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Il sollevamento della gamba tesa: lileopsoas e gli effetti sulla

colonna lombare

Titolo originale: Lesercizio di sollevamento della gamba tesa: ruolo del muscolo
ileopsoas ed effetti sulla colonna lombare.

Marco Infelisi
Dottore in Scienze Motorie
Dottore in Fisioterapia
marcoinfelisi@yahoo.it
3396954259
Abstract
Nella prassi riabilitativa degli arti inferiori, lesercizio straight leg raise (SLR)
da molti anni considerato di comune impiego per il recupero del
tono-trofismo che il quadricipite femorale ha perso durante il mancato utilizzo
o limmobilizzazione. Esso consiste in numerosi sollevamenti da terra della
gamba infortunata mantenendo il ginocchio esteso. Dalla letteratura in nostro
possesso risulta chiaro come, nellesecuzione di questa flessione dellanca, vi sia
unimportante attivazione del muscolo ileopsoas, maggiore di quella del
muscolo quadricipite, che in realt partecipa soltanto con il retto femorale,
unico capo biarticolare. Allo stesso tempo, per, emerge anche come vi sia, in
letteratura, grande discordia sullazione che lileopsoas, e in particolare lo psoas
maggiore, svolge a livello della sua origine, la colonna lombare. Numerosi
modelli biomeccanici hanno tentato di simulare la dinamica della colonna
lombare in risposta ad una contrazione dello psoas e molti sono concordi
nellaffermare che essa subisce un aumento della sua lordosi fisiologica con
importanti forze di taglio anteriori, applicate soprattutto a livello L5-S1, e
carichi in compressione sui dischi intervertebrali. Nel caso dello SLR tutto ci
avviene soltanto da un lato ed agli eventi sopra descritti si deve aggiungere
anche un aumento della mobilit dellarticolazione sacro-iliaca. Daltra parte
ampiamente riconosciuto come lo SLR test sia un utile strumento diagnostico
la cui positivit segno di patologie del rachide lombare, quali sciatalgie o ernie
del disco. Altri studi sembrano invece incoraggiare il potenziamento
dellileopsoas, rilevando come esso sia responsabile della stabilit della colonna
lombare. Non si pu dunque affermare con certezza se lallenamento di questo
muscolo possa arrecare al rachide lombare danni o benefici; ci che possiamo
affermare invece che lo SLR non un esercizio specifico per il quadricipite
femorale.
Parole chiave: straight leg raising, ileopsoas, retto femorale, colonna lombare,
biomeccanica, riabilitazione.
INDICE
1 INTRODUZIONE
1.1 DESCRIZIONE DELLESERCIZIO E SUE FINALIT
1.2 PROTOCOLLI RIABILITATIVI
1.2.1 Il recupero precoce della forza muscolare
1.3 LA LOMBALGIA
1.3.1 Anatomia funzionale del rachide lombare
1.3.2 Un test ormai classico: la manovra di Lasgue
1.4 SCOPO DI QUESTO STUDIO
2 ANATOMIA E FUNZIONE DEI MUSCOLI COINVOLTI NELLO STRAIGHT
LEG RAISE
2.1 RETTO FEMORALE
2.1.1 Anatomia
2.1.2 Funzione
2.2 SARTORIO
2.2.1 Anatomia
2.2.2 Funzione
2.3 TENSORE DELLA FASCIA LATA
2.3.1 Anatomia
2.3.2 Funzione
2.4 ILEOPSOAS
2.4.1 Anatomia
2.4.2 Funzione
2.4.3 Considerazioni sulla funzione del muscolo ileopsoas
3 ANALISI BIOMECCANICA DELLO STRAIGHT LEG RAISE
3.1 CINEMATICA ARTICOLARE DEL BACINO E DEL TRATTO
LOMBO-SACRALE DURANTE LO STRAIGHT LEG RAISE
3.2 ATTIVAZIONE MUSCOLARE
3.3 DISCUSSIONE
4 CONCLUSIONI
BIBLIOGRAFIA
1 Introduzione
Lo scopo di questo studio analizzare un esercizio, lo straight leg raise (SLR),
molto in uso nei protocolli riabilitativi relativi ai traumi e alle patologie degli
arti inferiori (Andrews et al., 2000; Andersson et al., 1997a; Ferretti, 1996;
Shaw et al., 2002), al fine di verificare come il muscolo ileopsoas, protagonista
di questo gesto (Andersson et al., 1997a, 1997b; Kapandji, 2002; Kendall et
al., 2002), intervenga sulla colonna lombo-sacrale e, infine, capire se possano
esserci ripercussioni su di essa.
1.1 Descrizione dellesercizio e sue finalit
Lo SLR si esegue in posizione supina, con larto inferiore da allenare esteso e il
controlaterale flesso in appoggio; gli arti superiori distesi lungo i fianchi.
Nellesecuzione dellesercizio (Fig. 1.1), il paziente effettuer una contrazione
isometrica del quadricipite interessato e successivamente elever lentamente
larto per circa 15 cm, terr per sei secondi e seguir una fase di ritorno lento
a terra, decontrazione e riposo di quattro secondi (Andrews et al., 2000).

