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ANATOMIA UMANA

L’Anatomia è la scienza che studia le caratteristiche macroscopiche delle parti che compongono il corpo
umano, suddivisibili in: tessuti (insieme di diversi tipi di cellule che formano masse con funzioni specifiche),
organi (composti da vari tessuti e con funzioni specializzate), apparati (insieme di organi che presentano
una diversa struttura e una diversa origine embriologica → l’embriologia è la scienza che studia lo sviluppo
delle cellule nella vita interuterina e che collaborano ad uno scopo comune), sistemi (insieme di organi
omogenei per struttura e origine embriologica che collaborano ad un solo scopo). Ad esempio, l’organo del
cuore è composto dal tessuto del miocardio a sua volta formato dai cardiomiceti. Nello studio di un organo
è essenziale la topografia, ovvero la localizzazione di quell’organo, i suoi rapporti con gli organi adiacenti e
la sua proiezione sulla superficie.

Lo studio delle caratteristiche macroscopiche permette di conoscere forma, dimensioni e aspetto di


superfici interne/esterne. Le caratteristiche microscopiche, invece si ricavano dall’osservazione di sezioni ed
è interessante come funzione e struttura vadano sempre di pari passo, ovvero, un organo che ha una data
funzione, ha una forma/struttura apposita che gli permette di svolgere la funzione stessa (organi con la
stessa funzione hanno la stessa struttura).

Posizione Anatomica → in questa posizione si ha la faccia rivolta in avanti, con gli arti superiori che
discendono lungo il tronco con i palmi rivolti in avanti e le dita distese, gli arti inferiori uniti con le piante dei
piedi rivolte verso l’avanti. Nella veduta anteriore (o ventrale) si ha il ventre di fronte mentre nella veduta
posteriore (o dorsale) si ha il dorso. La parte superiore del corpo è definita “ craniale”, mentre quella
inferiore “caudale”. Altri termini importanti sono “prossimale” (più vicino all’attacco del tronco), “distale”
(più lontano all’attacco del tronco), “mediale” e “laterale”.

Cavità corporea → il nostro corpo presenta delle cavità (alloggiamenti) quali: cavità cranica (contiene
l’encefalo), canale vertebrale (contiene una parte del sistema nervoso centrale, ovvero il midollo spinale),
cavità toracica (composta dalle due cavità pleuriche dove alloggiano i polmoni e mediastino), e cavità
addominopelvica (composta da cavità addominale e cavità pelvica). Una cavità addominopelvica può
essere suddivisa in quattro quadranti (superiore dx, superiore sx, inferiore dx, inferiore sx) o si possono
tracciare due linee verticali (emiclaveari perché partono dal punto di mezzo delle clavicole) e due linee
orizzontali (una “sotto costole” e l’altra “intertubercolare” poiché passa per i tubercoli delle ossa del
bacino); si ottengono 9 regioni che dall’alto verso il basso sono rispettivamente:

1. ipocondrio destro
2. epigastrio
3. ipocondrio sinistro
4. fossa lombare destra
5. mesogastrio
6. fossa lombare sinistra
7. regione inguino-addominale destra
8. Ipogastrio
9. regione inguino-addominale sinistra

Piani Anatomici → sono piani “di taglio”. Il piano orizzontale o trasverso è parallelo alla superficie di
appoggio del corpo eretto e divide il corpo in parte superiore e parte inferiore. Il piano sagittale decorre
verticalmente in senso anteroposteriore e il piano sagittale mediano divide il corpo in una metà destra e
una metà sinistra simmetriche tra loro (solo in superficie perché all’interno del corpo vi sono organi pari o
impari). Il piano sagittale mediano è dunque anche definito “piano di simmetria”. Il piano frontale o
coronale decorre verticalmente ed è parallelo alla fronte dividendo il corpo in parte dorsale e parte
ventrale. La TAC, ad esempio, scannerizza seguendo un piano trasverso, mentre il piano coronale viene
usato dalle radiografie e il piano sagittale viene sfruttato dalla risonanza magnetica. L’intersezione dei piani
anatomici origina gli assi intorno ai quali si origina il movimento. L’asse trasversale è dato dall’intersezione
tra piano sagittale e trasversale e permette l’inclinazione laterale del tronco e l’abduzione e l’adduzione
degli arti (allontanamento e avvicinamento). L’asse verticale è dato dall’intersezione tra piano frontale e
sagittale e intorno ad esso si creano i movimenti di rotazione (pronazione e supinazione nel caso
dell’avambraccio).

Sezioni → esse possono essere anatomiche o istologiche e sono longitudinali, trasverse o oblique. Le
sezioni istologiche vengono usate per preparare i campioni, vengono infatti fissate in formalina, incluse in
paraffina, avviene la sparaffinatura e infine la colorazione, che solitamente avviene attraverso
l’ematossilina (che si lega al nucleo) e l’eosina (che si lega al citoplasma).

Organi → essi possono essere cavi o pieni. Tra gli organi cavi incontriamo stomaco, intestino, cuore,
vescica, e molti altri i quali sono riconoscibili perché presentano un lume la cui parete è rivestita da
tonache. L’organizzazione tipica (tipico = presente nella maggior parte, non in tutti) degli organi cavi, infatti,
dall’interno verso l’esterno è: lume, tonaca mucosa, tonaca sottomucosa, tonaca muscolare e tonaca
sierosa (se formata dal mesotelio) o tonaca avventizia (se formata da tessuto connettivo). La mucosa è
formata da 3 strati: epitelio, lamina propria, muscularis mucosae. La sottomucosa è formata da tessuto
connettivo e la tonaca muscolare è composta da più strati di fibre muscolari con diverso andamento. In
alcuni casi, come nell’apparato genitale femminile, non vi è la tonaca sottomucosa. Gli organi pieni, come
polmone, rene, encefalo, presentano: capsula (rivestimento), ilo (zona di ingresso/uscita dei vasi
sanguigni/linfatici/nervi), stroma (tessuto connettivo che sa supporto al parenchima e passaggio ai
vasi/nervi), parenchima (tessuto funzionale dell’organo). Parenchima e stroma sono sempre presenti.

Sistemi → vi sono:

1. sistema tegumentario (da protezione al corpo, regola la temperatura corporea e produce i


precursori della vitamina D).
2. sistema scheletrico (da supporto e sostegno al corpo, protezione agli organi, permette i movimenti,
produce cellule nel sangue e conserva i minerali).
3. sistema muscolare (permette i movimenti, mantiene la postura, ha una funzione termoregolatrice
e protettiva).
4. sistema nervoso (è un sistema di regolazione che controlla i movimenti, le attività viscerali e
somatiche e riceve gli stimoli sensitivi).
5. sistema endocrino (composto da ghiandole e cellule endocrine che regolano crescita, metabolismo,
riproduzione e altre funzioni).
6. sistema cardiovascolare (trasporta sostanze nutritive, gas e allontana le sostanze di rifiuto).
7. sistema linfatico (formato da organi e vasi ed ha un ruolo centrale nella difesa immunitaria, e
regola la quantità di liquidi nel nostro corpo e permette l’assorbimento dei lipidi).
8. sistema riproduttivo maschile e femminile (comprendono le gonadi e producono e fanno maturare
i gameti oltre a produrre ormoni, quindi hanno una funzione endocrina).

Apparati → vi sono:

1. apparato respiratorio (permette lo scambio di ossigeno e anidride carbonica tra sangue e aria).
2. apparato digerente (permette il metabolismo e l’eliminazione delle scorie).
3. apparato urinario (elimina i prodotti di rifiuto del sangue, regola il pH e l’equilibrio salino).
TESSUTI

Esistono quattro tessuti fondamentali quali tessuto epiteliale, tessuto connettivale, tessuto muscolare,
tessuto nervoso. Ognuno di essi ha dei sottogruppi.

TESSUTO EPITELIALE → il tessuto epiteliale è molto diffuso (è la componente della cute) e comprende i 2/3
delle cellule dell’organismo e copre ogni superficie corporea esterna, ma anche tutte le cavità interne. Il
tessuto epiteliale ha infatti la funzione di proteggere le strutture sottostanti di assorbimento (es. a livello
intestinale), di secrezione (epitelio ghiandolare) e di ricezione sensoriale (epitelio neurosensoriale). Il
tessuto epiteliale presenta delle cellule strettamente adese tra loro (in modo da creare una barriera) e
ancora alla membrana basale, la quale sottende qualsiasi epitelio. Per questo motivo, un tumore può far
avviare la transizione epitelio-mesenchimale, ovvero un processo che normalmente avviene nello sviluppo
embrionale e che concerne la trasformazione delle cellule epiteliali in cellule mesenchimali che invadono i
tessuti sottostanti creando una metastasi. Inoltre le cellule epiteliali sono polarizzate (una certa
disposizione degli organelli che permette il riconoscimento di due poli), vascolarizzate e hanno capacità di
rigenerazione (esiste in tutti i tessuti; è più evidente nel tessuto epiteliale ed è permesso da cellule definite
staminali/basali).

Le superfici apicali e basali o laterali possono presentare specializzazioni, quali microvilli (in epiteli
assorbenti), ciglia (che permettono lo spostamento di sostanze, ad esempio nell'apparato respiratorio) e
stereociglia. Le cellule sono adese tra loro grazie a giunzioni (comunicanti, desmosomi, aderenti,
occludenti) che ne permettono anche la comunicazione e l'ancoraggio alla membrana basale. Tale
ancoraggio non è solo importante perché da sostegno all'epitelio ma anche perché, essendo il tessuto
vascolarizzato, necessita di una fonte esterna di sostanze nutritive, che appare essere proprio la membrana
basale. La membrana basale è composta da tre lamine (lucida, densa e reticolare) e attraverso la diffusione
scambia le sostanze con l'epitelio. La polarità delle cellule epiteliali è facilmente studiabile attraverso una
cellula del tubulo renale che sulla superficie laterale si lega con le altre cellule, sulla superficie apicale
presenta ciglia e microvilli e sulla superficie basale presenta il cosiddetto labirinto basale, composto da
invaginazioni di membrana ricche di mitocondri (epitelio bacillare). Le ciglia sono espansioni
citoplasmatiche e filiformi in grado di rimuovere particelle e liquidi a contatto con la cellula, ad esempio
nella trachea spingono il muco verso l'esterno mentre nelle tube uterine facilitano lo spostamento
dell'ovocita verso l'utero. I microvilli invece sono estroflessioni citoplasmatiche digitiformi provvisti di
glicocalice e che aumentano le superfici assorbenti della cellula, perciò sono molto presenti a livello
intestinale. Esistono dunque tre tipi di epitelio:

1. di rivestimento (protezione, impermeabilità-come nelle vie urinarie-e assorbimento).


2. ghiandolare (secrezioni).
3. sensoriale (ricezione sensoriale).

Epiteli di rivestimento → Rivestono la superficie corporea e le cavità interne e si classificano in base a:

1. numero di strati di cellule (mono o pluristratificati).


2. forma delle cellule (appiattita/pavimentosa, cubica/isoprismatica, cilindrica/batiprismatica).
3. presenza di specializzazioni sulla superficie apicale.

L'epitelio deve essere sempre accompagnato da almeno due aggettivi che ne descrivono la stratificazione e
l'altezza delle cellule (es. semplice-pavimentoso). Negli spazi intracellulari si possono incontrare cellule
caliciformi mucipare, che producono muco e sono ghiandole esocrine unicellulari. Negli epiteli
pluristratificati viene preso in considerazione sempre lo strato più apicale per descriverne la forma e, a
differenza dei monostratificati, solo le cellule basali sono ancorate alla membrana basale. Alcuni tessuti
epiteliali presentano un solo strato, ma sono peudo-stratificati o pluriseriati (nuclei a diversa altezza ma
tutte le cellule poggiano sulla membrana basale e le cellule hanno forme diverse tra loro). Nelle vie urinarie
vi è un epitelio impermeabile definito "di transizione" che riesce a contrarsi e a distendersi, diminuendo gli
strati, per aumentare, ad esempio, la capienza della vescica. Vi sono anche epiteli cheratinizzati, ovvero
che presentano uno strato corneo superficiale di cellule prive di nucleo che tendono a sfaldarsi (tipico della
cute). L'epitelio pavimentoso stratificato, invece, ha una maggiore funzione protettiva, quindi è presente
nella cavità boccale, nell'esofago o nel retto. Nel tubulo renale vi è un epitelio cubico semplice, mentre
nelle vie aeree vi è un epitelio pluriseriato cilindrico cigliato.

Epiteli ghiandolari → sono formati da cellule epiteliali specializzate nella produzione di un secreto e tali
ghiandole possono essere monocellulari o pluricellulari. In base a dove riversano il loro secreto, le
ghiandole sono esocrine (lo riversano nelle cavità o all’esterno attraverso un dotto secretore) o endocrine
(riversano il loro secreto, definito ormone, nel sangue, attraverso il quale possono raggiungere qualsiasi
altro organo). Le ghiandole esocrine possono essere unicellulari (caliciformi mucipare) o pluricellulari e
sono composte dall'adenomero (parte secernente della ghiandola che può essere di forma
alveolare/acinosa/tubulare e semplice/ramificata) e dal dotto escretore (rilascia il segreto all'esterno). Le
ghiandole esocrine possono essere classificate per:

 morfologia (alveolare, acinosa, tubulare, tubulo-glomerulare, semplice/ramificata/composta).


 tipo di secreto, che può essere mucoso (dall'aspetto bianco al microscopio ottico, che contiene
mucina, ed è prodotto da unità secretorie a forma di tubuli) o sieroso (scuro al microscopio ottico,
fluido, ricco d'acqua, ioni ed enzimi, come la saliva ed è elaborato da unità secretoria in forma di
acini o di semilune).

