“CARLO BO”
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Anno Accademico 2007- 2008
INTRODUZIONE
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modo intenso e ripetitivo, movimenti di corsa e salto, come ad esempio
nella pallavolo, nella pallacanestro, nel salto in alto e nel calcio.
Nei giovani la parte più debole è rappresentata dal punto di ancoraggio del
tendine sulla tibia costituito da osso e cartilagine ancora immaturi.
Nella maggior parte dei casi il processo interessa il tendine rotuleo, in
corrispondenza della sua origine a livello del polo inferiore della rotula.
La lesione si evidenzia attraverso una sintomatologia dolorosa del
ginocchio anteriore, che insorge in alcuni atteggiamenti di base dello sport
praticato (arti inferiori semiflessi, sia in posizione di attesa che di
caricamento) e scompare dopo un periodo di riposo.
In alcuni casi il dolore può comparire dopo che il soggetto è rimasto a
lungo seduto con il ginocchio flesso, o dopo aver guidato, al punto da
obbligarlo ad eseguire energici movimenti di flesso-estensione del
ginocchio per farlo scomparire.
Non bisogna mai sottovalutare una tendinite soprattutto se tende a durare a
lungo e se l’esame ecografico dimostra una generazione della struttura
fibrillare del tendine di grado elevato.
Il trattamento, anche nei casi più lievi; deve essere condotto con rigore, per
evitare la cronicizzazione del fenomeno, o , ancor peggio, la rottura delle
fibre, evento catastrofico e molto temuto in ambito sportivo.
La vera cura della tendinite è la sua prevenzione evitando sovraccarichi.
Bisogna mettere in atto alcuni accorgimenti: riposo attivo (la parte
infiammata va risparmiata per un periodo tanto più lungo quanto più seria è
la tendinite); obbliga torio un riscaldamento molto graduale e
l’applicazione di ghiaccio dopo l’attività fisica, esercizi di stretching,
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rinforzo a difficoltà crescente per consentire al tendine un graduale
adattamento biologico; infine per facilitare la rieducazione e l’attività
sportiva spesso si ricorre alla confezione di un taping sottorotuleo.
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1.ANATOMIA FUNZIONALE E BIOMECCANICA DEL
GINOCCHIO
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femoropatellare). I condili femorali sono divergenti in basso e indietro; il
condilo laterale è più largo al davanti che indietro, mentre il condilo
mediale ha una larghezza uniforme.
La stabilità dell’articolazione dipende essenzialmente dai legamenti della
capsula e dai muscoli circostanti. Il ginocchio è strutturato in modo da
fornire stabilità in carico ortostatico e mobilità durante la locomozione;
risulta tuttavia instabile specialmente medialmente e lateralmente (fig. 1).
Figura 1
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Il movimento tra la tibia e il femore comprende la flessione, l’estensione e
la rotazione, ma anche i moti artrocinetici di scorrimento e di rotolamento.
Quando la tibia si estende sul femore, questa rotola e scorre anteriormente,
mentre quando il femore si estende rispetto alla tibia si ha uno scorrimento
anteriore e un rotolamento posteriore.
La rotazione assiale della tibia relativamente al femore è un’importante
componente della mobilità articolare. Nel meccanismo screw-home
dell’articolazione, quando il ginocchio si estende, la tibia ruota
esteriormente.
La rotazione avviene perché il condilo mediale è più largo del laterale e,
quando l’arto è in carico, la tibia ruota esteriormente per raggiungere la
completa estensione.
La componente rotatoria conferisce all’articolazione una maggiore stabilità
in estensione .
Quando il peso corporeo è caricato sull’articolazione il muscolo popliteo
deve contrarsi per far ruotare esternamente il femore e “sbloccare” il
ginocchio in modo che possa avvenire la flessione.
Nell’articolazione del ginocchio si distinguono i legamenti, i menischi e le
borse sinoviali comunicanti con la cavità articolare.
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1.1 LEGAMENTI CROCIATI
Figura 2
8
Il legamento crociato anteriore va dall’area intercondiloidea anteriore della
tibia alla faccia interna del condilo laterale del femore; impedisce al femore
di spostarsi posteriormente durante la fase di carico sull’arto, stabilizza il
ginocchio nell’estensione completa e impedisce l’iperestensione.
Inoltre, stabilizza la tibia evitando l’eccessiva rotazione interna ed è un
supporto secondario agli stress valgo/varo quando i legamenti collaterali
sono danneggiati.
