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GENERALITA’ SULLE FRATTURE

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FRATTURE DEL BAMBINO


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FRATTURE DELLA GAMBA


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FRATTURE DEL FEMORE

J-L Lerat
Facoltà Lyon-Sud
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GENERALITA’ SULLE FRATTURE --------- FRATTURE DEL BAMBINO ---------


FRATTURE DELLA GAMBA ---------- FRATTURE DEL FEMORE______________________1
GENERALITÀ’ SULLE FRATTURE DEGLI ARTI_____________________________________3
RICHIAMO MORFOLOGICO DELLE DIFFERENTI OSSA DELLO SCHELETRO___________3
DEFINIZIONE DELLE FRATTURE_____________________________________________________4
EZIOLOGIA DELLE FRATTURE______________________________________________________4
MECCANISMI DELLE FRATTURE TRAUMATICHE_____________________________________5
LE LINEE DI FRATTURA_____________________________________________________________5
SPOSTAMENTO DELLE FRATTURE___________________________________________________8
CONDOTTA DA TENERE DI FRONTE ALLA FRATTURA DI UN ARTO____________________9
EVOLUZIONE – IL CONSOLIDAMENTO DELLE FRATTURE___________________________10
I FATTORI CHE INFLUENZANO IL CONSOLIDAMENTO_______________________________13
IL TRATTAMENTO DELLE FRATTURE___________________________________________17
PRINCIPI GENERALI________________________________________________________________17
IL TRATTAMENTO ORTOPEDICO DELLE FRATTURE________________________________18
I PRINCIPALI APPARECCHI GESSATI________________________________________________24
TRATTAMENTO CHIRURGICO DELLE FRATTURE________________________________29
PRINCIPI GENERALI DELLE OSTEOSINTESI_________________________________________29
COMPLICANZE DELLE FRATTURE__________________________________________________33
COMPLICANZE TARDIVE DELLE FRATTURE________________________________________40
SEQUELE DELLE FRATTURE________________________________________________________43
LE FRATTURE DEL BAMBINO___________________________________________________46
LE FRATTURE A LEGNO VERDE_____________________________________________________46
LE FRATTURE-DISTACCO EPIFISARIO: GENERALITÀ’_______________________________47
LE EPIFISIODESI POST-TRAUMATICHE_____________________________________________50
FRATTURE DELLA GAMBA_____________________________________________________56
EZIOLOGIA________________________________________________________________________56
MÉTODI TERAPEUTICI_____________________________________________________________57
LE INDICAZIONI TERAPEUTICHE NELLE FRATTURE DELLA GAMBA_________________62
TRATTAMENTO DELLE PSEUDOARTROSI DELLA GAMBA___________________________64
TRATTAMENTO DEI CALLI VIZIOSI DELLA GAMBA_________________________________69
FRATTURE DELLA DIAFISI DEL FEMORE________________________________________71
GENERALITÀ______________________________________________________________________71
FRATTURE DIAFISARIE DEI 2/4 MEDI________________________________________________71
FRATTURE SOTTO-TROCANTERICHE_______________________________________________78
FRATTURE DIAFISARIE BASSE O SOVRA-CONDILOIDEE________________________________78
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GENERALITÀ’ SULLE FRATTURE DEGLI ARTI

Le fratture hanno delle caratteristiche e delle evoluzioni molto differenti in funzione della loro
localizzazione sullo scheletro (ossa piatte, ossa lunghe, ossa corte) e in funzione della loro posizione
a livello dell’osso stesso (diafisi, metafisi, epifisi).

RICHIAMO MORFOLOGICO DELLE DIFFERENTI OSSA DELLO SCHELETRO

- le ossa piatte. Le ossa piatte, come il cranio e la scapola, non hanno delle funzioni di
locomozione. Le loro fratture consolidano sempre spontaneamente vista la loro abbondante
vascolarizzazione apportata in gran parte dalle numerose inserzioni muscolari.

- le ossa corte . Le ossa del carpo e del tarso e le vertebre sono delle ossa massicce che hanno come
caratteristica di presentare molteplici superfici articolari la cui integrità è indispensabile per un buon
funzionamento delle articolazioni vicine. L’osso è spongioso compatto con delle corticali solide.

- le ossa lunghe . Le ossa lunghe presentano una diafisi, due metafisi e due epifisi.

- La diafisi è lunga, e forma il canale midollare con una corticale molto solida. Il femore e la tibia
sono delle ossa “portanti” che subiscono delle forze considerevoli. Hanno dei fasci frontali e
sagittali che aumentano la loro resistenza per meglio sopportare le forze di compressione, tensione e
torsione. La diafisi delle ossa lunghe è mal vascolarizzata a livello del terzo medio, laddove il
sangue proviene soprattutto dalla periferia dei muscoli [2/3 esterno dal periostio e dai muscoli che
vi si inseriscono (cf schema)]. Si comprende perchè un’osteosintesi con placca, che comporta
inevitabilmente un raschiamento dei muscoli al fine di esporre l’osso, rischia di perturbare la
vascolarizzazione (più di una osteosintesi con chiodo centro-midollare dove non viene aperto il
focolaio di frattura).
- Le epifisi sono delle zone spongiose dense in periferia e ricoperte di cartilagine articolare. L’osso
spongioso è caratterizzato da un sisteme di trabecole larghe.
- Le metafisi sono situate alla giunzione fra diafisi ed epifisi.
E’ a questo livello che sono situate le cartilagini di accrescimento, o cartilagini di coniugazione,
responsabili della crescita in lunghezza delle ossa lunghe. Queste cartilagini di accrescimento che
appaiono nelle radiografie come delle linee o delle soluzioni di continuo, non devono essere
confuse con dei tratti di frattura (fare delle radiografie comparative dei due lati). Spariscono alla
fine dell’adolescenza e si fondono completamente nell’adulto. Sono delle zone molto attive
soprattutto vicino al ginocchio (estremità inferiore del femore ed estremità superiore della tibia, che
sono responsabili dell’80% della crescita in lunghezza dell’arto inferiore) e lontano dal gomito
(estremità superiore dell’omero e polso, che sono responsabili del 75% della crescita in lunghezza
dell’arto superiore).
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I traumi a carico delle zone di crescita (fratture e distacchi epifisari) possono perturbare la crescita
in lunghezza allorchè si verifichino durante l’infanzia e l’adolescenza. Possono determinare
un’epifisiodesi, ovvero un arresto della crescita. Un’epifisiodesi può essere totale, interessando tutta
la larghezza della cartilagine di accrescimento e determinando un arresto completo della crescita, o
può verificarsi in una zona piu’ circoscritta, comportando allora solo un arresto localizzato della
crescita. In questi casi, la prosecuzione della crescita nella zona contigua può comportare una
deviazione dell’osso (cf. capitolo delle fratture dell’infanzia).

- il periostio è una membrana periferica, facile da scollare dall’osso nel bambino. E’ più o meno
spessa e il suo spessore diminuisce nell’adulto. La crescita in larghezza dell’osso dipende molto dal
periostio.
Il periostio svolge una funzione importante nel consolidamento delle fratture. Svolge inoltre
funzione di barriera fra l’osso e le parti molli, frenando ad esempio l’estendersi di certi processi
patologici che si muovono dall’osso alle parti molli. (Ad esempio, l’ostomielite ed alcuni tumori
ossei).

DEFINIZIONE DELLE FRATTURE

Una frattura è un’interruzione di continuità di un osso. Può trattarsi di una semplice fessura
ossea senza spostamento, fino ad una frattura molto comminuta (frattura a numerosi frammenti).
Una frattura può essere aperta o chiusa. Allorchè la pelle sia aperta, il focolaio di frattura
comunica con l’esterno e una sovrainfezione è sempre possibile e deve essere prevenuta. Si possono
osservare delle grosse perdite di sostanza a livello cutaneo e muscolare, che comportano consistenti
problemi terapeutici per la copertura dell’osso.
Una frattura aperta è una frattura anzitutto molto più grave rispetto alla stessa frattura chiusa
e le indicazioni terapeutiche sono molto differenti. Finché la pelle è intatta, non c’è alcun rischio di
complicanza infettiva della frattura. Allorché la pelle sia aperta, c’è un rischio molto alto di
infezione che può ritardare o impedire il consolidamento.

A B C D
Frattura trasversale delle due ossa della gamba (A) - Frattura comminuta (B) - Frattura spiroide (C) - Frattura patologica
del femore a carico di un osso indebolito da un tumore osteolitico (D)

EZIOLOGIA DELLE FRATTURE

- Le fratture traumatiche sono le più frequenti.


- Le fratture patologiche concernono delle ossa indebolite da processi osteolitici:
- un’osteoporosi (es: frattura del collo del femore nell’anziano)
- un tumore osteolitico. La frattura può far scoprire il tumore. Più spesso si tratta di
metastasi, ma a volte delle semplici cisti ossee possono determinare delle fratture, ad esempio nel
bambino.
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MECCANISMI DELLE FRATTURE TRAUMATICHE

- Trauma diretto
Si tratta di un urto diretto: ad esempio per la caduta di un oggetto pesante o l’impatto in corso di un
incidente stradale, oppure per una caduta con contatto diretto col suolo.

Caduta sul gomito, in grado di determinare una frattura sovra-condiloidea o una frattura dell’olecrano

- Trauma indiretto
Il trauma può verificarsi in torsione, in trazione, in varo o valgo, in compressione o attraverso un
meccanismo complesso. L’osso si frattura a distanza dal punto di applicazione delle forze.
L’esempio più tipico è la frattura di gamba dello sciatore che ruota sul proprio piede bloccato dallo
sci. Questo stesso meccanismo può comportare delle distorsioni articolari con rottura dei legamenti.
Le vertebre si fratturano spesso attraverso un meccanismo a carattere compressivo, cosiccome i
piatti tibiali o il calcagno. L’omero si rompe per flessione indiretta in seguito ad una caduta sulla
mano.

Frattura del gomito dopo caduta sulla mano Torsione in grado di produrre una frattura o una rottura dei legamenti

- Le fratture da stress
Le fratture da stress si producono in seguito a una moltitudine di sforzi a
carico di un osso.
La più frequente si verifica a livello del collo dei metatarsali medi, che è un
sito privilegiato nella marcia. E’ la frattura più frequente delle giovani
reclute dell’esercito, a cui sono imposte delle lunghe marce alle quali non
sono abituati. Possono inoltre verificarsi negli sportivi in seguito ad un
sovra-allenamento (es fratture delle danzatrici e dei corridori). Queste
fratture sono spesso parziali e difficili da vedere sulle radiografie (visibili
con la scintigrafia ossea).

LE LINEE DI FRATTURA

- Le infrazioni ossee
Le infrazioni si producono allorché vi siano dei traumi minimi. Non c’è
che una fessura più o meno completa, senza nessuno spostamento e la
linea può essere difficilmente visibile sulle radiografie iniziali. Spesso
la si vede meglio sulle radiografie eseguite 15 giorni più tardi, in
ragione dell’osteoporosi che si sviluppa nell’immediato ai lati della
lesione in seguito ad ogni frattura (E’ tipico che le fratture dello
scafoide carpale non si vedano a volte se non sulle radiografie dopo una
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quindicina di giorni). Queste fratture consolidano d’abitudine spontaneamente (solo le infrazioni
dello scafoide carpale e del collo femorale possono consolidare con difficoltà). Le infrazioni delle
piccole ossa, invisibili su delle radiografie semplici, possono, in caso di dubbio, giustificare degli
esami complementari per la diagnosi: TC o scintigrafia ossea.

- Le fratture "a legno verde" (vedi il capitolo delle fratture del bambino)
Si tratta di una forma molto particolare di frattura diafisaria o metafisaria del bambino. Una
corticale è fratturata in modo non completo e tiene soprattutto grazie al periostio che svolge una
funzione di cerniera. L’angolazione è talvolta importante ma i frammenti sono stabili e non si
spostano nel corso della manipolazione all’esame obiettivo, al contrario delle normali fratture degli
arti.

Fratture a legno verde dell’avambraccio

- Le linee di frattura abituali

1° Linea di frattura trasversale


Una linea trasversale è solitamente legata ad un traumatismo per urto diretto molto violento. La
pelle è spesso lesa dal corpo contundente, può anche essere aperta.
- Questo tipo di frattura trasversale è detta “stabile” poiché, quando la riduzione avrà permesso di
riallineare i frammenti, si potrà mantenere la riduzione con un gesso, mediante trattamento
ortopedico. Si vedrà che le fratture trasversali delle diafisi si prestano molto bene anche al
trattamento chirurgico attraverso inchiodamento centro-midollare. Il carattere trasversale “stabile” è
favorevole ad una ripresa precoce della marcia con appoggio sull’arto, dopo il posizionamento di un
grosso chiodo all’interno del canale midollare dell’osso.

Fratture trasversali della gamba e del femore

2°Linea obliqua o spiroide


Una linea di frattura obliqua o spiroide è il risultato di traumi
indiretti. La linea di frattura gira attorno alla diafisi come una
spirale. La componente torsionale è predominante.
Allorché non vi sia spostamento, si ottiene il consolidamento
molto rapidamente poiché la superficie di contatto dei frammenti è
consistente. Vi sono delle fratture spiroidi corte in cui la linea è
lunga qualche cm e delle fratture spiroidi lunghe in cui la linea
può raggiungere i 12 cm o più.
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Allorché si verifichino spostamenti, questi sono difficili da correggere e da stabilizzare con i metodi
ortopedici. Degli spostamenti secondari infatti possono infatti prodursi a causa della contrazione dei
muscoli, che tende a determinare un accavallamento e una traslazione dei frammenti, anche con
l’apparecchio gessato.

3° Fratture comminute
Le fratture comminute si caratterizzano per il fatto che sono presenti più di due frammenti ossei e a
volte un grande numero di frammenti. Spesso non c’è che un frammento intermedio ad "ala di
farfalla": si tratta della forma più semplice di frattura comminuta.
Queste si verificano in corso di traumi diretti o complessi molto violenti e sono spesso
accompagnate da lesioni delle parti molli, dei muscoli, dei vasi o dei nervi. Sono particolarmente
instabili.
Una breccia cutanea, frequente in questi casi, controindica ogni osteosintesi chiusa e quindi si
utilizza spesso il fissatore esterno.
Nelle fratture chiuse si può realizzare un inchiodamento una volta stabilizzato il focolaio di frattura
(aggiungendo un dispositivo di bloccaggio per impedire la rotazione dei frammenti).

Frattura ad “ala di farfalla” Fratture comminute della tibia e del ginocchio Fratture a doppio piano

4° Fratture a "doppio piano"

Nelle fratture a doppio piano vi sono 2 linee di frattura trasversali o oblique che separano un
frammento più o meno grande. Queste fratture sono instabili. Il frammento intermedio può avere
una vascolarizzazione assai precaria vista la separazione completa dal resto dell’osso e il
consolidamento dell’osso può risultarne ritardata. Il trattamento ortopedico sarà difficile poiché non
si avrà alcuna presa sul frammento intermedio. Il trattamento chirurgico dovrà evitare la
devascolarizzazione del frammento, cosa che esclude una osteosintesi con placca, a favore di un
chiodo centro-midollare.

5° Le fratture ingranate

Si parla di frammenti "ingranati" quando si ha


l’incastro di un frammento nell’altro. Questo non
lo si può riscontrare che nelle epifisi e nelle
metafisi, che sono ricche di osso spongioso.
Queste fratture consolidano bene, ma è
necessario prestare attenzione agli spostamenti
secondari (fratture frequenti al collo del femore,
al collo dell’omero e all’estremità inferiore del
radio).

6° Le fratture per compressione


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Le fratture per compressione sono caratteristiche delle fratture dei corpi vertebrali. La parte
anteriore del corpo cede mentre il muro posteriore rimane intatto. Il consolidamento è rapido ma
persiste un cedimento residuo con una vertebra che presenta una forma trapezoidale.

7° Le fratture-avulsione delle apofisi

Le inserzioni sulle ossa di certi tendini possono essere strappate in occasione di traumi (spesso
legati allo sport). Si può vedere uno spostamento del frammento osseo che si manifesta con la
retrazione del muscolo corrispondente: grande e piccolo trocantere, trochite dell’omero, epitroclea,
tuberosità tibiale, stiloide del 5° metatarsale sono le tuberosità o apofisi più spesso distaccate.
Solamente il trattamento chirurgico precoce può permettere una fissazione solida e in posizione

corretta dei frammenti (attraverso piccole viti o fili trans-ossei).

Frattura del piccolo trocantere Frattura del grande trocantere Frattura della tuberosità tibiale

SPOSTAMENTO DELLE FRATTURE

Molte fratture non si spostano (cf sotto: fratture da stress, infrazioni ed alcune fratture del bambino).
Uno spostamento non si può valutare se non disponendo di due radiografie, una di fronte e una di
profilo. Uno spostamento può essere il risultato di più spostamenti elementari.

- La traslazione

La traslazione può essere più o meno importante. I frammenti possono


restare "accostati" attraverso una parte della superficie di frattura o al
massimo la traslazione può essere tale da non consentire più nessun
contatto fra i frammenti: si produce allora un accavallamento.

- La sovrapposizione

La sovrapposizione corrisponde ad un
accavallamento longitudinale dei frammenti.
Nelle fratture trasversali non la si riscontra se
non in quelle in cui vi sia una traslazione
completa. Nelle fratture oblique o spiroidi, la
sovrapposizione è molto frequente.

- L’angolazione
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L’angolazione può essere sul piano frontale: in abduzione o in valgo e in adduzione o in varo,
oppure sul piano sagittale: angolazione anteriore o antecurvatum e angolazione posteriore anche
detta recurvatum. Si tratta probabilmente del tipo di spostamento la cui correzione è più importante
in ragione delle possibili sequele assai problematiche, soprattutto a livello dell’arto inferiore. Il più
piccolo difetto angolare può avere una ripercussione sulla funzione delle articolazioni presenti al di
sopra e al di sotto della frattura. Un consolidamento in varo della gamba, ad esempio, determinerà
un sovraccarico interno del ginocchio e della caviglia.

- La rotazione

La rotazione non deve essere confusa con la


traslazione. E’ lo spostamento più difficile da
apprezzare dulle radiografie. Queste non
permettono che un’approssimazione nelle fratture
trasversali. Nelle fratture oblique, la rotazione è
maggiormente visibile. L’esame visivo
comparativo dei due lati svela i grossi difetti di
rotazione.
Gli spostamenti sono quasi sempre combinati e
devono essere analizzati con cura sui 3 piani.
I consolidamenti detti “viziosi” in rotazione
possono risultare assai problematici. Si possono
valutare con precisione mediante la TAC.
Rotazione esterna del frammento distale Callo vizioso in rotazione esterna

ALL’INGRESSO, BISOGNA DEFINIRE LA "CARTA DI IDENTITA’" DELLA


FRATTURA

Una frattura viene definita con l’elenco di tutte le sue caratteristiche e il medico che riceve il
paziente deve stabilire una vera e propria "carta d’identità" della frattura, annotandone: il lato
interessato, l’osso o le ossa fratturate, il livello, la forma dei margini e dei frammenti, gli
spostamenti sui 3 piani, la rottura o meno della pelle e le lesioni delle parti molli (muscoli, nervi,
vasi).

CONDOTTA DA TENERE DI FRONTE ALLA FRATTURA DI UN ARTO

Prendiamo, ad esempio, una frattura diafisaria dell’arto inferiore (femore o tibia).

L’anamnesi

Un’anamnesi precisa è fondamentale ed è volta ad accertarsi delle modalità precise dell’incidente


(sport, incidente stradale, lavoro, ecc..).
- Il tempo è importante, soprattutto nelle fratture aperte, in cui il rischio di infezione è tanto più
importante quanto maggiore è il tempo trascorso prima della pulizia del focolaio e
l’antibioticoterapia.
- Il dolore è costante e il paziente ha percepito uno schiocco doloroso caratteristico.
- L' impotenza funzionale dell’arto è completa.
- Il meccanismo del trauma deve essere ricostruito attraverso l’anamnesi.

