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PROGETTAZIONE DI

ENDOPROTESI
PARTE VILLA
ANNO 2017/2018

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1. PROTESI D’
ANCA
LE ARTICOLAZIONI : L’
ANCA

Endoprotesi ortopediche : protesi che vanno a sostituire un’ articolazione (2


o più ossa con un moto relativo tra loro). La colonna vertebrale può
essere vista come una serie di articolazioni e di queste si hanno le protesi
a disco. Le protesi più usate sono protesi d’ anca, di ginocchio, poi ci sono
di caviglia, gomito, dita. Le protesi vanno a sostituire un’ articolazione a
causa di dolore, esse devon o ripristinare i gradi di movi mento che l’
articol azione natural e preved eva. I gradi di libertà sono dati da : forma,
strutture legamento se che limitano l’ escu rsione del movi mento . Le
protesi dovrebbero garantire entrambi i requisiti, di solito la forma naturale
viene sacrificata. Dopo l’ impianto, la disponibilità di tessuti molli è limitata
e anche l’ azione di contenimento che esercitavano viene compromessa. Il
progettista deve garantire che la protesi si muova nei range fisiologici.Ampi
gradi di libertà, che dipendono dalla forma che ha l'articolazione. La forma
di una protesi determina la sua funzione. La forma determina il numero dei
gdl che ha la protesi ma l'ampiezza dei movimenti dell'articolazione non è solo legata alla forma ma alla
combinazione tra forma e strutture legamentose e molli che limitano questi movimenti. L'ampiezza dei movimenti
relativi è determinata dall'azione di tessuti molli che limitano il movimento.

Nell'anca c'è una capsula legamento sa che riveste la testa. Semisfera (testa del femore) che ruota all'interno di
una cavi tà sem isferica (acet abolo). La parte prossimale del femore che si innesta nella cavità (cavità acetabolare)
ricavata all’
interno del bacino, è accoppiamento sferico tridimensionale. Abbiamo poi il grande e piccolo trocantere,
e il collo del femore. Questa articolazione è la più soggetta a un maggior carico. L'anca è un'articolazione che
garantisce un movimento relativo tra parte superiore e inferiore del corpo umano. Nel cammino è necessario che
l'anca consenta dei gradi di libert à. Dobbiamo garantire che la protesi possa sopportare lo stesso carico che
sopporta l'anca. Grazie alla capacità del giunto sferico insiemeai legamenti e ai muscoli abbiamo un range di
movimenti inferiore a quello che dovrebbe avere solo il giunto. La protesi deve quini replicare anche il lavoro di
muscoli e tendini limitando eccessivi movimenti.

Che forza deve supportare l’


anca ?

APPOGGIO BIPODALICO

Appoggio bipodalico: C è applicato sul baricentro che nel caso di appoggio


bipodalico sta sull'asse principale del corpo : la forza viene distribuita
uniformamente sulle gambe : se una persona pesa 70 Kg, avremo 35 Kg per
gamba. La forza che agisce sulle anche è F=(peso corporeo-peso delle
gambe) /2.

APPOGGIO
MONOPODALICO

Se passiamo
all'appoggio monopo dalico (quando camminiamo) quello
che succede è che il baricentro del corpo si sposta dalla
parte dell'arto sollevato . Il baricentro del corpo si sposta
nella direzione dell’arto sollevato, per far cadere la retta di
applicazione del peso all’ interno dell’area tra i due piedi. Si
genera perciò un momento M che viene contrastato dai
muscoli. Quindi la forza peso è spostata. Quello che
succede è che la forza genera un momento dato dalla forza
M=C * braccio. Se non ci fosse qualcosa che mi equilibra il
momento cadrei. Questo qualcosa è la forza muscolare dei
muscoli abduttori . Questa contrasta l'azione della forza
peso e il momento generato dalla stessa forza peso. C'è
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una forza R generata dalla forza muscolare dei muscoli abduttori. Queste due forze, rispetto al centro
dell'articolazione, hanno un certo braccio. Perchè l'individuo stia in equilibrio su un piede solo è necessario che i
momenti prodotti dalle due forze di equilibrino. Quelle due forze generano una forza F che si scarica sull'articolazione
dell'anca. Ad ogni ciclo del passo quindi genero sull'articolazione dell'anca una forza risultante F che ha un'entità
importante. F è la somma vettoriale della forza peso e della forza muscolare F=R+C (considerando R come sola
componente verticale). Avendo un rapporto dei bracci di 4 a 1, la forza totale che si scarica sull’ anca è all’
incirca
uguale alle sole componenti verticali, e in questo modo trascuro la componente orizzontale. F vale quindi circa R più
C , che è uguale a (1 + a/b)xC, ed essendo a=4b, allora F=5C. Tutto si scarica sull'articolazione dell'anca. In
appoggio monopodalico avrò una forza sull'anca pari a 5 volte il peso corporeo (F=5*C), quindi circa 500 chili per una
persona media.

VALORI MASSIMI DELLE FORZE ARTICOLARI

Valori maggiori indicano un maggiore uso dei muscoli abduttori. Il ginocchio ha valori più bassi perchè non ci sono
troppi gruppi muscolari che scaricano la reazione muscolare sul ginocchio. I possibili problemi sono la possibile usura
tra le superfici a contatto (sia nell’
articolazione naturale sia nelle protesi) o frature che possono essere causate dalla
forza peso.

PATOLOGIE CHE PORTANO ALLA PROTESIZZAZIONE

E' quindi un'articolazione molto importante perchè coinvolge attività quotidiane importanti. Ha una determinata forma
semplice (semi sfera che ruota all'interno di una semisfera femmina). Nel tempo l'articolazione può degenerare e
portare a patologie.

Patologie che portano alla protesizzazione

 Processi degen erativi: artrosi deformante primaria e secondaria.

 Deformante primaria : Le articolazioni sono ricoperte da un tessuto


che è un tessuto della cartilagine che garantisce che il movimento
relativo avvenga in maniera efficiente (con coefficiente di attrito
molto basso e dispendio energetico limitato). Ad oggi non esiste
nessun accoppiamento artificiale che garantisce le stesse
performance di un'articolazione sana. L'artrosi è una malattia
reumatica articol are che ha la caratteristica di essere degenerativa
cronica e non regressiva. Una volta che si instaura la cartilagine non
si rigenera più perchè non ha apporto vascolare e non ha capacità
rigenerativa. Il fatto che degeneri in alcuni punti è dovuto al fatto
che il carico è sopportato da una parte minore dell'articolazione.
Quando la situeazione è compromessa, il contatto tra i capi ossei
invece che tra le cartilagini causa un dolore molto alto al paziente e
questo porta alla necessità di sosti tuire l'articolazione con una
protesi .

 Deformante secondaria : Legata ad altri processi che hanno modificato i rapporti anatomici e funzionali
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quali i traumi (si rompe il femore qundo poi si riaggiusta può andare a deformare rapporti funzionali
braccio leva), malformazioni congenite (displasia) , patologie endocrine (diabete, gota) , processi
infiammatori (artrite), osteoporosi. Lo sforzo dipende dalla forza articolare =reazione vincolare a livello
dell'anca/superficie resistente della cartilagine stessa. Può essere un'artrosi primaria (genetica) o può
essere anche un'artrosi secondaria a processi che hanno modificato i rapporti anatomici e funzionali
come traumi, processi infiammatori, patologie endocrine, malformazioni congenite, osteoporosi. Questo
può essere causata anche dalla rottura di una gamba per esempio, perchè magari cambiano i bracci
della forza muscolare causando squilibri tra forze e maggiore sforzo
sulla cartilagine.

 Processi infiam mato ri: artrite reumatoide, infiammazione della membrana


sinoviale e della cartilagine

 Anomali e congenite: anomalia che impedisce la corretta funzionalità


dell'articolazione naturale. Questo può essere causato da una displasia
dell'anca, dalla lussazione congenita dell'anca (per una conformazione non
corretta dei capi articolari c'è una tendenza alla disarticolazione),coxa vara o
coxa valga (gambe storte che sovraccaricano in modo non corretto le
articolazioni del ginocchio causando problemi di natura muscolare delle
gambe e schiena).La struttura legamentosa non tiene la posizione a causa di
lesioni.

 Patologi e traumatiche: l'anca viene utilizzata in seguito a dei traumi come:

 lussazione traumatica dell'anca causata da una caduta per esempio,


causata da una perdita di funzionalità della componente legamentosa
che diventa lasca

 fratture dell'acetabolo , con sfondamento della testa del femore nella cavità acetabolare (spesso dovute
a incidenti stradali, i femori sfondano la cavità acetabolare)

 fratture dell'epifisi del femore (frattura più diffusa nell'anziano)

 complicanze derivate da fratture come la osteonecrosi della testa femorale, ovvero l’ osso magari
guarisce appieno nella forma ma ho dei problemi vascolari , non arriva il giusto nutrimento ad alcune
parti e si arriva alla necrosi di una parte del femore ed è necessario l’impianto di una protesi (altre sono
la pseudo artrosi, varismo o valgismo, coxartriti settiche, artrosi secondaria)

BIOMECCANICA PATOLOGICA

Biomeccanica patologica. Stato di sollecitazione dell ’ anca : rapporto


sfavorevole tra bracci di anca e abduttori che fa aumentare la forza
esercitata dal muscolo per compensare il momento della forza peso. Al
diminuire del braccio deve necessariamente aumentare l’ intensità della
reazione vincolare. In condizione fisiologica vediamo quello che
osserviamo nella figura. In condizione patologica il braccio della forza dei
muscoli abduttori diminuisce per alcune ragioni. Il braccio degli abduttori si
può deformare per artrosi. La deformità della testa più piccola causa
deformazione del braccio originario. Se per qualche motivo il collo
femorale si accorcia, ci sono delle malformazioni o esiti di fratture del collo
del femore non andate a buon fine,e tutto questo può accorciare il collo
femorale. Se si accorcia il collo femorale si accorcia la lunghezza dei
muscoli abduttori. Questo può essere determinato anche da deformità in
extra rotazione, o lussazione congenita dell ’anca. Con l’ accorciamento del
braccio i muscoli abduttori sono obbligati a generare una forza ancora
maggiore di quella vista precedentemente , troppo forte da supportare, i
quanto diminuendo il braccio, per compensare, deve aumentare la forza.

Condizione fisiologica :

F abduttori x AB = F peso x BC. F abduttori = F peso x (BC/AB). F


risultante = F abduttori + F peso

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TEORIA DI CHARNELY

Tutto ciò era gia noto agli albori della protesi d’


anca. Charnley, inglese, che ha introdotto il
primo esempio di protesi d’ anca funzionante ,
con storia di successo clinico apprezzabile nel
1960. Questa protesi è stata introdotta in uso
clinico sufficientemente ampio. Questa è stata
per molti anni l’unica tipologia di protesi
disponibile. Negli anni 60 le tecnologie di
lavorazione e le consocenze su come costruire
dei materiali diversi e performanti erano
antiquate. Questa protesi era originariamente
costruita in acciao, per di più per fusione dell’
acciaio colato nello stampo. Questa non
permette qualità elevate del manufatto : protesi
con basse propietà meccaniche. I primi risultati
della sua sperimentazione vedevano gran
numero di insuccessi : lo stelo della protesi si
rompeva. Lui svil uppò duplice teoria basata
su aspetti biomeccanici per dimin uire il carico trasmesso alla protesi , perchè risultasse meno caricata rispetto
a una condizione precedente. Si rifece alla schematizzazione e capì che il rapporto tra bracci di leva e forza
muscolare era la chiave per ottenere risultante agente sulla protesi piu bassa rispetto al caso standard. La prima
soluzione (di tipo chirurgico) fu quella di cambiare la chirurgia per diminuire il carico : primo intervento fu quello della
centralizzazione della testa femore : porto il centro della articolazione verso il centro del corpo allungando il collo
della protesi stessa, e portando la testina in posizione centrale allungando il braccio dei muscoli abduttori :
diminuendo il valore della reazione muscolare e diminuendo reazione vincolare trasmessa su articolazione dell’ anca :
attraverso un metodo chirurgico e di disegno della protesi, si ritrovò ad avere sollecitazioni sulla protesi piu bassa
rispetto alla protesi impiantata con tecnica standard.

Se si pensa che le condizioni di carico, sono particolarmente importanti, allora la centralizzazione della testa viene
ancora effettuata. Il carico dipende dal peso del paziente, più pesa il paziente, più le anche vengono caricate. Piu l’
attività fisica del aziente è importante piu la protesi deve sopportare forze più importanti (numero di cicli elevato).
Nel caso in cui si pensa che il caso clinico in esame determini un’ importante sollecitazione a livello della protesi,allora
si può decidere di centralizzare la testa femorale per far diminuire il carico agente sulla protesi stessa. Perchè non lo
facciamo sempre per determinare sempre un vantaggio ? Ci si scontra con un aspetto di conservazione della parte
ossea. Le protesi vengono impiatate al posto dell’ articolazione naturale ancorate a estremità ossee. L’ acetabolo viene
ancorato ad acetabolo naturale e lo stelo della protesi viene ancorato alla diafisi. Per fare questo l’ osso del femore e
del bacino vengono sagomati perchè abbiano forma corrispondente alla forma della protesi. Lavorare le ossa significa
asportarne del materiale affinchè si raggiunga la forma desiderata. Le protesi non sono eterne però, quindi
attualmente abbiamo durate buone, ma non eterne. Risulta possibile che durante la vita del paziente abbiamo
sostituzione della protesi. Non svolge più la sua funzione. A quel punto articolazione naturale non cè piu, e devo
altra protesi : revisione dell ’
sostituire quella artificiale con un’ impianto che deve trovare collo cazione dove era
ancorata la prima. Tiriamo via le componenti fallite. Già questa operazione di rimozione riduce ulteriormente la
massa ossea a disposizione. Mi ritrovo con sedi ossee di geometria non ottimale e con quantià di osso minore
rirspetto al primo impianto. Devo rilavorarle poi per mettere la seconda protesi. Se già il paziente non ha buona
qualità dell’ osso posso non trovare più sufficiente massa ossea per ancorare la seconda revisione. Oggi le protesi si
impiantano a persone molto più giovani, e quindi risparmiare osso al momento del primo impianto diventa
fondamentale per potere ancorare le componenti delle seconde terze protesi. Se facciamo la centralizzazione
dobbiamo spostare la posizione della coppa sacrificando una certa quantià di tessuto osseo. Motivo per il quale oggi
la centralizzazione viene fatta, ma non per tutti i pazienti, solo per quelli a rischio, obesi e giovani che non si
arrendono a obsità e vogliono camminare e correre : resistenza meccanica del dispositivo viene messa a dura prova.
Seoconda soluzione : osteot omia del gran trocantere. Con la volontà di aumentare il braccio di leva possiamo
tagliare il grantrocantere : sede dove abbiamo muscoli abduttori, e ruotandolo, riusciamo ad aumentare il braccio degli
abduttori. Le cose poi non stanno insieme, abbiamo tagliato via due pezzi : è necessario tenerli insieme, e venivano
usati fili di acciaio che venivano estratti al grantrocantere sperando che si saldassero con un processo naturale.
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SPECIFICHE DI PROGETTO DI UNA PROTESI D’
ANCA

Abbiamo capito come è fatta un’ anca e perchè si ammala, determinando necessità di protesissazione. Specifiche di
progetto di elemento artificiale che vada a sostituire articolazione d’
anca :

1. Consenti re i gradi di libert à rotazionali consentiti dall ’ articol azione natural e fra la coscia ed il baci no :
abbiamo capito che l’ articolazione naturale è una semisfera, cerniera sferica che ruota all’ interno di una
sfera e che consente rotazioni in tutti i piani tra coscia e bacino, e la stessa cosa la deve fare la protesi d’
anca. Devo mimare quella possibilità. Normalmente questa è una prima richiesta di progetto, e al progettista
si aprono due strade : La protesi deve garantire rotazioni in tutti i piani : come realizzo accoppiamento ?
copio la natura con la forma simile alla articolazione naturale ? oppure scelgo una conformazione che abbia
una morfologia differente ma che garantisca le stesse funzioni ? a seconda dei casi alcune protesi sono la
copia dal punto di vista di disegno della naturae, altre no. Nella protesi d’ anca si copia la tipolog ia di
elem ento che esiste in natura : essa è una cerniera sferica costituita da una sfera che ruota in una
semisfera. La semisfera è la cavità acetabolare. Se non devo inventare soluzioni nuove per soddisfare
requisiti di progetto, la coppa (forma) della artificiale è quella della naturale. Vediamo poi se replicare la
forma è anche efficacie e funzionale , se non comporta aggravi al corpo, ma in linea generale, se copio la
forma automaticamente la funzione viene garantita. Fin dalle prime protesi, la forma della protesi d’ anca è
quella dell’ articolazione naturale : accoppiamento sfera. Le protesi in generale copiano la forma dell’
articolazione naturale, e vedremo casi in protesi valvolari in cui questo non è vero. Abbiamo esempi sulla
protesi valvolare cardiaca in cui nel tempo si sono evoluti esempi più o meno biomimetici.

2. Sopportare i carichi appli cati durante il passo. Si ricorda a questo proposit o che tali carichi
raggiung ono valo ri pari e diverse volte il peso corporeo del soggetto : affidabilità meccanica della
protesi : essa è dispositivo fortemente caricato, e , perchè sia funzionale, deve supportare carichi durante il
cammino. Sopportarli cosa significa ? Non deve rompersi sotto l’ effetto di questi carichi, anche se non è l’
unico requisito che garantisce funzionalità. Se disegnamo protesi d’ anca molto sottile fatta di materiale molto
resistente, resiste anche ai carichi, ma la flessione nel ciclo del passo non garantisce cammino fisiologico al
paziente : non è solo da interpretare come : la protesi non deve rompersi, ma deve deformarsi in maniera
compatibile all’azione del cammino del paziente. Bisogna guardarla da due faccie. Sicuramente ho
affidabilità meccanica in termini di assenza di rottura, ma anche mantenimento della funzionalità della
protesi sotto l’
effetto del carico del peso corporeo.

3. resistere alla fatica meccani ca derivante dall ’ appli cazione cicl ica del carico durante il passo. In
genere si ritiene che l ’ articol azione dell ’anca sia sottoposta a circa 10 milio ni di cicl i di caric o in 10
anni da un soggetto che conduce una normal e attivi tà. Il compo nente protesi co maggi ormen te
sollecitato a fatica è lo stelo femorale. Devo preoccuparmi che il carico complessivo non sia tale da
indurre il superamento dei limiti resistenza del materiale quando applico il carico una volta sola : verifica di
reistenza statica. Verifico che sotto l’azione di quel carico, almeno staticamente la protesi non superi i limiti di
resistenza. Lo sforzo massimo deve essere sufficientemente lontano da questi carichi utili. Assodato questo
aspetto, devo preoccuparmi dei fenomeni di fatica meccanica determinati dal fatto che quel carico, una volta
ripetuto molte volte, potrebbe portarla a fallimento, alla generazione e sviluppo di cricca a fatica che si
traduce in diminuzione della sezione resistente fino a che nella sezione rimanente ho sforzi superiori allo
sforzo di rottura del materiale. Il numero di cicli applicati nel passo è elevato ; 1 milione all’
anno. La protesi
potrebbe durare 20 anni : 20 milioni di cicli applicati , e abbiamo detto che ognuna è 5 6 volte il peso
corporeo. I parametri sul quale il progettista può giocare sono pochi : sezione resistente (aumentata, ma
deve essere compatibile coi requisiti di compatibilità anatomica). Più che aumentarla posso fare disegno
della sezione resistente che sia furbo e minimizzi la grandezza degli sforzi generati in esso. Potrei scegliere
materiale diverso, molto reisistente a fatica. Ma abbiamo le mani legate : il primo requisito è che il materiale
sia biocompatibile : non devo generare risposte negative nell’ ambiente osseo ospite. I materiali di
costruzione sono quindi 2 o 3. Non possiamo pensare di farla in lega di alluminio resistente. Il
dimensionamento e il design della protesi deve far conto di questi vincoli forti,e ancora oggi, vedremo che la
fatica meccanica è uno dei problemi che affligge le protesi d’ anca. Il componente protesico maggiormente
sollecitato è lo stelo femorale. Dall’ altra parte abbiamo componente acetabolare. In esse agisce reazione
vincolare. Perchè lo stelo è maggiormente afflitto ? Perchè la forza,immaginata verticale, sullo stelo della
protesi d’ anca, genera momento dato da azione vincolare per il braccio. Su acetabolo abbiamo momento, ma
dato da braccio molto più piccolo. Componente acetabolare metallica e stelo protesi d’ anca sono soggetti a
momenti diversi per il fatto che i bracci di leva sono differenti : importante flessione e importante
compressione (lo stelo) acetabolo importante compressione e flessione modesta. per questo motivo lo stelo
della protesi è afflitto da problemi di natura meccanica.
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4. Avere delle superfi ci articol ari resistenti all’ usura o comun que tali per cui l’ usura non produca danni
funzionali , ne induca risposte indesiderate dei tessuti ospiti : La testina della prortesi d’ anca e l’
acetabolo sono le nostre superfici articolari, sicuramente soggette ad usura : abbiamo tutte le condizioni che
sottostanno al fenomeno dell ’ usura : moto relativo di una rispetto all’ altra : può succedere che produco del
detrito, non esiste ad oggi accoppiamento di materiali che non sia soggetto ad usura, abbiamo quelli soggetti
a minore a maggiore usura, ma il fatto che le componenti siano una a contatto con l’ altra e in moto relativo,
scatena il fenomeno dell ’ usura, usura abrasiva. Questo fenomeno non è eliminabile, qualcosa con la quale
dobbiamo fare i conti. Le superfici che si usurano di meno sono le migliori , ma la scelta progettuale della
tipologia di materiale è ancora vincolata dalla biocompatibilità. Non parliamo di biocompatibilità generale di
un materiale , ma specifica a una applicazione. In questo caso, la parte acetabolare, determina la
costruzione in due parti : metal back , semisfera molto sottile metallica ancorata all’ osso e inserto. Questo
inserto vincolato alla shell metallica è l’ effettiva superficie articolare. Una delle scelte è quella di fare l’
inserto acetabolare in polietilene, ben tollerato da organismo : non abbiamo reazione violenta del sistema
immunitario. Utilizzarlo come materiale di costruzione di inserto, e sapere che inserto è oggetto ad usura,
genera pezzi di politetilene , e quel detrito diventa reattivo a risposta infiammatoria e immunologica. Quel
polietilene che per la costruzione di sostituto di osso non soggetto a carico andava benissimo, per
applicazione protesi d’ anca può generare problemi di biocompatibilità diventando meno biocompatibile.
Essa non è propietà assoluta, ma fortemente dipendente dalla natura dei tessuti con cui viene a contatto e
dalla tipologia. Polietilene bulk non crea problemi, i detriti si. Abbiamo quindi componenti che perdono meno
detriti possibile : per il fatto che il detrito può innescare fenomeni di risposta infiammatoria che portano al
fallimento della protesi. Se perdo detrito,quella che era semisfera perfetta non lo è più,e, per fenomeno di
usura, è rugosa, con forma differente. Tutto questo può generare problemi a valle. Se diventa più rugosa,
avere superfici più rugose significa generare detrito maggiore di usura. Avere forme modificate dal processo
di usura vuole dire che quell’ accoppiamento non è più sferico, e quindi le pressioni di contatto e gli sforzi
che genero sono più localizzati , oppure la perdita di detrito è talmente ingente che quell’ inserto si
assottiglia talmente tanto chei carichi applicati ne causano la rottura oltrepassando i limiti ultimi del materiale.
Le conseguenze possono essere mitigate con progettazione ben fatta delle superfici articolari e dei materiali
connessi.

5. Essere fabbricata con materiali biocom pati bili nel senso che non devon o indurre alterazioni o
risposte indesiderate nei tessuti ospiti oppure devon o provocare una risposta biolog ica che
favorisca la stabi lità meccani ca dell ’ interfaccia fra stelo e femore e fra metal back e baci no:
materiali biocompatibili. Il successo di impianto protesico dipende dalla capacità dell ’ osso di inglobare parti
metalliche. Significa che la protesi, perchè funzioni in maniera adeguata, e perchè non causi dolore al
paziente, deve essere il più stabi le possibile. Essa viene raggiunta in due maniere differenti, con o senza
utilizzo di collante, e devo avere meno micromovimenti possibili tra componente protesica e ossea. Tutto
questo viene governato dalla capacità che l’ osso ricresca attorno all protesi, che l’osso colonizzi la superficie
della protesi, crescendoci sopra mantenendola salda nella sua vita utile. Questa capacità di ricrescita è
legata al tipo di materiale che scegliamo. Quello che possiamo fare per aumentare la biocompatibilità è fare
trattamenti sulla superifice della protesi stessa perchè sia più gradita nella sua ricrescita. Possiamo
spalmare la superficie con materiale biologicamente simile all’ osso : HA (idrossiapatite) ,che ha maggiore
compatibilità con componente ossea. Il materiale di costruzione è sempre l’ acciaio, ma la superifcie viene
rimodellata per essere gradita al tessuto osseo. Anche solo la morfologia superficiale della protesi, può
sollecitare riscrescita ossea maggiore e più veloce. Raramente vedremo steli di protesi d’ anca perfettamente
lisci, più facilmente li troveremo rugosi, perchè un certo tipo di rugosità permette alle cellule ossee di
aggrapparsi. Ancche semplicemente con operazioni di tipo meccanico possiamo rendere più biocompatible il
materiale di partenza della costruzione della protesi. La protesi di Charnley, aveva componente acetabolare
fatto di teflon . Inizialmente bisognava trasmettere meno carico allo stelo, fatto da Charnley in acciaio per
getti. Risolto il problema dello stelo con escamotage chirurgici, il problema della fatica meccanica dello stelo
è passato in secondo piano. Però, a quel punto, la protesi durava più tempo, e problemi di usura a carico
della componente in teflon determinavano risposte infiammatorie violente. Prima falliva perchè non durava
abbastanza perchè l’ usura si sviluppasse. Ora si hanno sott’occhio i problemi di usura dell’ inserto. La ricerca
andò quindi verso miglioramento dei materiali per diminuire problemi di usura : fu introdotto il polietilene,
meno reattivo del detrito di teflon. Causa meno problemi di biocompatibilità. Introdotto il polietilene sono
scemati i problemi di usura, e sono tornati i problemi di fatica meccanica (la protesi durava sempre di più) ,
che hanno comportato modifiche del disegno e scelta di materiali più importanti, determinando diminuzione
dei problemi di fatica meccanica, arrivando ancora a problemi di usura. Ping pong di problemi alternativi
connessi ad affidabilità della protesi sempre maggiore nel tempo. Si sono scoperti o riscoperti problemi che
si pensavano non esistenti o totalmente non risolti. L’ evoluzione della protesi nasce necessariamente dal
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fallimento della protesi precedente. Il follow up clinico è particolarmente importante : unica prova provata
che la protesi funzioni in ambiente biologico : tutte le verfiche della progettazione che posso fare prima di
mettere sul mercato, e quindi sul paziente, la protesi, sono tutte progettazioni che non posssono simulare
come la protesi risponda una volta impiantata. Non ho gli strumenti per replicare in laboratorio la risposta
adattativa del paziente, e devo aspettare il follow up clinico.

6. Garantire la stabi lità meccani ca delle interfacce citate sia subito dopo l’ impianto (stabi lit à primaria)
sia nel tempo (stabi lit à seco ndaria). Qui si definiscono due tipi di ancoraggi e stabilità : primaria e
secondaria. La primaria intende quanto la protesi è vincolata all’ osso appena dopo l’ impianto : dopo l’
impianto devo garantire che la protesi non si muova rispetto all’ osso in cui è inserita. Importante perchè la
preoccupazione di rimettere in piedi il paziente subito dopo l’ intervento sia importante : se consento al
paziente di camminare da subito , l’ osso ricrescerà più velocemente da subito : osso stimolato
adeguatamente con corretta dose di forza : ricresce più efficaciemente sulla superficie della protesi : devo
mettere il paziente in piedi da subito ottenendo più velocemente la stabi lità seco ndaria, definitiva, garantita
da ingobamento efficacie dell’ osso sulla protesi. La primaria viene ottenuta in due maniere differenti. Il fatto
di perdere una delle due stabilità è una delle cause di fallimento più comuni tra le protesi d’ anca : le protesi
vengono sostituite perchè manca vincolo tra osso e protesi. La protesi che balla nell’ osso è dolorosa, ed è
protesi che va incontro a problemi di resistenza meccanica. Se ho protesi che all’ inizio è ben vincolata all’
osso, sarà caricata con carichi da progetto. Maggior flessione è correlata a diminuzione della resistenza
dello stelo. Difficilmente protesi ben ancorata all’osso si rompe, protesi invece che ha perso stabilità
secondaria può andare incontro a rottura. La primaria è legata a come disegno la protesi e come penso di
vincolarla all’
osso : ce l ho sotto controllo come progettista. La secondaria meno , è legata a risposta
biologica del paziente : grande margine di incertezza del paziente.

7. Essere facil mente impiantabi le. Numerosi insidie per il progettista. Questo requisito, partendo dal primo
significato, antico, prevede di mettere in condizioni il chirurgo di sbagliare il meno possibile. Quando progetto
la protesi, progetto qualcosa inserito nel corpo in una certa maniera con certe angolazioni , vincolato all’ osso,
e con una serie di astrazioni fatte in sede di ideazioni che se non vengono conservate all’ atto chirurgico
cambiano lo scenario. Se il chirurgo la inserisce in una maniera sbagliata cambia tutto. Nel progettare uno
strumentario chirurgico, dobbiamo fornire al chirurgo uno strumentario il più efficiente e corretto possibile per
l’
esecuzione dell’ impianto, facile da usare, non complesso, e che lo limiti negli errori.Questa era la
concezione originaria. Oggi abbiamo ulteriore complicazione, i requisiti sono leggermente cambiati,e si
operano persone sempre più giovani per le quali deve essere prevista revisione dell’ impianto dopo vita utile
media della protesi per i quali deve essere risparmiato il più possibile l’ osso per revisioni future. Il paziente
dimostra sempre più con richieste di qualità e intensità di vita diverse : la tecnica chirurgica deve prevedere
un sacrificio inferiore della massa ossea, ma anche cicatrizzazione minore : maggiore è l’ apertura chirurgica
che faccio, maggiore è il tempo di recupero, e minore l’ esito in termini di efficienza dell’
apparato del
muscolo shceletrico. Vengono richiesti dispositvi impiantati con tecniche miniinvasive : protesi d’ anca :
cicatrice chirurgica deve essere la più piccola possibile. Se voglio cicatrice chirurgica piccola, devo
progettare dispositivo piccolo, non posso progettare grande protesi che si infili attraverso piccola apertura :
devo progettare dispositivi piccoli. Essi si scontrano con requisiti di progetto precedenti, più dispositivo
piccolo più soggetto a problemi di affidabilità meccanica. Non solo lo devo infilare attraverso ferita piccola,
ma devo risparmiare più osso possibile. Devo pensare a come infilare la protesi attraverso piccolo accesso,
cosa non semplice. Se sporgo il femore ho un discorso (strumentario diventa non complicatissimo) se ci
devo passare in maniera piccola è diversa : chirurgia miniinvasiva più complicata della tradizionale : questo
si traduce con questo requisito : complico in maniera importante la procedura chirurgica, do in mano al
chirurgo strumenti più complessi da utilizzare. Prendo di meno, chirurgo vede molto meno. Io progettista
devo dargli in mano strumenti che facciano indirizzare la protesi dove deve andare a finire. Quel requisito di
progetto, oggi, si deve scontare con questi requisiti in controtendenza.Operazione a cielo parzialmente
aperto è più difficile di operazione a cielo completamente aperto. Si vedono molti casi di errato
posizionamento della protesi da parte del chirurgo. Il chirurgo non ha ancora trovato equilibrio con ferite più
piccole, molto più facile sbagliare. Si va verso dispositivi che soddisfino esigenze del paziente, ma
complichiamo la vita al chirurgo nell ’ impianto della protesi

8. Essere facil mente sosti tuibile se si danneggia o comun que se il suo funzionam ento si comprom ette.
La facil e sosti tuibili tà riguarda princip almente il fatto che la sua rimozione non deve danneggiare
eccessi vam ente l’ osso così che l’ impianto di una nuova protesi possa avere probabil it à di successo;
(revisione)

9. Avere un compo rtamento biomeccanico che non alteri le caratteristiche meccani che global i del
sistema baci no femore. In partico lare le attual i protesi hanno steli che irrigidiscono la parte 8
prossi male del femore. Inoltre la catena stelo , testa, e cotile della protesi è molto più rigida di quell a
natural e, e ci ò determ ina la trasmi ssio ne di caricbi impul sivi parzialmente dannosi. Concetto dello
stress shielding. Schermatura da carico. La protesi d’ anca ne è l’ esempio più lamapante, e quando
inserisco lo stelo metallico, vado ad alterare la rigidezza del sistema osso protesi. Originariamente il femore
era una struttura tubulare fatta di osso riempito di niente. Quando inserisco lo stelo metallico, ho sistema
diverso dal punto di vista meccanico : vuoto che prima era riempito dal solo midollo osseo ora diventa
sistema osso più protesi, che risulta molto piu rigido di quello originario. Posso schematizzare con sistema
di due molle in parallelo questo, sottoponendole a forza F. Ho una rigidezza che rappresenta quella ossea,
e l’altra che rappresenta la protesi : il carico F che prima passava esclusivamente dall’ osso, ora passa da un
sistema fatto in maniera diversa. In condizioni fisiologiche, il carico sopportato esclusivamente dall ’ osso era
tale per cui l’osso sopravviveva, si rigenerava e moriva come nella normale fisiologia del tessuto osseo :
carico adeguato a consentire a osso di sopravvivere bene. Quando passo da quella situazione a questa,le
cose cambiano : il carico si distribuisce tra protesi ed osso. In che maniera ? Con due molle in parallelo il
carico passa maggiormente attraverso la parte più rigida : Fp e Fo,con Fp più Fo che è la forza F, ma con
Fp molto maggiore di Fo. La protesi si accolla gran parte del carico che agisce sul femore. Questo significa
che le deformazioni vanno di conseguenza : la deformazione che passa dall’ osso è molto minore di quella
che passa dalla protesi, molto minore della situazioni in cui avevo il solo osso, che si trova a essere scaricato
rispetto alla situazione fisiologica , il carico viene infatti preso dalla protesi. La condizione fisiologica dava
deformazione adeguata all’ osso per morire e ricrescere, mentre quando viene inserita la protesi, quella
stimolazione è più bassa,e l’ osso è stimolato di meno a produrre massa ossea : fenomeno del
riassorbimento osseo : intorno alla protesi vado incontro a perdita di massa ossea,infatti l’ osso non è
stimolato a produrre massa ossea. Questo è un aspetto ineliminabile, non esistono protesi con moduli
elastici o rigidezza simili a quelle dell’ osso, ma sono tutte molto più elevate, scaricando l’ osso del femore. Le
attuali protesi hanno steli che irrigidiscono la parte prossimale del femore. Quando avviene il fenomeno del
riassorbimento,la protesi non è più saldamente vincolata ll’ osso, ma inizia a mobilizzarsi creando dolore e
ricadute sull’ affidabilità meccanica della protesi. Quello che prima era costituito da parti abbastanza
deformabili, e da una determinata capacità di dissipazione di energia essendo materiali viscoelastici, quando
nel femore inserisco materiali metallici, la componente viscosa viene meno , e i carichi impulsivi vengono
direttamente trasmessi attraverso lo stelo alla componente ossea. I carichi impulsivi si tramutano in carichi
troppo elevati per l’ osso, e non vengono smorzati : arrivo a fratture nell’ osso. Faccio quindi un disastro dal
punto di vista del ripristino della fisiologia articolare, cambiando la rigidezza del sistema complessivo. Come
minimizzo o diminuisco questo problema ? Devo scegliere i materiali con modulo di elasticità basso, o
disegni della protesi che la rendano più elastica, in modo, complessivamente,da diminuire la Kp,
automaticamente determinando un carico maggiore passante dall’ osso che lo renda facilmente ricrescibile.
Ho una questione di equilibrio (trade off), materiale a modulo elastico più basso ha anche caratteristiche più
basse, e incorrerei in problemi di resistenza meccanica. L’ osso corticale ha modulo elastico di 17 Gpa. Lo
spongi oso di 0,1. Il titanio che usiamo ne ha 110. L’ acci aio , 220 e la lega di cromo-cobal to circa 200.
Capiamo che il problema è di un ordine di grandezza di rigidezza molto superiore del dispositivo rispetto all’
osso: anche se riduco la sezione resistente, non determino un gap di resistenza intrinseca sufficente a
ridurre di tanto lo sforzo : aspetto ineliminabile. Avere l’ inserto acetabolare in polietilene produce effetto
smorzante : plastica che smorza con capacità viscosa. Se la plastica viene sostituita da una ceramica, le
cose sono molto peggiorate. Se sullo stelo voglio diminuire i problemi di stress shielding, sceglo lo stelo in
titanio (anche se si sente la differenza elevata) , e avere inserto acetabolare rispetto al titanio diminuisce in
maniera importante i carichi sopportati. Potrei anche avere steli polimerici, ma plastica e basta non basta,
non ha caratteristiche meccaniche sufficienti per garantire stabilità nel tempo : si utilizzano plastiche drogate
che aumentano propietà meccaniche, che sarebbero, se funzionassero , più performanti che non uno stelo :
PEEK plastica con buona compatibilità che non crea reazioni nel corpo umano. Da solo però non avrà mai
caratteristiche meccaniche sufficienti a garantiere resistenza, e viene additivato con carbonio. Questo è un
problema di materiali compositi che in ambito biologico non hanno mai avuto grande successo. Storie di
insuccessi ne abbiamo tante, materiali usati con fibre additivate che con l’ andare del tempo rilasciavano fibre.

10. Garantire nei tessuti ossei, specialm ente del femore, uno stato di sollecitazione tale per cui il
fenom eno del rimodellam ento osseo non venga spostato verso il riassorbimento o la crescrita
anomala. Il decimo punto è collegato al nono : Garantiere nei tessuti uno stato di sollecitazione per cui si
vada verso ricrescita e non riassorbimento del tessuto. Viceversa potrei andare verso sovracrescita del
tessuto,che cresce in maniera abnorme,e sollecitazione potrebbe essere talmente alta che va anche a
rompere l’osso. Questo difficile stato di equilibrio deve essere raggiunto.

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Vedo come la ridistribuzione di carichi potrebbe determinare il fatto di cascare in insuccesso, stimolando l’ osso in
maniera sufficiente perchè ricresca quel che basta. Posso lavorare sul disegno della protesi perchè l’ osso possa
ricostruirsi sullo stelo , non è banale. Quando consideriamo la sollecitazione meccani ca, se guardiamo le due
componenti (protesi ,osso), possiamo ipotizzare che la sollecitazione sia correttamente condivisa tra protesi e osso,
in modo che la protesi si prenda buona parte del carico. L’ osso deve però essere anche esso sollecitato in maniera
accettabile. Arriviamo solamente cosi a stabi lit à della protesi : la pensiamo come secondaria, a lungo termine. Può
accadere che sulla protesi il carico sia troppo elevato , o che sull’ osso ci sia troppo o troppo poco carico. Se il
carico è troppo elevato sulla protesi, sarà soggetta a problematiche importanti di usura e fatica meccani ca. Più
carico la protesi più mi avvicino al limite di fatica incorrendo nella possibilità che lo stelo vada incontro a fatica.
Problemi di usura portano a ulteriore conseguenza chiamata necrosi ossea : il detrito prodotto dalla componente
polimerica dell ’acetabolo è reattiva nei confronti del sistema immunitario. I pezzi di polietilene che si staccano
(componenti estremamente piccole, submicrometriche) scatenano reazione infiammatoria. I detriti sono aggrediti dal
sistema immunitario, che richiama macrofagi a inglobare il detrito. I macrofagi fagocitano anche però parte dell’ osso,
determinando perdita di sostanza ossea : la componente ossea si riassorbe, non tanto per fernomeni di stress
shielding, ma per i macrofagi, che danneggiano massa ossea. Necrosi ossea significa che la protesi non è più
inglobata e correttamente tenuta dall’ osso : la protesi si muove nella sede ossea, causando dolore al paziente , e , in
seconda istanza, se il paziente non si accorge che la soglia è mobilizzata, e ha alta soglia di dolore, porta a problemi
di affidabilità meccanica. Protesi diventa sovraccaricata, e va incontro a problemi di frattura. Se l’ osso è troppo poco
caricato, ho artrofia ossea, dolore e problemi di fatica meccanica. Se dovessimo avere osso troppo caricato,
superiamo i limiti di resistenza del tessuto osseo. Osso si rompe e si frattura. Di tutte le distribuzioni tra protesi e
osso solo una è accettabile e garantisce stabilità della protesi. Difficile cogliere rigidezza della protesi per
determinare ridistribuzione tra essa e osso. Ad oggi poblema irrisolto, non esiste protesi d’ anca che non presenti
problemi di stress shielding : qualsiasi stelo causa stress shielding, la sua rigidezza è due ordini di grandezza più
grandi dell’ osso.

LA PROTESI D’
ANCA

Stesi i requisiti, vediamo come sono fatte attualmente le protesi d’


anca .In linea generale ho 4 compo nenti :

 Stelo

 Testa

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 Cotile

 Metal back

Ho tante denominazioni equivalenti. Sulla


parte acetabolare ho il metal back, che è
parte generalmente metallico,e che possiamo
trovare denominato anche come shel l . La
parte acetabolare articolare è il cotile, o
inserto. A destra ho materiali, ma ce ne
possono anche essere altri da prendere in
considerazione. Numero di componenti ?
Questa è la configurazione base, dove l’
impianto di una protesi d’ anca in un paziente
consiste nell’ impianto di 4 componenti.
Esistono cotili dove non abbiamo metal back,
ma vengono direttamente cementati al bacino.
Abbiamo anche sottoinsieme dei 4 :
possibilità che lo stelo non sia pezzo unico,
ma fatto da due pezzi : stelo e collo. Stelo
potrebbe non essere unico, ma potrei avere
collo modul are. Lo stelo, modulare ,
potrebbe essere fatto da più pezzi inconati
uno nell’ altro. Questa variabilità e modularità da maggiore flessibilità nell’ utilizzo della protesi. Se ho stelo e testa
modulare, posso decidere il diametro della testa, in modo da avere un’ articolazione più performante. Ho componenti
di prova,non definitivi, e teste di diversi diametri, che vengono messi sullo stelo. Posso avere anche colli modulari, e
decidere quindi di quanto allungare e accorciare il collo. Se ho unico stelo, posso avere solo quella lunghezza.
Vantaggio dal punto di vista chirurgico : maggiore flessibilità nella scelta dei componenti. Questo è forte vantaggio
anche per chi produce le protesi . Gli steli vengono infatti prodotti di diverse taglie e lunghezze, ad esempio 10 ,
dalla taglia uno alla 10. Di teste facciamo che ne abbiamo 5. Se devo produrre tutte le lunghezze di steli con tutte le
lunghezze di teste, e ho stelo e testa in un unico pezzo, devo avere 50 combinazioni differenti tra lunghezza di stelo e
lunghezza di testa. Devo fornire all’ ospedale il dispositivo richiesto, e un magazzino grande è costo importante per
chi produce la protesi. Nel tempo intercorso in cui la protesi sta in magazzino , ho solo speso, non ho incassato nulla :
fardello per il fabbricante. La possibilità invece di avere steli e teste disaccoppiate mi da la possibilità di non avere
tutte le combinazioni possibili : riesco a intercambiare la testa sui diversi steli . Se collo e stelo non sono pezzo
unico ho modularità

MATERIALI PROTESI D’
ANCA

Vediamo i materiali per la protesi d’


anca.

STELO

I requisiti dei materiali con cui costruire lo stelo devono : essere altam ente biocom pati bili,e
resistenti alla corrosio ne (ambi ente del corpo fortemente corrosivo). La resistenza alla
corrosione è un requisito vitale. Se si corrode lo stelo, abbiamo diminuzione repentina della
resistenza delle componenti generando problemi di affidabilità meccanica (buon resistenza a
carico di rottura). Solo alcune componenti in alcuni materiali vanno incontro a problemi di
resistenza statica. La maggior parte dei componenti non hanno questo tipo di problematica,
hanno tipi di resistenza statica sufficientemente elevata,e anche con carico impulsivo siamo
sufficientemente lontani dal raggiungere carichi di snervamento. Oggi, ancora persiste il
problema della componente ceramica. Per resistenza a fatica, il requisito è ancora attuale,
ancora oggi abbiamo steli che si rompono a fatica.

CORE

Abbiamo tre materiali in uso clinico con cui vengono costruiti gli steli della protesi d’
anca : lega di titanio grado 5
(lega Ti6Al4V), Lega di cromo-cobal to-moli bdeno , Acciai o inox AISI 316L . Le leghe di titanio hanno gli utilizzi più
svariati. Per il fatto che sono molto resistenti, con caratteristiche meccaniche elevate, con buona resistenza a
corrosione. Esso viene rivestito con leggero strato di osso per evitare fenomeni corrosivi. Ho sia uso industriale che
medico. I titani esistono esclusivamente in forme di leghe, e , innalzando il grado del titanio, innalziamo la percentuale

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degli elementi in lega . Titanio puro è titanio di grado 1, pochissimi elementi in lega, il titanio che abbiamo noi è grado
5. Elementi vengono usati per aumentare caratteristiche meccaniche, grado uno scarso, ma aggiungendo elementi
alla lega con minimo di raziocinio, aumento caratteristiche meccaniche. Rovescio della medaglia : più aggiungo
componenti spuri del titanio , più decresce la biocompatibilità. Titanio 1 molto biocompatibile, utilizzando titani meno
puri, la biocompatibilità va a scemare. La grado 5 è buon compromesso tra resistenza meccanica e biocompatibilità.
Per le protesi ortopediche usiamo solo quella. Extra low interficia. Nella lega, oltre al vanadio (presente per il 4%), e all’
alluminio (6%) abbiamo altri elementi, e la lega ha basso contenuto di ossigeno, smpre per questioni di
biocompatibilità. La grandezza dei grani di questa lega è minore, grani più fini rispetto a quella industriale. Troviamo
anche lega simile, non titanio 5, nella quale al posto del vanadio troviamo il niobio. Esso è un pò più biocompatibile
del vanadio. Percentuale di titanio che ho rispetto agli altri elementi, fa cambiare il grado della lega. Per fenomeni di
stress shielding,il titanio è molto più consigliato degli altri.

Sono diffusi anche steli in lega di cromo cobalto e acciaio inossidabile. Vantaggi ? Ho caratteristiche meccaniche
leggermente superiori alla lega di titanio per la resistenza meccanica. Grosso vantaggio dell’ acciaio è che costa poco.
Sono protesi sufficientemente resistenti, anche alla corrosione, lo svantaggio è modulo elastico troppo elevato(stress
shiedling)

FINITURA SUPERFICIALE

Per cercare di rendere più gradita all’osso la protesi, le finiture superfi cial i vengono lavorate con tecniche diverse
affinchè la rugosità superficiale della protesi sia più o meno rugosa. Troviamo finiture superficiali lucidate a specchio
fino a superfici macrorugose. La rugosità influenza la crescita dell’ osso sulla superficie. Non è ancora definita iN
maniera chiara quale sia la rugosità ideale. Ciascun produttore individua trattamento superficiale particolare
rivendendolo sul mercato come tale. In letteratura scientifica, scevra dI interessi economici, si trova di tutto. Non
abbiamo consenso definitivo su quale sia rugosità ideale per affacciare protesi all’ osso comunque. Le tecniche
utilizzate sono lucid atura e sabbi atura.

RIVESTIMENTO

Possiamo rivestire la protesi con microsfere e microfibre (rivestimen to metallico poroso), depositando , e
ottenendo,rugosità macro. Oggi non si vede quasi più. Quando integro due materiali, introduco ulteriore potenziale di
fallimento quando un materiale si stacca dall’ altro. Adesione deve essere perfetta. Possiamo poi avere protesi rivestite
con HA (idrossiapatite), spruzzata con plasma spray, e ridotta allo stato di plasma una volta scaldata ad alta
temperatura e poi spalmata. Viene usata per irruvidire la protesi metallica, perchè la rugosità superficiale del metallo
viene generata praticamente così. L’ adesione con tecnica plasma spray è estremamente efficacie , non ho rischi di
distacco. In altri casi, in cui la protesi sia cementata , possiamo trovare steli con depositato già cemento. L’
interfaccia
cemento protesi determina il fatto che non abbiamo sufficiente aderenza. Altri tipi di rivestimento possono essere
biovetri, e PMMA precoat.

COMPONENTE ACETABOLARE

Parte articolare. I requisiti sono gli stessi per la parte metallica. Necessitano di elevata
biocom pati bilit à e resistenza alla corrosio ne. Deve presen tare inoltre elevate
caratteristiche meccani che (carico di rottura, resistenza a usura).

SHELL

La shell acetabolare, metal back, si trova caricata da momenti flettenti più contenuti
rispetto allo stelo della protesi d’
anca. Resist enza a usura per queste è il requisito
fondamentale. La parte metallica dell ’ acet abolo (shel l) è uguale ai materiali dello
stelo, tranne che per acciaio (troviamo quindi lega Ti6Al4V e lega cromo-cobal to-
molib deno ).

FINITURA SUPERFICIALE

Per quanto riguarda la finitura superfi cial e , le componenti acetabolari sono


principalmente sabbi ate, determinando un certo tipo di rugosità che facilita la crescita
dell’osso sulla protesi. In realtà i cotili sono presentati come una sorta di semisfera
bucherellata. Spesso il chirurgo può mettere in determinate posizioni delle viti che
passano attraverso i fori, e ancorano l’ acetabolo all’
osso. Risulta comune trovare delle
porzioni di bacino , in persone anziane, con scarsa qualità dell’ osso. La sola fissazione biologica, ricrescita dell’
osso
intorno alla shell, potrebbe non essere sufficiente,mentre con le viti ancoriamo verso porzioni del bacino, che, a fronte

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di esami radiografici, sembrano più resistenti. A priori però questo non possiamo saperlo . Viene quindi concessa
estrema flessibilità per il chirurgo di infilare le viti in quale parte voglia.

RIVESTIMENTO

Troviamo rivestimenti metallici porosi (sfere,fibre) o idrossiapatite o biovetro

ACCOPPIAMENTI ARTICOLARI (ACCOPPIAMENTI A USURA)

Accoppiamenti testin a/inserto acet abolare. Abbiamo diverse possibilità, ciascuna con vantaggi e svantaggi. Non
abbiamo soluzione ideale, dobbiamo equilibrare soluzioni tecnologiche disponibili e questioni economiche : l’
accoppiamento articolare perfetto ma che costa sproposito non è una soluzione progettuale attuale. I tipi di
accoppiamento sono i seguenti :

 UHMWPE / lega co-cr, / allum ina

 allum ina / allum ina

 lega co-cr/l ega co-cr

Testi na : la testina della protesi d’ anca può essere fatta in due materiali : lega di cobalto cromo, o materiale ceramico
(allumina). In particolare può essere fatta in alluminio. Queste sono le due possibilità per la testina. La parte
acetabolare deve essere protesizzata. Possiamo fare la protesi in pezzo unico direttamente con testone, che non può
permettersi di avere componente acetabolare protesizzata, ma si articola direttamente nell’ acetabolo naturale : caso
delle patologie in cui acetabolo non è coinvolto, come ad esempio osteomicrosi testa del femore. Vado a sostituire la
testa del femore, ma posso articolare questa protesi direttamente nell’ acetabolo naturale. In questo processo devo
avere testa simile alla dimensione della testa del femore. La protesi con testone è costruita normalmente in acciaio
inossidabile : ho la possibilità che la testa possa essere costruita anche in acciaio inossidabile, solo quando ho pezzo
unico. Esiste anche la possibilità di protesizzare solo la testa del femore, rivestendo (protesi da rivestimento) la testa
del femore con protesi sferica e piccolo stelo che si infila a livello della testa collo del femore. Nella protesi da
rivestimento rivestiamo superficie esterna. Essa si articola direttamente nell’ acetabolo naturale. La testina è quindi o
in metallo o in ceramica. L’ inserto acetabolare (cotile) che si trova tra lo shell metallico e la testina può essere
costruito in tre materiali : polietliene (UHMWPE) , allum ina, o lega cromo cobal to. Gli accoppiamenti articolari
possibili sono quelli scritti sopra: Testina può essere ceramica o in lega cromo cobalto,mentre inserto in politetilene.
Abbiamo possibilità che inserto sia ceramico, e l’ unica testina che va bene è quella ceramica : accoppiamento
ceramico ceramico. Possiamo poi avere accoppiamento metallo metallo con entrambi in cromo cobalto.

L’utilizzo del polietilene ha lo svantaggio che il polietilene, nonostante abbia basso coefficiente di attrito, si usura in
maniera importante : la quantità di detrito prodotto dal polietilene è elevata , causando problemi di reazione
infiammatoria. Il fatto che l’osso venga mangiato dai macrofagi determina osteolisi periprotesica causata da frammenti.
Vantaggi ? Si, la catena di accoppiamenti determina smorzamenti di carichi che non ha ceramica e metallo : carico
impulsivo con polietilene non viene direttamente trasmesso allo stelo,ma viene smorzato. Esso è un materiale
competitivo economicamente, e può essere sagomato per venire incontro a problemi frequenti : lussazione della
protesi. Compiendo certi movimenti, infatti, le due componenti si possono lussare. L’ articolazione diventa più debole.
Se la struttura legamentosa del paziente è carente, possiamo usare inserti non del tutto semisferici,e ad esempio
possiamo aggiungere un labbro, una parte che sporge : la protesi deve superare il labbro per potersi lussare in quel
caso : inserti antilussanti che limitano problemi di lussazione. Questi inserti sono fatti in polietilene, mentere è invece
molto difficile farli con alumina e metallo per ottenere il labbro. La lussazione con teste di diametro più grande è più
contenuta rispetto ad avere testine più piccole.

Qule è il vantaggio di fare accoppiamento polietilene ceramica ? Questo è dato dai vantaggi della ceramica :
possibilità di ottenere superfici estremamente lisce, più lisce di quanto non si ottengono con materiale metallico.
Posso effettuare la sinterizzazione di polveri per materiale ceram ico . Superfici lisce : riduzione usura. In un
accoppiamento di questo tipo, con un materiale duro e uno tenero, quello che conta è la rugosità del materiale
duro,mentre quella del materiale tenero, non importa molto. Dopo i primi cicli di carico,usurandosi, la rugosità viene
già asportata. Avere rugosità bassa sulla testina è importante,mentre sul polietilene no. Il contro è che la testina
ceramica costa molto rispetto a quella metallica, costruita in materiale diveso dalla testina metallica. Lo svantaggio
presentato dalla ceramica, è che la testina metallica non si romperà mai. Non arriveremo mai a superare il carico di
rottura, al massimo si snerva. La lega di cromo cobalto è duttile, subisce deformazioni plastiche. Ceramica è fragile.
Questo, a parità di carichi ultimi del materiale, determina rottura catastrofica della protesi. La ceramica è però inerte,
non scatena reazioni nel corpo umano, a differenza del polietilene. Il detrito di ceramica non genera reazione
infiammatoria, ma i detriti sono evidenti. Una non precisa scelta della tolleranza fra i due coni, fa si che la ceramica si
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sovraccarichi, generando cricche, che, quasi istantaneamente, portano alla rottura del componente. Risulta un
materiale promettente per inerzia chimica e per ottenere superfici rigide. Grandi rischi per la sua resistenza meccanica.

Accoppiamento ceramico ceramico è testina e inserto nello stesso materiale: allum ina. Amplifico rischi di rottura, ma
amplifico vantaggi legati all’
usura, ho superfici lisce che producono detrito molto basso, e reattività estreamente
bassa : produco poco detrito che non fa male. Queste particelle non creano problemi dal punto di vista di compatibilità
biologica. Accoppimento ceramico ceramico è il più caro. Le prime cermiche che furono presentate determinavano
incidenze di rottura elevate.

Ultimo tipo di accoppiamento : metallo metallo. In questo, sia la testa, sia l’inserto acetabolare, sono costruiti in lega di
cromo-cobal to. Questo accoppiamento ha avuto grandi successi e insuccessi. L’ accoppiamento metallo metallo
produce quantità contenuta di detrito contenuta, che però, è altmente reattivo : ioni cromo o ioni cobalto che si
generano , sono abbastanza critici. Essi , se sono molto piccoli, vanno in giro per il corpo,e sono potenzialmente
cancerogeni. Possono insorgere tumori e metastasi nell’ intero corpo se vanno nel letto sanguigno, e anche
localmente, nelle vicinanze della protesi, causano pseudo tumori : ammassi di tessuto che non si capisce cosa sia,
che in ultima analisi portano a scollamento della protesi dall’osso : insorgere di questi tumori , è legata alla quantità
di detrito che produco per usura. Al di sotto di una certa quantità sono smaltiti in maniera efficacie. Una parte però si
accumula. Se garantisco che la quantità in detrito prodotto sia al di sotto della soglia di smaltimento, ho
accoppiamento articolare vantaggioso: produco poco detrito, reattivo ma smaltito dal corpo, performante a basso
costo, e non ho problemi di natura meccanica. Gli accoppiamenti metallo metallo ci sono sempre stati. Oggi, vive un
periodo buio questo tipo di accoppiamento. Non viene più prodotto. Abbiamo avuto problematiche delle protesi
metallo metallo : metal back molto sottile : quando il chirurgo forza acetabolo, osso reagisce, si oppone all’ inserzione
acetabolo. Se fosse spesso, le forze di reazione dell ’
dell’ osso non sono sufficienti a variare geometria del dispositivo :
se viene reso molto sottile, il metal diventa semisfera molto schiafficata, e la sfera non articola più in una sfera, ma in
una specie di ovale che causa delle sovrasollecitazioni in certi punti che causano a loro volta produzione di detrito da
usura più elevata che nel caso in cui le sfere non siano geometricamente deformate. Si creò troppo detrito nei
pazienti. Da allora, nessuno mette più protesi metallo metallo, anche se lo smaltimento di ioni , mantenuto sotto soglia,
non genererebbe problemi.

Quantità di detrito prodotta dai diversi accoppiamenti visualizzata (premesso che il disegno delle componenti sia
corretto).