Fig. ?1.1 Esecuzione dello straight leg raise


Lobiettivo di questo esercizio di recuperare il tono-trofismo che il
quadricipite ha perso durante il periodo dinattivit o immobilit, senza il
rischio di stress assiali o torsionali sotto carico.
La filosofia alla base della rieducazione quella di ripristinare la funzionalit di
una struttura che ha perso la sua efficacia, a seguito di lesioni traumatiche
acute o di un sovraccarico funzionale. Ma per riabilitare una funzione si deve
innanzitutto analizzare ci che essa rappresenta. Gli arti inferiori hanno un
duplice significato nel corpo umano: esplicano una funzione statica, di sostegno,
e una funzione dinamica, di movimento. Lequilibrio di queste due funzioni, che
si manifestano nella stazione eretta, permette allessere umano di muoversi in
modo indipendente per adempiere ai suoi bisogni primari: vita di relazione e
nutrizione (Souchard, 1994). Allora perch la rieducazione di questo distretto
deve essere svolta in posizione di decubito?
In effetti, a seguito di alcuni traumi vi lassoluta necessit che larto
infortunato non sia sottoposto al carico imposto dalla stazione eretta per
periodi di tempo diversi: a seguito di un intervento chirurgico (ad esempio
meniscectomie, plastiche legamentose) o dopo una distorsione traumatica al
ginocchio o alla caviglia, vi necessit di una rieducazione funzionale che nelle
prime fasi precluda la sollecitazione del peso corporeo sul distretto interessato
(Andrews et al., 2000).
Nelle lesioni di legamenti e di tendini, inoltre, la cicatrizzazione di questi
richiede tempi lunghi che vanno dalle 3 alle 5 settimane prima che essi possano
essere nuovamente sottoposti ad un normale carico tensivo (Andrews et al.,
2000; Cummings et al., 1983; Houglum, 1992) e, dunque, risulta necessario
evitare movimenti attivi del ginocchio, che sar progressivamente mobilizzato
dal terapista allo scopo di riacquistare quanto prima la completa articolarit.
1.2 Protocolli riabilitativi
Come detto, lesecuzione dello SLR ha lo scopo di recuperare il tono-trofismo
del muscolo quadricipite e per questo il suo utilizzo esteso a pi campi.
In ambito sportivo, ad esempio, s impiegato per la normale riabilitazione a
seguito di traumi o interventi chirurgici, ma anche pi comunemente al fine di
conservare la forza muscolare in caso di semplici infiammazioni di ginocchia o
caviglie, che costringano latleta al riposo dagli allenamenti (www.nba.com)
(Fig. 1.2).
Rafforzare un quadricipite debole significa anche fornire stabilit al ginocchio
(Andrews et al., 2000) e, in questottica, lo SLR viene puntualmente
consigliato a chi soffre di sindrome rotulea (www.fisiobrain.com), osteoartrite
(www.sghhealth4u.com.sg), e ricostruzione totale del ginocchio
(www.thephysiotherapysite.co.uk). Inoltre, lesercizio inserito tra quelli
proposti a pazienti che hanno subito un trapianto di polmoni per il ritorno
allattivit quotidiana (www.columbiasurgery.org).
Fig. ?1.2 Lo SLR eseguito da un cestista NBA per il recupero da
uniperestensione traumatica del ginocchio (dal sito della National Basketball
Association, NBA)
La riabilitazione successiva a ricostruzione del legamento crociato anteriore
(LCA), ormai stabilito, inizia nella primissima fase post-operatoria e gli
obiettivi a breve termine sono il recupero dei normali gradi di mobilit del
ginocchio, il controllo del dolore, la riduzione del gonfiore, la deambulazione
precoce e lavvio del potenziamento muscolare (Chipchase et al., 2001; De
Carlo et al., 2000; Paessler et al., 1995; Podesta et al., 2001; Shelbourne et
al.,1990; Wilk et al., 1992). Nonostante esistano pochi studi con fondamenti
scientifici circa leffettiva necessit degli esercizi per il recupero muscolare
(Shaw et al., 2005), numerosi autori li inseriscono nella prima fase dei loro
protocolli, con particolare riguardo allo SLR (Beard et al., 1998; De Carlo et
al., 1994; De Carlo et al., 1997; De Carlo et al., 2000; Feller et al., 2002;
Manal et al., 1996; Mangine et al., 1997; Podesta et al., 1994; Podesta et al.,
2001; Shaw et al., 2002; Tovin et al., 1994; Wilk et al., 1992).
1.2.1 Il recupero precoce della forza muscolare
Come detto, lo SLR ormai puntualmente inserito nei protocolli riabilitativi di
un gran numero di patologie agli arti inferiori; esso fa parte di un certo
numero di esercizi tutti finalizzati al recupero della forza muscolare del
quadricipite. Ma la necessit di ripristinare precocemente questa qualit stata
recentemente messa in discussione da uno studio di Shaw et al. (2005) dal
quale si evince come gli esercizi di potenziamento del quadricipite a seguito di
ricostruzione del LCA non siano del tutto giustificati. Nel loro studio, gli autori
hanno formato due gruppi di soggetti: il primo ha eseguito, nelle prime due
settimane post-operatorie, lo SLR e le contrazioni isometriche del quadricipite;
il secondo gruppo, invece, ha evitato qualsiasi esercizio per il ristoro della forza
muscolare. I controlli sono stati effettuati ad una ed a due settimane e ad uno,
a tre ed a sei mesi. Il primo gruppo ha mostrato un pi rapido recupero della
normale flesso-estensione del ginocchio, ma a distanza di un mese non vi erano
gi pi differenze tra i due gruppi; non ci sono state differenze sostanziali nei
test di lassit del ginocchio (KT1000), effettuati dopo tre e sei mesi, e di forza
muscolare (macchinari isocinetici), dopo sei mesi.
Nel complesso il gruppo di soggetti che ha eseguito gli esercizi ha ottenuto
piccoli miglioramenti, ma quanto questi sono stati merito dello SLR e quanto
dellaltro esercizio proposto non chiaro. Nel dubbio gli autori suggeriscono di
continuare ad utilizzare gli esercizi, vista la loro economicit e semplicit di
realizzazione.
1.3 La lombalgia
Il dolore lombare una dei pi comuni motivi di visita nella pratica
ambulatoriale. Si stima che circa l80% della popolazione abbia esperienza,
almeno una volta nella vita, di un dolore lombare (Negrini et al., 2006; Wong
et al., 2004). In particolare in Italia, esse rappresentano il 3,5% dei motivi di
ricorso al Servizio Sanitario Nazionale e il 20% di tutte le patologie
osteo-articolari. La lombalgia colpisce sia uomini che donne, pi
frequentemente tra i 30 e i 50 anni di et; si calcola che il 5% degli adulti
soffre annualmente di un episodio di lombalgia, a prescindere dallet e dalle
condizioni economico-sociali. Nonostante la frequenza con la quale questo
problema si presenta, la diagnosi eziologica pu essere spesso difficile ed
imprecisa, nonostante lausilio della moderna diagnostica. Molte delle algopatie
lombari guariscono in una quarantina di giorni, indipendentemente dalla
terapia praticata, ma restano rilevanti le implicazioni economiche che
comportano alti costi individuali e sociali, in termini di apparecchi diagnostici e
trattamenti, riduzione della produttivit e un certo grado di disabilit nella
vita quotidiana (Negrini et al., 2006). Infatti le patologie dolorose del rachide
lombare sono tra quelle che pi frequentemente danno luogo a limitazione
dellattivit fisica del paziente.
Per comprendere a pieno lorigine della lombalgia necessario conoscere
approfonditamente la struttura della colonna lombare e come essa agisce.
1.3.1 Anatomia funzionale del rachide lombare
Il rachide lombare costituito da 5 vertebre tenute insieme da un complesso
sistema di articolazioni, di legamenti e di muscoli (Fig. 1.3).

Fig. ?1.3 La colonna lombo-sacrale (da Marinozzi, 1993)