La secrezione può essere merocrina (in cui la ghiandola espelle solamente il secreto), apocrina (il secreto si
concentra nella parte apicale della cellula e insieme al secreto viene espulsa anche una parte di citoplasma)
e olocrina (le cellule "scoppiano" rilasciando il proprio secreto). Le ghiandole endocrine si trovano,
necessariamente, in prossimità di un vaso sanguigno. Le ghiandole endocrine rilasciano il proprio secreto
(ormone) nel sangue, attraverso il quale raggiunge il tessuto/organo/apparato bersaglio. Gli ormoni
possono essere di natura proteica (aminoacidi, polipeptidi, proteine) o di natura lipidica (steroidi,
importantissimi a livello farmaceutico). I tumori endocrini, come quello al seno, vengono combattuti con
farmaci antagonisti degli ormoni che si legano e inattivano i recettori a cui dovrebbero legarsi gli ormoni. Le
ghiandole endocrine hanno una struttura cordoniforme, tranne la tiroide che ha una struttura follicolare.

Epitelio sensoriale → presente in quelle sedi dove riusciamo a percepire sensazioni olfattive, gustative,
visive, acustiche, relative all'equilibrio. È composto da cellule che presentano specializzazioni di membrana
e sono in giunzione con elementi nervosi: l'epitelio olfattivo, ad esempio, è presente nella mucosa olfattiva
e si trova nella volta delle cavità nasali; le sostanze chimiche rilasciate da un profumo vengono ricevute
dall'epitelio sensoriale che trasforma questa sensazione chimica in una sensazione elettrica, che stimola il
tratto nervoso con cui è connesso. Sulla lingua vi sono cellule gustative che contengono i calici gustativi e
sono connesse anch'esse a delle fibre nervose. Nell'occhio vi è l'epitelio pigmentato della retina che viene
stimolato non da una sostanza chimica ma dai raggi luminosi. Nell'orecchio interno invece vengono
recepite le sensazioni riguardanti l'udito e l'equilibrio.

TESSUTO CONNETTIVO → Il tessuto connettivo, sia per struttura che per funzione, è completamente
diverso dal tessuto epiteliale. Il tessuto connettivo ha come funzione principale quella di connettere vari
tessuti tra loro ed esistono tre tipi di tessuti connettivi: propriamente detti (divisi in classi e densi), liquidi e
di sostegno. Nel tessuto connettivo propriamente detto, il tessuto "lasso" è composto da fibre che creano
una rete aperta (si trova nella tonaca sottomucosa o nello stroma degli organi pieni), invece il tessuto
connettivo "denso" è composto da fibre strettamente impacchettate. Il tessuto connettivo liquido è diviso
in "sangue", che circola all'interno dei vasi sanguigni e "linfa", che circola nel sistema linfatico. Il tessuto
connettivo di sostegno è composto da cartilagine (solida, matrice elastica) e osso (forma lo scheletro,
solido, matrice cristallina). Le cellule del tessuto connettivo possono essere fisse o migranti e sono immerse
in una matrice extracellulare. Quest'ultima è una struttura fondamentale che media i segnali tra le cellule e
guida tutti i processi fisiologici e patologici. Le proteine presenti nella matrice sono fondamentali in quanto
hanno la funzione di legarsi ai recettori (integrine) delle cellule per impartirgli un compito/funzione da
svolgere (ancorarsi, muoversi, morire). La matrice extracellulare, infatti, è composta da una componente
proteica (fibrillare) e da una componente gelatinosa (amorfa o sostanza fondamentale) formato da acqua
(fase disperdente) e glicoproteine e proteoglicani (fase dispersa). Il proteoglicano è una struttura formata
da un asse proteico (core) a cui sono legate catene di glicosamminoglicani (GAG). Questi ultimi formano ad
esempio l'acido ialuronico. I proteoglicani molto spesso si aggregano in "aggrecani" ed essendo solubili e
idrofili conferiscono ai tessuti in cui si trovano una funzione trofica (regolano gli scambi osmotici) e una
funzione di sostegno (resistenza alla compressione). Le glicoproteine sono proteine alla cui catena
polipeptidica è legata una catena oligosaccaridica, e tra le glicoproteine più importanti incontriamo
fibronectina, laminina, tenascina, ognuna con proprie isoforme, ma la più importante e abbondante è il
collagene, composto dall'organizzazione di più microfibrille. Esistono diversi tipi di collagene ma i più
abbondanti sono:

 I (presente nel tessuto osseo).


 II (presente nella cartilagine).
 III (presente nello stroma degli organi).
 IV (presente nella membrana basale).

Tale collagene è un componente della parte fibrillare della matrice, infatti si parla di fibre di collagene
(esistono 28 tipi diversi di collagene, ma quelli di tipo I, II e III rappresentano il 90% del collagene corporeo).
Il collagene di tipo III origina anche le fibre reticolari che formano una rete di sostegno (stroma) negli organi
ad alta cellularità. Oltre alle fibre di collagene e alle fibre reticolari vi sono anche le fibre elastiche
composte da elastina (proteina) e fibrillina (glicoproteina) che conferiscono elasticità al tessuto, ovvero la
capacità di riassumere la forma principale/originale dopo una deformazione fisiologica (importante nei
polmoni o nelle arterie) e inoltre le fibre elastiche hanno la capacità di restituire la stessa forza a cui sono
state sottoposte (importante per i vasi sanguigni). Dunque le cellule del tessuto connettivo sono fisse e
migranti. Tra le cellule fisse abbiamo i fibroblasti (sintetizzano la componente fibrale e amorfa della
matrice) e miofibroblasti (sintetizzano la matrice ma hanno anche una funzione contrattile). I fibroblasti
sono cellule non completamente differenziate, infatti possono facilmente essere indotte a differenziazione
divenendo cellule di altri tessuti. Tra le cellule migranti incontriamo principalmente cellule presenti nel
sangue o nella linfa, come i macrofagi (responsabili della difesa contro i microrganismi estranei al corpo
attraverso la fagocitosi e rilascio di citochine ma anche del turnover di cellule morte), le plasmacellule
(producono immunoglobuline) e i granulociti neutrofili, acidofili e linfociti (difesa immunitaria). In un
tessuto cicatriziale (cicatrice), i fibroblasti si differenziano in miofibroblasti per chiudere la lesione/ferita. I
mastociti sono cellule essenziali nella risposta infiammatoria in quanto rilasciano eparina (anticoagulante),
istamina (aumenta la permeabilità dei capillari) e si trovano soprattutto nella cute e nell'apparato digerente
o respiratorio. I periciti sono cellule che si dispongono intorno ai vasi sanguigni e lo sostengono, ma
possono anche causarne una vaso costrizione.

Tessuto connettivo propriamente detto → esso può essere lasso (areolare, in quanto crea un reticolo a
maglie larghe), denso (in cui i fasci sono molto più fitti e possono disporsi in modo parallelo e quindi
regolari o intrecciati e quindi irregolari), elastico (se prevale l’elastina), reticolare (se prevale il collagene di
tipo II) o adiposo (bianco e bruno). Il tessuto lasso è composto prevalentemente da fibre di collagene
immerse in una sostanza fondamentale ricca di acido ialuronico e contiene soprattutto fibroblasti. Esso si
trova nello stroma, nella lamina propria, nelle tonache sottomucose e avventizie, nelle sierose e ha la
funzione di sostegno, difesa e riparazione. Il tessuto connettivo denso ha un’organizzazione più compatta,
ricca di fasci di collagene intervallati da fibroblasti e con scarsa componente amorfa. Tale tessuto è tipico
delle strutture che devono conferire resistenza, come i tendini e i legamenti (fasci paralleli). Il tessuto
connettivo denso a fasci intrecciati, invece, è presente nelle capsule e nel derma e da solidità. Il tessuto
connettivo elastico è formato da fibre elastiche ed è presente ad esempio nella laringe e nelle arterie
elastiche come l’aorta. Il ventricolo sinistro infatti pompa con una grande pressione il sangue nell’aorta e
questa, disponendo di queste fibre elastiche, non solo resiste alla pressione ma la scarica nuovamente/di
ritorno sul sangue in modo che quest’ultimo possa raggiungere tutto il corpo. Il tessuto connettivo
reticolare è ricco di fibre reticolari e li ritroviamo nello stroma di organi come i reni o i linfonodi. Il tessuto
adiposo è composto da cellule il cui volume è occupato quasi interamente da una goccia di grasso, e tali
cellule vengono dette “adipociti”. Il tessuto adiposo funge da riserva energetica, è importante per la
termoregolazione e ha anche una funzione protettiva importante, per questo lo troviamo intorno al cuore e
al rene. Da recenti studi si è scoperto che le cellule del tessuto adiposo sono una fonte di cellule staminali
mesenchimali. Il tessuto adiposo bianco ha funzione energetica e protettiva, mentre quello bruno è
presente nell’uomo solo nella vita fetale ed è molto presente negli animali che vanno in letargo.

Tessuto connettivo liquido → presenta una matrice extracellulare liquida ed è diviso in sangue e linfa. Il
sangue rappresenta l’81% del peso corporeo ed è composto da plasma, ovvero la matrice liquida, e dal
siero, ovvero plasma senza fibrinogeno e fattori della coagulazione (prodotti del fegato). Vi è dunque una
parte liquida (plasma, composto per il 90% da acqua) e una parte corpuscolare (composto da globuli rossi,
bianchi e piastrine le cui percentuali possono indicare una certa patologia o un’infezione in corso). Nel
plasma, oltre all’acqua vi sono gli elettroliti (calcio, sodio), nutrienti, sostanze di rifiuto (come la creatinina,
che è indice di funzionalità renale), la bilirubina e varie proteine prodotte dal fegato. Tra gli elementi
corpuscolari, invece, incontriamo i globuli bianchi che possono essere monociti, linfociti, e granulociti; in
base a colorazione di tali granuli vi sono i neutrofili (funzione difensiva), i basofili (funzione
antinfiammatoria), eosinofili (difesa antiparassitaria). I linfociti sono i responsabili della risposta
immunitaria in quanto producono gli anticorpi e, infine, i monociti sono i precursori dei macrofagi. Le
piastrine sono le responsabili della coagulazione del sangue e quindi sono fondamentali in caso di
emorragia ed è importante lo studio del tempo di coagulità del sangue (un tempo troppo lungo potrebbe
non interrompere l’emorragia in tempo; un tempo rapido potrebbe creare un coagulo che potrebbe
occupare un vaso sanguigno causando una trombosi). Gli eritrociti sono cellule prive di nucleo nuclei forma
biconcava e hanno la funzione di legare l’ossigeno, cederlo alle cellule del corpo e scambiarlo con l’anidride
carbonica. Nelle donne ci sono 4,5 milioni/mm 3 e negli uomini 6 milioni/mm 3 di eritrociti. La forma
biconcava gli permette di deformarsi quando attraversano capillari molto stretti (come negli alveoli
polmonari dove, grazie alla deformazione, fanno avvenire l’ematosi, ovvero cedono anidride carbonica e
acquistano ossigeno). Ovviamente gli eritrociti non presentano mitocondri per non usare l’O 2 che
trasportano, ma contengono l’emoglobina (responsabile del colore rosso) che nel suo gruppo eme lega il
ferro che permette il legame con l’ossigeno. Le cellule del San sono prodotte nel midollo osseo da cellule
staminali ematopoietiche sotto lo stimolo dell’eritropoietina (ormone prodotto dal rene) e in questa sintesi
sono importanti anche la vitamina b12 e l’acido folico. Il ciclo vitale degli eritrociti e di 120 giorni e vengono
rimossi dal sangue dai macrofagi della milza e del fegato: nella milza avviene l’eritrocateresi in cui gli
eritrociti vengono fagocitati, ma il ferro viene riciclato nel fegato, dove viene immagazzinato in ferritino e
poi trasportato (transferrina) al midollo osseo, mentre il gruppo eme viene degradato per formare i
pigmenti biliari. I leucociti si trovano nella superficie interna dei vasi, ma possono migrare negli altri tessuti
e si distinguono in granulociti, linfociti e monociti. I linfociti presentano un grosso nucleo e vengono
prodotti nel midollo osseo e mentre i linfociti B rimangono e si differenziano nel midollo osseo producendo
le plasmacellule, invece i linfociti T migrano nel timo specializzandosi nella “immunità cellulo-mediata”. Le
piastrine o trombociti sono fondamentali nel coagulo del sangue e sono composti da frammenti cellulari
circondati da membrana, di forma irregolare. Il processo di formazione di tutti gli elementi corpuscolari del
sangue è l’ematopoiesi e, dopo la nascita, avviene nel midollo osseo (nel tessuto osseo spugnoso) che
contiene moltissime cellule staminali e fattori di crescita per questi ultimi che in molti casi vengono
integrati ai pazienti chemioterapici poiché la chemioterapia uccide le cellule tumorali, ma anche parte delle
cellule del sangue. Il midollo osseo, quando deve essere prelevato, si esegue il puntato sternale a livello
dello stereo o dell’osso dell’anca.