Il crociato anteriore lavora insieme ai muscoli della coscia, in modo
particolare con quelli del distretto posteriore, al fine di stabilizzare
l’articolazione.
Nell’estensione completa il legamento è in massima tensione e si rilascia
durante la flessione.
Il legamento crociato posteriore, più robusto di quello anteriore, si estende
dalla faccia laterale del condilo mediale del femore all’area
intercondiloidea posteriore.
Quando il femore scorre sulla tibia, il legamento crociato posteriore inizia a
tendersi e impedisce un ulteriore scivolamento.
In genere il crociato posteriore impedisce un’eccessiva rotazione interna.
l’iperestensione guida il ginocchio nella flessione e ha un’azione di freno
durante la fase iniziale di scivolamento.
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1.2 LEGAMENTI COLLATERALI
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1.3 MENISCHI
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Figura 3
12
I menischi hanno molteplici funzioni: innanzitutto aumentano la
congruenza tra i condili femorali (convessi) e i piatti tibiali
(sostanzialmente piani), distribuendo così il carico in modo uniforme su
tutta la superficie articolare; partecipano alla stabilità del ginocchio in
modo sinergico con il legamenti; migliorano la distribuzione del liquido
sinoviale sulla cartilagine articolare, facilitandone così la nutrizione.
Si comprende dunque come la rimozione completa di un menisco possa
provocare, nel lungo periodo, una degenerazione artrosica precoce.
1.4 LA ROTULA
L’insieme del quadricipite, del tendine del quadricipite, della rotula e del
tendine rotuleo forma il complesso estensore del ginocchio.
La rotula aiuta il ginocchio nell’estensione , allungando il braccio di leva
del muscolo quadricipite.
Essa distribuisce la forza compressiva sul femore, incrementando la
superficie di contatto; inoltre protegge il tendine dallo sfregamento.
Lo scorrimento nella troclea dipende dalla forza di contrazione del
quadricipite, del tendine rotuleo, dalla profondità dei condili e dalla forma
della rotula.
Il buon funzionamento della rotula è basato sulla presenza di un angolo di
valgismo femoro-tibiale di circa 5 - 7 gradi ed un buon allenamento
dell'apparato estensore. L'angolo Q normale va da 10° a 15°. Un angolo 0
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aumentato determina aumento degli sforzi sulla faccetta interna della rotula
da 20° a 45°(fig. 4).
Figura 4.
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1.5 FUNZIONE DEI MUSCOLI
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Figura 5.
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2.IL GINOCCHIO DOLOROSO: VALUTAZIONE ED
ESAME CLINICO
Gli strumenti più efficaci per valutare le condizioni del ginocchio sono
l’anamnesi e un attento esame obiettivo.
L’utilizzazione di una scheda standardizzata per la valutazione del
ginocchio assicura che nessun aspetto dell’anamnesi e dell’esame clinico
sia trascurato e che la valutazione proceda in modo logico e sistematico.
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Se il problema del ginocchio è dovuto a un’unica lesione specifica, la
possibile patologia del ginocchio che ne è responsabile è limitata a un
gruppo ristretto di lesioni ( ad es., dei menischi, dei legamenti, frattura,
rottura tendinea,ecc.).
L’inizio subdolo e non traumatico del dolore al ginocchio è indice di una
lesione da sovraccarico, una sindrome infiammatoria, un’eziologia artrosica
piuttosto che di una lesione legamentosa o meniscale acuta.
Stabilire se la causa del dolore al ginocchio sia stata una lesione acuta e
traumatica, oppure se abbia avuto un inizio subdolo e non traumatico aiuta
a discriminare fra diverse eziologie (ad es., strappo dei legamenti rispetto a
origine
infiammatoria).
Un approfondito esame obiettivo richiede la conoscenza di alcuni fattori:
• Sintomo principale. È importante chiedere come ha avuto inizio e
determinare se il sintomo principale è la tumefazione, la rigidità, il rumore
articolare, l’instabilità oppure il dolore articolare.
• Bilateralità. Di solito corrisponde a un inizio subdolo non traumatico del
dolore al ginocchio.
• Durata e comparsa dei sintomi. È importante capire se il dolore del
paziente sta aumentando o si sta riducendo.
Il paziente può aver avuto un episodio di dolore al ginocchio che non è mai
passato, oppure il dolore potrebbe essere intermittente o esacerbato da
particolari attività.
