invaso e colonizzato
dalla profondità alla superficie in qualche settimana. Si rivitalizza grazie al bottone carnoso vivente.
Si possono così colmare delle larghe perdite di sostanza. Le cure locali hanno una grande
importanza. Sono effettuati quotidianamente lavaggi con un’irrigazione goccia a goccia e l’innesto
viene protetto fra le irrigazioni con garza grassa e una fasciatura sterile.
L'osso trapiantato diviene rapidamente vivente nonostante la sua esposizione all’aria. I tessuti
neoformati ricoprono l’osso e si ispessiscono.
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Riempimento con osso spongioso Irrigazioni quotidiane fino al ricoprimento da parte del tessuto di granulazione
c) La terza fase consiste in un innesto di cute quando tutto l’innesto osseo è invaso e
ricoperto dal tessuto di granulazione. L’innesto non è sempre indispensabile poiché la
proliferazione cutanea spontanea può portare alla copertura spontanea dalla periferia. L’innesto
cutaneo può fare guadagnare tempo e a volte comporta una migliore qualità della pelle.
Guarigione di una pseudoartrosi infetta in 5 mesi Larga perdita di sostanza ossea guarita in 6 mesi
Quando l’infezione persiste o quando si teme un suo risveglio con un approccio diretto, si può
"cortocircuitare" la pseudoartrosi della tibia e ottenere una stabilizzazione con l’impiego del perone,
se è solido, senza agire sulla pseudoartrosi infetta. Le operazioni di "tibializzazione del perone"
sono molteplici. Hanno l’obiettivo comune di trasferire i carichi sul perone dopo averlo
solidarizzato alla tibia direttamente o indirettamente.
Si può tibializzare il perone anche eseguendo un innesto inter-tibio-peroneale con un prelievo iliaco.
Il perone così ottenuto, rinforzato e sottoposto a carico, assorbe a poco a poco tutte le sollecitazioni
e può divenire progressivamente sempre più voluminoso. L’appoggio deve essere molto
progressivo. Si potrà sempre rinforzare secondariamente la tibia con un innesto.
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Attualmente, si realizzano sempre più innesti di perone vascolarizzato prelevando un segmento di
perone controlaterale con i suoi vasi e realizzando delle micro-anastomosi. Questa chirurgia
richiede l’apporto di un chirurgo vascolare esperto in questo particolare ambito.
Correzione mediante osteotomia nel callo (osteosintesi con placca o con chiodo) o osteotomia a distanza
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Le osteotomie correttive possono essere fatte a livello del callo stesso, con resezione cuneiforme o
con osteotomie di apertura colmate con innesti. L’osteosintesi si esegue mediante chiodo o placca
avvitata.
Talvolta, quando la deformazione angolare è minima, si preferisce correggere a distanza dal callo, a
livello delle metafisi per favorire il consolidamento in un osso rimaneggiato. (Soprattutto quando la
frattura iniziale è stata aperta o infettata o ha dato un ritardo di consolidamento).
In conclusione
Il trattamento delle fratture della gamba deve essere precoce per dare i risultati migliori.
La scelta dei metodi di trattamento si basa sull’età, la forma della frattura, lo stato della cute e dei
vasi e le abitudini del chirurgo.
Le tecniche chirurgiche evitano i calli viziosi, ma i ritardi di consolidamento sono più frequenti,
salvo che nell’inchiodamento a focolaio chiuso che è il metodo di scelta nell’adulto.
L'osteosintesi non è giustificata a meno che il guadagno sulla consolidamento e sulla ripresa della
funzione non sia netto e non comporti un’infezione.
La riduzione deve essere buona e la ripresa della funzione rapida.
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71
GENERALITÀ
Il femore è un osso particolarmente resistente ai traumi in ragione del suo spessore e della sua
conformazione anatomica che con le sue 3 curvature gli conferisce un’elasticità e una resistenza
notevoli.