TIPI DI VINCOLO

Tipi di vincolo per la protesi,due grandi familie :

 Protesi Cementate : ancoraggio tramite cemento per ossa, maggiore superficie di interfaccia meccanica,
meno problemi di dimensionamento geometrico, tecnica chirurgica più semplice. Utilizzo cemento per
ossa ,materiale polimerico, polim etilm etacrilato , costituente del plexiglass. Fornito al medico in sala
operatoria sotto forma di polvere , e di un liquido (due fasi) che, miscelati durante l’operazione, mi
permettono di ottenere una massa fluida che ha lo scopo di ancorare la protesi all’ osso. Questa massa fluida
viene colata nel canale midollare preparato dal chirurgo : riempie parte del canale midollare. Quando ho
fluido e non è ancora partita la polimerizzazione, viene inserito stelo della protesi fino in fondo,e il cemento

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risale il canale, e riempie l’interstizio che esiste tra sede ossea e sede dalla protesi. Si aspetta qualche
minuto, cemento indurisce, e a polimerizzazione completata la protesi è inglobata nell ’ osso. Non è colla,
non è adesione su base chimica, è un riempitivo, sostanza che riempie gli spazi presenti tra sede ossea e
stelo della protesi. La sede ossea non è canale midollare del paziente. Preventivamente, una volta segato il
collo del femore, il canale midollare sarà in forma più o meno cilindrica, e quello che fa il chirurgo è
utilizzare delle raspe, strumenti che hanno forma della protesi ma con elementi taglienti. Da cilindrico viene
sagomato come forma della protesi. Risulta necessario preparare la sede con asportazione di osso mediante
la raspa. La sede in cui si inserisce cemento e stelo deve essere compatibile con quella della protesi.
Cemento per ossa è un materila polimerico, sufficientemente biocompatibile. Nella polimerizzazzione crea
problemi al tessuto osseo : la polim erizzazione è reazione esotermica, raggiungo temperature
abbastanza alte, ma comunque, ho materiale usato fin dai primi ordini, protesi di Charnley, determinando
vantaggi e svantaggi. Alternativa sarebbe non avere nulla tra stelo e osso: l’ interfaccia è diretta. Vantaggi
del cemento ? La superficie di interfaccia meccanica rispetto alla situazione in cui non ho nulla è diversa, il
mezzo interposto, grazie alla sua fluidità, si adatta perfettamente alla forma interna del canale. Una volta
ricavato il canale, l’interfaccia protesi osso è diretta. La sede che ricavo con le raspe non determina
superficie estremamente liscia, ma è abbastanza irregolare. Stelo protesico : non ho perfetto contatto tra
stelo e osso. Il cemento, rende superficie della protesi a contatto con l’ osso (tutta). I carichi trasmessi, se ho
di mezzo il cemento, si distribuiscono alla massa ossea in maniera uniforme : non ho punti in cui la protesi
sollecita l’osso, determinando una sollecitazione molto elevata in quanto in alcuni punti non c’ è : maggiore
superficie di interfaccia meccanica dell’ osso con cemento. La protesi cementata, deve prevedere che la sede
all’interno della quale va posizionata, sia più grande della protesi stessa. Il chirurgo deve fare buco nell’ osso
più grande della grandezza della protesi. Questo è un vantaggio, questo buco non deve essere troppo
preciso, so che il cemento compensa il gioco che ho tra protesi e osso. Il chirurgo deve essere meno
sensibile, e capace nel creare foro. Qualsiasi foro viene creato, la protesi ci sta dentro, e cemento compensa
i gap tra protesi e osso. Da una parte ho tecnica chirurgica più semplice : chirurgo deve ottenere un foro, e
tutto è compensato dalla presenza del cemento. Viceversa, se devo espiantare protesi cementata ho
problem i maggi ori in fase di revisione, non solo nel momento dell’ espianto (devo scollare la protesi dall’
osso, problemi di revisione). Ho più problemi di revisione perchè prima ho fatto buco più grosso, ho
mangiato più osso di quanto ne mangerei senza protesi cementata. Quando tolgo la protesi, devo lavorare il
foro per togliere tutto il cemento e accogliere nuovo stelo da revisione : allargo le dimensioni del foro e lo
allungo, garantendo che la protesi si vada a conficcare in una parte non interessata dalla procedura
precedente. La protesi da revisione è più lunga. Arrivo a dover ancorare la protesi più a fondo. La protesi
cementata presenta quindi più problemi in fase di revisione. Grosso vantaggio ? stabi lità primaria è
asso luta, data da inglobamento di azione del cemento, massima nelle protesi cementate. Mi assicura che
stabilità primaria sia efficacie. Sono protesi il cui utilizzo tendenzialmente si cerca di evitare in pazienti
giovani, e sono destinate a popolazione anziana. La popolazione anziana è quella che sfrutta di più la
protesi d’ anca.

 Protesi non cem entate (press fit) : Ancoraggio tramite forzamento, minore invasività, minor rischio di
mobilizzazione. Rovescio della medaglia. Il foro, la preparazione del canale midollare del chirurgo, deve
essere tale che il foro ricavato sia un pò più piccolo delle dimensioni della protesi. Il chirurgo deve fare foro
preciso in questo caso. Questo perchè l’ ancoraggio avviene attraverso sforzamento dopo aver ricavato la
sede. L’ osso viene spinto e martellato. Si crea forzamento , acco ppiam ento con interferenza. Questa
interferenza è la sola componente che mi garantisce stabilità primaria della protesi : forzamento dello stelo
nell’osso. In questo caso, il fatto di avere mano ferma e capacità chirurgica importante è fondamentale :
foro deve essere fatto della misura giusta, se raspando porto via più osso di quello che levo, la protesi inizia
a ballare : la difficoltà chirurgica è molto superiore per questo motivo. La stabilità secondaria è sempre
legata alla decrescita dell’ osso. Ho minore invasività, e di fatto il foro che ho fatto nel femore è più piccolo,
ho risparmiato più osso per procedure di revisione. Ho minore rischio di mobilizzazione. Le protesi non
cementate durano di più di quelle cementate : una volta che l’ osso è ricresciuto attorno alla protesi
cementata, l’ unica interfaccia che può fallire è quella osso protesi. In quella cementata ho due interfaccie,
stelo cemento e cemento osso : due potenziali sedi di cedimento. Questo è già un aspetto che aumenta il
rischio di mobilizzazione della protesi cementata. Il materiale interposto tra stelo e osso, è plastico,
polimerico, con caratteristiche meccaniche basse : la plastica ha sforzi di rottura attorno ai 100 Mpa. Il
cemento è soggetto agli stessi carichi di stelo e osso, con ripartizioni legate alla rigidezza (tre molle in
parallelo e carico che si ridistribuisce). Oltre a poter cedere le due interfacce, si può rompere lo straterello di
cemento. Ho anche altre problematiche. Quando in sala operatoria mischio polvere e liquido, nella massa di
cemento intrappolo bolle d’ aria. Il cemento non è un materiale perfettamente uniforme, ma può presentare
bolle d’aria che diminuiscono la sezione resistente del cemento, aumentando la possibilità che si rompa in
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quel punto. Il cemento viene preparato sotto vuoto. La miscelazione viene fatta sotto vuoto,con pompa a
vuoto che succhia aria e minimizza possibilità di intrappolare bolle d’
aria. I vapori sviluppati durante la
preparazione del cemento, sono monomeri volatili e tossici. Anche preparando cemento sotto vuoto, si
formano bolle, che vengono liberate dal polimero. Comunque, il cemento polimerizzato può presentare delle
bolle : debole una volta messo dentro il paziente. Le protesi cementate si mobilizzano prima. In certi casi la
stabilità primaria è fondamentale, e viene garantita dal cemento.

Immagine di una tecnica attraverso il cemento. Preparo il canale, e alla fine del canale metto un tappo che impedisce
al cemento di fluire, di perdersi nella diafisi femorale. Dall’
altra si ottiene pressurizzazione quando inserico la protesi :
cemento risale tra protesi ed osso in maniera più efficacie. Quando non ho cemento la protesi è direttamente a
contatto con le pareti del canale midollare.

DESIGN STELI CEMENTATI

Prima generazione di steli cementati sono quelli monoblocco, con la Charnley e Thomson. Sono steli a
banan a lisci, monobl occo , con limitato numero di taglie e cem ento uniformemen te distribu ito

La seco nda generazione sono invece gli steli come quello autobloccante di Muller. Sono steli a lama
strutturati, modul ari, con ampi a gamm a di taglie e Cemento in A/P , pressf it biocorti cale M/L.
Spesso si chiamano col nome di un personaggio, normalmente chirurgo. Sono tutti chirurghi che hanno
individuato diversi design di protesi. Stelo sottile, a sezione rettangolare. Questo stelo cerca di avere
cemento in posizione anteroposteriore, ma di bloccarsi in direzione medio laterale. Il cemento risale
principalmente in direzione anteroposteriore, mentre il mediolaterale si appoggia sulla corticale del
femore stesso.

Terza generazione : Exeter e derivati, sono steli sottili , lisci lucid ati a specchio, con taglie a
svil uppo tridimension ale, spigol i smussati , centratori distali e prossi mali , e omogena
distribu zione del cem ento. Sono steli che possiamo trovare lucidati a specchio. Chi lo vende
asserisce che lo stelo offre meno resistenza alle pareti, entra più facilmente. Con lo stelo cementato in
realtà lo strato superficiale della protesi conta poco. Questo è il primo stelo dove ho centratori distali e
prossimali. Mentre nella protesi non cementata, essa viene forzata nel canale, seguendo la forma del
canale, in quella cementata c’ è errore di posizionamento. Ho tappo di plastica delle dimensioni della
fine del foro che ho ricavato. Quel tappo si colloca sul diametro finale del foro, e garantisce che lo stelo
sia centrato sul foro.

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DESIGN STELI NON CEMENTATI

Per ottemperare alle regole necessarie all’


osteointegrazione sono nate diverse protesi che si possono suddividere in 4
grandi categorie :

1. Press-fi t seco ndo Spotorno

2. Press-fi t seco ndo Zweymu ller

3. Press-fi t seco ndo la scuol a U.S.A.

4. Press-fi t anatom ico

Press-fit secondo Spotorno: Stelo CLS e derivati. La porzione prossimale è l’ unica zona di appoggio e di
osteointegrazione. Dalla zona prossimale verso quella diafisiaria lo stelo si stringe e si assotiglia per evitare ogni
possibile fenomeno di stress-shielding. Sono a sezione rettangolare in cui l’ osteointegrazione è demandata alla
sola parte prossimale : solo la parte grossa si pensa fondamentale a vincolare la protesi all’ osso. Lo stelo, mano a
mano andiamo verso la parte distale, si assottiglia per evitare stress shielding. Se la assottiglio quella parte è
meno sollecitata. Nasce anche della torsione, che può essere impedita con alette che creano vincolo geometrico

Press-fit secondo Zweymuller: Stelo Zweymuller e derivati. La porzione di appoggio e di osteointegrazione è più
ampia in direzione medio-laterale e comprende tutta la zona metadiafisaria. Protesi massiccia, con grossa
porzione prossimale, determinando la parte distale grossa, in modo tale da non rompere la protesi. Il contatto nel
canale è di tipo biocorticale, mentre la stabilità rotazionale è data dalla forma a cunea e dalla sezione
quadrangolare. Caratteristica di questo stelo è il riempimento del gran trocantere con una protuberanza a
sperone prossimo-laterale.

Press-fit secondo la scuola U.S.A : Stelo Osteonics e derivati. Sono steli di derivazione cementata. L’ appoggio
non privilegia più le corticali medio-laterali, ma si distribuisce anche su quelle antero-posteriori. La stabilità
rotazionale e anti-affondamento è più precaria e dettata solo dal corretto dimensionamento dell’ impianto. Stelo
osteonics, rivestimento di idrossiapatite nella parte prossimale. L’ appoggio è anche anteroposteriore in questo
caso. La protesi ha vita più lunga se mi appoggio anche in senso anteroposteriore non solo medio laterale.

Press-fit Anatomico Stelo ABG e derivati. Sebbene sia ancora diffuso, soprattutto per capacità di marketing, il
concetto di protesi anatomica è in declino. Si basa sulla riproduzione il più congruente possibile del design
femorale fisiologico, che ha una curvatura mediale. La stabilità di questi impianti è piuttosto labile, tralasciando
completamente le anatomiche e soggettive antiversioni del femore. Se si credesse ad una riproducibilità dell’
anatomia, si dovrebbe optare per le custom made. Pressfit anatomico, rispetto a tutti gli altri steli, questo ha una
curvat ura anteropo sterio re come la curvatura del femore. Se mi devo adattare bene ad appoggiarmi al femore,
se gli do già curvatura che ha femore naturalmene, questo effetto riesco ad amplificarlo : ragionamento corretto
se si disponesse di stelo per ogni paziente, ognuno ha la sua curvatura. Steli custom made : steli costruiti in base
alla anatomia del paziente, specifici per quel paziente. Steli che si adattano perfettamente all’anatomia del
paziente.

DESIGN ACETABOLI

Vediamo i design acetabolari a disposizione del chirurgo, e vedremo le cause di fallimento dei dispositivi, per avere a
disposizione dei dati sui quali ottimizzare le protesi, capendo i problemi che affliggono le protesi d’
anca.

Ho tre tipolog ie di cotili a disposizione del chirurgo :

1. Press-fi t

2. Ad espansion e

3. Ad avvi tamento

Press-fit : Utilizziamo quasi sempre il press fit . Quelli ad espansione hanno diffusione limitata. Sono oggi
in assoluto i più diffusi. Hannop una forma emisferica con schiacciamento polare per migliorare il
contatto e per affondarlo in modo corretto. Per anni è stato associato all’ uso di viti per una perplessità
diffusa circa la stabilità primaria. Oggi il numero di impianti ed i modelli di cotili che non prevedono l’uso di viti sono in
aumento costante. I press fit hanno una forma emisferica dove la parte polare è tagliata e schiacciata. Press fit
significa che funziona come lo stelo press-fit. La sede sferica ricavata nell ’ acetabolo è un pochoino più piccola dell’
acetabolo stesso. Creo interferenza tra acetabolo e sede acetabolare preparata dalla fresa. La stabilità secondaria è
demandata da crescita ossea su acetabolo che deve avere rugosità adeguata per ricrescita ossea. Vediamo fori sulla
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superficie acetabolare : sedi attraverso cui il chirurgo fa passare viti per ancorare acetabolo a osso. Questo, in
pazienti anziani, determina una qualità acetabolare non eccelsa per determinare tenuta del press fit. L’ osso è magari
più compatto della sede acetabolare, quindi utilizziamo viti che passano attraverso i fori, vanno a mordere l’ osso dove
è più compatto garantendo migliore tenuta. Foro in zona polare è filettato e utilizzato per connettere l’ acetabolo allo
strumentario.

Abbiamo anche cotili press fit monoblocco. Concettualmente sono come i cotili press-fit; se ne
differenziano per almeno 3 ragioni : -un design non totalmente emisferico, ma più ridotto nella
parte postero-mediale per favorire l’ articolarità -L’assenza di una interfaccia tra metallo e
polietilene, che riduce significativamente i rischi di debris -Il peso nettamente inferiore ed il
conseguente maggiore modulo di elasticità. L’ immagine di prima era del metal back,che deve
essere fissato in un opportuno inserto. Esistono design dove inserto e metal back sono un
pezzo unico. Polietilene ricoperto da shell in titanio (per plasma spray) , però lo consideriamo
un pezzo unico fatto da inserto e metal back.

Cotili ad espansione . Il cotile ad espansione, introdotto da Spotorno, vuole integrare un’ idea
non demolitiva e l’elasticità della protesi rispetto all’
osso. La dentatura garantisce un’
assoluta stabilità primaria grazie anche alla capacità di adattamento dei raggi alle pareti.
Hanno forma particolare, dentini su superficie esterna, per conficcare acetabolo all’ interno
della sede ossea. Il vantaggio è che, la corretta preparazione della sede
implantare,importante per stabilità primaria, non è cosi essenziale. Il cotile si fissa all’
acetabolo grazie a quei dentini che mordono l’ osso su tutta la superficie : questo da
stabi lità primaria . Ho anche 6 scanalature sull’ acetabolo. Scanalature permettono di dare
elasticità all’
acetabolo. Esso viene impiantato chiuso, ho una faccetta , che da una forma di
semisfera schiacciata, i petali del cotile sono chiusi. Una volta impiantato nella sede
acetabolare, la faccetta viene rimossa, garantendo miglior fissaggio del cotile alla sede
acetabolare : i denti si conficcano in maniera corretta nell’ osso. Essi erano diffusi perchè associati a un tipo di stelo
molto diffuso. La diffusione dello stelo, e il marketing della casa produttrice, ha permesso all’ acetabolo di avere
grande successo insieme allo stelo. Nel caso di revisione, estrarre il cotile senza distruggere sede ossea era diffcile.

Questo stesso motivo è alla base della obsolescenza dei Cotili avvitati : L’ acetabolo aveva
nella parte a diametro più grande un filetto presente sulla superficie esterna del cotile : una
volta piazzato nella sua sede finale veniva avvitato nella sede ossea. Bastava avvitare il
cotile, che si fissava in maniera egregia all’ osso : ottima stabilità primaria, ma , nella stessa
maniera, nel momento della rimozione nascevano grossi problemi, e questo cotile non viene
più utilizzato. Sono anche esistiti steli avvitati, dove la parte dello stelo portava un filetto
autofilettante, avvitando lo stelo all’
interno dell’ osso. Il concetto si basa sull’
uso di una
coppia di filettature da avvitare nella cavità acetabolare. La filettatura aggressiva penetra
nelle pareti ossee garantendo la stabilità del componente protesico. Molto utilizzato negli
anni ‘ 80 e nei primi anni ‘90. Vive oggi una stagione di declino, perchè tante revisioni in
corso hanno evidenziato i danni di invasività e di demolizione delle pareti(mediale) e del
fondo. Questo stelo funzionava, il suo problema era la revisione. Dopo un tot di anni, se quello stelo avrebbe dovuto
essere sottoposto a revisione, questa operazione sarebbe risultata difficoltosa.

CAUSE DI FALLIMENTO

Tendiamo a classificare le cause di fallimento in base al momento in cui si presenta rispetto all’
impianto :
suddivise in breve, medio e lungo termine. Breve termine intendiamo le cause che intervengono appena
dopo l’impianto della protesi : immediato post operatorio, e qualche giorno dopo l’
intervento. Per cause
medio termine intendiamo tra un mese fino a un anno, lungo termine da un’ anno e mezzo fino alla fine
della vita utile della protesi.

Tra i fallimenti, molte di queste tipologie verranno descritte nel dettaglio, ma valgono anche per altri tipi di dispositivi.

 A BREVE TERMINE : Mobilizzazione settica - Lussazione ricorrente - Allergia

 A MEDIO TERMINE : Cedimento strutturale - Mobilizzazione asettica per : stress shiedling/cedimento


del manto di cemento

 A LUNGO TERMINE : Cedimento strutturale a fatica - Mobilizzazione asettica per : osteolisi


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periprotesica da frammenti

A BREVE TERMINE

Per cause di fallimento a breve termine intendiamo quelle scritte. Benchè queste cause di fallimento intervengano
subito dopo l’ impianto, esse sono una percentuale importante tra le cause di fallimento totali. Il 10% delle protesi
fallisce, e di questa percentuale, una buona parte, è dovuto a questo tipo di fallimento.

Mobilizzazione settica : la protesi deve essere rimossa perchè non garantisce stabilità primaria a causa di una
infezione. Nel post operatorio, pochi giorni dopo operazione, si scatena infezione attorno allo stelo artificiale, o all’
acetabolo artificiale. Da dove deriva questa infezione ? Primo, può essere perchè impiantiamo un dispositivo non
sterile, sul quale sono presenti dei microorganismi che causano infezione, o per il fatto che durante l’ atto operatorio
stesso intorduciamo dei microroganismi : ambiente non è totalmente sterile o lo strumentario. Oppure tutto è sterile,
ma il paziente, tornato in reparto, prende infezione. Il microorganismo si attacca in maniera preferenziale sulla
superficie artificiale, costituita da componenti protesici. Infezione viene dall’ esterno, ma trova manifestazione sul
dispositivo protesico. In che maniera incide la presenza di infezioni ? rappresenta il 5/10 % di tutte le cause di
fallimento (sepsi). Quale è la probabilità di impiantare dispositivo non sterile ? Tutti i dispositivi impiantati nel corpo
umano devono essere sterili. La sterilizzazione di questi dispositivi impiantabili viene fatta direttamente dal fabbricante,
ma tutte le componenti sono sterilizzate terminalmente direttamente dal fabbricante. In sala operatoria arrivano i
pacchetti già sterilizzati, e confezionati perchè venga mantenuta la sterilità. Come fa il fabbricante a sterilizzare ?
Abbiamo diversi metodi, le parti metalliche della protesi, vengono generalmente sterilizzate mediante radiazione e
raggi beta o gamma che uccidono la popolazione di microorganismi. Il fabbricante non ha generalmente facilities di
irraggiamento, ma abbiamo fabbriche che fanno servizi di sterilizzazione. Le parti plastiche, polietilene, inserti della
protesi d’ anca, vengono sterilizzati a ossido di etilene, tossico, che uccide le popolazioni di microorganismi. I raggi
invece tendono a modificare la struttura delle catene del polietilene, infragilendolo. Una volta che l’ inserto viene
esposto a questo osso, essendo gas tossico, è necessario che lo stesso prodotto venga messo in quarantena per il
degasaggio, dando tempo al gas entrato all’ interno alla struttura, di andarsene, avendo a disposizione qualcosa di non
tossico. La quantità di raggi che va a investire lo stelo, ma anche la quantità di gas a cui deve essere esposto il
pezzo, sono codifi cati con norme: se vuoi un certo livello di sterilit à, serve una certa quantità di raggi per un certo
tempo. Preventivamente a immissione in commercio, e per ottenere una certa certificazione a livello europeo,il
fabbricante deve dimostrare che i processi di sterilizzazione che utilizza sono validati : quella quantità di raggi su quel
pezzo determinano sterilità del pezzo. Le norme internazionali sono concepite per definire livelli di sterilizzazione tali
per cui otteniamo probabilità di avere dispositvo non sterile in confronto a popolazione più ampia di dispositivi : il
processo deve garantire un SAL pari a 10 alla meno 6 : se io sterilizzo un milione di pezzi a quelle condizioni, al
massimo posso avere un pezzo non sterile. Una probabilità estremamente bassa. Il fabbricante che sterilizza
terminalmente i dispositivi, è sicuro di fornire all’ ospedale un certo numero di pezzi sterili. Se il dispositivo è
sterilizzato terminalmente, non è quello che influisce sull’ insorgere di una sespi : ho livello talmente alto di garanzia
che il problema non sta li. Possono succedere delle cose : il dispositivo viene sterilizzato in un confezionamento
validato anch’ esso da chi fa certe protesi. Nel caso in cui il packaging dovesse rompersi, il dispositivo non è più
sterile. Le garanzie sono abbastanza alte : normalmente, un dispositivo come lo stelo, non ha singola scatola in cui è
contenuto, viene impacchettato nella doppia/tripla busta. Perchè si scatenano le infezioni quindi ? Probabilmente per
le altre cause elencate : microroganismo introdotto all’ atto operatorio, o infezione viene dall ’esterno, paziente investito
una volta tornato in reparto. Se l’ organismo viene introdotto durante l’ atto operatorio, ho probabilità più alte :
operazione di protesi d’ anca viene fatta in una stanza non perfettamente sterile, con al suo interno macchinari e
strumentazioni non tutte necessariamente sterili. Al suo interno ho persone, chirurghi e personale infermieristico. Ho il
campo operatorio : parte del paziente che stiamo operando tenuta maggiormente sotto controllo. Nel campo
operatorio non possiamo introdurre nulla che non sia sterile. Lo strumentario per impiantare la protesi, non viene
venduto all’ ospedale, ma il fabbricante lo da in uso agli ospedali. L’ ospedale, una volta eseguito l’ intervento, se ha
delle altre operazioni da fare, prende i pezzi,li pulisce e li sterilizza nell’ ospedale stesso. Generalmente utilizzano
sterilizzazione a vapore, e , attraverso l’ azione a vapore e l’ effetto di temperatura, ho cicli di sterilizzazione validati che
garantiscono di avere determinati livelli di sterilità. Lo strumentario sfugge un pò al controllo del progettista : una volta
che esce dalla fabbrica, che sia sterile o meno, dipende dalla fabbrica. Sulla possibilità che l’ infezione sia portata sul
campo operatorio, qualche probabilità c’ è. Questo è più probabile che accada rispetto a impianto di componente
non sterile. Terza opzione, tutto funziona bene in reparto, nascono problemi quando il paziente torna in reparto : i
malati sono portatori di agenti patogeni che risiedono nei loro corpi. Contatto tra paziente e un altro mediato esiste, e
ho contatto tra infermiere che va da uno e dall’ altro. Si cerca di andare a monte del problema, progettando gli ospedali
evitando le cross contaminazioni. L’ altro sistema di prevenzione : da quando gli ospedali hanno introdotto un
dispenser, i tassi di proliferazione di infezioni sono crollati, dimostrando che è il parente che entra dentro con mani
sporche, o infermiere. Delle tre possibilità, la parte più strettamente progettuale, è quella meno critica : gli alti tassi di
infezione sono dovuti a contaminazione nell’ atto operatorio o post operatorio. Se insorge infezione, uso antibiotici, ma
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se questo non funziona, e l’ infezione è particolarmente radicata, bisogna togliere il componente protesico e
impiantarne un altro. Dobbiamo aprire il paziente, togliere la protesi, eseguire lavaggi, e , se tutto va bene e se l’
infezione non è cosi importante, si reimpianta subito un nuovo stelo sperando di sconfiggere così l’ infezione.
Abbiamo casi in cui l’ infezione è talmente radicata che non si può da subito reintrodurre un nuovo stelo : sarebbe
ulteriormente rischiosa, li , di nuovo, il batterio rimasto, può nuovamente attaccarsi e scatenare un’ infezione. Se ho
messo protesi al paziente, una volta tolta non è più in grado di muoversi. Possiamo mantenerlo a letto prima che
regredisca l’ infezione, scelta che ha ricadute sulla ripresa del paziente. Mentre si aspetta che l’ infezione passi,
vengono utilizzati degli spaziato ri. Stelo e testa sono un pezzo unico, se c’ è infezione stelo e acetabolo entrambi
vengono tolti. Può essere usato lo spaziatore : stelo con testone che può articolare in acetabolo naturale, o ciò che
è rimasto, fatto in polim etilm etecrilato, additi vato con antibi otici . Vantaggio rispetto a terapia sistemica : l’
antibiotico viene rilasciato localmente dove ho infezione, per effetti diffusivi, e il combattimento contro infezione risulta
efficacie se l’antibiotico rimane li. Un altro vantaggio è che il paziente con lo spaziatore può deambulare, anche se
ho materiale molto più debole dello stelo definitivo, ma comunque ha caratteristiche meccaniche sufficienti perchè nel
tempo che serve a sconfiggere l’ infezione, il paziente non sia obbligato a rimanere a letto. Si garantisce al paziente
qualità di vita decente. Utilizzo di spaziatori permette recupero sociale. Gli spaziatori possono rimanere qualche mese,
sufficiente perchè infezione sia sconfitta, e procedere ad altro atto operatorio, in cui viene inserito stelo definitivo.

Altre due caratteristiche sono lussazione ricorrente e allergia. Lussazione : appena al paziente viene caricata la
protesi, questa non sta insieme : testa femorale lussa da componente acetabolare. Può essere dovuta a scorretta
esecuzione di atto operatorio, in termini di malposizionamento relativo tra le due componenti. Facile sbagliare
inclinazione della coppa acetabolare piuttosto della componente femorale che non ricoprirebbe in maniera adeguata la
testina del femore : i due pezzi non starebbero più assieme. Se la causa è di questo tipo, non possiamo fare molto:
vanno rimossi e posizionati in maniera corretta. Possiamo evitare di rimuovere metal back e usare inserti antilussanti,
che offrono una ritenzione dal punto di vista geometrico maggiore.

Allergia. Le allergie sono molto diffuse, e in questo caso appartengono a materiali che fanno parte delle leghe da
costruzione dei nostri dispositivi. Nella popolazione abbiamo alta percentuale allergica ai vari componenti di lega ,
determinando risposte drammatiche all’ impianto del componente che contiene questi materiali. Cosa si fa ? Utilizzo
dispositivo costruito con materiale diverso. Spesso le allergie non sono singolo elemento, ma più elementi : devo
trovare soluzione alternativa. Non ho infinità di materiali disponibili. Spesso non siamo estremamente allergici a tutti i
materiali, ma solo ad alcuni. Dobbiamo scegliere il materiale più opportuno. Deve essere fatto nel preoperatorio. In
certi casi, si trova che il paziente è allergico a quel determinato materiale una volta impiantato all’
interno del corpo.
Abbiamo altri trovati a livello di tecnologia che tendono a smorzare questo fenomeno : ricoprimenti su determinate
componenti metalliche, che schermano il materiale originario con materiali più biocompatibili. Il corpo del tessuto
biologico si interfaccia con materiale più inerte, e i produttori spacciano i coprimenti come anallergici : diminuzione di
allergia in pazienti sensibili a questo.

A MEDIO TERMINE

Medio termine. Cedimento strutturale, o mobilizzazione asettica (da un mese, fino a qualche anno)

Per Cedimento strutturale , intendiamo cedimento solo delle componenti ceramiche. Anche nel medio termine, una
componente ceramica, può incontro a rottura. Questo cedimento non è a fatica. O testina, o inserto, generano al loro
interno una cricca propagata nella componente, che può rompersi in maniera drammatica. Questa cricca del
fallimento può essere causata durante l’
atto operatorio: quando impatto l’
inserto acetabolare o la testina sopra lo
stelo, l’
impattazione può causare problemi che vedo nel breve termine con cedimenti strutturali delle componenti
ceramiche, unica componente che può andare incontro a fallimento. Non avrò mai cedimento strutturale del metal
back, a meno che non ci siano fenomeni strutturati.

Mobilizzazione aset tica : vengono amplificati i fenomeni di stress shielding : importante riassorbimento osseo,
abbastanza veloce , che determina mobilizzazione dello stelo. Si riassorbe parte prossimale del femore. Se la parte
prossimale dello stelo è poco fissata all’ osso, e se la stabilità secondaria non risultate efficacie, può succedere che il
paziente si sente male : mobilizzazione della protesi può causare del dolore, oppure, anche se non si accorge che la
protesi è clinicamente mobilizzata, questa mobilizzazione sovraccarica lo stelo che può cedere a fatica. Se l’ entità
della mobilizzazione è data da riassorbimento dell’ osso, questa può esser concausa anche di problemi per lo stelo.
Essa può avvenire in protesi cementate per fenomeno dello stresss shielding, determinando revisione diretta della
protesi, o problemi allo stelo : non più vincolato alla parte prossimale. Nel caso in cui venga utilizzato il cemento, a
medio termine può cedere il cemento: plastica con caratteristiche meccaniche meno importanti dei metalli. Il manto di
cemento può cedere,o in una delle due interfaccie, oppure può cedere di per sè. Abbiamo anche in questo caso
mobilizzazione asettica , oppure anche in questo caso possiamo arrivare a rottura dello stelo.Possiamo anche
intendere cedimento strutturale di parti metalliche non più vincolate all’osso (anche se prima ho scritto cedimento
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strutturale dovuto solo a cemeramica) : causa primaria è mobilizzazione asettica : due cause di fallimento a medio
termine. I detriti di polietilene determinano mobilizzazione asettica. Quali sono i meccani smi di usura coinvolti nella
generazione del detrito ? Questi sono abrasiva, adesiva e da terzo corpo. Sono coinvolte tutte e tre queste. Quella
abrasi va : dove esistono le condizioni , con i due corpi a contatto soggetti a moto relativo. La condizione è della
testina premuta contro inserto acetabolare e moto relativo, durezze diverse : si usura uno e non l’ altro. Anche nel caso
in cui i due materiali hanno la stessa durezza, si produce ugualmente usura. Non è necessario che uno dei due
componenti sia più duro dell’ altro. Esiste anche l’
usura adesiva, dove le forze di contatto sono molto alte, con
condizioni per cui l’ usura adesiva abbia luogo (microfusioni a livello microscopico che vengono staccate dal
movimento relativo delle due componenti). Entrambe producono detrito di grandezza submicrometrica, generando
fenomeno di osteolisi. Usura da terzo corpo : distacco di particelle dal materiale più tenero dovuto all’ azione di terzo
corpo che si interpone tra i primi due : testina e inserto. Terzo corpo : elemento estraneo a questi due che si interpone
tra testina e acetabolo. Il terzo corpo non è ne testina ne acetabolo. Da dove arriva questo terzo corpo ? Nel caso di
protesi cementate sono piccoli pezzi di cemento che sfuggono alla vista del chirurgo , frapponendosi tra testina e
acetabolo. Seconda fonte sono i frammenti d’ osso. Possibile che piccoli frammenti di osso si frappongano fungendo
da terzo corpo. Terza ipotesi, terzo caso , è che dei cristalli di sale presenti nei fluidi corporei si interpongano tra
testina e aetabolo. Cristalli di sale e osso possono scatenarsi in qualunque protesi d’ anca, mentre il frammento di
cemento si intrapone solo nel caso di protesi cementata. Terzo corpo : micropunte che si mettono tra testina e
acetabolo e scavano in maniera moolto efficacie. Quando si scatena questo tipo di usura il processo è fortemente
accelerato. Le due superfici articolari sono congruenti : geometria identica, dimensioni leggermente diverse, quindi,
quando il detrito, pezzetto, si infila dentro, è molto complicato che possa uscirne : le due superfici sono tali da
impedire la fuoriuscita del pezzettino. Risulta quindi molto difficile che venga prodotto il detrito e poi si abbia caduta
della produzione di detrito, motivo per cui nelle protesi d’ anca il rischio è molto elevato, e anche la percentuale di
segmenti dovuti ad usura rende ancora essa una delle cause più frequenti di fallimento.

A LUNGO TERMINE

Lungo termine : cedimento strutturale a fatica,o mobilizzazione asettica per osteolisi periprotesica da frammenti.

Cedimento Strutturale a Fatica : limite sopportabile dal materiale, si rompe lo stelo. Esso è praticamente correlato
solamente a rotture dello stelo. Se anche il collo è modulare, se lo stelo non è più un singolo pezzo, ma parte in cui
incono il collo del femore, si arriva a saturare la resistenza a lungo termine del materiale. Anche lo stelo si rompe.

Possiamo anche avere mobil izzazione aset tica per osteol isi periprotesica da frammento : l’ usura delle
componenti produce dei detriti che sono detriti submicrometrici che hanno come effetto quello di richiamare macrofagi
che insieme all’ inglobamento del piccolo detrito, mangiano anche parte dell’
osso : protesi si mobilizza : problemi
strutturali e dolore del paziente. Il problema scatenante è usura della componente acetabolare che avviene da subito :
si staccano pezzi di polietilene, ma nel medio breve termine non scatenano nessun effetto. Nel lungo termine l’ azione
dei macrofagi deve smangiare parte di osso sufficiente a determinare mobilizzazione asettica.

PRODUZIONE DELLA PROTESI

Prima operazione sulla produzione di questo tipo di protesi è la performatura. Dalla forma cilindrica viene ottenuta
una forma diversa. Poi ne abbiamo una manuale,protesi scaldata, e poi stampaggio. Forma abbozzata viene messa
nello stampo, dove ottengo la forma dello stelo della protesi. La protesi viene poi buttata all’ interno di vasconi
contenenti delle piccole piramidi di materiale ceramico(abrasivo). La protesi ne esce priva di spigoli. Possiamo avere
attacco acido, con certo grado di finitura superficiale. Rugosità può essere ottenuta meccanicamente,o sottoponendo
la protesi ad attacchi acidi. Abbiamo poi fase di cali brazione : ulteriore stampaggio. Lo stampaggio sono più fasi. Poi,
quello che esce dallo stampo, è una protesi che deve essere ulteriormente rielaborata, soprattutto nella parte del
collo, parte terminale conica della protesi, con tolleranze strette : si deve accoppiare con collo della testina. Queste
tolleranze possono essere generate solo con lavorazione per apsortazione di truciolo. Tutta la fabbricazione viene
fatta in regime di qualità ,garantendo che il pezzo abbia certe dimensioni di progetto. Abbiamo poi operazione di
sabbiatura : rugosità viene ottenuta sparando microsfere sulla superficie della protesi. Abbiamo poi controllo a liquidi
penetranti, un pezzo per volta viene messo in soluzione visibile sotto raggi particolari, e , il pezzo pucciato in questi
liquidi viene esaminato dall’ operaio, e, se ho cricche a livello superficiale , il liquido in cui è pucciato il pezzo penetra
nelle cricche, e posso scartare alcuni pezzi se presentano cricche superficiali. Se ho tracce di liquido sulla superficie
del pezzo, vuol dire che è da scartare perchè difettoso. Questo controllo viene fatto su ogni singolo pezzo che esce
dalla catena produttiva. Abbiamo poi operazione di pulitura con carte. Una parte ha forma dello stelo definitivo, ma
ho delle punte che permettono di mangiare l’ osso. La raspa, inserita nel canale midollare, determina forma corretta
dello stelo che vogliamo impiantare. Per ogni tipologia di stelo ho una raspa. La forma definitiva è ottenuta con
utilizzo di più raspe, arrivando a forma e dimensioni corrette.

21
Quali sono gli sviluppi che oggi si vedono in process ? (che hanno applicazione clinica ma non sono del tutto diffusi).
Ho stelo tradizionale e stelo di nuova generazione. Ho risparmiato una porzione di femore che può risultare utile nel
momento di un secondo impianto. Al secondo impianto posso metterci questo : lo stelo da revisione può essere
inserito se ho messo un certo tipo di stelo (corto) al primo impianto, a risparmio della componente ossea.

Lo stelo ha una struttura diversa dagli altri steli. La trabecolatura non viene ottenuta come lavorazione finale dello
stelo e lavorazione superficiale. Essa stessa è parte del processo produttivo. Quella protesi è ottenuta con
tecnologie di additi ve manuf actorin g : stampa 3D di metalli. Questa stampa è un processo che si sta espandendo e
trova applicazione importante nei dispositivi impiantabili, processo che parte da polveri di materiale, e , attraverso
processo di sterilizzazione con fascio laser, fonde localmente particelle della polvere di titanio per ottenere forma
finale. Ho tecnolgia pulita : polveri di titanio, e pezzo che esce da stampante 3D è un pezzo pulito. Quando vengono
utilizzate altre tecnologie il pezzo va lavato. Oltre a non avere microorganismi sopra, non deve avere olii, quindi deve
anche essere lavato. Non ho agenti lubrificanti da utilizzare durante il processo. Oltre agli steli, posso anche fare
coppe acetabolari. Le polveri in titanio vengono caricate, e la polvere viene ridistribuita su una superficie da un carrello
che distribuisce uno strato molto sottile di polvere, poi , un raggio a elettroni, fonde la polvere nella forma dello strato
che do in pasto alla macchina. Una volta fuso lo strato, ho sistema di movimentazione : nuovo strato di polvere viene
deposto, e un nuovo strato viene fuso sopra lo strato precedente. Ottengo così più strati e la forma finale del pezzo :
semisfera che rappresenta l’ acetabolo. Dallo scatolotto non esce direttamente la forma finale ma un tubo di polvere
non sinterizzata con all’ interno i pezzi sinterizzati. Soffio via la parte di polvere non sinterizzata ottenendo i cotili finali.
Questo è vantaggioso per il fatto che riesco a fare molti più pezzi in un singolo job : ogni costruzione è un job.
Posso ottenere tanti pezzi contemporaneamente, soprattutto per quei pezzi che consentono posizione intelligente.

Svantaggi ? il funzionamento della tecnologia della stampante 3D è molto complessa, devo settare i parametri
produttivi della macchina in manera precisa : tecnologia nuova, se cambio un pò la forma devo mettere a punto un
nuovo processo.

Posso giocare sulla forma esterna della trabecolatura. Siccome la macchina con un minimo sforzo è in grado di
stampare qualsiasi forma , questa è la tecnologia più centrata per protesi ricostruite sulla geometria del paziente(la
3dmanufactoring). Quando il paziente ha un osso altamente deformato, lo stelo standard potrebbe non adattarsi in
maniera sufficiente all’anatomia del paziente. Oggi un utilizzo di questa tecnologia viene fatto per ricostruire intere
parti del bacino in pazienti affetti da tumore. Emibacino : ricostruito specularmente alla parte sana del bacino del
paziente creando forme davvero complesse : devo addattarmi al bacino. Diventa fondamentale andare a progettare la
trabecolatura perchè si adatti al resto dell ’osso del paziente che sto considerando.

Esercitazione protesi d’ anca stress shielding (vedi foglio esercitazioni). Quantifichiamo l’


effetto dello stress shielding.
Utilizzo di materiali più grossi e resistenti genera fenomeno di stress shielding come abbiamo visto prima. Le protesi d’
anca sono prodotte in taglie differenti, avendo diverse dimensioni, da 8 a 16, con differente lunghezza della parte dello
stelo per andare a fissarsi più o meno distalmente.

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2. PROTESI DI GINOCCHIO
I passaggi che faremo saranno : Biomeccanica, patologie, disegno, fallimenti. Cerchiamo di capire come funziona
questa articolazione, valutando le patologie che portano alla necessità di protesizzazione e
valutando i disegni di utlizzo. Analizzeremo anche le tipologie di fallimento, all’
interno delle
quali vedremo nel dettaglio il problema delle usure, leggermente più complicato.

BIOMECCANICA

Per quanto riguarda l’ articolazione del ginocchio, le cose sono più complesse. La protesi d’
anca aveva un accoppiamento sferico. In questo caso, abbiamo più componenti di geometrie
differente coadiuvate da un sistema legamentoso più complesso di quello dell’ anca. L’
accoppiamento sferico era intrinsecamente stabile, non avevamo bisogno di compo nente
legamento sa. Nel ginocchio, le superfici articolari non sono congruenti alla perfezione. Il
ginocchio è composto, dalla parte distale del femore, che termina con due condili in cui essi
vengono divisi da un solco, e parte prossimale, pressochè piatta. L’
articolazione sono due condili che si
muovobo su una superficie più o meno piatta : questo garanti sce libert à, 6 gdl, maper avere movimenti fisiologici ci
dobbiamo garantire stabi lit à dell’ articolazione data da legamenti e meni schi . I menischi sono anelli cartilaginei
adesi alla superficie piatta della tibia che offrono conten imento laterale e anteropo sterio re ai condil i femorali. La
superficie piatta della tibia è poco congruente al femore : ci siamo evouti aumentando la superficie di contatto tra
femore e tibia grazie ai menischi, fatti di cartilagine, che contengono una porzione di condili che entra in contatto con
la tibia.I condili sono essi stessi rivestiti da catilagine. Una parte della
stabiità dell’articolazione è garantita dai menischi, e anche dai
legamenti del ginocchio. Abbiamo due legamenti colaterali e due
crociati che entrano in azione in corrispondenza di diversi
movimenti che il ginocchio può fare, impedendo che i movimenti
possano causare lussazione dell ’ articolazione. I due legamenti
crociati si incrociano nell’articolazione stabilizzandola ulteriormente.
Si dividono 3 compartimenti (importanti anche dopo per
classificazione protesi ) :

 Femoro-rotuleo

 Femoro-tibiale mediale

 Femoro-tibiale laterale

Il compartimento femoro rotuleo : terzo osseo , patel la o rotula,


scorre nel solco intercondoloideo, canale nei condili che scorre sulla
superficie cartilaginea del femore con funzione di aiuto all’ azione
muscolare, di un muscolo che parte dalla coscia a sei attacca alla
tibia. L’
azione di carrucola moltiplica l’efifcacia del muscolo attaccato,
non determinando azione articolare, quanto una funzione di aiuto alla
muscolare. In qualche maniera, femore e tibia vengono cosi
connessi, schiacciati contro la rotula, la patella ,che tiene anche lei
assieme l’ articolazione.

A che tipo di cinematica è soggetto il ginocchio ? Abbiamo una


cinematica compl essa. Prevalentemente, abbiamo rotolamento con strisciamento,specialmente nel piano sagittale.
Nell’anca avevamo rotazioni relative, qui abbiamo movimenti numerosi , 3 : flesso-estesio ne, rotazione esterna e
interna, e shear. La prima è il movimento di flessione relativa tra femore e tibia : piegare il ginocchio rispetto alla
tibia. Movimento che durante il cammino è abbastanza ampio, e può arrivare a valori molto più elevati in altre attività.
Si può arrvare anche a 120 gradi di flessione. In corrispondenza di questo movimento, viene associata rotazione
interna/esterna : femore e tibia ruotano reciprocamente uno rispetto all’ altro, e questo avviene ogni volta che si
cammina : femore ruota di qualche grado, rispetto alla tibia. Abbiamo quindi un secondo movimento : rotazione
interna esterna, secondo movimento relativo tra femore e tibia. Lo shear è rotazione relativa tra femore e tibia, che
avviene agli ultimi gradi di flessione. Se l’
intera flessione fosse esclusivamente un’ azione di rotolamento del femore
sulla tibia, ad un certo punto il femore cascherebbe oltre la tibia. Quindi, a un certo punto, per fare in modeo femore e
tibia stiamo assieme è necessaria rotazione anteropo sterio re che mantenga il femore nella lunghezza della
tibia : da un certo punto in poi abbiamo traslazione della tibia rispetto al femore garantendo superficie di appoggio ai
gradi di rotazione più elevati. Ginocchio è soggetto a questi 3 movimenti reciproci. Il movimento è quindi più 23
complesso rispetto ai semplici movimenti di rotazione relativa della protesi d’ anca. Questi movimenti, anche per la
protesi d’ anca, rappresentano una componente critica. Fino a quando ruotano, abbiamo attrito tra le
componenti.Abbiamo quindi coefficiente di atttrito radente diverso da quello volvente.Lo strisciamento relativo è una
sfortuna : azione di attrito più importante e problem atiche di usura ingrandi te rispetto all’ anca.

PATOLOGIE CHE PORTANO ALLA PROTESIZZAZIONE

Capito come funziona l’


articolazione e i requisiti interni che la protesi deve andare a garantire, vediamo quali sono le
patolo gie che possono portare a protesizzazione. Ho dei processi degen erativi :

 Artrosi deformante primaria

 Artrosi deformante secondaria a processi che hanno modificato i rapporti anatomici e funzionali quali : traumi
e processi infiammatori (artriti)

Si parla sempre di ossa rivestite di cartilagine, e le patologie sono pressochè simili.


Fenom eni di artrosi raramente sono localzzati su una sola articolazione. I processi
degenerativi che possono portare ad artrosizzazione sono artrosi deformante
primaria e seco ndaria. Succede cosa ? La cartilagine che dovrebbe rivestire in
maniera uniforme la superficie articolare va incontro a degenerazione : cartilagine
smangiata. Questo fenomeno è autoalimentante, e la porzione di cartilagine a
sostegno dell’ articolazione è sovraccaricata rispetto allo standard naturale, e quindi
ho una condizione cronica che peggiora via via che passa il tempo. Arrivati a un certo
punto i capi articolari vanno a contatto l’uno con l’ altro e ho necessità di sostituzione
dell’ articolazione con una artificiale. Questo tipo di degenerazione può essere
innescata da traumi, non solamente dati da fratture malsaldate. Sui due condili va
una percentuale circa 60 % sul mediale, 40 sul laterale. Sono leggermente
sproporzionati, ma generalmente possiamo considerare 50% a testa. Se questo
carico è sbilanciato e passa più carico dal mediale che non dal aterale, il mediale
viene sovraccaticato e può essere scatenato il fenom eno artrosico. Possiamo
avere anche lesione del menisco, che ha una sua funzione nel ridistribuire correttamente il carico aumentando
superficie di contatto tra femore e tibia. Esse, in un soggetto privo di menischi, si scambiano la stessa forza su una
superficie di contatto minore : cartilagini sono soggette a sforzo più elevato. Togliere i menischi, pratica diffusa,
avvengono togliendo parte del menisco (operazione molto poco invasiva). Risolutiva del dolore del paziente, ma
abbiamo tolto superficie d’ appoggio del femore, abbiamo sovraccaricato la cartilagine, togliendo superficie di appoggio,
facendo crescere lo sforzo della cartilagine stessa. Traumi anche alle componenti meniscali possono richiedere
protesi quindi , non solo ossee. Trauma può avvenire anche ai legamenti. La loro attività potrebbe anche essere
compensata, ma cambia la maniera di distribuire carico tra componente mediale e laterale. Traumi a componenti
24
legamentose : sovraccarico di un componente rispetto all’
altro. In questo caso quindi il problema dei traumi sono le
considerazioni di componente ossea meniscale e legamentosa.

RIASSUNTO

Abbiamo visto come l’ anatomia del ginocchio sia più complessa e differente rispetto a quella dell’ anca, mentre nel
ginocchio abbiamo visto che le geometrie delle due componenti articolari (distale femore e prossimale tibia) non
abbiano la stessa geometria, la tibia risulta piatta. Quindi abbiamo una instabilità,demandata all’ azione di un
complesso di strutture legamentose e tendinee che la stabilizzano e che mantengono i range articolari all’ interno dei
range fisiologici, evitando lussazione dell’ articolazione. Abbiamo parlato di tutti i legamenti, collaterali e crociati.I
collaterali stabilizzano articolazione in componente medio laterale (movimenti in medio laterale sono contenuti in
parte dai menischi e in parte da questi legamenti). I legamenti crociati stabilizzano l’ articolazione in direzione antero
posteriore. La biomeccanica dell’ articolazione consiste in rotolamento del femore sulla superficie della tibia e poi
strisciamento sempre in direzione antero posteriore, altrimenti non avremmo rotolamento completo per tutti i gradi di
flessione del femore. Il femore è queindi costretto a strisciare sulla tibia per rimanerci a contatto. Questa traslazione
è limitata, o mantenuta nei range fisiologici dai legamenti crociati, quello posteriore limita la traslazione posteriore,
quello anteriore quella anteriore. I crociati stabilizzano l’
articolazione anche in rotazione interna esterna. La rotula,
osso che rappresenta la terza componente ossea, è ciò che sta sotto i tendini del quadricipite e del tendine rotuleo. Il
quadricipite femorale ha un tendine che passa sopra la rotula e si attacca nella parte prossimale della tibia. L’ azione
della rotula è quella di coadiuvare il quadricipite in estensione facilitando l’
estensione della gamba quando si
cammina : azione di carrucola della rotula. Durante l’ estensione stessa la rotula scorre nel solco rotuolideo tra i condili
femorali.

PATOLOGIE CHE PORTANO A PROTESIZZAZIONE

Nella maggior parte dei casi, le patologie si risolvono in uno scorretto bilanciamento tra il carico che va sul
compartimento mediale, e quello che va sul laterale. L’ aumento di percentuale di carico che passa dal mediale è
compensato dalle cartilagini. Se questo bilanciamento tra le due parti viene meno sovraccaricando uno dei due
compartimenti, il comparimento più caricato si trova a sopportare carico troppo elevato, e la cartilagine può andare a
compromettersi iniziando un processo artrotico, portando a degenerazione della cartilagine e contatto tra corpi ossei.
Abbiamo visto traumi/processi infiammatori. Per traumi non dobbiamo intendere solo traumi alla componente ossea,
ma l’azione congiunta di carichi e vincoli offerti dai legamenti fanno si che se le parti legamentose subiscono traumi, si
causa uno scompenso di ripartizione di carichi tra mediale e laterale :
quindi abbiamo anche traumi della parte legamentosa che inducono
degenerazioni cartilaginee.

Tra le maggiori cause abbiamo le malformazioni classiche delle gambe,


ginocchio varo o ginocchio valvo : gambe conformate a X o a O:
questo porta inevitabilmente a sovraccarico di una parte del ginocchio
rispetto all’altra che dipende da come sono posizionati gli assi anatomici
di femore e tibia. Questa è una delle ragioni più diffuse che causano
carico anomalo del compartimento, arrivando a degenerazione precoce
della cartilagine in uno dei due comparitmenti. Se la degenrazione è
importante in termini di malformazione, e se si presenta da subito,
possiamo trattarla senza ricorrere a protesizzazione. La protesi di
ginocchio dura ancora sostanzialmente meno delle protesi d’ anca. La
necessità di protesizzare o curare un tipo di patologia del genere in età
precoce porta con se il pensiero che quella prtoesi debba essere prima o
poi sostituita : sono ancora validi tutti i discorsi di revisione e
preservazione dell ’ osso. Si tende a protesizzare solo quando il paziente
non riesce a camminare in maniera assoluta, anche se le richieste di
protesizzazione sono sempre più precoci. Proprio per evitare di
protesizzare il paziente a 40 anni, per sanare la situazione di artrosi, si può ricorrere a un altro tipo di chirurgia meno
invasiva, che consente di risparmiare tessuto osseo : osteot omia.

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Ginocchio ben fatto, è quello dove l’ asse anatomico della gamba passa attraverso il centro di articolazione del
ginocchio , e finisce in quello della caviglia : gamba sana. Se questo asse anatomico è scorretto, l’ asse della gamba
passa dal centro della testa del femore e dal centro della caviglia, ma non passa più dal ginocchio. Esso passa più
verso il compartimento mediale che risulta sovraccarico e va incontro a degenerazione e artrosi. Il pensiero che sta
alla base di questa chirurgia, è quello di riportare asse anatomico nella confgurazione corretta, nel centro dell ’
articolazione del ginocchio, ripristinando la corretta distribuzione tra compartimento mediale e laterale. Come si può
fare ? Possiamo decidere di tagliare e causare frattura nella parte tibiale, a forma di cuneo, rimuovendo un cuneo
dalla parte laterale della tibia : si ruota la tibia e la si fissa con sistema di fissazione. In questo modo ho riportato asse
anatomico nella giusta configurazione, facendolo passare per il centro dell’ articolazione: ho ristabilito il
posizionamento dell’ asse anatomico.Questa è un’ operazione che evita una protesizzazione, ma operazione molto
invasiva. La si sceglie in quelle situazioni in cui l’età del paziente è giovane per mettere protesi ginocchio e doverla
cambiare.Si preferisce fare questa operazione rallentando il processo di degenerazione della cartilagine. Operazione
altamente funzionante, in quanto una persona che è sottoposta a queste operazioni è una persona che non
cammina più per il dolore. Dopo l’ operazione sono persone
che ricominciano a camminare senza problemi. Questo è
un ginocchio più soggetto a degnerazioni in età matura
(dove si protesizza) ma dopo qualche anno si compensa il
dolore.

Lo stesso tipo di operazione (prima era sottrazione) si può


fare per addizione nella parte mediale : taglio la tibia nella
parte laterale (non più mediale??????). Si interpongono
normalmente dei sostituti d’ osso (possono essere di varia
natura artificiale). Prima , nell’
osteotomia da sottrazione,
veniva fatta a partire nella parte laterale della tibia, ora si
può fare nella parte mediale per addizione . Ciò che
previene la degen razione della cartilagine è corretto
allin eam ento degli assi .

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LE PROTESI DI GINOCCHIO

Cosa si fa al secondo stadio ? Osteotomia non sufficiente, si fa protesi di ginocchio che può essere in diverse versioni.
In figura abbiamo rappresentata quella totale : andiamo a sostituire le due parti articolari, la parte dei condili (distale)
femorale e la parte prossimale della tibia. Si lavora il ginocchio in sede chirurgica ricavando la forma della parte
interna della prtoesi e si rivestono i capi articolari. Nella protesi d’anca eliminavo la testa del femore, in questo caso
parte del femore vien e solamente rilavo rato non elim inato compl etam ente. Le protesi di ginocchio sono da
rivestimen to : rivestono le parti articolari. Nella terza immagine della figura vediamo grande differenza tra ginocchio
naturale e dopo protesizzazione : vengono a mancare alcuni legamenti. I legamenti collaterali vengono mantenuti
durante la protesizzazione, a meno che non siano non funzionanti, vengono mantenuti. Vengono meno i crociati,
quello anteriore viene sempre tolto, mettendo la protesi non c’ è spazio per mantenerne la posizioni, quello posteiore
può o non può essere sacrificato. Il concetto è che, se io intendo progettare la protesi come da rivestimento, la
geometria delle componenti articolari è quella dell ’ articolazione articolare, o molto simile. Quindi, anche la protesi di
ginocchio artificiale è scarsamente congruente. Il ginocchio era poco congruente di suo, ma aveva i legamenti che lo
tenevano assieme nelle attività di cammino. Faccio una protesi a somiglianza di quella naturale, e ho ancora
articolazione artificale poco congruente : devo ancora affidarmi all’ azione dei legamenti per stabilizzazione dell’
articolazione, o prevedere disegno particolare di una delle due componenenti, perchè l’ instabilità intrinsica che nasce,
deve essere compensata da disegno della protesi,che mi permetta di far si che le due estremità non si lussino. Se si
può (paziente ha componente legamentosa efficiente)si mantengono tutti i legamenti efficienti, a parte il crociato
anteriorie. Nel caso in cui non ci siano o non funzionano, devo inventarmi qualcosa per compensare quest’ azione dei
tessuti molli. Abbiamo protesi pensate per mantenere legamento crociato, altre in cui il legamento viene eliminato.
Questa è una prerogativa delle protesi di ginocchio. La congruenza delle superfici garantiva stabilità delle
articolazioni. Ora, stabilità dell’
articolazione, che è condizione fondamentale per garantire funzionalità, o è garantita
dai legamenti che rimangono, o dal progettista che disegna protesi intrinsecamente stabile. I chirurghi ritengono che il
successo di una sostituzione protesica, dipende dal corretto bilanciamento dei tessuti molli. Il femore viene lavorato, si
crea spazio tra femore e tibia , compensato dalla arte protesica femorale e tibiale.Affinchè i legamenti collaterali ma
anche il crociato lavorino in maniera efficiente, devo garantire che lo spazio sia riempito in manera corretta. Se metto
protesi troppo spesse, succede che i legamenti, anche quando non devono essere stirati, sono stirati. Se metto
protesi che non compensa altezza creata chirurgicamente, ottengo legamenti troppo laschi che non si tendono mai
abbastanza da offrire resistenza a lussazione : bisogna quindi eseguire chirurgia e scelta delle componenti, tali che le
strutture legamentose devono essere tirate adeguatamente, solo quando devono farlo : devono avere la corretta
lunghezza iniziale proporzionale alla forza che sono in grado di esercitare quando stirate. A differenza della protesi d’
anca giochiamo tutto sulla stabilizzazione corretta dell’ articolazione ad opera dei tessuti molli e del disegno della
protesi.

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CLASSIFICAZIONE SECONDO COMPARTIMENTI SOSTITUITI

Abbiamo piatto tibiale che alloggia all’ interno della tibia e tra le
due componenti ho cuscinetto polimerico che rappresenta la
superficie articolare sopra la quale il femore esercita le sue azioni.
Parliamo di condili femorali, di piatto tibiale, e inserto tibiale ,
cuscinetto di polietilene interposto tra le due componenti.
Vediamo come in realtà, quella vista prima, è quella totale, ma
ne esistono di diverse concezioni per utilizzi particolari. La
classificazione può essere fatta secondo il numero di
compartimenti sostituiti .Quella totale sostituisce compartimento
femoro tibial e medi ale, femoro tibial e laterale e femoro
rotuleo : tricompartimentale.

MONOCOMPARTIMENTALE

La protesi più semplice è invece quella monocompartimen tale, che va a sostituire solo un compartimento del
ginocchio, o il femoro tibiale mediale o quello laterale (frequentemente quello mediale più caricato e soggetto a usura
accelerata della parte cartilaginea). Quella monocompartimentale ? Parte che va a rivestire un singolo condilo
femorale, piccolino, un piatto tibiale e un inserto, duali delle protesi totali. Andiamo a ricoprire solo un condilo e
protesizziamo solo un piatto tibiale, quello corrispondente. Vantaggio e utilizzo ? Utilizzo è per quelle situazioni nelle
quali l’usura dell’articolazione è limitata a una sola delle due componenti, mediale/laterale. Se abbiamo l’ usura
localizzata , sostituiamo solo uno dei due compartimenti : nell ’ ottica di risparim o di tessuto osseo . Non andiamo a
protesizzare il laterale ma solo il mediale. Questo consente ancora una volta di ritardare l’ impianto di una protesi
anche quando il compartimento laterale dovesse degenerare. Altro vantaggio : l’ impianto di protesi
monoc ompartimen tale consente mantenimento di tutti i quattro i legamenti , anche di quello anteriore,
ovviamente se ci sono le condizioni per cui i legamenti siano performanti. Questo è vantaggio : faccio lavorare il
ginocchio nelle condizioni più prossime fisiologiche : condizione discretamente stabile. Il disegno delle due
componenti è scarsamente congruente che articola su inserto tibiale abbastanza piatto : mantengo scarsa
congruenza dell’ articolazione naturale , tutti i 4 legamenti lavorano. Portata all’ eccesso , questa filosifa, porta a quella
che viene detta operazione di bimon o : anche in un ginocchio rovinato nella parte mediale e laterale, puttosto che
sacrificare un legamento, inserisco due monocompartimentali mantenendo i 4 legamenti funzionanti del ginocchio.
Queste garantiscono azione efficacie della struttura legamentosa per stabilizzazione dell’ articolazione. Altro vantaggio
è la mini invasività delle componenti. Le componenti sono molto piccole, e possono essere impiantate con tecnica
fortemente miniinvasiva. Questa che è pensata per persona ai primi stadi di degenerazione, molto giovane, consente
di poter essere messa con tecnica miniinvasiva e scarso taglio delle strutture muscolari (ferite limitate), ripresa veloce
della persona dopo l’ intervento. Il contro, svantaggio, sta nella diffico ltà dell ’
atto operatori o. La protesi
monocompartimentale è molto difficile da mettere, il posizionamento delle componenti deve essere molto preciso, e
prestare attenzione al bilanciamento dei tessuti molli. La chirurgia della protesi monocompartimentale è complessa.
Questo tipo di operazione è di grande difficoltà rispetto alla protesi di ginocchio totale. Operazione raffinata
idealmente ma solamente pochi possono permettersi di fare.

La cicatrice creata per impianto di protesi totale, contro cicatrice eseguita per impianto di protesi
monocompartimentale, quindi miniinvasiva. La lunghezza di ferita è indice del risparmio di tessuti rispetto alla totale.