• Età, sesso e livello di attività. Alcuni problemi al ginocchio sono più
frequenti in alcune fasce di età o tra uomini o donne (ad es., il dolore
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anteriore del ginocchio o il dolore femororotuleo è più comune fra le
giovani atlete).
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deve essere mobilizzato passivamente per riottenere mobilità. Il blocco
articolare è un segno tipico di una lesione meniscale oppure della presenza
di un corpo libero
all’interno dell’articolazione.
Un ginocchio bloccato di solito conserva la flessione, mentre il paziente ha
difficoltà a raggiungere gli ultimi 5-20° di estensione completa.
Per passare all’esame obiettivo, il paziente deve indicare l’area del
ginocchio che gli provoca più problemi.
Quest’area si suddivide in anteriore (quadricipite, rotula, retinacolo rotuleo,
tendine rotuleo), laterale (rima articolare laterale, condilo femorale laterale,
piatto tibiale laterale), mediale (rima articolare mediale, condilo femorale
mediale, piatto tibiale mediale) e posteriore (fossa poplitea, rima articolare
posteromediale e posterolaterale).
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2.3 DISTURBI FEMOROROTULEI
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• Sindromi da sovraccarico
• Tendiniti rotulee (ginocchio del saltatore)
• Tendinite del quadricipite
• Malattia di Osgood-Schlatter (tubercolo tibiale)
• Sindrome di Sinding-Larsen-Johanssen (polo inferiore
della rotula)
• Sindromi da compressione della rotula
• Sindrome da eccessiva compressione laterale della
rotula (SCLR)
• Lesioni dei tessuti molli
• Sindrome da frizione della benderella ileotibiale (ginocchio
laterale)
• Sindrome sintomatica della plica
• Infiammazione ipertrofica del cuscinetto adiposo
(malattia di Hoffa)
• Borsiti
• Dolore del legamento femororotuleo mediale
• Problemi di connessione biomeccanica
• Iperpronazione del piede
• Dismetria degli arti inferiori
• Perdita di estensibilità
• Trauma diretto
• Lesioni della cartilagine articolare (isolate)
• Fratture
• Fratture e lussazioni
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• Osteocondrite dissecante (OCD)
I punti chiave della riabilitazione dei disturbi femororotulei mirano ad una
riduzione dei sintomi e dell’insatabilità del ginocchio, all’aumento della
forza e della resistenza del quadricipite ed infine all’aumento della stabilità
della rotula con una stabilizzazione dinamica o con meccanismi passivi.
3. STRUTTURA TENDINEA
3.1 GENERALITA’
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L’insieme di numerosi fasci di 2° ordine, circondato dal perite nonio
costituisce il tendine (fig. 6).
1 peritenonio
2 setti endotenonici
3 fascio di II ordine
4 fascio di I ordine
5 tenocita
6 fibre collagene
Figura 6.
Il tessuto tendineo possiede tre caratteristiche meccaniche: elasticità,
viscosità e plasticità.
Il tendine ha quindi la tendenza a deformarsi in maniera proporzionale ai
carichi applicati e ad assumere le stesse condizioni iniziali (elasticità).
Ha un comportamento viscoso in quanto esiste proporzionalità tra la
velocità di deformazione del tendine e la forza applicata.
Il tendine è inoltre dotato di plasticità quando è sottoposto ad una
sollecitazione meccanica, non subisce nessuna modificazione finche la
sollecitazione non raggiunge un carico limite.
Il tendine è molto sensibile alle sollecitazioni dovute all’esercizio fisico.
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A queste sollecitazioni reagisce rinforzandosi, gli allenamenti allo sprint ad
esempio provocano un aumento delle dimensioni del tendine.
Osservato al microscopio il tendine ha un aspetto ondulato; ogni livello ha
una sua fascia specifica.
Ciascuno dei fascicoli all’interno del tendine è organizzato in parallelo
rispetto agli altri.
Se un tendine viene sottoposto ad un test di stiramento la risposta alla
sollecitazione avviene in diverse fasi ( Butler e coll. 1978):
Il tendine mostra inizialmente un andamento ondulato (deformazione
dell’ 1-2%).