Tessuto connettivo di sostegno → sono la cartilagine e l’osso. La cartilagine ha una matrice cellulare
abbondante e compatta ricca di proteoglicani, collagene e poche cellule e non contiene vasi e nervi. Le
cellule presenti sono i condroblasti che differenziandosi diventano condrociti. La cartilagine non essendo
vascolarizzata né innervata non riceve nutrienti né tantomeno possibili integratori o farmaci che si pongono
come obiettivo quello di rigenerare la cartilagine. Infatti, se la cartilagine si consuma, non si può intervenire
in alcun modo per rigenerarla, ma si può prevenire l’artrosi attraverso una dieta ricca di sostanze che
possono rafforzare la cartilagine (?) E non fare sforzi fisici eccessivi. I condrociti danno l’aspetto
caratteristico alla cartilagine organizzandosi in gruppi “isogeni” (2-4 condrociti). Tranne sulla cartilagine
articolare, il resto della cartilagine è rivestita dal pericondrio, una lamina di tessuto connettivo luminoso
denso le cui cellule possono trasformarsi in condroblasti e formare nuova cartilagine (crescita
apposizionale). La cartilagine può essere ialina, fibrosa ed elastica. La cartilagine ialina è composta da
condrociti immersi in sostanza fondamentale rinforzata da collagene di tipo II e la troviamo a livello
articolare, ovvero riveste i punti i cui le ossa si articolano tra loro. Qui manca il pericondrio, quindi non può
essere rigenerata in alcun modo, tantomeno con infiltrazioni. Nella cartilagine elastica prevalgono le fibre
elastiche ed è presente nella laringe (dove bisogna far vibrare l’aria per permettere la formazione) o nel
padiglione auricolare. La cartilagine fibrosa o fibrocartilagine è ricca di collagene di tipo I che conferisce
resistenza e perciò è presente nel menisco o nei dischi intervertebrali dove attutisce il peso per evitare
danni alle ossa. Il tessuto osseo è sede di moltissime reazioni ed è composto da una matrice extracellulare
ossificata imponente con fibre di collagene di tipo I e componenti inorganici quali fosfato di calcio (sotto
forma di idrossiapatite), sodio, magnesio, potassio. La frattura di un osso è la rottura o interruzione di un
osso e può essere composta (le due parti di osso sono vicine anche se separate e basta immobilizzare
attraverso un gesso) o scomposta (necessità di un intervento chirurgico). Le fratture dimostrano che l’osso
è una struttura dinamica in quanto può ricostituirsi. A contatto con il tessuto osseo vi è il periostio (tessuto
connettivo denso a fasci intrecciati) che permette la vascolarizzazione dell’osso anche nelle cavità interne
dove vi è l’endostio. Le cellule del tessuto sono: cellule osteoprogenitrici (si trovano nel periostio e
nell’endostio e permettono l’osteogenesi e la riparazione delle fratture), gli osteopatia (differenziazione
delle osteoprogenitrici, depongono matrice ossea all’interno della quale restano bloccati divenendo
osteociti), gli osteociti (ricambiano la matrice dell’osso) e gli osteoclasti (rilasciano acidi ed enzimi che
permettono il rimodellamento dell’osso e sono stimolati dall’ormone paratiroideo e inibiti dalla
calcitonina). L’osso può essere non lamellare (deposizione casuale della matrice cellulare e si origina
durante la formazione dell’osso stesso) e lamellare (riorganizzazione del tessuto non lamellare, può avere
un aspetto compatto o un aspetto spugnoso). Nell’osso spugnoso sono presenti delle lamelle organizzate in
trabecole, al cui interno vi è il midollo osseo, responsabile dell’ematopoiesi e lo troviamo all’estremità delle
ossa lunghe il cui corpo è invece composto da osso compatto. L’osso compatto è composto da osteoni
(formati da lamelle concentriche al cui centro vi è un canale, canale di Havers, che contiene i vasi sanguigni
e i nervi che permettono la rigenerazione del tessuto. Il tessuto compatto lo troviamo sia nella diafisi delle
ossa lunghe (le cui estremità sono le epifisi) sia nelle parti interne ed esterne delle ossa piatte.
L’ossificazione (ovvero la formazione delle ossa nella vita fecale) è sia diretta (o intramembranosa) che
indiretta (o endocondrale). L’ossificazione diretta avviene ad esempio nelle ossa del cranio dove, a partire
da un centro, le cellule mesenchimali si differenziano verso l’esterno creando un tessuto prima non
lamellare che poi diviene lamellare. Le ossa non si chiudono completamente ma tra gli spazi si forma un
tessuto connettivo fibroso (fontanelle) che permettono l’accrescimento del cranio fino a 2-4 anni di vita.
l'ossificazione indiretta viene definita tale perché passa per una fase cartilaginea. Ad esempio le ossa lunghe
si originano da un iniziale scheletro di cartilagine che, quando viene vascolarizzato, si ossifica tranne la
regione metafisaria (tra epifisi e diafisi) dove rimane la cartilagine per permettere l’accrescimento dell'osso.
Attraverso lo studio della cartilagine metafisaria di un individuo si può comprendere se la sua età ossea
corrisponde all’età anagrafica (radiografia del polso) che mostra negli adolescenti la presenza di cartilagine
che è trasparente ai raggi X). Il tessuto osseo dunque è estremamente dinamico e plastico e si rimodellare
sia per rispondere alle esigenze meccaniche di sostegno, ma anche per esigenze metaboliche di ricambio di
ioni. Gli ioni di calcio, ad esempio, sono essenziali nei muscoli per la contrazione e la conduzione nervosa
tanto che una ipocalcemia causa un aumento dell’eccitabilità neuromuscolare con spasmi muscolari,
mentre un’ipercalcemia provoca un rallentamento della conduzione nervosa fino ad un arresto
cardiocircolatorio. L’omeostasi del calcio è, dunque, importantissima e viene regolata da più organi come
rene, cute, intestino, fegato attraverso paratormone, vitamina D e calcitonina che evitano la rarefazione
(come l’osteoporosi del tessuto osseo). In una frattura si crea un ematoma e vi è un afflusso di sangue che
richiama cellule mesenchimali (si forma il “callo osseo”), le quali riforma o l’osso non lamellare che col
tempo diverrà lamellare anche se, ai raggi X, apparirà più opaco rispetto al resto dell’osso perché più
giovane.

TESSUTO MUSCOLARE → il tessuto muscolare è diviso in tre sottogruppi: tessuto muscolare striato
scheletrico (ovvero quel tessuto che si forma immediatamente sopra le ossa e determina i movimenti, il
mantenimento della postura), tessuto muscolare striato cardiaco (forma il miocardio; l’aggettivo “striato” è
dato dalla particolare bandeggiatura presente su questi tessuti e visualizzabile al microscopio) e tessuto
muscolare liscio (privo di bandeggiature). Tutti e tre questi tipo muscolari presentano contrattilità (capacità
di accorciarsi/ridurre la lunghezza), estensibilità (capacità di allungarsi o estendersi), elasticità (contrattilità
+ estensibilità), eccitabilità (capacità di rispondere ad uno stimolo nervoso o ormonale che sia).

Tessuto muscolare striato scheletrico → ricopre l’intero corpo e i muscoli scheletrici hanno varie forme e
volume, sono costituiti da parti carnose e tendinee (i tendini sono composti da tessuto connettivo) e sono
ricoperti dalle fasce muscolari, che separano i compartimenti muscolari. Nel tessuto muscolare scheletrico,
l’unità più piccola non è la cellula muscolare, ma la “fibra muscolare” la quale si presenta come un cilindro
lungo e si viene a formare durante lo sviluppo, quando i miociti (mioblasti, cellule muscolari) si fondono tra
loro originando una fibra polinucleata (sincizio polinucleato). La fibra muscolare, che è dunque l’unità
strutturale del muscolo scheletrico, si organizza in fasci e l’insieme di fasci formano il vero e proprio
muscolo scheletrico. Ovviamente il muscolo è vascolarizzato, infatti la fibra muscolare è circondata
dall’endomisio, il fascio muscolare dal perimisio e il muscolo vero e proprio dall’epimisio (endomisio,
perimisio e epimisio sono costituiti da tessuto connettivo). Il tendine (composto da tessuto connettivo e
ricco di collagene) accompagna il muscolo mantenendolo ben saldo all’osso e aiutandolo nella contrazione.
La fibra muscolare scheletrica può contrarsi attraverso le miofibrille presenti nel fascio. Le miofibrille sono
composte da filamenti sottili di actina e filamenti spessi di miosina e le miofibrille sono intervallate dal
reticolo sarcoplasmatico, immersi nel sarcoplasma (citoplasma della fibra muscolare) e protettiva dal
sarcolemma. Sono disposte in modo sia trasversale che longitudinale ed il sarcoplasma mostra una striatura
trasversale con un’alternativa di bande chiare e scure. Le bande chiare sono composte dai filamenti sottili di
actina e sono intercorse al centro dalla linea 2. Tra una linea 2 e l’altra, quindi, incontriamo metà banda
chiara, la banda scura (composta da filamenti spessi di miosina su cui sono in parte sovrapposti anche i
filamenti di actina) e un’altra metà di banda chiara (interrotta da un’altra linea 2); questo tratto di
microfibrilla complesso tra due linee 2 è il sarcomero ed è l’unità contrattile. Per far avvenire una
contrazione muscolare, come prima cosa devono essere liberati dal reticolo sarcoplasmatico gli ioni di
calcio, i quali causano delle modificazioni nelle proteine della microfibrilla permettendo ai filamenti di
actina di scorrere su quelli spessi e, quindi, accorciando il sarcomero. Ovviamente, quando gli ioni calcio
vengono sequestrati, i filamenti sottili ritornano nella loro posizione originale. Affinché avvenga
effettivamente la contrazione però, vi deve essere uno stimolo che induca il muscolo a contrarsi e tale
stimolo (nella maggior parte dei casi di tipo nervoso) deriva da un neurone (cellula nervosa) o, in questo
caso, motoneurone. Ciascuna fibra muscolare è innervata da un solo motoneurone, ma allo stesso tempo,
un motoneurone, grazie alle ramificazioni che partono dal suo assone, può innervare più fibre muscolari;
l’insieme del motoneurone e delle fibre muscolari che innerva è definito “unità motoria”. Ovviamente, in
un muscolo vi sono moltissime unità motorie, che siano piccole (poche fibre muscolari innervate,
movimento più preciso) o grandi (molte fibre muscolari innervate, movimento meno preciso). Il punto in cui
il motoneurone entra in contatto con la fibra muscolare è la sinapsi/giunzione neuromuscolare, dove il
terminale presinaptico del neurone rilascia, nella fessura intersinaptica, l’acetilcolina che viene captata dai
recettori posti sulla membrana post-sinaptica della fibra. Nel momento in cui l’ACH si lega ai recettori del
sarcolemma si ha la depolarizzazione del reticolo sarcoplasmatico che rilascia ioni calcio che permettono
l’esposizione dei siti di legame tra actina e miosina e si ha la contrazione e al termine i siti di legame
vengono nuovamente coperti e gli ioni calcio tornano nel reticolo sarcoplasmatico. Il tessuto muscolare
scheletrico è innervato dal sistema nervoso centrale volontario, quindi è sotto la nostra volontà.

Tessuto muscolare striato cardiaco → oltre alla presenza di striature, ha ben poco in comune con il tessuto
muscolare scheletrico, infatti, come il tessuto muscolare liscio, è innervato dal sistema nervoso autonomo
(indipendente dalla volontà). Il cuore, dall’interno verso l’esterno, è composto da: endocardio, miocardio
(tessuto muscolare), epicardio e pericardio. Il tessuto muscolare cardiaco non è composto da fibre, bensì da
cellule, definite cardiomiociti, che presentano il nucleo al centro della cellula e le estremità ramificate. I
cardiomiociti hanno la bandeggiatura trasversale e tra un cardiomiocita e l’altro vi sono delle giunzioni,
ovvero i “dischi intercalari” che permettono un passaggio rapido della contrazione da una cellula ad
un’altra, come fosse una fibra muscolare. Non è dunque un “sincizio morfologico”, bensì un “sincizio
funzionale” in cui le giunzioni permettono un rapido scambio di sostanze che “trasmettono” la contrazione.
Nel cuore, oltre ai “cardiomiociti di lavoro”, vi sono cardiomiociti di dimensioni ridotte che hanno la
capacità di autodepolarizzarsi creando lo stimolo alla contrazione senza necessità di stimolo nervoso,
quindi, anche in seguito a morte cerebrale, il cuore può continuare a contrarsi irrorando gli altri organi che
possono essere asportati per essere donati (la contrazione dopo la morte cerebrale avviene per un lasso di
tempo delimitato). Il sistema nervoso autonomo che innerva il cuore ha la funzione di regolare tali
contrazioni, la loro velocità, la loro frequenza.

Tessuto muscolare liscio → la sua contrazione è regolata dal sistema nervoso autonomo e forma la tonaca
muscolare di molti organi cavi e la tonaca media presente nella parete dei vasi sanguigni ed è anche
presente nei muscoli che permettono la contrazione e la dilatazione della pupilla. Il tessuto muscolare liscio
mantiene il calibro del lume degli organi cavi e ne favorisce l’adattamento al contenuto e anche la sua
progressione attraverso l’attività peristaltica. Ad esempio, l’esofago presenta un “lume virtuale”
visualizzabile solo quando viene attraversato dal bolo alimentare che, attraverso le contrazioni delle pareti
(degli strati di fibra muscolare), progredisce nel suo viaggio. Maggiore è la contrazione richiesta, maggiore è
il numero di strati di fibre muscolari presenti (come nel caso dello stomaco o della vescica). Nel tessuto
muscolare liscio le unità strutturali sono le cellule muscolari lisce che appaiono allungate, fusiformi,
mononucleate e prive di striatura. Ovviamente vi sono I filamenti di actina e miosina. La stimolazione
avviene sia da parte degli stimoli del sistema nervoso autonomo, ma anche da parte di alcuni ormoni, ad
esempio la parete uterina è stimolata a contrarsi dall’ossitocina (rilasciata durante il parto) e a rilassarsi
dalla relaxina. All’interno della cellula muscolare liscia vi sono moltissimi mitocondri che forniscono,
attraverso la respirazione cellulare, l’energia di cui la cellula necessita, per permettere ai filamenti di
miosina di liberare i propri siti di legame con l’actina (ciò, infatti, in tutti i tessuti muscolari, avviene ad
opera degli ioni calcio e ATP). Nell’apparato digerente (e non solo) vi sono le “ cellule di Cajal” che possono
essere indotte da uno stimolo intrinseco e quindi autodepolarizzarsi.

