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MC MENNEL

Mc Mennel è stato il primo autore a dare una veste scientifica alla tecnica delle manipolazioni, precedentemente nota solo a livello
empirico. Essa si differenzia rispetto alle mobilizzazioni classiche per un’azione più specifica sull’articolazione.
La mobilizzazione può essere:
- Attiva
- Attiva-assistita
- Passiva
- Passiva-forzata (utile in caso di rigidità in quanto permette di recuperare l’escursione articolare
di un’articolazione rigida).
Quello che nella maggior parte delle articolazioni facciamo con la mobilizzazione consiste in un movimento angolare che avviene
attorno ad un fulcro, che corrisponde all’articolazione stessa (è possibile avere anche movimento traslatori come quelli nella scapolo-
toracica, ma sono meno frequenti). Durante tali mobilizzazioni utilizziamo una leva favorevole per fare meno fatica ed ottenere il
massimo del rendimento. Ricordiamo sempre la regola di immobilizzare il segmento prossimale e mobilizzare il distale (a meno che non si
lavori in catena cinetica chiusa). La mobilizzazione si realizza grazie a due componenti attuate dalle mani del terapista, di cui una
costituisce la forza mobilizzatrice e l’altra quella fissatrice, cioè quella che deve essere mobilizzata, e quindi utilizza i fisiologici piani ed
assi di movimento ma in realtà non riproduce ciò che accade nella gestualità della persona se si considera che l’essere umano si muove
secondo le tre dimensioni dello spazio. Da ricordare che:
- Il recupero dell’escursione articolare non avviene tutto in una volta ma gradualmente, seduta dopo
seduta;
- Il paziente deve trovarsi in una posizione comoda, eventualmente utilizzando anche tecniche di
rilassamento al fine di rilassarlo in modo tale da riuscire a forzare l’articolazione. Questo perché se
svolgiamo una mobilizzazione passiva forzata il pz non deve partecipare al movimento.

La manipolazione articolare (dal quale si esclude la manipolazione della colonna vertebrale, che attualmente in Italia è effettuata
solo da personale specialistico medico) è una modalità di lavoro differente dalla chinesiterapia normale: prevede un insieme di
tecniche diverse intese ad agire terapeuticamente su articolazioni non vertebrali in cui, per varie cause siano comparse alterazioni della
funzione sia per limitazione di movimento, sia per la presenza di fenomeni dolorosi. La finalità quindi di queste manovre è da una parte
quella di restituire all’articolazione lesa il movimento fisiologico, dall’altra di rimuovere lo stato doloroso.

Nelle manipolazioni vengono utilizzate delle leve anatomiche molto corte (del 3° tipo, quindi le mani del terapista sono molto vicine
all’articolazione trattata) e si agisce prevalentemente sugli elementi articolari capsulo-legamentosi non investendo gli elementi muscolo-
tendinei se non indirettamente. Occorre tenere presente l’anatomia articolare ed in particolare la relativa lassità ed elasticità dell’apparato
capsulo- legamentoso, per comprendere che l’articolazione non è un meccanismo rigido il cui movimento avviene solo entro schemi
prefissati. Per questo motivo, accanto al movimento che l’articolazione può compiere attivamente (flesso-estensione, abdo-adduzione…),
vi è la possibilità di riprodurre passivamente movimenti molto più ampi, o addirittura movimenti che non sono possibili volontariamente. È
soprattutto a questo tipo di movimento, totalmente involontario ma fisiologico (anche se lei sottolinea che sono movimenti che vengono
esagerati, perché è come creare delle micro sub-lussazioni), che sono rivolte le manovre manipolative articolari. Questo movimento è
stato denominato da Mc Mennel “joint play” o “gioco articolare”; esso rappresenta quel margine di adattabilità, di tolleranza, che
permette all’articolazione di compiere i movimenti finalizzati che non sono mai unidirezionali, ma sono sempre accompagnati da
movimenti accessori di aggiustamento.