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BICOMPARTIMENTALE

Salendo con il numerodi compartimenti,


arriviamo a un ibrido.La cosiddetta
bicom partim ental e : la protesi che nella parte
tibiale ha componente uguale alla parte tibiale
della protesi monocompartimentale : Emipiatto
e eminserto che protesizzano solo uno dei due
compartimenti (ancora in questo caso mediale).
Il secondo compartimento sostituito è quello
femororotuleo. Abbiamo patologie che portano
ad usura importante del solco intercondoloideo.
Possiamo avere usura di questo e del
compartimento mediale. Questa protesi ricrea
solco intercondoloideo riprotesizzando
compartimento mediale. Protesi si malpresta a
ridistribuzione dei carichi. Il ginocchio
funziona se e solo se la ripartizione del carico
è corretta, ma risente dell’inserimento di una struttura completamente asimmetrica che tende portare il carico tutto da
una parte piuttosto che dall’ altra. Anche i fenomeni di ricrescita ossea che servono a vincolare la componente al
femore non sono facilitati dal disegno. Si usa molto poco.

TRICOMPARTIMENTALE (TOTALE SENZA PATELLA)

La protesi salendo di gradino è la tricomp arimentale, o anche


protesi totale, in due ulteriori sottoclassificazionI : con o senza
protesizzazione della rotula (patella). Questa è la protesi più
utilizzata, è quella classica : componente femorale, inserto
tibiale e piatto tibiale : protesizza il femore e il solco
intercondoloideo. In queste protesi può scorrerci o la rotula
naturale, senza che venga trattata, oppure protesizzata (patella).
La rotula può essere rivestita, non togliamo la rotula
mettendone una artificiale, ma viene lavorata la parte dei condili
femorali e rivestita da un bottone che può essere metal back più
parte polimerica o solo bottone polimerico che scorre nel solco
intercondoloideo. Da cosa dipende questo ? Dallo stato delle
cartilagini della rotula. Se questa è sana, tendenzialmente non
la si protesizza. La rotula è un osso che è soggetto a azione
muscolare data da muscolo quadricipite, non soggetta a
grandissimo carico, e non scatenando dolori particolari nel
paziente. Se non abbiamo necessità di protesizzarla
generalmente non la si protesizza.

CLASSIFICAZIONE SECONDO GRADO DI VINCOLO

DI RICOPRIMENTO (NON VINCOLATA)

Un ulteriore classificazione è secondo il grado di vincolo meccanico : necessità di fornire vincolo meccanico al’
articolazione artificiale dove la struttura legamentosa è più sufficiente, e abbiamo protesi che forniscono stabilità
intrinseca minore o maggiore. Minor grado di vincolo : protesi non vincolata o di ricoprim ento , dove il femore,
con sviluppo della superficie articolare sferica, si trova a lavorare su inserto tibiale piatto, o poco congruente. Stabilità
intrinseca dell ’
articolazione non esiste, abbiamo lussazione se non abbiamo legamenti che lo reggono. Una
protesi ,questa, indicata per pazienti con componente legamentosa molto efficiente. Il progettista non sceglie protesi
non vincolata per sovraccaricare il paziente e vedere se i legamenti sono performanti o no. Ci sono vantaggi ad avere
protesi non congruente che vedremo dopo. Questa è la soluzione : vantaggi di affidabilit à a lungo termine del
dispositivo. Questo è il primo tipo di protesi classificata secondo il primo grado di vincolo meccanico

POSTERIOR STABILIZED (SEMI-VINCOLATA)

Aumentando il grado di vincolo, si arriva alla protesi posteri or stabi lized : pensata nel caso in cui il legamento
crociato posteriore debba essere rimosso. Paziente già senza il legamento crociato posteriore, deficitario o assente.

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Devo fornirlo io nel disegno della protesi : disegno delle componenti che portino
stabilità intrinseca con vincolo ulteriore : creazione di pirolozzo sulla superficie dell’
inserto tibiale. Inserto non è più piatto, questo viene chiamato post . Questo post
serve a impedire la traslazione relativa tra i due componenti. L’ azione del legamento
crociato posteriore è vicariata dalla presenza di questo post : contatto tra parte
femorale e tibiale su questo tipo di struttura. Quando ho lo stop meccanico,
conteniamo il femore nel movimento grazie al post. Questa viene anche chiamata
protesi a sacrificio del legamento crociato, mentre le altre protesi sono chiamate a
mantenimento del crociato. La stessa differenza la possiamo vedere nel disegno dei
piatti. I piatti tibiali hanno tutti una parte posteriore con incavo che è fatto
appositamente perchè possa passarci il legamento crociato posteriore. I piatti che
non hanno l’ incavo prevedono sacrificio del crociato posteriore. Quelle a
conservazione invece hanno superficie più piatta.

Cruciate retaini ng : conservazione legamento inserto piatto, Cruciate substainin g, abbiamo la pinna centrale.

A CERNIERA (VINCOLATA)

Salendo con il grado di vincolo, arriviamo alla protesi vincolata, o protei chiamarla a cerniera.
Queste protesi esistono ancora, sono state il primo esperimento di 25 anni fa. La protesi a cerniera
è utilizzata, ma in casi molto particolari, in cui non esiste più l’ articolazione naturale del paziente, o
per traumi, o per presenza di tumori. Esiste solo parte della tibia nella parte distale , parte del
femore distale in corrispondenza del ginocchio. Per fare camminare questi pazienti, non serve
apporto naturale, dobbiamo pensare che non ci sia , abbiamo solo pezzo di tibia, struttura di tibia, e
stessa cosa del femore. Quindi, creiamo protesi contraddistinte da fittoni lunghi che ancorano le
protesi alle parti ossee disponibili, e che a livello dell ’
articolazione possano per lo meno garantire la
flesso estensione del ginocchio. Se garantisco questo movimento, il paziente è in grado di
camminare. Si crea quindi una cerniera, non sferica ma cilindrica, che consenta flesso estensione
nel piano sagittale. Le due componenti si articolano e ho solamente cerniera sferica : Do solo la
possibilità di muoversi reciprocamente uno rispetto all’ altro. Questa protesi ha il vantaggio di essere
molto stabile,e le componenti vengono dislocate solo se si rompe la cerniera. L’ articolazione è
stabile, ma di contro garantisce camminata non fisiologica, motivo per cui le protesi a cerniera sono
destinate solo a pazienti particolari nei quali l’articolazione naturale non esiste più.

CLASSIFICAZIONE SECONDO IL COMPONENTE MENISCALE

A PE MOBILE/A PE FISSO

Le protesi possono anche essere classificate secondo il compo nente meni scale (tipologia di inserto tibiale).
Possiamo utilizzare polietilene mobil e o fisso . Fisso :le due componenti vengono assemblate durante la chirurgia,
non possono muoversi una rispetto all’ altra come inserto acetabolare e metal back, mentre nel caso del polietilene
mobil e, viene garantita rotazione relativa tra inserto e piatto. Inserto può ruotare rispetto al piatto. Possiamo avere
grado di libertà rispetto alla traslazione e rotazione anteroposteriore. Sulla protesi monocompartimentale possiamo
avere la possibilità che l’inserto possa scorrere in direzione anteroposteriore rispetto al piatto tibiale : traslazione.
Viceversa la soluzione è quella in cui piatto e inserto siano fissi : abbiamo impedito ogni movimento. Vedremo poi i
vantaggi di una situazione rispetto all’ altra.

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PROTESI DI GINOCCHIO : INSERTO FISSO O MOBILE ?

Un altro esempio dei vantaggi della modularità vista nelle protesi d’ anca, la vediamo in quelle di ginocchio : vogliamo
mantenere alcune componenti fisse per risparmiare i costi di magazzino : se con la modulariità garantiamo che solo
un numero di componenti venga mantenuto, possiamo avere diverse combinazioni. Dagli stessi disegni posso
avere protesi diverse : un piatto per piatto fisso, uno per piatto mobile, e diversi inserti che possono essere
combinati con le due precedenti. Per quanto riguarda i femori, ci sono quelli previsti per protesi a piatto fisso e a
piatto mobile, posso usarli indifferentemente : minimizziamo il numero di componenti che il fabbricante produce e il
fabbricante si tiene. In fase preoperatoria si sceglie la taglia della protesi : taglia di piatto e femore. Da subito
(prima dell’ intervento) scegiamo protesi a piatto fisso, mobile,decidiamo della conservazione o sacrificio del legamento
: scelta che va fatta preoperativamente con esami clinici, in base allo stato di lassità o stabilità di articolazionne
naturale. Nel caso in cui ho articol azione carent e di stabi lit à scel go piatto fisso : maggi ori gradi di vincolo,
minori di libertà. Se percepiamo che i tessuti molli danno buona stabi lità articol are possi amo andare versol a
struttura con più gradi di libert à e meno di vincolo . Ci si porta in sala operatoria piatto tibiale e condilo femorale
scelti. Quello che non scegliamo da subito è lo spessore dell’ inserto tibial e. Questi diversi spessori consentono
con la stessa tipologia di protesi di poter ottenere il corretto bilanciamento dei tessuti molli. Prima impiantiamo o
femore o tibia, poi l’altra, e poi abbiamo inserti tibiali di prova di spessori differenti. Il chirurgo inserisce questo
spessore di prova e riarticola l’ articolazione e valuta il tensionamento dei legamenti rimanenti. Andremo verso piatto
più sottile nel caso in cui percepiamo che i legamenti sono troppo tirati o inserto di spessore maggi ore se i
legamenti sono troppo lassi. Scelto l’ inserto in questa maniera, il tutto viene impiantato,e viene rifatta valutazione
della struttura legamentosa del paziente : si assiste a degli ulteriori atti chirurgici per correggere bilanciamento dei
tessuti. Con il bisturi lesiono alcuni fasci di legamenti che tornano a corretto tensionamento. Questo a corredo della
scelta pre e intraoperatoria delle componenti.

Per quale motivo introduciamo la mobil ità relativa tra


inserto tibiale e piatto tibiale ? Se penso di avere piatto
fisso e di fare ruotare il femore in una certta maniera per
consentire flesso estensione, ma garantire anche intra
extra rotazione, si creano sforzi di taglio tangen ziali
dati dal fatto che uno sta fisso e l’ altro sta fermo : all’
interfaccia femore inserto tibiale, nascono sforzi di taglio
che tendono a calcare l’ inserto stesso producendo
usura dell’ inserto. Questi sforzi sono già causati
ovviamente dalla flesso estensione : ho due componenti
schiacchiate una contro l’ altra, con movimento relativo ,
determinando usura. Esse hanno anche strisciamento
relativo. Il terzo movimento, rotazione, causa anche
esso usura : ma se sotto lo lascio libero di ruotare, se la
intra extra rotazione viene assecondata dalla possibilità
dell’inserto di ruotare, gli sforzi di taglio sono molto più bassi. Col piatto mobile la tibia ruota, non offre resistenza ,
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non ho sforzi di taglio. Con inserto fisso gi sforzi di taglio sono molto elevati. Aver diminuito sforzi di taglio all’
interfaccia garantisce che l’ usura all’
interfaccia intra extra rotazione diminuisce. Consentiamo movimenti relativi per
diminuire gli sforzi che altrimenti nascono se si impediscono questi movimenti relativi. Il grande vantaggio delle protesi
a piatto è quello di diminuire gli sforzi di taglio sulle superfici articolari. Il contro è che nel piatto fisso avevo solo
superficie superiore che poteva usurarsi : superficie di contatto tra femore e tibia. Quando introduco movimento
relativo anche tra inserto e piatto, non ho solamente una superi ficie che pu ò usurarsi , ma anche l’ altra. La
superficie inferiore diventa potenziale produttore di detrito. Sarà da fare valutazione se la diminuzione di usura alla
superficie superiore che deriva da intorduzione di piatto mobile è maggiore o minore dell ’ altro superficie che si può
usurare.

CLASSIFICAZIONE SECONDO IL TIPO DI FISSAZIONE

Ulteriore tipologia di classificazione è secondo il tipo di fissazione. Abbiamo protesi di ginocchio :

 Cementate

 Non cem entata (press-fit e osteoi ntegrazione)

 Ibrida (femore non cem entato , tibia cem entata)

Nelle protesi d’ anca la protesi cementata e non cementata erano distinte. Nella protesi di ginocchio andiamo quasi
sem pre verso soluzione ibrida e utilizzo di cem ento . A livello femorale non abbiamo grossi problemi di perdita di
osteointegrazione, utilizziamo quasi sempre cemento. Sono scelte legate al singolo atto operatorio, con scarsa qualità
dell’
osso mettiamo cemento, rispetto a disegni particolari di protesi cementate e non. In alcuni femori abbiamo nicchie
per alloggiare il cemento. Tutto è molo più labile rispetto alla protesi d’
anca. Il cemento si usa tanto, i irschi legati al
cemento nel ginocchio sono meno accentuati.

VANTAGGI E SVANTAGGI PROTESI CEMENTATA

Lo strato di cemento uniforma le discontinuità delle resezioni chirurgiche. Lo strato di cemento si comporta come uno
smorzatore interposto tra un materiale molto rigido (protesi) e un materiale relativamente soft (osso). Il cemento osseo
attacca la superficie della protesi dell’
osso. La chirurgia del ginocchio è complessa, servono diversi tagli per
conformare l’ osso alla parte interna della protesi. Dobbiamo sagomare il feore tagliandolo con 5 inclinazioni diverse e
precise per accoppiarlo con parte interna di protesi di ginocchio. Il cemento può compensare gli errori, riempitivo tra
parte ossea e protesica.

Lo svantaggio è che se si staccano pezzi di cemento, questi agiscono come terzo corpo nel processo di usura. Lo
strato di cemento invecchia, si rompe, e col tempo la connettività tra osso e protesi si perde. Nella protesi di ginocchio,
anche se si staccano pezzettini di cemento tra parte femorale e tibiale, non è un grosso problema , perch è la
scarsa congruenza delle superfi ci permette a questi di andarsene.

VANTAGGI E SVANTAGGI PROTESI NON CEMENTATA

Ho assenza di particelle di cemento.

Come svantaggio, l’ assenza di aderenza tra la protesi e l’


osso. Le protesi non cementate hanno un più alto grado di
perdita di interfaccia rispetto alle protesi cementate.

CAUSE DI FALLIMENTO

CAUSE DI FALLIMENTO A BREVE TERMINE

Andiamo ad analizzare perchè dobbiamo sostituirle. Alcune di queste cause sono duali e sovrapponibili a quelle delle
protesi d’
anca. Tra le cause di fallim ento a breve termine abbiamo :

 Mobilizzazione settica. L’ operazione di protesizzazione del ginocchio è operazione che a meno delle
tecniche mininvasive, prevede grande apertura del campo operatorio : le sedi attaccabili da microorganismi
sono molto più esposte rispetto alla protesi d’ anca : le infezioni nelle protesi di ginocchio sono molto più
ricorrenti rispetto alle protesi d’anca. La tipologia e la lunghezza dell’ operazione, determinano maggiore
influenza delle infezioni nelle cause di protesizzazione. Può essere minimizzata in una protesi di ginocchio
semplificata dove ho solo parte tibiale e femorale che articolano insieme consentendo flesso estensione,
quanto basta per mettere paziente in piedi. Queste infezioni possono essere curate come quelle viste per la
protesi d’ anca. Nel caso in cui questo tipo di terapia non dovesse funzionare si può aprire il sito di impianto,
lavarlo, e, per il fatto che l’
infezione si concentra sulla
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componente artificiale, la soluzione è togliere quella
componente e sosti tuirla con una nuova per dar tempo all’
infezione di guarire. Possiamo usare gli spaziatori articolari
per dare tempo di guarire (rappresentati nell ’ immagine).Sono
costituiti da polim etilm etacrical to additivati con antibiotici.
Questo dispositivo ha il duplice vantaggio di garantire mobilità
al paziente nel tempo che intercorre perchè l’ infezione
guarisca, e consente una maggior efficacie radicazione dell’
infezione in quanto lo spaziatore rilascia l’ antibiotico
localmente. Questi dispositivi, in un primo tentativo, venivano
plasmati in sala operatoria : il cemento per ossa, già
antibiotato, fu introdotto 20 anni fa per fissare la protesi all’
osso. Esso viene utilizzato anche per fissazione di protesi comuni : cemento rilascia antibiotico per prevenire
infezioni. Il primo dispositivo introdotto per la cura locale delle infezioni è stato questo tipo di cemento. I
chirurghi, dovendo sconfiggere l’ infezione nel paziente, e rimuovere la protesi, hanno pensato di modellare il
cemento per ossa prima di polimerizzare a guisa di protesi di ginocchio. Dalla parte femorale cerchiamo di
ricoprire la parte terminale del femore con cemento per ossa, ma poteva funzionare come rimedio senza
lasciare il paziente senza articolazione : primi tentativi sono fatti manualmente dai chirurghi. Poi gli venne
fornito uno stampo, negativo degli spaziatori, nel quale, sempre intraoperativamente, veniva colato il
cemento per ossa, che prendeva forma e veniva poi impiantato nel paziente. Vengono fornite meno taglie di
quelle disponibili per le protesi di ginocchio, è un sostituto temporaneo perchè guarisca l’ infezione. Viene
fornito in diverse taglie, in modo da consentire al chirurgo di scegliere quella giusta, e vengono additivati con
diversi generi di antibiotici, scelti in base alla caratterizzazione del microorganismo che sta infettando la
protesi. Si riesce a fare una terapia abbastanza precisa sul paziente singolo. Andando a identificare il ceppo
batterico che causa infezione, si sceglie l’ antibiotico più adatto. Il vantaggio di farlo industrialmente è che
abbiamo caratteristiche geometriche più regolari, e si cerca di minimizzare la presenza di bolle che si
formano nel mix di polvere liquido del cemento che possono inficiare la vita a fatica del cemento stesso. L’
aggiunta di antibiotico tende a diminuire le caratteristiche meccaniche del cemento stesso. Dobbiamo avere
dispositivi con quantità ben dosate e precise rispetto alla massa di cemento : non eliminiamo i problemi di
decadimento delle propietà meccaniche, ma sappiamo di quanto decadono. Uno dei problemi degli
spaziatori formati in sala operatoria era proprio quello di avere dispositivo di cui sono sconosciute le
caratteristiche meccaniche.

 Allergia. L’ allergia ha gli stessi discorsi visti per la protesi d’


anca. Non abbiamo parlato di materiali ma sono
simili a protesi d’ anca. Per la parte femorale utilizziamo lega di cromo-cobal to solamente, mentre la tibia
è in cromo-cobal to o in lega di titanio e l’ inserto è sempre in polietilene. Meno possibilità rispetto alla
protesi d’ anca. Per le superfici articolari, viene utilizzata la lega di cromo cobalto : stesso motivo per cui non
esistono testine in lega di titanio : formano ossido superficiale molto
sottile che con lo strisciamento relativo, se ne va. Una testina di protesi
d’ anca o condilo di protesi di ginocchio non può essere in protesi di
titanio, lo strato di ossido che garantisce proprietà anticorrosive se ne
andrebbe e componente si corrode. Nel caso in cui abbia piatto tibiale
fisso, lo possiamo fare in lega di titanio : tra inserto e piatto tibiale non
ho movimento relativo, non gratto via lo strato di ossido. Se la protesi
viene fatta per avere piatto mobile, la superficie superiore del piatto,
striscia, o l’
inserto, striscia sulla superficie. Ossido superficiale può
essere grattato via dall’ azione dell’ inserto. Piatto viene quindi fatto in
cromo coblato. Titanio per quello fisso ? Vantaggi del titanio, materiale
con modulo di elasticità basso, fenomeno di stress shielding limitato.
Cromo cobalto grande affidabilità a lungo termine, ma rende il
dispositivo più sensibile e potenzialmente scatenante a fenomeni di
allergia : ioni cromo o cobalto e staccamento di ioni dalle componenti
può scatenare fenomeni allergici, per cui abbiamo trattamenti
superficiali delle componenti per diminuire sensibilizzazione del paziente
alla presenza di questi componenti. Quello che utilizziamo sono rivestimen ti, di femore e componente tibiale,
con ricoprimento pseudoceramico : sulla superficie di cromo cobalto del femore si deposita sottilissmo strato
di nitruro di titanio e niobio (deposto con tecni ca PVD). Il nitruro di titanio evapora, viene sparato sul
femore di titanio ottenendo superifcie liscia e inerte che fa da schermo alla presenza della lega di cobalto
cromo che scatenerebbe allergia. Per questa ragione, cominciamo a vedere nelle protesi di ginocchio si
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iniziano a vedere le protesi dorate, che hanno una funzione precisa : la doraura avviene per deposizione di
nitruro di titanio e niobio sulle componenti metalliche di cromo cobalto. Sullo scudo femorale viene depositato
questo nitruro che ha un effetto schermo rispetto al contatto della lega di cromo cobalto con tessuto osseo.
Questa deposizione è ceramica, di spessore estremamente sottile, e adeso al substrato di cromo cobalto
(non abbiamo problemi di distacco del coating dal substrato). Essendo deposizione ceramica, oltre a fare
effetto schermico, ha anche come effetto secondario aumento della rugosità superficiale del pezzo : liscio e
performante rispetto a problematiche di usura. Si inizia a vedere frequentemente in protesi di ginocchio,che
è oro invece di color metallo, e vengono dette protesi anallergiche, sottolineando la funzione del coating di
isolare il cromocobalto dall ’ambiente circostante.

CAUSE DI FALLIMENTO A MEDIO TERMINE

Tra cause di fallimento a medio termine riconsociamo alcune di quelle già elencate per le protesi d’
anca, e ci
riferiamo a :

 Mobilizzazione aset tica per stess shielding e cedi mento del manto del cem ento . La tipologia di
fissazione all’ osso può prevedere cementazione o no, ma il cemento viene usato nella maggior parte dei
casi andando a compensare quelli che possono essere tagli operatori non particolarmente precisi :cemento
compensa disallineamenti delle componenti ossee. Dove usiamo il cemento abbiamo visto che questo può
rompersi, e, l’ interfaccia osso protesi mediata dalla presenza del cemento, può rompersi. Questo porta a
mobilizzazione, e, se ci si accorge in tempo che la protesi è mobile si interivene, altrimenti possiamo aver
concause di altri problemi di natura a lungo termine. Se ho manto di cemento, la protesi si mobilizza in
assenza di inezione, mobilizzazione asettica, determinando problemi immediati (dolore paziente) oppure nel
lungo termine (mobilizzazione causa di rottura). Nello stesso modo che abbiamo utilizzato per ragionare sullo
stress shielding, possiamo ragionare sulla protesi di ginocchio, non ho molta differenza, ma componenti
molto rigide, e quindi andiamo a modificare lo stato di sollecitazione che prima l’osso sentiva, nella direzione
di scaricarlo e causare riassorbimeno. Che cosa governa il fenomeno dello stress shielding ? Le tipologie di
deformazioni maggiori sono quelle flessionali , responsabili del fenomeno dello stress shielding. In questo
caso la protesi di ginocchio è poco flessa. Lo stelo della protesi d’ anca era molto soggetto a flessione, nella
protesi di ginocchio, se tutto funziona bene, il carico viene equamente distribuito sui due condili : forze quasi
uguali applicate in due punti quasi equidistanti dallo stelo stesso : non ho grossa componente di flessione.
La flessione la possiamo avere in casi particolari dove viene modificata in maniera massiccia la forma del
piatto tibiale. Tra le cause di fallimento a medio termine troviamo anche :

 Lussazione (causa a se, non effetto di mobilizzazione asettica). Protesi di ginocchio è poco stabile di per se,
con stabilità garantita dal disegno della protesi o dal mantenimento della componente legamentosa. L’ atto
operatorio non bilancia correttamente i tessuti molli, e, se sono troppo laschi , non fanno la loro azione
contenitiva, ma la protesi può lussarsi. Moltto critico rispetto alla protesi d’
anca, dove, l’
altà conformità tra
testina e acetabolo, garantiva stabilità elevata. Dobbiamo pensare a disegni, di condilo femorale e inserto
tibiale, che garantiscano stabilità intrinseca se i legamenti non funzionano più a dovere.

CAUSE DI FALLIMENTO A LUNGO TERMINE

Troviamo stesse denominazioni protesi d’


anca.

 Cedimento strutturale a fatica : dobbiamo distinguere le componenti della protesi e le protesi associate.
Cosa si rompe a fatica ? Si sono ossservate delle rotture a carico del piatto tibial e (componente metallica)
raramente nella protesi totale, e, con maggiore incidenza in quella monocompartimentale. In quest’ ultima a
livello della componente femorale. Perchè? perchè sono rotture associate a fenomeni importanti di
riassorbimento osseo. Ho osservato che dopo un pò di tempo, l’ osso sottostante può riassorbirsi sotto uno
dei due emipiatti. Se il piatto non è supportato dalla compo nente ossea, si trova a lavo rare a flessione.
Il carico trasmesso dai condili si distribuisce in maniera corretta tra i due emipiatti. Il fittone della protesi non
si trova soggetto a flessione,tutto è equilibrato. Se si riassorbe l’ osso sotto uno dei due emipiatti (oppure
povero di compattezza) succede che l’ emipiatto a destra si trova a lavorare a flessione. Le rotture dei piatti
tibiali di protesi totali sono sempre associati a perdita di vincolo di uno dei due emipiatti, che può essere
dovuta a rottura del cemento anche, che si trova tra piatto tibiale e osso sottostante. Fenomeni di cedimento
strutturale a fatica in protesi di ginocchio, totali,sono legate solamente alla componente piatto
tibiale.

 Cedimento strutturale a fatica - rotture compo nente femorale . In protesi totale non si
verificano mai, sono possibili solamente nella mono. Si possono vedere invece nella protesi

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monocomparitmentale : se anche la componente ossea femorale si riassorbe, o il cemento che si trova sotto
dovesse rompersi,il piccolo spessore del femore, genera sforzi elevati della struttura, e problemi di affidabilit à
a lungo termine.Si rompe quindi il piatto o il femore esclusivamente nella protesi monocompartimentale.

 Cedimento strutturale a fatica - usura dell ’ inserto tibial e. Terza causa di fallimento è usura dell’ inserto
tibiale. Usura produce detrito di polietilene, questo
microdetrito prodotto per usura abrasiva, causa
mobil izzazione aset tica per osteol isi periprotesica
da frammenti. Macrofagi, impoverimento componente
ossea etc.. Questo effetto si somma a un’ altra tipologia
di usura che può portare a fallimento perchè si
distrugge l’ inserto tibiale : può succedere che l’ inserto
tibiale (immagine) si presenti non con usura uniforme
data dall ’abrasiva, ma con mac ropezzi di inserto che
si staccano dall ’ inserto stesso : usura per fatica.
Meccanismo diverso, quarta tipologia di usura : usura
per fatica. Non è l’ effetto del detrito per usura abrasiva,
sono detriti troppo grossi che non possono essere
inglobati. Prima di arrivare a questa situazione, dove si
staccano pezzi di inserto, la modifica macroscopica
delle superfici articolari causa malfunzionamento della protesi. Nella protesi di ginocchio abbiamo un ulteriore
tipologia di fallimento per usura quindi : creazione di macro detrito e distruzione inserto tibiale. Nella protesi
di ginocchio può succedere questo. Perchè succede solo in quella di ginocchio ? La ragione è la stessa,
legata alla diversa forma delle due articol azioni (congruenza). Nella prtoesi d’ anca abbiamo grandi
superfici di contatto , componenti di geometria identica che si affacciano l’ una al’ altra : grandi aree di contatto.
Mentre nella protesi di ginocchio abbiamo piccole aree di contatto. Una protesi poco congruente significa
piccole aree di contatto. Nella protesi d’ anca gli sforzi che vanno su superficie di contatto sono bassi, mentre
nel caso dell’ inserto tibiale sono elevati, benchè il carico è più alto nell’ anca che nel ginocchio. Questo
discorso della forma che influenza funzione della protesi lo troviamo anche qui. Nelle immagini, vediamo
esempi di usura a fatica. Nel caso di usura a fatica vediamo rugostià accentuata dove si sono staccati dei
pezzi dall’ inserto tibiale.

 Cedimento strutturale a fatica - mobil izzazione aset tica per osteol isi periprotesica da frammenti

Esempi di cedimenti di piatti tibiali, espiantati da pazienti. Si sono


rotte in corrispondenza di dove non cè più il cemento, oppure è
stato riassorbito. Abbiamo una concomitanza di localizzazione della
rottura nell’emipiatto dove il cemento si è staccato. Quando il
cemento non fornisce più appoggio, inizia a lavorare a flessione e si
può rompere.

Anche le normative, ricalcano a livello di set up di prova questa


problematica : la normativa prescrive di vincolare il piatto tibiale in
una sua metà, e applicare forza variabile nel tempo, per un
determinato numero di cicli, indicativo dell’
utilizzo di una protesi di 10
anni. Andiamo a verificare se dopo questo numero di cicli, il piatto si
è rotto oppure no. Ho due esempi di rotture di protesi
monocompartimentali, legate principalmente al piccolo spessore della protesi. Abbiamo la foto di un piatto tibiale della
monocompartimentale che si è rotto.

Anche in questo caso, il piatto tibiale non si appoggia correttamente su tutta la


superficie della tibia. Se abbiamo la tibia (foto gambe). Quello che può
succedere è che il piatto sia bene attaccato all’ osso agli estremi, mentre nella
parte centrale no, e si riassorbe (lavora a 3 punti). Se in mezzo non è
appoggiata si trova a flettersi : rotture a fatica della parte tibiale della
monocompartimentale. Non ho ancora procedure di prova standardizzate, ma si
sta andando nella direzione di sottoporre il piatto alla flessione a 3 punti.

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3. MECCANISMI DI USURA NELLE
PROTESI DI GINOCCHIO
Definizioni di usura

USURA ABRASIVA

Azione di taglio esercitata dalle superfici dure che strisciano su superfici di materiale più tenero. Asperità superficiali
del materiale più duro funzionano come micro-utensili che asportano materiale dalla superficie più tenera

Materiale più duro ha rugostià superficiale con creste e valli che caratterizzano la tipologia superficiale e grattano
materiale più tenero asportando pezzettini di materiale più tenero.

USURA ADESIVA

Carico preme una contro l’ altra le due superfici, pressioni locali molto elevate, zone di contatto puntuale si deformano,
attrito genera calore (moto relativo), microsaldature, usura adesiva, strappo, aumento rugosità, usura abrasiva.

Ho microsaldature a livello locale, e strappo di queste microsaldature per moto relativo che esiste tra le due superfici.
Aumenta la rugosità, ma poi si crano microdetriti

USURA A FATICA

I punti della superficie sono soggetti a successivi cicli di carico e scarico,


determinando propagazione di cricche superficiali, o situate alcuni millimetri al
di sotto della superficie. Ho la “ vaiolatura”della superficie , ed elevata
quantità di detriti, arrivando alla rottura dell’
inserto stesso.

Questa , come succede per fatica meccanica dei materiali metallici, è


associata a cicl i di scari co e carico dei punti dell ’ inserto tibial e, che, in
seguito all’
azione del cammino, vanno incontro ad alternanza di trazione
compressione che determinano problemi di distacco del materiale : si
orginano vere e proprie cricche a partire da pochi millimetri sotto la superficie
del pezzo, che propagano con azione ciclica del cammino, e, quando la
sezione resistente sopporta carico maggiore del carico a rottura del polietilene,
causa distacco del pezzo. Questa usura necessita che si raggiungano
determinati sforzi sufficienti a superare gli sforzi a resistenza del polietilene.
Nell’anca gli sforzi sono più bassi, non vanno mai sopra gli sforzi a resistenza
del materiale stesso. Quello che osserviamo, è vaiolatura della superficie,
con elevata quantità di macrodetriti fino ad arrivare a problemi di rotture
complete dell’ inserto stesso.

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USURA DA TERZO CORPO

Interposizione di particelle di materiale duro (osso,cemento) intrappolate tra le superfici articolari. Peggiora la rugosità
superficiale, e genera maggior detrito
Effetti delle diverse tipologie di usura. Nel terzo corpo, per il ginocchio, è meno diffuso per
scarsa congruenza delle superfici. L’ usura abrasiva adesiva è quella superficiale.

L’usura abrasi va e adesiva determ inano produzione di sub-m icro nanodetriti, e osteol isi
periprotesica. L’ usura per fatica produce delaminazione, produzione di macro-detriti e
rottura dell’ usura da terzo corpo è meno diffusa rispetto all ’
inserto. L’ anca per scarsa
congruenza tra le superfi ci. L ’usura abrasi va e da terzo corpo sono tipi di usura
superfi cial e, mentre usura per fatica sub superfi cial e : concentrazione di sforzi al di
sotto della superfi cie dell ’
inserto stesso.

USURA SUPERFICIALE

USURA ABRASIVA

L’ usura abrasi va è stata storicamente studiata per due pezzi a contatto. La


quantificazione del detrito prodotto (V), è stata codificata da Archard , dove il
volume del detrito prodotto dipende da fattore k, legato alla natura dei materiali a
contatto, parente dei coefficienti di attrito. Dipende anche dall ’ area, A, su cui
agisce lo sforzo di contatto, dal carico, P, e da quanto si spostano velocemente
una rispetto all’altra (x, distanza di scorrim ento). La quantificazione del wear
factor , viene fatta con prove di usura semplificate : la geometria delle componenti
viene mantenuta standard. Si tiene conto della natura dei materiali in queste prove
più che delle geometrie dei componenti (le geometrie vengono tenute standard).
Ho situazioni di carico semplificate con geometrie dei componenti semplificati.
Evidenziamo l’ influenza dei materiali dei compo nent i nell ’ usura abrasiva. Diversi
materiali producono diversi detriti : misuriamo la quantità di detrito prodotto da
diversi abbinamenti di materiali : solo materiali, la geometria non viene considerata.
Servono per fare uno screening iniziale e capire influenza o dei materiali o della
finitura superficiale dei materiali sulla produzione di usura. Non si capisce se
convenga avere dalla formula superfici molto o poco congruenti. Con molto
congruenti, intendiamo che aumenta l’ intervallo di integrazione,
aumentando superficie di contatto. Dall’ altra parte l’
aumento di A causa
diminuzione del sigma,in quanto il carico viene distribuito su superficie più
ampia. Sigma minore significa volume di detrito prodotto minore. Conviene
avere protesi più o meno congruente ? Guardando la formula non si
riuscirebbe a dare una risposta, in quanto le due opzioni sono in
controtendenza. Per prendere in considerazione la geometria delle
componenti, conviene utilizzare simulatori del ginocchio : macchine su cui
sono montati i prototipi della nuova protesi. La macchina ha 4 gradi di libertà.
Questa macchina applica movimenti tipici del cammino del paziente : flesso
estensione del
condilo femorale, la
rotazione esterna
interna viene
eseguita attorno
asse
verticale,etc..La
transazione
anteroposteriore è la freccia più in basso, e azione del
carico del paziente è il carico assiale. Questi 4 movimenti
sincroni eseguiti contemporaneamente sulla protesi replicano
il cammino della protesi. Qeuste prove sono eseguite per 5
milioni di cicli, e valutiamo l’
usura prodotta dall’
inserto tibiale.

I risultati potrebbero discostarsi conducendo la prova a 2Hz


(polietilene). Il polietilene è un polimero con propietà
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viscoelastiche . La velocità di applicazione del carico influisce sulla risposta meccanica del materiale. Non possiamo
salire di frequenza, i risultati non sarebbero predittivi del comportamento a lungo termine del dispositivo. Diverso il
discorso peri metalli (qui si fanno a 10 Hz).

k : posso agire su quello, se lo abbasso, ottengo una produzione di detrito


minore. Esso più o meno è legato ai coefficienti di attrito, natura dei
materiali a contatto. A destra ho coefficienti di attrito per componenti
articolari di protesi ortopediche. Nel ginocchio succede che l’ unico
accoppiamento che viene utilizzato è quello cromo cobal to e polietilene
con coefficiente maggiore di tutte le altre tipologie di accoppiamento.
Abbiamo scelto l’ unica tipologia di accoppiamento disponibile : a
coefficiente di attrito più elevato. Questo è però l’ unico che possiamo
utilizzare,in quanto la scarsa congruenza della superficie può agire in
maniera drammatica , e gli alti sforzi a livello dell’
articolazione del
ginocchio causano rottura delle componenti ceramiche. L’ azione di
cammino del ginocchio, non è azione particolarmente fluida, abbiamo
anche delle componenti di impatto importanti durante il cammino stesso.
Questo non c’ era nell’anca. Nel ginocchio abbiamo componenti di impatto,
movimento a scatto , che causano componenti di impatto tra le superfici, e
la componente del polietilene diventa fondam ental e per smorzarli.

Come posso migliorare le prestazioni di usura con metallo e polietilene ?


Posso agire o su componente metallica o polimerica. Se dimin uisco
rugosit à superfi cial e del condilo, dovrei essere certo di diminuire il
volume di detrito prodotto dall ’
accoppiamento. Se individuo tecniche di
produzione che garantiscono rugostià superficiale bassa, mi garantisco diminuzione di detrito prodotto.

Vediamo delle prove in tal senso variando la rugosità superficiale. Dobbiamo quantificare quanto sia la riduzione di
attrito con condilo femorale meno rugoso (dobbiamo sapere quanto, perchè devo
fare lavorazioni ulteriori che comportano un costo, e quindi dobbiamo accertarci della
quantificazione del vantaggio).

A livello della componente polimerica dobbiamo cercare soluzioni che vadano ad


aumentare la resistenza a farsi abradere. La lavorazione del polietilene può essere
fatta per cross-linki ng . Se sottoponiamo il polietilene a una radiazione, tra le catene
si formano dei cross-link. Questi link sono proporzionali alla dose di irraggiamento, e
permettono di aumentare la resistenza all’ usura abrasiva. Prendendo il materiale e
irraggiandolo, questo diventa più resistente all’ usura. Le catene hanno più legami, e
si diminuisce usura del 50 %. Peggioriamo però in maniera drammatica le
caratteristiche meccaniche : in associazione al processo di irraggiamento, si formano
dei radicali liberi dalle catene di polietilene, che vengono attaccati dall’ossigeno, e si
assiste a ossidazione e infragilimento del polietilene. Le zone terminali delle catene
rimangono libere, e attacchiamo l’ ossigeno che causa infragilimento della superficie.
Il polietilene , che partiva duttile, diventa molto più fragile e perde la duttilità. I radicali liberi si formano in base alla

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dose di irraggiamento. Sono due caratteristiche diverse : caratteristiche di resistenza all’
usura, e caratteristiche
meccaniche (si infragilisce, diminuisce tenacia di PE).

Questo fa si che nel ginocchio non si può crosslinkare come nell’ anca. Questo discorso del crosslink si fa anche per
la protesi d’ anca. Avere sforzi minori nell ’
anca, mi permette di crosslinkare a livelli più elevati, mentre qui, la perdita di
caratteristiche meccaniche è troppo importante, posso rompere l’ inserto, giungendo sfrozi molto elevati. Nell’ anca
posso perdere caratteristiche meccaniche,gli sforzi sono più bassi, e non preoccupanti. Sono stati introdotti nuovi
polietileni , che, dopo l’irraggiamento, sono sottoposti a trattamenti termici che riassestano le catene e diminuiscono
il numero di radicali liberi. Seconda soluzione è aggiun ta della vitam ina E al materiale stesso. Vitamina E si attacca
al radicale libero, impedendo all’ ossigeno di attaccarsi lui, diminuisce l’ossidazione del materiale,è inoltre un elemento
molto biocompatibile. Questa blocca l’ ossidazione del materiale, e consente di poter utilizzare livelli di cross linking più
elevati. Questi hanno ridotto problemi di ossidazione e infragilimento del materiale. La barra di polietilene standard
viene sottoposta a irraggiamento, trattamenti termici, per crosslinkare. Lavoro la barra per ottenere l’ inserto, ma non
posso irraggiarlo ancora, lo sterilizzo con ossido di etilene.

Estensione area di contatto. Un’ area di contatto maggiore, causa una maggiore area interessata a processo di usura,
con produzione maggiore di detrito. Ma l’ aumento di quest’ area determina minore sfrozo agente. Cosa posso fare per
decidere cosa è meglio delle due ? (controtendenza) Faccio protesi congruente alta e bassa, e faccio delle prove.
I risultati fanno vedere che protesi ad alta congruenza si usurano molto di più di protesi a bassa congruenza.
Per usura abrasiva ho protesi meno lucide. Dalle prove, vediamo che un’ area di contatto minore diminuisce l’ usura.
Per quale motivo ? quel k, che dipende dalla natura dei materiali a contatto, e quindi dal coefficiente di attrito, dipende
anche dalla pressione a cui viene sottoposto il materiale. Il wear factor dimin uisce al crescere della pressi one di
contat to. Il fatto di avere pressioni di contatto più elevate, causate da minor congruenza delle superficie, determina
diminuzione del wear factor. A partià di materiale, due protesi fatte dello stesso materiale, abbiamo che la variazione
geometrica, incide sul valore del wear factor : in protesi a bassa congurenza ci troveremo nella parte destra della
curva, valore k basso, e viceversa andremo nella parte sinistra del grafico. Le protesi a bassa congruenza
funzionano megl io perch è lavo rano in zona del wear facto pi ù convenien te.

Abbiamo anche x, distanza di scorrimento, che è abbastanza individuabile. Se facciamo fare un percorso ampio ,
abbiamo usura maggiore rispetto a percorso corto. In prove POD notiamo un aumento dell’ usura, nella protesi dove
ho però geometrie più complesse, il moto è pluridirezionale. Questo moto pluridirezionale viene detto cross shear,
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che aumenta la tenacità nel senso di allineamento delle catene, ma diminuisce la resistenza in senso perpendicolare
ad esse, provocando sforzi di taglio, e quindi usura. Sono state fatte prove in cui entità della traslazione
anteroposteriore è stata simulata corrispondente a livello intermedio attività fisica e alta attività fisica. Ho dei risultati,
che confermano che un aumento della distanza di scorrim ento vale anche per geometrie più compl esse.
(grafico vario congruenza e scorrimento). Non è lineare, ma ho influenza di quanto vale la x nella formula

CROSS SHEAR

Il fatto che il moto è pluridirezionale ci obbliga a fare


riferimento alla specifica modalità con cui si usura la protesi
di ginocchio, ricollegandoci al discorso dell’ introduzione del
piatto rotante: protesi a inserto rotante. Il fenomeno
individuato come la base per la spiegazione che le protesi a
inserto mobile si usurano di meno di quelle a inserto fisso è
il fenomeno del cross shear. Se lasciamo l’ inserto libero di
ruotare, le forze di taglio diminusicono. Cross shear : a
causa di movimenti di flessione e traslazione antero-
posteriore, le catene formanti l’ inserto tibiale si allineano
nella direzione antero posteriore : a forza di ruotare e
strisciare tra femore e tibia ho riallin eam ento delle catene
in quell a direzione : l ’inserto tibial e si trova ad avere
catene allin eate in quell a direzione, determ inand o
resistenza maggi ore in quela direzione. Se ce l’ ha in quella direzione ce l ha minore in direzione opposta : ho
dimin uzione in senso perpend icolare, quell a asso ciat a allo sforzo di taglio dato da rotazione interna esterna,
che tende a grattare l’ inserto tibiale in direzione medio laterale : si affaccia ad un materiale più debole in quella
direzione. Se riesco a dimin uire gli sforzi di taglio sulla superficie superiore dell’ inserto tibiale, ho vantaggio
aumentato da questo aspetto : in quel punto il dispositivo è più debole. Vado verso diminuzione massiccia dell’ usura,
i movimenti hanno reso il dispositivo nella direzione medio laterale molto debole. Le protesi a inserto rotante
funzionano bene non solo perchè diminuiscono lo sforzo di taglio, ma lo diminuiscono proprio in quella direzione in cui
il materiale sarebbe più debole.

Parte di quell sfrozi di taglio sono


trasferiti alla superfi cie inferiore.
Devo fare una quantificazione,
valutazione se diminuzione usura che
viene dalla superficie superiore dell ’
inserto non sia compensata dal un’
usura maggiore della superficie
inferiore dell’inserto. Per valutare il
contributo della superficie superiore o
inferiore dell’inserto posso usare
metodi alternativi, numerici di
simulazione.

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Modello virtuale della protesi di ginocchio montata sugli afferraggi.

Simulazioni ad elementi finiti del ciclo del passo che si esegue sul simulatore. Ho applicato come condizioni i 4
movimenti imposti. Istante per istante si calcolano le aree e le pressioni di contatto sulle due superfici (inferiore e
superiore). Calcolo gli sforzi di taglio sulle due superfici, e le distanze di scorrimento (quanto un singolo punto si
sposta tra femore e tibia). Si crea un modello previsionale di formazione di detrito di letteratura che stima quale sia il
detrito prodotto a ogni ciclo del passo in base agli sforzi calcolati e alle aree di contatto calcolate. Il vantaggio è che
riesco a predire quanto volume produce la superficie inferiore e superiore, scindo i contributi. Il volume totale usurato
sono i 5 mg e mezzo ogni 2 milioni e mezzo di cicli. Di questo il 95% arriva dalla produzione della superfi cie
superi ore, il restan te da quell a inferiore : mobil ità relativa vantaggiosa : la nuova superfi cie che potrebbe
usurarsi , quell a inferiore, contribu isce per una percen tuale bassissi ma di usura totale (10%).

Piatto mobile o fisso ? Ho doppia possibilità di attività. Protesi a piatto fisso producono volume di usura molto
maggi ore : abbiamo ulteriore dimostrazione che introduzione del piatto mobil e consente di avere usure minori .
Perchè ? Per il fatto che introduco l’ inserto mobile e trasferisco sforrzi di taglio da superficie superiore a inferiore, la
superiore ha il cross shear, allineamento delle fibre che la rende debole a movimenti di rotazione. La superficie
inferiore non ha cross shear, il riallineamento delle catene ce l ho solo sulla superficie superiore, quindi quella inferiore
non si indebolisce a rotazione. Quella sotto è molto resistente a rotazione, quindi tutto si usura molto meno. Il
fenomeno del cross shear è la spiegazione del perch è le protesi a piattaforma rotante si usurano di meno di
quell e fisse.

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RIASSUNTO

Femore cosa fa ? Ruota rispetto all’ inserto tbiale, con movimento di flesso estensione. Questo movimento di flesso
estensione agisce nel piano sagittale : ridistribuisce le catene nella direzione anteroposteriore del paziente. Il femore
striscia anche nella direzione, ad alti grandi di flessione. Questo strisciamento avviene sempre in quella direzione, e le
catene sono ordinate sempre in quella direzione. Il dispositivo quindi , superficie superiore dell’ inserto tibiale, vede le
catene allineate li : dispositivo resistente, le catene sono già disposte lungo la retta di carico. Nell’ altra direzione non
ho catene direzionate in medio laterale, posizione legata a rotazione tra femore e tibia : materiale quindi in quella
direzione è meno resistente. La rotazione interna esterna genera sforzi di taglio sulla superficie. Se quelli sforzi li
abbasso consentendo all’ inserto di ruotare rispetto al piatto, significa che sulla superficie superiore ho sforzi minori,
trasferiti alla superficie inferiore, dove però non ho rialiinemento delle catene : non ho azione del femore che le
riallinea, sono disposte in maniera random. Quindi sotto, l’ inserto, è ugualmente resistente nelle due direzioni, antero
posteriore e medio lateriale. Se abbiamo ridistribuzione è proprio in direzione medio laterale : soggetto solo a effetto
rotazione: usura inferiore nella parte inferiore rispetto a superiore, e inferiore nelle protesi con inserti mobili rispetto a
inserto fisso.

OPERAZIONE DI PROTESIZZAZIONE GINOCCHIO VIDEO

Repere anatomico sul canale femorale a partire dal ginocchio. Lo si allarga con un trapano. Qui ci attacchiamo
strumentazione per fare tagli della componente femorale. Si decide di fare tagli basando l’ inclinazione proprio sulla
posizione del canale femorale. Guida di taglio è montata su un pistolotto che si inserisce nel canale femorale, dando
al chirurgo la direzione corretta. Rimane una sorta di guida e fessura dove viene fatta passare una sega che taglia e
sagoma la parte finale dell’ osso. Ottengo piani che sono il duale di quelli presenti nella parte femorale della protesi. Si
montano maschere diverse. Ottengo ginocchio sagomato in maniera corretta per accogliere una geometria particolare.

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4. OSTEOSINTESI
I dispositivi di osteosintesi, sono dispositivi per sanare componenti muscolo scheletrico che in seguito a evento
traumatico perdono di contin uità. Nel tempo che intercorre perchè il sistema biologico ripari la frattura, il mezzo di
osteosintesi deve garantire che la funzionalità che il sistema da solo non può piu dare sia espletata : mezzo di
osteosintesi deve tenere insieme ossa che ha perso di contin uit à : devono garanti re stabi lità della frattura.

Nell figura viene riportata la tipologia di frattura che può accadere al femore. La prima frattura riguarda un femore
spezzato in due parti (frattura alta trasversale, o lievemente obliqu a). Anche la seconda, ma con rima di frattura
(superficie lungo la quale è avvenuta la frattura) trasversale, oppure longitudinale (frattura spiroid e). Tipicamente
questo ossso si rompe perchè torto. La torsione di femore produce rima di frattura verticale, meno trasversale.
Frattura comm inuta : abbiamo più pezzi rotti, e infine la bifocale. Il mezzo da osteosintesi si trova a fronteggiare
situazioni molto diverse una dall’ altra : tenere assieme osso. Il mezzo di osteosintesi deve essere pensato in maniera
diversa, a seconda della frattura che devo curare. Il disegno del mezzo da osteosintesi è fortemente influenzato dal
tipo di frattura. Questo fa si che le tipologie de mezzi di osteosintesi siano tantissime. Se pensiamo che esistono per
tutte le ossa del corpo, tutte si possono rompere in maniera più o meno complessa : la tipologia dei mezzi di
osteosintesi è ampissima. Abbiamo specializzazione in individuazione del mezzo di osteosintesi adatto per quel tipo
di frattura arrivato all’
estremo. I requisiti fondamentali dei mezzi di osteosintesi sono :

 impedire i microm ovim enti delle rime di frattura (stabi lità)

 consentire la progressiva sollecitazione di compressi one durante la formazione del call o


(compatibil ità biomeccanica)

Appena si produce la frattura, la cosa fondamentale è che il mezzo di osteosintesi garantisca stabilità tra i segmenti
rotti : un osso che rimane instabile, è si osso che inizia percoso di guarigione (la formazione di callo parte quando
inizia la frattura), ma se rimane instabilità, l’osso guarisce molto lentamente. Il mezzo di fissazione più semplice è il
gesso : impedisce il micromovimento : i due capi ossei affacciati partono con il processo di guarigione, e determinano
efficacia di questo processo. Osso stabile è quello che guarisce spontanemanente. Dobbiamo garantire stabilità
della rima articolare. L’osso può avere guarigioni più o meno lente a seconda del grado di sollecitazione che gli
concediamo. Il gesso tiene fermo braccio o gamba, ma al paziente viene detto di non caricare l’ arto, che in realt à
rallenta il tempo di guarigione. Se l’arto lo carichiamo il giusto, non troppo per non perdere stabilità, ma non troppo
poco per non stimolarlo abbastanza, la frattura guarisce in fretta. Il mezzo di osteosintesi deve garantire la
progressiva sollecitaizone, e bloccare tutti gli altri micromovimenti in tutte le altre sollecitazioni, ma deve garantrie
sollecitaizone di compressione che garantisce ricrescita più veloce del sistema. Questi sono due aspetti fondamentali
che deve possedere qualsiasi mezzo da osteosintesi. La posizione del carico è più facile per ossa già sottoposte a
carico. Per braccio cranio etc. risulta difficile, le ossa non vengono quasi mai caricate,
diventa difficile soddisfar questo requisito, e ci si acconteta tendenzialmente di
impedire solo i micromovimenti. Per le ossa coinvolte in attività comuni di cammino e
deambulazione possiamo fare discorso diverso riguardo lo stimolo sulla componente
ossea per ottenere guarigione più veloce. Secondo aspetto fondamentale, è che
questi dispositivi non sono dispositivi permanenti, ma quello da osteosintesi è
temporaneo,deve svolgere la funzione per il tempo necessario alla guaigione della
fattura, ma dopo sarebbe bene scomparisse una volta tornati in situazione fisiologica. A
quel punto potrebbe solo creare problemi. Non ha più senso che resti li dentro. Ad
oggi esistono alcuni mezzi di osteosintesi effettivamente degradabili, che scompaiono

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poco dopo aver svolto la loro funzione. La stragrande maggioranza vengono tolti dalla guarigione della frattura.

Una prima classificazione è tra osteos intesi interna e osteosintesi esterna.

OSTEOSINTESI ESTERNA - FISSAZIONE ESTERNA

Ho differenze difficili da immaginare. In quella esterna la struttura


portante sta fuori dal corpo, e ho elementi che attraversano cute e
tessuti per raggiungere l’ osseo. In quella interna tutto il dispositivo sta
all’
interno del corpo umano. Per osteosintesi esterna intendiamo
struttura portante, tipolog ia a cerchi , o sbarra di metallo all ’
esterno della superfi cie corporea, e ho degli elementi, fili e viti e
chiodi, che attraversano la cute del paziente, e raggiungono i monconi
ossei che devono essere fissati. La fissazione esterna prevede una
struttura destinata a sopportare il carico che si trova all’ esterno del
corpo umano : La struttura desti nata a sopportare il carico è posta all ’ esterno o
collegata all ’osso tramite due o pi ù perni cutanei. Le applicazioni dell ’ osteosintesi
esterna ? Sono molteplici. Nascono in contesti particolari che ne giustificano lo sviluppo. Il
primo tipo di applicazione è la traumatologia d’ urgenza. In questo caso, solo il primo dei
requisiti indicati è necessario : stabilità della frattura deve essere garantita. Il paziente
arriva in pronto soccorso malmesso, dove la cura e il trattamento delle fratture viene dopo
la risoluzione di altri problemi. Il paziente che arriva dopo incidente stradale arriva
traumatizzato e ci si preoccupa che organi interni non siano danneggiati, ma dobbiamo
garantire che sopravviva, problema è ternerlo in vita per chiudere emoraggie interne. In
questo caso, il paziente viene trattato dal punto di vista dell ’ osetosintesi, per bloccare una
situazione e impedire la presenza di ossa che si possano muovere perchè rotte vada a
complicare situazioni itnerne.

APPLICAZIONI

TRAUMATOLOGIA D’
URGENZA

Fissazione ossa del bacino nell’ immagine. Sfondamento del bacino è molto
comune per come si è seduti in macchina. Le ossa del bacino sono anche sede
di importanti organi interni che vadano preservati. Devo impedire che le ossa del
bacino vadano a creare lesioni agli organi interni, e utilizzo quindi una struttura
di questo genere, che deve garantire esclusivamente stabilità. Uso plastica,
senza caratteristiche meccaniche particolari. I perni e le viti vengono infilate nel
bacino, e tutto viene bloccato con un trapezio : struttura esterna che blocca le
ossa del bacino. Ho una struttura esterna che non deve portare carico ma
garantire stabilità. Perchè metto la struttura all’esterno ? Quando ho urgenza, la
struttura esterna consente di eseguire atto chirurgico molto veloce. Basta infilare
le viti al punto giusto dall’
esterno senza aprire il paziente,e la struttura esterna
va a bloccare i monconi ossei. Adeguiamo la forma esterna all’ inclinazione delle
viti per bloccare i monconi. Risulta necessario che la struttura esterna sia
flessibile in termii di geometria, in modo adattarsi al caso particolare. Prima
applicazione è quindi quella per traumatologia d’ urgenza, concetto barbaro in
ambiente di guerra, dove è impossibile operare. Le condizioni delle sale operatorio da campo sconsigliano
fortemente apertura del paziente. Nasce la necessità di bloccare le ossa del paziente senza aprirlo. Essa nasce in
ambito bellico : operare velocemente il paziente senza aprirlo. In ambito civile viene applicata
dove l’ urgenza lo richieda.

ALLUNGAMENTI

Il secondo tipo di applicazione è nelle operazioni di allun gamenti . Apparato di Ilizarov :


utilizzato per curare forme importanti di nanismo, o fratture arti inferiori malsanate :
disalllineamento delle gambe. Con fissazione esterna, possiamo allun gare la gamba,
andando volutamente a fratturare l’ osso, tirandolo, e aspettando che il callo osseo vada a
compensare il gap creato chirurgicamente. Necessitiamo di una struttura che man mano che l’
osso ricresce,e distanzio i due segmenti, tenga assieme il tutto : mezzo di osteosintesi su
frattura volutamen te creata in sede chirurgica. Ho creato gap a livello prossimale della tibia.

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Ho un risultato impressionante. In corrispondenza della prima frattura si vede callo osseo, non ho discontinuità, e a
livello distale, il callo cambia leggermente la geometria dell ’
osso.Ottengo allungamenti importanti. Tecnica ancora oggi
utilizzata per questo tipo di problematiche, utilizzata nelle problematiche di accorciamento degli arti più comuni
rispetto al nanismo. Questo è un mezzo di osteosintesi per stabilizzare la frattura volutamente creata, ma deve avere
gli stessi requisiti di progetto precedenti. Nell’
immagine creo una doppia frattura nella parte prossimale e distale della
tibia. I sistemi consentono con regolazioni esterne di distanziare poco alla volta le due ossa, in concomitanza alla
formazione del callo osseo per dare tempo al nuovo callo di formarsi di nuovo : garantire stabilità e il passaggio
adeguato del carico in modo tale da avere tempo di guarigione veloce. Questo paziente, operato in questa maniera, il
giorno dopo che ha applicato i mezzi, inizia a camminare. Stimola l’ osso a ricrescere da immediatamente dopo
impianto.

CORREZIONI

Terzo tipo di applicazione è nelle cosiddette correzioni : la correzione l’ abbiamo già vista, vediamo
come per evitare impianto precoce, possiamo ricorrere a osteotomia della tibia : riportiamo asse di
carico nella corretta conformazione : l’asse di carico ridistribuisce in maniera corretta i carichi. Abbiamo
visto come potesse essere usata una placca in corrispondenza della fessura a cuneo. Questo è
fissatore esterno monolaterale che sta solo da una parte, parte esterna della gamba. Come funziona
questo sistema ? Segniamo punti di ingresso delle viti e tagli delle viti, è una chirurgia invasiva.
Infiliamo le viti utilizzando una maschera , vanno collegate al mezzo di fissazione.

RIASSUNTO

Abbiamo visto come la fissazione in prima classificazione si divida in interna e esterna. Abbiamo visto 3
applicazioni di fissazione esterna.Nella gestione degli allungamenti degli arti (arti di persone affette da nanismo o nei
quali esiti di infausti di fratture sanate, hanno portato alla necessità di riportarlo alla lunghezza dell’ arto controlateralE).
Nella gestione di scorretti allineamenti delle ossa degli arti inferiori (femore e tibia) il fissatore, mezzo di osteosintesi,
viene usato in seguito auna frattura causata in sede chirurgica.

Tra i fissatori esterni esistono altre classificazioni, ad esempio esiste quella secondo tipologie.

TIPOLOGIE

MONOLATERALE

Abbiamo la fissazione monol ateral e, nelle quali il mezzo di fissazione si trova fuori dal corpo
del paziente,solamente da un lato, nella parte laterale dell’
osso. Vediamo tipologie di fissatore
monolaterale per esempi di fissazione della caviglia e per esempi di fissazione a livello tibiale.

ILIZAROV

Un altro tipo di fissatore è quello circolare, o di Ilizarov, conosciuto col secondo nome. La struttura portante è
costituita da una serie di elementi assemblati in fase operatoria (costruzione). In sala operatoria il chirurgo ha a
disposizione dei cerchi, semicerchi, e fili di acciaio che intercettano i monconi ossei della
frattura. Ha a disposizione barre che connettono i diversi cerchi, elementi che il paziente
allunga periodicamente per garantire allungamento dell ’ arto nel caso in cui sia applicazione
per allungamento. Nel caso in cui sia per frattura, il primo requisito di stabilità fa si che tutto
debba rimanere fisso, e non ci sia posssibilità di allungamento dei connettori. Intravediamo
anche l’ utilizzo di una vite, e vediamo anche viti o pin transcutanei, vere e proprie viti
utilizzate sul fissatore monolaterale. Ho diverse tipologie di mezzi di fissazione transcutanei,
fili fish pin o altro che servono ad adattare il fissatore al caso clinico che il chirurgo si trova ad
affrontare : grosso vantaggio in termini di flessibilità del sistema, si assembla tutto in fase
operatoria. Tutti questi sistemi sono vincolati uno all’ altro, i fori vincolano in posizioni discrete
con passo contenuto da uno all’ altro assemblando cerchi alle barre con viti e dadi serrati tutti
insieme. I fili sono vicolati a dei morsetti, a sua volta vincolati a uno dei fori del cerchio, e nel
morsetto, passa al filo serrato ulteriormente perchè rimanga teso. i fili, una volta infilati,
vengono chiusi con una coppia controllata : si vuole ottenere la stessa tensione in tutti i fili
utilizzati, nella stessa maniera, e fare in modo che vengano sottoposti alla stessa forza di
trazione.
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MISTO

Abbiamo poi situazioni miste, dove abbiamo cerchi e fissatori monolaterali, evidenziando versatilità dei sistemi.