TESSUTO NERVOSO → il tessuto nervoso costituisce il sistema nervoso centrale (encefalo e midollo
spinale), sistema nervoso periferico (gangli e nervi) e inoltre fa parte degli organi di senso. Il tessuto
nervoso è composto da due tipi di cellule, ovvero i neuroni e le cellule della glia (cellule di sostegno o ad
azione trofica). I neuroni sono eccitabili, capaci di condurre e trasmettere segnali e hanno una capacità di
adattamento definita “plasticità neuronale”. I neuroni sono ricoperti da una membrana ( neurilemma) e ad
entrambe le estremità queste cellule presentano delle ramificazioni. Infatti la struttura di un neurone è
composta da: dendriti (raccolgono i segnali provenienti dall’ambiente da altre cellule), corpo cellulare
(contiene il nucleo e gli organuli cellulari), assone (conduce, attraverso la differenza di potenziale definita
“potenziale d’azione” l'impulso nervoso verso le terminazioni sinaptiche) e le terminazioni sinaptiche (qua
giunge l’impulso dall’assone e attraverso i “bottoni sinaptici” viene trasmesso ad altre cellule o ad altri
neuroni). Il corpo cellulare contiene un grosso nucleo, ma anche mitocondri, RER, ribosomi e dal corpo
cellulare si ramificano i dendriti che formano una vera e propria arborizzazione e hanno il compito di
recepire gli stimoli esterni. Dal corpo cellulare parte un altro prolungamento, ovvero l’assone, che al suo
interno è costituito da neurofilamenti che formano il citoscheletro e lungo tali filamenti viaggiano le
vescicole che trasportano i neurotrasmettitori. Ovviamente, trasportare i neurotrasmettitori è compito
della dineina e della chinesina, i motori proteici delle nostre cellule che si muovono consumando ATP e
perciò i neuroni sono ricchi di mitocondri. I neurotrasmettitori, giunti sui bottoni sinaptici, vengono rilasciati
nello spazio intersinaptico e vengono recepiti da recettori posti sulla membrana post-sinaptica. La sinapsi è
dunque il punto di contatto tra una terminazione sinaptica e la membrana di un’altra cellula e si può avere
una giunzione neuromuscolare, una giunzione neuroghiandolare o una sinapsi con un altro neurone che in
base a dove avviene il contatto può essere una sinapsi assosomatica, assodendritica, assospinosa o
assoassonica. I neurotrasmettitori si dividono in eccitatori (inducono uno stimolo) e inibitori (inibiscono lo
stimolo) e vengono categorizzati anche in base alla loro composizione chimica, ad esempio possono essere
costituiti da amminoacidi (glutammato, GABA), acetilcolina (SNP, SNC) o catecolamine (dopamina,
adrenalina). In base al neurotrasmettitore possiamo avere neuroni colinergici (rilasciano acetilcolina) o
dopaminergici (rilasciano dopamina). Molte patologie psichiatriche sono dovute ad un eccesso/riduzione di
tali neurotrasmettitori. I recettori sulla membrana post-sinaptica possono essere ionotropici se presentano
un canale ionico che si apre permettendo lo scambio di ioni quando entra a contatto con il
neurotrasmettitore, oppure metabotropici in cui il neurotrasmettitore, legandosi, scatena una serie di
reazioni, fosforilazioni soprattutto di GTP e GDP, che alla fine portano all’apertura del canale. L’acetilcolina
ha sia recettori ionotropici (definiti “nicotinici) che metabotropici (definiti “muscarinici”), ad esempio in
quelli ionotropici l’ACH si lega al recettore permettendo uno scambio di K + in uscita e Na+ in entrata. Nella
contrazione muscolare, i motoneuroni a determinare questo movimento usano proprio l’acetilcolina, e la
contrazione termina nel momento in cui degli enzimi, le acetilcolinesterasi, terminano questa
sinapsi/passaggio di neurotrasmettitori. Anche il glutammato presenta dei recettori ionotropici che
scambiano Mg+ per Ca2+ e Na+ causando la differenza di potenziale della membrana e anche in questo caso
degli enzimi modificano la conformazione del recettore per arrestare lo stimolo. Il GABA è, invece, un
neurotrasmettitore inibitore che si lega al proprio recettore ionotropico causando l’ingresso di Cl - e quindi
la depolarizzazione della membrana. Come già detto, l’acetilcolina presenta anche recettori metabotropici
(muscarinici) in cui l’ACH attiva la proteina G che dà avvio ad una cascata di eventi fino all’attivazione del
recettore. La noradrenalina presenta recettori metabotropici alfa e beta (molti farmaci beta-gonista e beta-
bloccanti fungono da antagonisti per questi recettori). I neurotrasmettitori vengono trasportati verso il
bottone sinaptico dalla chinesina e, quando la sinapsi viene bloccata, i neurotrasmettitori vengono riportati
nel corpo cellulare dalla dineina per essere riciclati.

Sinapsi elettriche → le sinapsi viste precedentemente erano sinapsi chimiche in quanto impiegavano l’uso
di neurotrasmettitori chimici, invece nelle sinapsi elettriche passano, attraverso delle giunzioni GAP,
direttamente degli ioni positivi e negativi.

Tipi di neuroni → in base al numero dei prolungamenti possiamo incontrare i neuroni unipolari (cellule
sensoriali della mucosa olfattiva e della retina), i neuroni bipolari (strati intermedi della retina), i neuroni
pseudounipolari (neuroni sensitivi), i neuroni multipolari e i neuroni di Purkinje (molto arborizzati e presenti
nella corteccia del cervelletto). I neuroni trasmettono tra loro i segnali creando dei veri e propri circuiti
neuronali. Infatti, una trasmissione può essere 1:1, divergente (1:3), convergente (3:1), oppure vi possono
essere degli interneuroni inibitori o facilitatori. Un’inibizione a sua volta può essere ricorrente (un neurone
viene inibito da un neurone che inibisce avendo così una facilitazione), anterograda (lo stimolo viene inibito
ad un certo punto) o una disinibizione. Ad esempio, nel sistema della trasmissione del dolore, quando la
sensazione del dolore supera l’inibizione che trova lungo il percorso, allora percepiamo dolore vero e
proprio.

Cellule gliali → la neuroglia rappresenta l’85% delle cellule dell’encefalo e sono presenti sia nel sistema
nervoso centrale che nel sistema nervoso periferico. Nel sistema nervoso centrale vi sono le cellule
ependimali (rivestono le cavità interne del sistema nervoso centrale e regolano la produzione, la risoluzione
e il riassorbimento del liquido cerebrospinale), i microgliociti (fagocitano i detriti cellulari), astrociti (hanno
sia funzione strutturale, ma riciclano anche i neurotrasmettitori) e gli olidendrociti (mielinizzano gli assoni).
Nel sistema nervoso periferico vi sono le cellule satelliti (circondano e regolano i corpi cellulari neuronali
nei gangli). Gli astrociti, definiti tali per la loro forma a stella, creano reti di supporto per i neuroni e si
legano ai capillari creano la barriera ematoencefalica che permette lo scambio di sostanze con i neuroni e
sono anche importanti nei processi riparativi, nel riciclaggio di neurotrasmettitori, nella regolazione degli
ioni (il passaggio delle sostanze da vasi sanguigni a neuroni è la gliotrasmissione). Gli oligodendrociti
avvolgono gli associati dei neuroni formano la guaina mielinica. Le cellule ependimali rivestono le pareti dei
ventricoli cerebrali e del canale centrale del midollo spinale e sono importanti nella circolazione del liquido
cerebrospinoso. Le cellule della microglia fagocitano le sostanze di rifiuto e i detriti mantenendo pulito il
sistema nervoso. Le cellule di Schwann hanno la stessa funzione degli oligodendrociti, ovvero avvolgere e
mielinizzare gli associati. Le cellule satelliti hanno un insieme di tutte le funzioni svolte dalle cellule
ependimali e dalle cellule della glia. Gli assoni di tutti I neuroni sono avvolti o da cellule di Schwann (SNP) o
da oligodendrociti (SNC) costituendo la fibra nervosa. Tale fibra può essere amielinica, nel caso in cui la
cellula della glia avvolge una sola volta l’assone, o mielinica, nel caso in cui lo avvolge ripetutamente
creando un rivestimento definito “mielina”. Mentre gli oligodendrociti possono rivestire pezzi di più assoni
contemporaneamente, invece le cellule di Schwanm possono rivestire un unico pezzo di un solo assone. Un
assone è dunque rivestito da più cellule della glia e tra una cellula e l’altra vi sono interruzioni del
rivestimento chiamate “nodi di Ranvier”. I nodi di Ranvier sono importantissimi in quanto la
depolarizzazione della membrana passa da un nodo all’altro “saltando” le zone mieliniche (per questo viene
definita conduzione mielinica). Dunque, le fibre mieliniche hanno una conduzione più veloce di quelle
amieliniche.

Nervi periferici → nel sistema nervoso periferico vi sono I nervi composti da uno o più fasci di fibre nervose
(assone + cellule di Schwann) che hanno il compito di portare gli stimoli alla periferia.

Gangli → sempre nel sistema nervoso periferico vi sono I gangli, ovvero ammassi di corpi cellulari di
neuroni e formano, ad esempio, i gangli spinali che si trovano annessi alle radici posteriori dei nervi spinali.

Dunque, nel sistema nervoso centrale incontriamo interneuroni, motoneuroni somatici e motoneuroni
viscerali, mentre in quello periferico i neuroni sensoriali e i motoneuroni viscerali. Le fibre che partono dal
sistema nervoso periferico e arrivano a quello centre sono le fibre afferenti, mentre quelle che viaggiano
dal centrale verso il periferico sono le fibre efferenti.
APPARATO LOCOMOTORE

Il nostro apparato locomotore è composto da ossa, articolazioni e muscoli.

Scheletro → lo scheletro contiene circa 200 ossa, le quali possono essere lunghe (es. omero), brevi (es.
ossa del corpo), piatte (es. asso parietale), irregolari (es. vertebre), sesamoidi (es. patella) o saturazione (es.
osso saturale). I movimenti delle ossa si svolgono intorno agli assi (trasversale, sagittale e verticale) originati
dall’intersezione dei vai piani. Le ossa si articolano tra loro attraverso delle articolazioni che possono essere
mobili (permettendo ampi movimenti), semi-mobili (permettono movimenti limitati), e immobili (non
permettono movimenti).

Articolazioni → le “sinodesmosi” sono articolazioni immobili costituite da tessuto fibroso (es. radio, ulna);
le “sinocondrosi” sono, invece, costituite da cartilagine (es. gabbia toracica); le “sinostosi” in cui le ossa sino
saldate tra loro (es. suture delle ossa del cranio). Le articolazioni mobili, invece, sono le diartrosi composte
da cartilagine ialina, legamenti, liquido sinoviale e possono avere diverse forme da cui dipende il
movimento stesso della superficie articolare. La diartrosi più semplice è l’artrodia, in cui si hanno due
superfici piane che possono solamente scivolare l’una sull’altra (articolazione acromioclavicolare). I ginglimi
sono superfici articolari composte da un cilindro cavo e uno pieno contrapposti e possono essere ginglimi
angolari (es. articolazione omero-ulnare) o ginglimi laterali (es. articolazione radio-ulnare, movimento
rotatori). La condiloartrosi è composta da due superfici ellissoidali contrapposte, una concava e l’altra
convessa (es. articolazione metacarpo-falangea, movimenti di flessione-estensione/adduzione-adducere).
La “selloartrosi” è caratterizzata da due superfici contrapposte biassiali che creano un incastro reciproco a
forma, appunto, di sella (es. articolazione sterno-clavicola/carpometacarpale, movimenti su due piani
diversi). Infine, vi è l’enartrosi le cui superfici articolari contrapposte sono una sferica e l’altra concava e per
questa sua conformazione è l’articolazione che permette il maggior numero di movimenti (es. articolazione
dell’anca e della spalla, movimenti multiassiali).

Come già detto, però, nelle articolazioni vi sono legamenti che tendono a limitare i movimenti per impedire
che si perda il contatto tra le superfici ossee. Infatti, l’unica articolazione a permettere effettivamente tutti i
movimenti è l’articolazione della spalla, mentre quella dell’anca è molto più limitata.

Cranio → le ossa del cranio si formano per ossificazione diretta (ovvero apposizione di matrice ossea) e
sono tutte ossa piatte (tavolato esterno ed interno di osso compatto e zona centrale di osso spugnoso)
articolate tra loro da suture (quindi articolazioni immobili), eccetto l’articolazione tra la mandibola e l’osso
temporale che ci permette di aprire e chiudere la bocca. Il cranio si divide in neurocranio (zona che ospita
l’encefalo) e viscerocranio e le ossa sono pari (2 o multipli di 2) o impari (dispari). Nel neurocranio
incontriamo nella zona frontale l’osso frontale (impari) e ai suoi lati vi sono le ossa parietali (pari, 2). Al di
sotto delle ossa parietali vi sono le ossa temporali (pari, 2) e tra osso frontale, parietale e temporale vi è
l’osso sfenoide (impari) che si trova nelle vicinanze dell’osso etmoide (impari). Il neurocranio termina con
l’osso occipitale che protegge il cervelletto. Il viscerocranio è composto dalla mandibola (impari),
contrapposto alle ossa mascellari (pari, 2). Vi sono poi le ossa zigomatiche (pari, 2) ai lati del viso, le ossa
lacrimali (pari, 2), le ossa nasali (pari, 2) che compongono la base del naso, i cornetti nasali inferiori (pari, 2)
e il volere (impari).

