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La fascia

Il tessuto connettivo sottocutaneo, le membrane delle meningi, il periostio, la linfa, il


sangue è fascia. Tutto ciò è fascia e la sua origine embriologica rappresenta il tratto di
unione di questi differenti tessuti. Tutto ciò che è fascia, infatti, deriva da un unico
foglietto primitivo: il mesoderma. Questo è il motivo per cui diciamo che la fascia
mette in connessione le diverse strutture corporee. Lo stesso Andrew Taylor Still,
padre dell'osteopatia, individuò proprio nel tessuto connettivo, la fascia, il luogo dove
risiede il concetto di globalità. Se, quindi, la fascia rappresenta la globalità, questo ci
permetterà di agire su differenti tessuti e differenti livelli, e di avere una migliore
comprensione del funzionamento dell'atleta.

Tensegrità

“integrità di tensione” Insieme strutturale in continuo stato di“stress”predisposto a


reagire momento per momento a qualsiasi forza che tenda a modificarne lo stato.
Abbisogna di minima energia per conservare l’equilibrio funzionale.

(Nelson,Ingber,1998)

I sistemi tensintegri "sfidano" anche la gravità strutturale, hanno un sistema multi-


livello gerarchico e una forza trasmessa data la complessità, influenzerà e si
trasmetterà su tutti i micro-livelli, distribuendosi in modo non lineare.

La forma delle cellule è importante anche nel determinare l'attività fisiologica di esse.
Le differenti forme favoriscono nelle cellule una differenziazione ed una
specializzazione. Il cambiamento di forma di una struttura tensintegra del sistema può
modificare la forma delle cellule e dei tessuti. Il cambiamento della forma può essere
la risultante di una modificazione biochimica addirittura può alterare la forma delle
cellule nella loro espressione genetica.

Meccano-transduzione

è la capacità delle cellule all’interno della fascia di percepire e di rispondere alle


sollecitazioni meccaniche, è un meccanismo chiave per il “rimodellamento” della
fascia.

La rete dei filamenti del citoscheletro si espande all’interno della cellula, creando
tensione e attraendo la membrana cellulare verso il nucleo.

Allora la tensione dei recettori sulla superfice cellulare produrrà, in modo immediato,
cambiamenti strutturali all’interno della cellula.
Cambiando la sua geometria la cellula subisce alterazioni e, perfino, la distribuzione
delle proteine che ne definiscono i geni (A. Pilat).

Secondo Ingberg la struttura del citoscheletro può cambiare anche il programma


genetico.

Carica piezo-elettrica

Il tessuto connettivo varia le proprie caratteristiche strutturali attraverso l'effetto


piezo-elettrico: qualunque forza meccanica che crea deformazione strutturale stira i
legami inter-molecolari producendo un leggero flusso elettrico (carica piezoelettrica).
Questa carica può essere rilevata dalle cellule e comportare modifiche biochimiche:
ad esempio, nell'osso, gli osteoclasti non agiscono su un osso piezoelettricamente
carico.

Miofibroblasti

sono cellule del tessuto connettivo con capacità contrattili simili alla muscolatura
liscia. Scoperte nel 1970, queste cellule hanno un ruolo importante nella guarigione
delle ferite, nella fibrosi dei tessuti, e nelle contratture patologiche della fascia.

La loro evoluzione è vista generalmente da normali fibroblasti a proto-miofibroblasti,


fino alla completa differenziazione in miofibroblasti e ad una apoptosi terminale che
è influenzata dalle tensioni meccaniche, dalle citochine e da specifiche proteine che
provengono dalla matrice extracellulare.

Generalmente vi è una certa variabilità nella densità di miofibroblasti tra differenti


persone, esiste infatti una correlazione tra densità numerica e attività fisica.

La massima forza di contrazione in vivo è stata ipoteticamente calcolata e applicata


alla fascia lombare umana, le forze risultanti sono state definite come
sufficientemente importanti da alterare il normale comportamento muscolo-
scheletrico, al pari di una stabilizzazione meccanica esterna o una regolazione γ-
motrice.

