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Cranio

Impulso ritmico cranico (IRC)


Il cranio è una struttura come un’altra ed è in grado di adattarsi.
Può essere considerato da 2 punti di vista:
- dinamico ( IRC, ricorda l’esercitazione fatta a scuola: mettere le mani sulla testa di un collega supino, con una
pressione di 20 mg)
- statico (la forma, che è indicativa della postura)

Abbiamo messo le mani sul mesoderma (t. connettivo e osso) ovvero foglietto medio dell’embrione.
La forma del cranio è indicativa dell’adattamento del mesoderma a livello del cranio. Il mesoderma è il legame
comune a tutte le strutture e per questo in osteopatia si usa il concetto di globalità. In tal senso possiamo dire
che, se il mesoderma si è adattato in un certo modo a livello del cranio, si adatterà allo stesso modo a tutti i
livelli del corpo.
La forma del cranio mi fa capire la postura del Pz.

Tentativi di spiegazione dell’impulso ritmico cranico (IRC)


All’esterno del cranio nessuna struttura mi può spiegare questa plasticità ritmica, quindi dobbiamo riflettere
sull’interno, sul cervello ovvero i neuroni (= cellule nervose per eccellenza) e le cellule gliari (o la nevroglia).
Cellule gliari danno protezione, sostegno e nutrimento al neurone ovvero assicurano il metabolismo del neu-
rone (fase anabolica e catabolica).
I neuroni sono i più grandi consumatori di ossigeno.
Sopra l’encefalo c’è la pia madre (che s’invagina ecc.), sopra c’è l’aracnoide e la dura madre.
Tra aracnoide e pia madre il liquido cefalo-rachidiano è incomprimibile.

La dura madre ha due particolarità:


1. particolarità fisica: inestensibile;
2. particolarità anatomica: si inserisce sulla scatola cranica.

ICR può essere spiegato a partire dall’attività metabolica delle cellule della glia (alternanza di due fasi: ana-
bolica e catabolica). Si tratta di un sistema idraulico perfetto. Funziona senza spendere energia.
A fianco a questo non possiamo dimenticare altri fattori:
1. sistema vascolare arterioso = 60-80 battiti cardiaci al minuto;
2. respirazione diaframmatica = 16-18 respiri al minuto
Forse intervengono anche altri fattori....

La dura madre trasmette alla scatola cranica ciò che avviene all’interno (il movimento dei neuroni).

Il mesoderma si differenzia in
1. strutture rigide, anelastiche (= app. scheletrico)
2. strutture deformabili, anelastiche (= membrane intracraniche falce del cervello, che divide i
due emisferi cerebrali; falce del cervelletto; tentorio del cervelletto - su un piano più orizzontale - che divide
gli emisferi cerebrali da quelli cerebellari). È sempre la stessa membrana anche se prende nomi diversi.
Questa membrana si attacca al foro occipitale
poi verso il basso s’inserisce su C2 - C3 talvolta anche C1
circonda tutto il tubo neurale
è libera nel canale midollare
finisce a S2 e si prolunga verso il basso fino all’apice del coccige formando il filum terminale.
3. strutture molto elastiche (= app. muscolare)
4. strutture deformabili con una certa elasticità (= aponeurosi cervicale)
- parte dal tubercolo faringeo (parte inf dell’apofisi basilare dell’occipite) per formare i setti divisori a livello
del collo
- allo stretto sup. del torace forma il leg. sospensorio della cupola pleurica;
- all’interno del torace forma il sacco pericardico, i leg vertebro pericardici e sterno pericardici e poi finisce sul
diaframma formando il centro frenico;
1
- da qui ricopre le cupole diaframmatiche, continua con la parte inf. delle cupole formando la cavità peritone-
ale, finendo sullo stretto sup del bacino;
- a partire dal diaframma esiste una cavità retroperitoneale, dove ci sono i reni e dietro questi troviamo le
aponeurosi del mm. trasverso e psoas; queste fasce scendono nella fossa iliaca dove passano la linea innomi-
nata, che divide il grande dal piccolo bacino, ed entrano nel piccolo bacino per formare le aponeurosi dei 2
piriformi, dei 2 otturatori int e dell’elevatore dell’ano;
- dallo stretto sup. del torace le aponeurosi formano tutti i setti divisori dei mm. dell’AS.
- dalla cavità pelvica formano tutti i setti dell’AI
5. Connettivo e Cute
Il mesoderma forma inoltre il sistema di riempimento ovvero il t. connettivo e la cute.

Inserzioni della dura madre


La falce del cervello si inserisce:
- in avanti sull’apofisi della crista galli (etmoide)
- sulla parte mediana del frontale
- più indietro a livello della sutura interparietale
- sulla porzione mediana della squama dell’occipite
- per arrivare alla protuberanza occipitale int.
- da qui si prolunga verso il basso formando la falce del cervelletto
- e si inserisce attorno la foro occipitale.
- dalla protuberanza occipitale int questa membrana si divide su un piano più orizzontale e
- si inserisce sulla parte lat della squama dell’occipite
- sul bordo sup della rocca petrosa (temporale)
- per finire a livello dell’apofisi clinoidea post (sfenoide).
Tutto questo riguarda la grande circonferenza del tentorio.
Per la piccola circonferenza del tentorio si inserisce:
- in avanti a livello dell’apofisi clinoidea ant di un lato
- passa dietro il bulbo
- e finisce a livello dell’apofisi clinoidea ant dell’altro lato
9 15 16 10
7
1 8

9
2 1
14 10
4 11
5 12 3 17
3
6 13 14 19
2
4 18
13
20
21
1. falce del cervello
2. arteria e vena meningea media
3. arteria carotide int
4. nervo ottico 13. tentorio del cervelletto
5. seno frontale 14. ipofisi
6. nervo oculomotore 15. seno sagittale inf
7. diploe 16. seno sigmoideo
8. dura madre 17. confluenza dei seni
9 seno sagittale sup 18. seno petroso inf
10. seno retto 19. seno trasverso
11. nervo trigemino 20. seno petroso inf
12. nervo abducente 21 seno cavernoso e intracavernoso
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Menichelli
Cranio. Argomenti del corso
1. abbinare teoria e pratica
2. punti di repere (craniometria, sentire le ossa e i loro confini, orifizi, cavità, protuberanze)
3. stabilire la morfologia del cranio (nozione di terreno, rapporto contenente-contenuto)
4. capacità di relazionare la forma del cranio con la forma della “periferia”
5. neonato
6. traumi

Palpazione
- mandibola: sinfisi mentoniera (gnation, PC* = punto craniometrico)
- margine inf. della mandibola fino a gonion, PC (= angolo tra branca orizz. e verticale della madibola)
poiché gonion è da entrambi i lati, durante la palpazione si confronta un lato con l’altro (se uno è più aperto e l’altro
più chiuso, uno più avanti e l’altro più indietro...etc)
- da gonion si palpa una piccola porzione di branca verticale e poi bisogna fermarsi perché s’incontrano i tes-
suti molli
- sul corpo della mandibola si palpano due fori mentali o mentonieri, che sono le emergenze del n.trigemino
(si paragona la loro forma e posizione nello spazio)
sutura interincisiva o intermascellare (?)
- dal basso verso l’alto si palpa la spina nasale ant. (acantion, PC)
- mi sposto lateralm. sugli alveoli dentali fino alle bozze canine (per essere sicuri si può controlare di essere
effettivamente sui denti canini), poi mi sposto lateralm. sull’osso mascellare sup. fin dove è possibile prima
che i tessuti molli mi impediscano di penetrare fino alla tuberosità post del mascellare; al termine della pal-
pazione dell’osso mascellare trovo al di sopra l’osso zigomatico (sento se l zigomo è prominente o spianato)
- sul mascellare sup trovo i fori/orifizi sottorbitari o infraorbitari (altra emergenza del trigemino)
- l’incontro delle ossa del naso con l’osso frontale = nasion
- al di sopra di nasion c’è l’inizio della sutura metopica con il PC glabella
- da glabella a bregma (= PC, l’incontro tra la sutura coronale e l’interparietale) si palpa la sutura metopica
- da bregma a pterion (= zona craniometrica, incontro tra la grande ala dello sfenoide, squama del tempo-
rale, angolo ant-inf del parietale e frontale) si palpa la sutura coronale
- pterion (si trova partendo dalla grande ala delle sfenoide a andando un poco alto-dietro; è meglio sbagli-
are stando sulla grande ala che sul frontale)
- da pterion ad asterion si palpa la sutura tra parietale e temporale (non è facile percepire i margini della
sutura perché ci sono dei tessuti molli, per es. il m. temporale)
- stephanion (=PC, incontro della sutura coronale con il m. temporale; si chiede al Pz di contrarre i denti e
all’incrocio tra il bordo sup del temporale e la s. coronale trovo stephanion)
- per arrivare su asterion** (incontro di 3 ossa: occipite, temporale, parietale) si può seguire anche un altro
percorso> si palpa la mastoide, l’apice della mastoide, si va indietro e si sente il solco del m. digastrico, si
segue il solco del digastrico e si va indietro di cm1 - 1,5 e si trova asterion
- da asterion in basso si trova la sutura OM (occipito-mastoidea)
- da asterion in alto si trova la s. lambdoidea e la posso seguire fino a lambda (=PC, incrocio tra s. lamb-
doidea e s. interparietale)
- al di sotto di lambda, sulla squama dell’occipite, in una linea mediana, si trova la protuberanza occipitale
esterna (=inion, PC)
- sulla s. interparietale, prima di arrivare a lambda, c’è una zona dove sembra che i due parietali si aprano e
che corrisponde a obelion (=PC)

*PC = punto craniometrico


**asterion è un punto un po’ sensibile e si capirà perché studiando la fisiologia

Palpazione dell’orbita ossea


- pilastri orbitali int. dell’osso frontale
- bordo sopraorbitario
3
- foro sopraorbitario (seconda emergenza del trigemino)
- pilastro orbitale esterno del frontale
- sutura fronto-zigomatica (tra il pilastro orbitale est e lo zigomo; è una zona di depressione)
- palpazione dell’osso zigomatico fino alla sutura zigomatico-mascellare
- branca ascendente del mascellare fino all’incontro con il pilastro orbitale int.
Facendo il giro del margine obitario s’incontrano: frontale, fronto-zigomatico, zigomatico, mascellare.

Conoscere le proporzioni del cranio e vedere tante immagini di cranio aiuta a trovare i PC

sem 2 Gambardella / Ascolto dei ritmi corporei

Esercizi per la sensibilità palpatoria.


1. Riconoscere a occhi chiusi oggetti uguali di materiale diverso
2. Oggetti diversi dello stesso materiale
3. Oggetti diversi di materiale diverso
4. Seguire un capello posto sono un foglio di carta (o due) con indice e poi mignolo/anulare
5. Sentire grandezza e bordi di vari tagli di moneta (sotto il foglio)
6. Appoggiare la mano su diverse parti del corpo di una persona> ventrale, dorsale, coscia, int coscia, poster,
gamba, piede, glutei...sentire la differeza di calore, umidità, trofismo, densità, movimento

ESERCIZI
Palpazione del polso con difficoltà crescente Ritmo respiratorio
carotideo sternale
aortico/toracico costale basso (K1)
radiale costale alto (K2)
tibiale post sacrale
ant. pedidio
popliteo

Audouard
A che cosa serve la dura madre?
La dura madre è un elemento inestensibile, anelastico, trasmettitore del movimento sul cranio; altrimenti si
potrebbe percepire niente con le mani.
Siamo partiti dal presupposto che il cranio ha una certa attività intrinseca, perché fuori del cranio non esiste
niente che potrebbe spiegare quello che percepiamo con le mani. Forse l’attività metabolica, intrinseca delle
cellule dell’encefalo (le cellule della nevroglia) potrebbe essere uno degli elementi scatenanti del movimen-
to, accanto ai battiti cardiaci e al ritmo respiratorio.
Nei punti in cui la dura madre s’inserisce sul cranio essa si sdoppia e nello sdoppiamento troviamo un seno
venoso. A livello del cranio il s. venoso non ha valvole di riflusso. Domanda: come fa il sangue venoso a
ritornare al cuore se non ci sono le valvole e se si esclude l’impulso ritmico cranico (IRC)?

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Le inserzioni della dura madre seno sagittale sup
(che abbiamo già visto) ci aiu-
tano a individuare i seni venosi.
Esse sono: vena emissaria
1. la falce del cervello parietale
(dall’apofisi crista galli alla parte
mediale del frontale e alla sutura
interparietale) che corrisponde
confluente
al seno longitudinale superi- dei seni
ore
2. la falce del cervelletto (l’area seno trasverso vena emissaria
attorno al foro occipitale) che occipitale
corrisponde al seno occipitale
3. a partire dalla protuberanza seno sigmoideo vena emissaria
occipitale int essa si divide su mastoidea
un piano più orizzontale e
s’inserisce sulle parti laterali vena emissaria
della squama dell’occipite, a cui condiloidea
corrisponde il seno laterale plesso venoso
(seno trasverso nell’immagine). vertebrale
esterno
4. per il tentorio, il bordo sup della rocca petrosa, a cui corrisponde il seno petroso superiore

seno cavernoso

v. oftalmica sup seno petroso sup

a. oftalmica
seno petroso inf
a. angolare
seno sigmoideo
v. angolare

plesso venoso vena giugulare int


pterigoideo
vv. mascellari
interne vena faciale post
o retromandibolare

a. carotide esterna

a. carotide interna
a. carotide comune

a. faciale vena faciale


Le membrane sono state chiamate membrane di tensione reciproca (MTR)> sono sempre in tensione e la
tensione di una induce quella dell’altra. Attenzione! Non dire mai che una membrana si detende.
I neurochirurghi ammettono che nell’encefalo si percepisca, oltre al battito cardiaco e a quello respiratorio,
un altro ritmo (loro parlano di “respiro”, gli osteopati no).
All’osservazione sembra che nella “fase attiva” l’encefalo diminuisca sia il diametro ant-post sia quello
verticale e aumenti il diametro trasversale. L’encefalo modifica la sua forma senza modificare il volume. Im-
maginate ad un pallone e di comprimerlo su un piano, senza che cambi il volume. La dura madre racchiude
l’encefalo, è inestensibile, s’inserisce sulla scatola cranica e quindi la scatola cranica si modifica per adattarsi
alla mobilità dell’encefalo.
La scatola cranica, tenuto conto delle membrane, subirà le stesse deformazioni dell’encefalo.
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Nella “fase passiva” c’è un aumento del diametro ant-post e verticale e una diminuzione di quello trasver-
sale.

Domande
1. capire dove avviene la risultante del movimento nella fase attiva e passiva
2. capire dove avviene la risultante a livello delle membrane

Risultante ossea quadrante quadrante


anteriore anteriore
un cranio è costituito da 2 sfere: sinistro destro
una anteriore e l’altra post. Ogni
sfera è divisa in 2 quadranti.
Attenzione a non fare confusione
SSB
tra sfera e quadrante.
Su un piano orizz possiamo visua- quad rante
rante quad
lizzare la diminuzione ant-post
e l’espansione trasversale
posteriore posteriore
destro
sinistro

RE RE
Per schematizzare: ogni quadrante è
simbolizzato da una pallina.
Nella fase attiva, sotto l’influenza delle
membrane, c’è una RE (rot esterna) dei
4 quadranti.
RE RE

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piano sagittale

La risultante della RE dei quadranti


avviene al centro, al livello della sin-
condrosi sfeno-basilare (SSB �������
= cont-
����� ETMOIDE
atto tra apofisi basilare dell’occipite e SFENOIDE
sfenoide). La SSB vede aumentare la
sua convessità verso l’alto (= F, fles-
sione del cranio). OCCIPITE

sfera anteriore
sfera posteriore

Nella fase passiva, sotto l’influenza delle membrane, c’è una RI (rotazione interna) dei 4 quadranti. La risul-
tante avviene a livello della SSB, che diminuisce la sua convessità verso il basso (= E, estensione, del cranio).

La FLESSIONE del cranio è la RISULTANTE della RE dei 4 quadranti sotto l’influenza delle membrane.
Poiché siamo di fronte ad una ”risultante”, in presenza di una disfunzione per es. in F del cranio (vale a dire
che l�����������������������������������������������������������������������������������������������������������
’����������������������������������������������������������������������������������������������������������
adattamento in F è �����������������������������������������������������������������������������������������
maggiore di quello in E), la correzione deve partire dalla periferia, perché solo lavo-
�����
rando sulla periferia avrò un’influenza sul centro (in questo caso la SSB). Detto diversamente: è la periferia
che controlla/condiziona il centro. Al centro del cranio c’è l’ipofisi, che controlla l’omeostasi (= le costanti
biologiche)���������������������������������������������������������������������������������������������������������
. Se a livello del cranio è
�������������������������������������������������������������������������������
la periferia a condizionare il centro, anche il resto del corpo dovrà funzio-
nare così per la legge della globalità. Altri centri per l’economia generale del corpo sono: il cuore (che ha una
posizione centrale) e l’app. genitale. Prima di lavorare su questi centri bisogna lavorare sulla periferia. Per il
cuore significa che prima di trattare il cuore devo occuparmi del pericardio e dei suoi leg sterno-pericardici
e vertebro-pericardici, del diaframma e del centro frenico e delle aponevrosi della parte alta. Quindi non
si può trattare una patologia cardiaca senza tener conto di: sterno, vertebre dorsali, diaframma, sistema
sospensorio del centro frenico.
L’apparato genitale è importantissimo per la riproduzione della specie ed è contenuto nel piccolo bacino,
che è uno spazio molto piccolo (ha un diametro di cm 11-12 nei tre piani dello spazio), dove passano strut-
ture importantissime (plesso lombo-sacrale, il sistema arteriore, il drenaggio venoso, il s. neurovegetativo).
Non si può trattare un utero senza trattare prima la periferia, vale a dire una disfunzione dell’iliaco, o sacrale
o della sinfisi pubica o una ipertonia (per es. m. piriforme, otturatore int e est, elevatore dell’ano).

Quindi la periferia protegge delle strutture molto profonde e a livello del cranio avviene la stessa cosa.
Per questo abbiamo cominciato il corso di studi di osteopatia con il piede.

Le 2 SFERE nella loro fisiologia ruotano in senso opposto, ossia invertono le loro rotazioni. La sfera ant si
adatta verso avanti e la sfera post si adatta verso dietro. L’adattamento della SSB e il movimento di F e
E avvengono sul piano sagittale. Per avere un movimento sul piano sagittale la SSB anatomicamente deve
essere disposta sul p. frontale. È l’unica struttura del cranio sul piano frontale.

Hanno fatto degli studi sulla SSB ed hanno visto un accumulo di trabecole in senso ant-post. Questo giusti-
fica che ci sia un movimento nel senso dell’aumento o della dinimuizione della convessità.

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La SSB è orientata globalmente in alto-avanti.
L’occipite è l’osso principale della sfera post.
Inoltre abbiamo: 2 temporali, 2 parietali, osso sacro, C3 C2
C1, mandibola, osso ioide

Lo sfenoide è l’osso principale della sfera ant.


Inoltre abbiamo: etmoide, vomere, 2 emifrontali (sutura
metopica), 2 zigomi, 2 mascellari, 2 palatini, 2 turbinati inf
(o cornetti inf ), 2 ossa nasali e 2 lacrimali.

Per le ossa impari: occipite, sfenoide, etmoide, vomere par-


leremo di F e E (perché sono sulla linea mediana), mentre
per le ossa pari parleremo di RE e RI (perché sono lontani
dalla linea mediana e implicano un adattamento su 3 piani).
L’adattamento su 3 piani viene dal fatto che tutte le strutture in periferia sono oblique.
La F dell’occipite si accompagna ad una F del sacro (le basi vanno alto-dietro, l’apice in alto-avanti). La
denominazione F-E è riservata al cranio, mentre anteriorità e posteriorità definiscono una disfunzione mec-
canica. Quindi bisogna distinguere tra livelli di disfunzione diversi: F-E del cranio o meccanico

N.B. Se l’occipite è l’osso principale della sfera posteriore (e il calcagno è l’osso principale del piede), significa
che in presenza di una disfunzione della sfera post (o del piede) bisogna valutare per prima cosa l’occipite (o
il calcagno).

Le membrane
La risultante membranosa del cranio si trova all’incontro delle membrane, ossia a livello del seno retto (che
serve a drenare le strutture che sono davanti). La risultante viaggia sul seno retto (dipende dalla fase in cui
si trova il tentorio, aumento o diminuzione), un po’ avanti e un po’ indietro. Sutherland lo chiama “il punto
tranquillo” o punto neutro. Significa che il cranio funziona senza spendere energia.
Il seno retto è il riferimento membranoso del cranio (la SSB è il riferimento osseo).

ventricolo
laterale

seno sagittale sup corno


frontale
seno sagittale inf parte
centrale
forame corno
interventricolare occipitale
corno
III ventricolo temporale
acquedotto del seno retto
mesencefalo
IV ventricolo
seno cavernoso confluente
dei seni
seno petroso seno
sup trasverso
seno
seno petroso occipitale
inf seno sigmoideo
bulbo della
v. giugulare int

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Riflessione
Nella fase di F
- cranio: diminuisce il diametro ant-post e verticale e aumenta il diametro trasversale
- sacro: aumenta il diametro ant-post e trasversale e diminuisce il diametro verticale
- diaframma toraco-addominale: lo stesso
Quindi quello che si trova a livello del cranio si trova dappertutto.
A partire da una disfunzione craniale, lavorando in periferia, posso correggere la disfunzione centrale
Fontanelle
Il bimbo alla nascita presenta delle
zone non ossificate che sono le fon-
tanelle. Globalmente le fontanelle f. bregmatica sutura
sono 6: 2 sagittali e 4 laterali. sagittale
Fontanelle Sagittali sutura f. lambdatica
1. La fontanella sagittale anteriore o metopica o lambdoidea
fontanella bregmatica è a livello
di bregma (incontro tra frontale sutura
davanti e due parietali posterori) si coronale
chiude intorno ai 15-24 mesi e ha
una forma di losanga.
2. Fontanella sagittale posteriore o fontanella lambdatica (incontro tra occipite e la sutura interparietale) si
chiude nei due primi mesi di vita ed ha una forma triangolare.
Abbiamo indicato queste forme perché l’ostetrica al momento del parto va a palpare la forma delle fonta-
nelle (losanga o triangolare) per capire come si presenta il bimbo e decidere con quale tecnica ostetrica farlo
partorire.
Fontanelle laterali
f. bregmatica
1. Due fontanelle laterali anteriori a
livello di pterion (punto di incontro
tra frontale, parietale, temporale e sutura
coronale
sfenoide). La fontanella pterica si
chiude tra i 3 e i 6 mesi di vita. f. pterica f. lambdatica
2. Due fontanelle posteriori a livello (sfenoidale) o lambdoidea
di Asterion (punto di incontro tra sutura
occipite, parietale e temporale). sutura lambdoidea
Fontanella asterica che sparisce verso squamosa
12 mesi. f. asterica
(mastoidea)

Queste fontanelle sono degli spazi non ossificati.


Quando tocchi una fontanella si tocca la dura madre e si vedono le pulsazioni.
La crescita sarà una crescita di vicinanza, cioè i due margini dell’osso non sono in contatto e la crescita sarà
l’uno verso l’altro.
In questi spazi fontanellari c’è una membrana con tre strati e la crescita ci sarà a partire dallo strato medio.
Man mano che i due margini dell’osso arrivano a contatto inizia la formazione della sutura.
Non c’è sutura prima che i due margini dell’osso non vengono a contatto.
Quando abbiamo a che fare con un neonato non possiamo lavorare sulla fisiologia ossea perchè non ci sono
becchi di flauto, non c’è asse, non c’è niente e si lavora soltanto in modo meccanico.
Basta essere in grado di osservare l’armonia del cranio e in modo primario e istintivo guardare le asimmetrie
e lavorare con spinte meccaniche per modellare il cranio. L’interesse del modellaggio è prevenire i difetti
posturali perché la forma del cranio condiziona la postura. Se lasciamo un bimbo crescere con un cranio
storto è sicuro che poi alla fine troviamo in periferia lo stesso. Tutti gli scoliotici importanti hanno delle
asimmetrie craniche mostruose.
Nel parto naturale il cranio passa dallo stretto superiore all’inferiore, nel piccolo bacino la testa del bimbo
si appoggia sullo strato muscolare (piriformi dietro e otturatori lateralmente) che contraendosi fa ruotare la
testa del bimbo, facendolo scendere.
Quindi la forma del cranio dipende da queste reazioni muscolari, dalle resistenze materne (dilatazione del
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canale vaginale), da interventi esterni (tecniche ostetriche).
La finalità di un parto naturale è quella di modellare, poi ci può essere un modellaggio troppo forte (trava-
glio di 12 ore non è lo stesso di 4 ore) o poco forte o assenza di modellagio (parto cesareo). Nel cesareo,
infatti, il bimbo non si è affatto impegnato e quindi non c’è stato modellaggio.

Fontanelle anomale o sovranumerarie


Ogni tanto esistono delle fontanelle anomale o sovranumerarie (in più) e si incontrano più spesso a livello di
Obelion (punto di apertura posteriore dei parietali nella flessione).
Si possono trovare fontanelle anomale a livello naso-frontale, ossia della Glabella (fontanella Glabellare) e
spesso questo si incontra negli idrocefali.
Si possono trovare fontanelle in più nella parte posteriore del foro occipitale.
Esistono queste fontanelle anomale perché il cranio se c’è bisogno deve essere in grado di creare spazio. Se
non ci fossero queste fontanelle si verrebbero a creare delle compressioni interne incompatibili con la vita.
Le fontanelle anomale o sovranumerarie sono legate a patologia.

Formazione delle suture (becchi di flauto)


I margini dell’osso s’incontrano con il semplice contatto dando inizio della formazione delle suture sotto
l’influenza della dinamica del cranio.
La formazione delle suture dura minimo quasi 15 anni.
Ogni volta che un osso subisce delle costrizioni per ricoprire un altro osso diremo che ha un becco di flauto
a tavolata interna perché guarda verso l’interno, mentre l’altro avrà un becco di flauto a tavolata esterna.

costituzione
generale della
sutura

sutura di origine
cartilaginea della
base del cranio

sutura di origine
membranosa della
volta del cranio

a) zona di unione b) zona di scambio c) zona capsulare d) zona centrale


Ossificazione cartilaginea e membranosa.
Dal punto di vista embriologico la base del cranio ha un’ossificazione cartilaginea mentre la volta
un’ossificazione membranosa.
La struttura anatomica che divide il cranio dalla volta è il tentorio.
Tutte le strutture situate sotto il tentorio fanno parte della base e al di sopra abbiamo la volta.
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A livello della base e quindi con ossificazione cartilaginea troviamo:
etmoide; sfenoide; porzione inferiore del temporale; porzione inferiore dell’occipite. Questi si trovano sotto
la protuberanza occipitale interna.
A livello della volta quindi con ossificazione membranosa avremo il frontale; i due parietali; la squama del
temporale; la squama dell’occipite.

Sinostosi
Dopo la costituzione delle suture c’è l’invecchiamento fisiologico per arrivare alla sinostosi completa delle
suture (chiusura completa delle suture).
La sinostosi completa arriva fisiologicamente verso l’età di 45 anni (questo significa che la plasticità di un
uomo con età superiore a 45 anni è minore di quella di un giovane) tranne che per la sutura occipito-mas-
toidea (OM) che sembra essere funzionale tutta la vita.
Oltre alla sinostosi fisiologica esistono sinostosi precoci e totali come nel caso del microcefalo.
E inoltre delle sinostosi premature o precoci ma parziali:
1. La sinostosi precoce della sutura sagittale.
La sutura sagittale interparietale autorizza la crescita trasversale.
Se abbiamo una saldatura precoce di questa sutura sagittale il cranio compensa aumentando la sua crescita
antero-posteriore e verticale e si chiama la scafocefalia.
Partendo dall’idea che la forma ha un significato possiamo benissimo capire che quando si presenta
all’osservazione un soggetto con una sutura sagittale saldata precocemente (< diametro trasversale) e che
quindi presenta un viso stretto noi possiamo ipotizzare due possibilità:
Prima cosa, facendo riferimento alla sutura sagittale, sappiamo che sotto la sutura c’è la dura madre che
inserendosi sull’osso forma il seno venoso longitudinale superiore.
Se la dinamica di questa sutura non è perfetta io posso ipotizzare che il soggetto in questione possa soffrire
di mal di testa e cefelee a partire da problemi di tipo vascolare, difficoltà nel drenaggio.
Seconda cosa, un minor diametro trasversale può incidere su un frontale piuttosto chiuso e stretto.
All’interno del frontale è incastrato l’etmoide, che è l’osso principale delle fossa nasali. La funzione delle ossa
nasali dipende dall’etmoide. Il Pz potrebbe avere problemi della funzione respiratoria (sinusite ect..)

2. La saldatura prematura della sutura coronale (avanti) o della sutura lambdoidea (dietro).
Queste suture autorizzano la crescita antero-posteriore e quindi avremo una diminuzione della crescita
antero-posteriore con compenso e quindi aumento trasversale e verticale. Questo si chiama acrobrachicefa-
lia.
Deformità craniche docute a chiusura precoce delle suture

a. sutura sagittale b. sutura coronale c. sutura metopica d. fusione asimmetrica di una


= scafocefalia e sagittale = oxicefalia = trigonocefalia sutura, nella maggior parte dei
casi della sutura coronale
o lambdoidea=plagiocefalia

11
Le suture direttrici
Le suture sono delle zone di minore resistenza e autorizzano lo sviluppo.
Tutte le suture permettono una fisiologia e quindi un certa dinamica.
Abbiamo detto che bisogna lavorare in periferia per liberare il centro.
Non c’è tempo di liberare tutte le suture!!
Tre di esse materializzano i tre piani dello spazio così che basta liberare i tre piani dello spazio e ci siamo…
Tutte le suture sono direttrici di movimento, ma alcune sono più importanti rispetto ad altre e possono ma-
terializzare i tre piani dello spazio

1. Piano Para-Sagittale (sutura Occipito-Mastoidea OM)


La sutura occipito-mastoidea è tra l’occipite e la porzione mastoidea del temporale.
La forma della sutura OM (costituita da una porzione orizzontale ed una verticale) rispecchia il lungo ed il
corto braccio del sacro.
La finalità della dinamica del cranio è quella di permettere e mantenere una certa flessione ed estensione, se
non c’è questo c’è la morte. Per questo la sutura OM rimane funzionale tutta la vita.
A partire dalla sutura OM abbiamo la fisiologia dell’occipite e della sfera posteriore.
Nella sutura OM abbiamo un porzione verticale ed una più orizzontale.
Nell’anatomia dell’occipite la porzione verticale sarà ricoperta e l’orizzontale ricoprirà ciò significa che tra le
due ci sarà un punto perno chiamato CSM (condilo-squamo-mastoideo).
Il punto CSM di destra con il punto CSM di sinistra materializzano un asse trasversale orizzontale attorno il
quale si adatta l’occipite.
Per concludere l’occipite si adatta sul piano sagittale e l’asse di mobilità dell’occipite è trasversale-orizzon-
tale e passa tra due punti che sono i due CSM.

lungo braccio corto braccio


esterno interno
3. sut. sfeno-frontale
sut di semplice contatto

2. sut. sfeno-squamosa
porz. verticale porz. orizzontale
TEMP TI (ricopre) TEMP TE (è ricoperto)
SFE Tav est SFE TI
punto perno
SS

1. sut. OM
porz. verticale porz. orizzontale
TEMP TI (ricopre) TEMP TE (è ricoperto)
OCC TE OCC TI
punto perno
CSM
2. Piano Para-Frontale (sutura Sfeno-Squamosa SS)
Questo piano autorizza l’espansione trasversale ed è materializzato dalla sutura sfeno-squamosa (tra lo
sfenoide e la porzione squamosa del temporale).
Questa sutura è disposta su un piano para-frontale e presenta una forma a L con una porzione verticale ed
una più orizzontale.
Nella porzione verticale: lo sfenoide (Tav. Est) è ricoperto dal temporale (Tav. Int)
Nella porzione più orizzontale: lo sfenoide (TI) ricopre il temporale (TE)
Tra le due porzioni ci sarà un punto perno che si chiama punto SS.
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Il punto SS di destra con quello di sinistra materializzano un asse trasversale-orizzontale attorno il quale si
adatta lo sfenoide.
È logico per lo sfenoide avere un asse trasversale-orizzontale perché altrimenti le due sfere non potrebbero
invertire le loro rotazioni; infatti se l’occipite si adatta su un asse trasversale-orizzontale (CSM dx-CSM sin) e
lo sfenoide inverte la sua rotazione anche la sutura sfeno-frontale deve adattarsi sullo stesso asse trasver-
sale-orizzontale altrimenti la fisiologia non sarebbe possibile.
Come la sutura occipito-mastoidea si adatta sul lungo braccio e corto braccio così la sutura sfeno-squamosa
si adatta su una porzione verticale ed una più orizzontale.
Questa sutura SS sarà responsabile della fisiologia dello sfenoide e quindi della sfera anteriore.

3. Piano Para-Orizzontale (sutura Sfeno-Frontale)


Abbiamo parlato della sfera anteriore e posteriore e della dinamica sotto l’influenza delle membrane che si
trovano a livello del cranio.
A livello del massiccio facciale non ci sono le membrane e quindi le forze meccaniche che lo influenzano
provengono dalla mandibola.
Tutto il massiccio facciale è incastrato nel frontale e non ci sono le membrane.
Noi, infatti, sul massiccio facciale lavoriamo meccanicamente come il dentista, non possiamo giocare sulle
membrane.
Il piano para-orizzontale è materializzato dalla sutura Sfeno-Frontale disposta sul piano orizzontale.
Anche su questa sutura devo trovare un lungo braccio est ed un corto braccio nella porzione int altri-
menti non ci potrebbe essere sincronia.
Questo piano condiziona la fisiologia del massiccio facciale.

Materia, movimento e spirito


Still faceva spesso riferimento a materia, movimento e spirito.
1. Il piano para-sagittale (sfera posteriore) con l’occipite in relazione con il sacro “bello e tosto” incastrato tra
due iliaci rappresenta la MATERIA.
2. Il piano para-frontale (sfera anteriore) con la plasticità della farfalla (sfenoide) che si adatta in alto a livello
del corpo e in basso-avanti-fuori a livello delle ali, rappresenta la sfera di MOVIMENTO.
3. Il piano para-orizzontale rappresentato dalla sutura sfeno-frontale rappresenta lo SPIRITO.
La materia, quindi, sarà della sfera posteriore e il movimento della sfera anteriore. Infatti l’occipite è molto
più strutturale e lo sfenoide più adattattivo.
Dal punto di vista pratico e fisiologico la sfera del cranio più importane è la posteriore perché l’anteriore si
adatta facilmente mentre la posteriore no, e poi la sfera posteriore è collegata al sacro andando a determin-
are un assetto a partire dal quale abbiamo tutto un adattamento al di sopra.

Audouard_Riepilogo
Suture direttrici
Abbiamo parlato di 2 fasi dell’IRC. Esse sono entrambe attive, perché le membrane sono sempre in tensione,
anche se per motivi didattici si parla di una fase attiva e una passiva.
Quando, in una certa fase, c’è una diminuzione su due piani dello spazio, abbiamo al contempo un com-
penso nel terzo piano. Come tutti i volumi, anche il volume del cranio è definito da 3 piani, sui quali avviene
la mobilità fisiologica. Tutte le tecniche di correzione sul cranio sono volte a ripristinare la fisiologia. Da qui è
nato il concetto di suture direttrici, nel senso che se si liberano le suture direttrici, il cranio può riprendere la
sua fisiologia nei 3 piani dello spazio e adattarsi meglio.
Piano sagittale
L’occipite, tramite una membrana anelastica (la dura madre), è legato al sacro. Il sacro si adatta sul piano sag-
ittale (le emibasi vanno in anterorità o posteriorità). Siccome sacro e occipite sono collegati, anche l’occipite
si deve muovere su un piano sagittale. In effetti la sutura occipito-mastoidea giustifica un movimento sul
piano para-sagittale.
Piano frontale
Se abbiamo trovato una sutura sul piano sagittale, dobbiamo trovarne una, con la stessa conformazione,
anche sul piano frontale. In effetti la sutura sfeno-squamosa, con la sua porzione più verticale e un’altra più
orizzontale, giustifica un movimento sul piano para-frontale. Le grandi ali dello sfenoide sono oblique. Se
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la parte post dello sfenoide si alza (perché la sincondrosi sfeno basilare - SSB - aumenta la convessità verso
l’alto), le grandi ali vanno in basso-avanti-fuori (come tutte le strutture oblique). Quindi l’espansione trasver-
sale del cranio è autorizzata da questa sutura.
Piano orizzontale
Sul bordo sup delle grandi ali si appoggia il frontale e sotto di esso è incastrato tutto il massiccio facciale. Tra
frontale e sfenoide c’è una sutura sfeno-frontale, con un lungo braccio esterno e un corto braccio interno,
che giustifica un movimento sul piano para-orizzontale.
Le suture direttrici sono importanti perché liberandole il cranio funziona in maniera più fisiologica.

Flessione - Estensione
Questa terminologia fa riferimento al meccanismo cranio-sacrale e non al meccanismo sacro-iliaco.
Quando l’occipite fa una flessione, il sacro fa una flessione (le emibasi del sacro vanno in alto-dietro e gli
apici in alto-avanti), perché il manicotto della dura madre collega le due ossa. Se invece si parla di una
“posteriorità delle basi”, questa terminologia fa riferimento ad una disfunzione meccanica del sacro rispetto
all’iliaco. Di conseguenza è corretto parlare di un “iliaco in conversione ant o post” ed è scorretto dire “iliaco
in flessione o in estensione”.
Dire “flessione-estensione” dell’occipite significa far riferimento alla SSB; una disfunzione della porzione con-
diloidea dell’occipite rispetto a C1 si definisce come “condilo ant o post”.
Attenzione! È sbagliato dire: “quando l’occipite è in flessione il sacro è posteriore”.

Fisiologia osso per osso


Si tratta di definire il comportamento dell’osso, (le sue diverse parti) nel tempo di flessione e di estensione
del cranio. Questo presuppone che dobbiamo definire gli assi di mobilità, i fattori di mobilità dell’osso
(per capire per es. perché non si muove), i fattori di restrizione di mobilità, gli interessi di quest’osso (ossia
l’anatomia e così a partire dai sintomi si deve saper risalire alle strutture che ne sono responsabili).

seminario 3 Gambardella

OCCIPITE. Anatomia
Ha 3 porzioni: squamosa, basilare, condiloidea.
È un osso della sfera post, che è meno adattabile di quella ant.
Calcagno = Occipite. Anche il calcagno è meno adattabile dell’avampiede.
Se un osso ha tanti fori è più resistente. L’occipite è il meno resistente.

Pecorelli / Bibliografia
Netter, Atlante. Sono presentate più ossa insieme e per questo secondo Pecorelli non è preciso.
Sobotta, Atlante
Feneis, Anatomia, Verduci editore
Magoun, Osteopatia in ambito craniale, Futura edizioni

Interessi dell’anatomia craniale


La conoscenza anatomica del cranio:
- è indispensabile prima di passare alla fisiologia (per es. prima di fare un test di mobilità articolare del piede
bisogna conoscere l’anatomia delle faccette articolari, le inserzioni muscolari, i punti di repere...)
- amplifica la capacità di visualizzazione (si immagina meglio la mobilità delle strutture)
- amplifica la capacità di sintesi disfunzionale (se conosco le strutture ossee, membranose, vascolari...capisco
meglio perché una disfunzione può provocare determinati sintomi)

Occipite. ANATOMIA
Entra nella costituzione della base e della volta del cranio, riposa sulla I vertebra cervicale (atlante). Ap-
partiene funzionalmente alla sfera post, di cui ne rappresenta l’osso principale. Si articola in avanti con lo
sfenoide, lateralm con le ossa temporali e superiormente con i parietali.

Dividiamo l’occipite in tre porzioni:


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- apofisi basilare> porzione occipitale della SSB che è orientata verso la faccia post del corpo dello sfenoide
- porzione condiloidea> porzione occipitale che contiene il foro occipitale (attorno al quale s’inserisce la
dura madre), i condili occipitali e lateralm le apofisi giugulari
- porzione squamosa> porzione più post e voluminosa dell’occipite

APOFISI BASILARE
Faccia endocranica
C’è il solco basilare, dove scende il troncoencefalo (la porzione
finale si chiama bulbo o midollo allungato).
Faccia anteriore
È in relazione con la faccia post del corpo dello sfenoide,
con cui forma la sincondrosi sfeno-basilare, orientata su un
piano para-frontale in avanti-basso (come il naso).
Faccia laterale
È inclinata in basso-dentro e guarda in basso-fuori. �������
Presen-
ta un bordo rugoso che fa sutura con la porzione petrosa
del temporale - la sut petro-basilare. L’apofisi basilare
ha la forma di rotaia cava. Il temporale ha la forma una
rotaia piena. L’occipite fa la F mentre il temporale fa
una RE e la morfologia della rotaia giustifica questo
movimento.
canale squama
dell’ipoglosso occipitale
solco basilare

sincondrosi
sfeno-basilare
SUP
sut petro-basilare apofisi
basilare
forame rocca
sut petro giugulare magno petrosa
processo
giugulare canale
CSM
condiloideo INF

Sopra la sut petro-basilare c’è un seno venoso, il seno petroso inferiore, dove passa il sangue venoso
diretto al foro giugulare per essere drenato.

Faccia esocranica o inf


Presenta il tubercolo faringeo, dove s’inserisce l’asse aponeurotico centrale (AAC), il punto più alto
d’inserzione dell’Aponeurosi Profonda (inserzione dell’aponeurosi faringea e delle aponeurosi cervicali), più
in basso troviamo l’inserzione dei mm. retti ant, più avanti si trova la fossetta navicolare
Davanti ad esso c’è l’attacco del leg longitudinale ant
Davanti al foro occipitale c’è l’attacco del leg longitudinale post
I corpi delle vertebre stanno davanti ai leg lobgitudinali

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fossetta navicolare
attacco del
leg long. ant
canale tubercolo faringeo
dell’ipoglosso

forame condilo
magno occipitale
attacco
del leg
long.
canale post
condiloideo

linea
nucale inf

cresta
occipitale
esterna

linea linea nucale


nucale sup protuberanza suprema
occipitale es-
terna (inion)
PORZIONE CONDILOIDEA
Faccia esocranica
Presenza dei condili occipitali, convessi in senso ant-post, di forma ovoidale, con un asse orientato in
avanti-dentro e la faccia inf che guarda globalm in basso-fuori. �����������������������������������������������
come se i condili si sedessero su C1 per for-
mare un’enartrosi. Sulle facce lat si trova il processo o apofisi giugulare, che presenta una piccola faccetta
di contatto con il temporale, la sut petro-giugulare. Tra le suture petro basilare e petro giugulare si trova il
foro giugulare. Inoltre c’è l’impronta del seno sigmoideo o golfo giugulare.

Foro giugulare
Vi si drena l’80% del sangue venoso. Medialmente ad esso troviamo il tubercolo occipitale, lateralm sul
versante temporale c’è la rocca petrosa. Il foro è diviso in tre porzioni dal leg Petro-Giugulare teso con due
fasci:
- porzione ant> passaggio del seno petroso inf e del IX (glossofaringeo)
- porzione intermedia> passaggio del X (vago) e XI (accessorio spinale) e dell’arteria meningea post
- porzione post> passaggio del seno sigmoideo, che a livello esocranico diventa vena giugulare int

Foro occipitale o magno


Mette in comunicazione la cavità cranica con il canale midollare dando passaggio al midollo allungato, ai
due nervi accessori spinali dell’XI, che risalgono dal foro occipitale, lo attraversano e si riuniscono all’altra
componente dell’XI per uscire ppoi dal foro giugulare, alle radici ascendenti dell’ipoglosso (XII) e alle arterie
vertebrali, che costituiranno il tronco basilare. Sul suo margine s’inserisce la dura madre e la sua morfologia
è condizionata dal bordo int dei condili occipitali. Al momento del parto ci possono essere delle alterazioni/
modificazioni dell’ampiezza/forma del foro, con influenze sulla forma di C0 C1. Di conseguenza si possoo
avere delle perturbazioni sulle strutture che attraversano il foro: XI paio di nervi cranici, canale dell’ipoglosso
(XII - problemi alla muscolatura intrinseca della lingua e mm. sopraioidei> problemi di suzione, deglutiz-
16
ione), foro giugulare (implicazioni cinetiche> neonato sempre nella stessa posizione).

Faccia endocranica
C’è il tubercolo occipitale, dietro ad esso si
trova il solco del vago (IX glossofaringeo, X
vago, XI accessorio spinale), solco che finisce nel
foro giugulare.
Lateralm al tubercolo c’è il solco del seno sig-
moideo, dove passa il sangue venoso diretto al
foro giugulare. v. oftalmica sup
All’int del tubercolo occipitale trovo un foro, il
canale dell’ipoglosso, dove passa il XII nervo seno sfenoparietale
cranico.
Il canale dell’ipoglosso sta alla radice dei condili. seno cavernoso
Se alla nascita c’è una forza che modella in seno petrosquamoso
modo asimetrico, può esserci un’alterazione
della morfologia del foro occipitale (restringi- v. meningea media
mento, strozzatura...etc). Da ricordare che il seno petroso sup
margine int dei condili entra nella costituzione
del profilo del foro occipitale. Un intervento foro giugulare
precoce sul neonato può essere in certi casi
importantissimo. seno sigmoideo
La dura madre presenta dei setti: falce del v. grande cerebrale
cervello e del cervelletto, diaframma dell’ipofisi... (di Galeno)
A livello della protuberanza occipitale int seno occipitale
troviamo la confluente dei seni formata dal seno retto
sangue venoso proveniente da: seno trasverso
seno longitud sup
seno petroso sup
seno occipitale inf
seno retto
In seguito il sangue venoso decorre lateral-
mente e attraverso il seno petroso inf e il seno seno confluente dei seni
sigmoideo giunge fino al foro giugulare. sagittale
sup
PORZIONE SQUAMOSA
Faccia endocranica
Presenza della protuberanza occipitale int, che è il punto di confluenza dei seni e convergenza membra-
nosa (seno longit sup, petroso sup, retto, occipitale inf, laterale). Globalmente il drenaggio venoso si fa da
davanti verso dietro tranne delle eccezioni:
- il senso sigmoideo e i seni laterali che drenano il sangue verso l’avanti e poi nel foro giugulare
- le fosse cerebrali, sotto le fosse cerebellari
Nella parte inf della protuberanza occipitale int trovo il cervelletto. Sotto la protuberanza occipitale int c’è la
cresta occipitale int, dove s’inserisce la falce del cervelletto, che divide i due emisferi cerebellari.

Faccia esocranica
Presenza della protuberanza occipitale est (inion), punto d’origine del leg nucale, da cui verso il basso
s’estende la cresta occipitale est, che arriva fino al foro occipitale. Dalla protuberanza occipitale partono le
linee curve occipitali esterne superiori e inferiori, punto d’inserzione di muscoli che andando progres-
sivam dall’est verso l’int e verso l’ant diventano sempre più corti fino ad arrivare ai muscoli sottoccipitali.
La regione tra le linee curve è molto rugosa e frastagliata, perché è sottoposta a importanti sollecitazioni
meccaniche in trazione. Spesso bisogna rilassare questi tessuti prima di poter agire sul cranio (fondamentale
la tecnica di inibizione sottoccipitale). Inoltre le tensioni muscolari possono creare talvolta un quadro algico
tensivo o una nevralgia di Arnold o perturbare il drenaggio venoso, perché le inserzioni muscolari a questo
17
livello alterano la plasticità del foro giugulare; quindi in un lavoro di drenaggio venoso del cranio è utile fare
un lavoro d’inibizione muscolare sottoccipitale.

Bordo parietale
Da asterion a lambda; sut lambdatica, squamosa, dentellata, nella parte alta ha un tav int e inferiorm un tav
est.

Bordo temporale
Da asterion alla sut petro-giugulare, sut OM con un tav est nella parte alta e un tav int inferiorm

LAMBDA

“PECORELION”

sut.
Lambdatica
TAV. INTERNO solco del
seno sagittale
sup
punto perno

TAV. ESTERNO

protuberanza
occipitale solco
interna del seno
trasverso

cresta
occipitale
interna

ASTERION
ASTERION punto perno
canale
TAV. ESTERNO condiloideo
TAV. INTERNO asse di mobilità
CSM dx CSM sin
sut. OM tubercolo
occipitale
CSM
solco del seno processo
sigmoideo sut. Petro- giugulare
giugulare
sut. Petro- sincondrosi
basilare sfeno-basilare

Occipite. FISIOLOGIA
È l’osso principale della sfera posteriore.
Se c’è una disfunzione nella sfera post del cranio, devo vedere prima di tutto l’occipite.

Asse di mobilità
L’occipite ha un asse trasversale/orizzontale. Che cosa giustifica quest’asse? Il movimento dellla sincondro-
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si sfeno basilare - SSB - che aumenta la convessità verso l’alto nel tempo di F. Poiché questo movimento
avviene su un piano sagittale ci deve essere un asse perpendicolare ad esso, ossia un asse trasversale/oriz-
zontale. Quest’asse va da CSM di dx (Condilo Squamo Mastoideo) a CSM di sin.
L’occipite è importante per:
- il drenaggio venoso
- inserzione delle membrane
- passaggio dei nervi (IX, X, XI) sut sagittale
- passaggio del canale del n. ipoglosso
(XII, è esclusivamente motorio)
- sul tubercolo faringeo s’inserisce l’asse aponevrotico
centrale
sut. lambdatica
SUTURE
Sutura LAMBDATICA, va da Lambda ad Asterion. occipite
Parte MEDIANA: da lambda a “pecorelion” (TAV INT) l’occipite
ricopre il parietale, perché il parietale nel tempo di F si ab-
bassa e solo se l’occipite lo ricopre è possibile giustificarlo.
Parte LATERALE: da “pecorelion” ad Asterion (TAV EST) è il inion
parietale che ricopre l’occipite.
NB. Pecorelion è uno dei due punti perno dell’asse di mobil-
ità ant-post del parietale, il secondo punto è stephanion, che
si trova nel punto d’inversione dei tavolati della sut coronale.

Sutura Occipito-Mastoidea, al di sotto di Asterion, dove l’occipite è in relazione con la porzione mas-
toidea del temporale (sut direttrice che materializza il piano parasagittale):
- porzione VERTICALE (TAV EST), il temp ricopre l’occipite
- porzione più ORIZZONTALE (TAV INT), dove l’occipite ricopre il temp.
Tra le due porzioni c’è il punto perno CSM

Sutura Petro-Giugulare, davanti alla sut OM, dove le apofisi giugulari (oblique in alto-avanti-fuori)
sono in relazione con la superficie giugulare del temporale (faccia inf della rocca petrosa);�������������������
è di semplice con-
tatto e svolge la funzione di leva per il temporale (l’occipite raggiunge la metà della rocca petrosa).
Quando l’occipite fa la F le apofisi giugulari si adattano in alto-avanti-fuori, spingono sotto la rocca petrosa
e la muovono in RE (è interessante notare che l’occipite imprima la sua forza arrivando al centro della rocca
petrosa; questo giustifica la RE del temporale).

Sutura Petro-Basilare, davanti all’apofisi giugulare, c’è un semplice contatto tra l’apofisi basilare dell’oc-
cipite e la rocca petrosa del temporale. La parte sup dell’apofisi basilare è più larga in confronto alla parte
inf. Questo autorizza la possibilità di RE della rocca petrosa.

Nel tempo di F del cranio:


- l’apofisi basilare si adatta in alto-avanti
- lambda va in basso-dietro
- asterion va in basso-dietro; in pratica, poiché è lontano dal piano mediano, ha una componente di espan-
sione laterale, quindi va anche fuori (perché la falce diminuisce il diametro antero-post).
- le apofisi giugulari sono davanti all’asse e hanno una direzione obliqua in alto-avanti-fuori
- le membrane diminuiscono il diametro ant-post, diminuiscono quello verticale e aumentano quello tras-
versale (soprattutto il tentorio).

Nel tempo di E del cranio:


- l’apofisi basilare si adatta in basso-dietro
- lambda va in alto-avanti
- asterion va in alto-avanti
- le apofisi giugulari sono davanti all’asse e hanno una direzione obliqua in basso-dietro-dentro
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- le membrane aumentano il diametro antero post, aumentano quello verticale e diminuiscono quello tras-
versale.

Abbiamo detto che l’occipite si adatta secondo un asse trasversale-orizzontale mentre il temporale ha due
assi.
Perché?
Quando l’occipite fa la F, il sacro fa anche una F (le emibasi si adattano in alto-dietro e l’apice in alto-avanti).
Quando il sacro fa la F, l’iliaco va in basso-avanti-fuori oppure RE (ricordate che il sacro anatomicamente è
più largo avanti che dietro e questo giustifica il movimento dell’iliaco in basso-avanti-fuori). Attenzione! Non
si parla di conversione ant dell’iliaco, perché non stiamo parlando dei movimenti dell’iliaco rispetto al sacro
secondo l’asse ATM, ma dei movimenti dell’occipite e degli adattamenti delle ossa vicine.
La sfera post del cranio e la zona pelvica hanno una mobilità identica:
occipite in F, temporale in RE
sacro in F, iliaco in RE
Questo è logico altrimenti non potremmo collegare occipite e sacro.
Si parla di F quando c’è un adattamento su 1 piano dello spazio e di RE quando c’è un adattamento su 3
piani dello spazio.
Il temporale si adatta su due assi:
- uno è ant-post e va dal punto perno CSM a SS (sfeno-squamoso - tra la grande ala e la squama - dove nella
parte sup_verticale_ il temporale copre e in quella sotto_orizzontale_ lo sfenoide); attorno a questo asse si
dice che le parti del temporale che sono sopra l’asse si allontanano e le parti sotto si avvicinano. Audouard
non vuole sentire parlare di RE né di Abd
- il secondo asse va dall’incisura parietale (dove c’è un cambio di smusso) all’apice della rocca, dove c’è il
leg di Grüber
La mobilità del temporale deriva dalla combinazione dei due assi.
La parte meno mobile del temporale è il punto d’incrocio dei due assi (la sua proiezione), dove si trovano
i canali semicircolari, che sono responsabili dell’equilibrio ed è quindi perfetto che si trovino in un punto
meno mobile.

Fattori di mobilità
Tutte le membrane di tensione reciproca. Se un occipite non funziona bene si deve testare il motore, ossia le
membrane.

Fattori di restrizione di mobilità


Sono locali e a distanza.

Fattori locali: - temporale (e mandibola, per es. tutti i problemi di occlusione), parietale, sfenoide.

Fattori a distanza:
- sacro,
- C3 C2 C1 (perché si considera sempre una vertebra rispetto all’altra),
- Asse Aponevrotico Centrale (collega l’apofisi basilare al centro frenico, vale a dire sistema sospensorio della
cupola del diaframma, pericardio, legam vertebro-sterno-pericardici),
dall’AAC collegamento con
- a. la parte viscerale-toracica (legamenti vertebro e sterno-pericardici)
- b. la parte viscerale-addominale (tramite il diaframma)
- stretto toracico sup o massiccio scapolare tramite il m. SCOM (SternoCleidOccipitoMastoideo)
- la facoltà visiva (i muscoli sottoccipitali che collegano l’occipite e C1 C2)
La finalità della funzione visiva è la messa a fuoco. Se la persona non riesce a mettere a fuoco i piccoli
muscoli della nuca adattano l’occipite un pò più avanti o indietro al fine di migliorare la messa a fuoco.
Quando trovo una disfunzione di occipite devo pensare a tutte queste cose. Non serve conoscere le tec-
niche sull’occipite se non si allarga lo sguardo a tutto il resto.

Interessi dell’osso
20
- di tipo membranoso (imparerete delle tecniche sulle membrane)
- di tipo venoso, perché le membrane si sdoppiano e formano i seni venosi; da ricordare che il 90% del
sangue del cranio si drena a livello del foro giugulare
- di tipo nervoso, nel foro giugulare* passano i seguen-
ti nervi: IX, X e XI.
IX + X responsabili della deglutizione,
X > ���������������������������������������������������
�������������������������������������������������
responsabile, al di l����������������������������
à ��������������������������
delle funzioni cardio�����
-����
pol-
monari, di tutta la motricit�������������������������������
à �����������������������������
viscerale (stomaco, cistifel-
lea...quindi se un Pz ha un problema a livello viscerale
bisogna aprire il foro giugulare: si aggancia la mastoide
e la si porta verso fuori e si mette l’altra mano sull’occi-
pite),
XI > responsabile dell’innervazione dei mm. TRAPEZIO
SUP e SCOM; pensate al torcicollo miogeno);
- di tipo muscolare sul cingolo scapolare, le vertebre
cervicali e dorsali tramite il trapezio. IX Glossofaringeo
XII Ipoglosso
Tutti i fori del cranio hanno una dinamica d’apertura X Vago
maggiore nel tempo di flessione, tranne il foro giu- XI Accessorio
gulare che ce l’ha nel tempo di E. Il sangue venoso si spinale
drena dal davanti verso dietro. Nel tempo di F il seno
cavernoso (che è davanti al foro giugulare) si riempie
di sangue venoso, mentre nel tempo di E si svuota e
dietro ad esso si apre il foro giugulare.
Alcune donne durante il ciclo sentono una congestione intracranica, perch�������������������������������
é magari c’è un drenaggio veno-
so difficile a livello del cranio, altri invece soffrono di cefalee tensive.

21
denti
foro incisivo
osso mascellare
sut palatina mediana
sut palatina trasversa
fessura orbitaria inf

osso palatino osso zigomatico


foro palatino maggiore
foro palatino minore osso frontale
cornetto nasale inf o coana proc pterigoideo-
lamina lat
proc pterig.-lamina med osso sfenoide
vomere osso temporale
processo zigomatico
foro rotondo fossa mandibolare
foro spinoso
foro lacero osso temporale
parte squamosa
canale carotideo condotto uditivo est
foro giugulare osso temporale
foro stilomastoideo parte timpanica
condilo occipitale
osso temporale
parte petrosa
canale condiloideo
forame
magno
forame tubercolo faringeo
mastoideo sutura
osso occipitomastoidea
occipitale
linea nucale osso parietale
inferiore
linea nucale
superiore
protuberanza
occipitale esterna

Come fare un Test di mobilità sulle ossa del cranio

Dopo aver reperito correttamente l’osso, posizionato bene il Pz e noi stessi. Iniziamo un test sul cranio:

Prima di tutto dobbiamo entrare in ascolto. Noi per ogni osso conosciamo degli assi di mobilità sui quali
avviene la plasticità ma non sappiamo in che modo la fisiologia di quel dato paziente permetta gli adatta-
menti plastici. Ogni persona ha delle sfumature anatomiche e fisiologiche individuali. In più l’ascolto ci per-
mette di conoscere i tempi di induzione del test. Quindi mi metto in ascolto e percepisco il ritmo, l’ampiezza,
la forza che ci daranno poi delle informazioni.

Dopo di che, in un tempo di flessione, indurrò una flessione, percependo come e quanto l’osso si fa
trasportare in flessione. Faccio esattamente la stessa cosa nel tempo di estensione. Quando indurre, quanto
indurre e in che direzione indurre sono informazioni che ci da l’ascolto non possiamo avere dei parametri
precisi. Posso indurre sia verso la fine della flessione sia verso metà quando sento che l’osso fa fatica ad an-
dare avanti. Confronterò quindi i due parametri percepiti (flessione-estensione) e denominerò la lesione nel
senso della maggiore ampiezza.

22
mm. masticatori
(V3 n. mandibolare)

m. massetere
M
m. pterigoideo int

m. pterigoideo est

m. temporale mm. del pa-


lato molle e
faringe (IX e X)

mm. estrinseci
T Pe Pi m. tensore
del palato
della lingua m. elevatore
(XII n. ipo-
glosso) Tp del palato
L m. stilofa-
ringeo
m. stiloglosso
Ra Ep
m. stiloioideo mm. prever-
tebrali (rr.
m. digastrico ant dei nn.
(ventre post) cervicali o pl.
cervicale)
mm. delle doc-
ce vertebrali m. retto lat
(rr. post nn.
cervicali) Os della testa
m. lungo
m. splenio della testa
della testa
m. lunghissimo Gr m. retto ant
della testa
della testa Pr
m. obliquo sup
della testa
mm. che ruotano
m. grande retto e sollevano la te-
post della testa sta (XI n. access.)
Ss
m. piccolo retto
post della testa m. scom
m. semispinale
della testa m. trapezio

Le tecniche di riduzione

Sui neonati usiamo sempre delle tecniche strutturali dirette, facciamo un modellaggio. Di fatto lo portiamo
noi dove vogliamo.

Nell’adulto faremo invece delle tecniche funzionali (In ascolto del ritmo cranio-sacrale), ovvero di aggrava-
mento della lesione.
Supponiamo di avere un occipite in disfunzione di flessione: per ridurlo porterò il mio occipite sempre più in
flessione su più momenti di flessione (del ritmo) e manterrò in flessione quando ci sarà la fase di estensione.
Fino a quando lo porto in flessione? Fino a quando:
– O sento “silenzio”: il mio occipite si ferma, sta lì, percepisco di essere arrivato.
– Oppure quando sento un energia molto forte che vuole “tornare”: un qualcosa che mi spinge le mani nel
ritornare in estensione. Quando sento questo, su più tempi di estensione, accompagno, correggo, l’occipite
23
verso l’estensione fino a quando non arrivo a un nuovo punto di fermo.

Terminata la tecnica di riduzione, devo eseguire un nuovo ascolto e fare nuovamente un test di mobilità.

La posizione corretta dell’osteopata


Le gambe sono appoggiate bene a terra per scaricare in maniera ottimale le forze
Gli avambracci sono rilassati e appoggiati sul lettino, quindi bisogna creare lo spazio facendo spostare
magari il paziente verso il basso del lettino. Gli avambracci devono essere rilassati per annullare le tensioni
muscolari che possono impedire la percezione.
Deve rispettare il posizionamento fisiologico del Pz, per non indurre una qualche messa in tensione.

PRESE SULLA VOLTA E SULL’OCCIPITE

Presa tramite la volta

1° presa della volta


indice contatta pterion (punto zona sfenoide, temporale, frontale e parietale)
medio tocca la squama del temporale davanti al condotto uditivo esterno
anulare dietro al condotto uditivo esterno
mignolo dietro asterion, per essere sull’occipite (asterion è il punto craniometrico dove s’incontrano pari-
etale, temporale e occipite)
pollice ai lati di bregma ma non in appoggio (non mi posiziono mai direttamente sulla sutura)

2°presa della volta


posizione delle dita è uguale ma è più avvolgente e i pollici sono appoggiati su bregma.
- Ad un tempo di flessione corrisponde una rotazione esterna e vi è un aumento del diametro trasversale, e
una diminuzione del diametro verticale e antero-posteriore.
-Ad un tempo di estensione corrisponde una rotazione interna dove c’è un aumento del diametro antero-
posteriore e verticale e una diminuzione del diametro trasversale.

presa tramite la volta presa sfeno-occipitale presa laterale

24
OCCIPITE

1°presa dell’occipite
Mani a coppa con il pollice accostato
al resto della mano (se deborda sulla
mastoide devo saperlo), le mani avvol-
gono l’occipite e con i polpastrelli devo
sentire il bordo inferiore dell’occipite

2°presa dell’occipite
Mani sovrapposte con i pollici verso le
mastoidi

Asse di mobilità
Asse trasverso orizzontale. Parte dal
punto CSM (Condilo Squamo Mas-
toideo) di destra al CSM di sinistra. Su
quest’asse l’occipite effettua un movi-
mento di flesso-estensione.

Audouard ci consiglia di riflettere su:


- che cosa significa un calcagno
- che cosa significa uno scafoide, lo scafoide in relazione al cuboide e in relazione con i tre cuneiformi
- che cosa significa un occipite, perché si muove, perché si muove troppo o troppo poco...
- per capire il cranio bisogna saper giustificare tutto

Pecorelli

Posizionamento - Forma - Movimento - Test - Correzione

L’approccio pratico ad una struttura in ambito cranio-sacrale, che si tratti di un singolo osso o del volume
sacrale, prevederà sempre una sequenza di “comportamento”
Posizionamento
la posizione del terapeuta, in relazione con il paz, deve essere corretta per quella determinata tecnica
Presa di contatto
È il contatto che si esegue in quella data struttura per eseguire quella specifica tecnica
Richiede conoscenza della tecnica e dell’anatomia palpatoria
Forma
È la determinazione della condizione morfologica della struttura che sarà oggetto d’esame.
Consistenza tissutale
È la consistenza della struttura in esame in tutte le sue porzioni
Movimento presente
È l’ascolto della fisiologica altenanza di flesso estensione in quella struttura.
Test di mobilità
E’ l’induzione di una forza supplementare all’interno del movimento fisiologico, serve a stabilire la presenza
di disfunzioni
Correzione cranio sacrale
Sono le tecniche atte a ripristinare la corretta fisiologia cranio

25
sut. coronale sut. squamosa
parietale
parietale
sut. sfeno-
parietale
sut. sfeno-
frontale
sut. sfeno-
squamosa
foro sovra-
orbitario
grande ala
dello sfenoide
etmoide
lacrimale
nasale

foro infra-
orbitario

mascellare
sut. lambdatica
occipite

processo processo squama


stiloideo mastoideo del temp.
del temp. del temp.
meato
mandibola acustico est
arcata
zigomatica
zigomatico
foro mentale

sem 4 Pecorelli

PARIETALE. Anatomia
Ha una forma piuttosto regolare, quadrangolare.
A livello anatomico comprende 2 facce (faccia esocranica ed endocranica) e 4 bordi (superiore, anteriore,
inferiore e posteriore).