L'esame obiettivo ricerca anzitutto

- I segni di shock
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I segni di shock sono molto frequenti: pallore, lipotimie, accelerazione del polso e soprattutto
caduta della pressione arteriosa (che non è sempre legata ad un’emorragia, ma è in rapporto al
dolore, che è necessario lenire). Alcune fratture, anche chiuse, sono ritenute responsabili di shock
non solo per l’emorragia che le può accompagnare (una frattura diafisaria del femore può
facilmente accompagnarsi ad un ematoma da 500 ml ad 1 litro), ma lo shock può manifestarsi col
solo spostamento della frattura. Una coscia che presenti un’angolazione o un accavallamento
importante vede lo shock regredire dal momento in cui l’arto è immobilizzato in posizione corretta
e, soprattutto, con l’installazione di un sistema di trazione longitudinale che riduce o almeno allinea
la frattura (all’inizio una semplice trazione manuale).
- l’ esame obiettivo cerca poi di fare la valutazione locale dell’arto dopo aver escluso, in un
politraumatizzato, la presenza di altre fratture associate.

E’ necessario ispezionare e palpare:


- Localizzare la frattura con la guida del dolore.
- Lo spostamento. Un’angolazione e un vizio di rotazione sono spesso evidenti al primo colpo
d'occhio, attraverso l’esame comparativo dell’arto controlaterale. Si può sicuramente cercare di
cambiare delicatamente la posizione per ridurre uno spostamento importante e diminuire così le
conseguenze dello spostamento osseo sugli elementi vascolo-nervosi (polso e sensibilità).
- La pelle può essere contusa, con un aspetto bluastro a causa dell’impatto, o un aspetto edematoso.
Una scaglia ossea può sollevarsi sotto la pelle comportando un rischio di rottura da dentro a fuori.
Degli altri impatti possono aggravare il meccanismo del trauma.
- Viene valutata, laddove presente, l'apertura cutanea, cosiccome le dimensioni della ferita e
l’aspetto dei bordi. Le implicazioni di queste sono importanti (cf capitolo delle complicazioni). E’
necessario valutare se la ferita è contaminata da terra, ghiaino, frammenti di vetro, erba, asfalto,
pezzi di tessuto, ecc..
- E’ necessario valutare immediatamente lo stato di vasi e nervi dell’arto (ricerca di polsi periferici,
sensibilità e calore delle estremità e motricità distale).
- Se la frattura è riconosciuta più tardi, l’esame è spesso complicato da:
. l'edema a volte molto importante,
. Le ecchimosi, che invadono l’arto a partire dal focolaio di frattura,
. Le flittene cutanee che possono formarsi sulla pelle e complicare il successivo trattamento.
(impedendo la realizzazione di un gesso o obbligando a differire gli interventi di osteosintesi).

La valutazione radiografica
Le radiografie vanno poi a confermare la diagnosi fatta attraverso l’esame clinico. Sono necessarie
almeno una proiezione frontale e una laterale dell’osso, comprendenti inoltre le articolazioni al di
sotto e al di sopra del tratto interessato. Tutti gli spostamenti saranno quindi valutati e si sarà
dunque in grado di scegliere il trattamento più adeguato dopo aver così classificato tutte le
caratteristiche della frattura e gli elementi prognostici.

EVOLUZIONE – IL CONSOLIDAMENTO DELLE FRATTURE

Una frattura è una soluzione di continuo brutale, che altera l’apparato locomotore interrompendo la
trasmissione dei carichi. Questo innesca un processo di riparazione che è l'osteogenesi riparatrice
con ricostituzione della continuità solida dell’osso.
La frattura va a perturbare un tessuto strutturato, vivente, vascolarizzato e in continuo
rimodellamento, elementi che assicurano il suo mantenimento biologico e meccanico. Il collagene, i
minerali e la sostanza fondamentale vengono continuamente rimpiazzati (ad un ritmo che rallenta
con l’età).
E’ importante prima di tutto non ostacolare l’osteogenesi naturale, ma piuttosto favorirla. La qualità
del consolidamento sarà direttamente legata alla scelta del trattamento. Ma prima di indicare i mezzi
terapeutici è importante conoscere bene le modalità di consolidamento delle fratture.
Il consolidamento è un fenomeno fisiologico complesso nel corso del quale si assiste alla
cicatrizzazione del tessuto osseo. Il consolidamento deve molto al periostio, all’ematoma che si
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forma attorno alla frattura e alle sollecitazioni meccaniche. Numerose sono state le teorie
riguardanti il consolidamento dell’osso, ma oggi si può effettuare schematicamente la seguente
sintesi: Tutte le fratture consolidano attraverso 3 fasi principali:

1° stadio: L'ematoma - La reazione infiammatoria (dal 1°giorno al 20°)

Ogni focolaio di frattura viene invaso da un ematoma. Questo


ematoma si trasforma rapidamente e si organizza mediante la
comparsa di vasi neoformati provenienti dai tessuti sani
circostanti. Del tessuto fibroso vascolarizzato invade a poco a
poco l’ematoma. La proliferazione cellulare è già intensa 24 ore
dopo il trauma. I capi ossei sono devitalizzati per parecchi
millimetri.

2° stadio: Il callo di coniugazione (dal 20°giorno al 30°)

Il focolaio di frattura acquisisce a poco a poco una certa stabilità grazie allo sviluppo di questo callo
fibroso, si dice che "si incolla". La mobilità diminuisce, le fibre collagene sono sostituite da sali
minerali che si depositano. Il tessuto fibro-vascolare presenta una metaplasia cartilaginea e in
seguito ossea comportando quindi un callo primario.
L'apporto vascolare aumenta la tensione di ossigeno, responsabile della trasformazione dei
condrociti periferici in osteociti. Appaiono inoltre degli osteoclasti che cominciano a riassorbire le
estremità ossee devitalizzate. La quantità di condrociti è variabile, è più importante se persistono dei
movimenti eccessivi ai capi ossei. Contemporaneamente, la stessa attività ha preso inizio in sede
midollare.

3° stadio: l’ossificazione del callo (dal 30° giorno al 60°)

Le cellule ossee invadono il callo di congiunzione e il callo osseo comincia ad apparire sulla
radiografia progressivamente, a partire dal 30° giorno, prima nel bambino e più tardi nell’anziano.
C’è un callo del periostio che si sviluppa in periferia e un callo endosteo che si forma nella cavità
midollare. Le forze in compressione ed in trazione sono assai utili allo sviluppo del callo osseo. Il
callo si modella e si organizza formando una giunzione efficace fra i due frammenti, a condizione
che lo spazio fra di essi sia minimo e che la breccia periostea sia piccola. Anche se i frammenti
ossei si trovano uno in faccia all’altro, il callo periferico può nondimeno unirsi al callo endosseo.

Trasformazione del callo fibroso in callo osseo Qualche caso di callo osseo ottenuto con immobilizzazione gessata

Infine, gli osteoclasti possono raggiungere ed attraversare il margine di frattura grazie ai vasi
neoformati e gli osteoblasti vanno a ricostituire un sistema osseo "haversiano" normale. La
formazione di una nuova corticale con ripristino di una continuità fra i canali di Havers (cf corso di
istologia), non è possibile se non in assenza di tessuto fibroso nello spazio. Il callo si adatta subito
alle condizioni meccaniche e si "corticalizza" nell’arco di molti mesi.
Il callo si rimodella e si adatta dal momento in cui è sottoposto alle sollecitazioni dell’appoggio.
Ogni traccia della frattura può anche sparire in un bambino, mentre tale fenomeno è meno evidente
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nell’adulto. Nel bambino si può anche osservare la correzione di piccoli difetti angolari. I difetti di
rotazione al contrario non sono soggetti a correzione spontanea.
Nell’adulto non si può sperare in nessuna modificazione allorché vi siano dei difetti di asse.
Oltre ai fattori meccanici, fattori circolatori, ormonali, nutrizionali e bioelettrici intervengono nel
consolidamento, in proporzioni difficili da quantificare. Studieremo soprattutto i fattori legati alla
localizzazione, alle complicanze e al trattamento.

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I FATTORI CHE INFLUENZANO IL CONSOLIDAMENTO

- Il consolidamento varia con il tipo di osso interessato:


L'osso spongioso consolida in 6 settimane (metafisi ed epifisi sono ricche in osso spongioso).
L'osso corticale delle diafisi consolida più lentamente, impiegando da 9 a 18 settimane.

- Il consolidamento varia con l’età:


Il bambino consolida precocemente, ma la rapidità del consolidamento diminuisce con l’età e
raggiunge i tempi più lunghi nell’anziano. (Es: per un femore, da 4 a 8 settimane, laddove
nell’adulto il tempo varia da 3 a 6 mesi).
I calli del bambino possono rimodellarsi molto, al contrario di quelli dell’adulto.
- Il consolidamento è ritardato da un’immobilizzazione del focolaio di frattura insufficiente.
- Il consolidamento è impossibile se i frammenti sono mantenuti separati l’uno dall’altro da
delle parti molli interposte (muscoli, ad esempio) o da un eccesso di trazione con un largo scarto fra
i frammenti.
- Il consolidamento è sempre perturbato se c’è un’infezione. Non si riscontrano mai
infezioni spontanee in una frattura chiusa. Le infezioni intervengono sempre su delle fratture aperte
od operate attraverso osteosintesi con apporto di germi nel corso dell’operazione (per un errore
nell’asepsi). Il materiale impiegato svolge allora una funzione di corpo estraneo e impedisce, con la
propria presenza, la guarigione di un’infezione e, con essa, il consolidamento. E’ necessario
rimuovere l’osteosintesi (e se possibile sostituirla con un fissatore esterno). L’infezione ossea, o
osteite, porta ad una devascolarizzazione ossea e si rende necessaria l’ablazione del tessuto osseo
necrotico. L’assenza di consolidamento è frequente in questi casi, che giustificano delle operazioni
di pulizia e di escissione dell’osteite; sono spesso necessari degli innesti di osso. E’ sempre difficile
ottenere il consolidamento in queste circostanze e i tempi sono lunghi.
- Il consolidamento è perturbato quando la vascolarizzazione dell’osso è ridotta o soppressa
dal margine di frattura (es: la testa del femore nelle fratture del collo o frattura dello scafoide del
carpo) poiché uno dei frammenti viene così ad essere povero di vasi.

Schema illustrante la durata media di consolidamento delle fratture dell’adulto.


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Il consolidamento delle fratture diafisarie è ritardato dalle osteosintesi con placca

Un’osteosintesi a focolaio aperto comporta d’emblée molti inconvenienti al fine di un


consolidamento spontaneo. Infatti, l'evacuzione dell’ematoma della frattura, al momento
dell’accesso al focolaio di frattura per eseguire la riduzione e la fissazione metallica, va a privare il
focolaio di un elemento la cui funzione è importante, come abbiamo visto. Questo spiega in gran
parte il ritardo che comporta al consolidamento. D’altronde l’intervento chirurgico stesso, con le
manovre di riduzione e l’esposizione obbligatoriamente larga per posizionare una placca, determina
delle lesioni dei vasi che rischiano di ripercuotersi sulla vascolarizzazione dei capi ossei e sulla
rapidità dei meccanismi del consolidamento.
Altri fattori sono legati al carattere rigido dell’osteosintesi. In presenza di un’osteosintesi rigida, il
callo osseo non si sviluppa o si sviluppa molto poco. Il consolidamento avviene lentamente
attraverso la formazione di osso corticale nuovo fra i frammenti ossei. E’ quello che accade nel
corso di un’osteosintesi con placca avvitata. La placca si fa carico delle sollecitazioni e cortocircuita
il focolaio di osteosintesi. La rigidità dell’osso e della placca può essere migliorata con la messa in
compressione dei frammenti (attraverso un sistema speciale impiegato nel corso dell’operazione),
ma il consolidamento avviene tuttavia senza callo esterno visibile e molto lentamente. E’ la ragione
per cui non bisogna rimuovere il materiale dell’osteosintesi troppo rapidamente. Si ritiene che un
tempo di 18 mesi sia indispensabile per rimuovere una placca, perché la "corticalizzazione" sia
sufficiente.
Il callo ottenuto dopo un’osteosintesi rigida con placca è per molto tempo molto più fragile del callo
voluminoso ottenuto spontaneamente col trattamento ortopedico. Questo si manifesta in particolare
con il volume del callo e il calibro dell’osso. Nel corso di un’osteosintesi con placca, il callo non
oltrepasserà se non di poco o per nulla il diametro dell’osso normale e finché non sarà ottenuta la
corticalizzazione completa sarà fragile e soggetto a nuova rottura (da cui l’importante numero di
fratture recidivanti dopo ablazione troppo precoce del materiale). Al contrario, il callo ottenuto
spontaneamente con il trattamento ortopedico ha un diametro molto grosso, che è ben superiore al
diametro dell’osso normale e la sua solidità è proporzionale alle dimensioni del diametro.

Consolidamento di una tibia di un bambino mediante trattamento ortopedico. Rimodellamento del callo fra 8 e 29 mesi.

Fratture della tibia e del femore perfettamente ridotte e fissate con placche, con consolidamento anatomico, ma senza
callo esterno visibile.
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Il consolidamento osseo negli inchiodamenti centro-midollari a focolaio chiuso

Questo tipo di osteosintesi non presenta gli inconvenienti segnalati per le osteosintesi con placca, a
focolaio aperto. L’operazione consiste nell’introdurre nella diafisi attraverso l’estremità dell’osso
(del femore, della tibia o dell’omero) un grosso chiodo del calibro del canale osseo, senza scoprire
la frattura. La riduzione è effettuata mediante trazione su di un letto operatorio speciale (letto
ortopedico) che consente di ottenere l’allineamento dei frammenti. L’introduzione del chiodo
centro-midollare viene fatta dall’estremità prossimale dell’osso con una piccola incisione e sotto il
controllo di un amplificatore di brillanza e uno schermo televisivo. L’assenza di apertura del
focolaio di frattura evita la devascolarizzazione dei frammenti e preserva l’ematoma attorno alla
frattura.
Un inchiodamento centro-midollare è solido e permette una mobilizzazione e una ripresa della
marcia con appoggio progressivo rapido (quando si tratta di fratture semplici). Le sollecitazioni
meccaniche attivano il consolidamento grazie ad una successione frequente di forze in
compressione ed in trazione. La qualità del callo è equivalente a quella di un callo spontaneo e la
protezione del chiodo consente un appoggio precoce.
L’inchiodamento centro-midollare è il metodo di scelta nelle fratture diafisarie, nelle quali deve
completamente sostituire le placche avvitate. Nelle fratture metafisarie invece si possono utilizzare
delle placche avvitate, benché l’inchiodamento bloccato o "sprangato" (mediante viti trasversali che
attraversano l’osso e il chiodo) possa anch’esso essere utilizzato con successo.

Abituale buona qualità del callo ottenuto dopo inchiodamento centro-midollare di tibia, omero o femore.

Il consolidamento osseo nella trazione continua delle fratture

L’inchiodamento centro-midollare non può purtroppo essere realizzato in tutti i casi di frattura
diafisaria delle ossa lunghe, in particolare nel bambino in cui è controindicato, in ragione del
rischio molto importante che si farebbe correre alla crescita se si attraversasse la cartilagine di
coniugazione metafisaria. Si può tuttavia impiegare il metodo di Métaizeau con dei piccoli chiodi
elastici, in alcuni casi (vedi sotto).
La trazione ossea rappresenta a volte un eccellente metodo. Per le fratture diafisarie del femore del
bambino, ad esempio, l’estensione è in questo caso positiva poiché assicura riduzione e
contenimento mediante l’allineamento dei frammenti. Essa ripristina la lunghezza iniziale dei
muscoli e favorisce la mobilizzazione delle articolazioni. Questa mobilizzazione comporta anche
dei movimenti a livello del focolaio di frattura, ma queste sollecitazioni, se non eccessive, hanno un
effetto di stimolo per il consolidamento.
La trazione può essere applicata a mezzo di un dispositivo adesivo (per i bambini leggeri) o con
l’impiego di un filo di trazione nei bambini più grandi. E’ necessario evitare le complicanze
infettive a livello di questo mediante una buona tecnica di posizionamento e delle buone condizioni
di asepsi.
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E’ necessario poi sorvegliare la trazione per evitare che sia eccessiva ed evitare di creare uno scarto
fra i frammenti (radiografie successive). Al costo di qualche precauzione, non vi sono
complicazioni legate a questo trattamento.
L’immobilizzazione con gesso che fa seguito a tale trazione dopo qualche settimana, è anch’essa
benefica poiché non determina una immobilizzazione rigorosa e i piccoli movimenti favoriscono il
consolidamento. Ciononostante, certi tipi di movimento sono nefasti per l’evoluzione del callo, le
torsioni e i movimenti in flessione, che deformano il callo. Le sollecitazioni favorevoli sono in
compressione ed in trazione.
La trazione continua delle fratture è raramente un metodo impiegato fino al termine del trattamento,
e viene sostituita da un gesso. Nell’adulto, la trazione continua a mezzo di un filo trans-osseo e di
una staffa; si tratta di un trattamento di attesa allorché non si possa intervenire secondo una
metodica classica a causa delle condizioni locali sfavorevoli o delle condizioni generali critiche, in
un politraumatizzato che necessiti di cure più urgenti.

Trazione adesiva per riduzione di femore nel bambino. Trazione mediante filo nei condili, nel calcagno o nell’olecrano.

L'appoggio è un fattore della consolidamento osseo

La messa in appoggio precoce di ogni frattura è benefica se la riduzione non è precaria. L’appoggio
sarà immediato nelle fratture diafisarie trasversali, dopo il posizionamento di un chiodo. Sarà
sicuramente più tardiva dopo la riduzione ortopedica di una frattura e il confezionamento di un
apparecchio gessato (minimo 6 settimane per una frattura di gamba dell’adulto e in seguito al
confezionamento di un secondo gesso detto di marcia).

La scelta del trattamento

La scelta del metodo di trattamento si basa sulla conoscenza dei meccanismi di consolidamento ed è
importante, in primo luogo, non ostacolarlo. La difficoltà del trattamento delle fratture risiede nella
scelta del procedimento più adatto in base alla localizzazione della frattura, alle condizioni locali e
generali (età e condizioni generali) e che non impedirà il consolidamento, ma al contrario, lo
favorirà.
La scelta di un’osteosintesi invece di un trattamento ortopedico è lecita se il rischio di infezione è
assente o minimo e se il beneficio per la ripresa della funzione è evidente. Se non intervengono
queste due condizioni, è preferibile indirizzarsi verso il trattamento ortopedico.
I due metodi sono complementari e necessitano entrambi di molta cura e di un’attento
monitoraggio.
Le indicazioni terapeutiche dipendono da questi numerosi fattori e sono assai variabili anche in
funzione delle abitudini di ogni chirurgo. Non sarebbe conveniente trattare le indicazioni in un solo
capitolo ed esse saranno affrontate dettagliatamente per ogni frattura nel capitolo corrispondente.
Valutiamo ora le differenti modalità terapeutiche e i loro principi generali.

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IL TRATTAMENTO DELLE FRATTURE

PRINCIPI GENERALI

Nel periodo iniziale, è necessario:


- Lenire il dolore e trattare lo shock se presente, prima di tutto.
- Immobilizzare provvisoriamente con una stecca di plastica o gonfiabile.
Dopo che si è potuto fare un bilancio clinico, si effettua il bilancio radiologico, che permette di
decidere se una semplice immobilizzazione può bastare o se bisogna invece valutare una riduzione.
La presenza di lesioni viscerali o craniche associate fa sempre passare in secondo piano il
trattamento delle fratture degli arti.
Ogni ferita sarà pulita e chiusa su di un drenaggio efficace se è fresca.
Il drenaggio in aspirazione di Redon è il più efficace e rigoroso.
Una ferita non verrà chiusa se è sporca, in particolare di terra, cosa che farebbe correre il rischio di
una sovrainfezione da parte di germi anaerobi.
Il trattamento antibiotico preventivo sarà sistematico, cosiccome la prevenzione del tetano
(sieroterapia e vaccinazione).

Nel secondo periodo, il metodo scelto dovrà assicurare:


- Il consolidamento "per primam" della frattura in buone condizioni.
- Il recupero funzionale dell’arto.
L'evoluzione sarà in funzione della qualità della riduzione e del contenimento.