I risultati suggeriscono che la fascia sia a tutti gli effetti un organo contrattile proprio
in virtù della presenza dei miofibroblasti. Questa capacità è espressa ad esempio da
un lato dai tessuti in contrattura cronica che esitano in un ri-modellamento dei tessuti
stessi; dall'altro in una lieve contrazione come quella muscolare in tempi che possono
andare da minuti ad ore, e che può essere forte abbastanza da influenzare ad esempio
la stabilità del tratto lombare e tanti altri aspetti della biomeccanica umana. Tutto
questo offre spiegazioni plausibili rispetto patologie che trovano notevole
miglioramento con trattamenti fasciali come l'osteopatia, l'agopuntura o il rolfing.

Organizzazione della fascia

La fascia superficialis è agganciata all’aponeurosi epicranica, simile ad un sacco che


racchiude l’intera struttura a partire dalla testa. A livello del cranio si chiama
aponeurosi epicranica, presenza di linfociti e macrofagi, deputata alla libera
circolazione dei liquidi. E’ separata dal periostio da un tessuto molle, insieme
costituiscono un piano di scivolamento, racchiude inoltre le aponeurosi muscolari dei
muscoli frontali, occipitali, temporali e i masseteri. Pressoché inesistente a livello
dell’arto inferiore, è ovunque invece, a livello dell’arto superiore fino al polso. Non
esiste su zone di grande tensione, non bisogna quindi commettere l’errore di inserire
la fascia superficialis in catene disfunzionali meccaniche, sono catene liquide.

Aponeurosi superficiale: racchiude tutte le strutture, capace di ripercuotere e


trasmettere le tensioni a distanza, tramite punti fissi funziona come una puleggia di
riflessione. Inizia con l’aponeurosi superficiale cervicale, manicotto fibroso del collo
che circonda la nuca e che presenta due punti di rinforzo:

* rafe mediano anteriore, incrocio anteriore delle fibre (linea alba cervicale);

* rafe mediano posteriore, in diretta congiunzione con l’aponeurosi cervicale


profonda. Osserviamo i punti d’inserzione, ossia in avanti lo ioide, le clavicole, lo
sterno, l’appendice xifoidea e le branche pubiche. Lateralmente gli acromion e le
creste iliache. Dietro s’inserisce sulle spinose da C1 a L5, s’inserisce sul sacro e sul
coccige, sulla spina della scapola. A livello degli arti superiori va sull’ulna e sul radio,
sulla membrana interossea e sul legamento anulare del polso. Sugli arti inferiori,
invece, s’inserisce sulla faccia laterale delle rotule, sulle tuberosità delle tibie, sul
perone e sulla membrana interossea, termina sul legamento anulare del tarso.
Considerando questi punti d’inserzione, collegandoli con dei fili immaginari, l’uomo
si presenterà quasi come una marionetta, non esistendo inserzione a livello
dell’omero e del femore. Infkluenzata dalla respirazione che la trascinerà in una
ritmica alternaza di rotazione sterna e rotazione interna.

Aponeurosi media non contiene solo muscoli ma sostiene anche dei visceri, in special
modo a livello del collo. E' il luogo dove s'incontrano visceri e sistema superficiale,
ad esempio l’unione del foglietto profondo dell’aponeurosi media con l’aponeurosi
profonda, forma la lamina tiro-pericardica, ossia il sistema di sospensione del cuore.

Aponeurosi profonda costituisce la fascia assiale profonda o catena cranio-cervico-


toraco-addomino-pelvica è anche, e più propriamente chiamata, Asse Aponeurotico
Centrale e rappresenta tutto ciò che è in relazione con le aponeurosi di
sospensione e di fissazione dei visceri. Il piano profondo è rappresentato dal
complesso delle membrane di tensione reciproca:la falce del cervello e del
cervelletto, la tenda del cervelletto, dell’ipofisi e del bulbo

olfattivo, insieme alla membrana intraspinale, “corelink”.

