ENDOPROTESI
PARTE VILLA
ANNO 2017/2018
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1. PROTESI D’
ANCA
LE ARTICOLAZIONI : L’
ANCA
Nell'anca c'è una capsula legamento sa che riveste la testa. Semisfera (testa del femore) che ruota all'interno di
una cavi tà sem isferica (acet abolo). La parte prossimale del femore che si innesta nella cavità (cavità acetabolare)
ricavata all’
interno del bacino, è accoppiamento sferico tridimensionale. Abbiamo poi il grande e piccolo trocantere,
e il collo del femore. Questa articolazione è la più soggetta a un maggior carico. L'anca è un'articolazione che
garantisce un movimento relativo tra parte superiore e inferiore del corpo umano. Nel cammino è necessario che
l'anca consenta dei gradi di libert à. Dobbiamo garantire che la protesi possa sopportare lo stesso carico che
sopporta l'anca. Grazie alla capacità del giunto sferico insiemeai legamenti e ai muscoli abbiamo un range di
movimenti inferiore a quello che dovrebbe avere solo il giunto. La protesi deve quini replicare anche il lavoro di
muscoli e tendini limitando eccessivi movimenti.
APPOGGIO BIPODALICO
APPOGGIO
MONOPODALICO
Se passiamo
all'appoggio monopo dalico (quando camminiamo) quello
che succede è che il baricentro del corpo si sposta dalla
parte dell'arto sollevato . Il baricentro del corpo si sposta
nella direzione dell’arto sollevato, per far cadere la retta di
applicazione del peso all’ interno dell’area tra i due piedi. Si
genera perciò un momento M che viene contrastato dai
muscoli. Quindi la forza peso è spostata. Quello che
succede è che la forza genera un momento dato dalla forza
M=C * braccio. Se non ci fosse qualcosa che mi equilibra il
momento cadrei. Questo qualcosa è la forza muscolare dei
muscoli abduttori . Questa contrasta l'azione della forza
peso e il momento generato dalla stessa forza peso. C'è
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una forza R generata dalla forza muscolare dei muscoli abduttori. Queste due forze, rispetto al centro
dell'articolazione, hanno un certo braccio. Perchè l'individuo stia in equilibrio su un piede solo è necessario che i
momenti prodotti dalle due forze di equilibrino. Quelle due forze generano una forza F che si scarica sull'articolazione
dell'anca. Ad ogni ciclo del passo quindi genero sull'articolazione dell'anca una forza risultante F che ha un'entità
importante. F è la somma vettoriale della forza peso e della forza muscolare F=R+C (considerando R come sola
componente verticale). Avendo un rapporto dei bracci di 4 a 1, la forza totale che si scarica sull’ anca è all’
incirca
uguale alle sole componenti verticali, e in questo modo trascuro la componente orizzontale. F vale quindi circa R più
C , che è uguale a (1 + a/b)xC, ed essendo a=4b, allora F=5C. Tutto si scarica sull'articolazione dell'anca. In
appoggio monopodalico avrò una forza sull'anca pari a 5 volte il peso corporeo (F=5*C), quindi circa 500 chili per una
persona media.
Valori maggiori indicano un maggiore uso dei muscoli abduttori. Il ginocchio ha valori più bassi perchè non ci sono
troppi gruppi muscolari che scaricano la reazione muscolare sul ginocchio. I possibili problemi sono la possibile usura
tra le superfici a contatto (sia nell’
articolazione naturale sia nelle protesi) o frature che possono essere causate dalla
forza peso.
E' quindi un'articolazione molto importante perchè coinvolge attività quotidiane importanti. Ha una determinata forma
semplice (semi sfera che ruota all'interno di una semisfera femmina). Nel tempo l'articolazione può degenerare e
portare a patologie.
Deformante secondaria : Legata ad altri processi che hanno modificato i rapporti anatomici e funzionali
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quali i traumi (si rompe il femore qundo poi si riaggiusta può andare a deformare rapporti funzionali
braccio leva), malformazioni congenite (displasia) , patologie endocrine (diabete, gota) , processi
infiammatori (artrite), osteoporosi. Lo sforzo dipende dalla forza articolare =reazione vincolare a livello
dell'anca/superficie resistente della cartilagine stessa. Può essere un'artrosi primaria (genetica) o può
essere anche un'artrosi secondaria a processi che hanno modificato i rapporti anatomici e funzionali
come traumi, processi infiammatori, patologie endocrine, malformazioni congenite, osteoporosi. Questo
può essere causata anche dalla rottura di una gamba per esempio, perchè magari cambiano i bracci
della forza muscolare causando squilibri tra forze e maggiore sforzo
sulla cartilagine.
fratture dell'acetabolo , con sfondamento della testa del femore nella cavità acetabolare (spesso dovute
a incidenti stradali, i femori sfondano la cavità acetabolare)
complicanze derivate da fratture come la osteonecrosi della testa femorale, ovvero l’ osso magari
guarisce appieno nella forma ma ho dei problemi vascolari , non arriva il giusto nutrimento ad alcune
parti e si arriva alla necrosi di una parte del femore ed è necessario l’impianto di una protesi (altre sono
la pseudo artrosi, varismo o valgismo, coxartriti settiche, artrosi secondaria)
BIOMECCANICA PATOLOGICA
Condizione fisiologica :
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TEORIA DI CHARNELY
Se si pensa che le condizioni di carico, sono particolarmente importanti, allora la centralizzazione della testa viene
ancora effettuata. Il carico dipende dal peso del paziente, più pesa il paziente, più le anche vengono caricate. Piu l’
attività fisica del aziente è importante piu la protesi deve sopportare forze più importanti (numero di cicli elevato).
Nel caso in cui si pensa che il caso clinico in esame determini un’ importante sollecitazione a livello della protesi,allora
si può decidere di centralizzare la testa femorale per far diminuire il carico agente sulla protesi stessa. Perchè non lo
facciamo sempre per determinare sempre un vantaggio ? Ci si scontra con un aspetto di conservazione della parte
ossea. Le protesi vengono impiatate al posto dell’ articolazione naturale ancorate a estremità ossee. L’ acetabolo viene
ancorato ad acetabolo naturale e lo stelo della protesi viene ancorato alla diafisi. Per fare questo l’ osso del femore e
del bacino vengono sagomati perchè abbiano forma corrispondente alla forma della protesi. Lavorare le ossa significa
asportarne del materiale affinchè si raggiunga la forma desiderata. Le protesi non sono eterne però, quindi
attualmente abbiamo durate buone, ma non eterne. Risulta possibile che durante la vita del paziente abbiamo
sostituzione della protesi. Non svolge più la sua funzione. A quel punto articolazione naturale non cè piu, e devo
altra protesi : revisione dell ’
sostituire quella artificiale con un’ impianto che deve trovare collo cazione dove era
ancorata la prima. Tiriamo via le componenti fallite. Già questa operazione di rimozione riduce ulteriormente la
massa ossea a disposizione. Mi ritrovo con sedi ossee di geometria non ottimale e con quantià di osso minore
rirspetto al primo impianto. Devo rilavorarle poi per mettere la seconda protesi. Se già il paziente non ha buona
qualità dell’ osso posso non trovare più sufficiente massa ossea per ancorare la seconda revisione. Oggi le protesi si
impiantano a persone molto più giovani, e quindi risparmiare osso al momento del primo impianto diventa
fondamentale per potere ancorare le componenti delle seconde terze protesi. Se facciamo la centralizzazione
dobbiamo spostare la posizione della coppa sacrificando una certa quantià di tessuto osseo. Motivo per il quale oggi
la centralizzazione viene fatta, ma non per tutti i pazienti, solo per quelli a rischio, obesi e giovani che non si
arrendono a obsità e vogliono camminare e correre : resistenza meccanica del dispositivo viene messa a dura prova.
Seoconda soluzione : osteot omia del gran trocantere. Con la volontà di aumentare il braccio di leva possiamo
tagliare il grantrocantere : sede dove abbiamo muscoli abduttori, e ruotandolo, riusciamo ad aumentare il braccio degli
abduttori. Le cose poi non stanno insieme, abbiamo tagliato via due pezzi : è necessario tenerli insieme, e venivano
usati fili di acciaio che venivano estratti al grantrocantere sperando che si saldassero con un processo naturale.
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SPECIFICHE DI PROGETTO DI UNA PROTESI D’
ANCA
Abbiamo capito come è fatta un’ anca e perchè si ammala, determinando necessità di protesissazione. Specifiche di
progetto di elemento artificiale che vada a sostituire articolazione d’
anca :
1. Consenti re i gradi di libert à rotazionali consentiti dall ’ articol azione natural e fra la coscia ed il baci no :
abbiamo capito che l’ articolazione naturale è una semisfera, cerniera sferica che ruota all’ interno di una
sfera e che consente rotazioni in tutti i piani tra coscia e bacino, e la stessa cosa la deve fare la protesi d’
anca. Devo mimare quella possibilità. Normalmente questa è una prima richiesta di progetto, e al progettista
si aprono due strade : La protesi deve garantire rotazioni in tutti i piani : come realizzo accoppiamento ?
copio la natura con la forma simile alla articolazione naturale ? oppure scelgo una conformazione che abbia
una morfologia differente ma che garantisca le stesse funzioni ? a seconda dei casi alcune protesi sono la
copia dal punto di vista di disegno della naturae, altre no. Nella protesi d’ anca si copia la tipolog ia di
elem ento che esiste in natura : essa è una cerniera sferica costituita da una sfera che ruota in una
semisfera. La semisfera è la cavità acetabolare. Se non devo inventare soluzioni nuove per soddisfare
requisiti di progetto, la coppa (forma) della artificiale è quella della naturale. Vediamo poi se replicare la
forma è anche efficacie e funzionale , se non comporta aggravi al corpo, ma in linea generale, se copio la
forma automaticamente la funzione viene garantita. Fin dalle prime protesi, la forma della protesi d’ anca è
quella dell’ articolazione naturale : accoppiamento sfera. Le protesi in generale copiano la forma dell’
articolazione naturale, e vedremo casi in protesi valvolari in cui questo non è vero. Abbiamo esempi sulla
protesi valvolare cardiaca in cui nel tempo si sono evoluti esempi più o meno biomimetici.
2. Sopportare i carichi appli cati durante il passo. Si ricorda a questo proposit o che tali carichi
raggiung ono valo ri pari e diverse volte il peso corporeo del soggetto : affidabilità meccanica della
protesi : essa è dispositivo fortemente caricato, e , perchè sia funzionale, deve supportare carichi durante il
cammino. Sopportarli cosa significa ? Non deve rompersi sotto l’ effetto di questi carichi, anche se non è l’
unico requisito che garantisce funzionalità. Se disegnamo protesi d’ anca molto sottile fatta di materiale molto
resistente, resiste anche ai carichi, ma la flessione nel ciclo del passo non garantisce cammino fisiologico al
paziente : non è solo da interpretare come : la protesi non deve rompersi, ma deve deformarsi in maniera
compatibile all’azione del cammino del paziente. Bisogna guardarla da due faccie. Sicuramente ho
affidabilità meccanica in termini di assenza di rottura, ma anche mantenimento della funzionalità della
protesi sotto l’
effetto del carico del peso corporeo.
3. resistere alla fatica meccani ca derivante dall ’ appli cazione cicl ica del carico durante il passo. In
genere si ritiene che l ’ articol azione dell ’anca sia sottoposta a circa 10 milio ni di cicl i di caric o in 10
anni da un soggetto che conduce una normal e attivi tà. Il compo nente protesi co maggi ormen te
sollecitato a fatica è lo stelo femorale. Devo preoccuparmi che il carico complessivo non sia tale da
indurre il superamento dei limiti resistenza del materiale quando applico il carico una volta sola : verifica di
reistenza statica. Verifico che sotto l’azione di quel carico, almeno staticamente la protesi non superi i limiti di
resistenza. Lo sforzo massimo deve essere sufficientemente lontano da questi carichi utili. Assodato questo
aspetto, devo preoccuparmi dei fenomeni di fatica meccanica determinati dal fatto che quel carico, una volta
ripetuto molte volte, potrebbe portarla a fallimento, alla generazione e sviluppo di cricca a fatica che si
traduce in diminuzione della sezione resistente fino a che nella sezione rimanente ho sforzi superiori allo
sforzo di rottura del materiale. Il numero di cicli applicati nel passo è elevato ; 1 milione all’
anno. La protesi
potrebbe durare 20 anni : 20 milioni di cicli applicati , e abbiamo detto che ognuna è 5 6 volte il peso
corporeo. I parametri sul quale il progettista può giocare sono pochi : sezione resistente (aumentata, ma
deve essere compatibile coi requisiti di compatibilità anatomica). Più che aumentarla posso fare disegno
della sezione resistente che sia furbo e minimizzi la grandezza degli sforzi generati in esso. Potrei scegliere
materiale diverso, molto reisistente a fatica. Ma abbiamo le mani legate : il primo requisito è che il materiale
sia biocompatibile : non devo generare risposte negative nell’ ambiente osseo ospite. I materiali di
costruzione sono quindi 2 o 3. Non possiamo pensare di farla in lega di alluminio resistente. Il
dimensionamento e il design della protesi deve far conto di questi vincoli forti,e ancora oggi, vedremo che la
fatica meccanica è uno dei problemi che affligge le protesi d’ anca. Il componente protesico maggiormente
sollecitato è lo stelo femorale. Dall’ altra parte abbiamo componente acetabolare. In esse agisce reazione
vincolare. Perchè lo stelo è maggiormente afflitto ? Perchè la forza,immaginata verticale, sullo stelo della
protesi d’ anca, genera momento dato da azione vincolare per il braccio. Su acetabolo abbiamo momento, ma
dato da braccio molto più piccolo. Componente acetabolare metallica e stelo protesi d’ anca sono soggetti a
momenti diversi per il fatto che i bracci di leva sono differenti : importante flessione e importante
compressione (lo stelo) acetabolo importante compressione e flessione modesta. per questo motivo lo stelo
della protesi è afflitto da problemi di natura meccanica.
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4. Avere delle superfi ci articol ari resistenti all’ usura o comun que tali per cui l’ usura non produca danni
funzionali , ne induca risposte indesiderate dei tessuti ospiti : La testina della prortesi d’ anca e l’
acetabolo sono le nostre superfici articolari, sicuramente soggette ad usura : abbiamo tutte le condizioni che
sottostanno al fenomeno dell ’ usura : moto relativo di una rispetto all’ altra : può succedere che produco del
detrito, non esiste ad oggi accoppiamento di materiali che non sia soggetto ad usura, abbiamo quelli soggetti
a minore a maggiore usura, ma il fatto che le componenti siano una a contatto con l’ altra e in moto relativo,
scatena il fenomeno dell ’ usura, usura abrasiva. Questo fenomeno non è eliminabile, qualcosa con la quale
dobbiamo fare i conti. Le superfici che si usurano di meno sono le migliori , ma la scelta progettuale della
tipologia di materiale è ancora vincolata dalla biocompatibilità. Non parliamo di biocompatibilità generale di
un materiale , ma specifica a una applicazione. In questo caso, la parte acetabolare, determina la
costruzione in due parti : metal back , semisfera molto sottile metallica ancorata all’ osso e inserto. Questo
inserto vincolato alla shell metallica è l’ effettiva superficie articolare. Una delle scelte è quella di fare l’
inserto acetabolare in polietilene, ben tollerato da organismo : non abbiamo reazione violenta del sistema
immunitario. Utilizzarlo come materiale di costruzione di inserto, e sapere che inserto è oggetto ad usura,
genera pezzi di politetilene , e quel detrito diventa reattivo a risposta infiammatoria e immunologica. Quel
polietilene che per la costruzione di sostituto di osso non soggetto a carico andava benissimo, per
applicazione protesi d’ anca può generare problemi di biocompatibilità diventando meno biocompatibile.
Essa non è propietà assoluta, ma fortemente dipendente dalla natura dei tessuti con cui viene a contatto e
dalla tipologia. Polietilene bulk non crea problemi, i detriti si. Abbiamo quindi componenti che perdono meno
detriti possibile : per il fatto che il detrito può innescare fenomeni di risposta infiammatoria che portano al
fallimento della protesi. Se perdo detrito,quella che era semisfera perfetta non lo è più,e, per fenomeno di
usura, è rugosa, con forma differente. Tutto questo può generare problemi a valle. Se diventa più rugosa,
avere superfici più rugose significa generare detrito maggiore di usura. Avere forme modificate dal processo
di usura vuole dire che quell’ accoppiamento non è più sferico, e quindi le pressioni di contatto e gli sforzi
che genero sono più localizzati , oppure la perdita di detrito è talmente ingente che quell’ inserto si
assottiglia talmente tanto chei carichi applicati ne causano la rottura oltrepassando i limiti ultimi del materiale.
Le conseguenze possono essere mitigate con progettazione ben fatta delle superfici articolari e dei materiali
connessi.
5. Essere fabbricata con materiali biocom pati bili nel senso che non devon o indurre alterazioni o
risposte indesiderate nei tessuti ospiti oppure devon o provocare una risposta biolog ica che
favorisca la stabi lità meccani ca dell ’ interfaccia fra stelo e femore e fra metal back e baci no:
materiali biocompatibili. Il successo di impianto protesico dipende dalla capacità dell ’ osso di inglobare parti
metalliche. Significa che la protesi, perchè funzioni in maniera adeguata, e perchè non causi dolore al
paziente, deve essere il più stabi le possibile. Essa viene raggiunta in due maniere differenti, con o senza
utilizzo di collante, e devo avere meno micromovimenti possibili tra componente protesica e ossea. Tutto
questo viene governato dalla capacità che l’ osso ricresca attorno all protesi, che l’osso colonizzi la superficie
della protesi, crescendoci sopra mantenendola salda nella sua vita utile. Questa capacità di ricrescita è
legata al tipo di materiale che scegliamo. Quello che possiamo fare per aumentare la biocompatibilità è fare
trattamenti sulla superifice della protesi stessa perchè sia più gradita nella sua ricrescita. Possiamo
spalmare la superficie con materiale biologicamente simile all’ osso : HA (idrossiapatite) ,che ha maggiore
compatibilità con componente ossea. Il materiale di costruzione è sempre l’ acciaio, ma la superifcie viene
rimodellata per essere gradita al tessuto osseo. Anche solo la morfologia superficiale della protesi, può
sollecitare riscrescita ossea maggiore e più veloce. Raramente vedremo steli di protesi d’ anca perfettamente
lisci, più facilmente li troveremo rugosi, perchè un certo tipo di rugosità permette alle cellule ossee di
aggrapparsi. Ancche semplicemente con operazioni di tipo meccanico possiamo rendere più biocompatible il
materiale di partenza della costruzione della protesi. La protesi di Charnley, aveva componente acetabolare
fatto di teflon . Inizialmente bisognava trasmettere meno carico allo stelo, fatto da Charnley in acciaio per
getti. Risolto il problema dello stelo con escamotage chirurgici, il problema della fatica meccanica dello stelo
è passato in secondo piano. Però, a quel punto, la protesi durava più tempo, e problemi di usura a carico
della componente in teflon determinavano risposte infiammatorie violente. Prima falliva perchè non durava
abbastanza perchè l’ usura si sviluppasse. Ora si hanno sott’occhio i problemi di usura dell’ inserto. La ricerca
andò quindi verso miglioramento dei materiali per diminuire problemi di usura : fu introdotto il polietilene,
meno reattivo del detrito di teflon. Causa meno problemi di biocompatibilità. Introdotto il polietilene sono
scemati i problemi di usura, e sono tornati i problemi di fatica meccanica (la protesi durava sempre di più) ,
che hanno comportato modifiche del disegno e scelta di materiali più importanti, determinando diminuzione
dei problemi di fatica meccanica, arrivando ancora a problemi di usura. Ping pong di problemi alternativi
connessi ad affidabilità della protesi sempre maggiore nel tempo. Si sono scoperti o riscoperti problemi che
si pensavano non esistenti o totalmente non risolti. L’ evoluzione della protesi nasce necessariamente dal
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fallimento della protesi precedente. Il follow up clinico è particolarmente importante : unica prova provata
che la protesi funzioni in ambiente biologico : tutte le verfiche della progettazione che posso fare prima di
mettere sul mercato, e quindi sul paziente, la protesi, sono tutte progettazioni che non posssono simulare
come la protesi risponda una volta impiantata. Non ho gli strumenti per replicare in laboratorio la risposta
adattativa del paziente, e devo aspettare il follow up clinico.
6. Garantire la stabi lità meccani ca delle interfacce citate sia subito dopo l’ impianto (stabi lit à primaria)
sia nel tempo (stabi lit à seco ndaria). Qui si definiscono due tipi di ancoraggi e stabilità : primaria e
secondaria. La primaria intende quanto la protesi è vincolata all’ osso appena dopo l’ impianto : dopo l’
impianto devo garantire che la protesi non si muova rispetto all’ osso in cui è inserita. Importante perchè la
preoccupazione di rimettere in piedi il paziente subito dopo l’ intervento sia importante : se consento al
paziente di camminare da subito , l’ osso ricrescerà più velocemente da subito : osso stimolato
adeguatamente con corretta dose di forza : ricresce più efficaciemente sulla superficie della protesi : devo
mettere il paziente in piedi da subito ottenendo più velocemente la stabi lità seco ndaria, definitiva, garantita
da ingobamento efficacie dell’ osso sulla protesi. La primaria viene ottenuta in due maniere differenti. Il fatto
di perdere una delle due stabilità è una delle cause di fallimento più comuni tra le protesi d’ anca : le protesi
vengono sostituite perchè manca vincolo tra osso e protesi. La protesi che balla nell’ osso è dolorosa, ed è
protesi che va incontro a problemi di resistenza meccanica. Se ho protesi che all’ inizio è ben vincolata all’
osso, sarà caricata con carichi da progetto. Maggior flessione è correlata a diminuzione della resistenza
dello stelo. Difficilmente protesi ben ancorata all’osso si rompe, protesi invece che ha perso stabilità
secondaria può andare incontro a rottura. La primaria è legata a come disegno la protesi e come penso di
vincolarla all’
osso : ce l ho sotto controllo come progettista. La secondaria meno , è legata a risposta
biologica del paziente : grande margine di incertezza del paziente.
7. Essere facil mente impiantabi le. Numerosi insidie per il progettista. Questo requisito, partendo dal primo
significato, antico, prevede di mettere in condizioni il chirurgo di sbagliare il meno possibile. Quando progetto
la protesi, progetto qualcosa inserito nel corpo in una certa maniera con certe angolazioni , vincolato all’ osso,
e con una serie di astrazioni fatte in sede di ideazioni che se non vengono conservate all’ atto chirurgico
cambiano lo scenario. Se il chirurgo la inserisce in una maniera sbagliata cambia tutto. Nel progettare uno
strumentario chirurgico, dobbiamo fornire al chirurgo uno strumentario il più efficiente e corretto possibile per
l’
esecuzione dell’ impianto, facile da usare, non complesso, e che lo limiti negli errori.Questa era la
concezione originaria. Oggi abbiamo ulteriore complicazione, i requisiti sono leggermente cambiati,e si
operano persone sempre più giovani per le quali deve essere prevista revisione dell’ impianto dopo vita utile
media della protesi per i quali deve essere risparmiato il più possibile l’ osso per revisioni future. Il paziente
dimostra sempre più con richieste di qualità e intensità di vita diverse : la tecnica chirurgica deve prevedere
un sacrificio inferiore della massa ossea, ma anche cicatrizzazione minore : maggiore è l’ apertura chirurgica
che faccio, maggiore è il tempo di recupero, e minore l’ esito in termini di efficienza dell’
apparato del
muscolo shceletrico. Vengono richiesti dispositvi impiantati con tecniche miniinvasive : protesi d’ anca :
cicatrice chirurgica deve essere la più piccola possibile. Se voglio cicatrice chirurgica piccola, devo
progettare dispositivo piccolo, non posso progettare grande protesi che si infili attraverso piccola apertura :
devo progettare dispositivi piccoli. Essi si scontrano con requisiti di progetto precedenti, più dispositivo
piccolo più soggetto a problemi di affidabilità meccanica. Non solo lo devo infilare attraverso ferita piccola,
ma devo risparmiare più osso possibile. Devo pensare a come infilare la protesi attraverso piccolo accesso,
cosa non semplice. Se sporgo il femore ho un discorso (strumentario diventa non complicatissimo) se ci
devo passare in maniera piccola è diversa : chirurgia miniinvasiva più complicata della tradizionale : questo
si traduce con questo requisito : complico in maniera importante la procedura chirurgica, do in mano al
chirurgo strumenti più complessi da utilizzare. Prendo di meno, chirurgo vede molto meno. Io progettista
devo dargli in mano strumenti che facciano indirizzare la protesi dove deve andare a finire. Quel requisito di
progetto, oggi, si deve scontare con questi requisiti in controtendenza.Operazione a cielo parzialmente
aperto è più difficile di operazione a cielo completamente aperto. Si vedono molti casi di errato
posizionamento della protesi da parte del chirurgo. Il chirurgo non ha ancora trovato equilibrio con ferite più
piccole, molto più facile sbagliare. Si va verso dispositivi che soddisfino esigenze del paziente, ma
complichiamo la vita al chirurgo nell ’ impianto della protesi
8. Essere facil mente sosti tuibile se si danneggia o comun que se il suo funzionam ento si comprom ette.
La facil e sosti tuibili tà riguarda princip almente il fatto che la sua rimozione non deve danneggiare
eccessi vam ente l’ osso così che l’ impianto di una nuova protesi possa avere probabil it à di successo;
(revisione)
9. Avere un compo rtamento biomeccanico che non alteri le caratteristiche meccani che global i del
sistema baci no femore. In partico lare le attual i protesi hanno steli che irrigidiscono la parte 8
prossi male del femore. Inoltre la catena stelo , testa, e cotile della protesi è molto più rigida di quell a
natural e, e ci ò determ ina la trasmi ssio ne di caricbi impul sivi parzialmente dannosi. Concetto dello
stress shielding. Schermatura da carico. La protesi d’ anca ne è l’ esempio più lamapante, e quando
inserisco lo stelo metallico, vado ad alterare la rigidezza del sistema osso protesi. Originariamente il femore
era una struttura tubulare fatta di osso riempito di niente. Quando inserisco lo stelo metallico, ho sistema
diverso dal punto di vista meccanico : vuoto che prima era riempito dal solo midollo osseo ora diventa
sistema osso più protesi, che risulta molto piu rigido di quello originario. Posso schematizzare con sistema
di due molle in parallelo questo, sottoponendole a forza F. Ho una rigidezza che rappresenta quella ossea,
e l’altra che rappresenta la protesi : il carico F che prima passava esclusivamente dall’ osso, ora passa da un
sistema fatto in maniera diversa. In condizioni fisiologiche, il carico sopportato esclusivamente dall ’ osso era
tale per cui l’osso sopravviveva, si rigenerava e moriva come nella normale fisiologia del tessuto osseo :
carico adeguato a consentire a osso di sopravvivere bene. Quando passo da quella situazione a questa,le
cose cambiano : il carico si distribuisce tra protesi ed osso. In che maniera ? Con due molle in parallelo il
carico passa maggiormente attraverso la parte più rigida : Fp e Fo,con Fp più Fo che è la forza F, ma con
Fp molto maggiore di Fo. La protesi si accolla gran parte del carico che agisce sul femore. Questo significa
che le deformazioni vanno di conseguenza : la deformazione che passa dall’ osso è molto minore di quella
che passa dalla protesi, molto minore della situazioni in cui avevo il solo osso, che si trova a essere scaricato
rispetto alla situazione fisiologica , il carico viene infatti preso dalla protesi. La condizione fisiologica dava
deformazione adeguata all’ osso per morire e ricrescere, mentre quando viene inserita la protesi, quella
stimolazione è più bassa,e l’ osso è stimolato di meno a produrre massa ossea : fenomeno del
riassorbimento osseo : intorno alla protesi vado incontro a perdita di massa ossea,infatti l’ osso non è
stimolato a produrre massa ossea. Questo è un aspetto ineliminabile, non esistono protesi con moduli
elastici o rigidezza simili a quelle dell’ osso, ma sono tutte molto più elevate, scaricando l’ osso del femore. Le
attuali protesi hanno steli che irrigidiscono la parte prossimale del femore. Quando avviene il fenomeno del
riassorbimento,la protesi non è più saldamente vincolata ll’ osso, ma inizia a mobilizzarsi creando dolore e
ricadute sull’ affidabilità meccanica della protesi. Quello che prima era costituito da parti abbastanza
deformabili, e da una determinata capacità di dissipazione di energia essendo materiali viscoelastici, quando
nel femore inserisco materiali metallici, la componente viscosa viene meno , e i carichi impulsivi vengono
direttamente trasmessi attraverso lo stelo alla componente ossea. I carichi impulsivi si tramutano in carichi
troppo elevati per l’ osso, e non vengono smorzati : arrivo a fratture nell’ osso. Faccio quindi un disastro dal
punto di vista del ripristino della fisiologia articolare, cambiando la rigidezza del sistema complessivo. Come
minimizzo o diminuisco questo problema ? Devo scegliere i materiali con modulo di elasticità basso, o
disegni della protesi che la rendano più elastica, in modo, complessivamente,da diminuire la Kp,
automaticamente determinando un carico maggiore passante dall’ osso che lo renda facilmente ricrescibile.
Ho una questione di equilibrio (trade off), materiale a modulo elastico più basso ha anche caratteristiche più
basse, e incorrerei in problemi di resistenza meccanica. L’ osso corticale ha modulo elastico di 17 Gpa. Lo
spongi oso di 0,1. Il titanio che usiamo ne ha 110. L’ acci aio , 220 e la lega di cromo-cobal to circa 200.
Capiamo che il problema è di un ordine di grandezza di rigidezza molto superiore del dispositivo rispetto all’
osso: anche se riduco la sezione resistente, non determino un gap di resistenza intrinseca sufficente a
ridurre di tanto lo sforzo : aspetto ineliminabile. Avere l’ inserto acetabolare in polietilene produce effetto
smorzante : plastica che smorza con capacità viscosa. Se la plastica viene sostituita da una ceramica, le
cose sono molto peggiorate. Se sullo stelo voglio diminuire i problemi di stress shielding, sceglo lo stelo in
titanio (anche se si sente la differenza elevata) , e avere inserto acetabolare rispetto al titanio diminuisce in
maniera importante i carichi sopportati. Potrei anche avere steli polimerici, ma plastica e basta non basta,
non ha caratteristiche meccaniche sufficienti per garantire stabilità nel tempo : si utilizzano plastiche drogate
che aumentano propietà meccaniche, che sarebbero, se funzionassero , più performanti che non uno stelo :
PEEK plastica con buona compatibilità che non crea reazioni nel corpo umano. Da solo però non avrà mai
caratteristiche meccaniche sufficienti a garantiere resistenza, e viene additivato con carbonio. Questo è un
problema di materiali compositi che in ambito biologico non hanno mai avuto grande successo. Storie di
insuccessi ne abbiamo tante, materiali usati con fibre additivate che con l’ andare del tempo rilasciavano fibre.
10. Garantire nei tessuti ossei, specialm ente del femore, uno stato di sollecitazione tale per cui il
fenom eno del rimodellam ento osseo non venga spostato verso il riassorbimento o la crescrita
anomala. Il decimo punto è collegato al nono : Garantiere nei tessuti uno stato di sollecitazione per cui si
vada verso ricrescita e non riassorbimento del tessuto. Viceversa potrei andare verso sovracrescita del
tessuto,che cresce in maniera abnorme,e sollecitazione potrebbe essere talmente alta che va anche a
rompere l’osso. Questo difficile stato di equilibrio deve essere raggiunto.
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Vedo come la ridistribuzione di carichi potrebbe determinare il fatto di cascare in insuccesso, stimolando l’ osso in
maniera sufficiente perchè ricresca quel che basta. Posso lavorare sul disegno della protesi perchè l’ osso possa
ricostruirsi sullo stelo , non è banale. Quando consideriamo la sollecitazione meccani ca, se guardiamo le due
componenti (protesi ,osso), possiamo ipotizzare che la sollecitazione sia correttamente condivisa tra protesi e osso,
in modo che la protesi si prenda buona parte del carico. L’ osso deve però essere anche esso sollecitato in maniera
accettabile. Arriviamo solamente cosi a stabi lit à della protesi : la pensiamo come secondaria, a lungo termine. Può
accadere che sulla protesi il carico sia troppo elevato , o che sull’ osso ci sia troppo o troppo poco carico. Se il
carico è troppo elevato sulla protesi, sarà soggetta a problematiche importanti di usura e fatica meccani ca. Più
carico la protesi più mi avvicino al limite di fatica incorrendo nella possibilità che lo stelo vada incontro a fatica.
Problemi di usura portano a ulteriore conseguenza chiamata necrosi ossea : il detrito prodotto dalla componente
polimerica dell ’acetabolo è reattiva nei confronti del sistema immunitario. I pezzi di polietilene che si staccano
(componenti estremamente piccole, submicrometriche) scatenano reazione infiammatoria. I detriti sono aggrediti dal
sistema immunitario, che richiama macrofagi a inglobare il detrito. I macrofagi fagocitano anche però parte dell’ osso,
determinando perdita di sostanza ossea : la componente ossea si riassorbe, non tanto per fernomeni di stress
shielding, ma per i macrofagi, che danneggiano massa ossea. Necrosi ossea significa che la protesi non è più
inglobata e correttamente tenuta dall’ osso : la protesi si muove nella sede ossea, causando dolore al paziente , e , in
seconda istanza, se il paziente non si accorge che la soglia è mobilizzata, e ha alta soglia di dolore, porta a problemi
di affidabilità meccanica. Protesi diventa sovraccaricata, e va incontro a problemi di frattura. Se l’ osso è troppo poco
caricato, ho artrofia ossea, dolore e problemi di fatica meccanica. Se dovessimo avere osso troppo caricato,
superiamo i limiti di resistenza del tessuto osseo. Osso si rompe e si frattura. Di tutte le distribuzioni tra protesi e
osso solo una è accettabile e garantisce stabilità della protesi. Difficile cogliere rigidezza della protesi per
determinare ridistribuzione tra essa e osso. Ad oggi poblema irrisolto, non esiste protesi d’ anca che non presenti
problemi di stress shielding : qualsiasi stelo causa stress shielding, la sua rigidezza è due ordini di grandezza più
grandi dell’ osso.
LA PROTESI D’
ANCA
Stelo
Testa
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Cotile
Metal back
MATERIALI PROTESI D’
ANCA
STELO
I requisiti dei materiali con cui costruire lo stelo devono : essere altam ente biocom pati bili,e
resistenti alla corrosio ne (ambi ente del corpo fortemente corrosivo). La resistenza alla
corrosione è un requisito vitale. Se si corrode lo stelo, abbiamo diminuzione repentina della
resistenza delle componenti generando problemi di affidabilità meccanica (buon resistenza a
carico di rottura). Solo alcune componenti in alcuni materiali vanno incontro a problemi di
resistenza statica. La maggior parte dei componenti non hanno questo tipo di problematica,
hanno tipi di resistenza statica sufficientemente elevata,e anche con carico impulsivo siamo
sufficientemente lontani dal raggiungere carichi di snervamento. Oggi, ancora persiste il
problema della componente ceramica. Per resistenza a fatica, il requisito è ancora attuale,
ancora oggi abbiamo steli che si rompono a fatica.
CORE
Abbiamo tre materiali in uso clinico con cui vengono costruiti gli steli della protesi d’
anca : lega di titanio grado 5
(lega Ti6Al4V), Lega di cromo-cobal to-moli bdeno , Acciai o inox AISI 316L . Le leghe di titanio hanno gli utilizzi più
svariati. Per il fatto che sono molto resistenti, con caratteristiche meccaniche elevate, con buona resistenza a
corrosione. Esso viene rivestito con leggero strato di osso per evitare fenomeni corrosivi. Ho sia uso industriale che
medico. I titani esistono esclusivamente in forme di leghe, e , innalzando il grado del titanio, innalziamo la percentuale
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degli elementi in lega . Titanio puro è titanio di grado 1, pochissimi elementi in lega, il titanio che abbiamo noi è grado
5. Elementi vengono usati per aumentare caratteristiche meccaniche, grado uno scarso, ma aggiungendo elementi
alla lega con minimo di raziocinio, aumento caratteristiche meccaniche. Rovescio della medaglia : più aggiungo
componenti spuri del titanio , più decresce la biocompatibilità. Titanio 1 molto biocompatibile, utilizzando titani meno
puri, la biocompatibilità va a scemare. La grado 5 è buon compromesso tra resistenza meccanica e biocompatibilità.
Per le protesi ortopediche usiamo solo quella. Extra low interficia. Nella lega, oltre al vanadio (presente per il 4%), e all’
alluminio (6%) abbiamo altri elementi, e la lega ha basso contenuto di ossigeno, smpre per questioni di
biocompatibilità. La grandezza dei grani di questa lega è minore, grani più fini rispetto a quella industriale. Troviamo
anche lega simile, non titanio 5, nella quale al posto del vanadio troviamo il niobio. Esso è un pò più biocompatibile
del vanadio. Percentuale di titanio che ho rispetto agli altri elementi, fa cambiare il grado della lega. Per fenomeni di
stress shielding,il titanio è molto più consigliato degli altri.
Sono diffusi anche steli in lega di cromo cobalto e acciaio inossidabile. Vantaggi ? Ho caratteristiche meccaniche
leggermente superiori alla lega di titanio per la resistenza meccanica. Grosso vantaggio dell’ acciaio è che costa poco.
Sono protesi sufficientemente resistenti, anche alla corrosione, lo svantaggio è modulo elastico troppo elevato(stress
shiedling)
FINITURA SUPERFICIALE
Per cercare di rendere più gradita all’osso la protesi, le finiture superfi cial i vengono lavorate con tecniche diverse
affinchè la rugosità superficiale della protesi sia più o meno rugosa. Troviamo finiture superficiali lucidate a specchio
fino a superfici macrorugose. La rugosità influenza la crescita dell’ osso sulla superficie. Non è ancora definita iN
maniera chiara quale sia la rugosità ideale. Ciascun produttore individua trattamento superficiale particolare
rivendendolo sul mercato come tale. In letteratura scientifica, scevra dI interessi economici, si trova di tutto. Non
abbiamo consenso definitivo su quale sia rugosità ideale per affacciare protesi all’ osso comunque. Le tecniche
utilizzate sono lucid atura e sabbi atura.
RIVESTIMENTO
Possiamo rivestire la protesi con microsfere e microfibre (rivestimen to metallico poroso), depositando , e
ottenendo,rugosità macro. Oggi non si vede quasi più. Quando integro due materiali, introduco ulteriore potenziale di
fallimento quando un materiale si stacca dall’ altro. Adesione deve essere perfetta. Possiamo poi avere protesi rivestite
con HA (idrossiapatite), spruzzata con plasma spray, e ridotta allo stato di plasma una volta scaldata ad alta
temperatura e poi spalmata. Viene usata per irruvidire la protesi metallica, perchè la rugosità superficiale del metallo
viene generata praticamente così. L’ adesione con tecnica plasma spray è estremamente efficacie , non ho rischi di
distacco. In altri casi, in cui la protesi sia cementata , possiamo trovare steli con depositato già cemento. L’
interfaccia
cemento protesi determina il fatto che non abbiamo sufficiente aderenza. Altri tipi di rivestimento possono essere
biovetri, e PMMA precoat.
COMPONENTE ACETABOLARE
Parte articolare. I requisiti sono gli stessi per la parte metallica. Necessitano di elevata
biocom pati bilit à e resistenza alla corrosio ne. Deve presen tare inoltre elevate
caratteristiche meccani che (carico di rottura, resistenza a usura).
SHELL
La shell acetabolare, metal back, si trova caricata da momenti flettenti più contenuti
rispetto allo stelo della protesi d’
anca. Resist enza a usura per queste è il requisito
fondamentale. La parte metallica dell ’ acet abolo (shel l) è uguale ai materiali dello
stelo, tranne che per acciaio (troviamo quindi lega Ti6Al4V e lega cromo-cobal to-
molib deno ).
FINITURA SUPERFICIALE
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di esami radiografici, sembrano più resistenti. A priori però questo non possiamo saperlo . Viene quindi concessa
estrema flessibilità per il chirurgo di infilare le viti in quale parte voglia.
RIVESTIMENTO
Accoppiamenti testin a/inserto acet abolare. Abbiamo diverse possibilità, ciascuna con vantaggi e svantaggi. Non
abbiamo soluzione ideale, dobbiamo equilibrare soluzioni tecnologiche disponibili e questioni economiche : l’
accoppiamento articolare perfetto ma che costa sproposito non è una soluzione progettuale attuale. I tipi di
accoppiamento sono i seguenti :
Testi na : la testina della protesi d’ anca può essere fatta in due materiali : lega di cobalto cromo, o materiale ceramico
(allumina). In particolare può essere fatta in alluminio. Queste sono le due possibilità per la testina. La parte
acetabolare deve essere protesizzata. Possiamo fare la protesi in pezzo unico direttamente con testone, che non può
permettersi di avere componente acetabolare protesizzata, ma si articola direttamente nell’ acetabolo naturale : caso
delle patologie in cui acetabolo non è coinvolto, come ad esempio osteomicrosi testa del femore. Vado a sostituire la
testa del femore, ma posso articolare questa protesi direttamente nell’ acetabolo naturale. In questo processo devo
avere testa simile alla dimensione della testa del femore. La protesi con testone è costruita normalmente in acciaio
inossidabile : ho la possibilità che la testa possa essere costruita anche in acciaio inossidabile, solo quando ho pezzo
unico. Esiste anche la possibilità di protesizzare solo la testa del femore, rivestendo (protesi da rivestimento) la testa
del femore con protesi sferica e piccolo stelo che si infila a livello della testa collo del femore. Nella protesi da
rivestimento rivestiamo superficie esterna. Essa si articola direttamente nell’ acetabolo naturale. La testina è quindi o
in metallo o in ceramica. L’ inserto acetabolare (cotile) che si trova tra lo shell metallico e la testina può essere
costruito in tre materiali : polietliene (UHMWPE) , allum ina, o lega cromo cobal to. Gli accoppiamenti articolari
possibili sono quelli scritti sopra: Testina può essere ceramica o in lega cromo cobalto,mentre inserto in politetilene.
Abbiamo possibilità che inserto sia ceramico, e l’ unica testina che va bene è quella ceramica : accoppiamento
ceramico ceramico. Possiamo poi avere accoppiamento metallo metallo con entrambi in cromo cobalto.
L’utilizzo del polietilene ha lo svantaggio che il polietilene, nonostante abbia basso coefficiente di attrito, si usura in
maniera importante : la quantità di detrito prodotto dal polietilene è elevata , causando problemi di reazione
infiammatoria. Il fatto che l’osso venga mangiato dai macrofagi determina osteolisi periprotesica causata da frammenti.
Vantaggi ? Si, la catena di accoppiamenti determina smorzamenti di carichi che non ha ceramica e metallo : carico
impulsivo con polietilene non viene direttamente trasmesso allo stelo,ma viene smorzato. Esso è un materiale
competitivo economicamente, e può essere sagomato per venire incontro a problemi frequenti : lussazione della
protesi. Compiendo certi movimenti, infatti, le due componenti si possono lussare. L’ articolazione diventa più debole.
Se la struttura legamentosa del paziente è carente, possiamo usare inserti non del tutto semisferici,e ad esempio
possiamo aggiungere un labbro, una parte che sporge : la protesi deve superare il labbro per potersi lussare in quel
caso : inserti antilussanti che limitano problemi di lussazione. Questi inserti sono fatti in polietilene, mentere è invece
molto difficile farli con alumina e metallo per ottenere il labbro. La lussazione con teste di diametro più grande è più
contenuta rispetto ad avere testine più piccole.
Qule è il vantaggio di fare accoppiamento polietilene ceramica ? Questo è dato dai vantaggi della ceramica :
possibilità di ottenere superfici estremamente lisce, più lisce di quanto non si ottengono con materiale metallico.
Posso effettuare la sinterizzazione di polveri per materiale ceram ico . Superfici lisce : riduzione usura. In un
accoppiamento di questo tipo, con un materiale duro e uno tenero, quello che conta è la rugosità del materiale
duro,mentre quella del materiale tenero, non importa molto. Dopo i primi cicli di carico,usurandosi, la rugosità viene
già asportata. Avere rugosità bassa sulla testina è importante,mentre sul polietilene no. Il contro è che la testina
ceramica costa molto rispetto a quella metallica, costruita in materiale diveso dalla testina metallica. Lo svantaggio
presentato dalla ceramica, è che la testina metallica non si romperà mai. Non arriveremo mai a superare il carico di
rottura, al massimo si snerva. La lega di cromo cobalto è duttile, subisce deformazioni plastiche. Ceramica è fragile.