Nella sezione posteriore del tratto lombare vi sono, a coppie, le articolazioni
interapofisarie, vere diartrodie con sinoviale e capsula (costituite dalle apofisi
articolari inferiori della vertebra superiore e dalle apofisi articolari superiori
della vertebra inferiore), che regolano i reciproci spostamenti delle vertebre in
virt dellorientamento spaziale delle loro faccette articolari. Le faccette hanno
un orientamento verticale, con disposizione sagittale allaltezza di L1 ed L2 ed
in senso frontale a livello dei segmenti inferiori: consentono i movimenti di
flessione ed impediscono quelli di rotazione e di inclinazione laterale. Nella
sezione anteriore, tra le limitanti dei corpi vertebrali, sono inseriti i dischi
intervertebrali. I dischi creano unarea di circa di 10 cm2 tra una vertebra e
laltra e tengono aperta una finestrella, il foro intervertebrale, in maniera che
i nervi possano dirigersi, protetti, agli arti inferiori; funzionano da
ammortizzatore tra i corpi vertebrali e partecipano alla stabilizzazione della
colonna vertebrale. Un disco normale, ben idratato, impone un movimento
basculante; un disco degenerato, con legamenti intervertebrali rilasciati,
fornisce un movimento anomalo di scivolamento di una vertebra sullaltra, con
squilibrio della distribuzione dei carichi sul disco stesso. Laumento artificiale
della pressione interdiscale provoca dolore alla schiena.
La capacit di estensione e di flessione della colonna vertebrale dorsale
minima per cui gran parte di tali funzioni vengono vicariate dal segmento
lombare. Ne risulta che esso quello pi esposto alle sollecitazioni statiche e
dinamiche. In particolare il movimento di flesso-estensione per il 65-75% a
carico dellarticolazione lombosacrale, per il 20-25% a carico dellarticolazione
L4-L5 ed il 5-10% a carico degli altri segmenti lombari (Wirhed, 1992). I
dischi intervertebrali L4-L5 ed L5-S1 sono quelli che devono sopportare un
carico statico pi elevato essendo i pi bassi e sono, in pi, quelli che
partecipano maggiormente ai movimenti flesso-estensori. La colonna lombare
in lordosi di 50 ed dotata di buona mobilit tanto da consentire i
movimenti del torace sul bacino. Laumento dellangolo sacrale (tra piatto
vertebrale superiore di S1 e piano orizzontale) comporta anche
unaccentuazione della lordosi lombare e predispone alla lombalgia.
La stabilizzazione della colonna toraco-lombare affidata a numerosi
legamenti: il legamento longitudinale anteriore, limita lestensione della
colonna vertebrale; il legamento longitudinale posteriore, che contribuisce alla
contenzione del disco intervertebrale; i legamenti gialli, contribuiscono al
ripristino della posizione eretta dopo le inclinazioni e riparano i nervi spinali
dalla protrusione della capsula nel forame intervertebrale; i legamenti
sopraspinosi ed i legamenti interspinosi, che limitano la flessione e linclinazione
laterale della colonna e contribuiscono al mantenimento della lordosi lombare.
Importanti nella genesi del dolore lombare sono il canale radicolare ed il
forame di coniugazione. Il forame di coniugazione limitato in avanti dal disco
e dai bordi dei due corpi vertebrali contigui, posteriormente dallarticolare
superiore della vertebra sottostante e dal legamento giallo, e sopra e sotto dai
peduncoli vertebrali.
Il canale radicolare parte dal punto di emergenza della radice dal sacco durale
e finisce a livello del forame di coniugazione; la parete anteriore formata dal
disco e dal bordo posteriore del corpo vertebrale, quella laterale formata
dalla faccia del peduncolo e posteriormente limitato dallapofisi articolare
superiore della vertebra sottostante e dal legamento giallo. La radice nervosa,
uscita dal sacco, va al di sotto dellarticolare superiore ed intorno al peduncolo
per uscire poi dal forame. Lipertrofia artrosica di questo processo articolare
pu comprimere la radice contro le strutture che le sono davanti come il corpo
vertebrale o un disco protundente. La radice si impegna sotto il peduncolo: se il
disco ridotto patologicamente di spessore la vertebra soprastante discende
determinando uno stiramento della radice contro il peduncolo, al suo passaggio
nel forame di coniugazione. A livello del forame di coniugazione la radice si
trova vicina allapice del processo articolare superiore della vertebra
sottostante: lassottigliamento del disco e la conseguente sublussazione delle
articolari fanno s che la radice possa essere compressa tra peduncolo della
vertebra soprastante ed apice della articolare superiore di quella sottostante. Il
canale spinale accoglie il midollo spinale che si spinge fino al livello della
vertebra L1, continuandosi, in basso, con le radici lombari e sacrali (cauda
equina). E delimitato in avanti dal corpo vertebrale e dal disco, rivestiti dal
legamento longitudinale anteriore; lateralmente dai peduncoli e
postero-lateralmente dai processi articolari; indietro dalle lamine e dai
legamenti gialli. Processi patologici a carico di queste strutture possono
determinare o favorire riduzione del diametro o modificare la forma del canale
spinale (stenosi spinale).
Le meningi accompagnano le radici. Radici e guaine sono lassamente ancorate
ai forami intervertebrali ed hanno una certa possibilit di scorrimento, ma
mentre il nervo discretamente elastico, la dura madre invece no: se la radice
bloccata da aderenze o compressa da unernia, la trazione sulla dura
anelastica produrr dolore.
Il dolore lombare pu essere classificato in 4 tipi differenti:
locale, se provocato dallirritazione delle terminazioni nervose delle strutture
muscolo-scheletriche rachidee;
da contrattura muscolare difensiva;
radicolare, per stiramento, compressione o irritazione della radice nervosa;
riferito, se proveniente da organi extravertebrali.
E utile, ai fini diagnostici, ricordare lordine di successione delle radici nervose
e delle vertebre. A livello lombare, data la migrazione del cono midollare dalla
vita intrauterina alla maturit, le radici nervose hanno una inclinazione ad
angolo acuto verso il basso. Infatti la radice L4 emerge s dal forame L4-L5,
ma non la radice nervosa compromessa in caso di ernia del disco L4, poich
viene interessata, in tal caso, la radice L5 che si dirige in basso per raggiungere
il foro di coniugazione tra vertebra L5 ed il sacro. Similmente unernia del disco
tra la vertebra L5 ed il sacro lede la radice nervosa S1 anzich la L5.
La conoscenza del modo sostanziale con il quale i movimenti articolari dellarto
inferiore sono segmentalmente innervati importante. Ogni movimento di
unarticolazione controllato da nervi provenienti da due segmenti contigui: i
quattro segmenti coinvolti nei due movimenti opposti di unarticolazione sono
in sequenza numerica. Nellarto inferiore ogni articolazione situata distalmente
ad unaltra innervata da un segmento midollare posto pi caudalmente.
Consideriamo, ad esempio, i quattro segmenti che controllano i movimenti di
anca, ginocchio e caviglia. Nellanca la flessione, ladduzione e la rotazione
interna sono appannaggio dei segmenti L2 ed L3; lestensione, labduzione e la
rotazione esterna dei segmenti L4 ed L5. Larticolazione immediatamente
distale, il ginocchio, controllata da segmenti midollari immediatamente
inferiori: lestensione da L3 ed L4 e la flessione da L5 ed S1. Similmente si
verifica per la caviglia dove i segmenti L4 ed L5 regolano lestensione ed i
segmenti S1 ed S2 la flessione. Per risalire allinnervazione di un muscolo
dellarto inferiore sufficiente, quindi, conoscere la sua funzione. Il muscolo
ileopsoas ha il compito di flettere lanca, per cui controllato dalle radici L2 ed
L3; il retto femorale ha il compito di estendere il ginocchio, per cui
controllato dalle radici L3 ed L4.
1.3.2 Un test ormai classico: la manovra di Lasgue
Nel 1864, Ernest Charles Lasgue (1816-1883), neurologo francese, pubblic
un articolo dal titolo La sciatica nel quale descrisse la correlazione tra il
nervo stesso e il dolore lombare. Si dice che lintuizione fu suscitata da una
richiesta di un suo amico, ispettore del lavoro, il quale gli chiese come poteva
scoprire gli scansafatiche che simulavano, appunto, la sciatica. Lasgue promise
di studiare la questione ed una sera, seduto vicino la moglie che era al
pianoforte e al nipote che accordava il violino, trov la risposta: la corda del
violino stirata sul ponte era come il nervo sciatico che viene teso sullischio
quando gli arti inferiori sono elevati. La scoperta dellattuale segno di Lasgue
non venne per pubblicata nel lavoro del 1864, essa fu descritta per la prima
volta nel 1881 da uno studente del famoso neurologo, J.J. Forst, nella sua tesi
di dottorato (Fig. 1.4). Nello stesso periodo, L.K. Lazarevic, a Belgrado, pubblic
un lavoro sulla stessa materia.
Fig. ?1.4 Ernest Charles Lasgue (1816-1883) e la manovra che provoca
lomonimo segno clinico
La manovra di Lasgue si compie, sul paziente supino, flettendo la coscia sul
bacino a 90 ed estendendo, poi, la gamba fino a portarla il linea con la coscia.
Nella pratica clinica corrente viene frequentemente semplificata con un altro
test, spesso erroneamente chiamato manovra di Lasgue: lo SLR test; esso
consiste nel sollevamento dellarto inferiore teso, quindi il gesto oggetto del
presente studio, eseguito, per da un terapista. Entrambi i test hanno la
funzione di valutare la rigidit dei muscoli ischio-crurali, ma soprattutto la
tensione del plesso lombo-sacrale e delle relative radici nervose (Lee et al.,
2000). Devono essere notati la presenza e lintensit del dolore e langolo fino
al quale pu venir alzato larto teso, per valutare anche landamento della
malattia nel tempo. La positivit (comparsa di dolore) o limpossibilit ad
eseguire il movimento depone per la sofferenza di una radice nervosa bassa (L4,
L5 o S1). La manovra va eseguita bilateralmente: quando si risveglia un dolore,
ad irradiazione sciatica, nellarto controlaterale, si deve pensare ad unernia
discale centrale (manovra di Lasgue crociata). La sofferenza di radici pi alte
(L2, L3 o L4) pu essere scoperta con la cosiddetta manovra di Lasgue inversa:
a paziente prono la flessione del ginocchio dovrebbe suscitare dolore.
Laumento della tensione neurale indicato da Hall et al. (1998) come possibile
fattore contribuente disfunzioni muscolo-scheletriche e dolore; questo studio si
propone dunque di verificare se la ripetizione, continuata, di questo gesto possa
incrementare le sollecitazioni in quella complessa struttura che la colonna
lombo-sacrale.
1.4 Scopo di questo studio
Lo SLR ormai un esercizio standard in campo riabilitativo e non solo: esso
viene spesso proposto anche nelle prime fasi di rafforzamento del quadricipite a
chi si avvicina per la prima volta ad unattivit sportiva o di fitness. Visto,
dunque, il vasto impiego che se ne fa e il gran numero di ripetizioni del gesto
che implica; poich esso comporta il coinvolgimento di molte strutture
anatomiche che devono mantenere la giusta armonia tra loro, allo scopo di
conservare il delicato equilibrio del bacino e del tratto lombo-sacrale; dal
momento che certa lattivazione dellileopsoas e che questo lunico muscolo
degli arti inferiori ad essere direttamente collegato alla colonna lombare;
cercheremo di capire se lo SLR un esercizio davvero necessario e utile allo
scopo che si prefigge o se, addirittura, possa far scatenare, in soggetti
predisposti, episodi di lombalgia sollecitando eccessivamente il rachide
lombo-sacrale.
2 Anatomia e funzione dei muscoli coinvolti nello straight leg raise
Il gesto dello SLR altro non che una flessione dellanca e come tale realizzato
da un gruppo di muscoli che hanno in comune il fatto di avere un braccio di
leva anteriore rispetto al piano frontale che passa per il centro
dellarticolazione e che passa davanti allasse di flesso-estensione X-X che giace
sul piano stesso (Fig. 2.1).