Lineare, (sollecitazioni legate all’attività sportiva, salto, corsa,
determinano una deformazione attorno al 3%)
Lacerazioni parziali, nel corso del quale il tendini reagisce a
sollecitazioni intense con lacerazioni microscopiche che si
ricompongono alla fine delle sollecitazioni; durante questa fase
avviene il potenziamento del tendine, (deformazione dal 3 all’8%)
Quarta fase che è quella della rottura completa del tendine (la
deformazione supera l’8%)
I quadri anatomo-patologici passano attraverso vari stadi che vanno dalla
semplice infiammazione della guaina che li avvolge, alla infiammazione
vera e propria del tendine, che può apparire assotigliato o ispessito, qualora
si istaurassero fenomeni di tipo degenerativo (tendinosi) per arrivare alla
rottura parziale o totale.
I primi stadi sono tipici dell’atleta giovane, i successivi colpiscono
soprattutto l’atleta anziano o gli ex sportivi.
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Le rotture avvengono quindi generalmente in tendini le cui proprietà
meccaniche sono già alterate e quindi e possono quindi verificarsi anche
per traumi di modesta entità.
Traumi anche particolarmente violenti possono comunque determinare
rotture tendinee acute complete anche in giovani atleti (fig. 7)
26
3.2 CLASSIFICAZIONE DELLE LESIONI TENDINEE
LESIONI ATRAUMATICHE TENDINEE
27
LESIONI TRAUMATICHE TENDINEE
ROTTURE
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Possono essere causate da fattori intrinseci (difetti nella lunghezza o
angolazione degli arti, squilibri posturali), o estrinseci (errori di
allenamento, attrezzature e/o attrezzi sportivi non idonei).
SINDROMI DA SOVRACCARICO
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I sintomi dolorosi sono piuttosto modesti, al pari della palpazione che
rileva un tendine ispessito, che consente di individuare le irregolarità
marginali sotto forma di noduli ed ispessimenti circoscritti, e che da in
genere un modesto dolore.
Sono caratterizzate da tumefazione locale,dolore evocabile alle manovre di
contrazione muscolare attiva contro resistenza e, nelle forme fibrinose, da
crepito locale.
I dolori persistono nel punto di inserzione anche a riposo ma soprattutto
dopo attività intense e prolungate.
Il miglior trattamento in questo caso è il riposo (10-15 giorni) e, se
necessario, immobilizzazione parziale in scarico.
Tenosinoviti: nei tendini muniti di guaina sinoviale (membrana che avvolge
il tendine), come quelle dei muscoli flessori ed estensori delle dita delle
mani e dei piedi, si sviluppa una tenosinovite, che è appunto
un’infiammazione che coinvolge le guaine sinoviali.
Può essere provocata da un trauma o dall’ impianto di batteri.
Nel primo caso si tratta generalmente di traumi lievi, ripetuti per un lungo
periodo di tempo, caratteristici appunto di alcuni sport agonistici. Questi
piccoli traumi provocano lievi danni, che però non possono guarire,
mancando il necessario riposo, e quindi si accumulano.
L’infiammazione rende le guaine dei tendini rugose e irregolari, oppure
dure, spesso con la formazione di un nodulo.
La malattia è caratterizzata solitamente da dolore lieve, da riduzione dei
movimenti della regione colpita, e in alcuni casi dal blocco improvviso del
tendine durante il movimento.
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Le forme di tenosinoviti infettive, sono dovute perlopiù a streptococco,
quasi sempre, il batterio, raggiunge il tendine in seguito ad una ferita
profonda , più raramente proveniente da un’infezione vicina.
I sintomi sono dati da dolore intenso, spesso di tipo pulsante, gonfiore e
arrossamento lungo il tendine colpito e impossibilità di movimento.
La terapia è generalmente antibiotica.
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4. IL TENDINE ROTULEO
4.1 GENERALIA’
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E’ un tendine dalla forma piatta, molto resistente lungo circa 8 cm, largo
3,5- 4 cm.
È facilmente individuabile nello spazio sotto la rotula e sopra la testa della
tibia.
Converge medialmente e lateralmente con il retinacolo prossimale degli
estensori fino alla propria inserzione sul tubercolo tibiale. Questo rapporto
è importante in quanto una rottura del tendine di solito coinvolge anche il
retina colo.
Figura 8.
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È formato dalle spesse fibre del tendine del retto femorale che attraverso la
superficie anteriore della rotula.
La tensione massima viene generata sul tendine durante l’estensione attiva
del ginocchio con l’articolazione a circa 60° di flessione.