È importante notare come nei casi in cui vi sia una limitazione della funzione articolare, sia rilevabile altresì una netta diminuzione o la
scomparsa del gioco articolare. È intuitivo che questo gioco varierà entro limiti molto ampi da articolazione ad articolazione: avrà valori
di frazioni di millimetro nelle interfalangee, per arrivare a valori macroscopici nella scapolo-omerale. Se a questo punto pensiamo che il
gioco è reso possibile dalla lassità ed elasticità dell’apparato capsulo-legamentoso, è intuitivo che, ripristinando con manovre specifiche
quei movimenti ‘’accessori’ che sono scomparsi, parallelamente si agirà sull’apparato capsulo-legamentoso con effetto contrastante il
movimento retrazionale.

Gli elementi di cui ci si avvale nelle manipolazioni sono prevalentemente due o in alcuni casi tre, a seconda delle articolazioni che
verranno mobilizzate. Tali manovre hanno l’obiettivo di creare:
 scivolamento, cioè far scivolare un capo articolare rispetto all’altro;
 decoattazione, cioè allontanamento di uno dei due capi articolari costituitivi dell’articolazione in senso trasversale rispetto
alla linea anatomica diafisaria del segmento da mobilizzare;
 rotazione assiale (rotolamento).
Una manovra completa di manipolazione prevede: mettersi nelle condizioni di svolgere quasi forzatamente una decoattazione
dell’articolazione, allontanando i capi articolari per poi eseguire uno stiramento della capsula articolare facendo quasi una micro-
lussazione compiendo movimenti di scivolamento e rotolamento. Durante una manipolazione andremo quindi ad eseguire queste manovre
uno per volta, oppure tutti insieme, forzando l’articolazione ai limiti della sublussazione. Per ogni segmento posso fare massimo due
manipolazioni all’interno della stessa seduta ed è molto importante conoscere i limiti dell’articolazione per evitare di fare danni. La
manovra deve essere “fluida ma brusca” ovvero deve essere eseguita correttamente e durare pochi secondi.

Il meccanismo d’azione delle manipolazioni è quindi volto a raggiungere diversi obiettivi:

1. Risoluzione del blocco articolare: l’effetto viene raggiunto mediante l’azione meccanica
decompressiva ottenuta con le micromobilizzazioni manuali su vari piani preconizzate da Mc Mennel;
2. Effetto antalgico: tale risultato è conseguente alla diminuzione della spinta intra-articolare. L’effetto antalgico, talora
ottenuto dopo una breve seduta di manipolazione articolare, fa pensare che l’azione primitiva è certamente più complessa da
considerare, e può essere determinato da diversi fattori:
- azione sullo spasmo muscolare degli stiramenti progressivi e ritmati;
- diminuzione dei conflitti meccanici. Quest’ultima eventualità sembrerebbe consecutiva, per esempio sulla coxo-femorale a
dei micro-ricentraggi femoro-cotiloidei; in effetti alcune anche possono presentare una non concentricità funzionale delle
loro superfici. Tale assenza di concentricità può essere fonte di attriti e la trazione ritmata può allora contribuire alla
sovrapposizione del centraggio di rotazione del segmento di sfera pieno e del segmento di sfera cavo;
3. Effetto trofico cartilagineo e miglioramento della lubrificazione articolare: l’azione delle alternanze di depressione
indotta dal gesto manuale favorisce la nutrizione cartilaginea assicurata dal liquido sinoviale e dalla via sotto-condrale o
ematica. Attraverso questa via, le trazioni intermittenti per mezzo dell’aumento del gradiente di pressione tra epifisi e cavità
articolare possono favorire gli scambi nutritizi cartilaginei. Inoltre, lo studio degli attriti articolari ci insegna che l’importanza
di essi dipende, fra l’altro, dalla presenza e dalla proprietà di sottili pellicole lubrificanti forzate sotto pressione. L’esistenza e la
regolarità di questo film sinoviale contribuiscono ad assicurare una migliore distribuzione degli attriti sulle superfici. Questo film
si può quindi riformare con il movimento e la diminuzione delle pressioni del carico.
4. Stiramento dell’apparato capsulo-legamentoso retratto: volendo agire su queste strutture, è conveniente orientare i segmenti
articolari che si desiderano trattare in posizione di ‘’messa in tensione’’ preliminare. In ogni caso la forza del gesto manipolativo
sarà rigorosamente personalizzata in funzione della tolleranza del paziente. Inoltre, l’azione di stiramento capsulo-
legamentoso deve essere sempre preceduta da un preciso bilancio delle retrazioni, localizzando la limitazione articolare che
deve essere trattata.
VALUTAZIONE DEL PAZIENTE:
Nel momento in cui devo eseguire una manipolazione di Mc Mennel è importante una corretta valutazione iniziale, soprattutto
accertandoci dell’integrità dei capi articolari. Questo in mancanza di una radiografia, è possibile farlo andando a studiare la storia clinica del
pz tramite la sua cartella clinica. Nel caso si abbiano dubbi sull’integrità dei capi articolari è sempre bene inviare il pz da altri specialisti
che possano dare certezze sulle condizioni.