Fig. ?2.1 Lasse frontale passante per il centro dellarticolazione dellanca (da
Kapandji et al., 2002)
Essi sono il retto femorale, il sartorio, il tensore della fascia lata e lileopsoas
(Andersson et al., 1997b; Kapandji, 2002; Kendall et al., 2002). Altri muscoli
con funzione flessoria accessoria sono il pettineo, il medio adduttore, il retto
interno ed i fasci pi anteriori del piccolo e del medio gluteo.
2.1 Retto femorale
2.1.1 Anatomia
Esso origina dalla spina iliaca anteriore superiore con il suo tendine diretto e
dalla porzione superiore dellacetabolo sulla capsula articolare con il tendine
riflesso; le sue fibre decorrono verticalmente per inserirsi con i fasci profondi
sulla base della patella; con i suoi fasci superficiali forma il tendine rotuleo (Fig.
2.2).

Fig. ?2.2 Il retto femorale (da Kendall et al., 2002)


2.1.2 Funzione
La caratteristica principale del retto femorale, che lo distingue dagli altri capi
del quadricipite, di essere un muscolo biarticolare. Ci significa che partecipa
alla flessione dellanca (Busquet, 1996; Kendall et al., 2002). Kapandji (2002)
specifica come esso sia un potente flessore danca, ma anche come la sua azione
dipenda dal grado di flessione del ginocchio, infatti tanto pi efficace
sullanca quanto pi il ginocchio flesso, in accordo con il principio di fisiologia
muscolare secondo cui un muscolo riesce a sviluppare la forza massima quando
pre-stirato a circa il 120% della sua lunghezza (Wirhed, 1992).
2.2 Sartorio
2.2.1 Anatomia
Il sartorio si inserisce sulla faccia esterna della spina iliaca anteriore superiore e
sulla met superiore dellincisura appena distale alla spina, decorre,
obliquamente, in basso e verso linterno incrociando davanti lileopsoas e il
quadricipite. Fino a met coscia il suo orientamento verso lavanti, dopodich
devia indietro per seguire il contorno interno del ginocchio e si dirige
nuovamente, con il suo tendine, in avanti e in basso per inserirsi medialmente
alla tuberosit tibiale dove forma, insieme al gracile e al semitendinoso, la
cosiddetta zampa doca (Fig. 2.3).

Fig. ?2.3 Il sartorio (da Kendall et al., 2002)