Organizzando arbitrariamente queste strutture secondo la filosofia osteopatica,


avremo tre

dispositivi:

Dispositivo superficiale, comprendente il piano superficiale, quindi le aponeurosi


muscolari

superficiale, media e profonda. Possiamo anche denominarlo sistema delle catene

muscolari.

Dispositivo viscerale, comprendente le aponeurosi media e profonda in relazione

unicamente con i visceri.

Dispositivo duramerico o delle membrane di tensione reciproca.

Giorgio Baglivi, ad esempio, alla fine del 1600, nel suo libro “De fibra motrice et
morbosa” si affretta a precisare che ‘chiunque considerasse con attenzione tutte le
tuniche membranose del corpo, la struttura, il colore, la continuazione, l’uso di esse,
delle ghiandole, delle viscere e dei vasi “e qualunque parte che non fosse carnea o
rossa” avrebbe dovuto confessare, anche suo malgrado, che tutte queste parti non
erano altro che una continuazione delle meningi e delle fibre midollari del cervello’.

Quel che si può subito notare è che ogni dispositivo possiede un diaframma proprio:
il dispositivo superficiale ha il diaframma pelvico e quello dello stretto toracico
superiore. Il dispositivo viscerale ha il diaframma toracico propriamente detto. Il
dispositivo duramerico ha il diaframma intracranico.

Già nei vecchi testi di osteopatia si notava come riequilibrando i tre diaframmi si
sarebbe avuto un effetto complessivo sull’equilibrio del sistema aponeurotico in toto.
È inoltre interessante notare che il diaframma più alto è anche il più profondo, quello
più basso è il più superficiale. Questo ci farà notare come il diaframma propriamente
detto sia centrale rispetto tutti i parametri: centrale rispetto la superficialità e la
profondità, centrale rispetto l’alto e il basso. È un collegamento tra tutti gli aspetti del
paziente, è centrale nel trattamento e soprattutto è la struttura gerarchicamente più
importante in quanto presiede alla funzione prima nella gerarchia: la respirazione.
Postura interna ed esterna

Postura intesa come relazione con l'ambiente esterno.

Le zone del corpo che maggiormente interagiscono con l’ambiente sono:

- Il piede, endocettivo ed esocettivo

- il sitema oculo vestibolare, che ha stretta relazione con il sistema gnatologico,


per questo si potrà parlare di cranio in senso più esteso.

Il concetto di postura è da allargarsi ad espressione caratteriale, emozionale, legata ad


un habitus, in dipendenza da fattori metabolici e fisiologici. Per questo avremo anche
una postura interna

Postura intesa come relazione con l'ambiente interno

Il corpo ha una sua postura interna. Il corpo con gli occhi chiusi, che non ha problemi
dal punto di vista vestibolare, potrebbe essere per esempio sospeso nell’acqua, con la
bocca aperta e mantenere comunque un suo equilibrio interno. Questo equilibrio è il
modo in cui il corpo cerca di preservare la sua integrità funzionale, l'omeostasi.

Il corpo ha una sua capacità di autoregolazione.

Le reazioni messe in atto al fine di mantenere l'omeostasi sono automatiche e non


volontarie, sono relazioni che il corpo ha con il suo sistema nervoso vegetativo.
Esiste quindi un sistema di regolazione che passa attraverso parti

meccaniche.

Dinamiche diaframmatiche

La dinamica viscero-diaframmatica è organizzata in un sistema preciso, dove i visceri


si muovono, sotto lo spinta diaframmatica, secondo assi e direzioni costanti e che, dal
funzionamento di questo sistema, dipende in particolare l’omeostasi di questi organi e
degli altri sistemi in generale, secondo il concetto di interdipendenza e di
interrelazione.