Per quale motivo sono versatili ? Abbiamo portato la struttura portante del fissatore fuori dal corpo umano , e i requisiti
di compatibilità non ci sono, sono limitati al paziente in termini di ingombro, ma è un grosso vantaggio rispetto a tutte
le protesi messe nel corpo: dimensioni estramente contenute in quel caso. In questo non mi porto dietro problem i
di compatibil ità anatom ica. Uno dei vincoli da progettisti di dispositivi impiantabili viene meno, porto fuori la struttura
portante, e posso darle qualsiasi forma, che mi permette di creare diversi dispositivi possibili . La forma è determinata
proprio in sala operatoria, assemblando insieme i diversi elementi, mancando il vincolo di compatibilità anatomica.
Portando fuori la struttura portante del fissatore, il grosso vincolo che salto è la questione del materiale, non ho più
requisiti di compatibil ità biolog ica sulla struttura portante, ovviamente presente però sui pin, questi vanno a
inficcarsi nei monconi ossei. Non abbiamo infatti contatto con i tessuti.

Vediamo quindi un range maggiore di materiali da costruzione, non devono sottostare a compatibilità biologica. I
fissatori esterni li troviamo fatti in tanti materiali differenti. Rapporto resistenza meccanica/leggerezza accettabile, che
costituisce vantaggio per fissazione esterna. Sui dispositivi interni, la questione peso, non essenziale, per il paziente
non esiste : non sente il peso di questa protesi. Quando invece progettiamo fissatore esterno, le cose cambiano. Il
paziente non è nelle condizioni ideali, ha la gabbia intorno alla gamba. Non abbiamo vincoli di scelta del materiale,
ma se lo scegliamo pesante questo ingombra,e il paziente sente il peso.

Materiali da costruzione ? Dipende l’ utilizzo che ne facciamo. Generalmente utilizziamo leghe di titanio e di alluminio,
che non possiamo impiantare nel corpo umano (tossico) , e che non soddisfano requisiti di compatibilità, ma possiamo
utilizzarlo per componenti esterni. Utilizziamo delle plastiche, che possono essere usate nel corpo umano, portandolo
fuori dal corpo umano possiamo costruire componente di plastica.

A differenza delle endoprotesi, possiamo dare all elemento portante una sezione resistente grande a piacere :
mettiamo più materiale rispetto a un endoprotesi, e anche una plastica con caratteristiche meccaniche scadenti, può
essre usata in fissazione esterna, perchè allarghiamo la sezione resistenti : lo sforzo non supera i limiti critici a causa
della sezione. Possiamo drogare i materiali polimerici con fibre e nanosfere per aumenare le caratteristiche
meccaniche, non abbiamo nessuna preoccupazione che queste fibre vadano in giro per il corpo, motivo per cui le
plastiche possiamo usarle tranquillamente per l’ elemento portante. Nella terapia d’
urgenza, i requisiti di natura
meccanica non sono così stringenti, sono per un paziente allettato , sono dispositiivi non soggetti a carichi meccanici
importanti, e l’
affidabilità per un dispositivo del genere è limitata, quindi può essere costruito con una plastica di
bassa qualità.

Nella fissazione esterna , portando fuori l’


elemento portante, ho tante scelte in più come progettista rispetto a quelle
che avevo come endoprotesi. Dobbiamo fare però qualche considerazione in più.

Gli aspetti negativi sono legati al paziente, alla sua qualità della vita : a parte le ovvie conseguenze che derivano dal
portare dietro questo dispositivo a livello di comfort, ho inevitabilmente delle finestre aperte tra esterno del corpo del
paziente e interno del corpo, le viti passano attraverso la cute, e rimangono aperte le comunicazioni che fanno
passare qualunque cosa : pazienti fortemente a rischio per quanto riguarda problematiche di infezioni che sono
causate da microorganismi che possono tranquillamente penetrare nel corpo del paziente. Per questa ragione, il
paziente viene trattato con antibiotici.

La seconda considerazione da fare è che il fatto di portar fuori l’ elemento portante, invoglia l’ utilizzatore a riutilizzare
quell’ elemento su più pazienti. I cerchi e i semicerchi non vanno in contatto col sistema biologico del paziente, stanno
fuori. A patto di risterilizzarli dopo un primo utilizzo, possono essere usati su un altro tipo di pazienti. Chi fabbrica
queste cose lo sconsiglia, e ha interesse a dichiarare monouso il complesso di elementi. I fili e le fish sono monouso, il
resto viene riutilizzato, e , nell’ipotesi comune in cui tutto sia gestito in ospedale pubblico, quello che puoi riutilizzare lo
riutilizzi. Gli elementi dei fissatori esterni è prassi vengano riutilizzati. Rischi biologici non ci sono, ma ci potrebbero
essere rischi di affidabilità meccanica. Chi sa il progettista che verfiche ha fatto per affidabilità a lungo termine del
dispositivo ? perchè sia affidabile se utilizzato 6 mesi da un paziente o da più pazienti ? Cambia il numero di cicli a
cui viene sottoposto, e se il progettista ha messo da conto che sia riutilizzabile, viene messo da conto che sia
riutilizzabile da 5 pazienti. Se lo uso off label, fuori dalle indicazioni d’uso, e mi accollo un rischio, mi può andar bene
che il progettista abbia usato un certo coefficiente di sicurezza, ma potrebbe non andar bene. Questo vantaggio va
ben calcolato, e si porta dietro rischi da valutare e minimizzare in fase di progettazione con test ad hoc, dando certe
indicazioni al chirurgo. Questo aspetto è peculiare, riguarda la fissazione esterna. Esso è peculiare perchè
associato al fatto di avere dispositivo fuori dal corpo : può essere pensato come riutilizzabile. Il fatto di dover
risterilizzare le parti esterne se le volessimo includere, introduce un ulteriore elemento : i cicl i contin ui di
risterili zzazione : siamo sicuri non pregiudichino la resistenza meccanica del dispostitvo ? Oltre a calcolare il numero
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massimo di riutilizzi possibili, dobbiamo porci il problema del ciclo di sterilizzazione ripetuto. Dobbiamo fare delle
sterilizzazioni per vedere se il dispositvo, sottoposto a numerosi cicli di sterilzzazione, non peggiori troppo le
caratteristiche meccancihe. Dobbiamo aprire diverse ipotesi legate al tipo di sterilizzazione, e al materiale che scelgo
come materiale da costruzione per gli elementi esterni. Ho sottoipotesi, potrei ipotizzare che da fabbricante usi il
dispositivo una volta etc.. Vantaggio, tengo sotto controllo quante volte lo utilizzi, e, a un certo punto ne vendo uno
nuovo,e la sterilizzazione la faccio io con un metodo che non diminuisca caratteristiche meccaniche. Molta meno
affidabilità è presente seil tutto avviene in ospedale. Questo funziona. Anche la sterilizzazione in ospedale funziona
in maniera che non infici le caratteristiche meccaniche del dispositivo. Le cose sono differenti se sto risterilizzando un
cerchio fatto di acciaio, o se risterilizzo un pezzo di plastica. Sottoporre componente di fissatore esterno polimerica a
successivi e ripetuti cicli di sterilizzazione in autoclave, potrebbe generare problemi (la temperatura cambia le
caratteristiche meccaniche del sistema). I casi sono differenti, è importante tenerne conto in fase di progettazione.
Dobbiamo fare tutto ciò che è necessario perchè quel dispositivo possa essere riutilizzato su un certo numero di
pazienti. In fase di dimensionamento del dispositivo, è bene fare stima se, il dispositivo stesso, resiste a un certto
numero di cicli : dimensionamento di massima fatto sulla base di calcoli analitici che ci mettono in sicurezza rispetto
all’affidabilità a lungo termine. Per questo aspetto di sterilizzazioni multiple, dobbiamo fare un prototipo del dispositivo,
e testarlo, sottoponendolo a numero di cicli corrispondente al primo ciclo. Lo sterilizza, lo rimette in macchina per
secondo ciclo di prova etc.. La validazione della progettazione del dispositivo passa attraverso verifica sperimentale
che tenga conto dei vari riutilizzi.

Questione delle taglie. Quando consideriamo dimensioni alte dei pazienti, di solito è correlata anche al peso dei
pazienti. Quindi per protesi interne, il progettista fa i suoi calcoli, e attribuisce misure del paziente e specifiche
dimensioni della prtoesi. Nel caso di dispositivo esterno, invece, quello può andare su qualsiasi paziente. Quindi,
anche in fase di progettazione, risulta difficile immaginare la storia di carico sul dispositivo. Su quello monouso ho solo
una variabile da tenere in conto, la taglia del paziente. Per dispositivo esterno ? Difficilmente ho correlazione tra
grandezza del paziente, e peso della protesi. Il progettista può fare i suoi conti associando alle taglie delle protesi pesi
verosimili. Il dispositivo può andare su qualsiasi paziente, e, se lo riutilizziamo, diventa difficile in fase di progettazione
immaginare la storia di carico del dispositivo. Sul dispositivo singolo ho solo la variabile dellataglia, su cui ho
correlazione,e su questo dispositivo vado a naso, sovrad imensiono la probabil it à. Allargo lesezioni resistenti
compensando utilizzo non prevedibile del dispositivo.

OSTEOSINTESI INTERNA - FISSAZIONE INTERNA

L’alternativa alla fissazione esterna è quella interna : ho ache fare con dispositivi completamente impiantabili, con
forme e dimensioni varie, che sono fondamentalmente dei pezzi di metallo che tendono a tenere assieme i monconi
ossei.

TIPOLOGIE

PLACCHE,VITI,FILI

Vediamo rappresentati i dispositivi : placca per


osteosintesi, e poi ho viti da osteosintesi che
passano attraverso i fori, mordono i monco ni ossei e
li bloccano,e i fili. L’ utilizzo della vite può essere fatto
sia in associazione alla placca, come mezzo di fissazione
che vincola la placca alla superficie, ma che può anche
essere usata da sola per tenere insieme due monconi
ossei. Placche viti fili : ho la possibilità di bloccare
grantrocantere e femore con fili di cerchiaggio : fil di ferro
girato attorno all’
osso fratturato e compresso attorno a
esso. Non garantiscono stabilità sufficiente per essere
usati da soli, possono essereusati in associazione ad
altre applicazioni. Tiro in ballo specifiche di progetto già
viste per protesi ortopediche : devono essere compatibil i dal punto di vista anatom ico , con dimensioni che devono
poter essere inserite nel corpo, e garantire funzionalità della frattura e ricrescita dell ’ osso. La frattura viene messa all’
altezza della metà della placca, e poi si mettono 3 viti sopra, e 3 viti sotto per fissare i 2 monconi ossi, ed evitare
movimenti relativi. Ovviamente devono avere alcune specifiche in termini di dimensioni, e assicurare
funzionalità.Questi dispositivi sono fatti in acci aio inossidabi le o lega di titanio . La lega di titanio, che garantisce
una migliore distribuzione del carico, avendo modulo di elasticità più basso, ha come svantaggio che l’ osso ricresce
talmente volentieri sulla superficie artificiale, che si ingloba la placca (al momento della rimozione è un gran
problema, danneggio l’ osso).Spesso utilizzo acciaio inossidabile, per il fatto che il titanio ha questo svantaggio.
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Acciai o inosdd iabi le però non si riesce a modellare in sala operatoria, la superficie delle ossa è irregolare, e in
caso di frattura con monconi che devono essere riassemblati, è necessario modellare la placca per adattarla alla
frattura. Progettiamo una bella placca magari, ma il chirurgo la porta in campo plastico : plastica che lavo ra al di
fuori delle zone pensate dal progettista. Paziente può subire rimodellamento della placca. Per fare questo, il titanio
funziona , il chirurgo riesce a modellarla, mentre acciaio inox no. La solita lega di titanio additivato, per costruzione di
materiali impiantabili, la troviamo ancora per le placche, ma le richieste di duttilit à, e adattamento placca all’
anatomia del paziente, fanno si che vengano utilizzate leghe di titanio pi ù puro, grado 4 ad esem pio . Questo ha
però caratteristiche meccaniche minori, e il lavoro del pogettista non è semplice. La valutazione del compromesso
per dispositivi sicuri non è semplice , complicato dal fattore di qualità di guarigione della frattura.

Come progettista, costruisco una placca che debba avere si la caratteristica che deve garantire stabilità della frattura,
ma devo anche accelerare il processo di guarigi one, e quindi penso ad un dispositivo pensato su un paziente che
guarisce in fretta : problem a della velo cità di guairgi one della frattura. La resistenza della placca la immagino più
importante nella fase iniziale, ma che mano a mano che la frattura guarisce, diventa meno importante, parte viene
supportata dall’ osso, e parte dalla placca. Questo, se va tutto bene, ma se la frattura nel paziente non guarisce ?
Abbiamo casi in cui il sistema biologico non rigenera velocemento l’ osso, e la guarigione della frattura risulta molto
ritardata. In quel caso la placca lavora fuori dalle condizioni di progetto individuate, motivo per cui abbiamo tantissime
placche che si rompono. Un 10% delle placche va incont ro a rottura, causata da ritardo di consolidamento della
frattura, e la placca, invece che soportare 100 mila cicli da sola,ne deve supportare molti di più, all’ interno dei quali,per
altro, deve supportare un carico molto maggi ore, per il quale, in fase di progettazione, era stato previsto che un
parte se li prende lei, parte l’osso. Se la struttura non guarisce, la placca li supporta da sola, e si rompe, era stata
progettata per resistere a meno cicli, e il progettista non può farci nulla. Le placche devono stare adese all’ osso. Sono
molto sottili e molto piccole. La sezione resistente non può essere fatta a piacere, ma è definita dall’ anatomia dell’
osso, e dall ’impossibilità di creare interferenza con altre strutture. Sui materiali , ritorna la problematica di dover
scegliere tra materiali ben definiti, mentre dall ’altra parte ho il chirurgo che vuole il materiale malleabile : questi vincoli
fanno si che la progettazione delle placche abbia poche chance di trovare soluzioni alternative. Uso qui acciai inox e
titanio più o meno puro.

FISSATORI

Un altra tipologia di dispositivi sono i fissatori interni, o chiodi endom idoll ari . Il
fissatore vien e posizionato all ’ interno del canale midol lare, bloccato in zona
prossi male e distale tramite viti di ancoraggio. Sono tubi curvati, che seguono
curvatura delle ossa lunghe, e sono destinati a regioni anatomiche particolari. Il tubo
viene infilato nel canale midollare delle ossa lunghe, e fissato all’ osso fratturato
mediante vari sistemi. Nel caso più comune, viene fissato con delle viti prossimalmente
e distalmente (oppure solo prossimali). Questo tubo ha dei fori, attraverso cui passano
le vit. La struttura portante, è caratterizzata da viti che vincolano il tubo all’osso. Se la
frattura è a un certo livello , il tubo viene inserito perchè fissazione distale e
prossimale siano a cavallo della frattura. Il vantaggio di questo dispositivo , è che ho
una struttura portante abbastanza massiccia, della dimensione del canale femorale, con
discreta resistenza (ho vincolo dato dalla grandezza del canale femorale, ma è
sufficientemente grande per mettere dentro qualcosa di resistente). Inoltre con questo
tipo di operazione, i pazienti posso no cam minare già dal giorno successivo , senza
il periodo di immobilità a cui erano obbligati a sottostare nel caso della placche. Sono operazioni meno invasive di
quella a cielo aperto. In questo caso, del femore, possiamo introdurre il chiodo dall’ alto, con un piccolo taglio a livello
del grantrocantere, e da questo, si lavora il canale femorale. Ho altri chiodi che prevedono lesatura del canale
femorale, e introduzone del chiodo : sono tutte operazioni a cielo chiuso : faccio pccola incisione del paziente con
vantaggio delle operazioni a cielo chiuso, ma anche svantaggi, soprattutto per il chirurgo che deve effettuare un’
operazione molto più complessa di prescisione. Questo fissatore consente come detto al paziente di camminare da
subito: paziente non sottoposto a terapie antibiotiche, ma che va incontro a secondo atto operatorio : a frattura guarita
i chiodi vanno rimossi. Nella fissazione esterna devo solo sfilare le fish e le viti, ma non è un vero proprio atto
operatorio. In ogni applicazione ho vantaggi e svantaggi.

FISSATORI - FISSATORI LUNGHI

Posso avere fissatori lunghi , fissati sia prossimalmente che distalmente, o corti, fissati solo da una parte. Vantagg io
di stabi lità nei lunghi . Quale è invece il vantaggio di usare meno viti, e fissare quindi la struttura solo distalmente o
prossimalmente ? vantaggio in flessione. Ho il vantaggio che si ripartisce il carico tra osso e fissatore in maniera
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corretta. Sistema meno rigido stimola di più osso a ricrescere. Questo concetto
dello stress shielding già intrdotto per protesi d’ anca, è un concetto che il
progettista tiene in debita considerazione per progettare disposiitivi funzionali in
termini di guarigione : viene agevolata la ricrescita dell’ osso, anche se comunque,
di contro, devo garantire la stabilità. Molta della ricerca, viene fatta verso
dispositivi che siano più biocompatibili dal punto di vista biomeccanico : rigidezza
tale da minimizzare stress shieding. Nel chiodo midollare, viene fatto eliminando
viti prossimali e distali, ma il requisito è che la frattura sia stabile. Nei lunghi ho
vantaggio di stabilità, nei corti ho il vantaggio di guarigione. Nei chiodi ci si è
sbizzarriti nella fissazione del chiodo al femore.

Sarebbe bello avere sitem a di fissazione a lunghezza variabile. Io devo


garantire stabilità, più il dispositivo è rigido, più la stabilità è garantita. Vorrei anche che quel disposiitvio rigido
diventasse più flessibile per caricare adeguatamente l’ osso e riscrescere velocemente : Il mezzo ideale, è quello che
concede poco carico all’ osso all’ inizio, ma, mano a mano che la guarigione ricresce, esso deve diventare sempre
meno rigido. Questo vale anche per fissazione esterna. Per la fissazione esterna non ci sono chiodi a rigidezza
variabile, ho sempre escamotage : modifi co rigidezza togliendo viti : se le due fratture sono stabili, posso decidere
di togliere una vite. Questo è sicuramente qualcosa fatto in clinica, costa poco. Una rigidezza variabile, non da
progetto, ma causata, viene applicata. Quali sono le idee di chiodi a rigidezza variabile ? Per fissazione interna
posso pensare a chiodi riassorbibili, chiodi in titanio con parte fatta da materiale bioriassorbibile che scompare nel
tempo causando diminuzione della rigidezza del sistema. La difficoltà sta nel trovare il materale che si degradi con il
giusto rate,infatti, se ho materiale che si degrada troppo in fretta, rischio di instabilizzare la frattura. Se si degrada
troppo lentamente, diventa meno rigido troppo presto. Ognuno di noi aggredisce i materiali in maniera diversa.
Questo,associato al fatto che la guargione in ciascun paziente ha ritmi diversi, fa si che un dispositivo uguale per tutti i
pazienti sia difficile da trovare. Il concetto è vincente, dobbiamo tramutarlo in un dispositivo funzionante. Questa è la
prima possibilità dei chiodi, la seco nda, sono elem enti meccani ci di cui posso variare rigidezza nel tempo ,
intervenendo variando rigidezza nel tempo fisicamente. Se pensiamo al fissatore di Ilizarov, se mi accorgo che la
frattura è consolidata, posso rimuovere alcuni di quei vincoli, alcune di quelle barre, accelerando la guarigione. La
fissazione esterna è più semplice,agisco subito. In quella interna si è arrivati a dispositivi dove la regolazione della
rigidezza vien e fatta accedend o dal pertugio attraverso cui era stato messo il chiodo .

FISSATORI - FISSATORI CORTI

Nella fissazione interna esistono anche chiodi corti .QuestI chiodi, terminano a metà
della lunghezza del femore, e vengono usati per le fratture del collo del femore. Il chiodo
viene fissato a metà del femore con una vite, e poi ho altre due viti che entrano nel collo
femorale, che tengono insieme la diafisi con la testa del femore in quella maniera. Non è
necessario che arrivi fino in fondo al femore, la frattura è solo prossimale. I chiodi
vengono fissati con chirurgia più complessa. Dai condili femorali si infila verso l’alto il
chiodo.

FISSATORI - FISSATORI ANTEGRADE

Sono fissatori femorali che sono infilati a partire dal grantrocantere del femore

FISSATORI - FISSATORI RETROGRADE

Vengono infilati dal basso verso l’


alto aprendo il ginocchio e inserendo dai condili (chirurgia più complessa).

SPECIFICHE DI PROGETTO FISSATORI ESTERNI

 Devo usare materiali radio-trasparen ti, almeno nella parte in corrispo ndenza della
rima di frattura. Il Chirurgo usa fluoroscopio per individuare coni ossei dove impiantare
le viti che utilizza. Dopo aver apposto il fissatore esterno, se fatto di materiale
radioopaco, il sito di frattura può essere coperto dal fissatore stesso. Se faccio
radiografia in direzione mediolaterale, e non vedo i monconi, utilizzo materiali
radioopachi come metalli,e rischio di coprire il sito di frattura e, nel post operatorio
faccio fatica a valutare se la frattura guarisce in modo buono.Le plastiche invece sono
radiotrasparen ti, preferibili quando valuto nel post ntervento come procede la
guarigione della frattura.

 Costruzione con metalli adatti a sopportare i cicl i di sterili zzazione


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 Dovrebbe preved ere sistema un sistema per la riduzione della rima di frattura. Deve quindi
permettere la rotazione dei due monco ni distali sui tre assi cartesiani , e la traslazione lungo l’ asse
princip ale. Devo avere dispositivi flessibili in termini di capacità di movimenti in modo che anche anche la
riduzone della frattura, possa avvenire manovrando dall’ esterno. Se la frattura è scomposta, devo mettere
nella corretta posizione i pezzi, e lo faccio attaccando ai fili l’
elemento portante, e conseguentemente, muovo
i monconi ossei per riportarli in allineamento muovendo il fissatore esterno. I fissatori garantiscono un ampi o
range di movimenti possibili per ridurre la frattura, riportando l’ osso ad anatomia corretta manovrando dall’
esterno.

 Dovrebbe preved ere un sistema di sollecitazione specifico , per consn tire al paziente di graduare,
durante tutto il periodo di trattamento, la sollecitazione del focolaio di frattura (load sharin g). Anche
per la situazione esterna il sistema dovrebbe prevedere sistema di sollecitazione per graudare la situazione
del focolaio di frattura : sistema che varia rigidezza in base allo stato di guarigi one. Come valuto lo stato
di guarigione ? Risposta nel requisito successivo

 Dovrebbe preved ere un sistema di misu ra, essenziale peruna oggetti va valu tazione dell ’ andam ento
della guarigi one. Devo avere radiografie che valutino se a cavallo del focolaio di frattura, ho formato o meno
callo osseo. Quello che non vedo è valutare se il callo osseo è sufficiente resistente o meno, se si è già
tramutato in osso, se ha rigidezza sufficiente da diminuirla etc.. Sarebbe bello avere un sistema di misu ra
che misu ri la rigidezza del call o che si sta formand o : valutare lo stato di guarigione della frattura non
attraverso analisi radiografica, ma attraverso misura vera e propria. Questo lo possiamo fare ? Si , in quale
maniera ? Abbiamo il femore, usiamo un fissatore esterno (fissazione delle viti a livello prossimale). Vediamo
di seguito come possiamo fare :

Ho un sistema inizialmente immaginato di 2 molle in parallelo. Immaginiamo ripartizione del carico fra i due sistemi tra
osso e fissatore. Per far passare carico all’ osso, faccio diminuire rigidezza del fissatore (R2). In modo tale che mano
a mano che il callo si ricrea possa far passare il carico all’ osso, non faccio il fissatore monobl occo , ma lo faccio
come sistema portante con in parallelo un altro sistema (R1). Non avrò più singola molla, ma ne avrò due.
Immaginiamo una molla in parallelo al fissatore, di cui posso variare la rigidezza espon endo una parte più o
meno ampi a della molla che si pu ò deformare. Nel momento in cui la elimino la rigidezza del fissatore diminuisce,
e quando mi accorgo che il callo osseo è sufficientemente resistente, tolgo il componente parallelo e faccio scaricare
carichi all’
osso (posso progettare un sistema che vari la rigidezza del sistema stesso). Come misuro quanto è rigido
questo callo ? Sfrutto lo stesso sistema,dove la ripartizione del carico tra osso e parte artifici ale dipend e dalle
rigidezze reciproche. Aggiungo un pezzo (R1) che vari rigidezza, e che possa misurare con sensori la deformazione
che subisce l’ elemento messo in parallelo. Ho quindi un sistema che non posso solo utilizzare per variare la rigidezza
dell’intero sistema, ma che con appositi sensori (questo è un trasduttore), misuri la deformazione locale su se stesso,
ovviamente correlata al carico che passa sul sistema stesso. Sfrutta la deformazione a suo carico correlata alla
deformazione in parallelo. Esso è qualcosa in grado di misurare la deformazione a cui è sottoposto. Faccio caricare
il paziente su una piattaforma di forze a misuro la deformazione iniziale. All’ inizio della guarigione, il paziente ,
sottoposto a questa operazione, fa registrare a quell’ elemento sensibile una deformazione iniziale epsi lon-i . Da quell
elemento passa carico Ci, che è lamaggior parte del carico C all’ inizio. C viene divisio tra Co e Cf, Cf si divide a sua
volta anche in Ci poi. All’ inizio avrò il 90% a carico del fissatore, 10 osso. A un certo punto ho qualcosa che fa
aumentare la rigidezza dell’ osso, le rime di frattura vengo no meno se il call o si forma. Il fatto che diventi sistema
più rigido, fa si che il carico si ripartisca in maniera diversa. Ridistribuzione 85 15 ad esempio. Dopo un mese faccio
ricaricare il paziente, e noto una epsilon-i a un mese minore di quella iniziale : ci passa sopra un carico più piccolo al
componente in parallelo. Questa operazione la posso eseguire ripetutamente, monitorando quanto il callo sta
crescendo in termini di rigidezza , andando a misurare le deformazioni della componente artificiale, e, per differenza
determ ino il carico che passa dall ’ osso. Ho una misura della compattezza del callo. Se la epsi lon a un mese è
met à di quell a iniziale, signi fica che il call oo che aveva rigidezza di tot, dopo un mese ha rigidezza doppia, e
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posso decidere di variare ulteriormente la rigidezza del sistema in parallelo per accelerare la guarigione,facendo
passare più carico nell’
osso. Posso attaccare quindi sistemi di misurazione, a rigidezza variabile, per ottimizzare
guarigione dell’
osso e velocizzarla. Tutto questo risulta difficle da compattare in dispositivo impiantabile.

 Gli ingom bri esterni devon o essere molto ridotti

LOAD SHARING

Facciamo un esempio di come si può affrontare valutazione dello sharin g in fase progettuale. Questo tormentone va
soddisfatto in fase pre clinica, e rappresenta la capacità di un certo sistema di fissazione di trasferire carico all’
osso.
Per fare questo abbiamo progettato un simu latore di baci no : struttura pensata per essere in grado di applicare ad
un osso sintetico una sollecitazione simile a quella che riceve il femore durante le attività di cammino del paziente.
Abbiamo femore sintetico, di resina, femore sviluppato e studiato da azienda svedese le cui caratteristiche
meccaniche sono state misurate e confrontate da ossa prelevate da cadavere (ha caratteristiche meccaniche
comparabili a quelle dell ’osso femorale). Per fare valutazioni dal punto di vista meccanico, questo sistema è ideale,
ed è sempre quello a differenza di quello del cadavere : condizione al contorno nota e standard. L’ osso sintetico
viene montato sul sistema, e vengo no cem entati i condil i femorali in un bicchiere solid ale alla cell a di carico
della macchina di prova. Il sistema èn vincolato a terra con un manicotto. Sul grantrocantere del femore, viene
cementata u’ altra coppetta, con nella parte superiore un anello per attaccarci un tirante, cavo d’
acciaio. Ho una
schematizzazione del bacino del paziente, con elemento di carico che può essere variato in posizione medio laterale.
Questo bacino riporta un altro tirante. Il cavo che collega
grantrocantere con bacino, rappresenta invece l’ azione dei muscoli
abduttori. Il tutto viene messo in macchina,e il sistema caricato con
certa forza, agisce azione muscoli abduttori, e il fatto di mantenere
bracci di leva come quelli del corpo umano, fa si che il sistema sia
caricato come lo carica il paziente durante il ciclo del passo.
Misuriamo il carico che stiam o appli cando , e simu liam o il carico.
Quello che applico lo misuro con la cella di carico. La distanza rossa
gialla la imposto io se so rapporto bracci tra baricentro e testa
femorale per simulare diversi pazienti. Freccia rossa baricentro. Serve
a sapere il tutto come il carico si ripartisce sull’
osso. La freccia in alto a
destra rappresenta sempre il carico che applico, ma lo applico li
semplicemente per come è costruita la macchina. Tanto il carico si
ripartisce e divene la freccia rossa (forza peso paziente).

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CALIBRAZIONE DEL FEMORE SINTETICO

Sistema in grado di applicare carico a cui è sottoposto il femore prossimale durante il cammino. Lo scopo
princip ale è quell o di usare questa struttura in config urazione solo femore, situazione fisiol ogica. Quel
femore veniva fratturato e poi aggiunto un chiodo all’ interno. Quello che volevamo vedere era come il carico veniva
ripartito tra struttura naturale e artificiale. Le condizioni che analizzo sono : Situazione fisiologica, senza
dispositivo ,situazione di fine guarigione, situazione di inizio guarigione (femore fratturato con chiodo all’ interno).
Volevamo vedere quanto questo partico lare chiodo fosse in gado di ridistib uire il carico fra se e osso per
confronto con altri chiodi che hanno compo rtamenti differen ti. Questo doveva rendere il chiodo più elastico,
abbiamo preso un chiodo standard e abbiamo rifatto la stessa valutazione.

Per valutare questa ripartizione dei carichi, sull ’


osso sono stati incol lati dei trasdutto ri di
deformazione, estensimetri a resistenza
elettrica incollati sulla superficie in grado di
misurare la deformazione locale dove
appiccicati : misuriamo il carico che passa in
una certa regione dell’ osso. Abbiamo strumenti
che correliamo con la grandezza che ha
causato quella deformazione, e vogliamo
correlare la misura di deformazione con il
momento che ha causato quella data
defomazione. Applico una forza sulla macchina
di prova, che non si traduce tutta in forza
assiale, la maggi or parte è deformazione
flessionale del femore. Le deformazioni
flessionali sono quelle che regolano e mediano
in maniera più efficacie la ricrescita dell’ osso.
Ci interessano le deformazioni causate dai momenti,che sono quelle che medi ano e regolano in mani era pi ù
efficacie la ricrescita dell ’
osso. Preventivamente, abbiamo dovuto fare operazioni di cali brazione (due immagini
sopra) : si crea una zona a momento flettente costante (a sinistra) tra i due rulli superiori, valutando quali fossero i
momenti che causassero determinate deformazioni. Non sapevamo da cosa erano causate le deformazioni. Le
abbiamo volute correlare coi momenti applicati : importante per validare il modello sperimentale. Infatti esistono molti
dati in termini di momenti, e volevamo vedere se i momenti che registravamo erano simili a quelli conosciuti e riportati
in letteratura. Tutto questo ha fatto si che preventivamentemente alle prove, calibrassimo con estensimetri posizonati
sul femore su banco di flessione, appoggiato su due rulli inferiori e caricato con rulli superiori : si crea zona a
momento flettente costante. Questo è facile da calcolare : dipend e dalla forza e dalla geometria tra i rulli (il 52
bracci o è dato dalla distanza dei rulli). Ci siamo costruiti delle curve di cali brazione momento/deformazione.
Continuiamo a tracciare deformazioni e momenti : curva di calibrazione tra deformazione subita e momento che
agisce sulla struttura. Questa è stata utilizzata al contrario , una volta che il femore è stato montato sul model lo
di baci no, abbiamo misu rato deformazione epsi lon m, e ci siam o calcolati il momento che causava una certa
deformazione, ottenuta medi ante simu latore. Attraverso la curva di calibrazione abbiamo capito quale fosse il
momento che causava quella deformazione. La curva di calibrazione viene usata sul simulatore di ginocchio per
ricavare il momento che causava quella deformazione. Siamo andati a valutare se il momento era confrontabile a
quelli ricavati in letteratura , ed è stato effetivamente così. Una volta fatto questo abbiamo fatto le prove vere e
proprie nelle 3 condizioni dette prima : femore integro, femore integro con chiodo, femore con frattura.

Andando a vedere le deformazioni con carico applicato, abbiamo visto


che con femore integro con chiodo tutto il carico viene preso la
chiodo : se ho aggiunto molla in parallelo che prende parte del carico
(chiodo), la deformazione dell’ osso, estensimetro, diminuisce quando
vado a metterci il chiodo. Quando creo la frattura, ulteriormente, il
carico che passa dall’ osso diminuisce, l’osso è meno rigido rispetto
alal situazione precedente. Tutto prevedibile, ma misurato. Gli stessi
risultati sono riportati riportando il momento flettente, ma non cambia
la sostanza : inizialmente il femore integro si carica maggiormente che
non nella condizione chiodo, che non nella condizione fratturato. La
vera e propria valutazione della ripartizione del carico tra femore e
osso lo vediamo che allo 0% di guarigione, ultima situazione
analizzata, più o meno metà passa da chiodo e metà da femore,
mentre nella situazione osso integro, 2/3 passa da osso. Viene usato per confronto con disegno di altro chiodo con
percentuali diverse di ripartizione : ha rigidezza differente.

IL CHIODO ELASTICO

Il chiodo elastico , nasce dall ’ idea anticipata precedentemente di poter aver a disposizione
un dispositivo la cui rigidezza possa essere variata in funzione delloo stato di guarigione dell’
osso. Per dispositivi da osteosintesi esterna, questo è più facile : basta porre in parallelo al
sistema principale portante un altro elemento, generalmente elastico, la cui rigidezza può
essere variata (ho accessibilità totale) che possa avere elemento sensibile che possa
misurare la deformazione a cui è soggetto, strettamente correlata alla rigidedzza del callo
osseo che si sta formando. Per dispositivi posti all’ interno del corpo umano, questo è
difficilissimo da fare. Il chiodo elastico, nasce con il concetto infatti di avere una struttura in
serire con l’ elemento portante : elem ento elastco, molla, e cappu ccio che variano la
rigidezza della molla stessa. La molla è fatta in maniera particolare, nella parte alta ha delle spire. Ha poi dei fori
che fanno passare le viti a livello della testa del femore. La variazione di rigidezza, avviene esponendo le spire in
maniera più o meno accentuata. A cappuccio chiuso, l’ elemento è rigido, mentre svitando il cappuccio, la molla
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svolge la sua azione , e il sistema diventa più elastico. Questo svitamento può essere fatto con una manovra dove
viene riesposta la parte del grantrocantere, e con un cacciavite viene svitato il chiodo. Il cappuccio in alto ha delle
scanalature. Con un cacciavite lo avvitiamo e svitiamo. Il cappuccio ha due fori per questo motivo : svitando quello
superiore abbiamo vite trans troacanterica, entrando dall’ apice del trocantere e scendendo sul femore, mentre per l’
utilizzo del foro infeiore ho la vite trans cefalica, che va a mordere la testa del femore. Lo stesso dispositivo può
essere usato per fratture o fissazioni. Possiamo avere fissazione trans-trocanterica, e trans-cefali ca. Essendo un’
operazione praticamente a cielo chiuso,è necessario che il chirurgo veda ciò che sta facendo sotto fluoroscopio, ma
ho necessità che , una volta infilato il chiodo, le viti vadano a centrare i buchi nel chiodo stesso. Questo tentativo di
infilare le viti, non si può demandare solo al fluoroscopio, ma ho uno strumentrario dedicato che si innesta a partire
dal cappuccio del dispositivo, e si attacca al cappuccio una squadra che riporta in corrispondenza del foro una guida
per infilare adeguatamente la vite. Ho indicato lo strumentario che serve per centrare la vite prossimale. Il castello più
basso centra le viti dei fori distali. Il rischio qui , non è quello di non centrare il buco con la vite, ma i tentativi di
centrare il corretto allineamento tra vite e stelo, potrebbero causare sfregamenti sulle pareti del foro, che sono delle
alterazioni che porto allo stato superficiale del dispositivo. Già il dispositivo dove ho il foro è intrinsecamente meno
resistente, se gratto via la superficie sul foro, perchè cercando di infilare la
vite non centro subito il foro, causo delle alterazioni dove è più debole : foro
diventa potenzial e innesco di cricche che si propagano a fatica. Alcui
fallimenti a lungo termine di questi dispositivi, sono dovuti alla difficoltà di
applicare le viti sullo stelo senza rovinare la superfici del foro stesso.

Configurazione con le spire infilate nel cappuccio, esponendo le spire


otteniamo effetto elastico, diminuzione di rigidezza.

CONSIDERAZIONI FINALI

A ivello distale non mettiamo una vite, ma vergel le che si conficcano nel
sistema femorale. Le vergelle sono a punta e fuoriescono al livello del condilo
femorale. Questo sistema di fissazione è più elastico di una vite. L’idea è di rendere più elastico il sistema.

Qui abbiamo sistema a rigidezza più bassa che non fissato con viti prossimali e distali. L’ eccesso della rigidezza del
sistema èu chiodo. Estremo della flessibilità ricercata in un chiodo. A livello prossimale ho due fori per le viti, mentre
la fissazione distale come avviene? si sfila il filo e si aprono 4 vergelle che, per attrito, bloccano il chiodo alle pareti
interne del canale femorale. L’indicazione di utilizzo è solo su fratture stabili, anche se è un chiodo che ha
funzionato se scelto per le condizioni ideali (chiodo di Marchetti e Vicenzi).

Viti alla testa del femore sono messe parallele. Il fatto di averle parallele, consente minimo di mobilità delle viti : le due
rime di frattura possono muoversi un minimo una rispetto all’ altra. Se le due viti le dovessimo invece mettere
convergenti, blocchiamo tutto più efficaciemente. Quelle parallele non possono scorrere una rispetto all’ altra. Ho due
soluzioni simili utilizzate per due esigenze cliniche differenti, una dove la frattura è più stabile e si vuole accelerare la
guarigione, nell’ altra la qualità dell’
osso è scadente.

Posso usare anche placca sulla parete esterna del femore. Devo fare atto operatorio invasivo per poter inserire la
placca, fissazione delle viti la faccio dall’
esterno. Sistema leggemente più semplice e stabile, che ha svantaggio di
essere introdotto attraverso atto operatorio leggermente più complesso.

Placca standard, per fissazione di fratture del radio, placca con qualche foro, mettiamo una o più viti per fissarla.
Abbiamo placche per qualsiasi parte del corpo umano, sagomate in maniera molto diversa una dall ’ altra, con
conformazione che assomiglia a osso della clavicola, e che consentono al chirurgo di usarle in tutte le situazioni
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cliniche particolari. Placche disegnate sul sito anatomico dove devono essere posizionate.

Viti possono essere usate per collo del femore, con monconi adesi possiamo usare un concetto , di mettere viti a
cavallo della rima di frattura senza avere la placca esterna. Solo le viti possono essere usate per fissare la frattura. La
vite sulla superficie ha dei fori passanti. Essa è un tubo, per il corretto posizionamento della vite, da prima si fa
passare con un trapano/filo guida, e si posiziona il filo dove si vuole mettere la vite : deve essere canulata. Ho su di
essa forellini che servono per somministrare del farmaco localmente sul sito di frattura, oppure possiamo decidere di
fare cemento armato : viti come armatura e sparare cemento per ossa che blocca le viti nel momento in cui
polimerizza. questa è azione coadiuvante quando la qualità della vite dell’ osso è scarsa.

Vitone usato per le fratture dell’


osso sacro.

Ho anche fissatori esterni, di diverse fogge. Fissatori esterni in lega di titanio. Fissatore utilizzato in traumatologia ,
definitivo. Non è un fissatore usato in traumatologia d’ urgenza.

La sollecitazione, macroscopicamente, determina il fatto che i due monconi ossei, nel caso di viti parallele, abbiano
microcrompressione reciproca data dalle viti. Quando sono convergenti, non possono più scorrere una rispetto all’
altra. Rispetto alla situazione dove le viti sporgono dall ’ osso, e non sporgono in utilizzo clinico, le viti è importante che
trovino miglior grip nell’osso a livello corticale. La vite deve sfondare la corticale, dopo essere passata dalla placca.
Una volta raggiunta la corticale opposta, non è necessario sporga oltre, e si può tagliare la vite. Quando vado ad
espiantare, il danno che causo durante l’ espianto non è influente rispetto alla resistenza dell’ osso guarito dopo l’
espianto del mezzo di sintesi. Nella maggior parte dei casi non è un problema, in altri è dibattuto il fatto che gli
elementi di fissaggio siano responsabili di eventuali rifratture che si verficano dopo l’ espianto del mezzo di sintesi. Può
succedere che un osso rotto e risanato possa incorrere in ricadute recidive delle fratture nello stesso sito precedente.
L’ osso, ricresciuto nei primi periodi,non ha la consistenza di un osso sano, e, espiantando il sistema, lasciamo dei
buchi in corrispondenza delle viti, togliamo resistenza all’ osso. Questo è dibattuto quando si lascia la possibilità al
chirurgo di mettere più viti o meno viti (se ha più monconi ne mette di più). Se la frattura è a cavallo della metà della
placca, posso decidere anche di fissarla con 6 viti. Più viti uso, più ho stabilità, e più irrigidisco il sistema, facendo
passare meno carico dalla parte ossea che potrebbe guarire in un tempo più lungo, e mezzo di sintesi potrebbe
andare incontro a problemi di fatica meccanica. Dove il chirurgo ha usato troppe viti, si ha rottura del mezzo di sintesi
associato alla frattura. Dibattuto è il fatto di utilizzare più o meno viti, sembra esserci correlazione tra numero di viti
utilizzate e incidenza di rifratture nel tempo. Generalmente non si ritiene sia un problema il danno causato dall’
estrazione della vite all’atto di rimozione del sistema. Il chiodo endomidollare entra dentro il canale midollare. Questo
può essere fresato per accogliere il chiodo. Può essere indebolito, fresandolo asporto materiale. Asporto materiale
dalla prossimità dell’ asse neutro del sistema. La parte dell’ osso vicina all’asse neutro, non è così fondamentale
rispetto alla resistenza a torsione. Se sul mezzo di sintesi cresce osso, allora in quel caso potremmo avere
problemi(se la placca viene inglobata dall’ osso). Per questo motivo, il titanio non viene spesso utilizzato, cresce su
esso più favorevolmente l’ osso e diventa difficile la rimozione del sistema stesso.

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5. PROTESI DENTALI
L’ultima applicazione parzialmente riferibile al sistema scheletrico, sono gli impianti dental i , che trovano collocazione
nelle ossa, anche se non sono riferiti all’
apparato locomotore. L’ impianto dentale è una struttura che serve a
rimpiazzare dei denti, che non ci sono più per diversi motivi. Quando manca uno più denti, che cosa facciamo ? Le
funzioni che vengono a mancare sono di due tipi, una molto più importante : masticato ria, e l’ altra data dalla
considerazione estetica.

Qui viene rappresentato quello che succede in mancanza di un dente : il dente centrale della figura viene sostituito da
un assemblaggio di due componenti : corona protesi ca e impianto dental e. Noi ci occuperemo come progettisti solo
di impianto dentale, la corona protesica, manufatto artigianale, spesso viene fatta sul paziente che riceverà quella
determinata corona, che non ha progettazione vera e propria a livello industriale, ma più artigianale. Quello che ci
interessa è l’ impianto dentale, cioè un dispositivo che fornisce alla corona protesica un supporto in una matrice
ossea, nell’osso o della mandi bola o della mascell a. Il dente naturale ha degli agganci alla componente ossea, che ,
quando viene a mancare il dente, vengono a mancare anch’ essi, e alla corona protesica artificiale è necessario un
aggancio alla componente ossea nell ’ osso della mandibola o della mascella. L’ impianto dentale ha quindi queste due
parti. Una parte che si avvita o si vincola nell’
osso, impianto (parte endossea) e seconda struttura, monco ne,
abutment, struttura che connette la parte endossea alla parte del cavo orale : sporge nella bocca. Esso passa
attraverso la gengiva, e fornisce il supporto per la corona protesica, dente finto. Spesso, l’impianto, va a sorreggere
più denti, e in patologie abbastanza diffuse, non è solamente localizzata su un dente, ma patologia diffusa che fa
perdere intere parti delle arcate dentali : gran parte dell’
arcata dentale deve essere sostituita con struttura artificiale.

Vediamo nell ’ immagine un paziente con i denti anteriori ancora funzionanti, ma con tutta la
parte dai premolari ai molari completamente mancante. Non è più applicazione a singolo
dente, ma vanno ricostruite entrambe le arcate. In questi casi, non utilizziamo impianto
dentale per dente, ma le cosiddette strutture a ponte : impianti dentali sono i pilastri di un
ponte dentale costituito da più denti che non appoggiano ciascuno su un pilone, ma su
due tre piloni a seconda delle scelte chirurgiche. Per sostiuire i denti su ciascuna delle due
parti, in un caso abbiamo 3 impianti dentali, 3 monconi che spuntano nel cavo orale, che
saranno i pilastri di una ricostruzione che alla fine si presenta come nella foto successiva
(possiamo quindi mettere da 2 a 3 denti sullo stesso moncone, dove il numero di pilastri
utilizzati dipende dalla consistenza dell’osso).

La scelta del numero e del posizionamento del singolo impianto, è strettam ente legato
alla quali tà dell ’ impianto. La stabilità dell ’
osso di chi deve ricevere l’ impianto nell’
osso
è fondamentale per garantire stabilità nel tempo. Un umpianto che inizia a ballare,
determina instabilità, devo metterlo dove ho sufficiente osseo. I problemi di edentulia
sono cosi diffusi sono legati al fenomeno di riassorbimento dell’ osso ancora con i denti
naturali, che cadono semplicemente perchè non hanno più supporto nell’ osso. I pazienti
sono già quindi con una struttura dell’ osso mandibiolare mascellare compromessa. Il dentista deve scegliere dove
piazzare gli impianti dove ha sistema compatto e resistente. I problemi di edentulia nascono anche per problemi di
igene dentale , portando in fase avanzata a
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riassorbimento osseo e perdita di denti. Diviene
molto probabile che le stesse cause che hanno
portato alla necessità di impianti dentali, causino
fallimento degli impianti stessi (il paziente può non
avere igiene anche dopoo l’ impianto). La struttura
dentale, e quindi la corona protesica, sarà compito
dell’odontotecnico, non più dell’ ingegnere : l’
odontotecnico deve far combaciare perfettamente l’
arcata mandibolare con quella della mascella.

Nella radiografia, vediamo i 3 impianti sul lato


destro e sinistro del paziente. L’ impianto non è
in asse con il dente, potrebbe succedere. Non
va su dritto, ma storto, per il fatto che nella
posizione dritta, il dentista ha valutato che non
fosse sufficiente la compattezza dell’osso : ha dovuto vincolarlo dove l’ osso fosse più compatto. I denti non hanno la
direzione che hanno le radici naturali dei denti, sono storti a causa dell’
esigenza primaria di impiantarli dove l’ osso da
sufficienti garanzie che possa inglob are l ’ impianto , garantendo affidabilità a lungo termine dell’ impianto stesso.

Immagine radiografica di impianti dentali per due motivi :


introdurre diverse tipolog ie di impianti dental i , con forme
primitive e ancora utilizzabili in un singolo pezzo, Spire
possono essere larghe o strette. In alcuni impianti il vincolo
si ottiene da una certa posizione in poi. Ho parti che
possono essere poco vincolate, riassorbite. Avrò impianti
dove vedo linee di riassorbimento, correlate con una scarsa
tenuta dell’ impianto all’interno dell ’
osso. In mezzo in basso
abbiamo impianto con moncone non in asse con l’ impianto
stesso, ma inclinato, e con angolo di inclinazione rispetto all’
angolo dell’ impianto, per compensare i disallineamenti tra l’
asse dell’ impianto e il dente che ci vado ad attaccare. Devo
andarlo a compensare con il moncone che riporti la
posizione del dente nella posizione corretta : monconi
angolati per compensare il disallineamento dell’ asse dell’
impianto e dell ’ asse del dente. La difficoltà della progettazione degli impianti sta nella difficoltà di conoscere le
direzioni di sollecitazione : è incognita, ne ho di prevalenti, ma non sono direzioni fisse, ad ogni atto masticatorio ho
direzione potenziale differente di sollecitazione. Il fatto di averlo inclinato è prevedibile, ma non so come è messa la
forza, il fatto che sia inclinato o dritto è indifferente.

IMPIANTI DENTALI

Def : Sono innesti di tessuto non vital e entro un sistema biolog ico atti a sostenere e supportare le unità
masticato rie protesi che poste a sosti tuzione di denti natural i mancanti (no dentiere o qualsiasi altro tipo di
ricostruzione dentari a a contat to solo con il tessuto epiteliale gengivale).

Non parliamo di dentiere o qualsiasi altro tipo di ricostruzione solo a contatto con tessuto gengivale o epiteliale. Le
dentiere hanno confromazione nella parte protesica simile a quella dell’ impianto dentale,
ma non sono ancorate all’ osso del paziente, solo ancorate sulla gengiva. Dal punto di
vista storico ho impianti dentali che si sono evoluti in diverse tipologie :

 Impianti endossei : dispositivi posizionati nell’ osso attraverso la gengiva,


soluzione più comunemente usata dalla fine degli anni ‘ 50 ad oggi. Ne ho due
principali categorie : cilindri e lame. Impianti più utilizzati. Sono avvitati all’
interno dell’ osso della mandibola o della mascella, ma ho anche sistemi
alternativi. Impianto endosseo è quello classico. Il vincolo all’ osso può essere
fatto non con vite che viene avvitata, ma anche con strutture a lama che
vengono conficcate nell ’ osso mandibolare o mascellare. Terminano anche queste con un moncone su cui
viene ricostruita la corona protesica.

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 Impianti subperiostei : costituiti da una intelaiatura metallica inserita a diretto contatto con l’
osso
mandibolare o mascellare, sporgendo dalla gengiva, la grata è in grado di sostenere una protesi mobile o
fissa . Intelaitaura metallica che viene vincolata alla parte ossea, con spuntoni. Sono strutture un pò
diverse oggi, tipo placca da osteosintesi vincolata all’osso, o dove c’ è osso per poterci attaccare qualcosa, e
terminano con monconi sopra cui mettere corona protesica. Non abbiamo più ancoraggio con singol e viti,
ma vien e costrui ta una grata che si appogg ia all ’ osso. Sono interventi estremamente più invasivi rispetto
al posizionamento di uno o più impianti dentali endossei. L’ impianto dentale viene messo da dentisti, non da
chirurghi, e potrebbe essere messo anche in uno studio. Lo facciamo dal dentista perchè è un’ operazione
scarsamente invasiva dal punto di vista chirurgico. La grande maggioranza degli impianti dentali viene messa
in anestesia locale. Si può anche ricorrere alle totali, ma generalmente il dentista governa i problemi di
anestesia, e l’ impiantologia dentale è operazione chirurgica. L’ osso al di sotto della mandibola è molto
scarso, e devo ancorarmi su strutture più profonde utilizzando tecniche che permettano di costruirsi delle
strutture a supporto dei denti fatte appositamente su quei pazienti (personalizzate). Il dente viene ancorato
all’osso molto più profondo della mascella con struttura fatta apposta per quel paziente. Queste applicazioni
sono però rare.

 Impianti transossei : Sono costituiti da un’intelaiatura metallica che attraversa tutto lo spessore dell ’
osso
fuoriuscendone per un tratto in modo da consentire ilfissaggio con una sorta di
dado, la protesi viene supportata e stabilizzata dagli attacchi che sporgono dalla
gengiva.Fissaggio al di la dell ’
osso della mascella,sempre per questioni per
mancanza di osso sufficientemente compatto.Oggi comunque si usano impianti
endossei cilin drici.

SPECIFICHE DI PROGETTO

Un impianto deve essere in grado di trasmettere il carico masticato rio come un dente natural e. Abbiamo detto
che l’impianto deve sostituire la funzione masticatoria, e per progettare un impianto del genere dobbiamo conoscere l’
entità di questa funzione : dobbiamo conoscere le forze masticatorie che agiscono sui denti delle due arcate. Queste
forze hanno un’ intensità non intuibile, e vengono riportate. Il dente sopporta altissime forze, ed è piccolo.
Spostandoci dalla regione posteriore, alle regioni anteriori, le forze diminuiscono. Anche gli incisivi vengono caricati
tanto durante la masticazione. Abbiamo dei range, come il 390-880. Come dicevamo prima, non solo la direzione ,
ma l’ entit àl di ogni atto masticato rio, è diversa da quell o successivo . 880 N rappresentano picchi di forza, che
magari non si registrano spesso. La maggior parte dei carichi è di entità minore. I requisiti di affidabilit à meccani ca
di questi dispositivi si affrontano con la consapevolezza che l’ entità delle forze non è banale, come anche la
direzione. Questi valori sono forze masticatorie verticali, ma ho anche componente importante laterale. Generalmente
il dente, e l’impianto dentale che lo supporta, sono soggetti ad attivi tà di flessione. Ho speso forza verticale
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disassata rispetto all’impianto, e ho anche componenti laterali rispetto all’impianto stesso. Quella dentale, è una
struttura fortemente caricata con forze di direzione generlamente ignote, che causano flessioni e torsioni del
sistema. Quindi, l’ atto masticatorio, per sua natura, implica sollecitazione ciclica : mastichiamo un pò di volte al
giorno. Rispetto ad affidabilità meccanica a lungo termine, dobbiamo stimare quante volte l’ impianto è sollectiato da
quella forza, cosa quasi impossibile da stimare. Sapendo che un paziente cammina un milione di volte all’ anno, e
mastica di meno di quanto cammini, il milione di cicli rappresenta attività di impianto dentale maggiore di un anno.
Una volta che un sistema viene verificato a 5 milioni di cicli, è una vita sufficientemente lunga : simulazione di 10 15
anni di attività masticatoria. Dobbiamo anche stare attenti a come interpretare i dati, in quanto quegli 800 N,
potrebbero anche essere distribu iti su più denti, piuttosto che su uno singol o. A partire dalla natura del cibo
che mastichiamo, l’ impianto dentale deve essere in grado di sopportare questa Fmax : molto importante è la
direzione, perchè la mandibola e la mascella hanno molti gradi di libertà, perchè si può sia masticare facendo
diventare la struttura una cerniera, o anche diversamente. Avremo delle richieste specifiche molto severe, in quanto
forze molto grandi, vanno a scaricarsi su impianti molto piccoli. Vantagg io : Nella regione canini-incisivi anteriore,
sono scarsamente caricati (1/4 rispetto alla regione mandibolare).

Il monco ne possiede un foro passante in generale, e si accoppia tramite esso con l’ impianto , che nella parte interna
ha il filetto femm ina, madrevite ricavata nel corpo dell’
impianto. La vite passa attraverso il moncone, e si infila nella
madrevite. Abbiamo due tipologie e filosofie vere e proprie di collegamento dell’ impianto alla matrice ossea, la
trasmissione dei carichi avviene attraverso interfaccia impianto osseo :

 Da carico immediato = connessio ne tra osso vivente e superficie di un impianto sottoposto a carico
immediatamente dopo l’
inserimento chirurgico. Questo tipo di connessione da vita a impianti monofasici

 Osteointegrata : connessio ne diretta tra osso vivente e superficie di un impianto caricato tardivamente,
senza interposizione di tessuto connettivo fibroso (Branemark,1977). Questo tipo di connessione da vita agli
impianti bifasici.

Queste tecniche si differenziano in cosa ? Riprendiamo i discorsi sull ricrescita dell ’


osso, quindi dove il succ esso dell’
impianto dentale è tale se attorno all ’ impianto ricresce osso. Se esso balla nella massa ossea, allora questo
determina insuccesso dell’ impianto stesso. Abbiamo sviluppato due differenti filosofie che variano disegno dell’
impianto e procedu re chirurgice. I primi introdotti sono stati gli impianti da carico immediato : costruisco una vite,
la inserisco nell ’
osso, e da subito concedo carico all’ osso: monto la corona protesica, e lascio da subito che il
paziente trasmetta carico all’ osso, in modo che sia stimolato e ricresca : concediamo subito carico all’ osso,
costruiamo subito la parte protesica, e facciamo masticare subito il paziente, risolvendo la fase chirurgica in un solo
atto : andiamo dal dentista e infiliamo subito impianto e corona protesica , l’ intento è stimolare da subito la matrice
ossea. In alternativa a questo, ho una tecnica più utlizzata sviluppata da un dentista Svedese, che è la tecnica da
osteoi ntegrazione, che si differenza dalla prima non concedendo subito
carico all’impianto, ma dove la chirurgia consta di due fasi, la prima in cui l’
impianto viene messo in bocca, poi la gengiva viene risuturata, e l’
impianto viene quindi inserito senza che sia collegato a moncone o corona,
ma si aspetta che l’ osso ricresca spontaneamente attorno all’ impianto, lo
osteointegro, e, in una seconda fase chirurgica, viene collegato all’
impianto il moncone e la corona protesica . Carico tardivo quindi. Due
tipologie diverse,due filosifie, una che concede carico subito una differito.
Le due hanno vantaggi e svantaggi. La prima deve avere stabilità
primaria efficacie, se sono infatti consentiti micromovimenti tra parte
endossea e osso, difficilmente questo ricresce sulla superficie artificiale,
mentre se concediamo carico all’ osso acceleriamo la ricrescita. La
seco nda è cautelativa, aspettiamo che l’ osso sia un pò ricresciuto. Mi
svin colo dalle necessit à di stabi lità primaria. Queste due filosofie
danno origine a due tipi di impianti diversi. Monofasico e bifasico non si
riferiscono tanto al numero di compo nenti dell’ impianto stesso, ma
al numero di fasi chirurgici. Monofasici : singolo atto chrirurgico, bifasico, impianto che può essere impiantato e la
cui chirurgia viene completata in due fasi chirurgiche. Le due filosofie danno luogo a due impianti strutturalmente
diversi, e a due tempi chirurgici differenti, monofasico e bifasico. Nel monofasico si ha la radice a vite, ma il moncone
è già saldato alla radice stessa, mentre nel bifasico, necessariamente, non deve essere caricato, e quindi avremo
due parti : impianto e moncone che successivamente verranno collegati con unaserie di diverse meccaniche.

Varia quindi la modal ità di connessio ne fra impianto e corona. Nell’ impianto monofasico, impianto e moncone
protesico sono forgiati in un unico elemento, mentre nell ’
impianto bifasico, impianto e moncone protesico sono due
elementi distinti. I vantaggi del monofasico sono dati dalla ridotta componentistica, con eliminazione di uno dei due
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punti critici, e a minore resistenza del sistema (connessione). In più la procedura chirurgica si riduce a una fase
singola. Il vantaggio dei bifasici è invece dato dalla maggiore flessibilità.
IMPIANTO MONOFASICO VS. IMPIANTO BIFASICO

Gli impianti monofasici basano il razionale del successo sulla stabi lità primaria fornita grazie a caratteristiche
geometriche dell’ impianto (spire grandi). Generalmente è un impianto dove moncone e parte endossea sono un
unico pezzo. Il tutto viene costruito a partire da delle barre di materiale da costruzione, e il moncone è direttamente
colelgato, ma è un pezzo unico insieme all’ impianto. Viceversa, il bifasico è generalmente costituito da 3 componenti,
due primarie, e poi qualcosa che tiene assieme impianto e moncone : vite di collegamento. I vantaggi ci sono
ovviamente. Nei monofasici il numero ridotto dei compo nenti è indice di minor rischi o di fallim ento , tanto più
mettiamo più componenti insieme,tanto più innalziamo la possibilità di rottura, e viceversa (nel bifasico abbiamo tre
elementi che si possono rompere, moncone, vite, impianto, quindi maggiore rischio). Nell’ impianto monofasico quello
che elim iniam o è la vite di connessio ne. In quello bifasico, il punto critico è la vite di connesione (molto piccola,
diametro tra 1,4 e 1,7 mm), che tiene assieme moncone e impianto. La più piccola sezione resistente dell ’ impianto
monofasico è paragonabile alla vitina del sistema bifasico, con la differenza che nel monofasico non si romper. La
vite è piccola, struttura estremamente esile, soggetta a carichi importanti. Il fatto di eliminarla nell ’ impianto
monofasico è un vantaggio : ho meno componenti che si possono rompere, non ho più la componente
maggiromente soggetta a rotture. Sono ridotti anche i costi dell’ impianto. I costi di queste tipologie di dispositivi è
sufficientemente basso. Il fatto di avere meno componenti abbassa i costi. L’ altro grosso vantaggio è che la chirurgia
è in una singol a fase. L’ impianto bifasico invece ha il vantagigo di avere maggiore flessibilità in termini di geometria
dell’insieme finale che vado ad assemblare. Il chirurgo deve inserire l’ impianto dove trova osso. L’ impianto
monofasico è solamente retto, non costuriamo impianti monofasici con diverse inclinazioni del moncone rispetto all’
asse dell’ impianto. Quando il chirurgo avvita, non sa quanto riesce ad affondare. Potrebbe, avvitandolo trovarlo nella
parte giusta o sbagliata. Si fa quindi retto in modo tale da avere il moncone in asse con l’ impianto : questo spesso non
permette di variare l’inclinazione della parte endossea : se l’ osso compatto non è in asse con il dente natural e,
non posso mettere l ’ impianto retto. Con il bifasico, infilo l’impianto, dove arriva arriva,e il moncone che monto
sopra ha un tot di scelte di posizioni angolari , un tot di inclinazioni di monconi dispobibili. Con posizionament o
relativo tra i due posso ottenere un costrutto con inclinazione relativa impianto moncone qualsiasi :
discreta, ma con diverse scelte. Costruisco una struttura estremamente custom izzata sul paziente.
Scelgo il moncone in maniera tale che il moncone sia in asse con il dente da sostituire.