È stato dimostrato che la tensione che si sviluppa sul tendine è molto
maggiore alla sua inserzione ossea che nel decorso del tendine. Anche la
rigidità della fibra di collagene si riduce in queste zone periferiche. Tali
differenze nella trasmissione delle forze possono spiegare perché le rotture
avvengono piu’ comunemente vicino all’inserzione prossimale che lungo il
tendine.
È diventato tristemente famoso per il caso Ronaldo (rottura), anche se fra i
runner esistono molti casi di tendinite del rotuleo.
Essendo un tendine molto robusto (tant'è che il terzo centrale del rotuleo
può essere impiegato come neolegamento nella ricostruzione del legamento
crociato anteriore) è importante capire che alla base delle sue patologie c'è
sempre un errore dell'atleta. Infatti la corsa non è particolarmente
traumatica per il rotuleo (a differenza del tendine d'Achille).
Lo può diventare però nei casi in cui l’atleta corre in sovrappeso oppure
abbina la corsa a sport elastici a connotazione esplosiva come basket,
pallavolo o calcio su superfici sintetiche.
In questo caso la corsa predispone a praticare l'altro sport in condizioni di
stanchezza muscolare con conseguente superlavoro del tendine rotuleo nei
gesti in cui si richiede molta elasticità.
Anche un allenamento di tipo eccentrico (corsa in discesa, discesa dalle
scale) può provocare un sovraccarico del tendine durante l’azione frenante.
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Le ipersollecitazioni che derivano da questo tipo d'attività sportive
costituiscono senza dubbio una delle cause principali dell'insorgenza della
patologia, ma la determinazione del meccanismo responsabile della lesione
resta comunque un argomento abbastanza controverso.
Le alterazioni di tipo degenerativo a carico del tendine rotuleo, infatti,
costituiscono senza dubbio un'importante causa predisponente, inoltre
occorre considerare anche come possibile causa il conflitto tra il polo
distale della rotula e il tendine stesso durante il movimento di flessione
della gamba.
In effetti, molte lesioni del tendine rotuleo sono localizzate sulla faccia
posteriore del suo tratto prossimale, a conferma dell'importanza che il
conflitto tra tendine e rotula può rivestire in questo tipo di lesione (fig.9 ).
Figura 9.
35
La cronaca sistematicamente segnala la difficoltà al recupero e le frequenti
recidive per quegli atleti che accusano dolori, tendinopatie, complicanze
meniscali non traumatiche, dove anche una eventuale e minima riduzione
della funzionalità legamentosa non giustifica assolutamente i sintomi
accusati: esiste una ragione ben specifica, non necessariamente collegabile
alla pura sofferenza da "overuse".
Attraverso un accurato studio che impiega il rigore di fisica e biomeccanica
è possibile interpretare in maniera inconfutabile quali sono le reali cause
che portano il ginocchio a questo tipo di problematiche.
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Alcuni studi mediante RMN evidenziano un orientamento delle fibre
tendinee fino a 55° rispetto all'asse diafisario tibiale.
Ma qual è il beneficio di tale particolarità?
Attraverso la scomposizione vettoriale della forza applicata sulla tibia dal
tendine rotuleo, si ottengono due componenti:
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Da non trascurare è anche l'effetto logorante sulle stesse fibre del tendine:
se la forza generata dal quadricipite e applicata dal tendine rotuleo viene
dispersa per la maggior parte in senso compressivo (caso 3 nella tabella
sopra), lo smorzamento sarà inferiore per cui l'usura delle stesse fibre
tendinee aumenterà a dismisura fino a provocare la tendinite e la
conseguente definizione di "tendine debole".
Le conseguenze nel tempo di queste sollecitazioni, considerando la tipica
predisposizione del tessuto connettivo a perdere elasticità, portano la rotula
ad "abbassarsi" ed a lavorare più vicina ai condili femorali con la
conseguente riduzione dell'angolo di inserzione del tendine rotuleo.
Abbiamo già visto gli effetti sul tendine, ma vi saranno anche ripercussioni
per la cartilagine del comparto femoro-rotuleo, con la possibilità di
sviluppare una condropatia: partendo da uno spazio femoro-rotuleo ridotto
ogni sollecitazione imposta dal carico rotuleo troverà un'ammortizzazione
inferiore (impingement femoro-rotuleo).