2.2.2 Funzione
Esso in primo luogo un flessore dellanca e, secondariamente, abduttore e
rotatore esterno. Ha anche unazione sul ginocchio di flessione e rotazione
interna.
2.3 Tensore della fascia lata
2.3.1 Anatomia
Le sue fibre originano dalla parte anteriore del labbro esterno della cresta iliaca,
dalla superficie esterna della spina iliaca anteriore superiore e dalla superficie
profonda della fascia lata. Dopo un breve tragitto, diretto in basso e indietro,
esso va a fissarsi sul tratto ileo-tibiale della fascia lata, tra il terzo prossimale
ed il terzo medio della coscia (Fig. 2.4).
Fig. ?2.4 Il tensore della fascia lata (da Kendall et al., 2002)
2.3.2 Funzione
Il suo ruolo principale quello di flessore e abduttore dellanca, ha anche
unazione rotatoria (interna) e di estensione del ginocchio.
2.4 Ileopsoas
2.4.1 Anatomia
Il muscolo ileopsoas posto tanto nella cavit addominale quanto nella parte
anteriore della coscia, costituito da due porzioni che sono nettamente
separate in
alto e si riuniscono in basso dove prendono uninserzione comune (Fig. 2.5).
Fig. ?2.5 Lileopsoas, con le sue due porzioni distinte e la borsa sierosa (a destra)
su cui si riflette a livello della testa del femore (da Netter, 2004)
Il ventre del muscolo psoas presenta inserzioni superficiali (mediali) ed
inserzioni profonde (posteriori) sulle due facce della doccia formata dai corpi
vertebrali con i loro processi trasversi (angolo vertebro-costiforme); tutti i fasci
che si portano alla parete mediale, che cio originano dai corpi vertebrali, sono
anteriori: essi si inseriscono sulla faccia laterale dei corpi vertebrali (da D12 a
L4-L5), mediante una serie di arcate fibrose concave medialmente che
formano larcata dello psoas, una linea la cui estremit superiore corrisponde al
terzo pilastro del diaframma, mentre la parte inferiore si arresta al disco
intervertebrale che separa la quarta dalla quinta vertebra lombare. Queste
arcate danno uno spazio importante per il passaggio delle arterie lombari e dei
rami comunicati che uniscono il simpatico al plesso lombare (Busquet, 1996;
Jemmet et al., 2004; Kendall et al., 2002; Testut et al., 1972). Da notare
come in uno studio, Bogduk et al. (1992) sottolineano il fatto di non aver
riscontrato alcuna arcata tendinea nelle dissezioni che hanno praticato; ma il
modesto numero di cadaveri da loro osservati (n = 3) non permette di
confutare ci che riportano i maggiori testi di anatomia.
I fasci che si attaccano ai processi costiformi sono posteriori: essi vanno ad
inserirsi sulla faccia anteriore e sul bordo inferiore della XII costa e dei processi
costiformi delle prime quattro vertebre lombari. Discendono obliquamente
dallalto in basso ed in fuori e per unirsi con i fasci anteriori.
Il muscolo iliaco origina dai due terzi superiori della fossa iliaca, dal labbro
interno della cresta iliaca, dal legamento ileo lombare e dal sacro iliaco ventrale,
dallala del sacro.
Lo psoas si dirige in basso, in avanti e in fuori passando sopra allarticolazione
sacro-iliaca; a livello delleminenza ileo-pettinea si riflette sopra una borsa
sierosa, passa oltre la testa femorale, per continuarsi ancora in basso, in fuori,
ma indietro.
Il decorso delliliaco parallelo a quello del grande psoas, con il quale si fonde in
un tendine comune che si fissa sul piccolo trocantere del femore.
2.4.2 Funzione
Per quanto riguarda lattivit di questo muscolo, se da un lato c unanime
accordo sulla sua azione come flessore e adduttore dellanca, i pareri sono
fortemente discordanti sulle altre funzioni: rotatore esterno o interno?
Lordotizzante o cifotizzante della colonna lombare?
Lileopsoas viene riconosciuto dalla gran parte degli autori come un rotatore
esterno (Juker et al., 1998; Kapandji, 2002; Kendall et al., 2002; Testut et
al., 1972), ma la tesi di Busquet (1996) in cui descritto un lavoro fasico del
muscolo molto interessante. Egli prende le mosse da uno studio
elettromiografico presentato negli Annales di Kinesitherapie (tomo 9,
Gennaio-Febbraio 1982, Editions Masson), che mostra unattivit del muscolo
in tutte le funzioni precedentemente descritte e apparentemente
contraddittorie, e dallosservazione del decorso del tendine dellileopsoas, che si
riflette sulla testa femorale. Durante la contrazione, il tendine ha unazione di
retropulsione sulla testa femorale e rotazione interna sulla diafisi. Questa
qualit di rotatore interno scompare quando, nella flessione dellanca, il
tendine terminale non si avvolge pi intorno alla testa femorale, ma segue una
traiettoria diretta dallalto verso il basso e si allinea al ventre muscolare: a
questo punto lileopsoas diventa un classico rotatore esterno.
Yoshio et al. (2002) hanno proposto anchessi lipotesi di unattivit fasica
dellileopsoas, notando come tra 0 e 15 la forza prodotta dal tendine di
questo muscolo sia massima e applicata soprattutto sulla testa femorale e non
sul piccolo trocantere, sottolineando la sua funzione di stabilizzatore dellanca e
legamento attivo a quei gradi di flessione. Lo studio ha previsto losservazione,
su 25 campioni osteolegamentosi, del comportamento del tendine
dellileopsoas durante la flessione dellanca; successivamente, dieci campioni
sono stati utilizzati per misurare la forza generata dal tendine e la pressione
sulla testa femorale. La tensione gravante sul tendine stata misurata
applicando ad esso una cella di carico, mentre la pressione stata registrata
con un sensore di pressione posto nel punto di contatto tra il tendine e losso
sottostante (Fig. 2.6).
Fig. ?2.6 Misurazione della pressione sulla superficie dellosso. Sono evidenti il
tendine dellileopsoas (stella) ed il piccolo trocantere (asterisco). La forza tensile
(TA) misurata grazie alla cella di carico (LC) applicata al tendine. Il sensore di
pressione (PS) inserito sotto il tendine. F, femore; P, pelvi (da Yoshio et al.,
2002)
Le rilevazioni sono state prese a sette diversi angoli di flessione ed i risultati
hanno portato gli studiosi ad affermare che in posizione neutrale e fino a circa
15 di flessione, il tendine dellileopsoas si riflette sulleminenza ileopettinea e
sulla testa del femore, producendo su questultima unimportante pressione,
capace di stabilizzarla nellacetabolo (Fig. 2.7A); a circa 15 il tendine
dellileopsoas perde contatto con la testa del femore, ma continua a riflettersi
sulleminenza ileopettinea; a circa 39 la superficie articolare del femore
sparisce nella cavit acetabolare (Fig. 2.7B), diminuisce dunque la funzione di
stabilizzatore; a gradi di flessione maggiori (tra i 42 ed i 67), il tendine
perde contatto con le strutture ossee sottostanti e assume un tragitto quasi
diritto dalla sua origine fino allinserzione sul piccolo trocantere (Fig. 2.7C).

Fig. ?2.7 I tre distinti comportamenti del tendine dellileopsoas durante la


flessione dellanca. A, in posizione neutrale; B, in leggera flessione; C, in
flessione accentuata; F, femore; P, pelvi; asterisco, tendine dellileopsoas;
freccia piccola, testa femorale; freccia grande, superficie pelvica (da Yoshio et
al., 2002)
Ancor pi disaccordo suscitano le tante ipotesi sullazione che il muscolo svolge
a livello della sua origine. I tanti studi pubblicati allo scopo di risolvere la
disputa non sono ancora riusciti a far luce sulleffettivo ruolo che lo psoas
maggiore ha sulla colonna lombare.
Dissezioni di cadaveri hanno evidenziato che i fasci del muscolo hanno tutti la
stessa lunghezza e che i centroidi rappresentanti le aree dinserzione sulla
colonna cadono posteriormente allasse di flesso-estensione, per le prime tre
vertebre lombari, e anteriormente per le ultime due (Fig. 2.8); i modelli
biomeccanici che ne sono derivati sono concordi nellaffermare che ci implica
un aumento della fisiologica lordosi lombare (Bogduk et al., 1992; Penning,
2000; Santaguida et al., 1995; Snijders et al., 1998) (Fig. 2.9).