Nella zona frontale del cranio si denotano delle aperture quali le cavità orbitali (ospitano gli occhi), le cavità
nasali e la cavità boccale e sono delimitate da diverse ossa. Nelle cavità orbitali vi sono 3 fessure: il foro
ottico (dà passaggio al nervo oftalmico e all’arteria oftalmica direttamente al bulbo oculare), la fessura
orbitale superiore (dà passaggio alla vena oftalmica e altri nervi encefalici come quelli che permettono i
movimenti oculogiri) e la fessura orbitale inferiore. Le cavità nasali e boccali sono rispettivamente
importantissime per l’apparato respiratorio e digerente. Sul cranio prendono attacco moltissimi muscoli
scheletrici che si distinguono in muscoli cutanei o mimici che determinano la mimica facciale (es. muscoli
corrugatore della fronte) e muscoli masticato che prendono attacco alla mandibola, l’unico osso che si
articola con una condiloartrosi (mobile articolazione temporomandibolare) e accoglie l’arcata inferiore
dentaria. I muscoli masticatori sono 4 e permettono l’innalzamento e l’abbassamento della mandibola: il
muscolo temporale, posizionato nella fossa temporale, innalza e retrae la mandibola; il muscolo massetere,
attaccato alle ossa zigomatiche, permette anch’esso l’innalzamento della mandibola; il muscolo pterigoideo
interno/mediale innalza la mandibola mentre il muscolo pterigoideo esterno/laterale è l’unico che
permette la protrusione e l’abbassamento della mandibola. Le ossa del cranio quando si sviluppano non si
fondono immediatamente, ma inizialmente le giunzioni ossee sono composte da tessuto fibroso che forma
le “fontanelle” le quali permettono ancora l’accrescimento del cranio fino ai 2-3 anni quando le suture
appaiono completamente saldate. Quindi con una veduta superiore del cranio possiamo notare la sutura
frontoparietale o coronale (da qui passa il piano coronale), la sutura parietale o sagittale (passa il piano
sagittale mediano) e, infine, la sutura parietoccipitale o lambdoidea (per la forma della lettera λ). Da una
veduta inferiore, invece, si nota subito il grande foro occipitale dove avviene il passaggio dal bulbo al
midollo spinale e vi sono i condili occipitali che permettono l’articolazione con la prima vertebra cervicale,
l’Atlante). Sezionando il cranio in modo trasversale, si ottiene la base cranica in cui si notano 3 fosse
principali: fossa cranica anteriore, media e posteriore. Nella fossa cranica anteriore vi è l’etmoide che
presenta una lamina cribrosa (presenta dei fori) attraverso la quale entrano nel cranio i finizi del nervo
olfattivo. Nella fossa cranica media vi sono molte fessure come quelle delle cavità oculari o il foro rotondo
attraversato dal nervo mascellare, mentre il foro ovale è attraversato dal nervo mandibolare. La zona più
importante è la sella turcica dello sfenoide che accoglie la ghiandola ipofisi e ai lati di tale sella vi sono i seni
cavernosi. Nella fossa cranica posteriore vi è un grande foro occipitale e le fosse cerebellari che accolgono il
cervelletto.

Colonna vertebrale → forma lo scheletro posteriore del tronco e connette la testa al resto del corpo, dà
attacco alle strutture del torace e al cingolo pelvico ed è dunque una struttura portante che ci permette il
mantenimento della postura, la deambulazione. La colonna vertebrale è costituita da vertebre sovrapposte
che vengono divise a seconda del tratto in cui sono situate: vi sono 7 vertebre cervicali, 12 vertebre
toraciche o dorsali, 5 vertebre lombari, 5 vertebre sacrali fuse a fermare l’osso sacro e 3/4 vertebre
coccigee fuse a formare l’osso coccige. È importante conoscere la posizione delle vertebre perché, in molti
casi, per orientare un organo ci si fa riferimento alla sua posizione in relazione alle vertebre entro le quali è
posto (es. da T5 a T8 abbiamo le vertebre cardiache che corrispondono al cuore). Si nota che la colonna
vertebrale presenta delle curvature fisiologiche definite “lordosi”, quando hanno la concavità che guarda
verso fuori e “cifosi”, quando hanno la concavità che guarda verso dentro. Vi è, dunque, la lordosi cervicale,
la cifosi dorsale, la lordosi lombare e la cifosi sacrale. Queste curvature compaiono lentamente dopo i primi
anni di vita (per questo, ad esempio, i neonati, non avendo la lordosi cervicale, non riescono a reggere in
piedi la propria testa. Solo dopo un anno un bambino riesce a mettersi in piedi, ma comunque, fino ai 16
anni di vita bisogna mantenere una postura corretta per evitare delle curvature patologiche come la
scoliosi. Durante la gravidanza si hanno curvature parafisiologiche come l’accentuamento della lordosi
lombare per il peso del feto e in seguito per il peso del bambino che la madre tende a tenere in braccio, ma
dopo i primi anni di vita del bambino tale lordosi della madre tende a rientrare negli standard. La struttura
tipica di una vertebra è composta da un corpo e un arco che delimitano il foro vertebrale dove passa il
midollo spinale. Le vertebre sono impilate le une sulle altre e separate dai dischi intervertebrali e si
articolano a livello dei corpi con delle sinfisi e a livello degli archi con delle artrodie. Quando sono impilate
formano il canale vertebrale e il foro intervertebrale che dà passaggio ai nervi che emergono dal foro
spinale. Sull’arco presentano un processo spinoso, dei processi trasversi e dei processi articolari. Le
vertebre cervicali sono 7, ma solo da C3 a C6 riscontriamo una forma tipica, infatti C7 è la “vertebra
prominente” che presenta un grosso processo spinoso (che nelle altre vertebre cervicali è bifido), mentre
C1 e C2 sono atipiche. Nelle vertebre cervicali si notano i fori trasversali che danno il passaggio alla vena e
all’arteria vertebrale (quest’ultima è una diramazione della succlavia), anche se nella C7 questi fori hanno
dimensioni minori e riesce a passarci solo la vena e quindi l’arteria tende a rientrare da C6. C1 è la vertebra
“Atlante” (come il gigante costretto a portare il mondo su spalle), è priva di corpo e attraverso l’arco
anteriore si articola con l’osso occipitale con una condiloartrosi; la C2 è la vertebra “Epistrofeo” e il suo
corpo presenta una sporgenza, ovvero il “dente dell’epistrofeo” che occupa lo spazio dove avrebbe dovuto
essere il corpo della C1. C1 e C2 si articolano tra loro con ben 3 articolazioni atloassiali, di cui le 2 laterali
sono artrodie e quella mediana che è un ginglimo angolare.

Nella regione cervicale prendono attacco i muscoli del collo che consentono i movimenti della testa (e del
collo) e si dividono in muscoli anteriori, laterali e posteriori. Quelli anteriori, a loro volta, si dividono in
“sopraioidei” e “sottoioidei” poiché vi è un osso del cranio, l’osso ioide (a livello di C4) e i muscoli che si
trovano sopra di esso contribuiscono alla formazione del pavimento della cavità boccale, mentre quelli
sottoioidei rivestono esternamente gli organi del collo. È importante il muscolo sterno cleido mastoideo
che con il corpo sternale si collega allo sterno, con il capo clavicolare si collega alla clavicola e infine si
collega al muscolo temporale ed è importante in quanto riesce a sollevare la gabbia toracica fungendo da
muscolo respiratorio accessorio. Dietro allo sternocleido vi sono i muscoli scaleni che si attaccano alle
prime due coste e fungono anch’essi da muscoli respiratori accessori.

Le vertebre toraciche sono 12, hanno un corpo quadrangolare (a forma di cuore), un foro vertebrale
circolare e presentano sul corpo delle faccette e semi-faccette articolari con cui danni attacco alle coste. Il
processo spinoso risulta più lungo e più inclinato verso il basso.

Le vertebre lombari sono 5 e presentano un corpo più voluminoso delle precedenti poiché sorreggono tutto
il peso del corpo e quindi il tratto lombare è anche quello più esposto a sforzi e sollecitazioni. La quinta
vertebra lombare si articola con l’osso sacro formato dalla fusione di 5 vertebre sacrali. Le ali dell’osso sacro
si articolano con le ossa dell’anca per formare il bacino. I residui dei processi spinosi dimostrano la fusione
di queste 5 vertebre.

Tutte le vertebre sono intervallate tra loro da dischi intervertebrali composti, al centro, da un nucleo
polposo e da fibrocartilagine intorno ad esso e la funzione di questi dischi è quella di rendere armonico il
movimento attutendo i pesi. Nell'ernia del disco si sposta all’indietro il nucleo polposo andando a toccare le
radici nervose che fuoriescono dal foro intervertebrale. La colonna vertebrale è stabilizzata da moltissimi
legamenti come il legamento longitudinale anteriore che va da C1 fino all’osso sacro coprendo la faccia
anteriore dei corpi, analogamente il legamento longitudinale posteriore ricopre le facce posteriori dei corpi.
Tra i processi spinosi vi sono i legamenti interspinosi e tra i processi laterali vi sono i legamenti “gialli”
(ricchi di elastina).

Gabbia toracica → la gabbia toracica è lo scheletro che delimita la cavità toracica ed è formata
anteriormente dall’osso piatto dello sterno, lateralmente dalle coste che si articolano con lo sterno
attraverso le cartilagini costati e posteriormente si articolano con le vertebre toraciche. Le coste sono 12
paia e, fino alla settima sono coste vere, mentre dalla 7 alla 10 sono coste false, dette così poiché le loro
cartilagini costali convogliano in un unico fascio di cartilagine che si collega in un unico punto dello sterno
(mentre le prime sette hanno ognuna una propria cartilagine costale). Lo sterno è un osso piatto composto
dal “manubrio dello sterno”, “corpo dello sterno” e “processo xifoideo”. Allo sterno si articolano solo 10
paia di coste, infatti le ultime 2 paia sono “coste libere/fluttuanti” che si articolano solo posteriormente con
le vertebre. Il primo paio di coste si articola con il manubrio dello sterno; il secondo si articola nell’angolo di
Louis (angolo sternale, tra manubrio e corpo). Le coste non si articolano direttamente con lo sterno perché i
polmoni, all’interno della gabbia toracica, hanno bisogno di espandersi e la cartilagine permette, appunto,
l’espansione della gabbia stessa. Il manubrio dello sterno presenta l’incisura giugulare e l’incisura
clavicolare alla quale si articola la clavicola, che fa parte del cingolo scapolare poiché si articola con la
scapola che dà attacco all’Omero. Le coste si articolano attraverso la “testa” con la faccetta sulla vertebra,
mentre il tubercolo si articola il processo trasverso. La maggior parte delle coste (tranne la I e le ultime) si
articolano a cavallo di due vertebre e quindi la semifaccetta inferiore di una e la semifaccetta superiore
della sottostante, ciò per dare un’inclinazione alla gabbia toracica tale da permettere l’espansione.

Il torace presenta due aperture: l’apertura toracica superiore (attraverso cui le strutture possono passare
dal torace al collo e viceversa; è abbastanza stretta ed è delimitata dal corpo della prima vertebra toracica,
dal primo paio di coste e dal manubrio dello sterno) e l’apertura toracica inferiore (molto ampia ma viene
chiusa dal principale muscolo respiratorio, ovvero il diaframma che ha una forma di cupola e separa la
cavità toracica da quella addominale, ma presenta degli orifizi che permettono il passaggio di strutture dal
torace all’addome). Gli orifizi principali sono quello aortico (fa passare l’aorta e il dotto linfatico) quello
esofageo (fa passare l’esofago) e quello della vena cava inferiore. Il diaframma prende attacco su coste,
vertebre e sterno, presenta un centro tendineo ed è innervato dal nervo frenico che gli permette di
abbassarsi durante l’inspirazione e alzarsi durante l’espirazione. Senza la presenza del diaframma la
respirazione (soprattutto l’inspirazione) autonoma non sarebbe possibile. I muscoli intercostali, però,
partecipano alla respirazione (insieme allo sternocleidomastoideo e ai muscoli scaleni).

I muscoli addominali sono invece muscoli espiratori che permettono la respirazione forzata (quella che
viene effettuata, ad esempio, durante un allenamento) e con la loro contrazione aumentano la pressione
addominale che permette di mantenere in sede gli organi addominali. I muscoli retti dell’addome (in gergo
“addominali”) sono formati da diverse parti muscolari separati da inserzioni tendinee, mentre quelli della
parete anterolaterale sono, dall’interno verso l’esterno: trasverso dell’addome, obliquo interno ed obliquo
esterno, importantissimi perché fungono da barriera per gli organi interni. Nella cavità addominale
posteriore incontriamo il quadrato dei lombi, il muscolo ileopsoas (composto dal convoglio tra il muscolo
grande psoas e il muscolo iliaco). Dunque, la cavità addominale è principalmente protetta da fasci muscolari
e, posteriormente, dalle vertebre lombari.

Scheletro dell'arto superiore → è diviso in scheletro della spalla, del braccio, dell’avambraccio e della
mano. Lo scheletro della spalla è formato dalla clavicola (che si articola con lo sterno attraverso
un’articolazione a sella, quindi ha movimenti di sollevamento/retrazione/abbassamento/protrazione). La
clavicola, attraverso un’artrodia, si articola con la scapola (osso triangolare che posteriormente presenta la
“spina della scapola”) che dà attacco allo scheletro del braccio dato dall’omero. L’Omero si articola con
radio e ulna (scheletro dell’avambraccio) che si articolano con le ossa del corpo, precisamente con la fila
prossimale. Quindi lo scheletro della mano è composto da fila prossimale e distale del corpo, 5 ossa
metacarpali e infine le falangi. L’articolazione scapolo-omerale è un’enartrosi, la più mobile, invece, a livello
del gomito vi è una condiloartrosi tra omero e radio, un ginglimo angolare tra omero e ulna e un ginglimo
laterale tra radio e ulna, e infine vi è l’articolazione radiocarpale. L’articolazione scapolo-omerale (tra testa
dell’omero e cavità glenoidea della scapola) è ampliata da tessuto fibroso e stabilizzata da numerosi
legamenti. Su questa articolazione agiscono i muscoli della spalla, quali il muscolo sopraspinato (posto nella
parte superiore della fossa della spalla), il muscolo sottospinato (fossa sotto spinata della scapola), il
muscolo piccolo rotondo e il muscolo sottoscapolare (questi muscoli costituiscono la cuffia dei rotatori). I
muscoli pettorali sono, invece, il muscolo piccolo e grande pettorale, muscolo succlavio e muscolo deltoide
(dà la forma alla spalla), muscolo trapezio (si attacca sulla linea nucale e giunge fino alle vertebre) e il
muscolo grande dorsale. Nel braccio vi sono muscoli anteriori che sono flessori (es. bicipite brachiale),
mentre quelli posteriori sono estensori (es. tricipite brachiale). Anche le tre articolazioni del gomito sono
ben protette da molti legamenti che permettono il movimento dell’avambraccio come fosse un’unica
articolazione. Infine i ginglimi laterali (prossimali e distali) di radio e ulna permettono il movimento di
pronazione e supinazione della mano (a cui l’ulna è articolata solo indirettamente perché separata da un
disco fibroso) a cui sono articolati attraverso una condiloartrosi. Nella mano quasi tutti i muscoli flessori
sono uniti da una struttura fibrosa formando il canale carpale che è attraversato dai tendini dei muscoli
flessori e dal nervo mediano. Una tendinite a questo livello, quindi l’ispessimento di un tendine, può
causare lo schiacciamento del nervo mediano (che innerva le prime 3 dita della mano) causando un forte
dolore e perdita della sensibilità di quelle dita e per far fronte a questa patologia si usano antinfiammatori o
un intervento chirurgico, con cui si incide il retinacolo dei flessori.