Per comprendere quest'ultimo concetto è importante "proiettare" l'anatomia
nella dinamica: i recessi sinoviali laterorotulei hanno la capacità, per la
rotula, di comportarsi come una sospensione idraulica che perde
funzionalità quando il liquido sinoviale, proprio a causa dell' abbassamento,
sarà in altri comparti dell'articolazione.
Questo spiega chiaramente alcuni reperti clinici segnalati dalla valutazione
ecografica o dalla risonanza magnetica, fra cui anche il processo flogistico
localizzato spesso in prossimità del corpuscolo adiposo di Hoffa.
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Un altro meccanismo di rilievo che si crea con l'abbassamento rotuleo, è la
possibilità di determinare perturbazioni a quei sincronismi presenti nella
mobilità meniscale fino a indurne la lesione, soprattutto su base
degenerativa.
Poiché l'obbiettivo terapeutico è quello di ricreare le migliori condizioni di
funzionalità sull'apparato estensore del ginocchio, sarà fondamentale
ripristinare l'adeguata ripartizione delle sollecitazioni, sia dal punto di vista
articolare che tissutale.
39
4.2 LESIONI DEL TENDINE ROTULEO
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tendinea, poi attraverso una accurato esame obiettivo, si valuta il grado di
sofferenza e di funzionalità.
Utile il sostegno strumentale con un esame ecografico e di risonanza
magnetica. Nelle lesioni acute, la modalità del trauma, la sintomatologia
riferita e l’esame obiettivo da parte dello specialista, dirime ogni dubbio
sulla patologia; si prescrive comunque sempre un esame RM per valutare al
meglio l’entità del danno e per poter pianificare l’intervento chirurgico.
41
In tutte queste discipline, e particolarmente nei momenti ricordati, si ha un
violento aumento delle sollecitazioni del quadricipite sulle inserzioni
rotulee.
L’interessamento maggiore dell’una o dell’altra inserzione varia in
funzione del grado di flessione in cui si viene a trovare il ginocchio al
momento della massima concentrazione quadricipitale.
Anche delle alterazioni della normale anatomia del meccanismo estensore
del ginocchio (disassiamenti rotulei ) possono aumentare ulteriormente il
sovraccarico funzionale.
42
La tendinopatia inserzionale va anche distinta dalla peritendinite con o
senza tendinosi del rotuleo.
In questo caso il dolore e’ localizzato a livello del ventre tendineo che
appare aumentato di volume e più pastoso che di norma.
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I pazienti con disturbi sistemici preesistenti come il diabete mellito,
l’insufficienza renale cronica e altri disturbi autoimmuni possono andare
incontro a rotture tendinee durante attività non impegnative.
Queste rotture sono di solito bilaterali come conseguenza dell’ipostenia
generalizzata
del tessuto collagene.
Le rotture si possono avere anche dopo iniezioni di farmaci corticosteroidei
nel tendine oppure nelle sue vicinanze. Rotture del tendine rotuleo si
possono avere anche dopo interventi chirurgici che alterano il meccanismo
estensorio del ginocchio, come l’artroplastica totale del ginocchio o la
ricostruzione del LCA eseguite prelevando dal terzo medio del tendine
rotuleo.
In queste situazioni, la rottura non interrompe il processo rigenerativo, ma i
risultati
a lungo termine variano in conseguenza delle alterazioni dell’anatomia e
alla necessità di innesti ricostruttivi per ripristinare l’estensione del
ginocchio quando i tessuti locali sono deficitari.
Dopo una lesione acuta, il paziente di solito ha un importante emartro del
ginocchio e non riesce a caricare sull’arto leso.
Per lo più, l’estensione attiva del ginocchio risulta impossibile, in modo
particolare se la rottura coinvolge i retinacoli mediale e laterale.
Benché possibile, la flessione attiva del ginocchio è limitata per il dolore.
A livello della frattura si può palpare un solco e la rotula può sembrare
spostata prossimalmente a causa della tensione non bilanciata del
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quadricipite. Potrebbero esserci lesioni intrarticolari associate (come una
lesione del LCA) che devono
essere escluse.
Le radiografie abituali sono di solito l’unico esame strumentale necessario
per confermare la diagnosi di una rottura acuta. Occasionalmente, se la
lesione è stata causata da un’avulsione al tendine sono attaccati uno o più
frammenti ossei.