Fig.?2.8 Ricostruzione in sezione trasversale delle aree di inserzione dello psoas


maggiore in relazione allasse di flesso-estensione della colonna lombare. I tre
centroidi superiori (puntini neri) sono posteriori rispetto allasse; a livello
L4-L5 essi coincidono con lasse; a livello L5-S1 sono anteriori ad esso (da
Penning, 2000)
Bogduk et al. (1992) hanno associato questo assunto al fatto che lo psoas non
possa avere un ruolo sostanziale sulla rachide lombare: se lo psoas fosse
progettato per eseguire o controllare movimenti di flesso-estensione della
colonna lombare, ci si aspetterebbe una lunghezza maggiore dei fasci che si
inseriscono sulle prime vertebre lombari e che sono soggette a escursioni
articolari maggiori.

Fig. ?2.9 Le linee di forza dei fasci dello psoas maggiore viste in proiezione
sagittale. La linea che unisce i centroidi rappresenta la risultante di tutte le
linee di forza dei fasci del muscolo e suggerisce un gran carico in compressione
sui dischi intervertebrali e grandi forze di taglio anteriore, specie a livello
L4-L5 e L5-S1 in estensione della colonna (a sinistra) (da Santaguida et al.,
1995)
Essi giungono dunque alla conclusione che lo psoas non sia concepito per avere
unazione principale sulla colonna lombare sul piano sagittale, poich in tutte le
posture di essa, i momenti di forza che produce sono sempre molti piccoli; quel
che lo psoas provoca, secondo gli autori, una notevole compressione delle
vertebre e importanti forze di taglio anteriori: questo il prezzo che la colonna
paga per disporre di un potente e funzionale flessore danca.
Dello stesso avviso Busquet (1996), il quale, sulla base del principio secondo
cui la forma del muscolo a definirne la funzione, sostiene che () la funzione
principale di questo muscolo (lo psoas, ndr) sia quella di focalizzare la sua
azione dinamica sul suo tendine terminale, ossia sullanca. Si pu ugualmente
pensare che la parte superiore del muscolo psoas-iliaco, essendo larga, a
ventaglio, sia preferibilmente la zona di relativa fissit sulla colonna. A questo
livello, lestensione del muscolo demoltiplica le forze generate dalla contrazione
sulle zone di inserzione, in particolare sulla colonna lombare, per non
danneggiarla.
Santaguida et al. (1995) confermano le importanti forze di compressione che
lo psoas imprime alle vertebre lombari ed a queste imputano un aumento della
rigidit della colonna, con effetti stabilizzatori sul piano frontale quando i due
muscoli agiscono simultaneamente; unilateralmente lo psoas agisce come
flessore laterale della colonna (Andersson et al., 1996; 1997a; 1997b; 1998;
Juker et al., 1998; Kapandji, 2002; Kendall et al., 2002; Santaguida et al,
1995; Wirhed, 1992). Gli stessi studiosi, per, si soffermano sulle notevoli
forze di taglio anteriori che la contrazione del muscolo produce a livello di
L5-S1.
Nonostante confermi lazione lordotizzante dello psoas, Penning (2000)
sostiene che leffetto finale sul rachide lombare sia quello di fornire stabilit; egli
afferma che i fasci dello psoas sono in continuo adattamento rispetto alle
variazioni della postura della colonna, per assisterla in ogni momento. Ci
sarebbe confermato da studi elettromiografici che dimostrano come il muscolo,
in posizione eretta e rilassata, riveli una minima e continua attivit.
Questi stessi risultati sono stati ottenuti anche in un ulteriore studio (vd. cap. 3;
Juker et al., 1998) che ha portato gli autori a definire lo psoas come
responsabile del normale funzionamento del rachide lombare ma, anche, come
fonte di grande stress da carico. Ad esempio, assumendo un ragionevole valore
di 30 Ncm-2 come massima tensione muscolare ed utilizzando le registrazioni
elettromiografiche ottenute nello studio effettuato, gli studiosi hanno stimato
che durante una contrazione bilaterale dello psoas (20% della massima
contrazione volontaria), questo esercizio impone alla giuntura lombosacrale una
compressione di 226N e una forza di taglio anteriore di 179N.
Diverse ricerche sui meccanismi di stabilit della colonna lombare hanno
analizzato lo psoas in un contesto pi ampio, inserendolo in un gruppo di
muscoli tutti accomunati dalla stessa funzione: garantire stabilit dinamica e
controllo alla colonna lombare. In particolare, Peltonen et al. (2004)
enfatizzano il ruolo dello psoas come flessore danca e ne ridimensionano la
capacit di flettere o estendere il tronco; gli stessi aggiungono poi che lo psoas,
insieme ai muscoli spinali, sarebbe coinvolto nel normale funzionamento del
rachide lombare. Dunque, il binomio muscoli paravertebrali e ileopsoas
aumenterebbero la lordosi lombare, mentre il gruppo di muscoli, al quale
appartengono gli addominali ed i glutei, dovrebbero cifotizzare la colonna.
Lequilibrio funzionale tra i due gruppi di muscoli importante per la corretta
funzione della colonna vertebrale e per mantenere una corretta postura
(Postacchini et al., 2000).
Questa sinergia ritenuta fondamentale visto che il complesso
osteolegamentoso della colonna, da solo, non sarebbe in grado di sopportare i
carichi imposti dalle normali attivit quotidiane; questi muscoli
provvederebbero al controllo motorio dei diversi segmenti della colonna,
garantendo equilibrio al rachide e aumentando la rigidit segmentale (Barker
et al., 2004; Jemmett et al., 2004).
Elliott et al. (2004) hanno notato come, in una paziente affetta da mal di
schiena cronico, esercizi di contrazione isometrica dellileopsoas abbiano
portato un notevole sollievo dal dolore. Ma il punto pi interessante che
questa paziente riusciva a contrarre il muscolo nonostante lassenza congenita
dellanca destra e che esso si inserisse sulla superficie ventrale dellosso iliaco; ci
ha portato gli autori a pensare che lileopsoas abbia un importante ruolo come
coadiutore del multifido lombare e del trasverso addominale, nel garantire
stabilit dinamica e controllo alla colonna lombare.
2.4.3 Considerazioni sulla funzione del muscolo ileopsoas
Da unattenta revisione della letteratura in nostro possesso, risulta ancora poco
chiaro il ruolo che lileopsoas ha sulla colonna lombare. Il dibattito tra gli
studiosi sembra aver appurato che il muscolo abbia unazione principale come
flessore danca e soltanto unazione secondaria sul rachide; proprio questa
funzione accessoria, per, rimane in discussione: se da un lato sembra poter
agire in sinergia con gli altri muscoli responsabili della stabilit della colonna,
dallaltro aumenterebbe notevolmente la rigidit dei segmenti vertebrali ed il
carico che essi devono sopportare. I modelli biomeccanici sono concordi con
laffermare che i momenti di forza generati dai fasci dello psoas sono sempre
piuttosto piccoli, dato il minimo braccio di leva, ma la risultante generale della
tensione del muscolo sembra essere un aumento della fisiologica lordosi lombare,
fattore, questo, predisponente linsorgere di lombalgia.
3 Analisi biomeccanica dello straight leg raise
Dopo aver descritto genericamente la morfologia e il ruolo dei muscoli coinvolti
nel nostro esercizio, vediamo come essi si comportano durante la sua
esecuzione.
Dalla letteratura in nostro possesso emerge come numerosi studi abbiano
cercato di identificare qualitativamente e quantitativamente il ruolo
dellileopsoas e del retto femorale nella flessione dellanca (Andersson et al.,
1996, 1997a, 1997b, 1998; Byrne et al., 2005; Elliott et al., 2004; Hall et
al., 1998; McGill, 1995; Soderberg, 1983; Yoshio et al., 2002;) e come,
invece, pochi abbiano posto laccento sulle ripercussioni di tale gesto sulla
colonna lombare (Juker et al., 1998; Mens et al., 1999, 2001, 2002;
OSullivan et al., 2002).
3.1 Cinematica articolare del bacino e del tratto lombo-sacrale durante lo
straight leg raise
Una prima considerazione pu essere fatta a partire dagli studi portati avanti
da Mens et al. (1999), i quali hanno mostrato attraverso indagini radiologiche
come lesecuzione dellesercizio, in soggetti femminili affetti da sindrome da
dolore pelvico posteriore a seguito di gravidanza, provochi uninclinazione
anteriore dellanca omolaterale, con conseguente discesa del relativo osso
pubico (Fig 3.1), trazione sul legamento ileolombare, sulla quarta e quinta
vertebra lombare e rotazione controlaterale delle stesse (Fig. 3.2).