La riduzione

La riduzione sarà realizzata in anestesia generale, più spesso, o in anestesia loco-regionale (ad
esempio, per il polso). Le manovre saranno dettate dall’analisi dello spostamento sulle radiografie
di fronte e di profilo. Ogni caso è a sè stante. La trazione è l’elemento costante di ogni riduzione.
Essa può essere applicata manualmente o attraverso differenti sistemi esterni. Deve essere molto
progressiva.

L'immobilizzazione: gesso o osteosintesi ?

- L'immobilizzazione gessata: Essa è indicata nelle fratture non scomposte o semplici da ridurre. La
confezione di un gesso cosiccome il monitoraggio obbediscono a regole rigorose.

- La riduzione chirurgica e l’osteosintesi sono indicate quando la riduzione è impossibile con


metodi ortopedici (ad es: avambraccio dell’adulto) o quando il tentativo di riduzione ortopedica si è
rivelato insufficiente. Una riduzione chirurgica è indicata nelle fratture articolari, in cui il ripristino
anatomico delle superfici articolari è indispensabile per preservare la funzione. Una osteosintesi è al
giorno d’oggi sistematicamente indicata nelle fratture diafisarie per i vantaggi dell’inchiodamento
endo-midollare.

I vantaggi dell’osteosintesi sono:


- La stabilità del focolaio di frattura
- La possibilità di rieducazione rapida delle articolazioni vicine
- La ripresa dell’appoggio precoce dopo gli inchiodamenti centro-midollari stabili
- Un ricovero ospedaliero breve
- Un ripristino rapido della funzione
Gli inconvenienti dell’osteosintesi sono:
- Un’anestesia più lunga rispetto a quella per il trattamento ortopedico
- Un possibile rischio di infezione (ritardo di consolidamento e pseudoartrosi con osteite)
- E’ indispensabile una strumentazione più o meno complessa
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In entrambi i casi una prevenzione delle complicanze trombo-emboliche deve essere
sistematica.

IL TRATTAMENTO ORTOPEDICO DELLE FRATTURE

Il trattamento ortopedico comprende la manovra di riduzione e il contenimento delle fratture.

1- Trattamento delle fratture senza spostamento

Le fratture non scomposte vengono semplicemente ingessate. Vengono poi fatte delle radiografie di
controllo della frattura ingessata e saranno ripetute ad intervalli variabili per scongiurare gli
spostamenti secondari (al 5° e al 15° giorno per una frattura di polso).

2- Riduzione delle fratture con spostamento

La riduzione è realizzata con delle manovre adatte alle differenti localizzazioni.


Bisogna sempre effettuare delle manovre dettate dalla natura dello spostamento, valutato sulle
radiografie. Allorché vi sia un importante accavallamento dei frammenti, la semplice trazione può
rivelarsi insufficiente ed è necessario a volte imprimere una forte angolazione per ridurli (come
nella frattura di polso).
Ci si può avvalere dell’aiuto di dispositivi di trazione che consentono un’azione più progressiva e
prolungata. Ad esempio, l’impiego delle "dita giapponesi" consente di tirare sulle dita mentre un
peso è applicato sull’avambraccio al fine di ottenere la riduzione progressiva delle fratture delle due
ossa dell’avambraccio o dell’estremità inferiore del radio (ottenuta in genere in 10-20 min).

.
Riduzione manuale di una frattura molto scomposta Riduzione progressiva con trazione in AG

Dei controlli radiografici o radioscopici permettono di guidare le manovre complementari per


giungere ad una riduzione corretta. Il gesso è poi modellato nella posizione di riduzione.
Per l’arto inferiore, si può installare una trazione continua. Si impiega spesso un filo tran-osseo e
una staffa di trazione. Questo metodo, come abbiamo visto sopra, può essere utilizzato come
procedimento di riduzione e di attesa allorché vi siano ferite e un’osteosintesi sia prevista in un
secondo momento. Si può ugualmente adottare questo metodo di trazione continua come unico
trattamento fino al consolidamento e confezionare un gesso al termine di 6 settimane (esempio delle
fratture del femore molto comminute o delle fratture nei soggetti inoperabili a causa di altre lesioni
associate).
E’ inoltre la metodica di trattamento delle fratture del femore del bambino, per le quali si installa
una trazione adesiva orientata allo zenith per settimane, prima di confezionare un gesso.
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- Per la riduzione sotto anestesia, ci si può aiutare mediante dei dispositivi di trazione particolari:
telaio di Trillat per le fratture della gamba, che consente il controllo con radioscopia televisiva.

Telaio di trazione di Trillat e staffa calcaneare Riduzione verificata con radioscopia F e P

Confezionamento del gesso su jersey e cotone Sostituzione dopo 30-45gg con un gesso in flessione leggera

3 – Il contenimento con un apparecchio gessato

Le bende gessate sono attualmente sostituite sempre più spesso da bende in resina. Il gesso è
tuttavia più facile da modellare su di un arto e lo si può "lavorare" per qualche minuto prima che si
indurisca, al contrario della resina che polimerizza rapidamente. Il gesso ha l’inconveniente di
essere più pesante. I principi di realizzazione sono gli stessi e il monitoraggio di tutti gli apparecchi
di immobilizzazione obbedisce agli stessi principi.

A / Confezionamento di un gesso

Il confezionamento di un gesso richiede molta cura. I problemi sono differenti se si tratta di un


gesso applicato alla colonna o all’estremità di un arto, al polso ad esempio.
Alle difficoltà tecniche propriamente dette del confezionamento di un gesso se ne aggiungono di
supplementari se bisogna nel contempo assicurare la riduzione di una frattura e modellare un gesso.
Il gesso "prende" rapidamente ed è necessario essere veloci ed avere molto allenamento, in alcuni
casi, per arrivare a finire il gesso prima che sia troppo tardi per modellarlo, lavorarlo e lisciarlo.
Un gesso deve essere leggero, ben adattato, sempre ben imbottito e bisogna sempre fissurarlo con
una sega quando è circolare al fine di evitare la compressione nel caso di edema.
Deve immobilizzare le articolazioni al di sopra e al di sotto della frattura.

Il materiale

Si deve preparare tutto in anticipo per non essere presi alla sprovvista dall’indurimento. Le bende
gessate hanno misure differenti e devono essere scelte in funzione della grandezza dell’apparecchio
da fare. Non bisogna tirarle fuori troppo in anticipo dall’involucro di protezione.
Esistono molteplici categorie di bende gessate con tempi di presa differenti. Si ha interesse a
prenderne a presa più lenta se si prevede una preparazione più lunga, ad esempio per un
lombostat…
20

- Il jersey tubulare
Il jersey viene srotolato sull’arto. Dev’essere di misura adatta all’arto per evitare pieghe e rilievi che
potrebbero entrare in conflitto con la pelle. Si possono mettere due spessori di jersey, cosa che in
più faciliterà l’apertura al momento della rimozione dell’apparecchio. Per ingessare l’arto superiore
verranno tolti gli anelli.

- Il materiale di imbottitura
Varia a seconda delle abitudini di ognuno. Si deve evitare il cotone semplice perché è tende troppo
a bagnarsi. Alcuni impiegano il cotone cardato, ma non è facile da distribuire in modo omogeneo.
E’ più pratico utilizzare delle bende speciali in schiuma o in tessuto aerato, che si possono secondo
il bisogno impiegare per imbottire le zone da proteggere. Le placche di feltro sono utilizzate
soprattutto per imbottire i rilievi ossei nei gessi voluminosi (colonna o pelvi-dorso-podalico).

Regole generali per confezionare un gesso

1° - Si può confezionare una semplice valva gessata, realizzata con una placca composta di molti
strati di bende gessate. Il numero di spessori dipende dal volume del segmento da immobilizzare (da
6 per un polso a 12 per una gamba). La stecca viene poi tagliata secondo le dimensioni esatte
dell’arto e posizionata.
Il tempo di immersione della stecca varia a seconda delle marche (da 10 a 30 secondi) in acqua
tiepida a 25°. L’asciugatura viene effettuata mediante precauzioni volte a non eliminare troppo
gesso. La stecca viene tesa e in seguito applicata sull’arto ricoperto di jersey ed imbottito. Una
benda elastica, srotolata rapidamente sopra il gesso evitando ogni costrizione, consente di
mantenerlo per 2-3 minuti in presa ; in seguito la benda sarà sostituita da una benda asciutta. Questo
tipo di gesso può essere poi "circolarizzato" allorché il rischio di edema diminuisca. La
circolarizzazione è fatta semplicemente srotolando qualche giro di benda di gesso sulla parte
superiore.

Confezione di una valva gessata semplice con una stecca composta da diversi spessori. Prova di applicazione sull’arto
per regolare la misura. Posizionamento di un jersey+imbottitura con delle bende di cotone.

La stecca viene immersa, poi asciugata e applicata sul braccio e modellata con delle bende di garza.
Esempio di preparazione di una stecca per fabbricare una doccia per l’avambraccio o per la gamba.

2° - Si può confezionare anche un apparecchio gessato circolare con delle spirali rinforzate,
posizionando una stecca fatta con qualche strato, poi di nuovo delle spirali circolari. Questo
apparecchio è più resistente di una semplice stecca.
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Confezione di apparecchi gessati circolari ben imbottiti

Un gesso circolare a livello di un arto può essere preparato in 2 modi:

- Il primo metodo consiste nello srotolare le bende senza stringerle, lisciare bene per renderlo
omogeneo (e aumentarne la resistenza) e modellarlo con cura. Si attende che il gesso sia asciutto e
duro per fessurarlo con una sega elettrica. E’ necessario fare 2 linee a distanza di 5 mm e sollevare
il gesso compreso fra di esse. E’ il metodo classico. Si potranno allargare i margini
secondariamente, in caso di edema.
- Il secondo metodo consiste nell’arrotolare le bende stringendole forte sopra un’imbottitura spessa
e nel lisciarle bene e modellarle fino alla presa. Ma non bisogna attendere che sia tutto asciutto e
duro per fissurare il gesso: lo si fa invece col bisturi, al momento preciso in cui il gesso asssume la
consistenza di un cartone umido. Il bisturi taglia il gesso senza rischi per la pelle sottostante se la
guarnitura è abbondante. Si vedono allora i due margini del gesso allargarsi con la progressione del
bisturi e il gesso consolida senza provocare la compressione dell’arto. Inoltre il gesso è meglio
adattato alla forma dell’arto.

Gesso circolare aperto con la sega elettrica dopo consolidamento – Gesso circolare tagliato con un bisturi al momento
della presa. E’ necessario che lo spessore dell’imbottitura sia consistente per proteggere la pelle.

OGNI GESSO CIRCOLARE DEVE ESSERE FESSURATO


Al fine di evitare una compressione dovuta all’edema.
22
Un gesso circolare non ha bisogno di essere spesso (poiché la sua resistenza è grande, come quella
di ogni "struttura tubulare"), è dunque relativamente leggero, mentre una stecca comprendente fino
a 12 strati è più pesante.
Le estremità degli apparecchi gessati devono essere particolarmente curate. Il jersey viene rivoltato
sul gesso e uno o due giri di gesso ne ricoprono il risvolto. Il lisciaggio permetterà una rifinitura
accurata.
Non bisogna modificare la posizione dell’arto nel corso della presa del gesso poiché questo può
produrre dei rilievi e quindi delle possibili zone di compressione.
Una medicazione non deve essere abbandonata sotto un gesso senza un minimo di sorveglianza
decisa dal chirurgo. Una finestra sarà immediatamente realizzata o segnata a matita per essere fatta
qualche giorno più tardi, nel momento in cui si cambierà la medicazione.
Non si deve ostacolare l’indurimento del gesso nelle prime 24 ore: è necessario esporlo all’aria ed
anche asciugarlo con un essiccatore elettrico. Risulterà più leggero.

ATTENZIONE ! Ogni punto doloroso a livello di una estremità ossea può dare una piaga (tallone+
++ gomito++). Bisogna allora “finestrare” rapidamente il gesso ed evitare la piaga con delle frizioni
ripetute con alcool.

B / Sorveglianza di un gesso
Ogni gesso, soprattutto confezionato in urgenza, giustifica un controllo speciale.
Un gesso circolare è da controllarsi in modo particolare e dovrà essere sistematicamente fessurato e
divaricato da principio. Potrà essere allargato al bisogno se compaiono segni di compressione. Il
gesso viene aperto con una sega vibrante e allargato con delle pinze divarica-gesso di Henning.

Bisognerà sempre spiegare ai pazienti portatori di gesso quali sono i segni che rendono necessario
l’allargamento del gesso:
- Calore e formicolii legati ad una compressione dell’arto, ma anche raffreddamento se la
compressione è importante, con perdita della sensibilità.
- La cianosi e l’edema sono anch’essi segni di compressione.
- Bisogna spiegare ai pazienti che è indispensabile mantenere sollevato un arto ingessato, in
particolare la notte, per evitare l’edema.

Se l'allargamento del gesso non basta per alleviare molto rapidamente i sintomi di compressione,
bisogna rimuovere il gesso e farne un altro.
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Un ischemia prolungata di qualche ora può determinare delle lesioni irreversibili come la sindrome
di Volkmann, la paralisi dello sciatico popliteo esterno, gangrena, ecc...

E’ necessario conoscere la sindrome di Volkmann, che colpisce più frequentemente l’avambraccio


(a volte la gamba), con i suoi segnali di allarme e le sue
conseguenze.
Segnali di allarme:
. Mano cianotica con pizzicorìo (disestesie)
. Dolori all’avambraccio
. Scomparsa rapida dei movimenti della mano

Molto rapidamente si determina la retrazione ischemica


dei flessori con l’artiglio irriducibile della sindrome,
con flessione del polso, iperestensione delle metacarpo-
falangee e flessione delle falangi.
Deformazione conseguente alla Sindrome di Volkmann

Quando la deformazione è instaurata, si constata che se si flette il polso, le falangi distali si


estendono, e se si estende il polso, le falangi si flettono.
Si tratta di una sequela molto grave che non si dovrebbe più vedere, poiché può essere prevenuta.
Quando è presente, la deformità non può essere corretta se non con un intervento chirurgico molto
delicato che consiste in una liberazione completa dei muscoli flessori dell’avambraccio (Scaglietti).
Essa lascia pressoché sempre delle sequele importanti.

Infine, bisogna conoscere la gravità delle tromboflebiti al di sotto del gesso, visto che la loro
diagnosi è difficile. Esse possono verificarsi nonostante un trattamento anticoagulante preventivo
attuato sistematicamente nelle immobilizzazioni gessate dell’arto inferiore, soprattutto nei pazienti
che rimarranno allettati. Non si attua profilassi anticoagulante per un gesso dell’arto superiore. Per
prevenirle, si dovrà consigliare la mobilizzazione attiva delle estremità per tutta la durata
dell’ingessatura.
Si deve aprire il gesso per effettuare gli esami indispensabili che sono l’ecodoppler o la flebografia.

La rimozione di un gesso si esegue mediante due tagli di sega elettrica che consentono di separare il
gesso in 2 valve e di separarle con delle pinze speciali. Poi imbottitura e jersey vengono così
scoperti e li si può tagliare con delle forbici. Attenzione, i tratti di sega devono passare sulle zone
meglio ricoperte da muscoli poiché la sega vibrante può ledere la pelle nei punti in cui l’osso ne è
direttamente al di sotto. La sega vibrante può inoltre provocare un riscaldamento in grado di
scottare la pelle.

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I PRINCIPALI APPARECCHI GESSATI

Gesso toraco-brachiale.

Serve ad immobilizzare la spalla, il braccio e l’avambraccio e poggia sulle creste iliache.


Apparecchio difficile da confezionare con numerose zone da imbottire accuratamente (spine iliache,
clavicole, acromion, gomiti), il tutto proteggendo il cavo ascellare.
Bisogna rinforzare la giunzione fra la parte brachiale e la parte toracica con delle stecche gessate in
sovrannumero. La posizione del braccio in rapporto al torace è abitualmente:
- Abduzione 45°
- Antepulsione 30°
- Rotazione neutra
- Gomito flesso a 90°, polso in posizone di funzione

Il braccio può venire posizionato più o meno in abduzione e rotazione a seconda del tipo di lesione da trattare.

Il braccio può essere posizionato più o meno in abduzione a seconda del tipo di lesione da trattare.
Un’abduzione importante è a volte auspicabile in caso di trattamento delle fratture del trochite e
delle rotture della cuffia dei rotatori per evitare lo spostamento dovuto alla trazione dei muscoli.
L’abduzione è più discreta in caso di frattura-lussazione o in caso di frattura dell’omero.

Gesso brachio-antibrachiale

- Immobilizza il gomito, il polso, l’avambraccio


- Lascia libere le dita (si ferma alla piega palmare per
lasciare libere le metacarpo-falangee)
- A volte valva semplice, a volte gesso circolare
fessurato
- Il gesso non deve infastidire a livello del cavo ascellare
- Il polso è immobilizzato in posizione di funzione.

Il gesso "pendente"
Il gesso detto "pendente" è impiegato per le fratture dell’estremità superiore dell’omero e della
diafisi. Comprende l’avambraccio e il gomito, ma non risale necessariamente molto in alto. Non
include la zona di frattura, che non avrebbe senso immobilizzare. E’ con il suo peso che il "gesso
pendente" permette una riduzione e una stabilizzazione della frattura. E’ sospeso al collo atttraverso
un sistema semplice di cui la lunghezza deve essere ben regolata:
- se l’attacco è troppo corto: il gesso appoggia in avanti e inclina il focolaio di frattura,
- se l'attacco è troppo lungo si ha il fenomeno inverso.
L'effetto di trazione che si ricerca per la riduzione si ha quando il soggetto è in piedi, grazie al solo
peso del gesso.
Per proseguire questa azione durante la notte, si può installare sul piano del letto una trazione per
mezzo di un anello di gesso sotto il gomito, nel prolungamento dell’asse dell’omero, (il gomito
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poggia sul letto, la mano è allo zenith, stabilizzata da dei cuscini e una trazione leggera di 2 kg, o
meno, viene applicata con un sistema di pulegge all’estremità del letto).

Con il gesso pendente, è la regolazione della bretella l’elemento più importante

La notte, il braccio poggia sul letto in rotazione neutra e si può mantenere una trazione molto leggera

Gesso per l’avambraccio


- Immobilizza il polso e il carpo.
- La flessione delle metacarpo-falangee deve
essere

preservata cosiccome quella del gomito.

Doccia alla mano


- il suo compito è di immobilizzare il polso e le dita.
- Va dalla piega del gomito all’estremità delle dita e immobilizza in posizione di funzione:
- polso in estensione
- pollice scostato e in opposizione
- flessione delle metacarpo-falangee
- leggera flessione delle dita.
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Il gesso pelvi-podieno
Immobilizza il bacino e l’arto inferiore.
Necessita di un tavolo speciale con un appoggio sotto il sacro e il torace e di un dispositivo di
trazione sui piedi attraverso degli stivali di cuoio.
Imbottitura accurata delle creste iliache, delle ultime coste, dei trocanteri, del coccige e di tutte le
zone critiche dell’arto inferiore.
Bisogna prevedere delle stecche di rinforzo fra la pelvi e l’arto inferiore.
E’ necessario prestare particolare attenzione alle rifiniture a livello dell’epigastrio, dei genitali e del
coccige. Si possono immobilizzare i due arti inferiori o uno solo, ma è comunque importante
comprendere la radice della coscia controlaterale.

Le differenti forme di gesso pelvi-podieno: A: Un solo arto è unito alla pelvi. B: Il 2° arto è unito alla pelvi attraverso la
coscia. C: Pelvi-podieno corto o "mezzo bermuda gessato".

La valva cruro-podiena
Immobilizza il ginocchio e il piede.
Il ginocchio è in estensione o leggermente flesso, il piede ad angolo retto ( si può "circolarizzare").

La ginocchiera gessata o gesso cruro-gambale

Ha lo scopo di immobilizzare il ginocchio.


Deve salire fino alla piega inguinale e scendere al di sotto dei malleoli.
La regione malleolare sarà protetta in modo particolare con del feltro.
Sarà ben modellato sulla rotula (in particolare il cul di sacco
sottoquadricipitale) per evitare lo scivolamento del gesso verso la caviglia.
Eventualmente lo si può sospendere con un buco con un attacco sulla cintura.