Le 3 curvature e il braccio di leva del collo femorale fanno sì che le sollecitazioni sull’osso si
dividano in forze di compressione e forze di tensione, che spiegano le caratteristiche delle fratture e
le particolarità del loro trattamento. La ripartizione di queste forze è tale che la zona di tensione, che
è esterna nella parte superiore, divenga anteriore nella parte distale.
La diafisi femorale è delimitata in alto dai massicci trocanterici e in basso dalle superfici articolari
condiloidee.
- Le fratture diafisarie verranno studiate in 3 capitoli in funzione della localizzazione delle linee:
. Fratture diafisarie dei 2/4 medi
. Fratture sotto-trocanteriche (1/4 superiore)
. Fratture sovra-condiloidee (1/4 inferiore).
- E’ necessario un trauma molto violento per provocare tali fratture e queste si accompagano spesso
ad uno stato di shock che va trattato d’urgenza con un controllo circolatorio attento ma anche con
un allineamento della frattura e un’immobilizzazione, che fanno parte delle manovre da eseguire
immediatamente.
- Le masse muscolari della coscia sono voluminose e giocano un ruolo importante nello
spostamento, in particolare nella sovrapposizione. L’azione dei muscoli rende inutile ogni
immobilizzazione con gesso.
- L'evoluzione dipende dalla qualità della riduzione e la prognosi a lungo termine dipende molto
dallo stato del ginocchio che, molto spesso, presenta una rigidità residua (limitazione della
flessione).
E’ necessario un trauma diretto molto violento come un incidente stradale o un grande trauma
indiretto che associ flessione e torsione.
Linee di frattura
Come in tutte le fratture diafisarie degli arti, la
linea può essere trasversale, obliqua, spiroide,
bifocale o comminuta.
- La deformazione caratteristica
- Il dolore importante
- L'impotenza totale
- Lo shock che bisogna prevenire o trattare
- Le complicanze (cf. generalità), in particolare le lesioni muscolari, cutanee e vascolo-nervose
- Le lesioni associate (cranio, addome, rachide), soprattutto quelle frequentemente associate alle
fratture di femore:
. Le fratture del cotile
. Le lussazioni dell’anca
. Le rotture del legamento crociato posteriore
. Le fratture della rotula.
In posizione distesa, la posizione spontanea è il recurvatum. La trazione dovrà evitare questa deformazione
Evoluzione
Il trattamento è urgente. Trattata correttamente, questa frattura consolida in 90-100 giorni se è
chiusa, con ripresa della marcia al quarto mese se la riduzione è corretta (tempo considerevolmente
diminuito con l’inchiodamento).
Le sequele più tipiche sono:
* l'amiotrofia,
* la rigidità del ginocchio legata alle aderenze, alla retrazione muscolare e all’immobilizzazione.
I metodi chirurgici permettono di accorciare i tempi per il carico, evitano l’immobilizzazione e
facilitano la rieducazione del ginocchio e dei muscoli.
Trattamento
1° La riduzione progressiva:
La trazione è possibile con un filo nei condili o nella tibia (con 1/7 del peso del corpo)
La riduzione è ottenuta progressivamente con un buon bilanciamento dei pesi e viene verificata
mediante radiografie di controllo ripetute.
Questa estensione continua può essere un metodo di attesa prima di un osteosintesi o, molto
raramente, l’unico trattamento. Bisogna allora ripetere i controlli radiografici ogni 8 giorni e
apportare le correzioni necessarie per una riduzione perfetta. La cosolidazione è in generale
sufficiente per diminuire progressivamente la trazione al termine di 6-8 settimane. Si può
confezionare un gesso a partire dalla sesta settimana.
b) La trazione adesiva
- La trazione allo zenith. Un sistema di bende adesive può permettere di realizzare un’estensione
continua evitando i fili trans-ossei. Un tale sistema viene in pratica applicato solamente nel bambino
sotto i 7 anni. La trazione viene applicata allo zenith per mezzo di due pulegge e un peso. Il peso
deve essere sufficiente per sollevare la natica corrispondente dal piano del letto di parecchi
centimetri, mentre l’altra natica rimane appoggiata.