Faccia esocranica
Si trovano: la bozza parietale (al suo apice c’è un punto craniometrico, Euryon) e le linee curve temporali
(sup e inf )
Linea curva sup: inserzione dell’aponeurosi temporale
Linea curva inf: inserz del m. temporale, che si placca contro la parte inf della faccia esocranica del parietale
(può essere interessante in presenza di spasmi del muscolo temporale fare delle riflessioni sul parietale)

26
sut sagittale

forame parietale
inserzione dell’aponeurosi
linea temporale sup Euryon temporale

sut coronale
sut lambdatica
Stephanion
linea temporale inf inserzione del temporale

sut parieto-squamosa
sut parieto-mastoidea
faccia esocranica

Faccia endocranica
È concava. Vi trovo:
- i solchi dei vasi meningei, che si raccolgono (davanti) nel seno di Brechet, che raccoglie sangue venoso
della parte antero-lat del cranio (per- fossetta granulare
corso: sutura della grande ala con il granulazioni aracnoidali invaginazioni dell’aracnoide
parietale, bordo post della piccola ala, sdoppiamento della falce
seno di Brechet, seno cavernoso a livello
dello sfenoide e, dietro, il foro giugulare)
- l’impronta del seno longitudinale sup
- granulazioni aracnoidali (simili a
forellini) o di Pacchioni; si trovano
sia all’interno che all’esterno del seno
sagittale. A livello delle granulazioni
l’aracnoide s’invagina nell’osso, vi-
cino al seno longitudinale sup, e
l’invaginazione porta il liquor all’interno
della circolazione venosa, così da essere
riassorbito da essa.
- a livello di asterion (dietro) c’è
l’impronta di un pezzettino del seno
sigmoideo

27
seno longitudinale sup e in-
serzione della falce cerebrale

forame parietale

solchi/impronte
seno di Brechet dei vasi meningei

inizio del seno sigmoideo

DAVANTI DIETRO
faccia endocranica di un parietale dx

seno
sagittale
dura madre encefalica, sup v. emissaria aponeurosi
foglietto endosteo epicranica
vv. della
cute della
testa
cute
della testa gran. di
Pacchioni
lamina est
diploe
vv. diploiche
lamina int
granulazioni di B
Pacchioni (villi
aracnoidali) setti
aracnoidei

dura madre encefalica, endotelio


foglietto meningeo falce del cervello vena a ponte vv. cerebrali sup
del seno

28
“tight spazio subaracnoideo
junctions” con liquor

dura madre
pia madre = la pelle del tessuto nervoso
cellule Non si conosce il perché delle granulazioni os-
aracnoidali see, pari a dei forellini.
aracnoide Il riassorbimento liquorale avviene prevalente-
mente (ma non solo) a livello del seno longitudi-
setti nale sup.
aracnoidei Una parte del drenaggio del liquor avviene a
livello extracranico, in sede tissutale periferica,
v. cerebrale sup. fuori dal canale vertebrale e dalla scatola cranica
e questo è un elemento di base del concetto
a. cerebrale cranio-sacrale.

pia madre

B corteccia
cerebrale

membrana gliale membrana


limitante costituta basale
da astrociti

Bordo superiore
Forma con l’altro bordo sup la sut inter-
parietale o longitudinale sup. È una
sutura dentellata, a incastro, più davanti STEPHANION
che dietro. I parietali nel tempo di RE si
à
abbassano e si allargano (davanti) e si bilit
aprono da obelion in poi (dietro). di mo
”PECORELION” asse
Bordo anteriore
È la sut coronale, squamosa (perché ha
dei tavolati) dentellata (perché ha delle
dentellature). Va da bregma a pterion
passando per stephanion.
Da bregma al punto di inversione
(stephanion) c’è un tav esterno. Da
stephanion a pterion c’è un tav int

Bordo posteriore
È la su lambdatica, squamosa dentel-
lata. Ha gli stessi tavolati della sutura
coronale. Unendo Stephanion con il
punto d’inversione post ”Pecorelion” si
forma l’asse di mobilità del parietale.
Ricordate che si parla sempre di un modello. Se ci fosse solo quest’asse non potremmo parlare, nel tempo di
RE, di abbassamento del parietale. Quindi si deve pensare ad un asse di mobilità più articolato.
Da lambda al punto d’ inversione c’è un tav est. Dal punto di inversione (pecorelion) ad asterion c’è un tav int

29
Bordo inferiore
Posteriormente
- sut parieto-mastoidea, è a tav relativamente est tranne un piccolo punto a tav int (= incisura parietale)
- sut parieto-squamosa (con la squama del temporale), è una sutura puramente squamosa a tav est, dove
il temporale ricopre il parietale
Anteriormente
- sut parieto-sfenoidale, in cui la grande ala dello sfenoide ricopre il parietale, che ha un tav esterno. È una
sutura squamosa senza dentellatura.

L’osso parietale entra nella costituzione della fossa temporale (= la zona lat del cranio, che è ricoperta dal
m. temporale - parte più interna - e dalla sua aponeurosi - parte più alta -) e a livello cranio-sacrale fa parte
della sfera post.

La fossa temporale comprende:


- una parte della porzione squamosa del frontale
- una parte della faccia esocranica del parietale
- la faccia esocranica della porzione squamosa del temporale
- la faccia esocranica della grande ala dello sfenoide
In più l’aponeurosi del m. temporale s’inserisce lungo il bordo dello zigomatico, dell’apofisi zigomatica del
temporale e risale verso le linee curve.

Audouard
Parietale. FISIOLOGIA
È un osso della sfera post. Questo significa che, se c’è una disfunzione del parietale, bisogna prima di tutto
guardare l’occipite.
L’asse di mobilità è ant-post e va da stephanion (sut coronale) a “pecorelion” (sut lambdatica). La presenza di
quest’asse è giustificata dal fatto che nel tempo di F, attorno a questo asse, la sutura interparietale si abbassa
(perché la falce la tira verso il basso, perciò diminuisce il diametro verticale).
L’ang ant-inf del parietale è in relazione con la porzione sup della grande ala: si adatta in basso-avanti-fuori
(la sutura è obliqua e per questo l’ang si adatta in 3 direzioni dello spazio).
Il bordo inf del parietale si articola con la squama del temporale: va in basso fuori
L’ang post-inf è in relazione con la porzione mastoidea del temporale: si adatta in basso-avanti-fuori.
Significa che nella fase di RE del parietale (o di F del cranio) il parietale aiuta la RE del temporale.

Becchi di flauto
La sutura interparietale è dentellata perché la falce del cervello s’inserisce su di essa e quindi l’unica possibil-
ità dinamica che permetta un movimento verso il basso è la dentellatura.
Se si abbassa la parte ant, la parte post si apre a livello di obelion (=punto di apertura del parietale nella F)
A livello della sut. coronale
> la metà int del parietale, da bregma a stephanion, ha un becco a tavolato est (pensate che bregma si ab-
bassa e indietreggia) ed è ricoperto dal frontale; in questo modo il parietale può indietreggiare.
> la metà esterna del parietale, da stephanion a pterion (alla fine della s. coronale), ha un cambio di smusso,
quindi un becco a un tav int. Tra i due tavolati c’è un punto perno, ossia un punto d’asse sia per il parietale
che per il frontale.
A livello dell’ang ant-inf ho la sut sfeno-parietale, a tav est> lo sfenoide ricopre il parietale e in questo
modo quando l’angolo ant-inf si adatta in basso-avanti-fuori e aiuta il movim della grande ala in fuori
Il bordo inf del parietale ha un becco a tav est
L’ang post-inf, in relaz con l’apofisi mastoidea, ha un becco a tav est e quindi quando l’angolo post-inf si
adatta in basso-avanti-fuori aiuta l’apofisi mastoidea del temporale ad andare in basso-avanti-fuori,
Da lambda a “pecorelion” c’è un becco a tav est in cui l’occipite ricopre.
Da “pecorelion” ad asterion abbiamo un tav int
Tempo di F della sfera post
- le 2 apofisi giugulari dell’occipite spingono in alto-avanti-fuori; esse spingono sotto la parte inf della rocca
petrosa.
30
- la rocca petrosa del temporale va in alto-avanti-fuori (=RE); questa RE è aiutata dal bordo inf del parietale e
dall’amgolo post-inf del parietale

La finalità del cranio è l’alternanza di F e E.


Nella F le 2 sfere invertono le loro rotazioni.

Esempio. In un test del cranio si controlla che ci sia una buona alternanza di F ed E; se c’è una disfunzione si
fanno le correzioni in periferia al fine di avere una buona risultante a livello del cranio; se, dopo le correzioni,
si trova sul cranio la stessa disfunzione, bisogna pensare:
- c’è stato uno sbaglio
- siccome il parietale è in contatto con la sfera post e con quella ant, potrebbe essere il responsabile del
mantenimento della disfunzione.

Il parietale è in relazione con la sfera post e ant e può essere all’origine del mantenimento di una disfunzione
della base. Anche la s. coronale e la s. temporo-zigomatica possono mantenere la disfunzione del parietale.
Quindi ci sono 3 zone, al di là delle suture direttrici, che possono mantenere una disfunzione a livello della
SSB (sincondrosi sfeno-basilare)

Interessi del parietale


- è un osso di protezione (spesso i ba cascano sulla testa ed il parietale si può fratturare, perché si adatta
poco)
- membranoso
- venoso (seno longitudinale sup)*
- venoso specifico** (seno laterale)
- crescita
- muscolare***

*Un drenaggio venoso del cranio comincia dalla zona prossimale al cuore e va verso la periferia (osso fron-
tale). Bisogna liberare prima la zona del cuore e poi passare in perifera. Passaggi:
- drenaggio dello stretto sup toracico
- foro giugulare (passa la vena giugulare)
- seni sigmoidei (occipite)
- seno longitudinale (parietale)
** a livello di asterion (incontro di 3 ossa: occipite, temporale, parietale) c’è il passaggio del seno laterale.
Esso va dalla squama dell’occipite all’angolo post-lat del parietale. La dinamica delle 3 ossa influenza il
drenaggio del seno lat. Nel tempo di F su asterion si sente globalmente l’espansione (= RE).
***Il m. temporale collega il parietale fino alla mandibola. Lo spasmo di questo muscolo può creare una dis-
funzione di RI (ossia di maggiore mobilità in RI, perché la RE è bloccata, ossia l’ang. ant-inf del parietale non
va in avanti-basso-fuori)

Presa e ascolto
1°presa del parietale (l’osso è sempre più dietro di quanto
noi di solito pensiamo)
Indice: dietro pterion
Le altre dita: sul lato parietale della sut. parieto-squamosa,
non vicino all’orecchio altrimenti si deborda sul temporale
(ossia tutte le altre dita sono sulla squama del parietale).
Mignolo: davanti all’occipite (davanti Asterion)
Pollici: incrociati dietro bregma o paralleli tra loro (poggiati o
non poggiati è uguale)

31
2°presa del parietale
stessi punti della prima presa ma la zona dell’ articolazione inter-
falangea (dato che al livello articolare c’è molta sensibilità perché
ci sono molte terminazioni) la metto a contatto con il parietale e il
resto deborda.
I pollici sempre dietro a bregma (dietro la sutura coronale).

Asse di mobilità
STEPHANION È antero-posteriore, obliquo in basso-dietro, va da
Stephanion al cambio di smusso (“Pecorelion”) che
à
”PECORELION” obilit si trova al livello della sut lambdatica. Effettuano un
e di m movimento di RI e RE.
as s
Nel tempo di F (o RE)
- la sutura intersagittale si abbassa
- gli angoli ant-inf e post-inf vanno basso-avanti-fuori

Nel tempo di E (o RI)


- la sutura intersagittale si rialza
- gli angoli ant-inf e post-inf vanno altro-dietro-dentro

presa corretta presa errata

32
sem 5 Pecorelli

FRONTALE. Anatomia
È l’osso più importante del massiccio facciale. Entra nella costituzione di:
- massiccio facciale
- fosse nasali
- orbita
- fossa temporale
- base del cranio (la fossa cranica ant è formata anche dalla porzione orbitaria del frontale)
- volta del cranio (la porzione squamosa del frontale)

Presenta una porzione squamosa e una orbitaria.


Porzione squamosa: faccia esocranica e faccia endocranica
Porzione orbitaria: faccia esocranica (= il soffitto dell’orbita) e faccia endocranica (= la parte ant della base
del cranio)

Porzione squamosa. Faccia esocranica


- bozze frontali (possono essere più o meno prominenti; dipende dalla costituzione genetica, poi dalla con-
dizione morfologica individuale, per es. ce ne può essere una più prominente dell’altra, oppure possono es-
serlo entrambe ed una delle due più dell’altra. Le bozze frontali sono la memoria dei nuclei di ossificazione
del frontale)
- pilastri orbitari esterni (in relazione con l’osso zigomatico)
- pilastri orbitari interni (in relazione con le ossa nasali e l’osso mascellare)
- arcate sopraciliari (sono più o meno prominenti a seconda della morfologia del cranio; esse finiscono
all’esterno sul processo orbitario est e all’interno sul processo orbitario int)
- in basso c’è il margine sovraorbitario (che viene descritto nel paragrafo “bordi”, perché è il bordo che de-
limita la porzione squamosa da quella orbitaria)
- medialmente c’è la sutura metopica (che unisce le due porzioni del frontali; i frontali alla nascita sono 2 per
consentire un miglior adattamento al trauma della nascita); nel 10% dei soggetti è presente tutta la vita, nel
rimanente 90% si ossifica; la sutura metopica va da nasion a bregma
- la sutura coronale (da bregma a pterion)

Faccia endocranica
- inserzione della falce (sul davanti c’è una cresta e poi piano piano diventa un solco, perché la falce si sdop-
pia per contenere più sangue venoso)
- fossette granulari aracnoidali
- solchi dei vasi meningei
- in basso si arriva fino al foro cieco (?)

33
incisura frontale
foro sovraorbitario
foro etmoidale post
osso frontale,
superficie orbitaria
foro etmoidale ant

foro foro ottico


zigomatico-orbitario
osso nasale
fessura orbitaria sup
osso mascellare,
processo frontale
osso zigomatico
osso lacrimale
fessura orbitaria inf
osso etmoide,
lamina papiracea
solco infraorbitario

osso mascellare,
faccia orbitaria foro infraorbitario
Porzione orbitaria. Faccia inferiore (esocranica)
- escavazione centrale (= incisura etmoidale del frontale)
- pilastri orbitari esterni
- lateralm alloggia, nella parte sup-est, la ghiandola lacrimale
- lateralmente si trova la sut sfeno frontale, che è una sutura direttrice, con una superficie triangolare.

La porzione orbitaria è la parte orizzontale dell’osso frontale o faccia inferiore (= il soffitto dell’orbita ossea).

processo orbitale int foro sopraorbitario


processo orbitale est
spina trocleare
tetto dell’orbita
fossetta lacrimale

1/2 cellule del frontale


incisura etmoidale

La faccetta orbitale è concava in generale e verso il pilastro orbitario esterno la concavità è ancora più mar-
cata e prende il nome di fossetta lacrimale, perché contiene le ghiandole lacrimali.
Più medialmente c’è una spina trocleare, che è l’attacco di un’aponeurosi a forma di anello, la troclea fib-
rosa. Al suo interno passa il tendine e il m. obliquo superiore, un muscolo estrinseco dell’occhio.
La muscolatura estrinseca dell’occhio permette al globo oculare di fare movimenti in alto, in basso, a dx e a
sin e le rotazioni. La muscolatura intrinseca è interna all’occhio e agisce sulla pupilla dilatandola o stringen-
dola (mm. dilatatori e costrittori della pupilla).

34
Nella troclea passa il m.
obliquo sup. (la troclea fa
troclea del m. obliquo sup cambiare angolo al tendine).
Quasi tutti i tendini dei
m. retto med.
m. obliquo inf. mm. oculomotori estrinseci
m. retto inf. s’inseriscono su un anello
m. retto sup. tendineo comune o tendine
m. obliquo sup. di Zinn, che si trova a livello
m. elevatore della palpebra sup. m. retto lat. dello sfenoide.
anello tendineo comune
Faccia endocranica
Dentro la porzione orbitaria, dai 4 ai 6 anni di vita, sono presenti i seni frontali (pensate alla sinusite fron-
tale), che si drenano nelle fosse nasali. I seni paranasali sono delle cavità rivestite di mucosa, che esigono un
drenaggio. Dai seni frontali, mascellari e etmoidali partono dei canalicoli che vanno verso le fosse nasali (la
sinusite è l’infiammazione di un seno paranasale: frontale, mascellare o etmoidale; se non c’è secrezione non
c’è sinusite ma solo un dolore che non è però causato da un’infiammazione).

Faccia endocranica della porzione orbitaria


Si evidenziano i rilievi ondulati, che sono l’impronta dei lobi cerebrali frontali sopraorbitari.

osso frontale, osso lacrimale


superficie orbitaria

osso mascellare,
processo frontale
foro etmoidale ant

cresta lacrimale post


foro etmoidale post (osso lacrimale)

cresta lacrimale ant


(osso mascellare)

fessura orbitaria sup fossa del sacco


lacrimale (con
apertura del dotto
naso lacrimale)
foro rotondo

osso mascellare,
fessura orbitaria inf faccia orbitaria
canale infraorbitario
fossa pterigopalatina hiatus del seno seno foro infraorbitario
mascellare mascellare

Bordo o margine ANTERIORE del frontale


Divide ant la porzione squamosa da quella orbitaria. Medialmente trovo la spina nasale del frontale. Da-
vanti ad essa c’è l’osso nasale. Lateralmente alla spina nasale trovo il pilastro orbitario int, che forma una
sutura con le seguenti ossa: con il bordo sup delle ossa nasali e bordo sup della branca ascendente del mas-
cellare. Poi c’è un margine sopraorbitario, che è il perimetro sup dell’orbita ossea. Nel 3° interno del margine
sopraorbitario c’è il foro sopraorbitario, che è l’emergenza di un ramo (il ramo sopraorbitario) del V1 (I
branca del n. trigemino).

35
m. retto
anello tendineo mediale m. obliquo sup
comune (di Zinn) m. elevatore della
palpebra sup m. retto sup
n. oculomotore
comune
m. retto lat
n. trocleare

a. carotide int m. obliquo


inf
n. abducente
m. retto inf
fessura
orbitaria sup fessura
orbitaria inf

clivo osso seno


dell’occipitale sfenoide mascellare

Il bordo ant raggiunge late-


ralm i pilastri orbitali esterni,
che sono in relazione ossea osso frontale,
con l’osso zigomatico, tramite superficie orbitaria
seno frontale
la sutura fronto-zigomatica (lo
zigomatico ricopre il frontale). fessura orbitaria sup

Bordo o margine osso zigomatico, osso sfenoide,


SUPERIORE del frontale faccia orbitaria piccola ala
È la sutura coronale. Parte da
bregma e arriva a pterion. foro osso sfenoide,
zigomaticoorbitario grande ala
Parte alta a tavolato int, parte
bassa a tavolato est, punto osso mascellare,
d’inversione Stephanion. Il faccia orbitaria
bordo sup divide la faccia eso-
cranica dalla faccia endocrani- canale infraorbitario
ca della porzione squamosa.
fessura orbitaria inf seno mascellare
Bordo o margine
POSTERIORE del frontale
Divide la faccia inf o orbitale
osso palatino,
(orizzontale) dalla faccia sup o processo piramidale
endocranica. Al centro pre-
senta l’incisura etmoidale,
dove s’incastra l’etmoide.
Attenzione! L’etmoide s’incastra soltanto nei 2/3 post, mentre davanti s’incastra il lacrimale. Infatti la parte
ant dell’incisura etmoidale è in relazione con il lacrimale. La parte post della porzione orbitaria del frontale è
in relazione con lo sfenoide (in particolare con il bordo ant della piccola ala). È una sutura con uno smusso
inf nella parte interna e un tavolato sup nella parte esterna (si chiama sutura del bordo orbitario post).
Perché c’è bisogno di un punto perno proprio qui? Ricapitolando: su ogni emifrontale ci sono due punti
d’inversione: uno sulla sut coronale, stephanion, e l’altro sulla sutura del bordo orbitario post che abbiamo
appena visto (Maurice lo chiama pecorelion). Grazie a questo succede che durante un movimento di F e RE
un emifrontale è autonomo rispetto all’altro (questo perché la falce tira in permanenza e l’osso ������������
plas-
ticamente si adatta). La sinostosi metopica tra i due frontali non contraddice questo ragionamento. Infatti
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anche in presenza di una sinostosi si estrinseca il movimento, certamente si tratta di una mobilità limitata
ma tuttavia presente. Sull’osso si estrinseca l’ultima manifestazione (quindi periferica) del meccanismo non
l’unica. Il movimento dei due emifrontali è paraorizzontale.
Quando si fa la pratica sui frontali si sente che agiscono come se fossero due.
Sul bordo posteriore s’incontra lateralmente la sutura sfeno frontale, che ha una forma a L, con un lungo e
corto braccio.

impronte vascolari granulazioni aracnoidee


solco sagittale
fossa frontale
cresta frontale
lamina orbitaria
sutura fronto sutura sfeno
zigomatica frontale a L
foro cieco sutura sfeno frontale
incisura etmoidale piccola ala
spina nasale

sutura fronto zigomatica


bregma
bordo sup
(sutura coronale)
osso nasale
stephanion

margine sopraorbitario
o lamina orbitaria
pilastro orbitale est
spina nasale

PRATICA
L’appoggio delle mani sul cranio è di 5 g oppure immaginate un appoggio con l’intenzione di toglierle.

Preliminari della palpazione


Pz supino. L’Osteopata chiede al Pz di piegare le gambe, sollevare il bacino, riabbassarlo e riallungare le
gambe. Chiede poi di alzare il capo e di riadagiarlo sulle sue mani, lasciandolo come di presenta.

Palpazione
Valutazione della consistenza tissutale tramite una pressione, per percepire se ci sono dei punti di densità
ossea

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PRESE
Presa sul frontale a 3 dita
Indici sulla glabella
Medi dietro i pilastri orbitari est
anulari e mignoli si accodano
pollici davanti a bregma, per essere sicuri di essere sul frontale e
non sul parietale

Induzione del movimento


Si può farlo con 1,2 o tutte e tre le dita (indici, medi e pollici),
dipende dalle capacità personali e dall’ascolto.
Da ricordare:
- la glabella va dietro-basso (Audouard dice “un poco in alto”!)
posizione dell’Osteopata

presa corretta presa errata


Presa sul frontale a 4 dita
Indici sulla glabella
Medi a livello mediale dell’orbita ossea
Anulari sul pilastro orbitario est
Mignoli di supporto
pollici davanti a bregma, per essere sicuri di essere sul frontale e non sul parietale
le mani si appoggiano avvolgendo il frontale

Valutazione della forma dei due emifrontali (= valutazione del terreno di partenza)
- se uno è più aperto o chiuso dell’altro
- se uno è più avanti o indietro dell’altro
- se uno è più alto o basso dell’altro
- se sono tutti e due molto chiusi o molto aperti
NB. Non tutti i frontali sono uguali!

Ascolto
Percezione dell’alternanza fisiologica di RI e RE (perché sono 2 emifrontali e non un osso unico) relativa-
mente al modello:
in F si ha una diminuzione del diametro antero-post e verticale e un aumento trasversale, quindi i due emi-
frontali fanno una RE
in E i due emifrontali fanno una RI

Pur avendo in mente il modelllo, ci si concentra sul movimento individuale del frontale del Pz.
38
Audouard
FRONTALE. Fisiologia
Caratteristiche principali dell’osso frontale:
- fa parte della sfera ant; questo significa che in presenza di una disfunzione del frontale dobbiamo control-
lare prima lo sfenoide, che è l’osso principale della sfera ant
- è l’osso pricipale del massiccio facciale; tutto il massiccio facciale è incastrato - come un paracadute - sotto
il frontale, quindi il frontale ne condiziona il movimento (in presenza di una disfunzione di un osso del mas-
siccio facciale bisogna controllare il facciale)
- in fisiologia il frontale è considerato
come un osso pari (due emifrontali), per-
ché sulla sua parte mediana si inserisce STEPHANION STEPHANION
la falce del cervello (la plasticità ossea
dipende dall’azione delle membrane) e
questo giustifica, dal punto di vista ana-
tomico, la presenza della sutura metopica
- poiché è un osso pari ci sono 2 assi:
uno a dx e uno a sin. L’asse di mobilità va
da stephanion (punto d’asse anche per
il parietale) fino al punto perno dove c’è
il cambio di smusso sul bordo post della
porzione orbitaria (in relazione con il
bordo ant delle piccole ali dello sfenoide).
L’asse di mobilità è obliquo orientato in
basso-avanti-dentro.
Il motore della mobilità è essenzialmente Punto perno sul Punto perno sul
la falce ved. dopo “Fattori di mobilità”). BORDO ORBITARIO BORDO ORBITARIO
POST POST
Nel tempo di F del cranio
- la glabella va alto-dietro (per la diminuzione dell’asse ant-post)
- bregma si adatta in basso (per la diminuzione dell’asse verticale) -dietro
- pilastro orbitale esterno del frontale va in basso-avanti-fuori
- bordo orbitario va dietro (perché la glabella indietreggia), entra in relaz con
il bordo ant delle piccole ali dello sfenoide (che nella F avanzano, come le
grandi ali che vanno basso*-avanti-fuori), c’è un aggancio meccanico (per un
tratto le ali sono ricoperte e per il rimanente ricoprono) tra il bordo orbitario e
le piccole ali e l’opposizione di queste due ossa si traduce in una componente
trasversale sul piano orizzontale (quindi un movimento laterale, che permette
il basculamento in basso della parte post dell’etmoide (apofisi crista galli è
tirata in alto-dietro dalla falce del cervello)
componente trasversale
sul piano orizzontale * Jean Gay parlando dell’occhio dice che va in alto
- la falce del cervello - la parte post
diminuisce, quindi dell’etmoide bascula
tira la crista galli in basso

l’apofisi cristagalli basculamento in basso della


è tirata in alto parte post dell’etmoide
L’etmoide è l’osso principale delle fosse nasali, perché è all’incrocio tra frontale e sfenoide ed è
ricco di cavità. Si può notare che i bambini con un frontale stretto hanno spesso il raffreddore. Può dipend-
39
ere dal fatto che in questi bambini la fisiologia tra il frontale e l’etmoide funziona male.
Tra la parte post dell’etmoide e la parte ant della faccia ant del corpo dello sfenoide c’è un adattamento a
ingranaggio.

Fattori di mobilità
Falce e la parte sup delle grandi ali dello sfenoide. Il frontale è
appoggiato sul bordo sup delle grandi ali e tra le due ossa c’è la su-
tura sfeno-frontale (SF). È una sutura direttrice, che materializza
il piano para orizzontale, con una superficie a L (corto e lungo
braccio).
Nel tempo di F le grandi ali vanno basso-avanti-fuori (il bordo sup
delle grandi ali aiuta il pilastro orbitario ad andare in basso-avanti-
fuori)

Fattori di restrizione
Falce
Sfenoide
Parietale
Zigomo

Ricapitolando
in Flessione
1. il frontale indietreggia e le piccole ali dello sfenoide avanzano (risultante: apertura trasversale
dell’incisura etmoidale del frontale soprattutto nella parte post; di conseguenza c’è un abbassamento della
parte post dell’etmoide)
2. la falce diminuisce (quindi diminuisce il diametro ant-post); essa s’inserisce sulla crista galli dell’etmoide e
sulla parte mediale del frontale; tirando sulla crista galli la parte post dell’etmoide s’abbassa)

Suture del frontale


Sutura CORONALE
Porzione interna: da Bregma a Stephanion, TAV INT (il frontale ricopre il parietale), perché il parietale nel
tempo di F si abbassa (la falce, che s’inserisce sulla sutura intersagittale, diminuisce il diametro verticale)
e quindi il frontale può indietreggiare; e inoltre perché la glabella indietreggia e quindi anche bregma va
dietro-basso
Porzione esterna: da Stephanion fino alla superficie a L, TAV EST (il frontale è ricoperto dal parietale).

Sutura SFENO-FRONTALE, superficie a L, in relaz con il bordo sup della grande ala, è una sutura di sem-
plice contatto (sut direttrice che materializza il piano para orizzontale).
Lungo braccio esterno > se lo si prolunga ci si trova in direzione del naso
Corto braccio interno > se lo si prolunga ci si trova in direzione della sella turcica

Sutura FRONTO-ZIGOMATICA
Il pilastro orbitale esterno (che va basso-avanti-fuori) è in relazione con lo zigomo, becco a TAV EST (il tav-
olato est giustifica che il pilastro orbitario sia un fattore di mobilità dello zigomo)

Sutura del BORDO ORBITARIO DEL FRONTALE con le PICCOLE ALI


Il bordo orbitario è in relazione con le piccole ali dello sfenoide.
Parte INT > tav INF (il bordo orbitario del frontale ricopre le piccole ali),
Parte EST > tav SUP (le piccole ali ricoprono il bordo orbitario del frontale)

Sutura FRONTO-MASCELLARE (-NASALE, -LACRIMALE, -ETMOIDALE)


A livello della zona fronto-nasale, le ossa nasali e la branca ascendente del mascellare sono a incastro,
perché ci sono le incidenze (costrizioni meccaniche) della masticazione. Più indietro anche l’osso lacrimale
e la faccia orbitaria dell’etmoide sono a incastro sotto il frontale. Si dice che il massiccio facciale è incastrato
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come un paracadute sul frontale.

Le emicellule del frontale e le emicellule dell’etmoide formano delle cellule intere (sono cellule aeree
contenenti mucosa). Per questo non ci sono becchi di flauto ma un incastro.

Il frontale si sente più facilmente dell’occipite. L’uno appartiene alla sfera ant e l’altro alla sfera post.
La sfera post del cranio comprende: parietale, temporale, occipite, C3, C2, C1, l’occipite in relazione a C1,
mandibola, ioide, sacro. La sfera post è completamente diversa dalla sfera ant.
La particolarità anatomica di parietale, temporale, occipite è di essere ossa strutturali (a parte il foro occipi-
tale) e per questo sono in relazione con il sacro, un altro osso strutturale.
Invece la sfera ant è una sfera adattativa, perché anatomicamente è piena di buchi (orbite, fosse nasali,
recettori sensoriali...), è sede degli organi di senso. Questo significa che in presenza di un trauma, l’organo di
senso non viene danneggiato, ossia la funzione è preservata perché c’è un adattamento osseo.

Nel trattamento, dal punto di vista funzionale, se si deve fare una scelta è meglio dare la precedenza alla
sfera post, perché ha meno capacità di adattarsi. Avviene la stessa cosa a livello del ginocchio. Il comparti-
mento esterno è molto più mobile di quello int e questo giustifica la maggior incidenza di lesioni sul com-
partimento int.
Essere esperti della sfera post implica essere esperti del sacro, perché come abbiamo detto, la sfera post
comprende: parietale, temporale, occipite, C3, C2, C1, l’occipite in relazione a C1, mandibola, ioide, sacro.
Tutti i discorsi sul cranio sono sterili se non si pensa a queste relazioni strutturali. Correggere una disfunzi-
one dell’occipite non basta se non si valuta e tratta anche il sacro o il sacro rispetto all’iliaco.
Ricapitolando. Per avvicinare il cranio bisogna valutare iliaco e sacro, poi C1 (la porta sul cranio) C2 C3 (inser-
zioni della dura madre).
Inoltre iliaco e sacro formano il pavimento pelvico, vale a dire un diaframma. Questo diaframma mi porta a
pensare al diaframma toraco-addominale, dove c’è il centro frenico, che mi porta a pensare all’apofisi basi-
lare e al tubercolo faringeo.
Dietro a una disfunzione sacrale ci può essere uno squilibrio del pavimento pelvico, che a sua volta è colle-
gato (lo vedremo il prossimo anno) con lo stretto sup. Inoltre di fronte ad una disfunzione sacrale mi chiedo:
- perché è avvenuta
- quali sono le ripercussioni di questa disfunzione
Per rispondere al “perché” è utile pensare che la causa principale può venire dal basso (sottoastragalica, per-
one, ginocchio, anca). Oppure dall’alto, per es. dallo psoas.
Se trovo uno psoas più contratto da una parte, si dovrà pensare a un coinvolgimento dei visceri. Questo per
dire che davanti ad una disfunzione devo sempre pormi le due domande viste sopra e ampliare le possibilità
di trattamento.
Per es. una disfunzione d’anca mi deve far pensare ad uno squilibrio con le forze che arrivano dal basso e
quindi ginocchio e caviglia; poi anche a forze che vengono dall’alto, quindi lo psoas, e poi ai muscoli rota-
tori, che predominano a livello dell’anca, in particolare il piriforme, che è anche un muscolo del pavimento
pelvico. Se predominano i mm. extrarotatori, l’arto inf è in RE, quindi la testa del femore è più ant e questo
può avere una ripercussione sull’iliaco (conversione post?) e uno squilibrio dei sistemi di chiusura, di blocco
ant del sacro.
Il piriforme (parte ant del sacro) e l’otturatore int (parte laterale) fanno parte del pavimento pelvico (oltre
al m. elevatore dell’ano, che forma la base). Una disfunzione dei visceri (prostata, ovaio, sigma, cieco...) può
creare un’ipertonia dei mm. RE.
Tra le ossa della sfera post, secondo Maurice, è da preferire - se si deve fare una scelta d’importanza funzi-
onale - il temporale, perché ha due suture direttrici (occipito-mastoidea e sfeno-squamosa, che condizio-
nano i piani para sagittale e para frontale), due assi di mobilità, condiziona 6 paia di nervi cranici, è sede
dell’orecchio interno (controllo della statica eretta), vi si inseriscono i muscoli masticatori, articolazione ATM.
È un osso relazionale.

Interessi del frontale


- membranosi (c’è la falce)
- vascolare-venosi (c’è il seno longitudinale sup)
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- condiziona in parte la crescita ant-post del cranio a partire dalla sutura coronale. La FORMA della sutura
coronale può essere l’espressione - a livello della volta del cranio - di un adattamento molto difficile a livello
della base del cranio*.
- partecipa alla formazione dell’orbita (il soffitto). Contiene, sul bordo est, il posto per la ghiandola lacrimale
e sul pilastro orbitale int c’è la puleggia di riflessione del m. grande obliquo (questo può spiegare lo stra-
bismo convergente unilaterale per es. dei bambini che nascono con un cranio stretto; in questi casi il pilastro
int è più anteriore e la puleggia è più tesa)
- tramite l’incisura etmoidale condiziona per una gran parte la fisiologia dell’etmoide
- a livello naso-frontale contiene i seni mascellari (si sviluppano a partire dai 3, 5 - 4 anni, quindi le lastre si
fanno dopo questa data, intorno ai 5 anni, e non prima altrimenti non sono sviluppati)
- contiene i lobi frontali (responsabili di carattere, coscienza, decisione, associazione).
NB. Le persone che hanno avuto un trauma a livello frontale possono aver perso la capacità di prendere
delle decisioni

* C’è una differenza tra fisiologia e forma. La forma è uno stato, che non si può cambiare, mentre sulla fisiolo-
gia si può influire. Nella fisiologia le due sfere, a livello della base cranio, invertono le loro rotazioni. La fisiolo-
gia inoltre ci permette di parlare di disfunzione. Possiamo però anche parlare di forma del cranio in flessione
(F = la risultante della RE dei 4 quadranti), quindi un cranio che si presenta con i 4 quadranti in RE, o di una
forma del cranio in estensione (RI). Alla base del cranio le 2 sfere dovrebbero invertire la loro rotazione, ma
ci sono delle disfunzioni in cui esse si adattano nello stesso senso. La sutura coronale è l’incontro tra la sfera
post (parietale) e la sfera ant (frontale), quindi può essere l’espressione, a livello della volta, di un adattamen-
to difficile a livello della base. Conoscendo la forma della coronale si può capire l’adattamento della base e
di conseguenza l’adattamento della sfera post e della sfera ant (quindi si conosce lo schema di una persona).

TEMPORALE. Anatomia
Comprende 3 porzioni:
- una porzione squamosa che comprende l’apofisi zigomatica, in relazione con l’osso zigomatico sul davanti
- una porzione post o mastoidea (si trova dietro all’orecchio)
- una porzione petrosa (la rocca petrosa), che presenta una faccia sup, una faccia postero-int, una faccia inf
e una faccia ant. La rocca petrosa ha infatti la forma di una piramide quadrangolare: quattro lati, una base e
un apice. La base è l’imbocco del condotto uditivo est, l’apice è in relazione con lo sfenoide.

Il temporale entra nella costituzione:


- della fossa temporale, dove si appoggia il m. temporale (l’inserzione è più in alto)
- della base del cranio, formando una parte della fossa cranica media (faccia sup della rocca petrosa) e della
fossa cranica post (in particolare la faccia post-int della rocca petrosa): tra le due fosse s’inserisce il tentorio
- della volta
- dell’articolazione temporo-mandibolare

La porzione squamosa o squama del temporale (+ apofisi zigomatica)


Faccia esocranica
Entra nella costituzione della fossa temporale, su cui si appoggia il m. temporale; ha una superficie liscia.

42
proc squama del
zigomatico temporale

parte
timpanica
sut. Temporo- del temporale
zigomatica tubercolo
articolare foro
mastoideo
cavità
glenoidea meato acustico
esterno
fessura
petrotimpanica
fessura timpanomastoidea
proc stiloideo proc mastoideo
Apofisi zigomatica
Nella parte post e inf presenta il tubercolo zigomatico post e sul davanti il tubercolo zigomatico ant. Sotto
di essi c’è una concavità, che si chiama cavità glenoidea, che è in relazione con il condilo mandibolare.
Alla cavità glenoidea segue un rilievo che si chiama condilo temporale (da non confondere con il condilo
mandibolare), che è una convessità in cui termina il condilo mandibolare quando si apre la bocca. Il condilo
mandibolare non solo ruota su se stesso ma si sposta anche in avanti, durante l’apertura della bocca, andan-
do a finire sul condilo temporale.
Sul bordo inf e sulla faccia interna c’è l’inserzione del m. massetere, che poi va verso il bordo inf dell’osso
zigomatico, la parte post del ramo orizz della mandibola è gonion.
Il bordo ant termina nella sutura temporo-zigomatica, una sutura irregolare che a volte presenta dei tav-
olati, uno esterno nella parte alta e uno interno nella parte bassa.

43
Faccia endocranica
Presenta dei leggeri rilievi ondulati, perché
si attacca la dura madre e si appoggia una proc
parte del lobo temporale con le sue circon- zigomatico
voluzioni e scissure, oltre ai solchi meningei.

La porzione mastoidea
Faccia esocranica
È presente il processo mastoideo o apofisi tubercolo
articolare
mastoidea, che è un rilievo osseo che ap-
cavità
punto fa parte della porzione mastoidea. Il glenoidea
processo mastoideo ha un apice in basso, canale
ospita l’inserzione del m. sternocleidoccip- carotico meato
acustico est
itomastoideo (SCOM), vale a dire delle fibre proc stiloideo
che vanno alla clavicola (cleidomastoidee) e proc
di quelle che vanno allo sterno (sternomas- fossa mastoideo
toidee). giugulare
solco del
Dietro al processo mastoideo c’è il solco del foro stilo- digastrico
digastrico, dove si attacca l’inserzione mas- mastoideo
toidea del m. digastrico (che va anteriorm,
foro
passa sopra l’osso ioide, da cui parte un rafe mastoideo
tendineo che fa da puleggia di riflessione,
passa sotto di essa e poi si dirige alla sinfisi
mentoniera; azione: aprire la bocca).

Faccia endocranica solco


È presente il solco del seno sigmoideo (che arterioso
abbiamo visto parlando dell’occipite e del
parietale). Quindi c’è un interesse vascolare.

La porzione petrosa o
rocca petrosa INCISURA
PARIETALE
Ha la forma di una piramide
quadrangolare: quattro lati,
una base e un apice.
asse di mobilità
Premessa
L’osso temporale ha una
sua anatomia esterna ed proc
una ricchissima anatomia zigomatico
interna, ossia il condotto
meato acustico
uditivo esterno, la mem- interno
brana timpanica, martello, foro
incudine, staffa, la finestra mastoideo
APICE DELLA
ovale, la cassa timpanica, il ROCCA PETROSA
condotto uditivo interno, i foro
canali semicircolari, coclea, mastoideo proc stiloideo
utriculo, sacculo.
Nel temporale passa l’arteria carotide, il n. facciale (VII n. cranico), filuzzi del IX n. cranico, la porzione ossea
della tromba di Eustachio.
Il temporale come il sacro è un osso sensoriale. Il sacro è un osso cavo, che contiene al suo interno materia
nervosa.

44
canale canale
semicircolare semicircolare
post canale ant
semicircolare
lat vestibolo
n. vestibolare
n. cocleare

chiocciola
martello,
testa
rocca petrosa
staffa
m. tensore
del timpano
cavità tuba uditiva
timpanica
incu- membrana
dine timpanica

processo
stiloideo
meato timpano
acustico
est martello
ORECCHIO MEDIO
incudine
staffa
canale posteriore
canale superiore

ORECCHIO INTERNO
utricolo

coclea
canale orizzontale

vestibolo osso temporale dx: faccia superiore

sacculo

L’orecchio esterno focalizza, dirige e amplifica le onde sonore, che mettono in vibrazione il timpano auricolare, verso l’orecchio
medio. Nell’orecchio medio, l’energia di queste onde [1] viene trasformata in vibrazioni meccaniche della struttura ossea
dell’orecchio medio (energia cinetica). Uno dei tre ossicini della catena, la staffa, muovendosi avanti e indietro entro la finestra
ovale della coclea trasmette l’impulso cinetico alla perilinfa in essa contenuta; attraverso l’endolinfa del condotto cocleare le onde
vengono trasmesse dalla rampa vestibolare alla rampa timpanica (e quindi entrano in vibrazione anche le membrane che sepa-
rano le rampe, o stanze, della coclea).

45
tuba
uditiva
cavità
a. carotide timpanica
interna
martello

chiocciola incudine
canale
n. faciale semicircolare
ant
n. cocleare
meato
n. vestibolare acustico est

vestibolo canale
semicircolare
lat
acquedotto
cocleare cellule
mastoidee
sacco
endolinfatico
padiglione
auricolare
canale
semicircolare
post
seno
sigmoideo

Adagiato sulla membrana basilare, che è la membrana principale e separa la rampa vestibolare dalla rampa timpanica, si trova
l’Organo del Corti: questo ha una struttura cellulare fatta di un doppio ordine di cellule acustiche ciliate, interne ed esterne, in
numero di circa 20.000. Le cellule acustiche sono in contatto con le cellule nervose che fanno parte del nervo vestibolococleare.
Di lì il segnale, che nella coclea viene trasdotto (l’energia cinetica diventa energia elettro-chimica), giunge all’area acustica della
corteccia cerebrale, e poi al lobo temporale del cervello: qui avviene la decodificazione dell’impulso elettrico, e si giunge così alla
percezione del suono.

Sempre nell’orecchio interno, scavato nell’osso temporale, assieme all’apparato cocleare troviamo gli organi del senso
dell’equilibrio, detti sistema vestibolare o apparato vestibolare. Il sistema vestibolare utilizza l’endolinfa e cellule neurosensoriali
allo stesso modo della coclea (per trasdurre energia meccanica), e invia al cervello informazioni riguardanti posizione, rotazione e
accelerazione della testa e del corpo.

Il sistema vestibolare è formato da due organi otolitici, il sacculo e l’utriculo, e da tre canali semicircolari. Gli organi otolitici sono
così chiamati perché nella cupola che ricopre l’apparato ciliare dell’epitelio sensoriale si trovano gli otoliti (o otoconi), ovvero ag-
gregati di carbonato di calcio la cui funzione è modificare la densità della cupola rispetto all’endolinfa, per reagire inerzialmente
alle accelerazioni lineari (tra cui la forza di gravità) che gli organi otolitici quindi trasducono. I canali semicircolari recepiscono
invece le accelerazioni angolari, grazie alla forza inerziale che l’endolinfa esercita sulla cupola nelle ampolle.

Faccia sup
Posteriormente c’è un rilievo arcuato che si chiama eminenza arcuata, che è l’impronta del canale semi-
circolare situato dentro la rocca petrosa, che bomba verso l’alto. Avanzando si trova più lateralmente una
superficie liscia, che è il soffitto del timpano o cassa timpanica. Avanzando ancora si trovano dei forellini, che
si chiamano iato di Fallopio. Da essi emergono i nervi petrosi, che sono una derivazione del VII e IX paio di
nervi cranici e che formeranno il n. vidiano. Più avanti ancora c’è la fossetta del ganglio di Gasser.
46
Il ganglio di Gasser è il ganglio del n. trigemino. Dalla fossetta emergono le 3 branche del n. trigemino (V n.
cranico). È interessante sapere che il tentorio s’attacca sul bordo sup della rocca petrosa e avvolge il ganglio
di Gasser, quindi una disfunzione del temporale altera l’equilibrio membranoso della dura madre, che a sua
volta può perturbare, tra le altre cose, il rivestimento del n. trigemino. Quindi quando si pensa al buon fun-
zionamento del n. trigemino bisogna ricordare il suo posizionamento a questo livello.

Faccia postero-interna
Sul bordo sup s’inserisce il tentorio, come abbiamo ap-
pena detto. L’inserzione forma un seno, il seno petroso
sup, che porta sangue venoso da davanti verso dietro,
verso il seno sigmoideo, per arrivare fino al foro giugu-
lare. Poi c’è lo sbocco del condotto uditivo int, dove pas-
sano due nervi cranici: il n. acusticovestibolare (VIII) e
il n. facciale (VII). Quindi il n. facciale viene dal tronco-
encefalo, va verso il condotto uditivo int, entra dentro
l’osso temporale, cambia angolo, va dietro in basso ed
esce nella faccia inf della rocca petrosa nel foro stilo
mastoideo. osso temporale dx: faccia postero-interna
Posteriormente si trova la fos-
setta ungueale, dove sbocca
il canale endolinfatico, che
contiene l’endolinfa, un liquido
che scorre dentro l’orecchio int
ed ha un suo ciclo vitale. Al ter-
mine del ciclo viene eliminato
attraverso il canale e finisce
nello spazio tra la dura madre
e l’aracnoide (ossia finisce in
uno spazio più profondo). osso temporale dx: apice della osso temporale dx: faccia superiore
rocca petrosa
Faccia inferiore
Procediamo da dietro in avanti.
Dietro si trova il foro stilo mas-
toideo, da cui esce il VII nervo
cranico. canale carotideo
Anteriormente il processo
stiloideo, che è un punto
d’inserzione dei seguenti muscoli: processo stiloideo
stilofaringeo, stiloioideo, stilo- fossa giugulare e
glosso, e dei seguenti legamenti: ostium introitus
leg stilo faringeo e leg stilo mas- foro stilo mastoideo
cellare. faccetta giugulare
Medialmente al processo
stiloideo c’è la fossa giugulare,
che è una superficie cava che
accoglie il bulbo (una dilatazione, una sorta di sifone) della vena giugulare. Essa prende il sangue venoso
proveniente dal foro giugulare.
Ci troviamo a livello della sut. petro basilare e della sut. petro giugulare. Davanti trovo un foro da cui
inizia un canale. Il foro si chiama foro carotideo. In esso, salendo dal basso, entra la carotide int, s’inclina in
avanti-dentro per andare verso la rocca petrosa del temporale e uscire in prossimità del suo apice, ossia dal
foro lacero. Da qui la carotide int entra nel cranio adagiandosi sulla faccia lat del corpo dello sfenoide, nel
solco carotideo. All’apice osseo della rocca petrosa troviamo l’inserzione del leg petro sfenoi-
dale di Grüber. Il n. oculomotore esterno o n. abducente (VI n. cranico) passa sotto questo legamento.
Una disfunzione tra temporale e sfenoide a questo livello può perturbare il VI e dare lo strabismo.
47
foro palatino osso palatino sut palatina trasversa coana
maggiore osso
zigomatico
foro palatino fessura
minore orbitaria inf
vomere
arcata
proc pterigoideo zigomatica
lamina med
proc pterigoideo osso
lamina lat temporale
solco per la foro ovale
tuba uditiva tubercolo
di Eustachio foro spinoso faringeo
cavità
foro lacero glenoidea
canale carotico proc stiloideo
condilo
foro giugulare occipitale
foro stilo- proc.
mastoideo mastoideo
Al foro carotideo si trova l’inserzione del m. elevatore del palato.

Ricordate che Viola Fryman, Sutherland e Still mettono l’accento sull’anatomia!

Il processo tubarico (la porzione ossea della tromba di Eustachio*) è formato dall’osso timpanale (che si
trova alla base della rocca petrosa), che è l’ingresso del condotto uditivo est (CUE). L’osso timpanale è l’inizio
della tromba di Eustachio dalla parte del temporale verso la faringe. Il solco per la tuba uditiva di Eustachio
(e la stessa tromba di Eustachio) si trova a livello della sutura petro sfenoidale o sfeno petrosa.

La tromba di Eustachio è un condotto cartilagineo, che - sotto l’azione dei muscoli (peristaffilini) si apre e si
chiude - e consente all’aria, proveniente dalla faringe, di raggiungere l’orecchio medio (la cassa del timpano,
con la sua catena di ossicini, che devono vibrare; inoltre la cassa del timpano ha delle mucose, che devono
essere drenate nella faringe attraverso la tromba di Eustachio).
* Wikipedia (http://it.wikipedia.org/wiki/Tromba_di_Eustachio)
Anatomia
La tuba è un condotto complesso che mette in comunicazione il rinofaringe con l’orecchio medio. La tuba è
costituita da un lume rivestito da mucosa di tipo respiratorio, da una impalcatura ossea e cartilaginea (carti-
lagine tubarica) e da 4 muscoli: il tensore del velo-pendulo, l’elevatore del velo-pendulo, il salpingo-faringeo
ed il tensore del timpano. Il principale muscolo dilatatore della tuba è il tensore del velo-pendulo la cui at-
tività è fondamentale per l’espletamento della funzione ventilatoria.
Fisiologia
Le funzioni fisiologiche delle tube (destra e sinistra) sono molteplici:
- permettono il corretto ricambio di aria (compensazione della pressione tra il mondo esterno e l’orecchio
medio)
- permettono il corretto deflusso del muco, normalmente presente sulle mucose della tuba
- evitano il passaggio di agenti patogeni dalla gola (che è uno dei principali veicoli di germi, in quanto pas-
saggio di cibo e aria) all’orecchio medio
- impediscono ai normali rumori corporei (quali respiro, voce, battito cardiaco, movimenti articolari, deglu-
tizione, ecc.) di andare a battere direttamente sul timpano.
Fisiopatologia
Una alterata funzione tubarica comporta un maggior rischio di infiammazioni dell’orecchio medio (otite me-
dia acuta recidivante ed otite media effusiva o sieromucosa). Tali patologie interessano soprattutto i bam-
bini che presentano ancora una immaturità tubarica: inefficace contrazione del m. tensore del velo-pendulo,
scarsa elasticità della cartilagine tubarica, scarsa rappresentazione del cuscinetto adiposo di Ostmann. Tali
alterazioni comportano da un lato una ridotta ventilazione dell’orecchio medio e dall’altro il venir meno del-
la funzione protettiva con maggior rischio di reflusso di secrezioni infette dal rinofaringe all’orecchio medio.

48
Suture
Sutura temporo-zigomatica
è difficile dare una descrizione precisa per la presenza del m. massetere; globalm l’apofisi zigomatica si
appoggia sullo zigomo
Il temporale è un osso difficile da studiare, il “trouble-maker” secondo gli americani.

Sutura occipito mastoidea (OM)


Il punto d’inversione di forze si chiama punto CSM. Se unisco il punto CSM di dx con quello di sin ho l’asse
trasversale di mobilità dell’occipite
1) nella porzione verticale: tav INT (temp ricopre occ)
2) sotto il punto CSM nella porzione orizzontale della sutura: tav ESTERNO (occ ricopre temp)

Sutura parieto-mastoidea
- a livello del bordo sup della porzione mastoidea: tav INTERNO (il temp ricopre l’ang post inf del parietale)

Sutura parieto squamosa


Il parietale ha un TAV INT e ricopre il temp (TAV EST)

Sutura sfeno squamosa (SS)


1) a partire da SS fino all’incisura parietale (porzione sup - verticale - della SS): tav INTERNO (il temp ricopre la
grande ala e il bordo inf del parietale)
2) nella porzione orizzontale (sotto SS) becco a tav ESTERNO (la grande ala ricopre il temporale)
È una sutura direttrice di movimento (l’abbiamo vista con Maurice). Nella parte sup è il temporale che rico-
pre lo sfenoide, nella parte inf è l’inverso. Il punto dove s’invertono le forze si chiama punto SS. Se unisco il
punto SS di dx con quello di sin ho l’asse dello sfenoide.
Il temporale ha poi un altro asse che va dall’incisura parietale all’apice della rocca. È un asse più interno
che permette al temporale di fare una rotazione ant e post. Quindi schematizzando il temporale può fare i
seguenti movimenti:
- fuori-dentro (asse ant-post)
- avanti-fuori e dietro-dentro (asse diretto avanti-dentro)
La risultante, come modello, è un movimento elicoidale (di eversione o RE e d’inversione o RI).
La sutura sfeno squamosa ha un interesse storico. Osservando un cranio disarticolato Sutherland fu attratto
dalla presenza di tavolati diversi sullo stesso osso sfenoide e in particolare dalle caratteristiche della sutura
sfeno squamosa. Per scoprire come si muove un temporale non bisogna pensare al modello teorico, di cui
abbiamo parlato ora, ma concentrarsi sull’ascolto del temporale di quello specifico Pz.

Sutura sfeno petrosa_ tromba di Eustachio


A livello del bordo ant della rocca petrosa in rapporto con il bordo post della grande ala. È una sutura di con-
tatto, con frapposto tessuto cartilagineo (quindi tessuto molle) e si trova alla base del cranio. Sotto di essa
c’è la tromba di Eustachio. Fa comodo che non ci siano tavolati. In F il temporale dx fa una RE e scende (la
parte post), mentre le grandi ali delle sfenoide vanno avanti-basso-fuori (la parte ant) e dietro-alto-dentro (la
parte post). Quindi questo tipo di sutura conferma questo modello.
Riassumendo: abbiamo parlato dei movimenti dello sfenoide e della RE del temporale nella fase di F del
cranio ed abbiamo visto che la morfologia della sutura sfeno petrosa asseconda questi movimenti.

Sutura petro basilare


davanti al foro giugulare, nessun becco di flauto ma semplice contatto orientato dentro-alto

Sutura petro giugulare


c’è un semplice contatto

Incisura parietale
c’è un punto perno (punto dell’asse obliquo) e avremo quindi un tav EST
49
foro ottico
foro
ovale
foro
spinoso

foro
lacero
sut Petro Basilare
rocca petrosa
canale dell’ meato acustico int
ipoglosso
sut Petro Giugulare
foro
solco giugulare
del seno
sigmoideo

Audouard
TEMPORALE. Fisiologia
è un osso della sfera post (l’occipite è l’osso principale di questa sfera)
Assi di mobilità: sono 2
1. un asse post-ant (A/P) da CSM (dietro) a SS (sfeno squamoso, avanti); attorno a quest’asse A/P tutte le parti
dell’osso ad esso sovrastanti, nel tempo di F, si adattano in fuori
2. un asse che va dall’incisura parietale*, obliquo in alto-avanti-dentro fino all’apice della rocca petrosa (a
livello del leg petro-sfenoidale o di Grüber**); su questo asse il movimento è avanti-fuori, dietro-dentro.

asse post-ant da CSM a SS movimento sull’asse CSM-SS

*La squama del temporale ricopre il parietale,


(il bordo sup della porzione petrosa ricopre
l’angolo post-inf del parietale) e sull’incisura
parietale c’è un punto (cambio di smusso), che,
collegato con l’apice della rocca, delinea un asse.

becco a tav est


becco a tav int

** Il frontale globalmente indietreggia, i parietali indietreggiano e si abbassano, l’occipite globalmente


inverte (va da dietro in avanti) e i temporali globalmente avanzano (pensate alle apofisi giugulari). Nella fase
50
attiva (flessione) c’è un compattamento dal davanti verso dietro, un arrotolamento (e questo corrisponde
esattamente all’embriologia). Il leg di Grüber permette una certa malleabilità; se non fosse necessaria una
certa mobilità non ci sarebbe un legam ma un osso. Questo giustifica che qui ci sia un punto-perno mobile.
La parte meno mobile del temporale è il punto di proiezione dei due assi, punto in cui si trovano i canali
semicircolari

secondo asse del temporale punto perno1: incisura parietale punto perno2:
apice della rocca
SS
Il punto d’incontro dei due assi è un punto statico. apice della
Siamo a livello della proiezione dei canali semicircolari
rocca
che condizionano l’equilibrio. Non è un caso che il centro
dell’equilibrio sia collocato su un punto statico.

La fisiologia del temporale può essere paragonata a quella dell’iliaco.


Quando l’occipite fa una F anche il sacro fa una F
i temporali fanno una RE gli iliaci fanno una RE (basso-avanti-fuori).
In F le emibasi sacrali vanno in alto-dietro,
l’iliaco va in basso-avanti-fuori

incisura
parietale
CSM
Nel tempo di F globalmente il temporale avanza (le apofisi giugulari avanzano).
- apofisi giugulari (la penna): sono oblique in alto-avanti-fuori
- squama (pollice): avanti (poco), soprattutto fuori (aiutata dal bordo inferiore del
parietale) e alto* (poco) perché spinta dall’apofisi giugulari
- apofisi zigomatica (dito indice): un po’ avanti e soprattutto fuori (legg in basso
all’estermità); riassumendo basso-avanti-fuori
- bordo sup della rocca petrosa (dito medio): alto-avanti-fuori (questo giusti-
fica l’espansione trasversale del tentorio e la diminuzione della falce su un piano
verticale)
- apofisi mastoidea e stiloidea** (pisif ): alto-dietro-dentro (sono sotto l’asseA/P).

51
La parte sup della
porzione mastoidea
va in basso-avanti-
fuori (questa porzi-
one è influenzata da
almeno due fattori di
mobilità):
1. dall’apofisi giu- apofisi giugulari dell’ occipite
gulare dell’ occipite
che è obliqua in alto-
avanti-fuori e spinge
porzione da sotto la rocca
mastoidea petrosa provocando la
Rot est del temporale;
2. nello stesso tempo l’angolo post-inf del parietale si adatta in
basso-avanti-fuori e spinge la porzione mastoidea del temporale
nella stessa direzione.

* dovrebbe andare in basso ma la spinta dell’ apofisi giugulare la por-


ta in alto
** Incidenza del temporale sullo SCOM (che interessa la mastoide e
anche la clavicola) e i mm. stiloioidei e di conseguenza sullo stretto
toracico sup; più spesso però avviene il contrario: una tensione di
questi muscoli dovuta alla rotazione ant della clavicola può essere
all’origine di una disfunzione di Rot int del temporale.
angolo post-inf
del parietale
R ant della clavicola > causa RI del temporale
Globalmente nello spazio il temporale avanza, perchè se le apofisi giugulari si adattano verso avanti (e alto
-fuori) anche il temporale deve per forza adattarsi nella stessa direzione.
Si deve capire la plasticità di un singolo osso attorno al suo asse di mobilità ma anche l’adattamento globale
del cranio.
In F il frontale globalmente indietreggia (per la falce) e dietro di lui
i due parietali globalmente si abbassano e indietreggiano; ancora dietro c’è
l’occipite che intorno a un asse trasversale-orizzontale inverte la rotazione e a partire dall’occipite
il temporale avanza e va in fuori.
Tutto questo fa pensare che siamo partiti dal presupposto dell’attività intrinseca (metabolica) delle cellule
della nevroglia e che questo adattamento globale del cranio rappresenta esattamente lo sviluppo emb-
riologico del sistema nervoso. Il tubo neurale si sviluppa prima dal basso verso l’alto poi si crea un gomito
che rappresenta un compattamento ant-post esattamente corrispondente alla diminuzione dei diametri ant-
post (della falce) e verticale con compenso dell’espansione trasversale (del tentorio) in quella che abbiamo
chiamato fase attiva dell’IRC. È l’interno che modella l’esterno (la scatola) per es. si pensi all’idrocefalia; è la
vita che condiziona la forma e questo è valido per il cranio così come per il resto; l’involucro esterno è sotto
l’influenza di ciò che succede all’interno.
SUP
Il rapporto tra l’apofisi basilare e la rocca petrosa (sut petro-basilare) è apofisi
particolare, perché la morfologia a trapezio dell’apofisi basilare permet- basilare
rocca
te la RE del temporale (su una sezione frontale si osserva che l’apofisi è petrosa
più larga superiormente che inferiormente).

INF

52
Il temporale è l’osso principale del cranio (secondo Audouard) per i seguenti motivi:
dal punto di vista meccanico ha 2 sut direttrici, quindi condiziona l’adattamento delle membrane sul p.
sagitt e frontale
- presenza di 6 n. cranici (V, VII, VIII, IX, X, XI)
- presenza sulla rocca petrosa degli organi dell’udito e dell’equilibrio (canali semicircolari)
- partecipa alla costituzione dell’ ATM
- collega la sfera posteriore con quella anteriore (l’apice della rocca si rapporta con lo sfenoide attraverso il
legamento petro-sfenoidale)

Interessi
- meccanico. Sono presenti due suture direttrici:
1. sutura OM (occipito-mastoidea_piano parasagittale)
2. sutura SS (sfeno-squamos_piano parafrontale)
Quindi condiziona l’adattamento del cranio sul piano sagittale e frontale che avviene a partire dalle mem-
brane, in altri termini condiziona buona parte dell’adattamento delle membrane.
- sensoriale: all’interno della rocca petrosa alloggiano gli organi dell’udito (importante funzione di relazione
con l’ambiente esterno) e dell’equilibrio (canali semicircolari)
- condiziona ma soprattutto è condizionato dalla mandibola (ATM)
- membranoso, inserzione del tentorio sul bordo sup della rocca petrosa
- nervoso: da solo il temporale è in relazione con la metà dei nervi cranici (ben 6 su 12):
per il foro giugulare (interessano anche il temporale) passano il IX, X e XI nn. cranici
VII (facciale)
VIII (acustico-vestibolare)
soprattutto è in relazione con il ganglio di Gasser per la totalità del V (trigemino)
- vascolare venoso > seno petroso sup e inf, seno sigmoideo - a livello porzione mastoidea
- vascolare arterioso* > l’arteria carotide interna arriva nella rocca petrosa attraverso il foro carotideo
facendo un gomito a 90°, poi esce all’apice della rocca trovandosi sulla faccia laterale dello sfenoide nel seno
cavernoso, dove fa una forma ad S, si unisce alla carotide int controlaterale (a livello della sella turcica) e poi
emette il suo ramo terminale: l’a. oftalmica che passa nell’orbita attraverso il foro ottico insieme al
nervo ottico;
- arteria uditiva int, che entra nel condotto uditivo interno e si divide nelle arterie cocleare e vestibolare (per
udito e equilibrio)
- muscolare: stiloioideo, SCOM, temporale, massetere
* NB. La parte ant dell’encefalo è vascolarizzata dal sistema carotideo int (così chiamato perché il
sistema carotideo est è all’esterno del cranio, ossia sulla faccia), mentre la parte post è vascolarizzata dal
sistema delle arterie vertebrali. Queste ultime salgono a livello cervicale, passano dietro C1 (masse
laterali dell’atlante) ed entrano nel cranio attraverso la membrana occipito-atlantoidea post, formano poi il
tronco basilare da cui parte tutta la vascolarizzazione della parte post del cranio.
L’a. uditiva interna (suddivisa in cocleare e vestibolare) è la branca terminale del sistema delle aa.
vertebrali!

il sistema arterioso a differenza di quello venoso ha una certa vasomotricità, che è sotto l’influenza del s.
simpatico (s. nervoso autonomo - SNA) nel senso di una vasocostrizione. La vasodilatazione risulta da una
diminuizione del tono vasocostrittore. Tutte le arterie sono circondate da “filetti neurovegetativi simpatici”
che regolano localmente la vasocostrizione/vasodilatazione (infatti si parla di filetti periarteriosi).

Se sezioniamo il midollo troviamo:


- anteriormente le corna motrici somatiche
- posteriormente le corna sensitive somatiche a) anteriormente motorio
- in mezzo il tratto intermedio laterale (vegetativo)
b) posteriormente sensitivo

A partire dai centri simpatici midollari le fibre escono tramite la branca posteriore del nervo rachidiano per
53
raggiungere i rami comunicanti e arrivare ai gangli che formano la catena latero-vertebrale.

I centri che interessano il cranio vanno da C6 (1) D2.

La maggior parte dei neurologi dice che al di sopra di C6 non c’è più il tratto intermedio laterale mentre
(1)

altri dicono che questi centri interessano tutto il tratto cervicale.

A livello cervicale abbiamo 3 gangli :


1. GANGLIO CERVICALE SUPERIORE , GCS(2). Esso è alto almeno 3 cm e ha rapporti con:
- in dietro: masse laterali dell’atlante e processi trasversi di C2-C3 (+ talvolta C4), piccolo retto anteriore e
lungo del collo
- in dentro: faccia laterale della faringe
- in avanti: vena giugulare interna e carotide interna
- in basso: si prolunga con il ramo intergangliare
Una disfunzione cervicale alta può creare una stimolazione di questo ganglio e la vasocostrizione del
sistema carotideo  parte anteriore del cranio (con le relative conseguenze).

GCS fa parte della


(2)
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catena latero-vertebrale del sistema simpatico, lungo cui troviamo - dall’alto ver-
so il basso - : il ganglio cervicale superiore, il ganglio cervicale medio (incostante) e il ganglio stellato

2. GANGLIO CERVICALE MEDIO (per alcuni non esiste o non ha validità funzionale). Si trova:
- al davanti del processo traverso di C6 (tubercolo di Chassaignac)
- in dietro: tra il muscolo lungo del collo e l’inserzione dello scaleno anteriore
- later. alla loggia viscerale del collo tra interstizio esofago-tracheale lungo il quale risale il n. ricorrente
- dietro alla guaina vascolo nervosa carotidea.
Contatto con l’ arteria tiroidea inferiore (attraverso un occhiello del ganglio).

3. GANGLIO CERVICALE INFERIORE O STELLATO O TORACICO


Si trova davanti al collo della prima costola una disfunzione di costola o di clavicola potrebbe creare una
stimolazione del ganglio con la vasocostrizione dell’a. vertebrale, la cui parte finale è l’arteria uditiva interna
Il paziente potrebbe lamentare vertigini.
Tale ganglio ha rapporti diretti con arteria e vena vertebrale, tronco arterioso cervico-intercostale, radici
inferiori plesso brachiale.
Il ganglio cervicale inferiore controlla la vasomotricità di tutto il sistema delle arterie vertebrali parte
posteriore del cranio.

Quindi una disfunzione di clavicola ( K1) può creare una stimolazione del ganglio stellato
vasocostrizionevertigini.
Uno stress emotivo può determinare un blocco diaframmatico che si ripercuote sullo stretto toracico sup
vertigini.

PRATICA. Menichelli
Temporale
È formato da:
- processo zigomatico, che forma il contatto con l’osso zigomatico
- squama
- processo mastoideo

Nella palpazione del processo mastoideo si prende come riferimento l’apice, il punto più basso, verso i piedi
del Pz.
Nella palpazione della mastoide si prende come riferimento il solco del m. digastrico (che abbiamo già
incontrato nella palpazione del cranio perché ci serve per reperire asterion). Per essere sicuri di essere sulla
mastoide bisogna mettere il dito davanti al solco del m. digastrico. Se si è dietro a tale solco si sta palpan-
do l’occipite.
54
PRESE sul temporale
- a 5 dita
- a 3 dita

Presa a 5 dita
Pollice e indice pinzano l’apofisi zigomatica (sopra e sotto)
Medio nel condotto uditivo esterno
Anulare sull’apice della mastoide (per Audouard, sul bordo ant della mastoide, molto in alto vicino alla bran-
ca ascendente della mandibola, perché serve a portare la mastoide in alto-dietro-dentro nella RE)
V dito davanti al solco del m. digastrico, per essere sicuri di essere sulla mastoide e non sull’occipite (per
Audouard, si deve posizionare perpendicolaremente sulla porzione sup della mastoide, perché serve a
indurre la RI. Seguo il solco del digastrico e risalgo un pò oppure seguo la sutura OM e a livello di asterion
vado un pò avanti).
Poi si chiudono un pò i gomiti.
davanti_temporale
solco del m. digastrico
dietro_occipite
Per indurre la RI, nel tempo di E del cranio sono attivi
indice, sotto l’apofisi zigomatica
V dito, che dà la componente di chiusura trasversale (avvicinando la porzione mastoidea al parietale).
Per indurre la RE, nel tempo di F del cranio sono attivi
pollice, sopra l’apofisi zigomatica in basso-avanti e un pò in fuori
IV dito, spinge sul bordo ant dell’apofisi mastoidea in alto-dietro-dentro.
Da ricordare:
- tenere gli avambracci sul lettino
- giusta distanza dalla testa del Pz (ved. foto)
- altezza giusta del lettino, che consente di tenere il tronco eretto

posizione delle dita chiusura della presa presa ERRATA: cranio


troppo vicino all’Osteopata

55
Presa a 3 dita
Pollice sulla squama, quindi mi posiziono al di sotto della sutura parietosquamosa.
Indice sull’apice della mastoide
Medio sul processo mastoideo, davanti Asterion
Le altre dita o si appoggiano sul lettino o si flettono

pollice indice medio

ERRATO: gomiti gomiti aperti


troppo chiusi
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Ascolto e test di mobilità
Globalmente il temporale fa una RE e una RI.
Due parametri che possono aiutare nel test di mobilità. Durante il tempo di RE:
- le apofisi zigomatiche vanno basso-avanti-fuori, perché la squama va in RE, avanti-fuori
- la mastoide va alto-dietro-dentro

Scelta di una presa:


- può dipendere dal tipo di Pz
- oppure dalla mano dell’Osteopata
- oppure dalle esigenze del trattamento; in un lavoro tra temporale e zigomatico è preferibile la presa a 5
dita; se voglio lavorare la rocca petrosa è interessante che abbia il dito in proiezione di essa (presa a 5 dita);
se voglio lavorare la sutura parieto squamosa forse è più comodo avere un appoggio sulla squama (presa a 3
dita).