Anche l’ecografia ad alta risoluzione si è dimostrata efficace nel
confermare sia le rotture acute sia quelle croniche. Le immagini sagittali
ottenute con un trasduttore a vettore lineare permettono l’identificazione di
un’area confluente di ipoecogenicità, sinonimo di rottura completa. Le
lesioni croniche mettono in evidenza ispessimenti del tendine combinati
con una disorganizzazione del normale schema ecografico del tendine.
L’ecografia, sebbene economica e facile da effettuare, è operatore-
dipendente, il che determina livelli di accuratezza spesso differenti fra i
diversi istituti.
La RM si è dimostrata un eccellente, benché costoso, mezzo di valutazione
del meccanismo estensorio. Nelle rotture si nota la discontinuità del
tendine insieme alla fluttuazione del moncone del tendine e alla presenza di
emorragia nello spazio circostante.
Questa indagine strumentale è utile per valutare lesioni intrarticolari
associate del ginocchio.
Le rotture del tendine rotuleo sono state classificate in base alla posizione,
al tipo e alla cronicità della lesione, ma non esiste a oggi un sistema di
classificazione universalmente accettato.
45
Il più ampiamente utilizzato è quello di Siwek e Rao (1981), che hanno
raggruppato le rotture in due categorie basate sull’intervallo fra la lesione e
la riparazione: immediata rispetto a ritardata (riparazione che avviene più
di 2 settimane dopo la lesione). Questo è l’unico sistema che vede correlato
significativamente il tipo di lesione alla modalità di trattamento
(riparazione primaria rispetto a ricostruzione del tendine) e l’esito finale.
In riabilitazione, la differenza fra i due tipi di lesione è più influenzata dal
metodo
di trattamento che dal tipo di rottura.
Per una buona funzionalità del meccanismo estensorio del ginocchio è
necessaria la riparazione chirurgica del tendine rotuleo rotto.
Per questa lesione non è previsto un trattamento conservativo.
La riparazione chirurgica deve essere eseguita il più presto possibile dopo
la lesione.
Sono state descritte molte tecniche di riparazione, ma il metodo più usato è
la semplice riparazione terminoterminale dei monconi, con o senza una
sutura circolare di rinforzo.
In presenza di una rottura cronica (più di 6 settimane), il riavvicinamento
dei monconi tendinei è spesso impossibile a causa della retrazione del
quadricipite e la risultante migrazione prossimale della rotula.
In questa situazione, sono necessari la trazione rotulea preoperatoria ed
esercizi di mobilizzazione passiva.
Sono molti gli interventi di ricostruzione che vengono eseguiti una volta
ristabilita la motilità del ginocchio: riparazione primaria unita
all’utilizzazione di autoinnesti prelevati dai tendini degli ischiocrurali o
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della fascia lata, fibre di carbonio inerte o riparazione con filo di sutura non
assorbibile e tessuti di alloinnesto dal tendine di achille o da un tendine
rotuleo intatto.
47
4.4 APPROCCIO TERAPEUTICO
Terapia chirurgica: principi generali
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essere invece necessario ricorrere ad un trapianto tendineo (solitamente
dalla fascia lata o dal semitendinoso).
Solitamente la riparazione deve essere effettuata nei giorni seguenti
all’infortunio perché un eventuale differimento rende tutto più difficile per
la comparsa di contratture e retrazioni cicatriziali del complesso estensore.
Il trattamento postoperatorio prevede immobilizzazione in apparecchio
gessato o tutore per 5-6 settimane.
In rapporto alla presunta validità della tenuta della sutura può essere
iniziata gradualmente e precocemente una mobilizzazione assistita in
flessione di 20°-30° , mai prima però delle due settimane.
Orientativamente può essere implementata la flessione di circa 30° ogni
due settimane. Il carico, parziale, può essere concesso fin dai primi giorni.
Può essere molto utile nelle prime fasi la riabilitazione in acqua.
Il ritorno ad attività sportive avviene orientativamente dopo circa sei mesi
dall’infortunio.
49
4.5 METODO TOPAZ MICRODEBIDER
50
Si seziona il peritenonio per esporre il tendine danneggiato.
Si collega il dispositivo al tubicino che fornisce la soluzione
salina,regolando il flusso salino a 2-3 gocce al secondo ( immagine B).
51
Ogni 4 applicazioni,il dispositivo viene inserito sempre più
internamente,ad una profondità di circa 0,6 cm.
Poiché il dispositivo rilascia leggere irradiazioni di energia a
radiofrequenza (RF), vengono rimosse piccole quantità di tessuto.