Questo, a parità di carichi ultimi del materiale, determina rottura catastrofica della protesi. La ceramica è però inerte,
non scatena reazioni nel corpo umano, a differenza del polietilene. Il detrito di ceramica non genera reazione
infiammatoria, ma i detriti sono evidenti. Una non precisa scelta della tolleranza fra i due coni, fa si che la ceramica si
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sovraccarichi, generando cricche, che, quasi istantaneamente, portano alla rottura del componente. Risulta un
materiale promettente per inerzia chimica e per ottenere superfici rigide. Grandi rischi per la sua resistenza meccanica.
Accoppiamento ceramico ceramico è testina e inserto nello stesso materiale: allum ina. Amplifico rischi di rottura, ma
amplifico vantaggi legati all’
usura, ho superfici lisce che producono detrito molto basso, e reattività estreamente
bassa : produco poco detrito che non fa male. Queste particelle non creano problemi dal punto di vista di compatibilità
biologica. Accoppimento ceramico ceramico è il più caro. Le prime cermiche che furono presentate determinavano
incidenze di rottura elevate.
Ultimo tipo di accoppiamento : metallo metallo. In questo, sia la testa, sia l’inserto acetabolare, sono costruiti in lega di
cromo-cobal to. Questo accoppiamento ha avuto grandi successi e insuccessi. L’ accoppiamento metallo metallo
produce quantità contenuta di detrito contenuta, che però, è altmente reattivo : ioni cromo o ioni cobalto che si
generano , sono abbastanza critici. Essi , se sono molto piccoli, vanno in giro per il corpo,e sono potenzialmente
cancerogeni. Possono insorgere tumori e metastasi nell’ intero corpo se vanno nel letto sanguigno, e anche
localmente, nelle vicinanze della protesi, causano pseudo tumori : ammassi di tessuto che non si capisce cosa sia,
che in ultima analisi portano a scollamento della protesi dall’osso : insorgere di questi tumori , è legata alla quantità
di detrito che produco per usura. Al di sotto di una certa quantità sono smaltiti in maniera efficacie. Una parte però si
accumula. Se garantisco che la quantità in detrito prodotto sia al di sotto della soglia di smaltimento, ho
accoppiamento articolare vantaggioso: produco poco detrito, reattivo ma smaltito dal corpo, performante a basso
costo, e non ho problemi di natura meccanica. Gli accoppiamenti metallo metallo ci sono sempre stati. Oggi, vive un
periodo buio questo tipo di accoppiamento. Non viene più prodotto. Abbiamo avuto problematiche delle protesi
metallo metallo : metal back molto sottile : quando il chirurgo forza acetabolo, osso reagisce, si oppone all’ inserzione
acetabolo. Se fosse spesso, le forze di reazione dell ’
dell’ osso non sono sufficienti a variare geometria del dispositivo :
se viene reso molto sottile, il metal diventa semisfera molto schiafficata, e la sfera non articola più in una sfera, ma in
una specie di ovale che causa delle sovrasollecitazioni in certi punti che causano a loro volta produzione di detrito da
usura più elevata che nel caso in cui le sfere non siano geometricamente deformate. Si creò troppo detrito nei
pazienti. Da allora, nessuno mette più protesi metallo metallo, anche se lo smaltimento di ioni , mantenuto sotto soglia,
non genererebbe problemi.
Quantità di detrito prodotta dai diversi accoppiamenti visualizzata (premesso che il disegno delle componenti sia
corretto).
TIPI DI VINCOLO
Protesi Cementate : ancoraggio tramite cemento per ossa, maggiore superficie di interfaccia meccanica,
meno problemi di dimensionamento geometrico, tecnica chirurgica più semplice. Utilizzo cemento per
ossa ,materiale polimerico, polim etilm etacrilato , costituente del plexiglass. Fornito al medico in sala
operatoria sotto forma di polvere , e di un liquido (due fasi) che, miscelati durante l’operazione, mi
permettono di ottenere una massa fluida che ha lo scopo di ancorare la protesi all’ osso. Questa massa fluida
viene colata nel canale midollare preparato dal chirurgo : riempie parte del canale midollare. Quando ho
fluido e non è ancora partita la polimerizzazione, viene inserito stelo della protesi fino in fondo,e il cemento
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risale il canale, e riempie l’interstizio che esiste tra sede ossea e sede dalla protesi. Si aspetta qualche
minuto, cemento indurisce, e a polimerizzazione completata la protesi è inglobata nell ’ osso. Non è colla,
non è adesione su base chimica, è un riempitivo, sostanza che riempie gli spazi presenti tra sede ossea e
stelo della protesi. La sede ossea non è canale midollare del paziente. Preventivamente, una volta segato il
collo del femore, il canale midollare sarà in forma più o meno cilindrica, e quello che fa il chirurgo è
utilizzare delle raspe, strumenti che hanno forma della protesi ma con elementi taglienti. Da cilindrico viene
sagomato come forma della protesi. Risulta necessario preparare la sede con asportazione di osso mediante
la raspa. La sede in cui si inserisce cemento e stelo deve essere compatibile con quella della protesi.
Cemento per ossa è un materila polimerico, sufficientemente biocompatibile. Nella polimerizzazzione crea
problemi al tessuto osseo : la polim erizzazione è reazione esotermica, raggiungo temperature
abbastanza alte, ma comunque, ho materiale usato fin dai primi ordini, protesi di Charnley, determinando
vantaggi e svantaggi. Alternativa sarebbe non avere nulla tra stelo e osso: l’ interfaccia è diretta. Vantaggi
del cemento ? La superficie di interfaccia meccanica rispetto alla situazione in cui non ho nulla è diversa, il
mezzo interposto, grazie alla sua fluidità, si adatta perfettamente alla forma interna del canale. Una volta
ricavato il canale, l’interfaccia protesi osso è diretta. La sede che ricavo con le raspe non determina
superficie estremamente liscia, ma è abbastanza irregolare. Stelo protesico : non ho perfetto contatto tra
stelo e osso. Il cemento, rende superficie della protesi a contatto con l’ osso (tutta). I carichi trasmessi, se ho
di mezzo il cemento, si distribuiscono alla massa ossea in maniera uniforme : non ho punti in cui la protesi
sollecita l’osso, determinando una sollecitazione molto elevata in quanto in alcuni punti non c’ è : maggiore
superficie di interfaccia meccanica dell’ osso con cemento. La protesi cementata, deve prevedere che la sede
all’interno della quale va posizionata, sia più grande della protesi stessa. Il chirurgo deve fare buco nell’ osso
più grande della grandezza della protesi. Questo è un vantaggio, questo buco non deve essere troppo
preciso, so che il cemento compensa il gioco che ho tra protesi e osso. Il chirurgo deve essere meno
sensibile, e capace nel creare foro. Qualsiasi foro viene creato, la protesi ci sta dentro, e cemento compensa
i gap tra protesi e osso. Da una parte ho tecnica chirurgica più semplice : chirurgo deve ottenere un foro, e
tutto è compensato dalla presenza del cemento. Viceversa, se devo espiantare protesi cementata ho
problem i maggi ori in fase di revisione, non solo nel momento dell’ espianto (devo scollare la protesi dall’
osso, problemi di revisione). Ho più problemi di revisione perchè prima ho fatto buco più grosso, ho
mangiato più osso di quanto ne mangerei senza protesi cementata. Quando tolgo la protesi, devo lavorare il
foro per togliere tutto il cemento e accogliere nuovo stelo da revisione : allargo le dimensioni del foro e lo
allungo, garantendo che la protesi si vada a conficcare in una parte non interessata dalla procedura
precedente. La protesi da revisione è più lunga. Arrivo a dover ancorare la protesi più a fondo. La protesi
cementata presenta quindi più problemi in fase di revisione. Grosso vantaggio ? stabi lità primaria è
asso luta, data da inglobamento di azione del cemento, massima nelle protesi cementate. Mi assicura che
stabilità primaria sia efficacie. Sono protesi il cui utilizzo tendenzialmente si cerca di evitare in pazienti
giovani, e sono destinate a popolazione anziana. La popolazione anziana è quella che sfrutta di più la
protesi d’ anca.
Protesi non cem entate (press fit) : Ancoraggio tramite forzamento, minore invasività, minor rischio di
mobilizzazione. Rovescio della medaglia. Il foro, la preparazione del canale midollare del chirurgo, deve
essere tale che il foro ricavato sia un pò più piccolo delle dimensioni della protesi. Il chirurgo deve fare foro
preciso in questo caso. Questo perchè l’ ancoraggio avviene attraverso sforzamento dopo aver ricavato la
sede. L’ osso viene spinto e martellato. Si crea forzamento , acco ppiam ento con interferenza. Questa
interferenza è la sola componente che mi garantisce stabilità primaria della protesi : forzamento dello stelo
nell’osso. In questo caso, il fatto di avere mano ferma e capacità chirurgica importante è fondamentale :
foro deve essere fatto della misura giusta, se raspando porto via più osso di quello che levo, la protesi inizia
a ballare : la difficoltà chirurgica è molto superiore per questo motivo. La stabilità secondaria è sempre
legata alla decrescita dell’ osso. Ho minore invasività, e di fatto il foro che ho fatto nel femore è più piccolo,
ho risparmiato più osso per procedure di revisione. Ho minore rischio di mobilizzazione. Le protesi non
cementate durano di più di quelle cementate : una volta che l’ osso è ricresciuto attorno alla protesi
cementata, l’ unica interfaccia che può fallire è quella osso protesi. In quella cementata ho due interfaccie,
stelo cemento e cemento osso : due potenziali sedi di cedimento. Questo è già un aspetto che aumenta il
rischio di mobilizzazione della protesi cementata. Il materiale interposto tra stelo e osso, è plastico,
polimerico, con caratteristiche meccaniche basse : la plastica ha sforzi di rottura attorno ai 100 Mpa. Il
cemento è soggetto agli stessi carichi di stelo e osso, con ripartizioni legate alla rigidezza (tre molle in
parallelo e carico che si ridistribuisce). Oltre a poter cedere le due interfacce, si può rompere lo straterello di
cemento. Ho anche altre problematiche. Quando in sala operatoria mischio polvere e liquido, nella massa di
cemento intrappolo bolle d’ aria. Il cemento non è un materiale perfettamente uniforme, ma può presentare
bolle d’aria che diminuiscono la sezione resistente del cemento, aumentando la possibilità che si rompa in
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quel punto. Il cemento viene preparato sotto vuoto. La miscelazione viene fatta sotto vuoto,con pompa a
vuoto che succhia aria e minimizza possibilità di intrappolare bolle d’
aria. I vapori sviluppati durante la
preparazione del cemento, sono monomeri volatili e tossici. Anche preparando cemento sotto vuoto, si
formano bolle, che vengono liberate dal polimero. Comunque, il cemento polimerizzato può presentare delle
bolle : debole una volta messo dentro il paziente. Le protesi cementate si mobilizzano prima. In certi casi la
stabilità primaria è fondamentale, e viene garantita dal cemento.
Immagine di una tecnica attraverso il cemento. Preparo il canale, e alla fine del canale metto un tappo che impedisce
al cemento di fluire, di perdersi nella diafisi femorale. Dall’
altra si ottiene pressurizzazione quando inserico la protesi :
cemento risale tra protesi ed osso in maniera più efficacie. Quando non ho cemento la protesi è direttamente a
contatto con le pareti del canale midollare.
Prima generazione di steli cementati sono quelli monoblocco, con la Charnley e Thomson. Sono steli a
banan a lisci, monobl occo , con limitato numero di taglie e cem ento uniformemen te distribu ito
La seco nda generazione sono invece gli steli come quello autobloccante di Muller. Sono steli a lama
strutturati, modul ari, con ampi a gamm a di taglie e Cemento in A/P , pressf it biocorti cale M/L.
Spesso si chiamano col nome di un personaggio, normalmente chirurgo. Sono tutti chirurghi che hanno
individuato diversi design di protesi. Stelo sottile, a sezione rettangolare. Questo stelo cerca di avere
cemento in posizione anteroposteriore, ma di bloccarsi in direzione medio laterale. Il cemento risale
principalmente in direzione anteroposteriore, mentre il mediolaterale si appoggia sulla corticale del
femore stesso.
Terza generazione : Exeter e derivati, sono steli sottili , lisci lucid ati a specchio, con taglie a
svil uppo tridimension ale, spigol i smussati , centratori distali e prossi mali , e omogena
distribu zione del cem ento. Sono steli che possiamo trovare lucidati a specchio. Chi lo vende
asserisce che lo stelo offre meno resistenza alle pareti, entra più facilmente. Con lo stelo cementato in
realtà lo strato superficiale della protesi conta poco. Questo è il primo stelo dove ho centratori distali e
prossimali. Mentre nella protesi non cementata, essa viene forzata nel canale, seguendo la forma del
canale, in quella cementata c’ è errore di posizionamento. Ho tappo di plastica delle dimensioni della
fine del foro che ho ricavato. Quel tappo si colloca sul diametro finale del foro, e garantisce che lo stelo
sia centrato sul foro.
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DESIGN STELI NON CEMENTATI
Press-fit secondo Spotorno: Stelo CLS e derivati. La porzione prossimale è l’ unica zona di appoggio e di
osteointegrazione. Dalla zona prossimale verso quella diafisiaria lo stelo si stringe e si assotiglia per evitare ogni
possibile fenomeno di stress-shielding. Sono a sezione rettangolare in cui l’ osteointegrazione è demandata alla
sola parte prossimale : solo la parte grossa si pensa fondamentale a vincolare la protesi all’ osso. Lo stelo, mano a
mano andiamo verso la parte distale, si assottiglia per evitare stress shielding. Se la assottiglio quella parte è
meno sollecitata. Nasce anche della torsione, che può essere impedita con alette che creano vincolo geometrico
Press-fit secondo Zweymuller: Stelo Zweymuller e derivati. La porzione di appoggio e di osteointegrazione è più
ampia in direzione medio-laterale e comprende tutta la zona metadiafisaria. Protesi massiccia, con grossa
porzione prossimale, determinando la parte distale grossa, in modo tale da non rompere la protesi. Il contatto nel
canale è di tipo biocorticale, mentre la stabilità rotazionale è data dalla forma a cunea e dalla sezione
quadrangolare. Caratteristica di questo stelo è il riempimento del gran trocantere con una protuberanza a
sperone prossimo-laterale.
Press-fit secondo la scuola U.S.A : Stelo Osteonics e derivati. Sono steli di derivazione cementata. L’ appoggio
non privilegia più le corticali medio-laterali, ma si distribuisce anche su quelle antero-posteriori. La stabilità
rotazionale e anti-affondamento è più precaria e dettata solo dal corretto dimensionamento dell’ impianto. Stelo
osteonics, rivestimento di idrossiapatite nella parte prossimale. L’ appoggio è anche anteroposteriore in questo
caso. La protesi ha vita più lunga se mi appoggio anche in senso anteroposteriore non solo medio laterale.
Press-fit Anatomico Stelo ABG e derivati. Sebbene sia ancora diffuso, soprattutto per capacità di marketing, il
concetto di protesi anatomica è in declino. Si basa sulla riproduzione il più congruente possibile del design
femorale fisiologico, che ha una curvatura mediale. La stabilità di questi impianti è piuttosto labile, tralasciando
completamente le anatomiche e soggettive antiversioni del femore. Se si credesse ad una riproducibilità dell’
anatomia, si dovrebbe optare per le custom made. Pressfit anatomico, rispetto a tutti gli altri steli, questo ha una
curvat ura anteropo sterio re come la curvatura del femore. Se mi devo adattare bene ad appoggiarmi al femore,
se gli do già curvatura che ha femore naturalmene, questo effetto riesco ad amplificarlo : ragionamento corretto
se si disponesse di stelo per ogni paziente, ognuno ha la sua curvatura. Steli custom made : steli costruiti in base
alla anatomia del paziente, specifici per quel paziente. Steli che si adattano perfettamente all’anatomia del
paziente.
DESIGN ACETABOLI
Vediamo i design acetabolari a disposizione del chirurgo, e vedremo le cause di fallimento dei dispositivi, per avere a
disposizione dei dati sui quali ottimizzare le protesi, capendo i problemi che affliggono le protesi d’
anca.
1. Press-fi t
2. Ad espansion e
3. Ad avvi tamento
Press-fit : Utilizziamo quasi sempre il press fit . Quelli ad espansione hanno diffusione limitata. Sono oggi
in assoluto i più diffusi. Hannop una forma emisferica con schiacciamento polare per migliorare il
contatto e per affondarlo in modo corretto. Per anni è stato associato all’ uso di viti per una perplessità
diffusa circa la stabilità primaria. Oggi il numero di impianti ed i modelli di cotili che non prevedono l’uso di viti sono in
aumento costante. I press fit hanno una forma emisferica dove la parte polare è tagliata e schiacciata. Press fit
significa che funziona come lo stelo press-fit. La sede sferica ricavata nell ’ acetabolo è un pochoino più piccola dell’
acetabolo stesso. Creo interferenza tra acetabolo e sede acetabolare preparata dalla fresa. La stabilità secondaria è
demandata da crescita ossea su acetabolo che deve avere rugosità adeguata per ricrescita ossea. Vediamo fori sulla
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superficie acetabolare : sedi attraverso cui il chirurgo fa passare viti per ancorare acetabolo a osso. Questo, in
pazienti anziani, determina una qualità acetabolare non eccelsa per determinare tenuta del press fit. L’ osso è magari
più compatto della sede acetabolare, quindi utilizziamo viti che passano attraverso i fori, vanno a mordere l’ osso dove
è più compatto garantendo migliore tenuta. Foro in zona polare è filettato e utilizzato per connettere l’ acetabolo allo
strumentario.
Abbiamo anche cotili press fit monoblocco. Concettualmente sono come i cotili press-fit; se ne
differenziano per almeno 3 ragioni : -un design non totalmente emisferico, ma più ridotto nella
parte postero-mediale per favorire l’ articolarità -L’assenza di una interfaccia tra metallo e
polietilene, che riduce significativamente i rischi di debris -Il peso nettamente inferiore ed il
conseguente maggiore modulo di elasticità. L’ immagine di prima era del metal back,che deve
essere fissato in un opportuno inserto. Esistono design dove inserto e metal back sono un
pezzo unico. Polietilene ricoperto da shell in titanio (per plasma spray) , però lo consideriamo
un pezzo unico fatto da inserto e metal back.
Cotili ad espansione . Il cotile ad espansione, introdotto da Spotorno, vuole integrare un’ idea
non demolitiva e l’elasticità della protesi rispetto all’
osso. La dentatura garantisce un’
assoluta stabilità primaria grazie anche alla capacità di adattamento dei raggi alle pareti.
Hanno forma particolare, dentini su superficie esterna, per conficcare acetabolo all’ interno
della sede ossea. Il vantaggio è che, la corretta preparazione della sede
implantare,importante per stabilità primaria, non è cosi essenziale. Il cotile si fissa all’
acetabolo grazie a quei dentini che mordono l’ osso su tutta la superficie : questo da
stabi lità primaria . Ho anche 6 scanalature sull’ acetabolo. Scanalature permettono di dare
elasticità all’
acetabolo. Esso viene impiantato chiuso, ho una faccetta , che da una forma di
semisfera schiacciata, i petali del cotile sono chiusi. Una volta impiantato nella sede
acetabolare, la faccetta viene rimossa, garantendo miglior fissaggio del cotile alla sede
acetabolare : i denti si conficcano in maniera corretta nell’ osso. Essi erano diffusi perchè associati a un tipo di stelo
molto diffuso. La diffusione dello stelo, e il marketing della casa produttrice, ha permesso all’ acetabolo di avere
grande successo insieme allo stelo. Nel caso di revisione, estrarre il cotile senza distruggere sede ossea era diffcile.
Questo stesso motivo è alla base della obsolescenza dei Cotili avvitati : L’ acetabolo aveva
nella parte a diametro più grande un filetto presente sulla superficie esterna del cotile : una
volta piazzato nella sua sede finale veniva avvitato nella sede ossea. Bastava avvitare il
cotile, che si fissava in maniera egregia all’ osso : ottima stabilità primaria, ma , nella stessa
maniera, nel momento della rimozione nascevano grossi problemi, e questo cotile non viene
più utilizzato. Sono anche esistiti steli avvitati, dove la parte dello stelo portava un filetto
autofilettante, avvitando lo stelo all’
interno dell’ osso. Il concetto si basa sull’
uso di una
coppia di filettature da avvitare nella cavità acetabolare. La filettatura aggressiva penetra
nelle pareti ossee garantendo la stabilità del componente protesico. Molto utilizzato negli
anni ‘ 80 e nei primi anni ‘90. Vive oggi una stagione di declino, perchè tante revisioni in
corso hanno evidenziato i danni di invasività e di demolizione delle pareti(mediale) e del
fondo. Questo stelo funzionava, il suo problema era la revisione. Dopo un tot di anni, se quello stelo avrebbe dovuto
essere sottoposto a revisione, questa operazione sarebbe risultata difficoltosa.
CAUSE DI FALLIMENTO
Tendiamo a classificare le cause di fallimento in base al momento in cui si presenta rispetto all’
impianto :
suddivise in breve, medio e lungo termine. Breve termine intendiamo le cause che intervengono appena
dopo l’impianto della protesi : immediato post operatorio, e qualche giorno dopo l’
intervento. Per cause
medio termine intendiamo tra un mese fino a un anno, lungo termine da un’ anno e mezzo fino alla fine
della vita utile della protesi.
Tra i fallimenti, molte di queste tipologie verranno descritte nel dettaglio, ma valgono anche per altri tipi di dispositivi.
A BREVE TERMINE
Per cause di fallimento a breve termine intendiamo quelle scritte. Benchè queste cause di fallimento intervengano
subito dopo l’ impianto, esse sono una percentuale importante tra le cause di fallimento totali. Il 10% delle protesi
fallisce, e di questa percentuale, una buona parte, è dovuto a questo tipo di fallimento.
Mobilizzazione settica : la protesi deve essere rimossa perchè non garantisce stabilità primaria a causa di una
infezione. Nel post operatorio, pochi giorni dopo operazione, si scatena infezione attorno allo stelo artificiale, o all’
acetabolo artificiale. Da dove deriva questa infezione ? Primo, può essere perchè impiantiamo un dispositivo non
sterile, sul quale sono presenti dei microorganismi che causano infezione, o per il fatto che durante l’ atto operatorio
stesso intorduciamo dei microroganismi : ambiente non è totalmente sterile o lo strumentario. Oppure tutto è sterile,
ma il paziente, tornato in reparto, prende infezione. Il microorganismo si attacca in maniera preferenziale sulla
superficie artificiale, costituita da componenti protesici. Infezione viene dall’ esterno, ma trova manifestazione sul
dispositivo protesico. In che maniera incide la presenza di infezioni ? rappresenta il 5/10 % di tutte le cause di
fallimento (sepsi). Quale è la probabilità di impiantare dispositivo non sterile ? Tutti i dispositivi impiantati nel corpo
umano devono essere sterili. La sterilizzazione di questi dispositivi impiantabili viene fatta direttamente dal fabbricante,
ma tutte le componenti sono sterilizzate terminalmente direttamente dal fabbricante. In sala operatoria arrivano i
pacchetti già sterilizzati, e confezionati perchè venga mantenuta la sterilità. Come fa il fabbricante a sterilizzare ?
Abbiamo diversi metodi, le parti metalliche della protesi, vengono generalmente sterilizzate mediante radiazione e
raggi beta o gamma che uccidono la popolazione di microorganismi. Il fabbricante non ha generalmente facilities di
irraggiamento, ma abbiamo fabbriche che fanno servizi di sterilizzazione. Le parti plastiche, polietilene, inserti della
protesi d’ anca, vengono sterilizzati a ossido di etilene, tossico, che uccide le popolazioni di microorganismi. I raggi
invece tendono a modificare la struttura delle catene del polietilene, infragilendolo. Una volta che l’ inserto viene
esposto a questo osso, essendo gas tossico, è necessario che lo stesso prodotto venga messo in quarantena per il
degasaggio, dando tempo al gas entrato all’ interno alla struttura, di andarsene, avendo a disposizione qualcosa di non
tossico. La quantità di raggi che va a investire lo stelo, ma anche la quantità di gas a cui deve essere esposto il
pezzo, sono codifi cati con norme: se vuoi un certo livello di sterilit à, serve una certa quantità di raggi per un certo
tempo. Preventivamente a immissione in commercio, e per ottenere una certa certificazione a livello europeo,il
fabbricante deve dimostrare che i processi di sterilizzazione che utilizza sono validati : quella quantità di raggi su quel
pezzo determinano sterilità del pezzo. Le norme internazionali sono concepite per definire livelli di sterilizzazione tali
per cui otteniamo probabilità di avere dispositvo non sterile in confronto a popolazione più ampia di dispositivi : il
processo deve garantire un SAL pari a 10 alla meno 6 : se io sterilizzo un milione di pezzi a quelle condizioni, al
massimo posso avere un pezzo non sterile. Una probabilità estremamente bassa. Il fabbricante che sterilizza
terminalmente i dispositivi, è sicuro di fornire all’ ospedale un certo numero di pezzi sterili. Se il dispositivo è
sterilizzato terminalmente, non è quello che influisce sull’ insorgere di una sespi : ho livello talmente alto di garanzia
che il problema non sta li. Possono succedere delle cose : il dispositivo viene sterilizzato in un confezionamento
validato anch’ esso da chi fa certe protesi. Nel caso in cui il packaging dovesse rompersi, il dispositivo non è più
sterile. Le garanzie sono abbastanza alte : normalmente, un dispositivo come lo stelo, non ha singola scatola in cui è
contenuto, viene impacchettato nella doppia/tripla busta. Perchè si scatenano le infezioni quindi ? Probabilmente per
le altre cause elencate : microroganismo introdotto all’ atto operatorio, o infezione viene dall ’esterno, paziente investito
una volta tornato in reparto. Se l’ organismo viene introdotto durante l’ atto operatorio, ho probabilità più alte :
operazione di protesi d’ anca viene fatta in una stanza non perfettamente sterile, con al suo interno macchinari e
strumentazioni non tutte necessariamente sterili. Al suo interno ho persone, chirurghi e personale infermieristico. Ho il
campo operatorio : parte del paziente che stiamo operando tenuta maggiormente sotto controllo. Nel campo
operatorio non possiamo introdurre nulla che non sia sterile. Lo strumentario per impiantare la protesi, non viene
venduto all’ ospedale, ma il fabbricante lo da in uso agli ospedali. L’ ospedale, una volta eseguito l’ intervento, se ha
delle altre operazioni da fare, prende i pezzi,li pulisce e li sterilizza nell’ ospedale stesso. Generalmente utilizzano
sterilizzazione a vapore, e , attraverso l’ azione a vapore e l’ effetto di temperatura, ho cicli di sterilizzazione validati che
garantiscono di avere determinati livelli di sterilità. Lo strumentario sfugge un pò al controllo del progettista : una volta
che esce dalla fabbrica, che sia sterile o meno, dipende dalla fabbrica. Sulla possibilità che l’ infezione sia portata sul
campo operatorio, qualche probabilità c’ è. Questo è più probabile che accada rispetto a impianto di componente
non sterile. Terza opzione, tutto funziona bene in reparto, nascono problemi quando il paziente torna in reparto : i
malati sono portatori di agenti patogeni che risiedono nei loro corpi. Contatto tra paziente e un altro mediato esiste, e
ho contatto tra infermiere che va da uno e dall’ altro. Si cerca di andare a monte del problema, progettando gli ospedali
evitando le cross contaminazioni. L’ altro sistema di prevenzione : da quando gli ospedali hanno introdotto un
dispenser, i tassi di proliferazione di infezioni sono crollati, dimostrando che è il parente che entra dentro con mani
sporche, o infermiere. Delle tre possibilità, la parte più strettamente progettuale, è quella meno critica : gli alti tassi di
infezione sono dovuti a contaminazione nell’ atto operatorio o post operatorio. Se insorge infezione, uso antibiotici, ma
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se questo non funziona, e l’ infezione è particolarmente radicata, bisogna togliere il componente protesico e
impiantarne un altro. Dobbiamo aprire il paziente, togliere la protesi, eseguire lavaggi, e , se tutto va bene e se l’
infezione non è cosi importante, si reimpianta subito un nuovo stelo sperando di sconfiggere così l’ infezione.
Abbiamo casi in cui l’ infezione è talmente radicata che non si può da subito reintrodurre un nuovo stelo : sarebbe
ulteriormente rischiosa, li , di nuovo, il batterio rimasto, può nuovamente attaccarsi e scatenare un’ infezione. Se ho
messo protesi al paziente, una volta tolta non è più in grado di muoversi. Possiamo mantenerlo a letto prima che
regredisca l’ infezione, scelta che ha ricadute sulla ripresa del paziente. Mentre si aspetta che l’ infezione passi,
vengono utilizzati degli spaziato ri. Stelo e testa sono un pezzo unico, se c’ è infezione stelo e acetabolo entrambi
vengono tolti. Può essere usato lo spaziatore : stelo con testone che può articolare in acetabolo naturale, o ciò che
è rimasto, fatto in polim etilm etecrilato, additi vato con antibi otici . Vantaggio rispetto a terapia sistemica : l’
antibiotico viene rilasciato localmente dove ho infezione, per effetti diffusivi, e il combattimento contro infezione risulta
efficacie se l’antibiotico rimane li. Un altro vantaggio è che il paziente con lo spaziatore può deambulare, anche se
ho materiale molto più debole dello stelo definitivo, ma comunque ha caratteristiche meccaniche sufficienti perchè nel
tempo che serve a sconfiggere l’ infezione, il paziente non sia obbligato a rimanere a letto. Si garantisce al paziente
qualità di vita decente. Utilizzo di spaziatori permette recupero sociale. Gli spaziatori possono rimanere qualche mese,
sufficiente perchè infezione sia sconfitta, e procedere ad altro atto operatorio, in cui viene inserito stelo definitivo.
Altre due caratteristiche sono lussazione ricorrente e allergia. Lussazione : appena al paziente viene caricata la
protesi, questa non sta insieme : testa femorale lussa da componente acetabolare. Può essere dovuta a scorretta
esecuzione di atto operatorio, in termini di malposizionamento relativo tra le due componenti. Facile sbagliare
inclinazione della coppa acetabolare piuttosto della componente femorale che non ricoprirebbe in maniera adeguata la
testina del femore : i due pezzi non starebbero più assieme. Se la causa è di questo tipo, non possiamo fare molto:
vanno rimossi e posizionati in maniera corretta. Possiamo evitare di rimuovere metal back e usare inserti antilussanti,
che offrono una ritenzione dal punto di vista geometrico maggiore.
Allergia. Le allergie sono molto diffuse, e in questo caso appartengono a materiali che fanno parte delle leghe da
costruzione dei nostri dispositivi. Nella popolazione abbiamo alta percentuale allergica ai vari componenti di lega ,
determinando risposte drammatiche all’ impianto del componente che contiene questi materiali. Cosa si fa ? Utilizzo
dispositivo costruito con materiale diverso. Spesso le allergie non sono singolo elemento, ma più elementi : devo
trovare soluzione alternativa. Non ho infinità di materiali disponibili. Spesso non siamo estremamente allergici a tutti i
materiali, ma solo ad alcuni. Dobbiamo scegliere il materiale più opportuno. Deve essere fatto nel preoperatorio. In
certi casi, si trova che il paziente è allergico a quel determinato materiale una volta impiantato all’
interno del corpo.
Abbiamo altri trovati a livello di tecnologia che tendono a smorzare questo fenomeno : ricoprimenti su determinate
componenti metalliche, che schermano il materiale originario con materiali più biocompatibili. Il corpo del tessuto
biologico si interfaccia con materiale più inerte, e i produttori spacciano i coprimenti come anallergici : diminuzione di
allergia in pazienti sensibili a questo.
A MEDIO TERMINE
Medio termine. Cedimento strutturale, o mobilizzazione asettica (da un mese, fino a qualche anno)
Per Cedimento strutturale , intendiamo cedimento solo delle componenti ceramiche. Anche nel medio termine, una
componente ceramica, può incontro a rottura. Questo cedimento non è a fatica. O testina, o inserto, generano al loro
interno una cricca propagata nella componente, che può rompersi in maniera drammatica. Questa cricca del
fallimento può essere causata durante l’
atto operatorio: quando impatto l’
inserto acetabolare o la testina sopra lo
stelo, l’
impattazione può causare problemi che vedo nel breve termine con cedimenti strutturali delle componenti
ceramiche, unica componente che può andare incontro a fallimento. Non avrò mai cedimento strutturale del metal
back, a meno che non ci siano fenomeni strutturati.
Mobilizzazione aset tica : vengono amplificati i fenomeni di stress shielding : importante riassorbimento osseo,
abbastanza veloce , che determina mobilizzazione dello stelo. Si riassorbe parte prossimale del femore. Se la parte
prossimale dello stelo è poco fissata all’ osso, e se la stabilità secondaria non risultate efficacie, può succedere che il
paziente si sente male : mobilizzazione della protesi può causare del dolore, oppure, anche se non si accorge che la
protesi è clinicamente mobilizzata, questa mobilizzazione sovraccarica lo stelo che può cedere a fatica. Se l’ entità
della mobilizzazione è data da riassorbimento dell’ osso, questa può esser concausa anche di problemi per lo stelo.
Essa può avvenire in protesi cementate per fenomeno dello stresss shielding, determinando revisione diretta della
protesi, o problemi allo stelo : non più vincolato alla parte prossimale. Nel caso in cui venga utilizzato il cemento, a
medio termine può cedere il cemento: plastica con caratteristiche meccaniche meno importanti dei metalli. Il manto di
cemento può cedere,o in una delle due interfaccie, oppure può cedere di per sè. Abbiamo anche in questo caso
mobilizzazione asettica , oppure anche in questo caso possiamo arrivare a rottura dello stelo.Possiamo anche
intendere cedimento strutturale di parti metalliche non più vincolate all’osso (anche se prima ho scritto cedimento
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strutturale dovuto solo a cemeramica) : causa primaria è mobilizzazione asettica : due cause di fallimento a medio
termine. I detriti di polietilene determinano mobilizzazione asettica. Quali sono i meccani smi di usura coinvolti nella
generazione del detrito ? Questi sono abrasiva, adesiva e da terzo corpo. Sono coinvolte tutte e tre queste. Quella
abrasi va : dove esistono le condizioni , con i due corpi a contatto soggetti a moto relativo. La condizione è della
testina premuta contro inserto acetabolare e moto relativo, durezze diverse : si usura uno e non l’ altro. Anche nel caso
in cui i due materiali hanno la stessa durezza, si produce ugualmente usura. Non è necessario che uno dei due
componenti sia più duro dell’ altro. Esiste anche l’
usura adesiva, dove le forze di contatto sono molto alte, con
condizioni per cui l’ usura adesiva abbia luogo (microfusioni a livello microscopico che vengono staccate dal
movimento relativo delle due componenti). Entrambe producono detrito di grandezza submicrometrica, generando
fenomeno di osteolisi. Usura da terzo corpo : distacco di particelle dal materiale più tenero dovuto all’ azione di terzo
corpo che si interpone tra i primi due : testina e inserto. Terzo corpo : elemento estraneo a questi due che si interpone
tra testina e acetabolo. Il terzo corpo non è ne testina ne acetabolo. Da dove arriva questo terzo corpo ? Nel caso di
protesi cementate sono piccoli pezzi di cemento che sfuggono alla vista del chirurgo , frapponendosi tra testina e
acetabolo. Seconda fonte sono i frammenti d’ osso. Possibile che piccoli frammenti di osso si frappongano fungendo
da terzo corpo. Terza ipotesi, terzo caso , è che dei cristalli di sale presenti nei fluidi corporei si interpongano tra
testina e aetabolo. Cristalli di sale e osso possono scatenarsi in qualunque protesi d’ anca, mentre il frammento di
cemento si intrapone solo nel caso di protesi cementata. Terzo corpo : micropunte che si mettono tra testina e
acetabolo e scavano in maniera moolto efficacie. Quando si scatena questo tipo di usura il processo è fortemente
accelerato. Le due superfici articolari sono congruenti : geometria identica, dimensioni leggermente diverse, quindi,
quando il detrito, pezzetto, si infila dentro, è molto complicato che possa uscirne : le due superfici sono tali da
impedire la fuoriuscita del pezzettino. Risulta quindi molto difficile che venga prodotto il detrito e poi si abbia caduta
della produzione di detrito, motivo per cui nelle protesi d’ anca il rischio è molto elevato, e anche la percentuale di
segmenti dovuti ad usura rende ancora essa una delle cause più frequenti di fallimento.
A LUNGO TERMINE
Lungo termine : cedimento strutturale a fatica,o mobilizzazione asettica per osteolisi periprotesica da frammenti.
Cedimento Strutturale a Fatica : limite sopportabile dal materiale, si rompe lo stelo. Esso è praticamente correlato
solamente a rotture dello stelo. Se anche il collo è modulare, se lo stelo non è più un singolo pezzo, ma parte in cui
incono il collo del femore, si arriva a saturare la resistenza a lungo termine del materiale. Anche lo stelo si rompe.
Possiamo anche avere mobil izzazione aset tica per osteol isi periprotesica da frammento : l’ usura delle
componenti produce dei detriti che sono detriti submicrometrici che hanno come effetto quello di richiamare macrofagi
che insieme all’ inglobamento del piccolo detrito, mangiano anche parte dell’
osso : protesi si mobilizza : problemi
strutturali e dolore del paziente. Il problema scatenante è usura della componente acetabolare che avviene da subito :
si staccano pezzi di polietilene, ma nel medio breve termine non scatenano nessun effetto. Nel lungo termine l’ azione
dei macrofagi deve smangiare parte di osso sufficiente a determinare mobilizzazione asettica.
Prima operazione sulla produzione di questo tipo di protesi è la performatura. Dalla forma cilindrica viene ottenuta
una forma diversa. Poi ne abbiamo una manuale,protesi scaldata, e poi stampaggio. Forma abbozzata viene messa
nello stampo, dove ottengo la forma dello stelo della protesi. La protesi viene poi buttata all’ interno di vasconi
contenenti delle piccole piramidi di materiale ceramico(abrasivo). La protesi ne esce priva di spigoli. Possiamo avere
attacco acido, con certo grado di finitura superficiale. Rugosità può essere ottenuta meccanicamente,o sottoponendo
la protesi ad attacchi acidi. Abbiamo poi fase di cali brazione : ulteriore stampaggio. Lo stampaggio sono più fasi. Poi,
quello che esce dallo stampo, è una protesi che deve essere ulteriormente rielaborata, soprattutto nella parte del
collo, parte terminale conica della protesi, con tolleranze strette : si deve accoppiare con collo della testina. Queste
tolleranze possono essere generate solo con lavorazione per apsortazione di truciolo. Tutta la fabbricazione viene
fatta in regime di qualità ,garantendo che il pezzo abbia certe dimensioni di progetto. Abbiamo poi operazione di
sabbiatura : rugosità viene ottenuta sparando microsfere sulla superficie della protesi. Abbiamo poi controllo a liquidi
penetranti, un pezzo per volta viene messo in soluzione visibile sotto raggi particolari, e , il pezzo pucciato in questi
liquidi viene esaminato dall’ operaio, e, se ho cricche a livello superficiale , il liquido in cui è pucciato il pezzo penetra
nelle cricche, e posso scartare alcuni pezzi se presentano cricche superficiali. Se ho tracce di liquido sulla superficie
del pezzo, vuol dire che è da scartare perchè difettoso. Questo controllo viene fatto su ogni singolo pezzo che esce
dalla catena produttiva. Abbiamo poi operazione di pulitura con carte. Una parte ha forma dello stelo definitivo, ma
ho delle punte che permettono di mangiare l’ osso. La raspa, inserita nel canale midollare, determina forma corretta
dello stelo che vogliamo impiantare. Per ogni tipologia di stelo ho una raspa. La forma definitiva è ottenuta con
utilizzo di più raspe, arrivando a forma e dimensioni corrette.
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Quali sono gli sviluppi che oggi si vedono in process ? (che hanno applicazione clinica ma non sono del tutto diffusi).
Ho stelo tradizionale e stelo di nuova generazione. Ho risparmiato una porzione di femore che può risultare utile nel
momento di un secondo impianto. Al secondo impianto posso metterci questo : lo stelo da revisione può essere
inserito se ho messo un certo tipo di stelo (corto) al primo impianto, a risparmio della componente ossea.
Lo stelo ha una struttura diversa dagli altri steli. La trabecolatura non viene ottenuta come lavorazione finale dello
stelo e lavorazione superficiale. Essa stessa è parte del processo produttivo. Quella protesi è ottenuta con
tecnologie di additi ve manuf actorin g : stampa 3D di metalli. Questa stampa è un processo che si sta espandendo e
trova applicazione importante nei dispositivi impiantabili, processo che parte da polveri di materiale, e , attraverso
processo di sterilizzazione con fascio laser, fonde localmente particelle della polvere di titanio per ottenere forma
finale. Ho tecnolgia pulita : polveri di titanio, e pezzo che esce da stampante 3D è un pezzo pulito. Quando vengono
utilizzate altre tecnologie il pezzo va lavato. Oltre a non avere microorganismi sopra, non deve avere olii, quindi deve
anche essere lavato. Non ho agenti lubrificanti da utilizzare durante il processo. Oltre agli steli, posso anche fare
coppe acetabolari. Le polveri in titanio vengono caricate, e la polvere viene ridistribuita su una superficie da un carrello
che distribuisce uno strato molto sottile di polvere, poi , un raggio a elettroni, fonde la polvere nella forma dello strato
che do in pasto alla macchina. Una volta fuso lo strato, ho sistema di movimentazione : nuovo strato di polvere viene
deposto, e un nuovo strato viene fuso sopra lo strato precedente. Ottengo così più strati e la forma finale del pezzo :
semisfera che rappresenta l’ acetabolo. Dallo scatolotto non esce direttamente la forma finale ma un tubo di polvere
non sinterizzata con all’ interno i pezzi sinterizzati. Soffio via la parte di polvere non sinterizzata ottenendo i cotili finali.
Questo è vantaggioso per il fatto che riesco a fare molti più pezzi in un singolo job : ogni costruzione è un job.
Posso ottenere tanti pezzi contemporaneamente, soprattutto per quei pezzi che consentono posizione intelligente.
Svantaggi ? il funzionamento della tecnologia della stampante 3D è molto complessa, devo settare i parametri
produttivi della macchina in manera precisa : tecnologia nuova, se cambio un pò la forma devo mettere a punto un
nuovo processo.
Posso giocare sulla forma esterna della trabecolatura. Siccome la macchina con un minimo sforzo è in grado di
stampare qualsiasi forma , questa è la tecnologia più centrata per protesi ricostruite sulla geometria del paziente(la
3dmanufactoring). Quando il paziente ha un osso altamente deformato, lo stelo standard potrebbe non adattarsi in
maniera sufficiente all’anatomia del paziente. Oggi un utilizzo di questa tecnologia viene fatto per ricostruire intere
parti del bacino in pazienti affetti da tumore. Emibacino : ricostruito specularmente alla parte sana del bacino del
paziente creando forme davvero complesse : devo addattarmi al bacino. Diventa fondamentale andare a progettare la
trabecolatura perchè si adatti al resto dell ’osso del paziente che sto considerando.
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2. PROTESI DI GINOCCHIO
I passaggi che faremo saranno : Biomeccanica, patologie, disegno, fallimenti. Cerchiamo di capire come funziona
questa articolazione, valutando le patologie che portano alla necessità di protesizzazione e
valutando i disegni di utlizzo. Analizzeremo anche le tipologie di fallimento, all’
interno delle
quali vedremo nel dettaglio il problema delle usure, leggermente più complicato.
BIOMECCANICA
Per quanto riguarda l’ articolazione del ginocchio, le cose sono più complesse. La protesi d’
anca aveva un accoppiamento sferico. In questo caso, abbiamo più componenti di geometrie
differente coadiuvate da un sistema legamentoso più complesso di quello dell’ anca. L’
accoppiamento sferico era intrinsecamente stabile, non avevamo bisogno di compo nente
legamento sa. Nel ginocchio, le superfici articolari non sono congruenti alla perfezione. Il
ginocchio è composto, dalla parte distale del femore, che termina con due condili in cui essi
vengono divisi da un solco, e parte prossimale, pressochè piatta. L’
articolazione sono due condili che si
muovobo su una superficie più o meno piatta : questo garanti sce libert à, 6 gdl, maper avere movimenti fisiologici ci
dobbiamo garantire stabi lit à dell’ articolazione data da legamenti e meni schi . I menischi sono anelli cartilaginei
adesi alla superficie piatta della tibia che offrono conten imento laterale e anteropo sterio re ai condil i femorali. La
superficie piatta della tibia è poco congruente al femore : ci siamo evouti aumentando la superficie di contatto tra
femore e tibia grazie ai menischi, fatti di cartilagine, che contengono una porzione di condili che entra in contatto con
la tibia.I condili sono essi stessi rivestiti da catilagine. Una parte della
stabiità dell’articolazione è garantita dai menischi, e anche dai
legamenti del ginocchio. Abbiamo due legamenti colaterali e due
crociati che entrano in azione in corrispondenza di diversi
movimenti che il ginocchio può fare, impedendo che i movimenti
possano causare lussazione dell ’ articolazione. I due legamenti
crociati si incrociano nell’articolazione stabilizzandola ulteriormente.