FPMs (Faculté Polytechnique di Mons – Belgio)

Per definire un modello pressorio, si ricercano i coefficienti di correlazione di tutti i


parametri dinamici (spostamenti verticali ed orizzontali, variazione dell'asse di
inclinazione), per tutti i segmenti del tubo gastrointestinale e delle due cupole
diaframmatiche durante l'atto respiratorio.
Per il momento questo studio, ancora in corso, è realizzato sulla base di esami
radiologici ed ecografici.

C'è, come detto, una relazione tra dinamica diaframmatica e aponeurosi superficiale
la quale si fonde con la media.

ESISTE UN MODELLO RITMICO MUSCOLARE SINCRONIZZATO CON IL


RITMO RESPIRATORIO TORACICO. Eric Kandel

fattori di mobilità e restrizione

La mobilità ritmica del diaframma

l'attività tonico-fasica della munscolatura

la circolazione dei fluidi (sangue, linfa, l.c.r.)

le funzioni biochimiche

la rete nervosa, tessutale, muscolare e vascolare

è inoltre tributaria dell'equilibrio acido/base poichè il mesenchima tende a


immagazinare acidi (J. Seignalet)

Movimento equilibrio e postura

Il movimento è la chiave per la comprensione dei meccanismi di compenso,


rappresenta la possibilità dei tessuti di adattarsi. In un contesto intellettuale più esteso
si può affermare che il movimento è responsabile dell'equilibrio, ossia se l'equilibrio
è dato dai compensi che il corpo può mettere in atto e questi sono direttamente
tributari delle possibilità di movimento, in questo senso il movimento è responsabile
dell'equilibrio.

Non può esistere un equilibrio che non contenga al suo interno l'idea di dinamismo,
l'equilibrio statico, specialmente per un organismo vivente, è pura teoria.

Il movimento è in stretta correlazione con l'organizzazione spaziale dei tessuti, che


risponde a criteri geometrici relativi ad assi e piani.

Recenti dati sperimentali evidenziano come il singolo muscolo scheletrico risulti


formato da diverse regioni differenziabili elettromiograficamente e istochimicamente:

nell'inserzione e nella lunghezza delle fibre, nel rapporto tra contenuto di fibre lente e
veloci, nel contenuto di fusi neuromuscolari e nella distribuzione delle terminazioni
nervose. Questa compartimentazione strutturale ha un chiaro significato funzionale,
in quanto corrisponde a differenti proprietà meccaniche e fisiologiche delle fibre
muscolari.

Inoltre, attraverso tali prove sperimentali si stanno mettendo sempre più in evidenza
che questo tipo di suddivisione in compartimenti ha una corrispondenza topografica a
livello dei motoneuroni e delle afferenze propriocettive.

La compartimentazione anatomica e funzionale delle fibre muscolari e del sistema


nervoso, giustifica ancor di più il ruolo multidirezionale del sistema muscolare, in cui
ogni singolo muscolo non va interpretato come una stretta unità anatomo-funzionale,
ma come un mosaico funzionale che deve sottostare alla tridimensionalità del
movimento naturale.

L'architettura tridimensionale dei sistemi cinetici mio-articolari determina una forma


del movimento naturale dell'uomo che ha come peculiarità la multidirezionalità.

Le tecniche di riequilibrio sono tributarie di diversi fattori:

la quantità di miofibroblasti e propriocettori che varia in relazione all'età e al grado di


allenamento, la qualità del tessuto, la disposizione al trattamento.

Deep tissue manipulation

Sapere dell'esistenza di cellule contrattili nella fascia può influenzare la percezione


del tocco. Queste cellule a forma di pesce possono causare contratture croniche dei
tessuti, ma hanno anche dimostrato di essere sensibili alle meccano-stimolazione.