CONTROINDICAZIONI:
- Assenza di integrità dei capi articolari
- Presenza di protesi o mezzi di sintesi quali chiodi/placche/viti
- Interventi a carico dei muscoli della cuffia dei rotatori per la spalla
- Lussazione recidivante di spalla
- Lesioni o ricostruzioni legamentose
- Osteoporosi
- Artrite reumatoide
- Emiplegia
- Pseudoartrosi
- Patologie a carco del SNC, in quanto si rischierebbe di aumentare un’eventuale spasticità
- Età pediatrica
- Età avanzata, nell’anziano ci potrebbe essere una condizione di osteopenia che rappresenta una controindicazione; quindi, non
sempre l’età anziana rappresenta una controindicazione
- Artrosi, in questa condizione le manovre possono risultare utili nelle fasi iniziali di malattia in quanto si
stimola una produzione di liquido sinoviale, nelle fasi evolute rappresenta una controindicazione a causa della presenza di osteofiti
INDICAZIONI:

- Post-trauma, per migliorare una condizione di rigidità post-traumatica creatasi

DESCRIZIONE PRATICA DELLE


MANIPOLAZIONI

SPALLA (rivedi i muscoli e l’anatomia):

MANIPOLAZIONE DELLA SCAPOLA [scollamento]:

1. Pz in decubito laterale
2. Ci posizioniamo difronte al pz e poniamo il suo braccio sulla nostra spalla (in modo che il
pz sia completamente abbandonato)
3. Afferro l’angolo inferiore con una mano e il superiore con l’altra, creando una coppia di forze
scollo la scapola muovendola. Il movimento che andremo a ricreare sulla scapola sarà un
movimento di rotazione interna ed esterna

Coppia di forze= due forze che


lavorano insieme ma al
contrario
MANIPOLAZIONE SCAPOLO-OMERALE (manovra a pistone):

1. Pz in decubito laterale
2. Ci posizioniamo difronte al pz e poniamo il suo braccio sulla nostra spalla
3. Individuo l’acromion (attraverso la palpazione), il mignolo a evidenziare l’interlinea sull’acromion e
mani a manicotto
4. Traziono verso l’alto l’omero per decoattare l’articolazione (sto diastasando l’articolazione)

(ATTENZIONE, nell’immagine riportata la presa è diversa di quella descritta dalla chionna)

Esiste anche una variante, utile soprattutto per i terapisti più esili. VARIANTE:

- Far scivolare il braccio del pz dalla nostra spalla dietro alla schiena
- Afferrare il braccio del pz e trazionare verso l’alto facendosi forza con tutto il corpo.