Si dividono 3 compartimenti (importanti anche dopo per
classificazione protesi ) :
Femoro-rotuleo
Femoro-tibiale mediale
Femoro-tibiale laterale
Artrosi deformante secondaria a processi che hanno modificato i rapporti anatomici e funzionali quali : traumi
e processi infiammatori (artriti)
RIASSUNTO
Abbiamo visto come l’ anatomia del ginocchio sia più complessa e differente rispetto a quella dell’ anca, mentre nel
ginocchio abbiamo visto che le geometrie delle due componenti articolari (distale femore e prossimale tibia) non
abbiano la stessa geometria, la tibia risulta piatta. Quindi abbiamo una instabilità,demandata all’ azione di un
complesso di strutture legamentose e tendinee che la stabilizzano e che mantengono i range articolari all’ interno dei
range fisiologici, evitando lussazione dell’ articolazione. Abbiamo parlato di tutti i legamenti, collaterali e crociati.I
collaterali stabilizzano articolazione in componente medio laterale (movimenti in medio laterale sono contenuti in
parte dai menischi e in parte da questi legamenti). I legamenti crociati stabilizzano l’ articolazione in direzione antero
posteriore. La biomeccanica dell’ articolazione consiste in rotolamento del femore sulla superficie della tibia e poi
strisciamento sempre in direzione antero posteriore, altrimenti non avremmo rotolamento completo per tutti i gradi di
flessione del femore. Il femore è queindi costretto a strisciare sulla tibia per rimanerci a contatto. Questa traslazione
è limitata, o mantenuta nei range fisiologici dai legamenti crociati, quello posteriore limita la traslazione posteriore,
quello anteriore quella anteriore. I crociati stabilizzano l’
articolazione anche in rotazione interna esterna. La rotula,
osso che rappresenta la terza componente ossea, è ciò che sta sotto i tendini del quadricipite e del tendine rotuleo. Il
quadricipite femorale ha un tendine che passa sopra la rotula e si attacca nella parte prossimale della tibia. L’ azione
della rotula è quella di coadiuvare il quadricipite in estensione facilitando l’
estensione della gamba quando si
cammina : azione di carrucola della rotula. Durante l’ estensione stessa la rotula scorre nel solco rotuolideo tra i condili
femorali.
Nella maggior parte dei casi, le patologie si risolvono in uno scorretto bilanciamento tra il carico che va sul
compartimento mediale, e quello che va sul laterale. L’ aumento di percentuale di carico che passa dal mediale è
compensato dalle cartilagini. Se questo bilanciamento tra le due parti viene meno sovraccaricando uno dei due
compartimenti, il comparimento più caricato si trova a sopportare carico troppo elevato, e la cartilagine può andare a
compromettersi iniziando un processo artrotico, portando a degenerazione della cartilagine e contatto tra corpi ossei.
Abbiamo visto traumi/processi infiammatori. Per traumi non dobbiamo intendere solo traumi alla componente ossea,
ma l’azione congiunta di carichi e vincoli offerti dai legamenti fanno si che se le parti legamentose subiscono traumi, si
causa uno scompenso di ripartizione di carichi tra mediale e laterale :
quindi abbiamo anche traumi della parte legamentosa che inducono
degenerazioni cartilaginee.
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Ginocchio ben fatto, è quello dove l’ asse anatomico della gamba passa attraverso il centro di articolazione del
ginocchio , e finisce in quello della caviglia : gamba sana. Se questo asse anatomico è scorretto, l’ asse della gamba
passa dal centro della testa del femore e dal centro della caviglia, ma non passa più dal ginocchio. Esso passa più
verso il compartimento mediale che risulta sovraccarico e va incontro a degenerazione e artrosi. Il pensiero che sta
alla base di questa chirurgia, è quello di riportare asse anatomico nella confgurazione corretta, nel centro dell ’
articolazione del ginocchio, ripristinando la corretta distribuzione tra compartimento mediale e laterale. Come si può
fare ? Possiamo decidere di tagliare e causare frattura nella parte tibiale, a forma di cuneo, rimuovendo un cuneo
dalla parte laterale della tibia : si ruota la tibia e la si fissa con sistema di fissazione. In questo modo ho riportato asse
anatomico nella giusta configurazione, facendolo passare per il centro dell’ articolazione: ho ristabilito il
posizionamento dell’ asse anatomico.Questa è un’ operazione che evita una protesizzazione, ma operazione molto
invasiva. La si sceglie in quelle situazioni in cui l’età del paziente è giovane per mettere protesi ginocchio e doverla
cambiare.Si preferisce fare questa operazione rallentando il processo di degenerazione della cartilagine. Operazione
altamente funzionante, in quanto una persona che è sottoposta a queste operazioni è una persona che non
cammina più per il dolore. Dopo l’ operazione sono persone
che ricominciano a camminare senza problemi. Questo è
un ginocchio più soggetto a degnerazioni in età matura
(dove si protesizza) ma dopo qualche anno si compensa il
dolore.
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LE PROTESI DI GINOCCHIO
Cosa si fa al secondo stadio ? Osteotomia non sufficiente, si fa protesi di ginocchio che può essere in diverse versioni.
In figura abbiamo rappresentata quella totale : andiamo a sostituire le due parti articolari, la parte dei condili (distale)
femorale e la parte prossimale della tibia. Si lavora il ginocchio in sede chirurgica ricavando la forma della parte
interna della prtoesi e si rivestono i capi articolari. Nella protesi d’anca eliminavo la testa del femore, in questo caso
parte del femore vien e solamente rilavo rato non elim inato compl etam ente. Le protesi di ginocchio sono da
rivestimen to : rivestono le parti articolari. Nella terza immagine della figura vediamo grande differenza tra ginocchio
naturale e dopo protesizzazione : vengono a mancare alcuni legamenti. I legamenti collaterali vengono mantenuti
durante la protesizzazione, a meno che non siano non funzionanti, vengono mantenuti. Vengono meno i crociati,
quello anteriore viene sempre tolto, mettendo la protesi non c’ è spazio per mantenerne la posizioni, quello posteiore
può o non può essere sacrificato. Il concetto è che, se io intendo progettare la protesi come da rivestimento, la
geometria delle componenti articolari è quella dell ’ articolazione articolare, o molto simile. Quindi, anche la protesi di
ginocchio artificiale è scarsamente congruente. Il ginocchio era poco congruente di suo, ma aveva i legamenti che lo
tenevano assieme nelle attività di cammino. Faccio una protesi a somiglianza di quella naturale, e ho ancora
articolazione artificale poco congruente : devo ancora affidarmi all’ azione dei legamenti per stabilizzazione dell’
articolazione, o prevedere disegno particolare di una delle due componenenti, perchè l’ instabilità intrinsica che nasce,
deve essere compensata da disegno della protesi,che mi permetta di far si che le due estremità non si lussino. Se si
può (paziente ha componente legamentosa efficiente)si mantengono tutti i legamenti efficienti, a parte il crociato
anteriorie. Nel caso in cui non ci siano o non funzionano, devo inventarmi qualcosa per compensare quest’ azione dei
tessuti molli. Abbiamo protesi pensate per mantenere legamento crociato, altre in cui il legamento viene eliminato.
Questa è una prerogativa delle protesi di ginocchio. La congruenza delle superfici garantiva stabilità delle
articolazioni. Ora, stabilità dell’
articolazione, che è condizione fondamentale per garantire funzionalità, o è garantita
dai legamenti che rimangono, o dal progettista che disegna protesi intrinsecamente stabile. I chirurghi ritengono che il
successo di una sostituzione protesica, dipende dal corretto bilanciamento dei tessuti molli. Il femore viene lavorato, si
crea spazio tra femore e tibia , compensato dalla arte protesica femorale e tibiale.Affinchè i legamenti collaterali ma
anche il crociato lavorino in maniera efficiente, devo garantire che lo spazio sia riempito in manera corretta. Se metto
protesi troppo spesse, succede che i legamenti, anche quando non devono essere stirati, sono stirati. Se metto
protesi che non compensa altezza creata chirurgicamente, ottengo legamenti troppo laschi che non si tendono mai
abbastanza da offrire resistenza a lussazione : bisogna quindi eseguire chirurgia e scelta delle componenti, tali che le
strutture legamentose devono essere tirate adeguatamente, solo quando devono farlo : devono avere la corretta
lunghezza iniziale proporzionale alla forza che sono in grado di esercitare quando stirate. A differenza della protesi d’
anca giochiamo tutto sulla stabilizzazione corretta dell’ articolazione ad opera dei tessuti molli e del disegno della
protesi.
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CLASSIFICAZIONE SECONDO COMPARTIMENTI SOSTITUITI
Abbiamo piatto tibiale che alloggia all’ interno della tibia e tra le
due componenti ho cuscinetto polimerico che rappresenta la
superficie articolare sopra la quale il femore esercita le sue azioni.
Parliamo di condili femorali, di piatto tibiale, e inserto tibiale ,
cuscinetto di polietilene interposto tra le due componenti.
Vediamo come in realtà, quella vista prima, è quella totale, ma
ne esistono di diverse concezioni per utilizzi particolari. La
classificazione può essere fatta secondo il numero di
compartimenti sostituiti .Quella totale sostituisce compartimento
femoro tibial e medi ale, femoro tibial e laterale e femoro
rotuleo : tricompartimentale.
MONOCOMPARTIMENTALE
La protesi più semplice è invece quella monocompartimen tale, che va a sostituire solo un compartimento del
ginocchio, o il femoro tibiale mediale o quello laterale (frequentemente quello mediale più caricato e soggetto a usura
accelerata della parte cartilaginea). Quella monocompartimentale ? Parte che va a rivestire un singolo condilo
femorale, piccolino, un piatto tibiale e un inserto, duali delle protesi totali. Andiamo a ricoprire solo un condilo e
protesizziamo solo un piatto tibiale, quello corrispondente. Vantaggio e utilizzo ? Utilizzo è per quelle situazioni nelle
quali l’usura dell’articolazione è limitata a una sola delle due componenti, mediale/laterale. Se abbiamo l’ usura
localizzata , sostituiamo solo uno dei due compartimenti : nell ’ ottica di risparim o di tessuto osseo . Non andiamo a
protesizzare il laterale ma solo il mediale. Questo consente ancora una volta di ritardare l’ impianto di una protesi
anche quando il compartimento laterale dovesse degenerare. Altro vantaggio : l’ impianto di protesi
monoc ompartimen tale consente mantenimento di tutti i quattro i legamenti , anche di quello anteriore,
ovviamente se ci sono le condizioni per cui i legamenti siano performanti. Questo è vantaggio : faccio lavorare il
ginocchio nelle condizioni più prossime fisiologiche : condizione discretamente stabile. Il disegno delle due
componenti è scarsamente congruente che articola su inserto tibiale abbastanza piatto : mantengo scarsa
congruenza dell’ articolazione naturale , tutti i 4 legamenti lavorano. Portata all’ eccesso , questa filosifa, porta a quella
che viene detta operazione di bimon o : anche in un ginocchio rovinato nella parte mediale e laterale, puttosto che
sacrificare un legamento, inserisco due monocompartimentali mantenendo i 4 legamenti funzionanti del ginocchio.
Queste garantiscono azione efficacie della struttura legamentosa per stabilizzazione dell’ articolazione. Altro vantaggio
è la mini invasività delle componenti. Le componenti sono molto piccole, e possono essere impiantate con tecnica
fortemente miniinvasiva. Questa che è pensata per persona ai primi stadi di degenerazione, molto giovane, consente
di poter essere messa con tecnica miniinvasiva e scarso taglio delle strutture muscolari (ferite limitate), ripresa veloce
della persona dopo l’ intervento. Il contro, svantaggio, sta nella diffico ltà dell ’
atto operatori o. La protesi
monocompartimentale è molto difficile da mettere, il posizionamento delle componenti deve essere molto preciso, e
prestare attenzione al bilanciamento dei tessuti molli. La chirurgia della protesi monocompartimentale è complessa.
Questo tipo di operazione è di grande difficoltà rispetto alla protesi di ginocchio totale. Operazione raffinata
idealmente ma solamente pochi possono permettersi di fare.
La cicatrice creata per impianto di protesi totale, contro cicatrice eseguita per impianto di protesi
monocompartimentale, quindi miniinvasiva. La lunghezza di ferita è indice del risparmio di tessuti rispetto alla totale.
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BICOMPARTIMENTALE
Un ulteriore classificazione è secondo il grado di vincolo meccanico : necessità di fornire vincolo meccanico al’
articolazione artificiale dove la struttura legamentosa è più sufficiente, e abbiamo protesi che forniscono stabilità
intrinseca minore o maggiore. Minor grado di vincolo : protesi non vincolata o di ricoprim ento , dove il femore,
con sviluppo della superficie articolare sferica, si trova a lavorare su inserto tibiale piatto, o poco congruente. Stabilità
intrinseca dell ’
articolazione non esiste, abbiamo lussazione se non abbiamo legamenti che lo reggono. Una
protesi ,questa, indicata per pazienti con componente legamentosa molto efficiente. Il progettista non sceglie protesi
non vincolata per sovraccaricare il paziente e vedere se i legamenti sono performanti o no. Ci sono vantaggi ad avere
protesi non congruente che vedremo dopo. Questa è la soluzione : vantaggi di affidabilit à a lungo termine del
dispositivo. Questo è il primo tipo di protesi classificata secondo il primo grado di vincolo meccanico
Aumentando il grado di vincolo, si arriva alla protesi posteri or stabi lized : pensata nel caso in cui il legamento
crociato posteriore debba essere rimosso. Paziente già senza il legamento crociato posteriore, deficitario o assente.
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Devo fornirlo io nel disegno della protesi : disegno delle componenti che portino
stabilità intrinseca con vincolo ulteriore : creazione di pirolozzo sulla superficie dell’
inserto tibiale. Inserto non è più piatto, questo viene chiamato post . Questo post
serve a impedire la traslazione relativa tra i due componenti. L’ azione del legamento
crociato posteriore è vicariata dalla presenza di questo post : contatto tra parte
femorale e tibiale su questo tipo di struttura. Quando ho lo stop meccanico,
conteniamo il femore nel movimento grazie al post. Questa viene anche chiamata
protesi a sacrificio del legamento crociato, mentre le altre protesi sono chiamate a
mantenimento del crociato. La stessa differenza la possiamo vedere nel disegno dei
piatti. I piatti tibiali hanno tutti una parte posteriore con incavo che è fatto
appositamente perchè possa passarci il legamento crociato posteriore. I piatti che
non hanno l’ incavo prevedono sacrificio del crociato posteriore. Quelle a
conservazione invece hanno superficie più piatta.
Cruciate retaini ng : conservazione legamento inserto piatto, Cruciate substainin g, abbiamo la pinna centrale.
A CERNIERA (VINCOLATA)
Salendo con il grado di vincolo, arriviamo alla protesi vincolata, o protei chiamarla a cerniera.
Queste protesi esistono ancora, sono state il primo esperimento di 25 anni fa. La protesi a cerniera
è utilizzata, ma in casi molto particolari, in cui non esiste più l’ articolazione naturale del paziente, o
per traumi, o per presenza di tumori. Esiste solo parte della tibia nella parte distale , parte del
femore distale in corrispondenza del ginocchio. Per fare camminare questi pazienti, non serve
apporto naturale, dobbiamo pensare che non ci sia , abbiamo solo pezzo di tibia, struttura di tibia, e
stessa cosa del femore. Quindi, creiamo protesi contraddistinte da fittoni lunghi che ancorano le
protesi alle parti ossee disponibili, e che a livello dell ’
articolazione possano per lo meno garantire la
flesso estensione del ginocchio. Se garantisco questo movimento, il paziente è in grado di
camminare. Si crea quindi una cerniera, non sferica ma cilindrica, che consenta flesso estensione
nel piano sagittale. Le due componenti si articolano e ho solamente cerniera sferica : Do solo la
possibilità di muoversi reciprocamente uno rispetto all’ altro. Questa protesi ha il vantaggio di essere
molto stabile,e le componenti vengono dislocate solo se si rompe la cerniera. L’ articolazione è
stabile, ma di contro garantisce camminata non fisiologica, motivo per cui le protesi a cerniera sono
destinate solo a pazienti particolari nei quali l’articolazione naturale non esiste più.
A PE MOBILE/A PE FISSO
Le protesi possono anche essere classificate secondo il compo nente meni scale (tipologia di inserto tibiale).
Possiamo utilizzare polietilene mobil e o fisso . Fisso :le due componenti vengono assemblate durante la chirurgia,
non possono muoversi una rispetto all’ altra come inserto acetabolare e metal back, mentre nel caso del polietilene
mobil e, viene garantita rotazione relativa tra inserto e piatto. Inserto può ruotare rispetto al piatto. Possiamo avere
grado di libertà rispetto alla traslazione e rotazione anteroposteriore. Sulla protesi monocompartimentale possiamo
avere la possibilità che l’inserto possa scorrere in direzione anteroposteriore rispetto al piatto tibiale : traslazione.
Viceversa la soluzione è quella in cui piatto e inserto siano fissi : abbiamo impedito ogni movimento. Vedremo poi i
vantaggi di una situazione rispetto all’ altra.
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PROTESI DI GINOCCHIO : INSERTO FISSO O MOBILE ?
Un altro esempio dei vantaggi della modularità vista nelle protesi d’ anca, la vediamo in quelle di ginocchio : vogliamo
mantenere alcune componenti fisse per risparmiare i costi di magazzino : se con la modulariità garantiamo che solo
un numero di componenti venga mantenuto, possiamo avere diverse combinazioni. Dagli stessi disegni posso
avere protesi diverse : un piatto per piatto fisso, uno per piatto mobile, e diversi inserti che possono essere
combinati con le due precedenti. Per quanto riguarda i femori, ci sono quelli previsti per protesi a piatto fisso e a
piatto mobile, posso usarli indifferentemente : minimizziamo il numero di componenti che il fabbricante produce e il
fabbricante si tiene. In fase preoperatoria si sceglie la taglia della protesi : taglia di piatto e femore. Da subito
(prima dell’ intervento) scegiamo protesi a piatto fisso, mobile,decidiamo della conservazione o sacrificio del legamento
: scelta che va fatta preoperativamente con esami clinici, in base allo stato di lassità o stabilità di articolazionne
naturale. Nel caso in cui ho articol azione carent e di stabi lit à scel go piatto fisso : maggi ori gradi di vincolo,
minori di libertà. Se percepiamo che i tessuti molli danno buona stabi lità articol are possi amo andare versol a
struttura con più gradi di libert à e meno di vincolo . Ci si porta in sala operatoria piatto tibiale e condilo femorale
scelti. Quello che non scegliamo da subito è lo spessore dell’ inserto tibial e. Questi diversi spessori consentono
con la stessa tipologia di protesi di poter ottenere il corretto bilanciamento dei tessuti molli. Prima impiantiamo o
femore o tibia, poi l’altra, e poi abbiamo inserti tibiali di prova di spessori differenti. Il chirurgo inserisce questo
spessore di prova e riarticola l’ articolazione e valuta il tensionamento dei legamenti rimanenti. Andremo verso piatto
più sottile nel caso in cui percepiamo che i legamenti sono troppo tirati o inserto di spessore maggi ore se i
legamenti sono troppo lassi. Scelto l’ inserto in questa maniera, il tutto viene impiantato,e viene rifatta valutazione
della struttura legamentosa del paziente : si assiste a degli ulteriori atti chirurgici per correggere bilanciamento dei
tessuti. Con il bisturi lesiono alcuni fasci di legamenti che tornano a corretto tensionamento. Questo a corredo della
scelta pre e intraoperatoria delle componenti.
Cementate
Nelle protesi d’ anca la protesi cementata e non cementata erano distinte. Nella protesi di ginocchio andiamo quasi
sem pre verso soluzione ibrida e utilizzo di cem ento . A livello femorale non abbiamo grossi problemi di perdita di
osteointegrazione, utilizziamo quasi sempre cemento. Sono scelte legate al singolo atto operatorio, con scarsa qualità
dell’
osso mettiamo cemento, rispetto a disegni particolari di protesi cementate e non. In alcuni femori abbiamo nicchie
per alloggiare il cemento. Tutto è molo più labile rispetto alla protesi d’
anca. Il cemento si usa tanto, i irschi legati al
cemento nel ginocchio sono meno accentuati.
Lo strato di cemento uniforma le discontinuità delle resezioni chirurgiche. Lo strato di cemento si comporta come uno
smorzatore interposto tra un materiale molto rigido (protesi) e un materiale relativamente soft (osso). Il cemento osseo
attacca la superficie della protesi dell’
osso. La chirurgia del ginocchio è complessa, servono diversi tagli per
conformare l’ osso alla parte interna della protesi. Dobbiamo sagomare il feore tagliandolo con 5 inclinazioni diverse e
precise per accoppiarlo con parte interna di protesi di ginocchio. Il cemento può compensare gli errori, riempitivo tra
parte ossea e protesica.
Lo svantaggio è che se si staccano pezzi di cemento, questi agiscono come terzo corpo nel processo di usura. Lo
strato di cemento invecchia, si rompe, e col tempo la connettività tra osso e protesi si perde. Nella protesi di ginocchio,
anche se si staccano pezzettini di cemento tra parte femorale e tibiale, non è un grosso problema , perch è la
scarsa congruenza delle superfi ci permette a questi di andarsene.
CAUSE DI FALLIMENTO
Andiamo ad analizzare perchè dobbiamo sostituirle. Alcune di queste cause sono duali e sovrapponibili a quelle delle
protesi d’
anca. Tra le cause di fallim ento a breve termine abbiamo :
Mobilizzazione settica. L’ operazione di protesizzazione del ginocchio è operazione che a meno delle
tecniche mininvasive, prevede grande apertura del campo operatorio : le sedi attaccabili da microorganismi
sono molto più esposte rispetto alla protesi d’ anca : le infezioni nelle protesi di ginocchio sono molto più
ricorrenti rispetto alle protesi d’anca. La tipologia e la lunghezza dell’ operazione, determinano maggiore
influenza delle infezioni nelle cause di protesizzazione. Può essere minimizzata in una protesi di ginocchio
semplificata dove ho solo parte tibiale e femorale che articolano insieme consentendo flesso estensione,
quanto basta per mettere paziente in piedi. Queste infezioni possono essere curate come quelle viste per la
protesi d’ anca. Nel caso in cui questo tipo di terapia non dovesse funzionare si può aprire il sito di impianto,
lavarlo, e, per il fatto che l’
infezione si concentra sulla
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componente artificiale, la soluzione è togliere quella
componente e sosti tuirla con una nuova per dar tempo all’
infezione di guarire. Possiamo usare gli spaziatori articolari
per dare tempo di guarire (rappresentati nell ’ immagine).Sono
costituiti da polim etilm etacrical to additivati con antibiotici.
Questo dispositivo ha il duplice vantaggio di garantire mobilità
al paziente nel tempo che intercorre perchè l’ infezione
guarisca, e consente una maggior efficacie radicazione dell’
infezione in quanto lo spaziatore rilascia l’ antibiotico
localmente. Questi dispositivi, in un primo tentativo, venivano
plasmati in sala operatoria : il cemento per ossa, già
antibiotato, fu introdotto 20 anni fa per fissare la protesi all’
osso. Esso viene utilizzato anche per fissazione di protesi comuni : cemento rilascia antibiotico per prevenire
infezioni. Il primo dispositivo introdotto per la cura locale delle infezioni è stato questo tipo di cemento. I
chirurghi, dovendo sconfiggere l’ infezione nel paziente, e rimuovere la protesi, hanno pensato di modellare il
cemento per ossa prima di polimerizzare a guisa di protesi di ginocchio. Dalla parte femorale cerchiamo di
ricoprire la parte terminale del femore con cemento per ossa, ma poteva funzionare come rimedio senza
lasciare il paziente senza articolazione : primi tentativi sono fatti manualmente dai chirurghi. Poi gli venne
fornito uno stampo, negativo degli spaziatori, nel quale, sempre intraoperativamente, veniva colato il
cemento per ossa, che prendeva forma e veniva poi impiantato nel paziente. Vengono fornite meno taglie di
quelle disponibili per le protesi di ginocchio, è un sostituto temporaneo perchè guarisca l’ infezione. Viene
fornito in diverse taglie, in modo da consentire al chirurgo di scegliere quella giusta, e vengono additivati con
diversi generi di antibiotici, scelti in base alla caratterizzazione del microorganismo che sta infettando la
protesi. Si riesce a fare una terapia abbastanza precisa sul paziente singolo. Andando a identificare il ceppo
batterico che causa infezione, si sceglie l’ antibiotico più adatto. Il vantaggio di farlo industrialmente è che
abbiamo caratteristiche geometriche più regolari, e si cerca di minimizzare la presenza di bolle che si
formano nel mix di polvere liquido del cemento che possono inficiare la vita a fatica del cemento stesso. L’
aggiunta di antibiotico tende a diminuire le caratteristiche meccaniche del cemento stesso. Dobbiamo avere
dispositivi con quantità ben dosate e precise rispetto alla massa di cemento : non eliminiamo i problemi di
decadimento delle propietà meccaniche, ma sappiamo di quanto decadono. Uno dei problemi degli
spaziatori formati in sala operatoria era proprio quello di avere dispositivo di cui sono sconosciute le
caratteristiche meccaniche.
Tra cause di fallimento a medio termine riconsociamo alcune di quelle già elencate per le protesi d’
anca, e ci
riferiamo a :
Mobilizzazione aset tica per stess shielding e cedi mento del manto del cem ento . La tipologia di
fissazione all’ osso può prevedere cementazione o no, ma il cemento viene usato nella maggior parte dei
casi andando a compensare quelli che possono essere tagli operatori non particolarmente precisi :cemento
compensa disallineamenti delle componenti ossee. Dove usiamo il cemento abbiamo visto che questo può
rompersi, e, l’ interfaccia osso protesi mediata dalla presenza del cemento, può rompersi. Questo porta a
mobilizzazione, e, se ci si accorge in tempo che la protesi è mobile si interivene, altrimenti possiamo aver
concause di altri problemi di natura a lungo termine. Se ho manto di cemento, la protesi si mobilizza in
assenza di inezione, mobilizzazione asettica, determinando problemi immediati (dolore paziente) oppure nel
lungo termine (mobilizzazione causa di rottura). Nello stesso modo che abbiamo utilizzato per ragionare sullo
stress shielding, possiamo ragionare sulla protesi di ginocchio, non ho molta differenza, ma componenti
molto rigide, e quindi andiamo a modificare lo stato di sollecitazione che prima l’osso sentiva, nella direzione
di scaricarlo e causare riassorbimeno. Che cosa governa il fenomeno dello stress shielding ? Le tipologie di
deformazioni maggiori sono quelle flessionali , responsabili del fenomeno dello stress shielding. In questo
caso la protesi di ginocchio è poco flessa. Lo stelo della protesi d’ anca era molto soggetto a flessione, nella
protesi di ginocchio, se tutto funziona bene, il carico viene equamente distribuito sui due condili : forze quasi
uguali applicate in due punti quasi equidistanti dallo stelo stesso : non ho grossa componente di flessione.
La flessione la possiamo avere in casi particolari dove viene modificata in maniera massiccia la forma del
piatto tibiale. Tra le cause di fallimento a medio termine troviamo anche :
Lussazione (causa a se, non effetto di mobilizzazione asettica). Protesi di ginocchio è poco stabile di per se,
con stabilità garantita dal disegno della protesi o dal mantenimento della componente legamentosa. L’ atto
operatorio non bilancia correttamente i tessuti molli, e, se sono troppo laschi , non fanno la loro azione
contenitiva, ma la protesi può lussarsi. Moltto critico rispetto alla protesi d’
anca, dove, l’
altà conformità tra
testina e acetabolo, garantiva stabilità elevata. Dobbiamo pensare a disegni, di condilo femorale e inserto
tibiale, che garantiscano stabilità intrinseca se i legamenti non funzionano più a dovere.
Cedimento strutturale a fatica : dobbiamo distinguere le componenti della protesi e le protesi associate.
Cosa si rompe a fatica ? Si sono ossservate delle rotture a carico del piatto tibial e (componente metallica)
raramente nella protesi totale, e, con maggiore incidenza in quella monocompartimentale. In quest’ ultima a
livello della componente femorale. Perchè? perchè sono rotture associate a fenomeni importanti di
riassorbimento osseo. Ho osservato che dopo un pò di tempo, l’ osso sottostante può riassorbirsi sotto uno
dei due emipiatti. Se il piatto non è supportato dalla compo nente ossea, si trova a lavo rare a flessione.
Il carico trasmesso dai condili si distribuisce in maniera corretta tra i due emipiatti. Il fittone della protesi non
si trova soggetto a flessione,tutto è equilibrato. Se si riassorbe l’ osso sotto uno dei due emipiatti (oppure
povero di compattezza) succede che l’ emipiatto a destra si trova a lavorare a flessione. Le rotture dei piatti
tibiali di protesi totali sono sempre associati a perdita di vincolo di uno dei due emipiatti, che può essere
dovuta a rottura del cemento anche, che si trova tra piatto tibiale e osso sottostante. Fenomeni di cedimento
strutturale a fatica in protesi di ginocchio, totali,sono legate solamente alla componente piatto
tibiale.
Cedimento strutturale a fatica - rotture compo nente femorale . In protesi totale non si
verificano mai, sono possibili solamente nella mono. Si possono vedere invece nella protesi
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monocomparitmentale : se anche la componente ossea femorale si riassorbe, o il cemento che si trova sotto
dovesse rompersi,il piccolo spessore del femore, genera sforzi elevati della struttura, e problemi di affidabilit à
a lungo termine.Si rompe quindi il piatto o il femore esclusivamente nella protesi monocompartimentale.
Cedimento strutturale a fatica - usura dell ’ inserto tibial e. Terza causa di fallimento è usura dell’ inserto
tibiale. Usura produce detrito di polietilene, questo
microdetrito prodotto per usura abrasiva, causa
mobil izzazione aset tica per osteol isi periprotesica
da frammenti. Macrofagi, impoverimento componente
ossea etc.. Questo effetto si somma a un’ altra tipologia
di usura che può portare a fallimento perchè si
distrugge l’ inserto tibiale : può succedere che l’ inserto
tibiale (immagine) si presenti non con usura uniforme
data dall ’abrasiva, ma con mac ropezzi di inserto che
si staccano dall ’ inserto stesso : usura per fatica.
Meccanismo diverso, quarta tipologia di usura : usura
per fatica. Non è l’ effetto del detrito per usura abrasiva,
sono detriti troppo grossi che non possono essere
inglobati. Prima di arrivare a questa situazione, dove si
staccano pezzi di inserto, la modifica macroscopica
delle superfici articolari causa malfunzionamento della protesi. Nella protesi di ginocchio abbiamo un ulteriore
tipologia di fallimento per usura quindi : creazione di macro detrito e distruzione inserto tibiale. Nella protesi
di ginocchio può succedere questo. Perchè succede solo in quella di ginocchio ? La ragione è la stessa,
legata alla diversa forma delle due articol azioni (congruenza). Nella prtoesi d’ anca abbiamo grandi
superfici di contatto , componenti di geometria identica che si affacciano l’ una al’ altra : grandi aree di contatto.
Mentre nella protesi di ginocchio abbiamo piccole aree di contatto. Una protesi poco congruente significa
piccole aree di contatto. Nella protesi d’ anca gli sforzi che vanno su superficie di contatto sono bassi, mentre
nel caso dell’ inserto tibiale sono elevati, benchè il carico è più alto nell’ anca che nel ginocchio. Questo
discorso della forma che influenza funzione della protesi lo troviamo anche qui. Nelle immagini, vediamo
esempi di usura a fatica. Nel caso di usura a fatica vediamo rugostià accentuata dove si sono staccati dei
pezzi dall’ inserto tibiale.
Cedimento strutturale a fatica - mobil izzazione aset tica per osteol isi periprotesica da frammenti
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3. MECCANISMI DI USURA NELLE
PROTESI DI GINOCCHIO
Definizioni di usura
USURA ABRASIVA
Azione di taglio esercitata dalle superfici dure che strisciano su superfici di materiale più tenero. Asperità superficiali
del materiale più duro funzionano come micro-utensili che asportano materiale dalla superficie più tenera
Materiale più duro ha rugostià superficiale con creste e valli che caratterizzano la tipologia superficiale e grattano
materiale più tenero asportando pezzettini di materiale più tenero.
USURA ADESIVA
Carico preme una contro l’ altra le due superfici, pressioni locali molto elevate, zone di contatto puntuale si deformano,
attrito genera calore (moto relativo), microsaldature, usura adesiva, strappo, aumento rugosità, usura abrasiva.
Ho microsaldature a livello locale, e strappo di queste microsaldature per moto relativo che esiste tra le due superfici.
Aumenta la rugosità, ma poi si crano microdetriti
USURA A FATICA
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USURA DA TERZO CORPO
Interposizione di particelle di materiale duro (osso,cemento) intrappolate tra le superfici articolari. Peggiora la rugosità
superficiale, e genera maggior detrito
Effetti delle diverse tipologie di usura. Nel terzo corpo, per il ginocchio, è meno diffuso per
scarsa congruenza delle superfici. L’ usura abrasiva adesiva è quella superficiale.
L’usura abrasi va e adesiva determ inano produzione di sub-m icro nanodetriti, e osteol isi
periprotesica. L’ usura per fatica produce delaminazione, produzione di macro-detriti e
rottura dell’ usura da terzo corpo è meno diffusa rispetto all ’
inserto. L’ anca per scarsa
congruenza tra le superfi ci. L ’usura abrasi va e da terzo corpo sono tipi di usura
superfi cial e, mentre usura per fatica sub superfi cial e : concentrazione di sforzi al di
sotto della superfi cie dell ’
inserto stesso.
USURA SUPERFICIALE
USURA ABRASIVA
Vediamo delle prove in tal senso variando la rugosità superficiale. Dobbiamo quantificare quanto sia la riduzione di
attrito con condilo femorale meno rugoso (dobbiamo sapere quanto, perchè devo
fare lavorazioni ulteriori che comportano un costo, e quindi dobbiamo accertarci della
quantificazione del vantaggio).
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dose di irraggiamento. Sono due caratteristiche diverse : caratteristiche di resistenza all’
usura, e caratteristiche
meccaniche (si infragilisce, diminuisce tenacia di PE).
Questo fa si che nel ginocchio non si può crosslinkare come nell’ anca. Questo discorso del crosslink si fa anche per
la protesi d’ anca. Avere sforzi minori nell ’
anca, mi permette di crosslinkare a livelli più elevati, mentre qui, la perdita di
caratteristiche meccaniche è troppo importante, posso rompere l’ inserto, giungendo sfrozi molto elevati. Nell’ anca
posso perdere caratteristiche meccaniche,gli sforzi sono più bassi, e non preoccupanti. Sono stati introdotti nuovi
polietileni , che, dopo l’irraggiamento, sono sottoposti a trattamenti termici che riassestano le catene e diminuiscono
il numero di radicali liberi. Seconda soluzione è aggiun ta della vitam ina E al materiale stesso. Vitamina E si attacca
al radicale libero, impedendo all’ ossigeno di attaccarsi lui, diminuisce l’ossidazione del materiale,è inoltre un elemento
molto biocompatibile. Questa blocca l’ ossidazione del materiale, e consente di poter utilizzare livelli di cross linking più
elevati. Questi hanno ridotto problemi di ossidazione e infragilimento del materiale. La barra di polietilene standard
viene sottoposta a irraggiamento, trattamenti termici, per crosslinkare. Lavoro la barra per ottenere l’ inserto, ma non
posso irraggiarlo ancora, lo sterilizzo con ossido di etilene.
Estensione area di contatto. Un’ area di contatto maggiore, causa una maggiore area interessata a processo di usura,
con produzione maggiore di detrito. Ma l’ aumento di quest’ area determina minore sfrozo agente. Cosa posso fare per
decidere cosa è meglio delle due ? (controtendenza) Faccio protesi congruente alta e bassa, e faccio delle prove.
I risultati fanno vedere che protesi ad alta congruenza si usurano molto di più di protesi a bassa congruenza.
Per usura abrasiva ho protesi meno lucide. Dalle prove, vediamo che un’ area di contatto minore diminuisce l’ usura.
Per quale motivo ? quel k, che dipende dalla natura dei materiali a contatto, e quindi dal coefficiente di attrito, dipende
anche dalla pressione a cui viene sottoposto il materiale. Il wear factor dimin uisce al crescere della pressi one di
contat to. Il fatto di avere pressioni di contatto più elevate, causate da minor congruenza delle superficie, determina
diminuzione del wear factor. A partià di materiale, due protesi fatte dello stesso materiale, abbiamo che la variazione
geometrica, incide sul valore del wear factor : in protesi a bassa congurenza ci troveremo nella parte destra della
curva, valore k basso, e viceversa andremo nella parte sinistra del grafico. Le protesi a bassa congruenza
funzionano megl io perch è lavo rano in zona del wear facto pi ù convenien te.
Abbiamo anche x, distanza di scorrimento, che è abbastanza individuabile. Se facciamo fare un percorso ampio ,
abbiamo usura maggiore rispetto a percorso corto. In prove POD notiamo un aumento dell’ usura, nella protesi dove
ho però geometrie più complesse, il moto è pluridirezionale. Questo moto pluridirezionale viene detto cross shear,
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che aumenta la tenacità nel senso di allineamento delle catene, ma diminuisce la resistenza in senso perpendicolare
ad esse, provocando sforzi di taglio, e quindi usura. Sono state fatte prove in cui entità della traslazione
anteroposteriore è stata simulata corrispondente a livello intermedio attività fisica e alta attività fisica. Ho dei risultati,
che confermano che un aumento della distanza di scorrim ento vale anche per geometrie più compl esse.
(grafico vario congruenza e scorrimento). Non è lineare, ma ho influenza di quanto vale la x nella formula
CROSS SHEAR
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Modello virtuale della protesi di ginocchio montata sugli afferraggi.
Simulazioni ad elementi finiti del ciclo del passo che si esegue sul simulatore. Ho applicato come condizioni i 4
movimenti imposti. Istante per istante si calcolano le aree e le pressioni di contatto sulle due superfici (inferiore e
superiore). Calcolo gli sforzi di taglio sulle due superfici, e le distanze di scorrimento (quanto un singolo punto si
sposta tra femore e tibia). Si crea un modello previsionale di formazione di detrito di letteratura che stima quale sia il
detrito prodotto a ogni ciclo del passo in base agli sforzi calcolati e alle aree di contatto calcolate. Il vantaggio è che
riesco a predire quanto volume produce la superficie inferiore e superiore, scindo i contributi. Il volume totale usurato
sono i 5 mg e mezzo ogni 2 milioni e mezzo di cicli. Di questo il 95% arriva dalla produzione della superfi cie
superi ore, il restan te da quell a inferiore : mobil ità relativa vantaggiosa : la nuova superfi cie che potrebbe
usurarsi , quell a inferiore, contribu isce per una percen tuale bassissi ma di usura totale (10%).
Piatto mobile o fisso ? Ho doppia possibilità di attività. Protesi a piatto fisso producono volume di usura molto
maggi ore : abbiamo ulteriore dimostrazione che introduzione del piatto mobil e consente di avere usure minori .
Perchè ? Per il fatto che introduco l’ inserto mobile e trasferisco sforrzi di taglio da superficie superiore a inferiore, la
superiore ha il cross shear, allineamento delle fibre che la rende debole a movimenti di rotazione. La superficie
inferiore non ha cross shear, il riallineamento delle catene ce l ho solo sulla superficie superiore, quindi quella inferiore
non si indebolisce a rotazione. Quella sotto è molto resistente a rotazione, quindi tutto si usura molto meno. Il
fenomeno del cross shear è la spiegazione del perch è le protesi a piattaforma rotante si usurano di meno di
quell e fisse.
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RIASSUNTO
Femore cosa fa ? Ruota rispetto all’ inserto tbiale, con movimento di flesso estensione. Questo movimento di flesso
estensione agisce nel piano sagittale : ridistribuisce le catene nella direzione anteroposteriore del paziente. Il femore
striscia anche nella direzione, ad alti grandi di flessione. Questo strisciamento avviene sempre in quella direzione, e le
catene sono ordinate sempre in quella direzione. Il dispositivo quindi , superficie superiore dell’ inserto tibiale, vede le
catene allineate li : dispositivo resistente, le catene sono già disposte lungo la retta di carico. Nell’ altra direzione non
ho catene direzionate in medio laterale, posizione legata a rotazione tra femore e tibia : materiale quindi in quella
direzione è meno resistente. La rotazione interna esterna genera sforzi di taglio sulla superficie. Se quelli sforzi li
abbasso consentendo all’ inserto di ruotare rispetto al piatto, significa che sulla superficie superiore ho sforzi minori,
trasferiti alla superficie inferiore, dove però non ho rialiinemento delle catene : non ho azione del femore che le
riallinea, sono disposte in maniera random. Quindi sotto, l’ inserto, è ugualmente resistente nelle due direzioni, antero
posteriore e medio lateriale. Se abbiamo ridistribuzione è proprio in direzione medio laterale : soggetto solo a effetto
rotazione: usura inferiore nella parte inferiore rispetto a superiore, e inferiore nelle protesi con inserti mobili rispetto a
inserto fisso.
Repere anatomico sul canale femorale a partire dal ginocchio. Lo si allarga con un trapano. Qui ci attacchiamo
strumentazione per fare tagli della componente femorale. Si decide di fare tagli basando l’ inclinazione proprio sulla
posizione del canale femorale. Guida di taglio è montata su un pistolotto che si inserisce nel canale femorale, dando
al chirurgo la direzione corretta. Rimane una sorta di guida e fessura dove viene fatta passare una sega che taglia e
sagoma la parte finale dell’ osso. Ottengo piani che sono il duale di quelli presenti nella parte femorale della protesi. Si
montano maschere diverse. Ottengo ginocchio sagomato in maniera corretta per accogliere una geometria particolare.
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4. OSTEOSINTESI
I dispositivi di osteosintesi, sono dispositivi per sanare componenti muscolo scheletrico che in seguito a evento
traumatico perdono di contin uità. Nel tempo che intercorre perchè il sistema biologico ripari la frattura, il mezzo di
osteosintesi deve garantire che la funzionalità che il sistema da solo non può piu dare sia espletata : mezzo di
osteosintesi deve tenere insieme ossa che ha perso di contin uit à : devono garanti re stabi lità della frattura.
Nell figura viene riportata la tipologia di frattura che può accadere al femore. La prima frattura riguarda un femore
spezzato in due parti (frattura alta trasversale, o lievemente obliqu a). Anche la seconda, ma con rima di frattura
(superficie lungo la quale è avvenuta la frattura) trasversale, oppure longitudinale (frattura spiroid e). Tipicamente
questo ossso si rompe perchè torto. La torsione di femore produce rima di frattura verticale, meno trasversale.