Fasi del test di mobilità


- ascolto
- durante un tempo di RE s’induce la RE e si valuta
- si aspettano i tempi dell’IRC (Impulso Ritmico Cranico)
- durante un tempo di RI s’induce la RI e si valuta
- si definisce la disfunzione nel senso della maggior mobilità
Attenzione!
“Indurre” non significa “assecondare” o “seguire” . “Indurre” presuppone un ruolo attivo dell’Osteopata nel
test di mobilità.
“Indurre” non significa “prolungare” per es. la RE o la RI, perché bisogna rimanere nel ritmo dell’IRC del Pz
Quando parte la RE (che ho sentito con l’ascolto), induco la RE (per valutarla) rimanendo nel range dell’IRC.

ANNO 2 sem 1 Pecorelli


SFENOIDE. Anatomia
Lo sfenoide è dal punto di vista della fisiologia cranio-sacrale l’osso principale della sfera ant, dal punto di vista
anatomico entra nella costituzione:
- dell’orbita ossea (grande ala e piccola ala sono presenti all’interno dell’orbita)
- della fossa temporale sulla faccia laterale della sfera cranica
- della fossa pterigo-mascellare (o pterigo-palatina) su cui ritorneremo alla fine del II anno
- delle fosse nasali (con corpo e pterigoidi)
- della bocca: una sua piccola porzione, l’uncino pterigoideo, si può palpare come una puntina ossea nella
parte (molto) post e laterale della bocca oltre l’ottavo dente (ci sono manovre che non vedremo)

57
Localizzazione nello spazio: lo sfenoide si trova davanti all’occipite e davanti ai temporali, posteriore al fron-
tale e all’etmoide medialmente.
corpo
È un osso anatomicamente molto ricco, è quello
che presenta più rapporti con le altre ossa per-
ciò per descriverlo (facce e bordi) è necessario
dividerlo schematicamente in diverse porzioni:
piccole ali
- corpo o porzione centrale, su cui si inseriscono
i seguenti vari processi o apofisi (pari):
- piccole ali
- grandi ali grandi ali
- processi o apofisi pterigoidee
processi o apofisi
pterigoidee

giogo sfenoidale processo etmoidale CORPO dello sfenoide_faccia SUP


doccia olfattiva Da davanti verso dietro troviamo:
canale ottico
- il processo etmoidale, un appuntimen-
to osseo che si mette in relazione con la
parte post mediana della lamina cribrosa
dell’etmoide che ha al centro l’apofisi cris-
solco ottico ta galli. Il processo etmoidale_sfenoide
tubercolo processo ricopre la parte più post della crista galli
della sella clinoideo ant. e non a caso: in fisiologia nel tempo di F la
processo sella turcica parte anteriore del corpo dell’etmoide sale
clinoideo post. (tirato dall’inserzione della falce sulla crista)
mentre la parte post scende spinta dallo
lamina quadrilatera
sfenoide (bascula); in questo modo
avviene la contro-rotazione di etmoide su sfenoide (che, a sua volta, esegue anche una contro-rotazione ris-
petto all’ occipite).

- il giogo sfenoidale, una superficie liscia di poco interesse, posteriore al processo etmoidale

- le docce olfattive, piccole escavazioni laterali al giogo sfenoidale, per il passaggio del nervo olfattivo che
dalla corteccia olfattiva si dirige verso la lamina cribrosa dell’etmoide dove si sfiocca e i suoi ramuscoli la oltre-
passano per distribuirsi nella parte alta della mucosa delle fosse nasali (regione olfattiva)
- il solco ottico, una piccola depressione che accoglie il chiasma ottico (dove vi è l’incrocio delle fibre nervose
provenienti dai centri corticali deputati alla visione) che lateralmente diviene il n. ottico passante poi attraver-
so il canale ottico insieme all’arteria oftalmica per raggiungere l’orbita.

canale ottico > n. ottico


a. oftalmica

58
- la sella turcica che contiene
l’ipofisi ed è così formata:
davanti > il tubercolo della
sella (un piccolo rilievo osseo)

a
ter
dietro > la fossa ipofisaria

il a
dietro ancora > dorso della

r
ad
sella con lateralmente i proces-

qu
si clinoidei post dx e sin (men-

ina
t
tre i processi clinoidei ant dx e in
tide

lam
sin si trovano nella parte post
er ia caro
del bordo post delle piccole ali) art
- la lamina quadrilatera, una
superficie liscia che presenta
una forte obliquità basso-diet-
ro, con cui termina la faccia sup
del corpo dello sfenoide.
fossa ipofisaria
dorso della sella tubercolo della sella

CORPO dello sfenoide_faccia LAT


apofisi clinoidee Si osservano le radici di impianto della grande ala (3) e della piccola ala (2) e un solco
ant (piccole ali_
osseo netto (solco
sfenoide)
dell’arteria carotide
apofisi interna). Si trova poi
clinoidee un’espansione della
post (corpo dura madre che forma
sfenoide) foro di corpo sfenoide
delle sacche menin-
Pacchioni
picco

enza

gee: il seno caver-


noso. Il tentorio si
circonf
er
la

tentorio inserisce sulle apofisi sacche meningee


clinoidee: la grande
circonferenza sulle apofisi clinoidee post, la piccola circonfer-
rio
gra

enza sulle apofisi clinoidee ant, e si viene a formare il foro di


nto

Pacchioni in cui passa il tronco encefalico (la sua parte alta: il


nd

cir
te

el mesencefalo). Inserendosi a questo livello le meningi presenta-


e

con d
ferenza no un’espansione di fibre orizzontale che formano sopra la sella
turcica il tentorio dell’ipofisi, con un foro centrale che con-

59
sente ai vasi e al peduncolo ipofisario di collegarsi con ipotalamo.
Lateralmente a dx e sin invece sono presenti i seni cavernosi: ha
una forma schematica a parallelepipedo e subisce le variazioni
tensive delle meningi nei tre piani dello spazio. Durante la flesso-
estensione quindi il seno cavernoso si dinamizza: in F diminuis-
foro di
cono i diametri ant-post e verticale e aumenta quello trasversale
Pacchioni
(e viceversa in E). Nel seno cavernoso passano:
sangue arterioso > arteria carotide int
picco

n za sangue venoso > vene oftalmiche, seno sfeno-parietale o seno di


Brechet (passa dall’ang ant-inf del parietale
re

cir n
la

fe

co nervi > 3° (n. oculomotore) 4° (n. trocleare) 6° (n. abducente) 5°_1


(n. oftalmico) e 5°_2 (n. mascellare; per Audouard passa solo di
5_1).
io
gr

nd
r
to

n
a

ec te
irco el
nferenza d

seno cavernoso > seno petroso inf > foro giugulare


> s. petroso sup > s. sigmoideo > foro giugul

drenaggio venoso del cranio


v. oftalmica sup
seno sfeno
parietale o
di Brechet
seno cavernoso
seno
petrosquamoso

ipofisi
a. carotide int

Petrosal Sinuses
trigemino Superior

seno cavernoso Inferior

cornetto sup
CORPO dello sfenoide_faccia INF
Faccia inf_parte post > c’è l’impianto delle apofisi pteri-
ali del vomere goidee.
e canali sfeno-
vomeriani Faccia inf_centro > cresta sagittale mediana (siamo su
un piano sagittale puro) che fa sutura con il bordo sup del
corpo del
vomere vomere il quale, nella sua parte alta, forma le ali vomeri-
ane: questo è interessante in relazione alla dinamica del
corpo dello sfenoide che in F spinge sul vomere provo-
processo cando la sua discesa. La forma di questa sutura, con le ali
pterigoideo
vomeriane in relazione con la cresta, fa supporre che ci
possa essere tra le due ossa anche la possibilità di scor-
rimento antero-post una sull’altra.

60
Questo non è male perchè il vomere si prende sia (in alto) le forze proveni- lamina
enti dallo sfenoide (forze intrinseche al meccanismo craniale) che (dal basso) perpendicolare
dell’etmoide
le forze che vengono dal mascellare (quindi dalla masticazione, dalla deglu-
tizione, dalla digestione, cioè forze esogene al meccanismo cranio-sacrale).
Non a caso capita di avere per es. uno sfenoide (parliamo della forma ma
può succedere anche nella dinamica) in F (una sfera anteriore bella aper-
ta) cui corrisponde però un palato stretto (in E): in tal caso il vomere cerca
magari di compensare un po’ anche grazie a questa sutura (tra cresta sagit-
tale dello sfenoide e bordo sup del vomere/ali vomeriane) in cui lo sfenoide
va da una parte ma il vomere, nel tentativo di rimanere in equilibrio (spesso
non ce la fa), ha la possibilità anche di scivolare in ant-posteriorità. vomere
Secondo una cultura posturologica non osteopatica esiste per es. una correlazione posturale tra la morfo-
logia della pianta del piede e del palato, tuttavia non dobbiamo fidarci quando si dice che il palato rappre-
senta fedelmente lo sfenoide, anche perchè non esiste una sutura diretta tra lo sfenoide e il mascellare ma c’è
l’interposizione di ossa adattative (vomere e palatini). Non si può definire con sicurezza la sfera ant solo grazie
al mascellare, bisogna tener conto della masticazione, del tipo di alimentazione della persona etc . Non è una
sistematica valida la correlazione diretta tra morfologia del palato e della sfera ant, tanto meno quella tra la
dinamica dello sfenoide e del mascellare. Il vomere si inclina perchè ci sono delle forze torsionali ma anche
perchè lo sfenoide spinge in F e il mascellare in E e da qualche parte il vomere cerca spazio e si piega.

CORPO dello sfenoide_faccia POST


È in rapporto con l’occipite e forma la SSB

orifizio del seno sfenoidale


CORPO dello sfenoide_faccia ANT
Presenta al centro la cresta sfenoidale che prose-
gue in basso nella faccia inf del corpo con la cresta
sagittale mediana (per il vomere). Dall’incontro
delle due creste si forma una punta: il rostro sfe-
noidale. La cresta sfenoidale è in relazione ante-
sut. con il
riormente con la lamina perpendicolare dell’et- proc. sfenoidale
moide (sul piano sagittale puro) a formare il setto del palatino sut. con la massa
nasale, mentre lateralmente si avrà un contatto con lat dell’etmoide
il bordo post delle masse laterali dell’etmoide; rostro
sfenoidale
sulla faccia ant si trova l’orifizio
del seno sfenoidale scavato nel orifizio del seno
corpo dello sfenoide, che è cavo sfenoidale
nella parte ant (è un seno parana-
sale aperto sul fondo delle fos-
se nasali, rivestito di mucosa e
in cui arriva aria già condizionata
con funzione di regolazione della
temperatura ipofisaria e iso-
lamento; da �����������������������
qui passano le secrezi-
oni verso il seno nasale).

61
fossa
cranica lamina
PICCOLA ALA dello sfenoide ant cribrosa
Si impiantano sulla faccia lat del
corpo con due radici e formano il crista galli seno
foro ottico (attraversato dal n. otti- seno frontale sfenoidale
co e dall’arteria oftalmica). osso nasale fossetta
La faccia sup entra nella costitu- ipofisaria
osso etmoide, cresta
zione della base cranica (fossa cra- lamina perpend
sfenoidale
nica ant), la faccia post della fes-
sura sfenoidale, che da passaggio vomere
ai III, IV e VI nn. cranici, alla prima coana
branca del trigemino (V1) e alle
vene oftalmiche. cresta osso palatino,
nasale lamina orizz
Lungo il bordo post decorre il canale
incisivo
seno sfenoparietale di Brechet. osso mascellare,
proc. palatino

bordo ant sut. sfeno-frontale Il bordo ant forma una sutura con il bordo
della piccola ala post della porzione orbitaria del frontale:
è interessante perchè presenta un’inversione
dei tavolati (punto che non ha un nome cra-
niometrico, perchè i punti craniometrici han-
no un’origine anatomica chirurgica, sono pun-
foro ti di accesso neurochirurgici mentre questo è
grande
rotondo sut. SS endocranico)>
nella parte INTERNA> TAV SUP
foro ovale nella parte ESTERNA> TAV INF e questo punto
perno insieme a quello sulla sutura coronale
foro
spinoso omolaterale (stephanion) forma l’asse di mo-
sut. sfeno-petrosa bilità dell’emifrontale.

Sulla radice inf è presente un piccolo tubercolo


osseo: il tubercolo sotto-ottico (di Zinn), su cui
c’è l’inserzione dell’anello tendineo comune dove
tutti i muscoli oculomotori estrinseci dell’occhio
(tranne l’obliquo inf ) diventano aponevrosi e si
fondono.

GRANDE ALA dello sfenoide


Presenta 3 radici di impianto sulla faccia laterale
del corpo che formano 3 orifizi (e non due perchè
la terza radice appena verso l’esterno si apre e de-
limita un terzo foro).

Descriviamo le seguenti porzioni:


Faccia postero-superiore (la parte ant è inclinata e guarda verso dietro) dove si trovano i tre orifizi che dal
davanti verso dietro sono:

62
1. foro rotondo: per il passaggio del n. mascellare (V2) che raggiunge
la parte ant della radice delle pterigoidi (dove arriva anche la grande ala
dello sfenoide) nel fondo della fossa pterigo-palatina (insieme al canale
vidiano) dove scambia fibre con il ganglio sfeno-palatino;

2. foro ovale: per il passaggio di


foro n. mandibolare (V3)
grande arteria meningea accessoria
rotondo
n. piccolo petroso superficiale.
foro ovale
foro 3. foro spinoso: per il passaggio di
spinoso arteria e vena meningea media
n. spinoso (derivazione del mandibolare)
foro ottico
foro
ovale
foro
spinoso

foro
lacero
ANT sut Petro Basilare
rocca petrosa
canale dell’ meato acustico int
ipoglosso
sut Petro Giugulare
foro giugulare
solco o foro lacero POST
del seno
sigmoideo

Faccia anteriore, che entra nella costituzione dell’orbita ossea.

Faccia esterna esocranica, la palpiamo con le prese, scende verticalmente e arriva alla cresta infratemporale
da dove cambia un po’ direzione e si dirige verso il corpo mettendosi in relazione con la radice delle pterigoi-
dee e formando il soffitto della fossa pterigo-palatina.

Bordo inferiore: delimi-


ta la fessura orbitale in-
feriore insieme al bordo foro etmoidale post
posteriore della faccia osso frontale,
orbitaria del mascellare, superficie orbitaria foro etmoidale ant
dove passa V2 prove- foro
zigomaticoorbitario foro ottico
niente dalla fossa pteri-
osso nasale
go-palatina (e prima an- fessura orbitaria sup osso mascellare,
o sfenoidale
cora dal foro rotondo), processo frontale
ci passano anche i rami osso zigomatico
osso lacrimale
efferenti orbitali che fessura orbitaria inf
o sfeno-mascellare osso etmoide,
provengono dal ganglio lamina papiracea
sfeno-palatino. solco infraorbitario

osso mascellare,
faccia orbitaria

63
sut. Sfeno-
Parietale
fessura
Bordo anteriore: forma la sutura sfeno-zigomatica, dentellata e sfenoidale sut. Sfeno-
Frontale
fortemente ad incastro.

Bordo superiore: all’interno forma la fessura sfenoidale, poi au-


menta la sua superficie per la sutura sfeno-frontale (sutura direttrice
che materializza il piano para-orizzontale, con la forma a L e un lungo
braccio diretto avanti-dentro e un corto braccio diretto dietro-den-
tro); in alto termina nella sutura sfeno-parietale (sutura squamosa a
TAV INT, senza inversione: lo sfenoide copre il parietale).

Bordo posteriore: l’angolo tra il bordo posteriore e quello esterno forma la spina sfenoidale. Fa sutura (di
contatto, irregolare) con il bordo anteriore della rocca petrosa del temporale (sutura Sfeno-Petrosa) che
tende a rimanere cartilaginea tutta la vita: è interessante perchè nel tempo di flessione la grande ala sale (sta
dietro all’asse) mentre la rocca petrosa scende, quindi la superficie senza smussi e cartilaginea non impedisce
questo sforbiciamento osseo (ancora una volta l’anatomia è funzionale); sul lato esocranico, per i 2/3 interni,
la sutura è rivestita nel vivente dalla cartilagine della tromba d’eustachio che mette in comunicazione aerea
la faringe all’orecchio medio e ha movimenti di dilatazione e restringimento (non si sa se la sua presenza con-
tribuisca al fatto che la sutura rimanga cartilaginea per tutta la vita).

APOFISI PTERIGOIDEE
dello sfenoide
Originano dalla faccia
inferiore del corpo, in
contatto con le radici
delle grandi ali. Alla sua
origine presentano il ca-
nale Vidiano in cui passa
il n. vidiano che vedre-
mo scambia fibre con il
ganglio sfeno-palatino
(non a caso lo ritroviamo
vicino al foro rotondo).

Ogni pterigoide presenta due lamine: una mediale e una laterale.


La lamina mediale in basso termina con l’uncino pterigoideo, palpabile attraverso un accesso buccale, die-
tro l’ottavo. É più posteriore rispetto al palato duro (all’osso palatino) e vi fa relais il muscolo peristafilino
esterno (o m. tensore del velo palatino) che nasce dalla fossa scafoidea alla radice delle pterigoidi, scende, fa
relais sull’uncino, cambia angolo e va al centro dove incontra il muscolo peristafilino controlaterale formando
il palato molle (sotto la bocca e sopra le fosse nasali).

64
lamina cribrosa
labirinto etmoidale
seno frontale orifizio del seno sfenoidale
orifizio del seno frontale seno sfenoidale
osso nasale
cornetto nasale medio
orifizio del canale nasofrontale
processo uncinato dell’etmoide forame sfenopalatino
orifizio del seno mascellare cresta etmoidale del palatino
spina nasale post
lamina med. del processo pterig.
uncino pterigoideo
processo etmoidale del cornetto nasale inf

La lamina laterale invece pre- osso forame etmoidale ant


sutura lamina orbitaria dell’etmoide
senta una faccia interna dove lacrimoetmoidale frontale
si inserisce il m. pterigoideo forame etmoidale post
interno che da qui si dirige canale ottico
osso nasale processo orbitario del palatino
medialmente a gonion e se c’è
forame sfenopalatino
una contrazione bilaterale la
bocca si chiude (il punto fisso forame rotondo
è superiore e tira gonion verso cresta lacrimale ant
l’alto). Sulla faccia esterna della
cresta lacrimale post
lamina laterale s’inserisce il m. solco infraorbitario
corpo dello sfenoide
pterigoideo esterno che va al
processo zigomatico
condilo della mandibola e con della mascella
una contrazione bilaterale tira lamina lat. del processo pterig.
verso l’avanti e la bocca si apre; uncino pterigoideo
è interessante che emette processo alveolare della mascella
delle digitazioni anche per il menisco dell’articolazione temporo-mandibolare e quindi un riequilibrio della
sua tensione influisce molto sulla fisiologia dell’ATM.

Le pterigoidi presentano inoltre:


un bordo ant, che forma la sut pterigo-palatina, a forma di V rovesciata e
un bordo post della lamina mediale, che è anche il limite post delle fosse nasali.

Audouard

La concentrazione è importante per iniziare a percepire qualcosa sul cranio.

SFENOIDE. Fisiologia
È l’osso principale della sfera ant, quindi se c’è una disfunzione nella sfera ant (uno zigomo, un mascellare,
un palatino etc) devo valutare prima di tutto lo sfenoide, analogamente a quanto si fa con il calcagno per
quanto riguarda il piede.

Asse di mobilità
L’asse di mobilità dello sfenoide è trasversale-orizzontale. Questo è dovuto al fatto che le 2 sfere (anteriore e
posteriore) invertono le loro rotazioni e poiché sappiamo che la sfera post (occipite) si adatta attorno ad un
asse trasversale-orizzontale (da CSM di dx a CSM di sin), necessariamente anche la sfera anteriore per avere
una rotazione opposta si deve adattare su un asse trasversale-orizzontale parallelo a quello della sfera post.
Solo l’adattamento su due assi trasversali-orizzontali può permettere alle due sfere di invertire le loro ro-
tazioni con la risultante che la SSB vede la sua convessità aumentare verso l’alto/diminuire rispettivamente
65
nei tempi di F e E.
L’asse trasversale-orizzontale attorno al quale si adatta lo sfenoide è materializzato dal punto SS (sfeno-squa-
moso) di dx al punto SS di sin. Un punto perno è definito dal cambio di smusso dei tavolati (nella parte supe-
riore della sutura SS il temporale ricopre lo sfenoide, nella porzione più orizzontale invece è lo sfenoide che
ricopre il temporale).

Tempo di F
- grandi ali vanno basso-avanti-fuori (perché sono oblique)
- piccole ali vanno in basso-avanti-fuori (anch’esse sono oblique)
- parte ant corpo dello sfenoide va basso-avanti (e basta perchè siamo nella porzione mediana)
- apofisi pterigoidee vanno alto-dietro-fuori (si trovano sotto l’asse e sono oblique)
- parte post del corpo dello sfenoide va in alto e forse un po’ avanti (è in relazione con l’apofisi basilare
dell’occipite e forma la SSB, che vede soprattutto aumentare la sua convessità verso l’alto)
- fondo della sella turcica (fossa ipofisaria) va un po’ in alto (forse un po’ avanti).
- faccia inf corpo dello sfenoide globalm va in basso (perché siamo sotto l’asse)

Le grandi ali dello sfenoide_tempo di F


Esse vanno basso-avanti-fuori. La componente in fuori è dovuta:
- all’obliquità delle grandi ali
- all’ang ant-inf del parietale* (che ha un becco a tavolato esterno ed è quindi ricoperto dalla grande ala).
* Nel tempo di F (quando la falce del cervello diminuisce il diametro verticale e la sutura interparietale si ab-
bassa) globalmente l’angolo ant-inf del parietale va basso-avanti-fuori, aiutando così la componente verso
l’esterno della grande ala dello sfenoide (la stessa azione che si ha sulla squama del temporale: è un modello
meccanico perfetto).

Le piccole ali dello sfenoide_ tempo di F


Esse vanno in basso-avanti-fuori. Entrano in contatto con il bordo orbitario del frontale.
Nel tempo di F
- il bordo orbitario globalm indietreggia (c’è l’inserzione della falce)
- le piccole ali globalm avanzano (siamo al di sopra dell’asse).
Da questa opposizione di adattamenti (uno avanza e l’altro indietreggia, su un piano orizzontale) si avrà una
risultante diretta lateralmente, ossia una componente meccanica di apertura trasversale dell’incisura etmoi-
dale del frontale.
Tale apertuta permetterà la bascula posteriore della parte posteriore dell’etmoide.

Infatti nel tempo di F


- la crista galli dell’etmoide (osso incastrato nell’incisura etmoidale del frontale) è tirata in alto-dietro dalla
falce
- la parte post del corpo dell’etmoide si abbassa, ma questo può avvenire soltanto se contemporaneamente
l’incisura si apre - soprattutto nella sua porzione posteriore - (ad opera dell’opposizione tra piccole ali e
bordo orbitario del frontale)
Questo meccanismo spiega la presenza di un piccolo ingranaggio tra la parte anteriore dello sfenoide e la
faccia post dell’etmoide.

66
Nello schema abbiamo un cerchio che
materializza la sfera post e uno per la sfera piano sagittale
ant e dentro di questa altri due piccoli
cerchi per materializzare l’ingranaggio
tra lo sfenoide e l’etmoide. In altri termi-
ni per lavorare su un etmoide (per
diversi motivi che vedremo più avanti) è
necessario:
1. controllare il frontale > l’incisura et-
ETMOIDE
moidale del frontale deve essere lib- SFENOIDE
era per permettere la sua bascula post
dell’etmoide
2. controllare lo sfenoide > serve una OCCIPITE
fisiologia corretta nell’opposizione
tra sfenoide e frontale (e quindi sfera anteriore
nell’apertura dell’incisura). sfera posteriore

seno cavernoso chiasma ottico

III oculo-motore a. comunicante


post
IV trocleare
a. carotide int
VI abducente
V1oftalmico ipofisi
(ghiandola
V2 mascellare pituitaria)
seno sfenoidale

Veduta su un piano frontale nasofaringe


del seno cavernoso

67
Abbiamo visto che la parte post del corpo dello
sfenoide forma con l’apofisi basilare dell’occipite
la SSB (che aumenta la sua convessità verso
l’alto nel tempo di F) e che anche il fondo della
sella turcica sale un po’. Sopra la sella troviamo la
piccola e la grande circonferenza del tentorio,
che con le loro espansioni formano: v. oftalmica sup
- la tenda dell’ipofisi (sulla faccia superiore del
corpo dello sfenoide) seno sfenoparietale
- il seno cavernoso (sulle facce laterali).
seno cavernoso
Questo meccanismo fa sì che:
1. Nel tempo di F, per l’adattamento in alto seno petrosquamoso
del fondo della sella e per l’adattamento del v. meningea media
tentorio che si espande lateralmente e quindi
tende il diaframma della sella (sua pertinenza), seno petroso sup
noi osteopati diciamo che si può creare una sti- foro giugulare
molazione a livello ipofisario (al contrario nel
tempo di E, in cui si può parlare di ipostimolazi-
seno sigmoideo
one). Una delle finalità del cranio è l’alternanza v. grande cerebrale
(di Galeno)
tra F ed E e possiamo trovare delle disfunzioni fi-
siologiche in un senso o nell’altro: in riferimento seno occipitale
all’ipofisi possiamo quindi ipotizzare una ipersti- seno retto
molazione (se disfunzione in F) o una ipostimo- seno trasverso
lazione (se disfunzione in E), avremo delle pos-
sibili ripercussioni su tutti gli assi ormonali/
endocrini di cui l’ipofisi rappresenta il sistema
di regolazione primario (meccanismo molto confluente dei seni
lento che agisce tramite le stimoline). seno sagittale sup
Il s. endocrino funziona lentamente per avere delle costanti biologiche durature. La stimolazione dell’ipofisi
secerne delle sostanze stimolanti che raggiungono per es. le ovaie (1 settimana), poi le ovaie informano
l’ipofisi che la quantità è sufficiente (un’altra settimana), poi le ovaie producono in sede gli ormoni per cui
hanno ricevuto gli stimoli (un’altra settimana; 3 settimane in tutto).

Tutte le funzioni essenziali del corpo umano sono molto protette, per es. il sistema endocrino, il cuore,
l’apparato genitale (11-12 cm nei tre diametri). Quindi bisogna pensare alle relazioni con questi sistemi quan-
do si fa una tecnica strutturale per es. sull’iliaco o sul sacro.

ipofisi
2. Il seno cavernoso, a forma di seno cavernoso
parallelepipedo, presenterà la stes-
sa fisiologia delle membrane, vale a III - n. oculomotore
dire nel tempo di F diminuirà i suoi V1 - n. trigemino/oftalmico
diametri antero-post e verticale e IV - n. trocleare
aumenterà il diametro trasversale
(come risultato avremo che la di- VI - n. abducente
namica di riempimento sarà mag-
a. carotide interna
giore). Nel tempo di E le variazioni
dei diametri saranno invertite (au-
mentano i diametri A/P e verticale,
diminuisce quello trasversale) e ci
sarà una dinamica di svuotamento
maggiore. seno sfenoidale

68
Seno petroso sup e inf confluiscono nel foro giugulare che
faccia orbitaria nel tempo di E ha una dinamica di apertura maggiore (gius-
della grande ala tificata dal fatto che arriva più sangue venoso).
piccola ala Tra la piccola e la grande ala troviamo l’incisura o fessura
foro ottico sfenoidale che mette in comunicazione l’orbita con il seno
cavernoso che drena il sangue venoso tramite le vene of-
talmiche sup e inf.
Nel tempo di F quindi aumenterà il flusso venoso prove-
niente dall’occhio mentre durante l’E verrà facilitato lo
svuotamento lungo i seni petrosi superiore e inferiore e il
seno sigmoideo in direzione del forame giugulare (che non
a caso sarà l’unico foro cranico che ha una dinamica di aper-
tura maggiore proprio nel tempo di E). Nella parete esterna
fessura
sfenoidale del seno cavernoso troviamo il passaggio del n. oculomo-
tore (III), del n. trocleare (IV), dell’abducente (VI) e della I
fessura
sfeno- branca del trigemino (V1 oftalmica, V2 mascellare, V3 man-
mascellare dibolare). In una disfunzione di estensione si può pensare
che vi sia un’implicazione dei nervi oculomotori con even-
tuali ripercussioni.
a. carotide int n. ottico
dura madre
n. oculomotore comune
*Sezione frontale del seno cavernoso sin condotta a liv- n. trocleare
ello dell’ipofisi. L’a. carotide int. (sezione trasversale inf ) ipofisi
è contenuta nel seno cavernoso; dopo aver formato il n. abducente
“ginocchio carotico”. da cui origina l’a. oftalmica, perfora a. carotide int
la dura madre e compare sotto il n. ottico, nel punto n. oftalmico
dove quest’ultimo s’impegna nel canale ottico (sezione mucosa del
trasversale sup). Questo segmento di arteria è circon-
n. mascellare seno sfenoidale
dato dal liquido cerebrospinale (“segmento cisternale”).
Il diverso diametro di sezione della carotide è dovuto trabecole
all’origine dell’a. oftalmica. dura madre del seno
cavernoso
*Sobotta, Atlante di Anatomia Umana, pag. 90, vol I.

corpo dello
sfenoide
a. carotide int
a. oftalmica *Decorso intracranico dell’a. carotide int sin.
n. ottico L’arteria è accolta in un solco scavato nella
osso parete lat del corpo dello sfenoide. Si osservi
piccola ala occipitale
dello sfenoide l’origine dell’a. oftalmica dal “ginocchio carotico”
n. oculomo- fessura e la curva a S (“sifone carotico”) dell’arteria men-
tore comune, petro- tre corre nel solco carotico adiacente alla sella
trocleare e occipitale turcica. I nervi trigemino, oculomotore, trocleare
abducente a. carotide int e abducente sono stati ribaltati lateralmente.
a. carotide int *Sobotta, Atlante di Anatomia Umana, pag. 90,
vol I.

n. trigemino osso temporale,


piramide, forame
lacero

69
crista galli

seno frontale

lamina per-
pendicolare
dell’etmoide solco del seno
vomere petroso sup

cresta nasale
solco del seno
forame trasverso
alveoli dentali
mastoideo solco del seno
fossa pterigoidea, sigmoideo
lamine lat e med meato
incisura pterigoidea del proc. pterig. acustico int
La faccia inf del corpo dello sfenoide si articola con il vomere, una lamina verticale obliqua in basso-avanti
che finisce nella sua parte bassa nel palato osseo. Il soffitto del palato globalmente è concavo e solitamente
la concavità è regolare. Tuttavia si trova spesso una piccola convessità nella parte mediana, che è indice di
una difficoltà di adattamento del vomere con il palato osseo (si trova proprio incastrato nella sutura tra il mas-
cellare di dx e di sin). Essendo lo spessore del vomere molto esiguo, mentre il mascellare è molto forte (per la
sua funzione nella masticazione), se si osserva questa lamina sagittale si osserverà una incurvatura da un lato
o dall’altro, con conseguente deviazione del setto nasale e sue ripercussioni (per es. una fossa nasale più
aperta e una più chiusa). Quindi lo sfenoide è l’osso principale delle fosse nasali.
Si deve sempre riflettere sul significato funzionale della conformazione anatomica di ogni struttura. Lo
sfenoide è una “farfalla” piena di buchi, un osso più adatattivo rispetto alla sfera posteriore (occipite) che è più
strutturale.
La sfera ant è adattativa perchè contiene tutti
gli organi sensoriali ed è sede di passaggio di
importanti strutture la cui funzione deve es-
sere preservata in occasione per es. di traumi.
Nel trattamento si deve dare più importanza
alle strutture meno adattative, come per es. il SS SS
condilo interno del ginocchio, che ha meno
possibilità di scappare alle costrizioni mecca-
niche rispetto al condilo est.

Becchi di flauto
- nella parte post del corpo c’è la SSB senza becchi di flauto
- a livello del bordo post della grande ala è in relazione con la rocca petrosa del temporale: sut. sfeno-petro-
sa senza becco di flauto, è di semplice contatto (è sempre cartilaginea? Lo si può pensare perchè nella faccia
esocranica corrisponde la porzione cartilaginea della tromba di Eustachio)
- a livello della porzione orizzont della sut SS (sfeno-squamosa) c’è un becco a tav int (lo sfenoide ricopre il
temporale)
- al di sopra del punto SS sulla porzione più verticale c’è un becco a tav esterna (temporale ricopre la
grande ala)
- all’estremità sup della grande ala, in relazione con l’ang ant-inf del parietale, c’è un becco a tav int
- a livello della porzione sup delle grandi ali, in relazione con il frontale, c’è la sut sfeno-frontale (che materi-
alizza il piano para-orizzontale), senza becchi, ma una superficie di semplice contatto con lungo braccio est
e corto braccio int
- bordo ant della grande ala, in relazione con l’osso zigomatico (sut sfeno-zigomatica); si tratta si una su-
70
tura a incastro. Lo zigomo è spinto a fare la sua rotazione esterna dalla faccia orbitale della grande ala (che
si adatta in basso-avanti-fuori) e anche dal pilastro orbitale esterno del frontale; in più c’è un altro elemento:
l’apofisi zigomatica del temporale
- a livello del bordo ant delle piccole ali, in relazione con il bordo orbitario del frontale, la metà int ha un
becco a tavolata superiore e la metà est a tav inferiore (perché siamo su un piano orizz)

Parte INT > tav SUP (le piccole ali sono ricoperte dal bordo orbitario del frontale)
Parte EST > tav INF (le piccole ali ricoprono il bordo orbitario del frontale)

- a livello della faccia ant del corpo, in relazione con la faccia post del corpo dell’etmoide, c’è un rapporto di
semplice contatto (permette un adattamento a ingranaggio)
- a livello della faccia inf del corpo, in relazione con il vomere, c’è un rapporto a incastro (sullo sfenoide c’è
una cresta cui corrisponde un’incisura del vomere)
- a livello della faccia ant delle apofisi pterigoidee entra in relalzione con il palatino; c’è una sutura di sem-
plice contatto (perchè i palatini fanno parte del palato osseo e sono sottoposti alle enormi costrizioni mec-
caniche conseguenti alla masticazione, che non sono compatibili con la presenza di un becco di flauto)

Interessi dello sfenoide


meccanico lo sfenoide è l’osso principale della sfera ant;
sono presenti due suture direttrici:
la SS (sfeno-squamosa) che materializza il piano para-frontale e
la SF (sfeno-frontale) che materializza il piano para-orizz
membranoso piccola e grande circonferenza s’inseriscono sui processi clinoidei ant e post
tenda dell’ipofisi
seno cavernoso
endocrino l’ipofisi alloggia sul fondo della sella turcica
oculare tramite la faccia ant della grande e piccola ala > presenza del tendine di Zinn con
la partenza di quasi tutti i mm. estrinseci dell’occhio
nervosi III - IV - V1 - VI_dovuto ai fori d’impianto della grande e della piccola ala con pas-
saggio di elementi vasculo-nervosi* [NB: su cui ci saranno domande all’esame di
cranio]
fosse nasali lo sfenoide entra nella costituzione delle fosse nasali (nel corpo troviamo scavato
il seno sfenoidale - tra sfenoide ed etmoide - rivestito di mucosa)
bocca l’adattamento dei processi pterigoidei condiziona una grande parte della forma del
palato osseo (ce ne sono larghi, stretti, più alti etc)

* Piccola ala>
foro ottico: n. ottico e arteria oftalmica

Fessura sfenoidale: III, IV, V1, VI e vene oftalmiche

Grande ala>
1. foro rotondo: n. mascellare (V2) che raggiunge la parte anteriore della radice delle pterigoidi (dove arriva
anche la grande ala dello sfenoide) nel fondo della fossa pterigo-palatina (insieme al canale vidiano) dove
scambia fibre con il ganglio sfeno-palatino;
2. foro ovale: n. mandibolare (V3), arteria meningea accessoria e il n. piccolo petroso superficiale.
3. foro spinoso: per arteria e vena meningea media e n. spinoso (derivazione del mandibolare)

Canale vidiano (tra il corpo dello sfenoide e la parte superiore dell’apofisi pterigoidea): n. vidiano (formato
dai nn. petrosi provenienti dal VII e dal IX nervi cranici > osso temporale)

Grazie ai fori c’è una possibilità di adattamento maggiore.


Ricordare che per descrivere gli adattamenti in F ed E degli elementi costitutivi dello sfenoide si devono de-
scrivere 3 parametri (strutture oblique). É importante sapere che la plasticità dello sfenoide e la sua grande
71
adattabilità è dovuta soprattutto ai suoi fori di impianto delle radici delle ali (quelle grandi formano col corpo
3 orifizi)

PRESE
1. Occipito-sfenoidale
L’osteopata si posiziona all’angolo del lettino.
Mano caudale, sulla squama dell’ occipite
mano craniale, pollici sulle grandi ali dello sfenoide.

2. Occipito-sfenoidale o sfeno-occipitale
Mani incrociate sotto l’occipite e pollici sulle grandi ali.

3. Occipito - frontale
Mano caudale, come nella 1
mano craniale, pollici agganciano lateralmente e da dietro i pilastri orbitali esterni del frontale.
4.
Le mani sono posizionate come per la presa della volta.

5.
Posso sentire anche solo lo sfenoide con una mano posizionandomi sulle grandi ali.

PRESE D’INGRESSO SUL CRANIO


Esistono delle prese con appoggi generali che servono per andare a percepire la mobilità sia del volume
craniale nel suo insieme ma anche più specificatamente a livello di sfenoide e occipite che rappresentano la
dinamica della sfera anteriore e della sfera posteriore.
Presa di base tramite la volta:
mignolo posteriormente ad asterion (ossia sull’occipite),
indice su grande ala sfenoide (dalla sutura fronto-zigomatico mi sposto
giusto in dietro e sento tessuto morbido e deprimibile, siamo un po’
sotto alla zona pterion),
III e IV dito poggiano rispettivamente davanti e dietro al padiglione au-
ricolare.
A questo punto se voglio interessarmi più dello sfenoide e dell’occipite
metto i pollici in appoggio solo tra di loro (per avere un appoggio più
puntiforme a livello delle grandi ali).
presa tramite la volta

72
Presa più avvolgente (Sutherland)
Se invece voglio avere informazi-
oni su tutto il volume (o per lo meno
buona parte): incrocio i pollici op-
pure mi metto in appoggio con il
palmo delle mani sui parietale con i
pollici che debordano un po’ sul fron-
tale, dipende anche da grandezza del
cranio.

Se facciamo un ascolto introduttivo di “entrata” sul meccanismo craniale la presa deve essere più “corposa”:
più ossa abbiamo tra le mani meglio è, quando invece vogliamo dettagliare sulla mobilità dello sfenoide per
es, allora tranquillamente possiamo fare presa relativamente più puntiforme sulle due ossa che pilotano le
sfere.
C’è anche un’altra presa attual-
mente in voga al Cerdo: metten-
dosi, da una parte e dall’altra, con
la metacarpo-falangea del V dito
dietro asterion e con pollici sulla
grande ala dello sfenoide. Al prof
Pecorelli non piace perchè anche
se è comoda e si sente molto bene
l’adattamento della dinamica del-
la base, non la si può comunque
usare come presa d’entrata su un presa sfeno-occipitale presa laterale
cranio perchè si ha la manifestazione dell’impulso su occipite e sfenoide ma mancano informazioni sulla volta
e si rischia perdere qualcosa: magari una forza traumatica o un punto fisso in cui non si esprime movimento e
non si sente (manca idea di tutto il volume..)
Infine presa occipito sfenoidale di fianco..

Un buon posizionamento corretto sulle grandi ali permette anche la possibilità di collocarle correttamente
nello spazio (per es sentire se quella di destra è più alta della sinistra). Ricordiamoci che alla nascita lo sfenoide
è diviso in tre porzioni (grande ala di dx, corpo e piccole ali, grande ala di sin), e questo offre un- ulteriore
capacità di adattamento e fa si che poi tranquillamente troviamo diverse morfologie e posizioni delle ali..
(l’occipite alla nascita è in 4 parti, il frontale in 2....)

dura madre
http://www.youtube.com/watch?v=8diQuqq8gVw

2 sem_Pecorelli

ZIGOMATICO. Anatomia
Fa parte della sfera ant. L’osso zigomatico entra nella costituzione di:
massiccio facciale
orbita ossea
fossa zigomatica (spazio retro-zigomatico, davanti alla fossa pterigo-palatina)
fossa temporale (sul bordo est libero inserzione dell’aponeurosi del m. temporale)

Lo dividiamo in:
3 facce (esterna, orbitaria, post-int),
3 bordi liberi
3 processi (frontale, temporale e rilievo dello zigomo).

73
Faccia esterna: presenta un orifizio che si chia- processo
ma foro zigomatico facciale. processo frontale
Nella parte bassa si trova il rilievo dello zigomo, orbitario faccia orbitaria
che è più o meno presente a seconda di con- tubercolo forame
notazioni genetiche oppure in funzione dello marginale zigomatico
facciale
stato. m. zigomatico
In alto presenta il processo frontale che fa su- processo
tura con il processo orbitario est del frontale (lo temporale
zigomatico ha un tav int) m. massetere rilievo
Dietro si trova il processo temporale fa sutura dello
zigomo
con l’apofisi zigomatica del temporale.

sut Sfeno
sut Fronto Zigomatica
Zigomatica
m. temporale
Faccia orbitaria: concava e liscia, pre- tubercolo palpebrale forame zigomatico
forame temporale
senta in basso il forame zigomatico fossa zigomatica
orbitario, dove entra il ramo zigoma- zigomaticorbitario
faccia sut Zigomatico
tico del V2; in alto si trova il tubercolo orbitaria Temporale
palpebrale, inserzione del leg palpe- sutura
brale est. Zigomatico
Mascellare fossa pterigo
mascellare

processo
forami frontale
zigomaticorbitari
Dentro l’orbita il V2 ha due rami: faccia
1. ramo infraorbitario, che dà l’innervazione sen- orbitaria
sitiva agli alveoli dentali
2. ramo zigomatico, che entra nell’orbita grazie alla processo
fessura orbitale inf, la attraversa, raggiunge (da dietro o piramide
verso avanti) l’osso zigomatico, lo penetra (grazie al mascellare forame
zigomatico
forame zigom. orbitario) e poi si divide in temporale
due ramuscoli:
2a. ramo zigomatico temporale (perché si dirige
verso l’osso temporale, attraverso il foro zigom. tem- processo
temporale
porale)
faccia
temporale

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faccia forame zigomatico
orbitaria orbitario
processo margine
frontale infraorbitario
2b. ramo zigomatico facciale (perché si dirige
verso la faccia, attraverso il foro zigomatico facciale)

forame
zigomatico
facciale

processo faccia
temporale laterale
Faccia interna: la porzione sup entra nella costituzione della fossa zigomatica e presenta una superficie che
fa sutura con l’apice del processo piramidale del mascellare (sut Mascello-Zigomatica, rugosa, avvitata).
Il confine tra la faccia orbitaria e la sut mascello-zigomatica forma una superficie che fa sutura con il bordo ant
della grande ala dello sfenoide, la sut. Sfeno-Zigomatica, dentellata, ad incastro.

1. Bordo sup-int:
porzione zigomatica del contorno orbitario

1 3 3. Bordo sup-est:
entra nella costi-
2 tuzione della fossa
temporale, inserzi-
one dell’aponeurosi
del m. temporale

2. Bordo inf-est: inserzione del m. massetere

ZIGOMATICO. Fisiologia
Lo zigomo è un osso della sfera anteriore, una delle sue particolarità meccaniche è quella di collegare la
sfera ant alla sfera post e di subire l’influenza di entrambe le sfere.
È in contatto con:
- la faccia orbitaria della grande ala dello sfenoide, che nel tempo di F si adatta in basso-avanti-fuori
(questo giustifica anche la diminuzione del diametro antero-posteriore dell’orbita);
- il pilastro orbitale esterno del frontale (lo zigomo ricopre il frontale), che si adatta anch’esso in basso-
avanti-fuori.
Combinando questi adattamenti si deduce quello dello zigomo.
In più a livello della sut temporo-zigomatica, l’apofisi zigomatica del temporale si adatta in basso-avanti-
fuori. Quindi possiamo dire con sicurezza che lo zigomo è un osso influenzato dalla sfera ant tramite il fron-
tale e lo sfenoide e dalla sfera posteriore tramite l’apofisi zigomatica del temporale.
Ricordiamo che una delle finalità del cranio è quella di mantenere l’alternanza tra F ed E, ossia la rotazione
opposta dei quattro quadranti o delle due sfere: un osso che collega la sfera ant e la post e ne subisce le
influenze può essere all’origine del mantenimento di una disfunzione della SSB (sincondrosi sfeno-basilare).
Un trauma a livello di uno zigomo (in un adulto o in un bambino) può creare una restrizione di mobilità a
livello della base del cranio, sulla SSB dove si ha la risultante dell’inversione delle rotazioni. In futuro quando
saremo in grado di testare la base del cranio, vi troveremo delle disfunzioni che vedremo permarranno an-
che dopo aver ridotto e liberato alcune strutture che secondo la teoria avrebbero dovuto eliminarle, questo
75
perchè ci sono zone che collegano la sfera ant e sfera post che possono impedire la rotazione opposta delle
due sfere.
Tali zone sono:
sut. temporo-zigomatica
sut. coronale
sut. sfeno-parietale.
sut. sfeno-squamosa (che tuttavia vedremo avremo già lavorato in precedenza).
Quando non si riesce in pratica a ridare una F in confronto al parametro di E nella fisiologia del cranio si deve
quindi riflettere sulla “linea” formata dal decorso delle sopracitate suture.

Fattori di mobilità
Abbiamo visto che la volta e la base del cranio (ovvero tutte le ossa che le costituiscono) sono sotto
l’influenza diretta delle membrane e che ci saranno dei becchi di flauto secondo un modello meccanico
perfetto. La particolarità del massiccio facciale invece è che non ci sono le membrane, che è incastrato sul
frontale e che è sotto l’influenza muscolare e delle costrizioni meccaniche della masticazione. Spesso trover-
emo perciò delle suture a incastro e le lavoreremo direttamente a livello meccanico.
Tre sono i fattori di mobilità:
grande ala dello sfenoide
pilastro orbitale esterno del frontale
apofisi zigomatica del temporale.
Sotto l’influenza di questi tre fattori lo zigomo è avvitato sulla piramide mascellare (la cui forma non potrà
essere descritta in quanto dipendente da tutte le costrizioni che subisce per es proveniente dal temporale,
dalla masticazione ecc). La risultante di tutto quanto detto è rappresentata dall’asse di mobilità che solita-
mente è definito a partire dai due punti più fissi.
Se vogliamo definire un asse di mobilità dello zigomo è quello che va dalla sut. temporo-zigomatica,
obliquo in avanti-dentro su un piano orizzontale per raggiungere l’incastro con la piramide mascellare.
Globalmente tutte le parti al di sopra dell’asse nel tempo di F del cranio si adattano in basso-avanti-fuori;
tutte le parti sotto l’asse in alto-dietro-dentro. In seguito all’avvitamento con la piramide lo zigomo sarà il
più grande fattore di mobilità del mascellare, ma non l’unico.
Fattori di mobilità del mascellare
zigomo > piramide mascellare
frontale > branca ascendente del mascellare (frontale: nel tempo di F sale e indietreggia a livello della
glabella)
vomere > sut. intermascellare (il vomere trasmette la spinta verso basso proveniente dallo sfenoide).
PRESE
Ci sono due o tre prese sullo zigomo. Ne vediamo una.
Presa a 3 dita
Indice > partendo dal pilastro orbitale esterno palpo il bordo
inferiore dell’orbita ossea finché s’incontra la sut zigomatico
mascellare, lateralmente ad essa metto l’indice sul bordo
orbitario;
medio > è a livello del rilievo dello zigomo ma sotto l’asse;
pollice > faccio repere sulla sut fronto-zigomatica, vado più
in basso e aggancio dietro la porzione orbitaria dello zigomo.
La difficoltà sta nel prendere dei punti di contatto abbastanza
precisi. Le mani sono globalmente perpendicolari rispetto al
viso, perchè questo mi permette di giudicare una RE e una RI.

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posizione corretta posizione scorretta
Test di mobilità
Si sentono ritmo e ampiezza e, per indurre la RE: nel tempo di F
pollice > “spinge” in basso-avanti
medio (che si trova sotto l’asse) > dà un impulso in alto-dietro-
dentro. Se ho un buon appoggio con queste due dita è già
sufficiente e si può tralasciare l’azione con l’indice (che in teoria
indurrebbe in basso-avanti-fuori).
Nella foto Audouard toglie gli indici per evidenziare che non
servono per indurre la RE ma non bisogna toglierli quando si fa
davvero il test.
RE
Per indurre la RI: nel tempo di E
medio > in alto-fuori
indice > porta il bordo orbitario piuttosto verso l’interno.
Si potrebbe anche cambiare l’appoggio del pollice sulla
porzione orbitaria: post per testare la RE, ant per la RI.
RI

Presa a 2 dita
Medio aggancio il rilievo dello zigomo dal basso verso l’alto.
Indice sul bordo orbitale dello zigomatico.
Quindi mi ritrovo lo zigomatico tra le mie due dita.
L’asse di mobilità (già visto) è piuttosto teorico perchè non ci sono becchi di flauto.

Nel tempo di F la porzione orbitaria dello zigomo si adatta in basso-avanti-fuori


per azione del pilastro orbitale esterno del frontale e
del bordo ant della grande ala dello sfenoide.
Questo giustifica l’aumento - nel tempo di F - del diametro obliquo dell’orbita>
l’adattamento del pilastro in basso-avanti provoca la dimin verticale
l’avanzamento della grande ala causa la diminuzione ant-post
Al di sotto dell’asse tutte le porzioni si adattano in alto-dietro-dentro.

Becchi di flauto:
a livello della sut. fronto-zigomatica lo zigomo ha un becco a tavolata int e ricopre il pilastro orbitale est
a livello del bordo ant della grande ala si tratta di una sutura a incastro
a livello della piramide mascellare abbiamo un incastro
a livello della sutura temporo-zigomatica lo zigomo (TAV INT) è appoggiato sull’apofisi zigomatica del temp
77
(TAV EST) e possiamo trovare delle differenze anatomiche, dipendono dalla potenza dei muscoli masticatori
etc..

Interessi
Collega la sfera ant alla sfera post, questo significa che una disfunzione a livello della base del cranio può
essere mantenuta dallo zigomo. La rotazione opposta delle due sfere a questo livello può esserne limitata.
Possiamo anche pensare allo zigomo come a un osso equilibratore tra le sfere ant e post.
Solitamente lo consideriamo come un osso di protezione, è molto potente e spesso è sottoposto a traumi, il
rischio è che sia impattato sulla piramide mascellare.
Lo zigomo è un fattore di mobilità enorme (il principale) per il mascellare.
Interviene effettivamente sulla funzione oculare, vi troviamo infatti l’inserzione del tendine riflesso
del m. retto esterno. La logica della presenza di un tendine riflesso e di un tendine diretto sta nel fatto che
nel caso di una paresi del n. abducente (VI) questo tendine rappresenta un freno per la rotazione del globo
sotto l’azione del retto interno. Troviamo inoltre, incostantemente, anche una parte dell’inserzione del m.
piccolo obliquo.
Un altro interesse dello zigomo è che essendo avvitato (in RE) sulla piramide del mascellare interviene sulla
fisiologia (in apertura) del seno mascellare.
Si può intervenire sulla secrezione lacrimale: quando si guarda verso l’alto succede che il m. retto superiore
orienta il globo oculare in alto ma c’è contemporaneamente anche una contrazione del m. elevatore della
palpebra, questo significa prima di tutto che entrambi hanno la stessa innervazione. In più la particolarità
di quest’ultimo muscolo è che si trova nella parte sup dell’orbita e attraversa la ghiandola lacrimale. Questo
significa che ogni volta che solleviamo le palpebre il m. elevatore della palpebra si contrae e va a schiacciare
la ghiandola come se fosse una spugna, poi quando si riabbassa la palpebra si distribuisce il prodotto della
secrezione ghiandolare sulla cornea per due motivi: per ossigenarla e per uniformare il raggio di curvatura.

Riflettiamo sulla lacrimazione: ne è responsabile il s. vegetativo paraS, che è comandato dal ganglio
sfeno-palatino (GSP) situato nell’omonima fossa, a cui arrivano sicuramente delle fibre e da cui ne dipartono
altre. Le afferenze arrivano tramite il n. vidiano (tra il corpo dello sfenoide e la parte sup dell’apofisi
pterigoidea c’è il canale vidiano) e la seconda branca del trigemino (V2) che fuoriesce dal foro rotondo. Il n.
vidiano è formato dai nn. petrosi provenienti dal VII (faciale) e dal IX (glossofaringeo) nn. cranici che ri-
troviamo a livello dell’osso temporale: in altri termini il temporale sarà il capo del controllo neurovegetativo
di tipo paraS che comanda le afferenze del GSP. Da questo ganglio partono delle efferenze in direzione
dell’occhio, della bocca e delle fosse nasali. Il legame anatomico comune a queste regioni è rappresentato
dalla stessa mucosa che le riveste. La catena costituita da: temporale, afferenze (nn. petrosi, n. vidiano e V2),
ganglio sfeno-palatino e le efferenze che da qui si dirigono verso occhio, bocca e fosse nasali comanda le
secrezioni ghiandolari di questa mucosa. Perchè una mucosa secerne qualcosa? Per difendersi: una mucosa
che non secerne diventa atrofica e non può più giocare il suo ruolo. Il sistema di difesa di tutte queste strut-
ture (occhi, naso e bocca) dipende quindi dal temporale. Quando ci avviciniamo a un temporale bisogna
pensare a questo, per es nei bimbi succede che quando c’è un dentino che cresce e spinge, la particolarità è
che insorgono spesso anche raffreddori oppure otiti: basta che questa mucosa sia colpita da una
parte per coinvolgere tutto quanto. Allo stesso modo quando gli adulti sono raffreddati vengono
interessati (forse meno) a livello dell’orecchio ma comunque sicuramente lacrimano gli occhi. Inoltre es-
sendo in contatto con l’esterno necessariamente serve una mucosa trofica e secernente. Il trofismo è dovuto
al paraS ma anche alla vascolarizzazione arteriosa che a questo livello (parte ant del cranio) dipende dal
sistema carotideo che ricordiamo essere sotto il comando del ganglio cervicale sup: si deve controllare
quindi che a tale livello non ci sia una disfunzione che possa creare una stimolazione del ganglio e quindi
una vasocostrizione che diminuisca l’apporto ematico trofico.

ganglio cervicale sup> sistema carotideo > vascolarizzazione arteriosa della parte ant del cranio

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lacrimazione n. vidiano (= nn. petrosi del VII e IX provenienti dal
afferenze temporale)
V2
1. s. vegetativo paraS
(controllato del Ganglio SP)
efferenze verso le mucose di occhi-bocca-naso

2. vascolarizz arteriosa > sistema carotideo


(controllato del Ganglio Cerv Sup)

Questo discorso ci permette di capire l’applicazione pratica di tutto il nostro costrutto teorico: per es su un
raffreddore lavoriamo per “aprire” tutto quanto e portare tutto in RE, ma prima di agire direttamente sul tem-
porale (che abbiamo definito come il capo del sistema di difesa) si deve lavorare sull’occipite e, ancor prima,
sul sacro (non possiamo avere una mobilità corretta dell’occipite se il sacro si trova in uno stato di restrizione
meccanica). Si devono integrare come sempre gli argomenti e riflettere sui collegamenti: dopo il sacro si
deve pensare al diaframma (per i collegamenti tra centro frenico e apofisi basilari dell’occipite); dopo il dia-
framma allo stretto toracico sup e quindi a clavicola e scapola; a C3-C2-C1; all’occipite; al temporale; si agisce
infine sulla fossa pterigo-mascellare dove c’è il GSP (il rischio è che la fossa sia troppo ristretta e quindi si
lavora per aprire tutto quanto e permettere alle afferenze di arrivare tranquillamente). Lo scopo è quello di
stimolare le difese ossia le secrezioni paraS che permettono alla mucosa di difendersi, ma ci sono altri organi
di difesa immunitaria: la milza, la pelle, l’intestino tenue, il timo e il fegato (che assicura la sintesi di proteine
plasmatiche, alcune delle quali si raggruppano per formare il sistema del complemento che è indispensabile
all’azione delle immunoglobuline, in questo senso il fegato è un organo immunitario). Il veleno del fegato
sono i latticini; ci sono bambini che li sopportano e altri no, diventano intolleranti (al di là della quantità..)

approccio al raffreddore sacro, collegam meccanico-duramerico con occipite


diaframma, per i collegamenti tra centro frenico e apofisi basilari dell’occipite
stretto toracico superiore > quindi clavicola e scapola
C3-C2-C1
occipite, osso principale della sfera post
portare il temporale in RE per “aprire” tutto
fossa pterigo-mascellare dove c’è il GSP

organi emuntori: milza, pelle, intestino tenue, timo e fegato


Fattori di restrizione di mobilità
Possono essere: la mandibola, il temporale, lo sfenoide, il frontale, il mascellare.

Pecorelli
MASCELLARE. Anatomia
Il mascellare è l’osso più grande del massiccio facciale ed entra nella costituzione di:
- orbita ossea con la faccia orbitaria
- fosse nasali (costituite inoltre dall’etmoide, dal palatino, dallo sfenoide, da una piccola parte delle ossa
nasali e dal turbinato inferiore)
- bocca
- fossa pterigo-mascellare (è costituita da avanti verso dietro: dalla tuberosità posteriore del mascellare,
dalla lamina verticale del palatino e dalla pterigoide; sopra a fare il soffitto troviamo la porzione inferiore
della grande ala dello sfenoide; sul fondo della fossa c’è il foro sfeno-palatino)
- fossa zigomatica (cioè tutto ciò che si trova dietro allo zigomatico)
- canale lacrimo-nasale (formato dall’osso lacrimale e dal processo frontale del mascellare, la doccia è
l’imbocco del canale lacrimo-nasale).
Il mascellare presenta quattro processi che sono:
- processo frontale che si relaziona con l’osso frontale
- processo piramidale che si mette in relazione con l’osso zigomatico
79
- processo palatino (all’interno) che va a formare il palato duro e la base delle fosse nasali
- processo alveolare dove sono presenti gli alveoli dentali (16 per l’arcata sup e 16 per l’arcata inf e dove si
impiantano i denti).

Presenta una faccia ant-esterna che comprende in osso nasale


alto > il processo frontale del mascellare che fa sutura (dentellata a osso lacrimale
incastro) con il pilastro orbitale interno del frontale e
davanti > fa sutura (di contatto) con il bordo post dell’osso nasale. Il
bordo post del processo frontale fa sutura (contatto) con il bordo ant
dell’osso lacrimale. Poi scendendo troviamo:
un orifizio > il forame infraorbitario attraverso cui passa il ramo
infraorbitario che è una derivazione del V2 forame
infra-
la bozza canina > che è la convessità antero-mediale presente in orbitario
corrispondenza del dente canino. A questo livello ho la corrisponden-
za all’interno delle vestigia della sutura tra osso incisivo (o premascel-
lare) davanti e osso mascellare, che corrisponde proprio al canino.

Faccia post-esterna: ha una morfologia ad “S” italica cioè la sua parte


posteriore è convessa mentre la parte più anteriore è concava.
Nella zona della fossa zigomatica la parte post si chiama tuberosità
post del mascellare e presenta in alto il solco infraorbitario che poi deborderà sulla faccia orbitaria e darà
il passaggio per una parte del V2 (ramo infraorbitario) che qui ha già avuto una sua suddivisione (dal ramo
zigomatico). Nella fossa pterigo-palatina il V2 si mette in relazione con il ganglio sfeno-palatino poi va nel
solco infra-orbitario ma prima emette dei rami che si chiamano nn. alveolari posteriori i quali entrano
all’interno dei canalicoli presenti nella tuberosità post del mascellare e camminando nell’osso vanno a inner-
vare gli alveoli dentali post. L’innervazione dell’arcata dentaria post è dunque a carico del V2. Riassumendo:
sulla faccia post-esterna c’è la presenza dei canali alveolari post per gli omonimi nervi e una porzione del
solco infra-orbitario dove cammina il ramo omonimo.

V2 > ganglio SP > nn. alveolari posteriori


n. infraorbitario
Faccia orbitaria: è liscia e inclinata in basso-avanti-fuori; presenza del solco in-
fraorbitario in cui penetra il nervo omonimo che cammina dentro il mascellare poi
una sua parte raggiunge l’esterno (per innervare la cute della palpebra inf, il naso, il
labbro sup e le guance da un punto di vista esterocettivo), ma lascia dentro l’osso il n.
alveolare sup anteriore che scende nell’osso e va a innervare gli alveoli ant con i suoi
ramuscoli (si formano anche delle anastomosi con i rami post). Così abbiamo chiuso
l’innervazione degli alveoli dentali superiori a carico del V2, n. mascellare.
Il processo piramidale: è un po’ il punto di convergenza della faccia ant-esterna, post-esterna e orbitaria, in
effetti geometricamente in modo molto grossolano si paragona il mascellare a una sorta di piramide trian-
golare con apice sul processo piramidale, tre lati e tre facce (orbitaria, postero-esterna e antero-esterna) e la
base è la faccia interna. Questo processo piramidale fa sutura con l’osso zigomatico: è una sutura avvitata a
incastro, imbricata e rugosa, sembra proprio che lo zigomatico si avviti.

canale palatino maggiore > forame palatino maggiore > n. grande palatino e
a. palatina discendente
lamina verticale del palatino > nn. palatini maggiori e minori (per la mucosa post del palato)
forame incisivo > n. nasopalatino (mucosa della parte ant)

80
n.trigemino
ganglio semilunare
n. petroso profondo radice motrice del n.trigemino
m. tensore del timpano n. mandibolare
n. piccolo petroso n. oftalmico
n. mascellare n. pterigo-
n. facciale n. gran petroso n. ottico
ganglio genicolato palatino
n. intermedio n. infraorbitario
m. stapedio
n. zigomatico
seno
mascellare

cellule mastoidee r. del n.


infraorbitario
cavità del timpano
corda del timpano
n. timpanico
forame stilomastoideo
n. caroticotimpanico
n. vago
ganglio inf del n. glossofaringeo
n. carotico int n. del canale
a. carotide int pterigoideo
m. pterigoideo med rr. alveolari rr. alveolari
tuba sup e inf r. alveolare sup. ant.
auditiva ganglio sup. medio
r. alveolare
pterigo- sup medio
palatino
Faccia interna: di fatto è la base della piramide che è divisa in due porzioni dal processo palatino. La porzi-
one sopra di questo si chiama segmento nasale del mascellare, la porzione al di sotto è il segmento buc-
cale del mascellare.
Nel segmento nasale da dietro verso avanti si osserva: anzitutto una superficie rugosa che va a formare una
sutura tra il mascellare e la lamina verticale dell’osso palatino (sut. palatino-mascellare con forma a “L”).
Tale superficie rugosa verticale è particolare perché al centro presenta il solco palatino maggiore che
diventa canale palatino maggiore per l’accollamento della lamina verticale del palatino e in cui passa il n.
grande palatino e l’arteria palatina discendente che provengono dal ganglio sfeno-palatino.
Il processo palatino del mascellare forma il palato duro per i suoi 2/3 anteriori, il restante 1/3 post è formato
invece dalla lamina orizzontale del palatino (che superiormente forma anche il pavimento delle fosse nasali).
Nella fossa pterigo-palatina ci sono delle efferenze che scendono e raggiungono il terzo post del palato: si
tratta dei nn. palatini maggiori e minori che decorrono sulla lamina verticale del palatino e inner-
vano una buona parte della mucosa post del palato duro, la parte anteriore sarà innervata da un altro nervo
che proviene sempre dal ganglio sfeno-palatino.
lamina cribrosa dell’etmoide
tratto olfattivo rami nasali laterali post-sup
del ganglio pterigo-palatino (o sfeno-palatino)
n. mascellare (V2)
ganglio pterigo-palatino (o sfeno-palatino)
n. grande petroso superficiale
n. petroso profondo
n. del canale pterigoideo
r. faringeo del ganglio pterigo-palatino
(o sfeno-palatino)
n. naso-palatino
r. nasale laterale post-inf del
n. palatino maggiore

81
Il canale va a finire nella parte posteriore esterna del palato duro dove trovo un foro tra la lamina orizzontale
del palatino e il processo palatino del mascellare che si chiama forame palatino maggiore da cui esce il
n. grande palatino che vedremo porta un’efferenza neurovegetativa di controllo della mucosa del palato
duro. Un altro nervo che proviene del GSP esce dal forame incisivo: è il n. nasopalatino che controlla la mu-
cosa della parte ant. Vedremo poi l’anatomia del ganglio e i percorsi delle sue vie efferenti che ci serviranno
per la pratica che faremo sulla bocca: abbiamo la possibilità di stimolare direttamente il ganglio nella fossa
con delle tecniche oppure di modellare la fossa palatina se ci sono delle condizioni irritanti nei confronti
del ganglio che possiamo così regolare nella sua funzione neurotrofica della mucosa delle fosse nasali, del
palato duro e anche dei tessuti periorbitali. In alto osserviamo il trigono palatino che è una piccola zona
di contatto tra il mascellare e l‘apofisi orbitaria del palatino. In avanti troviamo un orifizio: lo iato del seno
mascellare, sapendo però che nel vivente non è così ampio come appare nell’osso ma ci sono una serie di
strutture (tra cui anche l’etmoide con i suoi cornetti, il turbinato inferiore, la lamina verticale del palatino)
per cui l’orifizio del seno mascellare si restringe parecchio, questo perché deve filtrare, isolare e creare un
ambiente con una temperatura abbastanza stabile. In alto trovo una superficie di contatto tra il mascellare e
le masse laterali dell’etmoide: è una sutura irregolare qui descritta con la presenza di emicellette che unen-
dosi a quelle dell’etmoide creano le cellule etmoidali che sono dei micro seni paranasali rivestiti di mucosa
all’interno con delle micro-secrezioni che poi sfogano sulle fosse nasali. Vado verso avanti e trovo l’incisura
lacrimale e poi il solco lacrimale dove scendono le lacrime, siamo nella parte posteriore del processo fron-
tale, esattamente nella doccia e nel canale lacrimo-nasale. Avanzando verso la faccia mediale del processo
frontale del mascellare trovo due creste (formano suture di contatto): la cresta etmoidale per il contatto
con l’etmoide e la cresta turbinata con il turbinato inferiore (o cornetto o conca nasale) che è un osso a sé
stante. Lo spazio delimitato tra cornetto e la parete laterale della fossa nasale si definisce “meato”.
cresta etmoidale
margine lacrimale
solco nasolacrimale

seno
cresta mascellare
nasolacrimale
lunula
cresta concale
spina
nasale ant
processo
canale incisivo palatino

processo alveolare

Faccia mediale dell’osso mascellare dx

Processo Palatino: divide il segmento nasale in alto da segmento buccale in basso, è più spesso anterior-
mente che posteriormente; davanti e in alto presenta la spina nasale (palpabile); poco dietro trovo un solco
che forma con l’osso controlaterale il canale incisivo che sbocca nel forame incisivo da cui emerge il n. naso
palatino (già citata efferenza del ganglio sfeno-palatino). Andando verso dietro il processo diminuisce il
suo spessore e alla fine col suo bordo posteriore forma una sutura con il bordo anteriore della lamina oriz-
zontale dell’osso palatino: è nettamente una sutura squamosa con tavolato superiore per il mascellare (ossia
il palatino ricopre il mascellare e vedremo che ciò ha un significato in fisiologia). Il processo palatino fa con
il controlaterale una sutura di contatto irregolare. La parte superiore del processo palatino forma i due terzi
anteriori della base delle fosse nasali, la faccia inferiore i due terzi anteriori del palato duro.