Scheletro dell’arto inferiore → vi è il cingolo pelvico (bacino) composto posteriormente dall’osso sacro che
si articola con le ossa dell’anca articolate tra loro nella sinfisi pubica; l’osso dell’anca è costituito dalla
fusione di 3 abbozzi ossei, ovvero l’ileo, l’ischio e il pubblico. La cavità acetabolare dell’anca si articola con
la testa del femore (articolazione coxo-femorale) attraverso un’enartrosi che, però, rispetto all’enartrosi
della spalla, è molto più limitata a livello dei movimenti da parte di svariati legamenti. Lo scheletro della
gamba è composto da tibia (osso più voluminoso, posto in posizione anteromediale) e fibula (meno
voluminoso, posto in regione laterale). Le due ossa sono unite da una membrana interossea e
inferiormente terminano con il midollo mediale (tibiale) e laterale (fibula). La fibula non ha tanto una
funzione di sostegno quanto più di ancoraggio per i muscoli della gamba.

L’articolazione del ginocchio è molto complessa e articola tibia di femore ed è una condiloartrosi, ma
limitata a flessione ed estensione e rotazione quando il ginocchio è flesso. Ciò è dovuto alla presenza dei
legamenti collaterali e crociati. In questa articolazione è, inoltre, contenuta la rotula/patella, un osso
sesamoide, che si articola attraverso un'artroidia ed è “inglobata” dal tendine patellare (o tendine di
intersezione del muscolo anteriore del quadricipite femorale) che prende attacco a livello della tibia.
Inoltre, nell'articolazione del ginocchio vi sono anche i menischi che sono dei cuscinetti di cartilagine fibrosa
che attutiscono il peso. I muscoli della coscia sono anteriori (estensori della gamba, tranne il quadricipite
che determina la flessione della coscia sul bacino), mediani (sono adduttori), posteriori (flessione del piede)
e laterali (eversori del piede). Per il piede si parla di flessione plantare e dorsale, non di flessione ed
estensione.
APPARATO CIRCOLATORIO SANGUIGNO

L’apparato cardiocircolatorio comprende il cuore e i vasi sanguigni, al cui interni circola il sangue (tessuto
connettivo liquido). La circolazione sanguigna rende possibile il trasporto, a tutte le cellule dell’organismo,
di ossigeno e sostanze nutritive. Il cuore funge da pompa, in quanto “pompa” il sangue ricco di ossigeno
nelle arterie (ventricolo sinistro) e “aspira” quello privo di ossigeno e ricco di anidride carbonica dalle vene
(ventricolo destro). Un’arteria è un vaso efferente al cuore, ovvero parte dal cuore e raggiunge la periferia,
mentre la vena è un vaso afferente al cuore, ovvero parte dalla periferia e arriva al cuore. Nella “grande
circolazione” o “circolazione sistemica” si può affermare che nelle arterie circola sangue ricco di ossigeno e
nelle vene sangue povero di ossigeno e ricco di anidride carbonica. Nella “piccola circolazione” o
“circolazione polmonare”, invece, parte dal ventricolo destro (sangue povero di ossigeno) e il sangue viene
pompato, ovviamente, in un’arteria (perché le arterie sono sempre efferenti e vene sempre afferenti) che
quindi trasporta al polmone un sangue povero di ossigeno. Nei polmoni, il sangue viene ossigenata e fa
ritorno al ventricolo sinistro attraverso una vena (quindi carica di sangue con ossigeno). Il cuore presenta 4
“camere”, 3 atri (superiori) e 2 ventricoli (inferiori) e dal ventricolo sinistro parte la “aorta”, mentre dal
destro il “tronco polmonare” (2 arterie). Quindi, la grande circolazione parte dal ventricolo sinistro
attraverso l’aorta, raggiunge tutto il corpo e il sangue, attraverso la vena cava superiore e inferiore torna
all’atrio destro; nella piccola circolazione il sangue viene pompato dal ventricolo destro nel tronco
polmonare, arriva ai polmoni, e torna nell’atrio sinistro attraverso la vena polmonare. L’apparato
cardiocircolatorio presenta solo organi cavi che dispongono di tonaca intima (endotelio e tessuto
connettivo sottoendoteliale), che nel cuore si chiama endocardio; tonaca media (fibrocellule muscolari lisce
intervallate da fibre elastiche) che nel cuore è il miocardio (tessuto muscolare striato cardiaco) e infine la
tonaca avventura (tessuto connettivo lasso) che nel cuore è l’epicardio (sierosa).

SANGUE → È un tessuto connettivo con matrice extracellulare liquida (plasma) al cui interno vi è immersa
la componente cellulare formata da eritrociti (globuli rossi), da leucociti (globuli bianchi) e piastrine. Ha un
colore rosso e rappresenta il 7-8% del peso corporeo, infatti un adulto, in media, ha circa 5 litri di sangue.

Trattando un campione di sangue con un anticoagulante (eparina o EDTA) si può visualizzare un sedimento
che rappresenta l'ematocrito e se è inferiore al 40% del liquido allora il paziente è affetto da anemia; se
invece è superiore al 55% è affetto da policitemia. Il sangue ha la funzione di trasportare l'ossigeno e le
sostanze nutritizie alle cellule e scambiare ciò con anidride carbonica e sostanze di scarto, ma funge anche
da termoregolatore, regolatore osmatico e oncotico, controlla l'emostasi (attraverso le piastrine) e
difende l'organismo (attraverso i leucociti).

Il plasma è una soluzione acquosa (acqua 90%) al cui interno vi sono disciolti elettroliti, nutrienti, prodotti di
rifiuto e tre importanti proteine: albumine (responsabili della pressione osmotica; prodotte nel fegato; più
abbondanti), globuline (α, β e γ; queste ultime sono immunoglobuline, ovvero anticorpi) e fibrinogeno
(coagulazione del sangue). Gli eritrociti rappresentano il 99% delle cellule del sangue, si formano nel
midollo osseo e durante la maturazione perdono il nucleo e gli organuli. Hanno una forma biconcava, sono
deformabili e sono ricchi di emoglobina. L'emoglobina è costituita da 4 catene polipeptidiche, uguali a 2 a
2, e ognuna di esse lega un gruppo non proteico "eme", che contiene ioni ferro capaci di legare l'ossigeno
in modo reversibile. La sintesi degli eritrociti avviene nel midollo osseo, sotto lo stimolo dell' eritroproteina
(EPO), un ormone prodotto nei reni. Per tale sintesi sono anche fondamentali la vitamina B12 e l'acido
folico e anche ferro per l'emoglobina. Una riduzione della concentrazione di emoglobina nel sangue o una
carenza di eritrociti comporta anemia, che può essere sideropenica, falciforme o megaloblastica. Il ciclo
vitale di un eritrocita è di circa 120 giorni e, quando invecchia, viene rimosso dal torrente sanguigno dai
macrofagi della milza e del fegato. L'emoglobina viene scissa in globina (scissa ancora in amminoacidi) ed
eme (il cui ferro viene immagazzinato nel fegato per poi essere riutilizzato dal midollo osseo).

I leucociti sono cellule dotate di nucleo e difendono l'organismo dai patogeni esterni e si dividono in
granulociti (neutrofili, basofili e eosinofili) e organulociti (linfociti e monociti). I neutrofili, come tutti i
granulociti, presentano un nucleo polimorfo e nel citoplasma vi sono dei granuli, in questo caso di colore
grigio pallido (nel basofili hanno un colore blu/violetto; negli eosinofili arancione). I neutrofili sono più
abbondanti e hanno un ruolo importante nella difesa contro le infezioni batteriche. Gli eosinofili moderano
le reazioni infiammatorie allergiche attraverso il rilascio di arilsolfatasi e istaminasi e difendono dall'attacco
dei parassiti. I basofili producono istamina (dilatazione vascolare) e eparina (anticoagulante). I linfociti
vengono prodotti nel midollo osseo e alcuni maturano nel midollo stesso divenendo "linfociti B",
importanti nella immunità tumorale in quanto producono anticorpi. I "linfociti T", invece, maturano nel
timo e sono importanti nell'immunità cellulo-mediata. I monociti sono voluminosi e sono i precursori dei
macrofagi. Le piastrine o trombociti sono prive di nucleo, sono costituite da frammenti citoplasmatici e
sono fondamentali per l'emostasi (coagulazione del sangue) che avviene in seguito alla lesione di un vaso e
attraverso il rilascio di fattori di coagulazione viene interrotta l’emorragia con la formazione di un tappo
emostatico (aggregazione piastrinica). L'ematopoiesi è la formazione delle cellule del sangue nel midollo
osseo a partire dalle cellule staminali ematopoietiche.

Vasi sanguigni → prendendo come punto di riferimento la grande circolazione, il sangue passa dal cuore
all’aorta che poi si dirama nelle varie arterie che a loro volta si dividono a formare le arteriole, da cui si
originano i capillari, ovvero i vasi ai livelli dei quali avvengono gli scambi sanguigni (solo nei capillari
avvengono gli scambi), in quanto presentano solo uno strato epiteliale e uno strato di membrana basale.
Arteria e vena presentano entrambe tonaca intima, media e avventizia, ma con delle differenze. Le arterie
presentano una tonaca media più spessa e quindi un lume più stretto rispetto a quello delle vene che è più
ampio e meno regolare. Inoltre, nella tonaca intima delle vene sono presenti le valvole a nido di rondine,
assenti nelle arterie perché non necessarie. Le arterie in prossimità del cuore sono “arterie elastiche” in
quanto presentano, nella tonaca media, una gran quantità di fibre elastiche che servono a impedire lo
sfiancamento della parete sotto l’azione della forte pressione del sangue e a restituire al sangue stesso
questa pressione per farlo circolare in tutto il corpo. Allontanandosi dal cuore, le arterie divengono “ arterie
muscolari” prive di fibre elastiche, ma favoriscono la circolazione sanguigna attraverso la contrazione della
muscolatura liscia. Le arteriole presentano sempre le 3 tonache, ma la tonaca media è composta da un
unico strato di cellule muscolari lisce. Le vene si dividono in base al calibro (grosso calibro, medio calibro e
venule), ma soprattutto hanno una divisione funzionale in: vene ricettive e vene propulsive. Le vene
ricettive si trovano al di sopra del cuore e il sangue scorre verso il cuore attraverso la forza di gravità e non
c’è bisogno di una grande contrazione muscolare o di valvole (che sono presenti, ma perché sono utili nella
vita fetale). Le vene propulsive sono quelle poste al di sotto del cuore e affinché il sangue risalga verso il
cuore serve molta contrazione muscolare e la presenza di valvole che evitano che il sangue torni in basso.
Arterie e vene sono organi e quindi necessitano di essere vascolarizzati dai cosiddetti “vasa vasorum”. In
un’arteria si può formare una placca ateromasica, soprattutto a causa di depositi lipidici nell’intima, che va
a restringere il lume fino a poter causare un infarto/ischemia che solitamente avviene in momenti in cui il
corpo necessita di una maggiore quantità di sangue che, però, a causa dell’occlusione del vaso, non è
riuscito a passare. Le vene sono molto piu numerose delle arterie e presentano più anastomosi (unione
unione due viscere), poiché, avendo una parete più sottile, un lume più ampio, uno stress di parete nullo e
sangue a pressione bassissima, tendono a collassare e quindi, affinché il sangue non ristagni (originando le
vene varicose, che possono far entrare in circolo tali coaguli causando trombosi; si originano per
incontinenza delle valvole; possono originarsi o per motivi genetici o per uno stile di vita erroneo) vi sono
più vene. Arterie e vene tendono a decorrere insieme, in quanto le vene sfruttano le contrazioni delle
arterie per far circolare meglio il sangue al proprio interno e, inoltre, entrambe tendono a decorrere in
mezzo ai muscoli scheletrici per sfruttare la loro contrazione per far circolare il sangue.

Organizzazione → l’organizzazione dei vasi sanguigni può essere di tre tipi: tipica, sistema portale
arterioso, sistema portale venoso. L’organizzazione tipica è semplicemente data da: arteriola-capillare-
venula. Il sistema portale arterioso o rete mirabile arteriosa si ha quando l’arteriola si dirama in una rete di
capillari e in seguito torna di nuovo un’arteriola (e poi capillari-venula). Ciò avviene, ad esempio, nel rene
dove avviene il filtraggio del sangue e servono più scambi sanguigni. Il sistema portale venoso è, invece,
costituito da arteriola-capillare-venula-capillare-venula e lo si trova, ad esempio, nelle ghiandole endocrine.