Frattura comm inuta : abbiamo più pezzi rotti, e infine la bifocale. Il mezzo da osteosintesi si trova a fronteggiare
situazioni molto diverse una dall’ altra : tenere assieme osso. Il mezzo di osteosintesi deve essere pensato in maniera
diversa, a seconda della frattura che devo curare. Il disegno del mezzo da osteosintesi è fortemente influenzato dal
tipo di frattura. Questo fa si che le tipologie de mezzi di osteosintesi siano tantissime. Se pensiamo che esistono per
tutte le ossa del corpo, tutte si possono rompere in maniera più o meno complessa : la tipologia dei mezzi di
osteosintesi è ampissima. Abbiamo specializzazione in individuazione del mezzo di osteosintesi adatto per quel tipo
di frattura arrivato all’
estremo. I requisiti fondamentali dei mezzi di osteosintesi sono :
Appena si produce la frattura, la cosa fondamentale è che il mezzo di osteosintesi garantisca stabilità tra i segmenti
rotti : un osso che rimane instabile, è si osso che inizia percoso di guarigione (la formazione di callo parte quando
inizia la frattura), ma se rimane instabilità, l’osso guarisce molto lentamente. Il mezzo di fissazione più semplice è il
gesso : impedisce il micromovimento : i due capi ossei affacciati partono con il processo di guarigione, e determinano
efficacia di questo processo. Osso stabile è quello che guarisce spontanemanente. Dobbiamo garantire stabilità
della rima articolare. L’osso può avere guarigioni più o meno lente a seconda del grado di sollecitazione che gli
concediamo. Il gesso tiene fermo braccio o gamba, ma al paziente viene detto di non caricare l’ arto, che in realt à
rallenta il tempo di guarigione. Se l’arto lo carichiamo il giusto, non troppo per non perdere stabilità, ma non troppo
poco per non stimolarlo abbastanza, la frattura guarisce in fretta. Il mezzo di osteosintesi deve garantire la
progressiva sollecitaizone, e bloccare tutti gli altri micromovimenti in tutte le altre sollecitazioni, ma deve garantrie
sollecitaizone di compressione che garantisce ricrescita più veloce del sistema. Questi sono due aspetti fondamentali
che deve possedere qualsiasi mezzo da osteosintesi. La posizione del carico è più facile per ossa già sottoposte a
carico. Per braccio cranio etc. risulta difficile, le ossa non vengono quasi mai caricate,
diventa difficile soddisfar questo requisito, e ci si acconteta tendenzialmente di
impedire solo i micromovimenti. Per le ossa coinvolte in attività comuni di cammino e
deambulazione possiamo fare discorso diverso riguardo lo stimolo sulla componente
ossea per ottenere guarigione più veloce. Secondo aspetto fondamentale, è che
questi dispositivi non sono dispositivi permanenti, ma quello da osteosintesi è
temporaneo,deve svolgere la funzione per il tempo necessario alla guaigione della
fattura, ma dopo sarebbe bene scomparisse una volta tornati in situazione fisiologica. A
quel punto potrebbe solo creare problemi. Non ha più senso che resti li dentro. Ad
oggi esistono alcuni mezzi di osteosintesi effettivamente degradabili, che scompaiono
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poco dopo aver svolto la loro funzione. La stragrande maggioranza vengono tolti dalla guarigione della frattura.
APPLICAZIONI
TRAUMATOLOGIA D’
URGENZA
Fissazione ossa del bacino nell’ immagine. Sfondamento del bacino è molto
comune per come si è seduti in macchina. Le ossa del bacino sono anche sede
di importanti organi interni che vadano preservati. Devo impedire che le ossa del
bacino vadano a creare lesioni agli organi interni, e utilizzo quindi una struttura
di questo genere, che deve garantire esclusivamente stabilità. Uso plastica,
senza caratteristiche meccaniche particolari. I perni e le viti vengono infilate nel
bacino, e tutto viene bloccato con un trapezio : struttura esterna che blocca le
ossa del bacino. Ho una struttura esterna che non deve portare carico ma
garantire stabilità. Perchè metto la struttura all’esterno ? Quando ho urgenza, la
struttura esterna consente di eseguire atto chirurgico molto veloce. Basta infilare
le viti al punto giusto dall’
esterno senza aprire il paziente,e la struttura esterna
va a bloccare i monconi ossei. Adeguiamo la forma esterna all’ inclinazione delle
viti per bloccare i monconi. Risulta necessario che la struttura esterna sia
flessibile in termii di geometria, in modo adattarsi al caso particolare. Prima
applicazione è quindi quella per traumatologia d’ urgenza, concetto barbaro in
ambiente di guerra, dove è impossibile operare. Le condizioni delle sale operatorio da campo sconsigliano
fortemente apertura del paziente. Nasce la necessità di bloccare le ossa del paziente senza aprirlo. Essa nasce in
ambito bellico : operare velocemente il paziente senza aprirlo. In ambito civile viene applicata
dove l’ urgenza lo richieda.
ALLUNGAMENTI
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Ho un risultato impressionante. In corrispondenza della prima frattura si vede callo osseo, non ho discontinuità, e a
livello distale, il callo cambia leggermente la geometria dell ’
osso.Ottengo allungamenti importanti. Tecnica ancora oggi
utilizzata per questo tipo di problematiche, utilizzata nelle problematiche di accorciamento degli arti più comuni
rispetto al nanismo. Questo è un mezzo di osteosintesi per stabilizzare la frattura volutamente creata, ma deve avere
gli stessi requisiti di progetto precedenti. Nell’
immagine creo una doppia frattura nella parte prossimale e distale della
tibia. I sistemi consentono con regolazioni esterne di distanziare poco alla volta le due ossa, in concomitanza alla
formazione del callo osseo per dare tempo al nuovo callo di formarsi di nuovo : garantire stabilità e il passaggio
adeguato del carico in modo tale da avere tempo di guarigione veloce. Questo paziente, operato in questa maniera, il
giorno dopo che ha applicato i mezzi, inizia a camminare. Stimola l’ osso a ricrescere da immediatamente dopo
impianto.
CORREZIONI
Terzo tipo di applicazione è nelle cosiddette correzioni : la correzione l’ abbiamo già vista, vediamo
come per evitare impianto precoce, possiamo ricorrere a osteotomia della tibia : riportiamo asse di
carico nella corretta conformazione : l’asse di carico ridistribuisce in maniera corretta i carichi. Abbiamo
visto come potesse essere usata una placca in corrispondenza della fessura a cuneo. Questo è
fissatore esterno monolaterale che sta solo da una parte, parte esterna della gamba. Come funziona
questo sistema ? Segniamo punti di ingresso delle viti e tagli delle viti, è una chirurgia invasiva.
Infiliamo le viti utilizzando una maschera , vanno collegate al mezzo di fissazione.
RIASSUNTO
Abbiamo visto come la fissazione in prima classificazione si divida in interna e esterna. Abbiamo visto 3
applicazioni di fissazione esterna.Nella gestione degli allungamenti degli arti (arti di persone affette da nanismo o nei
quali esiti di infausti di fratture sanate, hanno portato alla necessità di riportarlo alla lunghezza dell’ arto controlateralE).
Nella gestione di scorretti allineamenti delle ossa degli arti inferiori (femore e tibia) il fissatore, mezzo di osteosintesi,
viene usato in seguito auna frattura causata in sede chirurgica.
Tra i fissatori esterni esistono altre classificazioni, ad esempio esiste quella secondo tipologie.
TIPOLOGIE
MONOLATERALE
Abbiamo la fissazione monol ateral e, nelle quali il mezzo di fissazione si trova fuori dal corpo
del paziente,solamente da un lato, nella parte laterale dell’
osso. Vediamo tipologie di fissatore
monolaterale per esempi di fissazione della caviglia e per esempi di fissazione a livello tibiale.
ILIZAROV
Un altro tipo di fissatore è quello circolare, o di Ilizarov, conosciuto col secondo nome. La struttura portante è
costituita da una serie di elementi assemblati in fase operatoria (costruzione). In sala operatoria il chirurgo ha a
disposizione dei cerchi, semicerchi, e fili di acciaio che intercettano i monconi ossei della
frattura. Ha a disposizione barre che connettono i diversi cerchi, elementi che il paziente
allunga periodicamente per garantire allungamento dell ’ arto nel caso in cui sia applicazione
per allungamento. Nel caso in cui sia per frattura, il primo requisito di stabilità fa si che tutto
debba rimanere fisso, e non ci sia posssibilità di allungamento dei connettori. Intravediamo
anche l’ utilizzo di una vite, e vediamo anche viti o pin transcutanei, vere e proprie viti
utilizzate sul fissatore monolaterale. Ho diverse tipologie di mezzi di fissazione transcutanei,
fili fish pin o altro che servono ad adattare il fissatore al caso clinico che il chirurgo si trova ad
affrontare : grosso vantaggio in termini di flessibilità del sistema, si assembla tutto in fase
operatoria. Tutti questi sistemi sono vincolati uno all’ altro, i fori vincolano in posizioni discrete
con passo contenuto da uno all’ altro assemblando cerchi alle barre con viti e dadi serrati tutti
insieme. I fili sono vicolati a dei morsetti, a sua volta vincolati a uno dei fori del cerchio, e nel
morsetto, passa al filo serrato ulteriormente perchè rimanga teso. i fili, una volta infilati,
vengono chiusi con una coppia controllata : si vuole ottenere la stessa tensione in tutti i fili
utilizzati, nella stessa maniera, e fare in modo che vengano sottoposti alla stessa forza di
trazione.
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MISTO
Abbiamo poi situazioni miste, dove abbiamo cerchi e fissatori monolaterali, evidenziando versatilità dei sistemi.
Per quale motivo sono versatili ? Abbiamo portato la struttura portante del fissatore fuori dal corpo umano , e i requisiti
di compatibilità non ci sono, sono limitati al paziente in termini di ingombro, ma è un grosso vantaggio rispetto a tutte
le protesi messe nel corpo: dimensioni estramente contenute in quel caso. In questo non mi porto dietro problem i
di compatibil ità anatom ica. Uno dei vincoli da progettisti di dispositivi impiantabili viene meno, porto fuori la struttura
portante, e posso darle qualsiasi forma, che mi permette di creare diversi dispositivi possibili . La forma è determinata
proprio in sala operatoria, assemblando insieme i diversi elementi, mancando il vincolo di compatibilità anatomica.
Portando fuori la struttura portante del fissatore, il grosso vincolo che salto è la questione del materiale, non ho più
requisiti di compatibil ità biolog ica sulla struttura portante, ovviamente presente però sui pin, questi vanno a
inficcarsi nei monconi ossei. Non abbiamo infatti contatto con i tessuti.
Vediamo quindi un range maggiore di materiali da costruzione, non devono sottostare a compatibilità biologica. I
fissatori esterni li troviamo fatti in tanti materiali differenti. Rapporto resistenza meccanica/leggerezza accettabile, che
costituisce vantaggio per fissazione esterna. Sui dispositivi interni, la questione peso, non essenziale, per il paziente
non esiste : non sente il peso di questa protesi. Quando invece progettiamo fissatore esterno, le cose cambiano. Il
paziente non è nelle condizioni ideali, ha la gabbia intorno alla gamba. Non abbiamo vincoli di scelta del materiale,
ma se lo scegliamo pesante questo ingombra,e il paziente sente il peso.
Materiali da costruzione ? Dipende l’ utilizzo che ne facciamo. Generalmente utilizziamo leghe di titanio e di alluminio,
che non possiamo impiantare nel corpo umano (tossico) , e che non soddisfano requisiti di compatibilità, ma possiamo
utilizzarlo per componenti esterni. Utilizziamo delle plastiche, che possono essere usate nel corpo umano, portandolo
fuori dal corpo umano possiamo costruire componente di plastica.
A differenza delle endoprotesi, possiamo dare all elemento portante una sezione resistente grande a piacere :
mettiamo più materiale rispetto a un endoprotesi, e anche una plastica con caratteristiche meccaniche scadenti, può
essre usata in fissazione esterna, perchè allarghiamo la sezione resistenti : lo sforzo non supera i limiti critici a causa
della sezione. Possiamo drogare i materiali polimerici con fibre e nanosfere per aumenare le caratteristiche
meccaniche, non abbiamo nessuna preoccupazione che queste fibre vadano in giro per il corpo, motivo per cui le
plastiche possiamo usarle tranquillamente per l’ elemento portante. Nella terapia d’
urgenza, i requisiti di natura
meccanica non sono così stringenti, sono per un paziente allettato , sono dispositiivi non soggetti a carichi meccanici
importanti, e l’
affidabilità per un dispositivo del genere è limitata, quindi può essere costruito con una plastica di
bassa qualità.
Gli aspetti negativi sono legati al paziente, alla sua qualità della vita : a parte le ovvie conseguenze che derivano dal
portare dietro questo dispositivo a livello di comfort, ho inevitabilmente delle finestre aperte tra esterno del corpo del
paziente e interno del corpo, le viti passano attraverso la cute, e rimangono aperte le comunicazioni che fanno
passare qualunque cosa : pazienti fortemente a rischio per quanto riguarda problematiche di infezioni che sono
causate da microorganismi che possono tranquillamente penetrare nel corpo del paziente. Per questa ragione, il
paziente viene trattato con antibiotici.
La seconda considerazione da fare è che il fatto di portar fuori l’ elemento portante, invoglia l’ utilizzatore a riutilizzare
quell’ elemento su più pazienti. I cerchi e i semicerchi non vanno in contatto col sistema biologico del paziente, stanno
fuori. A patto di risterilizzarli dopo un primo utilizzo, possono essere usati su un altro tipo di pazienti. Chi fabbrica
queste cose lo sconsiglia, e ha interesse a dichiarare monouso il complesso di elementi. I fili e le fish sono monouso, il
resto viene riutilizzato, e , nell’ipotesi comune in cui tutto sia gestito in ospedale pubblico, quello che puoi riutilizzare lo
riutilizzi. Gli elementi dei fissatori esterni è prassi vengano riutilizzati. Rischi biologici non ci sono, ma ci potrebbero
essere rischi di affidabilità meccanica. Chi sa il progettista che verfiche ha fatto per affidabilità a lungo termine del
dispositivo ? perchè sia affidabile se utilizzato 6 mesi da un paziente o da più pazienti ? Cambia il numero di cicli a
cui viene sottoposto, e se il progettista ha messo da conto che sia riutilizzabile, viene messo da conto che sia
riutilizzabile da 5 pazienti. Se lo uso off label, fuori dalle indicazioni d’uso, e mi accollo un rischio, mi può andar bene
che il progettista abbia usato un certo coefficiente di sicurezza, ma potrebbe non andar bene. Questo vantaggio va
ben calcolato, e si porta dietro rischi da valutare e minimizzare in fase di progettazione con test ad hoc, dando certe
indicazioni al chirurgo. Questo aspetto è peculiare, riguarda la fissazione esterna. Esso è peculiare perchè
associato al fatto di avere dispositivo fuori dal corpo : può essere pensato come riutilizzabile. Il fatto di dover
risterilizzare le parti esterne se le volessimo includere, introduce un ulteriore elemento : i cicl i contin ui di
risterili zzazione : siamo sicuri non pregiudichino la resistenza meccanica del dispostitvo ? Oltre a calcolare il numero
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massimo di riutilizzi possibili, dobbiamo porci il problema del ciclo di sterilizzazione ripetuto. Dobbiamo fare delle
sterilizzazioni per vedere se il dispositvo, sottoposto a numerosi cicli di sterilzzazione, non peggiori troppo le
caratteristiche meccancihe. Dobbiamo aprire diverse ipotesi legate al tipo di sterilizzazione, e al materiale che scelgo
come materiale da costruzione per gli elementi esterni. Ho sottoipotesi, potrei ipotizzare che da fabbricante usi il
dispositivo una volta etc.. Vantaggio, tengo sotto controllo quante volte lo utilizzi, e, a un certo punto ne vendo uno
nuovo,e la sterilizzazione la faccio io con un metodo che non diminuisca caratteristiche meccaniche. Molta meno
affidabilità è presente seil tutto avviene in ospedale. Questo funziona. Anche la sterilizzazione in ospedale funziona
in maniera che non infici le caratteristiche meccaniche del dispositivo. Le cose sono differenti se sto risterilizzando un
cerchio fatto di acciaio, o se risterilizzo un pezzo di plastica. Sottoporre componente di fissatore esterno polimerica a
successivi e ripetuti cicli di sterilizzazione in autoclave, potrebbe generare problemi (la temperatura cambia le
caratteristiche meccaniche del sistema). I casi sono differenti, è importante tenerne conto in fase di progettazione.
Dobbiamo fare tutto ciò che è necessario perchè quel dispositivo possa essere riutilizzato su un certo numero di
pazienti. In fase di dimensionamento del dispositivo, è bene fare stima se, il dispositivo stesso, resiste a un certto
numero di cicli : dimensionamento di massima fatto sulla base di calcoli analitici che ci mettono in sicurezza rispetto
all’affidabilità a lungo termine. Per questo aspetto di sterilizzazioni multiple, dobbiamo fare un prototipo del dispositivo,
e testarlo, sottoponendolo a numero di cicli corrispondente al primo ciclo. Lo sterilizza, lo rimette in macchina per
secondo ciclo di prova etc.. La validazione della progettazione del dispositivo passa attraverso verifica sperimentale
che tenga conto dei vari riutilizzi.
Questione delle taglie. Quando consideriamo dimensioni alte dei pazienti, di solito è correlata anche al peso dei
pazienti. Quindi per protesi interne, il progettista fa i suoi calcoli, e attribuisce misure del paziente e specifiche
dimensioni della prtoesi. Nel caso di dispositivo esterno, invece, quello può andare su qualsiasi paziente. Quindi,
anche in fase di progettazione, risulta difficile immaginare la storia di carico sul dispositivo. Su quello monouso ho solo
una variabile da tenere in conto, la taglia del paziente. Per dispositivo esterno ? Difficilmente ho correlazione tra
grandezza del paziente, e peso della protesi. Il progettista può fare i suoi conti associando alle taglie delle protesi pesi
verosimili. Il dispositivo può andare su qualsiasi paziente, e, se lo riutilizziamo, diventa difficile in fase di progettazione
immaginare la storia di carico del dispositivo. Sul dispositivo singolo ho solo la variabile dellataglia, su cui ho
correlazione,e su questo dispositivo vado a naso, sovrad imensiono la probabil it à. Allargo lesezioni resistenti
compensando utilizzo non prevedibile del dispositivo.
L’alternativa alla fissazione esterna è quella interna : ho ache fare con dispositivi completamente impiantabili, con
forme e dimensioni varie, che sono fondamentalmente dei pezzi di metallo che tendono a tenere assieme i monconi
ossei.
TIPOLOGIE
PLACCHE,VITI,FILI
Come progettista, costruisco una placca che debba avere si la caratteristica che deve garantire stabilità della frattura,
ma devo anche accelerare il processo di guarigi one, e quindi penso ad un dispositivo pensato su un paziente che
guarisce in fretta : problem a della velo cità di guairgi one della frattura. La resistenza della placca la immagino più
importante nella fase iniziale, ma che mano a mano che la frattura guarisce, diventa meno importante, parte viene
supportata dall’ osso, e parte dalla placca. Questo, se va tutto bene, ma se la frattura nel paziente non guarisce ?
Abbiamo casi in cui il sistema biologico non rigenera velocemento l’ osso, e la guarigione della frattura risulta molto
ritardata. In quel caso la placca lavora fuori dalle condizioni di progetto individuate, motivo per cui abbiamo tantissime
placche che si rompono. Un 10% delle placche va incont ro a rottura, causata da ritardo di consolidamento della
frattura, e la placca, invece che soportare 100 mila cicli da sola,ne deve supportare molti di più, all’ interno dei quali,per
altro, deve supportare un carico molto maggi ore, per il quale, in fase di progettazione, era stato previsto che un
parte se li prende lei, parte l’osso. Se la struttura non guarisce, la placca li supporta da sola, e si rompe, era stata
progettata per resistere a meno cicli, e il progettista non può farci nulla. Le placche devono stare adese all’ osso. Sono
molto sottili e molto piccole. La sezione resistente non può essere fatta a piacere, ma è definita dall’ anatomia dell’
osso, e dall ’impossibilità di creare interferenza con altre strutture. Sui materiali , ritorna la problematica di dover
scegliere tra materiali ben definiti, mentre dall ’altra parte ho il chirurgo che vuole il materiale malleabile : questi vincoli
fanno si che la progettazione delle placche abbia poche chance di trovare soluzioni alternative. Uso qui acciai inox e
titanio più o meno puro.
FISSATORI
Un altra tipologia di dispositivi sono i fissatori interni, o chiodi endom idoll ari . Il
fissatore vien e posizionato all ’ interno del canale midol lare, bloccato in zona
prossi male e distale tramite viti di ancoraggio. Sono tubi curvati, che seguono
curvatura delle ossa lunghe, e sono destinati a regioni anatomiche particolari. Il tubo
viene infilato nel canale midollare delle ossa lunghe, e fissato all’ osso fratturato
mediante vari sistemi. Nel caso più comune, viene fissato con delle viti prossimalmente
e distalmente (oppure solo prossimali). Questo tubo ha dei fori, attraverso cui passano
le vit. La struttura portante, è caratterizzata da viti che vincolano il tubo all’osso. Se la
frattura è a un certo livello , il tubo viene inserito perchè fissazione distale e
prossimale siano a cavallo della frattura. Il vantaggio di questo dispositivo , è che ho
una struttura portante abbastanza massiccia, della dimensione del canale femorale, con
discreta resistenza (ho vincolo dato dalla grandezza del canale femorale, ma è
sufficientemente grande per mettere dentro qualcosa di resistente). Inoltre con questo
tipo di operazione, i pazienti posso no cam minare già dal giorno successivo , senza
il periodo di immobilità a cui erano obbligati a sottostare nel caso della placche. Sono operazioni meno invasive di
quella a cielo aperto. In questo caso, del femore, possiamo introdurre il chiodo dall’ alto, con un piccolo taglio a livello
del grantrocantere, e da questo, si lavora il canale femorale. Ho altri chiodi che prevedono lesatura del canale
femorale, e introduzone del chiodo : sono tutte operazioni a cielo chiuso : faccio pccola incisione del paziente con
vantaggio delle operazioni a cielo chiuso, ma anche svantaggi, soprattutto per il chirurgo che deve effettuare un’
operazione molto più complessa di prescisione. Questo fissatore consente come detto al paziente di camminare da
subito: paziente non sottoposto a terapie antibiotiche, ma che va incontro a secondo atto operatorio : a frattura guarita
i chiodi vanno rimossi. Nella fissazione esterna devo solo sfilare le fish e le viti, ma non è un vero proprio atto
operatorio. In ogni applicazione ho vantaggi e svantaggi.
Posso avere fissatori lunghi , fissati sia prossimalmente che distalmente, o corti, fissati solo da una parte. Vantagg io
di stabi lità nei lunghi . Quale è invece il vantaggio di usare meno viti, e fissare quindi la struttura solo distalmente o
prossimalmente ? vantaggio in flessione. Ho il vantaggio che si ripartisce il carico tra osso e fissatore in maniera
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corretta. Sistema meno rigido stimola di più osso a ricrescere. Questo concetto
dello stress shielding già intrdotto per protesi d’ anca, è un concetto che il
progettista tiene in debita considerazione per progettare disposiitivi funzionali in
termini di guarigione : viene agevolata la ricrescita dell’ osso, anche se comunque,
di contro, devo garantire la stabilità. Molta della ricerca, viene fatta verso
dispositivi che siano più biocompatibili dal punto di vista biomeccanico : rigidezza
tale da minimizzare stress shieding. Nel chiodo midollare, viene fatto eliminando
viti prossimali e distali, ma il requisito è che la frattura sia stabile. Nei lunghi ho
vantaggio di stabilità, nei corti ho il vantaggio di guarigione. Nei chiodi ci si è
sbizzarriti nella fissazione del chiodo al femore.
Nella fissazione interna esistono anche chiodi corti .QuestI chiodi, terminano a metà
della lunghezza del femore, e vengono usati per le fratture del collo del femore. Il chiodo
viene fissato a metà del femore con una vite, e poi ho altre due viti che entrano nel collo
femorale, che tengono insieme la diafisi con la testa del femore in quella maniera. Non è
necessario che arrivi fino in fondo al femore, la frattura è solo prossimale. I chiodi
vengono fissati con chirurgia più complessa. Dai condili femorali si infila verso l’alto il
chiodo.
Sono fissatori femorali che sono infilati a partire dal grantrocantere del femore
Devo usare materiali radio-trasparen ti, almeno nella parte in corrispo ndenza della
rima di frattura. Il Chirurgo usa fluoroscopio per individuare coni ossei dove impiantare
le viti che utilizza. Dopo aver apposto il fissatore esterno, se fatto di materiale
radioopaco, il sito di frattura può essere coperto dal fissatore stesso. Se faccio
radiografia in direzione mediolaterale, e non vedo i monconi, utilizzo materiali
radioopachi come metalli,e rischio di coprire il sito di frattura e, nel post operatorio
faccio fatica a valutare se la frattura guarisce in modo buono.Le plastiche invece sono
radiotrasparen ti, preferibili quando valuto nel post ntervento come procede la
guarigione della frattura.
Dovrebbe preved ere un sistema di sollecitazione specifico , per consn tire al paziente di graduare,
durante tutto il periodo di trattamento, la sollecitazione del focolaio di frattura (load sharin g). Anche
per la situazione esterna il sistema dovrebbe prevedere sistema di sollecitazione per graudare la situazione
del focolaio di frattura : sistema che varia rigidezza in base allo stato di guarigi one. Come valuto lo stato
di guarigione ? Risposta nel requisito successivo
Dovrebbe preved ere un sistema di misu ra, essenziale peruna oggetti va valu tazione dell ’ andam ento
della guarigi one. Devo avere radiografie che valutino se a cavallo del focolaio di frattura, ho formato o meno
callo osseo. Quello che non vedo è valutare se il callo osseo è sufficiente resistente o meno, se si è già
tramutato in osso, se ha rigidezza sufficiente da diminuirla etc.. Sarebbe bello avere un sistema di misu ra
che misu ri la rigidezza del call o che si sta formand o : valutare lo stato di guarigione della frattura non
attraverso analisi radiografica, ma attraverso misura vera e propria. Questo lo possiamo fare ? Si , in quale
maniera ? Abbiamo il femore, usiamo un fissatore esterno (fissazione delle viti a livello prossimale). Vediamo
di seguito come possiamo fare :
Ho un sistema inizialmente immaginato di 2 molle in parallelo. Immaginiamo ripartizione del carico fra i due sistemi tra
osso e fissatore. Per far passare carico all’ osso, faccio diminuire rigidezza del fissatore (R2). In modo tale che mano
a mano che il callo si ricrea possa far passare il carico all’ osso, non faccio il fissatore monobl occo , ma lo faccio
come sistema portante con in parallelo un altro sistema (R1). Non avrò più singola molla, ma ne avrò due.
Immaginiamo una molla in parallelo al fissatore, di cui posso variare la rigidezza espon endo una parte più o
meno ampi a della molla che si pu ò deformare. Nel momento in cui la elimino la rigidezza del fissatore diminuisce,
e quando mi accorgo che il callo osseo è sufficientemente resistente, tolgo il componente parallelo e faccio scaricare
carichi all’
osso (posso progettare un sistema che vari la rigidezza del sistema stesso). Come misuro quanto è rigido
questo callo ? Sfrutto lo stesso sistema,dove la ripartizione del carico tra osso e parte artifici ale dipend e dalle
rigidezze reciproche. Aggiungo un pezzo (R1) che vari rigidezza, e che possa misurare con sensori la deformazione
che subisce l’ elemento messo in parallelo. Ho quindi un sistema che non posso solo utilizzare per variare la rigidezza
dell’intero sistema, ma che con appositi sensori (questo è un trasduttore), misuri la deformazione locale su se stesso,
ovviamente correlata al carico che passa sul sistema stesso. Sfrutta la deformazione a suo carico correlata alla
deformazione in parallelo. Esso è qualcosa in grado di misurare la deformazione a cui è sottoposto. Faccio caricare
il paziente su una piattaforma di forze a misuro la deformazione iniziale. All’ inizio della guarigione, il paziente ,
sottoposto a questa operazione, fa registrare a quell’ elemento sensibile una deformazione iniziale epsi lon-i . Da quell
elemento passa carico Ci, che è lamaggior parte del carico C all’ inizio. C viene divisio tra Co e Cf, Cf si divide a sua
volta anche in Ci poi. All’ inizio avrò il 90% a carico del fissatore, 10 osso. A un certo punto ho qualcosa che fa
aumentare la rigidezza dell’ osso, le rime di frattura vengo no meno se il call o si forma. Il fatto che diventi sistema
più rigido, fa si che il carico si ripartisca in maniera diversa. Ridistribuzione 85 15 ad esempio. Dopo un mese faccio
ricaricare il paziente, e noto una epsilon-i a un mese minore di quella iniziale : ci passa sopra un carico più piccolo al
componente in parallelo. Questa operazione la posso eseguire ripetutamente, monitorando quanto il callo sta
crescendo in termini di rigidezza , andando a misurare le deformazioni della componente artificiale, e, per differenza
determ ino il carico che passa dall ’ osso. Ho una misura della compattezza del callo. Se la epsi lon a un mese è
met à di quell a iniziale, signi fica che il call oo che aveva rigidezza di tot, dopo un mese ha rigidezza doppia, e
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posso decidere di variare ulteriormente la rigidezza del sistema in parallelo per accelerare la guarigione,facendo
passare più carico nell’
osso. Posso attaccare quindi sistemi di misurazione, a rigidezza variabile, per ottimizzare
guarigione dell’
osso e velocizzarla. Tutto questo risulta difficle da compattare in dispositivo impiantabile.
LOAD SHARING
Facciamo un esempio di come si può affrontare valutazione dello sharin g in fase progettuale. Questo tormentone va
soddisfatto in fase pre clinica, e rappresenta la capacità di un certo sistema di fissazione di trasferire carico all’
osso.
Per fare questo abbiamo progettato un simu latore di baci no : struttura pensata per essere in grado di applicare ad
un osso sintetico una sollecitazione simile a quella che riceve il femore durante le attività di cammino del paziente.
Abbiamo femore sintetico, di resina, femore sviluppato e studiato da azienda svedese le cui caratteristiche
meccaniche sono state misurate e confrontate da ossa prelevate da cadavere (ha caratteristiche meccaniche
comparabili a quelle dell ’osso femorale). Per fare valutazioni dal punto di vista meccanico, questo sistema è ideale,
ed è sempre quello a differenza di quello del cadavere : condizione al contorno nota e standard. L’ osso sintetico
viene montato sul sistema, e vengo no cem entati i condil i femorali in un bicchiere solid ale alla cell a di carico
della macchina di prova. Il sistema èn vincolato a terra con un manicotto. Sul grantrocantere del femore, viene
cementata u’ altra coppetta, con nella parte superiore un anello per attaccarci un tirante, cavo d’
acciaio. Ho una
schematizzazione del bacino del paziente, con elemento di carico che può essere variato in posizione medio laterale.
Questo bacino riporta un altro tirante. Il cavo che collega
grantrocantere con bacino, rappresenta invece l’ azione dei muscoli
abduttori. Il tutto viene messo in macchina,e il sistema caricato con
certa forza, agisce azione muscoli abduttori, e il fatto di mantenere
bracci di leva come quelli del corpo umano, fa si che il sistema sia
caricato come lo carica il paziente durante il ciclo del passo.
Misuriamo il carico che stiam o appli cando , e simu liam o il carico.
Quello che applico lo misuro con la cella di carico. La distanza rossa
gialla la imposto io se so rapporto bracci tra baricentro e testa
femorale per simulare diversi pazienti. Freccia rossa baricentro. Serve
a sapere il tutto come il carico si ripartisce sull’
osso. La freccia in alto a
destra rappresenta sempre il carico che applico, ma lo applico li
semplicemente per come è costruita la macchina. Tanto il carico si
ripartisce e divene la freccia rossa (forza peso paziente).
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CALIBRAZIONE DEL FEMORE SINTETICO
Sistema in grado di applicare carico a cui è sottoposto il femore prossimale durante il cammino. Lo scopo
princip ale è quell o di usare questa struttura in config urazione solo femore, situazione fisiol ogica. Quel
femore veniva fratturato e poi aggiunto un chiodo all’ interno. Quello che volevamo vedere era come il carico veniva
ripartito tra struttura naturale e artificiale. Le condizioni che analizzo sono : Situazione fisiologica, senza
dispositivo ,situazione di fine guarigione, situazione di inizio guarigione (femore fratturato con chiodo all’ interno).
Volevamo vedere quanto questo partico lare chiodo fosse in gado di ridistib uire il carico fra se e osso per
confronto con altri chiodi che hanno compo rtamenti differen ti. Questo doveva rendere il chiodo più elastico,
abbiamo preso un chiodo standard e abbiamo rifatto la stessa valutazione.
IL CHIODO ELASTICO
Il chiodo elastico , nasce dall ’ idea anticipata precedentemente di poter aver a disposizione
un dispositivo la cui rigidezza possa essere variata in funzione delloo stato di guarigione dell’
osso. Per dispositivi da osteosintesi esterna, questo è più facile : basta porre in parallelo al
sistema principale portante un altro elemento, generalmente elastico, la cui rigidezza può
essere variata (ho accessibilità totale) che possa avere elemento sensibile che possa
misurare la deformazione a cui è soggetto, strettamente correlata alla rigidedzza del callo
osseo che si sta formando. Per dispositivi posti all’ interno del corpo umano, questo è
difficilissimo da fare. Il chiodo elastico, nasce con il concetto infatti di avere una struttura in
serire con l’ elemento portante : elem ento elastco, molla, e cappu ccio che variano la
rigidezza della molla stessa. La molla è fatta in maniera particolare, nella parte alta ha delle spire. Ha poi dei fori
che fanno passare le viti a livello della testa del femore. La variazione di rigidezza, avviene esponendo le spire in
maniera più o meno accentuata. A cappuccio chiuso, l’ elemento è rigido, mentre svitando il cappuccio, la molla
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svolge la sua azione , e il sistema diventa più elastico. Questo svitamento può essere fatto con una manovra dove
viene riesposta la parte del grantrocantere, e con un cacciavite viene svitato il chiodo. Il cappuccio in alto ha delle
scanalature. Con un cacciavite lo avvitiamo e svitiamo. Il cappuccio ha due fori per questo motivo : svitando quello
superiore abbiamo vite trans troacanterica, entrando dall’ apice del trocantere e scendendo sul femore, mentre per l’
utilizzo del foro infeiore ho la vite trans cefalica, che va a mordere la testa del femore. Lo stesso dispositivo può
essere usato per fratture o fissazioni. Possiamo avere fissazione trans-trocanterica, e trans-cefali ca. Essendo un’
operazione praticamente a cielo chiuso,è necessario che il chirurgo veda ciò che sta facendo sotto fluoroscopio, ma
ho necessità che , una volta infilato il chiodo, le viti vadano a centrare i buchi nel chiodo stesso. Questo tentativo di
infilare le viti, non si può demandare solo al fluoroscopio, ma ho uno strumentrario dedicato che si innesta a partire
dal cappuccio del dispositivo, e si attacca al cappuccio una squadra che riporta in corrispondenza del foro una guida
per infilare adeguatamente la vite. Ho indicato lo strumentario che serve per centrare la vite prossimale. Il castello più
basso centra le viti dei fori distali. Il rischio qui , non è quello di non centrare il buco con la vite, ma i tentativi di
centrare il corretto allineamento tra vite e stelo, potrebbero causare sfregamenti sulle pareti del foro, che sono delle
alterazioni che porto allo stato superficiale del dispositivo. Già il dispositivo dove ho il foro è intrinsecamente meno
resistente, se gratto via la superficie sul foro, perchè cercando di infilare la
vite non centro subito il foro, causo delle alterazioni dove è più debole : foro
diventa potenzial e innesco di cricche che si propagano a fatica. Alcui
fallimenti a lungo termine di questi dispositivi, sono dovuti alla difficoltà di
applicare le viti sullo stelo senza rovinare la superfici del foro stesso.
CONSIDERAZIONI FINALI
A ivello distale non mettiamo una vite, ma vergel le che si conficcano nel
sistema femorale. Le vergelle sono a punta e fuoriescono al livello del condilo
femorale. Questo sistema di fissazione è più elastico di una vite. L’idea è di rendere più elastico il sistema.
Qui abbiamo sistema a rigidezza più bassa che non fissato con viti prossimali e distali. L’ eccesso della rigidezza del
sistema èu chiodo. Estremo della flessibilità ricercata in un chiodo. A livello prossimale ho due fori per le viti, mentre
la fissazione distale come avviene? si sfila il filo e si aprono 4 vergelle che, per attrito, bloccano il chiodo alle pareti
interne del canale femorale. L’indicazione di utilizzo è solo su fratture stabili, anche se è un chiodo che ha
funzionato se scelto per le condizioni ideali (chiodo di Marchetti e Vicenzi).
Viti alla testa del femore sono messe parallele. Il fatto di averle parallele, consente minimo di mobilità delle viti : le due
rime di frattura possono muoversi un minimo una rispetto all’ altra. Se le due viti le dovessimo invece mettere
convergenti, blocchiamo tutto più efficaciemente. Quelle parallele non possono scorrere una rispetto all’ altra. Ho due
soluzioni simili utilizzate per due esigenze cliniche differenti, una dove la frattura è più stabile e si vuole accelerare la
guarigione, nell’ altra la qualità dell’
osso è scadente.
Posso usare anche placca sulla parete esterna del femore. Devo fare atto operatorio invasivo per poter inserire la
placca, fissazione delle viti la faccio dall’
esterno. Sistema leggemente più semplice e stabile, che ha svantaggio di
essere introdotto attraverso atto operatorio leggermente più complesso.
Placca standard, per fissazione di fratture del radio, placca con qualche foro, mettiamo una o più viti per fissarla.
Abbiamo placche per qualsiasi parte del corpo umano, sagomate in maniera molto diversa una dall ’ altra, con
conformazione che assomiglia a osso della clavicola, e che consentono al chirurgo di usarle in tutte le situazioni
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cliniche particolari. Placche disegnate sul sito anatomico dove devono essere posizionate.
Viti possono essere usate per collo del femore, con monconi adesi possiamo usare un concetto , di mettere viti a
cavallo della rima di frattura senza avere la placca esterna. Solo le viti possono essere usate per fissare la frattura. La
vite sulla superficie ha dei fori passanti. Essa è un tubo, per il corretto posizionamento della vite, da prima si fa
passare con un trapano/filo guida, e si posiziona il filo dove si vuole mettere la vite : deve essere canulata. Ho su di
essa forellini che servono per somministrare del farmaco localmente sul sito di frattura, oppure possiamo decidere di
fare cemento armato : viti come armatura e sparare cemento per ossa che blocca le viti nel momento in cui
polimerizza. questa è azione coadiuvante quando la qualità della vite dell’ osso è scarsa.
Ho anche fissatori esterni, di diverse fogge. Fissatori esterni in lega di titanio. Fissatore utilizzato in traumatologia ,
definitivo. Non è un fissatore usato in traumatologia d’ urgenza.
La sollecitazione, macroscopicamente, determina il fatto che i due monconi ossei, nel caso di viti parallele, abbiano
microcrompressione reciproca data dalle viti. Quando sono convergenti, non possono più scorrere una rispetto all’
altra. Rispetto alla situazione dove le viti sporgono dall ’ osso, e non sporgono in utilizzo clinico, le viti è importante che
trovino miglior grip nell’osso a livello corticale. La vite deve sfondare la corticale, dopo essere passata dalla placca.
Una volta raggiunta la corticale opposta, non è necessario sporga oltre, e si può tagliare la vite. Quando vado ad
espiantare, il danno che causo durante l’ espianto non è influente rispetto alla resistenza dell’ osso guarito dopo l’
espianto del mezzo di sintesi. Nella maggior parte dei casi non è un problema, in altri è dibattuto il fatto che gli
elementi di fissaggio siano responsabili di eventuali rifratture che si verficano dopo l’ espianto del mezzo di sintesi. Può
succedere che un osso rotto e risanato possa incorrere in ricadute recidive delle fratture nello stesso sito precedente.
L’ osso, ricresciuto nei primi periodi,non ha la consistenza di un osso sano, e, espiantando il sistema, lasciamo dei
buchi in corrispondenza delle viti, togliamo resistenza all’ osso. Questo è dibattuto quando si lascia la possibilità al
chirurgo di mettere più viti o meno viti (se ha più monconi ne mette di più). Se la frattura è a cavallo della metà della
placca, posso decidere anche di fissarla con 6 viti. Più viti uso, più ho stabilità, e più irrigidisco il sistema, facendo
passare meno carico dalla parte ossea che potrebbe guarire in un tempo più lungo, e mezzo di sintesi potrebbe
andare incontro a problemi di fatica meccanica. Dove il chirurgo ha usato troppe viti, si ha rottura del mezzo di sintesi
associato alla frattura. Dibattuto è il fatto di utilizzare più o meno viti, sembra esserci correlazione tra numero di viti
utilizzate e incidenza di rifratture nel tempo. Generalmente non si ritiene sia un problema il danno causato dall’
estrazione della vite all’atto di rimozione del sistema. Il chiodo endomidollare entra dentro il canale midollare. Questo
può essere fresato per accogliere il chiodo. Può essere indebolito, fresandolo asporto materiale. Asporto materiale
dalla prossimità dell’ asse neutro del sistema. La parte dell’ osso vicina all’asse neutro, non è così fondamentale
rispetto alla resistenza a torsione. Se sul mezzo di sintesi cresce osso, allora in quel caso potremmo avere
problemi(se la placca viene inglobata dall’ osso). Per questo motivo, il titanio non viene spesso utilizzato, cresce su
esso più favorevolmente l’ osso e diventa difficile la rimozione del sistema stesso.
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5. PROTESI DENTALI
L’ultima applicazione parzialmente riferibile al sistema scheletrico, sono gli impianti dental i , che trovano collocazione
nelle ossa, anche se non sono riferiti all’
apparato locomotore. L’ impianto dentale è una struttura che serve a
rimpiazzare dei denti, che non ci sono più per diversi motivi. Quando manca uno più denti, che cosa facciamo ? Le
funzioni che vengono a mancare sono di due tipi, una molto più importante : masticato ria, e l’ altra data dalla
considerazione estetica.
Qui viene rappresentato quello che succede in mancanza di un dente : il dente centrale della figura viene sostituito da
un assemblaggio di due componenti : corona protesi ca e impianto dental e. Noi ci occuperemo come progettisti solo
di impianto dentale, la corona protesica, manufatto artigianale, spesso viene fatta sul paziente che riceverà quella
determinata corona, che non ha progettazione vera e propria a livello industriale, ma più artigianale. Quello che ci
interessa è l’ impianto dentale, cioè un dispositivo che fornisce alla corona protesica un supporto in una matrice
ossea, nell’osso o della mandi bola o della mascell a. Il dente naturale ha degli agganci alla componente ossea, che ,
quando viene a mancare il dente, vengono a mancare anch’ essi, e alla corona protesica artificiale è necessario un
aggancio alla componente ossea nell ’ osso della mandibola o della mascella. L’ impianto dentale ha quindi queste due
parti. Una parte che si avvita o si vincola nell’
osso, impianto (parte endossea) e seconda struttura, monco ne,
abutment, struttura che connette la parte endossea alla parte del cavo orale : sporge nella bocca. Esso passa
attraverso la gengiva, e fornisce il supporto per la corona protesica, dente finto. Spesso, l’impianto, va a sorreggere
più denti, e in patologie abbastanza diffuse, non è solamente localizzata su un dente, ma patologia diffusa che fa
perdere intere parti delle arcate dentali : gran parte dell’
arcata dentale deve essere sostituita con struttura artificiale.
Vediamo nell ’ immagine un paziente con i denti anteriori ancora funzionanti, ma con tutta la
parte dai premolari ai molari completamente mancante. Non è più applicazione a singolo
dente, ma vanno ricostruite entrambe le arcate. In questi casi, non utilizziamo impianto
dentale per dente, ma le cosiddette strutture a ponte : impianti dentali sono i pilastri di un
ponte dentale costituito da più denti che non appoggiano ciascuno su un pilone, ma su
due tre piloni a seconda delle scelte chirurgiche. Per sostiuire i denti su ciascuna delle due
parti, in un caso abbiamo 3 impianti dentali, 3 monconi che spuntano nel cavo orale, che
saranno i pilastri di una ricostruzione che alla fine si presenta come nella foto successiva
(possiamo quindi mettere da 2 a 3 denti sullo stesso moncone, dove il numero di pilastri
utilizzati dipende dalla consistenza dell’osso).
La scelta del numero e del posizionamento del singolo impianto, è strettam ente legato
alla quali tà dell ’ impianto. La stabilità dell ’
osso di chi deve ricevere l’ impianto nell’
osso
è fondamentale per garantire stabilità nel tempo. Un umpianto che inizia a ballare,
determina instabilità, devo metterlo dove ho sufficiente osseo. I problemi di edentulia
sono cosi diffusi sono legati al fenomeno di riassorbimento dell’ osso ancora con i denti
naturali, che cadono semplicemente perchè non hanno più supporto nell’ osso. I pazienti
sono già quindi con una struttura dell’ osso mandibiolare mascellare compromessa. Il dentista deve scegliere dove
piazzare gli impianti dove ha sistema compatto e resistente. I problemi di edentulia nascono anche per problemi di
igene dentale , portando in fase avanzata a
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riassorbimento osseo e perdita di denti. Diviene
molto probabile che le stesse cause che hanno
portato alla necessità di impianti dentali, causino
fallimento degli impianti stessi (il paziente può non
avere igiene anche dopoo l’ impianto). La struttura
dentale, e quindi la corona protesica, sarà compito
dell’odontotecnico, non più dell’ ingegnere : l’
odontotecnico deve far combaciare perfettamente l’
arcata mandibolare con quella della mascella.