Porzione buccale: al centro trovo incostantemente il “torus palatinus”, è un rilievo presente antero-pos-
teriormente lungo la linea mediana che si è visto ha sia delle implicazioni di natura genetica ma anche di
natura fisiologica cranio-sacrale, perché è una sorta di impronta del vomere sul mascellare. Anteriormente
abbiamo già descritto il forame incisivo e postero-lateralmente il forame palatino maggiore con relativi
passaggi. La superficie naturalmente è rivestita di mucosa buccaria.
82
Il processo alveolare dove sono presenti gli alveoli sull’arcata superiore e ogni cavità alveolare è separata
dai setti interalveolari.

PRESE
Presa esterna sul mascellare: ascolto, test e correzione
Pollici: sulla branca ascendente del mascellare lateralmente alle ossa nasali e giusto sotto al frontale;
indici: interni rispetto alle bozze canine, sui denti incisivi
medio, anulare e V dito: si appoggiano morbidamente con i polpastrelli sull’arcata alveolare superiore, lat-
eralmente alle bozze canine quindi esterni all’asse, più indietro possibile sul processo alveolare.
L’appoggio è a livello delle gengive non sui denti.

pollici indici medi


(nella foto Pecorelli mette i
mignoli perché si vede meglio)

Presa a 3 dita con indici intrabuccali (due prese)


Pollici interni all’asse vicino alla sutura incisiva.
Per indurre la RE
Indici si posizionano (con i ditali) all’interno della bocca, esternamente rispetto ai canini sul margine masti-
catorio del dente (sulla cuspide) (più esterna sto più sento perché sono esterna all’asse).
Le altre dita sono fuori dalla bocca, si piegano e si appoggiano sulla guancia.

RE

83
Per indurre la RI
Indici (con i ditali) all’interno della bocca, internamente
rispetto alle bozze canine
Le altre dita sono fuori dalla bocca, esternamente rispetto
ai canini, chiudono l’arcata alveolare superiore.

RI
L’asse di mobilità del mascellare va dalla branca ascendente, obliquo in
basso-avanti-fuori per raggiungere la bozza canina. Ho interesse a met-
tere un dito all’interno e un appoggio all’esterno. I gomiti dell’operatore sono in
appoggio sul lettino a una distanza conveniente. Si considera prima di tutto da
che morfologia si parte, da quale stato: qual’è la forma dei due mascellari (molto
aperti o molto chiusi, uno più alto e uno più basso...), sento la densità ossea sui
punti d’appoggio, infine alleggerisco la presa e mi metto in ascolto tessutale
della dinamica cranio-sacrale in RI e RE.

Il movimento del mascellare in RE: internamente all’asse (la spina nasale) indietreggia, quindi
indici, spingono verso dietro
pollici, spingono in senso trasversale (per orizzontalzz la branca ascend) e in basso
altre dita, apprezzano l’apertura laterale
perché globalmente il palato si allarga (poi ci saranno altri parametri che vedremo in fisiologia....). Si può
anche fare una piccola trazione verso il basso con i pollici per vedere se le branche ascendenti si lasciano dis-
ingaggiare rispetto ai frontali perchè a volte ci sono degli impatti (questa azione non è nulla di scolastico).
Al test potremo trovare uno o entrambi i mascellari in RE o interna oppure una disfunzione combinata con
i due ossi in disfunzione opposta. Oltre a denominare la disfunzione (est o int), possiamo anche ottenere
qualche informazione supplementare, per es: su una disfunzione di rotazione esterna, quando induco la
rotazione interna potrei sentire che ci sono dei punti specifici in cui si evidenzia una limitazione effettiva,
differenzio cioè se è tutto l’osso o una sua parte (processo alveolare o frontale x es) in particolare che non
accetta il movimento. Se l’ingaggio è localizzata più a livello di una sutura e deriva dai rapporti del mascel-
lare con delle ossa piuttosto che con delle altre, questo m’indirizza nell’indagine e nel trattamento. Questo
discorso lo possiamo fare su tutte le ossa (per esempio su una disfunzione in estensione dell’occipite, sen-
tendo che la zona condilare è quella con maggiore restrizione, andrò a controllare la meccanica del passag-
gio C0-C1..)

Audouard
MASCELLARE. Fisiologia
Il mascellare è un osso della sfera anteriore (sfenoide + frontale), il suo asse di mobilità va dalla branca
ascendente, obliquo in basso, in avanti e infuori per finire a livello della bozza canina. Alla nascita sul palato
osseo, da un canino all’altro, è presente la sut Premascellare che autorizza la crescita antero-posteriore
dell’osso. Il bambino che si succhia il pollice, tirando verso l’avanti, sviluppa molto la crescita antero-posteri-
ore che si definisce promascilia (?). La lingua si trova solitamente appoggiata sul pavimento della bocca di-
etro agli incisivi inferiori. Se c’è, per un motivo o per un altro, una tensione eccessiva a livello del pavimento
buccale o una pressione troppo alta della lingua, succede che essa piuttosto che essere sull’arcata inferiore
si trova su quella superiore, spinge in avanti e aiuta la crescita ant-post del mascellare.
Fattori di mobilità
Sono tre: frontale, zigomo e vomere.
Nel tempo di F del cranio la branca ascendente, in relazione (incastrata) con il frontale, segue
l’indietreggiamento della glabella ed essendo abbastanza sagittale, si frontalizza un po’ (per effetto della
84
RE dello zigomo). La sutura intermascellare tra gli incisivi di dx e di sn indietreggia. La tuberosità posteriore
del mascellare indietreggia, va in fuori (sempre per la RE dello zigomo) e va in basso per l’abbassamento del
vomere. Per azione dello stesso osso anche la sutura intermascellare si abbassa.
Normalmente il palato osseo ha una convessità uniforme verso il basso, se è presente un’impronta del vom-
ere sulla sutura intermascellare (si avverte con la lingua come una bozza mediana), significa che c’è stata una
difficoltà di adattamento e questo ossicino (che ha neanche 2 mm di spessore in confronto alla robustezza
dei mascellari che subiscono delle costrizioni mostruose) avrà molto probabilmente subito una deviazione
(del setto nasale) che comporta una fossa nasale più aperta e una più chiusa. Le fosse sono rivestite da mu-
cosa i cui prodotti di secrezione sono ben eliminati qualora siano ben aperte, ne consegue che nella fossa
più chiusa c’è un maggior rischio d’infezioni permanenti o di riniti ricorrenti.
La faccia orbitaria del mascellare si adatta in avanti e in
fuori (siamo più o meno sul piano orizzontale), il che condiz-
iona la faccia orbitaria dell’etmoide: sappiamo dalla fisio-
logia di quest’osso che (nel tempo di F del cranio) l’apofisi
crista galli va in alto-dietro tirata dalla falce, mentre la sua
parte post va in basso (grazie all’apertura post dell’ incisura foro sovraorbitario
etmoidale del frontale e all’adattamento ad ingranaggio con
la faccia ant del corpo dello sfenoide), questo per quanto
riguarda la sua parte mediana. Lateralmente troviamo
invece le masse laterali dell’etmoide: la loro espansione
trasversale (nel tempo di F) sarà possibile solo se è contem-
poraneamente presente la componente in avanti-fuori della foro infraorbitario
faccia orbitaria del mascellare; se per caso il mascellare non
può fare la sua RE o i due mascellari sono molto stretti ab-
biamo come risultato quei bambini che tipicamente sono
sempre raffreddati. La faccia orbitaria del mascellare
condiziona per una grande parte l’espansione e la fisiologia foro mentale
delle masse laterali dell’etmoide (mai dimenticarlo).

Interessi del mascellare


La porzione alveolare fa da supporto per tutti i denti (nessuno si impianta sull’osso palatino).
Nello spessore della faccia orbitaria (pavimento dell’orbita) passa la doccia per il n. mascellare (V2) che
fuoriesce a livello del foro sotto-(o infra) orbitario e provvede alla sensibilità del naso, della regione sotto-
orbitaria, di una parte della guancia ecc.. questo permette una differenziazione palpatoria tra una nevralgia
del trigemino del V1, del V2 o del V3.

Nel caso di una nev-


ralgia della branca per la divisione per la branca
oftalmica (V1) avre- mascellare (V2) mandibolare (V3)
mo l’emergenza nel nel foro infraor- nel foro mentale
foro sovraorbitario; bitario; della mandibola.
La sut Intermascellare partecipa alla crescita trasversale del massiccio facciale e può inoltre essere un freno
per la F dello sfenoide (perchè autorizza la fisiologia del vomere).
Presenza del seno mascellare: più piccolo nel vivente (é chiuso per una parte dal lacrimale, dall’etmoide,
dalla lamina verticale del palatino e inoltre è rivestito di mucosa congestiva).

Becchi di flauto
Frontale: a livello della branca ascendente troviamo un incastro.
Zigomo: un incastro.
Palatino: sut di contatto tra la tuberosità posteriore e la lamina verticale del palatino;
la lamina orizzontale del palatino teoricamente ricopre il bordo posteriore del processo palatino del mascel-
lare (tuttavia siamo sottoposti alle costrizioni della masticazione per cui sono presenti delle varianti).
85
Mascellare controlaterale: sutura intermascellare ad incastro.

Fattori di restrizione di mobilità


Frontale, zigomo e mascellare controlaterale (non mettiamo ossa deboli come il vomere o i palatini che piut-
tosto subiscono).
È importante capire gli interessi dell’osso e la logica del meccanismo.

Cenni sulla fossa pterigo-mascellare:


La fossa pterigo-palatina è formata da dietro in avanti da tre elementi:
apofisi pterigoidea dello sfenoide
lamina verticale del palatino
tuberosità posteriore del mascellare.
Al di sopra c’è la faccia inferiore del corpo dello sfenoide, dentro vi ritroviamo il ganglio sfeno-palatino (cui
arrivano il nervo vidiano e il V2) e l’arteria mascellare interna (vedremo più avanti). Tra sfenoide e palatino
finisce la lamina verticale del palatino dando due apofisi: un’apofisi sfenoidale (va alla faccia inferiore del
corpo dello sfenoide) e un’apofisi orbitaria (entra nella costituzione dell’orbita ossea); tra le due troviamo
circoscritto il foro sfeno-palatino a cui livello passano il nervo, l’arteria e la vena omonime.
Nella F del cranio le apofisi pterigoidee si adattano in alto-dietro-fuori; la tuberosità posteriore del ma-
scellare in dietro-fuori-un po’ in basso (quindi tutto andrà in dietro-fuori). Tra le due suddette porzioni
troviamo il palatino la cui lamina orizzontale si abbassa (perchè sopra ha il vomere) mentre la lamina ver-
ticale va dietro-basso-fuori (davanti c’è la tuberosità posteriore del mascellare che non può far altro che
seguire): globalmente quindi il palatino si abbassa per azione del vomere che vi si appoggia e per quanto
riguarda la lamina verticale indietreggia e va in fuori.
Per liberare il ganglio dalle costrizioni meccaniche presenti sulla fossa pterigo-palatina (che è uno spazio
molto ristretto) si lavora su 2 suture: una è quella tra mascellare e palatino, l’altra tra palatino e pterigòide, (si
tratta infatti di costrizioni indotte dalle pterigoidee e dalla tuberosità post del mascellare che sono strutture
belle toste).
Per liberare la sut tra mascellare e palatino facciamo avanzare globalmente la tuberosità post del mascel-
lare cioè la portiamo in RI mentre il palatino lo portiamo in RE (indietreggia).
Per liberare la seconda sutura, tra palatino e pterigòide: porto il palatino in RI (avanza) e lo sfenoide in F
(pterigoide indietro). Non basta tutto questo, le afferenze arrivano al ganglio e da questo partono le efferen-
ze che passano nel foro sfeno-palatino, non è quindi male aprirlo meccanicamente per facilitare le efferenze,
quindi: portiamo lo sfenoide in E (il corpo si alza) e i palatini in RE.
Riassumendo, per un lavoro sulla fossa Pterigo Mascellare si devono considerare le seguenti strutture:
sacro,
diaframma
stretto toracico superiore
colonna cervicale
occipite
temporale
e infine con altre tecniche per stimolare il ganglio, di più non si potrà fare!

Sem 2 Menichelli

TECNICHE CRANIALI. Funzionali dirette e indirette, meccaniche, modellaggio.


Si possono effettuare delle correzioni craniali con diverse tecniche che sul piano teorico si basano sugli
stessi principi che possiamo utilizzare su qualsiasi distretto osteopatico. Sappiamo che in osteopatia si usano
delle tecniche funzionali e delle tecniche meccaniche e non solo sul cranio.

Le tecniche funzionali sono quelle che utilizzano l’aiuto dell’impulso ritmico craniale (IRC): siamo in ascolto
e lo impieghiamo nell’esecuzione della tecnica. Si dividono in funzionali indirette e funzionali dirette, nella
pratica decideremo quale di queste tecniche sarà più utile a seconda del tipo e dell’età del paziente e del
tipo di disfunzione.

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Tecniche FUNZIONALI_ indirette
Tecnica di aggravamento >����������������������������������������������������������������������������������
si esegue la correzione a favore della barriera disfunzionale (aggravo la disfun-
zione). Si cerca così una risposta delle membrane a tensione reciproca inversa cioè verso la correzione.
Si parte quindi da un ascolto e si esegue una correzione della disfunzione andando all’inizio verso la barriera
disfunzionale (cioè si aggrava la disfunzione, sempre all’interno dell’IRC). Questo farà si che si otterrà una
reazione inversa delle membrane a tensione reciproca, cioè le membrane risponderanno con un’energia che
successivamente porterà la struttura trattata verso la correzione (esattamente come nel lavoro sulle fasce).
Tecnica del punto neutro > cerco un punto neutro disfunzionale (un punto di equilibrio in cui non si sente
più nulla, in cui sembra che la struttura si fermi) a partire dal quale l’IRC si riorganizza

Per es ho un temporale in disfunzione di RE: nella prima possibilità ci si mette in ascolto dell’impulso (per-
chè è una tecnica funzionale) e durante il tempo di RE la aggravo mentre durante la RI mantengo; nei suc-
cessivi tempi faccio lo stesso finché ad un certo punto le membrane a tensione reciproca reagiranno e
sentirò un’energia che vuole tornare verso la rotazione interna e userò quella per correggere la disfunzione.
In realtà ho mandato un’informazione sottocorticale di rilassamento che poi uso per tornare verso la cor-
rezione. Seconda possibilità: è sempre una tecnica funzionale perciò ci si mette in ascolto dell’IRC, in questo
caso si segue (piuttosto che aggravare) la rotazione esterna e si mantiene la rotazione interna. A un certo
punto si sentirà che si ferma tutto (invece di avere una risposta elastica): l’IRC si sta riorganizzando e quindi
si aspetta (da pochi secondi a minuti) finche l’impulso riparte armonico tanto in RE quanto in RI. Questa sec-
onda possibilità la vedremo meglio nei prossimi anni, per ora utilizzeremo più la tecnica dell’aggravamento
su tutte le ossa del cranio.

Indicazioni e controindicazioni
Si usano elettivamente sul neurocranio dai 5 anni in poi, siccome si utilizza la risposta del Pz (non è
l’operatore il protagonista di questa tecnica).
Necessitano di un terreno favorevole da parte del Pz (ovvero una buona capacità di reazione); qualora ci si
accorgesse che questa funziona poco si utilizzeranno altre tecniche in cui si è più attivi. Scolasticamente le
tecniche funzionali non si utilizzano quasi mai nei bambini prima dei 5 anni, anche se non tutti i pensieri
osteopatici (anche personalità importanti) seguono questa regola.

Tecniche FUNZIONALI_ dirette


Tecnica contro la barriera disfunzionale > si �������������������������������������������������������������������
conduce la struttura in disfunzione contro la barriera disfunzi-
onale fino ad un suo cedimento/ammorbidimento, che indica la risoluzione della disfunzione.
Ci mettiamo sempre all’ascolto dell’impulso ma invece di andare verso la disfunzione si va verso la correzi-
one (ossia verso la barriera disfunzionale). Il temporale in disfunzione di RE: durante il tempo di RE lo blocco
un po’, durante il tempo di RI lo porto in rotazione interna, ossia lo correggo all’interno dell’IRC.

Indicazioni e controindicazioni
- Si usano prevalentemente sul neurocranio anche prima dei 5 anni e anche nei neonati, perchè (benché
funzionali) sono tecniche dirette che si preferiscono a quelle in aggravamento: primo perchè c’è più plastic-
ità cranica e c’è più risposta verso le tecniche dirette perchè non si hanno ancora delle ossificazioni come
dopo i 5 anni. Dipende anche dalle scuole ma classicamente Sutherland e Magoun correggevano il cranio
dei neonati utilizzando tecniche dirette (i modellamenti). Il bambino inoltre ha una capacità reattiva molto
forte ed è più rischioso dare un impulso in aggravamento, risulta invece più semplice e veloce andare in
modo diretto verso la correzione. In un adulto piuttosto si va a stimolare una risposta (delle membrane) con
l’aggravamento e si fa più fatica e correggere un cranio già ossificato in maniera diretta.

Magoun “La tecnica di esagerazione è la procedura che viene impiegata quando non siano presenti controindi-
cazioni. Non viene usata prima dei 5-6 anni neppure in condizioni acute, quali traumi o altri problemi i cui sin-
tomi potrebbero essere aggravati esagerando la posizione della lesione. Questo va fatto con attenzione e con la
minima quantità di spostamento”. Questa frase dà un’idea della minima qualità dello spostamento: siamo su
una plasticità e non sul movimento dell’osso, in modo di evitare di aggravare l’irritazione e si sfrutta il natu-
rale ritorno (carico la molla e ne sfrutto il ritorno).

87
Tecniche MECCANICHE_dirette
Non utilizzano l’IRC e si eseguono nella direzione che scelgo, sapendo la direzione degli assi e dei piani
studiati: per esempio, per correggere un temporale in RE si porta l’apofisi zigomatica in alto, in dietro e in
dentro (rotazione interna), non in ascolto dell’impulso ma della direzione che si può ottenere. La direzione
teorica che devo indurre è all’interno di un range di normalità che si deve andare a ricercare: per meccanico
non si intende “scemo”, siamo in ascolto della plasticità della direzione (sul piano meccanico dell’osso), ma
non dell’IRC.

La tecnica meccanica diretta si realizza agendo direttamente contro la barriera disfunzionale al di fuori
dell’IRC (vado verso la correzione). L’evoluzione, la durata e la riuscita della tecnica è in relazione con la
sensazione manuale di barriera, di passaggio e di rilascio progressivo. La buona riuscita di una tecnica mec-
canica diretta dipende tantissimo dalla sensazione di barriera, dove sento che c’è il passaggio o il blocco: il
“basso-avanti-fuori” non è solo puramente teorico, ma è proprio di quel paziente, nella giusta direzione in
quel momento. Nello splancnocranio (per esempio per liberare le fosse nasali o il palato) sono molto più
interessanti le tecniche meccaniche dirette piuttosto che quelle funzionali non essendoci inserzioni dirette
delle membrane. Utilizzeremo queste tecniche per esempio nel caso in cui, per la mancata reattività del
paziente, quelle funzionali indirette non siano risultate efficaci, così come su alcune tipologie di paziente
(crani traumatici o meno) su cui altre tecniche non funzionano, indipendentemente dall’età anche laddove
la teoria ci dica che sarebbe più utile una tecnica funzionale (ognuno agirà pure in base alla propria espe-
rienza lavorativa).

Indicazioni e controindicazioni
- si usano molto nei bambini fino ai 5 anni
- nello splancnocranio nell’adulto, perchè le ossa della faccia non sono in diretta concomitanza con le mem-
brane.
- la traumatologia craniale è una controindicazione: su un trauma cranico farò qualcosa di più funzionale,
aspettando la risposta del paziente (che se non vuole arrivare, non arriva).

[Nel neonato abbiamo diverse opzioni: il modellaggio, tecniche meccaniche dirette o eventualmente le
tecniche funzionali dirette. Se nel neonato devo aprire una sutura non vado in aggravamento ma mi metto e
apro. È un falso storico che nel neonato non ci sia la sutura: nella pratica si danno comunque delle informazi-
oni.. vedremo nel proseguo degli studi].

Magoun “Quando non è possibile la tecnica di esagerazione si impiega l’azione diretta, metodo delicato nel rag-
giungere il punto di equilibrio, si ricerca il tragitto della lesione fino al punto in cui è possibile un movimento facile
senza tensione verso la posizione più normale dalla quale essa è partita.” Si corregge quindi la disfunzione in
modo diretto ma non è una tecnica violenta”.

Tecniche di MODELLAGGIO
- tecniche utilizzate per “modellare” le ossa del cranio nei primi anni di vita
- dopo aver individuato le ossa da modellare vi si pone la mano a piatto e si eseguono dei sottili movimenti
circolari atti a modificare progressivamente la forma del suddetto osso o del volume
- per qualunque forma dell’osso

Si eseguono facendo un’osservazione e una palpazione del cranio del bambino e mirano in genere a ridargli
una forma armonica, che si otterrà prima con dei movimenti molto morbidi, a piatto, circolari e piano piano
si cercherà di modellare il cranio in una forma globalmente armonica, per esempio se avremo una bozza
parietale più sporgente dell’altra cercheremo di appiattirla progressivamente, se invece avessimo una con-
cavità si cercherebbe di “risucchiare” o di spingere dalla parte opposta.. non c’è una regola perchè sappiamo
che il cranio può avere le forme più svariate in funzione del tipo di parto , degli avvenimenti in utero etc.. si
pensava che il passaggio nel canale dell’utero fosse causa di molte disfunzioni craniche , invece degli studi
statistici hanno dimostrato che non c’è grande differenza tra parti cesarei e parti naturali (che invece sono
molto funzionali al modellamento del cranio). Si eseguono il prima possibile, (le donne indiane americane lo
facevano subito e molto energicamente..)
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Magoun “Il modellamento è una forma di azione diretta per normalizzare i contorni delle ossa quando è presente
una deformazione intraossea, applicabile nei bambini piccoli ma utilizzabile per tutta la vita. Prominenze come
quelle parietali possono essere appiattite, viceversa appiattite possono essere incurvate”, quindi qualsiasi sia la
forma l’idea è quella di dare armonia al cranio. Quando Magoun dice “per tutta la vita” si riferisce al concetto
di disfunzione intraossea, all’interno delle fibre e delle cellule ossee su cui si può lavorare anche nell’adulto,
cambiando non la forma del cranio ma la qualità e la densità della struttura ossea (per esempio un model-
laggio su un trauma cranico, modificando la lesione intrinseca dell’osso ma non la forma); a maggior ragione
nel bambino se si riesce a cambiare la forma si riesce a dargli anche delle possibilità di adattamento postur-
ale molto più alte. Con molte molte meno possibilità questo anche nell’adulto.

[PRATICA: temporale: presa farfalla (5 dita), presa a 3 dita, tecniche correzione: funzionale indiretta, diretta e
meccanica]

PALATINO. Anatomia
L’osso palatino entra nella costituzione di:
- fosse nasali
- orbita ossea con una piccola faccetta orbitaria
- bocca, formando il palato duro
- fossa pterigo-mascellare, sita tra mascellare e pterigoide.

processo orbitario

processo sfenoidale

processo piramidale
sut Pterigo Palatina faccetta post e
porzione orizzontale pterigoideo int
faccetta inf

veduta post

È formato anatomicamente da una lamina verticale e da una lamina orizzontale. La lamina verticale in alto
presenta due processi: il processo orbitario davanti e il processo sfenoidale dietro. In basso all’angolo tra le
due lamine nella parte posteriore avrò il processo piramidale (diretto verso il palato molle, andrà in basso-
dietro-fuori a insinuarsi tra le due lamine delle pterigoidi dello sfenoide).
Porzione (lamina) orizzontale: presenta una faccia superiore che è il pavimento della parte posteriore
delle fosse nasali (dietro al mascellare), la faccia inferiore corrispondente è il III posteriore del palato duro.
La porzione orizzontale presenta: il bordo posteriore libero su cui s’inserisce il palato molle; il bordo anteri-
ore invece fa sutura Palato Mascellare con il bordo posteriore del Processo Palatino del Mascellare, è una
sutura squamosa (il palatino ricopre il mascellare); il bordo interno che sarà in relazione con il controlat-
erale. É questa una sutura di contatto rugosa: si formerà una cresta al cui centro c’è un leggerissimo incavo
dove si appoggia il bordo inferiore del vomere, così come ci sarà un solco anche superiormente tra le ali del
vomere e la faccia inferiore del corpo dello sfenoide, tutto ciò per permettere l’adattamento del vomere che
va in basso avanti (scende soprattutto nella sua parte posteriore mentre sale nella sua parte anteriore) sotto
l’azione dello sfenoide e trasmette questo a mascellare e palatino che a loro volta presentano delle forze
proprie: masticazione, deglutizione, fonazione ecc.. Lo sfenoide quindi trasmetterà l’impulso al vomere, ma
a ritroso dal mascellare vi arriverà dell’altro: per adattarsi a questo il vomere ha delle suture che gli permet-
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tono un po’ di gioco in antero-posteriore (per scappare un po’ dalle forze di natura differente che gli arrivano
tra il sotto e il sopra) nonostante ciò spesso non ce la fa e si piega. La fisiologia di base del vomere è che lo
sfenoide gli trasmette la dinamica cranio sacrale dell’impulso e la morfologia delle suture gli consente un
certo adattamento antero-posteriore qualora ci siano delle forze contrastanti.

Lamina verticale:
presenta una faccia
interna che ha una
cresta etmoidale
in alto (in contatto
cresta etmoidale con l’etmoide) e una
cresta concale in
basso (in contatto con
il turbinato inferiore).
cresta concale

sut Palato Mascellare

La faccia esterna
forma una sutura
irregolare rugosa
con la parte poste-
riore del segmento
nasale del mascel-
lare che presenta un
solco che diviene
così il canale pala-
tino maggiore per
il passaggio delle
solco palatino maggiore efferenze prove-
nienti dal ganglio
sfeno-palatino (nn.
palatini maggiori,
l’arteria palatina
discendente) che
arrivano a livello del
palato duro (nel foro
palatino maggiore).
Con la sua parte anteriore la lamina verticale copre parzialmente lo iato mascellare. Presenta un bordo pos-
teriore che fa sutura con il bordo anteriore delle pterigoidi (sut. pterigo-palatina) a forma di Y rovesciata per
la divisione in due lamine della pterigoide, tra le quali s’impegna il processo piramidale (viene verso dietro).

Il bordo anteriore sopra sarà libero accludendo lo iato mascellare, sotto sarà in contatto con lo stesso osso.
Il bordo superiore presenta due processi: posteriormente il processo sfenoidale in contatto con faccia
inferiore del corpo dello sfenoide, poi anteriormente abbiamo l’incisura sfeno-palatina che in contatto con
lo sfenoide diventa il Foro sfeno-palatino che mette in comunicazione la fossa nasale (dentro) con il fondo
della fossa pterigo-palatina (fuori), consentendo ad alcune efferenze del ganglio di poter entrare nelle fosse
nasali e ramificarsi (c’è pure un passaggio vascolare). Davanti la lamina verticale presenta un processo più
voluminoso: il processo orbitario, una delle cui faccette entra nella costituzione dell’orbita ossea. É costi-
90
tuito da 5 faccette (3 dalla parte interna e 2 da quella esterna), due di queste 5 saranno libere: la faccetta
pterigoidea che guarda verso la fossa omonima e quella orbitaria sopracitata; le altre 3 andranno in contatto
con le rispettive ossa: una faccetta etmoidale, una faccetta mascellare e soprattutto una faccetta sfenoidale
(in contatto con parte inferiore della faccia anteriore del corpo dello sfenoide). Il palatino in alto fa quindi
sutura con il corpo dello sfenoide formando il foro sfeno-palatino.
Del processo piramidale abbiamo già descritto sopra origine (incontro tra le lamine) e direzione (dietro,
basso e fuori), da aggiungere solo che ci sono delle digitazioni di origine dei muscoli pterigoidei esterno ed
interno.

PALATINO. Fisiologia
Osso della sfera anteriore, partecipa alla
costituzione della fossa pterigo mascellare.
Ha una funzione di ammortizzatore tra
mascellare superiore e sfenoide, infatti evita
delle costrizioni dirette derivanti dal mascel-
lare superiore e dalla masticazione verso lo
sfenoide. Assorbe le costrizioni meccaniche
ma spesso perde la capacità che è tipica di
una struttura ammortizzante che è quella di
restituirle.
Se quest’osso non avesse nessuna impor-
tanza non esisterebbe.

Fattori di mobilità
sfenoide (la faccia inferiore del corpo), per-
chè il palatino presenta nella faccia superi-
ore della sua lamina verticale 2 apofisi: una
orbitale e una sfenoidale; tra le 2 apofisi e la
faccia inferiore dello sfenoide si forma il foro
sfeno palatino;
vomere, obliquo basso-avanti, va sulla sut
intermascellare nella parte anteriore, ma va
anche sulla sut interpalatina più posterior-
mente.
Tenuto conto della situazione anatomica, nel
tempo di F del cranio globalmente si abbassa
(corpo dello sfenoide a livello della lamina
verticale e vomere per la sua lamina orizzontale) ma va anche dietro-fuori perchè la tuberosità del mascel-
lare si abbassa va dietro e fuori.
Inoltre dietro il palatino, le apofisi pterigoidee vanno in alto-dietro-fuori e questa struttura non può che
andare in basso-dietro seguendo le strutture che lo vincolano.
L’apofisi orbitaria del palatino può essere un freno al basculamento post dell’etmoide nel tempo di F.
In RE il palatino tenuto conto dei suoi adattamenti in basso-dietro-fuori, la sua lamina verticale aumenta
l’apertura dell’orifizio del seno mascellare.

Interessi del Palatino


è un’ammortizzatore, entra nella costituzione della fossa pterigo mascellare ma l’interesse principale è rap-
presentato dal foro sfeno palatino.
Il foro sfeno palatino è una via d’uscita per:
l’arteria naso palatina (mascellare interno)
vena sfeno palatina
n. sfenopalatino ganglio sfeno palatino).
Tutti questi elementi vascolo nervosi sono destinati alla parete esterna delle fosse nasali, alla parete interna
(cartilagini nasali) e anche alla mucosa del palato osseo; la loro finalità è sopratutto quella di controllare
91
la troficità delle mucose (fosse nasali, mucosa oculare e alla mucosa buccale) da un punto di vista
vascolare-vegetativo e la difesa delle stesse (il controllo a questo livello è dato dal sistema paraS).
Una mucosa è un tessuto sotto il controllo del sistema vegetativo secernente un prodotto; è per questi mo-
tivi che si andrà a stimolare il ganglio sfeno palatino (prima però bisogna liberare la fossa).
Un’altra via d’uscita dalla fossa pterigo palatina è rappresentata dal foro infraorbitale del mascellare (V2).
Nella fossa pterigo mascellare troviamo il ganglio sfeno palatino (afferenze sono il n. vidiano e il V2 quindi
pensiamo al temporale).

Il sistema carotideo si divide in:


1. carotide interna (perchè passa all’interno del cranio);entra dalla parte inferiore della rocca,curva a 90°
e la ritroviamo sulla parte laterale del corpo dello sfenoide e da qui diventa arteria oftalmica, attraversa il
foro ottico e manda dei filetti nei canali fronto-etmoidali anteriori e posteriori che poi attraversano la lamina
cribrosa e che ritroviamo a livello del turbinato superiore e parte del turbinato medio,

2. carotide esterna (è esterna al cranio) dalla quale si formano due branche che sono l’a. mascellare
interna che va nella fossa pterigo mascellare e l’arteria facciale (per il massiccio facciale).
L’a. mascellare interna una volta che si trova nella fossa pterigo mascellare esce dal foro sfeno palatino e
va a vascolarizzare una parte del turbinato sup, il turbinato inferiore; c’è poi un’arteria che si porta sul setto
mediano e segue il vomere e prende il nome di arteria naso palatina.

Simpatico e paraS
La maggior parte dei nn. cranici sono controllati dal paraS; i centri del paraS sono solo a due livelli:
sacro e cranio.
Tutto il resto è simpatico tramite la catena latero vertebrale.
L’origine di tutto il parasimpatico cranico spesso è il nucleo globale del VAGO; a questo livello è presente un
nucleo per le mucose sopracitate (nucleo lacrimo-muco-nasale).
Il parasimpatico a livello di una mucosa ha una funzione stimolante sulle secrezioni ghiandolari.
Se una mucosa ha una buona vacolarizzazione, e buone secrezioni, ha una buona funzione di difesa.
Il sistema arterioso porta ossigeno alla mucosa e la particolarità è la capacita di controllo vasomotorio nel
senso della vasocostrizione.
Se c’è un problema di stenosi arteriosa accade che diminuisce l’apporto di ossigeno alla mucosa; quindi un
aumento della quantità di CO2. L’endotelio del capillare venoso si irritata con una vasodilatazione e i pro-
dotti che sono normalmente nel capillare attraversano la parete con lo sviluppo di edema.
Se c’è una perturbazione del ganglio stellato derivante da una disfunzione di clavicola, di K1, C7-D1; si crea
una vasocostrizione a carico del sistema vertebrale, quindi una vasocostrizione dell’arteria uditiva interna,
arteria cocleare e vestibolare.
A livello del vestibolo c’è una forma di edema che si crea con risultato:sbandamenti, vertigini.

A livello del sistema carotideo il comando simpatico è legato al Ganglio Cervicale Superiore (3-4 cm di
altezza).
I centri simpatici che interessano il sistema arterioso del cranio si trovano a livello del midollo, globalmente
tra C6 e D2, nel cosiddetto centro cilio-spinale di Budge. Le terminazioni escono dal corno posteri-
ore del nervo rachidiano, passano dai rami comunicanti per andare a livello della catena latero-vertebrale.

A partire dal Ganglio Cervicale Inferiore, alcuni rami raggiungono l’arteria vertebrale formando un plesso
perivertebrale fino ad arrivare al cranio e controllano tutto il sistema posteriore del cranio.
Tutte le arterie hanno dei filetti perivertebrali; questo serve non soltanto a comandare la vasomotricità
quando c’è bisogno ma anche in una condizione di urgenza c’è una risposta automatica in vasocostrizione.
Al di sopra del ganglio cervicale inferiore troviamo il ganglio cervicale medio (?) e il ganglio cervicale superi-
ore posto d’avanti ai processi trasversi di C1-C2-C3 e ogni tanto C4. Il ganglio è posto in uno sdoppiamento
dell’aponeurosi cervicale profonda (molto protetto).
Da questo ganglio cervicale superiore, i filetti raggiungono il sistema pericarotideo formando un plesso
pericarotideo interno ed esterno.
Una disfunzione a livello dei centri da C6 a D2 può provocare una vasocostrizione.
92
Il ganglio cervicale inferiore, come detto, comanda il sistema delle arterie vertebrale; una disfunzione di
clavicola, K1, C7-D1, la tensione dell’aponeurosi cervicale profonda può provocare fenomeni vaso-
costrittori a livello del sistema delle arterie vertebrali.

Allo stesso modo una disfunzione somatica di C3-C2-C1 e occipite su C1 può creare un’irritazione a livello
del Ganglio Cervicale Superiore con ripercussioni sul sistema carotideo.
Questo serve a capire, oltre l’anatomia, che quando riduciamo una disfunzione non è per la tecnica fine a se
stessa, ma per i rapporti che essa ha con la funzionalità.
Quando voglio lavorare su un sistema di difesa devo tenere conto che l’apporto nutritivo è importante, e
quindi tutto ciò che attiva il sistema simpatico va a perturbare la funzionalità (tranne dei casi che si vedran-
no). Quindi è fondamentale andare a inibire il simpatico dal punto di vista vascolare, perchè questo la sua
stimolazione determina vasocostrizione e da noia da un punto di vista nutritivo. Quindi cerco di lavorare le
disfunzioni che attivano il simpatico.

ESAME
posiz del Pz
posiz dell’Osteopata
punti di repere
ascolto e ampiezza
test di mobilità
induzione della F
induzione dell’E
come si fa una tecnica di riduzione
cercare di mettere in relazione l’osso con la periferia

Consiglio: saper verbalizzare

VOMERE. Anatomia
Entra nella costituzione delle fosse nasali, presenta due facce (destra sinistra) e quattro bordi: superiore, in-
feriore, posteriore e antero-superiore. Il bordo posteriore è il limite posteriore libero del setto nasale (a sep-
arazione delle coane). Il bordo antero-superiore è in contatto in alto con la lamina verticale dell’etmoide,
più anteriormente con la cartilagine del setto. Il bordo inferiore è in contatto con palatino e mascellare (già
visto). Il bordo superiore si apre e forma le ali vomeriane che accolgono la cresta sagittale mediana pre-
sente sulla faccia inferiore corpo dello sfenoide.

Le facce dx e sn presentano il solco naso-palatino che accoglie l’omonimo nervo che proviene dal ganglio
sfeno-palatino, passa nel canale incisivo per arrivare, tramite il foro incisivo, nella parte anteriore del palato
duro a portare efferenze del ganglio alla parte anteriore del palato.
[carrellata immagini. Parte pratica: le 2 prese sui parietali; le 2 prese su frontale]

VOMERE. Fisiologia
Forma il setto mediano delle fosse nasali insieme alla lamina perpendicolare dell’etmoide.
È obliquo-basso-avanti
93
Fattore di mobilità
La sua fisiologia dipende dalla faccia inferiore del corpo dello sfenoide e dalla lamina perpendicolare del
corpo dell’etmoide.
Tutto questo fa si che in F il vomere si abbassa e avanza (è obliquo basso-avanti) ma va molto più in basso
nella sua parte post, per l’effetto dell’etmoide (funziona come un aratro, da cui prende il nome). Il palato os-
seo si abbassa maggiormente nella parte post. L’entità della sua discesa è data dalla sutura intermascellare.
Se abbiamo questa sutura molto chiusa avremo una deviazione del setto nasale e spesso c’è la presenza del
torus palatinus.
Come abbiamo precedentemente detto la lamina perpendicolare lascia una doccia al centro per il passaggio
del nervo e dell’arteria naso-palatina che origina dall’arteria sfeno-palatina e quindi ganglio sfeno-palaltino.

Particolarità
All’interno dello spessore del vomere (2 mm) c’è una doccia dove passano arteria, vena, nervo Naso-palatini
Con la lingua messa dietro agl’ incisivi sup. facendola risalire c’è una porzione obliqua.
Ancora più indietro c’è una porzione più orizzontale... tra queste 2 porzioni c’è una zona più sensibile dove
c’è la fuoriuscita del n. Naso Palatino che arriva dalla Fossa Pterigo-Palatina.

Sistema arterioso della fossa pterigo-mascellare è dato dall’ arteria mascellare int perché è dentro il mas-
cellare, che arriva dalla a. carotide EST la quale risale, entra nella fossa diventa arteria mascellare int., passa
il foro sfeno-palatino (diventa a. sfeno-palatina) per poi diventare a. naso-palatina.
a. carotide EST a. mascellare int a. sfeno-palatina a. naso-palatina
Carotide INT passa il foro ottico e diventa a. etmoidale ant, post etc...
a. carotide INT a. etmoidale ant - a. etmoidale post
Poi passano la Lamina Cribrosa fino ad occupare il turbinato superiore e medio.

Esiste un’ anastomosi tra i due sistemi carotideo int e carotideo est. Spesso si producono epistassi a
questo livello che però rappresentano una valvola di sicurezza in caso di
-ipertensione
-in età avanzata
-in fase mestruale per la donna
-nei giovani in fase di crescita

Chiedere sempre ai Pz se ci sono stati episodi di epistassi è importante perché a volte può essere espres-
sione di una malattia infettiva molto grave (es. Sifilide).

RIFLESSIONE
Arteria Naso-Palatina (nel Vomere) Arteria Sfeno-Palatina e quindi Fossa Sfeno-Palatina dove arriva
l’Arteria Mascellare Interna (siamo fuori dal Cranio) Carotide Esterna SISTEMA CAROTIDEO ES-
TERNO.
Arteria Carotide Interna (nel Temporale) va nel Foro Ottico e diventa Arteria Oftalmica Arteria
Etmoidale Anteriore e Posteriore che attraversano la Lamina Cribrosa (vascolarizzano la parte superiore del
Setto e Turbinato Superiore) SISTEMA CAROTIDEO INTERNO.
Nel Setto Mediano avviene un’Anastomosi tra il Sistema Carotideo Interno e quello Esterno MACCHIA
VASCOLARE DI KISSEMBRAU (spesso ci sono dei sanguinamenti dal naso senza causa specifica se non
dovuto a trauma, la vera causa è un aumento di pressione ematica e questo sanguinamento serve proprio a
regolare tale Ipertensione. Questo avviene nei periodi di importanti cambiamenti ormonali durante la vita
per esempio durante l’adolescenza o nelle donne durante il ciclo mestruale). È un sistema per abbassare la
PRESSIONE SANGUIGNA!!!

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Arteria Etmoidale Arteria Etmoidale
Posteriore Anteriore

Anastomosi tra il Sistema Carotideo Interno


e quello Esterno
Per liberare il vomere bisogna aprire la sut intermascellare e facendo questo si aiuta anche la F dello

}
sfenoide.
Trattamento:
sfenoide > verificare la flesso - estensione
frontale > agire sul Frontale per l’espansione trasversale LAVORARE
mascellare > agire sulla faccia orbitale MECCANICAMENTE
mascellare > aprire la sutura intermascellare per permettere la bascula
palatino > agire sulla apofisi orbitale

Riarmonizzazione vomere-sfenoide
Mi posiziono lateralmente al Pz
Mano cefalica contatto le grandi ali dello sfenoide da entrambi i lati
Mano caudale con l’indice cammino lungo la sutura inter-mascellare e mi fermo al livello della sutura cruci-
forme.

Domande e risposte di una verifica in classe


1. Situazione anatomica dello zigomo rispetto al mascellare?
Avvitato
2. Nella sut fronto-zigomatica chi ricopre?
Lo zigomo
3. Asse di mobilità dello zigomo
Dall’apofisi zigomatica in avanti-dentro fino alla piramide mascellare
4. Ossa che entrano nella costituzione dell’orbita
7. Frontale, palatino, etmoide, lacrimale, mascellare, zigomatico, sfenoide
5. Come si adatta la faccia orbitaria dello zigomo in RE?
Avanti-basso-fuori (questo giustifica l’aumento del diametro trasversale dell’orbita)
6. Nella sut temporo-zigomatica chi ricopre?
Il temporale. La forma di una sutura è definita a partire dalle costrizioni meccaniche che riceve. Nel nostro
caso abbiamo due forze, il m. massetere e il m. temporale.
7. Perché lo zigomo può essere la causa di una disfunzione della base del cranio?
Collega sfera ant e post e quindi può impedire la rotaz opposta delle due sfere
8. Nella sut sfeno-parietale chi ricopre?
Sfenoide
95
9. Come si presenta la sut sfeno-zigomatica?
Incastro
10. Qual è la relazione ossea tra sfenoide e mascellare?
Non c’è
11. Cosa fanno le masse lat dell’etmoide nel tempo di F?
Espansione trasversale
12. Quale muscolo s’inserisce sulla faccia orbitale della piccola ala dello sfenoide?
Sotto il foro ottico c’è il tubercolo sotto-ottico dove s’inserisce il tendine di Zinn (mm. estrinseci dell’occhio)
13. Qual è la ripercussione sull’occhio di una paresi del n. facciale?
Occhio aperto perché il n. facciale innerva il m. orbicolare della palpebra, che fa chiudere la palpebra
14. Quale struttura mette in relazione la scapola e il temporale?
Omoioideo (perché dallo ioide parte il m. stilo ioideo). Una disfunzione della scapola può crare una prob-
lematica sul temporale. Ogni volta che trattiamo una scapola dobbiamo pensare al temporale.
15. Asse di mobilità del temporale?
Sono 2: CSM-SS e incisura parietale-apice della rocca
16. Asse di mobilità del frontale?
Stephanion-al bordo post orbitario
17. Come si adatta la sut intermascellare nella F del cranio?
Si abbassa
18. Adattam dell’apofisi mastoidea nel tempo di E
Basso-avanti-fuori
19. Clavicola in disfunzione di Rot Post. Ripercussioni sul temporale omolaterale?
RE (pensa che una disfunzione di clavicola può portare in disfunz il temp)
20. Adattam della tuberosità post del mascellare nel tempo di F
Basso-dietro-fuori
96
21. Quale arteria penetra il condotto uditivo int?
a.uditiva int. Che viene dall’a. verterale, atlante, membrana occipito-atlantoidea, tronco basilare, a. cerebel-
lare. Il comando delle arterie vertebrali è il ganglio stellato (siamo su C7-D1 > se per es. la clavicola stimola
il ganglio stellato si ha una vasocostrizione e quindi sull’a. uditiva int c’è un minor apporto di ossigeno, una
irritazione locale sui capillari).
Riflettiamo
Il sistema arterioso porta ossigeno, se nell’orecchio int ho meno ossigeno, gli scambi tra capillari venosi e
arteriosi sono alterati, aumenta la CO2, irrita le pareti del capillare venoso, che si dilatano, segue una tra-
sudazione, fenomeno di edema locale, VERTIGINI. Non c’entrano i canali semicircolari. I sintomi di vertigine
dipendono dalla mancanza di sangue arterioso a livello dell’a. vestibolare (una diramazione dell’a. uditiva int
nel vestibolo).
È utile in questi casi vedere clavicola, K1, K2
22. Cosa si fa per liberare il vomere?
Aprire la sut Intermascellare (così il vomere è libero di scendere)
23. Particolarità anatomica del ganglio di Gasser?
È circondato di dura madre, quindi se c’è una disfunzione delle membrane il Pz può riferire una nevralgia del
trigemino
24. Per liberare la sut Fronto-Zigom?
Pilastro orbit est in RI e Zigomo in RE
25. La fisiologia della faccia orbitaria del mascellare è importante per quale osso?
Masse lat dell’Etmoide
26. Uno spasmo del m. temp può provocare?
Parietale in RI e mal di testa (perché non c’è un buon drenaggio sul seno sagittale sup che passa a livello
della sut interparietale). Masticare una gomma per mezz’ora fa venire il mal di testa.
27. Adattam dell’incisura etmoidale del frontale in F?
Espansione trasversale
28. Bordo orbitario del frontale> becco di flauto della metà int
Inferiore

Audouard
ETMOIDE. Fisiologia
1. osso principale delle fosse nasali
2. si trova all’incrocio di ossa che le formano

In alto troviamo il seno frontale e sotto le masse laterali dell’etmoide (cavità aeree)
Nell’ etmoide ci sono delle emifaccette che con il frontale formano delle celle complete o cavità aeree. Da
qui abbiamo il labirinto etmoidale ANT e il labirinto etmoidale POST, rivestiti di mucosa con funzione
fisiologica precisa di:
- secrezione
- protezione
- riscaldamento dell’aria
Il drenaggio del labirinto ant avviene a livello del turbinato MEDIO, mentre il labirinto post è drenato a
livello del turbinato SUP.

Nel tempo di F
- apofisi cristagalli va alto-dietro per la trazione della falce
- La parte post del corpo si abbassa per l’adattamento a ingranaggio con la faccia ant del corpo dello
sfenoide
- Le masse laterali si espandono trasversalmente (per due motivi)
1. per l’apertuta trasversale dell’incisura etmoidale del frontale
2. adattam avanti-fuori della faccia orbitaria del mascellare.

97
Interessi
È un osso pieno di Seni Aerei ricoperti di Mucosa e ciò giustifica la descrizione anatomica di un vero e pro-
prio labirinto etmoidale ant e post. Le emicelle etmoidali insieme a quelle frontali formano le celle.
Se non avviene questo, ad es. in bambini con mascellare molto stretto e palato molto cavo, si ha una chiu-
sura che non permette all’etmoide di espandersi trasversalmente e di conseguenza raffreddori fre-
quenti. Un lavoro di apertura dei mascellari permette quindi l’espansione trasversale dell’etmoide e migliora
la clinica respiratoria del bambino.

L’aria inspirata arriva maggiormente a livello del turbinato medio, che visto frontalmente è una lamina av-
volta su se stessa.
L’aria Inspirata dal naso subisce la turbolenza del Turbinato Medio e poi va a contatto con la mucosa del
Seno Mascellare per essere trattata dopodiché passa nella Rinofaringe e alla fine arriva ai Polmoni ad una
Temperatura mai inferiore ai 23°-24°, poiché l’Albero Bronchiale non potrebbe sopportare tale temperatura.
Per questo in montagna a – 20° vi è un riscaldamento dell’aria inspirata di almeno 40° per portarla a + 23° e
questo grazie alla mucosa che diviene Ipertrofica con un apporto Vascolare enorme (il sangue ha un temper-
atura media di 37°). Es. fare sport invernali in montagna a basse temperature può causare una congestione
della mucosa dei Seni, che dà dolore, ma è segno di una mucosa sana, che funzioa bene.
Oppure: quando c’è una patologia delle fosse nasali, la mucosa reagisce all’aggressione con una ipersecrezi-
one di muco.

OSSERVAZIONE OSTEOPATICA
La mucosa è comandata dal ganglio sfeno-palatino che è comandato dal temporale da cui provengono le
Afferenze, dal temporale si passa alla clavicola, scapola. È inutile buttarsi subito sul ganglio.
La particolarità della fosse nasali è che la loro difesa viene dal ganglio sfeno-palatino e quindi connessioni
con la fossa pterigo-palatina!

A partire dalla faccia interna del corpo dello sfenoide, vomere, sutura Intermascellare, quindi parete interna
del setto nasale, turbinato inferiore, medio e superiore, ci troviamo quindi al foro sfeno-palatino usciamo da
esso per trovarci nella fossa sfeno-palatina in cui troviamo l’arteria mascellare interna più il ganglio sfeno-
palatino che riceve dallo sfenoide le afferenze del VII e IX e, a partire da questi, i filetti nervosi devono trovare
98
una via di uscita per cui risalgono e escono per innervare il rurbinato e la parete del setto nasale. Quindi il
sistema vascolare e quello nervoso hanno la stessa distribuzione ripercorrendo la stessa strada.

La lamina perpendicolare del vomere, al centro, lascia una doccia per il passaggio vascolo-nervoso prove-
niente dal foro sfeno-palatino e dall’omonimo ganglio per innervare e vascolarizzare il palato osseo. Infatti
se con la lingua risaliamo il palato, subito dopo gli incisivi superiori, tra la parte obliqua e quella più orizzon-
tale troviamo una parte del palato osseo più sensibile.
Al di la della faccia orbitale del mascellare c’è un altro elemento meccanico, osseo, che può frenare la bas-
cula posteriore dell’etmoide, questo è il processo orbitale del palatino (incide sulla funzionalità della fossa
pterigo-palatina).

Per liberare l’etmoide


1. favorire il drenaggio portando tutto in RE cioè si apre tutto>
sfenoide
frontale (per l’incisura etmoidale)
mascellare (per la faccia orbitaria)
vomere (sut. intermascellare)
palatino (per l’apofisi orbitale del palatino, perché potrebbe bloccare il basculamento post del vomere),
fossa pterigo-mascellare
2. stimolare le sue difese
a. dal punto di vista NEUROVEGETATIVO > stimolare il Ganglio SP

a monte a monte a monte


occipite temporale afferenze Ganglio SP fossa pterigo-
mascellare

cingolo scapolare
sacro

b. dal punto di vista vascolare ARTERIOSO

Ganglio-Cervicale-Superiore C0-C1-C2-C3 sistema carotideo

c. dal punto di vista vascolare VENOSO

drenaggio venoso del cranio vena giugulare


sutura interparietale
frontale
sterno-costo-claveare
K1
foro occipitale
occipite
temporale
Un bambino raffreddato nei primi 15 giorni di vita è grave perché di conseguenza ha problemi di nutrimen-
to, di scambi gassosi, i seni del massiccio facciale non sono ancora formati (c’è osso condrale) e può andare
incontro ad osteomielite delle fosse nasali.

99
OSSA NASALI. Fisiologia
Sono paragonabili a due tegole

Fattore di mobilità
Frontale (per l’incastro nel tempo di F)

Nel tempo di F
Indietreggiano e si frontalizzano.
Indietreggiano (perché la glabella indietreggia) e si frontalizzano (perché la branca ascendente del mascel-
lare si frontalizza)

Sono spesso sottoposte a traumi e fratture.

Interesse
Servono da aggancio alle cartilagini del setto, che servono alla crescita ant-post del massiccio facciale

Liberazione Fronto-nasale
Osteopata lateralmente al Pz.
Disingaggiare le ossa nasali dal frontale (naso alla francese: basso) così:
100
Mano cefalica
Indice spinge indietro sulla glabella
pollice e medio sui pilastri orbitali interni (frontale in RE)
Mano caudale
pollice e indice si mettono lateralmente alle ossa nasali e spingono trasversalmente (naso alla francese).

OSSO LACRIMALE. Fisiologia


Forma con la branca ascendente del mascellare il canale lacrimale o lacrimo-nasale che serve a svuotare il
sacco lacrimale. Per alcuni neonati può essere chiuso da una membrana sup e dato che il canale raccoglie le
lacrime prodotte dalla ghiandola, se è chiuso esse si riversano sul viso.

legamento palpebrale interno

Per aprire il canale possiamo effettuare una manovra per ridurre la tensione del leg palpebrale int. (all’
interno dell’ orbita) in questo modo:
indice > metterlo a contatto con l’orbita ossea nella parte interna dell’occhio (siamo a contatto con il leg
palpebrale interno il quale si divide in due dove al centro di questi passa il canale lacrimale), spingere dietro
altra mano > mettere in tensione portando il bulbo oculare verso l’esterno (questo permette l’apertura
del sacco lacrimale)
- RE del Mascellare
- RE delle Ossa Nasali

TURBINATO INFERIORE. Fisiologia


Va dal mascellare al palatino.
Maurice dice che questo osso non serve a niente…. fa solo da guida all’aria espirata per uscire dalla cavità
nasale.
È un osso indipendente. È agganciato a livello del mascellare vicino all’orifizio del seno mascellare.
Tra il setto mediano e il turbinato medio c’è un piccolo spazio (in sezione frontale) che si chiama fessura
respiratoria. Durante l’INsp l’aria entra attraverso un canale preferenziale che è il turbinato medio e ne
subisce la sua turbolenza per essere trattata successivamente nel seno mascellare. Se c’è una deviazione del
setto nasale, quindi una fossa aperta e una chiusa, fisiologicamente l’aria passa sempre a livello del turbinato
medio, ma a livello del turbinato superiore, dove ci sono i centri dell’olfatto (quando si vuole avere la sen-
sazione di un profumo si inspira delicatamente e poco cosi l’aria non passerà attraverso il seno mascellare
ma nella fessura respiratoria per essere analizzata nella zona sensoriale), non arriverà per cui si può alterare
tale sistema.
Con una forte congestione la fessura respiratoria è chiusa, per questo non recepiamo gli odori!!!

101
INsp > l’aria entra attraverso il turbinato medio (1° trattamento) > seno mascellare (2° trattamento)

oppure per percepire gli odori:


INsp > l’aria entra attraverso il turbinato medio (1° trattamento) > seno mascellare (2° trattamento)

fessura respiratoria

Ossa del MASSICCIO FACCIALE

sut coronale
osso frontale
osso parietale
glabella
incisura (foro) sfenoide
sopraorbitale grande ala
lamina orbitale osso
temporale
osso nasale
etmoide
osso lacrimale superficie
orbitale
lamina
osso zigomatico perpendicolare
processo frontale conca nasale
superficie orbitale media
processo conca nasale
temporale inf
foro zigomatico- vomere
facciale
osso mascellare mandicola
processo zigomatico ramo
superficie orbitale corpo
foro infraorbitale foro mentale
protuberanza
processo frontale (tuberosità)
processo alveolare mentale
spina nasale ant

Prese per liberare le suture del frontale, mascellare superiore, lo zigomatico e il temporale.
102
faremo un lavoro definiamo “meccanico” sulle ossa del massiccio facciale.
Quando troviamo una disfunzione di una o più ossa di questa sfera anteriore, siamo costretti a passare ad un
ascolto,al test di mobilità ad una riduzione che può essere sia di un singolo osso che dell’osso in relazione
con la sua articolazione.
Prese per la liberazione della sutura:
> fronto-mascellare
> fronto-zigomatica
> temporo-zigomatica
> mascello-zigomatica

Le caratteristica delle ossa del massiccio facciale: plastiche ed ad incastro!


Plastiche perchè adattative per questo ritroviamo molto spesso disfunzioni in età adulta, sono ossa vuote,
significa che presentano dei fori all’interno come ad es il seno frontale, le cellule etmoidali delle masse
dell’etmoide, lo iato macellare...
Questo non vuol dire che in età adulta la forma può cambiare ma essendo adattative possono andare in
disfunzione.
Sono suture ad incastro quindi non ci sono dei becchi e dei tavolati come abbiamo visto nella volta, ma
sono più o meno ad incastro reciproco.

Queste suture ad incastro non descrivono degli assi precisi, quindi c’è un orientamento d’asse, come l’asse
del mascellare o dello zigomo, non essendoci dei precisi punti perno di inizio ed arrivo non si descrivono
precisamente gli assi di mobilità.
Asse del mascellare superiore: è orientato in basso avanti fuori.
il mascellare è un osso pari e farà rotazione interna ed esterna.
Asse di mobilità dello zigomo: basso avanti dentro, orientato sull’unico “punto perno” della sutura tempo-
ro-zigomatica, ed ad incastro, molto piccolina, se vogliamo essere precisi si potrebbe descrivere un punto
perno, perchè lo zigomo che ricopre l’apofisi zigomatica del temporale nella parte superiore e questo esso
stesso è ricoperto. Questo garantisce la molbilità dello zigomo in inversione, ricordiamo che il temporale
è un fattore che da molbilità allo zigomo. Questa conformazione, conferisce la mobilità allo zigomo e si
descrive un punto perno che si congiunge con l’altro punto che è orientato verso la sutura mascello zigo-
matica.

Un’altra caratteristica è che non c’è un’inserzione diretta delle membrane, quindi dal punto di vista pratico
cosa ci conviente fare?? Si preferiscono le tecniche meccaniche, sapendo comunque che l’inpulso rit-
mico craniale arriva.
Si preferisce utilizzare una tecnica meccanica dove arriva la costrizione meccanica dei muscoli masticatori e
si va a liberare tutto in RE, soprattutto nei bambini ma anche negli adulti.
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altra può essere la sutura mascello-zigomatica, che spesso si trova in disfunzione perchè un trauma es-
terno o un conflitto esterno blocca lo zigomo, che poi il fattore predominante della mobilità del mascellare,
dunque, andrebbe ad influire molto sulle funzioni di queste ossa sopprattuntto interna, aerea.
Il movimento di avvitamento e svitamento sulla piramide del mascellare ha una funzione importante per la
sfera orl, per l’areazione. Quindi un blocco su entrambe i punti dx e sxin non è indicato per avere un buon
funzionamento delle fosse nasali.

Nel protocollo di approccio della sfera anteriore del cranio prima di fare le riduzioni anteriori dobbiamo
sempre pensare a quello che sta dietro, quindi, valutazione dello sfenoide,che è l’osso che comanda la sfera
anteriore e il frontale che comanda le ossa del massiccio facciale. Lo sfenoide perchè controlla il frontale e il
frontale perchè controllale ossa del massiccio facciale quindi sfera anteriore!! il temporare lo controlleremo
se c’è una complicazione a livello dello zigomo, perchè questa sutura mette in relazione la sfera anteriore
con quella posteriore, e quindi prenderemo in considerazione anche l’occipite ed il temporale.

consigli tecnici:deprimere i tessuti sui punti di contatto, sentire che stiamo sull’osso e poi lasciamo, quindi
avete superato la barriera tessuto connettiva, pelle, muscoli, fasce e siete entrati sull’osso!

103
SUTURA FRONTO MASCELLARE
Presa diretta e meccanica per disincastrare questa
sutura.
Si possono fare 2 prese: laterale al paziente, presa
extra buccale

1) presa a pinza sulla branca montante con pollice e


medio sulla branca montante e l’indice sulla glabella:
spingere con l’indice verso l’alto e con il pollice e il
medio verso i piedi e verso dietro e frontalizzo,
Gradualmente!!! giocare con la plasticità dell’osso!
L’altra mano porta il frontale in flessione reperendo
la sutura fronto-zigomatica!
Piedi ben appoggiati a terra.
non spezzare mai il polso, mettetevi comodi.
PRESA 1
2)l’altra presa è sull’emi frontale ed è intrabuccale (ottima x i bambini)
Indice sulla sutura metopica e il polpastrello sta sulla glabella, pollice sulla sutura fronto zigomatica pilastro
esterno.
Con l’altra mano indice all’interno del palato, seguire l’andamento dell’arcata superiore senza spostarsi mai
al centro del palato, arrivate sull’ultimo dente. Lindice apre l’arcata.
Il resto delle dita,o decido di lasciarle sul mento i flettete le interfalangee e appoggiatele sulla guancia, met-
to il pollice all’interno della bozza canina che risulta più perperndicolare alla bozza canina, spingere indietro
e in basso e frontalizzare. GUADAGNATE E TENETE QUELLO CHE AVETE CONQUISTATO!
L’avambraccio nn va mai per aria ma va appoggiato sul Pz, stare comodi!!

PRESA 2 per un emifrontale

104
presa sul frontale
pollice-indice
oppure
pollice-medio

L’Osteopata appoggia il suo avanbraccio sul Pz


senza lasciarlo per aria

105
altra presa possibile, con: l’Osteopata appoggia le dita sul mento del Pz, in questo modo guida
l’apertura della bocca

Dopo la manipolazione fare l’ascolto e rimettere in sincronia le ossa che abbiamo lavorato, RI e RE, seguendo
l’IRC! Quindi fare un lavoro sulle membrane a tensione reciproca, altrimenti l’osso lavorato si rimetterà in
disfunzione.

SUTURA FRONTO ZIGOMATICA si sta al lato del Pz


Sutura ad incastro reciproco, lo zigomo ricopre il frontale
lo zigomo viene spinto dalla grande ala dello sfenoide.
Testare le 2 ossa prima singolarmente, facendo il test di
mobilità.
Presa con la mano craniale sul’emi frontale e con la mano
caudale presa sullo zigomo a tre dita (osso piccolino, rep-
erire la sutura fronto-zigomatica e mi metto con il pollice
sotto,sull’apofisi frontale dello zigomo; con l’indice sulla
porzione orbitale dello zigomo nel pavimento esterno
dell’orbita e con il terzo dito sotto l’angolo inferiore del
rilievo dello zigomo). Pollice e medio dita induttrici!!!!

SUTURA MASCELLO ZIGOMATICA presa intrabuccale,


stare molto laterali al paziente
mano craniale presa a tre dita o a pinza forse più efficace
sullo zigomo, dita attive pollice e medio.
mano caudale presa intrabbucale sul mascellare del
pz (indice all’interno del palato, seguire l’andamento
dell’arcata superiore senza spostarsi mai al centro del
palato, arrivate sull’ultimo dente. Lindice apre l’arcata.
Il resto delle dita,o decido di lasciarle sul mento i flettete
le interfalangee e appoggiatele sulla guancia, metto il
pollice all’interno della bozza canina spingere indietro e
in basso e frontalizzare).
106
SUTURA TEMPORO-ZIGOMATICA
Stare alla testa del Pz e fare una presa a 5 sul
temporale, presa a farfalla, molto potente!
portare in RE-basso-avanti-fuori, quindi il pol-
lice spinge basso-avanti, il medio non fa nulla,
l’anulare alto-dentro. in tempo di E, RI, medio
e mignolo sono attivi. Poi presa sullo zigomo a
3 dita o a pinza per essere efficaci sulla sutura
stessa. Presa a 3 dita sullo zigomo indice davanti
alla sutura temporo zigomatica.
Non spezzare i polsi.
Ruotare leggermente la testa del Pz x stare più comodi e precisi

4 sem Pecorelli

ANATOMIA DELLA FOSSA PTERIGO-PALATINA


Da davanti verso dietro è formata da:
- tubercolo post. del mascellare
- lamina verticale del palatino (al centro in profondità)
- faccia est. della lamina pterigoidea est (inserzione del m.pterigoideo est)

Il soffitto della fossa è formato dalla porzione orizzontale della grande ala dello sfenoide.
Sul fondo della fossa sono presenti il foro SFENO-PALATINO e il GANGLIO SFENO-PALATINO, formato da fibre
afferenti ed efferenti. La presenza di fori permette la relazione di queste vie con il ganglio.

FORO SFENO-PALATINO
Formato dalla porzione superiore della lamina verticale del palatino che presenta 2 processi:
1. processo orbitario
2. processo sfenoidale
Al centro abbiamo l’incisura Sfeno-Palatina che si relaziona con la porzione ant. del corpo dello sfenoide. Il
foro mette in comunicazione le fosse nasali con la fossa pterigo-palatina.

FESSURA ORBITARIA INFERIORE o FESSURA SFENO-MASCELLARE


mette in comunicazione la cavità orbitaria con la fossa pterigo-palatina

CANALE VIDIANO (radice della faccia est della lamina pterigoidea est) passaggio del n. vidiano

FORO ROTONDO
attraversato dalla radice di V2, n.mascellare

CANALE PALATINO MAGGIORE


formato dalla faccia est della lamina verticale del palatino e parte post del segmento nasale del mascellare
(n. grande palatino). Mette in relazione la fossa pterigo-palatina con il palato duro e poi innerva il palato
molle.

Dal Ganglio SP si diparte un ramuscolo, ramo faringeo del ganglio sfeno-palatino di BOCH che dalla
fossa pterigo-palatina raggiunge la faringe passando da un foro alla radice delle pterigoidi (non ha un nome
specifico):

ORGANIZZAZIONE NEUROLOGICA DEL GANGLIO SP


COSTRUZIONE ANATOMICA

afferenze anatomiche efferenze anatomiche


107
GSP
-centri nervosi ma che possono essere anche
-V2 e n. vidiano afferenti

Afferenze anatomiche
1. Componente sensitiva da parte di V2 arriva dal foro rotondo, passa nella fossa pterigo-palatina metten-
dosi in relazione con il ganglio sp.

2. n.vidiano, formato dai nn. Grande Petroso Superficiale (VII) e Grande Petroso Profondo (IX).
Ha fibre a funzione simpatica e altre parasimpatiche (nel ganglio ci sono sinapsi parasS) per le arterie.
La componente paraS proviene dal Grande nervo petroso superficiale, che si forma all’interno della
rocca petrosa con filuzzi che provengo dal VII e IX paio di nn. cranici, e sbuca sulla faccia superficiale della
rocca petrosa iato di Fallopio

La componente ortoS proviene dal Grande nervo petroso profondo, che proviene da una piccola
deviazione del plesso carotideo int (un insieme di filuzzi vegetativi che circondano l’a. carotide int e
l’accompagnano innervandola lungo tutto il decorso).
La componente neurovegetativa (ortoS) del plesso carotideo int proviene invece dal tronco del simpatico
(catena latero-vertebrale) e dei segmenti midollari di C8-T1. Importante sapere questo per poter fare un
lavoro sulle fosse nasali di stimolazione dell’attività ortosimpatica o di inibizione.

Efferenze anatomiche
Sono i rami che andranno a occhi, bocca, naso, faringe.
Dal GSP attraverso la fessura orbitaria inferiore passano i rami per occhio e cavità orbitaria.