Capillari → sono i vasi con parete più sottile e possono essere continui, fenestrati o discontinui. I capillari
continui presentano un endotelio e una lamina basale senza interruzioni e permettono il passaggio di gas,
ioni, piccole sostanze. I capillari fenestrati hanno endotelio fenestrato (con pori) e lamina basale continua e
permettono il passaggio di sostanze di dimensioni maggiori. Sono presenti, ad esempio, nel rene dove deve
avvenire il filtraggio del sangue o nell’intestino dove vi è l’assorbimento delle sostanze. I capillari
discontinui o sinusoidi sono i più permissivi poiché hanno endotelio fenestrato e/o discontinuo e lamina
basale discontinua e/o assente e sono presenti, ad esempio, nel fegato in cui vi è un grande scambio di
sostanze tra capillare ed epatocita (cellula del fegato).

IL CUORE → Nel torace vi sono lateralmente le due logge pleuropolmonari che ospitano i polmoni e al
centro il mediastino dove si trova il cuore. Il mediastino è una cavità di grandi dimensioni in realtà ed è
suddivisa in mediastino superiore e mediastino inferiore (anteriore, medio, posteriore). I mediastini
superiore e inferiore sono divisi tra loro da un piano trasversale che passa dall' angolo sternale e giunge sul
disco intervertebrale che separa quarta e quinta vertebra lombare. Il mediastino inferiore, invece, è diviso
in mediastino anteriore (è delimitato dalla faccia posteriore dello sterno e dalla faccia anteriore del
pericardio che riveste lo sterno), in mediastino medio (dove alloggia effettivamente il cuore) ed infine il
mediastino inferiore (delimitato dalla faccia posteriore del pericardio e la colonna vertebrale).

Il cuore è posto parallelamente alle vertebre T6-T8 (definite vertebre cardiache) ed è adagiato sul
diaframma non in modo verticale, ma in modo da mostrare due facce, quella antero-superiore (sterno-
costale) e quella postero-inferiore (diaframmata). Sulla faccia sterno-costale è maggiormente visualizzabile
il ventricolo destro, mentre su quella diaframmatica il ventricolo sinistro.

Il cuore è rivestito dal pericardio, un doppio foglietto fibro-sieroso (pericardio fibroso esternamente;
pericardio sieroso internamente) che ricopre anche l'origine dei grossi vasi che arrivano al cuore. Il cuore è
poggiato sul centro frenico del diaframma e sulla parte superiore della faccia sterno-costale vi è il timo, che
è un importante organo del sistema linfatico. Il pericardio è posto molto vicino alle pleure polmonari, infatti
le infezioni delle vie aeree che non vengono debellate possono facilmente raggiungere il cuore fino a
causare una miocardite. Il pericardio sieroso è un foglietto particolarmente sottile, composto da tessuto
epiteliale pavimentoso ed è a stretto contatto con il miocardio, formando l'epicardio. Nel pericardio sieroso
(o epicardio) vi sono le cellule staminali che, andando incontro a differenziazione, originano i cardiomiociti.
Al di sotto dell'epicardio decorrono le arterie coronarie.

Faccia sternocostale → sono visualizzabili entrambi i ventricoli, atrio destro ed auricola sinistra ed in
questa faccia la parte destra è maggiormente visualizzabile. Atrio destro e ventricolo destro sono separati
da un setto atrioventricolare (che sulla superficie è un solco). Il solco interatriale è occupato dai grossi vasi
che partono e arrivano al cuore, come il tronco polmonare, l’aorta, le vene polmonari e la vena cava
inferiore. Dal ventricolo destro parte il tronco polmonare che si dirama nelle 2 arterie polmonari per
portare il sangue ricco di anidride carbonica ai polmoni (piccola circolazione). Dal ventricolo sinistro parte
l'aorta (grande circolazione).

Faccia diaframmatica → è maggiormente visualizzabile il ventricolo sinistro con il proprio atrio. Si vedono
le 2 vene cave (con decorso verticale), che raggiungono l’atrio destro e le 4 vene polmonari (con decorso
orizzontale), che riversano il sangue ricco di ossigeno nell'atrio sinistro. I ventricoli sono separati dal solco
interventricolare posteriore (e anteriore, visualizzabile sulla faccia sternocostale), gli atri dal solco
interatriale e gli atri e i ventricoli, tra loro, dai solchi atrioventricolari. Nel solco atrioventricolare sinistro
decorre il seno coronario, ovvero la grossa vena in cui affluiscono tutte le vene coronarie del cuore, e si
immette nell’atrio destro. Tutti i vasi coronari sono accompagnati dal tessuto adiposo che ha la funzione di
protezione del cuore.

Base del cuore → è definita così la parte del cuore che contiene tutti i grossi vasi. La zona opposta alla base
è l’apice del cuore.

Atri e ventricoli → nella vita post-natale, atrio destro e ventricolo destro comunicano tra loro così come
atrio sinistro al ventricolo sinistro, ma non c'è e non ci deve essere alcuna comunicazione tra i ventricoli e i
due atri. Nella vita fetale sono i vasi ombelicali a portare l'ossigenazione al feto, quindi non vi è differenza
tra grande e piccola circolazione e gli atri e i ventricoli sono in comunicazione tra loro attraverso dei fori che
si chiudono alla nascita attraverso il pianto del neonato, che permette l'espansione dei polmoni: ciò causa
una pressione tale da chiudere i fori creando, in corrispondenza di essi, le fosse ovali. Per difetti congeniti,
questi fori potrebbero non chiudersi e si interviene in modo chirurgico. L'atrio destro ha una forma quasi
cubica, ed è come se fosse poggiato su uno spigolo; quindi presenta:

 una faccia mediale (dove vi è la fossa ovale).


 una faccia antero-inferiore (dove vi è l'orifizio di comunicazione con il ventricolo sottostante).
 una faccia postero-inferiore.
 una faccia antero-superiore.
 una faccia postero-superiore.
 una faccia laterale.

Sull'orifizio atrioventricolare vi è una valvola, definita valvola tricuspide (perché presenta tre cuspidi), che
prende attacco alla muscolatura del ventricolo attraverso le corde tendinee. Sulla faccia antero-inferiore vi
è anche lo sbocco del seno coronario; sulla faccia postero-superiore vi è lo sbocco della vena cava
superiore; la faccia antero-inferiore presenta lo sbocco della vena cava inferiore; la faccia laterale continua
con l'auricola destra. Mentre la parete di tutto l'atrio è liscia, l'auricola è trabecolata ed è una grande
riserva di cellule staminali, in quanto è la parte del cuore meno interessata a contrazioni.

L'atrio sinistro presenta la stessa forma dell'atrio destro, con parete antero-inferiore (dove vi è la valvola
bicuspide-due cuspidi, o mitrale, perché ricorda la mitra, il copricapo vescovile), parete mediale (fossa
ovale), parete laterale (continua con l'auricola), parete postero-superiore (arrivano le vene polmonari
superiori), parete postero-inferiore (arrivano le vene polmonari inferiori).
Al di sotto degli altri vi sono i ventricoli e, se visualizzati con un taglio trasversale, si può subito notare come
il ventricolo sinistro presenta una parete 2.5 volte più spessa di quella del ventricolo destro ed inoltre il
ventricolo destro ha una forma piramidale a differenza di quella del ventricolo sinistro che è conica. Il
ventricolo destro presenta una parete muscolare più sottile, in quanto da questo ventricolo parte la piccola
circolazione: il sangue deve arrivare ai polmoni (molto vicini), quindi basta una piccola contrazione affinché
il sangue abbia la giusta pressione per raggiungere la sua meta. Al contrario, il ventricolo sinistro avvia,
grazie all'aorta, la grande circolazione che porta il sangue a tutto il corpo e affinché il sangue abbia la
pressione per raggiungere testa e piedi serve una contrazione maggiore e quindi una parete muscolare più
spessa. Entrambi i ventricoli presentano una superficie interna caratterizzata da rilievi carnosi o trabecole
carnee, che sono:

 di III ordine (adese alla parete);


 di II ordine (adese solo con l'estremità a formare dei ponti);
 di I ordine (o muscoli papillari, danno attacco alle corde tendinee).

La trabecola setto-marginale e la cresta sopraventricolare, nel ventricolo destro, dividono la regione di


afflusso (tubercolata), dove arriva il sangue dall'atrio, dalla regione di efflusso (liscia), dove il sangue viene
pompato nel tronco polmonare. Quando la valvola atrioventricolare è aperta (tricuspide o bicuspide che
sia; in realtà si aprono e si chiudono entrambe contemporaneamente), la valvola arteriosa è chiusa; quando
le valvole atrioventricolari si chiudono, invece, si aprono quelle arteriose. Nel ventricolo sinistro vi sono
solo 2 muscoli papillari (nel destro 3) e la porzione di afflusso non è anatomicamente separata da quella di
efflusso.

Valvole atrioventricolari → sono valvole a cuspide (3 a destra, 2 sinistra) e sono ancorate mediante le
corde tendinee ai muscoli papillari.

Valvole arteriose → sono valvole a nido di rondine e sono la valvola polmonare e la valvola aortica. Tali
valvole presentano 3 pieghe membranose a forma di tasca con un rigonfiamento centrale (definito, nella
valvola polmonare, nodulo di Morgagni e, nella valvola aortica, nodulo di Aranzio), che serve a far aderire
bene le 3 tasche alla chiusura impedendo il reflusso del sangue.

Dunque, vena cava superiore e inferiore convogliano il sangue della grande circolazione nell'atrio destro;
qui, attraverso l'apertura della valvola tricuspide, passa nel ventricolo destro, dove inizia la piccola
circolazione attraverso l'apertura della valvola polmonare (posta anteriormente rispetto all'aortica) e
quindi il deflusso del sangue nel tronco polmonare. Il sangue, giunto nei polmoni e ossigenato, torna,
attraverso le 4 vene polmonari, all'atrio sinistro dove, con l'apertura della valvola bicuspide, passa al
ventricolo sinistro, che riavvia la grande circolazione pompando il sangue nell'aorta in seguito all'apertura
della valvola aortica.

Le 4 valvole cardiache formano l'apparato valvolare e sono tenute insieme dal tessuto connettivo che
forma lo scheletro fibroso del cuore e su cui prende attacco anche la muscolatura cardiaca. Quando un
cuore viene trapiantato da un paziente a un altro, al "ricevente" non vengono espiantati gli atri poichè,
nella maggior parte dei casi, le dimensioni del cuore donato non sono adatte alla morfologia anatomica del
ricevente; quindi, si mantengono gli atri e vengono cuciti con i ventricoli donati. Una stenosi di una valvola
cardiaca è una patologia per la quale la valvola non riesce ad aprirsi completamente e perciò non tutto il
sangue riesce a passare; una parte ristagna, facendo dilatare l'atrio o il ventricolo dove ristagna; si
originano dei coaguli che possono causare eventi di trombosi. Un insufficienza valvolare si ha, invece,
quando la valvola non si chiude completamente e quindi si ha reflusso sanguigno e di nuovo ristagno,
dilatazione e coagulo.

STRUTTURA DELLA PARETE DEL CUORE → Il cuore è composto da pericardio, epicardio, miocardio e
endocardio. Come già visto, il pericardio è composto da una parte fibrosa e da una parte sierosa. Il
pericardio sieroso è formato dal foglietto viscerale (epicardio) e dal foglietto parietale (divisi dallo spazio
pericardico). Il tessuto muscolare miocardico è striato e l'unità cellulare è data da cardiomiociti tenuti
insieme da giunzioni, definite "dischi intercalari", grazie ai quali questo tessuto si comporta come un
sincizio funzionale in cui la contrazione passa da una cellula all'altra. Il miocardio si divide in:

 miocardio comune/di lavoro (formato dalla muscolatura degli atri, dei ventricoli; ha la funzione
contrattile);
 miocardio specifico/di conduzione (non ha la funzione contrattile, bensì quella di trasmettere lo
stimolo alla contrazione attraverso dei cardiomiociti che riescono ad autodepolarizzarsi; è formato
dal nodo senoatriale, posto allo sbocco della vena cava superiore, nodo atrioventricolare, posto
allo sbocco del seno coronario, fascio atrioventricolare e fibre di Purkinje).

Il miocardio comune va incontro, inizialmente, a diastole ventricolare, in cui le camere sono rilassate e i
ventricoli si riempiono in modo passivo. Poi vi è la sistole atriale, in cui atri si contraggono e spingono il
sangue nei ventricoli. Una volta pieni, si chiudono le valvole atrioventricolari e si aprono quelle arteriose; i
ventricoli si contraggono, nella sistole ventricolare, per pompare il sangue nelle arterie. Diastole e sistole
dipendono dal miocardio di conduzione.

Il miocardio specifico/di conduzione ha una contrazione spontanea e lo stimolo nasce nel nodo senoatriale
(NSA) e si espande a tutto l'atrio destro, al sinistro e al nodo atrioventricolare (NAV). Il NAV è anche
definito "generatore di ritardo", in quanto permette che gli altri si contraggano prima dei ventricoli. Dal
NAV, lo stimolo passa al fascio di His, che si trova nella "pars membranacea" del setto intraventricolare; in
seguito, il fascio di His si divide in branca destra e branca sinistra che discendono verso l'apice del cuore per
poi risalire verso rispettivi ventricoli e diramandosi ancora nelle fibre di purkinje, i quali raggiungono, in
regione sotto endocardica, l'apice dei muscoli papillari.