L’impianto monofasico basa successo su stabilità primaria : impianto deve essere ancorato all’ osso
senza che l’ osso sia ancora ricresciuto su di esso. Il disegno dell’
impianto ha una presenza di spire
molto larghe, che aumentano la superfi cie di contat to tra impianto e osso : con superficie di
contatto maggiore, rispetto a spira più stretta, ottengo stabi lità migli ore : impianto monofasico ha
struttura di ancoraggio di spire molto larghe. Abbiamo anche la stabi lizzazione bicorticale. L’osso è
fatto da parte corticale interna, e osso spongioso esterno. Una volta passata la prima corticale ,
conficco l ’ impianto nella seco nda corticale, facendo prendere li la seconda parte dell ’ impianto,
saldamente ancorato alla corticale opposta : aumento ulteriormente la stabilità primaria : impianto
conficcato in un osso estremamente compatto come osso corticale.

Esempio della Vite di Garbaccio che si basa sul principio di stabilizzazione corticale. L’ appoggio
bicorticale ottenuto è costante e defini tivo con percentuale negativa praticamente inesistente : è
favorito il defini tivo conso lidam ento per osteog enesi riparativa. Ho un disegno di impianto a
carico immediato. Dal punto di vista clinico non si hanno insuccessi, ma è una chirurgia molto
difficile da eseguire. Anche supposto che vada bene impianto retto, la corona costruita sopra ha
certa inclinazione. Io devo conficcare nella corticale opposta, e potrei fermarmi troppo presto, con
impianto che affonda solamente nella spongiosa, opure vado troppo avanti a ledere altre strutture
che stanno sotto quell’ osso. Chirurgia semplice essendo singolo ato operatorio, ma operazione
complessa in se. Se fatta bene, è una tipologia di impianto che ha risultati clinici estremamente
positivi. L’osso deve comunque ricrescerci sopra,e devo comunque avere risposta biologica. La
ricrescita dell’osso sopra l’ impianto avviene se non si scatenano infezioni, e ricresce sopra in
dipendenza anche dalla tipologia dell’ atto chirurgico : la sede dell’impianto deve essere preparata.La
madrevite nell ’
osso della mascella va preparata con frese, punte da trapanano e che sagomano il canale all’ interno
del quale va avvitato l’ impianto. Si crea un trauma nell ’ osso prima di creare l’ impianto. Quanto più vado a
danneggiare l’ osso in preparazione, tanto meno sarà invogliato a ricrescere. Questa fase è importante per scatenare
osteogenesi rigenerativa adeguata. Nel caso di Garbaccio effettuo una maschiatura dell’ impianto, e creo una sorta di
invito elicoidal e dentro il quale la spira riece ad avanzare traumatizzando meno l’ osso.
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MATERIALI PER IMPIANTI DENTALI

Di cosa sono fatti impianti dentali ? Esclusivamente in lega di titanio . A differenza di altri utilizzi delle leghe di titanio,
utilizziamo sia quella meno pura che il titanio più puro. Il grado 4 vien e utilizzato nella parte endossea. All’
aumentare della purezza, diminuisce la percentuale di elementi spuri che aumenta biocompatibilità del materiale :
cresce in titanio puro e meno in meno puro. Nella parte endossea, a volte, si utilizza titanio grado 4 anzichè 5.
Moncone e vitina non ha senso invece farle in titanio piu puro, le si fa sem pre di 5. Rovescio medaglia :
caratteristiche meccaniche grado 4 son più basse di quelle del 5. Lo snervamento del titanio puro è diverso dal grado
5. Ho una differeza notevo le nelll a resistenza del materiale. Abbiamo detto che nel monofasico scegliamo di
andare o verso una maggiore biocompatibilità, utilizzando il titanio più puro per tutta la struttura, oppure facciamo
scel ta di maggi ore resistenza per tutta la struttura (il pezzo è unico non sono divisi in 3!). Per i bifasici invece
possiamo trovare fixture (parte endossea) di grado 4 o 5, se si sceglie compatibilità o affidabilità meccanica, mentre
componenti protesiche sempre grado 5 (prediligo resistenza, non sono a contatto con l’ osso). Per quanto riguarda
impianti bifasici, il numero di componenti è quello di impianto moncone e vitina di collegamento.

OSTEOINTEGRAZIONE

L’
impianto deve essere osteointegrato, e deve raggiungere e mantenere stato di equil ibrio tra :

 Il sistema immu nitario dell’


organismo (che accetta una struttura estranea e si difende dagli insulti microbici
più o meno direttamente portati dall’
impianto)

 La struttura implantare stessa

 La progettazion e biomeccanica della protesi, nel rispetto dell ’


equilibrio di forze esistenti nella dentizione
naturale

Il fallimento implantare, che determina rottura dell’


equilibrio, porta a :

 Falli menti settici (insuccessi causati dal sopravvento degli agenti batterici nei confronti delle difese dell’
organismo)

 Falli menti aset tici (insuccessi derivanti dalla rottura del delicato sistema di forze esistenti durante la
masticazione)

Come nelle altre applicazioni di componenti artificiali nella matrice ossea, il fatto che l’
osso ricresca sulla protesi
dipende come la protesi trasmette carico all’
osso. Tanto più il carico è uniforme, e dal punto di vista quanti tativo
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il carico è corretto, stimo la adegu atam ente l’ osso, ma non causa problem i di rotture, tanto più l’
osteoi ntegrazione avvi ene : il raggiungimento stato di equilibrio particolarmente delicato. Fallimento implantare
significa fallim ento di questo equil ibrio : questo può essere dato da un disegno scorretto , non viene trasmessa all’
osso sollectiazione uniforme, oppure dentista l’ ha impiantato male, quindi magari era anche disegnato in maniera
corretta, ma ha sbagliato l’ operatore. Oppure si scatenano fallim enti di tipo biolog ico : infezioni che minano la
ricrescita ossea sull’impianto. Questa è la causa di fallim ento princip ale : esula dalla progettazione biomeccanica ,
è qualcosa solo legato al paziente, all’ introduzione di microorganismi. Se il microorganismo penetra nella massa
ossea, cosa facile , può essere associato sia all’ atto chirurgico ma anche a tutta la vita utile dell’
impianto : sono infatti
sempre soggetto alla probabilità che microorganismo entri nella bocca. Così come nelle altre applicazioni come
protesi ortopediche, il batterio si stabilisce in maniera preferenziale sulla componente artificiale : ulteriore svantaggio
nel rischio di scatenamento di infezioni. Questa rottura di equilibrio è fallim ento settico, poi abbiamo quello aset tico
(descritto prima delle infezioni), insuccesso derivante da una qualche componente mediata dal carico meccanico
trasmesso tra impianto e osso.

Schema che abbiamo già introdotto per le protesi : forza applicata durante masticazione genera stato di deformazione
dell’
osso che, se compreso tra valori minimi e massimi, determina ricrescita e riassorbimento che si compensano : si
ha integrazione efficacie dell’
impianto da parte dell’
osso oppure no. Se il riassorbimento è più alto di un massimo,
una crescita abnorme determina rotture dell’osso.

FATTORI CHE INFLUENZANO L ’


OSTEOINTEGRAZIONE

 Biocomp atibi ltià del materiale da implantare : Titanio, lega


Ti6Al4V (buona integrazione al tessuto osseo, eccellenti proprietà
meccaniche, elevata resistenza alla fatica meccanica) . Alcune
tipologie di leghe di titanio risultano pi ù compatibil i di altre.

 Condizioni di superfi cie dell ’ impianto : rugosità, topografia e


natura dei gruppi chimici esposti all’ interfaccia con l’
osso (superfici
ruvide influenzano e stimolano l’
attività cellulare nelle strutture ossee
circostanti). L’
impianto ha una superficie esterna che viene trattata.
Qui, più che nelle protesi, le mode si sono alternate in maniera
drammatica : ho avuto periodi in cui l’impianto, come usciva dal tornio
che l’aveva prodotto, aveva superficie macchinata, ed aveva rugosità

62
ottimale per ricrescita ossea. Si è passati a superfici varie, e attraverso impianti con idrossiapatite
deposta sopra etc. Sicuramente, lo stato superficiale dell’ impianto, influenza la ricrescita ossea. Non ho uno
standard che definisce un trattamento superficiale maggiormente efficacie da dover applicare alla superficie
dentale. Ho diverse soluzioni. Titani o sabbi ato : esce dal tornio e viene sabbiato, lavorando la superficie, e
ottenendo una determinata rugosità. Posso usare titanio plasmaspray (TPS) : titanio ridotto a strato di
plasma e sparato sull’ impianto, abbiamo poi idrossiapatatie e mordenzatura acid a : sostanza acida che
attacca l’
impianto stesso. Ciascuno di questi determina rugosità superficiale particolare, e dire quale sia il
migliore è difficile.

 Geometria del sistema implantare : l’ impianto deve generare una connessione solida e duratura con l’
ambiente biologico (garantire una corretta distribuzione di sforzi nell ’
osso circostante, assicurare una corretta
stabilità primaria nella fase di guarigione, disporre di una adeguata area di contatto osso-fixture per favorire il
potenziale rigenerativo all’ interfaccia). 1) Applicazione di un protocollo chirurgico non traumatico e ben
sperimentato 2) Stabilità meccanica primaria dell ’ impianto 3) Carico protesico idoneo 4) Periodo di
guarigione adeguato (carico precoce, tardivo) 5) Procedure effiaci di igiene orale. La geometria,è un altro
fattore che influenza osteointegrazione. Se disegno una spira che solo in alcuni punti ha contatto con osso, in
altri punti l’
osso risulta scaricato e ho stimolo disuniforme della matrice ossea alla ricrescita :osso non cresce
in maniera corretta tale da inglobare completamente l’ impianto. Ovviamente l’ osteointegrazione è
influenzata da protocollo chirurgico non drammatico, devo decidere gli strumenti in maniera poco drammatica
: l’
osso non deve raggiungere temperature troppo elevate : necrosi dell’ osso in primo strato cellulare. Chi fa l’
impianto dentale definisce procedura chirurgica in relazione a lubrificante. Anche il numero di giri con cui
faccio ruotare la fresa è correlato con la temperatura che sviluppo : capacità o meno di generare traumi.
Perchè su impianto ricresca osso, deve essere stabile nell’ osso, e lo otteniamo con disegni della
componente endossea particolari. Carico protesico idoneo :dipende da come viene costruita la corona sul
moncone stesso, esula da noi, in carico a chi disegna la corona protesica, odontotecnica: se non fatto in
maniera corretta, la maniera di portare carico all’ impianto potrebbe inficiare l’
adeguatezza clinica. In impianti
bifasici bisogna aspettare che minima stabilità primaria venga ottenuta, non facile determinare sel’ osso
ricresciuto tra primo e secondo step, e se ha consistenza sufficiente per impianto del moncone e corona.

IMPIANTI ENDOSSEI A VITE

Questa è la soluzione protesi ca pi ù utilizzata (svariate forme, dimensioni, e tipologie di impianto). Essa è
caratterizzata da peculiarità che rendono molto vantaggioso l’
impianto nel ripristino della funzionali tà masticato ria,
garantendo nel contempo la sua estrema affidabilit à :

 Sempl icit à del trattamento chirurgico di inserimento

 Notevole versatilit à del sistema (utilizzo sia come radice di dente singolo sia come elemento di sostegno di
una struttura più complessa)

 Estrema stabi lit à dell ’


innesto metallico osteointegrato.

IMPIANTO (FIXTURE)

3 zone (ognuna con funzione propria). Impianto endosseo inteso come


fixture. Generalmente distinguiamo 3 zone : collo , corpo e zona apicale
(apice). Esistono anche impianti cilindrici non a vite inseriti con tecnica press fit
(molto poco usati). Ciascuna delle zone ha diverse conform azioni :

 Il collo : area di interconnessione con moncone. Può essere di due


tipi : liscia (minore rischio di colonizzazione batterica e maggiore
biocompatibilità, ma maggiore riasorbimento osseo e minore
osteointegrazione) Sono meno proni ad attacco batterico, quindi
meno soggetti a a batteri in quel punto solitamente molto più esposto
ad infiltrazioni batteriche. Il secondo tipo è la microfi lettata
(dispersione più omogenea delle forze occlusali e stimolo alla ricrescita dell ’ osso) e, viceversa, con tipologia
di collo filettato distribuiamo meglio sollecitazioni all’
osso nella parte più vicina al cavo orale.

 Il corpo : parte che penetra nell’osso, deve garantire stabilità primaria e secondaria. Sono di diverse forme :
cilindrica, conica, o tronco-conica. Ho anche diverse lavo razioni superfi cial i .Può avere diverse forme e
divese lavorazioni superficiali.

 Apice : Può essere di due tipi, multil obato (rendere la vite autofilettante, funge da zona di scarico per i
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fustoli ossei, grumi sanguigni etc.) oppure a punta conica (ricorda la forma delle radici). Può avere forme
differenti, normalmente troviamo scavi nella parte terminale che rednono la vite autofilettante nel caso in cui
osso non venga preventivamente maschiato.

SISTEMA IMPIANTO-PROTESICO BIFASICO

A seconda delle modalità di connessio ne fra impianto e monco ne si distingue in : Avvitata, cem entata, altri (vite
più cono morse). Come si connettono impianto e moncone ? Possiamo avere moncone avvitato sull’ impianto,
possiamo averla anche interna o esterna. Vantaggi di interna vs. esterna : ho maggiore ritenzione del moncone,
scarico delle tensioni all’
interno del corpo implantare, maggiore estetica, buon sigillo antimicrobico.

CONNESSIONE AVVITATA

Connessione avvi tata, nella quale


l’elemento che connette moncone e
impianto, è la vite che va a mordere
l’impianto nella sua parte cava.
Questo può essere utilizzato in tipologia
singola o a impianti per ponti dentali, e
basa il suo concetto su vite mordente che
va a connettere impianto e moncone.
Come funziona ? la vite viene avvi tata
fino a quando va in battuta sulla spal la
del monco ne, e li si ottiene il serraggio
vero e proprio.

CONNESSIONE CEMENTATA

Il moncone può essere cem entato , non ho più vitina


di collegamento, uso cemento per ossa che incolla
moncone e impianto. Questo può avere dei vantaggi. Il
concetto è che , soprattuto quando l’ impianto viene
usato come struttura di un ponte, gli impianti vengono
messi singolarmente e viene poi messo il ponte che
calzi sugli impianti. Potremmo fare ponte troppo corto o
troppo lungo. Il ponte viene calzato sugli impianti, e
può essere forzato. Questo causa problemi al ponte e
alla trasmissione dei carichi dai denti agli impianti
malposizionati. Se l’ impianto viene avvitato al moncone,
il caric o si trasmette in mani era molto rigida e all ’
osso arrivan o carichi scorretti . Se il ponte è
cem entato sugli impianti il cem ento compensa
forzamenti . Vantaggio della connessione è quella di
perdonare chirurgie non correttamente eseguite, unico
vantaggio della connessione cementata.

COLLEGAMENTO A VITE + ALTRO

La vite può essere accoppiata all’ utilizzo di una superfi cie conica. Il moncone termina con una vite e un cono
maschio. Il tutto ha una vitina che si impegna su un foro filettato, ma ho anche acco ppiam ento conico tra impianto
e monco ne. Questo accoppiamento garantisce il sigillo antibatterico, difficile che il batterio riesca a entrare, l’
accoppiamento conico, di per se, non ha gioco che permette al al batterio di penetrare all’ interno . Si potrebbe
creare un gap , e il batterio potrebbe entrare con il semplice accoppiamento a vite. Ho diverse tipologie di
accopiamento misto. Ho il moncone che termina con cono ma con foro passante, e l’ accoppiamento conico è
associato a terzo elemento di collegamento che serra i due sistemi e incona maschio nella femmina. Sono esistiti
acco ppiam enti puramente conici senza vite di collegamento che garantivano stabilità tra moncone e impianto solo
attraverso un cono. Il successo dell’ impianto totalmente conico dipende in maniera forte da tolleranze strette, difficili
da ottenere su sistemi piccoli.
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CONNESSIONE ESTERNA/INTERNA

La grossa differenza trovata citata, sono le connessio ni interne/esterne, nelle quali ho elementi rotazionali con
forma qualsiasi, anche se nella maggioranza abbiamo esagono che fuoriesce dall ’ impianto. Avere esagono sopra e
sotto, consente 6 posizioni relative tra moncone e impianto. Nel caso di moncone inclinato, lo posso posizionare in 6
posizioni diverse. Posso avere moncone che termina con esagono maschio e esagono nella parte femmina. Ho visto
la prima connesione storicamente introdotta, si è poi scoperto che la interna ha più vantaggi di quella esterna : riesco
ad avere ritenzione del moncone, ho maggiore superficie di contatto tra impianto e moncone che garantisce stabilità.
Ho maggiore estetica, se la gengiva dovesse ritrarsi dopo impianto, con connessione interna non si vede l’ impianto. Di
fatto nella connessione esterna è facile che la parte metallica si possa vedere in bocca al paziente. Si ha infine
maggior sigillo antimicrobico. Molto difficle che il batterio riesca a entrare nella struttura. Le geometrie posono essere
molteplici, troviamo esagoni o altre geometrie regolari.

CAUSE DI FALLIMENTO IMPLANTARE

 di natura biolog ica : infiltrazione batterica : condiziona il raggiungimento dell’


osteointegrazione, e determina
la perdita di osteointegrazione

 di natura meccani ca : 1.Allentamento della vite di connessione 2.Frattura dell’impianto 3.Frattura della
porcellana. Abbiamo dettto che moncone e impianto sono tenuti insieme da una vite che può svitarsi se non
correttamente serrata dal detnsita : o è serrata troppo poco o troppo . L’ allentamento della vite di
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connessione, viene avvertito dal paziente che sente ballare il dente nella corona vera e propria.
Generalmente, il paziente se ne accorge,e torna dal dentista, e , o si riavvita la vite, oppure si può sostituire il
moncone corona lasciando impianto all’ interno dell’
osso. Posso avere frattura dell’ impianto, difficile che
accada, ma si può fratturare la vite di connessione che può o allentarsi o addirittura rompersi. Le cause di
natura meccanica compromettono il successo della riabilitazione protesica, e causano reintervento.

AFFIDABILITà DEGLI IMPIANTI

Con affidabilità, intendiamo la capacit à di un dispositivo di mantenere le propriet à nel tempo (si parte dall ’ hp
che un impianto abbia adegu ate propriet à e si dichi ara che tale impianto è affidabile se le propriet à non si
modifi cano nel tempo durante l ’ uso). Per calcolare l’affidabilità (A) si ricorre all’
analisi delle possibili cause di
insuccesso (I) :

Affidabilità degli impianti dentali. Ho diverse cause cause che mi possono compromettere l’
affidabilità,già in parte
indicate :

 Infezione (probabilità maggiore nel primo periodo post-operatorio)

 Perdita o mancato raggiungimento osteoi ntegrazione (probabilità maggiore nel primo periodo successivo
all’
impianto)

 Perdita connessio ne,svitamento della vitina di connessione (probabilità crescente nel tempo a partire dall’
applicazione della protesi in t1)

 Rottura per eccesso di carico (probabilità pari in ogni momento dopo t1)

 Rottura per fatica meccani ca (probabilità crescente nel tempo dopo un certo numero di cicli dipendente
dallo sforzo e dalle proprietà del materiale)

L’affidabilità meccanica deve essere garantita alle due


condizioni. Il carico masticatorio si configura come ciclico, e
quindi l’impianto può essere soggetto a problemi di fatica
meccanica. Abbiamo già indicato come la stessa masticazione
è un atto che può comportare applicazioni di carichi elevati
una volta sola : statico . Questo singolo atto masticatorio, può
portare a rotture statiche. Rispetto alle protesi viste prima, dove
la rottura statica era poco probabile, nell’ impianto dentale la
rottura statica può avvenire con probabilità sufficientemente
elevata. Quando si rompe qualcosa nell’ impianto, risulta difficile
capire se è per fatica meccanica o carico eccessivo :
dobbiamo anal izzare la compo nente espi antata, ed effettuare
analisi retrospettive sugli impianti falliti che possono dare
indicazioni di rottura statica o per fatica meccanica.Nel grafico
ho Stima delle probabil it à di insuccesso degli impianti dental i. Il postoperatorio è una condizione critica per
introduzione di microroganismi, che ha andamento abbastanza costante.

EFFETTI DEL SERRAGGIO SULLA VITE

Avvito la vite nell’impianto, questa scende ,seguendo il piano inclinato elicoidale. A un


certo punto, la testa va in battuta sulla spalla del moncone, e succede che arrivo alla
fine. Per garantire che il tutto sia stabile, giro ancora la vite, la testa non può più
scendere , è arrivata in battuta, ho attrito tra testa e sottotesta, la vite si allun ga nel
fusto e si precari ca : effetto di serraggio che crea sollecitaizone nel busto della vitina.
Si crea precarico indipendentemente dal carico masticatorio che si somma al carico
masticatorio stesso , nei filetti della vite, in presa, tirati, che determina nei primi due tre
filetti un carico di trazione che dipend e da quanto ho tirato la vite : coppia che ho
generato. Può succedere che, a diverse coppie, crescenti, corrispondano sforzi
crescenti che,se il chirurgo segue indicazioni, porta a situazione più o meno vicina allo
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snervamento nel campo elastico del materiale. In base alla coppia ottengo precarichi
più vicini a snervamento. Al mometo del tiro della vite, se applico coppia troppo grande
vado in snervamen to : solo per effetto del tiro, supero livelli di snervamento del
materiale costituente la vitina.Questa cosa è difficile da controllare. Il dentie sta si
sente più sicuro a dare tiro grande, sento tutto più stabile, ma la vite è piccola, la
coppia si applica con delle leve, e il braccio del dentista è sufficientemente grande da
creare coppie elevate per la vitina stessa.

Posso usare coppia calibrata che oltre un certo livello, slitta o non consente al chirurgo di andare oltre quel livello. Non
ho quindi solo complicazioni date dalla masticazione, ma in più, ho la complicazione del pre carico, che si crea nel
fusto della vite solo per garantire serraggio efficacie tra moncone e impianto.

Se serro la vite, posso raggiungere stato di


sollecitazione uniformemen te distribu ito di
trazione. Poi ci mangio sopra. Forza F sempre
disassata rispetto all’ asse dell ’
impianto. La vitina ,
si vede sommare carico di flessione, che da una
parte scarica la trazione, ma dalla parte dove tira le
fibre in trazione dell ’
element,o abbiamo somma tra
precarico e carico di flessione. Passiamo a un
sigma 2 più elevato a causa della masticazione.
Se in sigma 1 lo ottenevo sufficientemente lontano
dallo snervamento, se tiro troppo la vite e arrivo
troppo vicino allo snervamento, tirando arrivo
velocemente a campo plastico dopo atto
masticatorio. L’ avvitamento influenza stato di
precari co della vitina che dovrà essere
ulteriorm ente caricata dall ’ atto masticato rio.
Devo fare calcoli diversi dove simulo effetto del
serraggio e ci vado a sommare l’ effetto del carico
masticatorio, stimando i cairchi massimi della parte
che va in trazione della vite. Questo, in fase di
progettazione, deve essere affrontato, e dipende
dalla scelta del diametro della vite, della scelta
della connessione tra impianto e moncone : aspetti
prettamente meccanici. Questo in fase di
progettazione. (Nell’ esempio in figura vediamo
che nonostante l’ incremento dell’ atto masticatorio
della forza F , rimaniamo in campo plastico, se
dovessimo alzare il tiro della vite, aumentando il
primo sigma, il secondo sigma finirebbe sicuramente in campo plastico).

VALUTAZIONE SPERIMENTALE DELL’


AFFIDABILITà DI IMPIANTI DENTALI

Affidabilità meccanica viene valutata per : 1.Statica 2.A fatica 3.Valutazione osteoi ntegrazione. Questa fase è
talmente delicata, che qualsiasi nuovo impianto, è sem pre soggeto a vali dazioni sperim entali. Su prototipi di
impianti, vengono fatte una serie di prove. Si prova l’
impianto, a fatica, e faccio valutazioni della osteointegraizione.
Per quanto riguarda affidabilit à statica, abbiamo un prototipo,imponiamo carico crescente fino a rottura, e stimiamo
forza massima che l’ impianto può sopportare. In particolare, l’impianto viene vincolato all’
interno di un supporto che
simula osso, fuoriesce il moncone e si misura la forza massima prima che
succeda qualche cosa (cede la vitina di connessione se l’impianto è bifasico).

Poso valutare riassorbimento osseo simulando osteointegrazione perfetta,


dove tutto il materiale è circondato da osso. Ho risultati coerenti, ho una certa
resistenza se simulo osteointegrazione completa. Gli strumenti che ho a
disposizione sono i carichi masticatori. A livello della regione molare posso
raggiungere carico verticale,verificando se, anche in presenza di
riassorbimento osseo, l’ impianto sia sufficientemente resistente. Dopo non ho
solo affidabilità statica, devo verificafe che il sistema sia affidabile a fatica. Un
impianto affidabile statisticamente non è detto che sia affidabilie a fatica,
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questi dipendono dalla capacità realizzativa del dispositivo. Se ho componenti che mi permettono di non generare
cricche, sono affidabile a fatica. Anche se sono bravo a realizzare l’impianto, e anche se uso certi materiali avrò
resistenze a fatica.

L’Affidabil ità a fatica viene descritta in una norma. Essa ha punti deboli, non indica infatti la soglia al di sopra della
quale l’impianto sia affiabile. La norma definisce la configurazione di prova del sistema : caso di impianti con moncone
retto o inclinato. Impianto viene tenuto fuori dal supporto, simulo condizione estrema di utilizzo dove 3 mm di osso si
sono riasorbiti, e prevede di costrui re intera curva a fatica . Ho 3 provini e a 5 milio ni di cicl i che devon o
resistere. Questo definisce la norma, mentre il livello di carico, non viene definito dalla norma, quindi sarò sem pre in
grado di trovare un livello di carico che determ ina questo requisito. La norma, definisce standard di prova, ma
non un livello di sicurezza del dispositivo.

Le prove a fatica vengono fatte simulando riassorbimento osseo applicando carico ben definito, e valutando quanto
resiste la protesi. Sta al fabbricante stimare e valutare se il carico al quale 3 campioni resistono a 5 milioni di cicli è
tale da determinare affidabilità meccanica. La norma, dice di simulare 3 mm di riassorbimento osseo che sono tanti.
Stiamo caricando l’ impianto in condizione molto estrema. Se facciamo le prove su impianti di successo, non
troveremo mai che il valore di questo carico sia maggiore di un certo valore, dobbiamo scendere a causa dei carichi
masticatori. La condizione estrema di sollecitazione prescritta dalla norma rende difficile stabilire se quell’ impianto è
affidabile a fatica. Si può andare per confronto, prendo un impianto che so avere storia clinica di successo, e
confronto se sono sopra o sotto i risultati di quello vecchio. Non vengono stabiliti livelli di carico, ma il progettista deve
stabilire se il carico che sopporta è adeguato o meno per il tipo di impianto. Il problema è che se testiamo a 500 N,
carico masticatorio normale, qualsiasi impianto si rompe. Questo perchè si testa in condizioni di riassorbimento,
invece che di osteointegrazione.

RIASSUNTO

Gli impianti dentali devono essere testati in fase preclinica


meccanicamente, e in questa fase va valutata adeguatezza del
nuovo disegno dell’ impianto , sia a carichi statici che dinam ici. Nel
caso del dentale, il cedimento statico può essere un evento
probabile, con probabilità elevata quando il portatore dell’impianto va
a masticare una sostanza dura. Ho carichi importanti , e se l’ impianto
non è dimensionato in manera adeguata, può rompersi anche
staticamente. Le rotture al carico dinamico sono anche esse probabili,
legate principalmente alle piccole dimensioni che ha la vitina di
collegamento, già sollecitata per il fatto di essere sollecitata a
trazione dal tiro, e ulteriormente sollecitata durante la masticazione :
Alla trazione data dall’ avvitamento si sommano sollecitaioni di

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flessioni che si sommano a quelle in trazione, raggiungendo sforzi imporanti.

L’affidabilità meccanica non è il solo aspetto da guardare, cè anche la capacit à osteoi ntegrativa di una superficie
che scegliamo come superficie esterna dell’ impianto. Abbiamo elementi che vogliono incrementare la capacità
osteoinduttiva, e la possiamo valutare anche in fase preclinica. Dobbiamo valutare osteointegrazione, fenomeno
dinamico che dipende da sistema biologico che risponde alla presenza di un elemento estraneo. Non può più essere
test in vitro, in vitro non vive nulla, passiamo a test in vivo su animali : possiamo valutare capacità osteoinduttiva solo
passando al test in vivo.

Cosa facciamo ? L’ attività proposta dal produttore di questi impianti, è il trattamento superficiale dell ’
impianto da
valutare sperimentalmente. Il discorso è : Impianti impiantati su
un animale, diamo tempo al tessuto vivente dell’ animale di
ricrscere sulla superficie dell’ impianto, e, ad animale sacrificato
valutiamo quanto il tessuto è ricresciuto sull’ impianto. Possiamo
fare prove a torsione : calcoliamo la coppia di svitamento
necessaria togliere l’ impianto, tanto pi ù questa coppia è alta,
tanto più avrem o osteoi ntegrazione. Abbiamo bisogno della
misura di riferimento data dalla coppia di avvitamento (se non la
conosciamo non possiamo fare valutazione quantitativa della
coppia di svitamento per vedere se è maggiore di quella di
avvitamento o minore). Se ci fosse riassorbimento osseo, la
troverem mo minore di quell a di avvi tamento,se non
conosciam o questo valo re non possi amo fare nessuna
valu tazione quanti tativa. Dapprima abbiamo misurato la coppia
di avvitamento, e qui abbiamo immagini che mostrano la preparazione della sede nella tibia di diversi fori dove vanno
avvitati gli impianti, e la misurazione della coppia di avvitamento avviene con un cricchetto che misura la coppia dell’
avvitamento. Ovviamente la valutazione sulla capacità osteoinduttiva viene fatto su animale vivo. Una volta misurata
coppia di avvitamento abbiamo impiantato,
fatto passare lasso temporale, animale
sacrificato, e andiamo a misurare attraverso
una coppia meccanica la coppia di
svitamen to. Un connettore si attacca all’
impianto e permette di svitare mentre una
cella misura coppia di svitamento.
Otteniamo dei grafici che, in corrispondenza
dell’applicazione della coppia vedono una
coppia che cresce. Tanto pi ù cresce tanto
più ho osteoi ntegrazione.

Lo stesso tipo di prova si può fare (queste sono a torsione) in un altro modo : Invece che svitare l’
impianto, lo
spingi amo fuori dalla matrice ossea, tipo di sollecitazione diversa correlata a quanto l’
impianto è contenuto
efficaciemente dall’
osso.

In questo caso, per ottenere i risultati, sono stati fatte prove di confronto infilando l’ impianto con appogg io
bicorticale : impianto conficcato nelle due corticali dell’
osso oppure senza l’
appoggio, e vediamo come avere i due
appoggi corticali offra resistenza al push out molto maggiore che nel caso in cui l’
impianto sia ancorato solo in una
corticale.

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Tempo di osteointegrazione. Dopo 25 giorni dobbiamo applicare una certa forza, dopo 45 giorni abbiamo bisogno di
una forza più elevata : dimostrazi one che l ’osso ricresce attorno all ’impianto , e quanto più lo lasciamo nell’
animale, tanto più ancora velocemente ricresce. Sono esempi di quello che possiamo fare in fase pre clinica come
momento di validazione della progettazione : da una parte validazione dei requisiti puramente meccanici, dall’ altra
valutazione di fenomeni dinamici legati a risposta biologica del sistema vivente. Nel primo caso test in vitro, nel
secondo, dovendo valutare risposta tempo dipendente e biologica necessito di test in vivo.

VIDEO IMPIANTO

Osso viene trapanato con frese circolari che preparano la sede. Hanno diametri differenti,in modo da rendere il meno
possibile traumatico l’
atto chirurgico per danneggiare il meno possibile l’ osso : utilizziamo procedura che prevede di
non ottenere direttamente il diametro finale dell ’ impanto, ma scavare con frese di diametro crescente. Le tacche
graduate della fresa mi comunicano quanto osso abbiamo a disposizione. In fase chirurgica dobbiamo verificare che lo
spazio a disposizione verificato in fase preclinica sia effettivamente quello. Inseriamo all’ interno un pin, e usiamo una
fresa da 3 mm, poi 3,25 e cosi via, con indicazione di utilizzare da 800 a 1000 giri al minuto. Si svasa la parte più
esterna dell’osso per conformarla al colletto dell’impianto stesso, e non sempre utilizziamo un maschiatore che genera
una madrevite, in modo che l’ inserimento dell’ impianto sia più facile, trovando strada già formata dal maschiatore,
con bassisimo numero di giri. Poi si avvita l’ impianto all’ interno dell ’osso, dapprima lo si fa prendere nell’ osso, e l’
avvitamento vero e proprio viene fatto con cricchetto nanometrico : non permette di raggiungere coppie troppo elevate.
Non dobbiamo traumatizzare troppo la matrice ossea, la parte finale viene quindi fatta con questo cricchetto
nanometrico. L’ impianto ora è avvitato nell’ osso, con parte di colletto che sporge nel cavo orale, e inseriamo la vite
tappo : in una tecnica a due istanti di guarigione, dovendo aspettare osteintegrazione dell’ impianto, dobbiamo
chiudere con vite tappo che non permette la crescita del materiale nell’ impianto, scomodo da affrontare quando ci va
avvitato il moncone. Essa va svitata a oseointegrazione avvenuta. La vite tappo viene avvitata, chiudiamo il lembo
gengivale, e si cuce lasciando il buco al posto del dente cosicchè l’ impianto non sia caricato da subito, ma solo ad
osteointegrazione avvenuta. Qui si esaurisce la prima fase della chirurgia.

Nella seconda fase occorre preparare l’ impianto, dando modo all’ odontotecnico di costruire la corona dentale ad hoc
sul paziente. Quello che facciamo è svitare la vite tappo, e utilizzare dapprima monconi demo, non monconi definitivi
ma qualcosa che ha la forma del moncone definitivo per scegliere il moncone più adatto da fare supporto alla corona
dentale. Prendiamo l’ impronta del dente, si calca sul moncone un tappo che serve a prendere il posizionamento
corretto del moncone rispetto agli altri denti. Nel materiale da impronta, rimane intrappolato il tappino. Collegamento
corona moncone avviene mediante cemento, e il tutto viene preparato per la fase definitiva di impianto nella bocca del
paziente.

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6. PROTESI VASCOLARI
IL SISTEMA CIRCOLATORIO

Con protesi vascolari, intendiamo tutto quello


che va a sostituire tratti di vasi per lo più
arteriosi.

Il sistema circol atorio, parliamo di tubi.Il


sistema è un insieme di tubi interconnessi,
alcuni che portano il sangue verso la periferia,
altri che lo portando indietro. Chiamare arterie
o vene certi vasi dipende semplicemente dal
fatto che sto andando dal cuore verso la
perfieria o viceversa. Nel circol o sistemico,
l’arteria porta sangue ossigenato, mentre le
vene portano indietro sangue non ossigenato
che va verso i polmoni e torna ossigenato.
Sono tubazioni particolari, viventi, flessibili,
con delle loro caratteristiche intrinseche molto
variabili a seconda del livello in cui mi trovo
rispetto all’ elemento pompante. Le arterie
sono diverse in dimensioni e composizione a
seconda di dove mi trovi rispetto al cuore. Al
termine del letto venoso e arterioso ho vasi
indistinti chiamati capi llari dove avviene lo
scambio tra ossigeno e elementi di rifiuto. La
struttura dei vasi, è di sezione differente e
circolare prevalentemente,con dimensioni
molto diverse a seconda che ci troviamo
vicino al cuore : aorta 25 mm , la vena cava
30, e via via che ci spostiamo da cuore a
periferia spessore diminuisce fino ad arrivare
al capillare con diametri di qualche micron. La
composizione del tessuto varia dalla
lontanaza del cuore in maniera importante tra
arterie e vene : sono entrambi tubi, ma con
struttura differen te perch è svol gono
funzioni diverse. Nel tessuto costituente le
arterie troviamo maggiore quantità di
elastina : una delle funzioni delle arterie non
è solo trasportare il sangue, funzione primaria, ma il ramo arterioso ha grande quantità di elemento elastico perchè
coadiuva il cuore nella attività di pompaggio nel corpo. Questo tipo di lavoro della arterie avviene cosi : durante la
sistole accumula sangue, che viene poi restituito a valle durante la diastole stessa : anch’ essa ha attività di
pompaggio che si affianca a quella del cuore : il tessuto della arteria stessa deve essere elastico, in modo quindi da
accumulare in sistole e pomparlo in diastole,e questo avviene solo se ho elasticità elevata. La vena è più sottile a
parità di livello di distanza dal cuore, e meno elastica. Non si ha questo tipo di lavoro per pompare indietro il sangue.
Questo è un aspetto molto importante, e vedremo che in determinate situazioni tecnologiche, questa caratteristica di
grande elasticità dei vasi arteriosi non si riesce a rispettare. Le protesi non riescono ad espletare questa funzione di
accumulo e rilascio del sangue, lavoro di aiuto alla funzione pompante de cuore. Ho tubi di geometria semplice con
funzoni non semplicemente di trasporto, ma anche di pompaggio.Da ricordare come questa diversità di funzionalità
tra arterie e vene, che viene data dai costituenti strutturali dei due tubi.

PROTESI VASCOLARI

Quando questi tubi non funzionano più, dobbiamo sostituirli o sostituirne la funzione : vengono impiantati
permanentem ente, non ci si aspetta che il vaso patologico possa ricostituirsi o ricostituire la funzione, quindi la
protesi è definitiva, l’impianto è permanente a meno che non fallisca. Un impianto permanente, serve a ripristinare l’
efficacia di un tratto vascolare che non trasporta più correttamente il sangue. Ho un tubo che ripristina la funzione di
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trasporto corretto del sangue. Nel correttam ente celiamo si la funzione primaria di lasciar passare il sangue senza
farlo uscire dal tubo, ma dobbiamo ripristinare anche la funzione pompante dell ’
arteria stessa. Quali sono le patologie
che va a curare questa protesi ? Abbiamo 3 diverse patologie, che sono stenosi, aneuri sma e malfo rmazioni
congenite. Andremo nel dettaglio delle prime due, le ultime accenno :
servono protesi vascolari particolari, che possono essere utilizzate nel
risolvere alcune malformazioni congenite (interventi su bambini
neonati, che ricevono impianti che ovviamente vanno sostiuiti nel
tempo perchè cambiano le dimensioni del paziente in maniera rapida).
Quello che abbiamo messo in un neonato è inevitabile doverlo
sostituire. Esse durano il tempo, per cui la dimensione non costituisce
problema per bambino. Le protesi vascolari possono anche essere
utilizzate in terapie di emodi alisi o fistola artero-venosa
(rappresentano un accesso vascolare). La prima è una terapia che
prevede prelevamento e reimmissione di sangue dal paziente che non
lo depura più autonomamente , attaccandolo a macchina per dialisi.
Può essere fatta e coadiuvata da impianto di protesi vascolare che
connette ramo arterioso e venoso, e che permette di non bucare ogni
volta il paziente per connetterlo alla macchina di emodialisi. Questo è
solo un altro esempio.

STENOSI

Stenosi . Prima patologia. Cosa è ? Ostruzione totale o


parziale del lume di un vaso caus ata da due tipi di
fenom eni, deposizione di placca arterioscleroti ca,
oppure presen za di un coagu lo. Il vaso che dovrebbe
essere pervio , mentre vede il suo lume ridursi in maniera
importante a seconda del grado di gravità della stenosi che
impedisce il fluire del sangue da monte a valle. Nel caso in
cui la stenosi sia completa, tutto il tessuto a valle nutrito dal
ramo arterioso, non viene più nutrito : nei casi estremi
abbiamo necrosi. Arrivando alla necrosi del tessuto esso
non più irrorato. Il trattamento della stenosi vascolare, può
essere eseguito mediante l’ impianto di una protesi.
Attacchiamo un bypass in parallelo al tubo otturato, lo
attacchiamo a monte e a vall e della stenosi. A questo punto
il sangue trova un bivio, un percorso ad altissima resistenza,
mentre l’ altro pervio, a bassa resistenza, e qundi sceglie la seconda strada e bypassa la stenosi andando a nutrire il
tessuto a valle della stenosi. Non sostituiamo il tubo patologico, ma lo affianchiamo con una protesi che svolge la
medesima funzione di trasporto del sangue fino ai tessuti periferici. La protesi ha resistenza molto più bassa per il
flusso ematico. La finali tà è ripristinare le corrette condizioni di
flusso. Ripristiniamo resistenza dei tessuti a valle della stenosi. L’
applicazione più conosciuta è quella del bypass ortocoronarico :
vasi che nutrono il cuore, alimentando il cuore stesso. Nel caso in
cui uno di quei rami diventi stenotico, tutta la zona a valle della
stenosi può andare in parziale necrosi, e, in casi specifici, in necrosi
totale. Se una parte del cuore non è più irrorata, non svolge più la
funzione pompante, mentre la parte rimanente è irrorata, e la parte
rimanente può in esito più infasto andare incontro a infarto
dovendosi fare carico e compensare. Bypass ortocoranri co : tubo
che parte dalla radice della coronaria e si attacca a valle della
stenosi. Il sangue passa dal bypass, irrorando la parte di cuore che prima non veniva più irrorata. Il bypass può
essere applicato non solo a stenosi coronarica, ma anche a stenosi periferica. L’ aorta parte dal ventricolo sinistro, e
scende a livello addominale irrorando le gambe. Quello che può succedere è che una delle arterie sia stenotica, e
abbia deposizione arteriosclerotica importante : tutto quello che abbiamo a valle non viene irrorato. Soluzione :
bypas siam o la stenosi con vaso in parall elo . Se la stenosi è a livello maggiore, possiamo bypassare il ramo di
arteria addominale e i due vasi delle arterie femorali. Attacchiamo bypass a Y, lo attacchiamo sopra il livello in cui
riscontriamo la stenosi del vaso, e lo attacchiamo a valle a ciascuna delle due gambe. Questa biforcazione, nel
tessuto naturale, è un punto in cui la fluidodinamica del sistema è disturbata. La biforcazione causa la possibile
73
presenza di vortici e onde di ritorno del sangue. Con la
biforcazione, il sangue potrebbe ristagnare e formare un
trombo. Il sito di biforcazione è critico, e stenosi a quel livello
sono abbastanza comuni. Se il livello è al di sopra della
biforcazione possiamo fare bypass a monte e a valle del
blocco addominale. Se guardiamo immagine del paziente
prima e dopo la stenosi, non vediamo neanche più il sangue
che passa alle due gambe e come ci passa. Dopo l’ impianto
della stenosi con una protesi, si osserva che il sangue riinizia
a circolare perfettamente passando dalla protesi, e
alimentando efficaciemente le gambe del paziente. Sono
soluzioni risolutive ma, all’ atto dell’
impianto, risolutive anche
di patologie gravi come l’ occlusione di tipo coronarico. Chiaro
che, tutti questi sistemi, vanno connessi al sistema naturale
mediante delle suture. Questi sistemi vengono cuciti sul
sistema naturale, e questo aspetto può causare delle
problematiche.

ANEURISMA

La seconda patologia che la protesi vascolare può andare a curare è


l’aneurisma. Esso consiste nella dilatazione per cedi mento
meccani co di una grande arteria, tipicamen te l’ aorta. Per il fatto
che formiam o un trombo , o per spontaneit à, la parete dell’ aorta
inizia a cedere meccanicamente, si assottiglia, e il grosso problema è
che può rompersi. Se l’ aneurisma, dilatazione abnorme dell’ aorta,
arriva a rompersi, si muore. Purtroppo i sintomi che fanno accorgere il
paziente di avere problema di questo genere sono poco chiari.
Paziente con aneurisma lo scopre facendo certe tipologie di esami,
oppure non lo scopre. I pazienti che scoprono di avere aneurismi
estesi, sentono mal di schiena. Quel vaso, che ha sezione cilindrica
costante, ha sezione che si allarga e poi si restringe : disc ontinui tà
fluidod inam ica, il sangue fa vortici e non fluisce comodamente,
formando quasi sempre trombo associato alla dilatazione della parete
aneurismatica complicando geometria del sistema. Dove c’ è un
trombo , il trombo si può staccare, andando in giro per il corpo e
occludendo piccoli vasi, ma molto importanti come i vasi cerebrali. La
finalità della protesi inserita è quella di ridurre il rischi o di rottura.
Nel caso in cui ci si accorge di questa situazione, si può intervenire
chirurgicamente aprendo il vaso a livello dell’ aneurisma infilando la
protesi all’ interno del vaso, suturandolo a monte e a valle dell’
aneurisma e richiudendo la parete. Non ho più bypass, ma protesi
infilata nel vaso e suturata al vaso. Si impianta la protesi all’ interno
dell ’aneuri sma, a segui to della riduzione dell ’ allargamento e dall
rimozione del trombo. Questo è risolutivo : il sangue si trova a
passare attraverso la protesi e non alimenta più l’ aneurisma
causandone dilatazione sem pre maggi ore.

Quella descritta, è una modalità chirurgica, il paziente è aperto.


Esistono tecniche
endovascolari che non
preved ono apertura del paziente, ma entriamo da arteria della gamba
e portiamo in sede protesi vascolare particolare che si apre quando
sistemata a livello dell’
aneurisma. In questo caso il paziente non lo apre.
Entro con un catetere che riporta sulla sua lunghezza lo stent-g raft
chiuso, struttura che si accartoccia e si monta sul catetere, e che arriva
fino al sito di impianto. Sfilo una guaina sulla protesi che si apre all’
interno del paziente stesso. Questa è un’ alternativa a impianto
vascolare nell’ aneurisma : modal it à endovascolare. Se l’ aneurisma è

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a livello della biforcazione dovrò ragionare. Lo stent si ancora con uncini che si conficcano nella parete. Nel caso in
cui sia da trattare patologia nella biforcazione, dobbiamo mettere due protesi, la prima si infila in uno dei due rami del
sistema vascolare , e l’ altra nell ’
altra gamba del sistema.

MALFORMAZIONI CARDIACHE CONGENITE

Malformazioni congenite nei bambi ni . Non hanno diffusione cosi importante come le patologie viste
precedentemente, ma è una patologia storicamente studiata nel tempo, a cui siamo rimasti affezionati. Esempio
alternativo di applicaizone di protesi vascolare : parliamo di bambini che nascono con ventricolo sinistro praticamente
inesistente, o comunque fortemente ridotto in termini di capacità pompante del sangue. Questa condizione è
incompatibile con la vita del neonato. Il cuore non è in grado di lavorare, bimbo va incontro a morte sicura. Si procede
con un intervento molto invasivo, ma che garantisce vita al neonato. Obiettivo è ricostruire corretta circol azione.
Quale è l’ idea ? Chirurgia di Fontan (Norwood Operation) Quella di sostituire il ventricolo sinistro che non funziona
con il destro, che invece funziona, non è ipoplasico. Uso la pompa destra per pompare sangu e verso la periferia
in mani era anal oga a quanto deve fare il ventricolo sinistro. Come faccio a far pompare il ventricolo destro nel
circolo sistemico ? Il ventricolo destro, che pompa sangu e nell ’ arteria polmo nare ai due polmo ni, ritorna sangue
ossigenato all’ atrio destro, e , collegando il ventricolo sinistro, all’
aorta del paziente. Essendo ventricolo sinistro
ipoplasico, anche l’ aorta è molto poco sviluppata, tipica reazione del tessuto allo sitmolo ricevuto. Ho arteria piccola,
e non mi basta colllegare atrio destro all’ aorta naturale del bambino. Questa arteria è troppo piccola, quindi taglio
arteria polmonare a un certo livello, la si apre, e ugualmente si prende l’ aorta e la si apre, e colleghiamo l’arteria alla
aorta con aggiunta di una pezzo di tessuto, protesi vascolare a tutti gli effetti conformata a tessuto per ricreare un’
aorta sufficientemente grande da ricevere flusso sufficiente per irrorare tessuti a valle : utilizzo un tessuto per ricreare
aorta di dimensioni sufficienti. Il problema sta nel ventricolo destro che pompa nel circolo sistemico, gli abbiamo
sostituito la funzione, ma l’ abbiamo scol legato dai polmo ni : non stiamo pompando al circolo polmonare. Questa
funzione deve essere ripristinata collegando uno shunt, tubo ulteriore che a partire da una delle due carotidi, riporti
parte del flusso nell’ arteria polmonare (collegam ento tra arteria sistemica e arteria polmo nare). Ventricolo pompa
nella nuova aorta, una parte va verso circolo sistemico una parte verso polmonare : non ho più divisione netta tra
sangue ossigenato e non, ho un mix, unica soluzione che consente al paziente di sopravvivere.

Dobbiamo ricreare un collegamento al sangue che arriva da atrio a ventricolo destro. Il sangue ossigenato dai polmoni
arriva in atrio sinistro, da atrio sinistro va portato in atrio destro a ventricolo destro che pompa sangue in giro.
Dobbiamo creare collegamento tra atrio sinistro e atrio destro per arrivare al ventricolo destro. Esiste un foro quando
il bambino è nella pancia, che normalmente alla nascita si chiude, ma che viene mantenuto aperto durante questa
chirurgia per ricreare struttura pompante sufficientemente efficacie. Sia a livello di patch sintetico (il primo
percreare una neoao rta allargando l’ arteria polmo nare) che di shunt creiamo un sistema per riportare sangue
verso aorta e arteria polmonare. Ho operazioni non definitive per quanto abbiamo detto prima, il cuore del neonato è
piccolo,e le strutture non crescono nel tempo, e i pazienti sono soggetti a operazioni per riassestare le strutture
artificiali adattandole alle nuove dimensioni del paziente che esce.

Le protesi vascolari sono utilzzate quasi sempre in impianti arteriosi per il fatto che le pressioni di lavoro del ramo
arterioso sono più alte di quelle del venoso. Pressioni maggiori significa possibilità di degradazione del tessuto più
elevate. Quelle venose sono meno frquenti e meno gravi. Seconda ragione è data dai circol i collaterali : abbiamo
vasi in parallelo ai rami venosi principali che in presenza di una certa patologia riportano sangue da vena verso cuore.

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Il letto venoso ha si vene principali ma anche vasi in parallelo che garantiscono funzionalità del sistema. Inoltre, terza
ragione andare a sostituire vena con una protesi, causa problem i di biocom pati bilit à maggi ori. Essendo a
pressioni minori, il circolo venoso ha flussi minori : il sangue tende a ristagnare di più nelle vene che nelle arterie che
sono alla fine del circuito. Quello che consente al sangue di circolare è il cuore, nei vasi appena a valle del cuore, ho
alta efifcienza, mentre i vasi che riportano sangue verso il cuore, determinano azione di pompaggio meno efficacie. Il
sangue tende a ristagnare, e il ristagno è associato a fenomeni di coagulazione, uno dei problemi principali. La
protesi è un elemento artificiale : come minimizziamo la coagulazione delle arterie ? A livello del ramo venoso diventa
problem a importante, le protesi nel sistema venoso fanno formare un trombo all ’ interno del vaso , ricrean do
un problem a di stenosi. La maggior parte degli impianti vascolari sono per queste tre ragioni arteriosi.

SPECIFICHE DI PROGETTO

La protesi vascolare deve essere :

1. Biocomp atibi le ed emocompatibile. Interazione della protesi con il sangue e interazione della protesi con il
tessuto della parete vascolare. La protesi, va cucita sul tessuto vascolare, e non deve risultare sgradita ne a
tessuto vascolare ne a ematico, che ha caratteristiche peculiari : il sangue tende a coagulare su qualsiasi
superficie artificiale si trovi. Emocompatibilità si traduce in capacit à di causare meno coagu lazione
possi bile e capacit à del materiale di non generare danno al tessuto sangu igno (non interag ire in
mani era negati va col sangu e), altrimenti causo un danno al tessuto sanguigno e non soddisfo il requisito di
emocompatibilità. Non esiste tessuto diverso dall’ endotelio su cui il sangue non coaguli, dobbiamo
minimizzare al massimo questo fenomeno

2. Impermeab ile : il sangue che entra, non deve uscire dalla superficie esterna della protesi : i tubi devono
essere impermeabili al sangue. A meno di rotture del tubo, viene generalmente creato impermeabile. Nel
caso di protesi vascolari, abbiamo problemi di impermeabilità al sangue. Quello che entra nella protesi non
deve uscire, ma dovrebbe essere permessa colonizzazione del tessuto vascolare all’ interno della protesi :
deve essere impermeabile al sangue in uscita, ma permeabile inentrata. Se il tessuto vascolare ricresce
velo cem ente sulla superi fcie esterna della protesi abbiamo risolto problem a di emocompatibili tà. Il
sangue, se si trovasse ad affrontare un nuovo endotelio, simile all’ unica struttura su cui il sangue non
coagula, i requisiiti di emocompatibilità sarebbero risolti : protesi deve essere permeabile a colonizzazione
del tessuto originario del vaso.

3. Elasti ca. Il ramo arterioso ha grande elasticità. Se il tubo elastico lo sostituiamo con tubo rigido, questa
azione la perdiamo. Tanto più l’ azione è vicina al cuore, se lo sostituiamo con qualcosa di più rigido, tanto
azione pompante dell ’
più l’ aorta viene meno : aggravi energetici al muscolo cardiaco. Aorta sostituita con
qualcosa di più rigido. In realtà le protesi vascolari sono più rigide del naturale.

4. Flessibil e. Il vaso naturale è struttura flessibile soggetta a tubature naturali, ma che può cambiare la sua
conformazione a seconda delle attività che svolge il paziente. Se pensiamo alle arterie che scorrono nella
gamba a cavallo dell’ articolazione, vasi che irrorano gli arti inferiori, devono avere vaso che cambia la sua
forma durante il movimento in maniera tale da non occludersi ogni volta che pieghiamo il ginocchio.

5. Di lunghezza e diam etro appropriati. Abbiamo a che fare con una tipologia di tessuto da sostituire,il vaso,
che può essere affetto da patologie come stenosi più o meno estese in un paziente o in un altro.
Tipicamente, aneurisma o stenosi, si possono presentare in qualsiasi tratto con estensione più o meno
accentuata. Necessariamente ho bisogno di una protesi che possa essere customizzata su quel paziente : la
taglia può essere concepita per quel diametro. Per il fatto che la lunghezza viene determinata in sala
operatoria, generalmente le protesi le facciamo lunghe, e poi il chirurgo le taglia ad hoc. Possiamo pensare a
protesi per aorta mentre vasi perifierici di diametri minori. Rispetto alla lunghezza, il chirurgo deve agire e
tagliare la protesi per trattate quella patologia in quel determinato paziente. Esistono soluzioni in questo caso
fortemente funzionali che rispondono in maniera adeguata a questa speciifca di progetto.

6. Suturabil e : la connessione tra protesi e vaso avviene mediante una sutura, non posso pensare di costruire
la protesi in metallo, devo farlo con confromazione e materiale suturabile. I requisiti di compatibilità chirurgica
si traducono nel requisito di suturabilità.

7. Affidabil e. La protesi deve essere meccanicamente resistente, correlata a compatibilità funzionale della
protesi : deve durare nel tempo, vengono sottoposte a gran numero di cicli di carico. In associazione a attività
standard della protesi, con pulsatilità sanguigna, possono esistere carichi ulteriori. Possiamo associare
pulsatilità a flessioni della protesi stessa quando il paziente cammina. Problemi di natura meccanica ci sono

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per la configurazione di carico ciclico che si ha sia rispetto al ciclo pulsatorio del sangue, sia al cammino. La
protesi deve essere meccanicamente resistente. La protesi di un certo diametro, dopo un certo numero di
cicli, deve essere ancora quella, e non cedere a livello delle suture.

8. Sterilizzabile. La protesi va impiantata sterile,e devo costruirla di materiale che resista a cicli di
sterilizzazione.

TIPOLOGIE DI PROTESI VASCOLARI

Le protesi vascolari si possono dividere in due grandi gruppi :

 Origine biolog ica

 Non trattati chimicamente

 Trattati chimicamente

 Ingegneria dei tessuti

 Origine sintetica

 In politetrafluoretilene (PTFE)

 In polietilenterftalato (PET)

 In poliuretano

Nel caso di origine sintetica,protesi vascolari sono fabbricate industrialmenteper trasfromazione di materiali di origine
non biologica. Vedremo anche quelli di origine biologica, di origine interessante, dai quali possiamo trarre alcuni spunti
interessanti.

IMPIANTI VASCOLARI DI ORIGINE BIOLOGICA

Tra quelli non trattati chim icam ente possiamo annoverare :

 Vena del paziente stesso

 Arteria del paziente stesso

 Vena di altro soggetto umano

 Arteria di un altro soggetto umano

Nono sono protesi, in certi casi sono trapianti di tessuto vivente, a volte prelevato dal soggetto stesso a volte diverso
(conservati a bassa T). Tra quelli trattati chim icam ente troviamo :

 Vena ombelicale umana

 Vaso bovino

 Protesi prodotta con pericardio bovino

Tra i tessuti ingegn erizzati (con o senza supporto sintetico, bio/no n-bioriassorbi bile), troviamo :

 Protesi fabbricata per coltura di tessuti viventi

 Protesi prodotta all’


interno di un animale

 Protesi prodotta all’


interno del paziente stesso

Si parte da un supporto sintetico sul quale vengono fatte ricrescere cellule tipiche del tessuto vascolare per ottenere
un dispositivo finale. Questa cultura può essere fatta in laboratorio, e all’
interno di un sistema biologico, o all’
interno
del paziente stesso.

77
ORIGINE BIOLOGICA NON TRATTATI CHIMICAMENTE

Tra gli impianti di origine biolog ica non chim ici usiamo maggiormente le vene dello stesso paziente. Usiamo
solitamente tratti di vena o arteria , da donatore umano (conservati a bassa termperatura) oppure prelevati dal
pazeinte stesso durante l’ intervento. Solitamente usiamo la vena safena (vena della gamba di diametro 4-6 mm)
staccata tramite due strade. Può accadere che 1) la vena dello stesso paziente può essere usata come bypass
coronari co, staccata dal sito originale, e reimpiantata a livello del cuore, oppure 2) può essere riutilizzata in sede,
dove si trova naturalmente : riperfusi one della parte terminale della gamba e del piede : la vena reta nella sua
normal e posizione e si usa come bypass per l’ arteria che le corre vici no. Parliamo della vena safena, a livello
della gamba, che può essere dissecata , sfilata dalla gamba del paziente, e la utilizziamo come bypass
aortocoronarico. Prendo un tessuto che non da problem i di rigetto, è un tessuto vivente, anche in grado di
rigenerarsi e riadattarsi, non ho struttura artifici ale. Ho problemi di due tipi : sto usando una vena al posto di una
arteria : struttura più rigida al posto di una elastica : non farà mai il lavoro come quello dell’arteria. Secondo genere
di problema : la vena ha delle valvole che impediscono il reflusso del sangue mentre viene pompato verso il cuore. L’
arteria, che viene bypassata dalla sostituzione, è un tubo libero, senza valvole, e occorre che, per le valvole, o si
prende la vena e si gira la valvola in modo che non si opponga più al flusso del sangue, oppure si rompone le valvole
per rendere il condotto senza ostacoli al passaggio del sangue. Questo si può fare per fare una sostituzione
aortocoronarica o per bypassare occlusione di arteria che corre parallela alla vena, la vena la stacco solo a valle, la
riattacco al di sotto dell ’
occlusione, e il sistema usa la vena al posto dell’
arteria.