Solitamente,la procedura TOPAZ dura meno di 20 minuti, dopodiché il
paziente è in grado di lasciare la clinica, appena svanisce l’effetto della
leggera anestesia.
52
5.RIABILITAZIONE DOPO RIPARAZIONE
CHIRURGICA DELLA ROTTURA DEL TENDINE
ROTULEO
53
Tabella 1.
54
55
56
57
58
Tabella 2.
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Il test di distanza del salto su un solo arto dovrebbe essere incluso come
modalità per confrontare la capacità funzionale dei due arti inferiori e
confermare la possibilità di ritornare all’attività precedente.
Prima di ritornare all’attività sportiva, un atleta deve mostrare di essere in
possesso di uno schema di movimento simmetrico e di un normale
allineamento in statica.
Principi di riabilitazione
Le strategie riabilitative possono seguire uno dei due seguenti approcci, dal
momento che il ginocchio evolve verso un’infiammazione cronica.
Si può scegliere di usare, per ridurre l’infiammazione, le tecniche
tradizionali che includono riposo, gli antiinfiammatori, il ghiaccio e gli
ultrasuoni.
L’altro approccio più aggressivo consiste nella tecnica del massaggio
trasverso, con lo scopo di accentuare il processo antiinfiammatorio acuto,
affinché il processo di guarigione non presenti una lunga stasi in fase
infiammatoria e vada verso la fase di riparazione fibroblastica.
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La tecnica comprende 5-7 minuti di frizioni al polo inferiore della rotula in
una direzione perpendicolare rispetto quella delle fibre tendinee, tutti i
giorni per circa una settimana.
Durante questo periodo devono essere evitate tutte le metodiche che
riducono l’infiammazione.
Se il dolore non diminuisce dopo 4-5 giorni, è improbabile che questa
tecnica risolva il problema.
Programma di riabilitazione
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Il programma riabilitativo è diviso in cinque fasi: riscaldamento, stretching,
piegamenti eccentrici, stretching, ghiaccio.
I piegamenti eccentrici, detti drop squat, sono seguiti con l’atleta che si
muove lentamente, da una posizione eretta a una posizione di squat e
ritorno alla posizione di partenza.
Per aumentare lo stress, si può incrementare la velocità di esecuzione
dell’esercizio fino a quando non compare un leggero dolore.
L’obbiettivo è di seguire 3 serie di dieci ripetizioni ad una velocità che
causa un lieve dolore all’ultima serie.
La presenza del lieve dolore è indice di un moderato stress.
Jensen e Di Fabio hanno proposto di trattare la tendinite rotulea con un
programma di esercizi isocinetici eccentrici per il quadricipite.
Il programma inizia con sei serie di cinque ripetizioni alla velocità di 30° al
secondo, tre volte alla settimana; si prosegue per otto settimane eseguendo
quattro serie di cinque ripetizioni ognuna alla velocità di 30-50-70° al
secondo.
All’inizio e al termine di ogni sezione di lavoro si effettuano esercizi
intensi di stretching del quadricipite e dei muscoli posteriori della coscia.
Le iniezioni di cortisonici a livello del tendine rotuleo per ridurre
l’infiammazione non sono consigliate, perché possono indebolire il tendine
e aumentare la possibilità di una rottura tendinea.
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L’atleta può tornare alla completa attività quando il dolore raggiunge livelli
tali da permettergli di saltare e correre senza che si verifichi gonfiore o
esacerbazione del dolore al termine della seduta.
Il quadricipite deve possedere una forza muscolare paragonabile a quello
del contro laterale.
CONCLUSIONI
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Stabilire se la causa del dolore al ginocchio sia stata una lesione acuta o
traumatica, oppure se abbia avuto un inizio subdolo o non traumatico aiuta
a discriminare fra le diverse eziologie ( ad esempio dilacerazione parziale
del tendine rispetto a origine infiammatoria) con conseguente terapia da
seguire.
Mai sottovalutare una tendinite soprattutto se tende a durare a lungo e se
l’esame ecografico dimostra una degenerazione della struttura fibrillare del
tendine di grado elevato.
Il trattamento anche nei casi più lievi deve essere condotto con rigore, per
evitare la cronicizzazione del fenomeno, o , ancor peggio, la rottura delle
fibre, evento catastrofico e molto temuto in ambito sportivo.
La vera cura della tendinite è la sua prevenzione evitando sovraccarichi.
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