Vascolarizzazione del cuore → Essendo un organo, anche il cuore necessità di una propria
vascolarizzazione. Il cuore è vascolarizzato da due arterie che nascono dal primo tratto dell'aorta, ovvero le
arterie coronarie (destra e sinistra). Le arterie coronarie sono importantissime e la formazione di una
placca al loro interno, con conseguente occlusione del lume, è una delle prime cause di infarto/morte al
mondo. Le arterie coronarie si diramano in molti altri piccoli vasi e nel caso in cui l'arteria interventricolare
posteriore è un ramo della coronaria destra, allora si ha la dominanza destra; viceversa, si ha la dominanza
sinistra. Ovviamente, se dalla coronaria destra si diparte l'arteria interventricolare posteriore, allora dalla
sinistra si dipartirà l'anteriore. La circolazione delle arterie coronarie è definita "terminale", in quanto
anche se vi sono delle anastomosi (collegamenti/connessioni) queste non sono funzionali, ovvero se si
occlude un'arteria è praticamente impossibile che un altra arteria riesca a portare il sangue in quella zona
non più irrorata prima che vada in necrosi. Le vene coronarie, tranne alcune, convogliano nel seno
coronario, che è la vena che decorre nel solco atrioventricolare sinistro e si immette nell'atrio destro. Per
prevenire un infarto viene inserito all'interno di una coronaria semi-occlusa un catetere a palloncino, che
viene gonfiato in corrispondenza della placca per schiacciarla e di inserire lo stent (una piccola rete
metallica che mantiene aperto il lume dell'arteria). Il cuore, come tutti gli organi, possiede una riserva di
cellule staminali (quindi non è un organo terminalmente differenziato), che servono a sostituire i
cardiomiociti invecchiati o morti. Quando avviene un infarto, però, i cardiomiociti andati in necrosi non
vengono sostituiti, perché in quel caso vengono richiamati i fibroblasti per formare il tessuto cicatriziale.

Innervazione → il cuore, anche se riesce a contrarsi autonomamente, è innervato dal sistema nervoso
autonomo, che è diviso in simpatico e parasimpatico; questi due sistemi hanno effetti opposti tra loro e
determinano la frequenza, la forza contrattile, l'eccitabilità è la velocità delle contrazioni cardiache.

Cuore ❤ → il cuore viene disegnato così poiché in alcune specie animali, come le rane, l’aorta assume una
forma a doppio arco. Nell’uomo abbiamo solo l’arco a destra e metà arco a sinistra.
VASI SANGUIGNI

Piccola circolazione → il ventricolo destro, pieno di sangue povero di ossigeno e ricco di anidride
carbonica, pompa tale sangue nel tronco polmonare, un'arteria che alla sua origine è rivestita dal pericardio
e che si divide nelle due arterie polmonari che giungono ai polmoni. Il tronco polmonare e l'aorta sono
legate tra loro, esternamente dal "legamento arterioso", che è un residuo della circolazione sanguigna
nella vita fetale. Il tronco polmonare si dirama in arteria polmonare destra (più lunga in quanto il cuore è
spostato verso sinistra) e arteria polmonare sinistra, che hanno rapporti con i bronchi, ovvero le
ramificazioni della trachea. Così, arteria polmonare destra e bronco principale destro entrano nel polmone
destro attraverso l'ilo; la stessa cosa accade nel polmone sinistro con l'arteria polmonare sinistra e il bronco
principale sinistro. All'interno dei polmoni, arterie e bronchi si diramano di pari passo fino a che le arterie
non raggiungono gli alveoli permettendo la vascolarizzazione funzionale del polmone. Al polmone, infatti,
oltre alla vascolarizzazione trofica (data dalle arterie bronchiali), giunge anche una vascolarizzazione
funzionale, con la quale ossigena effettivamente il sangue permettendo la piccola circolazione. A livello
degli alveoli partono le vene polmonari che vengono ricaricate con sangue ossigenato e giungono nell’atrio
sinistro.

Grande circolazione → inizia nel ventricolo sinistro, che pompa il sangue ricco di ossigeno nell'aorta, che
ha moltissime ramificazioni. L'aorta ha 4 tratti:

 aorta ascendente (il tratto che parte dal cuore);


 arco dell'aorta (da cui si originano tre rami);
 aorta toracica;
 aorta addominale.

L'aorta addominale si divide nelle 2 arterie iliache comuni e ha un tratto terminale, ovvero l'arteria sacrale
media. L'aorta ascendente è il tratto da cui si origina l'aorta ed è avvolto nel pericardio. Da questo tratto
nascono le 2 arterie coronarie che vascolarizzano il cuore (maggiore percentuale dominanza destra). L'arco
dell'aorta è una curvatura formata dalla aorta ascendente e presenta 3 ramificazioni:

 tronco brachiocefalico (o arteria anonima);


 arteria carotide comune di sinistra;
 arteria succlavia di sinistra.

Dal tronco brachiocefalico partono l'arteria carotide comune di destra e l'arteria succlavia di destra. La
carotide comune, invece, si divide in carotide interna e carotide esterna e tale biforcazione avviene a livello
del margine superiore della cartilagine della laringe. La carotide esterna si distribuisce alle strutture del
massiccio facciale, mentre la carotide interna risale nel cranio per vascolarizzare, con i propri rami,
l'encefalo. L'arteria succlavia, invece, si ramifica in:

 arteria vertebrale (anch'essa importante per la vascolarizzazione dell'encefalo);


 arteria tiroidea inferiore;
 rami muscolari;
 si continua con l'arteria ascellare, che vascolarizza l'arto superiore.

Il sistema di vascolarizzazione dell'encefalo è il cosiddetto "circolo arterioso di Willis", in cui la carotide


comune origina l'arteria cerebrale anteriore e media, mentre le due arterie vertebrali decorrono a ridosso
del tronco encefalico e si uniscono al livello del "ponte" encefalico, per formare l'arteria basilare (da cui si
origina la cerebrale posteriore). L'arteria ascellare, invece, a livello del braccio continua in arteria brachiale,
che nell'avambraccio si divide in arteria radiale e ulnare; queste, a livello della mano, formano le arcate
palmari e dorsali. L'arco dell'aorta continua nell'aorta toracica che decorre nel mediastino inferiore,
originando sia arterie parietali (ovvero che vascolarizzano ossa e muscoli) che arterie che vascolarizzano gli
organi posti in zona toracica (la stessa cosa vale per l'aorta addominale, anche perché insieme originano
l'aorta discendente). L'aorta toracica è in rapporto con il bronco e l'arteria polmonare sinistri, si incrocia
con l'esofago e posteriormente a questo tratto dell'aorta vi è la colonna vertebrale. Le arterie parietali
dell'aorta toracica sono i rami intercostali (che vascolarizzano vertebre, midollo spinale, muscoli del dorso)
e le arterie freniche superiori (che vascolarizzano il diaframma). Mentre i vasi parietali sono pari, i vasi
viscerali sono impari e sono:

 arteria bronchiale (vascolarizzazione dei bronchi);


 arteria pericardica (del pericardio); arterie esofagee (dell'esofago);
 arterie mediastiniche (del mediastino).

L’aorta toracica attraversa il diaframma e diviene aorta addominale e anch'essa forma rami parietali e
viscerali. I primi rami che l'aorta addominale origina sono, ovviamente, le arterie freniche inferiori (per il
diaframma) e in seguito origina il tronco celiaco (che si dirama in altri 3 rami). Poi, dall'aorta addominale si
dipartono:

 le due arterie mesenteriche (1 superiore e 1 inferiore);


 le arterie surrenali medie;
 le arterie renali;
 le arterie genitali (gonadiche);
 le arterie lombari.

Infine, l'aorta si biforca in arteria iliaca comune destra e arteria iliaca comune sinistra, le quali a loro volta
formano le arterie iliache interne (vascolarizzano gli organi pelvici) e le arterie iliache esterne, che
continuano nella parte inferiore come arterie femorali. Dunque, le uniche arterie parietali, in questo caso,
sono le freniche inferiori e le lombari, mentre le viscerali possono essere divisi tra quelle che
vascolarizzano l'apparato digerente (impari) e quelle che vascolarizzano l'apparato urinario e genitale (pari).
Il tronco celiaco forma:

 l'arteria splenica (milza);


 l'arteria gastrica sinistra (parte dello stomaco);
 l'epatica comune (fegato; origina la gastrica destra).

L'arteria mesenterica superiore vascolarizza in parte l'intestino tenue e la metà destra dell' intestino
crasso, mentre la mesenterica inferiore irrora tutta la metà sinistra dell' intestino crasso. Le arterie renali si
distaccano ad angolo retto dall'aorta addominale per fornire al sangue una pressione elevata importante
per permettere al rene il migliore filtraggio possibile. Le arterie genitali/gonadiche (arterie ovariche nelle
donne e testicolari negli uomini), ovviamente, vascolarizzano le gonadi. Le arterie iliache interne portano il
sangue agli organi contenuti nella pelvi (utero, vescica, ultimo tratto dell'intestino crasso), mentre le
esterne (con calibro maggiore rispetto alle interne) entrano nell'arto inferiore divenendo arterie femorali.
Le arterie femorali continuano in arterie poplitee, che a loro volta formeranno le arterie tibiali anteriore e
posteriore e, infine, a livello del piede, si originano le arcate plantari. In realtà, l'iliaca interna è composta
da un tronco posteriore e uno anteriore: dall'anteriore partono sia rami viscerali (vescica, utero) sia rami
parietali.

Sistema venoso → il sangue dalle arterie, arriva negli organi; questo sangue ricco di ossigeno viene
scambiato, attraverso i capillari, con un sangue povero di ossigeno e ricco di anidride carbonica.
Quest'ultimo torna al cuore attraverso le vene. Ciò avviene nella grande circolazione ovviamente, in quanto
nella piccola circolazione le 4 vene polmonari riportano al cuore un sangue ricco di ossigeno. Il sistema
venoso è dunque composto:

 dalle vene della circolazione polmonare;


 dalle vene della circolazione generale (seno coronario, vena cava superiore e inferiore);
 sistema della vena porta.

Mentre le arterie, partendo dal cuore e andando verso la periferia, tendono a diramarsi, le vene, invece,
facendo il viaggio contrario, non si diramano in vene più piccole, bensì si uniscono in vene più grandi;
quindi, mentre le arterie sono collaterali tra loro, le vene sono affluenti. Le vene della circolazione
polmonare sono 4 (2 per ciascun polmone); si originano dalle reti capillari alveolari e trasportano il sangue
ossigenato dai polmoni all'atrio sinistro del cuore. Le 2 vene polmonari di destra sono più grosse di quelle di
sinistra, perché originano dalla confluenza di tre vene: superiore, media e inferiore. Le vene della
circolazione sistemica sono:

 il sistema della vena cava superiore (raccoglie il sangue refluo di tutti gli organi posti al di sopra del
diaframma);
 il sistema della vena cava inferiore (raccoglie il sangue refluo di tutti gli organi posti al di sotto del
diaframma);
 il seno coronario (raccoglie il sangue refluo dal miocardio);
 il sistema della vena porta (raccoglie il sangue refluo della porzione sottodiaframmatica del tubo
digerente, della milza, del pancreas e lo conduce al fegato).

Il seno coronario decorre nel solco atrioventricolare posteriore sinistro, raccoglie tutte le vene cardiache e
si immette nell'atrio destro. La vena cava superiore si forma da due tronchi d'origine, ovvero i tronchi
venosi brachiocefalici di destra e di sinistra (o vene anonime), in cui quello di destra è più corto e ha un
decorso verticale, mentre quello di sinistra è più lungo e ha un decorso obliquo. La vena cava superiore è di
tipo recettivo (sopra il cuore), non ha valvole e ha come unico affluente la vena azygos. Le vene
brachiocefaliche a loro volta si originano dalla confluenza della vena succlavia e della vena giugulare
interna (corrispondente all'arteria carotide). Vena giugulare interna e vena succlavia si uniscono dietro le
articolazioni sterno-clavicolari. Mentre l'arteria succlavia si continua nella arteria ascellare, la vena
succlavia è la continuazione della vena ascellare, poiché il sangue a direzioni diverse. La vena azygos (unico
affluente della vena cava superiore) si forma nella cavità addominale e risale nel torace raccogliendone il
sangue refluo dalle pareti; anch'essa ha degli affluenti:

 vena emiazygos;
 vena emiazygos accessoria.

La giugulare è originata dall'unione dei seni venosi del cranio, posti nella dura madre (la meninge più
esterna) ma anche dei seni cavernosi.

Nell'arto superiore, oltre alle vene profonde (arcate palmari-vene radiali e viene ulnari-vene brachiali-vene
ascellari-vena succlavi), vi sono anche 2 vene superficiali, ovvero vena basilica e cefalica, che vengono
usate per effettuare il prelievo venoso. La vena cava inferiore è un grosso tronco venoso che origina per
confluenza delle vene iliache comuni (destra e sinistra) a livello della V vertebra lombare, percorre tutto
l'addome, attraversa il diaframma e sbocca nell'atrio destro. La vena cava inferiore, essendo sotto al
diaframma, è una vena di tipo propulsivo, ha una tonaca media ricca di fibre muscolari ed è ricca di
affluenti (come le vene epatiche, renali, freniche inferiori, lombari, genitali di destra). Le vene iliache
comuni raccolgono il sangue refluo della pelvi, della parete addominale e sono formate dall'unione tra
l'iliola interna ed esterna (che è la continuazione della vena femorale). Anche nell'arto inferiore, oltre alle
vene profonde (peronea-tibiale posteriore e anteriore-poplitea-femorale) vi sono 2 vene superficiali,
ovvero la grande e la piccola safena. La vena porta si forma per la convergenza della:

 vena mesenterica superiore;


 vena mesenterica inferiore;
 vena splenica.
La vena mesenterica superiore raccoglie il sangue refluo dall'intestino tenue, dalla metà destra dell'intestino
crasso, dallo stomaco e dal pancreas, mentre quella inferiore (che in molti casi, prima di formare la vena
porta, si unisce alla vena splenica) raccoglie il sangue dalla metà sinistra del crasso; la splenica porta il
sangue della milza, dello stomaco, del pancreas e del duodeno. Il sangue presente nella vena porta,
dunque, è pieno di sostanze assorbite durante il metabolismo, come lipidi, vitamine, farmaci, ma anche
ferro (per la funzione eritrocateretica della milza) ed è dunque fondamentale che questo sangue venga
portato al fegato. Poi, il sangue elaborato dal fegato, viene portato, attraverso altre vene, alla vena cava
superiore. Tra sistema portale e sistema cavale esistono anastomosi esofagee, rettali, peritoneali e
paraombelicali, in cui il sangue va in parte al fegato in parte direttamente al cuore.

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