Lo stivale podieno
Immobilizza la caviglia e il piede (ad angolo retto).
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Bisogna proteggere la tuberosità tibiale, il collo del perone, i malleoli, il tallone, i metatarsali.
Il tacco viene fissato con delle bende di gesso e applicato su qualche strato aggiunto sotto la pianta.
E’ necessario posizionarlo in avanti rispetto ai malleoli.

Il gesso di Sarmiento
La funzione del gesso di Sarmiento è di permettere un appoggio precoce nelle fratture di tibia.
Il gesso prende appoggio sotto la rotula e sulle tuberosità dei piatti tibiali modellandosi
particolarmente su questi rilievi, trasmettendo così l’appoggio direttamente al ginocchio, senza
sollecitare la tibia fratturata. Questo gesso da marcia migliorato consente un appoggio precoce per
certe fratture della gamba.
- Non comprimere la testa del perone. Il ginocchio deve poter flettersi a 90°.
- Modellare bene il gesso sulla rotula, sui condili femorali, sulla tuberosità tibiale.
- Si può anche articolare il gesso a livello della caviglia con una parte sul tallone o anche con la
calzatura.
.

Il dorso-lombostat gessato

Il più comune, in pratica, è quello raccomandato da BOEHLER per le fratture dei corpi vertebrali
lombari con scivolamento anteriore e muro posteriore intatto.
Questo gesso è fatto in posizione di iper-riduzione (in lordosi) ottenuta in posizione prona fra due
tavoli. Si riducono anche le frequenti fratture-spostamento anteriori dei corpi vertebrali.
Un jersey viene posizionato preliminarmente e l’imbottitura viene applicata con cura sulle creste
iliache e soprattutto su sterno, pube e regione lombare, che costituiscono le 3 zone di appoggio.
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Gesso fatto in posizione di lordosi, sia in posizione prona fra due tavoli, sia su di un telaio speciale

Il lombostat viene ben imbottito sulle zone d’appoggio e poi alleggerito e curvato in avanti

La minerva gessata

La maggior parte delle volte, si utilizzano delle minerve o dei collari cervicali fabbricati in materia
plastica e regolabili.
A volte, in caso di frattura grave del rachide cervicale, dopo trazione con una staffa o intervento, si
realizzano delle minerve gessate. La loro confezione è attuata molto delicatamente su dei pazienti
difficili da verticalizzare, spesso con l’ausilio di una trazione che si lascia nel corso della
preparazione e che viene applicata grazie a un sostegno murale.
- Servono dei buoni appoggi sulle creste iliache
- Le aperture anteriori possono essere larghe
- Il mento, l’occipite e la fronte devono essere particolarmente protette.

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TRATTAMENTO CHIRURGICO DELLE FRATTURE

PRINCIPI GENERALI DELLE OSTEOSINTESI

Il materiale deve essere "biocompatibile" ovvero non deve innescare reazioni tossiche o
infiammatorie. Il materiale deve essere al sicuro da ogni agente corrosivo.

Il materiale metallico deve essere senza difetti che possano essere all’origine di una rottura. Le
leghe impiegate devono essere assai resistenti anche se il loro volume è piccolo. La maggior parte
delle volte le leghe associano il cromo , il cobalto e il molibdeno. Si impiega molto anche l’acciaio
inox.

Le placche di osteosintesi sono fabbricate in ogni sorta di forma e taglia per essere adattate ad ogni
osso e ad ogni frattura.

I chiodi centro-midollari impiegati per le diafisi delle ossa lunghe sono ugualmente disponibili di
ogni lunghezza e di ogni calibro e il loro posizionamento è facilitato da un materiale
“ausiliario”specifico.

Le osteosintesi devono permette una ridotta immobilizzazione e una rieducazione precoce delle
articolazioni, al fine di ottenere una ripresa di marcia nei tempi migliori.

1° Generalità sulle viti e sulle placche di osteosintesi

Viteria classica in metallo Viti riassorbibili

Si utilizzano delle viti con filettature particolari che sono adattate alla struttura dell’osso corticale
(filettatura sottile) o dell’osso spongioso (filettatura larga). Sono posizionate dopo realizzazione di
un foro con trapano, poi la filettatura è realizzata nell’osso nell’ampiezza corrispondente al filetto
della vite.

Il contatto dei frammenti è assicurato da un impiego giudizioso delle viti e del loro orientamento in
rapporto alla linea di frattura.
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Per l’osteosintesi in osso spongioso, la totalità della filettatura della "vite per osso spongioso" si
trova nel frammento opposto alla testa della vite, determinando così al momento della chiusura un
effetto di richiamo con compressione dei frammenti.

Principi generali dell’osteosintesi estratti dal manuale de « l’AO »

Nel corso di una osteosintesi per una frattura complessa, i frammenti intermediari vengono fissati ai
frammenti principali con delle viti. La placca di osteosintesi serve quindi a stabilizzare il tutto, una
volta che si è ottenuta la riduzione. La compressione dei frammenti favorisce il consolidamento
osseo.

Si possono impiegare diversi sistemi per ottenere la compressione del focolaio di frattura:
A volte si utilizzano delle pinze o dei sistemi che permettono di ottenere un appoggio provvisorio
sull’osso al di fuori della placca e un secondo punto d’appoggio sulla placca. Poi si posizionano le
ultime viti.

Una pinza mantiene qui la riduzione durante l’avvitamento Compressione mediante pinza con appoggio sulla placca e
su una vite

A volte si impiegano delle placche dette auto-compressive. Esse presentano dei fori ovali che
consentono di posizionare la vite al di fuori del buco. L’avvitamento provocherà allora uno
scivolamento dell’osso verso il focolaio di frattura finché la testa della vite penetrerà nella placca.
Si può così eliminare tutto lo spazio fra i frammenti.

Placche auto compressive dell’AO

Le osteosintesi con placca avvitata sono utilizzate soprattutto per le fratture delle metafisi e delle
epifisi ; lo sono sempre di meno per le diafisi.

Le placche avvitate sono differenti per consentire tutte le combinazioni. Ecco qualche esempio con
una gamma di materiale molto diffuso nel mondo (il materiale svizzero "AO").
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Differenti tipi di osteosintesi con placca avvitata a livello tibiale distale.

Placche per le ossa piccole della mano e del polso Placche modellate per l’osteosintesi del cotile

Le placche avvitate modificano molto l’elasticità dell’osso. Esse


lavorano meglio in tensione più che in compressione (bisogna
quindi metterle dal lato esterno ad esempio a livello del femore).
Le placche non possono mantenere i frammenti in modo valido se
non per un tempo assai breve che è quello dello sviluppo del callo.
Se non interviene il consolidamento o se questo è ritardato, le
sollecitazioni assorbite dalla placca possono portare ad una rottura
di questa o delle viti.

Quando un callo è solido, è tuttavia necessario attendere molto


tempo prima di programmare l’ablazione del materiale (18 mesi
almeno). L'ablazione è indispensabile, soprattutto per delle ossa
portanti, al fine che l’osso possa ritrovare le proprie proprietà
meccaniche, in particolare la sua elasticità e la sua resistenza.

Le fratture recidivanti dopo ablazione del materiale sono


possibili allorché l’osso non abbia ancora ritrovato le sue
capacità meccaniche al momento dell’ablazione. Bisogna
prevedere un periodo con delle precauzioni, con la protezione di
un bastone per qualche settimana e la cessazione dell’attività
sportiva.
Frattura dopo ablazione di una placca
2° Generalità sui chiodi centro-midollari

I chiodi sono dei lunghi tubi metallici cavi, fatti per essere introdotti nel femore, nella tibia e
nell’omero.Offrono numerosi vantaggi, soprattutto per le fratture del terzo medio delle diafisi.
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Esempio di un chiodo per tibia. C’è un’angolazione speciale concepita per adattarsi alla forma del canale

Si può introdurre un chiodo nella cavità midollare senza aprire il focolaio di frattura e senza
devascolarizzarlo, semplicemente attraverso l’estremità dell’osso. La riduzione è ottenuta su tavolo
ortopedico per il femore e la tibia (tavolo munito di dispositivi per trazione longitudinale applicata
sui piedi o con delle staffe con fili trans-ossei) ed è controllata in scopia. Il canale midollare è
calibrato grazie ad alesatori di diametro crescente e il chiodo (di cui sono stati decisi il calibro e la
lunghezza) viene introdotto nella diafisi.

Riduzione su tavolo ortopedico, apertura del canale midollare al di sopra della tuberosità tibiale e introduzione del chiodo

Il chido stabilizza bene i movimenti e permette un appoggio rapido, anche prima che sia raggiunto il
consolidamento. I movimenti di rotazione sono a volte mal controllati, soprattutto nelle fratture
situate al di sotto o al di sopra del terzo medio. E’ in questi casi che si può "bloccare" il chiodo alle
sue estremità con delle viti trasversali che attraversano l’osso e il chiodo in fori speciali: si tratta
dell’inchiodamento bloccato (vedi fratture della tibia e del femore).

3° Fissatore esterno

Il fissatore esterno è il sistema ideale per stabilizzare i grandi traumi aperti degli arti.
Diverse spine metalliche vengono avvitate nell’osso attraverso la pelle, da una parte all’altra della
frattura, lontano dalle lesioni cutanee. Dei "giunti" solidarizzano le spine tra di loro e delle barre di
fissazione congiungono i giunti. Si possono eseguire dei montaggi di tutti i tipi e si può anche
realizzare una compressione a livello del focolaio di frattura. Le grosse lesioni delle parti molli
possono essere così curate senza compromettere la stabilità del focolaio. Delle numerose varietà di
fissatori esterni esistenti, uno dei più vecchi è il fissatore di HOFFMANN. Si può fare un
montaggio su un solo piano o impiegare due piani di fili a 45° o 90° (montaggio a V molto
resistente). Attualmente si usa spesso il fissatore Orthofix che presenta delle articolazioni che
consentono montaggi modificabili e, in casi particolari, il fissatore di ILIZAROV comprendente dei
fili crociati tesi su anelli fissati a delle stecche longitudinali.
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Fixateur d'HOFFMANN monoplan et montage en V. Fixateur de WAGNER. Fixateur d'ILIZAROV

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COMPLICANZE DELLE FRATTURE

Le si classifica in complicanze immediate, secondarie e tardive.

1/ LE COMPLICANZE IMMEDIATE

1° L'apertura cutanea
L’apertura determina una comunicazione fra il focolaio di frattura e l’esterno. Questa condizione
può comportare un’infezione, che è una complicanza grave. Il rischio è legato al grado di
contaminazione della ferita (ferita sporca di terra e di detriti differenti, ecc…) e al tempo trascorso
dopo l’incidente (l’inquinamento batterico diviene importante a partire dalla sesta ora). La pelle può
presentare delle lesioni di gravità variabile e la prognosi ne dipende per buona parte.
L’apertura cutanea è classificata in Francia in 3 tipi, secondo la classificazione di CAUCHOIX.
- Apertura cutanea di tipo I
Ferita semplice franca senza perdita di sostanza.
Il trattamento è semplice dopo disinfezione locale, si possono avvicinare i margini cutanei senza
tensione con delle suture e si ottiene una cicatrizzazione senza necrosi secondaria.
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- Apertura cutanea di tipo II


Ferita più larga. I bordi sono a volte contusi e devono essere incisi per permettere la sutura, ma la
chiusura è possibile (avvalendosi al bisogno di un’incisione di scarico posteriore). I rischi di necrosi
secondaria sono rilevanti.

- Apertura cutanea di tipo III


Larga perdita di sostanza cutanea che rende la chiusura cutanea primitiva impossibile.
E’ necessario coprire con un lembo o con trapianto muscolare e innesto cutaneo.
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Trattamento delle lesioni delle parti molli mediante cicatrizzazione guidata

- Principi del trattamento delle fratture in presenza di apertura cutanea


Il trattamento è urgente e poggia su 4 principi:
1/ Lotta contro l’infezione con antibiotici (Penicillina – Flagyl) e con profilassi anti-tetano.
2/ Pulizia chirurgica della ferita sotto anestesia (pelle e tessuti sottostanti – escissione di tutti i
tessuti contusi). Bisogna incidere i margini cutanei in modo economico, cosiccome il tessuto
adiposo sottocutaneo devitalizzato, e rimuovere i corpi estranei. Bisogna, se necessario, incidere le
aponevrosi e i muscoli contusi e lacerati. Si può arrivare ad ingrandire la ferita secondo l’asse
dell’arto per pulirla bene, per poter evacuare l’ematoma e rimuovere le schegge ossee non più
attaccate ai muscoli.
3/ Sutura cutanea: Non bisogna fare una sutura cutanea a meno che non sia realizzabile senza
tensione eccessiva. In caso contrario, la ferita deve essere messa a piatto, semplicemente ricoperta
con garza grassa e potrà essere oggetto di un intervento di chirurgia plastica in un secondo
momento. A volte si può chiudere a prezzo di un’incisione di scarico.
4/ Immobilizzazione della frattura.

- Indicazioni per le osteosintesi nelle fratture aperte


La scelta del metodo di trattamento dipende dal tipo di traumatismo e dal tipo di frattura:

- Se non c’è spostamento, è possibile il trattamento ortopedico. Ma un gesso rende difficile la


sorveglianza cutanea e bisognerà fare una finestra nel gesso, cosa che può compromettere la qualità
del contenimento e determinare uno spostamento secondario. Quando la pelle sarà cicatrizzata, si
potrà sempre tornare ad un trattamento con osteosintesi, se necessario. La trazione continua può
costituire un metodo di attesa.
- In caso di frattura per trauma indiretto con ferita da dentro a fuori con tessuto poco contuso (tipi 1
e 2), l’osteosintesi è possibile dopo lavaggio accurato. L’inchiodamento semplice o bloccato è la
procedura migliore, associato ad un’antibioticoterapia di copertura e ad un drenaggio.
- Se ci sono dei danni cutanei con perdita di sostanza e ferita sporca, dopo un trauma diretto,
un’osteosinesi interna è formalmente controindicata (rischio di infezione molto rilevante e il
materiale di osteosintesi rende difficile la cicatrizzazione in caso di infezione).
Bisogna optare per un trattamento ortopedico con trazione o una osteosintesi con fissatore esterno.
In caso di perdita di sostanza ossea, il fissatore esterno permette di mantenere la lunghezza dell’arto
in attesa di poter fare gli innesti ossei secondari.

2° Le lesioni dei muscoli

Le lesioni dei muscoli sono la maggior parte delle volte delle lesioni benigne. A volte si ha
l’interposizione di muscoli fra i frammenti ossei che possono ostacolare la riduzione e rendere
necessaria la sua esecuzione chirurgica. Eccezionalmente, si possono osservare degli schiacciamenti
muscolari che possono accompagnarsi a una sindrome da "Crush Injury", dominata
dall’insufficienza renale acuta con mioglobinuria.

3° Le lesioni vascolari e nervose: bisogna sempre pensarci e scoprirle immediatamente

Compressione dell’arteria omerale al gomito e al collo chirurgico dell’omero


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- Le lesioni vascolari: Può trattarsi di una lesione semplice per compressione (da parte di un
frammento osseo o di un ematoma). E’ urgente eliminare la compressione.
Può trattarsi di un’ischemia acuta con estremità fredde e abolizione del polso dovuta ad una lesione
più grave: sezione arteriosa o dissezione intimale, che deve essere rapidamente dimostrata da una
arteriografia, seguita da un’esplorazione per potervi porre rimedio d’urgenza.
- Le lesioni nervose possono anch’esse essere dovute ad un semplice fatto compressivo, che
determina una paralisi sensitiva e/o motrice senza interruzione delle fibre nervose (neuroaprassia).
Può trattarsi di una lesione delle fibre (neurotmesi), con una degenerazione distale che richiede
numerosi mesi per rigenerare dopo una riparazione chirurgica.

- Caso particolare di sindrome della loggia


E’ un’urgenza delle prime ore che seguono un trauma, con evoluzione rapida delle lesioni
ischemiche, nervose e muscolari. Aumento della pressione intra-tissutale in una loggia osteo-
membranosa (conflitto contenuto - contenente) a volte a livello dell’arto inferiore, dopo traumi della
gamba o del ginocchio, a volte a livello dell’arto superiore (vedi sindrome di Volkmann nelle
complicanze dei gessi).
I segni sono il dolore, un’iper e poi ipoestesia cutanea e la tensione dolorosa della loggia.
Trattamento di urgenza: aponevrotomia di scarico e mobilizzazione per prevenire le retrazioni.

4° Le complicazioni generali
Si tratta essenzialmente di sindrome da shock traumatico, che è frequente, soprattutto nei
politraumatizzati (cranio, torace, addome) e che necessita di cure di rianimazione.

2/ LE COMPLICANZE SECONDARIE

1° L'infezione
L'infezione precoce è la complicanza più temuta in ragione delle difficoltà del suo trattamento e
della ripercussione negativa che essa esercita in generale sul consolidamento della frattura.
L’infezione di una frattura non è possibile a meno che non vi sia una ferita dall’inizio o il
trattamento chirurgico abbia malauguratamente introdotto dei germi nel focolaio di frattura
(complicanza iatrogena). Una frattura chiusa non ha alcun motivo di
sovrainfettarsi.
- Il tetano è eccezionale grazie alla prevenzione sistematica (sieroterapia e
vaccinazione)
- La gangrena gassosa è una infezione temibile legata a dei germi anaerobi.
La diagnosi si fa clinicamente sulla comparsa di crepitazione alla pressione
delle parti molli e su dei segni generali di gravità estrema; può portare
all’amputazione dell’arto per evitarne l’estensione.
La radiografia può mostrare delle bolle gassose nelle parti molli.
- I germi classici sono responsabili delle infezioni secondarie abituali (gli
stafilococchi aurei in particolare).

Gangrena gassosa con bolle di gas sulla radiografia

L'infezione si manifesta localmente con dolore e un’infiammazione con rossore e calore. Una
fluttuazione compare rapidamente, in rapporto con una raccolta purulenta. E’ presente febbre e i
parametri biologici sono a favore dell’infezione (VES elevata, leucocitosi e aumento della PCR).
Trattamento: Bisogna evacuare la raccolta purulenta e pulire abbondantemente tutti i tessuti,
altrimenti l’evoluzione sarà verso l’osteite.

L'infezione cronica con la fistolizzazione spontanea e persistente è caratteristica dell’osteite. I


frammenti ossei colpiti da osteite si devitalizzano e non consolidano, dando una pseudoartrosi
infetta. L’evoluzione ulteriore porta alla necessità di escissione dei frammenti ossei devitalizzati e
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di innesto osseo per ottenere l consolidamento. L’evoluzione può essere estremamente lunga e in
seguito sono spesso necessari molti interventi (vedi le diapositive sulle infezioni ossee).
La pseudoartrosi infetta può persistere malgrado tutti i tentativi e l’amputazione dell’arto è a volte
indicata. Bisogna sottolineare la gravità potenziale di ogni infezione di una frattura e bisogna
insistere sulle precauzioni di asepsi che il chirurgo deve prendere allorché attui il trattamento
iniziale di una frattura e la cura con cui bisogna operare in urgenza, con pulizia di ogni ferita su di
una frattura.

2° La necrosi cutanea

Questa complicanza è talvolta temibile poiché può portare alla mancanza di copertura del focolaio
di frattura e all’infezione. La necrosi può prodursi in molteplici circostanze: o la pelle è contusa, o
c’è stata una ferita con uno scollamento e sono i bordi cutanei che necrotizzano. A volte è una
scheggia ossea che comprime la pelle, provocando secondariamente una necrosi che può avere delle
conseguenze gravi, soprattutto se si sviluppa sotto il gesso. Bisogna saper decidere di aprire il gesso
in caso di dubbio. Spesso è la presenza di un ematoma che distende la pelle a favorire una necrosi
(importanza del drenaggio nei casi operati).
Il trattamento consiste nell’escissione della zona di necrosi. A volte l’escissione cutanea rimarrà
superficiale e la cicatrizzazione avverrà spontaneamente. A volte, al contrario, bisognerà realizzare
degli interventi di chirurgia plastica per ricoprire l’osso. Attenzione all’evoluzione sotto il gesso!