IMPIANTI DENTALI
Def : Sono innesti di tessuto non vital e entro un sistema biolog ico atti a sostenere e supportare le unità
masticato rie protesi che poste a sosti tuzione di denti natural i mancanti (no dentiere o qualsiasi altro tipo di
ricostruzione dentari a a contat to solo con il tessuto epiteliale gengivale).
Non parliamo di dentiere o qualsiasi altro tipo di ricostruzione solo a contatto con tessuto gengivale o epiteliale. Le
dentiere hanno confromazione nella parte protesica simile a quella dell’ impianto dentale,
ma non sono ancorate all’ osso del paziente, solo ancorate sulla gengiva. Dal punto di
vista storico ho impianti dentali che si sono evoluti in diverse tipologie :
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Impianti subperiostei : costituiti da una intelaiatura metallica inserita a diretto contatto con l’
osso
mandibolare o mascellare, sporgendo dalla gengiva, la grata è in grado di sostenere una protesi mobile o
fissa . Intelaitaura metallica che viene vincolata alla parte ossea, con spuntoni. Sono strutture un pò
diverse oggi, tipo placca da osteosintesi vincolata all’osso, o dove c’ è osso per poterci attaccare qualcosa, e
terminano con monconi sopra cui mettere corona protesica. Non abbiamo più ancoraggio con singol e viti,
ma vien e costrui ta una grata che si appogg ia all ’ osso. Sono interventi estremamente più invasivi rispetto
al posizionamento di uno o più impianti dentali endossei. L’ impianto dentale viene messo da dentisti, non da
chirurghi, e potrebbe essere messo anche in uno studio. Lo facciamo dal dentista perchè è un’ operazione
scarsamente invasiva dal punto di vista chirurgico. La grande maggioranza degli impianti dentali viene messa
in anestesia locale. Si può anche ricorrere alle totali, ma generalmente il dentista governa i problemi di
anestesia, e l’ impiantologia dentale è operazione chirurgica. L’ osso al di sotto della mandibola è molto
scarso, e devo ancorarmi su strutture più profonde utilizzando tecniche che permettano di costruirsi delle
strutture a supporto dei denti fatte appositamente su quei pazienti (personalizzate). Il dente viene ancorato
all’osso molto più profondo della mascella con struttura fatta apposta per quel paziente. Queste applicazioni
sono però rare.
Impianti transossei : Sono costituiti da un’intelaiatura metallica che attraversa tutto lo spessore dell ’
osso
fuoriuscendone per un tratto in modo da consentire ilfissaggio con una sorta di
dado, la protesi viene supportata e stabilizzata dagli attacchi che sporgono dalla
gengiva.Fissaggio al di la dell ’
osso della mascella,sempre per questioni per
mancanza di osso sufficientemente compatto.Oggi comunque si usano impianti
endossei cilin drici.
SPECIFICHE DI PROGETTO
Un impianto deve essere in grado di trasmettere il carico masticato rio come un dente natural e. Abbiamo detto
che l’impianto deve sostituire la funzione masticatoria, e per progettare un impianto del genere dobbiamo conoscere l’
entità di questa funzione : dobbiamo conoscere le forze masticatorie che agiscono sui denti delle due arcate. Queste
forze hanno un’ intensità non intuibile, e vengono riportate. Il dente sopporta altissime forze, ed è piccolo.
Spostandoci dalla regione posteriore, alle regioni anteriori, le forze diminuiscono. Anche gli incisivi vengono caricati
tanto durante la masticazione. Abbiamo dei range, come il 390-880. Come dicevamo prima, non solo la direzione ,
ma l’ entit àl di ogni atto masticato rio, è diversa da quell o successivo . 880 N rappresentano picchi di forza, che
magari non si registrano spesso. La maggior parte dei carichi è di entità minore. I requisiti di affidabilit à meccani ca
di questi dispositivi si affrontano con la consapevolezza che l’ entità delle forze non è banale, come anche la
direzione. Questi valori sono forze masticatorie verticali, ma ho anche componente importante laterale. Generalmente
il dente, e l’impianto dentale che lo supporta, sono soggetti ad attivi tà di flessione. Ho speso forza verticale
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disassata rispetto all’impianto, e ho anche componenti laterali rispetto all’impianto stesso. Quella dentale, è una
struttura fortemente caricata con forze di direzione generlamente ignote, che causano flessioni e torsioni del
sistema. Quindi, l’ atto masticatorio, per sua natura, implica sollecitazione ciclica : mastichiamo un pò di volte al
giorno. Rispetto ad affidabilità meccanica a lungo termine, dobbiamo stimare quante volte l’ impianto è sollectiato da
quella forza, cosa quasi impossibile da stimare. Sapendo che un paziente cammina un milione di volte all’ anno, e
mastica di meno di quanto cammini, il milione di cicli rappresenta attività di impianto dentale maggiore di un anno.
Una volta che un sistema viene verificato a 5 milioni di cicli, è una vita sufficientemente lunga : simulazione di 10 15
anni di attività masticatoria. Dobbiamo anche stare attenti a come interpretare i dati, in quanto quegli 800 N,
potrebbero anche essere distribu iti su più denti, piuttosto che su uno singol o. A partire dalla natura del cibo
che mastichiamo, l’ impianto dentale deve essere in grado di sopportare questa Fmax : molto importante è la
direzione, perchè la mandibola e la mascella hanno molti gradi di libertà, perchè si può sia masticare facendo
diventare la struttura una cerniera, o anche diversamente. Avremo delle richieste specifiche molto severe, in quanto
forze molto grandi, vanno a scaricarsi su impianti molto piccoli. Vantagg io : Nella regione canini-incisivi anteriore,
sono scarsamente caricati (1/4 rispetto alla regione mandibolare).
Il monco ne possiede un foro passante in generale, e si accoppia tramite esso con l’ impianto , che nella parte interna
ha il filetto femm ina, madrevite ricavata nel corpo dell’
impianto. La vite passa attraverso il moncone, e si infila nella
madrevite. Abbiamo due tipologie e filosofie vere e proprie di collegamento dell’ impianto alla matrice ossea, la
trasmissione dei carichi avviene attraverso interfaccia impianto osseo :
Da carico immediato = connessio ne tra osso vivente e superficie di un impianto sottoposto a carico
immediatamente dopo l’
inserimento chirurgico. Questo tipo di connessione da vita a impianti monofasici
Osteointegrata : connessio ne diretta tra osso vivente e superficie di un impianto caricato tardivamente,
senza interposizione di tessuto connettivo fibroso (Branemark,1977). Questo tipo di connessione da vita agli
impianti bifasici.
Varia quindi la modal ità di connessio ne fra impianto e corona. Nell’ impianto monofasico, impianto e moncone
protesico sono forgiati in un unico elemento, mentre nell ’
impianto bifasico, impianto e moncone protesico sono due
elementi distinti. I vantaggi del monofasico sono dati dalla ridotta componentistica, con eliminazione di uno dei due
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punti critici, e a minore resistenza del sistema (connessione). In più la procedura chirurgica si riduce a una fase
singola. Il vantaggio dei bifasici è invece dato dalla maggiore flessibilità.
IMPIANTO MONOFASICO VS. IMPIANTO BIFASICO
Gli impianti monofasici basano il razionale del successo sulla stabi lità primaria fornita grazie a caratteristiche
geometriche dell’ impianto (spire grandi). Generalmente è un impianto dove moncone e parte endossea sono un
unico pezzo. Il tutto viene costruito a partire da delle barre di materiale da costruzione, e il moncone è direttamente
colelgato, ma è un pezzo unico insieme all’ impianto. Viceversa, il bifasico è generalmente costituito da 3 componenti,
due primarie, e poi qualcosa che tiene assieme impianto e moncone : vite di collegamento. I vantaggi ci sono
ovviamente. Nei monofasici il numero ridotto dei compo nenti è indice di minor rischi o di fallim ento , tanto più
mettiamo più componenti insieme,tanto più innalziamo la possibilità di rottura, e viceversa (nel bifasico abbiamo tre
elementi che si possono rompere, moncone, vite, impianto, quindi maggiore rischio). Nell’ impianto monofasico quello
che elim iniam o è la vite di connessio ne. In quello bifasico, il punto critico è la vite di connesione (molto piccola,
diametro tra 1,4 e 1,7 mm), che tiene assieme moncone e impianto. La più piccola sezione resistente dell ’ impianto
monofasico è paragonabile alla vitina del sistema bifasico, con la differenza che nel monofasico non si romper. La
vite è piccola, struttura estremamente esile, soggetta a carichi importanti. Il fatto di eliminarla nell ’ impianto
monofasico è un vantaggio : ho meno componenti che si possono rompere, non ho più la componente
maggiromente soggetta a rotture. Sono ridotti anche i costi dell’ impianto. I costi di queste tipologie di dispositivi è
sufficientemente basso. Il fatto di avere meno componenti abbassa i costi. L’ altro grosso vantaggio è che la chirurgia
è in una singol a fase. L’ impianto bifasico invece ha il vantagigo di avere maggiore flessibilità in termini di geometria
dell’insieme finale che vado ad assemblare. Il chirurgo deve inserire l’ impianto dove trova osso. L’ impianto
monofasico è solamente retto, non costuriamo impianti monofasici con diverse inclinazioni del moncone rispetto all’
asse dell’ impianto. Quando il chirurgo avvita, non sa quanto riesce ad affondare. Potrebbe, avvitandolo trovarlo nella
parte giusta o sbagliata. Si fa quindi retto in modo tale da avere il moncone in asse con l’ impianto : questo spesso non
permette di variare l’inclinazione della parte endossea : se l’ osso compatto non è in asse con il dente natural e,
non posso mettere l ’ impianto retto. Con il bifasico, infilo l’impianto, dove arriva arriva,e il moncone che monto
sopra ha un tot di scelte di posizioni angolari , un tot di inclinazioni di monconi dispobibili. Con posizionament o
relativo tra i due posso ottenere un costrutto con inclinazione relativa impianto moncone qualsiasi :
discreta, ma con diverse scelte. Costruisco una struttura estremamente custom izzata sul paziente.
Scelgo il moncone in maniera tale che il moncone sia in asse con il dente da sostituire.
L’impianto monofasico basa successo su stabilità primaria : impianto deve essere ancorato all’ osso
senza che l’ osso sia ancora ricresciuto su di esso. Il disegno dell’
impianto ha una presenza di spire
molto larghe, che aumentano la superfi cie di contat to tra impianto e osso : con superficie di
contatto maggiore, rispetto a spira più stretta, ottengo stabi lità migli ore : impianto monofasico ha
struttura di ancoraggio di spire molto larghe. Abbiamo anche la stabi lizzazione bicorticale. L’osso è
fatto da parte corticale interna, e osso spongioso esterno. Una volta passata la prima corticale ,
conficco l ’ impianto nella seco nda corticale, facendo prendere li la seconda parte dell ’ impianto,
saldamente ancorato alla corticale opposta : aumento ulteriormente la stabilità primaria : impianto
conficcato in un osso estremamente compatto come osso corticale.
Esempio della Vite di Garbaccio che si basa sul principio di stabilizzazione corticale. L’ appoggio
bicorticale ottenuto è costante e defini tivo con percentuale negativa praticamente inesistente : è
favorito il defini tivo conso lidam ento per osteog enesi riparativa. Ho un disegno di impianto a
carico immediato. Dal punto di vista clinico non si hanno insuccessi, ma è una chirurgia molto
difficile da eseguire. Anche supposto che vada bene impianto retto, la corona costruita sopra ha
certa inclinazione. Io devo conficcare nella corticale opposta, e potrei fermarmi troppo presto, con
impianto che affonda solamente nella spongiosa, opure vado troppo avanti a ledere altre strutture
che stanno sotto quell’ osso. Chirurgia semplice essendo singolo ato operatorio, ma operazione
complessa in se. Se fatta bene, è una tipologia di impianto che ha risultati clinici estremamente
positivi. L’osso deve comunque ricrescerci sopra,e devo comunque avere risposta biologica. La
ricrescita dell’osso sopra l’ impianto avviene se non si scatenano infezioni, e ricresce sopra in
dipendenza anche dalla tipologia dell’ atto chirurgico : la sede dell’impianto deve essere preparata.La
madrevite nell ’
osso della mascella va preparata con frese, punte da trapanano e che sagomano il canale all’ interno
del quale va avvitato l’ impianto. Si crea un trauma nell ’ osso prima di creare l’ impianto. Quanto più vado a
danneggiare l’ osso in preparazione, tanto meno sarà invogliato a ricrescere. Questa fase è importante per scatenare
osteogenesi rigenerativa adeguata. Nel caso di Garbaccio effettuo una maschiatura dell’ impianto, e creo una sorta di
invito elicoidal e dentro il quale la spira riece ad avanzare traumatizzando meno l’ osso.
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MATERIALI PER IMPIANTI DENTALI
Di cosa sono fatti impianti dentali ? Esclusivamente in lega di titanio . A differenza di altri utilizzi delle leghe di titanio,
utilizziamo sia quella meno pura che il titanio più puro. Il grado 4 vien e utilizzato nella parte endossea. All’
aumentare della purezza, diminuisce la percentuale di elementi spuri che aumenta biocompatibilità del materiale :
cresce in titanio puro e meno in meno puro. Nella parte endossea, a volte, si utilizza titanio grado 4 anzichè 5.
Moncone e vitina non ha senso invece farle in titanio piu puro, le si fa sem pre di 5. Rovescio medaglia :
caratteristiche meccaniche grado 4 son più basse di quelle del 5. Lo snervamento del titanio puro è diverso dal grado
5. Ho una differeza notevo le nelll a resistenza del materiale. Abbiamo detto che nel monofasico scegliamo di
andare o verso una maggiore biocompatibilità, utilizzando il titanio più puro per tutta la struttura, oppure facciamo
scel ta di maggi ore resistenza per tutta la struttura (il pezzo è unico non sono divisi in 3!). Per i bifasici invece
possiamo trovare fixture (parte endossea) di grado 4 o 5, se si sceglie compatibilità o affidabilità meccanica, mentre
componenti protesiche sempre grado 5 (prediligo resistenza, non sono a contatto con l’ osso). Per quanto riguarda
impianti bifasici, il numero di componenti è quello di impianto moncone e vitina di collegamento.
OSTEOINTEGRAZIONE
L’
impianto deve essere osteointegrato, e deve raggiungere e mantenere stato di equil ibrio tra :
Falli menti settici (insuccessi causati dal sopravvento degli agenti batterici nei confronti delle difese dell’
organismo)
Falli menti aset tici (insuccessi derivanti dalla rottura del delicato sistema di forze esistenti durante la
masticazione)
Come nelle altre applicazioni di componenti artificiali nella matrice ossea, il fatto che l’
osso ricresca sulla protesi
dipende come la protesi trasmette carico all’
osso. Tanto più il carico è uniforme, e dal punto di vista quanti tativo
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il carico è corretto, stimo la adegu atam ente l’ osso, ma non causa problem i di rotture, tanto più l’
osteoi ntegrazione avvi ene : il raggiungimento stato di equilibrio particolarmente delicato. Fallimento implantare
significa fallim ento di questo equil ibrio : questo può essere dato da un disegno scorretto , non viene trasmessa all’
osso sollectiazione uniforme, oppure dentista l’ ha impiantato male, quindi magari era anche disegnato in maniera
corretta, ma ha sbagliato l’ operatore. Oppure si scatenano fallim enti di tipo biolog ico : infezioni che minano la
ricrescita ossea sull’impianto. Questa è la causa di fallim ento princip ale : esula dalla progettazione biomeccanica ,
è qualcosa solo legato al paziente, all’ introduzione di microorganismi. Se il microorganismo penetra nella massa
ossea, cosa facile , può essere associato sia all’ atto chirurgico ma anche a tutta la vita utile dell’
impianto : sono infatti
sempre soggetto alla probabilità che microorganismo entri nella bocca. Così come nelle altre applicazioni come
protesi ortopediche, il batterio si stabilisce in maniera preferenziale sulla componente artificiale : ulteriore svantaggio
nel rischio di scatenamento di infezioni. Questa rottura di equilibrio è fallim ento settico, poi abbiamo quello aset tico
(descritto prima delle infezioni), insuccesso derivante da una qualche componente mediata dal carico meccanico
trasmesso tra impianto e osso.
Schema che abbiamo già introdotto per le protesi : forza applicata durante masticazione genera stato di deformazione
dell’
osso che, se compreso tra valori minimi e massimi, determina ricrescita e riassorbimento che si compensano : si
ha integrazione efficacie dell’
impianto da parte dell’
osso oppure no. Se il riassorbimento è più alto di un massimo,
una crescita abnorme determina rotture dell’osso.
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ottimale per ricrescita ossea. Si è passati a superfici varie, e attraverso impianti con idrossiapatite
deposta sopra etc. Sicuramente, lo stato superficiale dell’ impianto, influenza la ricrescita ossea. Non ho uno
standard che definisce un trattamento superficiale maggiormente efficacie da dover applicare alla superficie
dentale. Ho diverse soluzioni. Titani o sabbi ato : esce dal tornio e viene sabbiato, lavorando la superficie, e
ottenendo una determinata rugosità. Posso usare titanio plasmaspray (TPS) : titanio ridotto a strato di
plasma e sparato sull’ impianto, abbiamo poi idrossiapatatie e mordenzatura acid a : sostanza acida che
attacca l’
impianto stesso. Ciascuno di questi determina rugosità superficiale particolare, e dire quale sia il
migliore è difficile.
Geometria del sistema implantare : l’ impianto deve generare una connessione solida e duratura con l’
ambiente biologico (garantire una corretta distribuzione di sforzi nell ’
osso circostante, assicurare una corretta
stabilità primaria nella fase di guarigione, disporre di una adeguata area di contatto osso-fixture per favorire il
potenziale rigenerativo all’ interfaccia). 1) Applicazione di un protocollo chirurgico non traumatico e ben
sperimentato 2) Stabilità meccanica primaria dell ’ impianto 3) Carico protesico idoneo 4) Periodo di
guarigione adeguato (carico precoce, tardivo) 5) Procedure effiaci di igiene orale. La geometria,è un altro
fattore che influenza osteointegrazione. Se disegno una spira che solo in alcuni punti ha contatto con osso, in
altri punti l’
osso risulta scaricato e ho stimolo disuniforme della matrice ossea alla ricrescita :osso non cresce
in maniera corretta tale da inglobare completamente l’ impianto. Ovviamente l’ osteointegrazione è
influenzata da protocollo chirurgico non drammatico, devo decidere gli strumenti in maniera poco drammatica
: l’
osso non deve raggiungere temperature troppo elevate : necrosi dell’ osso in primo strato cellulare. Chi fa l’
impianto dentale definisce procedura chirurgica in relazione a lubrificante. Anche il numero di giri con cui
faccio ruotare la fresa è correlato con la temperatura che sviluppo : capacità o meno di generare traumi.
Perchè su impianto ricresca osso, deve essere stabile nell’ osso, e lo otteniamo con disegni della
componente endossea particolari. Carico protesico idoneo :dipende da come viene costruita la corona sul
moncone stesso, esula da noi, in carico a chi disegna la corona protesica, odontotecnica: se non fatto in
maniera corretta, la maniera di portare carico all’ impianto potrebbe inficiare l’
adeguatezza clinica. In impianti
bifasici bisogna aspettare che minima stabilità primaria venga ottenuta, non facile determinare sel’ osso
ricresciuto tra primo e secondo step, e se ha consistenza sufficiente per impianto del moncone e corona.
Questa è la soluzione protesi ca pi ù utilizzata (svariate forme, dimensioni, e tipologie di impianto). Essa è
caratterizzata da peculiarità che rendono molto vantaggioso l’
impianto nel ripristino della funzionali tà masticato ria,
garantendo nel contempo la sua estrema affidabilit à :
Notevole versatilit à del sistema (utilizzo sia come radice di dente singolo sia come elemento di sostegno di
una struttura più complessa)
IMPIANTO (FIXTURE)
Il corpo : parte che penetra nell’osso, deve garantire stabilità primaria e secondaria. Sono di diverse forme :
cilindrica, conica, o tronco-conica. Ho anche diverse lavo razioni superfi cial i .Può avere diverse forme e
divese lavorazioni superficiali.
Apice : Può essere di due tipi, multil obato (rendere la vite autofilettante, funge da zona di scarico per i
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fustoli ossei, grumi sanguigni etc.) oppure a punta conica (ricorda la forma delle radici). Può avere forme
differenti, normalmente troviamo scavi nella parte terminale che rednono la vite autofilettante nel caso in cui
osso non venga preventivamente maschiato.
A seconda delle modalità di connessio ne fra impianto e monco ne si distingue in : Avvitata, cem entata, altri (vite
più cono morse). Come si connettono impianto e moncone ? Possiamo avere moncone avvitato sull’ impianto,
possiamo averla anche interna o esterna. Vantaggi di interna vs. esterna : ho maggiore ritenzione del moncone,
scarico delle tensioni all’
interno del corpo implantare, maggiore estetica, buon sigillo antimicrobico.
CONNESSIONE AVVITATA
CONNESSIONE CEMENTATA
La vite può essere accoppiata all’ utilizzo di una superfi cie conica. Il moncone termina con una vite e un cono
maschio. Il tutto ha una vitina che si impegna su un foro filettato, ma ho anche acco ppiam ento conico tra impianto
e monco ne. Questo accoppiamento garantisce il sigillo antibatterico, difficile che il batterio riesca a entrare, l’
accoppiamento conico, di per se, non ha gioco che permette al al batterio di penetrare all’ interno . Si potrebbe
creare un gap , e il batterio potrebbe entrare con il semplice accoppiamento a vite. Ho diverse tipologie di
accopiamento misto. Ho il moncone che termina con cono ma con foro passante, e l’ accoppiamento conico è
associato a terzo elemento di collegamento che serra i due sistemi e incona maschio nella femmina. Sono esistiti
acco ppiam enti puramente conici senza vite di collegamento che garantivano stabilità tra moncone e impianto solo
attraverso un cono. Il successo dell’ impianto totalmente conico dipende in maniera forte da tolleranze strette, difficili
da ottenere su sistemi piccoli.
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CONNESSIONE ESTERNA/INTERNA
La grossa differenza trovata citata, sono le connessio ni interne/esterne, nelle quali ho elementi rotazionali con
forma qualsiasi, anche se nella maggioranza abbiamo esagono che fuoriesce dall ’ impianto. Avere esagono sopra e
sotto, consente 6 posizioni relative tra moncone e impianto. Nel caso di moncone inclinato, lo posso posizionare in 6
posizioni diverse. Posso avere moncone che termina con esagono maschio e esagono nella parte femmina. Ho visto
la prima connesione storicamente introdotta, si è poi scoperto che la interna ha più vantaggi di quella esterna : riesco
ad avere ritenzione del moncone, ho maggiore superficie di contatto tra impianto e moncone che garantisce stabilità.
Ho maggiore estetica, se la gengiva dovesse ritrarsi dopo impianto, con connessione interna non si vede l’ impianto. Di
fatto nella connessione esterna è facile che la parte metallica si possa vedere in bocca al paziente. Si ha infine
maggior sigillo antimicrobico. Molto difficle che il batterio riesca a entrare nella struttura. Le geometrie posono essere
molteplici, troviamo esagoni o altre geometrie regolari.
di natura meccani ca : 1.Allentamento della vite di connessione 2.Frattura dell’impianto 3.Frattura della
porcellana. Abbiamo dettto che moncone e impianto sono tenuti insieme da una vite che può svitarsi se non
correttamente serrata dal detnsita : o è serrata troppo poco o troppo . L’ allentamento della vite di
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connessione, viene avvertito dal paziente che sente ballare il dente nella corona vera e propria.
Generalmente, il paziente se ne accorge,e torna dal dentista, e , o si riavvita la vite, oppure si può sostituire il
moncone corona lasciando impianto all’ interno dell’
osso. Posso avere frattura dell’ impianto, difficile che
accada, ma si può fratturare la vite di connessione che può o allentarsi o addirittura rompersi. Le cause di
natura meccanica compromettono il successo della riabilitazione protesica, e causano reintervento.
Con affidabilità, intendiamo la capacit à di un dispositivo di mantenere le propriet à nel tempo (si parte dall ’ hp
che un impianto abbia adegu ate propriet à e si dichi ara che tale impianto è affidabile se le propriet à non si
modifi cano nel tempo durante l ’ uso). Per calcolare l’affidabilità (A) si ricorre all’
analisi delle possibili cause di
insuccesso (I) :
Affidabilità degli impianti dentali. Ho diverse cause cause che mi possono compromettere l’
affidabilità,già in parte
indicate :
Perdita o mancato raggiungimento osteoi ntegrazione (probabilità maggiore nel primo periodo successivo
all’
impianto)
Perdita connessio ne,svitamento della vitina di connessione (probabilità crescente nel tempo a partire dall’
applicazione della protesi in t1)
Rottura per eccesso di carico (probabilità pari in ogni momento dopo t1)
Rottura per fatica meccani ca (probabilità crescente nel tempo dopo un certo numero di cicli dipendente
dallo sforzo e dalle proprietà del materiale)
Posso usare coppia calibrata che oltre un certo livello, slitta o non consente al chirurgo di andare oltre quel livello. Non
ho quindi solo complicazioni date dalla masticazione, ma in più, ho la complicazione del pre carico, che si crea nel
fusto della vite solo per garantire serraggio efficacie tra moncone e impianto.
Affidabilità meccanica viene valutata per : 1.Statica 2.A fatica 3.Valutazione osteoi ntegrazione. Questa fase è
talmente delicata, che qualsiasi nuovo impianto, è sem pre soggeto a vali dazioni sperim entali. Su prototipi di
impianti, vengono fatte una serie di prove. Si prova l’
impianto, a fatica, e faccio valutazioni della osteointegraizione.
Per quanto riguarda affidabilit à statica, abbiamo un prototipo,imponiamo carico crescente fino a rottura, e stimiamo
forza massima che l’ impianto può sopportare. In particolare, l’impianto viene vincolato all’
interno di un supporto che
simula osso, fuoriesce il moncone e si misura la forza massima prima che
succeda qualche cosa (cede la vitina di connessione se l’impianto è bifasico).
L’Affidabil ità a fatica viene descritta in una norma. Essa ha punti deboli, non indica infatti la soglia al di sopra della
quale l’impianto sia affiabile. La norma definisce la configurazione di prova del sistema : caso di impianti con moncone
retto o inclinato. Impianto viene tenuto fuori dal supporto, simulo condizione estrema di utilizzo dove 3 mm di osso si
sono riasorbiti, e prevede di costrui re intera curva a fatica . Ho 3 provini e a 5 milio ni di cicl i che devon o
resistere. Questo definisce la norma, mentre il livello di carico, non viene definito dalla norma, quindi sarò sem pre in
grado di trovare un livello di carico che determ ina questo requisito. La norma, definisce standard di prova, ma
non un livello di sicurezza del dispositivo.
Le prove a fatica vengono fatte simulando riassorbimento osseo applicando carico ben definito, e valutando quanto
resiste la protesi. Sta al fabbricante stimare e valutare se il carico al quale 3 campioni resistono a 5 milioni di cicli è
tale da determinare affidabilità meccanica. La norma, dice di simulare 3 mm di riassorbimento osseo che sono tanti.
Stiamo caricando l’ impianto in condizione molto estrema. Se facciamo le prove su impianti di successo, non
troveremo mai che il valore di questo carico sia maggiore di un certo valore, dobbiamo scendere a causa dei carichi
masticatori. La condizione estrema di sollecitazione prescritta dalla norma rende difficile stabilire se quell’ impianto è
affidabile a fatica. Si può andare per confronto, prendo un impianto che so avere storia clinica di successo, e
confronto se sono sopra o sotto i risultati di quello vecchio. Non vengono stabiliti livelli di carico, ma il progettista deve
stabilire se il carico che sopporta è adeguato o meno per il tipo di impianto. Il problema è che se testiamo a 500 N,
carico masticatorio normale, qualsiasi impianto si rompe. Questo perchè si testa in condizioni di riassorbimento,
invece che di osteointegrazione.
RIASSUNTO
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flessioni che si sommano a quelle in trazione, raggiungendo sforzi imporanti.
L’affidabilità meccanica non è il solo aspetto da guardare, cè anche la capacit à osteoi ntegrativa di una superficie
che scegliamo come superficie esterna dell’ impianto. Abbiamo elementi che vogliono incrementare la capacità
osteoinduttiva, e la possiamo valutare anche in fase preclinica. Dobbiamo valutare osteointegrazione, fenomeno
dinamico che dipende da sistema biologico che risponde alla presenza di un elemento estraneo. Non può più essere
test in vitro, in vitro non vive nulla, passiamo a test in vivo su animali : possiamo valutare capacità osteoinduttiva solo
passando al test in vivo.
Cosa facciamo ? L’ attività proposta dal produttore di questi impianti, è il trattamento superficiale dell ’
impianto da
valutare sperimentalmente. Il discorso è : Impianti impiantati su
un animale, diamo tempo al tessuto vivente dell’ animale di
ricrscere sulla superficie dell’ impianto, e, ad animale sacrificato
valutiamo quanto il tessuto è ricresciuto sull’ impianto. Possiamo
fare prove a torsione : calcoliamo la coppia di svitamento
necessaria togliere l’ impianto, tanto pi ù questa coppia è alta,
tanto più avrem o osteoi ntegrazione. Abbiamo bisogno della
misura di riferimento data dalla coppia di avvitamento (se non la
conosciamo non possiamo fare valutazione quantitativa della
coppia di svitamento per vedere se è maggiore di quella di
avvitamento o minore). Se ci fosse riassorbimento osseo, la
troverem mo minore di quell a di avvi tamento,se non
conosciam o questo valo re non possi amo fare nessuna
valu tazione quanti tativa. Dapprima abbiamo misurato la coppia
di avvitamento, e qui abbiamo immagini che mostrano la preparazione della sede nella tibia di diversi fori dove vanno
avvitati gli impianti, e la misurazione della coppia di avvitamento avviene con un cricchetto che misura la coppia dell’
avvitamento. Ovviamente la valutazione sulla capacità osteoinduttiva viene fatto su animale vivo. Una volta misurata
coppia di avvitamento abbiamo impiantato,
fatto passare lasso temporale, animale
sacrificato, e andiamo a misurare attraverso
una coppia meccanica la coppia di
svitamen to. Un connettore si attacca all’
impianto e permette di svitare mentre una
cella misura coppia di svitamento.
Otteniamo dei grafici che, in corrispondenza
dell’applicazione della coppia vedono una
coppia che cresce. Tanto pi ù cresce tanto
più ho osteoi ntegrazione.
Lo stesso tipo di prova si può fare (queste sono a torsione) in un altro modo : Invece che svitare l’
impianto, lo
spingi amo fuori dalla matrice ossea, tipo di sollecitazione diversa correlata a quanto l’
impianto è contenuto
efficaciemente dall’
osso.
In questo caso, per ottenere i risultati, sono stati fatte prove di confronto infilando l’ impianto con appogg io
bicorticale : impianto conficcato nelle due corticali dell’
osso oppure senza l’
appoggio, e vediamo come avere i due
appoggi corticali offra resistenza al push out molto maggiore che nel caso in cui l’
impianto sia ancorato solo in una
corticale.
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Tempo di osteointegrazione. Dopo 25 giorni dobbiamo applicare una certa forza, dopo 45 giorni abbiamo bisogno di
una forza più elevata : dimostrazi one che l ’osso ricresce attorno all ’impianto , e quanto più lo lasciamo nell’
animale, tanto più ancora velocemente ricresce. Sono esempi di quello che possiamo fare in fase pre clinica come
momento di validazione della progettazione : da una parte validazione dei requisiti puramente meccanici, dall’ altra
valutazione di fenomeni dinamici legati a risposta biologica del sistema vivente. Nel primo caso test in vitro, nel
secondo, dovendo valutare risposta tempo dipendente e biologica necessito di test in vivo.
VIDEO IMPIANTO
Osso viene trapanato con frese circolari che preparano la sede. Hanno diametri differenti,in modo da rendere il meno
possibile traumatico l’
atto chirurgico per danneggiare il meno possibile l’ osso : utilizziamo procedura che prevede di
non ottenere direttamente il diametro finale dell ’ impanto, ma scavare con frese di diametro crescente. Le tacche
graduate della fresa mi comunicano quanto osso abbiamo a disposizione. In fase chirurgica dobbiamo verificare che lo
spazio a disposizione verificato in fase preclinica sia effettivamente quello. Inseriamo all’ interno un pin, e usiamo una
fresa da 3 mm, poi 3,25 e cosi via, con indicazione di utilizzare da 800 a 1000 giri al minuto. Si svasa la parte più
esterna dell’osso per conformarla al colletto dell’impianto stesso, e non sempre utilizziamo un maschiatore che genera
una madrevite, in modo che l’ inserimento dell’ impianto sia più facile, trovando strada già formata dal maschiatore,
con bassisimo numero di giri. Poi si avvita l’ impianto all’ interno dell ’osso, dapprima lo si fa prendere nell’ osso, e l’
avvitamento vero e proprio viene fatto con cricchetto nanometrico : non permette di raggiungere coppie troppo elevate.
Non dobbiamo traumatizzare troppo la matrice ossea, la parte finale viene quindi fatta con questo cricchetto
nanometrico. L’ impianto ora è avvitato nell’ osso, con parte di colletto che sporge nel cavo orale, e inseriamo la vite
tappo : in una tecnica a due istanti di guarigione, dovendo aspettare osteintegrazione dell’ impianto, dobbiamo
chiudere con vite tappo che non permette la crescita del materiale nell’ impianto, scomodo da affrontare quando ci va
avvitato il moncone. Essa va svitata a oseointegrazione avvenuta. La vite tappo viene avvitata, chiudiamo il lembo
gengivale, e si cuce lasciando il buco al posto del dente cosicchè l’ impianto non sia caricato da subito, ma solo ad
osteointegrazione avvenuta. Qui si esaurisce la prima fase della chirurgia.
Nella seconda fase occorre preparare l’ impianto, dando modo all’ odontotecnico di costruire la corona dentale ad hoc
sul paziente. Quello che facciamo è svitare la vite tappo, e utilizzare dapprima monconi demo, non monconi definitivi
ma qualcosa che ha la forma del moncone definitivo per scegliere il moncone più adatto da fare supporto alla corona
dentale. Prendiamo l’ impronta del dente, si calca sul moncone un tappo che serve a prendere il posizionamento
corretto del moncone rispetto agli altri denti. Nel materiale da impronta, rimane intrappolato il tappino. Collegamento
corona moncone avviene mediante cemento, e il tutto viene preparato per la fase definitiva di impianto nella bocca del
paziente.
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6. PROTESI VASCOLARI
IL SISTEMA CIRCOLATORIO
PROTESI VASCOLARI
Quando questi tubi non funzionano più, dobbiamo sostituirli o sostituirne la funzione : vengono impiantati
permanentem ente, non ci si aspetta che il vaso patologico possa ricostituirsi o ricostituire la funzione, quindi la
protesi è definitiva, l’impianto è permanente a meno che non fallisca. Un impianto permanente, serve a ripristinare l’
efficacia di un tratto vascolare che non trasporta più correttamente il sangue. Ho un tubo che ripristina la funzione di
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trasporto corretto del sangue. Nel correttam ente celiamo si la funzione primaria di lasciar passare il sangue senza
farlo uscire dal tubo, ma dobbiamo ripristinare anche la funzione pompante dell ’
arteria stessa. Quali sono le patologie
che va a curare questa protesi ? Abbiamo 3 diverse patologie, che sono stenosi, aneuri sma e malfo rmazioni
congenite. Andremo nel dettaglio delle prime due, le ultime accenno :
servono protesi vascolari particolari, che possono essere utilizzate nel
risolvere alcune malformazioni congenite (interventi su bambini
neonati, che ricevono impianti che ovviamente vanno sostiuiti nel
tempo perchè cambiano le dimensioni del paziente in maniera rapida).
Quello che abbiamo messo in un neonato è inevitabile doverlo
sostituire. Esse durano il tempo, per cui la dimensione non costituisce
problema per bambino. Le protesi vascolari possono anche essere
utilizzate in terapie di emodi alisi o fistola artero-venosa
(rappresentano un accesso vascolare). La prima è una terapia che
prevede prelevamento e reimmissione di sangue dal paziente che non
lo depura più autonomamente , attaccandolo a macchina per dialisi.
Può essere fatta e coadiuvata da impianto di protesi vascolare che
connette ramo arterioso e venoso, e che permette di non bucare ogni
volta il paziente per connetterlo alla macchina di emodialisi. Questo è
solo un altro esempio.
STENOSI
ANEURISMA
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a livello della biforcazione dovrò ragionare. Lo stent si ancora con uncini che si conficcano nella parete. Nel caso in
cui sia da trattare patologia nella biforcazione, dobbiamo mettere due protesi, la prima si infila in uno dei due rami del
sistema vascolare , e l’ altra nell ’
altra gamba del sistema.
Malformazioni congenite nei bambi ni . Non hanno diffusione cosi importante come le patologie viste
precedentemente, ma è una patologia storicamente studiata nel tempo, a cui siamo rimasti affezionati. Esempio
alternativo di applicaizone di protesi vascolare : parliamo di bambini che nascono con ventricolo sinistro praticamente
inesistente, o comunque fortemente ridotto in termini di capacità pompante del sangue. Questa condizione è
incompatibile con la vita del neonato. Il cuore non è in grado di lavorare, bimbo va incontro a morte sicura. Si procede
con un intervento molto invasivo, ma che garantisce vita al neonato. Obiettivo è ricostruire corretta circol azione.
Quale è l’ idea ? Chirurgia di Fontan (Norwood Operation) Quella di sostituire il ventricolo sinistro che non funziona
con il destro, che invece funziona, non è ipoplasico. Uso la pompa destra per pompare sangu e verso la periferia
in mani era anal oga a quanto deve fare il ventricolo sinistro. Come faccio a far pompare il ventricolo destro nel
circolo sistemico ? Il ventricolo destro, che pompa sangu e nell ’ arteria polmo nare ai due polmo ni, ritorna sangue
ossigenato all’ atrio destro, e , collegando il ventricolo sinistro, all’
aorta del paziente. Essendo ventricolo sinistro
ipoplasico, anche l’ aorta è molto poco sviluppata, tipica reazione del tessuto allo sitmolo ricevuto. Ho arteria piccola,
e non mi basta colllegare atrio destro all’ aorta naturale del bambino. Questa arteria è troppo piccola, quindi taglio
arteria polmonare a un certo livello, la si apre, e ugualmente si prende l’ aorta e la si apre, e colleghiamo l’arteria alla
aorta con aggiunta di una pezzo di tessuto, protesi vascolare a tutti gli effetti conformata a tessuto per ricreare un’
aorta sufficientemente grande da ricevere flusso sufficiente per irrorare tessuti a valle : utilizzo un tessuto per ricreare
aorta di dimensioni sufficienti. Il problema sta nel ventricolo destro che pompa nel circolo sistemico, gli abbiamo
sostituito la funzione, ma l’ abbiamo scol legato dai polmo ni : non stiamo pompando al circolo polmonare. Questa
funzione deve essere ripristinata collegando uno shunt, tubo ulteriore che a partire da una delle due carotidi, riporti
parte del flusso nell’ arteria polmonare (collegam ento tra arteria sistemica e arteria polmo nare). Ventricolo pompa
nella nuova aorta, una parte va verso circolo sistemico una parte verso polmonare : non ho più divisione netta tra
sangue ossigenato e non, ho un mix, unica soluzione che consente al paziente di sopravvivere.
Dobbiamo ricreare un collegamento al sangue che arriva da atrio a ventricolo destro. Il sangue ossigenato dai polmoni
arriva in atrio sinistro, da atrio sinistro va portato in atrio destro a ventricolo destro che pompa sangue in giro.
Dobbiamo creare collegamento tra atrio sinistro e atrio destro per arrivare al ventricolo destro. Esiste un foro quando
il bambino è nella pancia, che normalmente alla nascita si chiude, ma che viene mantenuto aperto durante questa
chirurgia per ricreare struttura pompante sufficientemente efficacie. Sia a livello di patch sintetico (il primo
percreare una neoao rta allargando l’ arteria polmo nare) che di shunt creiamo un sistema per riportare sangue
verso aorta e arteria polmonare. Ho operazioni non definitive per quanto abbiamo detto prima, il cuore del neonato è
piccolo,e le strutture non crescono nel tempo, e i pazienti sono soggetti a operazioni per riassestare le strutture
artificiali adattandole alle nuove dimensioni del paziente che esce.
Le protesi vascolari sono utilzzate quasi sempre in impianti arteriosi per il fatto che le pressioni di lavoro del ramo
arterioso sono più alte di quelle del venoso. Pressioni maggiori significa possibilità di degradazione del tessuto più
elevate. Quelle venose sono meno frquenti e meno gravi. Seconda ragione è data dai circol i collaterali : abbiamo
vasi in parallelo ai rami venosi principali che in presenza di una certa patologia riportano sangue da vena verso cuore.
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Il letto venoso ha si vene principali ma anche vasi in parallelo che garantiscono funzionalità del sistema. Inoltre, terza
ragione andare a sostituire vena con una protesi, causa problem i di biocom pati bilit à maggi ori. Essendo a
pressioni minori, il circolo venoso ha flussi minori : il sangue tende a ristagnare di più nelle vene che nelle arterie che
sono alla fine del circuito. Quello che consente al sangue di circolare è il cuore, nei vasi appena a valle del cuore, ho
alta efifcienza, mentre i vasi che riportano sangue verso il cuore, determinano azione di pompaggio meno efficacie. Il
sangue tende a ristagnare, e il ristagno è associato a fenomeni di coagulazione, uno dei problemi principali. La
protesi è un elemento artificiale : come minimizziamo la coagulazione delle arterie ? A livello del ramo venoso diventa
problem a importante, le protesi nel sistema venoso fanno formare un trombo all ’ interno del vaso , ricrean do
un problem a di stenosi. La maggior parte degli impianti vascolari sono per queste tre ragioni arteriosi.
SPECIFICHE DI PROGETTO
1. Biocomp atibi le ed emocompatibile. Interazione della protesi con il sangue e interazione della protesi con il
tessuto della parete vascolare. La protesi, va cucita sul tessuto vascolare, e non deve risultare sgradita ne a
tessuto vascolare ne a ematico, che ha caratteristiche peculiari : il sangue tende a coagulare su qualsiasi
superficie artificiale si trovi. Emocompatibilità si traduce in capacit à di causare meno coagu lazione
possi bile e capacit à del materiale di non generare danno al tessuto sangu igno (non interag ire in
mani era negati va col sangu e), altrimenti causo un danno al tessuto sanguigno e non soddisfo il requisito di
emocompatibilità. Non esiste tessuto diverso dall’ endotelio su cui il sangue non coaguli, dobbiamo
minimizzare al massimo questo fenomeno
2. Impermeab ile : il sangue che entra, non deve uscire dalla superficie esterna della protesi : i tubi devono
essere impermeabili al sangue. A meno di rotture del tubo, viene generalmente creato impermeabile. Nel
caso di protesi vascolari, abbiamo problemi di impermeabilità al sangue. Quello che entra nella protesi non
deve uscire, ma dovrebbe essere permessa colonizzazione del tessuto vascolare all’ interno della protesi :
deve essere impermeabile al sangue in uscita, ma permeabile inentrata. Se il tessuto vascolare ricresce
velo cem ente sulla superi fcie esterna della protesi abbiamo risolto problem a di emocompatibili tà. Il
sangue, se si trovasse ad affrontare un nuovo endotelio, simile all’ unica struttura su cui il sangue non
coagula, i requisiiti di emocompatibilità sarebbero risolti : protesi deve essere permeabile a colonizzazione
del tessuto originario del vaso.
3. Elasti ca. Il ramo arterioso ha grande elasticità. Se il tubo elastico lo sostituiamo con tubo rigido, questa
azione la perdiamo. Tanto più l’ azione è vicina al cuore, se lo sostituiamo con qualcosa di più rigido, tanto
azione pompante dell ’
più l’ aorta viene meno : aggravi energetici al muscolo cardiaco. Aorta sostituita con
qualcosa di più rigido. In realtà le protesi vascolari sono più rigide del naturale.
4. Flessibil e. Il vaso naturale è struttura flessibile soggetta a tubature naturali, ma che può cambiare la sua
conformazione a seconda delle attività che svolge il paziente. Se pensiamo alle arterie che scorrono nella
gamba a cavallo dell’ articolazione, vasi che irrorano gli arti inferiori, devono avere vaso che cambia la sua
forma durante il movimento in maniera tale da non occludersi ogni volta che pieghiamo il ginocchio.
5. Di lunghezza e diam etro appropriati. Abbiamo a che fare con una tipologia di tessuto da sostituire,il vaso,
che può essere affetto da patologie come stenosi più o meno estese in un paziente o in un altro.