In entrambe le manipolazioni si tratta sempre di decoattazione fatta con spalla in abduzione 90°.
MANIPOLAZIONE SCAPOLO-OMERALE (decoattazione pura in posizione fisiologica):

1. Pz in decubito laterale col braccio steso lungo il fianco in posizione fisiologica


2. Terapista difronte al pz
3. Poniamo una mano a livello ascellare (mano a taglio) vicino all’interlinea articolare e l’altra
mano sulla porzione distale del braccio a decoattare, creo una coppia di forze spingendo verso
l’alto con la mano vicina all’ascella e verso il basso con l’altra.

MANIPOLAZIONE SCAPOLO-OMERALE (decoattazione a 45° con scivolamento posteriore e rotolamento):

1. Pz in decubito supino
2. Mano del pz sulla nostra spalla
3. Metto le mani a manicotto vicino all’articolazione, creo una coppia di forze spingendo con i
mignoli verso il basso e con i pollici verso l’alto. In questo modo costringo la testa dell’omero a
scivolare posteriormente. Pima di effettuare la coppia di forze, bisogna decoattare l’articolazione e
mantenere la decoattazione fino alla fine della manovra. Quindi avremo una decoattazione,
scivolamento posteriore e rotolamento che si ottiene flettendo il braccio del pz. La presenza di tutti e
tre i movimenti rende questa una manovra completa.

È importante mantenere la decoattazione continua durante tutta la manovra per evitare di pinzare la
capsula articolare e successivamente la testa dell’omero in sede una volta terminata la manovra.

MANIPOLAZIONE SCAPOLO-OMERALE (decoattazione a 90° da seduto con scivolamento inferiore e


rotolamento):

1. Poniamo il pz seduto
2. Ci posizioniamo a 3/4 dal pz e poggiamo il suo braccio sulla nostra spalla
3. Troviamo l’interlinea e vi poggiamo i mignoli (margine ipotenar)
4. Eseguo la stessa manovra descritta precedentemente, ma questa volta la testa dell’omero scivolerà
inferiormente e non più posteriormente. In questa manovra è il tronco del paziente che si sposta, non
vado ad alzare il braccio. Tengo il braccio fermo e spostando giù (lateralmente) il tronco, faccio
rotolare la testa in basso (almeno 30° di rotolamento). In questo caso creiamo una coppia di forze
utilizzando un solo braccio. L’altra mano del terapista poggia solo per evitare la caduta del pz ma
non viene utilizzata ai fini della manovra.
Il gomito la Chionna non lo tratterà perché più complesso; quindi, non lo chiede. (c’è un disassamento tra
radio e ulna)

POLSO (rivedi anatomia)

MANIPOLAZIONE POLSO (decoattazione pura):

1. Troviamo l’interlinea prendendo come punto di riferimento il processo stiloideo


2. Con l’altra mano afferriamo la mano del pz circa in corrispondenza della fila prossimale del carpo
3. Trazioniamo con le nostre mani in direzioni opposte per decoattare l’articolazione
A questa manovra, nel quale svolgiamo solamente una decoattazione è possibile associare:

- Manovre di deviazione ulnare e radiale, mantenendo sempre la decoattazione. In questo modo


vado a distendere l’apparato capsulo-legamentoso
- Micromovimenti traslatori antero-posteriori (non fisiologici)

MANIPOLAZIONE POLSO (decoattazione a colpo di frusta):

1. Afferiamo con le nostre mani la fila prossimale del carpo della mano del pz
2. Partiamo da una posizione di flessione del polso e del gomito
3. Aiutandoci con il peso del braccio e la forza di gravità, spingiamo la filiera prossimale del carpo in
giù dando un colpo di frusta in estensione. In questo modo ho creato un movimento antero-posteriore
della filiera del carpo in decoattazione
(LEZIONE 4)

ANCA (rivedi muscoli e anatomia)

MANIPOLAZIONE COXO-FEMORALE (decoattazione pura):