Innervazione sensitivo-trofica
rami per il periostio orbitale
rami che raggiungono il seno sfenoidale (corpo dello sfenoide) e le cellule etmoidale
rami per la ghiandola lacrimale proveniente da un’ anastomosi tra n. zigomatico e n. lacrimale
rami nasali sup, medio, inf per innervazione della mucosa di turbinati e meati (tranne la regione olfattiva in-
nervata dal n. Olfattivo).

n. naso-palatino
parte dal ganglio attraverso il foro sfeno-palatino e dall’esterno verso l’interno cambia direzione. Inizial-
mente si mette su un piano sagittale puro, raggiunge il setto e lo innerva (sensitivo-trofica), cambia direzi-
one scende nel canale incisivo e raggiunge il palato duro.
Nella parte anteriore innervazione sensitivo-trofica-secretoria.

108
Funzione paraS del ganglio
IPERattività IPOattività
vasodilatazione occhio vasocostrizione
ipersecrezione bocca iposecrezione

fosse nasali
faringe

- regolo la mobilità ossea della fossa


- miglioro l’apertura delle fosse nasali in genere
- facilito le possibilità di drenaggio dei liquidi
Lavoro di - cranio
Lavoro di
INIBIZIONE - orifizio toracico sup STIMOLO
- diaframma
- regolazione del temporale per le relazioni anatomo-neurologiche
(n. vidiano e trigemino)
- per le iposecrezioni stimolo l’attività parasimpatica sul ganglio
- mobilità del foro sfeno-palatino

es. di paralisi del n. facciale:


programma di recupero neuro-motorio
liberare la fossa
stimolare il ganglio
m. temporale
le membrane e tutto ciò che può migliorare il n. facciale

Se vogliamo liberare la fossa da davanti verso dietro:


1. Libero il Mascellare rispetto al Palatino in questo modo
- metto il mascellare in avanti ROT INT

- palatino indietro ROT EST (basso-dietro-fuori)

- sfenoide in FLEX (in questo modo le pterigoidi vanno alto-dietro trascinando anche il palatino dietro).

Mano caudale
(presa intrabuccale sul mascellare per portarlo in RI e sul palatino per portarlo in RE)
pollice medialmente alla bozza canina
indice dietro agl’incisivi
medio scivola sulle cuspidi, arriva sull’ VIII scivola indietro e cade sul palatino (palato duro)

- meccanicamente si traziona in avanti il mascellare per portarlo in RI


- medio spinge sul palatino (RE) dietro-fuori

Mano craniale
(presa sullo sfenoide per portarlo in RE)
- spinta sulle grandi ali in RE

>ascolto dei tessuti


- guadagno
- lascio

2. Libero il Palatino rispetto allo Sfenoide (sutura pterigo-palatina)


109
Mano caudale
Medio intrabuccale spinge sul palatino (RI) alto-avanti-dentro

Mano craniale
(presa sullo sfenoide, la stessa di prima)
- sfenoide in F (le pterigoidi vanno indietro)

3. Libero il Foro sfeno-palatino

Mano caudale
Medio intrabuccale spinge sul palatino (RE) in basso-dietro-fuori.

Mano craniale
- sfenoide in E (il corpo dello sfenoide sale)

Stimolazione del GSP


- Osteopata controlaterale al GSP su cui vuole lavorare
- spazio extrabuccale (ma dentro la guancia)
- con il mignolo seguire il bordo alveolare verso dietro, fino ad arrivare ad una resistenza che è data
dall’apofisi coronoide del mascellare. Girare intorno e salire verso l’alto.
- chiedere di aprire la bocca e di traslare la mandibola dallo stesso lato dell’Osteopata, per farsi spazio ed ar-
rivare più in alto in corrispondenza del ganglio.

- effettuare>
vibrazioni
pressioni
oppure semplicemente stare !!! che è uno stimolo importante...
ascolto dei tessuti

5 sem Pecorelli

SACRO in ambito cranio-sacrale


(schema riassuntivo proiettato da Pecorelli+ integrazioni)
Il sacro è costituito da 5 vertebre modificate che si uniscono/fondono intorno al 25° anno di età (all’incirca
lo stesso periodo della sincondrosi sfeno-basilare SSB).
Entra a far parte della fisiologia del meccanismo cranio-sacrale e della fisiologia della sfera post vista la
relazione duramerica con l’occipite
.....se penso alla sfera post penso sempre al sacro, all’osso ioide, alla mandibola, allo sterno (attraverso
l’aponeurosi profonda, che è in collegamento sia con l’occipite che con lo sterno: infatti s’inserisce sul tu-
bercolo faringeo dell’occipite e, a livello del mediastino, forma il sacco pericardico e i leg vertebro-pericardici
- dietro - e sterno-pericardici - davanti -) etc etc....
Il manicotto durale o core link (collegamento centrale) collega saldamente la sfera cranica con le prime 3
vertebre cervicali (C1 C2 C3, anche se C1 in modo incostante) e poi fino a S2, dove s’inserisce in modo saldo.

Quindi per un Osteopata il collegamento cranio-sacrale è sostanzialmente questo. In realtà non è solo
questo, perché ci sono altri collegamenti cranio-sacrali da ricordare:
- la struttura ossea rappresentata dalla colonna vertebrale
- la muscolatura spinale, dalla massa comune fino alle linee curve occipitali
- 2 legamenti: il leg longitudinale ant e quello post (partono dall’apofisi basilare dell’occipte e arrivano
all’osso sacro: faccia ant dell’osso sacro e bordo ant del foro sacrale)

Articolazioni
Il sacro realizza la sua dinamica meccanica e cranio sacrale nel binario costituito dalle articolazioni sacro-
iliache
110
Asse
Vista l’inserzione della dura madre nel canale sacrale in S2 (core link), si avrà un asse di mobilità trasversale
che passa lungo il soma di S2. Vediamo queste immagini prese dal libro di H.I. Magoun, Osteopatia in ambito
craniale.

Fattore di mobilità
- La dura madre influenzata dalla fisiologia dell’occipite

Dinamica ossea
squama - Quando la SSB e quindi anche l’occipite realizzano
dell’occipite una F* cranio sacrale:
sfenoide 1. le basi sacrali vanno in alto - dietro
2. gli apici sacrali vanno in alto - avanti
occipite Ciò si realizza principalmente sotto l’azione della
dura madre viste le sue inserzioni a livello del canale
flessione atlante sacrale
ferme inserzioni A seconda delle morfologie si può avere:
durali C3 3. Leggera diminuzione delle curve antero-post
della colonna
involucro durale del
midollo spinale 4. Angolo lombo-sacrale leggermente ridotto
ferme inserzioni durali
* Si parla di F perché l’angolo inf della SSB si chiude

S2 Non confondere la F craniosacrale con la posterior-


ità meccanica del sacro.

filum terminale

Il meccanismo craniosacrale in F
Fattori di restrizione di mobilità
1. Dura madre:
la dura madre può disturbare la dinamica sacrale attraverso tutti i livelli d’inserzione vertebrale....disfunzioni
atipiche, traumatiche......(per es. il foglietto superficiale della dura madre s’inserisce nel foro di coniugazione
e inoltre accompagna la fuoriuscita del nervo, quindi una disfunzione vertebrale potrebbe teoricamente
disturbare il meccanismo)............ cranio-occipite, C1?, C2, C3, S2 e vertebre lombari (si pensi ai legamenti
durali, che vanno dalla dura madre al periostio del canale, legamenti che sono incostanti ma tuttavia più
frequenti a livello lombare; quindi se c’è una disfunzione somatica e nel tratto interessato ci sono i leg durali,
aumentano le probabilità di disturbare il meccanismo craniosacrale).
111
Per questo motivo quanto più si riducono in primo luogo le disfunzioni somatiche e non somatiche del Pz
tanto più migliora la dinamica craniosacrale.
Se all’inizio del trattamento la qualità dell’impulso è X, dopo aver ridotto le disfunzioni a vari livelli, si può
riscontrare che ascoltando nuovamente l’IRC la qualità è diventata X+. Infatti senza le disfunzioni l’impulso
si manifesta meglio. Questo per dire che già il trattamento extra-craniosacrale migliora la dinamica cran-
iosacrale.

2. Disfunzioni sacro-iliache
Una disfunzione sacro-iliaca (anteriorità o post bilaterale, torsione dx, torsione sin) può perturbare la fisiolo-
gia sacrale in cranio-sacro

Quindi bisogna ridurre in primo luogo le disfunzioni meccaniche del sacro prima di affrontare il trattamento
craniosacrale. È una questione di stratificazione dei livelli: prima di accedere al livello craniosacrale bisogna
aver ripulito il livello meccanico.

3. Occipite
È l’osso che comanda la sfera post di cui il sacro fa parte. E inoltre disfunzioni meccaniche dell’occipite in
relazione a C1.

4. Trauma diretto:
una caduta sul sedere è spesso causa di disfunzioni atipiche sacro-iliache e ileo-sacrali ma anche di pertur-
bamento della dinamica craniosacrale del sacro (dovute magari all’ impattamento conseguente alla caduta)
Questa perturbazione può avere poi delle implicazioni a livello vertebrale srutturale e nella sfera craniale,
immediatamente o nel tempo (cefalee, algie.......)
È il motivo per cui in anamnesi bisogna sempre chiedere al Pz se ha dei pregressi traumatici.
Può anche succedere che di una vecchia caduta sul sedere rimangano le tracce a livello tissutale, con dei
segni a livello meccanico e craniosacrale. Questo discorso vale per la traumatologia in genere, non solo per il
nostro discorso sul sacro. Infatti il trauma prende/succhia energia da tutti i sistemi pur di permettere al Pz di
restare in economia (= equilibrio/comfort).

5. Trauma indiretto:
una caduta sui talloni soprattutto a ginocchia estese, perché non c’è ammortizzamento e l’impatto arriva
più facilmente a livello lombo-sacrale, con conseguente disfunzione della meccanica della cerniera e, a un
secondo livello, della dinamica craniosacrale

il colpo di frusta > di solito si pensa subito a problematiche della colonna cervicale e dorsale alta e stop. In
realtà può essere così ma può anche esserci dell’altro, perché il colpo di frusta è una frustata che si scarica e
si va a fissare su qualsiasi zona della colonna vertebrale: dorsale medio, lombare basso, sacrale. Di frequen-
te si vedono Pz che a distanza di qualche giorno dal colpo di frusta lamentano lombalgie, dorsalgie, più a
distanza sintomatologie di natura viscerale, perché il colpo di frusta a livello sottodiaframmatico crea uno
shock che può indurre delle perturbazioni

varie > per es. le cicatrici con interessamento della dura madre (epidurali, peridurali, punture lombari, chirur-
gie endomidollari), perché ci possono essere delle retrazioni

Interessi
Tensione equilibrata tra occipite e sacro (concetto di base!) > un occipite “allineato” (ossia libero da un punto
di vista dinamico non morfologico) sia a livello C0-C1 che in ambito craniosacrale dà al sacro le condizioni
per funzionare in modo armonico e viceversa. Un sacro libero dal punto di vista meccanico e craniosacra-
le dà all’occipite le possibilità per lavorare in modo armonico e libero. Per fare un esempio: se riduco una
piccola disfunzione di sfenoide con una tecnica strepitosa e poi tralascio una disfunzione ben più grande sul
sacro, non va per niente bene. Bisogna saper fare tutti e due. Quindi la sequenza di trattamento corretta è:
sacro in strutturale, occipite in strutturale e poi occipite in ambito craniosacrale. È lo steso motivo per cui si
112
comincia con il Test di flessione in piedi e da seduto: sono la base d’appoggio.
Esempio tratto da Magoun dello stendino per asciugare i panni (incredibile ma vero!). Se una traversa non
è in asse, neanche i fili lo saranno. Non da un punto di vista geometrico/strutturale ma funzionale. Non
dobbiamo pensare che il trattamento osteopatico vuole rimettere la base sacrale o l’asse dell’occipite su
un piano oggettivamente trasversale, perché se si ragiona così non se ne viene più fuori. Ogni Pz ha un suo
equilibrio, non esiste un allineamento valido per tutti. Libero significa “libero da disfunzioni”.

- Cefalee

- Dolore cerniera lombo-sacrale> immaginiamo che un Pz con un dolore lombo-sacrale cronico venga a
studio. Il trattamento comicerà con il Test di Flessione in piedi, poi Test di Flessione da seduto, Downing
test, riduzione strutturale, lavoro muscolare, fasciale, etc...compreso il discorso di valutare globalmente tutti
i sistemi correlati al problema della cerniera lombo-sacrale. Da ricordare che una zona cronica sedimenta/
stratifica le tensioni. Quindi si parte con il lavoro meccanico/strutturale e si arriva a un livello più profondo,
che possa completare il lavoro già fatto, o perché ne è la causa o perché è arrivato anche a quel livello.

PRATICA_Audouard
Supponiamo di avere un Pz che viene a studio per un raffreddore oppure un’otite o un tipo d’infiamma-
zione simile. Che cosa si fa e perché?

1. sacro> perché c’è la dura madre; non si può lavorare sul cranio se qui c’è un problema
2. clavicola> per K1 e la relazione con il ganglio stellato
3. scapola> per i mm. omoioidei che arrivano sull’osso temporale
4. C3 C2 C1 C0> perché c’è la dura madre e per il ganglo cervicale sup (sistema carotideo....)
5. occipite> per la dura madre, perché è l’osso principale della sfera post, per il foro giugulare
6. temporale> per le afferenze ganglio palatine a partire dal n. vidiano, (dal VII, dal IX)
7. sfenoide> perché è l’osso principale della sfera ant
8. frontale> per l’etmoide
9. zigomo+mascellare> per la fisiologia dell’etmoide, del vomere
10. vomere
11. fossa pterigo-mascellare
12. ganglio sfeno-palatino
13. diafr toraco-addominale> perché l’aponeurosi profonda collega il centro frenico al tubercolo faringeo
14. fegato+milza> perché sono organi immunitari (non serve stimolare il ganglio sfeno-palatino se le difese
immunitarie non funzionano bene)
15. intestino tenue> per le difese immunitarie
16. timo

Per fare tutto bastano 20 min ed essere organizzati. Si comincia con i test sul sacro, se sono negativi si va
oltre e così via.
Bisogna abituarsi a chiedersi davanti a un Pz: che cosa faccio e perché. Conoscere solo una tecnica
senza collegarla ad un ragionamento logico non funziona.

Tecnica meccanica sulla fossa pterigo-palatina o pterigo-mascellare


È una tecnica per liberare la lamina verticale del palatino dalla tuberosità post del mascellare e dalle pteri-
goidi e per aprire il foro sfeno-palatino

Tempi della tecnica


1. si libera il palatino dalla tuberosità post del mascellare> RI del mascellare e RE del palatino (così la lamina
indietreggia e la tuberosità del mascellare avanza) > la mano craniale porta lo sfenoide in F o il frontale in RE
per dare una componente verso il basso
2. si libera il palatino dalle pterigoidi> F dello sfenoide e RI del palatino
3. si libera il palatino dal corpo dello sfenoide> E dello sfenoide e RE del palatino

113
Memo: RE-RI del palatino
palatino> si contatta la lamina orizzontale
RE del palatino> si dirige la lamina orizzontale verso fuori (la componente in basso non si può dare con que-
sta mano ma sono agendo sullo sfenoide)
RI del palatino> si dirige la lamina orizzontale verso alto-dentro

Osteopata
I tempo
presa intrabuccale con medio e indice
medio> sulla lamina orizzont del palatino (RE> fuori)
indice> sul mascellare (RI> avanti) che lavora insieme al pollice
pollice> extrabuccale sulla sutura interincisiva come contrappoggio
mano craniale> sullo sfenoide (per chi ha la mano grande) oppure sui pilastri orbitari esterni del frontale (F o
RE)

II tempo
presa intrabuccale con l’indice
indice> sul palatino (RI> alto-dentro)
mano craniale> sullo sfenoide (F> basso -avanti-fuori)

III tempo
presa intrabuccale con l’indice
indice> sul palatino (RE> fuori)
mano craniale> sullo sfenoide (E > alto -dietro-dentro)

Stimolazione del ganglio sfeno-palatino


Tecnica meccanica ma comunque in ascolto tissutale.
L’Osteopata è dal lato controlaterale al ganglio da stimolare.
Presa intrabuccale con il mignolo.
Si percorrono tutti i denti fino all’ultimo (non si entra da subito nel margine tra dente e guancia), poi si entra
nello spazio intragiugale (tra guancia e denti), si chiede al Pz di far slittare la mandibola (per creare più spa-
zio e andare in profondità) e ci si posiziona.
Direzione della stimolazione> alto-dietro-dentro (può essere diretta oppure circolare piano piano verso
l’alto).
Si smette la stimolazione in presenza di una risposta neurovegetativa del Pz per es. lacrimazione (occhio
vitreo) oppure un tempo che si reputa sufficiente

Esame pratico cranio


- posizione del Pz
- posizione dell’Osteopata
- punti di contatto (molto importante!)
- ascolto dell’IRC (ascolto = un certo ritmo e una certa ampiezza)
- spiegare ad alta voce come si fa un test di mobilità: induzione, su quale tempo, direzione dell’induzione
nello spazio (ad es. per il frontale si direbbe “nel tempo di flessione induco una rotazione esterna, con l’in-
dice sulla glabella induco la direzione......, con il medio sul pilastro orbitale esterno induco.....; nel tempo di
estensione.... )
- dopo il test si paragonano le due fasi e si denomina eventualmente la disfunzione
- spiegare come fare una tecnica di riduzione (una a scelta)
- cercare di mettere in relazione l’osso o la struttura che si sta valutando con la periferia (per es. se l’occipite
funziona male che cosa pensate? Al sacro, a C2 C3 per le inserzioni della dura madre, al diaframma-sterno
per l’asse aponevrotico centrale, alla scapola per il trapezio, alla clavicola per lo SCOM; se il parietale funzio-
na male a cosa si pensa? Al muscolo temporale e di conseguenza alla mandibola, all’occipite perché è l’osso
principale della sfera post....)

114
Verbalizzaione di test di mobilità dell’occipite
Immaginiamo di aver già posizionato le mani.
“Mi metto in ascolto dell’impulso;
a partire da questo ho la nozione di un certo ritmo e di una certa ampiezza e inoltre la nozione delle 2 fasi
(non bisogna dire “ascolto un movimento”, perché il movimento è attivo mentre l’ascolto è passivo).
Una volta che ho sentito l’alternanza delle due fasi inizio il test di mobilità.
Nella fase di espansione del cranio, che noi abbiamo chiamato flessione, induco l’occipite verso la F, ossia
con i palmi delle mani verso il basso e i polpastrelli verso l’avanti, e apprezzo la capacità dell’occipite di an-
dare o non andare in questa direzione.
Aspetto una fase di ritorno, ossia di estensione, e in tale fase induco la struttura verso un’E, con i palmi
delle mani e i polpastrelli verso l’alto (in pratica verso l’Osteopata, che è seduto alla testa del Pz) e apprezzo
la capacità dell’occipite di andare o non andare in questa direzione.
Paragono la sensazione che ho avuto nelle due fasi e laddove ho maggior facilità denomino la disfunzione”.

Audouard: per disfunzione di F dell’occipite s’intende che il parametro di F è maggiore di quello di E, ma non
vuol dire che l’occipite non va per niente in E. Ci va, ma di meno.
Menichelli: per disfunzione di F dell’occipite s’intende che l’occipite va in F e non va in E.

Anno 3 sem 1_ Audouard

Disfunzioni della base del cranio


Premesse
Con questo termine si intendono le disfunzioni della sincondrosi sfeno-basilare (SSB); in realtà è più corretto
parlare di disfunzioni periferiche del cranio che trovano la loro risultante a livello della base.

Queste disfunzioni vengono classificate in:


1. Fisiologiche: flessione
estensione
2. Torsione
3. Latero-flessione rotazione (o di flessione laterale-rotazione o side bending rotation)
4. Costrizioni craniali: strain laterale
strain verticale
Si tratta di disfunzioni in cui il cranio è costretto ad adattarsi in condizioni molto impegnative.
5. Compressione cranica

Le disfunzioni n° 2 e 3 sono le più difficili

Differenziazione tra STATO e MOVIMENTO


Quando parliamo di stato di un cranio stiamo parlando della sua forma.
Quando parliamo di movimento di un cranio stiamo parlando della sua dinamica.
Non c’è nessuna relazione tra stato e movimento.
La forma del cranio è indicativa di una postura, possiamo cioè capire l’atteggiamento del Pz., ma questo non
ci è utile per capire la dinamica del suo cranio; infatti per sapere se c’è una disfunzione è necessario eseguire
un test. Per es. non è sufficiente dire che un cranio è in torsione, sarà necessario specificare se si sta parlando
di forma o di disfunzione (quest’ultima individuata tramite test opportuni).
NB. la sut coronale è l’espressione dei problemi della base, cioè indica l’adattamento della sfera ant (e quindi
del cingolo scapolare) con l’adattamento della sfera post (e quindi del cingolo pelvico). Pertanto quando si
conosce la forma della sut coronale e non solo di questa si conosce la postura del Pz.

115
Disfunzioni fisiologiche di F Se per es ho una disfunzione di temporale devo controllare/verificare:
Sono disfunzioni in cui il parame- occipite (osso principale della sfera post)
tro di F è maggiore di quello di E sacro (per il collegamento duramerico)
(nell’ambito del test di mobilità). C1 C2 C3
Bisogna riflettere sulle conseguen-
ze di una tale disfunzione; in par-
diaframma TA, OTS, fasce del collo (per l’inserzione
ticolare quali sintomi potrebbero dell’AAC_asse aponeurotico centrale sul tubercolo faringeo)
far pensare ad una disfunzione di clavicola (per lo SCOM) e K1 C7 D1
questo tipo. i piccoli mm. sottocipitali (collegamento tra C0 C1 C2)
Se si trova una disfunzione è mandibola (cranio)
necessario chiedersi cosa all’inter- parietale (soprattutto l’ang post-inf )
no e/o all’esterno del cranio può
averla generata.
sfenoide e sut SS
zigomo

Le conseguenze di una disfunzione fisiologica di F saranno:


- Gioco membranoso non perfetto, quindi modificato. A questa consegue una modifica del drenaggio
venoso da collegarsi con la fisiologia del foro giugulare (la cui dinamica sarà limitata nella sua apertura).
- Si può pensare a partire dal foro giugulare di avere delle ripercussioni sul IX-X-XI paio di nn. cranici (so-
prattutto il X, il vago, con tutte le sue funzioni. Per es. una persona che si presenta con una colite può far
pensare ad un problema di questo tipo).
- Il seno cavernoso è formato dall’espansione delle membrane; pertanto in una disfunzione di F la capacità
di riempimento è maggiore della capacità di svuotamento. Ne risulta una congestione venosa delle vene
oftalmiche per un aumento della pressione a monte, che può determinare un aumento della pressione en-
dooculare all’interno dell’occhio = simil glaucoma (Il drenaggio venoso dell’occhio permette di diminuire
la pressione oculare di 3-4 mmHg nelle situazioni limite e senza andare a toccare il globo oculare).
- A livello dell’ipofisi si avrà un aumento verso l’iperstimolazione ipofisaria, con tutte le ripercussioni
sui diversi assi endocrini (in quest’ottica si può lavorare per es. su persone affette da ipertiroidismo).
- A livello dell’occhio uno stato di F associato ad una disfunzione di F predispone ad una ipermetropia.
Infatti il diametro ant-post è diminuito perché le grandi ali sono in avanti; il globo oculare segue la stessa
deformazione dell’orbita, pertanto esso è più corto da avanti verso dietro. Se a questo si associa una disfun-
zione di F il punto focale cade dietro la retina.
- Nella disfunz di F si può avere un’irritazione del ganglio di Gasser (è avvolto da dura madre e per
la sua posizione può risentire del fatto che la dinamica di espansione trasversale del cranio sia maggiore di
quelle ant-post e vertic) e quindi o di tutto il trigemino o di una sua parte.
Sui neonati/bambini che presentano uno stato di F si può lavorare fino ai 2,5 anni per cercare di riequilibrare
e migliorare l’ipermetropia.
Bambini che a 10 aa sono già alti 1,80 cm spesso hanno una disfunz di F del cranio (da iperstim ipofisaria).
Se una donna soffre di problemi all’ovaio devo riflettere sui seguenti punti:
1. ovaio > dove si trova? Chi ha davanti, dietro, a dx, a sin, sopra e sotto, che può modificare la sua fisiologia
locale? Cerco di dare un ambiente più favorevole
2. sull’ovaio arrivano degli ormoni tramite la vascolarizz arteriosa, quindi rifletto sulle arterie che arriva-
no all’ovaio, sulla catena ortoS lat-vert (responsabile della vasocostriz/vasodilataz delle arterie) e sulle
disfunzioni vertebrali (perché possono stimolare o inibire la catena lat-vert)
3. ipofisi (ossia il cranio) > da qui partono gli ormoni
4. fegato > gli ormoni ipofisari prendono nella via arteriosa un “taxi express”, ossia viaggiano con le protei-
ne plasmatiche del fegato, quindi una buona funzonalità epatica permette di avere dei buoni trasportatori.

116
Segni visivi e palpatori di una
disfunzione fisiologica di F
Ricordando che i 4 quadranti sono in RE si avrà:
Frontale: è più largo a partire dalla sutura metopica fino al pilastro
orbitario esterno (diametro trasversale). Le bozze frontali non sono
attendibili perché potrebbero essere secondarie ad un trauma; teo-
ricamente esse sono meno pronunciate (sono come cancellate).
L’orbita è globalmente aperta (aumento del diametro obliquo e
diminuzione del diametro ant-post e verticale).

F Lo zigomo non è attendibile perché subisce le influenze della sfera


ant e della sfera post. Se però si ritiene attendibile il suo rilievo
dovrebbe essere meno prominente (=cancellato).
Il palato osseo è piatto e largo.
Le orecchie sono a sventola.
Asterion è bombato.
A partire dalla glabella fino a lambda la sutura metopica e quella sagittale sono
piane, non in rilievo (=come cancellate).

Test di una disfunzione fisiologica di F: si utilizza la presa della volta con gli
indici sulle grandi ali che vanno basso-avanti-fuori ed i mignoli poco sotto aste-
rion sull’occipite che vanno basso-dietro (con la respirazione in INspir gli indici
testano la F).

Se una donna ha problemi di ciclo mestruale devo riflettere:


1. sull’ovaio (locale) > dove si trova, chi c’è davanti-dietro-dx-sin-sopra-sotto che può modificare la fisiolo-
gia locale dell’ovaio. Cerco di dare un ambiente più favorevole
2. sull’ovaio arrivano degli ormoni tramite la vascolarizzazione arteriosa > quindi rifletto sulle arterie
che arrivano sull’ovaio, sulla catena ortoS lat-vert e sulle disfunzioni vertebrali
3. ipofisi (cranio) > da qui partono gli ormoni; nella via arteriosa gli stimoli ipofisari viaggiano attraverso le
proteine plasmatiche del fegato. Quindi una buona funzione epatica permette di avere dei buoni trasporta-
tori.

Disfunzioni fisiologiche di E
Sono disfunzioni in cui il parametro di E è maggiore di quello di F.
Le conseguenze di una disfunzione fisiologica di estensione saranno:
- Modifica del gioco membranoso
- Modifica del drenaggio venoso. Infatti per avere un buon drenaggio è necessario che ci sia una giusta
alternanza tra flessione ed estensione. In caso contrario ci saranno dei problemi.
- La dinamica di apertura del foro giugulare è maggiore per cui sembra che i disturbi che si possono avere
nella disfunzione di E per quanto riguarda il IX, X e XI paio di nervi cranici sono minori.
- A livello del seno cavernoso la dinamica di svuotamento è maggiore di quella di riempimento. La parte
est del seno cavernoso sarà stirata in senso ant-post. Questa condizione potrà determinare delle implicazio-
ni dei rami nervosi a livello dei nervi III, IV, VI e V1 (es. nevralgie del trigemino).
- A livello dell’occhio abbiamo le stesse ripercussioni vascolari avute nelle disfunzioni di F perché c’è un au-
mento di pressione a monte (es. vasca da bagno), pertanto si avrà ipertensione endooculare.
- A livello dell’ipofisi avremo una ipostimolazione con ripercussioni su tutti gli assi endocrini. Es. bambini
che hanno uno sviluppo rallentato sono rallentati spesso anche fisicamente ed hanno una tendenza ad am-
malarsi più frequentemente (per minori difese immunitarie).

117
Segni visivi e palpatori di una disfunzione fisiologica di E
Ricordando che i 4 quadranti sono in RI si avrà:
Frontale: è più stretto a partire dalla sutura metopica fino al pilastro
orbitario est. Le bozze frontali non sono attendibili perché potreb-
bero essere secondarie ad un trauma; teoricamente esse sono più
pronunciate.
L’orbita è globalmente chiusa (diminuzione del diametro obliquo ed
aumento del diametro anteroposteriore e verticale).
Lo zigomo non è attendibile perché subisce le influenze della sfera
ant e della sfera post. Se però si ritiene attendibile il suo rilievo do-
E vrebbe essere più prominente.
Il palato osseo è cavo e stretto.
Le orecchie sono accollate.
Asterion è piatto.
A partire dalla glabella fino a lambda la sutura metopica e quella sagittale sono in
rilievo.

Test di una disfunzione fisiologica di E: si utilizza la presa della volta con gli indici
sulle grandi ali che vanno alto-dietro-dentro ed i mignoli poco sotto asterion sull’oc-
cipite che vanno alto-avanti (con la respirazione in ESpir gli indici testano la E).

Disfunzioni di TORSIONE
Sono espressione di un adattamento posturale e/o cinetico (si fa riferimento alla forma e/o alla dinamica)
nel quale le due sfere si adattano secondo un piano frontale invertendo le loro rotazioni.
Ne consegue che su di un piano frontale la rotazione avviene intorno ad un asse ant-post (es. se una scende
sul lato dx, l’altra sale sul lato dx). In realtà è un adattam sul piano parafrontale per mantenere a tutti i costi
la SSB sul piano sagittale (per assicurare la F/E)

anteriore
Denominazione di una torsione
La torsione viene denominata dal lato della grande ala alta con la riser-
va che l’occipite dello stesso lato sia basso; pertanto per poter definire
una torsione è necessario che la grande ala e l’occipite dello stesso lato
siano spostati.
RI RE
sin dx
Una disfunzione di torsione dx presenta:
la grande ala di dx in alto-avanti
l’occipite dx in basso-avanti
In una torsione dx i quadranti si presentano come nella fig. qui accanto
RI RE
Perché il quadrante anteriore dx è in RE se la grande ala è più alta in RI? posteriore

118
La grande ala dx è più alta, ma è anche in avanti
ed è questo il parametro che permette di dire che
essa si trova in RE.
L’adattamento della torsione è di tipo elicoidale.
La finalità del cranio è di mantenere la F e l’E anche
nelle torsioni. In questa condizione si potrebbe
pensare che la SSB sia storta, ma nella realtà essa
rimane sempre allineata per potersi muovere su di
un piano sagittale. Per consentire questo allinea-
mento è la periferia che si adatta in una deforma-
zione elicoidale sotto l’influenza delle membrane.
Questo adattamento si traduce con una grande
ala in alto-avanti ed un occipite omolaterale
disposto basso-avanti.
In realtà si tratta di un adattamento su di un pia-
no PARAfrontale per mantenere a tutti i costi il
movimento della SSB nel suo piano sagittale ed
assicurando la F-E del cranio.
A livello del sacro la base sacrale sarà bassa dal
lato dell’occipite basso.

Asse di mobilità
In teoria l’asse di mobilità va da nasion ad ophi-
stion (parte più post del foro occipitale).

Nasion La figura mostra che la linea da nasion ad inion


(=protuberanza occipitale esterna) passa sulla par-
te superiore della SSB, mentre la linea da nasion
a basion (parte più anteriore del foro occipitale)
passa sulla parte inferiore della SSB. Pertanto la
Ophistion linea che unisce nasion ad ophistion passa proprio
al centro della SSB e rappresenta l’asse di mobilità
delle torsioni.

Quando si parla di disfunzione in torsione a dx la si denomina dal lato della grande ala alta, ma in realtà è
tutto il cranio a trovarsi in disfunzione di torsione.

Segni visivi e palpatori di una disfunzione di _


Torsione dx
Pensando ai 4 quadranti si avrà:
L’orecchio dx più basso e più scollato (a sventola
perché è in RE).
L’orbita dx è più aperta.
Lo zigomo dx teoricamente è cancellato (è meno
prominente rispetto all’altro).
Il frontale dx è più largo-alto, più spianato
rispetto al controlaterale. La bozza frontale è più
sfuggente.
Il sopraciglio dx è più alto (con il Pz sdraiato più
alto sta a significare che è più vicino all’osteopata).

119
Lamba è spostata a dx.
Asterion di dx è più basso e più
bombato.
La sut sagittale è deviata a dx
nella parte post essendo lambda
spostato a dx.
Teoricam. la sut coronale è poco
più avanti a dx.
Il palato a dx è più alto-largo (per-
ché la grande ala è in alto a dx).

Test di una disfunzione di torsione


Per testare una torsione mediante presa della volta gli indici si trovano sulla grande ala ed i mignoli sono
sull’occipite. L’indice di un lato ed il mignolo del lato opposto vanno in alto, mentre l’altro indice e l’altro
mignolo vanno in basso. Per testare la disfunzione dall’altro lato si cambiano le direzioni di indici e mignoli.
Torsione sin > piano frontale
> grande ala sin alta
> occipite sin basso

Pecorelli
Qualità dell’IRC
Approccio di entrata nella sfera cranica con una presa tramite la volta; quali sono i parametri, le risposte che
mi interessano da questa presa?

Forma (morfologia  postura tramite relazione cranio-cingoli)


Consistenza tissutale generale e poi specifica per singole porzioni del cranio (si è fuori dall’impulso e quin-
di si fa prima dell’ascolto mediante una palpazione)
Ritmo (come si manifesta la frequenza all’interno dell’impulso, se ci sono interruzioni. Per comprendere è
similare al concetto di ritmo cardiaco)
Ampiezza/ampiezze (perché ho un’ ampiezza verticale, una trasversale e una ant-post da valutare nei 3
piani dello spazio!)
Frequenza (numero di cicli/min)
- Generalmente descritta come 8-14 cicli/min (da 6 a 14 mediamente)
Simmetria dinamica (non morfologicamente ma nella percezione dell’ampiezza dell’IRC)
Zona in difficoltà da testare
Vitalità dell’impulso (diverso da ritmo e ampiezza) un impulso vivace è segno di reattività del Pz
- Il Pz depresso tende ad avere un impulso scadente
- È più accelerato nel soggetto ansiogeno
Armonia della manifestazione dell’IRC (correlata alla simmetria e alla fluidità dell’impulso)
- A volte ci possono essere degli “inceppamenti” nella manifestazione dell’impulso
Fluidità della manifestazione dell’IRC
120
Valutiamo tutte queste caratteristiche per estrapolare la qualità dell’ IRC e stabilire se il cranio del Pz va trat-
tato oppure no. Questa valutazione rappresenta la porta di entrata al trattamento assieme ai test del volume
sul cranio.

Ricordarsi che un ascolto piò essere rivelatore di disfunzione; una volta trovata la disfunzione è quella che
va trattata e poi va ritestata per vedere se il trattamento è stato risolutivo. Poi si può pensare di fare tutte le
relazioni possibili, ma innanzitutto bisogna trattarle.

Durante l’anamnesi bisogna chiedere che tipo di parto c’è stato, se ci sono stati traumi cranici

Segue una parte PRATICA che è bene visionare (non si può sbobinare), si può comunque procedere in que-
sto modo:
Palpazione della consistenza tessutale delle varie ossa (occipite, parietale, frontale etc).
Presa tramite la volta per valutare la frequenza (orologio), le ampiezze (trasversale, verticale, ant-post), sim-
metria, fluidità, armonia.
Si può forzare il meccanismo in RI ed RE per vedere se ci sono zone di resistenza.
Alla fine della valutazione si può stabilire se il cranio in esame vale la pena di essere trattato.

Tortora
Disfunzioni SIMMETRICHE di F-E
Premesse
Quest’anno si parlerà di cranio in relazione al volume craniale e non relativamente alle singole ossa. Si trat-
teranno gli adattamenti posturali o cinetici che riguardano la base del cranio e le sue disfunzioni, sapendo
bene che nella fisiologia è importante che la SSB mantenga la sua capacità di lavorare in F-E in modo da assi-
curare un buon respiro, un buon IRC, una buona circolazione, un buon funzionamento del sistema cranio-
sacrale.
Gli adattamenti che verranno trattati saranno sempre di tipo posturale e/o cinetico e le disfunzioni della
base potranno essere simmetriche o asimmetriche.
Nella pratica si lavorerà sempre con osservazioni, ascolto, test di mobilità e correzioni.

Disfunzioni SIMMETRICHE in F-E


Sono disfunzioni fisiologiche in cui il cranio potrà funzionare meglio in F o in E (si parlerà sempre di adatta-
mento cinetico).
Per stato (=adattamento posturale) si intende la forma, la morfologia del cranio, come è avvenuto il suo
adattamento in età adulta, se il cranio è simmetrico od asimmetrico. La forma si evince attraverso test visivi e
palpatori.
Le disfunzioni simmetriche di F-E sono delle disfunzioni come tante altre che si associano a dei piani funzio-
nali. Per es. una disfunzione di stato in F vuol dire che la forma, il volume, la morfologia del cranio presente-
ranno una maggiore espansione trasversale rispetto ai diametri ant-post e verticale. Si tratterà di crani con
adattamento posturale in RE perché sono i 4 quadranti che si adattano e la base rimane così. Infatti si parla
della forma della periferia per capire poi come si adatta posturalmente la base. La periferia può adattarsi in
RI o RE: per questo motivo si metteranno in relazione le rotazioni dei 4 quadranti con le rotazioni dei cingoli.
Non è possibile stabilire una relazione con il centro perché questo si estende longitudinalmente ed ha una
certa mobilità alto-basso: la SSB e l’asse centrale del corpo stanno fermi perché sono deputati a funzioni
vitali importanti.

Protocollo di approccio con segni visivi e palpatori


Ricordando che sarà più facile trovare delle forme di asimmetria piuttosto che di simmetria del cranio e che
ad una forma di bacino corrisponderà una data forma di cranio se il Pz è congruente. Si procederà alla valu-
tazione dello stato del cranio prima con il Pz in piedi e poi supino.

121
Valutazione IN PIEDI
1. Sfera anteriore:
-bozze frontali: si possono guardare e/o
toccare; possono essere sfuggenti (RE)
oppure prominenti (RI).
-sopracciglia: se ne valuta l’altezza.
-zigomi: si possono guardare e/o tocca-
re; possono essere sfuggenti (RE) opure
prominenti (RI).

bozze frontali zigomi


2. Sfera posteriore:
- è necessario far tirare su i capelli se questi
sono lunghi
- posizionandosi post si procede alla valuta-
zione di:
- accollamento o scollamento delle orecchie
(simmetr accollate o scollate o asimmetriche).
- la cosa fondamentale sarà la valutazione
dell’occipite, che verrà effettuata posizio-
nando la colonna del pollice sotto la squama
dell’occipite, sotto le linee nucali in direzione forma dell’occipite squama
della base occipitale ed in direzione delle mastoidi. Si procede effettuando una piccola pressione deprimen-
do i tessuti in modo da andare a considerare la forma dell’osso (sarà necessario accertarsi dell’altezza dell’os-
so, se cioè una parte è uguale all’altra o ci sono delle asimmetrie. Ci si può domandare: come sono i due lati
dell’occipite?).
-la direzione della squama dell’occipite (sempre relativamente allo stato): si posiziona una mano dietro
l’occipite a livello di inion ed una mano sul frontale in modo da valutare se la squama è allineata sulla linea
mediana oppure è deviata a destra od a sinistra (in caso di deviazione ci si trova difronte ad uno stato di
asimmetria).
-l’allineamento delle
mastoidi: sia la punta
(più alta o più bassa) che
la porzione mastoidea
(potrà essere sfuggente
o prominente; es. in uno
stato di F del cranio la
porzione mastoidea sarà
prominente).

apici mastoide porzione mastoidea


-conformazione della sutura interparietale e dei due parietali (cioè come è strutturata la volta del cranio, se è
alta ed a punta oppure bassa e spiovente dietro).
-si potrà reperire bregma: a questo livello ci potranno essere degli scalini (ora non ci interessano).

Valutazione da SUPINO
In questo esame si dovrà ritrovare la forma che si è apprezzata in piedi, infatti la forma non cambierà perché
una morfologia del cranio non cambia, così come non cambia la sua disposizione nello spazio, invece posso-
no verificarsi dei cambiamenti delle tensioni membranose, muscolari, fasciali (es. se all’esame del Pz in piedi
si è sentito un occipite più basso da un lato si dovrà sentire anche con il Pz supino un occipite più basso da
quel lato).
Si procederà alla valutazione di:

122
1. Sfera posteriore: mettendo
le mani si procede alla valuta-
zione di:
- base dell’occipite
- punta della mastoide

forma dell’occipite apice mastoide


- porzione mastoidea
- parietali (vengono va-
lutati mediante la presa
classica su queste ossa.
Si valuterà la simmetria
delle bozze, se le ossa
hanno la stessa rotazio-
ne oppure no. Fonda-
mentalemente si potrà
trovare di tutto (per
questo motivo bisogna porzione mastoidea parietali e sut interparietale
palpare e sentire).

A questo punto si mette in relazione la sfera post con il cingolo pelvico perché occipite e sacro sono sempre
in stretta connessione tra di loro avendo una meccanica, una dinamica e delle strutture articolari uguali: c’è
un OM con una sacroiliaca, c’è un lungo ed un corto braccio, c’è una dinamica in F-E diretta basso-alto e che
mette in relazione due ossa impari che rispettano l’asse centrale. In questa ottica i temporali vengono messi
in relazione con gli iliaci. Con il Pz spogliato e disteso sul lettino si potrà valutare se per es. ad una RE della
sfera post a dx corrisponderà una RE del bacino e dell’arto di dx a destra, ricollegandosi anche alla valutazio-
ne effettuata con il Pz in piedi. In conclusione si cerca di associare uno stato del cingolo pelvico alla coerenza
di uno stato del cranio.

2. Sfera anteriore: si procede alla valutazione di:


- forma delle bozze del frontale, posizionandosi un poco distanti con la schiena in appoggio sulla sedia op-
pure ponendo le mani sull’osso

- zigomi: posizionandosi con la schiena in appoggio sulla sedia oppure in appoggio sull’osso se ne valuterà
la sfuggenza oppure la prominenza (posizionando due dita sull’osso)

123
- orbita: la sua forma e la sua dinamica seguono la forma e la dinamica del cranio. La conformazione dell’or-
bita si valuta a partire dai diametri: ant-post, verticale ed obliquo. Si prenderà in considerazione soprattutto
il diametro obliquo andando dal pilastro orbitario int all’apofisi frontale dello zigomatico: vi si posizionano
indice e medio e si effettua la valutazione stando in piedi. Il diametro verticale si valuta ponendo un dito sul
globo oculare. Il diametro antero-posteriore si valuta considerando la prominenza del globo oculare, senza
spingere sull’occhio. Poiché il globo oculare segue la dinamica del cranio una prevalenza del diametro obli-
quo sarà indice di RE, mentre una prevalenza dei diametri verticale e/o ant-post farà propendere per uno
stato di RI.

diametro obliquo orbita diametro verticale orbita palato (simmetria e forma)


- Bocca: innanzitutto si chiede al Pz il permesso di “entrare” nella sua bocca spiegandogli ciò che ci si accinge
a fare. Si valuta la forma del palato che fornisce informazioni sulla sfera ant. In questa ottica si valutano due
elementi:
1. simmetria/asimmetria (in relazione alla lunghezza della linea tracciata dalla sutura cruciforme all’VIII
dente; se è ampia ci si troverà difronte ad uno stato di RE, se è stretta di RI, se è ampia da un lato e
stretta dall’altro si sarà difronte ad uno stato di asimmetria del cranio).
2. forma del palato: cavo o piatto.

A questo punto si metteranno in relazione questo esercizio visivo e palpatorio con il cingolo scapolare: es.
nella RE si avrà palato piatto e basso, orbite aperte, zigomi e bozze frontali sfuggenti, narici aperte, cingoli
in apertura (sia da supino che in piedi mettendo le mani dietro le scapole e valutando la lunghezza della
clavicola dal manubrio sternale all’acromion. Si ricordi che la scapola dà l’orientamento dell’arto sup). Tutto
ciò verrà messo in relazione con i 4 quadranti.

Considerazioni:
- è molto più difficile trovare uno stato di asimmetria piuttosto che uno di simmetria in F o in E. Questo ac-
cade perché la asimmetria è in relazione con le sollecitazioni int ed est che il cranio subisce durante la vita
intrauterina, con il passaggio all’interno del canale del parto fino ai 4-5 anni: infatti è in questo periodo che
si determina la forma del cranio. E’ per questo motivo che il neonato viene trattato attraverso un modellag-
gio della forma del cranio. In considerazione di quanto affermato si può capire come le scoliosi spesso siano
frutto di un accrescimento asimmetrico del cranio. In età adulta non sarà possibile modificare la forma, ma si
cambierà la funzione, la dinamica. Pertanto lo scopo di valutare la forma di un cranio è quello:
1. nell’adulto di valutare la coerenza tra stato del cranio e la periferia.
2. nel bambino permettere l’accrescimento corretto per assicurare uno sviluppo corretto.
124
- ci può essere uno stato di coerenza tra forma e stato, ma ciò nonostante il Pz può presentare per es. una
lombalgia. Questo sta a significare che anche in una condizione di coerenza ci sono dei problemi. Questa
condizione può rendere difficile stabilire da subito quale sia la causa scatenante per il Pz
- ci può essere uno stato di coerenza tra stato e forma con per es. un cingolo scapolare atteggiato in RI.
Questa condizione ci spingerà ad indagare subito l’arto interessato, a chiedere al Pz se ha dolore, se ci sono
stati in passato dei traumi perché potrà essere un segno di diagnosi. Pertanto si procederà a testare l’arto
anche se il Pz non riferisce dolore. Infatti per spalla in osteopatia intendiamo anche omero, clavicola, sca-
pola, cerniera, C0, OM, fegato, diaframma etc. lo scopo finale è quello di ottenere una migliore economia. In
questa ottica l’osservazione è fondamentale sia prima che dopo avere eseguito i test.

Disfunzioni simmetriche di F e E: adattamenti cinetici


Le disfunzioni della base si evincono tramite un ascolto ed un test di mobilità; pertanto sarà necessario met-
tere in movimento la struttura.
Il cranio funziona in F-E, ma può creare anche una disfunzione in F, pertanto, essendo l’adattamento perifer-
ico, i 4 quadranti ruoteranno più verso la rotazione esterna che non verso la rotazione interna. La risultante
di tutto ciò sarà un adattamento della base in disfunzione in F. Infatti la SSB funziona sempre su di un piano
sagittale in F-E (in relazione anche ad eventuali adattamenti). Per questo motivo si sente sempre un impulso
sia in periferia che sulle fasce: questo impulso viaggia sempre attraverso la relazione dinamica. Quello che
si fa quando c’è una disfunzione è rilanciare l’impulso ritmico craniale andando a ridurre la disfunzione, non
prima però di avere effettuato un ascolto ed un test.

(Cosa sono le disfunzioni asimmetriche? Sono disfunzioni che si realizzano su piani non fisiologici rispetto
ad assi di mobilità non fisiologici. Pertanto l’adattamento non avverrà più sui piani CSM, SS ed SF).

Le disfunzioni simmetriche di F-E sono quelle che si realizzano sui piani fisiologici e rispettano assi di mobil-
ità fisiologici.
Come si esegue un test della base?
1. Presa tramite la volta: a 4 dita con gli indici su pterion ( a livello della grande ala dello sfenoide), i medi
davanti all’orecchio, gli anulari dietro l’orecchio ed i mignoli in direzione di asterion, sull’occipite, sotto
la squama dell’occipite. I pollici sono in contatto tra di loro in modo da creare un circuito e dare la stessa
induzione con entrambe le mani; non si appoggiano sulla volta perché non ci si pone mai sulle suture e sul
centro, ne tantomeno si induce a questo livello perché agire sul centro significare dare delle informazioni
diverse rispetto a quelle provenienti dalla periferia.
Con questa si inizia a fare un ascolto potendo percepire l’espansione dei 4 quadranti ed il loro ritorno (pre-
stando attenzione con l’indice alla sfera anteriore e con il mignolo alla sfera post).
A questo punto in un tempo di flessione si induce sui 4 quadranti una rotazione esterna portando con gli
indici la grande ala dello sfenoide basso-avanti-fuori (apprezzando l’espansione di pterion) e con i mignoli
l’occipite basso-dietro apprezzando l’espansione di asterion, punto in cui arriva il tentorio). Questo movi-
mento ha come risultante un aumento verso l’alto della SSB.
In un tempo di estensione induco i 4 quadranti in rotazione interna portando con gli indici la grande ala
dello sfenoide alto-dietro-dentro, mentre con i mignoli induco l’occipite alto-avanti dentro.
Gli assi di mobilità sono gli assi trasversi CSM dx/sin ed SS dx/sin sui quali le 2 sfere ruotano in senso inverso.
Repere di Pterion: partendo dal pilastro orbitale esterno si va alto-dietro andando a sentire i limiti delle
ossa che compongono pterion e cioè frontale, sfenoide, temporale e parietale.
Repere di Asterion: la presa è post; si può reperire la sutura lambdatica e ci si pone dietro divaricando bene
le dita.

125
Pterion Asterion

presa tramite la volta movimento di apertura (in F) movimento di chiusura


(in E)
2. Presa sfeno-occipitale: con i pollici sulla grande ala dello sfenoide, mentre con le altre dita si avvolge
l’occipite prendendolo da dietro l’orecchio. Si deprimono i tessuti e le fasce e si entra all’interno del sistema
duramerico. E’ una presa molto avvolgente a livello sottooccipitale.
Se si vuole indurre una RE si spinge con i pollici la grande ala dello sfenoide basso-avanti, mentre con le altre
dita (che si trovano a cavallo dell’asse trasversale) si porta l’apofisi basilare alto-avanti.
Se si vuole indurre una RI si porta con i pollici la grande ala dello sfenoide alto-dietro-dentro, mentre con le
altre dita (che si trovano a cavallo dell’asse trasversale) si porta l’apofisi basilare basso-dietro.

appoggio sulla grande ala dello sfenoide presa sull’occipite da un lato

presa sull’occipite dall’altro lato presa sfeno-occipitale


3. Presa sfeno-fronto-occipitale: secondo Tortora è una presa trasversale molto efficace perché:
- avvolge la sfera ant e quella post;
126
- permette di apprezzare bene il volume craniale, soprattutto il diametro ant-post,
- permette di effettuare molto bene sia test che riduzioni;
Mano caudale (general-
mente la sin)> effettua
una presa trasversale
sull’occipite rispettando
l’asse di mobilità (si
è con le dita a cav-
allo di quest’asse), con
l’avambraccio sul lettino
ed il gomito fuori dal let-
tino.
Mano craniale> si pone
in appoggio sullo
sfenoide tramite il pol-
lice ed il medio con le
altre dita che si ada-
giano sul viso del Pz. Il
gomito dell’osteopata
è in appoggio sul let-
tino. Qualora non si
riesca a raggiungere la
grande ala dello grande ala dello sfenoide pilastri orbitali esterni del frontale
sfenoide ci si pone con pollice e medio a livello dei pilastri orbitali est del frontale (osso della sfera ant).
Questo tipo di presa permette di essere attivi su occipite e sfenoide.

Riduzione delle disfunzioni simmetriche di F e E


Possono essere trattate con varie tecniche:
1. Funzionale indiretta
Nel tempo di flessione si induce una F/RE dei 4 quadranti. Nel tempo di estensione si mantiene in F/RE. Si
ripete la procedura sino a che nel tempo di F non si riesce ad indurre più una F/RE (cioè non si riesce ad an-
dare in ulteriore aggravamento).
A questo punto la tecnica è finita e si lascia facendo tornare le membrane verso l’allungamento, tornando
verso una situazione neutrale (NB nelle tecniche di aggravamento si determina un accorciamento delle
membrane).
Infine mantenendosi in ascolto si fa un test per vedere se si è ridotta la disfunzione. Se la disfunzione non si
è annullata si procede con la tecnica funzionale diretta.
2. Funzionale diretta
Si va in estensione ed in un tempo di F si mantiene l’estensione, mentre in un tempo di E si aggrava
l’estensione. Si ripete fino a che i tessuti non vanno più, ma anzi vanno nel parametro opposto, pertanto le
membrane vanno in accorciamento).
A questo punto si lascia e si ritesta. Se ancora la disfunzione non è rientrata si procede con la tecnica mec-
canica diretta.
3. Meccanica diretta
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una presa più consistente cioè si fa un poco di leva sui 4 quadranti e si comprime il cranio non consenten-
do la rotazione esterna dei 4 quadranti.
Senza porsi in ascolto dell’impulso ritmico craniale si porta il cranio in estensione e si mantiene sino a che
non si percepisce un cambiamento del tessuto ed una volontà di andare verso l’apertura.
A questo punto si lasca andare. Quindi ci si rimette in ascolto e si testa. Se va meglio, ma ancora permane un
poco di disfunzione si procede con la tecnica meccanica indiretta.
4. Meccanica indiretta
Si aumenta la flessione e si aspetta l’espansione trasversale del cranio (ci mette il tempo necessario; si può
utilizzare il sistema fasciale per aiutarsi per es. facendo flettere le dita dei piedi, oppure può essere utile la
respirazione).
127
2 sem _Audouard

Ripresa del concetto di torsione


Definizione di disfunzione di torsione: si tratta di una
N serie di adattamenti posturali e/o cinetici (facendo
riferimento rispettivamente allo stato per l’adattam.
posturale e alla dinamica per quello cinetico), in cui le
2 sfere si adattano su un piano parafrontale, inver-
tendo le loro rotazioni, secondo un asse antero-pos-
O teriore (diretto da Nasion ad Opistion). Questo asse è
un asse teorico.
La condizione fondamentale per denominare una
torsione è che la grande ala dal lato stesso della
torsione sia alta con la riserva che l’occipite omola-
terale sia basso. Quindi, la logica fa si che avendo la
grande ala, dal lato della torsione, alta (lo sfenoide fa
parte della sfera ant), ovviamente la sfera posteriore
subirà una rotazione opposta e quindi troveremo
l’occipite dello stesso lato basso.
C’è tuttavia bisogno di giustificare: come mai una
grande ala si adatta in alto in rotazione esterna?
Il parametro di alto è un parametro indicante una
RI; tuttavia la grande ala non è solo alta ma anche
diretta avanti. Dunque è quest’ultimo parametro,
quello di avanti, che giustifica la RE del quadrante.
Ed è inoltre per questo motivo che parliamo di un
adattamento su un piano parafrontale (non su un
piano frontale in senso stretto).
Si parla della torsione come di un movimento di tipo
elicoidale, con grande ala (alto-avanti) e occipite
(basso-avanti) >>questo crea la RE.
adattamento delle sfere ant e post in una
torsione dx

128
anteriore
La finalità del cranio è quella di mantenere la flesso-estensione.
Quindi la F-E avviene su un piano sagittale attorno a due assi
trasversali-orizzontali. Lo scopo del cranio è quindi quello di man-
tenere a tutti i costi un corretto adattamento della SSB su un piano
RI RE
sagittale, durante il movimento di F-E. Tali adattamenti sono per-
messi dalle Membrane a Tensione Reciproca che s’inseriscono sull’ sin dx
osso e fanno si che ci sia un adattamento su un piano sagittale,
permettendo di ottenere questa Risultante. RI RE
posteriore
Adattamento TEORICO delle SUTURE DIRETTRICI in TORSIONE
Perché parliamo di suture direttrici? Poiché queste rappresentano i tre piani dello spazio, sono direttrici di
movimento su questi piani e rappresentano l’ottica di correzione della torsione.
A livello della sutura SS_Sfeno-Squamosa (piano parafrontale) del lato della torsione: tale sutura,
anatomicamente, è formata da una parte orizzontale posta sotto il punto SS; e da una parte verticale posta
sopra il punto SS. Accade dunque che: globalmente al di sopra del punto SS, cioè nella porzione verticale,
non c’è compressione perché la grande ala va alto-avanti; quindi: al di sotto del punto SS nella porzione
orizzontale, abbiamo una relativa compressione; mentre possiamo dire che c’è una relativa apertura
o decompressione al di sopra di tale punto nella porzione verticale (infatti lo sfenoide sale e il tem-
porale scende).

Globalmente la grande ala dello sfenoide si adatta alto/avanti, di conseg-


Temp ricopre Sfenoide uenza al di sopra del punto SS (porzione verticale) c’è una relativa apertura;
mentre ci sarà una relativa compressione sulla porzione più orizzontale
cioè sotto il punto SS.
Quindi:
- sotto il punto perno SS (porz. orizz) si ha una relativa compressione
Sfenoide ricopre Temp - sopra il punto perno SS (porz. verticale) si ha una relativa apertura.
Dal lato sin: siamo in relativa compressione sulla porzione verticale (quindi
>
>>>>>
a sin è il contrario).
SS

129
Si può dare dunque una spiegazione anatomica e fisio-
MEMO > SUTURA SS logica del motivo per cui la grande ala dello sfenoide si
Porzione verticale alza, andando alto-avanti; dietro lo sfenoide, infatti, c’è
Temp (TAV INT) ricopre lo Sfenoide (TAV EST) il temporale che si abbassa, seguendo l’occipite e va
Porzione orizz in compressione nella porzione orizzontale. Sul lato
Sfenoide (TAV INT) ricopre il Temp (TAV EST) della non torsione, viceversa, c’è una compressione rela-
tiva sopra SS, e relativa apertura al di sotto del punto SS.
Ricorda: quando parliamo di una disfunzione di torsione del cranio, la denominiamo dal lato della grande
ala alta; tuttavia se ad es. ho una disfunzione di torsione dx non bisogna pensare che la disfunzione è solo a
dx, ma la disfunzione riguarda l’insieme del cranio, quindi c’è una dinamica disfunzionale anche a sin.

Sutura SF_Sfeno-Frontale (piano paraorizzontale): la sutura si adatta su un lungo braccio esterno e


un corto braccio interno. Si relaziona tra il bordo superiore della grande ala e il bordo posteriore del pilastro
orbitale esterno del frontale.
Dal lato della torsione c’è una maggior
corto braccio > >lungo braccio
compressione a livello del lungo brac- >
cio esterno, poiché più si va all’esterno >
più la grande ala è alta; dal lato opposto >
alla torsione c’è una maggior compressione
sutura SF dx
>
relativa sul corto braccio.
Quindi, SF: compressione sul lungo braccio esterno (quello che se viene prolungato arriva alla spina nasale).

A livello della sutura OM_Occipito-Mastoidea (piano parasagittale): per capire la sutura occipito/
mastoidea, bisogna capire l’adattamento dell’occipite e del temporale. L’occipite si adatta globalmente
basso-avanti dal lato della torsione; lo stesso la porzione mastoidea del temporale si adatta globalmente in
avanti-basso seguendo l’occipite che è appunto basso e va in RE. Ciò significa che la porzione mastoidea del
temporale va a comprimere maggiormente la porzione verticale.
Temp ricopre Occip Dal lato della torsione l’occipite si adatta globalmente basso-avanti e
lo stesso fa la porzione mastoidea del temporale.
lun

Quindi:
go

- sopra il punto perno CSM (porz. verticale) si ha una relativa


Occip ricopre Temp compressione
br

- sotto il punto perno CSM (porz. orizz) si ha una relativa apertura.


ac

Dal lato sin è il contrario.


cio

CSM
Questo però è un adattamento teorico per 2 motivi:
MEMO > SUTURA OM 1. supponiamo un bimbo con un cranio in uno stato
Porzione verticale - lungo braccio di torsione; crescendo mantiene questa disfunzione:
Temp (TAV INT) ricopre l’ Occipite (TAV EST) significa che da adulto la sutura OM del lato in disfunzi-
Porzione orizz - corto braccio one non sarà paragonabile a quella del lato non disfun-
Occipite (TAV INT) ricopre il Temp (TAV EST) zionale. Piuttosto può accadere che la forma anatomica,
quindi lo stato, sarà in un modo diverso dal lato disfun-
zionale rispetto all’altro. La stessa cosa vale per la sutura SS e SF. Ciò è dunque teorico perché non esiste un
soggetto perfetto: molte disfunzioni craniali neonatali e/o pediatriche possono persistere ed essere mante-
nute poi nel soggetto adulto, con possibili ripercussioni anche sulla dinamica.
2. La nostra mente deve visualizzare queste suture nello spazio, il segmento che ricopre e quello che è rico-
perto, e quindi la dinamica.
Ciò che fa la differenza ed è importante, non è tanto l’esecuzione della tecnica, quanto invece vivere con la
struttura della quale ci mettiamo in ascolto. Per vivere con essa è necessario visualizzare nello spazio la strut-
tura anatomicamente e sentire. Ci sono molte tecniche; noi possiamo scegliere quella che ci è più conge-
niale e comoda, ma per far fronte a questo occorre palpare, sentire e visualizzare l’anatomia e la dinamica.

130
ADATTAMENTO delle MEMBRANE
La cosa evidente di cui siamo abbastanza sicuri è che dal lato della torsione, il TENTORIO (poiché l’occipite
è basso e il temporale è basso) è piuttosto basso, leggermente avanti, e in fuori (perché c’è una RE del
temporale) e in questa situazione l’orientamento del Tentorio crea una incidenza a livello del Forame di Pac-
chioni (ricorda: qui passa il tronco encefalo), tra la piccola e la grande circonferenza (spesso nelle RM questo
forame diventa asimmetrico, subendo una deformazione).
L’aumento del diametro trasversale del tentorio (visto
che c’è continuità tra la grande circonferenza e la piccola
circonferenza) fa si che relativamente al tentorio che è
basso, la grande ala è più alta e forse un po’ più avanti;
ciò determina che a livello della lamina interclinoidea
tra apofisi clinoidea post e ant, c’è una trazione ant-post
(soprattutto a livello della parete esterna del seno caver-
noso con ripercussioni possibili sui nervi III, IV, VI e V1 e
con ripercussioni possibili anche sul funzionamento ocu-
lare soprattutto sulle vene oftalmiche). Questo è tipico
dei Pz che possono presentare esoforie e sintomi che
fanno pensare al n. oculomotore (III) e al n. abducente
(VI). Alcuni dicono che dal lato della disfunzione di tor-
sione abbiamo una concavità, ossia nella parte anteriore
della falce e una convessità nella parte posteriore di essa.
La falce s’inserisce sull’apofisi crista galli: dunque, per
avere una convessità nella parte posteriore della falce c’è
bisogno che la falce rotoli su se stessa.
A livello della FALCE del cervello (decalata dal lato della torsione), la cosa più evidente è che sembra che
questa falce nella sua parte post-sup, a livello di lambda, sia deviata dal lato della torsione. Ciò è evidente
soprattutto nelle risonanze.
Ci sono 2 motivi:
a) problema di tipo membranoso MTR (il tentorio dal lato della torsione è diretto basso-avanti-fuori, quindi
tira trasversalmente >>> dunque, la falce nella parte post è tirata);
b) lambda è deviata dal lato della torsione (poiché anche la sutura intersagittale è deviata dal lato della
torsione) nella sua parte posteriore. Se a ciò aggiungiamo l’aumento del diametro trasversale del tentorio
e il suo adattamento in basso, questo giustifica che la falce possa essere appunto deviata postero-superior-
mente dal lato della disfunzione di torsione.

ASTERION
ASTERION punto perno
canale
TAV. ESTERNO condiloideo
TAV. INTERNO asse di mobilità
CSM dx CSM sin
sut. OM tubercolo
occipitale
CSM
solco del seno processo
sigmoideo sut. Petro- giugulare
giugulare
sut. Petro- sincondrosi
basilare sfeno-basilare

131
ADATTAMENTO delle ossa della SFERA POST dal lato della TORSIONE
Occipite Temporale Asterion Parietale
nessuna torsione si trova Essendo il temporale in facendo riferimento alla è in RE, la cosa impor-
a livello della SSB. Occip- RE, la tuba di Eustachio forma: appare più bom- tante è l’angolo ant-inf
ite è più basso-avanti. stessa sarà maggior- bato alla palpazione e diretto basso-avanti-
mente aperta; la sua spostato più in basso- fuori: questo angolo
Sut Petro-basilare dinamica di apertura sarà avanti. entra in relazione con la
si trova davanti alla maggiore rispetto alla porzione superiore della
sutura OM e davanti al sua dinamica di chiu- Foro giugulare grande ala che, in tor-
foro giugulare; è relativa- sura (il Pz può spesso dinamica di apertura sione, si adatta in alto-
mente aperta, maggior- avvertire acufeni > è minore in RE, poiché il avanti-fuori.
mente nella sua porzione un tipo di soffio e sibilo drenaggio del cranio av-
posteriore (in direzione dovuto a torsione). viene in senso ant-post. Sut coronale
del punto CSM). Questa La sut sfeno-petrosa è Quindi in torsione sarà in teoria può essere pal-
sutura è importante per in compressione e può più chiuso. Il foro giugu- pata dal lato della disfun-
il seno petroso infe- influire sulla funzionalità lare ha una dinamica di zione di torsione, dove è
riore: infatti, tale seno della tuba di Eustachio. apertura maggiore nel alta e un po’ più avanti; è
si trova davanti al foro tempo di E; mentre la in compressione
giugulare e sopra alla Apofisi mastoidea dinamica di chiusura è
maggiore in F. Sut interparietale o
sutura petro basilare, e (e apofisi stiloidea): la
sagittale
assieme al seno petroso porzione mastoidea o
Apofisi giugulare è piuttosto deviata dal
superiore drena il seno mastoide nel suo insieme
orientata basso-avanti. lato della disfunzione
cavernoso gettandosi nel si trova in RE ed è diretta
di torsione, soprattutto
foro giugulare; dunque globalmente in basso-
Apofisi zigomatica nella sua parte post.
essi sono responsabili avanti-fuori; mentre
orientata in basso-avanti-
del drenaggio venoso nello specifico l’apofisi
fuori (poiché il temporale
dell’occhio. mastoidea e stiloidea
è in RE). Inoltre, la sutura
(siccome l’occipite è
temporo-zigomatica
Lambda basso e quindi anche il
sarà in compressione
è deviata, spostata dal temporale) sono dirette
(come nella LFR_p.
lato della torsione, quindi basso-dietro-dentro (an- 151) causa l’aumento
la sutura intersagittale ziché alto-dietro-dentro). del diametro obliquo
sarà piuttosto deviata Ripercussione logica
dell’orbita
nella parte post dal lato possibile soprattutto
della disfunzione di tor- su: osso ioide, SCOM e
sione. stretto toracico sup.

ADATTAMENTO delle ossa della SFERA POST dal lato della TORSIONE (continua)
Sut sfeno-parietale
la porzione sfeno-parietale è in compressione, perché l’angolo ant-inf del parietale è diretto basso-avan-
ti-fuori; mentre la porzione superiore della grande ala dello sfenoide è diretta alto-avanti-fuori.
Tutto ciò può avere ripercussioni anche a livello del cingolo scapolare (scapola e clavicola) + cingolo pelvico.