Tipicamente, aneurisma o stenosi, si possono presentare in qualsiasi tratto con estensione più o meno
accentuata. Necessariamente ho bisogno di una protesi che possa essere customizzata su quel paziente : la
taglia può essere concepita per quel diametro. Per il fatto che la lunghezza viene determinata in sala
operatoria, generalmente le protesi le facciamo lunghe, e poi il chirurgo le taglia ad hoc. Possiamo pensare a
protesi per aorta mentre vasi perifierici di diametri minori. Rispetto alla lunghezza, il chirurgo deve agire e
tagliare la protesi per trattate quella patologia in quel determinato paziente. Esistono soluzioni in questo caso
fortemente funzionali che rispondono in maniera adeguata a questa speciifca di progetto.
6. Suturabil e : la connessione tra protesi e vaso avviene mediante una sutura, non posso pensare di costruire
la protesi in metallo, devo farlo con confromazione e materiale suturabile. I requisiti di compatibilità chirurgica
si traducono nel requisito di suturabilità.
7. Affidabil e. La protesi deve essere meccanicamente resistente, correlata a compatibilità funzionale della
protesi : deve durare nel tempo, vengono sottoposte a gran numero di cicli di carico. In associazione a attività
standard della protesi, con pulsatilità sanguigna, possono esistere carichi ulteriori. Possiamo associare
pulsatilità a flessioni della protesi stessa quando il paziente cammina. Problemi di natura meccanica ci sono
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per la configurazione di carico ciclico che si ha sia rispetto al ciclo pulsatorio del sangue, sia al cammino. La
protesi deve essere meccanicamente resistente. La protesi di un certo diametro, dopo un certo numero di
cicli, deve essere ancora quella, e non cedere a livello delle suture.
8. Sterilizzabile. La protesi va impiantata sterile,e devo costruirla di materiale che resista a cicli di
sterilizzazione.
Trattati chimicamente
Origine sintetica
In politetrafluoretilene (PTFE)
In polietilenterftalato (PET)
In poliuretano
Nel caso di origine sintetica,protesi vascolari sono fabbricate industrialmenteper trasfromazione di materiali di origine
non biologica. Vedremo anche quelli di origine biologica, di origine interessante, dai quali possiamo trarre alcuni spunti
interessanti.
Nono sono protesi, in certi casi sono trapianti di tessuto vivente, a volte prelevato dal soggetto stesso a volte diverso
(conservati a bassa T). Tra quelli trattati chim icam ente troviamo :
Vaso bovino
Tra i tessuti ingegn erizzati (con o senza supporto sintetico, bio/no n-bioriassorbi bile), troviamo :
Si parte da un supporto sintetico sul quale vengono fatte ricrescere cellule tipiche del tessuto vascolare per ottenere
un dispositivo finale. Questa cultura può essere fatta in laboratorio, e all’
interno di un sistema biologico, o all’
interno
del paziente stesso.
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ORIGINE BIOLOGICA NON TRATTATI CHIMICAMENTE
Tra gli impianti di origine biolog ica non chim ici usiamo maggiormente le vene dello stesso paziente. Usiamo
solitamente tratti di vena o arteria , da donatore umano (conservati a bassa termperatura) oppure prelevati dal
pazeinte stesso durante l’ intervento. Solitamente usiamo la vena safena (vena della gamba di diametro 4-6 mm)
staccata tramite due strade. Può accadere che 1) la vena dello stesso paziente può essere usata come bypass
coronari co, staccata dal sito originale, e reimpiantata a livello del cuore, oppure 2) può essere riutilizzata in sede,
dove si trova naturalmente : riperfusi one della parte terminale della gamba e del piede : la vena reta nella sua
normal e posizione e si usa come bypass per l’ arteria che le corre vici no. Parliamo della vena safena, a livello
della gamba, che può essere dissecata , sfilata dalla gamba del paziente, e la utilizziamo come bypass
aortocoronarico. Prendo un tessuto che non da problem i di rigetto, è un tessuto vivente, anche in grado di
rigenerarsi e riadattarsi, non ho struttura artifici ale. Ho problemi di due tipi : sto usando una vena al posto di una
arteria : struttura più rigida al posto di una elastica : non farà mai il lavoro come quello dell’arteria. Secondo genere
di problema : la vena ha delle valvole che impediscono il reflusso del sangue mentre viene pompato verso il cuore. L’
arteria, che viene bypassata dalla sostituzione, è un tubo libero, senza valvole, e occorre che, per le valvole, o si
prende la vena e si gira la valvola in modo che non si opponga più al flusso del sangue, oppure si rompone le valvole
per rendere il condotto senza ostacoli al passaggio del sangue. Questo si può fare per fare una sostituzione
aortocoronarica o per bypassare occlusione di arteria che corre parallela alla vena, la vena la stacco solo a valle, la
riattacco al di sotto dell ’
occlusione, e il sistema usa la vena al posto dell’
arteria.
Possibile utilizzare sempre vasi di origine biologica da donatore. quando li utilizziamo ? si sono evolute altre tecniche
che consentono di affrontare le stesse patologie con meno complicazioni. Si è usata aorta da donatore, cadavere,
per trattare aneurisma dell’ aorta o per sostituire valvola aortica. A principio dell’
aorta, abbiamo ventricolo sinistro verso
periferia. Nel caso in cui la valvola non funzioni più, non viene cambiata solo la valvola,ma valvola più aorta prelevata
da donatore : esempio di utilizzo di vasi umani prelevati da donatore. Aorta da donatore : 1) Usata pertrattare l’
aneurisma dell ’ aorta, per sostituire una protesi sintetica in seguito a complicanze infettive 2) Grande efficacia in quelle
situazioni in cui è alto il rischio di infezione 3) Primi casi : sosti tuzione della valvola aortica, e del tratto di aorta che
la contiene, con un identico tratto prelevato da cadavere 4) differenti segmenti arteriosi prelevati dacadavere e
crioconservati per giorni o settimane.
Vena ombel icale umana, viene utilizzata e prelevata dal cordone ombelicale della
mamma , per sostituzioni di vasi di piccolo calibro per il fatto che la sostituzione di
questi vasi ha complicazioni, campo nel quale la ricerca di alternative al vaso
artificiale è stata fatta e tuttora utilizzata. Rappresenta un caso in cui è
necessario un bypass di piccolo calibro per rivascolarizzare una regione a valle di
una stenosi (es. arti inferiori) e non sono disponibili impianti vascolari prelevabili dal
78
paziente stesso (usata anche per accesso ematico in dialisi) . A volte rinforzato con un tessuto Dacron knitted :
aumento stabilità dimensionale.
Passando al donatore animale, sono utilizzati vasi prelevati dal bovino : pericardio di bovino . Sono trattati
ovviamente per renderli compatibili con l’
uomo, quindi resi non vitali, e fissati in gluteraldeide, sia per vasi prelevati dal
bue e impiantati nell ’
uomo, sia per protesi costruite a partire dal tessuto bovino : la membrana che riveste il cuore, ha
estensione molto importante, e di quel tessuto possiamo fare quello che vogliamo,e costruire tubi con forma qualsiasi,
senza dover usare il vaso dell’animale che ha quel diametro e lunghezza, ma possiamo costruire altri impianti a partire
dal tessuto animale del bovino. In questo caso parliamo di protesi vascolari con o senza biforcazione ottenute
mediante cucitura di un pezzo di pericardio bovino precedentemente corrugato e trattato con gluteraldeide. Il
corrugamento ha lo scopo di rendere il vaso flessibile prevedendone l’ occlusione durante le flessioni.
Tessuto
espanso (Gore-Tex)
wolven o knitted
velo ur
rinforzato
rivestito
in poliuretano. Nella attuale ricerca è la categoria di materiali polimerici che raccoglie più consensi e
interessi : grande versatilità strutturale e di lavorazione e ottime proprietà elastomeriche che permettono di
costruire innesti tubulari di piccolo calibro con modulate ed opportune caratteristiche chimico-fisiche, di
compliance radiale e di emocompatibitli à.
79
PTFE lo si può trovare per protesi vascolari, o in conformazione tessuta o espansa. Le protesi che usano il teflon
come materiale da costruzione, lo utilizzano sespanso, il Gore-tex. Tessuto che per sua natura, risulta impermeabile
alle sue componenti. Tessuto che si presta per la sua conformazione a poter rispondere a requisiti di impermeabilità
della parete della protesi vascolare. Può far pensare che il Gore-tex possa essere impermeabile al sangue e
permeabile alla colonizzazione tissutale.
Il PET è il materiale usato per costruire delle protesi tessute. Quindi il materiale è quello, ma è in fili che vengono
tessuti per ottenere dei tubi di dimensione e lunghezza appropriati. Vengono tessuti esattamente come un maglione ,
con trama e ordito particolare. La disposizione di tessuto determina particolari caratteristiche del tessuto.
Esistono protesi rivestite da una sorta di vellutino vell our, protesi rinforzate per aumentare caratteristiche di
resistenza. Protesi rivestite di collagene per aumentare emocompatibilità. abbiamo poi protesi in poliuretano,
materiale ancora oggetto di ricerca, fase precedente a utilizzo clinico. La ricerca della protesi sta scemando.
Abbiamo elencato i due materiali, dacron e teflon, con differenti tipologie di ottenimento della protesi, quindi l’ una
costituita da fili di dacron intrecciati in qualche maniera, come qualsiasi tessuto di abbigliamento, mentre il teflon è in
config urazione espansa. Terzo materiale, in realtà ancora in fase di studio, sono le protesi in poliuretano. Abbiamo
già detto che abbiamo differenza di utilizzo tra protesi in dacron, teflon e goretex, che consi ste nel cali bro del vaso
da sosti tuire : piccoli cali bri protesi in Teflon , grandi cali bri protesi in Dacron. La protesi in Dacron ha
particolare plissettatu ra, non è liscia, ma corrugata, e questa superficie corrugata ingenera dei vortici, fluidodinamica
che protesi di piccolo calibro possono portare a ristagni e quindi è più facile che si formi un trombo che vada ad
occludere il piccolo vaso, mentre in quelli grandi, il trombo, non è sufficientemente grande da occludere.
LA STORIA
primi decenni del seco lo → pionieristici tentativi mirati a ridurre i rischi di rottura degli
aneurismi dell'aorta addominale (es. impianto di decine di metri di filo di acciaio per
produrre trombosi spontanea)
1951 : primo uso di vena safena per bypass arti inferiori (Kunlin 1951) →fallimento di primi
impianti biologici (homografts, allografts)
1954 : primo uso di protesi sintetica (Blakemore & Voorhees. The use of tubes constructed from
Vinyon-N cloth in bridging arterial defects. Ann Surg. 1954)
1958 → primo uso di protesi in Dacron (DeBakey ) per aneurisma aortico
Osservazione sem i-acciden tale di Voorhees : Un filo di sutura in seta lasciato all’ interno del ventricolo destro di
cane, su cui si facevano studi in vivo, si rivestiva di uno strato superficiale di tipo endoteliale (molto simile) e privo d
trombi macroscopici. Questo si è riosservato in altre tipologie di tessuti con fibre sintetiche : quando il tessuto viene
bagnato dalla corrente sanguigna, si deposita fibrina nelle porosit à del tessuto che detrmin a crescita di
fibroblasti proveni enti dai tessuti adiacenti : successiva migrazione dell ’ endotelio . L’endotelio è la superficie
per eccellenza, ed è ciò che garantisce alla protesi vascolare di funzionare e avere una emocompatibilità corretta,
impedendo la formazione del trombo che si forma dove abbiamo materiale sintetico. La sfida è costruire una protesi
di una materiale che da una parte la renda impermeabile al sangue , dall’ altra deve permettere la migrazione di cellule
dell’
endotelio che ricostituiscono un neotessuto molto simile al tessuto naturale che impedisce o rallenta la formazione
80
del trombo : sulla superficie internadiun tubolare tessile sintetico, si ottiene un rivestimento molto simile alla normale
superficie endoteliale della tunica intima arteriosa :protesi vascolari.
Per la fabbricazione di fibre per tessuti per protesi vascolari sono stati proposti diversi materiali : Vinyon-N, Nylon,
Orlon, Dacron e Teflon.
Per diversi motivi (progressiva perdita di proprietà meccaniche per creep o degradazione, difficoltà di fabbricazione)
fra tutti questi materiali solo il Dacron è rimasto in uso per le protesi vascolari in tessuto.
Nel 73 viene introdotto il teflon nella forma del goretex , meno trombogenico di per se rispetto al sangue, risente
meno della necessità di essere colonizzato internamente dalle cellule dell ’ endotelio. Ha in generale una maggiore
capacità di non far aderire batteri sulla sua superficie, e ha una migliore bio ed emocompatibilità : minore reazione
tissutale periprotesica , non si sviluppa crescita anomala di tessuto.
Le protesi ingegnerizzate nascono da ingegneria dei tessuti, costruite in laboratorio, dove sul
substrato tentiamo di ricreare un vaso vivente, con componente cellulare viva. Stiamo
provando costantemente e utilizzo clinico poco diffuso per molti motivi,come la qualità della
protesi che si vottiene.
Il Dacron è un polimero che viene dapprima fuso e passato attraverso una filiera per
ottenere dei fili per tessere la protesi : processo tecnol ogico delle fibre in Dacron
(nomecommerciale di un poliestere, il polietilentereftalato PET). In genere per la produzione
di fibre si utilizzano macromolecole di PET lineari di peso molecolare medio pari a circa
20000. Da grani riscaldati di PET viene ottenuto,tramite estrusione in filamenti molto sottili
mediante filiere , e successivamente i fili vengono riuniti a formare la fibra multifilamento.
Durante il processo di produzione i filamenti di poliestere vengono tirati ed allungati a
lunghezze di qualche volta superiore la loro lunghezza iniziale, determinando il fatto che i
filamenti che vengono fatti passare in bobine al fine di stirarli, per riallineare le catene nella
direzione del fil. Questo stiram ento e riallin eam ento della fibra migli ora di molto le
propriet à meccanciohe : fibra già pronta a sostenere i carichi applicati : se fossero in
posizione amorfa, occorrerebbe stirarle ancora di più per portarle nella direzione in cui
devono resistere, questo processo quindi aumenta già le caratteristiche meccaniche. Il
filam ento è l’ elemento primo per la costruzione, ma dobbiamo pensare a tanti filamenti
che formano una fibra e tante fibre che si intrecciano l’
una con l’ altra.
Meccani che : noto maggior rigidezza e resistenza meccanica dal grafico. Il dacron
ha buone caratteristiche meccancihe dopo questo processo, viene aumentata la
81
resistenza a rottura, e maggiore rigidezza (stabilità dimensionale). Lo sforzo è espresso in g/den dove den
indica il denier, che è lamisura dellasezione di fibra espressa come peso in grammi corrispondente a 9000
metri di lunghezza.
Faci le sterili zzazione : è facilmente sterilizzabile con tutti i metodi disponibili, autoclave, vapore, ossido di
etilene raggi gamma. Vengono preferiti processi di sterilizzazione dove non ci siano radiazioni. Non danno
grossi fenomeni di degradazione, ma avendo a disposizione metodi di sterilizzazione egualmente efficaci,
che non determinano degradazione, si preferisce ossido di etilene.
TIPI DI TESSITURA
Con questi filamenti vengono create dellle fibre che vengono tessute. La maniera di tesserle determina le
caratteristiche meccaniche.
TESSITURA WOVEN
Tessitura Woven : fibre perpendicolari tra di loro, una delle direzioni di tessItura è quella dell’ asse della protesi.
Otteniamo protesi abbastanza rigide, non tanto deformabili e poco porose. Se immaginiamo una strututra come
questa, fatta da tessuto, capiamo che non è impermeabile, la tessitura comporta intrinsecamente che la protesi abbia
una sua porosità. Minore la porosità meno critico questo fenomeno : protesi fitte diminuiscono permeabilità della
protesi al sangue : vantaggio delle woven . Ho però lo svan taggio di avere protesi più rigide,e l’ arteria naturale che
rigida non è, e svolge azione di accumulo e rilascio, interfacciata con struttura molto più rigida dell’ arteria naturale,
può causare problemi. Le due strutture sono unite da qualche parte, ho giuntura tra protesi e vaso natural e. Dove
ho la sutura ho due strutture, l’ arteria naturale, che si dilata molto, e la protesi che si dilata meno ( e questo già
problema, ho un vaso in cui ho attaccata una protesi, e quando passa il sangue una si dilata a diametro grande, l’ altra
meno, e in quella sezione ho discontinuità geometrica importante, che, vista dal sangue, causa fenomini di
turbolen za fluidod inam ica). Inoltre, la strozzatura data dalla protesi vascolare, non dilatata come arteria, genera
anomalie fluidodinamiche che possono generare problemi. Ho delle riflessioni d’ onda, cambia anche la velocità
cambiando la sezione del vaso : ho onde che tornano indietro e si sommano all’ onda successiva. Questa diventa una
zona perturbata dal punto di vista fluidodinamico e meccanico : infatti, il filo di sutura, deve tenere insieme due
strutture che si dilatano a dimensioni diverse : ad ogni passaggio del sangue, il filo di
sutura si trova tirato per continuare a tenere insieme due cose che si dialtano in maniera
differente una rispetto all’altra : tanto maggiore è la rigidezza della protesi, tanto più il
filo verrà tirato. Vediamo fotografia della protesi in dacron con tessitura woven, e i
singoli filamenti che formano una fibra. Le fibre sono intrecciate in direzione particolare.
Gli spaghetti sono anche velo ur, vellutino che riveste la protesi e che dovrebbe servire
a coadiuvare la ricolonizzazione delle cellule dell’ endotelio della superficie interna della
protesi per ricreare superficie maggiormente emocompatibile. In questi punti si attacca
facilmente la fibrina che scatena certi fenomeni di rigenerazione.
PROTESI KNITTED
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Protesi knitted, non più con fibre disposte perpendicolarmente, ma disposte curvat e, una rispetto all’ altra. Dalla
shcematizzazione capiamo che questo tipo di protesi è molto più cedevole, prima avevamo protesi pronte a
rispondere alla sollecitazione, mentre ora, prima che le fibre rispondano alla sollecitazione, dobbiamo ovviamente
stirarle : diamo luogo a protesi meno rigide della tessitura precedente, ma viceversa più porose, non si ottengono
delle protesi sufficientemente fitte da garantire impermeabilità delle stesse al sangue. Per le protesi knitted è
necessario garantire impermeab ilità al sangue da dentro verso fuori, e facciamo una cosa semplice, il chirurgo
bagna la protesi nel sangue del paziente, formando un coagulo di sangue all’ interno e all’
esterno della superficie, che
garantisce impermeabilità della stessa. Delle protesi knitted ne abbiamo di diverse tipologie, questa è tipologia weft,
poi abbiamo la warp.
Warp : maggiori interconnesioni tra fibra e fibra : sempre fibre curvate e non rettilinee, ma con maggiore
interconnesione che determina un aumento di rigidezza della protesi stessa. Ma se la protesi non è mai sufficiente
elastica in modo da mimare il compo rtamento natural e, perch é dovrem mo irrigidirla ? Discorso della stabilità
dimensionale : quanto più una protesi è rigidia tanto più è stabile
dimensionalmente, con l’ andare del tempo, la protesi aumenta il diametro,
e , pensata tessuta, con passagio di sangue, un po' si lascia andare, le
fibre si ridistribuiscono : tanti aspetti che si è verificato portano il diametro
della protesi da diametro iniziale a diametro più grande, creiamo dei nuovi
aneurismi, e abbiamo un vaso che si dilata perché cede la struttura.
Quanto più facciamo interconnesse le fibre, tanto più smorziam o i
fenom eni di degradazione e instabilità dimension ale. Ho la dilatazione
del diametro dopo un tot di tempo , e il chirurgo fa fatica a scegliere quindi
la protesi giusta : Deve scegliere diametro piccolo tale che dopo periodo di
assestamente abbia raggiunto diametro corretto del vaso. Al chirurgo
arriva protesi di lunghezza non customizzata sul paziente, la taglia con
delle forbici, e quando gfa un certo taglio, tanto più si sfilaccia.
Le protesi woven hanno maggiore stabilità dimensionale nelle direzioni delle fibre
Le protesi woven in genere hanno bassa porosità (comunque controllabile con la tecnolgia tessile)
Le protesi knitted hanno tendenza a smagliarsi quando vengono tagliate (soprattutto se il taglio non è
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perpendicolare all’
asse
Abbiamo visto che il tipo di tessitura determina le propietà meccaniche del costrutto. Vediamo ora l’ uso clinico di
queste protesi. Le protesi woven vengo no usate per vasi di largo cali bro : chirurgia toracia e addominale : tratti di
aorta e aorta biforcata. Dalla consistenza riconosciamo le due protesi. Esistono protesi dove in interventi di
dissecazione, viene sostituito tutto il tratto aortico con anche diramazioni delle arterie che vanno al cervello :
arto aortico con tutta la protesi in dacron. Viene infine usata per Aneurisma dell ’
ricostruiamo tutto l’ arto aortico e
Dissecazione dell’arto aortico
Le knitted possiamo usarle in parte perifierica, per la maggiore probabilità della formazione di trombi dati dalla sua
plissettatura. Quindi, in perfieria, usiamo protesi knitted di calibri non piccolissimi. Per vasi minori si utilizzano
generalmente protesi in teflon
Perché le protesi sono corrugate ? Non devon o mai chiudersi quando soggette a
flessione. Stiamo contestualizzando il caso delle protesi impiantate in corrispondenza
di un’ articolazione quale l’anca o il ginocchio : le protesi tessute tendo ad occludersi
per flessione. L’ aorta, non sarà soggetta a flessione, ma per fenomeni periferici, il
fenomeno del kinking è da evitare : fenomeno che riscontriamo quando si annaffia il
giardino. Se chiudiamo il tubo flettendolo, è un problema per la protesi vascolare, per
protesi a cavallo di articolazioni, la flessione non deve essere tale da occcludere la
protesi stessa. Corrugandole , quando sono flesse, la struttura interna è in grado
di acco rciarsi e quell a esterna di allun garsi mantenendo pervio il lume del vaso .
Il corrugamento evita il kinking : fenomeni di occlusone del vaso quando viene flesso.
Abbiamo anche un altro vantaggio : fare protesi corrugate determina vantaggio in
compatibilità chirurgica, la protesi va tagliata, e il taglio preciso non è semplice, viene
fatto con forbici, abbiamo il rischio che la protesi esca troppo corta o lunga. Con
corrugamento il chirurgo può collegarla senza pretenderla in maneira eccessiva.
Secondo vantaggio : in direzione longitu dinal e la plissettatu ra e il corrugam ento
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avvi cina la rigidezza della protesi a quell a dell ’ arteria, cosa che non riusciamo a fare in
direzione trasversale. Questo avviene grazie a questa elasticità aggiunta fornita dal corrugamento,
che viene fatto per fenomeni di kinking ma porta dietro vantaggi di tipo chirurgico e funzionale :
avvicina la deformabilità della protesi a quella dell’ arteria almeno in senso longitudinale. Vediamo in
figura come la superficie interna si accorcia, mentre quella esterna si allunga. La protesi è più
adattabile alle variazioni di lunghezza durante l’ impiego : le sollecitazioni sulle suture con l’
arteria
naturale sono minime, e il taglio della protesi alla lunghezza necessaria è meno critico.
LE PROTESI IN GORETEX
Queste protesi sono realizzate in PTFE (Teflon ) : le proprietà chimiche e fisiche sono uniche fra i polimeri :
proprietà autolubrificanti
Teflon non poroso : elementi antifrizione, rivestimenti antiaderenti..Tecnologie di formatura simili alla metallurgia
delle polveri (impossibile uso di normali tecnologie di stampaggio a iniezione o di estrusione per elevata temperatura
di rammollimento e alta viscosità)
Teflon espanso (Gore-Tex) - film, lastre, barre e tubi. La struttura espansa del Teflon (e-PTFE, Gore-Tex) è
ottenuta con uno speciale processo di stiramento ad alta temperatura che genera dei nodi di PTFE interconnessi da
sottili fibre altamente orientate. Come vediamo sotto : 1. Non si occl udono quando curvat e, 2. Ottime propriet à
meccani che, 3. Ottima biocom pati bilit à.
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Vediamo la storia delle protesi vascolari in Goretex. Vediamo protesi con ring esterno. Protesi in goretex dove attorno
abbiamo anello elicoidale di rinforzo, che riduce problemi di occlusione della protesi quando viene flessa. Quando il
ginocchio viene flesso, il sangue passa senza tipo di problema. Le protesi a cavallo del ginocchio sono le più cirtiche
pre questo problema. Nascono protesi regionali, esistono protesi per il mercato giapponese, particolari per garantire
alle persone di mangiare in ginocchio. Flessioni di cosi tanti gradi inducono problematiche di funzionalità particolari
sviluppando protesi particolari. Siamo arrivati anche protesi caricate con farmaci antitrombogenici.
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VALUTAZIONE DELLA FUNZIONALITà DI UNA PRTOESI VASCOLARE
Cerchiamo di capire le problematiche di compatibilità della protesi, e vediamo come minim izzare i rischi di perdere
affidabilit à meccani ca nella fase precli nica.
Una protei vaco lare ideale deve essere compatibile con le strutture adiacenti :
Compati bilit à biolog ica : La sua presenza non deve indurre nell’
organismo ospite alcuna reazione che
possa danneggiare sia l’ organismo che la protesi stessa.
Compati bilit à funzionale : In esercizio deve replicare, senza subire rotture, il comportamento meccanico
(strutturale, fluidodinamico) del vaso sostituito.
Invecchi amento : protesi biologiche tendono ad invecchiare, perdendo le caratteristiche meccaniche nel
tempo che induce fenomeni di cedimento della struttura e sclerosi da parete. Esso è relativamente rapido
nelle protesi biologiche autologhe ed omologhe (iperplasia fibrosa lungo le linee di sutura, sclerosi della
parete, calcificazione). La iperplasia, avviene dove una prtoesi è connessa ad una arteria : ho reazione
infiammatoria, la vado a suturare e a creare chirurgicamente un insulo al tessuto del vaso , li si scatena
reazione infiammatoria, e si crea una struttura di tipo fibroso : cresce del tessuto in reazione alla ferita che
induco durante la sutura, e questa crescita di tessuto può essere eccessiva : tessuto abnorme attorno alle
suture che vado ad eseguire per connettere protesi al vaso. La zona di sutura è zona molto ciritica,
possibilmente è soggetta a problemi di natura meccanica e interessata da fenomeno di risposta
infiammatoria che degenera in iperplasia : se suturo protesi a un vaso molto piccolo, la ricrescita della protesi
della zona di sutura può essere tale da occl udere lei il lume del vaso . Dove faccio sutura le cose si
complicano.
Infezioni della protesi, specia le sintetiche e le biologiche trattate. La protesi può infettarsi, la struttura
artificiale è sede artificiale di attecchimento batterico.
Lacerazioni a livello dei punti di sutura alle anastomosi. Possiamo avere a livello della sutura delle
lacerazioni, il filo può andare incontro a lacerazioni : possiamo rompere i punti di sutura per fissare protesi a
vaso : tirati tante volte e soggetti a problemi di fatica meccanica. Evitiamo di fare sutura con filo continuo, se
parte un punto, tutto il filo si può sfilare. La struttura viene quindi fatta per punti singoli. Ma se in un punto
abbiamo cedimento, da li esce sangue, non ho continuità gatrantita dalla sutura,e il fatto che esce del
sangue è un problema : falso aneurisma, notiamo dilatazione anomala tipo aneurisma attorno al sito di
sutura dovuta al cedimento di uno o più punti della sutura stessa
Trombosi in ogni tipo di graft (se di piccolo calibro). Le trombosi possono essere presenti nei vasi di
piccolo calibro, basta la definizione di piccolo trombo, la dilatazione ,e l’
aumento del diametro nel tempo della
protesi. In alcuni casi ho rotture per fatica delle protesi vascolari in Dacron. Formazione del trombo : come lo
riduciamo ? La porosità definisce e favorisce la formazione di endotelio, problema a livello delle anastomasi,
dove il tessuto migrato va a occludere il vaso. Possiamo rivestire le protesi con materiali maggiormente
emocompatibili. Carbonio pirolitico, materiale maggiormente emocompatibile, sangue coagula poco.
Possiamo usare farmaci anticoagulanti e possiamo trattare un paziente con questo tipo di farmaci (eparin a).
Possaimo disseminare protesi con cellule endoteliali, flusso sanguigno stacca cellule che depositiamo sulla
superficie della protesi o possiamo rivestire la protesi con strutture più emocompatibili.
Rendere porosa la parete protesica, per favorire la formazione di un neointima (nuova superficie cellulare
con endotelio) : problema : soprattutto intorno alle anastomosi il tessuto neoformato può crescere in modo
abnorme (iperplasia intimale) ed occludere il vaso.
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Applicare rivestimen ti interni in materiale sinttico biologicamente inerte (es. carbonio)
Utilizzare un anticoagul ante incorporato nella parete protesica (es. eparina : scarso successo clinico per le
attività dell ’
difficoltà di dosare la quantità e l’ eparina legata, il costo elevato, la mancanza di riproducibilità.
Ricreare un endotelio naturale tramite inseminazione della protesi con cell ule endotelial i : difficoltà di tali
cellule di rimanere adese a lungo alla superficie della prtoesi e di proliferare normalmente (ingegneria dei
tessuti)
Per le protesi in Dacron a volte si usano rivestimenti impermeabilizzati, con proteine (collagene, albumina..) o con
idrogeli di sintesi.
Termine improprio con cui si indica la permeabili tà della protesi al sangue. Prove di permeabilità all’
acqua : tessuto
viene considerato non poroso se con battente di acqua di 120 mmHg lascia passare meno di 300 cc/min di acqua per
ogni centimetro quadrato di tessuto. Protesi tessute (in partico lare knitted) sono porose e tendono a far uscire il
sangue che fluisce al loro interno.
Pre clottin g : operazione che si fa per garantire impermeabilit à della protesi al sangue. Il chirurgo bagna la protesi
nel sangue del paziente prima dell’ impianto : il sangue coagula all’
interno della porosità del tessuto : rende la protesi
impermeabile e innesca fenomeni che conducono alla crescita di un tessuto endoteliale che rende emocompatibile la
superficie interna della protesi.
Protesi in Gore-tex : non porose : non richiedono pre-clotting. Porosità e permeabilità : influenzano anche
formazione di neointima e incorporazione della protesi : occorre giusto compromesso.
Resist enza meccani ca (statica) : La protesi non deve subire alcuna rottura sotto la massima sollecitazione
a cui può essere sottoposta una volta impiantata.
Durata : La protesi non deve cedere nel tempo a causa della ripetizione dei cicli di sollectiazione legati alla
pulsatilità della pressione sanguigna.
Deformabi lit à : La deformabilità radiale della protesi deve riprodurre quella dei vasi naturali per non alterare
l’
emodinamica ne sollecitare eccessivamente la zona delle suture.
Proprietà meccaniche : problemi di resistenza dinamica, di durata, non solamente problemi macroscopici di rottura
della protesi ma rilassamento del tessuto della protesi che va a cambiare il diametro del graft. Ho anche problemi di
deformabilità che andremo a dettagliare maggiormente.
Resistenza della protesi, testare protesi a carico statico, lo facciamo per le norme :
Pressuri zzazione : un tipo di prova è pressurizzazione, si gonfia nella protesi palloncino di lattice fino a
determinata pressione e misuriamo pressione di scoppio quando cede la protesi.
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DURATA DELLA PROTESI
Cedimento a fatica : Principale causa di fallimento delle protesi di grosso calibro (occlusione del lume è molto
improbabile). Abbiamo 3 possibili cause di cedimento a fatica.
3. Oppure cedi mento dell ’ intera struttura in segui to alla sua dilatazione.
La sutura tende ad aumentare il proprio diametro, l’ assestamento non
avviene, continua a dilatarsi e si può rompere in qualche punto. La singola
fibra può cedere, le fibre si lacerano come si lacera un tessuto qualsiasi.
Le arterie hanno proprietà elastiche che consentono la loro dilatazione radiale quando la pressione del sangue è nel
picco sistolico ed il loro recupero dimensionale durante la diastole. Questi fenomeni di accumulo periodico di sangue
dovuti all’
elasticità delle arterie determinano anche il progressivo smorzamento delle onde di flusso e di pressione che
si osserva andando dal cuore verso la periferia. Anche la velocità di propagazione delle onde di pressione dipende
dall’
elasticità della parete dei vasi (E) oltre che dal loro spessore, dal loro diametro e dalla densità del sangue (v= E
s/(pD)). Velocità di propagazione cresce con la rigidezza della parete. La deformabilità radiale di un condotto viene
normalmente espressa dal valore della sua compl iance.
Definita come i rapporto tra la variazione specifica di volume prodotta da una variazione di pressione interna e la
variazione di pressione stessa.
COMPLIANCE MISMATCH
Quando un tratto di arteria, nelcaso specifico di un tratto sostituito con una protesi vascolare, ha proprietà elastiche
radiali diverse dai tratti adiacenti (in genere maggiore rigidità) si hanno due principali conseguenze :
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Fluido dinam ica : discontinuità nella velocità di propagazione delle onde di pressione.La sezione di
interfaccia tra il vaso naturale e quello artificiale è la sezione in cui si verifica la discontinutià fluidodinamica
ed è sede di fenomeni di riflessione d’ onda, tipici delle singolarità geometriche.Le riflessioni d’ onda possono
provocare sovrapressioni locali che possono a loro volta causare la formazione di nuovi aneurismi.
Sollecitazioni sulla sutura delle anastomosi termino-terminali. Sollecitazioni dovute al fatto che il vaso
naturale si dilata radialmente, mentre la protesi mantiene la dimensione originale.
Compliance mismatch determina anomalie fluidodinamiche e solelcitazioni nella zona di sutura. Ridurre questo è una
obiettivo di progetto : devo riportare la deformabilità aritificiale vici na a quell a natural e. Questo tipo di
valutazione può essere fatta con metodi computazionali dove costruisco dei modelli del vaso naturale e della protesi
applicata,simulando che la protesi sia vena arteria dacron etc. Ottengo informazioni a livello di sforzi della anastomasi.
Arteria su arteria ci da concentrazione di sforzi minore.
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protesi dei chirurghi, questi venivano testati in laboratorio e sono state fatte delle prove cicl iche e dinam iche per
cercare di misu rare la deformazione della protesi nel tempo impantata in quel paziente. La dilatazione della
protesi ha un andamento di un certo genere, sottoposta a certo regime pressorio, cresce nel tempo con una certa
legge : viscoelatrico. Caratteristiche tempo dipendenti. Questo porta anche fenomeni di degnerazione. Questa
dilatazione nei primi migliaia di cicli può raggiongere dal 10 al 25%, dipendente dal regime pressorsio del paziente.
Quello che serviva era misura precisa di quel valore. Dovevamo sceg liere protesi con diam etro minore del 25%
garantendo di avere a regime vaso e protesi con lo stesso diam etro. Abbiamo simulato quello che succede in
vivo : prova su un anellino di protesi montato su sistema con 4 piolini legati a due afferraggi, che permettessero la
dilatazione della protesi con una certa legge : assunto, se in lab fossi mo riusci ti ad avere all’ nterno della protesi
lo stesso stato di sforzo che la protesi ha in vivo , avrem mo avuto risultati predittivi del compo rtamento in
vivo : simulazione cercando di sottoporre la protesi allo stesso sforzo che il paziente avrebbe sopportato in vivo : vivo
vs vitro. Dovevamo ricreare lo stato di sforzo in condizione di carico in vitro. Istante per istante, dobbiamo imporre una
determinata forza e misurare di quanto i piolini si allontanano tra di loro : misurare forza e deformazione della protesi.
Risultati : Validazione della procedu ra stessa, per quei pazienti testati in lab, abbiamo testato in vivo dopo un certo
numero di cicli la valutazione effettiva dopo un certo tempo per vedere se la previsone sperimentale di dilatazione era
corretta. Questo risultato positivo ha permesso di validare la procedura, avendo la sicurezza che le predizioni fatte
sulla dilatazione della protesi fossero effettivamente veritiere. Gli altri risultati hanno visto se diverse tipologie di protesi
andassero incontro a dilatazioni differenti.
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scegliere diametri differenti, abbiamo incrementi di diametro del 10% (dobbiamo scegliere un diametro inferiore
rispetto a quello che si dovrebbe impiantare presagendo dilatazione). Siamo andati a misurare l’ incremento di
deformazione nelle due protesi. Siamo andati poi a confrontare diverse tipologie di protesi in termini di produttore. Le
protesi erano diverse, sul paziente erano impiantate protesi differenti, e ho valori di compliance di diverse tipologie di
protesi. Queste previsioni sono state confrontate con i dati clinici, e si è proposto che questo tipo di procedura
potesse esssere utilzzata per la scelta di diametro della protesi. Il chiururgo avrebbe dovuto scegliere un diametro, far
fare le protesi, e applicare i regimi pressori del paziente facendo prove e predizione su quanto si sarebbe dilatata. Si
valuterà poi se usare quel diametro o diametro inferiore in modo da non creare disuniformità tra diametro della
protesi e dei vasi.
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7. STENT ENDOVASCOLARI
Stiamo parlandodi stenosi. Esiste grande di differenza tra stent e protesi endovascolare ? L’ approccio chirurgico :
la protesi necessitava di un vero e proprio intervento chirurgico aprendo il paziente ed esponendo il sito da trattare, lo
stent, invece, consente che l’ utilizzo del dispositivo sia fatto per via mini-i nvasiva , non chirurgica : il paziente non
viene quindi aperto, ma l’ accesso per lo stent endovascolare è periferico. Si entra da arteria o vena per raggiungere il
sito patologico malato : Il paziente, sottoposto a intervento chirurgico, sottostava a tutti i rischi associati, legati all’
anestesia, problemi infettivi maggiori nel momento di apertura del paziente, etc... Ho rischi legati anche al decorso
post-operatorio , più critico in pazienti operati chirurgicamente. Questi rischi vengono abbattuti, e in certi casi eliminati
da procedure meno invasive.
ARGOMENTI
Vedremo cosa è uno stent , le varie tipolog ie di stent in impiego clini co,le specifich e di progetto di stent
endovascolari, l ’ impiego clini co degli stent, la valu tazione degli stent endovascolari, le nuove soluzioni
progettuali, e i fallim enti degli stent endovascolari. I primi tentativi, risalgono agli anni 60, e riguardano dispositivi
relativamente giovani, e,da quei primi tentativi degli anni 60, le cose sono cambiate in maniera drastica. Questo è uno
di quei salti tecnologici che ha inciso in maniera veramente importante sulle abitudini terapeutiche di questo tipo di
patologie. La terapia endovascolare, l’ accesso a siti del sistema cardiovascolare per via invasiva, sta ancora
rivoluzionando la cura di queste patologie. Nel caso di sistema cardiocircolatorio, arrivano sul mercato e sono a
disposizione dei chirurghi, dispositivi nuovi che incidono in maniera enorme sulle terapie di questi pazienti, indirizzati a
sostituire e proporre alternative valide all’
atto chirurigico : sono soluzioni poste a sostituire l’
atto chirurgico con terapie
meno invasive.
Vaso stenot ico (coronari e, arterie periferiche, arterie renali , carotid e, malattie congenite
Aneurism a cerebrale : In questo caso è ancora più necessaria una procedura mini-invasiva. Prima degli
stent veniva effettuata un’
operazione chirurgica al cervello davvero rischiosa.
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Vediamo altre immagini : Possiamo avere anche applicazione coronarica, sopra abbiamo una stenosi, il vaso indicato
dalla freccia è leggermente minore,la stenosi non è localizzata da una parte ma da entrambe le parti.
Vediamo come sono distribuite nei diversi paesi le procedure PCI (percutaneous coronary intervention) : a livello
coronarico è quello che viene fatto con tecnica miniinvasiva : entro nelle coronarie non aprendo il paziente. Il
confronto è fatto con bypass arortico visto precedentemente. Vediamo che, nella maggior parte dei paesi, la
procedura percutanea ha sopraavanzato di molto la procedura chirurgica. Prima dello stent avevamo solo chirurgia,
oggi siamo all’inversione : la percutanea è estremamente più diffusa rispetto alla procedura chirurgica. Stiamo
parlando di qualcosa che ha avuto sviluppo impressionante.
Perché si è evoluta questa tecnica fino alla direzione di utilizzare stent metallico ? Per il fatto che è una tecnica
estrem amente effici ente che riapre il vaso , che è però una struttura vivente e in generale viscoelastica. La parte
elastica costituente la parete, importante per garantire lavoro di accumulo e rilascio, tende a richiud ere il vaso . Noi l’
abbiamo aperto molto, e il vaso, nel tempo, tende a richiudersi per un fenomeno meccanico di ritorno elastico. Il vaso
trattato con palloncino aperto tende a richiudersi. L’ idea è stata quella di aprire il vaso e impedire alla parete di
tornare, con cosa ? Con lo stent : impalcatu ra di sostegno che impedisce al vaso di richiud ersi per ritorrno
elastico : evoluzione del palloncino è lo stent per ovviare a problematiche dopo l’ utilizzo del solo palloncino. Una
possibile alternativa a queste due, è angioplastica con palloncino e stent.
IMPIANTO DI STENT
Espand ibili con pallo ncino : sono stati i primi stent prodotti. La loro principale caratteristica è che
sfruttano le proprietà plastiche del materiale e la tecnol ogia PCTA. Si è pensati di utilizzare quella
stessa tecnologia per aprire lo stent. Questi stent sono fatti in acci ai inox o lega in cromo-cobal to . Gli stent
lavo rano in cam po plastico , rimangono aperti ma plasticizzati : sullo stent superiamo i limiti di snervamento
del materiale, lavorano in campo plastico,la pressione sanguigna continua a fluire e fa dilatare il vaso in cui lo
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stent è posizionato. Esso è soggetto a pressioni e deformazioni, nel caso in cui il vaso sia retto e soggetto
solo a pulsatilità sanguigna. Se il trattamento della stenosi è a livello del ginocchio, è anche soggetto alla
flessione a cui è soggetto il vaso. Anche il cuore ha un movimento complesso, torsionale di contrazione e
rilascio del ventricolo, e la coronaria è soggetta agli stessi movimenti, e anche lo stent è soggetto a quei tipi
di movimenti : struttura soggetta a diversi stimoli meccanici : pulsatilità sanguigna e altri tipi di carichi che
dipendono dal sito di applicazione. Se utilizzato per trattare la carotide, il vaso che corre sulla superficie del
collo, ogni volta lo stent viene sollecitato. Se mi addormento con la mano sotto il collo presso sulla carotide e
lo stent, che viene sollecitato ulteriromente. A seconda delle diverse applicazioni gli stent sono soggetti a
diverse tipologie di carico. Il pallo ncino ha plasticizzato lo stent . L’
alternativa è quella di :
Stent autoespand ibili , anche se non si utilizza un altro dispositivo per espanderli, si espandono da se, non
ho più il palloncino. Lo stent viene mollato chiuso sulla punta del catetere con una guaina che lo ricopre.
Quando si arriva al sito da trattare, la guaina viene ritratta e lo stent si riapre per ritorno elastico : Lo stent
viene messo in cam po elastico, e recupera forma iniziale una volta impiantato . Lo costringo a rimanere
chiuso con la guaina, ma è ancora in campo elastico, e si espande semplicemente per ritorno elastico. Quel
dispositivo si trova poi a lavorare ancora in campo elastico se i carichi non sono eccessivi. Tendenzialmente
da progetto, il dispositivo che lavora in campo elastico, ha grandi vantaggi : 1) restiamo lontan i dallo
snervamen to, punto critico del materiale, anche se non abbiamo rottura. Ho una sicurezza maggiore.
Soprattutto , il grosso vantaggio, 2) è che lo possi amo utilizzare dove le deformazioni dello stent sono
molto importanti . Avere qualcosa in campo elastico fa si che non si accumuli danno ad ogni ciclo (vasi
articolari, gambe, carotidi) : viene quindi usato per applicazioni dove il vaso è soggetto a movimenti
importanti. Con lo stent espandibile sul palloncino, se pigio troppo col dito sulla carotide, potrebbe perdere la
sua forma cilindrica. I materiali utilizzati per la costruzione di stent autoespandibili sono differenti, usiamo
leghe a mem oria di forma, in titanio , e ancora acci aio inossidabi le (braided stents), ma in una forma di
stent particolare, fili intrecciati. Sono esattamente come lo stent mostrato all’inizio. Lo stent è fatto di tanti fili
di acciaio, diametro piccolo, intrecciati tra di loro. Questo viene crimpato in campo elastico in quanto ogni filo
si espande in campo elastico. Infatti è proprio la struttura dello stent che lo fa espandere in campo elastico,
cosa non possibile con lo stent visto precedentemente anche se viene usato lo stesso materiale.