Fig. ?3.1 Radiografia durante SLR in paziente affetta da sindrome da dolore


pelvico posteriore a seguito di gravidanza; A. SLR eseguito con la gamba
sinistra (lato di controllo); B. SLR della gamba destra (sintomatica). Losso
pubico destro, oltre ad essere sceso di circa 5mm, ha una proiezione minore in
B che in A, ci a indicare la rotazione dellanca destra (da Mens et al., 1999)
Fig. ?3.2 Possibile sequenza di eventi durante lo SLR della gamba destra. Lanca
destra ruota in anteriorit sullasse orizzontale passante vicino larticolazione
sacro-iliaca. Il legamento ileolombare destro trascina L4 e L5 in flessione
omolaterale e rotazione sinistra. (da Mens et al., 1999)
Nella loro conclusione, per, gli autori ammettono che il modo in cui le varie
forze di reazione sono distribuite attraverso il sacro, la colonna lombare e
lanca controlaterale dipende dalla solidit delle interconnessioni coinvolte nel
sistema e dalla mobilit delle ossa sulle quali queste forze agiscono. Dunque
nellattuazione di questo gesto viene sollecitato tutto il bacino (omo e
controlaterale) e la colonna lombare.
I risultati dei successivi studi di Mens et al. hanno portato gli autori a
convalidare lo SLR come un utile test per diagnosticare la sindrome da dolore
pelvico posteriore a seguito di gravidanza e, pi in generale, per individuare
eventuali disfunzioni nel trasferimento del carico dalla colonna agli arti
inferiori e viceversa (Mens et al., 2001, 2002).
In uno studio su soggetti affetti da dolore allarticolazione sacro-iliaca,
OSullivan et al. (2002) hanno utilizzato lesperienza di Mens, e quindi lo SLR,
per analizzare eventuali alterazioni del controllo motorio; i dati da loro
ottenuti hanno confermato come lo SLR provochi profonde modificazioni sugli
equilibri del bacino e della colonna lombare. Daltra parte, la contrazione dello
psoas viene sconsigliata anche da Pool-Goudzwaard et al. (1998) poich essa
provoca notevoli forze di taglio asimmetriche sullarticolazione sacro-iliaca che
possono causare dolore se la stessa non perfettamente stabilizzata.
3.2 Attivazione muscolare
Per quanto riguarda il grado di attivazione dei muscoli coinvolti nel nostro
esercizio, Andersson et al. (1997a) hanno studiato lattivit mioelettrica dei
flessori danca presi in esame applicando degli elettrodi di superficie al retto
femorale e al sartorio ed un elettrodo profondo alliliaco. I soggetti presi in
esame sono stati sei giovani ragazzi che hanno eseguito 38 esercizi statici e
dinamici, tra cui anche il nostro SLR (bilaterale e unilaterale). Lattivazione
elettromiografica stata normalizzata con il massimo valore rilevato ed il
range di movimento, per lo SLR, andava da 0 a 60. Nellesecuzione statica
dellesercizio le rilevazioni sono state prese a 10, 30 e 60. I risultati
evidenziano come sia in movimento che in contrazione isometrica ci siano
importanti attivazioni delliliaco e del sartorio superiori a quelle del retto
femorale.
Nello specifico, durante lesecuzione dinamica del gesto, liliaco ed il sartorio si
attivavano rispettivamente del 68% e del 71%, mentre il retto femorale
soltanto del 56% (Figg. 3.3 e 3.4).
I flessori danca sotto esame hanno mostrato differenti schemi di attivazione
nellesercizio statico (Fig. 3.5). Estrapolando i valori dai grafici a disposizione, si
nota come liliaco ed il sartorio presentano una crescente attivit allaumentare
dellangolo: il primo ha fatto registrare il 32% a 10, il 53% a 30 ed il 70% a
60; analogamente, il secondo ha espresso il 35% della sua massima attivazione
a 10, il 58% a 30 ed il 75% a 60. Al contrario, landamento del retto
femorale stato irregolare, con il 41% a 10, il 45% a 30 ed il 35% a 60.