- Poniamo il pz in decubito supino, e flettiamo di qualche grado (10°-15°) l’anca in modo da ricreare
il corretto posizionamento dell’asse dell’arto inferiore (il contatto del bacino con il lettino lo porta
in leggera retroversione)
- Invito il pz a tenersi lateralmente al lettino con le mani (altrimenti tenderà a scivolare verso il basso)
- Posiziono la mano a manicotto a livello dell’estremità distale della gamba
- Traziono l’arto, creando così una decoattazione pura a livello dell’articolazione coxo-femorale

MANIPOLAZIONE COXO-
FEMORALE (decoattazione con
utilizzo di coppia di forze):

- Pz in decubito laterale
- Posizioniamo le mani in modo da creare una coppia di forze per poter decoattare l’articolazione,
ma in questo caso la forza da esercitare sarà maggiore di quella utilizzata per la coppia di forze
nell’arto superiore. Una mano a pugno sotto la coscia del pz, l’altra invece sarà poggiata aperta
sulla parte distale della coscia e spingerà verso il basso

MANIPOLAZIONE COXO-FEMORALE (decoattazione con scivolamento posteriore e rotolamento):

- Pz in decubito supino
- Fletto l’anca a circa 90° poggiando la gamba del pz sulla mia spalla
- Metto le mani a manicotto in prossimità dell’articolazione
- Traziono e mantenendo la decoattazione fino alla fine della manovra, spingo la testa del femore
posteriormente e fletto la coscia per farla rotolare. Dopo aver mantenuto la decoattazione per tutta
la manovra, riposiziono in sede l’articolazione interrompendo la trazione una volta arrivati alla
posizione di partenza
GINOCCHIO (rivedi anatomia e muscoli)

MANIPOLAZIONE FEMORO-ROTULEA: [NON DIRE MAI ESSERE UN’ARTODIA CHE ALTRIMENTI


ATTACCA UN PIPPONE CHE NON FINISCE Più QUELLO CHE HAI IMPARATO IN TUTTI I LIBRI
BUTTALO PERCHè SONO TUTTI FALSI BRUTTI E CATTVI, VAI IN PACE]

- Px in decubito supino
- Afferriamo la rotula con indice e pollice di entrambe le mani creando una losanga
- Creare una coppia di forze in modo tale da farla slittare sulle superfici articolari in direzione
diagonale creando quindi una croce

(nelle foto appaiono prese diverse di quella descritta da Chionna, presumo possano essere delle varianti)

Questa manipolazione è utile a sbloccare la rotula, qualora dovesse essere poco mobile per varie cause. Una
cosa molto importante da ricordare è valutare sempre la mobilità della rotula prima di andare a mobilizzare il
ginocchio ed eventualmente eseguire questa manipolazione prima della mobilizzazione. (cosa). Dunque, queste
manovre possono essere utili sia prima di una classica mobilizzazione, sia pri ma di una manipolazione
Mcmennel per il ginocchio.

MANIPOLAZIONE GINOCCHIO (decoattazione)

- Pz in decubito prono
- Fletto il ginocchio del pz
- Afferro con una mano l’epifisi distale della tibia e poggio l’altro braccio sull a stessa coscia del
pz, molto prossimalmente all’articolazione
- Traziono verso l’alto andando a decoattare a femoro-tibiale. Posso anche mantenere la trazione
ed effettuare uno scivolamento- rotolamento, spingendo la parte prossimale della tibia verso la fine
del lettino, utilizzando il braccio che poggia sulla coscia

CAVIGLIA (rivedi anatomia)

MANIPOLAZIONE TIBIO-TARSICA E SOTTO ASTRAGALICA (decoattazione)

- Pz in decubito prono
- Fletto il ginocchio del pz
- Afferro la caviglia mettendo le mani a manicotto afferrando il calcagno
- Sollevo trazionando verso l’alto mandando in decoattazione sia la tibio-tarsica che la
sotto- astragalica

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