La terza tipologia, non utilizzata per vasi sanguigni ma per altri tipi di vasi, sono quelli Espand ibili
termicamente (uretra, uretere, esofago, biliari). Le leghe, oltre avere campo elastico particolarmente esteso,
sono a mem oria di forma termica, e quindi, sono materiali che, se trattati adeguatamente in fase di
produzione, possono memorizzare una forma a una certa temperatura semplicemente applicando quella data
temperatura. Se faccio memorizzare allo stent la configurazione espansa maggiore di 37 gradi, a volte 40,
posso introdurre lo stent chiuso, che a 37 gradi non ricorda forma espansa, e al sito di impianto faccio
passare acqua cald a. In questo modo, la lega, ricordando forma espansa e riportandolo alla termperatura a
cui ricordeva la forma espansa, si espande , grazie ad una determinata temperatura che lo investe. Non uso
altri elementi. Non vengono utilizzati per i vasi sanguigni, in quanto questa espansione non sviluppa grandi
forze. Dove tratto vasi occlusi con placche calcifiche, l’ espansione termica non svil uppa forze tali da
rompere la placca e aprire efficaciemente il vaso . In altre applicazioni non servono forze di apertura cosi
importanti e possiamo utilizzare stent espandibili termicamente.
ANEURISMA CEREBRALE
Un’ altra idea è quella di utilizzare con tecnologia percutanea la deviazione del flusso dalla sua corsa naturale verso l’
aneurisma. Se si sviluppa, il sangue entra nell’ aneurisma alimentandolo : infilo un tubo , struttura fitta rispetto agli
stent, che faccia da convoglio del flusso sanguigno da monte a valle dell aneurisma : flow diverter. Maglie dello stent
fitte, devono impedire che dai buchi passi sangue. Sono usati non per trattare vasi stenotici ma aneurismi cerebrali.
Stent endovascolari :
1969 : Primo tentativo in cui Dotter posiziona la protesi metallica, chiamandolo stent, ed è il precursore.
Protesi metallica intraluminare permanentemente in un vaso stenotico.
1994 : Palmaz-Schatz : primo modello di stent approvato dall’ FDA. Il momento in cui viene approvato e
utilizzato dagli Stati Uniti è importante. Essi non tendono ad introdurre dispositivi nuovi fino a quando non c’
è efficienza del dispositivo. A valle di risultati clinici soddisfacenti viene introdotto nel mercato americano :
dimostrata efficienza clinica del dispositivo. Clinicamente lo stent ha avuto espansione a partire da questo
momento, molto recente.
BMS. I primi stent introdotti fuorono gli stent semplicemente metallici e nudi. Erano stent espandibili con palloncino,
utilizzato anche per espansione dello stent. Oggi abbiamo ancora questo tipo di utilizzo, per acciaio INOx e cromo
cobalto, ma abbiamo anche gli autoespand ibili , con lega a mem oria di forma. I BMS hanno nel design wire coils, e
slotted tubes/multicellulare, e sono modulari :anelli metallici piegati a fisarmonica saldati tra loro. Vengono realizzati
come detto sia tramite espansione di palloncino con l’ utilizzo di acciaio inossidabile, sia autoespandibili con nitinol,
lega con proprietà superelastiche. Quali sono stati i problem i riscon trati a vall e di questi utilizzi ? Due tipologie, la
trombosi e la risteno si. Trombosi : formazione di trombo eccessiva che riocclude il vaso immediatamente dopo l’
impianto. Si riscontravano incidenze di trombosi del 18% entro due settimane dall’ impianto con morte nel 70% dei casi.
Come si è cercato di ovviare a questa cosa ? terapia farmacologica, terapia anticoagulante aggressiva. Non abbiamo
pensato a nuova soluzione tecnologica per lo stent, ma abbiamo pensato a limitare i danni della teconologia con
terapia farmacologica. Con terapia anticoagulante, si è risolto il problema della trombosi,e quindi del fallimento dello
stent nel breve termine, ma si è presentato un nuovo problema : problema della risteno si : chiusura ancora una volta
del vaso che limitava la funzionalità del vaso stesso. Il vaso si richiud e (20-30% dei casi, comunque minori di POBA,
palloncino, con 30-40%). Questa chiusura del vaso è dovuta ad altri fenomeni che di fatto causano la ristenosi,
nuova stenosi per crescita di altro tessuto non per trombosi. Non ho nemmeno ritorno elastico della parete (ho lo
stent che lo impedisce). Il ritorno elastico della parete, che era presente durante angioplastica solo con palloncino, a
causa della presenza dello stent, non succede più, ma comunque il vaso si richiude. Si può richiudere per trombosi,
roba evitata con medicine, ma si richiude più a lungo termine per ristenosi.
98
Non può essere deposizione di placca arteriosclerotica, infatti è passato troppo poco tempo per consentire
deposizione di placca. Ho la sezione di un vaso, che scorre perperndicolare alla diapositiva, e ho le maglie di uno
stent. A destra istologia di un altro paziente in cui si nota una riduzione del lume del vaso molto importante : riscrescita
tissutale, fenomeno complesso che scaturisce dalla infiammazione che causo aprendo lo stent a contatto con la
parete. Si arriva a richiusure totali o molto importanti del vaso che fanno fallire la terapia mediante l’
utilizzo dello stent :
Iperplasia dell ’intima in risposta al danno che faccio all ’ apertura dello stent (o angiop last ica o stenti ng).
RISTENOSI
Fenomeno complesso molto studiato e diviso in 4 fasi, 1) Deposizone del trompo 2) Infiammazione 3) Proliferazione, e
4) Rimodellamento
TROMBOSI
Trombosi : Consiste in una rapida formazione di trombo, durante la quale vi è un’ esplosiva attivazione,aggregazione
e deposizione di piastrine che in breve tempo vanno a creare un trombo ricco di fibrina. Questo fenomeno è
osservabile entro i primi tre giorni dell ’
impianto. Questa è una normale reazione dovuta alla presenza di materiale
estraneo e al danneggiamento che lo stent provoca all’ endotelio, che , se parzialmente rimosso, costituisce una zona
trombogenica. L’ aggiunta di terapie farmacologiche ha notevolmente ridotto l’incidenza di trombosi catastrofiche fino a
valori al di sotto del’
1%. La deposizione del trombo è perciò insignificante in termini di diminuzione del lume, ma
rimane una caratteristica costantemente presente in qualsiasi tipo di stent. Se metto un materiale nella corrente
sanguigna, si forma un trombo , a brevissimo termine.
INFIAMMAZIONE
Dopo ho infiam mazione. Parallelamente alla formazione di trombo, presso la zona danneggiata vengono reclutate le
cellule infiammatorie , in particolare cellule di tipo SAM (surface-adherent monocytes) che aderiscono alla superficie
interna sia in corrispondenza delle strutture dello stent che tra di esse. Tra il terzo e il settimo giorno, queste cellule
lasciano il posto a cellule TIM (tissue-infiltrating monocytes) che migrano dalla superficie del lume danneggiato
sempre più in profondità verso la zona sottoendoteliale per sviluppare neointima formando cellule giganti
polimorfonucleate, macrofagi e linfociti. Recluto quindi diverse tipologie di cellule verso il sito di impianto.
PROLIFERAZIONE
IL RIMODELLAMENTO
In condizioni fisiologiche, le cellule di ogni organismo vivente si trovano in una configurazione di equilibrio detta
omostatico. Il rimodellamento consiste nella variazione di metabolismo, sintesi, geometria e struttura delle cellule in
risposta ad alterazioni dello stato di equilibrio, come per esempio i cambiamenti dello stato tensionale. Questo, dal
punto di vista meccanico, si traduce in una variazione delle proprietà elastiche del tessuto : per contrastare tali
cambiamenti di tensione, in altre parole, il tessuto si adatta alla nuova condizione in modo che sforzi e deformazioni
tendano a tornare il più vicino possibile a quelle fisiologiche. Quest’ ultima fase inizia approssimativamente dopo 3
settimane, ed è caratterizzata da un cambiamento dimensionale dell’ arteria. Dapprima si assiste al ritorno elastico
seguito poi dal vero e proprio rimodellamento geometrico, durante il quale l’ arteria si restringe in seguito alla
deposizione di collagene nell’ intima e nella media. Ho quindi fenomeno di rimodellam ento , il vaso tende a riportarsi
nelle condizioni omeostatiche prima di essere riaperto, e questo fenomeno causa cambiamento dimensionale dell’
arteria limitato con la presenza degli stent importanti con angioplastica. Nel caso di applicazione di stent intravascolari,
diversamente da quello che accade, per esempio, in seguito ad un intervento di angioplastica, quest’ ultima fase non
ricopre assolutamente un ruolo predominante, in quanto la struttura dello stent limita notevo lmente il recupero
elastico della parete del vaso e il conseguen te rimodellam ento.
Capiamo ora perch é si instaura questa risposta abnorme infiam mato ria. Abbiamo capito che questa risposta
dipende dal danno che causo alla parete quando inserisco lo stent : maggiore il danno e la profondità degli insulti che
rivolgo alla parete,pi ù cicatrici che rivolgo, più si
è ipotizzato che questo facesse ricrescere
tessuto causando ristenosi. Più taglio faccio, più
si è ipotizzato si avesse ricrescita di tressuto.
Ho un'altra immagine, angiografia dove viene
evidenziata la struttura dello stent. Lume rimane
aperto. Tessuto ingloba lo stent ma va oltre
tappando di nuovo.
All’
aumentare dell’entità del danno vascolare, aumenta l’
ispissimento della parete arteriosa, in particolare lo spessore
della neointima aumenta bruscamente dopo che IS raggiunge il valore 1, ovvero dopo la rottura della lamina elastica.
Il disegno dello stent ha un ruolo significativo nel trauma subiuto dal vaso e nella conseguente iperplasia dell’ intima :
l’espansione dello stent provoca la denudazione dell’ endotelio : design è responsabile del grado di profondità con il
quale le strutture dello stent penetrano nella parete del vaso generando una severa risposta infiammatoria. Il disegno
deve essere il meno traumatico possibile verso la parete. Il disegno dello stent : quella maglia la posso creare con un
certo disegno, maglie molto fitte. Posso creare delle strutture che hanno minor numero di link tra le varie parti. Posso
avere disegni come il secondo di quelli in basso, dove ho la cella aperta, e i ring non sono tutti interconnessi tra di loro,
oppure disegno dove ciascun ring dello stent è connesso al ring successivo in ogni suo punto. Nelle celle aperte solo
alcune estremità del ring sono connesse al ring successivo. Quelli a celle chiuse sono più fitti, e hanno maggior
impatto sulla parete per il fatto che un maggior numero di strutture dello stent va a contatto con la parete. Più strutture
fanno danno alla parete più causiamo danno. Vedremo per ò che avere struttura pi ù rigida (pi ù interco nnessioni )
ha vantaggi rispetto a una meno rigida.
101
Gli stent sono strutture molto piccole.
SPECIFICHE DI PROGETTO
Bicompatibil e : 1) materiale deve esser meno trombogenico possibile. I materiali sono poco trombogenici
anche se acciaio e titanio stimolano una minima deformazione deposizione e crescita di trombo. Questa
parte del requisito è un requisito di progetto non molto rispettato. Per ovviare a questo problema trattiamo il
paziente con terapia antricoagulante. Devono essere 2) resistenti alla corrosione, ho elencato prima materiali
noti per avere proprietà buone anticorrosive. Il problema, se dovesse corrodersi, è nel rilascio di ioni critici
per il corpo umano, soprattutto ioni cobalto e ioni cromo, particolarmente dannosi. Vedremo in alcuni casi che
in realtà la corrosione può essere una cosa brutta. Il discorso è che se lo stent è stato espanso, ha aperto
il vaso e contrastato il ritorno elastico dell’
arteria, perché mantenerlo ? è una strtuttura estranea al corpo, l’
ideale è che svolte le funzioni meccancihe se ne vada. La stessa cosa dell’ osteosintesi. Abbiamo introdotto
alcuni stent metallici degradabili , che devono avere prodotti di corrosione non dannosi per il corpo. Stent
biodegradabili in lega di magnesio. La degradazione di lega di magnesio è data da ioni di magnesio che
fanno bene al corpo. Sugli stent tradizionali il requisito è che resistano all’
azione corrosiva. Per fare si che lo
stent non sia particolarmente trombogenico, possiamo 3) ricoprirlo con polimeri più emocompatibili rispetto al
materiale metallico, o con eparina, o con polimeri, o farmaci che contrastano la formazione di trombo. L’ idea
è quella di non avere stent metallici, ma stent metallici ricoperti con stent medicati, in grado di rilasciare una
molecola, sostanza antitrombogenica come eparina.
Visibi le : Lo stent deve essere visibile, la procedura vienne fatta in procedura mini-invasiva, e se lo stent non
è visibile ai raggi X non riesco a portarlo effiaciemente al sito di impianto, ne a valutare e posizione dello
stent è corretta. Quindi 1) visibilità ai raggi X per poterne giudicare il corretto riposizionamento Visibilità
dipende dal materiale con cui costruisco lo stent. 2 ) Esso dovrebbe dare pochi artefatti ad altra tecniche di
indagine radiografica (CT e MRI). Se lo costruisco con un materiale che spara, il sito dove ho il dispositivo
risulta molto luminoso e vado a ricoprire eventualmente altre anatomie che mi interessa investigare con quell’
esame. Ho esami che faccio al paziente poco influenzati dalla presenza dello stent. 3) Più materiale metto
maggiormente questo è visibile. Ho uno dei primi vantaggi : controbilanciamento di uno stent a celle chiuse,
dove ho più materiale, maggiori interconnessioni tra le varie celle : A parità di tipologia di materiale utilizzato
è più visibile di uno a celle aperte. 4) Ni-Ti migliori degli acciai (necessitano di marker) .Per quanto riguarda i
materiali, le leghe nichel titanio sono più visibili degli
acciai. Per lo stent in acciaio è necessario prevedere dei
marker, pallini di altro materiale che faccia vedere meglio.
Ho ispessimento dello stent per poter identificare
posizione in maniera più corretta. Ho 4 tipologie di stent
di materiali diversi. Quello in tantalio ad esempio è il più
visibile
102
Rigido Radial mente : Rigidezza radiale, stent rigido radialmente in modo da svolgere la funzione primaria
dello stent, per sostenere ritorno elastico della parete. 1) Fornire sostegno all’ arteria stenotica e vincere la
rigidezza della placca e dell’ arteria. Prima azione correlata alla rigidezza radiale, seconda alla capacità di
rompere la placca : se ho stent rigido radialmente, più vinco rigidezza di placca e arteria. 2) In generale,
stent epsandiili sono più rigidi e quindi migliori degli autoespandibili . Gli espandibili sono migliori a
rispondere a questo requisito, in quanto costruiti con materiali con rigidezza intrinseca maggiore. A parit à di
disegno sono pi ù rigidi di quell i autoespand ibili . Generalmente stent più rigidi causano danni alla parete
che non stent meno rigidi. Stent autoespandibili o con palloncino sono utilizzati in condizioni molto diverse :
Se la placca molto calcifica, probabile che interventista utilizzi espandibile con palloncino : la funzione
primaria è di riaprire il vaso, se anche metto l’autoespandibile che ha certi vantaggi, ma non riesce a riaprire
il vaso, non rispondo alla prima esigenza. Se ho placca molto calcifica, generalmente è preferibile utilizzare
espandibile con palloncino : se intorduco lo stent, gonfio il palloncino, lo ritraggo e noto la stenosi ancora
presente, se rientro col palloncino ripompo un po' di più risolvo il problema : La procedu ra di utilizzo del
pallo ncino è più efficacie in riapertura del vaso . Deposto uno stent espanso con il palloncino ho anche il
vantaggio che contrasta di più il ritorno elastico dell’
arteria : intrinsecamente più rigido.
Espand ibile = espansion e affidabile : deve avere espansione affidabile. 1) Deve raggiungere il corretto
diametro. Scelgo stent di diverse taglie, in termini di diametro espanso e lunghezza una volta espansi. 2)
Questo è indice del successo a breve termine (impossibilità di migrazioni, ben apposto) Per quel pezzo di
vaso interessato da stenosi, devo scegliere lo stent corretto che copra la zona stenotica, e che, una volta
espanso, sia di diametro coerente col diametro del vaso, altrimenti causo deformità di diametri. Il rischio, è
che durante la fase di espansione, possa arrivare a un diametro che non è quello giusto : viene raggiunto
diametro minore di quello del vaso. 3) Espandibili migliori degli autoespandibili e dei termici : Questo è
partico larmente critico negli autoespand ibili : si ricorda la dimensione prima di essere crimpato, e si
espande ancora prima di rompere la placca sulle pareti. Il fatto che sia più piccolo, determina il fatto che
prima di tutto non si apri efficaciemente nel vaso, e secondo, che non sia bene adeso alla parete, quindi col
flusso sanguigno può essere protato via. Col palloncino abbiamo rischio minore, e anche se lo stent non è
espanso a livello giusto, rimetto dentro il palloncino lo rigonfio e lo riporto al diametro giusto. Riportare dentro
lo stent è impossibile, non posso riportarlo indietro, se questo succede con stent autosespandibile posso
comunque entrare con palloncino e forzarlo a espanderlo di più oltre il campo elastico, ottenendo uno stent
adeso alle pareti. Oppure entro con un altro stent di altro diametro, che apro forzandolo ad aderire alle parti.
Questo è indice del successo a breve termine dello stent, requisito essenziale perché possa lavorare in
maniera corretta. Stent bene adeso alla parete è componente fondamentale. Ben apposto significa che deve
stare dove previsto, che stia ricorprendo in maniera efficacie la zona interessata dalla deposizione della
placca. Deve essere posizonato nel punto giusto.
103
essere il più piccolo possibile : dobbiamo minim izzare i problem i di ricrescita risteno si legati al danno
che provoco alla parete. Devo tenere più basso possibile il rapporto tra area dello stent e del vaso. Questa
assume generalmente valori tra 7 e 20%. Vantagg i e svan taggi : dove ho minore materiale, ho minori
problemi di trombogenicità, viceversa dove ho alti valori di questo rapporto, raggiungo la possibilità che sia
più visibile e che abbia rigidezza radiale più elevata , e riesco a contenere i requisiti di compatibilità biologica
del dispositivo e di compatibilità funzionale che cozzano un contro l’ altro, da una parte vorrei stent esile, da
un'altra lo voglio vedere e impedire ritorno elastico della parete. Ricordiamo quindi che è bene che questo
rapporto sia piccolo per questi motivi e grande per altri. In cosa è vantaggioso avere alti valori dell’ area di
contatto ? Per maggiore visibilità dello stent e per la rigidezza del materiale : poniamo più materiale che
risulta più rigido radialmente. Ho fenomeni di trombogenicità accentuati dall’ avere area di contatto elevata
tra stent e parete.
Fissato nell’ arteria : Lo stent deve rimanere fissato nell’ arteria, condizione necessaria per il funzionamento
dello stesso : stent che migra potenzialmente può andare in giro per il corpo trasportato per il torrente
sanguigno. Il fatto che sia fissato bene all’ areria, questa è una caratteristica assolutamente da rispettare. 1)
Questa caratteristica è anche collegata all’ espansione radiale e al coefficiente di attrito stent/parete. Stent a
palloncino si fissano all’ arteria in maniera efficacie, e portano lo stent al diametro corretto. Nel caso di stent
autoespandibili che non hanno raggiunto il diametro corretto, possiamo fare entrare un palloncino e farlo
espandere ancora. Una volta espanso al diametro giusto, ciò che tiene lo stent attaccato all’ arteria è il
coefficiente di attrito che si crea tra parete e stent. Lo stent penetra un po' nella parete, non è un coefficiente
di attrito classico, ma le pareti si muovono di moto relativo una rispetto all’ altra, e c’
è compenetrazione dello
stent nella parete. Questo succede in un primo istante, immediatamente dopo l’ impianto dello stent. Lo stent
in generale viene ripopolato, il sito del vaso ricopre completamente lo stent, e , se cresce troppo, può portare
alla ristenosi per iperplasia. Il fatto che lo stent rimanga attaccato alla parete, è solo una preoccupazione
appena post impianto. Da li in poi, lo stent non si può più muovere, ma è completamente riassorbito all’
interno della parete.
Resist ente a fatica : Ho anche requisiti di affidabilità meccanica. Il carico ciclico sicuramente è la pulsatilità
del vaso cardiaco , carico ciclico non di entità elevata. Non è estremamente preoccupante nei confronti
della resistenza a fatica dello stent, ma alcune tipologie di stent non sono soggette solo al carico pulsatorio,
ma anche ad altre tipologie di carichi preoccupanti per lo stent : movi mento delle articol azioni che genera
movi mento cicl ico di flessione dello stent (moviemento del collo, stent applicati in vasi periferici carotidei,
oppure movimento del cuore ciclico può indurre stress in stent coronarici). Difficile accorgersene se gli stent
si rompono, e la rottura dello stent non causa immediatamente problema evidente al paziente, e per lo stent
la rottura a fatica non ha dei campanelli di allarme immediatamente riscontrabili dal paziente. Si è scoperto
che altre tipologie problematiche legate a una risposta infiam mato ria del tessuto dipendono dal fatto che
lo stent sia rotto all’
interno del vaso del paziente. Se si rompe a fatica si rompe dopo un determinato numero
di cicli. Ma a quel punto ha già fatto il suo lavoro : contrastato il ritorno elastico e la placca dopo i primi tempi,
sarebbe meglio scomparisse. La rottura non va a inficiare la funzione del dispositio, il paziente non se ne
accorge, ma uno stent rotto nel vaso del paziente è un elemento che disturba la parete con la quale è in
contatto. Se lo stent ha parti che si rompono, ho elementi taglienti che inducono ulteriore danno del paziente,
danneggiando ulteriormente la parete dalla rottura dello stent, dando luogo a fenomeni infiammatori che
riparino il danno ricevuto. In certi pazienti potrebbe portare a ricrescite anomale di tessuto, e se la struct rotta
rientra nella corrente sanguigna, causa problemi di trombogenicità, e la rottura a fatica causa risposte
biologiche a livello tissutale come formazione di trombi e perdita di funzionalità del vaso che viene rioccluso
da una ricrescita tissutale che deriva da problemi di natura meccanica dello stent. In fase pre clinica, per
vedere se lo stent è resistente alla fatica o meno, si usano metodi computazionali differenti, utilizzando
macchine per testare a fatica gli stent : banchi prova per testare stent periferici, molto critici. Lo stent viene
montato su dei tubi. Viene misurata la resistenza delle articolazioni, e possono essere tolti una volta
sottoposti a torsione. Prescriviamo un numero di cicli da applicare alla prova, lo stent lavora come tutte le
protesi del sistema circolatorio sottoposto a carico pulsatorio continuo del tempo, circa 1Hz di frequenza, un
battito al secondo. Lo stent è quindi sottoposto per l’ azione del carico pulsatorio sanguigno a 70 milioni di
cicli all’anno. Se si simu la cam mino in stent periferico si simulano 1 milione di cicli dati dal cammino.
Chiaramente, se conduciamo la prova alla stessa frequenza alla quale lo stent è sottoposto in vivo, non
avremo mai la risposta in tempi ragionevoli , e occorre accelerare le prove per avere risposte in tempi più
rapidi per avere risposte in termini di affidabilità meccanica del dispositivo. Il diagramma di Wohler, dopo un
certo numero di cicli taglia dritto, dopo un certo numero di cicli, se non si è rotto, tira dritto. Se dopo 50
milioni di cicli non si è rotto, difficilmente andrà a rompersi. Per il carico che simula il cammino le cose sono
più semplici, e siamo avantaggiati avendo circa un settimo di cicli rispetto al ciclo pulsatorio per simulare il
104
cammino. Quanto va avanti questa prova ? Dipende alla frequenza di pulsazione. In vivo sia cammino che
carico pulsatorio. La macchina può andare più veloce, e la velo cità massima alla quale posso arrivare
per avere risultati predittivi è quell a che non altera la risposta meccani ca del materiale costi tuente il
dispositivo. Abbiamo a che fare con materiali metallici, il materiale metallico risponde alla stessa maniera
indipendentemente dalla frequenza e velocità con cui posso applicare il carico, e posso usare una frequenza
anche elevata. Alzare la frequenza riduce i tempi, e quei 70 milioni di cicli sono eseguiti in 3 mesi ad esempio,
andando a 3Hz. Si riescono ad avere tempistiche compatibili con lo sviluppo di un nuovo stent.
Compati bilit à meccani ca : 1) Tolleranza da parte dell ’ organismo allo stent da un punto di vista meccanico
(compl iance mism atch ). 2) L’ interazione stent/parete causa insorgere di tensioni all’ interno delle cellule
provocando una risposta riocclusiva (risteno si ). Per compatibilità meccanica, intendiamo il fatto che lo stent
causa delle reazioni di risposta infiammatoria tendenzialmente riocclusive quando si parla di ristenosi. Per
compliance vale lo stesso discorso delle protesi vascolari, introducendo stent in un vaso con certa
compliance, essa diminuisce dove ho lo stent e poi torna normale. Inoltre sto andando a vedere anche un
vaso patologico che rischia già di suo di avere una compliance non normale. Dall’ altra parte, abbiamo capito
che 3) La compatibilità meccanica dipende tanto da come disegniamo lo stent (disegno geometrico in modo
da minimizzare gli sforzi, ottimizzare apposizioni di materiale..). Dobbiamo trovare compromesso tra stent
molto pieno e stent molto vuoto, compromesso quindi tra le diverse caratteristiche di rigidezza e flessibilità.
Ho requisiti dove uno dice il contrario dell’
altro, e la soluzione di compromesso è la scelta della tipologia di
deployment, di come decido di aprire lo stent, cose che sono prettamente ingegneristiche che vanno a
infettare la compatibilità meccanica del dispositivo rispetto al vaso.
Per acciaio inox, con poco radiopaco intendiamo la sua ridotta visibilità a raggi X. In stent molto piccoli, coronarici, è
essenziale riuscire a costruire delle strutture piccole di diametro piccolo ma sottili. Per questo motivo, le leghe di
cromo cobal to sono particolarmente usate per la costruzione di stent coronarici, determinando correlazione tra
geometrie dimensioni e scelta del materiale. Per costruire stent cosi sottili, devo utilizzare materiali con alto carico di
rottura, perchè devono sostenere carichi elevati con sezione materiale molto sottile, quindi per forza il carico di rottura
deve essere alto.
Leghe a mem oria di forma (SMA) : Materiali capaci di recuperare la forma iniziale anche dopo elevate deformazioni.
L’effetto pseud o elastico , sfruttato nella maggioranze dei casi per la costruzione di stent autoespandibili, consiste nell’
aspetto della molletta tirata dallo sperimentatore, si allunga tantissimo, ma ritorna alla forma originaria quando viene
meno il carico. Questo significa che il materiale presenta cam po elastico estrem amente grande, potendo applicare
deformazioni molto importanti rimanendo nel campo elastico, facendo ritornare il provino nelle condizioni iniziali senza
deformazioni. Questo è quello che si sfrutta nella costruzione di stent autoespand ibili che devono essere crimpati.
Vengono chiusi, rimangono in campo elastico, e quando la guaina viene ritratta ritornano per effetto elastico alla
config urazione espansa : configurazione di uno stent di qualche millimetro, mentre quella crimpata è quella di uno
stent più piccolo. Se non avessimo quel campo elastico a disposizione esso rimarebbe alla forma plastica data. Tutto
questo percorso è il campo elastico.
PROSPETTIVE
Le leghe a memoria di forma, nell ’ ambito di dispositivi impiantabili , sono abbastanza utilizzate. Sono utilizzati
sicuramente negli stent, per esempio per la costruzione degli archi palatali, per allargare palati stretti, e per collegare i
denti legati da un filo per spostare i denti in maniera non traumatica. Quel filo viene fatto di lega a memoria di forma,
sfruttando l’ampia elasticità del materiale per applicare forze che nel tempo tendono a spostare i denti. Altre soluzioni
si sono sperimentate perché la lega a memoria di forma viene usata per il basso modulo di elasticità. Avere modulo di
elasticità vicino a quello dell’
osso può essere un vantaggio. L’ applicazione allo stent è quella maggiormente diffusa
per questo tipo di materiali. Gli stent endovascolari possono essere costruiti con due tecnologie di lavorazione.
Partiamo da un tubo, e mediante laser si asportano i pieni per ottenere struttura, sagomata come da progetto, ma con
struct e ring e link opportunamente interconnessi.
Taglio laser in atto, con parte sinistra del tubo non ancora bucherellato e a destra la parte con già con conformazione
finale. Dopo il taglio laser lo stent vien e ulteriorm ente trattato . Non viene tagliato a misura, e dopo viene
sottoposto a diversi trattamenti facendo cappaggi chimici (trattamenti elettrochimici) e meccanici (flusso di agenti
abrasivi) per rendere la superficie esterna dello stent più liscia (averla ruvida causa problemi di infiammazioni) e
perché abbiamo capito che avere bassa rugosit à superfi cial e aiuta la struttura a sopportare maggi ormen te
carichi cicl ici di fatica. Da anomalie superficiali partono cricche a fatica che portano a rotture a fatica. Ho sedi di
innesco di cricche a fatica, e lo stent, per soddisfare affidabilità meccanica a lungo termine, subisce trattamenti
elettrolitici, o meccanici : lo stent viene investito da una corrente di agenti abrasivi che tendono ad abradere la
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superficie portando via i residui di lavorazione. Lo stent può poi essere trattato chimicamente per conferire giuste
proprietà che ci si aspetta da questa lega.
Ho immagini di microscopio elettronico a scansione , materiale uscito da taglio laser molto rugoso, e man mano la
superficie diventa sempre più liscia. Sono immagini microscopiche, i marker sono 100 micron. Ho una struct di uno
stent dove il processo di elettrolucidatura porta a superficie più pulita sullo stent. Sicuramente sono trattamenti che
servono a questo scopo, per diminuire la rugosità, ma come possiamo vedere in una certa parte dello stent, la
sezione non è costante, i processi di lucidatura e abrasivi, portano a una situazione dove la sezione resistente è
abbastanza variabile. Ho progettato una struttura a sezione resistente costante, ma la mando così in produzione, e lo
è anche dopo taglio laser, ma dopo trattamenti chim ici o meccani ci non solo abbatt o rugosit à superfi cial e, ma
altero sezione resistente. L’ asportazione di materiale che questi ptocessi sono in grado di fare non è detto che sia
costante su tutta la struttura del dispositivo, ho sezioni resistenti diversamente. La sezione resistente si può ottenere
dopo il taglio laser, ma non può essere utilizzato perché rugoso in superficie, possono essere variate anche le sezioni
resistenti.
Alternativa a taglio laser : Deformazione a freddo e sald atura : Parto da anelli di materiale che vengono piegati e
deformati a freddo,e saldati uno all’altro per ottenere lo stent finale, ma ho ancora stent saldati, non ottenuti dal tubo
pieno , costruendo il tubo per unioni successive di unità fondamentali.
L’evoluzione degli stent è un caso emblematico di come si proceda nelle fasi post produzione. Progetto un nuovo
dispositivo, prendo in considerazione i vari requistii , e arrivo a un disegno dello stent, nuova tecnologia. Arrivo a un
dispositivo che soddisfi in maniera adeguata le specifiche di progetto elencate prima. Dopo l’ introduzione di dispositivi
innovativi, possiamo prevedere piani di follow up e studi clinici che vadano a quantificare l’ effetto clinico della nuova
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soluzione trovata rispetto a una soluzione già assestata. Prendo un certo numero di pazienti con lo stesso tipo di
patologia, e , a caso, ad uno impianto un vecchio stent già provato, e ad un altro applico il nuovo stent. Generalmente
si chiede il permesso, e partecipa con questo tipo di selezione. Vado a vedere se l’ effetto clinico è paragonabile,
meglio nel nuovo, meglio nel vecchio, o vado a saggiare la reale efficacia clinica del dispositivo. Gli esiti del follow up
danno spesso luogo a nuove progettazioni. Dove il risultato clinico non è soddisfacente, la progettazione va a cercare
di mettere una pezza dove ho avuto problemi clinici ho risultati non soddisfacenti dal punto di vista clinico. Questa
strada si segue sempre, ma nel caso degli stent è la strada principe. Lo stent è recente, e questa esplosione di
utilizzo per dubbi vantaggi avuti nella terapia miniinvasiva, hanno fatto si che a volte si sia un po' fatto il passo più
lungo della gamba. Non abbiamo aspettato il tempo necessario per valutare clinicamente se tutto fosse efficacie per
utilizzare i prodotti in massa. Non ho avuto casi eclatanti di disastri dopo l’introduzione di stent sul mercato. Dagli
errori clinici nascono nuove indicazioni.
Stent thrombosis. BMS : Stent metallici senza nessun altro tipo di elemento in aggiunta a questi stent. I problemi
evidenziati (primi stent anni 80) sono stati la stent thrombosis, incidenza della trombosi, formazione di trombo dovuta
alla presenza di stent, causa un problema ineliminabile . L’ incidenza di questa trombosi è stata una soluzione non
progettuale, non ho modificato nulla allo stent, ma tratto i pazienti con terapie farmacologi che opportune.
Abbiamo evidenziato come questa doppia terapia antiaggregan te (DAT),mediante aspirina e tienopiridine (in
sostituzione alla terapia cronica con anticoagulante) garantisse risposta efficacie alla formazione di trombo. Inoltre, il
miglior posizionamento degli stent eseguito mediante utilizzo, nella fase del pre-impianto, e in quella successiva di
post-impianto, del controllo ecocardiografico intracoronarico (IVUS) ha migliorato la situazione. Non avevo più
richiusura del vaso per trombosi se i pazienti venivano trattati con questa terapia. La trombosi è immediatamente
successiva all’ impianto dello stent. È bastato poco tempo per accorgersi che pazienti trattati con scorrette terapie
farmacologiche andavano incontro a questo fenomeno (immediatamente dopo l’ impianto dello stent). Anche trovata la
terapia corretta per prevenire la trombosi, c’ è questione di quanto lungamente nel tempo dobbiamo sottoporre il
paziente alla terapia anticoagulante. Sono scelte fortemente condizionanti, i pazienti trattati con questi dispositivi
hanno già patologie in atto. La terapia antiaggregante non è sopportata , ma il paziente può morire per altri tipi di
motivi : anche decidere per quanto tempo sottoporre il paziente alla terapia è una scelta tarata nel tempo. Il rischio di
trombosi è limitatro al periodo immediatamente successivo all’ impianto, poi lo stent viene ricorperto dal tessuto
neointimale. Problemi di trombosi dovrebbero essere limitati alla fase post impianto non a lungo termine, quando lo
stent dovrebbe essere interamente ricoperto da tessuto.
In-stent resten osis.Ho la seconda crisi dello stent, che ha avuto prima crisi quando si è scoperto, o non avevo
terapia farmacologica ben tarata per evitare rischio di trombosi. Lo stent ha iniziato a durare nel tempo, e si sono
verificati problemi di ristenosi. Si presenta per iperplasia intimale, con percentuali del 20,30% dei pazienti che devono
tornare a fare la cura. Dopo più di dieci anni di ripetuti fallimenti, si è risolto il problema con l’
introduzione di stent
medi cati : stent a rilascio di farmaco (drug-elu ting stents DES)
Posso distribuire farmaco localmente che si opponga alla ricrescita anomala di tessuto neointimale. Questo farmaco
non vien e dato a livello sistemico, non è sufficientemente efficacie, e non si sanno gli effetti che potrebbe avere, è
necessario rilascio localizzato dove è stato impiantato lo stent. Il farmaco viene direttamente rilasciato da uno stent
alla parete del vaso arteriosa. Stiamo parlando del 2003, identificando la data di utilizzo e inizio di maggior diffusione
dall’FDA. FDA approva alcune tipologie di questi stent nel 2003. Le evidenze sono quelle di riduzione di problemi di
ricrescita tissutale da 50 a 70%. Dai primi studi disponibili per questo stent, si pensava che la ricrescita tissutale fosse
più o meno quella. Questo tipo di stent è costituito da 3 parti : Stent metallico , foma metallica. Abbiamo coati ng,
rivestimento di tutto lo stent o solo di alcune parti, generalmente di materiale definitivo,plastico. Questo materiale
viene utilizzato in quanto risulta più facile caricare la molecola di farmaco nel polimero mentre sul metallonon si riesce
a caricare nessuna molecola di farmaco. Poi abbiamo il drug : Risulta necessario prevedere zone del farmaco
ricoperte da polimero che rilascia il famraco verso la parete per effetti diffusivi, oppure per degradazione dello stesso
polimero. Posso usare polimeri stabili, oppure biodegradabili, sia per diffusione, ma anche per degradazione del
polimero. Il dispositivo è andato nella direzione del disegno dello stent che, a questo punto, non ha superficie liscia.
Pensare di ricoprire tutto il polimero con superficie dello stent è difficile. Stent prima crimpato e rilasciato. Se ricopro
tutte le struct dello stent con polimero, in crimpatura o rilascio il polimero se ne può andare dallo stent, in quanto
capacità di deformabilità dei materiali, uno dei due si distacca dall’ altro perché i moduli elastici dei materiali sono
differenti. Si è pensato di creare delle nicchie sulla superficie di alcuni struct degli stent. Ho dei buchini sulla struct
dentro la quale ho il polimero drogato.
I farmaci sono caratterizzati da uno impedisce che il tessuto proliferi (percorso di differenziazione di cellule, ma non
ne impediscono la creazione), l’ altro, l’
immu nosopp ressi vo , impedisce la creazione. Questo risponde in maniera
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molto efficacie, oggi, tutti gli stent messi sono stent medi cati , il farmaco non fa male. Sicuramente ha percentuale di
efficacia importante con poche controindicazioni.
Questo problema ha percentuali basse di cause critiche. Ha incidenze abbastanza basse. Non è un problema che fa
rinunciare all’
utilizzo di uno stent medicale, non incorrendo in una trombosi tardiva. Questo è lo stimolo per andare
verso nuove soluzioni progettuali.
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POSSIBILI SOLUZIONI
Polimeri Biocomp atibi li : es. il polimero di fosforilcolina, usato nello stent di seconda generazione endeavor
ZES, che è una componente naturale delle membrane cellulari.
Polimeri Riasso rbibili : polimero biodegradabile (gradualmente metabolizzato con formazione di acqua e
diisido di carbonio) generalmente costituito da acido polilattico (PLA), oppure da acido polilattico-co-glicolico
(PLGA).
STENT IN MAGNESIO
Sugli stent di magnesio invece il problema è che ad oggi, la velocità di corrosione, è troppo elevata,e lo stent si
degrada troppo velocemente e non svolge più funzione di sostegno della placca per il tempo necessario. Il sistema è
scarsamente funzionale nell ’ opporsi al ritorno elastico. Si cerca di incrementare resistenza a corrosione di questa lega,
le altre sono caratteristiche meccaniche intrinseche della lega di magnesio troppo basse. Il materiale è una lega pura,
più è biocompatibile più si può pensare di migliorare caratteristiche di degradazione e meccaniche aggiungendo
elementi in lega. Ma si degradano anche elementi in lega, magnesio non è più puro, ma lega con elementi meno
graditi all’
organismo. Dobbiam o trovare bilan ciam ento corretto tra soddisfaci men to di requisiti di progetto con
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quell i di biocom pati bilit à e assenza di ioni dannosi che vadano in giro per il corpo. La scelta di usare delle leghe e
non magnesio puro, ha controaltari abbastanza evidenti, e si è pensato di diminuire la velocità di degradazione del
magensio ricoprendolo con un polimero che faccia da barriera all’ azione corrosiva coi liquidi con cui lo stent viene a
contatto. Rate di degradazione più lento che nel tempo lasci che la parte di metallo, una volta degradato il coating,
inizia il processo corrosivo e si degrada con i tempi corretti. Questo genere di soluzione è abbastanza intelligente e
ben pensato. Il problema sta nel fare un coati ng contin uo sulla superficie dello stent. Non facile, tende a staccarsi
nelle fasi di apertura dello stent. Qui abbiamo bisogno di coating coninuo, altrimenti le parti in magnesio cominciano a
degradarsi. Stiamo andando verso stent degradabili polimerici e metallici. Andiamo un po' a moda, normalmente le
mode intervengono dove il dispositivo è sufficientemente efficacie. Risolvono problemi al paziente che arriva in
pronto soccorso o trattato percutaneo, ma ho alcuni svantaggi : percentuali di fallimento rispetto a un dispositivo
tecnologico. Lavoriamo per risolvere gli svantaggi, ma gli incrementi di funzionalità sono minimi, stiamo facendo
piccoli incrementi, non stiamo rivoluzionando una tecnica perché non funziona, ma la vogliamo migliorare. Se l’
incremento è minimo si confonde con il marketing del prodotto. L’ utilizzatore, anche cliente della aziende, è
abbagliato dall’ azione di marketing associato a una nuova soluzione tecnologica. Un’ azienda con determinata
soluzione tecnologica che ha anche soluzione di marketing potente ha anche incremento di utilizzo. Sugli stent
bioriassorbibili stiamo assistendo a questo. Stent polimerici sono visti come soluzione futura. Non capiamo se è
soluzione futura o azione di pompaggio del marketing. Siamo in quella direzione, ma non c’ è soluzione che prevalga
sulle altre in termini di efficacia.
SOMMARIO
La tecni ca percutanea è la tecni ca pi ù comun e. L’ applicazione della tecnica percutanea ha permesso di trattare
pazienti prima non trattati. Per pazienti anziani e malconci critici, l’ intervento di bypass, a livello aorto coronarico è
estremamente pesante. Per alcuni pazienti, prima della tecnica percutanea, c’ era alto rischio operatorio, Oggi, grazie
alla tecnica percutanea, possiamo anche trattare pazienti una volta non trattabili, critici , anziani, con certi tipi di
patologie che non permettevano atto chirurgico. Questo è un aspetto critico, applichiamo questa tecnica su pazienti
che rimangono critici, e il fallimento di una procedura di stenting, presci nde dal tipo di paziente su cui vien e messa,
determinando percentuali di fallimento più elevate : li abbiamo pazienti molto più critici. Il fatto che una tecnologia
matura come quella dello stent, giovane ma matura, è normale che poi sia investita da un rate di fallimento maggiore
semplicemente perché sto trattando pazienti molto più critici. Essi non venivano neanche presi in considerazione
dalla tecnica chirurgica. Essi non venivano trattati, oggi si trattano molti più pazienti con rate di fallimento più elevati :
tipo di analisi rischi benefici. Il rischio operatorio o di procedura chirurgica è troppo elevato. Posso decidere di trattarli
con nuove tecniche che mi permettono di farlo. Anche i numeri relativi ai fallimenti, di questo tipo di dispositivo, vanno
un po' ponderati, sul numero sempre crescente di pazienti trattati. Quando facciamo i confronti tra l’ efficacia della
procedura di stenting e di quella di bypassortocoronarico, si va a vedere che quelle due procedure danno risultati
comparabili. Quelli con stent sono 10 volte tanto, per il fatto che alcuni di quelli non venivano operati prima con un
bypass. Oggi la procedura più comune è la percutanea, dapprima si è introootta l’ angioplastica con palloncino,
problemi, stent medicati, e oggi puntiamo verso i cosiddetti stent bioriassorbibili che hanno effettivamente limitazioni in
termini di costi, in quanto costano più di altri stent. Il costo è della ricerca che sta dietro al dispositivo, recuperato dall’
azienda che mette in piedi la produzione del nuovo dispositivo, senza follow up clinico sufficientemente lungo per
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stabilire efficacia.
Rottura a fatica stent. Alcuni stent si sono rotti, e si sono aperti link e struct lasciando strutture ancora attaccate allo
stent che potrebbero andare a scavare la parete con cui sono a contatto. Coltelli generati dalla rottura che possono
causare reazioni infiammatorie molto pesanti e importanti.
Abbiamo notato nel paziente che la frattura dello stent può essere problema importante. In questo, al follow up, si
sono ripresentate due zone di ristenosi. La lunghezza dello stent , quella della freccia, stent periferico lungo e la
lunghezza viene evidenziata qui. Una volta fatta la radiografia della gamba del paziente, nei punti corrispondenti della
stenosi c’ erano due fratture evidenti dello stent. Il paziente non è andato dal medico perché si era rotto lo stent. Il
paziente aveva male alla gamba che non veniva correttamente irrorata e si è scoperto che il vaso era occluso nei due
siti. L’evidenza è stata che il fenomeno riocclusivo è risposta anomala infiammatoria di uno stent rotto. La maglia
faceva azione sullo stent della parete che ha indotto risposta infiammatoria e riocclusione del vaso. Le problematiche
di fatica sono il fatto che lo stent perde di funzionalità, solo che, dopo un po' di tempo si è rotto e ha causato risposta
infiammatoria.