La manipolazione comporta una stimolazione dei meccanocettori intrafasciale e


questo porta ad un differente input propriocettivo al sistema nervoso centrale. Il
risultato è una diversa regolazione del tono delle unità motorie associate a questo
tessuto. Nel caso di una pressione lenta e profonda, i meccanorecettori sono legati
molto probabilmente al

lento adattamento delle terminazioni di Ruffini e di alcuni recettori interstiziali;


ancora altri recettori

potrebbero essere coinvolti ad esempio i fusi nelle fibre muscolari vicine e forse
alcuni recettori intrafasciali del Golgi.
Unwinding

Lo srotolamento fasciale è un processo nel quale dal corpo emerge una reazione
spontanea al tocco del terapista, il rilasciamento delle restrizioni fasciali è
incoraggiato dal movimento del corpo o parti di esso, in aree di facilitazione. Il
modello ipotetico di funzionamento è basato sulla teoria dell'azione ideomotoria di
Carpenter e Dorko, sulla teoria neurobiologica della fascia di Schleip, e sulla
psicologia della consapevolezza di Halligan e Oakley.

Oltre a fattori chimico/fisici e meccanici, anche tensioni di origine emotiva possono


ripercuotersi significativamente a livello fasciale, esse sono invariabilmente
accompagnate da modificazioni ormonali e risposte muscolo-tensive. La gioia viene
accompagnata spesso da fenomeni vasodilatativi e da un rilassamento generalizzato,
mentre la rabbia/difesa si manifesta con un aumento delle catecolamine circolanti, i
neuro-ormoni dello stress, e con una risposta muscolo-tensiva generalizzata, con
prevalenza dei distretti interessati dal meccanismo di difesa.

Forti emozioni, soprattutto se il corpo non riesce a trovare un modo naturale per
“scaricarle”, o situazioni prolungate di stress emotivo, possono lasciare “cicatrici” a
livello fasciale.

BTL

Tensioni legamentose attivano specifici compartimenti muscolari, in accordo con la


teoria della fascia come anticipatrice del movimento, l'equilibrio legamentoso e
capsulare non solo ha un suo ruolo nella stabilità meccanica, ma anche come fonte di
propriocezione. Lo strain articolare, pertanto, è destinato a permanere, mantenuto da
uno squilibrio delle tensioni legamentose circostanti, che determinano una barriera
motoria in un senso ed eccesso di mobilità nell’altro.

H. Magoun a proposito della BTL parlava di “…una sensazione di contrasto tra


libertà e restrizione di movimento. L’abilità consiste nel mantenere i tessuti nel punto
in cui tale contrasto avviene…” (1976).

La tecnica di bilanciamento legamentoso è infatti un vero e proprio approccio


manuale di tipo funzionale con target specifico legamentoso, ma con effetti ben più
ridondanti. Esso prevede la conduzione dell’articolazione disfunzionale in direzione
della disfunzione (ossia nella stessa direzione della forza traumatica), quanto
necessario per ripristinare la tensione dei legamenti “accorciati”.

È in questa fase che si individua e mantiene un balance point, ossia un punto di


equilibrio tensionale (individuabile sempre nell’arco del vettore disfunzionale). A
questo balance point seguirà uno still point, ossia una fase di silenzio neurocettivo, a
cui finalmente farà seguito il rilascio tessutale avvertito come un aumento della
temperatura locale (con il cosìddetto “therapeutic pulse”), ed un ripristino
dell’equilibrio della mobilità articolare.

Le tecniche di bilanciamento delle membrane e quindi dei fluidi hanno un effetto sul
sistema nervoso autonomo, questo è stato studiato tramite indicatori come pulsazione
cardiaca e arteriosa, frequenza respiratoria e pressione arteriosa. R. Schneider
2006

Conclusioni

Il riequilibrio del sistema fasciale a nostro avviso passa attraverso una possibilità di
differenziazione delle tecniche che dipende dalla qualità del tessuto principalmente
ma che non dimentica altri fattori.

Da una tecnica di tipo diretto, ad una indiretta fino ad una funzionale che ricerca il
punto neutro della mobilità tessutale.

Equilibrio dei diaframmi, perchè ogni diaframma lavora in consonanza con gli altri.

tutto questo per avere un armonizzazione della funzione tessutale che corrisponderà
ad una più generale armonizzazione del SNV. tutto ciò può rimettere in fase e in
armonia i concetti di postura esterna e postura interna.

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