Esempi di necrosi cutanea che ha portato all’esposizione dei frammenti ossei e ad una sovrainfezione

3° Le flebiti

Le trombosi venose profonde possono comparire ed evolvere al di sotto del gesso e la loro diagnosi
non è agevole, poiché l’esame clinico è impossibile (palpazione del polpaccio in particolare).
Possono comparire nonostante la prevenzione sistematica con il trattamento anticoagulante.
Bisogna talvolta prescrivere un eco-doppler o una flebografia (cosa che può richiedere la rimozione
del gesso). Oltre alla profilassi anticoagulante, la mobilizzazione precoce, il mettersi in piedi
rapidamente e le contrazioni muscolari attivano la circolazione di ritorno ed evitano la stasi venosa.

4° Gli spostamenti secondari sotto gesso

Gli spostamenti secondari devono essere individuati con delle radiografie sistematiche di controllo
nelle prime settimane. Sono sempre possibili, anche con degli apparecchi gessati ben realizzati.
Sono favoriti dalla risoluzione degli edemi e dai movimenti.
Si possono correggere degli spostamenti secondari con delle gipsotomie correttive. Si tratta di
tagliare parzialmente il gesso su 2/3 della circonferenza e di divaricarlo per correggere il difetto
assiale. Un piccolo cuneo di legno mantiene la correzione che viene accertata con una radiografia. Il
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gesso è poi "circolarizzato" con qualche giro di benda e la correzione controllata con altre
radiografie, ripetute ancora 8 giorni più tardi.
E’ indispensabile che l’imbottitura sotto il gesso sia spessa per realizzare questo genere di
gipsotomia senza danneggiare la pelle (rischio di compressione).
Si può attuare questo tipo di correzione fino alla 3a settimana.
In caso di spostamento secondario di una frattura, si può decidere di cambiare il metodo di
trattamento e praticare un’osteosintesi.

Esempio di gipsotomie per correggere uno spostamento in valgo della gamba

5° Disturbi trofici

L'algoneurodistrofia o sindrome di Sudeck-Leriche o osteoporosi algica post-traumatica è una


complicanza probabilmente legata a dei disturbi vasomotori in un terreno spesso particolare
(neurodistonico), favorita anche dal diabete o dall’etilismo. Questa affezione può essere successiva
a dei traumatismi minimi, a delle fratture, a delle distorsioni o a degli interventi. Ce ne si può
accorgere al momento dell’ablazione di un gesso o di una valva.
- La prima fase è caratterizzata da dolori, disturbi vasomotori e disturbi trofici. Sopraggiunge in
qualche settimana.
- I dolori sono diffusi, intensi, persistenti ma aggravati dai movimenti
- L'edema è diffuso
- Aspetto arrossato e violaceo della pelle con ipersudorazione
- Ipertermia locale ma assenza di febbre
- Rigidità articolare che si instaura rapidamente (mascherata quando c’è un gesso).

Ci sono delle forme particolari, come la "sindrome spalla mano" o delle forme che interessano tutto
l’arto superiore o inferiore (piede, ginocchio, anca).
La biologia è normale.
La radiografia mostra una demineralizzazione ossea con osteoporosi delle zone metafiso-epifisarie
(classica osteoporosi “punteggiata o maculata”). Le interlinee sono normali.
La remineralizzazione richiede molti mesi, talvolta più di un anno.
La scintigrafia ossea al tecnezio mostra un’ipercaptazione regionale intensa ai tempi angiografici
che compare fin dall’inizio della malattia (testimonia fedelmente l’evoluzione).
La RMN mostra anch’essa dei segni tipici e precoci (edema e stasi vascolare dell’osso midollare).

Il trattamento è difficile e lungo. Bisogna lenire il dolore (antidolorifici, FANS) per iniziare la
rieducazione. E’ indicato il riposo. Il trattamento fa capo alla calcitonina (per 6 settimane), associata
alla kinesiterapia da quando i dolori si attenuano.
La fase fredda si caratterizza per una regressione dei dolori e degli edemi mentre i disordini trofici
si accentuano (modificazione dei tegumenti, atrofia del tessuto sottocutaneo, caduta dei polsi). Si
osservano spesso delle sequele legate a delle retrazioni capsulari e un irrigidimento (artiglio
neurotrofico, rigidità delle dita e del polso in flessione).
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Esempi di algodistrofia con la caratteristica osteoporosi localizzata o diffusa

6° L'embolia grassosa

Si pensa generalmente che questa complicanza sia dovuta a delle particelle di grasso che migrano
nella circolazione a partire dal focolaio di frattura e che danno soprattutto delle manifestazioni
polmonari e neurologiche. La si vede più frequentemente dopo le fratture del femore e del bacino.
La mancata immobilizzazione del focolaio di frattura potrebbe favorire questa complicanza che
sopraggiunge, generalmente, qualche giorno dopo il trauma (da 12 a 72 ore), in feriti in attesa di
operazione. Talvolta si ha poco dopo l’osteosintesi. Di certe embolie grassose sarebbe responsabile
l’inchiodamento centro-midollare.
- Il quadro è quello di uno scompenso respiratorio acuto. Compare la febbre, delle petecchie sulla
pelle (e sulle congiuntive + lesioni tipiche al fundus oculi), si instaura uno stato confusionale e si
può avere un’insufficienza renale acuta. La biologia mostra un’anemia e un’iper leucocitosi, una
trombocitopenia, dei disturbi del metabolismo proteico e lipidico.
- Le radiografie polmonari mostrano delle immagini di embolia polmonare nei due campi
(immagine a “tempesta di neve”). Si tratta di una complicanza grave che impone un trattamento nel
reparto di rianimazione. Si giunge talvolta ad operare in urgenza, in seguito all’embolia e
nonostante gli importanti rischi di complicanze, con lo scopo di stabilizzare la/le fratture ed evitare
così una nuova immissione in circolo di emboli.

Petecchie caratteristiche dell’embolia grassosa


40
COMPLICANZE TARDIVE DELLE FRATTURE

1- Ritardo di consolidamento

Il consolidamento tarda ad avvenire in rapporto ai tempi classici. Le radiografie successive non


mostrano dei progressi nello sviluppo del callo. Il focolaio di frattura conserva una mobilità
dolorosa, un edema e del calore locale.
Bisogna saper attendere ancora prima di proporre un innesto, poiché il consolidamento è possibile,
ma è a volte difficile prolungare l’immobilizzazione per la ripercussione sociale che questa ha sul
paziente. La diagnosi fra ritardo di consolidamento (consolidamento ancora possibile) e
pseudoartrosi (il consolidamento spontaneo non è più possibile) è a questo stadio difficile.

2 – Pseudoartrosi

Si tratta dell’assenza di consolidamento ben dopo i termini abituali, con il riscontro di un aspetto
radiologico particolare che porta a pensare che la situazione è irreversibile e che il consolidamento
sarà impossibile nonostante il prosieguo dell’immobilizzazione.
Ci sono due tipi principali di pseudoartrosi, le ipertrofiche e le atrofiche.

Le pseudoartrosi ipertrofiche

Sono molto rare nelle fratture chiuse trattate ortopedicamente.


Si verificano soprattutto dopo delle fratture aperte o delle fratture osteosintetizzate direttamente. Le
estremità ossee sono sclerotiche e condensate sulle radiografie e sono allargate come delle zampe di
elefante. E’ per questo che frequentemente le pseudoartrosi ipertrofiche sono dette "pseudoartrosi a
zampa d’elefante".

Pseudoartrosi ipertrofica a zampa d’elefante della tibia Pseudoartrosi del perone con tibia solida

La linea di pseudoartrosi è evidente, è riempita da tessuto fibroso e cartilagineo. I frammenti non


arrivano a congiungersi e lo spazio non si riempie di osso, mentre c’è invece un’intensa attività
osteogenica lateralmente e nella cavità midollare.
Il canale midollare si riempie e si ottura completamente. C’è pure un corretto apporto vascolare
come testimonia la condensazione ossea.
Il focolaio di pseudoartrosi è mobile. I movimenti possono essere messi in evidenza mediante
radiografie dinamiche, se non sono obiettivabili al semplice esame clinico. Ci sono delle
pseudoartrosi serrate senza mobilità netta all’esaminazione, ma si scoprono sempre dei segni di
mobilità nel corso dell’intervento chirurgico quando la pseudoartrosi è esposta.
41
Le pseudoartrosi atrofiche

In questi casi più rari non c’è alcuna traccia di attività cellulare a livello delle estremità ossee.
Queste sono esili, arrotondate e osteoporotiche. Si vede questo tipo di pseudoartrosi fra le
pseudoartrosi congenite, soprattutto visibili a livello della gamba.
Si vedono anche delle pseudoartrosi atrofiche come risultato di fallimenti ripetuti nel trattamento di
certe fratture diafisarie: pseudoartrosi atrofiche infettate. I frammenti sono devitalizzati e atonici.

2 casi di pseudoartrosi atrofiche della gamba dopo placche Pseudoartrosi congenita della gamba

Il trattamento delle pseudoartrosi

A - Pseudoartrosi ipertrofiche
- Un’osteosintesi stabile
Un chiodo centro-midollare può permettere ad una pseudoartrosi ipertrofica diafisaria di
consolidare, per trasformazione del tessuto cartilagineo e fibroso in tessuto osseo (anche senza
intervenire direttamente sul focolaio di pseudoartrosi). Si pratica un foro nel canale midollare per
attraversare la zona di pseudoartrosi, seguito da un alesaggio per ottenere il calibro sufficiente e si
introduce il chiodo. Il consolidamento è stimolato dalla stabilità apportata dal chiodo, dalla ripresa
della marcia con messa in contatto dei frammenti e per effetto dell’alesaggio al quale si attribuisce
l’azione di spingere dei piccoli frammenti ossei nella zona di pseudoartrosi.
Nel caso di una pseudoartrosi metafisaria, un’osteosintesi con placca porta alla stabilità. Si elimina
la pseudoartrosi asportando il tessuto fibroso e lo si sostituisce con un innesto osseo proveniente
dalla cresta iliaca.

Pseudoartrosi metafisaria distale della tibia guarita con un innesto e una placca

- Il trattamento delle pseudoartrosi attraverso la "decorticazione osteo-muscolare" di JUDET


42

Il principio della "decorticazione" consiste nello staccare dall’osso dei trucioli di corticale
impiegando uno scalpello e nel posizionarli aderenti al periostio e nel contempo ai muscoli che vi si
inseriscono e lo vascolarizzano. I trucioli hanno uno spessore che va da 1 mm a 1,5 mm. Vengono
asportati su un tratto di molti centimetri, da una parte e dall’altra della pseudoartrosi e tutto attorno
all’osso. Si crea così tutto attorno alla zona un manicotto di piccoli frammenti che avranno la
funzione di innesti osteo-periostei peduncolati in buono stato vitale. L’ematoma che si viene a
formare fra i frammenti e l’osso ha un ruolo importante per la costituzione del callo, come lo ha
nelle fratture recenti. La maggior parte delle volte si associa un’osteosintesi (chiodo o placca). Il
manicotto di frammenti periferici si ispessirà rapidamente in 2 mesi e diverrà un blocco unico. Il
consolidamento comincerà sempre alla periferia dell’osso e più tardivamente coinvolgerà il focolaio
di pseudoartrosi.

La decorticazione di Judet con i multipli piccoli frammenti ossei peduncolati, punto di partenza di un grosso callo
,
La decorticazione dà degli eccellenti risultati nelle pseudoartrosi non infettate e ad essa possono
essere aggiunti in certi casi degli innesti supplementari (soprattutto quando c’è una perdita di
sostanza ossea).
La decorticazione dà buoni risultati anche nelle pseudoartrosi infettate poiché i frammenti
peduncolati conservano la loro vitalità, anche in un terreno infettato. La procedura di osteosintesi
sarà il fissatore esterno.
La decorticazione osteo-muscolare di JUDET è un metodica molto preziosa che dà buoni risultati
nelle pseudoartrosi con o senza perdita di sostanza.

- La stimolazione elettromagnetica

L'osso produce dei potenziali elettrici di breve durata proporzionali alle sollecitazioni a cui è
sottoposto. Le zone in compressione sono elettricamente negative e quelle in tensione sono positive.
L’osteogenesi aumenta localmente sotto la stimolazione elettrica di una corrente continua
somministrata mediante un catodo impiantato (Brighton). L'osteogenesi viene stimolata anche da un
campo elettromagnetico pulsato applicato senza contatto all’esterno del focolaio di frattura o di
pseudoartrosi (Bassett). I lavori sperimentali e clinici provano in gran numero l’efficacia di questa
stimolazione dell’osteogenesi riparatrice. I risultati clinici rimangono molto difficili da valutare
poiché non è possibile avere delle serie comparative. E’ peraltro molto difficile apportare al giorno
d’oggi delle risposte precise a tutte le incertezze del meccanismo di stimolazione.
L’impiego di questi metodi in pratica deve essere riservato ai casi in cui i metodi tradizionali di
decorticazione e di innesto hanno fallito a più riprese. Prima di essere applicate nella pratica
comune, tali metodi dovranno dimostrare la loro efficacia. (Bisogna infatti avere la prova che non vi
siano conseguenze nefaste tardive dopo questa stimolazione).

B - Pseudoartrosi atrofiche:
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Il trattamento delle pseudoartrosi atrofiche associa:
- una osteosintesi rigida, se possibile con inchiodamento centro-midollare, l’ablazione del tessuto
fibroso, la decorticazione delle estremità ossee, un innesto osseo (sostituito al tessuto fibroso e fra i
frammenti). Le pseudoartrosi congenite sono oggetto di un trattamento più importante, come
l’innesto del perone controlaterale con i suoi vasi, che vengono anastomizzati ai vasi riceventi.

SEQUELE DELLE FRATTURE

I calli viziosi

Si dice che si è ottenuta un consolidamento vizioso quando si è realizzato con uno degli spostamenti
iniziali elementari (angolazione, spostamento laterale, accavallamento e traslazione) o più
spostamenti combinati.

Un’angolazione persistente a livello dell’arto inferiore può determinare gravi conseguenze. Per
esempio, solo qualche grado di varo o di valgo a livello del femore o della tibia sono sufficienti per
provocare nell’arco di qualche anno un’artrosi dolorosa del ginocchio, dell’anca o della caviglia.

Callo vizioso in varo del quarto distale della gamba Valgo e traslazione del terzo distale della gamba Varo del ginocchio per callo
vizioso

I calli viziosi sono meno problematici a livello del braccio, poiché l’arto superiore è sospeso, ma
possono esserlo particolarmente a livello delle due ossa dell’avambraccio dove determinano dei
difetti nella pronosupinazione, cosiccome a livello delle falangi dove vanno ad ostacolare i
movimenti fini della mano. In particolare i difetti di rotazione sono molto fastidiosi, sul piano
funzionale, a livello dell’arto superiore.

Le fratture articolari non tollerano alcun difetto di riduzione, poiché le alterazioni delle superfici
cartilaginee hanno sempre ripercussioni sul funzionamento articolare.
Allorché dei frammenti rivestiti di cartilagine articolare si siano consolidati con una differenza di
altezza rispetto al resto dell’articolazione, la forma dell’interlinea articolare viene modificata.
Questi difetti provocano delle limitazioni nell’ampiezza dei movimenti che sono legate a dei
blocchi o a delle incongruenze della superficie. Tali alterazioni dei movimenti sono accompagnate
da dolore e l’artrosi si sviluppa con un’usura cartilaginea e alla radiografia una diminuzione dello
spessore della stessa. A livello delle articolazioni portanti (anche, ginocchio, caviglie), questi difetti
causano delle deviazioni angolari che non possono che aggravarsi rapidamente con l’usura delle
superfici.

Gli interventi di correzione (osteotomie) non possono che essere palliative migliorando la
distribuzione dei carichi e ritardando la comparsa dell’artrosi.
44

Esempio di frattura unicondiloidea interna consolidata in


posizione viziosa e determinante un deterioramento "a
specchio" della superficie tibiale corrispondente.
Un’osteotomia correttrice palliativa non potrà dare un buon
risultato se le superfici cartilaginee sono molto deteriorate ma
consentirà di differire di molti anni le operazioni di protesi
articolari interne.

Esempio di consolidamento vizioso di una frattura con


schiacciamento del piatto tibiale interno con alterazione
irreparabile della superficie articolare che conserverà una
deformazione a cupola e causerà una deformazione in varo:
osteotomia palliativa con innalzamento del piatto tibiale
interno mediante un innesto, in grado di correggere il
ginocchio varo e di diminuire le sollecitazioni interne.

Esempio di frattura unicondiloidea del femore consolidata con


una risalita del condilo interno e una deformazione in varo del
ginocchio. La correzione, con osteotomia ed osteosintesi in
posizione corretta, ristabilisce un buon equilibrio delle
pressioni fra i condili e i piatti tibiali. Essa rende possibile una
flessione normale. Le superfici cartilaginee sono relativamente
conservate.

I calli viziosi a livello delle metafisi determinano delle deviazioni che si ripercuotono sulle pressioni
articolari causando l’artrosi, anche se le superfici cartilaginee non sono interessate dalla frattura. A
livello del ginocchio, per esempio, bisogna correggere tali difetti, soprattutto le deviazioni in varo
che determinano rapidamente delle gonartrosi femoro-tibiali interne.

I calli viziosi diafisari sono all’origine delle stesse evoluzioni artrosiche date dai calli viziosi
metafisari. Possono essere corretti da delle osteotomie nel callo osseo (fissate con chiodi centro-
midollari o con placche).

Esempio di correzione di un doppio callo vizioso con angoloazione e accavallamento a livello della diafisi femorale e
rotazione del terzo inferiore. Osteotomia a due livelli e osteosintesi realizzata con un chiodo centro-midollare bloccato.
45
Irrigidimenti articolari

Fanno seguito a immobilizzazioni troppo prolungate, o a fratture articolari, o a complicanze come la


algoneurodistrofia.
La rieducazione ha come scopo fondamentale di prevenirli e di guarirli.
Le aderenze intra-articolari possono svilupparsi in seguito ad un emartro conseguente ad una
frattura articolare. In certi casi, dei frammenti ossei possono agire da blocco e limitare l’ampiezza
dei movimenti. L’artrosi post-traumatica è una causa di irrigidimento. Le aderenze muscolari
possono limitare i movimenti. Per esempio, l’aderenza del quadricipite su di un callo diafisario del
femore può limitare la flessione del ginocchio.

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46

LE FRATTURE DEL BAMBINO

Le fratture sono molto frequenti nel bambino, soprattutto nel gioco e nello sport. I traumi
colpiscono una struttura in crescita in cui le conseguenze possono essere gravi, in particolare se
sono interessate le cartilagini di coniugazione. Queste sono situate alle estremità delle ossa lunghe
fra la diafisi e l’epifisi (metafisi). E’ a questo livello che si ha la crescita in lunghezza delle ossa. Il
nucleo epifisario è cartilagineo e si ossifica a poco a poco per finire col saldarsi alla maturità ossea.
(Fra 14 e 15 anni per le ragazze e fra 16 e 17 anni per i ragazzi).

I distacchi epifisari si verificano a livello della cartilagine di accrescimento, fra la matrice cartilaginea e la metafisi.
Questa zona è ben visibile su questa sezione frontale di femore di neonato.

Rappresentazione schematica della vascolarizzazione


epifisaria e metafisaria del bambino.

1. Epifisaria centrale
2. Epifiso-metafisaria interna
3. Epifiso metafisaria esterna
4. Centro-midollare
5. Anastomosi epifiso-periostee
6. Arterie metafisarie laterali
7. Ghiera pericondrale
8. Colonne di crescita
9. Nucleo epifisario
10. Cartilagine ialina.

Le fratture del bambino possono talvolta essere del tutto somiglianti a quelle dell’adulto (es: fratture
trasversali del femore, dell'omero o fratture del collo). Il loro trattamento è più spesso ortopedico,
ma a volte chirurgico, impiegando come vedremo nei prossimi capitoli dei fili, degli inchiodamenti
elastici che preservano le zone di crescita, ma raramente delle placche avvitate).
I tempi di consolidamento sono di molto inferiori a quelli dell’adulto. Non si ha quasi mai
pseudoartrosi. Il rimodellamento osseo permette spesso la correzione di alcune deformazioni
angolari (prima dell’8° mese).

Ma le fratture del bambino sono spesso incomplete:


- o fratture a "pane di burro" con compressione dei frammenti l’uno nell’altro.
- o fratture a "legno verde" che sono più frequenti e danno dei problemi di riduzione

Le fratture-distacco epifisario rappresentano infine un’entità particolare del bambino.