Apofisi zigomatica orientata in basso-avanti-fuori (poiché il temporale è in RE). Inoltre, la sutura tempo-
ro-zigomatica sarà in compressione causa l’aumento del diametro obliquo dell’orbita; infatti l’occipite è
basso, il temporale è basso e quindi in RE; tramite questa sutura il temporale entra in rapporto anatomico
con lo zigomo (il quale fa parte della sfera anteriore: l’apofisi zigomatica del temporale poggia sullo zigomo);
lo sfenoide essendo relativamente più alto, fa sì che anche lo zigomo sia globalmente alto, quindi si crea una
compressione sullo zigomo.
La sutura temporo-zigomatica è in compressione, e da un punto di vista pratico quindi, diciamo che è in
grado di mantenere le disfunzioni della volta a livello della base cranica, cioè a livello della SSB: la moti-
vazione di ciò è che lo zigomo è un osso che collega la sfera anteriore con la sfera posteriore, e quindi fa da
ponte tra le due, mantenendo il più delle volte le disfunzioni se ci sono.
Stesso dicasi per le altre 2 suture, cioè quelle che collegano la sfera ant con la sfera post:
132
sut coronale e sfeno-parietale.

ADATTAMENTO delle ossa della SFERA ANT dal lato della TORSIONE
Sfenoide: diciamo che globalmente lo sfenoide inverte la sua rotazione rispetto all’occipite dallo stesso lato
della torsione. La capacità di salita della grande ala dipende dalla libertà data dal temporale.
Spiegazione: le 2 sfere invertono le loro rotazioni; quando l’occipite è basso, anche il temporale è basso
(questo ovviamente accade per la sfera posteriore).
Relativamente al temporale basso, la grande ala dello sfenoide, è relativamente alta soprattutto nella sua
porzione superiore e ciò mi spiega la compressione sulla porzione più orizzontale della sutura sfeno-squa-
mosa. Non si può in realtà paragonare la sfera anteriore con la sfera posteriore. Quest’ultima, la sfera poste-
riore è piuttosto massiccia, strutturale; mentre quella anteriore è più adattativa e malleabile. La capacità di
salita della grande ala dipende dunque dalla libertà data dal temporale. Piuttosto è la sfera post che è
bassa e che anteriorizza più o meno la salita della grande ala. Non avviene come si supporrebbe il contrario:
c’è dunque una sfera più strutturale posteriormente e una sfera più adattativa anteriormente. A livello del
corpo dello sfenoide c’è uno stiramento ant-post della lamina interclinoidea.

Per quanto riguarda il fondo della sella turcica, alcuni dicono che in una torsione ad es. dx, il fondo della
sella è più alto soprattutto a dx dove sale di più durante la RE, rispetto a sin, quindi secondo questa teoria
dovremmo avere maggiormente una pressione dal lato dx >> ma questa è una sottigliezza, infatti ciò che
a noi interessa è l’adattamento globale della struttura, e quindi in una torsione globalmente, il corpo dello
sfenoide sale.
Piccola ala dello sfenoide: sale di più rispetto alla grande ala con relativa apertura della fessura sfenoi-
dale; è diretta alto-avanti, soprattutto la porzione più esterna; la piccola ala dello sfenoide entra in oppo-
sizione con il bordo orbitario del frontale (formando la sutura sfeno-orbitaria), perché il frontale si trova in
RE, in quanto il bordo orbitario del frontale indietreggia. Dal lato della torsione la piccola ala è più anteriore
rispetto alla controlaterale, con diversa tensione del globo oculare (raggio di curvatura della cornea). Quindi
ogni volta che sentiamo parlare della piccola ala dello sfenoide, dobbiamo pensare a 2 cose importanti:
1. il rapporto con il frontale:
bordo orbitario (sut. sfeno-orbitaria)
incisura etmoidale (meccanismo di bascula etmoide-frontale)

2. La faccia orbitaria della piccola ala (faccia anteriore) è importante da un punto di vista anatomico e
funzionale: infatti qui troviamo l’inserzione del tendine di Zinn, a partire dal quale troviamo tutti i muscoli
che “comandano” il globo oculare.

133
Abbiamo la cornea e il globo oculare: supponiamo che
il globo oculare sia rotondo. Questi muscoli estrinseci
si inseriscono sulla sclerotica, cioè sulla porzione più
esterna del globo oculare. Un muscolo per definizione
ha un certo tono: il tono di questi muscoli mi condiziona
il raggio di curvatura della cornea >> in uno stato di tor-
sione quando abbiamo una piccola ala più avanti e l’altra
un pò più indietro, la differenza tra le due fa si che la
tensione dei muscoli estrinseci da un lato è diversa da quella dell’altro lato.
Significa in altri termini che il raggio di cur-
vatura della cornea da un lato è diverso
dal raggio di curvatura della cornea dell’altro
>ASTIGMATISMO (conseguenza di una tor-
sione); l’orbita astigmatica solitamente è più
aperta. Una persona affetta da astigmatismo, se
gli occhiali che indossa non sono perfetti, ha la
possibilità di sviluppare emicranie e cervical-
gie. La prima cosa che vediamo in un Pz è il suo
viso, quindi è a partire da questo che dobbiamo
già farci un’idea del Pz, tenendo sempre ben presente che il viso corrisponde allo stato, e che un conto è lo
stato, un altro è la dinamica craniale.

ADATTAMENTO delle ossa della SFERA ANT dal lato della TORSIONE (concetti principali)
Piccola ala dello Palatino Vomere Mascellare
sfenoide si trova in RE, con lamina segue globalmente si trova in RE dal lato
sale di più rispetto alla orizzontale più alta e la lamina verticale della disfunzione di tor-
grande ala con relativa più fuori. Segue, global- dell’etmoide e partecipa sione. L’orifizio del seno
apertura della fessura mente, l’adattamento di alla deviazione del setto mascellare è relativa-
sfenoidale perché non pterigoidi e mascellare. nasale ed è deviato si- mente più aperto per la
c’è nulla che la frena; en- Esso subisce l’influenza curamente dal lato della RE del palatino
tra in opposizione con dello sfenoide (corpo + torsione, nella sua parte
il bordo orbitario del apofisi pterigoidea che inferiore, con conseg- Mandibola
frontale (sutura sfeno- va alto-avanti-fuori) + uente evidente asimme- dato che il temporale
orbitaria), perché il bordo subisce anche l’influenza tria del setto nasale. va in basso dal lato
orbitario del frontale in del mascellare che ruota della torsione, il condilo
RE indietreggia. Dal lato all’esterno. Setto nasale mandibolare omolaterale
della torsione la piccola una fossa nasale più va in basso-avanti-fuori,
Palato
ala è più ant rispetto alla aperta e una più chiusa. rispetto all’altro.
controlaterale, con di- più alto-piatto-largo nella Il Pz respira meglio dal Il mento è in teoria de-
versa tensione del globo parte posteriore. Arcata lato della disfunzione viato dal lato opposto
oculare (raggio di curva- dentaria più aperta in torsione, poiché è da alla torsione (quindi ad
tura della cornea). nella parte post. quel lato che tutto sarà in es. in una torsione dx, il
Frontale RE. Deviazione dal lato mento è deviato a sin)
Grande ala della torsione >> ciò comporta una
si adatta in RE. L’osso compressione della
è diretta alto-avanti; frontale appare più alto
sale di meno in confronto e più largo, ma anche più articolazione temporo-
alla piccola ala mandibolare dal lato
sfuggente e obliquo. opposto alla torsione.
Apofisi pterigoidea
Incisura etmoidale
globalmente va piuttosto
appare più aperta e più
alto-avanti e soprattutto
larga.
fuori, poiché anche la
grande ala va global-
mente alto-avanti.
134
ADATTAMENTO delle ossa della SFERA ANT dal lato della TORSIONE (concetti principali) (continua)
Etmoide Zigomo
c’è una massa laterale in RE e grazie ai suoi
aperta dal lato della 3 fattori di mobilità,
torsione, mentre una partecipa all’aumento
massa laterale più chiusa del diametro obliquo
dal lato opposto alla dell’orbita dal lato della
torsione. torsione e ciò determina
la compressione della sut
temporo-zigomatica.

Grande ala: la posizione della grande ala è diretta alto-avanti;


la grande ala sale di meno in confronto alla piccola ala; non c’è nulla che frena la piccola ala, quindi risultato:
si apre di più la fessura sfenoidale (la grande ala è più frenata; mentre la piccola ala è meno frenata). La
fessura sfenoidale è delimitata dalla faccia inf della piccola ala e la faccia sup della grande ala.
Apofisi pterigoidea del lato della torsione: globalmente va piuttosto alto-avanti e soprattutto fuori,
poiché anche la grande ala va globalmente alto-avanti. Tutto ciò condiziona la forma del palato osseo >
questo giustifica che dal lato della torsione avremo un palato più alto-avanti, più largo e più piatto, quindi
in RE (maggior apertura posteriore del palato).
Frontale: si adatta in RE. L’osso frontale appare più alto e più largo, ma anche più sfuggente e obliquo. Si
preferisce parlare di larghezza perché ci sono i 2 pilastri orbitali esterni (la larghezza che dunque aumenta in
torsione va dal pilastro orbitale interno alla estremità del pilastro orbitale esterno). È opportuno inoltre non
fare troppo affidamento sulle bozze frontali: guardando queste è più attendibile che una bozza frontale più
prominente o meno prominente dipenda dal trauma che ha ricevuto una persona, soprattutto nei bambini.
Occorre dunque sempre valutare la larghezza del frontale, e fare più affidamento su questo parametro.

Incisura etmoidale: dal lato della torsione appare più aperta e più larga.

Etmoide: teoricamente l’apofisi cristagalli è deviata dalla parte opposta alla torsione, in pratica è piuttosto
inclinata dal lato della torsione, sicuramente la lamina perpendicolare dell’etmoide si trova deviata dal lato
della torsione.
Siamo, quindi, sicuri che c’è anche una deviazione del setto nasale dal lato della torsione (una fossa
nasale più aperta e una più chiusa). In altri termini diciamo che a livello dell’etmoide c’è una massa laterale
aperta dal lato della torsione, mentre una massa laterale più chiusa dal lato opposto alla torsione. Queste
masse laterali dal lato della torsione hanno una maggior capacità di espansione. Il Pz respira dunque meglio
dal lato della disfunzione in torsione, poiché è da quel lato che tutto sarà in RE.

Palatino: si trova in RE, con lamina orizzontale più alta e più fuori. Segue, globalmente, l’adattamento di
pterigoidi e mascellare. Esso subisce l’influenza dello sfenoide (corpo + apofisi pterigoidea che va alto-
avanti-fuori) + subisce anche l’influenza del mascellare che ruota all’esterno.

Vomere: segue globalmente la lamina verticale dell’etmoide e partecipa alla deviazione del setto nasale
ed è deviato sicuramente dal lato della torsione, nella sua parte inferiore, con conseguente evidente asim-
metria del setto nasale. Pensiamo infatti alla sutura intermascellare: il vomere è al di sopra e quindi è tutto
deviato nella parte inferiore dal lato della torsione; il vomere partecipa alla deviazione del setto nasale.

Zigomo: avrà una posizione un pò alta in riferimento allo stato, poiché tutto sale (grande ala sale, lo
zigomo sale).
Lo zigomo si trova in RE, in riferimento alla dinamica (attenzione alla forma del rilievo dello zigomo,
infatti non bisogna mai fidarsi al 100% del rilievo cancellato o pronunciato, questo perché lo zigomo
subisce l’influenza di entrambe le sfere). Lo zigomo, in RE e grazie ai suoi tre fattori di mobilità, partecipa
all’aumento del diametro obliquo dell’orbita dal lato della torsione, e ciò determina la compressione
della sut temporo-zigomatica.
135
Mascellare: le 2 sfere invertono le loro rotazioni, quindi il mascellare si trova in RE dal lato della disfunzi-
one di torsione. Per visualizzare ciò osservo il palato che sarà più alto-piatto-largo nella parte posteriore (la
giustificazione è la RE del mascellare); inoltre visualizzo anche l’arcata dentaria del mascellare, che è più
aperta nella parte posteriore.
Una implicazione importante a livello del mascellare è l’orifizio del seno mascellare che è relativamente
più aperto per la RE del palatino >>>quindi la fossa nasale dal lato della torsione è più aperta.

Mandibola: partendo dal presupposto che il temporale va in basso dal lato della torsione, il condilo mandi-
bolare omolaterale (e quindi dal lato della torsione ) va in basso-avanti-fuori, rispetto all’altro.
Quindi: il mento è in teoria deviato dal lato opposto alla torsione (quindi ad es. in una torsione dx, il
mento è deviato a sin) >> ciò comporta che ho compressione della articolazione temporo-mandibolare dal
lato opposto alla torsione.
In teoria succede questo, mentre in pratica possiamo però trovare anche il contrario, perché:
1. dobbiamo inserire il nostro Pz in un contesto ben preciso;
2. l’elemento molto mobile del cranio è la mandibola e il suo scopo essendo un elemento mobile è quello
di adattarsi ad un qualcosa di più fisso, cioè ai mascellari. Quindi, il compito della mandibola è di adat-
tarsi ai mascellari: la mobilità del condilo viene dalla articolazione con srotolamento o scivolamento, in
particolare c’è un menisco; i denti sulle arcate dentarie hanno la possibilità di spostare a dx e a sin, di girarsi
e inclinare. Il Pz si adatta poi in base: alle possibilità meccaniche del mascellare, alla possibilità di rotazione,
inclinazione, spostamento, torsione, nonché in base alla potenza dei muscoli masticatori che ne condizio-
nano la anatomia e la meccanica.

La mandibola non segue uno schema rigido, ma è un osso abbastanza autonomo negli adattamenti, che
quindi bisogna lasciar adattare. In più la mandibola è spesso sottoposta ai movimenti della bocca e della
contrazione dei muscoli del pavimento buccale, dunque è piuttosto spesso soggetta a variazioni strutturali
e meccaniche.

Disfunzione di LATERO FLESSIONE-ROTAZIONE (LFR)


Definizione: si tratta di un adattamento posturale e/o cinetico, nel quale le due sfere si adattano secondo un
rotolamento in convergenza di un lato su di un piano orizzontale e una rotazione di queste 2 sfere sul piano
frontale del lato opposto.
La LF avviene sul piano orizzontale, mentre la R avviene sul piano frontale di riferimento.
Quindi se ho una lateroflessione/rotazione dx, ho fatto un rotolamento in convergenza dal lato sin su di un
piano orizzontale e poi una rotazione delle 2 sfere sul piano frontale del lato dx. Questo è strano perché
tutti i movimenti di LF avvengono su un piano frontale. Come mai allora diciamo che la lateroflessione, in tal
caso, avviene su un piano orizzontale?
A livello del cranio il piano orizzontale del cranio corrisponde al piano frontale di riferimento (svilup-
po embriologico).
Nello sviluppo embriologico, il tubo neurale cresce dal basso verso l’alto; dopodiché c’è lo sviluppo delle
vescicole encefaliche con direzione da dietro verso avanti, che fa si che mano a mano che avanza e cresce
forma un gomito fino ad arrivare al telencefalo. Si crea dunque un compattamento ant-post, che modella le
suture. Ecco perché il piano orizzontale del cranio corrisponde al piano frontale di riferimento. Quindi, la lat-
eroflessione avviene attorno al piano orizzontale, corrispondente al piano frontale di riferimento; la torsione
invece avviene su un piano frontale.
Quindi alla forma del cranio corrisponde un adattamento posturale periferico.
Quindi se il cranio assomiglia alla periferia a diversi livelli cosa succede? Quando cammino accade che il
cingolo pelvico fa una rotazione in un senso e il cingolo scapolare fa una rotazione opposta. Quindi a livello
della SSB c’è una torsione fisiologica, dato che la sfera posteriore corrisponde al cingolo pelvico, mentre la
sfera anteriore al cingolo scapolare.

136
Denominazione: la LFR si denomina dal lato della Grande Ala Bassa anteriore
Es. LFR dx disfunzionale (la disfunzione di LF è sul lato sin)
I 4 quadranti si adattano così come nella figura accanto.
Quindi abbiamo una LF sin-R dx
La grande ala è bassa a dx; il temporale segue l’adattamento
RE RI
ala disfunzionale
dell’occipite e nella rotazione dx, il temporale ruota esternamente a
dx andando basso-avanti-fuori, e la grande ala si inclina andando in sin dx
basso globalmente rispetto al corpo dello sfenoide, ma si trova alto-di-
etro sempre rispetto al corpo, ed è quest’ ultimo parametro, cioè dietro,
che giustifica la RI dello sfenoide.
RI RE
Il quadrante anteriore dx in RI è giustificato dal fatto che la grande ala è
globalmente bassa, ma si trova in alto e dietro rispetto al corpo dello
posteriore
sfenoide per avere un rapporto corretto con il temporale.
La LF avviene sul piano orizzontale. C’è bisogno di giustificare il quadrante anteriore dx. Come mai la grande
ala si adatta alto-dietro?
L’adattamento della grande ala alto-dietro è dovuta alla sua forma, ma soprattutto ai fori d’impianto della
sua radice rispetto al corpo.
Teoricamente la LF avviene su 2 assi di mobilità, perpendicolari ai 2 assi di mobilità fisiologici (SS-SS;
CSM-CSM). La R avviene sempre attorno all’asse di mobilità ant-post che va da Nasion ad Opistion.
Es. LFR dx: abbiamo una LF sul lato sin e una R sul lato dx: ciò fa pensare alla 1° legge di Fryette. A partire
da uno stato di LFR del cranio si trova qui la spiegazione delle scoliosi di origine cranica (LF da un lato e R
dall’altro (LF sin R dx); in realtà considerando che la LF del cranio avviene su un piano orizzontale, mentre la
R avviene su un piano frontale e che ancora il movimento di LF del cranio su un piano orizzontale è corri-
spondente al piano frontale di riferimento, si può dedurre e dire che S=R, QUINDI: in realtà questa si trova
in 2° legge di Fryette. Ovviamente dobbiamo considerare ciò come un ragionamento puramente osteopa-
tico, differente da quello ortopedico.

Menichelli

Riepilogo del concetto di torsione ed esercitazione pratica sui segni visivi e palpatori di tale disfunzione del cranio
In questa lezione ci occuperemo della messa in evidenza dei segni visivi e palpatori che caratterizzano lo
stato di una torsione. Quindi ci occupiamo in questo caso proprio dello stato (ovvero della forma) del
cranio e non della sua dinamica.

Ricapitoliamo i concetti principali della TORSIONE


L’adattamento posturale e/o cinetico di una torsione avviene quando le 2 sfere ruotano e si adattano una
in un senso e una nel senso opposto. Qui ci occuperemo dell’adattamento posturale, non di quello cinetico,
poiché analizzeremo nello specifico lo STATO del cranio, non la sua dinamica.
Definizione di torsione: “Si definisce torsione un adattamento posturale (in riferimento alla forma) e/o
cinetico (in riferimento alla dinamica), in cui le 2 sfere si adattano su un piano parafrontale, lungo un asse
ant/post (che passa da nàsion ad ophìstion finendo proprio al centro della SSB), invertendo le loro rotazioni.”
La condizione importante per denominare una disfunzione di anteriore
torsione è la grande ala ALTA dal lato della disfunzione, a condizione
inoltre che ci sia un occipite basso dallo stesso lato della grande ala
alta. Ciò significa che si ha un adattamento dei 4 quadranti, in cui ad
es in una torsione dx, i 2 quadranti del lato dx si adattano in RE, men-
RI RE
tre i 2 quadranti del lato sin si adattano in RI.
La grande ala dal lato della torsione è dunque ALTA (parametro in sin dx
realtà della RI), ma è avanti: è proprio quest’ultimo parametro, cioè
il parametro di AVANTI che mi giustifica una disfunzione in RE del
quadrante di dx.
RI RE
Esiste un adattamento, a seguito di questa disfunzione di torsione, sia
delle suture direttrici che delle Membrane a Tensione Reciproca
posteriore
(MTR).
137
Adattamento delle SUTURE DIRETTRICI
Sut SS_sfeno-squamosa: dal lato della torsione, è compressa sulla sua porzione più orizzontale (sotto SS),
perché la grande ala dello sfenoide sale alto-avanti, e il temporale scende.
Sut SF_sfeno-frontale: sempre dal lato della torsione, è compressa in direzione del lungo braccio nella
parte più esterna.
Sut OM_occipito-mastoidea: è compressa al di sopra del punto CSM nella porzione più verticale, in quan-
to l’occipite è BASSO e la mastoide: scende da quel lato che è quello della torsione, creando una compres-
sione appunto proprio nella parte verticale sopra il lungo braccio e sopra CSM.

Quello che ci interessa un po’ di più, soprattutto per ciò che riguarda i segni visivi della torsione e qualche
segno palpatorio è l’adattamento delle MTR perché:
la tenda (tentorio) del cervelletto sarà: basso-avanti-fuori dal lato della torsione (basso, poiché il tempo-
rale, seguendo l’occipite, è basso) e il suo diametro si espande trasversalmente.
La falce sarà: decalata e obliqua dal lato della disfunzione in torsione soprattutto post-sup. Quindi ad es. in
una torsione dx avremo l’obliquità della falce e un suo decalaggio verso dx.
Ciò ci interessa ancor di più, poiché essa sarà indicativa per i segni palpatori.

Adattamento della SFERA POST dal lato della TORSIONE


Apofisi giugulare Lambda Sut coronale Mastoide
avanti-fuori segno palpatorio avanti-alto dal lato (si intende l’apice mastoideo);
deviata posteriormente della TORSIONE segno visivo, ma soprattutto
Apofisi zigomatica
dal lato della TORSIONE un segno palpatorio
del temporale Padiglione auricolare
basso-dietro-dentro;
altra porzione facil- Sut interparietale aperto e scollato
basso (perché segue
mente palpabile. Si è deviata, come lambda,
Foro giugulare l’occipite);
trova in uno stato, nella parte post-sup ver-
riduzione del diametro dietro-dentro (quando vado a
posizionamento di so il lato della torsione,
trasversale (poiché in palpare la sento meno pro-
RE, quindi in basso- così come la falce. Tale
RE la sua dinamica di nunciata rispetto all’altra, poi-
avanti-fuori dal lato sutura è un altro impor-
chiusura è maggiore ché si sarà abbassata verso
della torsione, rispetto tante segno palpatorio.
della sua dinamica di la linea mediana e indietro,
alla controlaterale.
Bozze parietali apertura). quindi la sento più bassa e
più piatte dal lato della più cancellata).
torsione (a causa della
apertura posteriore dei
parietali a livello di
Obèlion in RE).

138
Adattamenti della SFERA ANT
Vediamo ora come si adattano le varie ossa e strutture della sfera anteriore, e i parametri che seguono.

Grande ala sfenoide Frontale Mascellare Condilo mandibolare


alto-avanti dal lato più ampio e slargato dal per valutarlo come più basso e più in avanti dal
della torsione lato della torsione (perché segno visivo guarder- lato della torsione, seguendo
in RE), ma al contempo emo soprattutto appunto l’occipite e facendo
Piccola ala
più sfuggente, quindi il palato e troveremo parte della sfera post >>>ciò
diretta alto-avanti,
anche un po’ più obliquo. quest’ultimo dal lato comporta una deviazione del
maggiormente dal
(non dare troppo peso alla della torsione alto (per- mento dal lato opposto alla
lato della torsione. Ci
forma delle bozze frontali). ché la grande ala è alta); torsione e una compressione
sarà una piccola ala
Etmoide però più ampio e piatto della temporo-mandibolare
diretta più in alto-
(perché ciò è il segno dal lato torsionale opposto.
avanti rispetto all’altra, deviazione della apofisi
crista galli dal lato op- della RE).
con ripercussioni in
compressione a livello posto al lato della torsione Vomere
della sutura sfeno- (nel caso di torsione dx, deviato dal lato della
parietale che tendono la crista galli la troviamo torsione a causa della
poi ad essere man- deviata a sin), e della lamina perpendicolare
tenute a livello della lamina perpendicolare dell’etmoide con una
base. dell’etmoide deviata dallo evidente diversità e asim-
stesso lato della torsione. metria delle fosse nasali e
anche delle narici.
Detto ciò, quando osservo un cranio cercherò lo stato di torsione, cercando prima i segni visivi tramite
l’osservazione del Pz in piedi; successivamente farò distendere il Pz e cercherò di valutare i segni palpatori.

139
SEGNI VISIVI presenti in UNO STATO DI TORSIONE DX
Occhio dx: si deve prestare attenzione alla dimensione dell’orbita e
alla larghezza della stessa.
L’occhio dx sarà più prominente con un’orbita ossea più aperta. È
vero che in genere c’è il sopracciglio più alto dallo stesso lato della
torsione, però ciò non è sempre veritiero. Infatti, lo stesso Magoon
afferma che “in una torsione c’è un aumento della peluria sopraccigli-
are, dal lato della torsione …”
Però è opportuno basarsi soprattutto sulla dimensione o apertura
dell’orbita ossea, perché il sopracciglio molto spesso è sede di
traumi, di alterazioni non sempre fisiologiche, e quindi molto spes-
so si può trovare anche un sopracciglio magari più basso (segno di
RI), ma in una orbita più aperta (che può essere segno visivo di una
torsione e dunque di RE).
Ciò accade spesso in caso di traumi sul facciale, incidenti stradali.
dx sin
Frontale Occhio dx Palato Mastoide (dx)
del lato della torsione più prominente con facendo aprire la bocca dal lato della torsione è più
(dx): prendendo un un’orbita ossea più aperta. al Pz valuteremo il cancellata, più bassa (infatti è
punto sulla linea palato, ma non solo, orientata basso-dietro-den-
Narice
mediana è più ampio, osserveremo attenta- tro).
dal lato della torsione (dx):
più grande; tuttavia è mente e valuteremo
più ampia e più aperta Orecchio (dx)
anche più sfuggente anche l’ arcata dentaria
dal lato della torsione è più scollato. Infatti, avendo
(più ampio) e incli- del Pz, per avere una
nato a dx. idea dello stato del un temporale in RE, il padigli-
Punta del naso one auricolare dx è più aperto
per la direzione della massiccio facciale. Nel
(classico orecchio a sventola).
Zigomo deviazione del vomere, è caso di una disfunzione
di torsione dx, il palato
dal lato della torsione deviata dal lato della tor- sarà più piatto, più Bozza parietale
(dx): è vero che la sione. Attenzione a non è un segno soprattutto palpa-
parte orbitaria zigo- fare confusione tra la dir- grande e più alto dal torio, che dal lato della tor-
ezione della punta (data lato della torsione.
matica da un punto sione è più cancellata, perché
di vista dinamico è dalla cartilagine del set- avendo una RE dei parietali,
Mento
in RE quindi è diretta to) e il setto nasale vero deviato dal lato op- si infossa.
basso-avanti-fuori, e proprio (rappresentato
posto alla torsione,
ma ciò comporta che dalla lamina perpendi-
il rilievo zigomatico colare dell’etmoide), che quindi a sin (anche se a
possono spesso per vari volte ci possono essere
da un punto di vista delle eccezioni).
statico sia diretto motivi avere una direzi-
dietro-dentro quindi one opposta
è più cancellato e
sfuggente a dx

140
(Seguono alcune fotografie di
personaggi famosi che la prof.
ssa Menichelli ha mostrato per
far capire quali sono i segni visivi
fondamentali e utili, dunque, per
riconoscere e definire uno stato
di torsione, sempre tenendo ben
presente come stato e funzione di
un cranio non sempre coincidono
soprattutto nell’adulto).
Che differenza c’è tra stato e dinamica?
Lo stato è la forma; mentre la dinamica è movimento.
In particolare diciamo che l’azione osteopatica sullo stato si può fare sul cranio dei bambini. Quindi nei
bimbi posso agire e in parte “modificare” lo stato di un cranio, perché in essi ancora lo stato corrisponde alla
dinamica visto che l’ossificazione non è ancora avvenuta in modo definitivo. Quindi, una modifica in una
seduta o massimo tre può anche avvenire nel bimbo.
Viceversa, nell’adulto, in cui c’è una ossificazione più definitiva delle ossa craniali, si lavora sulla dinamica
craniale e lo stato di un cranio non si può cambiare.
È vero pure che in alcuni di noi l’invecchiamento ed altri fattori concomitanti modificano alcuni parametri
del cranio e in particolare alcune suture maggiormente esposte a compressioni meccaniche (come la sutura
temporo-zigomatica); quindi lo stato nonostante sia una cosa stabilita da una certa età in poi, ha anche una
componente dinamica.
Si dice che “uno STATO di cranio in età neonatale e/o pediatrica è un binario per una disfunzione”: in
altre parole è più facile che ad es. un cranio in uno stato di torsione nel bambino sia “predisposto” a svilup-
pare nell’adulto una disfunzione di torsione; tuttavia diciamo anche che nell’adulto NON sempre si verifica
questo: infatti qualche volta, lo stato, la forma coincidono con la disfunzione, qualche altra volta non c’è
coincidenza. Non sempre nell’adulto ci dobbiamo aspettare una corrispondenza netta tra stato e dinamica.
Nei bambini essendoci una struttura diversa, non completamente ossificata da un punto di vista osseo , nel
99% stato e disfunzione dinamica corrispondono. Aggiungiamo adesso ai segni visivi anche alcuni segni
palpatori di una torsione.

141
Segni palpatori presenti in una TORSIONE Dx
La sut coronale: è più alta e avanti dal lato della torsione ed è quindi più facilmente palpabile a questo
livello (a dx).
La sut interparietale Mastoide (dx) Processo zigomatico Grande ala sfenoide
è più palpabile pos- alla palpazione la sentirò del temporale già visivamente ci accorgiamo
teriormente e nella più cancellata, in quanto per vedere se è in RE, se la grande ala è più alta (dal
parte deviata dal lato diretta basso (perché palpandolo lo trover- lato della torsione), ma palpa-
della disfunzione di l’occipite è basso)-dietro- emo diretto in basso- toriamente se si è indecisi si
torsione (a dx). dentro. avanti-fuori. possono mettere le mani sulla
grande ala più alta e poi fare
Lambda Occipite Bozze parietali un confronto tra la grande ala
nella palpazione del considero un emioc- le troveremo appiat- di dx e quella di sin, al fine di
punto craniometrico cipite e soprattutto tite, poiché in RE si ha stabilire meglio il lato della
lambda, bisogna te- attraverso la palpazi- una apertura post dei disfunzione di torsione.
nere presente che sarà one, posso valutare che parietali a livello di
“decalato “ posterior- l’occipite è basso-avanti obèlion. Condilo mandibolare
mente e inferiormente dal lato della torsione, in anche se non è un segno
dal lato della torsione,quanto non basta che palpatorio sicurissimo, vista
e dunque a questo l’orecchio sia più aperto la sua stretta dipendenza
livello sarà più basso. e più basso, ma è op- all’osso mascellare, lo pos-
portuno anche palpare l’ siamo palpare cmq più basso
occipite nella sua glo- e un po’ più avanti, come già
balità per avere un’idea detto, dal lato della torsione
generale. (a dx)
È possibile comparare lo stato di torsione del cranio con lo stato e la disposizione dei cingoli.
Infatti:
1. La sfera ant è rappresentativa della postura del cingolo scapolare;
2. La sfera post rappresenta posturalmente il cingolo pelvico.

Come valuto i cingoli?


Per valutare i cingoli anzitutto pongo il Pz in piedi: mi pongo dietro di lui e appoggerò le mie mani a pi-
atto sul cingolo scapolare (se si è in difficoltà si possono chiudere gli occhi e pensare ad un corso d’ acqua
come si fa nell’ascolto di un IRC), al fine di valutare la rotazione esterna e/o interna.
Lo stesso si può fare sempre mantenendo la stessa posizione: si possono appoggiare le mani a livello
delle creste iliache, e sentire quindi la disposizione del cingolo pelvico se è in RE e/o in RI.
Occorre quindi valutare sempre se lo stato di un cranio che rileviamo corrisponde alla postura dei cin-
goli. Nell’eventualità in cui trovassimo uno stato craniale di torsione molto netto, e che ci sia un cingolo che
non corrisponde a quello stato del cranio, cosa posso chiedere al Pz? Anzitutto se ha avuto qualche prob-
lema in quel distretto, se ha un sintomo in un cingolo scapolare e/o pelvico, se ha subito interventi chirurgici
in quella zona, e valutare se questo Pz esce dallo schema posturale per un motivo che non è fisiologico. Se
ad es troviamo alla nostra osservazione uno stato di torsione perfetto, dove tutti i segni combaciano e il
naso è deviato dalla parte opposta, si può chiedere al Pz se ha avuto un trauma a livello del setto nasale.
Stesso dicasi se troviamo uno zigomo che esce dallo schema di torsione: occorre dunque valutare se ci sono
stati dei traumi importanti nel distretto che troviamo NON in relazione con lo stato del cranio.
A Pz in piedi, sicuramente ci sono più possibilità di valutazione; magari per alcuni segni è possibile avvici-
narsi di più, per altri è possibile allontanarsi.

Magoon afferma che ” in uno stato di torsione , essendo la torsione su un piano parafrontale, c’è il mantenimen-
to di un buon equilibrio tra i diametri antero-posteriori dei 2 lati del cranio; in una torsione i diametri rimangono
abbastanza invariati …..” . Mentre in altri stati del cranio, corrispondenti ad es. allo strain, alla lateroflessione/
rotazione …. c ‘è un cambiamento abbastanza importante dei diametri del cranio tra un lato e l’altro, poiché
le disfunzioni relative e conseguenti, se ci sono, si organizzano su più piani diversi.

Audouard
142
Pratica sulle disfunzioni della base (LFR, F-E, TORSIONI): ascolto, test e riduzione

La LFR è l’adattamento nel quale le due sfere da un lato compiono un rotolamento in convergenza sul
piano orizzontale, dal lato opposto una rotazione sul piano frontale; la denominiamo dal lato della grande
ala bassa.
Programma della lezione pratica: ascolto di ritmo e ampiezza, test della flessione rispetto alla estensione,
torsione dx e sin, LFR dx e LFR sin. Utilizziamo la presa tramite la volta.
Dita inducenti: indice su grande ala dello sfenoide e mignolo su occipite (dietro asterion).

Test sulla LFR


Presa tramite la volta, in ascolto di ritmo e ampiezza dell’IRC.
Partiamo per es con una LFR dx (la rotazione è perciò a dx), abbiamo 2 diverse possibilità, la cosa necessaria
è aver presente gli adattamenti sui due piani dello spazio:
A sin induciamo sul piano oriz-
zontale la LF (ossia il rotolamento
in convergenza), ossia portiamo
la grande ala sin posteriormente e
INDICE INDICE l’occipite sin in avanti, (avviciniamo
perciò indice e mignolo).

A dx contemporaneamente inducia-
mo la R sul piano frontale: indice dx
MIGNOLO MIGNOLO (grande ala) e mignolo dx (occipite)
in basso.

latero-flessione a SIN rotazione a DX


(ossia il rotolam in convergenza)

OPPURE
Mano dx: abbasso la grande ala
e l’emioccipite mentre allargo/
allontano indice dal mignolo
(così faccio la rotazione e aiuto la
lateroflessione del lato opposto).
VICINO e BASSO e
ALTO LARGO Mano sin: porto verso l’alto e
avvicino tra loro indice e mi-
gnolo (faccio il rotolamento in
convergenza e aiuto la rotazione
opposta).
vicino: per la LF basso: per la rotazione
alto: per aiutare la rotaz a dx allargo: per aiutare la LF a sin

Poi si fa la stessa cosa (inversa) per testare la LFR sin, si paragonano le ampiezze e si denomina l’eventuale
disfunzione.
Bisogna inoltre riflettere per la scelta del tempo di esecuzione del test: è più o meno lo stesso discorso fatto
per le torsioni in cui preferibilmente si sceglie per l’induzione il tempo di E (nelle torsioni si sceglieva il tem-
po di E perchè le denominiamo dal lato della grande ala in alto). Tra indice e mignolo quello con la maggiore
sensibilità è il primo. Anche per le LFR si sceglie il tempo di E perchè la grande ala inverte il suo adattamento
in confronto al corpo dello sfenoide (e questo giustifica il quadrante in RI). Una volta che ci si è messi in
ascolto di ritmo e ampiezza, nel tempo di estensione, per testare una LFR dx, induco dal lato dx la R (indice
143
e mignolo scendono e si allargano) e sul lato opposto (sin) vanno verso l’alto e si avvicinano. Nel tempo di F
lascio andare e poi in quello successivo di E induco una LFR sin, poi paragono le sensazioni e denomino.
Test di torsione dx (4 dita, ma solo 2 alla
volta sono attive)
Nel tempo di E induco con
INDICE l’indice la grande ala dx in alto
mignolo della mano opposta induco
l’emioccipite sin verso l’alto.

Nel successivo tempo di E si fa il test dal


MIGNOLO lato opposto per la torsione sin e si para-
gonano i due lati.

Un’altra possibilità è quella di operare con tutte e due le mani contemporaneamente su tutti i reperi (4
dita attive): nel tempo di E induco la grande ala dx in alto e emioccipite sin in alto, la grande ala sin in basso
e emioccipite dx in basso.
Pur potendo quindi lavorare sia con 2 che con 4 dita attive il prof Audouard spesso consiglia (per poco al-
lenamento o per stanchezza) di concentrarsi su due dita sole.

Non è corretto concentrarsi invece su un solo lato: le disfunzioni di torsione (vale anche per tutte le altre
disfunzioni della base) sono degli adattamenti globali del cranio, si ha bisogno di sapere ciò che avviene su
entrambi gli emisferi.
Se è pur vero che due quadranti vanno in RE e due in RI, quando stiamo testando la dinamica della base
del cranio (ossia la risultante sulla SSB) per sapere se a questo livello c’è una disfunzione, è meglio lasciar
perdere (per ora) i quadranti che ne rappresentano l’adattamento alla periferia. Testando una risultante ho
bisogno di sapere quello che avviene sulle due mani.

[Esercizio di verbalizzazione sui test di TORSIONE e LFR: ometto la ripetizione, trascrivo invece la suc-
cessiva PRATICA GUIDATA]
Test di F-E
Test della F: nel tempo di F indici e mi-
gnoli di entrambe le mani vanno verso
il basso (piedi del Pz) e si allargano;
l’indice globalmente è orientato nel
senso del naso del Pz (basso-avanti),
i mignoli invece globalmente vanno
in basso e dietro (essendo sopra e
dietro CSM: l’apofisi basilare va in alto
e avanti). Per la F basta indurre verso
il basso indici e mignoli e allargarli (si
può fare un inspiro toracico).

Test della E: in un tempo di estensione, indici e mignoli vanno verso l’alto e si avvicinano tra loro (questa
volta si può fare una espirazione toracica, basta mettersi a respirare in sincronia con l’IRC del Pz).
Paragoniamo le ampiezze per denominare la disfunzione

Test di torsione
Iniziando con una torsione dx (per es) in un tempo di E indice dx e mignolo sin vanno entrambi verso l’alto
(le sfere ant e post fanno così una rotazione opposta sul piano frontale). Si può anche indurre con tutte le
4 dita: con la mano dx porto grande ala verso alto e occipite in basso; con la mano sin induco la grande ala
verso basso e l’occipite in alto. Poi si induce la torsione sin e si fa il paragone.

Test di LFR
Partendo con la LFR dx, nel tempo di E sul lato dx indice e mignolo vanno verso il basso e si allargano, dal
144
lato sin vanno verso l’alto e si avvicinano. Oppure, ancora più semplice, una mano si occupa della LF (piano
orizzontale) e l’altra della R (piano frontale): a sin indice e mignolo si avvicinano (rotolamento in convergen-
za); a dx indice e mignolo si abbassano (per la R sul piano frontale).
Poi si esegue test per LFR sin: mano dx per la LF (indice e mignolo verso alto e si avvicinano); mano sin per la
R (dita verso basso e divergono).
Paragoniamo sensazioni e denominiamo la disfunzione dal lato della maggiore ampiezza.

[cambio Osteopata Pz. Ripete pratica guidata]


Si devono accorciare i tempi per testare il cranio, anche per minimizzare l’imbarazzo con il Pz che non
capisce/conosce l’importanza della terapia sacrale.. una volta messe le mani dobbiamo essere subito pronti
a ricevere e testare.

Considerazioni su ritmo e ampiezza: sono importanti per capire il Pz che stiamo trattando e se il cranio
è importante nella sua economia generale; per es una buona frequenza significa che la persona è dotata
di una certa vitalità, una frequenza un po’ “stanca” suggerisce la necessità di capire perchè quella per-
sona è così sotto tono. Non ha la sola utilità pratica di essere sincroni e poter eseguire le tecniche. Se in
un IRC troviamo un’ampiezza “buona” significa che se pur ci possono essere delle disfunzioni, tutto som-
mato queste non saranno tanto importanti, se invece c’è una qualsiasi disfunzione importante, sul cranio
l’ampiezza generale si riduce per forza. A partire da queste osservazioni possiamo capire chi abbiamo sotto
e per es essere indirizzati nella scelta delle tecniche da utilizzare (thrust o non thrust x es).

Si deve sempre riflettere sul perchè si trova una disfunzione sul cranio, non esistono “ricette” ma ci sono due
possibilità: o la disfunzione nasce all‘interno del cranio o nasce fuori del cranio.
Se nasce all’interno del cranio dobbiamo pensare al motore, ossia a un problema di tipo membra-
noso (che vedremo in futuro); il cranio è poi sottoposto a delle costrizioni che fanno esse stesse parte del
cranio: la mandibola; tutti i mm. sotto-occipitali che possiamo anche collegare alla fisiologia della sfera
post; bisogna anche conoscere l’esistenza di traumi che potrebbero fornire spiegazioni.. lasciamo libera
l’immaginazione in modo da poter collegare alcune cose a partire dall’anamnesi.

Fuori del cranio c’è tutto un capitolo che si apre: prima di tutto il collegamento con sacro (zona pelvica)
tramite le membrane; il diaframma collegamento x asse aponevrotico centrale; i mm. SCOM, trapezio e la
scapola etc.. è necessario integrare il cranio nel contesto generale. PRATICA > confronto con Prof

sem 3_Menichelli

Pratica sulle disfunzione di LFR, test e correzione


La LFR è un adattamento posturale e/o cinetico, oggi ci occuperemo di quest’ultimo ma ricordiamo che
l’adattamento posturale (statico) prevede la valutazione della forma del cranio. Faremo i test di mobilità e le
correzioni dell’adattamento cinetico della LFR che avviene su due piani: uno orizzontale e uno frontale. Le
due sfere effettuano un rotolamento in convergenza sul piano orizzontale (LF) che avviene intorno a due
anteriore
assi perpendicolari a quelli fisiologici (CSM-CSM, SS-SS) e una R dal
lato opposto sul piano frontale intorno a un asse antero-posteriore
che va da nasion ad opisthion.
Questo, sia su un piano posturale che cinetico, prevede uno schema
crociato misto (per es. su una LFR dx: il quadrante anteriore dx è in
RE RI
ala disfunzionale
RI e il quadrante posteriore dx è in RE, mentre l’adattamento è op- sin dx
posto sul lato sin). Si denomina dal lato della grande ala bassa,

RI RE
anche se ricordiamo che il basso (in fisiologia) è una componente
della RE in questo caso la grande ala va anche indietro ed è questo
il parametro che ci dà la RI del quadrante anteriore. La condizione
necessaria per definire una LFR è che ci sia inoltre l’emioccipite in RE
dallo stesso lato della RI del quadrante anteriore. posteriore

Test di mobilità di una LFR dx


145
Per testare la LFR si può scegliere arbitrariamente sia il tempo di F che quello di E: prendiamo quello di
estensione (seguendo quanto indicato dal prof Audouard.. ). Una volta eseguita una presa classica tramite la
volta, la prima fase del test di mobilità consiste sempre nel mettersi in ascolto per sincronizzarsi con l’IRC e
avere nelle mani un tempo di F e un tempo di E e sapere così in quale momento effettuare le induzioni.
Durante un tempo di E si induce per es
una LFR dx e si valuta quanto la base
(il volume del cranio) si lasciano tras-
portare in quella direzione (LFR dx).
In pratica con la mano dx allontano
VICINO e BASSO e indice (in avanti) e mignolo (in dietro)

ALTO LARGO
e induco anche una componente in
basso con entrambe le dita.
Con la mano sin avvicino indice e
mignolo (rispettivamente pterion e as-
terion) dando una componente in alto.

Nel successivo tempo si torna alla neutralità e poi si aspetta qualche tempo dell’IRC (perchè avendo dato
un’induzione si deve dare al cranio la possibilità di resettarsi sull’impulso) e induco poi in un successivo
tempo di estensione la LFR sin invertendo il lavoro delle due mani. Tutto questo valutando quanto si riesce
ora a indurre verso la LFR sin per poi confrontare le ampiezze in un senso e nel senso inverso per la denomi-
nazione nel senso della maggiore ampiezza. Si ricordi sempre che quello che fornisce la certezza che ci sia
una disfunzione cinetica di LFR è il fatto che ci sia una restrizione di mobilità in una delle due direzioni (non
basta semplicemente che una sia più ampia dell’altra per definire una disfunzione).

Correzione
Sappiamo che la LFR è abbastanza frequente. Per correggere per es una LFR dx si utilizzeranno prevalente-
mente delle tecniche funzionali indirette: si andrà prima verso l’aggravamento della disfunzione per poi
utilizzare il rilassamento tessutale che l’aggravamento ha fornito al fine di andare verso la correzione. Per
prima cosa ci si mette in ascolto poi in tempi successivi di E si va verso la LFR dx e durante i relativi tempi di
F si mantiene, così via fino a quando si avrà una risposta a livello dei tessuti che abbiamo detto può essere
anche abbastanza varia (l’importante è partire con un’idea di quello che si andrà a cercare).
Si potrà ottenere:
1. la fine dell’aggravamento, non si riesce più ad aggravare e si è arrivati a un punto terminale di un aggra-
vamento
2. una risposta del tessuto che ci spinge e dice che vuole tornare verso la correzione
3. un punto dove tutto il sistema cinetico del cranio si ferma e si ha la percezione di un arresto che in realtà
non avviene (il cranio non si ferma), è una percezione sensoriale che ci dice che dobbiamo attendere che la
cinetica riprenda verso la correzione. Una volta che il sistema cinetico si ferma, la difficoltà per l’osteopata
sta nell’attesa. Il tempo che necessita il cranio per riprendere la sua cinetica verso la correzione può essere
di un secondo, 30 sec o un minuto.. se si parte mentalmente con l’intenzione di utilizzare questo terzo modo
di applicazione della tecnica funzionale indiretta, bisogna farlo pensando che si debba rispettare molto la
tempistica del cranio. É forse la tecnica più “osteopatica” assolutamente in rispetto dei tempi del Pz, più dif-
ficile per chi ha un approccio sul Pz più attivo e a cui invece piacciono molto le tecniche strutturali, bisogna
piuttosto entrare in una dimensione molto forte di ascolto.. L’attesa è nel “silenzio”, teoricamente dovrebbe
essere nel tempo di E in cui abbiamo indotto l’aggravamento ma non sempre avviene così, magari ci si trova
nel tempo di F in cui stiamo mantenendo e poi improvvisamente sentiamo che non arriva l’estensione. Il
comportamento teorico delle membrane nel momento dell’aggravamento non è fondamentale per la
buona riuscita della tecnica, possiamo infatti avere diversi modi di approcciare una disfunzione della base:
questo caso (con tecnica funzionale indiretta) comporta un’azione sull’osso che a sua volta comporta
un’azione sulla membrana ma potremo fare esattamente l’opposto (lo vedremo), ossia lavorare sulla mem-
brana per ottenere una risposta sull’osso. Cosa succede poi a livello delle membrane dipende dalla porzione
che vogliamo considerare.. essendo ora la nostra azione a livello dell’osso possiamo anche non chiedercelo.

146
[ SEGUE PARTE ESERCITAZIONE PRATICA]

Audouard
Uno sguardo in dietro alla TORSIONE. Per quale motivo la narice dal lato della disfunzione di torsione è più
aperta rispetto all’altro lato? Sappiamo che quando c’è un quadrante anteriore in RE la narice è piuttosto
dilatata; in uno stato di torsione, tuttavia non viene dato questo segno visivo, in quanto ritenuto piuttosto
accessorio.
Per quanto riguarda il concetto di deviazione del setto nasale, ad es. in una torsione dx, partendo dal fatto
che questa si denomina dal lato della grande ala alto-avanti, sicuramente l’etmoide non è più sul piano
orizzontale e questo fa si che la lamina perpendicolare dell’etmoide non si muove più su un piano sagit-
tale; inoltre essendoci al di sotto della lamina il VOMERE questo giustifica sicuramente la deviazione
del setto dal lato della torsione. Questa deviazione del setto fa sì che ci sia una narice più ventilata e una
narice meno ventilata.
Sempre riflettendo sulla torsione, ci sono 2 cose da ritenere: la torsione si denomina dal lato della grande
ala ALTA. E dal lato della grande ala alta della torsione, il quadrante si trova in RE, e ciò “ si contraddice “ con
il parametro ALTO della grande ala, che è un parametro di E. Sarà quindi il parametro di avanti che mi per-
mette di giustificare la RE di tale quadrante. Nella verità la torsione è un adattamento di tipo elicoidale, non
avviene cioè su un piano frontale rigido, ma su un piano parafrontale.

LFR: una serie di adattamenti posturali e/o cinetici in cui le 2 sfere si adattano secondo un rotolamento in
convergenza di un lato su un piano paraorizzontale attorno a due assi verticali perpendicolari agli assi di
mobilità fisiologici, ed una rotazione dal lato opposto delle 2 sfere su un piano parafrontale secondo un asse
di mobilità ant-post.
La LFR si denomina dal lato della grande ala BASSA, ed è proprio dal lato della grande ala bassa che il
quadrante si trova in rotazione interna. Poiché la grande ala si adatta globalmente in basso, ma rispetto al
corpo dello sfenoide, si adatta in alto-dietro, sarà quest’ultimo parametro cioè DIETRO che giustifica la RI
del quadrante ant dal lato della denominazione.
Perché la grande ala si adatta ALTO/DIETRO rispetto al corpo dello sfenoide? Chi autorizza questo adatta-
mento? Sono i 3 FORI di impianto della Grande Ala SITUATI appunto nella radice di impianto di questa,
sulla porzione laterale del corpo. Sono proprio questi 3 fori che permettono alla grande ala di essere plas-
tica e adattativa: se questi infatti non ci fossero, questo adattamento non avverrebbe. La grande ala ha una
plasticità notevole, ed ha inoltre una capacità di adattamento buono nella sua posizione.
Un occipite ad es. può adattarsi più difficilmente rispetto alla grande ala, in quanto essendo un osso della
sfera posteriore è più strutturale e meno plastico.
Altra cosa importante su cui riflettere è che: la lateroflessione/rotazione SI ADATTA SU 2 PIANI RISPETTO
ALLA TORSIONE CHE INVECE SI ADATTA SU UN SOLO PIANO: quindi da qui si evince l’idea che lo stato di un
cranio in LFR dx-sin. È molto più frequente rispetto alla FORMA o STATO di un cranio in torsione; stesso dicasi
da un punto di vista dinamico per le disfunzioni in LFR sin-dx, le quali sono molto più frequenti rispetto alle
disfunzioni di torsione sin-dx, anche qui poiché i piani di adattamento della LFR sono 2 (paraorizzontale
e frontale), mentre per la torsione è 1 solo piano (parafrontale). Nella fisiologia cranio-sacrale, il cranio si
adatta su 3 piani: quindi è più facile trovare una disfunzione che si adatta su 2 piani piuttosto che una dis-
funzione che si adatta su 1 piano solo.

RICORDA
a) stato o forma di cranio in LFR è più frequente di uno stato in torsione
b) dinamica di LFR è più frequente di una dinamica in torsione.

Adattamento TEORICO delle suture DIRETTRICI in una LateroFlessione/Rotazione dx


Sutura SFENO-SQUAMOSA (lato dx): in una disfunzione di LFR dx, la grande ala globalmente va

147
In basso, ma rispetto al corpo dello sfenoide si adatta alto/dietro.
Temp ricopre Sfenoide Quindi se si adatta alto-dietro rispetto al corpo dello sfenoide, al di sopra
del punto SS nella porzione verticale c’è una relativa compressione; men-
tre ci sarà una relativa apertura sulla porzione più orizzontale cioè sotto il
puntoSS
Quindi:
Sfenoide ricopre Temp - sopra il punto perno SS (porz. verticale) si ha una relativa compressione
- sotto il punto perno SS (porz. orizz) si ha una relativa apertura.
Dal lato sin: siamo in relativa compressione sulla porzione orizzontale
(quindi a sin è il contrario).

MEMO > SUTURA SS


Porzione verticale
Temp (TAV INT) ricopre lo Sfenoide (TAV EST)
Porzione orizz
Sfenoide (TAV INT) ricopre il Temp (TAV EST)

SUTURA SFENO-FRONTALE (sul lato dx):

La grande ala che globalmente è bassa, si adatta tuttavia ALTO/DIETRO rispetto al corpo dello sfenoide an-
che qui (tenuto conto dell’indietreggiamento dell’ala rispetto al corpo sfenoidale), e quindi siamo in relativa
compressione sul corto braccio interno dal lato della laterofl/rotazione, quindi a dx. Dal lato opposto in-
vece alla denominazione della disfunzione (dal lato sx) avremo una relativa compressione sul lungo braccio.
sut SF
lato dx > relativa compress sul corto braccio
relativa apertura sul lungo braccio
lato sin > è l’opposto

SUTURA OCCIPITO-MASTOIDEA (sul lato dx):


lungo braccio

Per capire l’adattamento teorico di questa sutura, c’è bi-


sogno di riflettere sull’adattamento del tentorio, poiché è
Temp ricopre Occip proprio il tentorio che va a condizionare tutto e cioè: siamo
davanti ad una disfunzione il LFR dx (lato dx); in tal caso
l’occipite dx è basso-dietro, il temporale dx è basso-dietro,
dunque il tentorio è inclinato a dx ed è un pò più indietro
posteriormente.
Occip ricopre Temp Il tentorio si prolunga in avanti sulla apofisi clinoidea ANT,
sulla apofisi clinoidea POST, e poi fa una giunzione con la
parete esterna del seno cavernoso. Arriviamo così fino alla
apofisi clinoidea anteriore.
Mentre il tentorio è basso-dietro, la piccola ala rispetto all’occipite è piuttosto in avanti, dovuta alla LF, quindi
a livello del tentorio, fino all’apofisi clinoidea anteriore c’è una trazione ant-post o post-ant e quindi una
tensione maggiore e relativa difficoltà nel riempimento del seno cavernoso.
Se c’è una trazione ant-post o post/-ant a livello della rocca, c’è una trazione piuttosto verso l’avanti. Risul-
tato >> a livello della sutura OM c’è una relativa decompressione sopra CSM nella porzione verticale E
148
RELATIVA COMPRESSIONE SOTTO CSM cioè nella porzione orizzontale.

sut OM
lato dx > sopra CSM (porzione verticale) MEMO > SUTURA OM
relativa apertura Porzione verticale - lungo braccio
sotto CSM (porzione orizz) Temp (TAV INT) ricopre l’ Occipite (TAV EST)
relativa compressione Porzione orizz - corto braccio
lato sin l’opposto Occipite (TAV INT) ricopre il Temp (TAV EST)

Perché parlo di adattamento teorico delle suture direttrici?????


In una forma di cranio in LFR non posso riflettere su un cranio perfetto. Quindi, ad es, se consideriamo una
sutura OM dx, questa non ha niente a che vedere con la sutura OM di sin; stessa cosa possiamo dire per
la sutura sfeno/squamosa e sfeno/frontale. Partiamo dunque da un modello teorico di adattamento, cioè
teoricamente è così, poi in pratica ci possono essere delle variazioni da soggetto a soggetto. Un osso cresce
teoricamente secondo le costrizioni: in una lateroflessione ad es. si ha il tipico cranio con forma a banana, e
qui la sutura occipitomastoidea dx non ha niente a che vedere con la sutura occipitomastoidea sin.

ADATTAMENTO DELLE MEMBRANE


TENTORIO: dal lato della LFR è soprattutto basso-un po’ indi-
etro rispetto a quello dell’altro lato (a seguito della posizione
dell’occipite e del temporale; ricorda: quadrante posteriore dal
lato della disfunzione in laterale/rotaz. è in RE).

SENO CAVERNOSO: è STIRATO in senso post-ant con ripercus-


sioni possibili:
a) relativa difficoltà di riempimento e di svuotamento di sangue
b) stiramento della parete esterna del seno cavernoso e degli
elementi vasculo-nervosi, quali (III, IV, VI e V1 paio di nn. cranici)
+ vene oftalmiche.

149
Segni di RICONOSCIMENTO di una LFR dx (PALPATORI e VISIVI)
Parliamo di uno stato, di una forma di cranio, non di dinamica.
Frontale Orecchio Occipite Volta cranica
dal lato della LFR (a è più basso e più scol- alla palpazione è so- dal lato della LFR, alla pal-
dx) è più avanti e lato, poiché il temporale prattutto più basso e pazione (a dx): è più lunga e
più stretto (inteso nel è in RE (infatti il quadrante forse più posteriore più convessa, in confronto
senso della larghezza posteriore dallo stesso all’altro lato (cranio a banana).
partendo dalla sutura lato in cui si denomina la Asterion
metopica al pilastro disfunzione, a dx, è in RE); è più basso e più bom- Volta palatina
orbitale esterno). mentre l’orecchio opposto bato dal lato della lateroflessione
Spiegazione: il quad- è più accollato e alto. (a dx) è più bassa (poiché
Lambda
rante anteriore dal la grande ala è globalmente
Zigomo è spostata verso il lato
lato di denominazi- più bassa) e soprattutto più
teoricamente è più della disfunzione cioè
one della disfunzione cava (cioè più stretta poiché
prominente; ma in re- in tal caso a dx (poiché
è in RI, quindi la lar- il quadrante anteriore dal lato
altà non dobbiamo fare il quadrante posteriore
ghezza del frontale della denominazione disfun-
affidamento sullo zigo- da quel lato è in RE);
è ridotta. zionale, a dx, è in RI).
mo, poiché esso subisce questo giustifica che la
l’influenza della sfera an- sutura intersagittale è
Orbita piuttosto deviata a dx Arcata dentaria
teriore (tramite il bordo a dx è In RI, quindi è più
è più chiusa, più pic- nella sua parte posteri-
anteriore della grande stretta e alta soprattutto nella
cola, poiché essendo ore (quindi: tale sutura
ala, il pilastro orbitale sua parte post.
il frontale e lo zigomo in una lateroflessione è
esterno del frontale), e
in RI dal lato della piuttosto deviata dal
della sfera post tramite
denominazione della lato della disfunzione
l’apofisi zigomatica del
disfunzione (a dx), il ed è da tale lato che la
temporale.
diametro trasversale possiamo palpare).
Ma spesso lo zigomo
è ridotto, mentre
non è attendibile.
quello ant-post e ver- Mastoide
ticale è aumentato. alla palpazione è un
po’ più bassa-indietro e
Sopracciglio il bordo anteriore più
è più basso, poiché cancellato (in dentro),
la grande ala è global- poiché il temporale è in
mente più bassa (RI). RE.

150
Adattamento delle ossa della SFERA POST
Nessuna LFR si osserva a livello della SSB. Cioè la SSB rimane sempre sul piano sagittale; MENTRE per la LFR
si tratta sempre di un adattamento o disfunzione periferica.
Occipite Temporale Apofisi zigomatica Parietale
globalmente è basso- si trova in RE, global- orientata in basso- si trova in RE. Nel lato
dietro. In uno stato di mente in basso-un po’ fuori, poiché il tempo- della LFR c’è una conves-
lateroflessione rotazi- avanti. rale è in RE. sità maggiore tenuto conto
one dx, la squama è Particolarità: si abbassa; Ciò è da collegarsi dell’adattamento su un piano
bassa e se l’apofisi il temporale è caratteriz- alla sut temporo- orizzontale. Il temporale
basilare rimane sul zato da una convessità zigomatica, ma c’è perde in parte la sua conves-
piano sagittale e la antero-posteriore; questo un problema: l’apofisi sità ant-post, sembra stirato;
SSB si adatta sem- temporale perde in parte zigomatica del tem- allo stesso modo possiamo
pre sul piano sagit- la convessità posteriore porale è appoggiata dire che la forma del parietale
tale, significa che e si adatta, viene stirato sullo zigomo; solo che dx non ha niente a che vedere
questo occipite si in direzione ant-post e la il temporale è in RE (in con la forma del parietale sin,
apre, quindi c’è una forma del temporale cam- quanto facente parte poiché esso deve assumere
deformazione della bia. Il temporale quindi: della sfera posteriore), una parte della convessità
squama, e quindi c’è in uno stato di LFR perde mentre lo zigomo è in dell’emicranio sin.
una apertura della la sua convessità ant-post RI (in quanto fa parte I 2 angoli del parietale
forma della squama (viene stirato). della sfera anteriore) sembrano allontanati l’uno
occipitale dal lato >>> tale sutura è dall’altro, in confronto agli
della disfunzione. Apofisi mastoidea e dunque in RELATIVA angoli del lato opposto.
stiloidea: compressione (come
Apofisi giugulare dirette basso-dietro- nella torsione p. 132). Sutura sfeno-parietale
si adatta basso-dietro. dentro a dx. il parietale è in RE, quindi
Basso-dietro: poiché il Sutura coronale l’angolo antero-inferiore è
Lambda temporale è basso dal lato della LF è devi- basso-avanti-fuori; la grande
è deviata dal lato Dentro: poiché siamo in ata un po’ più avanti (è ala è alto-dietro rispetto al
della LFR, post e a dx RE. Quindi sono cancel- relativamente più an- corpo dello sfenoide per
late. teriore rispetto al lato questo motivo tale sutura è
Asterion
Sutura sagittale della convergenza). compressa.
si adatta in basso-
dietro e alla palpazi- è deviata dal lato della Le suture temporo-zigomati-
one appare di forma LFR (a dx) posteriormente ca, sfeno-parietale e coronale
bombato dal lato sono in grado di mantenere le
della LFR, poiché il Sutura sfeno-petrosa disfunzioni della volta cranica
quadrante posteriore è relativamente aperta a livello della base.
da quel lato è in RE. con possibili ripercussioni
sulla tromba di Eusta- grande ala
chio.
Occipite

corpo dello
Sfenoide Sfenoide

Temporale

151
Adattamento delle ossa della SFERA ANT
Sfenoide Apofisi pterigoidea Frontale Zigomo
a livello del corpo c’è una è la continuazione della la sutura coronale è più si trova in RI, quindi
modifica della dinamica parte inferiore ed è diret- anteriore; il frontale ap- teoricamente saliente,
vascolare del seno ta basso-avanti-dentro; pare relativamente più esso partecipa alla di-
cavernoso, e soprattutto poiché il corpo dello basso e più avanti poiché minuzione del diametro
c’è una difficoltà nella sfenoide globalmente in RI; l’incisura etmoidale dell’orbita.
dinamica di tale seno: è basso e la grande ala del frontale dal lato della
Sutura temporo-zigo-
per quanto riguarda il inverte la sua rotazione LF è più stretta, poiché
matica si trova in com-
suo riempimento sono rispetto a questo (questo siamo in RI.
pressione.
possibili perturbazioni adattamento mi condiz-
sugli elementi vasculo- iona la forma del palato, Apofisi crista galli teori-Mandibola
nervosi della parete e dunque mi giustifica in camente è deviata dal Il condilo della mandibola
laterale del seno. tal caso un palato basso e lato della lateroflessione è basso, poiché il tempo-
cavo e appare più stretto (a dx); la lamina perpen- rale è basso-dietro, quindi
Piccola ala e più chiuso). dicolare dell’etmoide il condilo mandibolare è
è bassa-avanti, ed entra è deviata a sx e il setto più basso-dietro.
più o meno in conflitto nasale lo stesso. La lamina
Sutura sfeno-petrosa Il mento è deviato a dx
con il bordo orbitario cribrosa sarà più ristretta,
possiamo dire che essa è (cioè dal lato della LFR),
della parete del frontale. e la massa laterale
decompressa (infatti la ma la deviazione del
Grande ala grande ala inverte il suo dell’etmoide dal lato mento a volte può non
ha un comportamento adattamento rispetto della LFR, sarà ristretta corrispondere a quanto
particolare in quanto è al corpo dello sfenoide, nella sua espansione detto (non sempre ris-
globalmente bassa, ma nel senso che si adatta trasversale. petta la regola e quindi
si adatta alto-dietro alto-dietro come più si può trovare l’esatto
rispetto al corpo dello volte detto); mentre la Mascellare contrario).
sfenoide. rocca petrosa è piuttosto si trova in RI. Ne consegue Ciò dipende da:
bassa essendo il tem- che l’arcata dentaria è - mobilità del condilo
Vomere porale in RE; per questo più chiusa nella parte - possibilità del dente
esso dipende la sutura sfeno-petrosa posteriore. Teoricamente di adattarsi sull’arcata
1. dallo sfenoide (poi- sarà relativamente più l’orifizio superiore del dentaria
ché è nella faccia inf del aperta proprio per questo canale lacrimo-nasale e - costrizioni meccaniche
corpo) comportamento pecu- l’orifizio piriforme sono dovute ai muscoli masti-
2. dalla lamina perpendi- liare della grande ala, con ristretti. catori
colare dell’etmoide ripercussione possibile
3. dalla sut intermascell sul funzionamento della
4. globalmente partecipa tromba di Eustachio.
alla deviazione del setto.

Adattamento delle ossa della SFERA ANT (continua)


Palatino
si trova in RI; esso è influenzato nella sua forma dall’adattamento delle pterigoidi che intervengono appun-
to condizionando la forma del palato osseo; il palatino in RI determina la chiusura del seno mascellare.

PALATINO
Ogni volta che pensiamo al palatino, dobbiamo pensare a:
1. Foro sfeno-palatino
2. Lamina orizzontale del palatino, che, sotto l’influenza delle pterigoidi, mi condiziona una parte della
forma del palato osseo.
3. Lamina verticale del palatino; esso fa il tampone (ammortizzatore) tra la tuberosità post del mascellare
(avanti) e le pterigoidi (dietro). In più, una parte della lamina verticale interviene nella fisiologia del seno
mascellare, poiché in RE mi apre basso-dietro-fuori la fisiologia del seno mascellare; nel caso di una LFR es-
sendo in RI chiude maggiormente l’orifizio del seno mascellare.
152
Il palatino chiuderà una parte dell’orifizio del seno mascellare; conseguenza>>> riduzione del drenaggio dei
seni mascellari e paranasali.

MASCELLARE: si trova in RI. Ne consegue che l’arcata dentaria è più chiusa


nella parte posteriore. Teoricamente l’orifizio superiore del canale lacrimo-
nasale e l’orifizio piriforme sono ristretti.
Curiosità sull’orifizio piriforme: esiste un indice basato sulla larghezza in con-
fronto alla altezza; si chiama indice di Broca: c’è quindi un indice tra l’altezza e
la larghezza. Questo orifizio condiziona la ventilazione e la funzione respirato-
ria polmonare, ed anche la funzione respiratoria sensoriale a partire dal nervo
olfattivo. Il nervo olfattivo, infatti, arriva a livello del rinoencefalo, la parte di
cervello più arcaico che fa riferimento alle funzioni più arcaiche.
Le nostre funzioni arcaiche sono l’olfatto, la fame, la sete e la riproduzione che
fanno parte dell’arcoencefalo. C’è dunque un legame diretto embriologico-neu-
rologico tra la funzione respiratoria olfattiva e la funzione di riproduzione.
L’indice di Broca è MAGGIORE nella razza nera: secondo questo indice di Broca,
se si trova un soggetto con le narici molto dilatate, si sa che le funzioni di
riproduzione sono buone.