La trazione non deve determinare uno scarto fra i frammenti ed è anzi preferibile che persista una
leggera sovrapposizione poiché nel bambino verrà rapidamente compensata in qualche anno da un
allungamento, come si è visto.
Nel bambino piccolo, la trazione sarà sostituita al termine di 3 settimane da un gesso pelvi-dorso-
podieno. In un bambino più grande o in un adulto, la trazione viene fatta con un filo e una staffa.
Trazione adesiva allo zenith in un bambino piccolo o con filo o con una valva in flessione
- La trazione adesiva su valva o con sospensione può permettere di evitare un filo nel bambino dai 7
agli 8 anni, ma dà risultati meno buoni.
2° Il trattamento chirurgico
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Questo metodo offre il vantaggio di permettere una riduzione anatomica, di evitare il gesso, di
consentire la mobilizzazione rapida del ginocchio. Presenta nonostante tutto qualche inconveniente
già segnalato nel capitolo delle generalità. A livello del femore, le placche avvitate ritardano i tempi
di consolidamento e possono favorire la formazione di aderenze muscolari e limitare la flessione del
ginocchio. L’approccio diretto può soprattutto favorire l’infezione che, a volte, può trasformare in
una catastrofe una frattura semplice e chiusa. L’apertura del focolaio di frattura è, a livello del
femore ancora più che in altre sedi, fonte di inconvenienti importanti che si cerca il più possibile di
evitare.
Le placche avvitate sono impiegate soprattutto per le fratture distali e prossimali del femore.
Riduzione mediante trazione su tavolo ortopedico, in AG e sotto controllo radioscopico. Perforazione del grande
trocantere
Il canale midollare è stretto a livello del terzo medio; è indispensabile alesare con una sorta di trapano metallico.
Dapprima si introduce un filo-guida, poi su di esso gli alesatori e infine il chiodo.
Le fratture comminute possono essere inchiodate senza alesaggio ma con una stabilità meno buona.
Si tratta allora di un « inchiodamento di allineamento ». La rotazione è mal controllata cosiccome la
lunghezza e può essere utile installare una trazione adesiva per 15 giorni-3 settimane, finché il callo
fibroso non si organizzi e stabilizzi il focolaio. Si può migliorare la stabilità con il bloccaggio del
chiodo.
Tecnica di posizionamento delle viti trasversali distali e prossimali Frattura complessa: inchiodamento a focolaio
chiuso
Inchiodamento elastico del femore secondo la tecnica di Métaizeau Chiodi per la tibia
e) Il fissatore esterno
Il fissatore esterno può essere utilizzato per i frammenti
del femore largamente esposti, con danni ingenti a livello
delle parti molli. Talvolta, le riparazioni delle lesioni
vascolari rendono indispensabili la stabilizzazione dei
frammenti con un fissatore. Questo vale anche in caso di
necessità di interventi plastici sulle parti molli. Il
posizionamento di un fissatore sul femore è difficile e la
solidità del montaggio non è sempre soddisfacente, poiché
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non si può eseguire un montaggio solido con fili su due piani a V a livello della coscia così
agevolmente come per la tibia.
Ogni volta che sarà possibile, si tenterà di temporeggiare con una trazione continua, fino a che non
si possa effettuare un inchiodamento centro-midollare.
Allungamento secondo la tecnica di Wagner Allungamento secondo Ilizarov Chiodo di allungamento di Grammont
- Frammento superiore:
Abduzione (glutei)
Flessione (psoas)
- Frammento inferiore:
Adduzione
Rotazione esterna
Sollevamento
Spostamento abituale: risalita, capovolgimento all’indietro e rotazione. Trazione Osteosintesi con placca AO
Frattura comminuta: trazione Inchiodamento retrogrado in una frattura bassa del femore
Fratture comminute trattate con placche: placca semplice, placca di Judet, placca AO
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