LE FRATTURE A LEGNO VERDE


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Sono fratture tipiche del bambino. Si ha una frattura della corticale opposta alla sede del trauma. Il
periostio si strappa. Si ha un divaricamento del focolaio di frattura con, come cerniera, l’altra
corticale che è interrotta in modo incompleto (come un ramo di legno verde). Il periostio resta
intatto dal lato del trauma, nella concavità della deformazione.
L’angolazione è talvolta molto marcata ma il focolaio rimane lo stesso stabile. Si vedono dei
bambini con un avambraccio rotto e molto angolato che non hanno bisogno di sorreggerlo con
l’altra mano, al contrario di quello che succede nell’adulto in cui l’avambraccio fratturato è
ciondolante, doloroso e obbligatoriamente sostenuto dalla mano controlaterale.
La riduzione dell’angolazione delle fratture a legno verde è particolare:
Bisogna imprimere un movimento inverso a quello che ha provocato il trauma e si ottiene la
correzione poggiando sul periostio rimasto intatto nella concavità dell’angolazione.
Persiste poi spesso una piccola angolazione ed è necessario superare la linea retta per ottenere un
buon allineamento.
Si fa così quella che si chiama una "ipercorrezione", ma in questo modo si rischia di spingersi
troppo in là, rompendo la corticale ed il periostio responsabili della stabilità, che viene allora persa.
L’ immobilizzazione gessata deve essere controllata in modo particolare per evitare gli spostamenti.

Fratture a legno verde: angolazione tipica Buona riduzione e consolidamento Insufficiente riduz.: callo vizioso

LE FRATTURE-DISTACCO EPIFISARIO: GENERALITÀ’

Le fratture-distacco epifisario sono frequenti nel bambino da 10 a 15 anni (20% dei traumatismi).
Le differenti forme di distacco epifisario saranno viste nei rispettivi capitoli (ginocchio, caviglia,
anca, spalla, polso).
Le cartilagini di coniugazione sono molto fragili e sono spesso la sede di distacchi puri o di fratture-
distacco epifisari che sono classificati da SALTER e HARRIS.
La gravità risiede nelle ripercussioni più o meno importanti sulla crescita. La cartilagine di
coniugazione è una zona molto vascolarizzata sede di un’attività cellulare intensa con
moltiplicazione e trasformazione delle cellule cartilaginee in cellule ossee. Più la lesione traumatica
si avvicina all’epifisi e più sarà pericolosa per la crescita.

Classificazione di SALTER et HARRIS


Essa comprende 5 tipi di fratture-distacchi, qui raffigurati a livello di un’epifisi femorale inferiore

Tipo 1 Tipo 2 Tipo 3 Tipo 4 Tipo 5


Tipo 1 di SALTER e HARRIS
E’ un distacco epifisario puro, senza frattura.
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La totalità della cartilagine di coniugazione è interessata dal trauma.
Lo spostamento è di ampiezza molto variabile.
Quando c’è un grosso spostamento, il periostio del lato aperto è rotto, o a livello delle cartilagini, o
molto più in alto, e rischia di frapporsi al momento della riduzione.

Distacchi epifisari puri di tipo 1 del ginocchio e della spalla . I fili sono obbligatoriamente transfissi.

Ogni imperfezione radiologica di riduzione deve far sospettare questa interposizione e deve portare
ad eseguire una riduzione chirurgica.
Distacco del periostio = interposizione possibile nella riduzione. Una interposizione persistente
rischia di determinare un’epifisiodesi per maturazione ossea precoce (per mancanza di stimolazione
della cartilagine di coniugazione e formazione di una barriera alla rivascolarizzazione).
Bisogna dunque esigere una riduzione perfetta, immobilizzare con un gesso e controllare l’assenza
di spostamenti secondari.
Più raramente, può essere indicato stabilizzare la riduzione con dei fili. Questi devono
necessariamente attraversare la cartilagine di accrescimento. I fili devono essere poco
traumatizzanti per evitare di provocare un’epifisiodesi. Saranno rimossi dopo 6 settimane. Tutte le
manovre di riduzione, ortopedica o chirurgica, devono essere atraumatiche per non aggiungere
lesioni vascolari alle lesioni legate al trauma stesso.

Tipo 2 di SALTER e HARRIS

Il distacco si accompagna alla frattura di un piccolo margine del lato metafisario.


Si può avere anche in questo caso un’interposizione di periostio come nello stadio 1.
Il piccolo margine osseo metafisario può essere privo di periostio e per questo devascolarizzato e
può evolvere verso una necrosi e una epifisiodesi di fronte al frammento osseo.
L’ingessatura è il trattamento scelto più frequentemente.
La fissazione con fili o viti (ginocchio, caviglia) è indicata se il frammento è abbastanza grosso.

Lesioni di tipo 2 su una falange e su una caviglia con interposizione di un lembo di periostio.
49

Lesione di tipo 2 fissata con una sola vite a livello del ginocchio e un filo a livello del 1° metacarpale

.
Quando possibile, senza rischiare di ledere la cartilagine di accrescimento, è preferibile mettere 2 viti

Tipo 3 di SALTER e HARRIS

Il distacco è parziale e si ferma a livello di una frattura verticale che separa un piccolo frammento
dell’epifisi.
E’ d’obbligo una riduzione perfetta, più spesso per via chirurgica, poiché è importante avere non
solo una cartilagine di coniugazione ben ridotta, ma anche che la cartilagine articolare sia
ricostituita integralmente, al fine di evitare un risentimento sulla funzione articolare. Di solito si
fissa il frammento con delle viti o dei fili.

Fratture-distacco del malleolo interno di tipo 3

Osteosintesi con una vite da spongiosa trasversale di due fratture di tipo 3 del ginocchio e della caviglia
50
Tipo 4 di SALTER e HARRIS

Si tratta di una frattura che attraversa la cartilagine di coniugazione senza distaccarla.


La riduzione deve essere perfetta e il rischio di epifisiodesi è nonostante tutto importante. Si osserva
spesso lo sviluppo di epifisiodesi "a stella" che deformano l’articolazione.
La fissazione si attua con fili a livello delle piccole articolazioni e con viti a livello del ginocchio.

Salter 4 a livello del malleolo interno che può essere fissato con 2 fili o con 2 viti

Caso particolare di frattura del tubercolo di Tillaux Frattura dei malleoli corrispondenti ai tipi 1 e 4 di Salter

Tipo 5 di SALTER e HARRIS

Sono lesioni determinate per compressione verticale.


Le epifisiodesi sono frequenti dopo questi traumi. Molto spesso la diagnosi non viene fatta e si parla
di banale distorsione.
Il trattamento consiste in una immobilizzazione semplice, ma essa non consente di evitare
completamente il rischio di epifisiodesi, che è molto alto. Tutti i tipi di epifisiodesi, parziali o totali,
sono in questo caso possibili.
Possono essere paragonati al tipo 5 i traumi diretti delle apofisi fertili (tuberosità tibiale anteriore,
gran trocantere) per contusione, urto o caduta, che determinano degli arresti nello sviluppo.

Un trauma in compressione può causare un’epifisiodesi completa o parziale

Il trattamento di tutti questi distacchi deve comportare una RIDUZIONE il più perfetta possibile,
ortopedica o chirurgica, con un MONITORAGGIO regolare (radiologico e clinico) per scongiurare
il verificarsi di epifisiodesi.

LE EPIFISIODESI POST-TRAUMATICHE
51

Le epifisiodesi si possono avere con tutti i tipi di lesione della cartilagine di coniugazione, ma è il
tipo 5 il più pericoloso, seguito dai tipi 3 e 4.
La crescita può essere arrestata totalmente o solo in parte.

- Epifisiodesi completa
Un’epifisiodesi completa determinerà un’asimmetria nella lunghezza degli arti per arresto della
crescita. L’entità di questa dipende dall’età del soggetto al momento del trauma. Più presto
sopraggiungerà il trauma, più la crescita sarà perturbata per un periodo più lungo. La gravità della
disuguaglianza dipende anche dalla localizzazione anatomica. Le cartilagini fertili sono situate
vicino al ginocchio (che è dunque l’articolazione più sensibile) e lontano dal gomito.

Potenziale di crescita di ogni metafisi


- Epifisiodesi parziali
Esse determinano delle deviazioni angolari bloccando una parte della placca di coniugazione mentre
la parte opposta prosegue la sua crescita. Si può osservare il progressivo costituirsi di deformazioni
differenti in funzione della localizzazione della zona di epifisiodesi.
Le conseguenze sul piano estetico sono talvolta rilevanti.
Le conseguenze sul piano statico e funzionale sono considerevoli e giustificano interventi chirurgici
correttivi.

Epifisiodesi della tuberosità tibiale che comporta un recurvatum e dietro la zona fertile del femore un flexum
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Epifisiodesi del femore determinante un valgo o un varo Epifisiodesi centrale determinante un arresto

I tentativi di "disepifisiodesi"

Le "disepifisiodesi" sono dei tentativi che consistono nel resecare la zona di epifisiodesi, ovvero il
ponte osseo che esiste fra epifisi e metafisi e che impedisce alla cartilagine di coniugazione
rimanente di proliferare normalmente. Dopo il reperimento e la resezione di questa zona, la si
sostituisce con del tessuto artificiale (materiale plastico molle, cemento acrilico, ecc..) con lo scopo
di impedire all’osso di svilupparsi nuovamente e di ricostituire il ponte. La crescita può allora
proseguire a livello della cartilagine sana che trascina con sè l’insieme.
Si è potuto assistere a risultati spettacolari, anche se questo metodo non sempre permette di evitare
il ricorso ad osteotomie correttive, o ad operazioni di allungamento degli arti rimasti troppo corti.

Ponte di epifisiodesi ben visibile in RMN Tentativo di disepifisiodesi con stabilizzazione del varo

Disepifisiodesi con correzione progressiva della deformazione

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TRATTAMENTO DEI CALLI VIZIOSI

Le correzioni angolari con osteotomia


Nel bambino e nel giovane si prendono precauzioni particolari.
Le osteotomie correttrici sono indicate nei casi di deviazione angolare molto importante.
Danno risultati temporanei se la crescita non è terminata, poiché la parte ancora sana della
cartilagine di coniugazione conserva il suo potenziale di crescita e la deformazione ricompare. In
certi casi, se possibile, si preferisce aspettare la fine della crescita per fare un’osteotomia correttiva.
A volte la deformazione e il danno funzionale sono tali da non lasciar spazio all’attesa e da
richiedere la realizzazione dell’osteotomia, anche in un bambino. Si dovranno allora ripetere le
osteotomie molte volte fino alla stabilizzazione che non avverrà se non a fine crescita.
La tecnica dipenderà dall’entità della deformazione e dall’età e mirerà sempre a non intaccare il
potenziale di crescita rimanente, intervenendo a distanza dalle zone fertili.
Il ginocchio è l’articolazione portante più minacciata dalle sequele dei traumi delle cartilagini di
crescita e le epifisiodesi rivestono qui un carattere funzionale particolare.

Esempio di un ginocchio varo provocato da un’epifisiodesi


femorale interna, corretta con osteotomia curva.

Altro esempio tipico e frequente è un ginocchio recurvatum provocato da un’epifisiodesi anteriore


della cartilagine di coniugazione dell’estremità superiore della tibia (determinata da un distacco
epifisario o più spesso da una contusione diretta della parte anteriore della cartilagine di
accrescimento, responsabile dello sviluppo della regione della tuberosità tibiale anteriore). La
correzione è realizzata in questo caso con una semplice osteotomia di rialzo anteriore mediante
innesto. La tuberosità tibiale è rifissata sopra questo all’altezza corretta.

Epifisiodesi determinante un’inversione dell’inclinazione della tibia Radiografia di controllo in corso di rialzo
mediante innesto

La correzione delle asimmetrie post-frattura degli arti

- Gli arti corti

Le epifisiodesi provocano a livello degli arti inferiori del bambino delle turbe statiche che è
necessario compensare con dei rialzi (nelle o sotto le scarpe dell’arto interessato) o mediante
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interventi di equiparazione. L’equilibrio del bacino e del rachide hanno questo prezzo. I calli viziosi
in fratture diafisarie con accavallamento danno raramente degli accorciamenti puri e generalmente
associano deformazioni complesse con angolazione e rotazione. Le osteotomie correttrici sono
dunque spesso impegnative sotto più punti di vista.

- Gli arti lunghi

Nel bambino è possibile una stimolazione della crescita in lunghezza in seguito ad una frattura.
Prendiamo ad esempio le fratture della diafisi del femore. Quando si eseguono delle riduzioni
perfette si riscontrano a fine crescita degli allungamenti notevoli di più centimetri. E’ il motivo per
cui non si cerca di ottenere una riduzione completa dei monconi sovrapposti nelle fratture del
femore nel bambino, quando le si tratti con trazione adesiva allo zenith. Tali fratture possono
consolidare con un accorciamento di 3 o 4 cm e si assiste, dopo un anno o due, al livellamento
spontaneo del lato fratturato.
- Le operazioni di livellamento degli arti
Le osteotomie di resezione per gli arti troppo lunghi sono possibili ma non devono essere realizzate
se non a fine crescita, quando si può valutare l’asimmetria definitiva.

- Operazioni di allungamento-accorciamento

Si possono associare operazioni di allungamento del lato corto e di


accorciamento di quello lungo in caso di asimmetrie molto
importanti. Questo metodo può essere preferito ad un’operazione di
allungamento solo se l’allungamento da realizzare è eccessivo. Si
impiega allora il cilindro di osso resecato da un lato per innestarlo
dall’altro.
Si impiega la fissazione con un chiodo centro-midollare (semplice o
bloccato).

Sono possibili operazioni di allungamento delle ossa troppo corte. Si possono realizzare con
fissatori esterni, divaricando i due frammenti ossei dopo osteotomia. L’allungamento è progressivo
nell’arco di più settimane con l’uso di un dispositivo a vite di distrazione (fissatore con telaio o
fissatore di Wagner). La zona ossea aperta viene poi riempita con un innesto e fissata con una
placca.

Fissatore transfissante Allungamento mediante fissatore di Wagner, poi innesto + placca


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- Allungamenti senza innesto osseo


Si può assistere anche a ripristini spontanei nel corso dell’allungamento se si
realizza una distrazione molto progressiva con un fissatore secondo la
tecnica di ILIZAROV. Viene fatta una semplice corticotomia (tagliato
l’osso attraverso un’incisione cutanea puntiforme) senza ledere il periostio. Il
callo è ottenuto spontaneamente ed è di buona qualità dopo 6 mesi.

- Allungamenti di femore su chiodo telescopico (GRAMMONT).

Un’altra tecnica consente di effettuare degli allungamenti


su chiodi centro-midollari telescopici speciali. Essi sono
muniti di un dispositivo speciale interno al chiodo, che permette di allungarli di
1/15 mm ogni volta che si azioni il meccanismo (in pratica, si manipola l’arto
imprimendogli uno spostamento interno forzato). Si produce uno scatto ad ogni
avanzamento; si può così allungare progressivamente di 1-2 mm ogni giorno. Con
questo dispositivo si può anche effettuare un’osteotomia trasversale preliminare
«a focolaio chiuso» dall’interno del canale midollare (con una sega speciale)
senza intaccare il periostio. E’ sufficiente un semplice piccolo accesso a livello del
grande trocantere. Il consolidamento osseo è ottenuto senza innesto osseo anche
per allungamenti dell’ordine di 6-7 cm. L’osso si rigenera spontaneamente, come
nel metodo di Ilizarov. Il chiodo è lasciato fino al consolidamento e consente un
appoggio precoce.

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FRATTURE DELLA GAMBA

Affrontiamo qui le fratture diafisarie passando in rassegna velocemente le nozioni già trattate.
Le fratture dell’estremità superiore della tibia saranno trattate con le fratture del ginocchio e le
fratture dell’estremità inferiore con la traumatologia della caviglia.

EZIOLOGIA

Queste fratture prevalgono nei soggetti da 18 a 40 anni, ma possono osservarsi ad ogni età.
Avvengono la maggior parte delle volte per torsione (sport, sci) o per trauma diretto (strada e
lavoro).
Eccezionalmente si hanno fratture isolate della tibia o fratture isolate del perone, ma più spesso si
tratta di fratture di entrambe le ossa della gamba. Le fratture sono talvolta poste su livelli differenti.
C’è un punto debole all’unione fra terzo medio e terzo inferiore della tibia, che spiega la
predominanza delle fratture a questo livello. La tibia è curva sui due piani.

L'indagine clinica è rapida e sistematica


- Precisare il tipo di incidente e il suo orario.
- Valutare la possibile deformazione spesso associata
* un accorciamento
* la rotazione esterna del frammento inferiore
* un’angolazione con apice anteriore interno
- Bilancio dello stato della cute: l'osso é superficiale, sottocutaneo per tutta la sua superficie antero-
interna. La pelle e il tessuto sottocutaneo sono sottili e le fratture aperte sono frequenti.
- Bilancio vascolare: calore e colore del piede e ricerca dei polsi pedidio e tibiale posteriore.
- Bilancio articolare del ginocchio e della caviglia: ricercare bene la presenza di emartro, segno di
lesioni articolari associate. Le radiografie dimostreranno se vi sono fratture articolari associate
sopra o sottogiacenti alla frattura diafisaria.
I tests per i legamenti del ginocchio sono difficili da effettuare in questa fase e sarà necessario
attendere l’anestesia.
- Bilancio generale alla ricerca di altre lesioni.

Le linee di frattura e gli spostamenti

Le radiografie comportano una proiezione frontale e una di profilo di tutta la gamba con le
articolazioni.
- Fratture spiroidi: 50 % dei casi
* Fratture per torsione, più spesso diafisarie basse. Il perone è fratturato più in alto.
* C’è un margine appuntito supero-interno che minaccia la pelle.
* Talvolta c’è una linea di divisione che può isolare un terzo frammento ad ala di farfalla.
* Ci sono spiroidi corte e spiroidi lunghe (le lunghe sono più stabili).
* Lo spostamento avviene la maggior parte delle volte per sovrapposizione e tende ad
accentuarsi.
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- Fratture trasversali
Seguono un trauma diretto e si possono osservare a tutti i livelli. Lo spostamento è variabile.
Possono essere stabili dopo riduzione, a meno che non ci sia un terzo frammento.
- Fratture oblique corte
Sono molto instabili. L’apertura cutanea può avvenire da dentro a fuori.
- Fratture comminute
Si accompagnano a lesioni delle parti molli e sono molto instabili.
- Fratture bifocali o su due piani
C’è un frammento intermediario di diafisi che rischia di essere escluso dalla vascolarizzazione. La
vascolarizzazione intra-ossea è in effetti scarsa mentre predomina la vascolarizzazione periferica.
Questa può essere interrotta dalla frattura e dallo spostamento.

- Fratture isolate della tibia


Lo spostamento è limitato dall’integrità del perone. La linea è obliqua e la riduzione è difficile da
mantenere con un gesso. Sono molti i sostenitori dell’osteosintesi in questi casi.
- Gli spostamenti in tutte queste fratture combinano angolazione, traslazione, sovrapposizione e
rotazione.

Evoluzione

- Il consolidamento di una frattura di gamba ben trattata avviene in 2-3 mesi nell’adulto, più
rapidamente nel bambino. Si parla di ritardo di consolidamento al quarto mese se non c’è traccia di
callo periferico.
- Le complicanze sono quelle di tutte le fratture diafisarie (vedi generalità).

MÉTODI TERAPEUTICI

1°/ L'immobilizzazione delle fratture senza spostamento


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Il gesso è realizzato con delle precauzioni per non provocare spostamenti. Sono necessarie più mani
per sostenere la gamba nel corso dell’ingessamento. Vengono compresi caviglia e ginocchio: gesso
cruro-podieno.