COSTRIZIONI cranio-sacrali
Definizione di costrizione cranica: il cranio è più costretto, e quindi le costrizioni sono degli adattamenti più
difficili per il cranio. Alcuni dicono che si tratta di costrizioni e di adattamenti traumatici che il cranio può
subire già dal momento della nascita. Ma ciò non è sempre vero.
Ci sono 2 tipi di costrizioni:
- strain laterale e strain verticali
- compressioni craniche

STRAIN LATERALE
Si tratta di un adattamento posturale e/o cinetico, nel quale le 2 sfere si adattano nello stesso senso sul
piano orizzontale.
Lo strain laterale avviene teoricamente attorno a due assi teorici verticali, che sono perpendicolari su un
piano orizzontale, agli assi di mobilità fisiologici (SS sin SS dx per la sfera ANT; CSM sin CSM dx per la sfera
POST).
anteriore
Lo strain laterale si denomina dal lato della grande ala in avanti,
con la riserva che l’occipite dello stesso lato sia anch’esso in avanti.
Quindi in uno strain laterale dx, la grande ala dx è ant Post Ant
sin dx

Si parla di anteriorità e di posteriorità, e non di RE o RI poiché


siamo su un solo piano. Post Ant
posteriore
I 2 quadranti dal lato dello strain laterale sono dunque in ANTERIORITA’; mentre i 2 quadranti dal lato op-
posto alla denominazione della disfunzione sono in POSTERIORITA’. Da un punto di vista fisiologico per
correttezza, non si parla di rotazioni, poiché queste comporterebbero un adattamento su 3 piani, mentre lo
strain laterale avviene su un solo piano.
Questo strain laterale è una disfunzione della base cranica molto frequente nel neonato; si pensa, infatti, sia
dovuto soprattutto a tecniche ostetriche o ad un adattamento vizioso in utero, o per un trauma. Se lo strain
laterale avviene in un neonato o in un bimbo piccolo fino a 2 anni-3 anni, questo spesso si può manifestare
a livello della volta cranica, con un cranio presentante la forma di un parallelogrammo.
153
Es. in uno strain laterale dx, l’occipite dx è anch’esso anteriore; se
metto il neonato supino, a pancia in su, e lo guardo tangenzialmente,
posso palpare l’occipite dx in avanti; allo stesso modo anche lo sfenoide
a dx dallo stesso lato ed anche il frontale sarà più anteriore, visto e con-
siderato che i 2 quadranti dell’emilato cranico, dal quale si denomina lo
strain, sono entrambi anteriori.
Come correggerlo, soprattutto nel neonato?
Occorre nel bimbo piccolo e nel neonato in particolare lavorare un pò
in diagonale: cioè si prende il frontale sul lato disfunzionale dx, l’occipite
sul lato sin, e, visualizzando una linea diagonale, eseguo una induzione
indietro sul frontale dx, e una induzione in AVANTI sull’emioccipite
sin. Si lavora contemporaneamente sia sul lato dx anteriore che su
quello sin posteriore, inducendo però movimenti opposti. Infatti,
durante la correzione, nella sfera ant il frontale dx, se indotto in correzi-
one, indietreggia facilmente; mentre per la sfera post l’occipite sin, se
indotto in correzione, avanza facilmente.

Il problema è tuttavia che spesso l’occipite del lato dello strain e non direttamente trattato, come nel nos-
tro es l’occipite dx, rimane PIATTO (triangolo in basso a dx nel parallelogramma dell’immagine sopra).

Per poter correggere questo, ci sono per l’appunto in aggiunta delle tecniche di MODELLAGGIO, le quali
permettono questa correzione, poiché l’occipite è un osso della sfera posteriore, ed essendo dunque strut-
turale e poco malleabile, è poco plastico e più difficile da correggere. Il fatto che l’occipite dal lato dello
strain possa rimanere piatto (emiplagiocefalia), non comporta particolari problemi funzionali; ai fini prog-
nostici è sufficiente riuscire a correggere l’emioccipite del lato opposto.
Ricordiamo anche che la sfera più importante è quella anteriore, poiché è in essa che risiedono funzioni
vitali e sensitive come occhio e occlusione, e per lo più anche funzioni cognitive.

Non si parla dell’adattamento teorico delle membrane, delle suture direttrici e delle ossa delle 2 sfere in modo
singolare, poiché l’adattamento in uno strain avviene solo su un piano.

Come si testa uno strain laterale dx in un adulto?


1. Si effettua una presa tramite la volta
2. Ci si mette in ascolto di ritmo e ampiezza
3. Si aspetta il tempo di flessione (si sceglie questo tempo poiché la grande ala sta avanti)
4. Dopodichè induco con l’indice dx la grande ala avanti, e con il mignolo dx l’occipite avanti; contempo-
raneamente induco con l’indice sin la grande ala sin indietro e con il mignolo sin l’emioccipite sin indietro.
(l’avanti è il soffitto del Pz).

Curiosità: nello sviluppo uterino si può creare uno strain poiché gli strati muscolari venosi crescono e allo
stesso tempo cresce anche l’utero sotto la spinta progestinica.

STRAIN VERTICALE
Adattamento posturale e/o cinetico, in cui le 2 sfere si adattano nello stesso senso sul piano sagittale. Lo
strain verticale si denomina secondo l’adattamento della parte posteriore del corpo dello sfenoide
(quindi alto o basso): stando a questo, possiamo avere uno strain verticale alto o basso.
Strain verticale alto (ant o post, indica la responsabilità della sfera)
Strain verticale basso (ant o post).

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anteriore
Si denomina infatti, secondo l’adattamento della parte posteriore
del corpo dello sfenoide: se la parte posteriore del corpo dello
sfenoide è alta (strain verticale alto), significa che lo sfenoide è in
RE RE flessione, e dunque i 2 quadranti anteriori sono in RE, mentre i 2
quadranti posteriori sono in RI; infatti se lo sfenoide si adatta in
sin strain verticale alto dx flessione, l’occipite facendo parte della sfera opposta fa piuttosto
una estensione (la sua apofisi basilare si adatta basso-dietro).

RI RI SV ALTO

posteriore
anteriore
Se la parte posteriore del corpo dello sfenoide è basso-dietro
(sfenoide basso), significa che lo sfenoide è in estensione, e dunque
i 2 quadranti anteriori sono in RI; in tal caso invece l’occipite sarà
più alto, NEL SENSO CHE l’apofisi basilare andrà alto/avanti e i 2 RI RI
quadranti posteriori sono in RE (infatti l’occipite va in F).
sin strain verticale basso dx
SV BASSO

RE RE
posteriore
Qual è il problema nello strain verticale e quale tra i 2 è più impegnativo?
Per rispondere a tale domanda bisogna fare riferimento alla fisiologia del cranio, e dire che la finalità del
cranio è quella di mantenere la flesso/estensione a livello della SSB.
Nella flesso/estensione le 2 sfere, quella ant e post, invertono le loro rotazioni, mentre nello strain le 2 sfere
ruotano nello stesso senso, senza invertire le rotazioni, poiché lo strain avviene su un piano solo.
Quindi in conclusione” c’è una sfera che va a dar fastidio”, in quanto ruota in un senso in cui non deve
ruotare; in altre parole le 2 sfere ruotano nello stesso senso, ma tuttavia è come se ci fosse una sfera in dis-
funzione rispetto all’altra.

Ci sono 4 tipi di strain complessivamente:

ANTERIORE ANTERIORE

RE RE RI RI in questi 2 strain
la sfera anteriore si trova
sin strain verticale ALTO dx sin strain verticale BASSO dx
in disfunzione, una volta
di RE e un’altra di RI
RI RI RE RE
posteriore posteriore

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anteriore anteriore

in questi 2 strain
la sfera posteriore si trova
RE RE RI RI in disfunzione, una volta
di RI e un’altra di RE.
sin strain verticale ALTO dx sin strain verticale BASSO dx La disfunzione si de-
nomina dall’adattam della
parte post del corpo dello
RI RI RE RE sfenoide.

POSTERIORE POSTERIORE
Anteriore e Posteriore indicano la responsabilità della sfera in disfunzione.
Alto e Basso fanno riferimento alla parete posteriore del corpo dello sfenoide.

Strain verticale ALTO ANTERIORE: “anteriore” significa che la sfera posteriore funziona bene, mentre la re-
sponsabilità della disfunzione è dovuta alla sfera ant. Nella sfera ant trovo che il parametro di F è maggiore
del parametro di E, quindi la denomino “alta”, perché la parte post del corpo dello sfenoide in RE è alta. Lo
strain come già detto si denomina a partire dall’adattamento della parte post del corpo dello sfenoide.

Strain verticale BASSO ANTERIORE: “anteriore” significa che la sfera post funziona bene; mentre la sfera
ant è in disfunzione; in essa il parametro di RI (E) è maggiore del parametro di RE (F), quindi la denomino
“bassa”, perché la parte post del corpo dello sfenoide in RI è bassa.

Strain verticale BASSO POSTERIORE: “posteriore” significa che la sfera ant funziona bene, mentre la sfera
post è in disfunzione; “basso” significa che la faccia post del corpo dello sfenoide si adatta basso-dietro
(RI), mentre l’ apofisi basilare dell’occipite si adatta alto-avanti (RE). Quindi nella sfera post, comandata
dall’occipite, il parametro di F è > del parametro di E.
Basta sapere che il riferimento è nella parte posteriore del corpo dello sfenoide (in rapporto anche alla
apofisi basilare dell’occipite).

Strain verticale ALTO POSTERIORE: “posteriore” significa che la sfera ant funziona bene, mentre la sfera
post è quella disfunzionale; nella sfera posteriore il parametro di RI (E) è maggiore del parametro di RE (F).
Se la sfera post è in disfunzione penso a:
1. Interno del cranio: occipite, temporale, parietale, mandibola
2. Esterni al cranio: C0-C1; sacro; asse aponeurotico centrale; diaframma; membrane; visceri e organi del pic-
colo bacino

Uno stato di strain verticale può essere evidenziato a livello della volta del cranio, a livello della sutura coro-
nale che può presentare uno scalino. Se parto dal frontale ci sono 2 possibilità:
- salgo lo scalino
- scendo lo scalino

In uno stato di SV alto a partire dal frontale (sutura metopica), i quadranti anteriori sono in RE; la parte
posteriore del corpo dello sfenoide è alta, quindi le grandi ali sono in basso-avanti-fuori cioè in RE. A liv-
ello della volta, in RE il frontale si abbassa e indietreggia; dietro, i parietali che sono in RI si alzano, quindi
andando da bregma verso il parietale, lo scalino lo salgo. I quadranti post sono in RI e la mandibola è
piuttosto retrosa. I Pz hanno un frontale largo poiché i 2 quadranti ant sono in RE.

In uno SV basso, i 2 quadranti anteriori sono in RI, mentre i 2 quadranti posteriori sono in RE.
Lo scalino questa volta, andando da Bregma verso il parietale lo scendo: infatti, il frontale è alto e bregma
è piuttosto alto/avanti (RI); il parietale è piuttosto in RE, quindi basso. Questi Pz se messi supini presentano
il frontale piuttosto stretto e un occipite piuttosto largo. Avendo i quadranti posteriori in RE, i Pz presentano
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i rami mandibolari allargati.
Mettendo in relazione la forma del cranio con i quadranti
cingoli e dunque con la postura, che siamo di fronte
ad uno strain verticale alto o strain verticale basso,
anteriori
l’atteggiamento posturale del Pz è sempre lo stesso in
in RI
uno schema misto. Si trova così: anteriore nella parte
bassa e piuttosto posteriore nella parte alta.

Ciò è vero per uno stato di strain verticale basso:


i quadranti anteriori sono in RI; mentre i quadranti
post sono in RE.
I Pz che hanno uno STATO di strain verticale BASSO si
quadranti
trovano e si adattano nel loro schema posturale. posteriori
in RE
I Pz che presentano uno stato di strain verticale ALTO
non rispecchiano lo schema, perché a livello del cingolo quadranti
scapolare in teoria dovrebbero essere aperti (poiché i 2 anteriori
quadranti anteriori sono in RE), mentre a livello del cin-
golo PELVICO in teoria dovrebbero essere in RI.
in RE
Cosa tuttavia difficilissima per la deambulazione; tut-
tavia il Pz è costretto ad adattarsi in una posizione meno
dispendiosa per lui, cioè con un atteggiamento seduto, di
caduta sul sacro.

quadranti
posteriori
in RI
strain verticale alto: in teoria

C’è un elemento del corpo che paga ciò permettendo


tuttavia l’adattamento: il diaframma. Il diaframma,
infatti, è RESPONSABILE dell’adattamento e separazione
tra sfera ant e sfera post.
Quando si vede uno stato di strain verticale alto, normal-
mente sono persone che hanno un blocco del diaframma,
e soffrono spesso a livello gastrico, cioè a livello della
giunzione gastroesofagea con sintomi quali
acidità di stomaco
esofagite da reflusso
ernia iatale
gastriti.
strain verticale alto:
in pratica
Tortora

Revisione sulla disfunzione di TORSIONE


Definizione di Torsione craniale: la definizione di una disfunzione ci serve per visualizzare il piano di adat-
tamento della disfunzione che andremo a testare. Per torsione si intende una serie di adattamenti posturali
e/o cinetici nei quali le 2 sfere invertono le loro rotazioni su un piano parafrontale secondo un asse di mobil-
ità ant-post che va da Nasion ad Opistion. Il piano parafrontale non è un piano fisiologico, come per la F-E, e
questo mi implica che in una torsione c’è un dispendio di energia più ampio rispetto alle disfunzioni fisio-
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logiche simmetriche. Diciamo che trattasi quindi di un piano parafrontale, nel quale l’adattamento avviene
sempre su 3 piani dello spazio, tanto che parliamo di un movimento di tutti e quattro i quadranti sui 3 piani
dello spazio. Infatti, una torsione dx si definisce a partire dalla grande ala dx che sarà ALTA-AVANTI, sec-
ondo appunto un movimento elicoidale sia come forma che come dinamica. La parte opposta all’emilato
disfunzionale si inclina dall’altro lato.
Avremo dunque una torsione dx, in cui c’è una inclinazione opposta delle 2 sfere: l’anteriore si inclina da un
lato, mentre la posteriore si inclina contemporaneamente dall’altro lato, quando la grande ala di dx è alto-
avanti, a condizione però che l’occipite di dx, dello stesso lato sia basso-avanti.
Quindi ricapitolando avremo i seguenti parametri:
Emicranio dx:
Sfera ANT (dx) > alto-avanti
Sfera POST (dx) > basso-avanti

Fermo restando che tutto il cranio è in uno stato e/o in una dinamica di torsione dx, e che tutto il cranio è in
disfunzione trattandosi di una disfunzione della base. Perché il cranio può assumere una situazione di dis-
funzione di torsione dx? Qual è la finalità di tutto ciò? Sicuramente mantenere l’alternanza della F-E che
sono i 2 movimenti fisiologici che hanno la loro risultante a livello della SSB. La finalità è di mantenere cen-
trale la SSB, quindi il centro rimane neutro e non si sposta, poiché deve garantire la flesso/estensione che è il
respiro craniale. Tutti e quattro i quadranti entrano in disfunzione e subiscono un adattamento periferico; lo
scopo è quello di garantire la funzionalità del centro. L’adattamento è sempre periferico. Ciò succede non
solo a livello del cranio, ma anche a livello della periferia del corpo. Noi parleremo sempre di adattamenti
in rotazione dei cingoli.
L’asse di mobilità è un asse antero/posteriore, sempre perpendicolare al piano, in tal caso parafrontale;
questo asse passa per il centro della sincondrosi: dove passa l’asse non c’è spostamento, non c’è mobilità.

Diciamo per convenzione che l’asse passa da nasion ad opistion (parte posteriore del foro occipitale), o si
può dire anche che passa da glabella a inion; l’importante è che passi per il centro della SSB.
Trattasi sempre per le disfunzioni della base, di adattamenti posturali e/o cinetici che fanno riferimento sia
alla dinamica che allo stato. Un soggetto può essere nato con uno stato o forma craniale che può poi essere
il binario per una disfunzione dinamica craniale in età adulta, ma non è detto che lo sia per forza. Perché
allora valutiamo la forma del cranio in età adulta? Poiché una forma o uno stato craniale determina un
adattamento posturale del Pz, un adattamento dei cingoli. Quindi, in un adulto non possiamo modificare
una FORMA, anche se si effettua un lavoro su una disfunzione osteopatica, poiché l’osteopatia lavora su una
correzione dinamica e non su una correzione della forma che in età adulta resta identica.

Quindi noi ci serviamo dell’esame visivo e palpatorio per valutare una coerenza posturale tra la forma del
cranio e la forma dei cingoli. Noi approcciamo il Pz guardandolo con un esame visivo prima e palpatorio
dopo, e poi lo approcciamo con un test di mobilità.

Lo scopo quando valutiamo una forma, è vedere se c’è una incoerenza. Se c’è incoerenza, già questa in-
dica un mezzo di diagnosi della postura del Pz; dopodiché per avere conferma del tipo di disfunzione mi
devo mettere in ascolto ed effettuare i TEST. Per questo si insiste molto sulla valutazione della forma e
quindi dello stato di un cranio. Stesso dicasi per la valutazione della dinamica craniale.
Quando voglio valutare come si muove un cranio e se si è in presenza di una disfunzione, devo fare un
ascolto e poi devo indurre un movimento per apprezzare la presenza o meno di una eventuale disfunzione
della base.

Protocollo di un approccio cranio-sacrale:


- esame visivo
- esame palpatorio
- ascolto dell’impulso ritmico craniale (IRC)
- test di mobilità
Presa tramite la volta
- indici su pterion
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- mignoli in direzione di asterion sotto la squama dell’occipite
- medio davanti al padiglione auricolare
- anulari dietro al padiglione auricolare

Faccio un ascolto, quindi mi metto in sintonia con questa onda e ascolto espansione e ritorno. Mi metto in
fase con un certo ritmo e una certa frequenza; sono su questo ritmo e su questa frequenza e faccio un test
per valutare la mobilità in torsione dx che deve essere garantita.

Esecuzione:
Nel tempo di E, testo contemporaneamente la risalita della grande ala dx e dell’occipite sin e poi il con-
trario; questo è l’adattamento su un piano frontale, quindi induco:

indice dx _ grande ala dx in ALTO-(avanti)


contemporaneamente
mignolo sin_ astèrion in ALTO (risalita verso l’alto e un pò indietro)

Ci conviene testare la risalita verso l’alto della grande ala dx e dell’emioccipite sin contemporaneamente.
Dopodichè aspetto il tempo di E successivo, e con l’indice della mano sin induco la grande ala ALTO e con il
mignolo dx induco l’emioccipite dx in alto.
Quindi inverto le induzioni.
Come definisco una disfunzione di torsione dx?

TEST
Denomino la disfunzione nel senso e dal lato della maggior ampiezza; e cioè nella torsione dx quando si
fa il test, l’indice della mano dx e il mignolo della mano sin mi permette di andare in torsione dx; viceversa
quando faccio il test di una torsione sin il movimento è assente. Non c’è possibilità plastica del cranio di an-
dare in torsione sin poiché si è in presenza appunto di una disfunzione di torsione dx della base del cranio.
In altre parole il cranio va in disfunzione di torsione dx, ma non va in disfunzione di torsione sin, quindi la
disfunzione è a dx.
La disfunzione c’è quindi quando da una parte c’è movimento del cranio, mentre dall’altra non c’è. Questo
vale per tutte le disfunzioni della Base del Cranio.

RIDUZIONE
Dobbiamo scegliere una tecnica da utilizzare che può essere funzionale o meccanica; entrambe possono
essere o dirette o indirette.
Tecnica meccanica: non sto sull’impulso ritmico craniale (IRC) e vado meccanicamente ad indurre dei
parametri agendo sulla struttura osteo-articolare del cranio, sulle suture e sull’osso e posso andare verso la
disfunzione in aggravamento (meccanica indiretta) o contro la barriera motrice (meccanica diretta).
Es. Correzione di una torsione dx
a) Mediante tecnica meccanica diretta: andrò meccanicamente contro la barriera motrice senza essere in
ascolto dell’impulso ritmico craniale. Agisco come se volessi indurre una torsione sin, portando cioè indice
sin e mignolo dx IN ALTO.
b) Mediante tecnica meccanica indiretta: andrò meccanicamente verso la barriera motrice, quindi vado in
aggravamento della disfunzione ma non sono in ascolto dell’IRC. Agisco meccanicamente come se volessi
indurre una torsione dx, portando indice dx e mignolo sin IN ALTO.
Poi fatta la correzione: devo fare l’ascolto, sentendo per prima cosa quando il sistema vuole ritornare in-
dietro o in un senso o nell’altro sia che faccio una tecnica indiretta o diretta, sento quando le membrane
di tensione reciproca danno una risposta; dopodiché rilascio, mi rimetto in ascolto, testo nuovamente, e in
ultimo rilancio la F-E.
Quando una tecnica è funzionale, più o meno il principio è lo stesso, solo che sono in ascolto dell’IRC,
quindi per la correzione vado o contro la barriera motrice inducendo la correzione sempre stando in ascolto
dell’IRC (funzionale diretta) o verso la disfunzione in aggravamento (funzionale indiretta); sono già in as-
colto, quindi aspetto la risposta membranosa e poi faccio nuovamente il test di mobilità.
159
Quando usare una tecnica meccanica e quando una tecnica funzionale? Come scegliere tra le due?

TECNICA MECCANICA: è di gran lunga quella più utilizzata nel neonato, nel quale l’ IRC non è ancora reset-
tato, organizzato, non si può facilmente sentirlo. Sempre nei neonati o comunque nei bambini piccolissimi
fino a 2 – 3 anni si possono utilizzare delle TECNICHE DI MODELLAGGIO del cranio.
TECNICA FUNZIONALE: nell’adulto invece è preferibile utilizzare la tecnica funzionale indiretta, e comu-
nque sicuramente la tecnica più adattabile per il Pz.

PRATICA cranio-sacrale_Presa tramite la volta cranica

Indici: su pterion
Reperimento di pterion: si parte dal pilastro orbitale esterno, salgo un pò e mi sposto lateralmente, apprez-
zando e palpando il contorno e i margini delle ossa che costituiscono questa zona; occorre palpare bene i
limiti di questa zona e stabilire i contorni ossei.
Medi: posti davanti al padiglione auricolare
Anulari: dietro il padiglione auricolare
Mignoli: posti sotto la squama occipitale in direzione di asterion; divaricando bene i mignoli e apprezzando
bene la sutura lambdoidea, mi pongo un pò al di sotto prendendo bene contatto con la squama occipitale,
devo appunto stare sull’occipite e sentire bene il contatto. Divaricando bene le dita delle mani, a volte si può
dire che il cranio del Pz “riposa” sui mignoli.
Pollici: sono in contatto tra loro, ma non toccano la volta cranica, per 2 motivi:
1. anzitutto per un motivo prettamente pratico: essi infatti fungono da fulcro nella zona centrale del cranio,
quindi l’Osteopata scarica le tensioni spalla-gomito fino alla colonna del pollice e in alto fino alla volta
2. per un motivo tecnico-funzionale: per non creare alcuna induzione nella sutura intersagittale, e quindi al
centro della volta. Non bisogna mai mettersi su una sutura, né tantomeno esercitare delle induzioni al cen-
tro del cranio.

Quindi ITER per un ASCOLTO dell’IRC


1. Mi metto in ascolto con intenzione per sincronizzare il nostro contatto, prima con il polpastrello delle
dita, con il sistema che stiamo andando a testare; affondiamo più o meno, occorre entrare e aspettare che
questa onda arrivi con una certa ritmicità e una certa frequenza a dare questa forte espansione trasversale e
poi ritorno.
2. Una volta arrivato questo ritmo, testo per prima cosa se ci sono disfunzioni fisiologiche, cioè la F-E, do-
podiché le altre disfunzioni fisiologiche dei gangli della base.

TEST per la F
Mi metto in ascolto, aspetto il tempo di flessione e durante il tempo di F, induco contemporaneamente i
miei indici dx e sin in basso-avanti e apprezzo l’espansione trasversale a livello di pterion e quindi della
grande ala.
Medi e Anulari sono in appoggio ma non inducono; i mignoli dx e sin sono indotti in basso-dietro e an-
che qui è possibile apprezzare l’espansione.
Quindi da un punto di vista pratico in un test per la flessione divarico entrambi gli indici e i mignoli (apro).
Aspetto e apprezzo il ritorno; dopodiché aspetto il successivo tempo e nel tempo di estensione, testo
l’estensione.

Test per L’E


160
Durante il tempo di E porto gli indici dx e sin in alto-dietro-dentro e i mignoli dx e sin alto-avanti Quindi
da un punto di vista pratico in un test per l’estensione chiudo entrambi gli indici e i mignoli.
Poi in un secondo momento testiamo le disfunzioni asimmetriche e afisiologiche, poiché su queste disfun-
zioni il cranio può e deve adattarsi. Deve cioè poter andare quando è libero in torsione dx e torsione sin.
Allora testo: una torsione dx

Test per una TORSIONE dx


Scelgo il tempo di E, anche perché stavo precedentemente testando l’estensione, poi aspetto la flessione
e quando sono di nuovo in estensione testo la torsione dx: indice dx e mignolo sin li induco verso l’alto
contemporaneamente;
nel successivo tempo di estensione, induco indice sin e mignolo dx con la stessa intenzione e la stessa in-
duzione verso l’alto contemporaneamente, testando pertanto la torsione sin.
È possibile lavorare a 2 dita o a 4 dita per testare una torsione. Diciamo però che è preferibile anziché
lavorare a 4 dita, utilizzare solo 2 punti di appoggio e visualizzare questa disfunzione della base del cranio su
questo piano parafrontale ricordandomi che c’è anche una inclinazione.
Infatti, l’induzione che diamo è opportuno visualizzarla nei piani e nell’asse, così l’induzione stessa è
migliore, e soprattutto meglio percepita.

Naturalmente oltre alla presa tramite la volta, ci sono delle varianti utili quando lavoriamo: una di queste
è proprio quella con l’Osteopata di lato al Pz: tale presa è più avvolgente sul cranio e permette dunque un
contatto più globale sulla sfera anteriore e sulla sfera posteriore, permettendomi di apprezzare meglio il
volume craniale.

Mano craniale: con pollice e indice sulle grandi ali dello sfenoide
Mano caudale: a palmo pieno avvolge la squama occipitale, facendo presa sull’occipite.

Per stare internamente alla struttura e quindi alle membrane a tensione reciproca bisogna essere più deli-
cati; se aggrediamo stiamo sull’osso. Quindi per entrare in ascolto e per essere in contatto con le membrane
occorre essere leggeri; infatti, per lavorare sul profondo è preferibile avere una presa più superficiale, che in
realtà ci permette di entrare o di fare un ascolto interno del sistema liquor-cefalorachidiano.
Viceversa se voglio stare sulla struttura o sulla articolare dell’osso sarò più consistente.

RIDUZIONE di una TORSIONE dx con tecnica meccanica DIRETTA


In questa tecnica non sono in ascolto dell’impulso, vado contro la barriera motrice e faccio una induzione
con indice sin su grande ala e mignolo dx sull’emioccipite verso l’alto (verso l’Osteopata). Poi non aspetto
che la struttura torna indietro, ma mi metto in ascolto e poi ritesto, ma non rilancio. Il contatto è abbastanza
consistente.

RIDUZIONE di una TORSIONE dx con tecnica meccanica INDIRETTA:


Non sono in ascolto e aggravo i parametri di una torsione dx, quindi vado secondo la correzione aggra-
vando i parametri disfunzionali; aspetto poi una risposta che è sempre membranosa e qui posso rilanciare la
torsione sin cioè rilancio in correzione secondo un movimento non disfunzionale. Poi mi metto in ascolto e
quindi faccio di nuovo il test.
Se è tutto libero, in quanto si è corretta la disfunzione di torsione, si può rilanciare la F-E. Tuttavia è opportu-
no dire che in presenza di torsione o di qualunque altra disfunzione della base, la F-E è RALLENTATA, poiché
la SSB che la mantiene fa fatica, e si crea un adattamento della periferia del cranio che consente alla SSB di
andare in disfunzione, ma non come dovrebbe. Quindi: è bene rilanciare la struttura sempre, anche se non
c’è disfunzione di F-E.
Lavorando in correzione mediante presa tramite la volta, a volte capita che le disfunzioni della base del
cranio non si riducono completamente proprio perché ci sono dei punti articolari del cranio (le suture) che
sono in disfunzione, quindi è opportuno liberarle per poter liberare il centro e far ripartire tutto il sistema.
Quindi occorre prima liberare queste suture direttrici implicate; ritesto poi il cranio e poi se c’è ancora la
disfunzione della base la lavoro.
Una cosa fondamentale è l’adattamento posturale, mentre un’altra è l’adattamento cinetico.
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Sull’adattamento cinetico, possiamo avere anche una azione, poiché facciamo delle riduzioni quando
troviamo delle disfunzioni sulla base del cranio.
Si deve lavorare sulle perdite di mobilità sia a livello del cranio che in periferia, quindi si fanno degli ascolti,
dei test,e da ultimo delle riduzioni.
Diverso è l’adattamento posturale, nel senso che se uno stato di cranio in disfunzione non viene trattato
sin da piccolo, quella forma di cranio si evolverà in un certo modo e si parlerà di stati simmetrici e asimmetri-
ci del cranio. Quindi l’insieme del volume craniale, lo possiamo guardare, apprezzare nella sua espansione
trasversale, verticale, ant-post. Lo stato del volume craniale è importante per vedere se c’è una relazione tra
appunto forma del cranio con l’adattamento dei cingoli. Dallo stato, forma e volume del cranio si determina
l’accrescimento del rachide e quindi delle curve scoliotiche e ancora dell’atteggiamento posturale che il
paziente ha in età adulta.

SFERA POST: in relazione con il cingolo pelvico


SFERA ANT: in relazione con il cingolo scapolare

Questo mi permette di dire se c’è una coerenza posturale, cioè se lo stato del cranio corrisponde
all’adattamento dei cingoli, significa che quel paziente è in confort ; la sua postura è comoda.

STATO di FLESSIONE: SIMMETRIA DEI 4 QUADRANTI CHE SI TROVANO IN RE


I CINGOLI dovranno essere tutti e quattro in apertura per coerenza.

STATO di cranio in E: diametro antero-posteriore e verticale aumentano; il diametro trasversale si riduce. Si


ha una RI DEI 4 QUADRANTI, con conseguente chiusura di tutti i cingoli.

STATO DI CRANIO IN TORSIONE


QUADRANTE ANTERIORE sin QUADRANTE ANTERIORE dx
(in RI GRANDE ALA basso-dietro) (in RE grande ala alto-avanti, adattament elicoidale)

QUADRANTE POSTERIORE sin QUADRANTE POSTERIORE dx


(in RI OCCIPITE sin alto-dietro) (in RE occipite basso-avanti)

Osservazione visiva di un Pz
Pz in piedi
Si deve valutare un asse centrale che cade al centro della base di appoggio; chiederemo al Pz di non divari-
care troppo le gambe né di stringerle troppo, ma di avere una apertura corretta che rispetti l’asse verticale
dell’articolazione coxo-femorale. L’osteopata dietro il Pz può gestire l’apertura e chiusura della base di ap-
poggio del Pz. Guarderemo subito le rotazioni degli arti inf e dove appoggia il Pz, dove carica di più.
Poi guardo subito i cingoli, guardo l’altezza delle scapole e guardo l’arrotolamento e valuto anche la
lunghezza e l’atteggiamento del braccio/gomito mettendo le mani.

SFERA ANT: valuto poi le bozze frontali, gli zigomi, il globo oculare, e poi la bocca.

SFERA POST: valuto bene la posizione dell’occipite che può essere basso, alto, anteriore, posteriore, basso-
ant, basso-posteriore; alto-ant; alto-post.
Una cosa importante da fare nella valutazione della sfera post è mettere la colonna del pollice sotto la base
dell’occipite, e valutare la forma che vi è sotto le mani; è importante valutare se c’è o meno la deviazione
della squama occipitale: se c’è una deviazione di quest’ultima a dx o a sin rispetto ad una apofisi basilare
che rimane diritta, significa che c’è uno schema asimmetrico e che anche nella forma, l’occipite si adatta per
preservare il centro. Quindi l’apofisi basilare dell’occipite rimane in asse sul piano sagittale di movimento, sia
come forma che come dinamica; ciò che cambia è l’adattamento periferico. Lambda spesso è deviata, si ha
deviazione dell’ATM, deviazione del setto nasale, che sono adattative ad una condizione periferica che serve
per preservare il centro >> nelle torsioni siamo di fronte ad una forma asimmetrica.

Poi si valuta la forma delle mastoidi, si mette la colonna del pollice sotto l’occipite, gli indici in direzione
162
dell’apice della mastoide e così si può apprezzare globalmente la forma dei temporali; ci mettiamo con
la presa a tre (pollice-indice-medio) oppure sulla porzione mastoidea e sentiamo come è la posizione del
temporale: se la mastoide è più alta o più bassa, se è più avanti o più indietro. Ovviamente il temporale
dovrebbe seguire la posizione dell’occipite: si potrebbe mettere la mano sulla volta del cranio per valutare
la sutura interparietale intesa come forma>> questo contatto mi permette di valutare la forma a punta o a
piatto, oppure asimmetrica del cranio; ci dice se ci sono degli scalini e ci permette di valutare la consistenza
(in modo particolare se questo cranio si lascia deprimere o no), mettendo ovviamente un semplice contatto.

Un cranio che non respira, non si lascia deprimere. Poi si mette in relazione ciò che abbiamo osservato sul
cranio con i cingoli scapolare e pelvico; estrapoliamo uno stato e vediamo se c’è coerenza o meno nello
schema del nostro Pz. Se trovo incoerenza, investigo con anamnesi mirata e con dei test, molto utili sono i
test di pressione.

Pz supino
L’indagine fatta da in piedi, la devo rivalutare da supino, non perché la forma cambia, ma poiché vogliamo
avere una conferma. Valuto la sfera ant e post del cranio, e la metto in relazione con i cingoli.
L’osteopata si pone alla testa del Pz, mette i polpastrelli del pollice sotto la base occipitale e confronta le
informazioni da in piedi tra cranio e cingolo scapolare e pelvico.
Si palpa bene la base dell’occipite, la squama, l’apofisi mastoidea e la forma del temporale; le bozze frontali;
gli zigomi; il globo oculare (più prominente in RI, e meno prominente in RE), e palato (il palato in torsione è
più largo e più piatto, meno cavo e più alto perché la grande ala sale).
Valuto se ci sono delle congruenze o incongruenze, arrotolamenti o aperture.
Es. se il cingolo scapolare sin è in RE e il cingolo pelvico sin è in RE, mentre il cingolo scapolare dx e pelvico
dx sono entrambe in RI, si è di fronte ad una torsione sin.

IMPORTANTE: i segni visivi di uno stato/forma di un cranio non sempre corrispondono con l’adattamento
posturale dei cingoli. Se c’è incongruenza tra stato craniale e organizzazione dei cingoli scapolare e pelvico,
faccio dei test osteopatici di pressione o di mobilità in quel distretto in cui ho trovato l’incongruenza, e
subito dopo tratto la disfunzione; in altre parole lavoro sul Pz e lo porto nel suo schema posturale corretto,
rimettendolo così in equilibrio globale e confort.

4 sem

Compressione cranica
Si definisce compressione cranica una disfunzione della base, nella quale si viene a creare un rapporto
troppo stretto tra le diverse componenti ossee. Teoricamente, quindi, quando si approccia un cranio in
disfunzione dinamica di compressione si avverte una sensazione di duro, e nel test di mobilità l’induzione si
avverte poco e per lo più è mal definibile. La persona è stanca, con poca vitalità se si tratta di un adulto.
In una vera e propria compressione che colpisce un bambino si possono avere delle ripercussioni più im-
portanti ad es sull’asse endocrino ipofisario, a seguito dello schiacciamento o compressione del corpo dello
sfenoide, con una globale ipostimolazione ipofisaria: sono bambini che hanno difese immunitarie rallen-
tate e basse con uno sviluppo e crescita altrettanto ridotti. Svariate sono le cause di sviluppo di una disfun-
zione craniale in compressione; le possiamo classificare secondo il seguente ordine:
1. Intrauterina: ci possono essere delle posizioni di compressione intrauterina abbastanza frequente nelle
gravidanze gemellari; oppure tale compressione può essere dovuta al fatto che l’utero è un sacco muscolare
che permette, in presenza di una sufficiente camera gestazionale, l’accrescimento del feto e il suo con-
tenimento. Durante lo sviluppo dell’embrione, a causa del basso contenuto di progesterone nel sangue
materno, si può creare una riduzione di disponibilità dello strato muscolare, con conseguente difficoltà
quindi del miometrio stesso a distendersi. Questa problematica ormonale può essere responsabile di una
condizione di compressione intrauterina, che può determinare, conseguentemente, una compressione
craniale.
2. Parto: al momento del parto, sia per tecniche ostetriche piuttosto “invasive “, ma anche per le “resistenze”
ossee che si creano nel canale da parto e/o un travaglio troppo lungo si possono creare delle condizioni di
compressioni craniche.
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3. Una caduta sui talloni, in seguito alla quale si può creare un “impattamento” della zona cefalica sul ra-
chide lombare (cranio-cerniera lombo/sacrale).
4. Traumi da caduta sul sacro: per il rapporto tra occipite-sacro-C0-C1, sia nell’infanzia che nell’adulto.
5. Trauma diretto sul cranio: trauma frontale, occipitale, temporale maggiormente in direzione antero-
posteriore e laterale.
6. Diaframma: si possono avere delle compressioni craniali anche a partire dal diaframma, pensando al
collegamento anatomico con l’asse aponeurotico centrale e con l’apofisi basilare dell’occipite, sul cui tuber-
colo faringeo prende attacco la aponeurosi faringea che collega l’occipite stesso con il centro frenico del
diaframma.
7. Tutti i traumi diretti sullo zigomo (soprattutto in quanto osso che fa da ponte tra la sfera anteriore e
posteriore) e sul mascellare, più in generale sulle ossa del massiccio facciale incastrate a paracadute sotto il
frontale.

CARATTERISTICHE DINAMICO - FUNZIONALI DELLA COMPRESSIONE CRANICA


Quando avviciniamo un cranio in compressione, abbiamo la sensazione di un cranio duro.
L’ ascolto, come già detto, sarà difficile, il ritmo maggiormente rallentato, l’ampiezza può essere talvolta
regolare (ma il più delle volte è ridotta); sembra tuttavia che ogni tanto questo ritmo aumenta per compen-
sare proprio la ridotta espansione trasversale.
Il ritmo è indicativo dello stato psico-fisico del Pz:
ritmo veloce: indicativo di un Pz con vitalità
ritmo lento: indicativo di un Pz stanco

L’ ampiezza (espansione trasversale) è indicativa della presenza o meno di una disfunzione:


ampiezza normale: il Pz non ha disfunzioni (si avverte a livello delle grandi ali e a livello di asterion.
ampiezza ridotta: è indicativa di una restrizione di mobilità importante.
Fuori dal cranio, in periferia ci possono essere delle disfunzioni importanti che possono avere delle ripercus-
sioni a livello della base.

In generale per riassumere possiamo dire che i segni tipici di una disfunzione in compressione cranica sono:
- impulso ritmico craniale lento (anche se a tratti può aumentare), molto ridotto
- ampiezza piuttosto ridotta (l’espansione trasversale è quasi assente).

Trattamento di una COMPRESSIONE CRANICA


È una delle disfunzioni PIU’ IMPORTANTI del cranio. Si tratta di una vera e propria urgenza, dalla quale il
Pz deve uscire; il Pz è come “annebbiato”. Nel trattamento non ci sono regole particolari, quindi non c’è un
protocollo preciso. Quando un Pz viene e mettiamo a fuoco su di esso una compressione cranica (ampiezza
ridotta e ritmo lento), è una situazione da non trascurare. Spesso si hanno dei risultati partendo dalla perife-
ria:
- si può partire dal sacro facendo riferimento alle membrane: non è necessario testarlo prima, ma si fanno
delle tecniche dapprima come per ridurre un sacro anteriore bilaterale, e successivamente si esegue una
tecnica come per ridurre un sacro posteriore bilaterale.
Attenzione a non creare una disfunzione sul sacro; sarebbe opportuno effettuare un test di mobilità alla
fine, per controllare se si è successivamente verificata una disfunzione.

- Si eseguono poi delle tecniche di correzione sul diaframma, grazie al rapporto tra il tubercolo faringeo
dell’occipite e il centro frenico del diaframma (collegamento mediante dura madre).

- Sblocco disfunzionale su C3-C2-C1 e anche C0-C1 su occipite, in merito al passaggio e all’inserzione


della dura madre sul rachide cervicale superiore. È importante dunque, liberare tutta la zona di passaggio e
ancoraggio della dura madre.

- Lavorare globalmente il massiccio scapolare (grossolanamente). A Pz supino mobilizzo il massiccio scapo-


lare globalmente e poi in ogni singolo muscolo.

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- A livello craniale si possono lavorare le suture direttrici con la classica tecnica a 4 tempi in flessione-
estensione che permette di fare un disingaggio delle suture direttrici meccanicamente, contemporanea-
mente sul lungo e corto braccio (senza pensare ai tavolati, chi ricopre e chi è ricoperto), in compressione-
decompressione-scivolamento.

- Analizzare bene e verificare sempre la sutura coronale, lo zigomo, la sutura sfeno-parietale, la temporo-
zigomatica, suture che collegano la sfera ant con la sfera post, e che comunque hanno un collegamento con
le suture direttrici, essendo in grado di mantenere le disfunzioni della volta a livello della base.
- Si possono da ultimo usare 2 tecniche di decompressione, utili appunto per decomprimere il cranio e
rilanciare l’impulso:
1. Decompressione della sutura sfeno-occipitale o fronto-occipitale se come presa rimane più comoda.
(fatta per liberare meccanicamente la SSB).

2. Tecnica dell’ “orecchio stirato”

3. PER IL RESTO si può LAVORARE IN BASE A CIO’ CHE SI TROVA NEL PZ

Naturalmente diciamo che in una compressione craniale, tutto l’asse centrale del corpo è impattato, non re-
spira il cranio ma non respira nemmeno il sacro. Quando si fa una valutazione palpatoria su un Pz di questo
tipo si può notare un” impattamento” del cranio, seguito da rigidità al test di densità, una consistenza
importante sia del cranio che del sacro, la mano quasi rimbalza al momento del contatto, la sutura interpari-
etale è sempre molto compressa, ha una forma a punta ed è molto rigida.
Dal punto di vista posturale, sono Pz schiacciati sulle loro curve e visti di profilo sono pazienti “seduti
“, tutti e tre i diaframmi sono schiacciati.
Il cranio lungo l’asse centrale non può far altro che subire una compressione, non ha shift laterale, verticale
non c’è più un adattamento periferico dei 4 quadranti e il cranio per poter conservare il ritmo cranio sacrale
va a compattare sulla SSB. Sembra esserci assenza di movimento, quindi la compressione è un po’ consid-
erata come “l’ultima possibilità di adattamento craniale”.
Questa disfunzione va approcciata nel trattamento esclusivamente dal punto di vista duramerico, ed è
l’unico caso in cui si può parlare di un protocollo specifico di trattamento, non si possono fare delle tecniche
strutturali perché esse non sarebbero efficaci, perlomeno non subito (cosa che accadrebbe anche in una
tecnica viscerale).
I sintomi possono essere di vario tipo, i Pz si lamentano per lombosciatalgie invalidanti che vanno e ven-
gono sempre in fase acuta; spesso passa da lombo sciatalgia a cervicobrachialgia; è soggetto ad intossica-
zioni poiché sono ridotte le possibilità di drenaggio a causa di possibili disfunzioni diaframmatiche; soffre
spesso di cefalee ed emicranie, sintomi per i quali è costretto ad usare farmaci: si crea come un corto circu-
ito ed il Pz non si riesce a liberare, ha spesso dolori all’estremità. Il Pz va osservato, si può notare una postura
schiacciata con un avvicinamento di tutti i diaframmi, postura spesso frequente negli anziani; si pongono
poi le mani sul cranio e si registrano le sensazioni. Si può valutare ad esempio se la mano riesce ad entrare in
ascolto toccando la sutura interparietale; si osserva il respiro del Pz.
Nel protocollo di trattamento si pone il Pz supino, si fa prima un test sul cranio attraverso la presa tramite la
volta per cercare di discriminare se la compressione ha una origine duramerica /membranosa oppure os-
sea; si ascolta il volume craniale sia in senso ant-post che in senso trasversale.
1. Essenzialmente il primo test è l’ascolto, nel quale appunto nel caso di una disfunzione in compressione,
non si riesce a percepire il ritmo cranio-sacrale;
2. successivamente si fa un test trasmettendo una forza trasversale al cranio testando il tentorio o
3. una forza ant-post mediante la quale si testa la falce del cervello.

Tecniche di decompressione craniale


1. TECNICA SFENO-OCCIPITALE (o FRONTO-OCCIPITALE)
è necessario decomprimere la SSB. Come faccio?
L’obiettivo è quello di portare DIETRO l’occipite, e AVANTI lo sfenoide per compiere un disingaggio.
L’osteopata effettua una presa sfeno-occipitale, ponendosi di lato al Pz, un pò verso l’angolo del lettino:
con la mano craniale fa presa sulle grandi ali dello sfenoide (presa pollice-indice);
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con la mano caudale fa presa sulla squama dell’occipite.

La mano caudale: induca l’occipite verso l’estensione, cioè alto-dietro, poiché la SSB a Pz supino sul piano
sagittale è orientata appunto alto-dietro.

La mano craniale: con pollice indice facendo presa sulle grandi ali dello sfenoide, o più semplicemente sui
pilastri del frontale, induce trazionando le grandi ali o i pilastri meccanicamente alto-avanti.

2.TECNICA dell’ “ORECCHIO STIRATO”


Tra la grande ala dello sfenoide che sta avanti e la squama dell’occipite che sta dietro, sembra che il tempo-
rale sia come incastrato, occupando una posizione piuttosto bassa e laterale a livello del cranio.
La rocca petrosa del temporale è orientata alto-avanti-dentro; partendo da questa considerazione ana-
tomica è possibile fare questa tecnica di disingaggio:
l’Osteopata è posto dietro alla testa del Pz; pone i suoi pollici anteriormente al lobo dell’orecchio, mentre il 4
e il 5 sin e dx posteriormente al lobo.
Visualizzando l’orientamento della rocca petrosa, i lobi vengono stirati dall’Osteopata in direzione opposta
all’orientamento della rocca, cioè in basso-dietro-fuori.
Ciò permette di disingaggiare i 2 temporali da sfenoide con cui hanno un rapporto anteriore e occipite con
cui hanno un rapporto post.
Ciò mi permette tranquillamente di effettuare una decompressione craniale.

Tortora

La Compressione cranio-sacrale (CCS)_Teoria e pratica


È l’ultima disfunzione della base che vediamo, intesa anche come ultima possibilità di adattamento del
cranio che non ha più capacità di adattarsi in periferia nei vari piani dello spazio, attraverso la relazione delle
sfere: il cranio perciò compatta sulle suture direttrici che si bloccano e sicuramente c’è l’interessamento
delle membrane di tensione reciproca (falce e/o tentorio). Si dice che il cranio “non respira” ma in realtà
lo fa: non si può più adattare in periferia ma lo fa al centro: la SSB comprime, si avvicinano i suoi capi ar-
ticolari [?? NON SI CAPISCE BENE], non si muove più nulla anche se è presente l’IRC perchè c’è sempre una
flesso/estensione ma contemporaneamente c’è la compressione. Non si descrivono segni visivi e palpatori
per questo tipo di disfunzione, non avremo un adattamento di stato del cranio che corrisponde allo stato
dei cingoli come abbiamo fatto per le altre disfunzioni della base. Andremo sempre a osservare la postura
del paziente ma non noteremo dal punto di vista pratico nessun segno se non quello di un adattamento in
compressione di tutti e 4 i diaframmi: craniale, toracico alto, toraco-addominale e se vogliamo anche quello
pelvico. Saranno tutti compressi: la disfunzione di compressione è detta “cranio-sacrale” (CCS) perchè coin-
volge sia il cranio che il sacro attraverso la dura madre.
Se troviamo un cranio impattato, il cui ascolto è veramente difficile, non c’è ritmo e non c’è ampiezza, il
cranio è “silente” sembra quasi non respirare, non c’è espansione, mettendo le mani è un cranio denso, rigido
e compatto che non accetta la nostra informazione e vediamo che il Pz in piedi presenta questo schema
posturale: dobbiamo pensare a una compressione cranio-sacrale in cui tutto il sistema, come visione uni-
taria, viene coinvolto attraverso un discorso di tensionamento duramerico.
Sono dei Pz fortemente compromessi da un punto di vista sintomatologico: mostrano sintomi e dolori dif-
fusi in periferia, sulle articolazioni, alle estremità, delle sciatiche invalidanti, emicranie o cervico-brachialgie
importanti perché tutto il sistema duramerico e compresso e tutte le informazioni metameriche (a partenza
da dove si inserisce la dura madre) saranno compromesse. Possono avere le più variate distonie neuroveg-
etative con compromissione anche del nervo ricorrente del Luschka, della catena latero-vertebrale... sono
Pz che soffrono fortemente hanno un cattivo drenaggio perché la dura madre diventa viscosa e il liquor
non circola, tutto è impattato e anche a livello di intossicazioni abbiamo l’accumulo di tossine e cattivo
drenaggio con ph alterato, con le sintomatologia più svariate. Per noi osteopati una situazione di questo
tipo è di facile approccio: possiamo di sicuro rilanciare il sistema duramerico. Dal punto di vista neuroveg-
etativo abbiamo le catene latero-vertebrali neurovegetative e il n. ricorrente di Luschka cede le informazi-
oni neurovegetative a partire da ogni metamero, come sintomatologia il Pz può manifestare dolori diffusi,
alterazioni del ritmo sonno/veglia, è sempre stanco e rallentato, ha distonie neurovegetative importanti
166
che possono essere presenti su più livelli e su cui ora non ci soffermiamo.
I Pz con compressione cranio-sacrale (CCS) sono fortemente rallentati perché compressi, non c’è una buona
bilancia, una buona sintonia di orto e parasimpatico: nell’equilibrio tra i due sistemi prevale il paraS, il
sistema vagale è accelerato rispetto all’orto.
Ci potremo accorgere essenzialmente attraverso la pratica sul cranio (la palpazione e l’ascolto) che siamo
di fronte a un cranio fortemente compresso perché sono assenti ritmo e ampiezza, non percepiamo
l’espansione e manca di conseguenza il movimento di ritorno, la ritmicità può essere molto rallentata e tutto
questo succede soprattutto negli anziani in cui le MTR vanno a sclerotizzarsi, non sono idratate. La maggior
parte degli anziani hanno una sorta di CCS, si adattano in compressione, sono fortemente rallentati e hanno
dolori diffusi. Se riusciamo a rilanciare la compressione, pur non modificando lo schema posturale, riuscia-
mo ad aiutarli molto dal punto di visto energetico, di drenaggio.

Domande:
Fibromialgia? Nei Pz classificati come fibromialgici spesso trovando una CCS e trattandola si eliminano
l’80% dei sintomi..
Cute del cranio? Si possono creare delle aderenze della cute e nella fascia epicranica, ci possono essere sul
cranio dei punti dolenti per es sulle mastoidi e sui punti di emergenza delle membrane]
Mettendo semplicemente la mano sul cranio del Pz, con un po’ di esperienza, noteremo se si lascia com-
primere come un “gomitolo di cotone” e si riesce ad “entrare” oppure se abbiamo una sensazione di “pietra”,
il paragone è questo: il cranio in compressione non accetta la nostra palpazione e la nostra informazione,
respinge la nostra mano. Appoggiando per es la mano sulla sut interparietale o coronale o sulla volta sen-
tiremo una resistenza all’ingresso, quando facciamo un test palpatorio (dappertutto, per es diaframma, sui
visceri..) dobbiamo prima deprimere i tessuti ed entrare nel sistema per poi fare l’ascolto e il test di mobilità.
Il cranio in compressione non accetta il contatto.

CCS e idrocefalo? La CCS non è in relazione con l’idrocefalo ma potrebbe in presenza di idrocefalo esserci
una CCS perché il ritmo è rallentato e non c’è drenaggio]
Il liquor cefalorachidiano circola all’interno delle membrane grazie al respiro craniale (flex/est), se questo
è assente o molto limitato ci saranno delle ripercussioni sul drenaggio, accumulo di tossine intracraniche e
aumento della pressione intracranica e questo si ripercuote anche nel canale vertebrale, nei metameri, sul
sistema duramerico.
Tutto il rachide risulta compresso e l’unica cosa che il Pz può fare è schiacciarsi sulle curve, ha quest’unica
possibilità di adattamento. Sono Pz bloccati, immobili che non respirano, anche il diaframma tende a non re-
spirare. Sul sacro la mano ci dà la stessa informazione del cranio, tutto il sistema è bloccato, non parliamo di
una disfunzione della base del cranio ma di una costrizione di compressione cranio-sacrale. Anche gli strain
sono delle CCS e anche qua non abbiamo parlato di una “disfunzione” cranica e non possiamo trattare gli
strain se non rilanciamo anche il sacro. D’altronde anche le altre disfunzioni della base (F-E, torsione e LFR)
possono essere secondarie a una disfunzione di sacro che deve essere sempre controllato.
È sicuro che in presenza di una CCS sia cranio che sacro devono essere rilanciati, in questi Pz avremo subito
tale approccio. Tutte le terapie cranio-sacrali sono valide in questo tipo di Pz, noi da osteopati poi
facciamo anche dell’altro, andremo a vedere da cosa dipendono lo strain, la LFR.. mentre per una compres-
sione il trattamento è più “protocollato” in prima seduta su una CCS sicuramente rilanceremo la dura
madre, poi verrà fuori anche altro..
Dal punto di vista pratico partendo dall’osservazione del Pz, questo può essere compresso e schiacciato
sulle sue curve, soprattutto se è un anziano, ha scarsa vitalità e rallentamento di tutte le funzioni interne, è
un paziente “depresso”. Il cranio è duro e compattato, assenza nell’ascolto di ritmicità e ampiezza, la qualità
del movimento cranio-sacrale quasi non si percepisce, non c’è espansione e non c’è ritorno. Possiamo incon-
trare anche Pz più giovani con un’energia vitale importante che possono difendersi dalla compressione del
sistema duramerico non andando in compressione ma in allungamento: sono pazienti rigidi, con la colonna
dritta dritta che però non si muove e non respira. Sono Pz giovani che vanno ad autoallungarsi per non com-
primersi. Sono per es gli sportivi che sollecitano molto il corpo, simmetricamente perfetti e muscolarmente
potenti, che però non hanno un sistema cranio-sacrale perché sono rigidi e non c’è mobilità all’interno di
questo corpo, manca la circolazione fluidica. Possiamo aiutarli molto, soffrono dei sintomi più disparati.

167
TEST
Una volta fatta un’osservazione e un’anamnesi di questo tipo, mettiamo le mani: stendiamo il Pz e facciamo
la presa tramite la volta. Già così riusciremo a percepire una resistenza, non riusciremo ad entrare in sinto-
nia con ritmo e ampiezza, a deprimere il tessuto per entrare nel sistema cranio-sacrale. È come se la mano
“rimbalzasse” e il Pz non accettasse questo contatto: è questa una prima fondamentale informazione.

1. Test sulle membrane_ MTR


Possiamo andare subito a testare falce e tentorio: per la falce ci mettiamo in direzione dell’orientamento
delle sue inserzioni, con le mani perpendicolari tra loro partendo dalla sutura metopica e arrivando a inion.
Faremo un test di pressione sulla falce: accetta/non accetta? Deprimo/non deprimo? Se “accetta” sig-
nifica che spingendo le due mani l’una verso l’altra (rispettando il centro della SSB e visualizzando sempre
l’interno del cranio, stiamo andando a testare le MTR per vedere se c’è una CCS, non la periferia ma proprio
la SSB) e possiamo sentire per es che la falce è più tesa anteriormente che posteriormente.
Poi andiamo a testare il tentorio: ci posizioniamo al di sotto della squama dell’occipite, le dita in contatto
la base occipitale e il pollice lungo la mastoide, all’interno della sutura OM. Con le mani così posizionate
trasversalmente andiamo a fare un test di pressione sul tentorio: nel caso in esame, in cui non c’è una CCS,
si sente per es che comunque si lascia deprimere più da un lato.. nel caso invece di una CCS non si sente
questo ingresso e non si riesce a deprime né tentorio né la falce, oppure solo uno dei due. Questo descritto
è il test sulle membrane.

test sulle MTR

test sulla falce test sul tentorio


2. Si esegue poi il test proprio per la CCS di compressione/decompressione: possiamo eseguirlo sia
con la presa tramite la volta, andando a comprimere spingendo medialmente verso il centro del cranio (la
SSB) oppure, per essere più comodi, con la presa sfeno/fronto-occipitale per avvolgere la sfera anteriore
e posteriore e andando a dare una componente di compressione e vedere se il cranio (la SSB) l’accetta o
meno. Avviciniamo le due mani e rispettando l’asse antero-posteriore della SSB in base alla conformazione
del cranio, per es su Matteo, per rispettare l’asse, posizionare la mano più sull’arcata frontale al fine di com-
primere proprio sul centro dell’asse).

test osseo sulla SSB

168
Si può poi andare a decomprimere:
questa seconda parte del test è più dif-
ficile da eseguire, è come se si volesse
scollare a ventosa la sfera anteriore
dalla sfera posteriore, l’intenzione è
ora quella di aprire la SSB. Prima siamo
andati a comprime e a coattare, ora
sentiamo la risposta in decompres-
sione. Tutte e due le mani sono attive
nell’intenzione, naturalmente è più
semplice sentire con quella che aggan-
cia i pilastri del frontale o pterion men-
tre sull’occipite è più difficile capirlo ma
bisogna pensare di fare un movi-
mento a ventosa, è come se prendessimo le porzioni laterali dell’occipite e le portassimo verso il lettino. In
presenza di una compressione membranosa si sente che questo non è possibile.

Abbiamo due possibilità: la compressione può essere ossea o membranosa.


La compressione ossea dipende da uno o più ossa o da dei blocchi sulle suture, su dei punti articolari del
cranio. Per es un trauma recente o passato, o sul cranio o sugli ischi o sul bacino o altrove che si è ripercosso
e ha teso la dura madre creando però una compressione ossea: in questo caso al nostro test iniziale, quando
vado a fare la compressione non è possibile entrare nella struttura articolare, perché le suture sono bloc-
cate e sento con le mani che c’è una barriera, il livello di difesa è importante. In questo caso sto testando la
struttura articolare del cranio tramite le membrane ma non le membrane direttamente (“compressione”-
“vado”- “non riesco ad entrare” ergo: è una compressione ossea).
Viceversa per la compressione membranosa: se riesco ad entrare, le ossa lo permettono e le suture sono
libere ma piuttosto quando tento di allontanare gli appoggi non riesco a farlo, non posso decomprim-
ere. Significa che “entro” ma “non esco” e allora sono le MTR che essendo tese al massimo non permettono
l’allungamento perché non sono più estensibili. In questo caso la compressione è membranosa e si dovrà
poi lavorare su falce o su tentorio in base a quello che nel test visto precedentemente ho registrato come
più denso. Non è condizione essenziale che facendo i test su falce e sul tentorio risultino entrambi positivi,
si possono trovare per es al primo test l’interessamento della falce (e/o tentorio) e già so che è una compres-
sione di tipo membranoso (è comunque sempre una CCS) poi faccio il test lateralmente per compressione
e decompressione e sento se è interessato anche l’osso, possono esserci anche tutte e due le componenti
oppure no. Il test di compressione/decompressione è utile solo per capire da dove far partire il nostro trat-
tamento, perché nelle CCS possiamo fare di tutto: possiamo lavorare sulle suture, sulle singole ossa, sulle
membrane (falce o tentorio), sulla liberazione di un singolo punto (recoil), sul massiccio facciale, partendo
comunque sempre dal sacro per arrivare al cranio, per sapere cosa fare su quest’ultimo già ci andiamo a
delimitare le zone più interessate.

Riepilogo
Se il Pz è rallentato, chiedo i sintomi, anamnesi e registro le varie problematiche.
Presa tramite la volta: testiamo se il cranio è impattato, permette o non permette di entrare. Poi mi metto
comunque in ascolto e riesco a registrare ritmo, frequenza e ampiezza oppure un ritmo molto lento e amp-
iezza molto molto scarsa.. sento che il cranio ha difficoltà a partire e a darci la sua ritmicità in flex/estensione
e di espansione e ritorno. Oppure si sente un ritmo molto accelerato con una ampiezza comunque molto
ridotta, non è qualitativamente armonioso questo ritmo.
Test sulla falce
Test sul tentorio
Test di compressione e decompressione (presa trasversale)
In fasce, facendo il test del tentorio abbiamo distinto un test in accorciamento e uno in allungamento, cam-
biando i punti d’appoggio in cui siamo attivi (squama o mastoide del temporale).. ora la prof ci suggerisce in
questo caso di concentrarci piuttosto sulle inserzioni anatomiche del tentorio, di metterci in corrispondenza
delle emergenze ossee del tentorio che sono contattabili dall’esterno (asterion o mastoide per es) perché il
169
tentorio può tendersi maggiormente in un punto qualsiasi e ci può essere una zona più implicata di altre. A
seconda del Pz che abbiamo sotto le mani facciamo il nostro test: potremo non sentire nulla a livello della
squama e invece un blocco enorme sulle mastoidi per es.. essendo così variabile ci conviene metterci sui
punti sui quali sappiamo di poter contattare direttamente il tentorio dall’esterno: su asterion (che tra l’altro è
il punto di confluenza del drenaggio..) e sulla mastoide da cui spingendo lungo l’asse della rocca (alto-avan-
ti-dentro) posso sentire se i punti di inserzione su di essa sono in tensione (a dx o a sin?).. se non trovo nulla
su asterion o su mastoide? Mi metto su squama: giochiamo noi sul Pz!
Molto importante è che il test con presa trasversale di compressione/decompressione della SSB non deve
essere fatto a caso ma cercando la linea più perpendicolare possibile passante per il centro della SSB, avvici-
nando/allontanando la parte posteriore del corpo dello sfenoide dalla parte anteriore dell’apofisi basilare
dell’occipite, la CCS è questo impattamento delle due superfici articolari, rispetto all’asse A/P (che facciamo
partire dalla glabella a arrivare a inion oppure da ofrion fino a opistion o, ancora, da nasion a inion.. ). I punti
di repere sono teorici, nella pratica non è cosi preciso e va ricercato il posizionamento più confacente per
eseguire il test su quel Pz: alcuni crani ci accorgiamo che sono tutti storti (shift, strain..) e le mani non cadono
perfettamente perpendicolari tra loro, ci adattiamo alla conformazione del cranio.
Generalmente c’è concordanza tra le informazioni ottenute dai diversi test su falce, tentorio e quello di com-
pressione/decompressione della SSB. Possiamo avere una compressione membranosa associata alla com-
ponente ossea, con la pratica capiremo cosa fare, sentiremo quando è più implicata la struttura del cranio
(le suture sono impattate e non c’è mobilità articolare del cranio) o viceversa quando il cranio si lascia com-
primere ma non si lascia decoaptare è sicuro che l’osso è libero (ma sempre nei limiti del possibile perché c’è
sempre una componente di compressione ossea) e prevale la membrana (e da questa inizio nel trattamento
in questo caso). Oppure troveremo come primario “l’osso” perché c’è stato magari un trauma diretto sul
frontale e in tale caso sarà normale trovare anche l’implicazione della falce (ma è ora secondaria) con la sfera
ant bloccata: in questa eventualità inizieremo per es a liberare dall’orbita, dalla sfera ant dx, dal massiccio
facciale..

PARTE PRATICA GUIDATA


Presa tramite la volta: CCS? ingresso/non ingresso, ascolto/non ascolto, accetta/non accetta..
Test sulla falce: contatto A/P, mano sotto-occipitale al centro di inion con dito medio; mano frontale con
medio su sut metopica; visualizzare inserzioni della falce e comprimere la membrana, avvicinando le mani:
in caso di un compattamento e di un’importante tensione della falce non è possibile farlo, registreremo su
una o entrambe le mani un’evidente resistenza all’ingresso. È importante che l’intenzione sia di essere sul
sistema duramerico, all’interno della struttura “falce”.
Test sul tentorio: per valutarne la tensione. Mani a coppa sotto l’occipite, con il palmo sotto la squama e le
dita accavallate le une sulle altre, i pollici in direzione della mastoide sulla sutura OM, diamo un’induzione
verso l’interno del cranio con le eminenze tenar (su asterion), immaginando i punti di inserzione del tento-
rio: sentiremo per es una maggiore resistenza a dx o a sin o un impattamento, cioè le nostre mani non rius-
ciranno a entrare e verranno rimbalzate dal tentorio che è teso. È un semplice test di tensione in cui la prima
informazione è quella che conta, anche qui con intenzione di essere sul sistema duramerico, sulla grande
circonferenza.
Test compressione e decompressione (presa trasversale): una mano sotto-occipitale, altra mano su fron-
tale o su grandi ali sfenoide, comprimiamo in direzione centro SSB con tutte dita in appoggio, entrambi
gomiti in appoggio su lettino, polso non spezzato.. riesco entrare? Si/no; a decoaptare? Si/no; compressione
ossea o membranosa?
Sono tutti test più meccanici rispetto a quelli eseguiti per le altre disfunzioni della base, non essendo possi-
bile per definizione l’ascolto dell’IRC e quindi l’induzione..

Trattamento della CCS


Nel caso di una compressione ossea presupponiamo che ci sia stato un trauma, un’afferenza esterna
che abbia bloccato una o più suture o un’articolare di un osso (per es uno zigomo, un frontale) e andremo
a lavorare in quella sede. Nel caso ci trovassimo quindi sulla “struttura” andiamo a lavorare sulle suture
direttrici.
Nel caso di una compressione membranosa il discorso è differente: può essere dovuta a un fenomeno di
intossicazione, per es per l’utilizzo frequente di farmaci che intossicano il sistema liquorale e le membrane
170
diventano viscose e si tendono e può essere dovuto a un cattivo drenaggio. [domanda: Può essere dovuta
anche a una stenosi del canale rachideo, cervicale per es]. Con questo trattamento andremo a facilitare il
drenaggio sulle membrane, ad agire proprio sul sistema duramerico. Se è una CCS, in cui il cranio è prima-
rio in questo sistema disfunzionale, in prima seduta non vado a testare altro (per es il ginocchio) ma vado a
trattare direttamente il sistema duramerico (che coinvolge il cranio, il rachide e il sacro) per vedere poi cosa
mi da dopo il Pz, una volta rilasciata questa disfunzione primaria. È questo il caso in cui conviene partire dal
sacro, dare informazioni alla periferia per poi risalire fino al cranio.

Partiamo dal sacro: posizioniamo il bene il Pz (prono, mani sotto la fronte, rilassato, arti inferiori intrar-
uotati..) ma non andiamo a fare i test di mobilità del sacro perché esso in presenza di una CCS non ci dice
quale sia la disfunzione essendo tutto impattato. È una compressione che coinvolge il sistema duramerico
dall’occipite fino alle basi sacrali e al coccige, è tutto compromesso e bloccato, per questo il Pz si siede sulle
sue curve e non si muove, non ha possibilità di auto-allungare e se lo facciamo respirare (test sul respiro,
diaframma) vedremo che ventila poco, male e non si muove.
Dobbiamo andare a rilanciare questo asse centrale sul sistema duramerico. Per prima cosa sento che il sacro
è impattato tra le ali iliache e soprattutto su L5 (nella articolazione con la base), non riesco bene a mobiliz-
zare e se faccio un ascolto come sul cranio, non registro nessuna ritmicità e nessuna ampiezza: sulle due
mani ho la stessa sensazione di blocco, di densità e di resistenza che avverto sul cranio. Volendo rilanciare
questa mobilità perduta possiamo fare delle percussioni o delle vibrazioni sul sacro, rispettando gli assi di
mobilità. Con le eminenze delle due mani su base e AIL andiamo a comprimere rispettando l’asse trasversale
passante per S2, più volte finché registro una certa plasticità sull’osso stesso. A seconda della consistenza
maggiore avvertita sotto le mani possiamo anche spingere solo dalla base o solo dagli apici, oppure con
una componente sull’asse obliquo se registriamo una maggiore resistenza su questa direzione, su un lato o
dall’altro.