Secondo utilzzo di segmento vascolare di origine biologica non


trattato chimicamente, è utilizzo della arteria mam maria interna
(molto vicina al cuore, è sufficiente tagliarla in una sezione distale e
connetterla a valle della stenosi coronarica) per cura di bypass
coronarico. Parte da un vaso che parte dall’ aorta, ed è l’arteria che
irrora muscoli di petto e braccio. La si stacca a livello distale, e la
attacchiamo a vall e dell ’occl usione coronari ca. Ho vantaggi : 1) la
stacco solo distalmente, la riattacco a valle della stenosi (una sola
anastomosi). 2) Uso un arteria per fare il lavoro dell ’ arteria, ha
tessuto simile alla coronaria che devo sostituire, svolge il lavoro
efficaciemente (si usa un’ arteria, la parete ha caretteristiche,
spessore ed elasticit à, adatte al flusso del sangu e arterioso). 3)
Il vaso resta connesso all’
arteria da cui normalmente origina, e,quindi,
connesso anche alla rete di vasa vasorum che nutrono la parete
arteriosa. Operazione semplice. Queste sono soluzioni utilizzate, se
scegliamo la via chirurgica, essa è molto sorpassata da vie
endovascolari per stenosi. Se passiamo per la via chirurgica, ho
sicuramente soluzioni cliniche in utilizzo.

Possibile utilizzare sempre vasi di origine biologica da donatore. quando li utilizziamo ? si sono evolute altre tecniche
che consentono di affrontare le stesse patologie con meno complicazioni. Si è usata aorta da donatore, cadavere,
per trattare aneurisma dell’ aorta o per sostituire valvola aortica. A principio dell’
aorta, abbiamo ventricolo sinistro verso
periferia. Nel caso in cui la valvola non funzioni più, non viene cambiata solo la valvola,ma valvola più aorta prelevata
da donatore : esempio di utilizzo di vasi umani prelevati da donatore. Aorta da donatore : 1) Usata pertrattare l’
aneurisma dell ’ aorta, per sostituire una protesi sintetica in seguito a complicanze infettive 2) Grande efficacia in quelle
situazioni in cui è alto il rischio di infezione 3) Primi casi : sosti tuzione della valvola aortica, e del tratto di aorta che
la contiene, con un identico tratto prelevato da cadavere 4) differenti segmenti arteriosi prelevati dacadavere e
crioconservati per giorni o settimane.

ORIGINE BIOLOGICA TRATTATI CHIMICAMENTE (BIOPROTESI)

Ho segmenti vascolari (originali o ottenuti tecnologicamente) fissati in


gluteraldeid e.

Vena ombel icale umana, viene utilizzata e prelevata dal cordone ombelicale della
mamma , per sostituzioni di vasi di piccolo calibro per il fatto che la sostituzione di
questi vasi ha complicazioni, campo nel quale la ricerca di alternative al vaso
artificiale è stata fatta e tuttora utilizzata. Rappresenta un caso in cui è
necessario un bypass di piccolo calibro per rivascolarizzare una regione a valle di
una stenosi (es. arti inferiori) e non sono disponibili impianti vascolari prelevabili dal

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paziente stesso (usata anche per accesso ematico in dialisi) . A volte rinforzato con un tessuto Dacron knitted :
aumento stabilità dimensionale.

Ho dei dati, bypass dell ’


arteria femorale. Ho vasi rimasti aperti dopo 5 anni. Nel caso in cui , curva marrone sopra, si
utiilizza la vena safena come bypass, dopo 5 anni ho riocclusioni che arrivano al 60 %, se si utilizza biograft,ho
comportamento più ho menoo simile, e ho percentuali di insuccesso più alte per strutture artificiali.

Passando al donatore animale, sono utilizzati vasi prelevati dal bovino : pericardio di bovino . Sono trattati
ovviamente per renderli compatibili con l’
uomo, quindi resi non vitali, e fissati in gluteraldeide, sia per vasi prelevati dal
bue e impiantati nell ’
uomo, sia per protesi costruite a partire dal tessuto bovino : la membrana che riveste il cuore, ha
estensione molto importante, e di quel tessuto possiamo fare quello che vogliamo,e costruire tubi con forma qualsiasi,
senza dover usare il vaso dell’animale che ha quel diametro e lunghezza, ma possiamo costruire altri impianti a partire
dal tessuto animale del bovino. In questo caso parliamo di protesi vascolari con o senza biforcazione ottenute
mediante cucitura di un pezzo di pericardio bovino precedentemente corrugato e trattato con gluteraldeide. Il
corrugamento ha lo scopo di rendere il vaso flessibile prevedendone l’ occlusione durante le flessioni.

IMPIANTI VASCOLARI DI ORIGINE SINTETICA

 in politetrafluoroetilene (PTFE o Teflon)

 Tessuto

 espanso (Gore-Tex)

 in polietilentereftalato (PET o Dacron )

 wolven o knitted

 velo ur

 rinforzato

 rivestito

 in poliuretano. Nella attuale ricerca è la categoria di materiali polimerici che raccoglie più consensi e
interessi : grande versatilità strutturale e di lavorazione e ottime proprietà elastomeriche che permettono di
costruire innesti tubulari di piccolo calibro con modulate ed opportune caratteristiche chimico-fisiche, di
compliance radiale e di emocompatibitli à.

79
PTFE lo si può trovare per protesi vascolari, o in conformazione tessuta o espansa. Le protesi che usano il teflon
come materiale da costruzione, lo utilizzano sespanso, il Gore-tex. Tessuto che per sua natura, risulta impermeabile
alle sue componenti. Tessuto che si presta per la sua conformazione a poter rispondere a requisiti di impermeabilità
della parete della protesi vascolare. Può far pensare che il Gore-tex possa essere impermeabile al sangue e
permeabile alla colonizzazione tissutale.

Il PET è il materiale usato per costruire delle protesi tessute. Quindi il materiale è quello, ma è in fili che vengono
tessuti per ottenere dei tubi di dimensione e lunghezza appropriati. Vengono tessuti esattamente come un maglione ,
con trama e ordito particolare. La disposizione di tessuto determina particolari caratteristiche del tessuto.

Esistono protesi rivestite da una sorta di vellutino vell our, protesi rinforzate per aumentare caratteristiche di
resistenza. Protesi rivestite di collagene per aumentare emocompatibilità. abbiamo poi protesi in poliuretano,
materiale ancora oggetto di ricerca, fase precedente a utilizzo clinico. La ricerca della protesi sta scemando.

Protesi in dacron e in Gore-tex. Già la


conformazione esterna è diversa, una è
corrugata, l’
altra ha struttura continua più
espansa.

Uso clinico delle protesi. Le protesi in dacron


sono usate per grandi vasi dove il flusso è
elevato e viceversa. Esistono all’ interno di
ciascuna tipologia sottotipologie che si
differenziano per il tipo di tessitura, per il tipo
della protesi dove serve biforcazione presente,
ed esistono protesi che non sono plisettate,
potenzialmente rinforzate e rivestite. Abbiamo
versioni più o meno estensibili, se è già
corrugata riesco ad estenderla, e ci sono
versioni ancora più estendibili.

Abbiamo elencato i due materiali, dacron e teflon, con differenti tipologie di ottenimento della protesi, quindi l’ una
costituita da fili di dacron intrecciati in qualche maniera, come qualsiasi tessuto di abbigliamento, mentre il teflon è in
config urazione espansa. Terzo materiale, in realtà ancora in fase di studio, sono le protesi in poliuretano. Abbiamo
già detto che abbiamo differenza di utilizzo tra protesi in dacron, teflon e goretex, che consi ste nel cali bro del vaso
da sosti tuire : piccoli cali bri protesi in Teflon , grandi cali bri protesi in Dacron. La protesi in Dacron ha
particolare plissettatu ra, non è liscia, ma corrugata, e questa superficie corrugata ingenera dei vortici, fluidodinamica
che protesi di piccolo calibro possono portare a ristagni e quindi è più facile che si formi un trombo che vada ad
occludere il piccolo vaso, mentre in quelli grandi, il trombo, non è sufficientemente grande da occludere.

LA STORIA

 primi decenni del seco lo → pionieristici tentativi mirati a ridurre i rischi di rottura degli
aneurismi dell'aorta addominale (es. impianto di decine di metri di filo di acciaio per
produrre trombosi spontanea)
 1951 : primo uso di vena safena per bypass arti inferiori (Kunlin 1951) →fallimento di primi
impianti biologici (homografts, allografts)
 1954 : primo uso di protesi sintetica (Blakemore & Voorhees. The use of tubes constructed from
Vinyon-N cloth in bridging arterial defects. Ann Surg. 1954)
 1958 → primo uso di protesi in Dacron (DeBakey ) per aneurisma aortico

Osservazione sem i-acciden tale di Voorhees : Un filo di sutura in seta lasciato all’ interno del ventricolo destro di
cane, su cui si facevano studi in vivo, si rivestiva di uno strato superficiale di tipo endoteliale (molto simile) e privo d
trombi macroscopici. Questo si è riosservato in altre tipologie di tessuti con fibre sintetiche : quando il tessuto viene
bagnato dalla corrente sanguigna, si deposita fibrina nelle porosit à del tessuto che detrmin a crescita di
fibroblasti proveni enti dai tessuti adiacenti : successiva migrazione dell ’ endotelio . L’endotelio è la superficie
per eccellenza, ed è ciò che garantisce alla protesi vascolare di funzionare e avere una emocompatibilità corretta,
impedendo la formazione del trombo che si forma dove abbiamo materiale sintetico. La sfida è costruire una protesi
di una materiale che da una parte la renda impermeabile al sangue , dall’ altra deve permettere la migrazione di cellule
dell’
endotelio che ricostituiscono un neotessuto molto simile al tessuto naturale che impedisce o rallenta la formazione
80
del trombo : sulla superficie internadiun tubolare tessile sintetico, si ottiene un rivestimento molto simile alla normale
superficie endoteliale della tunica intima arteriosa :protesi vascolari.

Per la fabbricazione di fibre per tessuti per protesi vascolari sono stati proposti diversi materiali : Vinyon-N, Nylon,
Orlon, Dacron e Teflon.

Per diversi motivi (progressiva perdita di proprietà meccaniche per creep o degradazione, difficoltà di fabbricazione)
fra tutti questi materiali solo il Dacron è rimasto in uso per le protesi vascolari in tessuto.

Protesi tessute in Dacron :

Nel 73 viene introdotto il teflon nella forma del goretex , meno trombogenico di per se rispetto al sangue, risente
meno della necessità di essere colonizzato internamente dalle cellule dell ’ endotelio. Ha in generale una maggiore
capacità di non far aderire batteri sulla sua superficie, e ha una migliore bio ed emocompatibilità : minore reazione
tissutale periprotesica , non si sviluppa crescita anomala di tessuto.

Le protesi ingegnerizzate nascono da ingegneria dei tessuti, costruite in laboratorio, dove sul
substrato tentiamo di ricreare un vaso vivente, con componente cellulare viva. Stiamo
provando costantemente e utilizzo clinico poco diffuso per molti motivi,come la qualità della
protesi che si vottiene.

LE PROTESI VASCOLARI IN DACRON

Il Dacron è un polimero che viene dapprima fuso e passato attraverso una filiera per
ottenere dei fili per tessere la protesi : processo tecnol ogico delle fibre in Dacron
(nomecommerciale di un poliestere, il polietilentereftalato PET). In genere per la produzione
di fibre si utilizzano macromolecole di PET lineari di peso molecolare medio pari a circa
20000. Da grani riscaldati di PET viene ottenuto,tramite estrusione in filamenti molto sottili
mediante filiere , e successivamente i fili vengono riuniti a formare la fibra multifilamento.
Durante il processo di produzione i filamenti di poliestere vengono tirati ed allungati a
lunghezze di qualche volta superiore la loro lunghezza iniziale, determinando il fatto che i
filamenti che vengono fatti passare in bobine al fine di stirarli, per riallineare le catene nella
direzione del fil. Questo stiram ento e riallin eam ento della fibra migli ora di molto le
propriet à meccanciohe : fibra già pronta a sostenere i carichi applicati : se fossero in
posizione amorfa, occorrerebbe stirarle ancora di più per portarle nella direzione in cui
devono resistere, questo processo quindi aumenta già le caratteristiche meccaniche. Il
filam ento è l’ elemento primo per la costruzione, ma dobbiamo pensare a tanti filamenti
che formano una fibra e tante fibre che si intrecciano l’
una con l’ altra.

PROPRIETà DEL DACRON

 Meccani che : noto maggior rigidezza e resistenza meccanica dal grafico. Il dacron
ha buone caratteristiche meccancihe dopo questo processo, viene aumentata la
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resistenza a rottura, e maggiore rigidezza (stabilità dimensionale). Lo sforzo è espresso in g/den dove den
indica il denier, che è lamisura dellasezione di fibra espressa come peso in grammi corrispondente a 9000
metri di lunghezza.

 Chimica : Buona inerzia chimica, non soggetto ad attacchi dell’


ambiente biologico, è idrofobico, e ha quindi
caratteristiche chimiche adatte a poter sopportare l’
attacco dell’
ambiente aggresivo (ridotti i fenomeni di
degradazione per idrolisi delle fibre)

 Faci le sterili zzazione : è facilmente sterilizzabile con tutti i metodi disponibili, autoclave, vapore, ossido di
etilene raggi gamma. Vengono preferiti processi di sterilizzazione dove non ci siano radiazioni. Non danno
grossi fenomeni di degradazione, ma avendo a disposizione metodi di sterilizzazione egualmente efficaci,
che non determinano degradazione, si preferisce ossido di etilene.

TIPI DI TESSITURA

Con questi filamenti vengono create dellle fibre che vengono tessute. La maniera di tesserle determina le
caratteristiche meccaniche.

TESSITURA WOVEN

Tessitura Woven : fibre perpendicolari tra di loro, una delle direzioni di tessItura è quella dell’ asse della protesi.
Otteniamo protesi abbastanza rigide, non tanto deformabili e poco porose. Se immaginiamo una strututra come
questa, fatta da tessuto, capiamo che non è impermeabile, la tessitura comporta intrinsecamente che la protesi abbia
una sua porosità. Minore la porosità meno critico questo fenomeno : protesi fitte diminuiscono permeabilità della
protesi al sangue : vantaggio delle woven . Ho però lo svan taggio di avere protesi più rigide,e l’ arteria naturale che
rigida non è, e svolge azione di accumulo e rilascio, interfacciata con struttura molto più rigida dell’ arteria naturale,
può causare problemi. Le due strutture sono unite da qualche parte, ho giuntura tra protesi e vaso natural e. Dove
ho la sutura ho due strutture, l’ arteria naturale, che si dilata molto, e la protesi che si dilata meno ( e questo già
problema, ho un vaso in cui ho attaccata una protesi, e quando passa il sangue una si dilata a diametro grande, l’ altra
meno, e in quella sezione ho discontinuità geometrica importante, che, vista dal sangue, causa fenomini di
turbolen za fluidod inam ica). Inoltre, la strozzatura data dalla protesi vascolare, non dilatata come arteria, genera
anomalie fluidodinamiche che possono generare problemi. Ho delle riflessioni d’ onda, cambia anche la velocità
cambiando la sezione del vaso : ho onde che tornano indietro e si sommano all’ onda successiva. Questa diventa una
zona perturbata dal punto di vista fluidodinamico e meccanico : infatti, il filo di sutura, deve tenere insieme due
strutture che si dilatano a dimensioni diverse : ad ogni passaggio del sangue, il filo di
sutura si trova tirato per continuare a tenere insieme due cose che si dialtano in maniera
differente una rispetto all’altra : tanto maggiore è la rigidezza della protesi, tanto più il
filo verrà tirato. Vediamo fotografia della protesi in dacron con tessitura woven, e i
singoli filamenti che formano una fibra. Le fibre sono intrecciate in direzione particolare.
Gli spaghetti sono anche velo ur, vellutino che riveste la protesi e che dovrebbe servire
a coadiuvare la ricolonizzazione delle cellule dell’ endotelio della superficie interna della
protesi per ricreare superficie maggiormente emocompatibile. In questi punti si attacca
facilmente la fibrina che scatena certi fenomeni di rigenerazione.

PROTESI KNITTED

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Protesi knitted, non più con fibre disposte perpendicolarmente, ma disposte curvat e, una rispetto all’ altra. Dalla
shcematizzazione capiamo che questo tipo di protesi è molto più cedevole, prima avevamo protesi pronte a
rispondere alla sollecitazione, mentre ora, prima che le fibre rispondano alla sollecitazione, dobbiamo ovviamente
stirarle : diamo luogo a protesi meno rigide della tessitura precedente, ma viceversa più porose, non si ottengono
delle protesi sufficientemente fitte da garantire impermeabilità delle stesse al sangue. Per le protesi knitted è
necessario garantire impermeab ilità al sangue da dentro verso fuori, e facciamo una cosa semplice, il chirurgo
bagna la protesi nel sangue del paziente, formando un coagulo di sangue all’ interno e all’
esterno della superficie, che
garantisce impermeabilità della stessa. Delle protesi knitted ne abbiamo di diverse tipologie, questa è tipologia weft,
poi abbiamo la warp.

Warp : maggiori interconnesioni tra fibra e fibra : sempre fibre curvate e non rettilinee, ma con maggiore
interconnesione che determina un aumento di rigidezza della protesi stessa. Ma se la protesi non è mai sufficiente
elastica in modo da mimare il compo rtamento natural e, perch é dovrem mo irrigidirla ? Discorso della stabilità
dimensionale : quanto più una protesi è rigidia tanto più è stabile
dimensionalmente, con l’ andare del tempo, la protesi aumenta il diametro,
e , pensata tessuta, con passagio di sangue, un po' si lascia andare, le
fibre si ridistribuiscono : tanti aspetti che si è verificato portano il diametro
della protesi da diametro iniziale a diametro più grande, creiamo dei nuovi
aneurismi, e abbiamo un vaso che si dilata perché cede la struttura.
Quanto più facciamo interconnesse le fibre, tanto più smorziam o i
fenom eni di degradazione e instabilità dimension ale. Ho la dilatazione
del diametro dopo un tot di tempo , e il chirurgo fa fatica a scegliere quindi
la protesi giusta : Deve scegliere diametro piccolo tale che dopo periodo di
assestamente abbia raggiunto diametro corretto del vaso. Al chirurgo
arriva protesi di lunghezza non customizzata sul paziente, la taglia con
delle forbici, e quando gfa un certo taglio, tanto più si sfilaccia.

Knitted : ho maggior numero di interconnesioni tra fibra e fibra.

RIASSUNTO DELLE PROPRIETà A CONFRONTO :

 Le protesi woven hanno maggiore stabilità dimensionale nelle direzioni delle fibre

 Le protesi woven in genere hanno bassa porosità (comunque controllabile con la tecnolgia tessile)

 Le protesi woven hanno sfilacciamenti

 Le protesi knitted sono meno stabili dimensionalmente

 Le protesi knitted sono maggiormente porose

 Le protesi knitted hanno tendenza a smagliarsi quando vengono tagliate (soprattutto se il taglio non è

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perpendicolare all’
asse

USO CLINICO WOVEN

Abbiamo visto che il tipo di tessitura determina le propietà meccaniche del costrutto. Vediamo ora l’ uso clinico di
queste protesi. Le protesi woven vengo no usate per vasi di largo cali bro : chirurgia toracia e addominale : tratti di
aorta e aorta biforcata. Dalla consistenza riconosciamo le due protesi. Esistono protesi dove in interventi di
dissecazione, viene sostituito tutto il tratto aortico con anche diramazioni delle arterie che vanno al cervello :
arto aortico con tutta la protesi in dacron. Viene infine usata per Aneurisma dell ’
ricostruiamo tutto l’ arto aortico e
Dissecazione dell’arto aortico

USO CLINICO KNITTED

Le knitted possiamo usarle in parte perifierica, per la maggiore probabilità della formazione di trombi dati dalla sua
plissettatura. Quindi, in perfieria, usiamo protesi knitted di calibri non piccolissimi. Per vasi minori si utilizzano
generalmente protesi in teflon

FLESSIBILITà DELLA PROTESI

Perché le protesi sono corrugate ? Non devon o mai chiudersi quando soggette a
flessione. Stiamo contestualizzando il caso delle protesi impiantate in corrispondenza
di un’ articolazione quale l’anca o il ginocchio : le protesi tessute tendo ad occludersi
per flessione. L’ aorta, non sarà soggetta a flessione, ma per fenomeni periferici, il
fenomeno del kinking è da evitare : fenomeno che riscontriamo quando si annaffia il
giardino. Se chiudiamo il tubo flettendolo, è un problema per la protesi vascolare, per
protesi a cavallo di articolazioni, la flessione non deve essere tale da occcludere la
protesi stessa. Corrugandole , quando sono flesse, la struttura interna è in grado
di acco rciarsi e quell a esterna di allun garsi mantenendo pervio il lume del vaso .
Il corrugamento evita il kinking : fenomeni di occlusone del vaso quando viene flesso.
Abbiamo anche un altro vantaggio : fare protesi corrugate determina vantaggio in
compatibilità chirurgica, la protesi va tagliata, e il taglio preciso non è semplice, viene
fatto con forbici, abbiamo il rischio che la protesi esca troppo corta o lunga. Con
corrugamento il chirurgo può collegarla senza pretenderla in maneira eccessiva.
Secondo vantaggio : in direzione longitu dinal e la plissettatu ra e il corrugam ento

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avvi cina la rigidezza della protesi a quell a dell ’ arteria, cosa che non riusciamo a fare in
direzione trasversale. Questo avviene grazie a questa elasticità aggiunta fornita dal corrugamento,
che viene fatto per fenomeni di kinking ma porta dietro vantaggi di tipo chirurgico e funzionale :
avvicina la deformabilità della protesi a quella dell’ arteria almeno in senso longitudinale. Vediamo in
figura come la superficie interna si accorcia, mentre quella esterna si allunga. La protesi è più
adattabile alle variazioni di lunghezza durante l’ impiego : le sollecitazioni sulle suture con l’
arteria
naturale sono minime, e il taglio della protesi alla lunghezza necessaria è meno critico.

LE PROTESI IN GORETEX

Queste protesi sono realizzate in PTFE (Teflon ) : le proprietà chimiche e fisiche sono uniche fra i polimeri :

 eccellente inerzia chimica

 ottima stabilità delle proprietà meccaniche (ambiente aggressivo)

 proprietà autolubrificanti

 elevata temperatura di rammollimento (342 gradi centigradi)

 eccellenti proprietà dielettriche.

Teflon non poroso : elementi antifrizione, rivestimenti antiaderenti..Tecnologie di formatura simili alla metallurgia
delle polveri (impossibile uso di normali tecnologie di stampaggio a iniezione o di estrusione per elevata temperatura
di rammollimento e alta viscosità)

Teflon poroso : tecnologie di fabbricazione di fibre : tessute = Dacron.

Teflon espanso (Gore-Tex) - film, lastre, barre e tubi. La struttura espansa del Teflon (e-PTFE, Gore-Tex) è
ottenuta con uno speciale processo di stiramento ad alta temperatura che genera dei nodi di PTFE interconnessi da
sottili fibre altamente orientate. Come vediamo sotto : 1. Non si occl udono quando curvat e, 2. Ottime propriet à
meccani che, 3. Ottima biocom pati bilit à.

Per le protesi in Goretex abbiamo detto che sono introdotte negli


anni 70. A noi interessa teflon espanso . Il goretex viene utilizzato
perché ho nodi di teflon interconnessi da sottili fibrille. Questo
garantisce quello che abbiamo già detto rispetto all’impermeab ilit à :
impediscono all ’ acqua di entrare all ’interno . Contemporanemente,
nella protesi in Goretex viene anche permessa in parte
ricolonizzazione interna da parte delle cellule endoteliali. Questa
impermeabilità in un senso è doppio vantaggio, impedisce al
sangu e di usci re e all ’ endotelio di ricolon izzare. Questa
microstruttura impedisce anche l’ occlusione quando flessa. Protesi flessa in goretex non si occlude pur non avendo
plissettatura. Ulteriore vantaggio, evitiamo di avere interno della superficie corrugata, fattore che determina
coagulazione, e distrubava la fluidodinamica, motivo per cui le protesi in goretex sono utilizzate su picc oli flussi :
minimizziamo il rischio di occlusione del trombo,e la fluidodinamica è meno distrubata.

Fotografia protesi in goretex.

Le protesi in Goretex hanno un rivestimen to esterno aggiun tivo


orientato circonferenzialmente per aumentare la resistenza
meccanica (diminuisce però la permeabilità della parete). Abbiamo
un rinforzo esterno per aumentarne la resistenza meccanica.
Questo sembra un pò equivalere a tirarsi la zappa sui piedi, era
infatti cosi adatta per avere doppia impermeabilità perfetta per i
vasi, permeabile da esterno a interno e impermeabile da interno a
esterno. Se mettiamo un rivestimento, il tutto crolla, e determiniamo
crollo delle proprietà.

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Vediamo la storia delle protesi vascolari in Goretex. Vediamo protesi con ring esterno. Protesi in goretex dove attorno
abbiamo anello elicoidale di rinforzo, che riduce problemi di occlusione della protesi quando viene flessa. Quando il
ginocchio viene flesso, il sangue passa senza tipo di problema. Le protesi a cavallo del ginocchio sono le più cirtiche
pre questo problema. Nascono protesi regionali, esistono protesi per il mercato giapponese, particolari per garantire
alle persone di mangiare in ginocchio. Flessioni di cosi tanti gradi inducono problematiche di funzionalità particolari
sviluppando protesi particolari. Siamo arrivati anche protesi caricate con farmaci antitrombogenici.

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VALUTAZIONE DELLA FUNZIONALITà DI UNA PRTOESI VASCOLARE

Cerchiamo di capire le problematiche di compatibilità della protesi, e vediamo come minim izzare i rischi di perdere
affidabilit à meccani ca nella fase precli nica.

Una protei vaco lare ideale deve essere compatibile con le strutture adiacenti :

 Compati bilit à morfolog ica : avere forma e dimensioni che ne consentano l’


impanto

 Compati bilit à biolog ica : La sua presenza non deve indurre nell’
organismo ospite alcuna reazione che
possa danneggiare sia l’ organismo che la protesi stessa.

 Compati bilit à funzionale : In esercizio deve replicare, senza subire rotture, il comportamento meccanico
(strutturale, fluidodinamico) del vaso sostituito.

FALLIMENTO DI UNA PROTESI VASCOLARE

Problem atich e generale : affidabilità

 Invecchi amento : protesi biologiche tendono ad invecchiare, perdendo le caratteristiche meccaniche nel
tempo che induce fenomeni di cedimento della struttura e sclerosi da parete. Esso è relativamente rapido
nelle protesi biologiche autologhe ed omologhe (iperplasia fibrosa lungo le linee di sutura, sclerosi della
parete, calcificazione). La iperplasia, avviene dove una prtoesi è connessa ad una arteria : ho reazione
infiammatoria, la vado a suturare e a creare chirurgicamente un insulo al tessuto del vaso , li si scatena
reazione infiammatoria, e si crea una struttura di tipo fibroso : cresce del tessuto in reazione alla ferita che
induco durante la sutura, e questa crescita di tessuto può essere eccessiva : tessuto abnorme attorno alle
suture che vado ad eseguire per connettere protesi al vaso. La zona di sutura è zona molto ciritica,
possibilmente è soggetta a problemi di natura meccanica e interessata da fenomeno di risposta
infiammatoria che degenera in iperplasia : se suturo protesi a un vaso molto piccolo, la ricrescita della protesi
della zona di sutura può essere tale da occl udere lei il lume del vaso . Dove faccio sutura le cose si
complicano.

 Degradazione : problemi di degradazione,infatti il Dacron è un polimero soggetto a temperatura molto alta.


Essa può essere anche caratteristica di protesi biologiche trattate (eterograft bovini, vena ombelicale umana).

 Infezioni della protesi, specia le sintetiche e le biologiche trattate. La protesi può infettarsi, la struttura
artificiale è sede artificiale di attecchimento batterico.

 Lacerazioni a livello dei punti di sutura alle anastomosi. Possiamo avere a livello della sutura delle
lacerazioni, il filo può andare incontro a lacerazioni : possiamo rompere i punti di sutura per fissare protesi a
vaso : tirati tante volte e soggetti a problemi di fatica meccanica. Evitiamo di fare sutura con filo continuo, se
parte un punto, tutto il filo si può sfilare. La struttura viene quindi fatta per punti singoli. Ma se in un punto
abbiamo cedimento, da li esce sangue, non ho continuità gatrantita dalla sutura,e il fatto che esce del
sangue è un problema : falso aneurisma, notiamo dilatazione anomala tipo aneurisma attorno al sito di
sutura dovuta al cedimento di uno o più punti della sutura stessa

 Trombosi in ogni tipo di graft (se di piccolo calibro). Le trombosi possono essere presenti nei vasi di
piccolo calibro, basta la definizione di piccolo trombo, la dilatazione ,e l’
aumento del diametro nel tempo della
protesi. In alcuni casi ho rotture per fatica delle protesi vascolari in Dacron. Formazione del trombo : come lo
riduciamo ? La porosità definisce e favorisce la formazione di endotelio, problema a livello delle anastomasi,
dove il tessuto migrato va a occludere il vaso. Possiamo rivestire le protesi con materiali maggiormente
emocompatibili. Carbonio pirolitico, materiale maggiormente emocompatibile, sangue coagula poco.
Possiamo usare farmaci anticoagulanti e possiamo trattare un paziente con questo tipo di farmaci (eparin a).
Possaimo disseminare protesi con cellule endoteliali, flusso sanguigno stacca cellule che depositiamo sulla
superficie della protesi o possiamo rivestire la protesi con strutture più emocompatibili.

 Dilatazione e rottura dei graft in Dacron

COME RIDURRE LA TROMBOGENICITà DELLA PROTESI

 Rendere porosa la parete protesica, per favorire la formazione di un neointima (nuova superficie cellulare
con endotelio) : problema : soprattutto intorno alle anastomosi il tessuto neoformato può crescere in modo
abnorme (iperplasia intimale) ed occludere il vaso.

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 Applicare rivestimen ti interni in materiale sinttico biologicamente inerte (es. carbonio)

 Utilizzare un anticoagul ante incorporato nella parete protesica (es. eparina : scarso successo clinico per le
attività dell ’
difficoltà di dosare la quantità e l’ eparina legata, il costo elevato, la mancanza di riproducibilità.

 Ricreare un endotelio naturale tramite inseminazione della protesi con cell ule endotelial i : difficoltà di tali
cellule di rimanere adese a lungo alla superficie della prtoesi e di proliferare normalmente (ingegneria dei
tessuti)

Per le protesi in Dacron a volte si usano rivestimenti impermeabilizzati, con proteine (collagene, albumina..) o con
idrogeli di sintesi.

POROSITà DELLE PROTESI

Termine improprio con cui si indica la permeabili tà della protesi al sangue. Prove di permeabilità all’
acqua : tessuto
viene considerato non poroso se con battente di acqua di 120 mmHg lascia passare meno di 300 cc/min di acqua per
ogni centimetro quadrato di tessuto. Protesi tessute (in partico lare knitted) sono porose e tendono a far uscire il
sangue che fluisce al loro interno.

Pre clottin g : operazione che si fa per garantire impermeabilit à della protesi al sangue. Il chirurgo bagna la protesi
nel sangue del paziente prima dell’ impianto : il sangue coagula all’
interno della porosità del tessuto : rende la protesi
impermeabile e innesca fenomeni che conducono alla crescita di un tessuto endoteliale che rende emocompatibile la
superficie interna della protesi.

Protesi in Gore-tex : non porose : non richiedono pre-clotting. Porosità e permeabilità : influenzano anche
formazione di neointima e incorporazione della protesi : occorre giusto compromesso.

PROPRIETà MECCANICHE RICHIESTE A UNA PROTESI VASCOLARE

 Resist enza meccani ca (statica) : La protesi non deve subire alcuna rottura sotto la massima sollecitazione
a cui può essere sottoposta una volta impiantata.

 Durata : La protesi non deve cedere nel tempo a causa della ripetizione dei cicli di sollectiazione legati alla
pulsatilità della pressione sanguigna.

 Deformabi lit à : La deformabilità radiale della protesi deve riprodurre quella dei vasi naturali per non alterare
l’
emodinamica ne sollecitare eccessivamente la zona delle suture.

Proprietà meccaniche : problemi di resistenza dinamica, di durata, non solamente problemi macroscopici di rottura
della protesi ma rilassamento del tessuto della protesi che va a cambiare il diametro del graft. Ho anche problemi di
deformabilità che andremo a dettagliare maggiormente.

RESISTENZA DELLA PROTESI

Resistenza della protesi, testare protesi a carico statico, lo facciamo per le norme :

 Pressuri zzazione : un tipo di prova è pressurizzazione, si gonfia nella protesi palloncino di lattice fino a
determinata pressione e misuriamo pressione di scoppio quando cede la protesi.

 Trazione monoassiale : longitudinale, circonferenziale . Campioni a clessidra, si tirano oppure si staccano


dalla protesi degli anelli e si sottopongono a trazione.

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DURATA DELLA PROTESI

Cedimento a fatica : Principale causa di fallimento delle protesi di grosso calibro (occlusione del lume è molto
improbabile). Abbiamo 3 possibili cause di cedimento a fatica.

1. Può essere dovuto a cedi mento del singol o filam ento

2. Cedimento della sutura, perdita di sangue all’


anastomosi, esame
angiografico : falso aneurisma.

3. Oppure cedi mento dell ’ intera struttura in segui to alla sua dilatazione.
La sutura tende ad aumentare il proprio diametro, l’ assestamento non
avviene, continua a dilatarsi e si può rompere in qualche punto. La singola
fibra può cedere, le fibre si lacerano come si lacera un tessuto qualsiasi.

DEFORMABILITà RADIALE DELLA PROTESI

Le arterie hanno proprietà elastiche che consentono la loro dilatazione radiale quando la pressione del sangue è nel
picco sistolico ed il loro recupero dimensionale durante la diastole. Questi fenomeni di accumulo periodico di sangue
dovuti all’
elasticità delle arterie determinano anche il progressivo smorzamento delle onde di flusso e di pressione che
si osserva andando dal cuore verso la periferia. Anche la velocità di propagazione delle onde di pressione dipende
dall’
elasticità della parete dei vasi (E) oltre che dal loro spessore, dal loro diametro e dalla densità del sangue (v= E
s/(pD)). Velocità di propagazione cresce con la rigidezza della parete. La deformabilità radiale di un condotto viene
normalmente espressa dal valore della sua compl iance.

COMPLIANCE DI UNA PROTESI O DI UN VASO

Definita come i rapporto tra la variazione specifica di volume prodotta da una variazione di pressione interna e la
variazione di pressione stessa.

Compliance : misura della deformabilità radiale. La compl iance


vien e defini ta come rapporto tra variazione di volum e prodotto
da una determ inata variazione di pressi one e la pressi one stessa
: quanto la protesi si dilata a seguito di variazione di pressione. Se
vediamo protesi tessute in Dacron e arterie, si verficia quello visto. In
direzione circonferenziale, le cose sono drammatiche : le protesi sono
estremamente più rigide rispetto alla arteria naturale : differenza di
compliance tra vaso naturale e artificiale è drammatica. In direzione
longitudinale, ho buona sovrapposizione per il fatto che la protesi
tessuta ha quel corrugamento che le permette di deformarsi
longitudinalmente in maniera maggiore di quanto le garantirebbe la
deformabilià semplice della sua struttura.

COMPLIANCE MISMATCH

Quando un tratto di arteria, nelcaso specifico di un tratto sostituito con una protesi vascolare, ha proprietà elastiche
radiali diverse dai tratti adiacenti (in genere maggiore rigidità) si hanno due principali conseguenze :
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 Fluido dinam ica : discontinuità nella velocità di propagazione delle onde di pressione.La sezione di
interfaccia tra il vaso naturale e quello artificiale è la sezione in cui si verifica la discontinutià fluidodinamica
ed è sede di fenomeni di riflessione d’ onda, tipici delle singolarità geometriche.Le riflessioni d’ onda possono
provocare sovrapressioni locali che possono a loro volta causare la formazione di nuovi aneurismi.

 Sollecitazioni sulla sutura delle anastomosi termino-terminali. Sollecitazioni dovute al fatto che il vaso
naturale si dilata radialmente, mentre la protesi mantiene la dimensione originale.

Compliance mismatch determina anomalie fluidodinamiche e solelcitazioni nella zona di sutura. Ridurre questo è una
obiettivo di progetto : devo riportare la deformabilità aritificiale vici na a quell a natural e. Questo tipo di
valutazione può essere fatta con metodi computazionali dove costruisco dei modelli del vaso naturale e della protesi
applicata,simulando che la protesi sia vena arteria dacron etc. Ottengo informazioni a livello di sforzi della anastomasi.
Arteria su arteria ci da concentrazione di sforzi minore.

La compliance del graft, viene


significativamente ridotta all’
anastomosi,
principalmente a causa del materiale
di sutura, o alla tecni ca di sutura ,
risultando in cambi emodinamici intorno
all’
anastomosi. La compliance di ogni
graft, si riduce ulteriormente dopo
qualche settimana di impianto, a causa
delle reazione peri-protesica. Il graft
protesi co : la compliance di ePTFE
viene ridotta del 14% a nel caso del
Dacron del 29% della sua
preimpiantazio, dopo solo 3 mesi di
impianto.
90
La sutura stessa e iltessuto che ci cresce attorno, a sua volta modifica la compliance del complesso vaso artificiale-
naturale se guardiamo la tabella. Possiamo concludere che la compliance del sistema già di per se si porta dietro un
mismatch di compliance, ma la compliance è ulteriormente ridotta dalla presenza della anastomosi. Questo difetto
può essere ridotto diminuendo il numero di punti o usando diversi materiali. In più questa compliance a causa di
fenomeni adattativi, tende a diminuire nel tempo. Nelle suture, succede qualcosa di estremamente complesso : su
asse determ inisti co ho compliance dei sistemi, lo 0 è in corrispondenza del filo di sutura, connessione tra le due.
Notiamo che ho differenza di compliance, arteria ha pi ù compl iante rispetto alla protesi , naturalmente ho diversità
tra compliance dell’ arteria e della protesi. Ho una zona di compliance che aumenta, picco di compliance, a destra e a
sinistra dello zero, data dalla presenza del filo di sutura e possibile ricrescita tissutale. In corrispondenza del filo, ho
dimin uzione brusca di compl iance del sistema in corrispo ndenza dell’ anastomosi , situazione complessa dove il
sangue che fluisce, fluisce in un condotto con poca complaince : zone con perturbazioni continue : cambi di rigidezza
continui : questo, dal punto di vista fluidodinamico è grosso problema. Problema molto complicato e poco risolvibile.
Quindi il mismatch di compliance, non è solo tra il graft e l’ arteria (differenza di picchi) ma anche a livello della
stessa anastomosi. In quel punto, appiamo una zona con ipercompliance, che dista 1+ o - 4 mm prossimali e distali
dalla linea di sutura.

Come risolviamo questo problema ?

DILATAZIONE DELLA PROTESI

La dilatazione avviene per tre fattori : un riassestamento


a livello microstrutturale delle fibre, un fattore
viscoelastico, e pi ù a lungo termine dai finem omen i
di degen erazione. Dilatazione della protesi : metodo
utilizzato per scegliere che protesi devo utilizzare su un
certo paziente. Chirugo sa che la portesi si dilata nel
tempo, e spera si dilati in maniera asintotica,
raggiungendo stabilità dopo periodo di dilatazione iniziale,
ma è in diffico tà nella scel ta di diam etro della
protesi . Come prevediamo quanto una protesi si deforma
in quel determinato paziente ? Idea venuta è quella che
prima di un intervento su un paziente, un pezzo della
protesi impiantata nel paziente la diamo al laboratorio e
forniamo i dati pressori di quel paziente. Per un set di
pazienti, sapevamo che protesi avevano utilizzato i chirurghi, di che diametro e tipologia, e e avevamo informazioni
sulla sollecitaizone che le protesi avrebbero avuto su quel paziente, consocevamo i dati pressori. Con gli anellini di

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protesi dei chirurghi, questi venivano testati in laboratorio e sono state fatte delle prove cicl iche e dinam iche per
cercare di misu rare la deformazione della protesi nel tempo impantata in quel paziente. La dilatazione della
protesi ha un andamento di un certo genere, sottoposta a certo regime pressorio, cresce nel tempo con una certa
legge : viscoelatrico. Caratteristiche tempo dipendenti. Questo porta anche fenomeni di degnerazione. Questa
dilatazione nei primi migliaia di cicli può raggiongere dal 10 al 25%, dipendente dal regime pressorsio del paziente.
Quello che serviva era misura precisa di quel valore. Dovevamo sceg liere protesi con diam etro minore del 25%
garantendo di avere a regime vaso e protesi con lo stesso diam etro. Abbiamo simulato quello che succede in
vivo : prova su un anellino di protesi montato su sistema con 4 piolini legati a due afferraggi, che permettessero la
dilatazione della protesi con una certa legge : assunto, se in lab fossi mo riusci ti ad avere all’ nterno della protesi
lo stesso stato di sforzo che la protesi ha in vivo , avrem mo avuto risultati predittivi del compo rtamento in
vivo : simulazione cercando di sottoporre la protesi allo stesso sforzo che il paziente avrebbe sopportato in vivo : vivo
vs vitro. Dovevamo ricreare lo stato di sforzo in condizione di carico in vitro. Istante per istante, dobbiamo imporre una
determinata forza e misurare di quanto i piolini si allontanano tra di loro : misurare forza e deformazione della protesi.

CALCOLO FOGLIO COMPUTAZIONALE

Risultati : Validazione della procedu ra stessa, per quei pazienti testati in lab, abbiamo testato in vivo dopo un certo
numero di cicli la valutazione effettiva dopo un certo tempo per vedere se la previsone sperimentale di dilatazione era
corretta. Questo risultato positivo ha permesso di validare la procedura, avendo la sicurezza che le predizioni fatte
sulla dilatazione della protesi fossero effettivamente veritiere. Gli altri risultati hanno visto se diverse tipologie di protesi
andassero incontro a dilatazioni differenti.

Le woven sono più stabili dimensionalmente, e si è


calcolato quanto fossero più stabili numericamente rispetto
alle knitted. La cosa positiva è che si è registrato un
andamento asintotico, non crescente nel tempo.Ho
fenomeni di riassestamento, i primi cicli influenti sul
fenomeno della dilatazione, ma tra protesi woven e knitted
abbiamo differenze. Dopo qualche decina di migliaa di cicli,
la woven ha aumenti di diametro del due 3 per cento, per la
knitted a regime 12 per cento di dilataizone. Si è
confermato quello che l’ analisi della microstruttura faceva
presagire : la tessitura knitted induce maggi ore
deformabilit à della protesi . Per la woven si può scegliere
direttam ente il diametro della protesi corrispondente al
diametro del vaso, per la knitted, laddove si potessero

92
scegliere diametri differenti, abbiamo incrementi di diametro del 10% (dobbiamo scegliere un diametro inferiore
rispetto a quello che si dovrebbe impiantare presagendo dilatazione). Siamo andati a misurare l’ incremento di
deformazione nelle due protesi. Siamo andati poi a confrontare diverse tipologie di protesi in termini di produttore. Le
protesi erano diverse, sul paziente erano impiantate protesi differenti, e ho valori di compliance di diverse tipologie di
protesi. Queste previsioni sono state confrontate con i dati clinici, e si è proposto che questo tipo di procedura
potesse esssere utilzzata per la scelta di diametro della protesi. Il chiururgo avrebbe dovuto scegliere un diametro, far
fare le protesi, e applicare i regimi pressori del paziente facendo prove e predizione su quanto si sarebbe dilatata. Si
valuterà poi se usare quel diametro o diametro inferiore in modo da non creare disuniformità tra diametro della
protesi e dei vasi.

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7. STENT ENDOVASCOLARI
Stiamo parlandodi stenosi. Esiste grande di differenza tra stent e protesi endovascolare ? L’ approccio chirurgico :
la protesi necessitava di un vero e proprio intervento chirurgico aprendo il paziente ed esponendo il sito da trattare, lo
stent, invece, consente che l’ utilizzo del dispositivo sia fatto per via mini-i nvasiva , non chirurgica : il paziente non
viene quindi aperto, ma l’ accesso per lo stent endovascolare è periferico. Si entra da arteria o vena per raggiungere il
sito patologico malato : Il paziente, sottoposto a intervento chirurgico, sottostava a tutti i rischi associati, legati all’
anestesia, problemi infettivi maggiori nel momento di apertura del paziente, etc... Ho rischi legati anche al decorso
post-operatorio , più critico in pazienti operati chirurgicamente. Questi rischi vengono abbattuti, e in certi casi eliminati
da procedure meno invasive.

ARGOMENTI

Vedremo cosa è uno stent , le varie tipolog ie di stent in impiego clini co,le specifich e di progetto di stent
endovascolari, l ’ impiego clini co degli stent, la valu tazione degli stent endovascolari, le nuove soluzioni
progettuali, e i fallim enti degli stent endovascolari. I primi tentativi, risalgono agli anni 60, e riguardano dispositivi
relativamente giovani, e,da quei primi tentativi degli anni 60, le cose sono cambiate in maniera drastica. Questo è uno
di quei salti tecnologici che ha inciso in maniera veramente importante sulle abitudini terapeutiche di questo tipo di
patologie. La terapia endovascolare, l’ accesso a siti del sistema cardiovascolare per via invasiva, sta ancora
rivoluzionando la cura di queste patologie. Nel caso di sistema cardiocircolatorio, arrivano sul mercato e sono a
disposizione dei chirurghi, dispositivi nuovi che incidono in maniera enorme sulle terapie di questi pazienti, indirizzati a
sostituire e proporre alternative valide all’
atto chirurigico : sono soluzioni poste a sostituire l’
atto chirurgico con terapie
meno invasive.

Cosa è uno stent ? Una struttura tubolare a rete (in genere


metallica) che vien e inserita in un tratto vascolare
malfu nzionante al fine di ripristinare una corretta circol azione
sangu igna. Gli stent sono utilizzati in ambito clinico con questo
approccio. La stessa filosofia viene impiegata per portare nel
corpo umano non solo lo stent, ma anche protesi vascolare e
protesi valvolare cardiaca. Abbiamo alternative alla procedura
chirurgica efficaci, molto meno invasive, e con grossi vantaggi. Le
funzioni devono essere ripristinate, i vasi devono essere riaperti
per consentire al sangue di fluire, o dove il suo fluire viene
ostacolato dalla formazione di un trombo. Il vaso è chiuso, e lo
devo riaprire con struttura tubulare a rete. Vediamo due tipolog ie
di stenti differen ti, struttura tubolare, non necessariamente cilindrica, ma anche conica, con la maggior parte dello
strato vuoto. Quando vengono messi ? Ho 3 applicazioni principali. Si sono sviluppati e sono disponibili stent differenti
in disegno materiali e dimensioni a seconda dei siti da trattare, ma comunque con la stessa funzione. Le 3 applicazioni
sono rappresentate da :

 Vaso stenot ico (coronari e, arterie periferiche, arterie renali , carotid e, malattie congenite

 Aneurism a cerebrale : In questo caso è ancora più necessaria una procedura mini-invasiva. Prima degli
stent veniva effettuata un’
operazione chirurgica al cervello davvero rischiosa.

 Applicazioni non vascolari (trachea, esofago, uretere, dotti biliari).

Vediamo qui quello che fa lo stent. Abbiamo a sinistra


il preoperatorio, e, tramite angiografia , vediamo il
vaso periferico (arti inferiori). L’arteria che scorre a
fianco presenta un grado di stenosi estremamente
elevato, e all’interno della vena viene posizionato uno
stent . Lo stent è metallico, e quello che succede
dopo l’ introduzione dello stent, è che il sangue passa
in maniera efficiente all’ interno del vaso, laddove non
riusciva a passare. L’ immagine con lo stent, è fatta a
raggi X, in quanto nell ’ angiografia non riusciao a
vedere lo stent.

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Vediamo altre immagini : Possiamo avere anche applicazione coronarica, sopra abbiamo una stenosi, il vaso indicato
dalla freccia è leggermente minore,la stenosi non è localizzata da una parte ma da entrambe le parti.

STENT CORONARICI VS. CABG

Vediamo come sono distribuite nei diversi paesi le procedure PCI (percutaneous coronary intervention) : a livello
coronarico è quello che viene fatto con tecnica miniinvasiva : entro nelle coronarie non aprendo il paziente. Il
confronto è fatto con bypass arortico visto precedentemente. Vediamo che, nella maggior parte dei paesi, la
procedura percutanea ha sopraavanzato di molto la procedura chirurgica. Prima dello stent avevamo solo chirurgia,
oggi siamo all’inversione : la percutanea è estremamente più diffusa rispetto alla procedura chirurgica. Stiamo
parlando di qualcosa che ha avuto sviluppo impressionante.

ANGIOPLASTICA CON PALLONCINO

La prima tecnica percutanea presa in considerazione è una


versione semplificata dello stent. Ho la stessa filosofia però, infatti
entro da arteria periferica, arrivo al sito di impianto, e li apro il vaso.
Per farlo, utilizzo la cosiddetta angiop last ica con pallo ncino .
Questa consiste nell’ infilare un catetere che riporta in cima un
palloncino polimerico chiuso . Viene portata in sito anche una punta
metallica, dei repere metallici che consentono vedere questo sistema
quando introdootto nel paziente (chiuso, sotto immagine radiografica).
L’introduzione non viene più fatta da chirurgo ma da cardiologo
interventista. L’
interventista guarda i monitor che riportano l’ esito dell ’
operazione. Dal punto di vista della logoistica clinica, non abbiamo
più bisogno di sale operatorie, ma abbiamo una sala più
ambulatoriale dove vengono eseguite le procedure. L’ interventista,
prima infila il catetere da una delle arterie
95
(possiamo prendere o la brachiale, o la femorale,
inguine) infiliamo il catetere, e raggiungiamo il sito
di impianto. Anche se il vaso occluso è la
coronaria, il cuore continua a battere. Un paziente
sottoposto a circolazione extracorporea, invece
(caso di intervento chirurgico) ha il sangue
fortemente danneggiato dalle macchine, e la
ripresa del paziente dopo cuore non battente è
molto lenta. Si arriva a livello delle coronarie dove
abbiamo deposizione di placca arterioscleroti ca.
Arrivati al sito che ci interessa, la guaina viene
ritratta e il palloncino gonfiato, facendo si che si
dilati e vada a schi acci are la placca sulle pareti
del vaso riaprend o il lume che prima non era
aperto . Azione puramente di schiacciamento
meccanico sulle pareti del vaso e riapertura del
vaso. Non abbiamo lo stent in questo caso, solo
palloncino che viene gonfiato, con la soluzione fisiologica (cosi se il palloncino si rompe non succede nulla). Le
pressioni esercitate sono pressioni importanti. Per rompere quella placca sono necessarie pressioni tra le 6 e 8
atmosfere. Con una manopola regoliamo la pressione in base alla calcificazio ne della placca. Ho placche più
vecchie e dure : devo spingere maggiormente con il palloncino. Il vantaggio di questa tecnica è la velocità di
intervento, il paziente che arriva con i sintomi dell’ infarto, viene trattato in pochi minuti in maniera efficacie : tipo di
intervento non solamente predittivo, in cui mi accorgo che il paziente ha problemi cardiaci, ma estremamente efficacie
anche in procedure di emergenza : risolviamo il tutto velocemente senza attrezzare la sala operatoria. Il catetere che
porta il palloncino in sede, non termina a livello del palloncino, ma abbiamo un prolungamento con ombrel lino :
durante lo schiacciamento della placca non è detto che si schiacci e rimanga integra, potrebbero staccarsi pezzi di
placca : questo consente di raccogliere eventuali frammenti di placca evitando che se ne vadano in giro ad occludere
vasi minori.

Perché si è evoluta questa tecnica fino alla direzione di utilizzare stent metallico ? Per il fatto che è una tecnica
estrem amente effici ente che riapre il vaso , che è però una struttura vivente e in generale viscoelastica. La parte
elastica costituente la parete, importante per garantire lavoro di accumulo e rilascio, tende a richiud ere il vaso . Noi l’
abbiamo aperto molto, e il vaso, nel tempo, tende a richiudersi per un fenomeno meccanico di ritorno elastico. Il vaso
trattato con palloncino aperto tende a richiudersi. L’ idea è stata quella di aprire il vaso e impedire alla parete di
tornare, con cosa ? Con lo stent : impalcatu ra di sostegno che impedisce al vaso di richiud ersi per ritorrno
elastico : evoluzione del palloncino è lo stent per ovviare a problematiche dopo l’ utilizzo del solo palloncino. Una
possibile alternativa a queste due, è angioplastica con palloncino e stent.

ANGIOPLASTICA CON PALLONCINO E STENT

Viene introdotto il catetere, allargato il palloncino sulla superficie del


catetere, e siamo ancora nella situazione di stent chiuso. Una volta
eseguita la funzione di aprire il vaso del palloncino, si espande anche lo
stent , e il palloncino viene ritirato, e a supporto della zona trattata rimane lo
stent, intelaiatura metallica. Questa tecnica usa ancora il palloncino però
escl usivamente per aprire l’ arteria, mentre altre volte apriamo lo stent con
altri sistemi. Devo avere due strutture chiuse nel momento in cui le
introduco, e , raggiunti i siti di impianto devo aprire le due strutture. Quello
che utilizzo per aprire lo stent è il palloncino stesso, abbiamo altri metodi
che usano solamente lo stent.

IMPIANTO DI STENT

Tipologie di impianto : ho diverse possibilità :

 Espand ibili con pallo ncino : sono stati i primi stent prodotti. La loro principale caratteristica è che
sfruttano le proprietà plastiche del materiale e la tecnol ogia PCTA. Si è pensati di utilizzare quella
stessa tecnologia per aprire lo stent. Questi stent sono fatti in acci ai inox o lega in cromo-cobal to . Gli stent
lavo rano in cam po plastico , rimangono aperti ma plasticizzati : sullo stent superiamo i limiti di snervamento
del materiale, lavorano in campo plastico,la pressione sanguigna continua a fluire e fa dilatare il vaso in cui lo

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stent è posizionato. Esso è soggetto a pressioni e deformazioni, nel caso in cui il vaso sia retto e soggetto
solo a pulsatilità sanguigna. Se il trattamento della stenosi è a livello del ginocchio, è anche soggetto alla
flessione a cui è soggetto il vaso. Anche il cuore ha un movimento complesso, torsionale di contrazione e
rilascio del ventricolo, e la coronaria è soggetta agli stessi movimenti, e anche lo stent è soggetto a quei tipi
di movimenti : struttura soggetta a diversi stimoli meccanici : pulsatilità sanguigna e altri tipi di carichi che
dipendono dal sito di applicazione. Se utilizzato per trattare la carotide, il vaso che corre sulla superficie del
collo, ogni volta lo stent viene sollecitato. Se mi addormento con la mano sotto il collo presso sulla carotide e
lo stent, che viene sollecitato ulteriromente. A seconda delle diverse applicazioni gli stent sono soggetti a
diverse tipologie di carico. Il pallo ncino ha plasticizzato lo stent . L’
alternativa è quella di :

 Stent autoespand ibili , anche se non si utilizza un altro dispositivo per espanderli, si espandono da se, non
ho più il palloncino. Lo stent viene mollato chiuso sulla punta del catetere con una guaina che lo ricopre.
Quando si arriva al sito da trattare, la guaina viene ritratta e lo stent si riapre per ritorno elastico : Lo stent
viene messo in cam po elastico, e recupera forma iniziale una volta impiantato . Lo costringo a rimanere
chiuso con la guaina, ma è ancora in campo elastico, e si espande semplicemente per ritorno elastico. Quel
dispositivo si trova poi a lavorare ancora in campo elastico se i carichi non sono eccessivi. Tendenzialmente
da progetto, il dispositivo che lavora in campo elastico, ha grandi vantaggi : 1) restiamo lontan i dallo
snervamen to, punto critico del materiale, anche se non abbiamo rottura. Ho una sicurezza maggiore.
Soprattutto , il grosso vantaggio, 2) è che lo possi amo utilizzare dove le deformazioni dello stent sono
molto importanti . Avere qualcosa in campo elastico fa si che non si accumuli danno ad ogni ciclo (vasi
articolari, gambe, carotidi) : viene quindi usato per applicazioni dove il vaso è soggetto a movimenti
importanti. Con lo stent espandibile sul palloncino, se pigio troppo col dito sulla carotide, potrebbe perdere la
sua forma cilindrica. I materiali utilizzati per la costruzione di stent autoespandibili sono differenti, usiamo
leghe a mem oria di forma, in titanio , e ancora acci aio inossidabi le (braided stents), ma in una forma di
stent particolare, fili intrecciati. Sono esattamente come lo stent mostrato all’inizio. Lo stent è fatto di tanti fili
di acciaio, diametro piccolo, intrecciati tra di loro. Questo viene crimpato in campo elastico in quanto ogni filo
si espande in campo elastico. Infatti è proprio la struttura dello stent che lo fa espandere in campo elastico,
cosa non possibile con lo stent visto precedentemente anche se viene usato lo stesso materiale.

 La terza tipologia, non utilizzata per vasi sanguigni ma per altri tipi di vasi, sono quelli Espand ibili
termicamente (uretra, uretere, esofago, biliari). Le leghe, oltre avere campo elastico particolarmente esteso,
sono a mem oria di forma termica, e quindi, sono materiali che, se trattati adeguatamente in fase di
produzione, possono memorizzare una forma a una certa temperatura semplicemente applicando quella data
temperatura. Se faccio memorizzare allo stent la configurazione espansa maggiore di 37 gradi, a volte 40,
posso introdurre lo stent chiuso, che a 37 gradi non ricorda forma espansa, e al sito di impianto faccio
passare acqua cald a. In questo modo, la lega, ricordando forma espansa e riportandolo alla termperatura a
cui ricordeva la forma espansa, si espande , grazie ad una determinata temperatura che lo investe. Non uso
altri elementi. Non vengono utilizzati per i vasi sanguigni, in quanto questa espansione non sviluppa grandi
forze. Dove tratto vasi occlusi con placche calcifiche, l’ espansione termica non svil uppa forze tali da
rompere la placca e aprire efficaciemente il vaso . In altre applicazioni non servono forze di apertura cosi
importanti e possiamo utilizzare stent espandibili termicamente.

ANEURISMA CEREBRALE

Aneurism a cerebrale : La parete in un punto del


vaso cede. Se il sangue fluisce in quella cavità,
assottiglia l’
aneurisma incrementando il rischio che l’
aneurisma si rompa. 1) La cura di queste
problematiche è o una cura chirurgica, interveniamo
chirurgicamente a livello del cervello, con qualsiasi
cosa che impedisca al sangue di fluire (operazione a
cervello aperto critica), oppure, l’
alternativa è indurre
nell’
aneurisma qualcosa che tenda a tapparlo :
trombo che tenda a occludere l’ aneurisma impedendo
che il sangue fluisca nell’ aneruisma stesso. 2)
Possiamo infilare dapprima uno stent a cavallo dell’
aneurisma, e attraverso lo stent, introduciamo
catetere che rilascia un filo, uno o più intrecciati che,
in quanto materiale estraneo 3) stimolano la
formazione di un trombo. 4). Nell’ aneruisma ci butto
97
qualcosa che formi un trombo, e una volta formato e riempito aneurisma , devo impedire che il trombo esca dall’
aneurisma a faccia danni a valle. La posizione dello stent serve a facil itare l ’
introduzione del coil, ma anche
come ostacolo per la fuoriuscita del trombo da aneuri sma. Questi stent sono piccoli.