2°/ L'estensione continua


La trazione è un metodo utilizzato sempre meno, tranne che come trattamento d’attesa prima di
un’osteosintesi per le fratture gravi con lesioni delle parti molli, poiché in questo caso non può
essere eseguita immediatamente (politraumatizzati, feriti inoperabili, ecc..).
La trazione è effettuata su di un piano inclinato con un filo trans-calcaneare e una staffa di trazione.
Il peso è regolato per allineare la frattura (da 4 a 6 kg). Si utilizza o un filo trans-calcaneare o un
telaio di Cunéo che presenta due punte che penetrano nell’osso.
L’inconveniente principale di questo metodo, oltre alla scomodità per il paziente, è l’assenza di
immobilizzazione rigorosa della frattura. Persisteranno infatti movimenti dei frammenti ad ogni
spostamento del corpo nel letto, che potranno ledere la pelle e determinare delle necrosi cutanee
secondarie con rischio di infezione.

staffa di CUNÉO
3°/ La riduzione su telaio di TRILLAT seguita da gesso.

- La riduzione è realizzata in anestesia generale su di un telaio ortopedico (derivato da quello di


BOEHLER, modificato da TRILLAT).

- La trazione è assicurata grazie ad una staffa di Cunéo le cui punte sono conficcate nel calcagno su
entrambi i lati e potranno essere poi rimosse al momento della preparazione del gesso (si può anche
impiegare un filo trans-osseo e una staffa classica).
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- Il ginocchio è in flessione con un sostegno a livello del cavo popliteo.
- La riduzione è realizzata sotto controllo radiografico o meglio con amplificatore di brillanza e
schermo televisivo.
- Il gesso è confezionato con cura. E’ circolare, ben imbottito all’interno e tagliato. Il monitoraggio
del gesso sarà rigoroso e il trattamento anticoagulante sistematico.
- Gli spostamenti sotto il gesso saranno indagati con radiografie ripetute. Potranno essere corretti
mediante gipsotomia nel caso di una semplice angolazione.
Gli spostamenti più complessi dovranno essere ridotti con un secondo tentativo sotto anestesia
generale e su telaio ortopedico, o con intervento cruento.

Il gesso iniziale è dunque un gesso cruro-podieno con ginocchio flesso, che sarà sostituito dopo
qualche settimana da uno stivale gessato da marcia se il consolidamento è evoluto in modo
favorevole dopo 6 settimane.

4°/ Il metodo di SARMIENTO

Permette un appoggio precoce in certe forme di fratture. Il gesso cruro-podieno iniziale è sostituito
verso la 3a settimana da un gesso da marcia speciale. Questo apparecchio è caratterizzato dalla
fasciatura serrata delle masse muscolari che avranno al funzione di tutore compressivo per l’osso.
Gli appoggi sono ben modellati a livello dei condili femorali, del tendine rotuleo e della rotula. Si
potranno in certi casi realizzare anche degli
apparecchi in plastica con articolazione a livello
della caviglia, facilitanti la marcia.
Il principio del metodo è di mantenere con un
cilindro modellato una compressione delle masse
muscolari che stabilizza così i frammenti ossei
abbastanza da consentire un certo appoggio
dell’arto. Questo carico è trasmesso sui rilievi
ossei modellati con cura.
I vantaggi di questo metodo sono una ripresa più
rapida della funzione e dell’appoggio.
Il consolidamento viene stimolato dall’appoggio,
a condizione che non si crei uno spostamento
secondario, cosa che purtroppo avviene
abbastanza spesso.

5°/ L'associazione di gesso e fili

Si lascia il filo che ha consentito la riduzione posizionato


a livello del calcagno e si aggiunge un secondo filo nella
parte superiore della tibia (Carlo RE).
I fili sono compresi nel gesso e mantenuti per 30-45
giorni. Questo metodo ha molti inconvenienti:
E’ un metodo lungo, ci può essere sovrainfezione a livello
dei fili e gli spostamenti secondari sono frequenti. E’
attualmente poco praticato.
L'inconveniente principale di tutti i metodi ortopedici è lo
spostamento secondario che porta a calli viziosi, cosa che
si può evitare ricorrendo alle tecniche chirurgiche.

6°/ L'osteosintei a focolaio aperto

Quando l’osteosintesi viene realizzata in buone condizioni di asepsi e con una buona tecnica
chirurgica, i rischi di infezione sono minimi e il metodo presenta dei vantaggi. Apporta una stabilità
60
che permette di evitare l’immobilizzazione gessata. Non c’è callo vizioso dopo una buona
osteosintesi.

- L’avvitamento semplice
Le viti da sole sono raramente sufficienti, salvo nelle fratture spiroidi lunghe. Questo tipo di
intervento non evita un gesso protettore, ma permette un’eccellente riduzione. Questo metodo
riunisce gli inconvenienti di due, il gesso e l’approccio chirurgico.

- I cerchiaggi metallici sono decisamente insufficienti per le fratture di gamba (tranne che per le
spiroidi) e sono stati abbandonati. Avevano l’inconveniente di devascolarizzare i frammenti.

- Le placche avvitate
Permettono una riduzione molto buona, una buona stabilità ed evitano il gesso, ma abbiamo visto
che hanno degli inconvenienti:
La devascolarizzazione dell’osso ritarda il consolidamento e dà un callo di qualità inferiore. Le
placche non sono più utilizzate per le fratture diafisarie e sono riservate soprattutto al trattamento
delle fratture delle estremità.

Fratture basse della gamba trattate con placche interne o esterne

Fratture prossimali della gamba trattate con delle placche interne o esterne

7°/ L’inchiodamento centro-midollare a focolaio chiuso

Tecnica: Preparazione del canale dalla superficie pre spinale della tibia. La riduzione è ottenuta, se
possibile, senza apertura del focolaio e si introduce quindi una guida metallica nel canale.
L’alesaggio consente l’introduzione di un grosso chiodo. A questo scopo, degli “alesatori” di
calibro crescente sono introdotti sulla guida e, raggiunto il calibro desiderato, si posiziona il chiodo
opportuno. Si stabilizzano molto bene anche i frammenti. Solo la rotazione può a volte essere
bloccata in modo insufficiente, in particolare quando la linea di frattura è situata lontano dal terzo
medio della diafisi dove il canale è stretto, o in caso di frammenti multipli.
61

Tecnica dell’inchiodamento della tibia: Preparazione del foro di entrata. Introduzione della guida. Alesaggio con
alesatori di calibro crescente. Introduzione del chiodo.

Aspetto di un chiodo per tibia: Il chiodo è cavo e la sua forma a trifoglio aumenta la sua rigidità. Inchiodamento
semplice

- Il chiodo "bloccato" con viti (KEMPF e GROSSE)


Al fine di bloccare la rotazione, si raccomandano i chodi bloccati. Si tratta di chiodi muniti di fori
trasversali alle loro due estremità, attraverso le quali sono introdotte delle viti supplementari. Le viti
sono rimosse prima del consolidamento definitivo, verso la 6° settimana e si autorizza l’appoggio,
cosa che stimola la formazione del callo. Si può bloccare un’estremità del callo o tutte e due.
Il posizionamento delle viti attraverso l’osso e il chiodo necessitano dell’impiego di un dispositivo
di avvitamento e della radioscopia; questo sistema ha l’inconveniente di esporre i chirurghi alle
radiazioni.
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Chiodo bloccato con viti Chiodo con alette di Grammont Chiodo per frattura comminuta

Chiodo con alette di Grammont: questo chiodo è munito all’interno di un dispositivo a "geometria
variabile" composto da due alette che possono aprirsi all’estremità distale del chiodo. Le alette sono
spinte dall’altra estremità e si aprono nell’osso metafisario dove bloccano la rotazione.

Le indicazioni nelle fratture di tibia sono in funzione dell’età del paziente, della localizzazione della
linea, della sua forma, dell’apertura cutanea e delle abitudini del chirurgo.

LE INDICAZIONI TERAPEUTICHE NELLE FRATTURE DELLA GAMBA

A / In funzione dell’età
Le fratture chiuse del bambino e dell’adolescente vengono tutte trattate ortopedicamente. Si evita di
introdurre chiodi attraverso la cartilagine di coniugazione prima della fine della crescita. Il rischio
di provocare un’epifisiodesi è troppo grande.

B / In funzione della linea di frattura


- Le fratture trasversali sono stabili e consolidano bene con il trattamento ortopedico. I sostenitori
dell’inchiodamento vi vedono invece una delle migliori indicazioni per il chiodo centro-midollare,
poiché l’appoggio potrà essere ripreso immediatamente.
- Le fratture spiroidi: Il gesso semplice non eviterà sempre gli spostamenti secondari.
L’avvitamento semplice è possibile ma non eviterà il gesso per qualche settimana. E’ stato adottato
da molto tempo l’avvitamento associato a placca avvitata di neutralizzazione. Può essere realizzato
quasi sempre nelle fratture spiroidi l’inchiodamento centro-midollare.

- Le fratture comminute possono essere inchiodate a focolaio chiuso. La stabilità non è sempre
eccellente in questi casi ed è possibile bloccare il chiodo in alto e in basso con viti che impediscono
la rotazione e mantengono la lunghezza corretta.

- Le fratture su due piani sono un’indicazione all’inchiodamento a


focolaio chiuso ma in questi casi l’alesaggio è pericoloso. Infatti il
frammento intermediario rischia di girare e di essere strappato sotto
l’azione delle frese e degli alesatori che attaccano l’osso. Bisogna
fare molta attenzione poiché tale frammento intermediario non può
essere bloccato (salvo fermandolo con una pinza, ma questo
implicherebbe l’apertura del focolaio). E’ necessario dunque
63
accontentarsi di un piccolo chiodo "di allineamento" a focolaio chiuso senza alesaggio e rinforzare
la struttura mediante un blocco con viti.

- Le fratture isolate della tibia


Sono spesso oblique e hanno una fastidiosa tendenza a spostarsi varizzandosi in ragione
dell’integrità del perone. Si possono a volte osservare lussazioni dell’articolazione peroneo-tibiale
superiore. Queste fratture possono essere trattate con un gesso ma a condizione di sorvegliare gli
spostamenti secondari (frequenti). In caso di spostamento irriducibile costituiscono una buona
indicazione all’inchiodamento centro-midollare a focolaio chiuso.
Buona stabilità delle fratture trasversali (A) rispetto alle oblique (B).

- Fratture isolate del perone


Sono dovute a traumi diretti. Consolidano abitualmente senza riduzione e senza osteosintesi al terzo
medio. Possono essere problematiche al terzo inferiore cosiccome le fratture del malleolo esterno,
che danno ripercussioni sulla pinza malleolare e possono richiedere la riduzione o un’osteosintesi.

- L'estensione continua può consentire di attendere il miglioramento delle condizioni cutanee prima
di prendere la decisione di fare un’osteosintesi (che si potrà effettuare 2-3 settimane più tardi).
Il trattamento antibiotico è sistematico.

C/ Indicazioni in funzione della sede della frattura


La sede ideale è il terzo medio ma si può ottenere una buona stabilità per il terzo prossimale e
distale a condizione di bloccare il chiodo.
Nelle fratture basse delle 2 ossa della gamba, si possono impiegare insieme un chiodo tibiale e una
placca per il perone.

Frattura bassa con chiodo tibiale e placca peroneale Qualità molto buona del callo osseo ottenuto

I risultati dell’inchiodamento centro-midollare a focolaio chiuso sono buoni se la tecnica è corretta.


La qualità del callo osseo è eccellente e le pseudoartrosi sono eccezionali.

D / In funzioni delle lesioni cutanee

- Agli stadi 1 e 2, si possono realizzare una pulizia e una sutura cutanea e immobilizzare
ortopedicamente o con un chiodo centro-midollare. In particolare le aperture cutanee da dentro a
fuori con ferita franca e pulita possono essere operate, nonostante il rischio di infezione non sia
trascurabile.
- Il fissatore esterno è utilizzato per lesioni di tipo 3 o per ferite molto sporche.
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Fissatore di Hoffmann, montaggio a V Montaggio a V con cicatrizzazione guidata

Fissatore di Hoffmann Fissatore di Judet Fissatore di Müller Orthofix Fissatore di Ilizarov

Le fratture metafisarie aperte vengono trattate con fissatori nelle epifisi o prendendo appoggio al di là di queste

TRATTAMENTO DELLE PSEUDOARTROSI DELLA GAMBA

1/ Trattamento delle pseudoartrosi ipertrofiche

Le pseudoartrosi ipertrofiche sono rare dopo un trattamento ortopedico ben condotto. Si verificano
piuttosto dopo una frattura aperta o dopo un’osteosintesi con placca che determini una
devascolarizzazione intempestiva dei frammenti. Si può trattarle in differenti modi:

- Una semplice osteosintesi con chiodo centro-midollare dopo aver ricreato il canale midollare (che
è otturato dal callo endosseo anarchico) può bastare, grazie alla stabilizzazione e alla messa in
compressione con la ripresa della marcia.
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- La decorticazione osteo-muscolare di JUDET dà risultati eccellenti sul consolidamento delle
pseudartrosi ipertrofiche, senza che si renda necessario ricorrere ad un innesto osseo
complementare, ma questo è tuttavia possibile (vedi generalità). Alla decorticazione si aggiunge
spesso un’osteosintesi (placca o chiodo).

- Possono essere realizzati innesti apposti o avvitati in associazione ad un’osteosintesi.


I migliori risultati si ottengono con l’associazione di una decorticazione, un innesto e
un’osteosintesi con chiodo centro-midollare.

Decorticazione di Judet Chiodo + decorticazione Chiodo + innesto avvitato

2/ Trattamento delle pseudoartrosi con perdita di sostanza ossea

Sono trattate con l’impiego di un innesto osseo massivo (apposto o avvitato, doppio innesto avvitato
o innesto massivo e chiodo).

Innesto apposto (Phémister) Innesti avvitati Chiodo + innesto

3/ Trattamento delle pseudoartrosi infettate

Le pseudoartrosi infettate sono molto difficili da trattare ed è spesso necessario eseguire più
interventi successivi. Il trattamento dura spesso mesi o anni. A volte, l’amputazione conclude una
lunga evoluzione dopo una serie di operazioni ripetute. La gravità delle pseudoartrosi infettate è
variabile in funzione della perdita di sostanza ossea e della qualità della copertura cutanea o
muscolare. A livello della gamba la copertura è spesso insufficiente e sarà necessario provare a fare
delle plastiche con lembi muscolari che sono difficili da realizzare ; occorrerà quindi la
collaborazione di chirurghi plastici esperti.

I principi cardine sono la pulizia-escissione, l’osteosintesi con fissatore e l’innesto osseo.


- L'escissione di tutti i tessuti necrotici e infettati, in particolare dell’osteite, è obbligatoria. L’osso
devitalizzato mantiene infatti l’infezione e tutta la difficoltà sta nel realizzare un’escissione
dell’osso colpito salvaguardando l’osso sano. E’ spesso difficile vedere ad occhio nudo il confine
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fra osso sano e osso morto. L’escissione porta talvolta a larghe perdite di sostanza il cui
riempimento diviene delicato.
- L'osteosintesi viene d’abitudine realizzata con un fissatore esterno che prende appoggio a distanza
dalle zone infettate.

- Sono possibili differenti tipi di innesto osseo per perdita di sostanza ossea:

A/ Se la copertura cutanea è corretta

- Si possono eseguire innesti massivi di osso cortico-spongioso (dall’ileo), ma questi non possono
essere presi in considerazione se non dopo escissione e pulizia dell’osso, guarigione dall’infezione
ed eliminazione delle fistole cutanee.

- Le interposizioni di perone vascolarizzato sono realizzate dopo qualche anno. Il


perone controlaterale è trapiantato, con il suo peduncolo venoso e arterioso, sui
frammenti della tibia malata con suture micro chirurgiche. Si tratta di una
tecnica difficile i cui risultati sono buoni, soprattutto nei casi in cui le tecniche
classiche hanno fallito. L’innesto di un osso vivente accelera immediatamente
in modo considerevole il tempo del consolidamento.

B/ Quando si ha una perdita di sostanza cutanea e una perdita di sostanza ossea insieme

Si può trattare in molti modi:


- Si realizzano degli interventi preliminari di chirurgia plastica per ottenere la copertura. Si fa capo
a lembi cutaneo-muscolari peduncolati che hanno il vantaggio di aiutare la rivascolarizzazione
secondaria dell’osso (lembi peduncolati provenienti dallo stesso arto o dall’arto opposto per "cross-
leg" o lembi trasferiti con suture venose e arteriose micro chirurgiche).
In un secondo tempo, dopo cicatrizzazione del lembo, sarà realizzato l’innesto osseo riaprendo le
parti molli divenute sane e colmando lo spazio interosseo.
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Differenti lembi di copertura (Cross-leg, lembo di gemello e di grande dorsale)

L'escissione delle fistole e dell’osso necrotico lascia


una larga cavità di osso sano che si ricopre di tessuto
di granulazione

- Oppure si può ricorrere al metodo di


PAPINEAU

Il metodo di Papineau è un innesto osseo a


cielo aperto che comporta più fasi:
a) in un primo momento, si escindono i
tessuti infetti e l’osso necrotico fino alla
parte sana, lasciandolo all’aria. La ferita
viene lavata con cura e l’osso sano si
ricopre a poco a poco di tessuto di granulazione. Questa formazione diviene spessa e ricopre
completamente l’osso rimanente cosiccome i bordi delle parti molli periferiche in 2 o 3 settimane.

b) La 2a fase consiste nel colmare la totalità della cavità con dell’osso spongioso (prelevato dalle
creste iliache posteriori o nelle metafisi del ginocchio).
L'osso spongioso messo a contatto col tessuto di granulazione viene da questo invaso e colonizzato
dalla profondità alla superficie in qualche settimana. Si rivitalizza grazie al bottone carnoso vivente.
Si possono così colmare delle larghe perdite di sostanza. Le cure locali hanno una grande
importanza. Sono effettuati quotidianamente lavaggi con un’irrigazione goccia a goccia e l’innesto
viene protetto fra le irrigazioni con garza grassa e una fasciatura sterile.
L'osso trapiantato diviene rapidamente vivente nonostante la sua esposizione all’aria. I tessuti
neoformati ricoprono l’osso e si ispessiscono.
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Riempimento con osso spongioso Irrigazioni quotidiane fino al ricoprimento da parte del tessuto di granulazione

c) La terza fase consiste in un innesto di cute quando tutto l’innesto osseo è invaso e
ricoperto dal tessuto di granulazione. L’innesto non è sempre indispensabile poiché la
proliferazione cutanea spontanea può portare alla copertura spontanea dalla periferia. L’innesto
cutaneo può fare guadagnare tempo e a volte comporta una migliore qualità della pelle.

Il metodo di Papineau persegue un triplice scopo: stroncare l'infezione il tutto ottenendo il


riempimento e il consolidamento della pseudoartrosi per trasformazione progressiva dell’osso
spongioso in osso corticale e ottenere la ricopertura cutanea.
Il metodo di Papineau rappresenta inoltre il trattamento di scelta delle osteiti residue su osso solido.
La tecnica è la stessa tranne che su di un osso solido l’escissione ossea non rende l’osso così fragile
da richiedere la protezione di un fissatore esterno.

Guarigione di una pseudoartrosi infetta in 5 mesi Larga perdita di sostanza ossea guarita in 6 mesi

- In alternativa, si impiegano le operazioni di "tibializzazione del perone"

Quando l’infezione persiste o quando si teme un suo risveglio con un approccio diretto, si può
"cortocircuitare" la pseudoartrosi della tibia e ottenere una stabilizzazione con l’impiego del perone,
se è solido, senza agire sulla pseudoartrosi infetta. Le operazioni di "tibializzazione del perone"
sono molteplici. Hanno l’obiettivo comune di trasferire i carichi sul perone dopo averlo
solidarizzato alla tibia direttamente o indirettamente.
Si può tibializzare il perone anche eseguendo un innesto inter-tibio-peroneale con un prelievo iliaco.
Il perone così ottenuto, rinforzato e sottoposto a carico, assorbe a poco a poco tutte le sollecitazioni
e può divenire progressivamente sempre più voluminoso. L’appoggio deve essere molto
progressivo. Si potrà sempre rinforzare secondariamente la tibia con un innesto.
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Attualmente, si realizzano sempre più innesti di perone vascolarizzato prelevando un segmento di
perone controlaterale con i suoi vasi e realizzando delle micro-anastomosi. Questa chirurgia
richiede l’apporto di un chirurgo vascolare esperto in questo particolare ambito.