Fig. ?3.3 Tracciato elettromiografico durante SLR (LL1i) dei muscoli iliaco (IL),
retto femorale (RF) e sartorio (SA); TF, flessione del tronco; HF, flessione
dellanca; ss, gambe tese e bloccate (da Andersson et al., 1997a; modificata)
Fig. ?3.4 Valori medi elettromiografici rilevati durante vari compiti motori,
espressi in percentuale del massimo valore registrato per quel particolare
muscolo nel corso degli stessi esercizi: flessione del tronco (TF), flessione
dellanca (HF), passaggio da posizione supina a seduta (SP) e sollevamento delle
gambe (LL); i primi tre esercizi sono stati eseguiti in quattro differenti modi:
con gambe tese e bloccate (ss), con gambe tese libere (s), con gambe flesse
bloccate (bs) e con gambe flesse libere (b); il sollevamento delle gambe stato
eseguito con entrambi gli arti contemporaneamente (2), e con uno solo (SRL)
in cui si sono registrati i valori della gamba ipsilaterale (1i) e controlaterale
(1c); RA, retto addominale; OE, obliquo esterno; OI, obliquo interno; IL, iliaco;
RF, retto femorale; SA, sartorio; (da Andersson et al., 1997a)
Gli stessi studiosi aggiungono che, durante lo SLR, il muscolo quadrato dei
lombi e la porzione laterale pi profonda del muscolo sacrospinale
controlaterale danno un contributo fondamentale al mantenimento della
stabilit della colonna lombare, sul piano frontale. Ci avviene, probabilmente,
per bilanciare la coppia laterale prodotta dallileopsoas omolaterale.
In un precedente lavoro (Andersson et al., 1996), i ricercatori sostengono,
sulla base di altri loro studi, che lesercizio pi appropriato per aumentare la
forza dellileopsoas proprio il sollevamento delle gambe tese da terra,
unilaterale e bilaterale; ci produrrebbe contrazioni del muscolo in questione
nellordine del 60%-70% della forza massima.
Fig. ?3.5 Valori medi di attivazione muscolare durante contrazione isometrica
della gamba tesa sollevata da terra (LL1i) a 10, 30 e 60. IL, iliaco; RF,
retto femorale; SA, sartorio; per la spiegazione degli altri esercizi, vedere figura
precedente (da Andersson et al., 1997a, modificata)
A sostenere questa tesi c un ulteriore studio (Juker et al., 1998) che ha preso
in esame molti esercizi e compiti motori, registrando tramite elettromiografica
il grado di attivazione della porzione lombare dello psoas (raggiunto in due
punti) e del retto femorale. I soggetti partecipanti alla sperimentazione sono
stati otto studenti, di cui tre donne, e la massima ampiezza dellattivit
mioelettrica stata ottenuta tramite la massima contrazione rilevata. Anche
in questo caso, lesecuzione del sollevamento delle due gambe
contemporaneamente ha comportato una maggiore attivazione sia del primo
che del secondo muscolo (34% contro 23%). Nelle loro conclusioni, gli autori
sostengono che il ruolo dello psoas non sia tanto quello di erettore e
stabilizzatore lombare, quanto quello di flessore danca. Questa convinzione
origina dai dati quantitativi che gli autori hanno ottenuto e che mostrano la
minima attivazione dello psoas in esercizi come la semplice postura eretta,
lestensione della colonna da in piedi o il sollevamento di pesi, anche molto
gravosi, da terra (Tab. 3.1)

Tab. ?3.1 Media dellattivazione elettromiografica normalizzata al 100% della


massima contrazione isometrica volontaria; EO, obliquo esterno; IO, obliquo
interno; TA, trasverso addominale; RA, retto addominale; RF, retto femorale;
ES, muscolo spinale del dorso; i, elettrodi intramuscolari; s, elettrodi di
superficie (da Juker et al., 1998; modificata)
Si noti come tutti questi studi abbiano rilevato la sola attivit mioelettrica del
retto femorale, poich stato dimostrato (Soderberg et al., 1983) che durante
lo SLR il solo capo del quadricipite femorale ad attivarsi proprio il retto.
3.3 Discussione
Il grado di attivazione del muscolo ileopsoas durante lesecuzione dello SLR
mediamente sempre maggiore di quello del retto femorale, in tutti gli studi da
noi visionati. Ci ci porta a pensare che lesercizio non sia il pi appropriato per
il ristoro della forza del quadricipite.
Inoltre, la rilevante attivazione dellileopsoas, abbiamo visto, provoca
importanti modificazioni dellequilibrio generale del bacino. In soggetti
predisposti, laumento della mobilit sacro-iliaca, la rotazione anteriore
dellanca omolaterale con conseguente trascinamento in basso dei legamenti
ileo-lombari, lattivazione, per compenso, dei muscoli paravertebrali e del
quadrato dei lombi, potrebbero portare ad atteggiamenti posturali errati e
allinsorgere di dolori lombari.
4 Conclusioni
Lo scopo principale di questa revisione della letteratura stato quello di capire
se lesecuzione dello SLR possa sovraccaricare la colonna lombare, modificare
lequilibrio del bacino e, conseguentemente, provocare lombalgie o portare a
posture errate. Per chiarire ci, stato fondamentale comprendere a pieno
lanatomia funzionale del rachide lombare e, soprattutto, del muscolo ileopsoas.
Esso il principale muscolo coinvolto nellesecuzione dellesercizio oggetto dello
studio. Abbiamo visto come la sua attivazione sia sempre maggiore rispetto a
quella del retto femorale e questo ci porta a concludere che, se lo scopo
dellesercizio il recupero della forza del quadricipite, allora lo SLR non certo
lesercizio pi appropriato.
Dalla letteratura in nostro possesso non stato possibile ricavare con certezza
quale sia lazione dellileopsoas sulla colonna lombare. Sembra che esso, insieme
ai muscoli posteriori della schiena, abbia soprattutto il ruolo di aumentare la
lordosi lombare e che questa azione debba essere sempre equilibrata dagli
antagonisti (cifotizzanti), muscoli addominali e glutei, per ottenere la massima
stabilit dinamica del rachide lombare. Questo delicato equilibrio vede come
suo perno centrale il bacino nella sua interezza, con le due ossa iliache che
stringono il sacro sotto la spinta delle forze che in questa sede convergono: la
forza peso che scende dal tronco, la reazione vincolare del terreno che sale
dagli arti inferiori e le forze generate dai singoli muscoli che circondano e
avvolgono questa struttura. Come stato dimostrato, lesecuzione dello SLR in
soggetti con disfunzioni nel cingolo pelvico (ossa iliache, sacro e coccige)
aumenta la sofferenza delle strutture poich impone al sistema profonde
sollecitazioni.
Le numerose ripetizioni del gesto che i protocolli riabilitativi prevedono allo
scopo di recuperare precocemente la forza muscolare del quadricipite femorale
potrebbero portare ad un eccessivo accorciamento del ventre dellileopsoas e,
dunque, ad un aumento della fisiologica lordosi lombare con conseguente dolore
anche in soggetti sani. Sarebbe interessante sviluppare uno studio sperimentale
che analizzi lesercizio e le conseguenti modificazioni di colonna e bacino;
dovrebbe essere uno studio trasversale che includa pi fasce det e che preveda
la formazione di due gruppi: uno composto da soggetti con episodi di lombalgia
in anamnesi ed uno che comprenda soggetti sani, che non abbiano mai sofferto
di dolore lombare. Si potrebbe far eseguire ai due gruppi un intero ciclo che
preveda lesecuzione dellesercizio fino anche a tre volte al giorno (tre serie da
dieci ripetizioni ogni seduta) per un mese, aumentando gradualmente il carico
con lausilio di cavigliere, come spesso prescritto, ed effettuare test di lunghezza
del muscolo ileopsoas, di forza dello stesso e del quadricipite, e controlli
posturali con scadenza settimanale.
Vista la grande incidenza della lombalgia nella popolazione, sarebbe il caso di
evitare un esercizio che non produce gli effetti desiderati e che potrebbe far
risvegliare, in soggetti predisposti, episodi, appunto, di dolore lombare.
Data la sua semplicit di esecuzione, lo SLR resta uno degli esercizi delezione
nei pi disparati campi riabilitativi e nella terapia fisica; lidea che ci siamo
fatti che, in attesa di studi che possano chiarire la questione, sarebbe
opportuno accompagnare tali esercitazioni da altrettante sedute di
allungamento muscolare al fine di prevenire possibili conseguenze indesiderate.

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