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I vari tipi di stretching

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Lo stretching è una disciplina in continua evoluzione e sarebbe riduttivo ridurla a


poche linee principali. È però importante capire i vari tipi di stretching per ricercare i massimi benefici a seconda della
propria finalità (prestazione, riabilitazione, prevenzione ecc.). In realtà si scoprirà che spesso gli esercizi nei vari testi
sono un miscuglio delle varie tipologie, a seconda delle preferenze dell'autore e delle finalità che si prefigge.
Stretching statico – È quello più semplice. Consiste nel mantenere lo stiramento massimo; come dice il nome non
c'è alcun movimento e si arriva alla posizione il più lentamente possibile. I vantaggi sono ovvi: è facile, non è faticoso,
apporta benefici sull'elasticità. Gli unici svantaggi sono che non è specifico, che non migliora la coordinazione e che
non attiva le terminazioni primarie dei fusi che sono sensibili alla velocità del movimento.
Stretching balistico – Come dice il nome, implica dei movimenti rapidi e ritmici, salti e rimbalzi poiché utilizza la
velocità come forza motrice per lo stiramento. In pratica non viene usato che occasionalmente e in atleti molto
preparati perché troppo pericoloso (è alta la probabilità d'infortunio), anche se teoricamente molto interessante.
Stretching dinamico – È una variazione del precedente, a metà strada fra il balistico e lo statico: il movimento è
comunque controllato, senza salti o scatti. Il limite maggiore è proprio nella difficoltà di controllo del movimento dal
quale dipendono strettamente i benefici dello stretching.
Stretching passivo – Si usa quando il muscolo agonista è troppo debole o è poco elastico; in genere è tipico di una
riabilitazione dopo un intervento e si attua con l'uso di un fisioterapista che tende la struttura oltre l'ampiezza del
movimento attivo per rieducarla. Inutile sottolineare che in uno sportivo sano è poco indicato perché il rischio di
infortunio è elevato.
Stretching attivo – È lo stretching che sollecita i muscoli senza l'uso di una forza esterna. Consideriamo un soggetto
in piedi. Un operatore può sollevargli la gamba verso l'alto di un angolo di, supponiamo, 150° (capacità passiva); il
soggetto, senza l'aiuto dell'operatore, può sollevarla fino a 90° dal suolo (capacità attiva). Se mantiene la tensione
esegue uno stretching attivo (libero). Lo stretching attivo è poi resistente se vengono usate resistenze, nel nostro
esempio un peso alla caviglia. Lo stretching attivo è sicuramente quello più moderno; esistono molte scuole, fra cui
quella più conosciuta è quella di Wharton cui è dedicato un articolo apposito.
Stretching propriocettivo – Denominato PNF (Proprioceptive Neuromuscolar Facilitation), si basa sui complessi
meccanismi delle unità coinvolte nello stiramento (muscoli, tendini, recettori, coppia agonista/antagonista ecc.).
Questo metodo nacque negli Stati Uniti, ideato a Washington da Karbat, Knot e Voss. Era un metodo riabilitativo per
curare i postumi della poliomelite. Una variante è nota in osteopatia con il nome di tecnica d'energia muscolare.
Esistono molte scuole e ciò rende difficile una valutazione globale del metodo, anche se le difficoltà concrete superano
di gran lunga i benefici. Grazie a un operatore si esegue una serie di movimenti che aumentano l'elasticità del
soggetto, stimolando in sequenza opportuna e nel modo corretto tutti i concetti coinvolti nella gestione dell'elasticità
(dalle unità ai riflessi). Si comprende che l'esecuzione è fondamentale e che l'operatore deve avere una grande
professionalità. Un'esecuzione non corretta non solo è inefficace, ma potrebbe tradursi in un inutile stress.

Qual è il migliore per il runner?


Il primo di tipo di stretching comparso sulla scena, il cosiddetto stretching balistico, è stato abbandonato diversi
decenni fa. Gli atleti che lo provarono scoprirono che il passaggio rapido da una posizione a un'altra provocava dolori
muscolari e a volte anche stiramenti.
Dopo questa prima versione ne apparve una seconda, lo stretching statico, che raggiunse ben presto un'enorme
diffusione grazie a libri, articoli e poster nelle palestre. Nello stretching statico il runner raggiunge la posizione e la
mantiene per 30-60 secondi.
Poiché non ci sono movimenti rapidi, affermano i sostenitori di questa attività, lo stretching statico non può provocare
dolori muscolari. Al contrario, dovrebbe favorire la flessibilità mediante un adattamento graduale all'allungamento.
Molti runner hanno ricevuto notevoli benefici dallo stretching statico, ma altri hanno comunque sofferto di dolori ai
muscoli e non hanno risolto i loro problemi a livello di infortuni. Inoltre, un articolo pubblicato sulla rivista Research
Quarterly (2004) ha sollevato alcuni dubbi circa i benefici dello stretching statico. I ricercatori hanno utilizzato due
gruppi di persone di sesso maschile in età compresa fra i 18 e i 22 anni e li hanno sottoposti rispettivamente a una
serie di 17 esercizi di stretching balistico e statico. I risultati hanno mostrato che il secondo gruppo è andato incontro a
un maggior livello di dolore ai muscoli e a una maggiore produzione di CPK (un enzima correlabile agli infortuni a
livello del tessuto muscolare) rispetto al primo gruppo. Perché? Una possibile spiegazione può essere ricavata
osservando la fisiologia muscolare. Tutti i muscoli hanno un riflesso d'estensione che viene attivato dopo un
movimento rapido e intenso oppure dopo due secondi di allungamento. Questo riflesso fa sì che il muscolo cominci una
lenta contrazione. Se si continua l'allungamento mentre il muscolo cerca di contrarsi possono sorgere problemi.
Oggi si preferiscono sostanzialmente due strade:
a) lo stretching statico non massimale; non essendo massimale si minimizzano le probabilità di infortunio. Essendo la
corsa prolungata non particolarmente critica in termini di elasticità (come i salti o la velocità), si ottengono buoni
risultati pratici.
b) Lo stretching attivo (metodo Wharton); poiché la posizione viene mantenuta per 1-2 secondi solamente, si evitano i
problemi eventualmente presenti con gli altri tipi di stretching. Per ottenere il massimo beneficio la difficoltà è quindi
totalmente esecutiva.

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