Un’ altra idea è quella di utilizzare con tecnologia percutanea la deviazione del flusso dalla sua corsa naturale verso l’
aneurisma. Se si sviluppa, il sangue entra nell’ aneurisma alimentandolo : infilo un tubo , struttura fitta rispetto agli
stent, che faccia da convoglio del flusso sanguigno da monte a valle dell aneurisma : flow diverter. Maglie dello stent
fitte, devono impedire che dai buchi passi sangue. Sono usati non per trattare vasi stenotici ma aneurismi cerebrali.

STORIA STENT ENDOVASCOLARI

Stent endovascolari :

 1969 : Primo tentativo in cui Dotter posiziona la protesi metallica, chiamandolo stent, ed è il precursore.
Protesi metallica intraluminare permanentemente in un vaso stenotico.

 1983 : I primi studi veri e propri sono dell’


83, molto vicini a noi (Dotter e Cragg)

 1987 : il primo stent introdotto in uso clincio è dell ’


87. Wallstent (autoespandibile, quello dei fili di acciaio
intrecciati).

 1993 : Gianturco-Roubin stent (monofilamento espandibile con palloncino).

 1994 : Palmaz-Schatz : primo modello di stent approvato dall’ FDA. Il momento in cui viene approvato e
utilizzato dagli Stati Uniti è importante. Essi non tendono ad introdurre dispositivi nuovi fino a quando non c’
è efficienza del dispositivo. A valle di risultati clinici soddisfacenti viene introdotto nel mercato americano :
dimostrata efficienza clinica del dispositivo. Clinicamente lo stent ha avuto espansione a partire da questo
momento, molto recente.

BARE METAL STENTS (BMS)

BMS. I primi stent introdotti fuorono gli stent semplicemente metallici e nudi. Erano stent espandibili con palloncino,
utilizzato anche per espansione dello stent. Oggi abbiamo ancora questo tipo di utilizzo, per acciaio INOx e cromo
cobalto, ma abbiamo anche gli autoespand ibili , con lega a mem oria di forma. I BMS hanno nel design wire coils, e
slotted tubes/multicellulare, e sono modulari :anelli metallici piegati a fisarmonica saldati tra loro. Vengono realizzati
come detto sia tramite espansione di palloncino con l’ utilizzo di acciaio inossidabile, sia autoespandibili con nitinol,
lega con proprietà superelastiche. Quali sono stati i problem i riscon trati a vall e di questi utilizzi ? Due tipologie, la
trombosi e la risteno si. Trombosi : formazione di trombo eccessiva che riocclude il vaso immediatamente dopo l’
impianto. Si riscontravano incidenze di trombosi del 18% entro due settimane dall’ impianto con morte nel 70% dei casi.
Come si è cercato di ovviare a questa cosa ? terapia farmacologica, terapia anticoagulante aggressiva. Non abbiamo
pensato a nuova soluzione tecnologica per lo stent, ma abbiamo pensato a limitare i danni della teconologia con
terapia farmacologica. Con terapia anticoagulante, si è risolto il problema della trombosi,e quindi del fallimento dello
stent nel breve termine, ma si è presentato un nuovo problema : problema della risteno si : chiusura ancora una volta
del vaso che limitava la funzionalità del vaso stesso. Il vaso si richiud e (20-30% dei casi, comunque minori di POBA,
palloncino, con 30-40%). Questa chiusura del vaso è dovuta ad altri fenomeni che di fatto causano la ristenosi,
nuova stenosi per crescita di altro tessuto non per trombosi. Non ho nemmeno ritorno elastico della parete (ho lo
stent che lo impedisce). Il ritorno elastico della parete, che era presente durante angioplastica solo con palloncino, a
causa della presenza dello stent, non succede più, ma comunque il vaso si richiude. Si può richiudere per trombosi,
roba evitata con medicine, ma si richiude più a lungo termine per ristenosi.
98
Non può essere deposizione di placca arteriosclerotica, infatti è passato troppo poco tempo per consentire
deposizione di placca. Ho la sezione di un vaso, che scorre perperndicolare alla diapositiva, e ho le maglie di uno
stent. A destra istologia di un altro paziente in cui si nota una riduzione del lume del vaso molto importante : riscrescita
tissutale, fenomeno complesso che scaturisce dalla infiammazione che causo aprendo lo stent a contatto con la
parete. Si arriva a richiusure totali o molto importanti del vaso che fanno fallire la terapia mediante l’
utilizzo dello stent :
Iperplasia dell ’intima in risposta al danno che faccio all ’ apertura dello stent (o angiop last ica o stenti ng).

RISTENOSI

Fenomeno complesso molto studiato e diviso in 4 fasi, 1) Deposizone del trompo 2) Infiammazione 3) Proliferazione, e
4) Rimodellamento

TROMBOSI

Trombosi : Consiste in una rapida formazione di trombo, durante la quale vi è un’ esplosiva attivazione,aggregazione
e deposizione di piastrine che in breve tempo vanno a creare un trombo ricco di fibrina. Questo fenomeno è
osservabile entro i primi tre giorni dell ’
impianto. Questa è una normale reazione dovuta alla presenza di materiale
estraneo e al danneggiamento che lo stent provoca all’ endotelio, che , se parzialmente rimosso, costituisce una zona
trombogenica. L’ aggiunta di terapie farmacologiche ha notevolmente ridotto l’incidenza di trombosi catastrofiche fino a
valori al di sotto del’
1%. La deposizione del trombo è perciò insignificante in termini di diminuzione del lume, ma
rimane una caratteristica costantemente presente in qualsiasi tipo di stent. Se metto un materiale nella corrente
sanguigna, si forma un trombo , a brevissimo termine.

INFIAMMAZIONE

Dopo ho infiam mazione. Parallelamente alla formazione di trombo, presso la zona danneggiata vengono reclutate le
cellule infiammatorie , in particolare cellule di tipo SAM (surface-adherent monocytes) che aderiscono alla superficie
interna sia in corrispondenza delle strutture dello stent che tra di esse. Tra il terzo e il settimo giorno, queste cellule
lasciano il posto a cellule TIM (tissue-infiltrating monocytes) che migrano dalla superficie del lume danneggiato
sempre più in profondità verso la zona sottoendoteliale per sviluppare neointima formando cellule giganti
polimorfonucleate, macrofagi e linfociti. Recluto quindi diverse tipologie di cellule verso il sito di impianto.

PROLIFERAZIONE

Questa terza fase coincide con l’


afflusso delle cellule infiammatoriedalla superficie del lume agli strati più interni. Sia
99
le cellule muscolari lisce, che i monociti, sono coinvolti nella fase proliferativa ed entrambi contribuiscono alla
ricostruzione della zona lesionata. La loro proliferazione raggiunge ilpicco dopo 7 giorni e continua nelle settimane
successive. Il trombo viene riassorbito e sostituito con cellule neointimali. Si assiste ad un evidente ispessimento della
parete del vaso definito iperplasia dell’ intima. Si può riconoscere un legame lineare tra il numero di monociti attivati e
il grado di ricrescita dell’
intima. La proliferazione, è la vera e propria ricrescita tissutale che causa richiusura del vaso.
Ho richiamo di cell ule nella superfi cie del vaso che tende a inglob are lo stent, e a contin uare a crescere fino a
richiud ere il vaso . Fenomeno di iperplasia dell ’ intima, tessuto della neointima che continua a ricrescere nel vaso fino
ad occludere.

IL RIMODELLAMENTO

In condizioni fisiologiche, le cellule di ogni organismo vivente si trovano in una configurazione di equilibrio detta
omostatico. Il rimodellamento consiste nella variazione di metabolismo, sintesi, geometria e struttura delle cellule in
risposta ad alterazioni dello stato di equilibrio, come per esempio i cambiamenti dello stato tensionale. Questo, dal
punto di vista meccanico, si traduce in una variazione delle proprietà elastiche del tessuto : per contrastare tali
cambiamenti di tensione, in altre parole, il tessuto si adatta alla nuova condizione in modo che sforzi e deformazioni
tendano a tornare il più vicino possibile a quelle fisiologiche. Quest’ ultima fase inizia approssimativamente dopo 3
settimane, ed è caratterizzata da un cambiamento dimensionale dell’ arteria. Dapprima si assiste al ritorno elastico
seguito poi dal vero e proprio rimodellamento geometrico, durante il quale l’ arteria si restringe in seguito alla
deposizione di collagene nell’ intima e nella media. Ho quindi fenomeno di rimodellam ento , il vaso tende a riportarsi
nelle condizioni omeostatiche prima di essere riaperto, e questo fenomeno causa cambiamento dimensionale dell’
arteria limitato con la presenza degli stent importanti con angioplastica. Nel caso di applicazione di stent intravascolari,
diversamente da quello che accade, per esempio, in seguito ad un intervento di angioplastica, quest’ ultima fase non
ricopre assolutamente un ruolo predominante, in quanto la struttura dello stent limita notevo lmente il recupero
elastico della parete del vaso e il conseguen te rimodellam ento.

Capiamo ora perch é si instaura questa risposta abnorme infiam mato ria. Abbiamo capito che questa risposta
dipende dal danno che causo alla parete quando inserisco lo stent : maggiore il danno e la profondità degli insulti che
rivolgo alla parete,pi ù cicatrici che rivolgo, più si
è ipotizzato che questo facesse ricrescere
tessuto causando ristenosi. Più taglio faccio, più
si è ipotizzato si avesse ricrescita di tressuto.
Ho un'altra immagine, angiografia dove viene
evidenziata la struttura dello stent. Lume rimane
aperto. Tessuto ingloba lo stent ma va oltre
tappando di nuovo.

La princip ale causa di risteno si è da


identi ficarsi nell ’
iperplasia dell ’
intima.
100
Abbiamo ipotizzato che la ricrescita fosse intimata dal danno causato dallo stent, abbiamo fatto studi antichi ora mai,
andando a fare classificazione del danno vascolare a seconda dei tessuti interessati dal danno, a seconda che tessuti
più profondi fossero interessati da lacerazioni. Dapprima abbiamo classificato il danno vascolare, e abbiamo preso
degli animali e siamo andati (Scwartz e colleghi,1992) a espandere e sovraespandere degli stent all’ interno delle
carotidi, dando diversi gradi di espansione, e siamo andati a verficare il grado di espansione che tipologia di danno
portasse (vogli amo verificare correlazione e legame tra danno vascolare e risteno si, verificando che entità del
danno è sicramente buon predittore dell ’ iperplasia dell ’intima). Classifchiamo sovraespansione dello stent con
danno provocato (valutiamo quanto grado di espansione danneggiasse il vaso).Il danno viene valutato applicando
degli stent metallici in tantalio biocompatibile di forma elicoidale all’
interno di arterie di suini, studiando la risposta delle
arterie dopo 4 settimane. Gli elicoidi, come detto, sono stati volutamente sovraespansi rispetto alle dimensioni delle
arterie in misura diversa per studiare le differenti tipologie di danno e la ristenosi che ne risulta. Si è espanso a
apertura maggiore, si è verificato il danno causato e abbiamo associato la tipologia di danno alla geometria dell’
espansione ottenuta su diversi animali. Abbiamo ripetuti gli stessi esperimenti a livelli a cui si pensava lo stent
causasse una certa ingiuria, e, dopo un certo tempo, siamo andati a misurare la ricrescita neointimale. Nel grafico è
evidente la ricrescita neoint imal e, y, col danno inferto alla parete, x (vediamo legame che intercorre tra i valori
dello spessore della neointima e l’ entità del danno vascolare valutata secondo una scala che va da 0 a 3. Abbiamo
verificato l ’
ipotesi : stent che causano maggi or danno alla parete sono stent che causano ricrescita
neoint imal e. Diversi disegni di diversi stent possono indurre danni diversi alla parete.

All’
aumentare dell’entità del danno vascolare, aumenta l’
ispissimento della parete arteriosa, in particolare lo spessore
della neointima aumenta bruscamente dopo che IS raggiunge il valore 1, ovvero dopo la rottura della lamina elastica.

Il disegno dello stent ha un ruolo significativo nel trauma subiuto dal vaso e nella conseguente iperplasia dell’ intima :
l’espansione dello stent provoca la denudazione dell’ endotelio : design è responsabile del grado di profondità con il
quale le strutture dello stent penetrano nella parete del vaso generando una severa risposta infiammatoria. Il disegno
deve essere il meno traumatico possibile verso la parete. Il disegno dello stent : quella maglia la posso creare con un
certo disegno, maglie molto fitte. Posso creare delle strutture che hanno minor numero di link tra le varie parti. Posso
avere disegni come il secondo di quelli in basso, dove ho la cella aperta, e i ring non sono tutti interconnessi tra di loro,
oppure disegno dove ciascun ring dello stent è connesso al ring successivo in ogni suo punto. Nelle celle aperte solo
alcune estremità del ring sono connesse al ring successivo. Quelli a celle chiuse sono più fitti, e hanno maggior
impatto sulla parete per il fatto che un maggior numero di strutture dello stent va a contatto con la parete. Più strutture
fanno danno alla parete più causiamo danno. Vedremo per ò che avere struttura pi ù rigida (pi ù interco nnessioni )
ha vantaggi rispetto a una meno rigida.

101
Gli stent sono strutture molto piccole.

SPECIFICHE DI PROGETTO

 Bicompatibil e : 1) materiale deve esser meno trombogenico possibile. I materiali sono poco trombogenici
anche se acciaio e titanio stimolano una minima deformazione deposizione e crescita di trombo. Questa
parte del requisito è un requisito di progetto non molto rispettato. Per ovviare a questo problema trattiamo il
paziente con terapia antricoagulante. Devono essere 2) resistenti alla corrosione, ho elencato prima materiali
noti per avere proprietà buone anticorrosive. Il problema, se dovesse corrodersi, è nel rilascio di ioni critici
per il corpo umano, soprattutto ioni cobalto e ioni cromo, particolarmente dannosi. Vedremo in alcuni casi che
in realtà la corrosione può essere una cosa brutta. Il discorso è che se lo stent è stato espanso, ha aperto
il vaso e contrastato il ritorno elastico dell’
arteria, perché mantenerlo ? è una strtuttura estranea al corpo, l’
ideale è che svolte le funzioni meccancihe se ne vada. La stessa cosa dell’ osteosintesi. Abbiamo introdotto
alcuni stent metallici degradabili , che devono avere prodotti di corrosione non dannosi per il corpo. Stent
biodegradabili in lega di magnesio. La degradazione di lega di magnesio è data da ioni di magnesio che
fanno bene al corpo. Sugli stent tradizionali il requisito è che resistano all’
azione corrosiva. Per fare si che lo
stent non sia particolarmente trombogenico, possiamo 3) ricoprirlo con polimeri più emocompatibili rispetto al
materiale metallico, o con eparina, o con polimeri, o farmaci che contrastano la formazione di trombo. L’ idea
è quella di non avere stent metallici, ma stent metallici ricoperti con stent medicati, in grado di rilasciare una
molecola, sostanza antitrombogenica come eparina.

 Visibi le : Lo stent deve essere visibile, la procedura vienne fatta in procedura mini-invasiva, e se lo stent non
è visibile ai raggi X non riesco a portarlo effiaciemente al sito di impianto, ne a valutare e posizione dello
stent è corretta. Quindi 1) visibilità ai raggi X per poterne giudicare il corretto riposizionamento Visibilità
dipende dal materiale con cui costruisco lo stent. 2 ) Esso dovrebbe dare pochi artefatti ad altra tecniche di
indagine radiografica (CT e MRI). Se lo costruisco con un materiale che spara, il sito dove ho il dispositivo
risulta molto luminoso e vado a ricoprire eventualmente altre anatomie che mi interessa investigare con quell’
esame. Ho esami che faccio al paziente poco influenzati dalla presenza dello stent. 3) Più materiale metto
maggiormente questo è visibile. Ho uno dei primi vantaggi : controbilanciamento di uno stent a celle chiuse,
dove ho più materiale, maggiori interconnessioni tra le varie celle : A parità di tipologia di materiale utilizzato
è più visibile di uno a celle aperte. 4) Ni-Ti migliori degli acciai (necessitano di marker) .Per quanto riguarda i
materiali, le leghe nichel titanio sono più visibili degli
acciai. Per lo stent in acciaio è necessario prevedere dei
marker, pallini di altro materiale che faccia vedere meglio.
Ho ispessimento dello stent per poter identificare
posizione in maniera più corretta. Ho 4 tipologie di stent
di materiali diversi. Quello in tantalio ad esempio è il più
visibile
102
 Rigido Radial mente : Rigidezza radiale, stent rigido radialmente in modo da svolgere la funzione primaria
dello stent, per sostenere ritorno elastico della parete. 1) Fornire sostegno all’ arteria stenotica e vincere la
rigidezza della placca e dell’ arteria. Prima azione correlata alla rigidezza radiale, seconda alla capacità di
rompere la placca : se ho stent rigido radialmente, più vinco rigidezza di placca e arteria. 2) In generale,
stent epsandiili sono più rigidi e quindi migliori degli autoespandibili . Gli espandibili sono migliori a
rispondere a questo requisito, in quanto costruiti con materiali con rigidezza intrinseca maggiore. A parit à di
disegno sono pi ù rigidi di quell i autoespand ibili . Generalmente stent più rigidi causano danni alla parete
che non stent meno rigidi. Stent autoespandibili o con palloncino sono utilizzati in condizioni molto diverse :
Se la placca molto calcifica, probabile che interventista utilizzi espandibile con palloncino : la funzione
primaria è di riaprire il vaso, se anche metto l’autoespandibile che ha certi vantaggi, ma non riesce a riaprire
il vaso, non rispondo alla prima esigenza. Se ho placca molto calcifica, generalmente è preferibile utilizzare
espandibile con palloncino : se intorduco lo stent, gonfio il palloncino, lo ritraggo e noto la stenosi ancora
presente, se rientro col palloncino ripompo un po' di più risolvo il problema : La procedu ra di utilizzo del
pallo ncino è più efficacie in riapertura del vaso . Deposto uno stent espanso con il palloncino ho anche il
vantaggio che contrasta di più il ritorno elastico dell’
arteria : intrinsecamente più rigido.

 Flessibil e : Lo stent deve essere flessibile, anche se intuitivamente


questo va in contrasto con la rigidezza. Perché deve esserlo e
quando ? 1) In fase di inserimento : in configurazione chiusa per poter
risalire le curvature del letto vascolare per piazzare lo stent nel punto
giusto. Se in configurazione chiusa ho un pezzo di metallo
estremamente rigido, se gli faccio fare una curva, rischio di bucare il
vaso dove sto entrando. Il vaso chiuso deve avere stabilità siufficiente
per esserre portato al sito da trattare. Deve averla anche in
configurazione espansa, e in certi casi lo devo mettere in vasi curvi : 2)
Da applicari anche in tratti curvi, in situ: in configurazione espansa
deve poter essere suffcientementemente flessibile : lo stent va
utilizzato con questi due obiettivi. Lo stent deve avere quindi anche
disegno tale da adattarsi alla tortuosità dei vasi sanguigni. La
numerosit à e la morfolog ia dei link, è quell a che garanti sce
flessibili tà ma anche rigidezza radial e. Quello che può succedere,
è che invece che avere confromazione dello stent ben coerente con
curvatura del vaso, lo stent assuma conformazione più a spezzata,
con rischio che dove spezzo lo stent espongo la parete ad elementi
taglienti : lo stent può generare danno maggiore alla parete, ma se lo
sforzo ad espandersi, se non si espande in maniera armonica ma a
spezzata, può bucare il vaso dove viene posizionato.

 Espand ibile = espansion e affidabile : deve avere espansione affidabile. 1) Deve raggiungere il corretto
diametro. Scelgo stent di diverse taglie, in termini di diametro espanso e lunghezza una volta espansi. 2)
Questo è indice del successo a breve termine (impossibilità di migrazioni, ben apposto) Per quel pezzo di
vaso interessato da stenosi, devo scegliere lo stent corretto che copra la zona stenotica, e che, una volta
espanso, sia di diametro coerente col diametro del vaso, altrimenti causo deformità di diametri. Il rischio, è
che durante la fase di espansione, possa arrivare a un diametro che non è quello giusto : viene raggiunto
diametro minore di quello del vaso. 3) Espandibili migliori degli autoespandibili e dei termici : Questo è
partico larmente critico negli autoespand ibili : si ricorda la dimensione prima di essere crimpato, e si
espande ancora prima di rompere la placca sulle pareti. Il fatto che sia più piccolo, determina il fatto che
prima di tutto non si apri efficaciemente nel vaso, e secondo, che non sia bene adeso alla parete, quindi col
flusso sanguigno può essere protato via. Col palloncino abbiamo rischio minore, e anche se lo stent non è
espanso a livello giusto, rimetto dentro il palloncino lo rigonfio e lo riporto al diametro giusto. Riportare dentro
lo stent è impossibile, non posso riportarlo indietro, se questo succede con stent autosespandibile posso
comunque entrare con palloncino e forzarlo a espanderlo di più oltre il campo elastico, ottenendo uno stent
adeso alle pareti. Oppure entro con un altro stent di altro diametro, che apro forzandolo ad aderire alle parti.
Questo è indice del successo a breve termine dello stent, requisito essenziale perché possa lavorare in
maniera corretta. Stent bene adeso alla parete è componente fondamentale. Ben apposto significa che deve
stare dove previsto, che stia ricorprendo in maniera efficacie la zona interessata dalla deposizione della
placca. Deve essere posizonato nel punto giusto.

 Area di contsatto minim a : rapporto tra l’


Area dello stent e area della parete non coperta che deve

103
essere il più piccolo possibile : dobbiamo minim izzare i problem i di ricrescita risteno si legati al danno
che provoco alla parete. Devo tenere più basso possibile il rapporto tra area dello stent e del vaso. Questa
assume generalmente valori tra 7 e 20%. Vantagg i e svan taggi : dove ho minore materiale, ho minori
problemi di trombogenicità, viceversa dove ho alti valori di questo rapporto, raggiungo la possibilità che sia
più visibile e che abbia rigidezza radiale più elevata , e riesco a contenere i requisiti di compatibilità biologica
del dispositivo e di compatibilità funzionale che cozzano un contro l’ altro, da una parte vorrei stent esile, da
un'altra lo voglio vedere e impedire ritorno elastico della parete. Ricordiamo quindi che è bene che questo
rapporto sia piccolo per questi motivi e grande per altri. In cosa è vantaggioso avere alti valori dell’ area di
contatto ? Per maggiore visibilità dello stent e per la rigidezza del materiale : poniamo più materiale che
risulta più rigido radialmente. Ho fenomeni di trombogenicità accentuati dall’ avere area di contatto elevata
tra stent e parete.

 Fissato nell’ arteria : Lo stent deve rimanere fissato nell’ arteria, condizione necessaria per il funzionamento
dello stesso : stent che migra potenzialmente può andare in giro per il corpo trasportato per il torrente
sanguigno. Il fatto che sia fissato bene all’ areria, questa è una caratteristica assolutamente da rispettare. 1)
Questa caratteristica è anche collegata all’ espansione radiale e al coefficiente di attrito stent/parete. Stent a
palloncino si fissano all’ arteria in maniera efficacie, e portano lo stent al diametro corretto. Nel caso di stent
autoespandibili che non hanno raggiunto il diametro corretto, possiamo fare entrare un palloncino e farlo
espandere ancora. Una volta espanso al diametro giusto, ciò che tiene lo stent attaccato all’ arteria è il
coefficiente di attrito che si crea tra parete e stent. Lo stent penetra un po' nella parete, non è un coefficiente
di attrito classico, ma le pareti si muovono di moto relativo una rispetto all’ altra, e c’
è compenetrazione dello
stent nella parete. Questo succede in un primo istante, immediatamente dopo l’ impianto dello stent. Lo stent
in generale viene ripopolato, il sito del vaso ricopre completamente lo stent, e , se cresce troppo, può portare
alla ristenosi per iperplasia. Il fatto che lo stent rimanga attaccato alla parete, è solo una preoccupazione
appena post impianto. Da li in poi, lo stent non si può più muovere, ma è completamente riassorbito all’
interno della parete.

 Resist ente a fatica : Ho anche requisiti di affidabilità meccanica. Il carico ciclico sicuramente è la pulsatilità
del vaso cardiaco , carico ciclico non di entità elevata. Non è estremamente preoccupante nei confronti
della resistenza a fatica dello stent, ma alcune tipologie di stent non sono soggette solo al carico pulsatorio,
ma anche ad altre tipologie di carichi preoccupanti per lo stent : movi mento delle articol azioni che genera
movi mento cicl ico di flessione dello stent (moviemento del collo, stent applicati in vasi periferici carotidei,
oppure movimento del cuore ciclico può indurre stress in stent coronarici). Difficile accorgersene se gli stent
si rompono, e la rottura dello stent non causa immediatamente problema evidente al paziente, e per lo stent
la rottura a fatica non ha dei campanelli di allarme immediatamente riscontrabili dal paziente. Si è scoperto
che altre tipologie problematiche legate a una risposta infiam mato ria del tessuto dipendono dal fatto che
lo stent sia rotto all’
interno del vaso del paziente. Se si rompe a fatica si rompe dopo un determinato numero
di cicli. Ma a quel punto ha già fatto il suo lavoro : contrastato il ritorno elastico e la placca dopo i primi tempi,
sarebbe meglio scomparisse. La rottura non va a inficiare la funzione del dispositio, il paziente non se ne
accorge, ma uno stent rotto nel vaso del paziente è un elemento che disturba la parete con la quale è in
contatto. Se lo stent ha parti che si rompono, ho elementi taglienti che inducono ulteriore danno del paziente,
danneggiando ulteriormente la parete dalla rottura dello stent, dando luogo a fenomeni infiammatori che
riparino il danno ricevuto. In certi pazienti potrebbe portare a ricrescite anomale di tessuto, e se la struct rotta
rientra nella corrente sanguigna, causa problemi di trombogenicità, e la rottura a fatica causa risposte
biologiche a livello tissutale come formazione di trombi e perdita di funzionalità del vaso che viene rioccluso
da una ricrescita tissutale che deriva da problemi di natura meccanica dello stent. In fase pre clinica, per
vedere se lo stent è resistente alla fatica o meno, si usano metodi computazionali differenti, utilizzando
macchine per testare a fatica gli stent : banchi prova per testare stent periferici, molto critici. Lo stent viene
montato su dei tubi. Viene misurata la resistenza delle articolazioni, e possono essere tolti una volta
sottoposti a torsione. Prescriviamo un numero di cicli da applicare alla prova, lo stent lavora come tutte le
protesi del sistema circolatorio sottoposto a carico pulsatorio continuo del tempo, circa 1Hz di frequenza, un
battito al secondo. Lo stent è quindi sottoposto per l’ azione del carico pulsatorio sanguigno a 70 milioni di
cicli all’anno. Se si simu la cam mino in stent periferico si simulano 1 milione di cicli dati dal cammino.
Chiaramente, se conduciamo la prova alla stessa frequenza alla quale lo stent è sottoposto in vivo, non
avremo mai la risposta in tempi ragionevoli , e occorre accelerare le prove per avere risposte in tempi più
rapidi per avere risposte in termini di affidabilità meccanica del dispositivo. Il diagramma di Wohler, dopo un
certo numero di cicli taglia dritto, dopo un certo numero di cicli, se non si è rotto, tira dritto. Se dopo 50
milioni di cicli non si è rotto, difficilmente andrà a rompersi. Per il carico che simula il cammino le cose sono
più semplici, e siamo avantaggiati avendo circa un settimo di cicli rispetto al ciclo pulsatorio per simulare il
104
cammino. Quanto va avanti questa prova ? Dipende alla frequenza di pulsazione. In vivo sia cammino che
carico pulsatorio. La macchina può andare più veloce, e la velo cità massima alla quale posso arrivare
per avere risultati predittivi è quell a che non altera la risposta meccani ca del materiale costi tuente il
dispositivo. Abbiamo a che fare con materiali metallici, il materiale metallico risponde alla stessa maniera
indipendentemente dalla frequenza e velocità con cui posso applicare il carico, e posso usare una frequenza
anche elevata. Alzare la frequenza riduce i tempi, e quei 70 milioni di cicli sono eseguiti in 3 mesi ad esempio,
andando a 3Hz. Si riescono ad avere tempistiche compatibili con lo sviluppo di un nuovo stent.

 Compati bilit à meccani ca : 1) Tolleranza da parte dell ’ organismo allo stent da un punto di vista meccanico
(compl iance mism atch ). 2) L’ interazione stent/parete causa insorgere di tensioni all’ interno delle cellule
provocando una risposta riocclusiva (risteno si ). Per compatibilità meccanica, intendiamo il fatto che lo stent
causa delle reazioni di risposta infiammatoria tendenzialmente riocclusive quando si parla di ristenosi. Per
compliance vale lo stesso discorso delle protesi vascolari, introducendo stent in un vaso con certa
compliance, essa diminuisce dove ho lo stent e poi torna normale. Inoltre sto andando a vedere anche un
vaso patologico che rischia già di suo di avere una compliance non normale. Dall’ altra parte, abbiamo capito
che 3) La compatibilità meccanica dipende tanto da come disegniamo lo stent (disegno geometrico in modo
da minimizzare gli sforzi, ottimizzare apposizioni di materiale..). Dobbiamo trovare compromesso tra stent
molto pieno e stent molto vuoto, compromesso quindi tra le diverse caratteristiche di rigidezza e flessibilità.
Ho requisiti dove uno dice il contrario dell’
altro, e la soluzione di compromesso è la scelta della tipologia di
deployment, di come decido di aprire lo stent, cose che sono prettamente ingegneristiche che vanno a
infettare la compatibilità meccanica del dispositivo rispetto al vaso.

MATERIALI DEGLI STENT

Per acciaio inox, con poco radiopaco intendiamo la sua ridotta visibilità a raggi X. In stent molto piccoli, coronarici, è
essenziale riuscire a costruire delle strutture piccole di diametro piccolo ma sottili. Per questo motivo, le leghe di
cromo cobal to sono particolarmente usate per la costruzione di stent coronarici, determinando correlazione tra
geometrie dimensioni e scelta del materiale. Per costruire stent cosi sottili, devo utilizzare materiali con alto carico di
rottura, perchè devono sostenere carichi elevati con sezione materiale molto sottile, quindi per forza il carico di rottura
deve essere alto.

LEGHE METALLICHE A MEMORIA DI FORMA

Leghe a mem oria di forma (SMA) : Materiali capaci di recuperare la forma iniziale anche dopo elevate deformazioni.

Punto di vista macroscopi co : due effetti non presenti in materiali tradizionali.

Il primo effetto è effetto mem oria di forma (termica). Il


materiale viene trattato chimicamente per modellare le forme a
diverse temperature. Questo è un esperimento estremamente
potente. La collaborazione tra ingegneri biomedici e metallurghi
può portare alla possibilità di progettare delle leghe ad hoc
per determ inati utilizzi. Il vantaggio è che sono materiali
fortemente progettabili. Sono infatti materiali che portati alla
temperatura adeguata, ricordano la forma. Non intervengo quindi
più su forma, spessore, etc.. dello stent, ma vado a monte. Per
105
noi biomedici, l’ utilizzo è alla temperatura di 37 gradi, e posso eseguire trattamenti termici opportuni perché la
memoria di forma si esplichi alla temperatura corporea, in modo che lo stent ricordi la configurazione espansa. Il
rovescio della medaglia : lo stent per espansione con memoria termica non produce forza estrem amente elevata. L’
apertura attraverso la memoria di forma termica non è sufficiente a rompere la placca arteriosclerotica, ma serve ad
aprire altre tipologie di vasi, come canali binari.

L’effetto pseud o elastico , sfruttato nella maggioranze dei casi per la costruzione di stent autoespandibili, consiste nell’
aspetto della molletta tirata dallo sperimentatore, si allunga tantissimo, ma ritorna alla forma originaria quando viene
meno il carico. Questo significa che il materiale presenta cam po elastico estrem amente grande, potendo applicare
deformazioni molto importanti rimanendo nel campo elastico, facendo ritornare il provino nelle condizioni iniziali senza
deformazioni. Questo è quello che si sfrutta nella costruzione di stent autoespand ibili che devono essere crimpati.
Vengono chiusi, rimangono in campo elastico, e quando la guaina viene ritratta ritornano per effetto elastico alla
config urazione espansa : configurazione di uno stent di qualche millimetro, mentre quella crimpata è quella di uno
stent più piccolo. Se non avessimo quel campo elastico a disposizione esso rimarebbe alla forma plastica data. Tutto
questo percorso è il campo elastico.

Recupero meccani co. Percorriamo


la curva da A fino a C, e, quando
rimuoviamo il carico, abbiamo una
curva differente, ma poi ritorna ad A :
non accumuliamo deformazioni
permanenti. Andando oltre C,
avremmo un comportamento tipico
da metallo. Dopo C si ha uno
snervamento del materiale, e poi si
rompe, avendo comportamento più
simile al metallo, ma completamente
diverso nella parte elastica. A cosa
è dovuto questo effetto
pseud oelastico ? perch é il cam po
elastico è cosi diffuso ? All’
interno del materiale, mentre lo
sollecitiamo, avvengono
riorganizzazioni che fanno cambiare
di fase il materiale in quel tratto
orizzontale della curva. Il materiale passa da uno stato austenitico a marten sitico : i grani si riorganizzano
cambiando di dimensioni e di posizione. Questo fa si che in buona sostanza le leghe di forma in Ni-Ti abbiano queste
caratteristiche meccaniche. Abbiamo diversi moduli di elasticità a seconda della fase in cui sono, con moduli di
snervamento non estremamente resistenti, e abbiamo quello che più ci interessa, un campo molto elevato di
deformabilità dei materiali. Sono materiali lavorati a caldo abbastanza bene, ma difficili da trattare in fase produttiva :
sono materiali che cambiano il proprio comportamento meccanico a seconda della temperatura a cui si trovano, sia
quando vengono prodotti sia quando vengono utilizzati. Il calo re che svil uppiamo su questi trattamenti cam bia la
risposta meccani ca del materiale. Gli stent, a memoria di forma, vengono realizzati per taglio laser, ed esportiamo
per ottenere la struttura finale dello stent. Ho vantaggi e svantaggi, e quello che abbiamo sottolineato è un terzo
vantaggio, come la lega a memoria di forma sia materiale di per se progettabile, ma, come riusciamo a modificare le
caratteristiche del materiale, è dall ’
altra parte uno svantaggio. Se la produzione del materiale non è sufficientemente
106
standardizzata ci ritroviamo tra le mani un materiale con caratteristiche meccaniche differenti.

PROSPETTIVE

Le leghe a memoria di forma, nell ’ ambito di dispositivi impiantabili , sono abbastanza utilizzate. Sono utilizzati
sicuramente negli stent, per esempio per la costruzione degli archi palatali, per allargare palati stretti, e per collegare i
denti legati da un filo per spostare i denti in maniera non traumatica. Quel filo viene fatto di lega a memoria di forma,
sfruttando l’ampia elasticità del materiale per applicare forze che nel tempo tendono a spostare i denti. Altre soluzioni
si sono sperimentate perché la lega a memoria di forma viene usata per il basso modulo di elasticità. Avere modulo di
elasticità vicino a quello dell’
osso può essere un vantaggio. L’ applicazione allo stent è quella maggiormente diffusa
per questo tipo di materiali. Gli stent endovascolari possono essere costruiti con due tecnologie di lavorazione.

TECNOLOGIE DI LAVORAZIONE - TAGLIO LASER

Partiamo da un tubo, e mediante laser si asportano i pieni per ottenere struttura, sagomata come da progetto, ma con
struct e ring e link opportunamente interconnessi.

Taglio laser in atto, con parte sinistra del tubo non ancora bucherellato e a destra la parte con già con conformazione
finale. Dopo il taglio laser lo stent vien e ulteriorm ente trattato . Non viene tagliato a misura, e dopo viene
sottoposto a diversi trattamenti facendo cappaggi chimici (trattamenti elettrochimici) e meccanici (flusso di agenti
abrasivi) per rendere la superficie esterna dello stent più liscia (averla ruvida causa problemi di infiammazioni) e
perché abbiamo capito che avere bassa rugosit à superfi cial e aiuta la struttura a sopportare maggi ormen te
carichi cicl ici di fatica. Da anomalie superficiali partono cricche a fatica che portano a rotture a fatica. Ho sedi di
innesco di cricche a fatica, e lo stent, per soddisfare affidabilità meccanica a lungo termine, subisce trattamenti
elettrolitici, o meccanici : lo stent viene investito da una corrente di agenti abrasivi che tendono ad abradere la
107
superficie portando via i residui di lavorazione. Lo stent può poi essere trattato chimicamente per conferire giuste
proprietà che ci si aspetta da questa lega.

Ho immagini di microscopio elettronico a scansione , materiale uscito da taglio laser molto rugoso, e man mano la
superficie diventa sempre più liscia. Sono immagini microscopiche, i marker sono 100 micron. Ho una struct di uno
stent dove il processo di elettrolucidatura porta a superficie più pulita sullo stent. Sicuramente sono trattamenti che
servono a questo scopo, per diminuire la rugosità, ma come possiamo vedere in una certa parte dello stent, la
sezione non è costante, i processi di lucidatura e abrasivi, portano a una situazione dove la sezione resistente è
abbastanza variabile. Ho progettato una struttura a sezione resistente costante, ma la mando così in produzione, e lo
è anche dopo taglio laser, ma dopo trattamenti chim ici o meccani ci non solo abbatt o rugosit à superfi cial e, ma
altero sezione resistente. L’ asportazione di materiale che questi ptocessi sono in grado di fare non è detto che sia
costante su tutta la struttura del dispositivo, ho sezioni resistenti diversamente. La sezione resistente si può ottenere
dopo il taglio laser, ma non può essere utilizzato perché rugoso in superficie, possono essere variate anche le sezioni
resistenti.

TECNOLOGIE DI LAVORAZIONE - DEFORMAZIONE A FREDDO E SALDATURA

Alternativa a taglio laser : Deformazione a freddo e sald atura : Parto da anelli di materiale che vengono piegati e
deformati a freddo,e saldati uno all’altro per ottenere lo stent finale, ma ho ancora stent saldati, non ottenuti dal tubo
pieno , costruendo il tubo per unioni successive di unità fondamentali.

FALLIMENTI STENT ENDOVASCOLARI

L’evoluzione degli stent è un caso emblematico di come si proceda nelle fasi post produzione. Progetto un nuovo
dispositivo, prendo in considerazione i vari requistii , e arrivo a un disegno dello stent, nuova tecnologia. Arrivo a un
dispositivo che soddisfi in maniera adeguata le specifiche di progetto elencate prima. Dopo l’ introduzione di dispositivi
innovativi, possiamo prevedere piani di follow up e studi clinici che vadano a quantificare l’ effetto clinico della nuova
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soluzione trovata rispetto a una soluzione già assestata. Prendo un certo numero di pazienti con lo stesso tipo di
patologia, e , a caso, ad uno impianto un vecchio stent già provato, e ad un altro applico il nuovo stent. Generalmente
si chiede il permesso, e partecipa con questo tipo di selezione. Vado a vedere se l’ effetto clinico è paragonabile,
meglio nel nuovo, meglio nel vecchio, o vado a saggiare la reale efficacia clinica del dispositivo. Gli esiti del follow up
danno spesso luogo a nuove progettazioni. Dove il risultato clinico non è soddisfacente, la progettazione va a cercare
di mettere una pezza dove ho avuto problemi clinici ho risultati non soddisfacenti dal punto di vista clinico. Questa
strada si segue sempre, ma nel caso degli stent è la strada principe. Lo stent è recente, e questa esplosione di
utilizzo per dubbi vantaggi avuti nella terapia miniinvasiva, hanno fatto si che a volte si sia un po' fatto il passo più
lungo della gamba. Non abbiamo aspettato il tempo necessario per valutare clinicamente se tutto fosse efficacie per
utilizzare i prodotti in massa. Non ho avuto casi eclatanti di disastri dopo l’introduzione di stent sul mercato. Dagli
errori clinici nascono nuove indicazioni.

Stent thrombosis. BMS : Stent metallici senza nessun altro tipo di elemento in aggiunta a questi stent. I problemi
evidenziati (primi stent anni 80) sono stati la stent thrombosis, incidenza della trombosi, formazione di trombo dovuta
alla presenza di stent, causa un problema ineliminabile . L’ incidenza di questa trombosi è stata una soluzione non
progettuale, non ho modificato nulla allo stent, ma tratto i pazienti con terapie farmacologi che opportune.
Abbiamo evidenziato come questa doppia terapia antiaggregan te (DAT),mediante aspirina e tienopiridine (in
sostituzione alla terapia cronica con anticoagulante) garantisse risposta efficacie alla formazione di trombo. Inoltre, il
miglior posizionamento degli stent eseguito mediante utilizzo, nella fase del pre-impianto, e in quella successiva di
post-impianto, del controllo ecocardiografico intracoronarico (IVUS) ha migliorato la situazione. Non avevo più
richiusura del vaso per trombosi se i pazienti venivano trattati con questa terapia. La trombosi è immediatamente
successiva all’ impianto dello stent. È bastato poco tempo per accorgersi che pazienti trattati con scorrette terapie
farmacologiche andavano incontro a questo fenomeno (immediatamente dopo l’ impianto dello stent). Anche trovata la
terapia corretta per prevenire la trombosi, c’ è questione di quanto lungamente nel tempo dobbiamo sottoporre il
paziente alla terapia anticoagulante. Sono scelte fortemente condizionanti, i pazienti trattati con questi dispositivi
hanno già patologie in atto. La terapia antiaggregante non è sopportata , ma il paziente può morire per altri tipi di
motivi : anche decidere per quanto tempo sottoporre il paziente alla terapia è una scelta tarata nel tempo. Il rischio di
trombosi è limitatro al periodo immediatamente successivo all’ impianto, poi lo stent viene ricorperto dal tessuto
neointimale. Problemi di trombosi dovrebbero essere limitati alla fase post impianto non a lungo termine, quando lo
stent dovrebbe essere interamente ricoperto da tessuto.

In-stent resten osis.Ho la seconda crisi dello stent, che ha avuto prima crisi quando si è scoperto, o non avevo
terapia farmacologica ben tarata per evitare rischio di trombosi. Lo stent ha iniziato a durare nel tempo, e si sono
verificati problemi di ristenosi. Si presenta per iperplasia intimale, con percentuali del 20,30% dei pazienti che devono
tornare a fare la cura. Dopo più di dieci anni di ripetuti fallimenti, si è risolto il problema con l’
introduzione di stent
medi cati : stent a rilascio di farmaco (drug-elu ting stents DES)

STENT A RILASCIO DI FARMACO : DRUG-ELUTING STENTS

Posso distribuire farmaco localmente che si opponga alla ricrescita anomala di tessuto neointimale. Questo farmaco
non vien e dato a livello sistemico, non è sufficientemente efficacie, e non si sanno gli effetti che potrebbe avere, è
necessario rilascio localizzato dove è stato impiantato lo stent. Il farmaco viene direttamente rilasciato da uno stent
alla parete del vaso arteriosa. Stiamo parlando del 2003, identificando la data di utilizzo e inizio di maggior diffusione
dall’FDA. FDA approva alcune tipologie di questi stent nel 2003. Le evidenze sono quelle di riduzione di problemi di
ricrescita tissutale da 50 a 70%. Dai primi studi disponibili per questo stent, si pensava che la ricrescita tissutale fosse
più o meno quella. Questo tipo di stent è costituito da 3 parti : Stent metallico , foma metallica. Abbiamo coati ng,
rivestimento di tutto lo stent o solo di alcune parti, generalmente di materiale definitivo,plastico. Questo materiale
viene utilizzato in quanto risulta più facile caricare la molecola di farmaco nel polimero mentre sul metallonon si riesce
a caricare nessuna molecola di farmaco. Poi abbiamo il drug : Risulta necessario prevedere zone del farmaco
ricoperte da polimero che rilascia il famraco verso la parete per effetti diffusivi, oppure per degradazione dello stesso
polimero. Posso usare polimeri stabili, oppure biodegradabili, sia per diffusione, ma anche per degradazione del
polimero. Il dispositivo è andato nella direzione del disegno dello stent che, a questo punto, non ha superficie liscia.
Pensare di ricoprire tutto il polimero con superficie dello stent è difficile. Stent prima crimpato e rilasciato. Se ricopro
tutte le struct dello stent con polimero, in crimpatura o rilascio il polimero se ne può andare dallo stent, in quanto
capacità di deformabilità dei materiali, uno dei due si distacca dall’ altro perché i moduli elastici dei materiali sono
differenti. Si è pensato di creare delle nicchie sulla superficie di alcuni struct degli stent. Ho dei buchini sulla struct
dentro la quale ho il polimero drogato.

I farmaci sono caratterizzati da uno impedisce che il tessuto proliferi (percorso di differenziazione di cellule, ma non
ne impediscono la creazione), l’ altro, l’
immu nosopp ressi vo , impedisce la creazione. Questo risponde in maniera
109
molto efficacie, oggi, tutti gli stent messi sono stent medi cati , il farmaco non fa male. Sicuramente ha percentuale di
efficacia importante con poche controindicazioni.

La controindicazione è scaturita da una evidenza clinica palesata per il fatto


che lo stent ha iniziato a durare nel tempo : Late Stent Thrombosis. Si è
posto rimedio, quindi duravano di più e hanno dato tempo al tessuto di
ricrescita. Fenomeno di iperplasia dell’ intima risolto con gli stent medicati, lo
stent è durato di più e se ne è ripresentato un altro, molto simile al primo :
late stent thrombosis. Trombosi non immediata, non subito dopo l’ impianto
dello stent, ma dopo molto tempo, dell ’ ordine di qualche anno. Questa cosa
non si è palesata negli stent precedenti, fallivano prima. La trombosi non
dovrebbe essere preoccupazione nel lungo termine, lo stent è ricoperto dal
tessuto, ho dato farmaci perché il tessuto ricrescesse il meno possibile. Ho
degli stent inglobati in parte dal tessuto, in altre parti esposti. Non sono mai
stati colonizzati dal tessuto, attraverso il farmaco ho contrastato ricrescita
tissutale. Se pensiamo a rilascio del farmaco non continuo sulla superficie del
dispositivo, ma con isole di rilascio discrete, avrò punti che crescono poco e
punti meno investiti che ricrescono efficaciemente. Ho pezzi dello stent
rivestiti e altri nudi. Ho immagini di stent leggermente e completamente
ricoperti da tessuto. Quindi esposizioni di queste zone metallich e al flusso
sangu igno, causa trombosi. Ho struct sullo stent sul quale cellule tissutali
iniziano a ricrescere sopra, ma non completamente coperto da cellule. Posso anche avere formazione di trombosi,
posso avere superficie non uniforme, in parte è tessuto ricresciuto, in parte stent. Il deposito di trombo e formazione
di coagulo è alimentato da superficie che il sangue si trova ad affrontare, non regolare, ma ricoperta. Trombosi
tardiva in seguito a poca efficacia del rivestimento tissutale sullo stent.

Questo problema ha percentuali basse di cause critiche. Ha incidenze abbastanza basse. Non è un problema che fa
rinunciare all’
utilizzo di uno stent medicale, non incorrendo in una trombosi tardiva. Questo è lo stimolo per andare
verso nuove soluzioni progettuali.

110
POSSIBILI SOLUZIONI

Identi ficazione del polim ero più idoneo per lo stent .

 Polimeri Biocomp atibi li : es. il polimero di fosforilcolina, usato nello stent di seconda generazione endeavor
ZES, che è una componente naturale delle membrane cellulari.

 Polimeri Riasso rbibili : polimero biodegradabile (gradualmente metabolizzato con formazione di acqua e
diisido di carbonio) generalmente costituito da acido polilattico (PLA), oppure da acido polilattico-co-glicolico
(PLGA).

 Future trends stent totalm ente riassorbibili

Le soluzioni e piccoli incrementi di


funzionalità in stent medicati, sono
diverse tipologie di polimeri per
contrastate i fallimenti di questi stent. Un
altro problema sta nel fatto che anche il
polimero può essere non particolarmente
gradito. Vorrei quindi che il polimero
fosse riassorbito. La scelta è quella di
utilizzare polimeri diversi , più
biocompatibili, più graditi alla parete, oppure, seconda soluzione, polimeri riassorbibili. Se so che quel polimero da
fastidio, immagino qualcosa che svolta la funzione di rilascio del farmaco nella parete, funzione limitata nel tempo,
venga riassorbito. Una volta svolta la funzione di rilascio del farmaco, gradirei si riassorbisse. Gli stent, una volta
svolta la loro funzione, si devono degradare e andarsene. Oggi, a livello di ricerca avanzata, si sta lavorando su
questo, su due tipologie di materiali. Ho l’ immagine di uno stent impiantato su una coronaria che evidenzia la
degradazione di uno stent in acciaio inossidabile rispetto a uno in magnesio, che si degrada bagnato da corrente
sanguigna, si corrode. Il tentativo che stiamo facendo rispetto a stent biodegradabili si fa su leghe di magnesio che
degradando tendono a rilasciare ioni magnesio non sgraditi dall’ organismo. Sui metalli leghe di magnesio, e leghe di
ferro, sono sotto studio ma non introdotti. Stent in leghe di magnesio sono sul mercato e si stanno utilizzando. L’
alternativa sono stent non in lega metallica ma in polimeri. La varietà di polimeri disponibili per la costruzione di questi
dispositivi è molto più ampia. Dove sta il problema ? che dobbiamo collegare capacità corrugative del materiale con
caratteristiche meccaniche richieste necessarie in termini di rigidezza radiale, opporsi al ritorno elastico della parete e
proprietà meccaniche a lungo termine.

STENT IN MAGNESIO

Sugli stent di magnesio invece il problema è che ad oggi, la velocità di corrosione, è troppo elevata,e lo stent si
degrada troppo velocemente e non svolge più funzione di sostegno della placca per il tempo necessario. Il sistema è
scarsamente funzionale nell ’ opporsi al ritorno elastico. Si cerca di incrementare resistenza a corrosione di questa lega,
le altre sono caratteristiche meccaniche intrinseche della lega di magnesio troppo basse. Il materiale è una lega pura,
più è biocompatibile più si può pensare di migliorare caratteristiche di degradazione e meccaniche aggiungendo
elementi in lega. Ma si degradano anche elementi in lega, magnesio non è più puro, ma lega con elementi meno
graditi all’
organismo. Dobbiam o trovare bilan ciam ento corretto tra soddisfaci men to di requisiti di progetto con

111
quell i di biocom pati bilit à e assenza di ioni dannosi che vadano in giro per il corpo. La scelta di usare delle leghe e
non magnesio puro, ha controaltari abbastanza evidenti, e si è pensato di diminuire la velocità di degradazione del
magensio ricoprendolo con un polimero che faccia da barriera all’ azione corrosiva coi liquidi con cui lo stent viene a
contatto. Rate di degradazione più lento che nel tempo lasci che la parte di metallo, una volta degradato il coating,
inizia il processo corrosivo e si degrada con i tempi corretti. Questo genere di soluzione è abbastanza intelligente e
ben pensato. Il problema sta nel fare un coati ng contin uo sulla superficie dello stent. Non facile, tende a staccarsi
nelle fasi di apertura dello stent. Qui abbiamo bisogno di coating coninuo, altrimenti le parti in magnesio cominciano a
degradarsi. Stiamo andando verso stent degradabili polimerici e metallici. Andiamo un po' a moda, normalmente le
mode intervengono dove il dispositivo è sufficientemente efficacie. Risolvono problemi al paziente che arriva in
pronto soccorso o trattato percutaneo, ma ho alcuni svantaggi : percentuali di fallimento rispetto a un dispositivo
tecnologico. Lavoriamo per risolvere gli svantaggi, ma gli incrementi di funzionalità sono minimi, stiamo facendo
piccoli incrementi, non stiamo rivoluzionando una tecnica perché non funziona, ma la vogliamo migliorare. Se l’
incremento è minimo si confonde con il marketing del prodotto. L’ utilizzatore, anche cliente della aziende, è
abbagliato dall’ azione di marketing associato a una nuova soluzione tecnologica. Un’ azienda con determinata
soluzione tecnologica che ha anche soluzione di marketing potente ha anche incremento di utilizzo. Sugli stent
bioriassorbibili stiamo assistendo a questo. Stent polimerici sono visti come soluzione futura. Non capiamo se è
soluzione futura o azione di pompaggio del marketing. Siamo in quella direzione, ma non c’ è soluzione che prevalga
sulle altre in termini di efficacia.

SOMMARIO

La tecni ca percutanea è la tecni ca pi ù comun e. L’ applicazione della tecnica percutanea ha permesso di trattare
pazienti prima non trattati. Per pazienti anziani e malconci critici, l’ intervento di bypass, a livello aorto coronarico è
estremamente pesante. Per alcuni pazienti, prima della tecnica percutanea, c’ era alto rischio operatorio, Oggi, grazie
alla tecnica percutanea, possiamo anche trattare pazienti una volta non trattabili, critici , anziani, con certi tipi di
patologie che non permettevano atto chirurgico. Questo è un aspetto critico, applichiamo questa tecnica su pazienti
che rimangono critici, e il fallimento di una procedura di stenting, presci nde dal tipo di paziente su cui vien e messa,
determinando percentuali di fallimento più elevate : li abbiamo pazienti molto più critici. Il fatto che una tecnologia
matura come quella dello stent, giovane ma matura, è normale che poi sia investita da un rate di fallimento maggiore
semplicemente perché sto trattando pazienti molto più critici. Essi non venivano neanche presi in considerazione
dalla tecnica chirurgica. Essi non venivano trattati, oggi si trattano molti più pazienti con rate di fallimento più elevati :
tipo di analisi rischi benefici. Il rischio operatorio o di procedura chirurgica è troppo elevato. Posso decidere di trattarli
con nuove tecniche che mi permettono di farlo. Anche i numeri relativi ai fallimenti, di questo tipo di dispositivo, vanno
un po' ponderati, sul numero sempre crescente di pazienti trattati. Quando facciamo i confronti tra l’ efficacia della
procedura di stenting e di quella di bypassortocoronarico, si va a vedere che quelle due procedure danno risultati
comparabili. Quelli con stent sono 10 volte tanto, per il fatto che alcuni di quelli non venivano operati prima con un
bypass. Oggi la procedura più comune è la percutanea, dapprima si è introootta l’ angioplastica con palloncino,
problemi, stent medicati, e oggi puntiamo verso i cosiddetti stent bioriassorbibili che hanno effettivamente limitazioni in
termini di costi, in quanto costano più di altri stent. Il costo è della ricerca che sta dietro al dispositivo, recuperato dall’
azienda che mette in piedi la produzione del nuovo dispositivo, senza follow up clinico sufficientemente lungo per

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stabilire efficacia.

ROTTURA A FATICA STENT

Rottura a fatica stent. Alcuni stent si sono rotti, e si sono aperti link e struct lasciando strutture ancora attaccate allo
stent che potrebbero andare a scavare la parete con cui sono a contatto. Coltelli generati dalla rottura che possono
causare reazioni infiammatorie molto pesanti e importanti.

Abbiamo notato nel paziente che la frattura dello stent può essere problema importante. In questo, al follow up, si
sono ripresentate due zone di ristenosi. La lunghezza dello stent , quella della freccia, stent periferico lungo e la
lunghezza viene evidenziata qui. Una volta fatta la radiografia della gamba del paziente, nei punti corrispondenti della
stenosi c’ erano due fratture evidenti dello stent. Il paziente non è andato dal medico perché si era rotto lo stent. Il
paziente aveva male alla gamba che non veniva correttamente irrorata e si è scoperto che il vaso era occluso nei due
siti. L’evidenza è stata che il fenomeno riocclusivo è risposta anomala infiammatoria di uno stent rotto. La maglia
faceva azione sullo stent della parete che ha indotto risposta infiammatoria e riocclusione del vaso. Le problematiche
di fatica sono il fatto che lo stent perde di funzionalità, solo che, dopo un po' di tempo si è rotto e ha causato risposta
infiammatoria.

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8. PROTESI VALVOLARI CARDIACHE
Palrliamo di dispositivi molto critici,caratterizzati da fallimento normalmente associato alla morte del paziente. La sua
criticità, è legata al fatto che quando il muscolo cardiaco non funziona più non nutre nessun organo a valle del cuore,
e quando questa funzione viene a mancare diventa letale per la vita del paziente.

Vedremo la anatom ia e fisiol ogia delle valvole cardiache, le patolo gie e i malfu nzionamenti valvolari, le
specifich e di progetto di una protesi vascolare, le protesi vascolari cardiache di impiego clini co, l ’
impianto
delle protesi valvolari,e i fallim enti delle protesi valvolari.

Il sistema cricolatorio, è lo stesso schema che abbiamo visto per le vascolari. Il cuore è l’ elemento pompante, e
permette al sangue di arrivare a tutti i tessuti e a nutrirli. Di questo elemento pompante non andremo a vedere i
meccanismo dell ’ effetto pompante vero e proprio, di quello che permette al cuore di spingere il sangue verso tutto il
resto del corpo, non della contrattilità, ma sugli elem enti passivi , non attivati da contrazione muscolare, che sono le
valvole cardiache che permettono di dare al cuore una funzione pompante.

IL CUORE

In figura, osserviamo la sezione del cuore in corrispo ndenza del piano valvolare : anatomicamente c’ è un piano
che fa vedere tutte le valvole presenti nel cuore, sono 4, due si trovano tra atri e ventricoli del cuore e due tra ventricoli
e il circolo a valle, sistemico e polmonare. Il cuore è fatto da due parti, destro e sinistro, e fornisce l’ energia
necessaria per percorrere tutto il circuito del sistema circolatorio vincendo le cadute di pressione date dalle resistenze
dei tubi del sistema circolatorio. Le valvole sono chiamate di aspi razione e di mandata. Le valvole di mandata
connettono i ventricoli al circolo polmonare e sistemico. Quelle di aspirazione sono quelle tra atrio e ventricolo.

Parlando del cuore sinistro , abbiamo valvola aortica e valvola mitrale di aspirazione del cuore sinistro che
connette atrio e ventricolo sinistro, mentre per il cuore destro, valvola tricusp ide tra atrio e ventricolo destro e
valvola polmo nare ventricolo destro e circolo polmonare destro.

Il flusso del sangue all’ interno del cuore funziona in una certa maniera : dalla vena cava superiore e inferiore, il
sangue proveniente dalla periferia degli arti superiori e della testa, e dalla vena cava inferiore, arriva in atrio destro,
dall’ atrio destro passa al ventricolo destro attraverso la tricusp ide, arriva nel ventricolo destro e attraverso la valvola
polmo nare viene pompato nell ’ arteria polmonare che si biforca. Nei polmoni il sangue non è ossigenato, viene
ossigenato da essi e attraverso le arterie polmonari arriva nell ’ atrio sinistro,attraverso la mitrale ventricolo sinistro e
attraverso valvola aortica e aorta discendente viene spedito nella periferia. Questo è il ciclo cardiaco. Ventricolo
destro e sinistro pompano sincroni, e quindi anche se sem brano in parall elo sono due pompe in serie, anche se
pompano sincrone. Sono pompe in serie sincrone. Questa azione di pompaggio è composta sostanzialmente da due

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fasi, diastole, in cui i ventricoli si riempiono di sangue , e sistole, in cui i ventricoli si contraggono e iniettano il sangue
verso la perfieria. Cuore destro e sinistro lavorano nella stessa maniera, cambiano solamente i regimi pressori.

IL CICLO CARDIACO

Il cuore sinistro pompa con circa 120 mm Hg, il cuore destro circa a 1/3. Questa azione di pompaggio risulta efficacie
se sono rispettate due condizioni : 1) cuore riesce a pompare alle pressioni corrette 2) deve essere garantita la
direzionalità del flusso. Cuore e destro e sinistro devono pompare nelle direzione giusta per garanti re nutrimento
dei tessuti a vall e. Il cuore deve pompare e sangue non deve tornare indietro. Le pressioni devono essere tali e
corrette perché i tessuti siano perfusi nel giusto tempo. L’ efficacia di pompaggio del cuore, dato che l’ azione di
contrazione sia corretta è garantina dal lavoro delle valvole : il fatto che le valvole si chiudono e aprono
correttamente garantisce che il cuore funzioni e possa pompare. Il non funzionamento delle valvole compromette il
lavoro efficacie del cuore. Il cuore è cotsretto ad effettuare extra lavoro se la valvola non funziona e può portare a
una scorretta direzione del flusso. Quello che è importante è che le valvole cardiache non sono azionate da nulla
che non ci siano differenze di pressione tra valle e monte della valvola stessa. Le valvole, che abbiamo visto come
sono messe, sono coordinate da delle pressioni che si creano tra atrio e ventricolo, oppure tra ventricoli e aorta o
arterie polmonari, che sono i motori che fanno aprire e chiudere le valvole : Quando la pressione a valle supera
quella a monte la valvola si chiude e viceversa. Non abbiamo un segnale elettrico come per la contrazione. In questo
caso nulla dice alla valvola di aprirsi o chiudersi se non le differenze di pressione tra prima e dopo la valvola stessa :
questo è il requisito di progetto fondamentale per pensare a una sostituzione valvolare, non la posso pensare
attuata in mani era differen te che non sian o le differen ze di pressi one svil uppate tra le cam ere del cuore e tra
cuore e periferia.