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8. PROTESI VALVOLARI CARDIACHE
Palrliamo di dispositivi molto critici,caratterizzati da fallimento normalmente associato alla morte del paziente. La sua
criticità, è legata al fatto che quando il muscolo cardiaco non funziona più non nutre nessun organo a valle del cuore,
e quando questa funzione viene a mancare diventa letale per la vita del paziente.
Vedremo la anatom ia e fisiol ogia delle valvole cardiache, le patolo gie e i malfu nzionamenti valvolari, le
specifich e di progetto di una protesi vascolare, le protesi vascolari cardiache di impiego clini co, l ’
impianto
delle protesi valvolari,e i fallim enti delle protesi valvolari.
Il sistema cricolatorio, è lo stesso schema che abbiamo visto per le vascolari. Il cuore è l’ elemento pompante, e
permette al sangue di arrivare a tutti i tessuti e a nutrirli. Di questo elemento pompante non andremo a vedere i
meccanismo dell ’ effetto pompante vero e proprio, di quello che permette al cuore di spingere il sangue verso tutto il
resto del corpo, non della contrattilità, ma sugli elem enti passivi , non attivati da contrazione muscolare, che sono le
valvole cardiache che permettono di dare al cuore una funzione pompante.
IL CUORE
In figura, osserviamo la sezione del cuore in corrispo ndenza del piano valvolare : anatomicamente c’ è un piano
che fa vedere tutte le valvole presenti nel cuore, sono 4, due si trovano tra atri e ventricoli del cuore e due tra ventricoli
e il circolo a valle, sistemico e polmonare. Il cuore è fatto da due parti, destro e sinistro, e fornisce l’ energia
necessaria per percorrere tutto il circuito del sistema circolatorio vincendo le cadute di pressione date dalle resistenze
dei tubi del sistema circolatorio. Le valvole sono chiamate di aspi razione e di mandata. Le valvole di mandata
connettono i ventricoli al circolo polmonare e sistemico. Quelle di aspirazione sono quelle tra atrio e ventricolo.
Parlando del cuore sinistro , abbiamo valvola aortica e valvola mitrale di aspirazione del cuore sinistro che
connette atrio e ventricolo sinistro, mentre per il cuore destro, valvola tricusp ide tra atrio e ventricolo destro e
valvola polmo nare ventricolo destro e circolo polmonare destro.
Il flusso del sangue all’ interno del cuore funziona in una certa maniera : dalla vena cava superiore e inferiore, il
sangue proveniente dalla periferia degli arti superiori e della testa, e dalla vena cava inferiore, arriva in atrio destro,
dall’ atrio destro passa al ventricolo destro attraverso la tricusp ide, arriva nel ventricolo destro e attraverso la valvola
polmo nare viene pompato nell ’ arteria polmonare che si biforca. Nei polmoni il sangue non è ossigenato, viene
ossigenato da essi e attraverso le arterie polmonari arriva nell ’ atrio sinistro,attraverso la mitrale ventricolo sinistro e
attraverso valvola aortica e aorta discendente viene spedito nella periferia. Questo è il ciclo cardiaco. Ventricolo
destro e sinistro pompano sincroni, e quindi anche se sem brano in parall elo sono due pompe in serie, anche se
pompano sincrone. Sono pompe in serie sincrone. Questa azione di pompaggio è composta sostanzialmente da due
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fasi, diastole, in cui i ventricoli si riempiono di sangue , e sistole, in cui i ventricoli si contraggono e iniettano il sangue
verso la perfieria. Cuore destro e sinistro lavorano nella stessa maniera, cambiano solamente i regimi pressori.
IL CICLO CARDIACO
Il cuore sinistro pompa con circa 120 mm Hg, il cuore destro circa a 1/3. Questa azione di pompaggio risulta efficacie
se sono rispettate due condizioni : 1) cuore riesce a pompare alle pressioni corrette 2) deve essere garantita la
direzionalità del flusso. Cuore e destro e sinistro devono pompare nelle direzione giusta per garanti re nutrimento
dei tessuti a vall e. Il cuore deve pompare e sangue non deve tornare indietro. Le pressioni devono essere tali e
corrette perché i tessuti siano perfusi nel giusto tempo. L’ efficacia di pompaggio del cuore, dato che l’ azione di
contrazione sia corretta è garantina dal lavoro delle valvole : il fatto che le valvole si chiudono e aprono
correttamente garantisce che il cuore funzioni e possa pompare. Il non funzionamento delle valvole compromette il
lavoro efficacie del cuore. Il cuore è cotsretto ad effettuare extra lavoro se la valvola non funziona e può portare a
una scorretta direzione del flusso. Quello che è importante è che le valvole cardiache non sono azionate da nulla
che non ci siano differenze di pressione tra valle e monte della valvola stessa. Le valvole, che abbiamo visto come
sono messe, sono coordinate da delle pressioni che si creano tra atrio e ventricolo, oppure tra ventricoli e aorta o
arterie polmonari, che sono i motori che fanno aprire e chiudere le valvole : Quando la pressione a valle supera
quella a monte la valvola si chiude e viceversa. Non abbiamo un segnale elettrico come per la contrazione. In questo
caso nulla dice alla valvola di aprirsi o chiudersi se non le differenze di pressione tra prima e dopo la valvola stessa :
questo è il requisito di progetto fondamentale per pensare a una sostituzione valvolare, non la posso pensare
attuata in mani era differen te che non sian o le differen ze di pressi one svil uppate tra le cam ere del cuore e tra
cuore e periferia.
115
Entrando nel dettaglio, per capire come la valvola funziona , posso guardare i tracciati relativi al ciclo cardiaco. Linea
sopra grossa (stiamo parlando del cuore sinistro), è la pressione all’ interno del ventricolo sinistro, quella
tratteggi ata in alto è la pressione all’ interno dell’
aorta, a valle del ventricolo sinistro, e l’
altra curva bassa vicina allo
0 è la pressione nell’ atrio sinistro, camera che precede il ventricolo se seguiamo il flusso del sangue. Cosa abbiamo
poi ? Il volum e di sangu e che passa nel ventricolo sinistro nel seco ndo tracci ato e trerzo tracci ato il flusso,
quanti tà di sanug e che pssa nell ’ unità di tempo in aorta dal ventricolo . L’ ultimo tracciato è ECG. Vediamo i
punti corrispondenti ai momenti in cui le valvole lavorano. Partendo dal punto 0 abbiamo che la pressione nel
ventricolo è minore a quella dell’ atrio, poi cresce la pressione del ventricolo e nel punto 1 supera la pressione atriale,
questa differenza di pressione fa chiudere la valvola mitrali ca , che è chiusa, ed è ancora chiusa la valvola aortica.
Da 1 a 2 succede che la pressione nel ventricolo sale, e in corrispondenza del punto 2 supera la pressione presente in
aorta, e a quel punto la valvola aortica si apre, la pressione ventricolare ha superato la pressione dell ’ aorta. Quando la
spinta vince la contropressione, il sangue inizia a fluire in aorta, motivo per il quale il grafico rappresentante il flusso
determina incremento del flusso : sangue inizia a fluire in aorta, e in corrispondenza del punto 2 il ventricolo si svuota,
la valvola aortica è aperta e la mitrale rimane chiusa, il sangue continua a uscire fino al punto 3 quando la pressione
interno del ventricolo ritorna più bassa dell ’
all’ aortica : non ho più pressione dal ventricolo a aorta tale da vincere la
contropressione aortica. Il flusso va a 0, leggermente negati vo, e il ventricolo è completamente vuoto, quindi al
punto 3 ho ancora le due valvole chiuse, e , succede qualcosa alle valvole quando la pressione nel ventricolo diventa
minore dell’ atriale : la mitrale si apre e ho riempimento di sangue da atrio a vetricolo. Ventricolo si riempie di sangue
fino a che non c’ è flusso, la valvola aortica è chiusa, ventricolo si riempie fino al punto 5 , che rappresenta ancora il
punto 1, dove la pressione nel ventricolo ritorna ad aumentare e quando supera quella atriale fa chiudere la mitralica e
ricomincia il ciclo. La fase da 1 a 2 è la contrazione ventricolare isovolumi ca. Il ventricolo inizia a contrarsi,
aumenta la pressione nel ventricolo stesso e quando supera quella aortica, il sangue può passare in aorta. Molto
banalmente, tutto il ciclo cardiaco è governato dai cicli pressori che si sviluppano a monte e valle della valvola. Prima
abbiamo menzionato un flusso negati vo , perchè avviene ? Mentre la valvola aortica inizia a chiudersi, un po' di
sangue, invece di andare da cuore a periferia, torna inidetro nella valvola ventricolare,e anche la valvola naturale più
performante ha questo tipo di deficit : l’ unidrezionalità del flussso, significa che quando butto fuori sangue verso l’
aorta non voglio che ritorni indietro. Parte ne torna indietro anche nella valvola naturale,e questo è legato ai tempi di
chiusura della valvola naturale, che non si chiude in tempo 0, ma in tempo finito dove si ha piccolo retroflusso dato dall
e differenze di pressione. La pressione aortica fa tornare indietro un po' di sangue. Questo succede anche quindi nella
valvola naturale, la più performante ed evoluta per fare questo tipo di lavoro.
MALFUNZIONAMENTO VALVOLARE
PATOLOGIE VALVOLARI
Vediamo le tipologie di patologia che causano stenosi o insufficienza o stenoinsufficienza delle valvole :
Valvul opati e congenite : sviluppi anomali dei foglietti valvolari delle strutture catrdiache per questioni
genetiche. In certi bambini le valvole non si sviluppano in maniera corretta. Una delle maggiori patologie è
quella della valvola aortica bicuspide. I foglietti non lavorano in maniera corretta, la valvola non si apre ne
si chiude bene. Sono presenti fin dalla nascita per alterazioni dello sviluppo embrionale delle strutture
cardiache
Valvul opati e acqui site : Sviluppate nel corso della vita per diverse cause. Avanzare dell’età : il tessuto
valvolare può degenerare e calcificare. Endocardite infettiva : infezione batterica delle valvole cardiache.
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Febbre reumatica (causata da streptococchi beta-emolitici). Malattie autoimmuni (lupus). Alcuni farmaci (es.
farmaci anoressizzanti come la fentermina e la fenfluramina). Malattie metabolitiche ,condizioni rare (Marfan).
Ho anche quindi valvulopatie acqui site per tanti motivi. Il primo è l’ avanzare dell’ età, nei vasi si deposita
placca artriosclerotica, cosi anche il deposito può avvenire sui foglietti valvolari, molto deformabili che
lavorano bene quando la pressione lo fa aprire, e , se si deposita del calcio, il foglietto si irrigidisce, e quando
si chiude l’irrigidimento non permette perfetta chiusura : causa principale di stenosi valvolare. Possiamo
anche avere delle infezioni che si localizzano sulla valvola cardiaca, infezione endocarditi .. Alcuni farmaci
possono essere fautori di una non efficienza della valvola stessa.
Second arie a patolo gie vascolari . L’ effetto è quello di arrivare a un lavoro non corretto della valvola in
apertura e chiusura. Un’ altra causa di degenerazione sono quelle seco ndarie a patolo gie cardio vascolari .
Una delle cause principali sono le dilatazione del muscolo cardiaco, se il muscolo cardiaco lavora di più di
quello che deve nel casodi soggetto iperteso : regimi pressori ai quali il cuore si trova a lavorare sono
diversi da quelli fisiologici : per rimodellamento del tessuto il cuore si ingrandisce pompando sempre di più :
rimodellamento del tessuto che ingrandisce le strutture del muscolo caridaco e questo ingrandimento tira
dietro dilatazione e distorsione delle valvole. Aumentano le dimensioni del cuore in risposta al fatto che deve
lavorare a pressioni diverse, si dilatano anche le valvole : strutture che hanno variato la loro morfologia e non
lavorano più come dovrebbero lavorare. Quindi arriviamo a insuffi cien za valvolare. Ho esempi di come si
riduce valvola aortica stenotica, ho fotografie
anche della valvola chiusa con foglietti
perfettamente aderenti uno all’ altro che offrono
lume di passaggio al sangue. Ho forme
differenti a seconda che la stenosi sia data da
deposito di calcolo o reumatica o
deformazione di valvola bicuspide che invece
di tre foglietti ne ho solo due. I lumi di
passaggio sono tutti molto più piccoli rispetto
al lume che dovrebbe avere la valvola
fisiologica. Se si arriva a questa patolgia, la
pressione ventricolare deve aumentare in
maniera spasmodica per pompare sangue
attraverso quella piccola fessura. Capito come
funzionano cuore e valvole, e perché le
valvole possono o devono essere sostituite in
certi casi, passiamo alle specifiche di progetto.
Dovrebbe aprirsi e chiudersi passivam ente seco ndo i livelli presso ri a monte e a vall e. Questa è la
specifica di progetto fondamentale, non possiamo pensare a tipo diverso di attuazione di chiusura e apertura
della valvola che non siano goverati da regimi pressori. Deve aprirsi e chiudersi negli stessi tempi, tempi di
apertura e chiusura devono essere compatibili con quelli delle altre valvole. Quella deve lavorare
compatibilmente con il lavoro dellle altre valvole presenti, se ha tempi di aperture e chiusure differenti rispetto
a quelli dellle altre valvole perdo la sincronia di cuore destro e sinistro : deve aprirsi in maniera uguale alla
valvola naturale
Dovrebbe aprirsi e chiudersi in tempi estrem amente rapidi. Seconda : deve aprirsi e chiudersi in tempi
rapidi, importante in quanto una valvola che si chiude i tempi non corretti e maggiori rispetto aquelli corretti è
una valvola che diventa automaticamente insuficciente, sangue spinto da pressione aortica verso il ventricolo.
Durante l ’apertura non dovrebb e creare perdite di pressi one al sangu e che la attraversa o comun que
non tali da provocare sintom i per aggravi energetici al cupre. Terza. La seconda, è per non avere
valvola insufficiente, la terza : devo pensare a protesi valvolare che non sia stenotica, si rivedono le patologie
valvolari. Quando sostituisco con protesi artificiale devo garantire che le patologie della valvola naturale non
si ripetano. Ho anche numeri e parametri, si accettano certe perdite di carico per una valvola aortica, 5
mmHg per la valvola mitrale. Perdite di pressione di questa entità non causano aggravamento importante del
muscolo cardiaco.
Durante la chiusura non dovrebb e consentire flussi retrogradi o comun que non tali da provocare
sintom i per aggravi energetici al cuore. Quarta. Pensiamo che la valvola si sia chiusa nei tempi corretti,
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retroflusso simile al retroflusso naturale,ma una volta chiusa non deve consentire al sangue di tornare
indietro, cosa non banale, nella implementazione delle soluzioni progettuali proposte non viene sempre
garantita. Una volta chiusa deve rimanere chiusa, il sangue non deve ritornare indietro da dove vneuto.
Dovrebbe mantenere le sue caratteristiche chim ico-fisiche e meccani che per un tempo pari all ’
aspettativa di vita del portatore (alla frequenza di 72 battiti/min deve sopportare quasi 40 milio ni di
cicl i di apertura e chiusura all ’ anno). 5. Questo è il requisito di affidabilità meccanica del dispositivo. Se
metto struttura artificiale, devo garantire che questa struttura non fallisca meccanicamente. Ho dispositivo
artificiale soggetto a un grande numero di cicli nella loro vita. 40 milioni di volte all’anno le valvole devono
aprirsi e chiudersi efficaciemente e senza rompersi. Questo requisito viene aggravato dal fatto che se si romp
e la valvola muore il paziente in certi casi. Abbiamo tipologie di valvole che possono cedere di schianto.
Questo è il requisito di affidabilità meccanica, regimi pressori non sono cosi elevati ma il numero di volte in
cui la valvola si apre e si chiude è elevato. La valvola potrebbe essere soggetta a centinaia di milioni di cicli
di carico altre solo a milioni. In generale, a meno di errori progettuali importanti, che ci sono stati e vedremo,
a meno di valvole dove ho avuto errori a livello progettuale, le valvole garantisticono requisiti o meno, si è
arrivati anche a 20 anni di affidabilit à. Tutto quello che diciamo fino a 3 4 anni fa era la verità, oggi lo è
meno, in quanto operazioni di aggiustamento di protesi valvolari, sono possibili per via mini-invasiva e
percutanea. Il metter mano a una protesi valvolare non perfettamente funzionante è molto più semplice oggi.
Il discorso della manutenzione non viene previsto da requsiiti di progetto, ma possibile con intervento meno
critico che non preveda sostituzione della valvola.
Non dovrebb e indurre alterazioni nel sangu e e in partico lare non dovrebb e causarne la coagu lazione
ne l’ emol isi. 6. Questa tipologia di protesi si trova affacciata a due tessuti, uno quello del vaso dove la
valvola viene suturata, l’ altro il sangue che da una parte tende a coagulare su qualsiasi struttura artificiale
affacciata. Dobbiamo pensare a soluzione progettuale che minimizzi questo problema. Dobbiamo scegliere
materiali che siano i più graditi possibili al tessuto sanguigno. L’ emolisi è qualcosa che negli stent non
veniva fuori e nella protesi valvolare invece si . La valvola cardiaca naturale si apre e si chiude grazie ai
foglietti molto sottili e flessibili che non causano nessun tipo di danno al sangue, non rompono globuli rossi
meccanicamente, mentre quelle artificiali hanno strutture che potrebbero causare emolisi, e quindi stressare
il tessuto sanguigno con stress meccanici che superano resistenza dei globuli rossi causando fenomeni di
emolisi. Alcune soluzioni progettuali hanno dato vita a protesi più o meno emolitiche, parliamo solo di emolisi
meccanica.
Dovrebbe essere almeno in parte radiopaca così da consentire il controll o del suo funzionam ento
con indagi ni radiografiche. 7. Requisito che una volta messo nel paziente occorre monitorare il paziente
per la rischiosità del dispositivo che non funzioni o possa non funzionare. Monitoraggio post-im pian to.
Non dovrebb e indurre alterazioni nei tessuti circostanti. 8. Non deve indurre alterazione nei tessuti
circostanti, parliamo di problemi di biocompatibilità, nei confronti del tessuto sul quale viene ancorata la
protesi, tessuto rappresentato dalle pareti del muscolo cardiaco dove veniva posizionata la valvola naturale.
Dove avevamo la valvola che era stata totla è la sede di impianto della protesi valvolare. Il modo in cui
penso di vincolare la protesi all’
anus e i materiali che scelgo per suturare prtoesi all’
anus sono fondoamentali,
e bisogna tenere conto della biocompatibilità perché il tessuto non abbia ricrescite anomale. Abbiamo un
processo infiammatorio causato da ferite di ancoraggio della protesi all’ anulus. Se il materiale è poco
biocompatbile il tessuto reagisce in maniera sconosciuta, e potrebbe non reagire o causare grossi problemi.
Dovrebbe avere dimension i tali da adattarsi alle taglie dei diversi portatori. Requisito che vale per
questo dispositivo come per altri dispositivi investigati, devo avere una possibilità di scalare la taglia della
protesi alle dvierse taglie dei portatori. La struttura artificiale non è difficile pensarla scalata, ma nell ’
esempio
della protesi valvolare ho problemi di taglia più critici. Ho protesi valvolari cardiache costruite prendendo
delle valvole da animale, che sono porcine, e vengono montate su supporti artificiali, che posso si farli di
diverse taglie, ma la valvola che ci metto sopra non è detto che si adatti al supporto creato. Non posso
creare dei supporti custom del maiale,e faccio supporti standard che mi consentano tagli standard, ma
la protesi non fitta sempre il supporto artificiale creato.
Dovrebbe essere facil mente impiantabi le. Le valvole tradizionali non sono facilmente impiantabili, chirurgia
complessa e lunga.
119
LE PROTESI VALVOLARI CARDIACHE IN IMPIEGO CLINICO
Diversi disegni delle protesi e scelte dei materiali e come si sono evolute nel tempo, grande distinzione di due
tipolog ie, valvole meccani che e valvole biolog iche. Possiamo vedere le caratteristiche di ciascuna delle due classi.
La valvola meccani ca è qualcosa che funziona perché uno o più organi mobili sono in grado di muoversi rispetto
alla struttura fissata al cuore : movi mento relativo tra cardin e e porta, cardine struttura fissa, e porta mobile, i
cardini consentono il movimento. Movimento di una struttura rigida. Sono valvole costituite con materiali metallici
polim eri o ceram ici non deformabili dalle sollecitazioni meccani che a cui sottoposte, causate dalla pressione
sanguigna che fa aprire o chiudere questi sistemi. Lavorano in maniera diversa dal tessuto naturale, qui le valvole
sono costruite in materiali non deformabili, i regimi pressori non causano deformazione di queste strutture. Sono
valvole che garantiscono migli or durata nel tempo , e il controaltare è quello che essendo fatte di materiali artificiali
e per il loro disegno, tendono a far coagu lare il sangu e. Sono protesi che non garantiscono fluidodinamica ottimale (i
portatori necessitano di trattamenti che inibiscano la coagulazione del sangue o l’ aggregazione piastrinica). Esse
hanno Movimen to apertura e chiusura anomalo rispetto a valvola natural e,e forma compl etam ente diversa
dalla valvola naturale e fatte di materiali artificiali dove sangue si coagula sopra. Requisito di compatibilità sanguigna
viene meno, deve essere mitigato da azione di terapia farmacologica a cui sottoporre il paziente per tutta la sua vita.
Sono valvole che durano tanto e offrono ottima durata nel tempo ma necessitano che il paziente sia sottoposto per
tutta la vita a terapia anticoagulante per impedire o rallentare i processi di coagulazione. Questo è un problema in
quanto prendere anticoagulanti per tutta la vita non è piacevole. Azione coagulante del sangue funziona, serve a
qualcosa. Se togliamo attraverso un farmaco questa possibilità al corpo umano abbiamo controindicazioni. Il grosso
svantaggio è legato alla qualità della vita del paziente, scoagulato per tutta la sua vita,non ho adattamento della
protesi, sangue ci coagula sopra dal primo giorno all’ ultimo.
L’ alternativa sono le valvole biolog iche che sfruttano un tessuto diverso, non materiale artificiale, ma tessuto di
origine biolog ica, o valvola anim ale, generalmente porcina , oppure utilizzano un tessuto di origiine animale, per
costruire una valvola simile alla valvola naturale. La grande differenza sta nella forma : valvole meccaniche abbiamo
parlato di valvole non biomorfe, nom simili alla geometria naturale. Le valvole biologiche sono costituite da una
struttura metallica o polim erica che sosti ene una valvola di forma simi le alla valvola natural e aortica e
realizzata con tessuto biolog ico di origine anim ale. Nel caso della naturale prendo valvola procina o sagomo
tessuto naturale come pericardio biovi no ancora con forma della valvola naturale. Seconda differenza, apertura e
chiusura avvi ene come valvola natural e, meccanismo di funzionamento uguale, ho foglietti valvolari che si aprono e
si chiudono secondo i regimi pressori. L’ origine naturale del materiale da costruzione, è anche aspetto positivo
rispetto alla coagulazione : il sangue coagula meno volentieri che non su tessuto completamente artificiale, non
devono essere sottoposti a terapie anticoagulanti. Svantaggio : sono soggette a fenom eni di progressivo
cedi mento meccani co, e o di calcificazio ne. Fenom eni che nel tempo induco no nuovamente patolo gie di
insuffi cien za o stenosi. Come la valvola naturale ho progressivo cedimento meccanico e calcificazione come valvola
naturale, motivo per cui la valvola biologica durava motlo meno della meccanica. Oggi le durate si sono allungate, si è
capito come trattare il tessuto biologico per rallentare fenomeni di decadimento e calcificiazione.
120
L’impiego clinico di protesi valvolari cardiache iniialmente era di sole protesi meccaniche, con lo sviluppo della
tecnologia si sono create protesi tessute che sono andate nel tempo quasi a soppiantare quelle meccaniche. Ogni
anno vengono impiantate circa 300000 protesi e si ha un tasso di crescita previsto del 12% annuo. Ci possono essere
due tipi di protesi :
1. Homograft/Allograft. Sono valvole umane che vengono prelevate da cadaveri, hanno una durata simile a
quella delle valvole biologiche.
2. Autograft-procedura di Ross. Questa è una procedura per la sostituzione della valvola aortica, si usa la
valvola polmonare dello stesso paziente (autograft polmonare), quella polmonare viene sostituita con una
valvola polmonare presa da cadavere (homograft polmonare) , in questo modo la valvola in uscita e in
ingresso hanno meno problemi sul lato sinistro. Autograft indica che è presa dal paziente stesso, homograft
che è presa sempre da un umano ma da un cadavere.
La procedu ra di Ross
È stata usata la prima volta nel 1967, usata in pazienti pediatrici in quando l’ autograft polmonare che segue può
crescere con il paziente. Viene usata nel caso di situazioni congenite non trattabili o patologie analoghe ad un adulto
(es. endocardite infettiva).
Buona fluidodinamica con riduzione del post-carico e precarico del LV a valori normali
Facilità di impianto
Capacità di crescita per evitare che il soggetto cresca e la protesi resti fissa e on si adatti al corpo del
paziente.
La chirurgia valvolare
Sia in quelle meccaniche che in quelle biologiche esistono delle strutture di supporto che vengono suturate alle pareti
del cuore.Queste strutture sono dischi in plastica o in metallo ricoperti da un tessuto Dacron: è proprio l’ anello che
viene saturato tramite punto singolo (non viene fatto passare un solo filo per tutta la valvola).Il problema della taglia è
molto importante: è possibile che la parete cardiaca del paziente venga tirata per poter adattarsi alla taglia della
valvola stessa e quindi un problema di sovrasollecitazione sulle suture.
LA VALVOLA A PALLA
Gabbia più corta per evitare problema di ingombro : effetto benefico per l’ inerzia della valvola, ma nascono anche
trafilamenti statici in fase di chiusura!! sono pericolosi? Valvola di prima: quando la palla va ad appoggiarsi su anello ci
sono i globuli rossi sull’ anello che vengono schiacciati e vanno incontro ad emolisi. In questo caso con modifica
(valvola a doppia gabbia) evito emolisi perché lascio fessura sottile, ma creo più emolisi per rigurgito perché la
fessura fa effetto canna dell'acqua e la pressione di getto del sangue è più elevata.
Quando valvola chiusa è sicuramente valola ottima, perchè per niente issuficiente(sangue non ha reflusso) Lo
svan taggio è che molto lenta a chiudersi, quindi insufficienza nel chiudersi. Inoltre quando si chiude appoggia sull
anello, sul quale rimane del sangue e schiaccia un determinato numero di globuli rossi sull anello--> molto emolitica
quindi. Evoluzione di questa è Valvol a a doppia gabbia--> non solo da un lato la gabbia ma da tutti e 2 i lati rispetto
alla palla. In questo caso palla si appoggia su parte inferiore della gabbia e non su anello
VAN: palla piu piccola e quindi diminuire rigurgito dinamico perchè la palla, essendo piu piccola, si sposta piu
velocemente, riesco ad abbassare altezza gabbia e quindi problema di andare a toccare parete cardiache è ridotto e
riduco problemi di emoliticità (perchè la palla non ha piu diametro maggiore dell anello ma lo stesso e quindi
superficie su cui si deposita il sangue è sicuramente minore e quindi minore emoliticità)
SVANT: Possono esserci dei filamenti tra gabbia e palla--> abbiamo cercato di bypassare difetti della soluzione
tecnologica precedente ma ne ho introdotto altri. Comunque nn ha avuto molto successo questa valvola a doppia
gabbia.
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Dimostrazione che anche se ho degli svantaggi della valvola a palla, ho dei vantaggi sorprendenti per essere il
primo tentati vo di valvola; Dobbiamo però fare attenzione a questi dati perchè i primi interventi di questa protesi
sono fatti su un corte di pazienti molto limitata. In questo caso la donna aveva 30 anni, non era un paziente in età
avanzata ed era un dei primi pazienti scelti, quindi anche chi faceva per le prime volte questo tipo di impianto
sceglieva con cura i pazienti su cui provare per le prime volte. Pazienti poco problematici per lo meno con patologie
molto ben defini te e delin eate. Man mano che protesi a risultati buoni, si va verso pazienti piu critici; puo darsi che
effetto della protesi sul paziente critico ovviamente sia smorzato rispetto a i primi pazienti scelti. Altra cosa che inoltre
incide è l abilità chirurgica : Starr-Edwards magari avevano fatto un training molto approfondito e molto istruiti per
quella specifica operazione chirurgica, quando poi ovviamente protesi prende piede, le operazioni vanno in mano a
molti piu chirurghi che pero ovviamente nn hanno avuto lo stesso istruzione e preparazione e quindi sono piu probabili
gli errori chirurgici.
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Altra valvola a palla(altro esempio clinico tra i primi). Qui ci sono una serie di gancetti che agganciavano la palla all’
anello valvolare (aggancio diverso).
LA VALVOLA A DISCO
La valvola a palla poi si è evoluta nella valvola a disco traslante che è un po un ritrovato non molto riuscito; valvola
che asso mma molti difetti della valvola a palla ma ne produce ulteriori . Comunque valvola nn molto usata. La
Gabbia metallica all’ interno della quale corre un disco che quando è chiuso si appoggia sulla gabbia stessa e
quando la pressione a monte vince quella a valle si apre e il sangue puo fluire. Perchè abbiamo detto che è un
ritrovato non molto riuscito ? Ha vantaggi rispetto a palla:Gabbia sempre in cobalto cromo e disco di un materiale
plastico, quindi meno pesante della palla in silicone , quindi spostandosi piu velocemente ho meno reflussi.???
Fluido dinam ica in questo caso ha problemi: sangue si trova davanti proprio una porta chusa e non piu una superficie
rotonda come con la palla quindi dovendo fare percorso ancora piu tortuoso ho problemi ancora maggiori di ristagno-->
valvola fortemente stenotica e in piu si sono introdotte 2 nuove problematiche:
Usura, perchè il disco era in un materiale piu morbido della gabbia e quindi si usurava in maniera molto
accentuata; Questo significa che prima o poi disco potrebbe anche rompersi perchè il disco è rimasto non in
grado di resistere alle pressioni sanguigne
Essendo un disco è piu facil e che durane traslazione possa impun tarsi rispetto alla palla. Se si mette a
traslare non parallelamente all’anello ma con un certo angolo, allora si blocca e quindi valvola che in chiusura
smette del tutto di funzionare perchè nn si chiude perfettamente
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LA VALVOLA A DISCO OSCILLANTE
Arriviamo al precursore delle valvole usate oggi. Anche qui ho parte fissa che va fissata all anus valvolare (anello
di sutura), una gabbia e un anello oscillante. Valvola che è venuta fuori attorno anni 60. Come funziona?? La P
sanguigna fa ruotare il disco attorno ad una struttura esattamente come se fosse il cardine di una porta dove i disco
puo ruotare; non piu una traslazione come prima ma una rotazione del disco attorno a un perno. Quindi idea è
liberare il lume di passaggio al sangue mediante l’apertura di questo sportello,
Superficie che ostacola sangue è minore perchè il disco che ottura il passaggio a valvola chiusa quando si
apre si mette in posizione inclinata e quindi permette al sangue 2 lumi di passaggio e quindi oppone al
sangue 2 sue superfici molto piccole--> fluidod inam ica meno alterata rispetto valvole prima. Tanto piu l
angolo con cui si apre il disco è vicino a 90 gradi rispetto anello di sutura tanti piu la fluidodinamica è buona
perchè se avessi apertura esattamente a 90 il sangue vedrebbe come suprficie solo lo spessore del disco.
Migliora di molto la caduta di pressione a cavallo della valvola, quindi cuore meno stressato dal dover vincere
una caduta di pressione data da valola artificiale
Emolisi è contenuta e limitata alle strutture con le quali disco e anello si interfacciano ma il disco non va a
toccare sulle pareti dell anello. Essendoci comunque del gioco tra anello e disco per permettere movimento
relativo, ho si vantaggio di emolisi ma da altra parte quando disco è chiuso ho maggiore insufficienza, passa
un po piu sangue.
Tolleranze di lavo razione sono estrem amn ete importanti per garantire funzionalità del dispositivo; cioè dovendoci
essere del gioco tra parte mobile e fissa e dovendo garantire che quel gioco sia il minore possibile per permettere di
movimento relativo e minimizzare reflusso, è determinante. Questo aspetto nella valvola a palla non c’ era, perchè
avevamo palla piu grossa dell anel lo e non c’ erano problem atiche di tolleranza; è una valvola piu complessa dal
punto di vista del disegno, e quindi si introducono questi importanti aspetti di realizzabilità del progetto seguendo le
tolleranze. Inoltre è una valvola che fa rumore, a differenza di quella a palla che essendo in silicone non faceva alcun
rumore; Comunque grande salto tecnologico, e il disco nero perchè ricoperto di carboni o pirolitico . Per aspetti del
tutto casuali si è scoperto che è la struttura artificiale su cui sangue coagu la meno volentieri. Questo materiale ha
fatto diminuire tantissimo problemi di tromboticità presente nelle valvole prima. Non posso usare diversi materiali dalla
grafite x fare pirolisi, perchè avvenendo pirolisi a circa 1500 gradi, anche il bulk deve resistere. Grafite ha pero
caratteristiche meccaniche davvero basse, e quindi il disco essendo fatto da grafite rivestito da carbonio pirolitico ha
caratteristiche meccaniche accettabili; importante quindi anche la definizione dello spessore di carbonio che devo
depositare , perchè è proprio il carboni o che garanti sce rispetto delle caratteristiche meccani che. Inolte buono
usare grafite perchè 2 materiali con stesso coefficiente di dilatazione essendo entrambi carbonio e quindi non rischio
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che ci sia il distacco tra i 2 strati una volta che protesi torna a sua T dopo pirolisi. La sua evoluzione è la valvola
meccanica di uso comune, ed ancora una valvola dove le parte mobili sono appunto fatte o per lo meno rivestite in
carbonio pirolitico. Quindi carbonio pirolitico ha portato a un salto davvero enorme. All’ interno o per lo meno al di
sopra del disco, va prevista una struttura radiopaca perchè se no in radioscopia disco non si vede. Essa é un anello
ancorato al disco in qualche sua parte prprpio per rendere il disco rivestito in carbonio pirolitico visibile
Uso lo stesso concetto ma non ha un solo disco che ruota attorno ad un asse ne ho 2 che si aprono/chiudono sempre
per differenza di pressione. Siamo a fine anni 70. Oggi queste valvole sono costruite tutte in carboni o pirolitico: sia i
2 emidischi che anello di sutura; questo perchè anche anello entra in contatto con sangue e se lo facciamo con
materiale piu emocompat diminuiamo rischio di coagulo. Non ho 1 sola porta che si apre ma 2 qui; anche questa
valvola abbastanza rumorosa; migliora ancora piu la fluidodinamica perchè il sangue vede quasi esclusivamente
spessore dei 2 emidischi durante il suo corso .Ha gli svan taggi delle valvole meccaniche cioè soggetta
potenzialmente a cedimenti di schianto nel caso in cui emidischi si stacchino da anello valvolare o rimangano
incastrati (con tessuto che ricresce per esempio all intrerno della struttura che puo causare questo blocco).
Valvol e meccani che: Emolisi, formazione di coaguli. Le strutture fisse danno problemi fluidodinamici e non sono fatte
di materiali biologici. Attualmente non posso utilizzare polimeri per fare le valvole perché non posso rinunciare a
caratteristiche meccaniche per il numero di cicli e entità di deformazioni che dovrebbero sopportare i leaflet. Quindi si
è passati alle valvole biologiche prima da cadaveri ma era difficile per la disponibilità quindi prese da animali (maiali
per valvole intere o tessuto, mucche alcuni hanno provato con i cavalli)
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LA VALVOLA PORCINA
Altra tipologia è la valvola biolog ica. Questa porcina è la prima valvola biologica che consideriamo.Si prende
valvola del maiale e la si monta su un supporto valvolare generalmente polimerico o metallico. Oggi esistono valvole
porcine anche senza supporto valvolare ma i casi piu comuni e diffusi sono quelli con supporto. Introdotta anche
questa negli anni 70. Sviluppi maggiori tra anni 60 80 perche da li si puo impiantare nell uomo e quindi tutti iniziano a
progetttare protesi impiantabili. Problemi di antigenici tà nel introdurre tessuto anim ale nell uomo : valvola viene
devitalizzata in modo da renderla inattacabile dal sistema immunitario umano con formaldeide e guraladeide(qst
secondo check); trattamento con qyesti ha vantaggi anche xk aumenta caratteristiche meccaniche della protesi.
VANT: basta allevare maiali per avere a disposizioni valvole. Essendo valvole animali e non artificiali è sicuramente
piu emocompatibile! Inoltre terzo vantaggio grande è impossibi lità che questa ceda di schi anto: puo andare
incontro a irrigidimento o calcificazione, ma questo non avviene da un giorno all altro come cedimento meccanico, e
quindi sono problematiche che nn causano morte del paziente. Configurazione della valvola molto simile a quella
naturale umana: 3 foglietti che grazie al delta di pressione si deformano e lasciano passare il sangue. La stenoticità di
questa valvola è praticamente nulla NB. e dall’ altra parte ha anche performance molto molto buone in chiusura se i
foglietti combaciano perfettamente. Quindi valvola molto performate.
Fitting della protesi e supporto; Supporto è costruito industrialmente secondo diverse taglie ma con
progressione discreta, progressione che invece è non discreta per quanto riguarda la valvola. Per essa é
praticamente impossibile trovare suporto perfetto per una valvola in modo che non sia ne troppo lasca che
troppo tirata.Se troppo tirata provoco gia decadimento delle proprietà meccaniche della valvola mentr se è
troppo lasca sulla struttura questa nn apre e chiude bene; quindi devo trovare il giusto equilibrio tra le misure
del supporto valvolare che nn mi tiri troppo la valvola ne che sia troppolasca.
Decadi mento dovuto a mineralizzione del collagene nel sangue che rende il foglietto piu rigido--> foglietto si
apre di meno perchè meno deformabile e anche quando si chiude le calcificazioni alterano la conformazione
dei foglietti che non combaciano piu bene (possibili trafilamenti quindi). Questo sopratt nelle prime valvole
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introdotte ha portato a scarsa affidabilità meccanica in termini di minore durata rispetto alle valvole
meccaniche. Nel giro di poco tempo dovevano essere sostituite; ai quei tempi era una coa molto molto
negativa perchè sia operazione che strumenti per circolazione artificiale del sangue, erano ai loro primordi e
quindi davvero molto invasive e quindi se paziente dopo 5 6 anni doveva andare a fare un secondo
intervento non le ha fatte diffondere molto e utilizzare nei primi tempi. Quello che si fatto è stato lavorare
molto per trovare trattamenti alternativi della valvola porcina per aumentare affidabilità meccanica cioè
minimizzare calcificazioni e irrigidimenti dei foglietti in modo da allungarne la durata
LA VALVOLA PERICARDICA
Alternativa che usa sempre un tessuto animale (il pericardio cioe membrana che riveste il cuore: per la maggior parte
bovina o equina). In questo caso ho un materiale con cui poi costruisco la valvola; constatando che struttura della
valvola naturale ha 3 foglietti. Se funziona bene, ha ottime performance in apertura e chiusura, si è scelto di
mantenere la stessa struttura. Ancora una volta ho anello di sutura, supporto ma nn piu valvola come prima, ma
tessuto dal quale poi mi costruisco la valvola.
VANT:
Posso progettare disegno valvola come voglio io; posso anche decidere di fare disegno diverso da quello di
valvola naturale. Con quel materiale di origine biologica posso progettare una protesi con disegno diverso nel
caso domani si trovasse un disegno della protesi piu performante--> progettualemtne è molto piu
interessante perchè non devo adattare una valvola gia esistente al mio caso. Anche qui tessuto trattato per
renderlo non attaccabile sistema immunitario e incrementarne le proprietà meccaniche
Suturata esternamente e quindi a parità di diametro dell anus valvolare, in questo caso ho superficie di
passaggio superiore e quindi ho delle perdite di carico piu basse se non con protesi porcina usata sullo
stesso paziente che invece sutura il tessuto ll interno dell anello--> maggi ori vantaggi in termini di
resistenza idrauli ca della valvola durante l’
apertura
Vediamo quelle di uso moderno. Cosa è cambiata per queste 2 ? I trattamenti a cui sono soggetti prima dell ’
impianto . Si sono ottimizzate le miscele per la fissazione della valvola, e si è arrivati a prolungare durata della
valvola in maniera importante rispetto a prime valvole--> durate ottenute comparabili con quelle meccaniche. Quindi
se problem a di affidabilit à nel tempo vien e baypassato, questa valvola ha solo vantaggi rispetto a quell a
meccani ca! (nn devo dare coagulanti per tutta vita e inoltre non cedono di schianto)
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L’
IMPIANTO DELLA PROTESI VALVOLARE
Vediamo in una valvola tolta dopo 11 anni che essa è stata tolta per calcificazioni su alcuni leaft e formazione di
tessuto biologico, ciò ha ridotto la flessibilità e la capacità di muoversi del sistema stenosi. Un'altra valvola è stata
tolta dopo 9 mesi a causa di un’ infezione : endocardite
Valvol e brasil iane: si sono rotte da una cricca data dalla lavorazione alle macchine utensili fatta male, non c’ è stata
la lavorazione superficiale si è creata una cricca e si è arrivati al cedimento. Un altro tipo di rottura di alcune protesi
è stato a causa di un’ asimmetria tra la linguetta e la base dei leaft all’
incirca di mezzo millimetro che ha portato alla
fuori uscita del leaft.
L’ angolo che si va a formare è un fattore di rischio (se a 60° rischio 1 se a 70° rischio 5), anche la taglia influenza il
rischio infatti al crescere della taglia aumenta il rischio, la data di saldatura invece non centra nulla.
È successo in un caso che la protesi era stata studiata per una determinata posizione di equilibrio si è scoperto poi
che essa poteva avere un equilibrio in due punti, quindi la valvola andava ad appoggiarsi in un'altra posizione di
equilibrio rispetto a quella progettata, andava a cedere il punto di saldatura nel punto d’
attacco, sono fallite il 10%
delle valvole prima di capire il perché.
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Altre immagini di fallimenti i protesi valvolari.
A: Valvola meccanica (quella roba rossa un trombo che occlude lume)--> gia in fase precedente a quella
acuta, l’
emidisco che deve ruotare li puo rimanere bloccato.
B--> richescite di tessuto dal tesssuto cardiaco su cui ho suturato la valvola verso la valvola cardiaca. Quello
non è problem di emo-comatiilità ma di bio-compatibilità perchè con tipo di sutura o comunque metodo di
inserimento abbiamo creato una risposta infettiva o infiammatoria che ha causato ricrescita assurda. Anche
in questo caso posso avere disco che si blocca.
C--> si vede un braccetto staccato della struttura metallica. Quindi anche il disco per forza di cose se n’
è
andato
D--> protesi bio dove ho tessuto del lembo valvolare che si è calcificato e rotto poi. Piu tessuto è rigido
(calcifico) piu diventa fragile e quindi si puo rompere.
E-->immagine di svilppo futuro. Inserimento di valvola percutanea all interno di una valvola percutanea fallita
(vediamo dopo)
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9. DISPOSITIVI COMPLESSI PER
APPLICAZIONI CARDIOVASCOLARI
PROTESI VALVOLARI PERCUTANEE : CATETERE + STENT
Tecnica alternativa rispetto a quella sopra: Piccola sternoto mia, introduco un catetere dall apice del cuore che poi mi
rilascia valvola nel cuore. Valvole che sono biologiche perchè devo essere in grado di schi acci arla adegu atam ente
prima di montarla sul catetere. La valvola percutanea puo essere schiacciata e ancorata a suttura tipo stent.
Valvola e Stent solitamente vengono crimpati in sede operatoria, viene montata ovviamente una guaina e una volta in
sede, la guaina viene sfilata, lo stent si apre e insieme anche la valvola percutanea (apertura governata o con
palloncino e per ritorno elastico dello stent) e la valvola rimane adesa al cuore senza bisogno di cucire. a dx a ritorno
di forma, a sx palloncino.
Nel prossimo istogramma posso vedere il viola, che mi rappresenta tecniche che usano protesi appena descritte-->
sta diventando la tecnica verso cui si sta andando perchè nn ho piu rischio operatorio tanto alto come per chirurgia
tradizionale.
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SPECIFICHE DI PROGETTO
Tutte quelle delle protesi valvolari chirurgiche , in quanto devono compiere lo stesso lavoro.
Nessuna parte dello stent deve ostacolare la funzione delle strutture della valvola atrioventricolare
nativa
In posizione aortica, nessuna parte dello stent deve ostruire le arterie coronariche
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