Tibializzazione del perone (Zanoli) Innesto inter-tibio-peroneale

TRATTAMENTO DEI CALLI VIZIOSI DELLA GAMBA

I calli viziosi diafisari si formano in varo, in valgo, in recurvatum, in flexum, in sovrapposizione o


in rotazione. Sono spesso complessi, associando più deformazioni.
- Gli accorciamenti semplici sono i meglio sopportati, a condizione che non eccedano i 2 cm. Sono
facilmente compensati da una suoletta ortopedica per equilibrare il bacino. Oltre i 3 cm può essere
giustificato programmare un intervento di pareggiamento degli arti inferiori (allungamento del lato
corto o accorciamento del lato lungo).
- I calli viziosi in rotazione sono molto fastidiosi per la marcia e determinano rapidamente artrosi
dolorose del ginocchio, della caviglia e a volte dell’anca. Giustificano delle osteotomie correttive.
- I calli viziosi angolari meno tollerati sono le deformazioni in valgo e soprattutto in varo.
Determinano rapidamente un sovraccarico del ginocchio con un’artrosi del compartimento femoro-
tibiale esterno o interno.

Correzione mediante osteotomia nel callo (osteosintesi con placca o con chiodo) o osteotomia a distanza
70
Le osteotomie correttive possono essere fatte a livello del callo stesso, con resezione cuneiforme o
con osteotomie di apertura colmate con innesti. L’osteosintesi si esegue mediante chiodo o placca
avvitata.
Talvolta, quando la deformazione angolare è minima, si preferisce correggere a distanza dal callo, a
livello delle metafisi per favorire il consolidamento in un osso rimaneggiato. (Soprattutto quando la
frattura iniziale è stata aperta o infettata o ha dato un ritardo di consolidamento).

In conclusione
Il trattamento delle fratture della gamba deve essere precoce per dare i risultati migliori.
La scelta dei metodi di trattamento si basa sull’età, la forma della frattura, lo stato della cute e dei
vasi e le abitudini del chirurgo.

Le tecniche chirurgiche evitano i calli viziosi, ma i ritardi di consolidamento sono più frequenti,
salvo che nell’inchiodamento a focolaio chiuso che è il metodo di scelta nell’adulto.

L'osteosintesi non è giustificata a meno che il guadagno sulla consolidamento e sulla ripresa della
funzione non sia netto e non comporti un’infezione.
La riduzione deve essere buona e la ripresa della funzione rapida.

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FRATTURE DELLA DIAFISI DEL FEMORE

GENERALITÀ

Il femore è un osso particolarmente resistente ai traumi in ragione del suo spessore e della sua
conformazione anatomica che con le sue 3 curvature gli conferisce un’elasticità e una resistenza
notevoli.
Le 3 curvature e il braccio di leva del collo femorale fanno sì che le sollecitazioni sull’osso si
dividano in forze di compressione e forze di tensione, che spiegano le caratteristiche delle fratture e
le particolarità del loro trattamento. La ripartizione di queste forze è tale che la zona di tensione, che
è esterna nella parte superiore, divenga anteriore nella parte distale.
La diafisi femorale è delimitata in alto dai massicci trocanterici e in basso dalle superfici articolari
condiloidee.

- Le fratture diafisarie verranno studiate in 3 capitoli in funzione della localizzazione delle linee:
. Fratture diafisarie dei 2/4 medi
. Fratture sotto-trocanteriche (1/4 superiore)
. Fratture sovra-condiloidee (1/4 inferiore).

- E’ necessario un trauma molto violento per provocare tali fratture e queste si accompagano spesso
ad uno stato di shock che va trattato d’urgenza con un controllo circolatorio attento ma anche con
un allineamento della frattura e un’immobilizzazione, che fanno parte delle manovre da eseguire
immediatamente.
- Le masse muscolari della coscia sono voluminose e giocano un ruolo importante nello
spostamento, in particolare nella sovrapposizione. L’azione dei muscoli rende inutile ogni
immobilizzazione con gesso.
- L'evoluzione dipende dalla qualità della riduzione e la prognosi a lungo termine dipende molto
dallo stato del ginocchio che, molto spesso, presenta una rigidità residua (limitazione della
flessione).

FRATTURE DIAFISARIE DEI 2/4 MEDI

E’ necessario un trauma diretto molto violento come un incidente stradale o un grande trauma
indiretto che associ flessione e torsione.

Queste fratture sono frequenti negli adulti e


soprattutto nei bambini da 3 a 5 anni.

Linee di frattura
Come in tutte le fratture diafisarie degli arti, la
linea può essere trasversale, obliqua, spiroide,
bifocale o comminuta.

Lo spostamento è costante e forma una


sporgenza ben visibile al centro della coscia.
Esso associa più spostamenti elementari:
- angolazione
- spostamento laterale
- sovrapposizione
- rotazione esterna del frammento distale

L'esame clinico permette di valutare:


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- La deformazione caratteristica
- Il dolore importante
- L'impotenza totale
- Lo shock che bisogna prevenire o trattare
- Le complicanze (cf. generalità), in particolare le lesioni muscolari, cutanee e vascolo-nervose
- Le lesioni associate (cranio, addome, rachide), soprattutto quelle frequentemente associate alle
fratture di femore:
. Le fratture del cotile
. Le lussazioni dell’anca
. Le rotture del legamento crociato posteriore
. Le fratture della rotula.

In posizione distesa, la posizione spontanea è il recurvatum. La trazione dovrà evitare questa deformazione
Evoluzione
Il trattamento è urgente. Trattata correttamente, questa frattura consolida in 90-100 giorni se è
chiusa, con ripresa della marcia al quarto mese se la riduzione è corretta (tempo considerevolmente
diminuito con l’inchiodamento).
Le sequele più tipiche sono:
* l'amiotrofia,
* la rigidità del ginocchio legata alle aderenze, alla retrazione muscolare e all’immobilizzazione.
I metodi chirurgici permettono di accorciare i tempi per il carico, evitano l’immobilizzazione e
facilitano la rieducazione del ginocchio e dei muscoli.

Trattamento

1° La riduzione progressiva:

a) La trazione continua trans-ossea


La trazione viene fatta per mezzo di un filo, di una staffa e di un peso che corrisponde ad un settimo
del peso del corpo, applicato secondo l’asse del femore grazie ad una puleggia.
Il filo può essere introdotto a livello della tuberosità tibiale, ma una trazione trans-tibiale presenta
l’inconveniente di esercitare la trazione per mezzo dei legamenti del ginocchio.
Il filo può venire introdotto attraverso i condili femorali, cosa che permette una trazione più diretta
sul femore. In questo caso si ha l’inconveniente di ostacolare il chirurgo se deve eseguire in un
secondo momento un’osteosintesi.
E’ necessario un filo molto grande, tipo chiodo di Steinmann (di 4 mm). Può venire introdotto in
anestesia locale o generale.
Il posizionamento del malato è molto preciso. La trazione viene fatta su di una valva di Braun con il
ginocchio leggermente flesso e il piede mantenuto a 90°. La coscia deve essere sostenuta dietro per
evitare la tendenza naturale al recurvatum della frattura.
73

La trazione è possibile con un filo nei condili o nella tibia (con 1/7 del peso del corpo)

La riduzione è ottenuta progressivamente con un buon bilanciamento dei pesi e viene verificata
mediante radiografie di controllo ripetute.
Questa estensione continua può essere un metodo di attesa prima di un osteosintesi o, molto
raramente, l’unico trattamento. Bisogna allora ripetere i controlli radiografici ogni 8 giorni e
apportare le correzioni necessarie per una riduzione perfetta. La cosolidazione è in generale
sufficiente per diminuire progressivamente la trazione al termine di 6-8 settimane. Si può
confezionare un gesso a partire dalla sesta settimana.

b) La trazione adesiva

- La trazione allo zenith. Un sistema di bende adesive può permettere di realizzare un’estensione
continua evitando i fili trans-ossei. Un tale sistema viene in pratica applicato solamente nel bambino
sotto i 7 anni. La trazione viene applicata allo zenith per mezzo di due pulegge e un peso. Il peso
deve essere sufficiente per sollevare la natica corrispondente dal piano del letto di parecchi
centimetri, mentre l’altra natica rimane appoggiata.
La trazione non deve determinare uno scarto fra i frammenti ed è anzi preferibile che persista una
leggera sovrapposizione poiché nel bambino verrà rapidamente compensata in qualche anno da un
allungamento, come si è visto.
Nel bambino piccolo, la trazione sarà sostituita al termine di 3 settimane da un gesso pelvi-dorso-
podieno. In un bambino più grande o in un adulto, la trazione viene fatta con un filo e una staffa.

Trazione adesiva allo zenith in un bambino piccolo o con filo o con una valva in flessione

- La trazione adesiva su valva o con sospensione può permettere di evitare un filo nel bambino dai 7
agli 8 anni, ma dà risultati meno buoni.

La riduzione progressiva delle fratture del femore presenta molteplici inconvenienti:


. L'allettamento è prolungato
. La mobilizzazione del ginocchio è difficile o impossibile
. Possono persistere interposizioni muscolari
. I calli viziosi sono frequenti.
Questo metodo tuttavia ha dato prova della sua efficacia nel bambino ed è applicabile in tutti i casi.

2° Il trattamento chirurgico
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a) L'osteosintesi con placca

Questo metodo offre il vantaggio di permettere una riduzione anatomica, di evitare il gesso, di
consentire la mobilizzazione rapida del ginocchio. Presenta nonostante tutto qualche inconveniente
già segnalato nel capitolo delle generalità. A livello del femore, le placche avvitate ritardano i tempi
di consolidamento e possono favorire la formazione di aderenze muscolari e limitare la flessione del
ginocchio. L’approccio diretto può soprattutto favorire l’infezione che, a volte, può trasformare in
una catastrofe una frattura semplice e chiusa. L’apertura del focolaio di frattura è, a livello del
femore ancora più che in altre sedi, fonte di inconvenienti importanti che si cerca il più possibile di
evitare.
Le placche avvitate sono impiegate soprattutto per le fratture distali e prossimali del femore.

Osteosintesi con placca Osteosintesi con vite-placca di Judet

b) L'inchiodamento centro-midollare a focolaio chiuso

E’ il metodo di scelta nelle fratture diafisarie.


La riduzione viene abitualmente ottenuta mediante trazione su tavolo ortopedico e in anestesia
generale. Viene realizzata sotto controllo radioscopico. La trazione può venire applicata sul piede o
per mezzo del filo di trazione del ginocchio se ce n’è già uno.
L'inchiodamento viene fatto con una piccola incisione a livello del grande trocantere senza aprire il
focolaio. Non si apre il focolaio di frattura se non quando ci sia un’interposizione muscolare o
un’irriducibilità completa.
Tecnica dell’inchiodamento del femore: un chiodo non può stabilizzare una frattura se il canale
midollare non viene alesato. Infatti, il canale midollare non è cilindrico: si restringe nel terzo medio
per una decina di centimetri e si allarga subito in alto e in basso (a cono). Solamente le fratture dei
2/4 medi possono essere stabilizzate bene con un chiodo classico, a condizione che colmi bene il
canale precedentemente alesato.
Il grande trocantere viene raggiunto con una piccola incisione e viene perforato per permettere
l’introduzione di guida, alesatori e chiodo.
Un filo guida viene introdotto nei frammenti aiutandosi con manovre esterne e grazie ad un tutore
cavo inserito nel frammento prossimale, che aiuta a cateterizzare il canale midollare.
Sulla guida lasciata nel canale, si posizionano gli alesatori che girano a velocità ridotta e allargano
l’interno del canale. Il passaggio di alesatori di diametro crescente può presentare dei problemi. Non
bisogna indebolire i frammenti. Dopo un alesaggio che può giungere a 12-16 mm in funzione della
misura dell’osso, si introduce un chiodo del calibro e della lunghezza opportuni e si rimuove la
guida.
La stabilità conferita dall’inchiodamento centro-midollare è eccellente nelle fratture semplici e
consente una ripresa rapida dell’appoggio con l’ausilio di stampelle.
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Riduzione mediante trazione su tavolo ortopedico, in AG e sotto controllo radioscopico. Perforazione del grande
trocantere

Il canale midollare è stretto a livello del terzo medio; è indispensabile alesare con una sorta di trapano metallico.
Dapprima si introduce un filo-guida, poi su di esso gli alesatori e infine il chiodo.

Le fratture comminute possono essere inchiodate senza alesaggio ma con una stabilità meno buona.
Si tratta allora di un « inchiodamento di allineamento ». La rotazione è mal controllata cosiccome la
lunghezza e può essere utile installare una trazione adesiva per 15 giorni-3 settimane, finché il callo
fibroso non si organizzi e stabilizzi il focolaio. Si può migliorare la stabilità con il bloccaggio del
chiodo.

c) L'inchiodamento bloccato con viti (Grosse e Kempf)


Consiste nel completare la stabilità del precedente montaggio con viti trasversali o oblique
attraverso l’osso e il chiodo. Si mantiene così la lunghezza corretta ottenuta con la riduzione e si
bloccano bene i movimenti di rotazione dei frammenti attorno al chiodo: si tratta del montaggio
statico.
L’introduzione di queste viti in fori speciali posti alle estremità del chiodo viene eseguita
avvalendosi di un apparecchio radioscopico.
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Tecnica di posizionamento delle viti trasversali distali e prossimali Frattura complessa: inchiodamento a focolaio
chiuso

Quando il chiodo è stabile in uno dei due frammenti principali, solo il


frammento mobile viene bloccato.
Con questo montaggio, che viene detto "dinamico", l’appoggio
sull’arto è allora possibile in modo progressivo. Il carico precoce
favorisce il contatto dei frammenti e il consolidamento.
Quando le due estremità sono bloccate, il montaggio è detto statico e
non si deve consentire l’appoggio prima che il consolidamento non
sia sufficiente.

d) L'inchiodamento elastico delle fratture del bambino


Nel bambino si adotta l’inchiodamento elastico (Métaizeau) con piccoli chiodi che vengono
introdotti nel femore al di sopra delle cartilagini di accrescimento, da entrambi i lati. La stabilità
non è così perfetta come con un chiodo centro-midollare classico. Non si autorizzerà l’appoggio
prima di 45 giorni, ma si potranno mobilizzare gradualmente le articolazioni vicine e proteggere il
femore con una valva. Il montaggio sarà lo stesso, qualunque sia il livello della frattura diafisaria. Il
metodo è applicabile al femore, alla tibia e all’omero.

Inchiodamento elastico del femore secondo la tecnica di Métaizeau Chiodi per la tibia

e) Il fissatore esterno
Il fissatore esterno può essere utilizzato per i frammenti
del femore largamente esposti, con danni ingenti a livello
delle parti molli. Talvolta, le riparazioni delle lesioni
vascolari rendono indispensabili la stabilizzazione dei
frammenti con un fissatore. Questo vale anche in caso di
necessità di interventi plastici sulle parti molli. Il
posizionamento di un fissatore sul femore è difficile e la
solidità del montaggio non è sempre soddisfacente, poiché
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non si può eseguire un montaggio solido con fili su due piani a V a livello della coscia così
agevolmente come per la tibia.
Ogni volta che sarà possibile, si tenterà di temporeggiare con una trazione continua, fino a che non
si possa effettuare un inchiodamento centro-midollare.

3° TRATTAMENTO DELLE COMPLICANZE

a) Trattamento delle pseudoartrosi del femore


(vedi pseudoartrosi della tibia)
Come per le pseudoartrosi della tibia, il trattamento combina la decorticazione osteo-muscolare di
Judet, l’inchiodamento (o le placche avvitate) e gli innesti apposti.
Le pseudoartrosi infettate vengono ugualmente trattate secondo gli stessi principi e con gli stessi
metodi impiegati per la tibia. Il fissatore esterno è in questo caso di impiego più difficile visto lo
spessore dei muscoli e la presenza dei vasi che riducono le aree per i fili. Il consolidamento è spesso
difficile da ottenere e l’evoluzione sfavorevole può talvolta portare ad amputazioni.

b) Trattamento dei calli viziosi del femore


Le ripercussioni dei calli viziosi sul ginocchio e l’anca possono giustificare delle correzioni
chirurgiche. Un callo vizioso angolare del femore può essere corretto con un’osteotomia a livello
del callo o a distanza (metafisi).
Un callo vizioso con accorciamento importante lo si può correggere con un allungamento
progressivo (metodo di Wagner). Il fissatore permette una distrazione progressiva, poi si colma lo
spazio con un innesto osseo abbondante e si stabilizza con una placca avvitata rimuovendo il
fissatore esterno.
Il metodo di Ilizarov permette di ottenere un allungamento progressivo senza apporto di osso.
Attualmente si realizzano anche (cf capitolo delle generalità) allungamenti su chiodi centro-
midollari telescopici senza innesto osseo.

Allungamento secondo la tecnica di Wagner Allungamento secondo Ilizarov Chiodo di allungamento di Grammont

c) Trattamento delle rigidità del ginocchio dopo frattura


La rigidità del ginocchio è ovviata dalla rieducazione precoce attuabile grazie a dei montaggi solidi.
I trattamenti ortopedici molto prolungati, cosiccome le osteosintesi complicate, possono ritardare la
rieducazione con formazione di aderenze muscolari sul femore, con retrazione e irrigidimento del
ginocchio.
Se la rigidità persiste nonostante la rieducazione, il trattamento chirurgico diviene il solo possibile.
L’operazione consiste nel liberare le aderenze sinoviali sviluppate nell’articolazione e soprattutto
nel liberare le aderenze fra muscolo e femore (operazione di Judet).
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FRATTURE SOTTO-TROCANTERICHE

Sono più frequenti nell’adulto e nell’anziano.


Sono dovute la maggior parte delle volte a traumatismi indiretti.
La linea è trasversale o obliqua. Le fratture comminute sono dovute a traumi diretti.
Lo spostamento è caratteristico: deformazione antero-esterna.
Il frammento superiore è spostato in abduzione e in flessione.
Il frammento inferiore è spostato in adduzione e rotazione esterna ed è sollevato.

Spostamento delle fratture sotto-


trocanteriche:

- Frammento superiore:
Abduzione (glutei)
Flessione (psoas)

- Frammento inferiore:
Adduzione
Rotazione esterna
Sollevamento

IL TRATTAMENTO DELLE FRATTURE SOTTO-TROCANTERICHE

Può essere ortopedico mediante trazione continua.


E’ soprattutto chirurgico:
* le lame-placche avvitate o le viti-placche sono il materiale di scelta.
* l'inchiodamento bloccato può ugualmente essere una buona osteosintesi.

FRATTURE DIAFISARIE BASSE O SOVRA-CONDILOIDEE

Il trauma è importante e spesso indiretto.


La linea è trasversale o obliqua in basso e in avanti, con un frammento superiore affilato che rischia
di infilzare il sistema estensore e uno posteriore che rischia di determinare delle lesioni vascolo-
nervose nella parte posteriore.
Lo spostamento è sempre lo stesso:
- Il frammento inferiore si sposta posteriormente, per azione dei gemelli. Oltrepassa il
frammento superiore e si capovolge. E’ presente una rotazione esterna ed un’inclinazione
(abduzione o adduzione).
- Il ginocchio sembra più largo da davanti a dietro. C’è una sporgenza ossea al di sopra della
rotula.
L’apertura della cute è frequente.
Il quadricipite è infilzato dal frammento osseo e può essere causa di irriducibilità.
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Il trattamento delle fratture sovra-condiloidee del femore


- La trazione continua trans-tibiale deve essere accoppiata ad una sospensione sotto il frammento
distale.
Nel bambino, si prosegue la trazione fino a che non si possa mettere un gesso (3 settimane). Si può
impiegare l’inchiodamento elastico con 2 chiodi divergenti nei condili a partire dal terzo superiore.
Nell’adulto, l’osteosintesi con placca avvitata (vite-placca di JUDET, placca di CHIRON) o lamina-
placca avvitata è la procedura di scelta. Si ottiene regolarmente il consolidamento. La
mobilizzazione è precoce per evitare la rigidità. Sempre di più si impiega anche l’inchiodamento
retrogrado dal ginocchio (vedi per maggiori dettagli il capitolo “fratture del ginocchio”).

Spostamento abituale: risalita, capovolgimento all’indietro e rotazione. Trazione Osteosintesi con placca AO

Frattura comminuta: trazione Inchiodamento retrogrado in una frattura bassa del femore

Fratture comminute trattate con placche: placca semplice, placca di Judet, placca AO

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