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Entrando nel dettaglio, per capire come la valvola funziona , posso guardare i tracciati relativi al ciclo cardiaco. Linea
sopra grossa (stiamo parlando del cuore sinistro), è la pressione all’ interno del ventricolo sinistro, quella
tratteggi ata in alto è la pressione all’ interno dell’
aorta, a valle del ventricolo sinistro, e l’
altra curva bassa vicina allo
0 è la pressione nell’ atrio sinistro, camera che precede il ventricolo se seguiamo il flusso del sangue. Cosa abbiamo
poi ? Il volum e di sangu e che passa nel ventricolo sinistro nel seco ndo tracci ato e trerzo tracci ato il flusso,
quanti tà di sanug e che pssa nell ’ unità di tempo in aorta dal ventricolo . L’ ultimo tracciato è ECG. Vediamo i
punti corrispondenti ai momenti in cui le valvole lavorano. Partendo dal punto 0 abbiamo che la pressione nel
ventricolo è minore a quella dell’ atrio, poi cresce la pressione del ventricolo e nel punto 1 supera la pressione atriale,
questa differenza di pressione fa chiudere la valvola mitrali ca , che è chiusa, ed è ancora chiusa la valvola aortica.
Da 1 a 2 succede che la pressione nel ventricolo sale, e in corrispondenza del punto 2 supera la pressione presente in
aorta, e a quel punto la valvola aortica si apre, la pressione ventricolare ha superato la pressione dell ’ aorta. Quando la
spinta vince la contropressione, il sangue inizia a fluire in aorta, motivo per il quale il grafico rappresentante il flusso
determina incremento del flusso : sangue inizia a fluire in aorta, e in corrispondenza del punto 2 il ventricolo si svuota,
la valvola aortica è aperta e la mitrale rimane chiusa, il sangue continua a uscire fino al punto 3 quando la pressione
interno del ventricolo ritorna più bassa dell ’
all’ aortica : non ho più pressione dal ventricolo a aorta tale da vincere la
contropressione aortica. Il flusso va a 0, leggermente negati vo, e il ventricolo è completamente vuoto, quindi al
punto 3 ho ancora le due valvole chiuse, e , succede qualcosa alle valvole quando la pressione nel ventricolo diventa
minore dell’ atriale : la mitrale si apre e ho riempimento di sangue da atrio a vetricolo. Ventricolo si riempie di sangue
fino a che non c’ è flusso, la valvola aortica è chiusa, ventricolo si riempie fino al punto 5 , che rappresenta ancora il
punto 1, dove la pressione nel ventricolo ritorna ad aumentare e quando supera quella atriale fa chiudere la mitralica e
ricomincia il ciclo. La fase da 1 a 2 è la contrazione ventricolare isovolumi ca. Il ventricolo inizia a contrarsi,
aumenta la pressione nel ventricolo stesso e quando supera quella aortica, il sangue può passare in aorta. Molto
banalmente, tutto il ciclo cardiaco è governato dai cicli pressori che si sviluppano a monte e valle della valvola. Prima
abbiamo menzionato un flusso negati vo , perchè avviene ? Mentre la valvola aortica inizia a chiudersi, un po' di
sangue, invece di andare da cuore a periferia, torna inidetro nella valvola ventricolare,e anche la valvola naturale più
performante ha questo tipo di deficit : l’ unidrezionalità del flussso, significa che quando butto fuori sangue verso l’
aorta non voglio che ritorni indietro. Parte ne torna indietro anche nella valvola naturale,e questo è legato ai tempi di
chiusura della valvola naturale, che non si chiude in tempo 0, ma in tempo finito dove si ha piccolo retroflusso dato dall
e differenze di pressione. La pressione aortica fa tornare indietro un po' di sangue. Questo succede anche quindi nella
valvola naturale, la più performante ed evoluta per fare questo tipo di lavoro.

MALFUNZIONAMENTO VALVOLARE

Veste grafica più semplice. Ho diverse


patologie, come influenzano il flusso ? le due
patologie principali sono stenosi e
insuffi cien za cardiaca : patologie che
affliggono le strutture nei due momenti di lavoro
delle strutture, l’ una influenza l’efficacia della
valvola in fase di apertura, l’
altra,
insufficienza,di chiusura. Stenosi : quando la
valvola dovrebbe essere completamente aperta,
viene offerto un lume minore della valvola
fisiologica: restringi mento del lume valvolare
che rende diffici le il passaggio del sangu e
dalla cam era che sta prima a quell a che sta
dopo . La valvola deve aprirsi e chiudersi in
maniera efficacie, offrendo resistenza alla
pressione che tenderebbe a riportare il sangue
indietro : Valvol a insuffi cien te, non funziona
bene in fase di chiusura, consente al sangue di
ritornare indietro quando indietro non dovrebbe ritornare. Le conseguenze di queste due patologie sono : curva
tratteggi ata : vediamo la variazione della pressione ventricolare quando la valvola aortica è stenotica : pensiamo a
volume ridotto. Se faccio passare sangue attraverso pertugio minore, la pressione ventricolare deve aumentare per
permettere al sangue di raggiungere i tessuti a valle. Valvol a aortica stenot ica compo rta aumento di pressi one
ventric olare affinchè l ’ efficacia della azione pompante sia garanti ta : cuore deve pompare a pressione maggiore
per vincere restringimento valvola aortica stenotica. L’ aggravo energetico che si chiede al cuore è di per se una
patologia. Teniamo conto che normalmente le valvole non sono quasi mai o stenotiche o insufficienti, spesso sono
stenoi nsuffi cien ti, si aprono male quando devono stare aperte e si chiudono male quando devono stare chiuse.
116
Abbiamo poi la valvola mitrale stenot ica, avviene la stessa cosa,
si alza la pressione atriale. Anche l’
atrio che fino a poco tempo fa
si pensava essere solo camera passiva, ha una contrazione che
permette miglior passagio del sangue da atrio a ventricoli.Se la
valvola che connette atri e ventricoli fosse stenot ica, la
pressi one atriale deve essere maggi ore per vincere
resistenza della valvola mitrale stenot ica.

Vediamo quello che succede in caso di patolo gie di


insuffi cien za : quantità di retroflusso che la valvola consente.
Quanto più valvola è insufficiente, tanto più flusso torna indietro
verso il lugo da cui proviene. La stenosi modifi ca i regimi
presso ri ai quali il sangue si trova a lavorare, mentre la patologia
di insufficienza modifi ca quell i che sono i retroflussi . La valvola non sta perfettamente chiusa e parte del sangue
viene portato indietro : questo porta aggravo energetico al cuore. Se metà della quantità di sangue torna indietro
nella camera antecedente la valvola, quella quantità non
ha raggiunto i tessuti a valle, devo pompare più volte. Se
metà torna indietro devo pompare al doppio della
frequenza per nutrire i tessuti a valle. Il sangue deve
pompare per vincere il retroflusso dell’ insufficienza
valvolare. Questa tipologia di patologie in realtà sono
abbastanza riscontrabili e avvertibili dal paziente che
dovesse soffrirne. L’ aumento di frequenza cardiaca dato
da valvola insuffciente viene percepito dal paziente con
maggior numero di pulsazioni. Se al paziente viene
fiatone, il cuore deve pompare più velocemente per
compensare l’ insufficienza da aorta verso cuore stesso.
Sono patologie per fortuna avvertibili dal paziente, cosa
molto importante in quanto la valvola non funziona più e
quando succede non funziona più tutto il cuore. Se la
valvola non dovesse aprirsi proprio, il sangue non viene fatto più passare, e se dovesse essere completamente
insufficiente tutti i tessuti a valle del cuore non vengono irrorati fino a che il muscolo cardiaco non ce la fa più. Il
meccanismo è prettamente idraulico. Le valvole sono spesso stenoinsufficienti, e le valvole che vanno incontro a
degenerazione e patologia sono la mitrale, l’ aortica e la tricusp ide. Nel cuore i regimi pressori maggiori creano
situazioni più critiche per le strutture, e quello da sottolineare è che queste patologie erano mortali fino a che non si
è consentito di operare un paziente a cuore fermo. La sostituzione di protesi valvolare per via chiurgica non può
essere fatta mentre il cuore batte. Li, eventualmente, si sostituisce valvola naturale con artificiale, e non possiamo
farlo mentre il cuore batte. La artificiale va cucita sul cuore naturale. Dobbiamo fermare il cuore per il tempo
necessario di intervento. Fermare il cuore vuol dire prevedere un qualche altro sistema che nutra gli organi del
paziente con del sangue ossigenato e che porti via i cataboliti che il paziente continua a produrre sul tavolo operatorio.
Vengono implementate macchine per circolazione extracorporea, macchine che prelevano sangue dal paziente sul
letto operatorio con cuor efermo, lo pompano verso un’ altra macchina, ossigenatore, nella quale sangue viene
ossigenato, viene ripompato nel circolo del paziente e riprelevato sporco dalla perfieria : circolo garantito. Ho
macchine che sostituiscono azione pompante del cuore durante queste operazioni a cuore aperto. L’ operazione di
sostituzione valvolare non era possibile, quelle patologie, in certi pazienti, prima dell’ avvento delle macchine, erano
mortali. La valvola funzionava talmente male che il cuore ne risentiva. Stiamo parlando di anni 50 e 60, ma ho
coincidenza tempo rale di dispon ibili t à delle machine di circol azione extracorporea e di valvole.

PATOLOGIE VALVOLARI

Vediamo le tipologie di patologia che causano stenosi o insufficienza o stenoinsufficienza delle valvole :

 Valvul opati e congenite : sviluppi anomali dei foglietti valvolari delle strutture catrdiache per questioni
genetiche. In certi bambini le valvole non si sviluppano in maniera corretta. Una delle maggiori patologie è
quella della valvola aortica bicuspide. I foglietti non lavorano in maniera corretta, la valvola non si apre ne
si chiude bene. Sono presenti fin dalla nascita per alterazioni dello sviluppo embrionale delle strutture
cardiache

 Valvul opati e acqui site : Sviluppate nel corso della vita per diverse cause. Avanzare dell’età : il tessuto
valvolare può degenerare e calcificare. Endocardite infettiva : infezione batterica delle valvole cardiache.
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Febbre reumatica (causata da streptococchi beta-emolitici). Malattie autoimmuni (lupus). Alcuni farmaci (es.
farmaci anoressizzanti come la fentermina e la fenfluramina). Malattie metabolitiche ,condizioni rare (Marfan).
Ho anche quindi valvulopatie acqui site per tanti motivi. Il primo è l’ avanzare dell’ età, nei vasi si deposita
placca artriosclerotica, cosi anche il deposito può avvenire sui foglietti valvolari, molto deformabili che
lavorano bene quando la pressione lo fa aprire, e , se si deposita del calcio, il foglietto si irrigidisce, e quando
si chiude l’irrigidimento non permette perfetta chiusura : causa principale di stenosi valvolare. Possiamo
anche avere delle infezioni che si localizzano sulla valvola cardiaca, infezione endocarditi .. Alcuni farmaci
possono essere fautori di una non efficienza della valvola stessa.

 Second arie a patolo gie vascolari . L’ effetto è quello di arrivare a un lavoro non corretto della valvola in
apertura e chiusura. Un’ altra causa di degenerazione sono quelle seco ndarie a patolo gie cardio vascolari .
Una delle cause principali sono le dilatazione del muscolo cardiaco, se il muscolo cardiaco lavora di più di
quello che deve nel casodi soggetto iperteso : regimi pressori ai quali il cuore si trova a lavorare sono
diversi da quelli fisiologici : per rimodellamento del tessuto il cuore si ingrandisce pompando sempre di più :
rimodellamento del tessuto che ingrandisce le strutture del muscolo caridaco e questo ingrandimento tira
dietro dilatazione e distorsione delle valvole. Aumentano le dimensioni del cuore in risposta al fatto che deve
lavorare a pressioni diverse, si dilatano anche le valvole : strutture che hanno variato la loro morfologia e non
lavorano più come dovrebbero lavorare. Quindi arriviamo a insuffi cien za valvolare. Ho esempi di come si
riduce valvola aortica stenotica, ho fotografie
anche della valvola chiusa con foglietti
perfettamente aderenti uno all’ altro che offrono
lume di passaggio al sangue. Ho forme
differenti a seconda che la stenosi sia data da
deposito di calcolo o reumatica o
deformazione di valvola bicuspide che invece
di tre foglietti ne ho solo due. I lumi di
passaggio sono tutti molto più piccoli rispetto
al lume che dovrebbe avere la valvola
fisiologica. Se si arriva a questa patolgia, la
pressione ventricolare deve aumentare in
maniera spasmodica per pompare sangue
attraverso quella piccola fessura. Capito come
funzionano cuore e valvole, e perché le
valvole possono o devono essere sostituite in
certi casi, passiamo alle specifiche di progetto.

SPECIFICHE DI UNA PROTESI VALVOLARE

 Dovrebbe aprirsi e chiudersi passivam ente seco ndo i livelli presso ri a monte e a vall e. Questa è la
specifica di progetto fondamentale, non possiamo pensare a tipo diverso di attuazione di chiusura e apertura
della valvola che non siano goverati da regimi pressori. Deve aprirsi e chiudersi negli stessi tempi, tempi di
apertura e chiusura devono essere compatibili con quelli delle altre valvole. Quella deve lavorare
compatibilmente con il lavoro dellle altre valvole presenti, se ha tempi di aperture e chiusure differenti rispetto
a quelli dellle altre valvole perdo la sincronia di cuore destro e sinistro : deve aprirsi in maniera uguale alla
valvola naturale

 Dovrebbe aprirsi e chiudersi in tempi estrem amente rapidi. Seconda : deve aprirsi e chiudersi in tempi
rapidi, importante in quanto una valvola che si chiude i tempi non corretti e maggiori rispetto aquelli corretti è
una valvola che diventa automaticamente insuficciente, sangue spinto da pressione aortica verso il ventricolo.

 Durante l ’apertura non dovrebb e creare perdite di pressi one al sangu e che la attraversa o comun que
non tali da provocare sintom i per aggravi energetici al cupre. Terza. La seconda, è per non avere
valvola insufficiente, la terza : devo pensare a protesi valvolare che non sia stenotica, si rivedono le patologie
valvolari. Quando sostituisco con protesi artificiale devo garantire che le patologie della valvola naturale non
si ripetano. Ho anche numeri e parametri, si accettano certe perdite di carico per una valvola aortica, 5
mmHg per la valvola mitrale. Perdite di pressione di questa entità non causano aggravamento importante del
muscolo cardiaco.

 Durante la chiusura non dovrebb e consentire flussi retrogradi o comun que non tali da provocare
sintom i per aggravi energetici al cuore. Quarta. Pensiamo che la valvola si sia chiusa nei tempi corretti,

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retroflusso simile al retroflusso naturale,ma una volta chiusa non deve consentire al sangue di tornare
indietro, cosa non banale, nella implementazione delle soluzioni progettuali proposte non viene sempre
garantita. Una volta chiusa deve rimanere chiusa, il sangue non deve ritornare indietro da dove vneuto.

 Dovrebbe mantenere le sue caratteristiche chim ico-fisiche e meccani che per un tempo pari all ’
aspettativa di vita del portatore (alla frequenza di 72 battiti/min deve sopportare quasi 40 milio ni di
cicl i di apertura e chiusura all ’ anno). 5. Questo è il requisito di affidabilità meccanica del dispositivo. Se
metto struttura artificiale, devo garantire che questa struttura non fallisca meccanicamente. Ho dispositivo
artificiale soggetto a un grande numero di cicli nella loro vita. 40 milioni di volte all’anno le valvole devono
aprirsi e chiudersi efficaciemente e senza rompersi. Questo requisito viene aggravato dal fatto che se si romp
e la valvola muore il paziente in certi casi. Abbiamo tipologie di valvole che possono cedere di schianto.
Questo è il requisito di affidabilità meccanica, regimi pressori non sono cosi elevati ma il numero di volte in
cui la valvola si apre e si chiude è elevato. La valvola potrebbe essere soggetta a centinaia di milioni di cicli
di carico altre solo a milioni. In generale, a meno di errori progettuali importanti, che ci sono stati e vedremo,
a meno di valvole dove ho avuto errori a livello progettuale, le valvole garantisticono requisiti o meno, si è
arrivati anche a 20 anni di affidabilit à. Tutto quello che diciamo fino a 3 4 anni fa era la verità, oggi lo è
meno, in quanto operazioni di aggiustamento di protesi valvolari, sono possibili per via mini-invasiva e
percutanea. Il metter mano a una protesi valvolare non perfettamente funzionante è molto più semplice oggi.
Il discorso della manutenzione non viene previsto da requsiiti di progetto, ma possibile con intervento meno
critico che non preveda sostituzione della valvola.

 Non dovrebb e indurre alterazioni nel sangu e e in partico lare non dovrebb e causarne la coagu lazione
ne l’ emol isi. 6. Questa tipologia di protesi si trova affacciata a due tessuti, uno quello del vaso dove la
valvola viene suturata, l’ altro il sangue che da una parte tende a coagulare su qualsiasi struttura artificiale
affacciata. Dobbiamo pensare a soluzione progettuale che minimizzi questo problema. Dobbiamo scegliere
materiali che siano i più graditi possibili al tessuto sanguigno. L’ emolisi è qualcosa che negli stent non
veniva fuori e nella protesi valvolare invece si . La valvola cardiaca naturale si apre e si chiude grazie ai
foglietti molto sottili e flessibili che non causano nessun tipo di danno al sangue, non rompono globuli rossi
meccanicamente, mentre quelle artificiali hanno strutture che potrebbero causare emolisi, e quindi stressare
il tessuto sanguigno con stress meccanici che superano resistenza dei globuli rossi causando fenomeni di
emolisi. Alcune soluzioni progettuali hanno dato vita a protesi più o meno emolitiche, parliamo solo di emolisi
meccanica.

 Dovrebbe essere almeno in parte radiopaca così da consentire il controll o del suo funzionam ento
con indagi ni radiografiche. 7. Requisito che una volta messo nel paziente occorre monitorare il paziente
per la rischiosità del dispositivo che non funzioni o possa non funzionare. Monitoraggio post-im pian to.

 Non dovrebb e indurre alterazioni nei tessuti circostanti. 8. Non deve indurre alterazione nei tessuti
circostanti, parliamo di problemi di biocompatibilità, nei confronti del tessuto sul quale viene ancorata la
protesi, tessuto rappresentato dalle pareti del muscolo cardiaco dove veniva posizionata la valvola naturale.
Dove avevamo la valvola che era stata totla è la sede di impianto della protesi valvolare. Il modo in cui
penso di vincolare la protesi all’
anus e i materiali che scelgo per suturare prtoesi all’
anus sono fondoamentali,
e bisogna tenere conto della biocompatibilità perché il tessuto non abbia ricrescite anomale. Abbiamo un
processo infiammatorio causato da ferite di ancoraggio della protesi all’ anulus. Se il materiale è poco
biocompatbile il tessuto reagisce in maniera sconosciuta, e potrebbe non reagire o causare grossi problemi.

 Dovrebbe avere dimension i tali da adattarsi alle taglie dei diversi portatori. Requisito che vale per
questo dispositivo come per altri dispositivi investigati, devo avere una possibilità di scalare la taglia della
protesi alle dvierse taglie dei portatori. La struttura artificiale non è difficile pensarla scalata, ma nell ’
esempio
della protesi valvolare ho problemi di taglia più critici. Ho protesi valvolari cardiache costruite prendendo
delle valvole da animale, che sono porcine, e vengono montate su supporti artificiali, che posso si farli di
diverse taglie, ma la valvola che ci metto sopra non è detto che si adatti al supporto creato. Non posso
creare dei supporti custom del maiale,e faccio supporti standard che mi consentano tagli standard, ma
la protesi non fitta sempre il supporto artificiale creato.

 Dovrebbe essere facil mente impiantabi le. Le valvole tradizionali non sono facilmente impiantabili, chirurgia
complessa e lunga.

 Non deve produrre rumore avvertibile dal paziente.

119
LE PROTESI VALVOLARI CARDIACHE IN IMPIEGO CLINICO

Diversi disegni delle protesi e scelte dei materiali e come si sono evolute nel tempo, grande distinzione di due
tipolog ie, valvole meccani che e valvole biolog iche. Possiamo vedere le caratteristiche di ciascuna delle due classi.

La valvola meccani ca è qualcosa che funziona perché uno o più organi mobili sono in grado di muoversi rispetto
alla struttura fissata al cuore : movi mento relativo tra cardin e e porta, cardine struttura fissa, e porta mobile, i
cardini consentono il movimento. Movimento di una struttura rigida. Sono valvole costituite con materiali metallici
polim eri o ceram ici non deformabili dalle sollecitazioni meccani che a cui sottoposte, causate dalla pressione
sanguigna che fa aprire o chiudere questi sistemi. Lavorano in maniera diversa dal tessuto naturale, qui le valvole
sono costruite in materiali non deformabili, i regimi pressori non causano deformazione di queste strutture. Sono
valvole che garantiscono migli or durata nel tempo , e il controaltare è quello che essendo fatte di materiali artificiali
e per il loro disegno, tendono a far coagu lare il sangu e. Sono protesi che non garantiscono fluidodinamica ottimale (i
portatori necessitano di trattamenti che inibiscano la coagulazione del sangue o l’ aggregazione piastrinica). Esse
hanno Movimen to apertura e chiusura anomalo rispetto a valvola natural e,e forma compl etam ente diversa
dalla valvola naturale e fatte di materiali artificiali dove sangue si coagula sopra. Requisito di compatibilità sanguigna
viene meno, deve essere mitigato da azione di terapia farmacologica a cui sottoporre il paziente per tutta la sua vita.
Sono valvole che durano tanto e offrono ottima durata nel tempo ma necessitano che il paziente sia sottoposto per
tutta la vita a terapia anticoagulante per impedire o rallentare i processi di coagulazione. Questo è un problema in
quanto prendere anticoagulanti per tutta la vita non è piacevole. Azione coagulante del sangue funziona, serve a
qualcosa. Se togliamo attraverso un farmaco questa possibilità al corpo umano abbiamo controindicazioni. Il grosso
svantaggio è legato alla qualità della vita del paziente, scoagulato per tutta la sua vita,non ho adattamento della
protesi, sangue ci coagula sopra dal primo giorno all’ ultimo.

L’ alternativa sono le valvole biolog iche che sfruttano un tessuto diverso, non materiale artificiale, ma tessuto di
origine biolog ica, o valvola anim ale, generalmente porcina , oppure utilizzano un tessuto di origiine animale, per
costruire una valvola simile alla valvola naturale. La grande differenza sta nella forma : valvole meccaniche abbiamo
parlato di valvole non biomorfe, nom simili alla geometria naturale. Le valvole biologiche sono costituite da una
struttura metallica o polim erica che sosti ene una valvola di forma simi le alla valvola natural e aortica e
realizzata con tessuto biolog ico di origine anim ale. Nel caso della naturale prendo valvola procina o sagomo
tessuto naturale come pericardio biovi no ancora con forma della valvola naturale. Seconda differenza, apertura e
chiusura avvi ene come valvola natural e, meccanismo di funzionamento uguale, ho foglietti valvolari che si aprono e
si chiudono secondo i regimi pressori. L’ origine naturale del materiale da costruzione, è anche aspetto positivo
rispetto alla coagulazione : il sangue coagula meno volentieri che non su tessuto completamente artificiale, non
devono essere sottoposti a terapie anticoagulanti. Svantaggio : sono soggette a fenom eni di progressivo
cedi mento meccani co, e o di calcificazio ne. Fenom eni che nel tempo induco no nuovamente patolo gie di
insuffi cien za o stenosi. Come la valvola naturale ho progressivo cedimento meccanico e calcificazione come valvola
naturale, motivo per cui la valvola biologica durava motlo meno della meccanica. Oggi le durate si sono allungate, si è
capito come trattare il tessuto biologico per rallentare fenomeni di decadimento e calcificiazione.

Sono due valvole alternative da


utilizzarsi su pazienti alternativi.
Dove sappiamo sia difficile che
paziente segua terapia costante e
monitorata nel tempo, è inutile
mettere valvola meccanica : siamo
sicuri che il paziente sopravviva
senza terapie famracologiche
critiche. Due concezioni diverse che
utilizzano materiale diverso
entrambe con vantaggi e svantaggi
da utilizzarsi secondo richieste del
pazienti. Valvola naturale per paesi
poveri, valvola che una volta messa
non ha bisogno di terapie costanti.
Oggi avendo avvicinato la durata di
valvola meccanica biolgica e
meccanica si può scegliere.

120
L’impiego clinico di protesi valvolari cardiache iniialmente era di sole protesi meccaniche, con lo sviluppo della
tecnologia si sono create protesi tessute che sono andate nel tempo quasi a soppiantare quelle meccaniche. Ogni
anno vengono impiantate circa 300000 protesi e si ha un tasso di crescita previsto del 12% annuo. Ci possono essere
due tipi di protesi :

1. Homograft/Allograft. Sono valvole umane che vengono prelevate da cadaveri, hanno una durata simile a
quella delle valvole biologiche.

2. Autograft-procedura di Ross. Questa è una procedura per la sostituzione della valvola aortica, si usa la
valvola polmonare dello stesso paziente (autograft polmonare), quella polmonare viene sostituita con una
valvola polmonare presa da cadavere (homograft polmonare) , in questo modo la valvola in uscita e in
ingresso hanno meno problemi sul lato sinistro. Autograft indica che è presa dal paziente stesso, homograft
che è presa sempre da un umano ma da un cadavere.

La procedu ra di Ross

È stata usata la prima volta nel 1967, usata in pazienti pediatrici in quando l’ autograft polmonare che segue può
crescere con il paziente. Viene usata nel caso di situazioni congenite non trattabili o patologie analoghe ad un adulto
(es. endocardite infettiva).

Per un paziente pediatrico la protesi deve avere:

 Buona fluidodinamica con riduzione del post-carico e precarico del LV a valori normali

 Affidabilità e durata per evitare un re-intervento

 Assenza di rischio tromboembolico devo evitare di dare troppi anticoagulanti

 Resistenza a infezioni e endocarditi

 Facilità di impianto

 Dimensioni adatte al paziente pediatrico

 Capacità di crescita per evitare che il soggetto cresca e la protesi resti fissa e on si adatti al corpo del
paziente.

La chirurgia valvolare

Sia in quelle meccaniche che in quelle biologiche esistono delle strutture di supporto che vengono suturate alle pareti
del cuore.Queste strutture sono dischi in plastica o in metallo ricoperti da un tessuto Dacron: è proprio l’ anello che
viene saturato tramite punto singolo (non viene fatto passare un solo filo per tutta la valvola).Il problema della taglia è
molto importante: è possibile che la parete cardiaca del paziente venga tirata per poter adattarsi alla taglia della
valvola stessa e quindi un problema di sovrasollecitazione sulle suture.

Le varie tipolog ie di protesi valvolari sono:

LA VALVOLA A PALLA

Devo avere un anello di sutura in Dacron o materiale simile


per fissare la valvola all’ anulus aortico. Una palli na vien e
inserita all ’interno di una gabbia metallica, quando il
flusso di sangu e la spinge avan ti riesce a passare al
contrario quando deve impedire il ritorno del sangu e
verso il ventricolo allog gia nel buco dell ’ anulo e blocca il
flusso. Qui abbiamo un’ apertura e chiusura a seconda dei
gradienti di flusso (come richiesto dalle specifiche), la rapidità
di apertura e chiusura dipende molto dall’ inerzia della palla,
densità del materiale, dimensione. Inerzie elevate non danno
rapidità di chiusura con conseguenti retro flussi. La palla si
muove lentamente e nella fase di decelerazione il sangue
torna un po' nel ventricolo, quando la palla arriva in sede all’
anulus ho un sigillo perfetto. Ha quindi rigurgiti dinamici per l’
inerzia e non statici. Essa da aperta non deve creare ostacolo
121
al flusso, con questa valvola però il sangue non passa indisturbato,
deve girare intorno alla palla, con zone di ricircolo a valle della palla.
La conseguenza è che è come una valvola un po' stenotica
elevati gradienti di pressioni rispetto a valvole normali, 10-15
mmHg rispetto a 1-2 mmHg. anticoagulanti per forza vanno presi.
Si sente il rumore perché la gomma va contro metallo, Non c'è
nulla che si deforma perché con valvole meccaniche ho elementi
rigidi che fanno movimenti rigidi, quindi possono durare molto nel
tempo.

Problema: usura da urti, il silicone (palla) andava incontro ad usura,


ma con trattamenti termici va meglio. La pallina comunque può
anche ruotare su sé stessa quindi urto non avvi ene mai nella
stessa posizione, ma resta il fatto che ci sono due urti per ogni
ciclo e circa 2 miliardi di cicli. Inoltre la valvola ha un ingombro piuttosto elevato per il flusso. Quando è in posizione
atrio ventricolare tipo in mitralica sporge molto e rischia di interferire con muscoli papillari che vengono lasciati. Posso
poi avere anche problemi con conduzione elettrica se la gabbia metallica tocca la parete causa alterazioni del ritmo
cardiaco. In aortica sporgo anche lì e potrei disturbare le coronarie. Ho una durabilità elevata per caratteristiche
meccaniche elevate.

Gabbia più corta per evitare problema di ingombro : effetto benefico per l’ inerzia della valvola, ma nascono anche
trafilamenti statici in fase di chiusura!! sono pericolosi? Valvola di prima: quando la palla va ad appoggiarsi su anello ci
sono i globuli rossi sull’ anello che vengono schiacciati e vanno incontro ad emolisi. In questo caso con modifica
(valvola a doppia gabbia) evito emolisi perché lascio fessura sottile, ma creo più emolisi per rigurgito perché la
fessura fa effetto canna dell'acqua e la pressione di getto del sangue è più elevata.

Quando valvola chiusa è sicuramente valola ottima, perchè per niente issuficiente(sangue non ha reflusso) Lo
svan taggio è che molto lenta a chiudersi, quindi insufficienza nel chiudersi. Inoltre quando si chiude appoggia sull
anello, sul quale rimane del sangue e schiaccia un determinato numero di globuli rossi sull anello--> molto emolitica
quindi. Evoluzione di questa è Valvol a a doppia gabbia--> non solo da un lato la gabbia ma da tutti e 2 i lati rispetto
alla palla. In questo caso palla si appoggia su parte inferiore della gabbia e non su anello

VAN: palla piu piccola e quindi diminuire rigurgito dinamico perchè la palla, essendo piu piccola, si sposta piu
velocemente, riesco ad abbassare altezza gabbia e quindi problema di andare a toccare parete cardiache è ridotto e
riduco problemi di emoliticità (perchè la palla non ha piu diametro maggiore dell anello ma lo stesso e quindi
superficie su cui si deposita il sangue è sicuramente minore e quindi minore emoliticità)

SVANT: Possono esserci dei filamenti tra gabbia e palla--> abbiamo cercato di bypassare difetti della soluzione
tecnologica precedente ma ne ho introdotto altri. Comunque nn ha avuto molto successo questa valvola a doppia
gabbia.

21 settembre 1960 c’ è stata la prima sostituzione valvolare mitralica nell ’


uomo con successo, visse per 15 anni, all’
inizio la gabbia non era metallica ma plastica, si è passati poi al metallo Passaggio a palla di satellite cava per
problema di usura silicone, ma aumento rumore!! Quindi rivesto palla con tessuto per ridurre rumore, il problema è
che poi il tessuto si distrugge quindi abbandonato anche tessuto. Alla fine la soluzione è stata trattare il silicone
termicamente per risolvere l’ usura, in ogni caso devo avere un anello di sutura che riduce il diametro si cerca di
risolvere questo problema con una doppia gabbia.

Per inserire una valvola la chirurgia va da 5 a 6 ore, dopo serve


una riabilitazione cardio respiratoria perché con il flusso
extracorporeo ho un flusso stazionario e non pulsatile. All’inizio
dell’
impianto ci sono degli anellini per tenere la valvola in
posizione che poi vengono inglobati dai tessuti, così riduco i
tempi di impianto perché non devo cucire.

Questa in immagine è quella a doppia gabbia dove ho gabbia


piu piccola sopra e una gabbia sotto dove si appoggia palla che
permette d non far passare il angue quando si chiude dall orifizio
mitralico Sicuramente quella piu usata è con palla siliconica e
gabbia prima in stell ite e negli ultimi casi in titanio

122
Dimostrazione che anche se ho degli svantaggi della valvola a palla, ho dei vantaggi sorprendenti per essere il
primo tentati vo di valvola; Dobbiamo però fare attenzione a questi dati perchè i primi interventi di questa protesi
sono fatti su un corte di pazienti molto limitata. In questo caso la donna aveva 30 anni, non era un paziente in età
avanzata ed era un dei primi pazienti scelti, quindi anche chi faceva per le prime volte questo tipo di impianto
sceglieva con cura i pazienti su cui provare per le prime volte. Pazienti poco problematici per lo meno con patologie
molto ben defini te e delin eate. Man mano che protesi a risultati buoni, si va verso pazienti piu critici; puo darsi che
effetto della protesi sul paziente critico ovviamente sia smorzato rispetto a i primi pazienti scelti. Altra cosa che inoltre
incide è l abilità chirurgica : Starr-Edwards magari avevano fatto un training molto approfondito e molto istruiti per
quella specifica operazione chirurgica, quando poi ovviamente protesi prende piede, le operazioni vanno in mano a
molti piu chirurghi che pero ovviamente nn hanno avuto lo stesso istruzione e preparazione e quindi sono piu probabili
gli errori chirurgici.

123
Altra valvola a palla(altro esempio clinico tra i primi). Qui ci sono una serie di gancetti che agganciavano la palla all’
anello valvolare (aggancio diverso).

LA VALVOLA A DISCO

Qui si cerca di ridurre problem i di ingom bro e


inerzia, la palla è sosti tuita da un disco (in
deneri n) di dimension e molto piccola. Non
ho bisogno di farlo andare molto avanti per far
passare il flusso, sporgo di meno ma peggioro
la fluidodinamica perché il sangue si scontra su
disco come contro un muro inoltre ho più
problemi di usura e danneggiamento per urti.
Nonostante questa usura rimane funzionale, il
disco è danneggiato ma la valvola fa il suo
lavoro anche se con emodinamica pessima
perché crea zone di ristagno. Gabbia in
stell ite e disco in Dacron-Plastica. Il sangu e
per attraversare la valvola però deve fare
percorsi tortuosi si hanno dei ricircol i che
causano ristagn o trombi. Le pareti del disco
sono pre-scavate per far sì che il disco trasli
perpendicolarmente. Unico vantaggio è la
maggi ore biocom pati bilità.

La valvola a palla poi si è evoluta nella valvola a disco traslante che è un po un ritrovato non molto riuscito; valvola
che asso mma molti difetti della valvola a palla ma ne produce ulteriori . Comunque valvola nn molto usata. La
Gabbia metallica all’ interno della quale corre un disco che quando è chiuso si appoggia sulla gabbia stessa e
quando la pressione a monte vince quella a valle si apre e il sangue puo fluire. Perchè abbiamo detto che è un
ritrovato non molto riuscito ? Ha vantaggi rispetto a palla:Gabbia sempre in cobalto cromo e disco di un materiale
plastico, quindi meno pesante della palla in silicone , quindi spostandosi piu velocemente ho meno reflussi.???

Fluido dinam ica in questo caso ha problemi: sangue si trova davanti proprio una porta chusa e non piu una superficie
rotonda come con la palla quindi dovendo fare percorso ancora piu tortuoso ho problemi ancora maggiori di ristagno-->
valvola fortemente stenotica e in piu si sono introdotte 2 nuove problematiche:

 Usura, perchè il disco era in un materiale piu morbido della gabbia e quindi si usurava in maniera molto
accentuata; Questo significa che prima o poi disco potrebbe anche rompersi perchè il disco è rimasto non in
grado di resistere alle pressioni sanguigne

 Essendo un disco è piu facil e che durane traslazione possa impun tarsi rispetto alla palla. Se si mette a
traslare non parallelamente all’anello ma con un certo angolo, allora si blocca e quindi valvola che in chiusura
smette del tutto di funzionare perchè nn si chiude perfettamente

 Anche questa è una valvola puttosto


insufficiente, ci sono dei reflussi un po perchè disco
non chiude benissim o. Quindi anche in questa molti
svantaggi per i quali sono state presto abbandonate.

124
LA VALVOLA A DISCO OSCILLANTE

Soluzione più furba: disco osci llante, il disco traslante


non era granché quindi faccio in modo che il disco
durante apertura faccia rototraslazione mettendosi il più
possibile parallelo a direzione di flusso. Dall’anello
metallico non ho più gabbietta che deve bloccare disco,
ma strutture tipo gambetti/corna che non si metton o
in mezzo a flusso. Devono essere strutture metalliche
che consentano al disco di fare i suoi movimenti, ma di
non uscire dalla sede naturalmente, se no eventi
catastrofici perché perdo disco in giro e valvola diventa
inutile. Il disco viene montato in sede produttiva e per
montarlo deformo in elasticità i gambetti per poi farli
tornare in sede quando disco è a posto, quindi devo
stare attento a non creare def plastiche se no non
tornano a posto. Resist enza meccani ca ad urti non è
granché, quindi devo stare molto attento a produzione
soprattutto per il coating e carbonio pirolitico. Soprattutto la superficie deve essere liscissima per evitare cricche.
Fluidodinamica migliora perché ho doppio lume e flusso passa di più, disco non è proprio parallelo a flusso quindi
offre leggera stenosi, ma molto meglio di prima. Nel 99% dei casi per le valvole meccaniche non ho cedimenti come
nelle biologiche, ma se avvengono sono sempre catastrofici e istantanei!! Si è pensato anche a fare il disco più
concavo o convesso per far passare meglio il flusso. In chiusura non ha una tenuta perfetta, c’ è un pò di gioco
per far sì che la valvola si apra con determ inati ΔP.

Arriviamo al precursore delle valvole usate oggi. Anche qui ho parte fissa che va fissata all anus valvolare (anello
di sutura), una gabbia e un anello oscillante. Valvola che è venuta fuori attorno anni 60. Come funziona?? La P
sanguigna fa ruotare il disco attorno ad una struttura esattamente come se fosse il cardine di una porta dove i disco
puo ruotare; non piu una traslazione come prima ma una rotazione del disco attorno a un perno. Quindi idea è
liberare il lume di passaggio al sangue mediante l’apertura di questo sportello,

Vantagg i sono tanti:

 Superficie che ostacola sangue è minore perchè il disco che ottura il passaggio a valvola chiusa quando si
apre si mette in posizione inclinata e quindi permette al sangue 2 lumi di passaggio e quindi oppone al
sangue 2 sue superfici molto piccole--> fluidod inam ica meno alterata rispetto valvole prima. Tanto piu l
angolo con cui si apre il disco è vicino a 90 gradi rispetto anello di sutura tanti piu la fluidodinamica è buona
perchè se avessi apertura esattamente a 90 il sangue vedrebbe come suprficie solo lo spessore del disco.

 Migliora di molto la caduta di pressione a cavallo della valvola, quindi cuore meno stressato dal dover vincere
una caduta di pressione data da valola artificiale

 Emolisi è contenuta e limitata alle strutture con le quali disco e anello si interfacciano ma il disco non va a
toccare sulle pareti dell anello. Essendoci comunque del gioco tra anello e disco per permettere movimento
relativo, ho si vantaggio di emolisi ma da altra parte quando disco è chiuso ho maggiore insufficienza, passa
un po piu sangue.

Tolleranze di lavo razione sono estrem amn ete importanti per garantire funzionalità del dispositivo; cioè dovendoci
essere del gioco tra parte mobile e fissa e dovendo garantire che quel gioco sia il minore possibile per permettere di
movimento relativo e minimizzare reflusso, è determinante. Questo aspetto nella valvola a palla non c’ era, perchè
avevamo palla piu grossa dell anel lo e non c’ erano problem atiche di tolleranza; è una valvola piu complessa dal
punto di vista del disegno, e quindi si introducono questi importanti aspetti di realizzabilità del progetto seguendo le
tolleranze. Inoltre è una valvola che fa rumore, a differenza di quella a palla che essendo in silicone non faceva alcun
rumore; Comunque grande salto tecnologico, e il disco nero perchè ricoperto di carboni o pirolitico . Per aspetti del
tutto casuali si è scoperto che è la struttura artificiale su cui sangue coagu la meno volentieri. Questo materiale ha
fatto diminuire tantissimo problemi di tromboticità presente nelle valvole prima. Non posso usare diversi materiali dalla
grafite x fare pirolisi, perchè avvenendo pirolisi a circa 1500 gradi, anche il bulk deve resistere. Grafite ha pero
caratteristiche meccaniche davvero basse, e quindi il disco essendo fatto da grafite rivestito da carbonio pirolitico ha
caratteristiche meccaniche accettabili; importante quindi anche la definizione dello spessore di carbonio che devo
depositare , perchè è proprio il carboni o che garanti sce rispetto delle caratteristiche meccani che. Inolte buono
usare grafite perchè 2 materiali con stesso coefficiente di dilatazione essendo entrambi carbonio e quindi non rischio
125
che ci sia il distacco tra i 2 strati una volta che protesi torna a sua T dopo pirolisi. La sua evoluzione è la valvola
meccanica di uso comune, ed ancora una valvola dove le parte mobili sono appunto fatte o per lo meno rivestite in
carbonio pirolitico. Quindi carbonio pirolitico ha portato a un salto davvero enorme. All’ interno o per lo meno al di
sopra del disco, va prevista una struttura radiopaca perchè se no in radioscopia disco non si vede. Essa é un anello
ancorato al disco in qualche sua parte prprpio per rendere il disco rivestito in carbonio pirolitico visibile

LA VALVOLA A DUE EMIDISCHI

Il disco osci llante non era fisiologico


perché c'era doppio lume e poi il disco
non si metteva parallelo a flusso. Con
un disco solo benché veloce, le
inerzie rimanevano elevate. L’
emodinamica era migliorata in termini
di minimizzazione di ricircoli. Il disco
non deve incastrarsi durante il
movi mento , quindi devon o esserci
dei giochi sia durante il movi mento ,
sia durante l'appoggi o. Ciò porta per
forza a dei tra filamenti e porta a
aumento di rigurgiti statici oltre a
dinamici.

Doppio disco : Complico la struttura


perché ho due emidischi. Gli angoli di
apertura arrivano anche a 90 gradi se
progetto bene le cerniere contro i 60-
70 (con concavità) del disco oscillante.
Mi permettono di avere un lume di
passaggio ancora più grande. Il profilo di velocità è piatto come quell o di una valvola natural e, tranne nei due
punti in cui ci sono i dischi . La qualità è fondamentale, i due emidischi devono essere identici per muoversi
esattamente nello stesso modo, inoltre offrono resistenza molto limitata al flusso (valvola non stenotica). In generale le
valvole con dischi sono le più rumorose. Problema grosso. Il primo impianto 3/10/77, non viene modificato per molti
anni, circa 130000 impianti è la valvola meccanica più usata al mondo. Materiali: carbonio pirolitico per l’ anello di
supporto : emocompatibili tà ottimizzata. Dettagli che possono variare e migliorare nel tempo: devo curare la forma
della cerniera, assemblare tutto in modo che non si possa smontare quindi nella fase produttiva il montaggio e
deformazione di disco è fondamentale Si è capito che può essere importante orientamento della valvola, quindi
una volta che ho suturato la valvola posso decidere se lasciarla libera di ruotare per adattarsi da sola o posizionarla
nel modo giusto prima di fissarla. Inoltre viene inserito un anello di irrigidimento di titanio perché se l’
anello si deforma
molto per contrazione del ventricolo rischia di diventare ovale! L'anulus naturale nel tempo si muove e cambia di forma.
Quello meccanico deformandosi rischia di disassemblarsi quindi meglio irrigidirlo. Anche le cerniere hanno dei giochi
per garantire l’
ampiezza dei movimenti devo progettarle non solo per la cinematica ma anche per impedire problemi
con passaggio del sangue. Potrei avere la rottura di schi anto: o per rottura della compo nente o per distacco .(La
Omnicarbon ha apertura molto più vicina a 90 gradi. Utilizza chirurgia tradizionale, cuore aperto.

Uso lo stesso concetto ma non ha un solo disco che ruota attorno ad un asse ne ho 2 che si aprono/chiudono sempre
per differenza di pressione. Siamo a fine anni 70. Oggi queste valvole sono costruite tutte in carboni o pirolitico: sia i
2 emidischi che anello di sutura; questo perchè anche anello entra in contatto con sangue e se lo facciamo con
materiale piu emocompat diminuiamo rischio di coagulo. Non ho 1 sola porta che si apre ma 2 qui; anche questa
valvola abbastanza rumorosa; migliora ancora piu la fluidodinamica perchè il sangue vede quasi esclusivamente
spessore dei 2 emidischi durante il suo corso .Ha gli svan taggi delle valvole meccaniche cioè soggetta
potenzialmente a cedimenti di schianto nel caso in cui emidischi si stacchino da anello valvolare o rimangano
incastrati (con tessuto che ricresce per esempio all intrerno della struttura che puo causare questo blocco).

Valvol e meccani che: Emolisi, formazione di coaguli. Le strutture fisse danno problemi fluidodinamici e non sono fatte
di materiali biologici. Attualmente non posso utilizzare polimeri per fare le valvole perché non posso rinunciare a
caratteristiche meccaniche per il numero di cicli e entità di deformazioni che dovrebbero sopportare i leaflet. Quindi si
è passati alle valvole biologiche prima da cadaveri ma era difficile per la disponibilità quindi prese da animali (maiali
per valvole intere o tessuto, mucche alcuni hanno provato con i cavalli)

126
LA VALVOLA PORCINA

Devo cercare di rendere valvole inerti ,


resistenti perché non essendo più vivente
non è in grado di ripararsi da sola. A livello di
reperibilità è facile avere valvole porcine le
prelevo dal cuore di maiale e hanno anatomia
molto simile a quella umana. Trattamento
chim ico , montaggio su supporto valvolare
rigido o sem i rigido di solito metallico per
mantenere forma corretta della valvola e
facil itare impianto al chirurgo . Comunque
questo oggetto non è fisiologico ed irrigidisco
l'anulus più di quanto serva. Apertura
perfetta e chiusura perfetta, resistenza
meccani ca bassa, usura nel tempo
elevatissima e peggio ra nei pazienti
giovani . Ottima fluidod inam ica, non
richiedono terapie anticoagulanti croniche,
quindi sarebbe meglio per giovani e vecchi.
Ma per giovani abbiamo detto che nel tempo
si degradano oppure vanno incontro ad
elevata calcificazione e diventano pressoché inutilizzabili. Tutto il lavoro nello sviluppo non è tanto nel cambio del
materiale, ma sul mettere o no lo stent per supporto e su come aumentare la durabilità del device con trattamenti
prima di operare. Prima la valvola viene fissata in gluteraldeide che sterilizza e uccide cellule e va a migliorare
proprietà meccaniche perché aumenta crosslinking nel materiale, quindi compensa in parte la mancata capacità di
autoripararsi. Dopodiché ci sono una serie di trattamenti per ridurre calcificazione. Può succedere anche che il
foglietto valvolare si rovini, crei delle microfratture all’
interno del tessuto che non rendono più la valvola impermeabile
in fase di chiusura. Lo svantaggio è che queste valvole hanno un fallimento nel tempo inevitabile, non posso avere
delle taglie perfette per quanto i maiali vangano fatti crescere in un range determinato di peso.Si è pensato anche di
non prendere la valvola intera ma solo i leaft e montarli per una questione di asimmetrie di rigidezza della valvola che
veniva messa in una sede non sua.

Altra tipologia è la valvola biolog ica. Questa porcina è la prima valvola biologica che consideriamo.Si prende
valvola del maiale e la si monta su un supporto valvolare generalmente polimerico o metallico. Oggi esistono valvole
porcine anche senza supporto valvolare ma i casi piu comuni e diffusi sono quelli con supporto. Introdotta anche
questa negli anni 70. Sviluppi maggiori tra anni 60 80 perche da li si puo impiantare nell uomo e quindi tutti iniziano a
progetttare protesi impiantabili. Problemi di antigenici tà nel introdurre tessuto anim ale nell uomo : valvola viene
devitalizzata in modo da renderla inattacabile dal sistema immunitario umano con formaldeide e guraladeide(qst
secondo check); trattamento con qyesti ha vantaggi anche xk aumenta caratteristiche meccaniche della protesi.

VANT: basta allevare maiali per avere a disposizioni valvole. Essendo valvole animali e non artificiali è sicuramente
piu emocompatibile! Inoltre terzo vantaggio grande è impossibi lità che questa ceda di schi anto: puo andare
incontro a irrigidimento o calcificazione, ma questo non avviene da un giorno all altro come cedimento meccanico, e
quindi sono problematiche che nn causano morte del paziente. Configurazione della valvola molto simile a quella
naturale umana: 3 foglietti che grazie al delta di pressione si deformano e lasciano passare il sangue. La stenoticità di
questa valvola è praticamente nulla NB. e dall’ altra parte ha anche performance molto molto buone in chiusura se i
foglietti combaciano perfettamente. Quindi valvola molto performate.

Dove sono i problemi?

 Fitting della protesi e supporto; Supporto è costruito industrialmente secondo diverse taglie ma con
progressione discreta, progressione che invece è non discreta per quanto riguarda la valvola. Per essa é
praticamente impossibile trovare suporto perfetto per una valvola in modo che non sia ne troppo lasca che
troppo tirata.Se troppo tirata provoco gia decadimento delle proprietà meccaniche della valvola mentr se è
troppo lasca sulla struttura questa nn apre e chiude bene; quindi devo trovare il giusto equilibrio tra le misure
del supporto valvolare che nn mi tiri troppo la valvola ne che sia troppolasca.

 Decadi mento dovuto a mineralizzione del collagene nel sangue che rende il foglietto piu rigido--> foglietto si
apre di meno perchè meno deformabile e anche quando si chiude le calcificazioni alterano la conformazione
dei foglietti che non combaciano piu bene (possibili trafilamenti quindi). Questo sopratt nelle prime valvole
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introdotte ha portato a scarsa affidabilità meccanica in termini di minore durata rispetto alle valvole
meccaniche. Nel giro di poco tempo dovevano essere sostituite; ai quei tempi era una coa molto molto
negativa perchè sia operazione che strumenti per circolazione artificiale del sangue, erano ai loro primordi e
quindi davvero molto invasive e quindi se paziente dopo 5 6 anni doveva andare a fare un secondo
intervento non le ha fatte diffondere molto e utilizzare nei primi tempi. Quello che si fatto è stato lavorare
molto per trovare trattamenti alternativi della valvola porcina per aumentare affidabilità meccanica cioè
minimizzare calcificazioni e irrigidimenti dei foglietti in modo da allungarne la durata

LA VALVOLA PERICARDICA

Uso tessuto bovino pericardico , è una


membrana piatta quindi nel processo
produttivo taglio opportune forme dei leaft
e faccio una fissazione in gluteraldeide. Il
vantaggio è che posso fare leaft
sostanzialmente identici e evito il
problema della dimensione prefissata dell’
anulus che ho se prendo la valvola
porcina, posso fare più taglie. Oltre che
gluteraldeide tratto i leaft anche per
calcificazio ne, volendo posso
cam biare forma anche ai leaft . La
dimensione da dare alla valvola la dà l’
orifizio del paziente perché viene
suturata esternamente all’ anello di
supporto ho un lume di passaggio più
grosso rispetto alla porcina, evito
problemi di accoppiamento tra valvola e
supporto perché ritaglio io un tessuto con
le mie forme. È una valvola biomorfa
perché prendo un tessuto per farla non
prendo l’intera valvola e la impianto.

Alternativa che usa sempre un tessuto animale (il pericardio cioe membrana che riveste il cuore: per la maggior parte
bovina o equina). In questo caso ho un materiale con cui poi costruisco la valvola; constatando che struttura della
valvola naturale ha 3 foglietti. Se funziona bene, ha ottime performance in apertura e chiusura, si è scelto di
mantenere la stessa struttura. Ancora una volta ho anello di sutura, supporto ma nn piu valvola come prima, ma
tessuto dal quale poi mi costruisco la valvola.

VANT:

 Posso progettare disegno valvola come voglio io; posso anche decidere di fare disegno diverso da quello di
valvola naturale. Con quel materiale di origine biologica posso progettare una protesi con disegno diverso nel
caso domani si trovasse un disegno della protesi piu performante--> progettualemtne è molto piu
interessante perchè non devo adattare una valvola gia esistente al mio caso. Anche qui tessuto trattato per
renderlo non attaccabile sistema immunitario e incrementarne le proprietà meccaniche

 Suturata esternamente e quindi a parità di diametro dell anus valvolare, in questo caso ho superficie di
passaggio superiore e quindi ho delle perdite di carico piu basse se non con protesi porcina usata sullo
stesso paziente che invece sutura il tessuto ll interno dell anello--> maggi ori vantaggi in termini di
resistenza idrauli ca della valvola durante l’
apertura

Vediamo quelle di uso moderno. Cosa è cambiata per queste 2 ? I trattamenti a cui sono soggetti prima dell ’
impianto . Si sono ottimizzate le miscele per la fissazione della valvola, e si è arrivati a prolungare durata della
valvola in maniera importante rispetto a prime valvole--> durate ottenute comparabili con quelle meccaniche. Quindi
se problem a di affidabilit à nel tempo vien e baypassato, questa valvola ha solo vantaggi rispetto a quell a
meccani ca! (nn devo dare coagulanti per tutta vita e inoltre non cedono di schianto)

128
L’
IMPIANTO DELLA PROTESI VALVOLARE

Normalmente in cosa consiste? Si accede al cuore fermo, si toglie la


valvola non piu funzionante, si usa uno strumento per misurare la
dimensione dell anello valvolare (calibro) e una volta stimato questo si
ancora la protesi a uno strumento e suturata con tanti punti di sutura
singola in corrispondenza dell anello valvolare reso libero dopo la
rimozione della valvola naturale.

Questa è una operazione che richiede molto tempo: preparazione


paziente molto complessa perchè bisogna fermare cuore, garantire
che circolazione esterna funzioni bene e poi operazione stessa molto
difficile e lunga.

FALLIMENTI DELLE PROTESI VALVOLARI

Vediamo in una valvola tolta dopo 11 anni che essa è stata tolta per calcificazioni su alcuni leaft e formazione di
tessuto biologico, ciò ha ridotto la flessibilità e la capacità di muoversi del sistema stenosi. Un'altra valvola è stata
tolta dopo 9 mesi a causa di un’ infezione : endocardite

Valvol e brasil iane: si sono rotte da una cricca data dalla lavorazione alle macchine utensili fatta male, non c’ è stata
la lavorazione superficiale si è creata una cricca e si è arrivati al cedimento. Un altro tipo di rottura di alcune protesi
è stato a causa di un’ asimmetria tra la linguetta e la base dei leaft all’
incirca di mezzo millimetro che ha portato alla
fuori uscita del leaft.

L’ angolo che si va a formare è un fattore di rischio (se a 60° rischio 1 se a 70° rischio 5), anche la taglia influenza il
rischio infatti al crescere della taglia aumenta il rischio, la data di saldatura invece non centra nulla.

È successo in un caso che la protesi era stata studiata per una determinata posizione di equilibrio si è scoperto poi
che essa poteva avere un equilibrio in due punti, quindi la valvola andava ad appoggiarsi in un'altra posizione di
equilibrio rispetto a quella progettata, andava a cedere il punto di saldatura nel punto d’
attacco, sono fallite il 10%
delle valvole prima di capire il perché.

Co-Cr, pyrolitic carbon occluder, no welds!

Primo esempio (esem pio che va a mettere il dito proprio sui


problem i delle protesi valvolari): dischi nn ci sono piu, si sono
spezzati. perni che spuntano dai dischi hanno delle sedi che
permettono apertura e chiusura. Perno di sinistra si è rotto qui
e quindi il disco si stacca e va in giro per paziente.Cause di
questa tipologia di problematica??

Si è investgato a fondo su quali fossero i motivi di quel


fallimento. Si vede che anche nel perno rimasto intatto si
notano delle tracce lasciate dal processo di
ottenim ento e costruzione del dispositivo. Questi
piccoli 'scavi' sono state le sedi i innesco delle cricche a
fatica che hanno portato a distacco del pezzo. Quelli in
D sono esattamente i segni detti sopra e sono
rappresentati nel perno ancra intatto.

Le valvole cardiache sono le protesi maggiormente


scartate cioè dove ho il controllo qualità piu duro e
specifico: le specifiche di progetto sono davvero strette.
Per questo motivoo le valvole cardiache costano uno
sproposito

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Altre immagini di fallimenti i protesi valvolari.

 A: Valvola meccanica (quella roba rossa un trombo che occlude lume)--> gia in fase precedente a quella
acuta, l’
emidisco che deve ruotare li puo rimanere bloccato.

 B--> richescite di tessuto dal tesssuto cardiaco su cui ho suturato la valvola verso la valvola cardiaca. Quello
non è problem di emo-comatiilità ma di bio-compatibilità perchè con tipo di sutura o comunque metodo di
inserimento abbiamo creato una risposta infettiva o infiammatoria che ha causato ricrescita assurda. Anche
in questo caso posso avere disco che si blocca.

 C--> si vede un braccetto staccato della struttura metallica. Quindi anche il disco per forza di cose se n’
è
andato

 D--> protesi bio dove ho tessuto del lembo valvolare che si è calcificato e rotto poi. Piu tessuto è rigido
(calcifico) piu diventa fragile e quindi si puo rompere.

 E-->immagine di svilppo futuro. Inserimento di valvola percutanea all interno di una valvola percutanea fallita
(vediamo dopo)

In corrispondenza degli asterischi e


frecce ci sono delle formazioni di
tessuto calcifico. Foglietto che al
momento dell impianto è liscio, risulta
corrugato dalle formazioni calcifiche.

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9. DISPOSITIVI COMPLESSI PER
APPLICAZIONI CARDIOVASCOLARI
PROTESI VALVOLARI PERCUTANEE : CATETERE + STENT

Tecnica alternativa rispetto a quella sopra: Piccola sternoto mia, introduco un catetere dall apice del cuore che poi mi
rilascia valvola nel cuore. Valvole che sono biologiche perchè devo essere in grado di schi acci arla adegu atam ente
prima di montarla sul catetere. La valvola percutanea puo essere schiacciata e ancorata a suttura tipo stent.

Valvola e Stent solitamente vengono crimpati in sede operatoria, viene montata ovviamente una guaina e una volta in
sede, la guaina viene sfilata, lo stent si apre e insieme anche la valvola percutanea (apertura governata o con
palloncino e per ritorno elastico dello stent) e la valvola rimane adesa al cuore senza bisogno di cucire. a dx a ritorno
di forma, a sx palloncino.

Nel prossimo istogramma posso vedere il viola, che mi rappresenta tecniche che usano protesi appena descritte-->
sta diventando la tecnica verso cui si sta andando perchè nn ho piu rischio operatorio tanto alto come per chirurgia
tradizionale.

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SPECIFICHE DI PROGETTO

 Tutte quelle delle protesi valvolari chirurgiche , in quanto devono compiere lo stesso lavoro.

 Specifiche aggiunte legate allo stent

 Lo stent deve rimanere impiantato in modo sicuro all’


interno della valvola nativa durante il funzionamento
dellla valvola (rischio di migrazione)

 Nessuna parte dello stent deve ostacolare la funzione delle strutture della valvola atrioventricolare
nativa

 In posizione aortica, nessuna parte dello stent deve ostruire le arterie coronariche

 Lo stent deve essere ben apposto all’


annulus aortico per evitare un rigurgito paravalvolare

 Lo stent non deve cedere a fatica

LE PROTESI VALVOLARI CHIRURGICHE SUTURLESS

Il fatto di non avere sutura è


talmente un vantaggio, che si è
pensato di mettere delle protesi non
per via mini invasiva ma per via
transapicale che permettano di
evitare i tempi di cucitura della
valvola al cuore; cuore viene
fermato, gli si accede ma già il fattto
di evitare sutura fa scegliere questo
tipo di protesi. Quindi anche queste
messe per via chirurgica (anche se
meno invasiva rispetto a quella
normale) fermando comunque il
cuore, ma fissano la protesi alle
pareti senza sutura ma sfruttand o
lo stent

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