È utile rilanciare tutto perché poi vedremo che ci sono delle disfunzioni dette lesioni intraossee che spesso
ritroviamo sul sacro o sull’occipite (linee nucali) e potremo, una volta fatto il lavoro globale di rilancio, sen-
tire un punto che è fortemente bloccato, corrispondente a una lesione intraossea o a un punto di blocco,
un nodo che può dipendere da altro (per es arto inferiore) e che infine andremo a rilanciare magari con
un recoil alla fine del trattamento. Una volta rilanciato il sacro rispettandone gli assi (trasversale e obliqui)
sento che qualcosa magari succede e c’è un respiro (avverto espansione e ritorno) ma mettendo la mano
sull’occipite tuttavia avverto che nulla ancora è cambiato (ma intanto ho fatto ripartire il sistema duramerico
in basso).
Si passa allora a controllare tutto il rachide perché allo stesso modo che sul sacro, possiamo trovare dei
blocchi sulle inserzioni della dura madre nel canale midollare. Ricordiamo che si registrano delle inserzioni
su tutto il percorso del canale rachideo a livello delle emergenze dei nervi spinali, sul contorno del canale di
coniugazione. In questo caso non tratteremo le vertebre con lo strutturale ma con delle tecniche di liber-
azione delle vertebre sul duramerico che vedremo.. la tecnica di liberazione sul duramerico sull’osso sacro
è pure una tecnica di liberazione orto, andiamo a rilanciare anche il sistema ortoS che su un Pz in
compressione è rallentato.
Bypassando per ora il trattamento sul rachide arriviamo a fare il trattamento sul cranio (Pz supino). Sul
171
cranio possiamo agire in tantissimi modi: rifacciamo il test su falce e tentorio e troviamo per es che la falce
(soprattutto parte anteriore) è molto impattata rispetto al tentorio (lo è, ma molto di meno), facciamo il
test globale sulla compressione/decompressione e sentiamo che ha una compressione ossea (le mani non
riescono a entrare, riesco invece a decoaptare). Abbiamo registrato quindi una CCS di origine strutturale (os-
sea) con componente falce anteriore (+++): in questo caso, volendo fare un trattamento adeguato a questo
tipo di paziente, inizieremo dall’osso frontale, per esempio, andremo a liberare le suture della sfera anteriore,
la componente ossea ci indirizza infatti verso le suture SS e SF (tecnica a 4 tempi). Una volta liberate queste
ritesteremo: se c’è ancora qualcosa, lavoreremo per esempio sulla falce o su un singolo osso, su metopica
con i recoil, su un punto che resta.. chiediamo poi al Pz se ha avuto dei traumi, da piccolo magari, indaghia-
mo sui sintomi.. questo è un esempio su come procedere su un caso specifico.

In presenza di CCS ci sono poi delle particolari tecniche di scollamento, perché a volte non basta lavorare
sulle suture direttrici essendo molto implicate a volte anche le membrane (pur essendo la CCS essenzial-
mente di origine ossea). Sono chiamate tecniche di frontal lift, parietal lift e temporal lift, che si possono
utilizzare per drenare e per liberare.
Nel caso in esame faremo sicuramente una tecnica di Frontal
Lift (lift: ascensore, risalita). Immaginiamo il frontale impattato
sulle sue superfici con tutto quello che gli sta posteriormente
(con le grandi ali dello sfenoide, la sutura coronale..) e che non
siamo riusciti a liberarlo anche dopo aver lavorato la struttura
articolare, possiamo allora pensare di fare un lavoro di questo
tipo: con le eminenze ipotenar prendo contatto con i pilastri
esterni del frontale, aggancio le dita delle due mani tra loro e
l’intenzione è quella di scollare l’osso nella sua parte posteri-
ore (l’accollamento con la falce), portandolo in avanti e verso il
basso, scollandolo dalle grandi ali e dalla coronale. Si contatta, si
prende e meccanicamente si scolla.
Si avvicinano i punti di contatto (eminenze tra loro), si alza (verso soffitto, cioè si anteriorizza) e si porta verso
il basso (piedi del Pz). Si mantiene la tecnica per un po’ di tempo, facendo magari respirare il Pz profonda-
mente. L’intenzione anche in questo caso è molto importante: è quella di scollare l’osso dalle suture artico-
lari e liberare la falce, dando l’induzione “giusta”, ossia rispettando quello che il Pz (i tessuti) ci dice di fare. Nel
caso in esame per es si sente durante la tecnica che a dx si sta liberando e a sin no: si darà quindi una com-
ponente maggiore a sin, sempre di lift e di discesa, facendo respirare profondamente il Pz e tenendo sempre
accollate le eminenze tenar. A un certo punto rilasciamo e ripetiamo il test.
Il Temporal Lift è una tecnica di scollamento del temporale at-
traverso il tentorio, nel caso in cui sia questo ristretto e teso (piut-
tosto che la falce), con perdita di mobilità della grande circonfer-
enza, che quindi vogliamo allungare. Possiamo facilmente utilizzare
i padiglioni auricolari (classicamente si descrive la presa sui lobi, ma
siamo più incisivi sul padiglione) afferrandoli con pollice e indice e
effettuando una spinta opposta alla direzione dell’apice della rocca
petrosa (ossia in basso, dietro e fuori). Immaginiamo l’asse della
rocca e mentre diamo questa induzione di spostamento, sentiremo
su una mano piuttosto che sull’altra una maggiore o minore pos-
sibilità di scollamento (come visto per il frontal lift) e insisteremo di
conseguenza più su una parte finché cede la tensione e abbiamo la
stessa informazione su mano dx e sin. Il temporal lift va a drenare tutta la porzione di inserzione della
grande circonferenza che percorre la rocca fino al suo apice, quindi immaginiamo tutte le suture che sono
implicate: sfeno-basilare (SSB), petro-basilare, petro-giugulare, sfeno-petrosa fino alla OM e andiamo cosi
a liberare tutta la zona. Sono suture importanti per il drenaggio e anche per il passaggio di nervi: diamo
un’importante info sia neurovegetativa, sia nervosa, sia vascolare e membranosa.

172
Parietal Lift: è importante prendere la giusta posizione, con-
tattare i due parietali e scollarli dalle suture limitrofe: parieto-
squamosa, coronale, lambdoidea e aprire decisamente la su-
tura interparietale. Questa si testa e si tratta con i due pollici
incrociati, si va praticamente ad aprire tutto dalla coronale
fino a lambda, se esiste sulla sutura un punto più bloccato lo
andiamo a liberare con un recoil. Questo nel caso volessimo
liberare tutta la componente ossea in una CCS ossea, dopodi-
ché facciamo lo scollamento dei parietali, conoscendone gli
assi di mobilità e le sue possibilità plastiche, niente di più
semplice che andare verso l’alto.

Stessa cosa possiamo fare sull’occipite per aprire il foro occipitale: in una CCS (in cui la dura madre tira, il
sacro sale e l’occipite scende) immaginiamo che cosa succede a livello membranoso sul foro occipitale. I Pz
soffrono di cervicalgie, torcicollo, emicranie, difficoltà di drenaggio.. una volta fatto questo trattamento è
importante aprire il foro occipitale e decoaptare questa zona, distendere le fasce nucali posteriori (abbiamo
visto come con il prof Pecorelli). Con tali tecniche di lift andiamo ad agire direttamente o indirettamente
sulle MTR.
Un’altra possibilità di scollare la componente ossea è quella con
la presa con i pollici sulle grandi ali dello sfenoide (pterion), gli
indici in direzioni dell’apofisi mastoidea e il resto delle dita vanno
sotto l’occipite: possiamo fare in questo modo sia il test che il
trattamento. Se c’è una compressione ossea le superfici ossee
di occipite e sfenoide sono impattate (SSB): andiamo col test a
sentire se e come lo sono, portando le grandi ali in basso e avanti
(flex) e l’occipite in estensione e percepiamo se è possibile. Nel
caso non lo fosse possiamo utilizzare la stessa presa per indurre
le ossa, portare un contrasto di forze tra le due sfere, vogliamo de-
coaptare la superficie della SSB e utilizziamo per far ciò la periferia
per arrivare al centro. Portiamo la sfera ant in flessione e trascino
in estensione quella post, manteniamo per un po’ di tempo, non rispettando l’IRC ma agendo meccanica-
mente, finché sentiamo che questo conflitto di posizionamento tra le due sfere a un certo punto ci darà una
risposta, che è membranosa: un ritorno, un richiamo, vuol dire che qualcosa all’interno si è “aperto”.
Ripetiamo poi il test.
Possiamo fare qualsiasi cosa nel trattamento della CCS sul cranio, facendo bene i test ci indirizzeranno su
dove iniziare il lavoro.
Per quanto riguarda la componente membranosa, sulla falce si lavora con la stessa presa del test, si va in
aggravamento (compressione A/P) e dando questa induzione si sente sotto le mani cosa fa il cranio. È come
un elastico, qualcosa di vitale e c’è ancora movimento: anche se non lo percepiamo bene all’ascolto perché
c’è la disfunzione della base in compressione, se noi diamo un’induzione per forza dobbiamo registrare una
risposta che dovremo seguire nella direzione che indica, finché ci dà movimento (riduzione funzionale).

Stessi principi per il tentorio: presa uguale al test, si va comprimere cercando la direzione (se si deve spin-
gere più da un lato, dall’altro, contemporaneamente), aspettiamo la risposta.
Dopo questo lavoro testiamo di nuovo il cranio con la presa fronto-occipitale che possiamo anche utiliz-
zare per lavorare globalmente le membrane: si comprime fino ad arrivare al centro della SSB (direzione
parallela all’asse) e rimaniamo su tale livello. Stiamo comprimendo le membrane in massima estensione
(non riescono più ad andare in estensione ma possono solo comprimere) e sentiamo sotto le mani che suc-
cede, ancora una volta il cranio potrà darci: una torsione dx o sin, una LFR dx o sin.. giocherà sui suoi possibi-
li adattamenti periferici, è come se facessimo una pulizia a ritroso: libero le membrane, levo la compressione
e il cranio ci dirà quello che c’era prima sotto, come è arrivato alla CCS. Nell’esempio specifico ci mostra una
torsione dx: la manteniamo (sempre tenendo in compressione con le due mani) finché non cede (se non ci
dice nulla, invochiamo noi il movimento inducendo una torsione sn). Vogliamo ritornare su tutti i parametri
possibili: gli strain, le LFR.. tutte le componenti possibili, conoscendo gli assi, i parametri e i piani di adatta-
173
mento. Seguiamo fino alla fine le membrane sinché registriamo finalmente un certo ritmo e una certa amp-
iezza, non sarà un miglioramento esponenziale subito al primo trattamento ma comunque se già si riesce a
sentirlo è un ottimo risultato per una CCS. Finalmente il liquor continuerà a circolare ed è importante il fatto
che inizierà ad essere riprodotto.
Alla fine rimetteremo il Pz prono, avendo lavorato su cranio e sacro diamo una informazione ultima su questi
punti, una registrazione. Dobbiamo avere alla fine la stessa informazione sulle due mani, perché potremo
avere il sacro libero e il cranio libero ma non sincroni. Dobbiamo invece dare una informazione in più per
metterli in sincronia: significa che quando l’occipite va in flessione (o in estensione), il sacro lo segue altri-
menti il lavoro è stato inutile, si rimette il Pz in piedi e questo ricade nella sua compressione (magari non
subito). È fondamentale a fine trattamento rimettere in sincronia i sistemi, nel caso in esame per es, si sente
che il sacro si muove bene ma il cranio è ancora un po’ debole, registro e do una induzione in flessione sul
cranio (per es) e faccio seguire tale flessione sul sacro, blocco in flex il cranio e dovrebbe farlo anche il sacro:
se non sono in sincronia allora lo blocchiamo noi attivamente nella posizione di flex. Poi facciamo il con-
trario (stesso lavoro in estensione). Possiamo anche partire dal sacro e vedere se l’occipite segue, ci dicono le
mani quel’è il prioritario, non c’è una regola fissa.
Dobbiamo sentire stessa ritmicità,
stessa frequenza e lo stesso impulso
che parte e arriva nel medesimo
momento: quando le due compo-
nenti viaggiano assieme significa che
abbiamo riarmonizzato e il lavoro
è concluso (nel caso non riuscissimo
magari c’è una vertebra che blocca, un
rene, un viscere.. l’interferenza di altri
sistemi).

Molto spesso nella CCS ritroviamo il depressed sacrum oppure un sacro che è in posteriorità bilaterale ma
non perché lo sia come dinamica ma piuttosto perché è proprio risalito, trazionato dalla dura madre: ab-
biamo infatti detto che non si fanno i test iniziali di mobilità sul sacro ma cerchiamo di “sbrinare” e rifacendo
poi il test si trovano magari delle posteriorità bilaterali che sono poi indice di uno stato di depressione endo-
gena del Pz.
Non si descrivono i segni visivi nelle CCS perché non ci sono adattamenti periferici dei 4 quadranti, non
possiamo evidenziare uno stato proprio della CCS (magari abbiamo invece uno stato di LFR con una CCS).
Quello che invece vediamo (Pz in piedi) è fortemente una compressione sulle curve, il rachide è tutto com-
presso e se è vero che il sistema duramerico si difende andando in compressione (sulla SSB e sul sistema
cranio sacrale), il Pz non può far altro che sedersi sulle sue curve. Quando ascoltiamo i suoi diaframmi, questi
saranno poco mobili, ventila poco: non è che sia dispnoico ma se ci mettiamo in ascolto fasciale sul respiro
sentiremo una perdita di mobilità, manca di vitalità.
Come atteggiamento fa pensare al Pz parkinsoniano, ma tutti i Pz anziani sono così per l’aumento della vis-
cosità della dura madre e la perdita della componente acquosa (come fa tutto il connettivo che sclerotizza,
andiamo in osteoporosi, artrosi: è una degenerazione fisiologica). Tutti gli anziani sono in compressione e il
sistema posturale non glielo cambiamo ma cambia magari la dinamica, con enormi risultati funzionali, per-
ché andiamo a drenare moltissimo, rilanciando il drenaggio profondo. Per rilanciare ulteriormente il drenag-
gio possiamo associare a questo trattamento: un lavoro sul 4 ventricolo (a scopo drenante), la scapola (sec-
ondo il “protocollo” di Audouard..), lo sterno, i reni e le aponevrosi. Attiviamo tutto il sistema di drenaggio
perché le tossine che erano all’interno di questo sistema rallentato, iniziano ad uscire e tutto viene portato
verso l’esterno. Il drenaggio avviene tramite i reni tramite il trattamento delle membrane interossee su cui
si sono depositate le tossine, per questo i Pz hanno forti dolori alle estremità (male alle mani, le dita non si
piegano), dolori al gomito, spalle, ginocchia e caviglie..lavoriamo sulle ossa: libero ulna e libero perone ma
ancor prima sulle membrane interossee, sono fondamentali perché sono le serrature per aprire le porte da
cui uscirà il fiume. Il Pz inizierà a sudare, va in accelerazione (l’ortosimpatico pompa di più), con l’urina e la
funzione intestinale elimina le sue scorie. Inizierà cosi anche a diminuire la sintomatologia (dalla cervical-
gia alla sciatica, dolori diffusi, emicranie e costipazioni.. qualsiasi essa fosse). È vero che c’è un protocollo
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ma questo deve sempre rispettare il Pz che abbiamo sotto le mani: se trovo il sacro libero passerò al cranio
piuttosto, se trovo falce libera magari troverò il tentorio, oppure la struttura: quello che le mani mi dicono, il
discorso è sempre quello di testare e agire poi di conseguenza.

Non ci sono controindicazioni specifiche per il trattamento descritto, bisogna stare magari più attenti alle
persone anziane: è un trattamento potentissimo e dobbiamo dosare le informazioni che forniamo, rispettare
il paziente (magari un anziano con ipertensione..)
La CCS può instaurarsi subito in seguito a un trauma, può essere un modo con cui il corpo si difende
dalle sollecitazioni esterne senza che ci siano stati eventi acuti traumatici o di intossicazione, può essere
l’assommarsi di più tensioni membranose, di più disfunzioni della base (si produce prima uno strain e poi
entra in CCS come ultima possibilità del cranio di adattarsi). Possono esserci CCS nei neonati in seguito a
un modellaggio estremo in un parto difficile: il cranio è impattato e deforme in funzione delle sollecitazioni
avute durante l’espulsione). Sono spesso bambini rallentati, sempre malati per difese immunitarie precarie,
sempre stanchi, in casi estremi soffrono di ipostimolazione ipofisaria (nanismo) e si riesce a intervenire su
questi crani modellandoli.
Nel caso di Pz col Parkinson si ottengono con questo trattamento dei benefici e si può ripetere per miglio-
rarne la qualità della vita ma non si agisce sulla malattia in senso stretto, meglio lavorare osteopaticamente
su Pz “sani”.

5 sem Audouard

Revisione teorico –pratica cranio 1 + cranio 2


Definizione di Strain Laterale: si definisce strain laterale una serie di adattamenti posturali e/o cinetici nei
quali le due sfere si adattano su di un piano orizzontale senza invertire le loro rotazioni.
Uno strain laterale si denomina dal lato della grande ala avanti, con la riserva che l’occipite dello stesso
lato sia anch’esso avanti (es. strain laterale dx: grande ala dx e occipite dx sono entrambe avanti; quindi in
tal caso tutto l’emilato dx è anteriore, mentre l’emilato sx è posteriore).
Parliamo di AVANTI e non di rotazione esterna poiché il piano di movimento è uno solo.
Nel neonato spesso una disfunzione di questo tipo determina un cranio con forma a parallelogrammo,
con ripercussioni sulla fisiologia e sulla dinamica cranio sacrale in generale.
TEST PER UNO STRAIN LATERALE: dopo esserci messi in ascolto di ritmo e ampiezza, effettuata la presa
tramite la volta, durante un tempo di flessione (si sceglie il tempo di F poiché è in questo tempo
che la grande ala va avanti) induco con l’indice la grande ala dal lato di denominazione della disfunzione,
in avanti (dove per avanti si intende verso l’osteopata), portando con il mignolo ovviamente anche
l’occipite avanti; mentre l’emilato opposto alla denominazione della disfunzione lo porto in dietro. Faccio la
stessa cosa in un tempo successivo di flessione dal lato opposto, e poi comparo. Sento dove ho trovato la
restrizione di mobilità, e denomino la disfunzione osteopatica nel senso della maggior ampiezza.
Definizione di Strain Verticale: si definisce strain verticale una serie di adattamenti posturali e/o cinetici in
cui le due sfere si adattano su un piano parasagittale senza invertire le loro rotazioni.
Lo strain verticale si denomina a partire dall’ adattamento della parte posteriore del corpo dello sfenoide
che può essere alta o bassa a seconda che lo sfenoide sia rispettivamente in flessione o in estensione,
rispetto all’occipite. Quindi, facendo riferimento alla parte posteriore del corpo dello sfenoide, lo strain
verticale può innanzitutto essere ALTO (i 2 quadranti anteriori sono in RE, mentre i 2 quadranti posteriori
sono in RI) o BASSO (I 2 quadranti anteriori sono in RI, mentre i 2 quadranti posteriori sono in RE).
Inoltre può essere ANTERIORE o POSTERIORE a seconda che la sfera in disfunzione sia appunto la sfera
anteriore o la sfera posteriore.
TEST PER UNO STRAIN VERTICALE: dopo esserci messi in ascolto di ritmo e ampiezza con presa classica
tramite la volta, iniziamo a fare tutti i nostri tests relativi alle disfunzione della base, e arriviamo a testare
lo strain verticale. Mentalmente ci concentriamo, facciamo riferimento agli indici e testiamo dunque per
prima la sfera anteriore: testiamo cioè la sua capacità di flessione rispetto alla sua capacità di estensione.
Se abbiamo la sensazione, e quindi sentiamo che il parametro di flessione è identico alla quantità del
parametro di estensione, significa che la sfera anteriore NON è in disfunzione.
Dopodichè, sempre mantenendo questa presa tramite la volta, ci concentriamo sui mignoli per testare la
sfera posteriore e valutare la sua capacità di flessione rispetto alla sua capacità di estensione. Ora se tutti e
175
due i parametri flesso - estensione della sfera posteriore funzionano bene, significa che NON vi è uno
strain verticale.
Supponiamo adesso che volendo testare uno strain verticale nella sfera anteriore, troviamo al test una
maggiore flessione; poi ci concentriamo sui mignoli e testiamo la capacità di flessione della sfera
posteriore in confronto alla sua capacità di estensione, e troviamo qui che il parametro di flessione è
maggiore: diciamo allora che il cranio è in disfunzione di flessione (poiché abbiamo trovato che in
entrambe le sfere c’è una restrizione di mobilità in estensione e il parametro di flessione è maggiore del
parametro di estensione F>E).
Se per caso, invece, testando la sfera anteriore, trovo che la capacità di flessione è maggiore in confronto
alla capacità di estensione, mentre nella sfera posteriore la flessione è la stessa in confronto alla
estensione, diciamo che c’è una disfunzione di STRAIN VERTICALE ALTO ANTERIORE. Quindi trovato ciò,
dovremo soltanto a livello della sfera anteriore, riequilibrare tale sfera per armonizzare di nuovo sfera
anteriore con sfera posteriore.
NB. Durante il test degli strain verticali è opportuno pertanto dissociare la sfera anteriore dalla sfera
posteriore, per poter denominare poi la disfunzione; testarle quindi sempre separatamente, in un tempo
e poi nell’altro.
Nel testare uno strain verticale, la difficoltà maggiore nella presa tramite la volta, secondo Maurice,
risiede soprattutto nella capacità o meno di lavorare in modo sicuro con i mignoli; la percezione mediante i
mignoli è piuttosto complicata, mentre risulta più semplice la percezione nella sfera anteriore dove invece
ascoltiamo e induciamo con gli indici (che hanno maggiore sensibilità). Quindi, se abbiamo difficoltà nel
fare un test della sfera posteriore con i mignoli, il prof. consiglia di fare in questo modo:
1. Testiamo in modo singolare la mobilità della sfera anteriore con gli indici, mediante presa classica
tramite la volta;
2. dopodiché effettuiamo una presa a coppetta sull’occipite per testare la mobilità della sfera
posteriore.
Quindi sostanzialmente separiamo sempre le due sfere ed eseguiamo i test di queste singolarmente e con
2 prese diverse.
La denominazione anteriore o posteriore indica sempre, come già detto, la sfera responsabile della
disfunzione.
Esempio: strain verticale alto anteriore: anteriore fa riferimento alla sfera in disfunzione, che appunto in
tal caso è quella anteriore; in tale strain il parametro di F è maggiore del parametro di E (F>E). La sfera post
invece funziona bene; quindi ricapitolando, mentre la sfera ant è quella in disfunzione, la sfera post non è
disfunzionale. INFATTI: in generale, nella fisiologia cranio sacrale, le sfere invertono la loro rotazione, mentre
nello strain le 2 sfere si adattano nello stesso senso; quindi negli strain devo ricercare quale delle 2 sfere è in
disfunzione rispetto all’altra. È per questo che faccio un test singolare e testo singolarmente la capacità di F
rispetto a quella di E di una singola sfera rispetto all’altra. Dopodichè denomino chi si trova in disfunzione.
Occorre sempre integrare il cranio con il resto per poi lavorare in globalità.

Esempio di come collegare una disunzione craniale con la globalità


Esempio: strain verticale post: la sfera posteriore è responsabile della disfunzione. Quando
pensiamo alla sfera post pensiamo per prima cosa all’occipite. Mi chiedo “perché l’occipite?” A che cosa
penso? Penso a:
1. sacro: verifico il sacro mediante test di mobilità e mi pongo di nuovo la domanda perché il sacro?
Quando penso al sacro, e lo testo devo riflettere anzitutto da un punto di vista meccanico: se per caso
trovo un sacro in disfunzione al test, la prima cosa che mi viene in mente sono i mm. rotatori di anca
(2). Ci sono 2 possibilità: abbiamo mm. rotatori interni e mm. rotatori esterni di anca. Quindi o c’è una
ipertonia dei rotatori esterni o una ipertonia dei rotatori interni. Supponiamo che ci sia una ipertonia dei
mm. rotatori esterni a dx: troveremo clinicamente l’anca (3) atteggiata in RE con piede dx appunto in RE.
Questa ipertonia dei rotatori esterni di anca, farà si che da un punto di vista meccanico, la testa del femore
è più anteriore rispetto all’acetabolo >>> quest’ultima determina una tendenza dell’iliaco (4) ad andare
verso una conversione post, mentre il sacro andrà in relativa anteriorità. Nella fisiologia le forze ascendenti
e le forze discendenti si incontrano e danno una componente di chiusura sinfisaria. Quindi controllo la sin-
fisi (5). Modificando la rotazione dell’anca, questa componente di chiusura sinfisaria non c’è più, e questo
176
comporta che il sacro abbia la libertà di andare in disfunzione.
Se troviamo una ipertonia dei mm. rotatori interni?
Mi interessa vedere la rotazione degli arti inferiori (artic. sottoastragalica, fibula, tibia, rotazione del ginoc-
chio>>> catena ascendente); faccio il test e la comparazione.
Poi testo lo psoas (6); e mi chiedo perché? Penso a una catena discendente:
a) problematica meccanica, vertebrale: poiché l’inserzione dello psoas arriva sui corpi e sulle trasverse di L2-
L3-L4 (7).
b) Problematica viscerale (8):
a dx: cieco e colon ascendente, con valvola ileo-cecale
a sin: colon discendente, colon sigmoideo, mesosigma, rene.
Piriforme + otturatore: pensiamo allora a tutti gli organi del piccolo bacino (9).

Piccolo bacino
Maurice fa un esercizio teorico-pratico, facendoci mettere
le mani come a formare un cerchio un contenitore, con i
gomiti appoggiati sul lettino, per rappresentare il piccolo
bacino e fa riflettere sulla organizzazione anatomica delle
strutture contenute in quest’ultimo:
pensiamo a 11-11,5 cm nel senso antero-posteriore, a 11,5-
12 cm in senso trasversale, a 11-12 cm in senso verticale.
Queste sono le dimensioni reali del piccolo bacino. A queste
dimensioni, nel senso ant-post, dobbiamo togliere 1 cm
soprattutto nella parte post, poiché c’è il piriforme che di-
minuisce appunto il diametro post di circa 1 cm.
Nella parte laterale dobbiamo togliere 1 cm a dx e 1 cm a sin, poiché ci sono i 2 mm. otturatori int. Al di
sopra immaginate la cavità peritoneale che appoggia, in particolarie il tenue, che con la sua matassa è molto
pesante; il tenue si invagina e di conseguenza tutte le anse intestinali entrano nel piccolo bacino, con la
particolarità che nella donna finisce nel cavo del Douglas. Davanti al sacro c’è il retto (10). Dietro la sinfisi
pubica c’è la vescica (11). Al di sopra della vescica, nella donna c’è l’utero (12) che occupa 6-7 cm in senso
ant-post e 2 cm in senso verticale di spessore. Lateralmente all’utero immaginate 2 tubi che partono lateral-
mente e nella parete posteriore finiscono con le 2 ovaie (13).
Ogni ovaio a dx e a sin fa 4 cm di altezza (nell’uomo sotto la vescica c’ è la prostata).
Immaginiamo tutto il plesso lombare (14), la biforcazione dell’a. iliaca (15) e tutti i tronchi venosi e
arteriosi che arrivano negli arti inferiori per poi risalire; mettiamo tutta la via linfatica (16) con i numerosi
linfonodi e una ipertonia dei mm. rotatori esterni. A partire dunque dagli organi del piccolo bacino, ci può
essere un interessamento del piriforme e dell’otturatore interno che causano una rotazione di anca, e a
seguire una disfunzione sacrale.
Poi penso al diaframma toraco-addominale (17) (per l’asse aponeurotico centrale che arriva
all’apofisi basilare dell’occipite). Perché il diaframma? Penso a:
pilastri (18)
coste (19)
fegato (organo molto pesante) (20)
stomaco (21)
mediastino (organi sovra diaframmatici) (22)
stretto toracico superiore (perché? Per i muscoli trapezio e SCOM) (23)
clavicola e K1-K2-K3-C7-D1 (24)
C3-C2-C1-C0 >>> DURA MADRE e SACRO (di nuovo Occipite) (25)
La finalità è quella di correggere il singolo occipite, dopodiché si può riarmonizzare la sfera ant e la sfera
post.
Il cranio è un’entità; l’osteopatia deve pertanto ricercare la causa disfunzionale che impedisce a questa entità
di lavorare bene. È la ricerca della causa, dell’elemento particolare, per ritrovare il globale.
177
REVISIONE argomenti di cranio 1
Di ogni singolo osso è necessario sapere: asse di mobilità; suture principali e dinamica; ma soprattutto gli
interessi che tale osso ha con il resto del cranio e fuori dal cranio, utile per i collegamenti logici. Vi riporto qui
di seguito tutto quello che ha detto il prof. a lezione, più assi di mobilità, meccanica e tutti gli interessi per
ciascun osso.

OCCIPITE: comanda la sfera posteriore, nel senso che è l’osso principale di tale sfera.
1 sutura direttrice: occipito-mastoidea; la fisiologia dell’occipite è in relazione con quella del sacro (meccan-
ismo cranio-sacrale: occipite in F, anche sacro in F (le emibasi vanno alto/dietro; gli apici vanno alto/avanti).
Asse di mobilità: asse trasversale-orizzontale che va da CSM dx a CSM sin. Questo asse è giustificato dal
movimento della SSB che avviene su un piano sagittale e che, nel tempo di flessione del cranio, aumenta la
sua convessità verso l’alto e un po’ verso l’avanti L’asse di movimento deve quindi essere perpendicolare a
questo piano di mobilità.
Fattori di mobilità: tutte le membrane (falce del cervello, falce del cervelletto e tentorio).
Fattori di restrizione di mobilità (locali): temporale, mandibola e tutte le problematiche occlusali riguardanti
l’ATM; parietale; sfenoide.
Fattori di restrizione (in periferia, a distanza): Sacro, C3-C2-C1(dura madre), asse aponeurotico centrale (col-
lega il tubercolo faringeo, presente nell’apofisi basilare dell’occipite, al centro frenico del diaframma, pericar-
dio), stretto toracico superiore, massiccio scapolare (SCOM, trapezio); muscoli sottoccipitali che collegano
occipite a C1 e C2.

Fisiologia dell’occipite
Nel tempo di Flessione del cranio globalmente l’occipite inverte la sua rotazione e da dietro, avanza ante-
riormente.
squama: indietreggia e si apre trasversalmente (aumento del diametro trasversale)
apofisi basilare: si adatta avanti-alto
lambda: si adatta basso-dietro
inion: si adatta basso-dietro
asterion: in teoria va basso-dietro; in pratica si espande trasversalmente a causa della inserzione a questo
livello della falce e del tentorio che riducono il diametro verticale e anteroposteriore, ma aumentano quello
trasversale)
apofisi giugulari: hanno una direzione obliqua e sono davanti all’asse; si adattano in alto-avanti-fuori; esse
entrano in contatto con la faccia inferiore della rocca petrosa del temporale (sutura occipito-mastoidea).
Esse arrivano alla metà della lunghezza della rocca petrosa: quando l’occipite fa la flessione, le apofisi giugu-
lari si adattano in alto/avanti/fuori, spingono da sotto la rocca petrosa e ne determinano l’adattamento in RE
(l’occipite imprime la sua forza arrivando al centro della rocca petrosa, e ciò giustifica la rotazione esterna del
temporale).
Nel tempo di Estensione avviene l’esatto contrario.
Interessi dell’occipite:
Membranoso: membrane (dura madre; falce del cervello e del cervelletto; tentorio)
Venoso: poiché le membrane si inseriscono nelle ossa craniche e si dividono formando i seni venosi (il 90%
del sangue del cranio è drenato dal foro giugulare)
Di tipo nervoso: per i nervi IX- X- XI (che escono dal foro giugulare: il IX dalla porzione anteriore;
mentre il X e l’XI dalla porzione intermedia).
Di tipo muscolare sul cingolo scapolare, vertebre cervicali e dorsali tramite il trapezio e lo SCOM.
Tramite i muscoli sub occipitali >>> importanti sono i rapporti con l’occhio.
NB. Tutti i fori del cranio hanno una dinamica di apertura maggiore nel tempo di flessione e una dinamica di
apertura minore nel tempo di estensione, tranne il foro giugulare che ha una dinamica di apertura maggiore
nel tempo di estensione, a causa della direzione del drenaggio del cranio che è ant-post.
Foro giugulare: è diviso in 3 porzioni dal leg Petro-Giugulare, legamento costituito da 2
fasci: porzione anteriore > IX paio di nn.cranici e seno petroso inferiore; porzione intermedia > X-
XI e arteria meningea posteriore; porzione inferiore > seno sigmoideo e vena giugulare interna.

178
Foro giugulare porzione anteriore > IX paio di nn.cranici e seno petroso inf
porzione intermedia > X-XI e arteria meningea post
porzione inferiore > seno sigmoideo e vena giugulare interna.
PARIETALE: osso della sfera post
Asse di mobilità: asse ant-post che va da Stephànion (avanti_punto perno sulla sutura coronale) al punto
perno del cambio di smusso della sutura lambdoidea o parieto-occipitale (dietro). La presenza di questo
asse è giustificata dalla falce.
Il parietale aiuta la RE dei 2 temporali; inoltre essendo un osso in relazione sia con la sfera anteriore che con
la sfera posteriore, può essere all’origine del mantenimento di una disfunzione della base a livello della SSB;
stesso dicasi per le 3 suture direttrici e per lo zigomo tramite la sutura temporo-zigomatica; ma anche la
sutura coronale e la sutura sfeno-parietale.

cause del mantenimento di una disfunzione della base a livello della SSB
parietale
sutura sfeno-parietale
sutura coronale
zigomatico (per la sutura temporo-zigomatica)
le 3 suture direttrici
Fattori di mobilità: falce del cervello; parietale controlaterale
Fattori di restrizione di mobilità: frontale, occipite, temporale, mandibola, parietale controlaterale.
FISIOLOGIA del parietale
Nel tempo di Flessione globalmente i parietali indietreggiano e si abbassano
Sutura Interparietale o intersagittale: si abbassa, poiché la falce la tira verso il basso, diminuendo il diametro
verticale;
angolo antero-inferiore: è in relazione con la porzione superiore della grande ala dello sfenoide e si adatta in
basso-avanti-fuori (la sutura sfeno–parietale è obliqua quindi 3 direzioni).
Bordo inferiore del parietale: si articola con la squama del temporale: si adatta in basso-fuori.
Angolo post-inf: si articola con la porzione mastoidea del temporale: basso-avanti-fuori.
Nella fase di RE il parietale aiuta la RE del temporale
Nel tempo di E avviene l’esatto contrario.
Interessi del parietale
È un osso di protezione, ma è poco adattabile soprattutto dopo fratture;
Membranoso: falce del cervello
Venoso: seno longitudinale sup
Venoso specifico: seno laterale, presente a livello di Asterion, va dall’angolo post-inf del parietale alla squa-
ma dell’occipite, dove nella faccia endocranica c’è la confluenza dei seni (in basso). A livello di Asterion si
inserisce il tentorio che, appunto dalla squama dell’occipite, poi prosegue portandosi al bordo superiore
della rocca petrosa.
Crescita ant-post del cranio (tramite sutura coronale e lambdatica); crescita trasversale del cranio (tramite
sutura interparietale).
Muscolare: c’è un collegamento tra aponeurosi del muscolo temporale e la mandibola. Infatti il m. tempo-
rale collega il parietale fino alla mandibola. Lo spasmo di quest’ultimo può creare una disfunzione di RI del
parietale, in quanto l’angolo antero-inferiore del parietale non va in basso-avanti-fuori come dovrebbe, ma
presenta restrizione in questa direzione, adattandosi invece in alto-dietro-dentro.

TEMPORALE: sfera posteriore del cranio


La fisiologia del temporale è in relazione con quella dell’iliaco (meccanismo cranio-sacrale): nel
tempo di F, l’iliaco ruota all’esterno (basso-avanti-fuori) e il temporale va in RE.
2 suture direttrici: sutura occipito-mastoidea e sutura sfeno-squamosa.
Asse di mobilità: 2 assi di mobilità
1. asse antero-posteriore che va da CSM dietro ad SS davanti: attorno ad esso tutte le parti dell’osso
sovrastanti l’asse nel tempo di flessione si adattano in fuori (si allontanano), mentre tutte le parti che sono
179
sotto l’asse si adattano in dentro (si avvicinano);
2. asse obliquo che va dall’incisura parietale (obliquo in alto- avanti – dentro, la direzione è la stessa
della rocca petrosa) al leg di Gruber o leg Petro-Sfenoidale localizzato all’apice della rocca petrosa. A
partire dal legamento di Gruber il movimento è
sopra l’asse > avanti-fuori
sotto tale asse > dietro-dentro.
Il movimento che il temporale compie attorno a questi 2 assi è di tipo elicoidale. Questi 2 assi si incontrano a
livello dei canali semicircolari e dell’acquedotto vestibolare; il punto di proiezione dei 2 assi risulterà così una
zona dove la mobilità è piuttosto ridotta, è un punto statico rispetto agli altri; per preservare le funzioni tale
zona deve essere statica e protetta.
Fattori di mobilità: Tentorio; Occipite (apofisi giugulari); Parietali (angoli postero-inferiori).
Fattori di restrizione: Occipite; Parietali; Sfenoide; Mandibola e ATM.
Secondo il prof. Maurice l’osso temporale è l’osso principale del cranio, e sempre il temporale può essere
considerato il trouble maker per le altre ossa del cranio per i seguenti motivi:
1. dal punto di vista meccanico ha 2 suture direttrici, quindi esso condiziona l’adattamento delle membrane
sia sul piano sagittale che sul piano frontale;
2. presenza di 6 nervi cranici (V-VII-VIII-IX-X-XI)
3. presenza nella rocca petrosa degli organi dell’udito, la coclea e dell’equilibrio (canali semicircolari);
4. partecipa alla costituzione dell’ ATM;
5. collega la sfera anteriore alla sfera posteriore tramite l’apofisi zigomatica in rapporto con lo zigomo.

FISIOLOGIA del temporale


Nel tempo di F globalmente il temporale avanza, spinto dalle apofisi giugulari.
Apofisi giugulari dell’occipite: alto-avanti-fuori e spingono in RE la rocca petrosa
Squama: avanti, soprattutto in fuori poiché aiutata dal bordo inferiore del parietale, e in alto poiché aiutata e
spinta dalle apofisi giugulari dell’occipite.
Apofisi zigomatica: basso-avanti-fuori
Bordo superiore della rocca petrosa: alto-avanti-fuori; questo giustifica l’espansione trasversale del tentorio
e la diminuzione della falce su un piano verticale.
Apofisi Mastoidea e stiloidea: sotto l’asse AP alto-dietro-dentro
Porzione mastoidea (soprattutto il bordo superiore): basso-avanti-fuori, influenzata dall’angolo post-inf del
parietale e dalle apofisi giugulari.
Nel tempo di E avviene l’esatto contrario.
Interessi del temporale
Meccanico: 2 suture direttrici + iliaco
a) Sutura occipito-mastoidea (OM): piano parasagittale
b) Sutura sfeno-squamosa (SS): piano parafrontale
Sensoriale: all’interno della rocca petrosa alloggiano gli organi dell’udito(coclea) e dell’equilibrio (vestibolo)
Condiziona ma soprattutto è condizionato dalla mandibola >>> ruolo importante nella funzione masticato-
ria e nell’ATM. (sut. temporo-zigomatica; massetere; m. digastrico)
Membranoso: inserzione del tentorio sul bordo sup della rocca petrosa, formando il seno petroso sup;
Nervoso (6 nn. cranici): X - IX - XI -VII - VIII - V che è in relazione con il Ganglio di Gasser; nn.vidiani
Vascolare venoso: seno petroso superiore (sul bordo superiore della rocca petrosa) e inferiore (sopra la su-
tura petro-basilare); seno sigmoideo a livello della porzione mastoidea
Vascolare arterioso: a. carotide interna, che proviene dal basso, sale portandosi all’interno del cranio e ar-
riva nella rocca petrosa formando, una volta giunta all’apice della rocca dove c’è lo iatus facciale, un gomito
a 90° e dando come ramo terminale l’ arteria oftalmica che passa all’interno del foro ottico ai lati del dorso
della sella turcica.
Muscolare: stiloiodeo, scom, temporale, massetere; omoioidei; fasci superiori del trapezio
Clavicola: rot. ant di clavicola >>RI di temporale
Rot post di clavicola >> RE di temporale

RI di temporale >> rot ANT di clavicola


RE di temporale >> rot POST di clavicola

180
} SCOM_inserz sulla mastoide che in RI va basso-avanti-fuori
in RE va alto-dietro-dentro
Ricordare:
parte ant dell’encefalo >> vascolarizzata dal sistema carotideo interno (arteria carotide int > a. oftalmica)
parte post dell’encefalo>>vascolarizzata dal sistema delle arterie vertebrali (a.vertebrale>>a. uditiva interna)

SFENOIDE: osso che comanda la sfera ant


2 suture direttrici: sutura SS (sfeno-squamosa_piano parafrontale) e sutura SF (sfeno-frontale_piano
paraorizzontale).
Asse di mobilità: trasversale-orizzontale va da SS dx a SS sin. Questo asse è parallelo all’asse della sfera post.
Infatti, solo l’adattamento su 2 assi trasversali-orizzontali può permettere alle 2 sfere di invertire la loro
rotazione, con la risultante che la SSB vede la sua convessità aumentare verso l’alto o diminuire rispettiva-
mente nei tempi di flessione ed estensione del cranio.
Fattori di mobilità: occipite, parietale (angolo antero-inferiore), temporale, frontale, etmoide, zigomo (sutura
sfeno-zigomatica ad incastro), lamina verticale palatino, vomere.
Fattori di restrizione di mobilità: occipite, parietale, temporale, frontale (incisura etmoidale del frontale),
mascellare (a partire dal vomere il mascellare può essere un freno diretto alla flessione dello sfenoide); non
tanto invece zigomo e lamina verticale del palatino che subiscono più che altro l’influenza dello sfenoide,
più che limitarla.
MECCANICA dello sfenoide
Nel tempo di Flessione lo sfenoide inverte anch’esso la sua rotazione.
Grandi ali dello sfenoide: si adattano in basso-avanti-fuori poiché sono oblique; inoltre vanno in fuori poiché
spinte dall’angolo antero-inferiore del parietale che ne costituisce un fattore di mobilità assieme alla obliq-
uità della grande ala
piccole ali sfenoide: vanno in basso-avanti-fuori (poiché sono oblique e siamo sopra l’asse);
parte ant del corpo dello sfenoide: si adatta in basso-avanti;
apofisi pterigoidee: alto-dietro-fuori, poiché sono sotto l’asse e sono oblique
parte post del corpo dello sfenoide: si adatta in alto e forse anche un pò in avanti (esso è in relazione con
l’apofisi basilare dell’occipite che dunque si adatterà al contrario e forma la SSB che aumenta, in tale tempo,
la sua convessità verso l’alto-avanti).
Fondo della sella turcica: sale un pò in alto e schiaccia l’ipofisi (va anche leggermente in avanti).
Faccia inferiore del corpo dello sfenoide: globalmente scende e si adatta quindi in basso, poiché siamo sotto
l’asse.
Nel tempo di E avviene l’esatto contrario.
Interessi dello sfenoide
Meccanico: lo sfenoide è l’osso principale della sfera anteriore; sono presenti 2 suture direttrici, la Sfeno-
squamosa e la sfeno-frontale.
Membranoso: piccola e grande circonferenza del tentorio si inseriscono sui processi clinoidei ant e post;
tenda dell’ipofisi e seno cavernoso.
Endocrino: sul fondo della sella turcica alloggia l’ipofisi (importante per il metabolismo)
Oculare: tramite la faccia anteriore della grande e piccola ala, mediante la presenza del tendine di Zinn dove
si inseriscono tutti i muscoli estrinseci dell’occhio ad eccezione del m. obliquo inf.
Nervoso: III - IV - VI - V1 nn. cranici
Fori di impianto grande ala con passaggi vasculo- nervosi
Entra nella costituzione delle fosse nasali: nel corpo troviamo scavato il seno sfenoidale tra sfenoide ed
etmoide, rivestito da mucosa; ingranaggio con l’ etmoide tramite l’apertura trasversale della incisura etmoi-
dale del frontale.
Componente del seno cavernoso nelle pareti laterali del corpo, per il drenaggio venoso dell’occhio.
Interesse a livello della bocca fossa pterigo-palatina, attraverso l’adattamento dei processi pterigoidei, che
condizionano una gran parte del palato osseo.
Ricorda: grazie ai fori di impianto delle radici delle grandi ali c’è una possibilità di adattamento maggiore e
di grande plasticità dell’osso; la plasticità e l’adattabilità è una caratteristica delle ossa della sfera ant.
FRONTALE: osso della sfera anteriore
Asse di mobilità: asse obliquo orientato basso-avanti-dentro che va da Stephanion (punto perno dove c’è
il cambio di smusso e punto d’asse anche per il parietale) sulla sutura coronale fino al punto perno dove
c’è il cambio di smusso sul bordo post della sutura sfeno-orbitaria (tra le piccole ali e il frontale). Essendo
181
considerato un osso pari (si parla di emifrontali), 2 sono gli assi, uno sin e uno dx.
Fattori di mobilità: essenzialmente la falce; porzione superiore delle grandi ali dello sfenoide (il frontale è
appoggiato sul bordo superiore delle piccole ali)
Fattori di restrizione di mobilità: falce, sfenoide, parietale, zigomo, mascellare, incisura etmoidale del frontale
(meccanismo ad ingranaggio).
Durante un tempo di flessione:
- il bordo orbitario del frontale indietreggia e le piccole ali dello sfenoide avanzano; risultante: apertura
trasversale della incisura etmoidale del frontale soprattutto nella parte post; di conseguenza c’è un abbassa-
mento dei 2/3 post dell’etmoide (bascula dei 2/3 post);
- la falce diminuisce il diametro ant-post; essa infatti si inserisce sulla crista galli dell’etmoide e sulla parte
mediale del frontale; tirando sulla crista galli, la parte post dell’etmoide si abbassa.

FISIOLOGIA del frontale


Nel tempo di F del cranio globalmente il frontale si abbassa e indietreggia, poiché tirata dalla falce.
Consideriamo il frontale come un osso pari (2 emifrontali), poiché nella parte mediana si inserisce la falce del
cervello (la plasticità ossea dipende dall’azione delle membrane, e ciò giustifica anatomicamente la presen-
za della sutura metopica.
Glabella: alto-dietro (spinta dalla falce >>riduzione del diametro antero-posteriore del cranio)
Bregma: si adatta basso-dietro per la riduzione del diametro verticale
Pilastro orbitale esterno: si adatta in basso-avanti-fuori fisiologicamente; mentre nel test solo in basso-avanti
poiché con la presa non possiamo indurre il parametro “fuori”.
Bordo orbitario: indietreggia, poiché glabella, tirata dalla falce, indietreggia ed entra in relazione con il
bordo anteriore delle piccole ali che avanzano (c’è un aggancio meccanico tra il bordo anteriore e le piccole
ali che si traduce nell’aumento >> componente trasversale della incisura etmoidale del frontale >> bascula
in basso della parte post del corpo dell’ etmoide).
Crista Galli: tirata alto/dietro dalla falce; la falce diminuisce il suo diametro verticale
Nel tempo di Eavviene l’esatto contrario.
Interessi del frontale
Presenta 1 sutura direttrice: sutura SF (sfeno-frontale_piano paraorizzontale)
Membranoso: la falce del cervello costituisce il principale fattore di mobilità, ma anche il principale fattore di
restrizione dell’osso.
Vascolare-venoso: c’è il seno longitudinale sup
Tutto il massiccio facciale si trova incastrato a paracadute sotto l’osso frontale, che quindi ne condiziona e ne
restringe in parte la mobilità.
Sutura Coronale: condiziona la crescita ant-post del cranio; la forma della sutura coronale può essere
l’espressione a livello della volta del cranio di una disfunzione della base del cranio o comunque di un suo
adattamento molto difficile. Toccando infatti la sutura coronale si può capire l’adattamento della base e di
conseguenza della sfera anteriore e della sfera posteriore.
Partecipa alla costituzione dell’Orbita (soffitto dell’orbita). Contiene, infatti, sul bordo esterno la ghiandola
lacrimale; e sul pilastro orbitale interno c’è la puleggia di riflessione del m. grande obliquo >> strabismo
convergente unilaterale nei bambini che nascono con un cranio stretto dove il pilastro interno è più
anteriore e la puleggia di riflessione è più tesa.
Etmoide: tramite sempre l’incisura etmoidale del frontale, la quale condiziona per gran parte la fisiologia
dell’etmoide stesso.
Branca Ascendente del mascellare, che si articola con il pilastro orbitale interno del frontale, formando una
sutura ad incastro (sutura fronto-mascellare).
Zigomo: interesse per quanto riguarda l’ anatomia dell’ orbita (ghiandola lacrimale e muscoli retti e obliqui).
A livello naso-frontale sono presenti i seni mascellari, che se sono infiammati possono dare la sinusite con
conseguente atrofia della mucosa: i seni mascellari si sviluppano a partire dai 3,5-4 anni, quindi le
lastre si fanno da questa età in poi, non prima.
Lobi frontali: sono responsabili del carattere, della coscienza, del potere decisionale, della associazione
delle varie situazioni. Alcune persone che hanno subito traumi a livello del frontale possono aver perso la
capacità del potere decisionale.

182
ZIGOMO: osso della sfera anteriore e del massiccio facciale
Asse di mobilità: asse piuttosto teorico poiché non ci sono becchi di flauto e cambi di smusso, obliquo su di
un piano orizzontale diretto in avanti-dentro; va dalla sutura temporo-zigomatica al punto di incastro e av-
vitamento con la piramide del mascellare.
Fattori di mobilità: 1. apofisi zigomatica del temporale (dove l’apofisi zigomatica del temporale poggia
sullo zigomo, anche se c’è un tavolato non costante perché sottoposto alle forze dei muscoli masticatori); 2.
bordo anteriore della grande ala dello sfenoide; 3. pilastro orbitale esterno del frontale (sutura fronto-zigo-
matica, dove lo zigomo che ha un tavolato interno ricopre il frontale, ecco spiegato perché il pilastro è uno
dei fattori di mobilità).
In seguito all’azione di questi 3 fattori di mobilità, lo zigomo è avvitato sulla piramide del mascellare.
Fattori di restrizione di mobilità: temporale, frontale, sfenoide, mascellare, mandibola.

FISIOLOGIA dello zigomo


Nel tempo di Flessione del cranio:
la porzione orbitaria dello zigomo si adatta in basso-avanti-fuori, per azione del pilastro orbitale esterno del
frontale e per azione del bordo anteriore della grande ala dello sfenoide: questo giustifica l’ aumento del
diametro obliquo dell’orbita appunto nel tempo di F (mentre la diminuzione del diametro ant-post avviene
per l’avanzamento della grande ala, la diminuzione vert avviene perché il pilastro si adatta in basso-avanti).
il rilievo dello zigomo si adatta in alto-dietro-dentro poiché sta sotto l’asse. Tutte le porzioni anatomiche
situate sotto l’asse di mobilità si adattano in alto-dietro-dentro secondo la fisiologia cranio-sacrale.
Interessi dello zigomo
Osso che collega, facendo da ponte, la sfera ant alla sfera post, ed è dunque in grado di mantenere le disfun-
zioni della volta e del massiccio facciale a livello della base cranica.

cause del mantenimento di una disfunzione della base a livello della SSB
parietale
sutura sfeno-parietale
sutura coronale
zigomatico (per la sutura temporo-zigomatica)
le 3 suture direttrici

Osso impattato a paracadute sotto il frontale che lo comanda tramite la sutura fronto-mascellare che è ad
incastro; molto spesso sottoposto a traumi e contusioni, esso è quindi un osso di protezione ed il rischio è
che sia impattato sulla piramide del mascellare.
Orbita (importanza sulle funzioni oculari per l’inserzione di numerosi gruppi muscolari soprattutto
per il tendine riflesso del m. retto esterno e m. piccolo obliquo e per la ghiandola lacrimale che viene striz-
zata a mo’ di spugna e il suo contenuto ha una funzione lubrificatrice).
Mascellare: lo zigomo si avvita sulla piramide del mascellare, con ripercussioni sul seno mascellare in ap-
ertura o chiusura del suo orifizio (fondamentale per il passaggio di aria, quindi umidificazione e trofismo).
Il mascellare è un importante fattore di restrizione di mobilità e un osso che condiziona molto la fisiologia
dello zigomo. Lo zigomo al contrario costituisce un fattore di mobilità enorme per il mascellare, il principale.
Essendo avvitato in RE sulla piramide del mascellare, lo zigomo interviene sulla fisiologia in apertura del
seno mascellare (importante ciò per la funzione di areazione).

MASCELLARE: osso della sfera ant e del massiccio facciale


Asse di mobilità: è obliquo e va dalla branca ascendente del mascellare, diretto in basso-avanti-fuori per
finire a livello della bozza canina presente in basso.
3 sono i fattori di mobilità: zigomo (principale fattore di mobilità del mascellare); frontale e vomere.
Fattori di restrizione di mobilità: frontale, zigomo e mascellare controlaterale.

FISIOLOGIA del mascellare


Nel tempo di Flessione del cranio:
branca ascendente (incastrata con il frontale tramite la sutura fronto-mascellare), segue l’indietreggiamento
183
della glabella ed essendo abbastanza sagittale si frontalizza un po’ per effetto della RE dello zigomo
sutura interna-mascellare tra gli incisivi di dx e di sin: indietreggia
tuberosità posteriore del mascellare si adatta in basso (per l’abbassamento del vomere)-dietro-fuori sempre
per la RE dello zigomo.
Sutura intermascellare si abbassa, sempre per azione del corpo dello sfenoide e del vomere (impronta del
vomere sulla sutura intermascellare), i quali durante un tempo di F scendono.
Faccia orbitaria si adatta in avanti-fuori, il che condiziona in gran parte la fisiologia delle masse laterali
dell’etmoide (cranio in RI soprattutto anteriormente e massiccio facciale stretto è tipico dei bimbi sempre
raffreddati e con problematiche ORL).
Interessi del mascellare
E’ un osso impattato a paracadute sotto il frontale (esso dunque condiziona con la sua fisiologia il meccan-
ismo ad ingranaggio tra frontale ed etmoide);
Rapporti con l’etmoide, perché? Nel tempo di RE del mascellare la faccia orbitaria del mascellare va in avanti-
fuori: ciò autorizza l’espansione trasversale delle masse laterali dell’etmoide che quindi si allargano.
Fossa pterigo-palatina: alla cui costituzione prende parte mediante la tuberosità posteriore del mascellare
(importanza da un punto di vista meccanico)
Seni Mascellari chiuso in parte dal lacrimale, dall’etmoide e dalla lamina verticale del palatino.
Masticazione: denti; la porzione alveolare fa da supporto a tutti i denti.
Nello spessore della faccia orbitaria (pavimento dell’orbita), passa la doccia per il n. mascellare V2 che fuo-
riesce a livello del foro infraorbitario, provvedendo alla sensibilità del naso, della guancia, e della regione
sotto orbitaria.
Nel bambino è presente la sutura premascellare che autorizza la crescita ant-post dell’osso: es. bambino
che si succhia il pollice tirando il mascellare verso l’avanti.
Sutura intermascellare partecipa alla crescita trasversale del massiccio facciale; può inoltre essere un freno
alla flessione dello sfenoide tramite il vomere: a partire dal vomere il mascellare può divenire un freno
diretto alla F dello sfenoide.

VOMERE: Osso della sfera ant


È un osso a forma di aratro che subisce più di quanto possa influire su qualche altro.
Il vomere assieme con la lamina verticale del palatino partecipa alla costituzione anatomica del setto nasale;
ciò è importante per il meccanismo di apertura e chiusura della fossa nasale.
Esso subisce fenomeni di costrizione da parte del mascellare, nei confronti del corpo dello sfenoide. Esso si
abbassa nel tempo di F più posteriormente che anteriormente.
Elementi nervosi a livello del vomere: n. naso-palatino (ramo terminale del n. palatino maggiore), che passa
nel foro omonimo ai lati dell’arcata palatina anteriormente.

PALATINO: Osso della sfera anteriore del cranio


Asse di mobilità: lamina verticale del palatino
È un osso ammortizzatore, al fine di non trasmettere direttamente l’adattamento delle forze di costrizione
masticatoria verso lo sfenoide. Come tutti gli ammortizzatori deve assorbire la compressione, ma allo stesso
tempo è in grado di restituirla; da qui l’interesse nel liberare questo osso.
Fattori di mobilità diretta del palatino: sfenoide (faccia inferiore del corpo); estremità sup della lamina verti-
cale del palatino, con apofisi sfenoidale verso il corpo dell’etmoide; vomere.
In fisiologia nel tempo di F del cranio, il palatino si abbassa globalmente (per effetto del vomere+sfenoide),
va basso-dietro-fuori, poiché in F le pterigoidi vanno alto-dietro-fuori, e la tuberosità del mascellare si adatta
in basso-dietro-fuori.
Fattori di restrizione: tuberosità post del mascellare; sfenoide; vomere.
FISIOLOGIA del palatino
Nel tempo di Flessione del cranio:
il palatino si abbassa globalmente (per effetto dello sfenoide + vomere)
lamina verticale si adatta in basso-avanti-fuori: infatti in F le pterigoidi vanno in alto-dietro-fuori; mentre la
tuberosità posteriore del mascellare si adatta in basso-dietro-fuori
- la fisiologia della lamina verticale del palatino in rotazione esterna serve ad aprire maggiormente
l’orifizio del seno mascellare (come già detto importante nel processo di ventilazione delle fosse nasali).
184
Interessi del palatino
Fossa pterigomascellare da un punto di vista meccanico: la sua lamina verticale subisce l’adattamento della
tuberosità post del mascellare, delle apofisi pterigoidee, e del corpo dello sfenoide.
Seno mascellare: secondo la fisiologia, la lamina verticale del palatino in RE serve ad aprire maggiormente
l’orifizio del seno mascellare, per la sua componente dietro-fuori;
mentre nel tempo di RI chiude per buona parte tale orifizio >> questo ha un importante significato per le
fosse nasali e per la ventilazione.

Dell’osso ETMOIDE abbiamo già parlato, parlando dello sfenoide, frontale e mascellare; questo è
un osso importante da un punto di vista meccanico.
In fisiologia nel tempo di F, la parte anteriore del corpo dell’etmoide sale (tirato dalla inserzione della falce
sulla crista galli), mentre la parte posteriore (i 2/3 posteriori del corpo) scende spinto dallo sfenoide (bas-
cula); in questo modo avviene la controrotazione di etmoide su sfenoide (che a sua volta esegue anche una
controrotazione rispetto all’occipite)> meccanismo di bascula.

ESEMPI PRATICI CLINICI


1. Voglio trattare una patologia delle fosse nasali: cosa faccio?
- Innanzitutto posso liberare l’osso etmoide (2): prima di liberare tale osso però, devo valutare l’osso che
comanda la sfera ant cioè lo sfenoide (1). Sappiamo infatti che da un punto di vista meccanico c’è un in-
granaggio tra faccia ant del corpo dello sfenoide e parte post del corpo dell’etmoide. Questo sistema ad in-
granaggio è permesso dalla falce del cervello; devo quindi verificare sempre la falce del cervello e dunque
devo valutare le membrane (3).
- Poi valuto e tratto il frontale (4), perché? Poiché come detto ripetutamente c’è l’apertura trasversale della
incisura etmoidale del frontale, che permette la bascula post del corpo dell’etmoide (o meglio i 2/3 poste-
riori del corpo dell’etmoide sono incastrati nel frontale e in RE si abbassa; e quindi se tale incisura etmoidale
non si apre, non c’è la bascula post di quest’ultimo).
Ricorda: l’incisura etmoidale del frontale è tra il bordo orbitario del frontale e il bordo ant delle piccole ali.
- Dopodichè passiamo al mascellare (5): la RE del mascellare fa si che la faccia orbitaria del mascellare
stesso vada avanti-fuori, e ciò autorizza l’espansione trasversale delle masse laterali dell’etmoide > impor-
tante per il passaggio dell’aria.
2. Come posso fare per liberare la sutura sfeno-orbitaria?
a. Per liberare la parte interna:
sfenoide >>flessione
Frontale >> rotazione interna (va portato avanti poiché ricopre la piccola ala)
b. Per liberare la parte esterna:
Sfenoide >> estensione
Frontale >> rotazione esterna (va portato indietro poiché è ricoperto dalla piccola ala).
3. Come faccio per liberare la sutura sfeno-zigomatica? Sutura ad incastro tra bordo anteriore della
grande ala e l’osso zigomatico.
Sfenoide: in estensione
Zigomo: in RE
4. Come faccio per liberare la sutura fronto-zigomatica?
Frontale: RI
Zigomo: RE
5. Come libero la sutura temporo-zigomatica?
La liberazione è meccanica alto-basso) e visto che l’apofisi zigomatica del temporale poggia sullo zigomo:
apofisi zigomatica del temporale: è portata in alto
zigomo: il processo frontale dello zigomo va basso-fuori.

FOSSA PTERIGO-MASCELLARE
Se penso alla fossa pterigo-mascellare, devo pensare alla sua localizzazione e che tale fossa è costituita ana-
tomicamente dai seguenti elementi:
tuberosità post del mascellare
185
lamina verticale del palatino
processi pterigoidei dello sfenoide
faccia inf del corpo dello sfenoide e bordo inf faccia laterale delle grandi ali
foro sfeno-palatino
Cosa contiene tale fossa?
Ganglio sfeno-palatino
Foro sfeno-palatino
A. mascellare interna che viene dalla a. carotide esterna
N. palatino maggiore
Elementi che sono all’interno>>> funzione: trofismo delle mucose dell’occhio, del naso e della bocca.
La particolarità di questi 3 elementi occhio, bocca e fosse nasali è che tutte e tre sono in contatto con
l’ambiente esterno. Essi rappresentano elementi di difesa immunitaria e danno il trofismo delle mucose. Chi
mi assicura le difese immunitarie? Sangue, vascolarizzazione e sistema nervoso autonomo-neurovegetativo.
Quindi 2 elementi:
a) neurovegetativo (ganglio sfeno-palatino)
b) vascolare arterioso (per portare il nutrimento e la vascolarizzazione).
Come faccio per lavorare questi elementi? Mediante 3 modalità

A. MECCANICAMENTE B. DAL LATO NEURO- C. DAL LATO VASCOLARE:


1. TEMPO: liberazione tra tuber- VEGETATIVO: - Arteria mascellare interna, che
osità posteriore del mascellare e - lavoro gli elementi che sono origina dall’a. carotide esterna. Da
lamina verticale del palatino: porto contenuti all’interno della fossa, non confondere con l’a. carotide
il mascellare in RI (alto-avanti-den- cioè il V2 e il n. vidiano > quindi interna
tro) e la lamina verticale del pala- lavoro il temporale soprattutto Chi comanda e controlla l’a. ca-
tino in RE (basso-dietro-fuori); per l’implicazione nervosa e poi il rotide interna? Il GCS >> è un
2. TEMPO: liberazione la lamina mascellare; incontro di cellule nervose. Le fibre
verticale del palatino dagli pteri- - stimolazione del ganglio sfeno- arrivano dai centri midollari, nel
goidi: porto il palatino in RI cioè palatino per lavorare le afferenze tratto intermedio laterale midollare
la lamina verticale del palatino in sempre del n. vidiano e V2. a livello di C6-D2 >> centro midol-
avanti-alto-dentro; poi porto le lare detto CIGLIO SPINALE DI
pterigoidi e quindi lo sfenoide in F; BUDGE. Che cosa significa?
3. TEMPO: liberazione della lamina Quando penso al lato vascolare
verticale del palatino dal corpo della fossa pterigomascellare, il
dello sfenoide, per aprire il foro GCS comanda tutto, ma i centri
sfeno-palatino. Come? sono in C6-D2. Quindi rispettando
Portando la lamina verticale del l’ordine delle cose, rifletto sulla
palatino in RE: basso-dietro-fuori mobilità delle zone C6-D2, e se
e il corpo dello sfenoide in E integro questa cerniera cervico–
dorsale, devo integrare anche: clav-
icola; K1 –K2-C7-D1-COSTE. Se c’è
quindi una disfunzione vertebrale
o una disfunzione anche viscerale
Ricorda: Il GCS si trova in C1-C2-C3 e ogni tanto su C4 (per 3-4 cm che può stimolare il GCS, a livello
di altezza); a livello cervicale si trova davanti ai processi trasversi in dell’arteria si verifica una vasocos-
uno sdoppiamento dell’aponeurosi cervicale profonda. trizione che impedisce una corretta
Posso valutare un po’ l’aponeurosi cervicale profonda che troficità. Controllo dunque anche
costringe questo ganglio; dopodiché non faccio più nulla. lo stretto cervicale superiore.

È importante dunque collegare tutto e ogni volta che testiamo e trattiamo una zona, questa zona deve
avere per noi un significato clinico. Quindi perché il diaframma? Perché lo stretto toracico superiore? Perché
la clavicola o il tratto C7-D1?

PRATICA: breve riepilogo di tutti i test di induzione per le disfunzioni della BASE CRANICA
Posizionamento: presa tramite la volta cranica
186
Mi metto in ascolto di ritmo e ampiezza che ci danno una idea della condizione generale del Pz; dopo averli
percepiti attentamente li descrivo.

TEST per una F e per una E (dx e sin):


In un tempo di F: induco gli indici in basso-avanti-(fuori);
induco i mignoli in basso-dietro-fuori
In un tempo di E: induco gli indici alto-dietro-dentro
induco i mignoli alto-avanti-dentro
TEST per una TORSIONE dx: scelgo per il test il tempo di E
In un tempo di E: indice dx tira verso di sé cioè verso l’alto la grande ala dx
Contemporaneamente: mignolo sx (opposto all’indice) induce emioccipite verso l ’alto.
TEST per una TORSIONE sin:
indice sin: tira la grande ala sin in alto verso di sé
mignolo dx: induce l’emioccipnite dx in alto
È possibile lavorare anche a 4 dita per una torsione dx:
indice dx + mignolo sin: in alto
indice sin + mignolo dx: in basso

TEST per una LFR dx:


Nel tempo di E: indice e mignolo dx si abbassano e si allargano (quindi dal lato dx)
Indice e mignolo sx vanno verso l’alto, cioè verso il praticante e quindi si avvicinano;
in particolare >>>indice: alto-dietro; mignolo>>> alto-avanti; dunque chiudono.
Nel tempo di estensione successivo, testo la LFR sin: e faccio esattamente una induzione contraria.
Dopo aver fatto i tests vedo ad ognuno se c’è restrizione di mobilità e denomino la disfunzione nel senso
della maggiore ampiezza.

TEST per uno STRAIN LATERALE dx (scelgo il tempo di F poiché la grande ala va avanti)
Tempo di F: indice e mignolo dx inducono in avanti (cioè verso l’osteopata e quindi verso il soffitto);
mentre indice e mignolo sx inducono indietro;
stesso dicasi per testare uno strain laterale sin: induco l’indice e il mignolo sin in avanti; indice e mignolo dx
indietro.
Anche qui come per le altre disfunzioni sento dove c’è restrizione di mobilità, e denomino la disfunzione
osteopatica nel senso della maggior ampiezza.

STRAIN VERTICALE:
dapprima testo la sfera anteriore nel tempo di F, e successivamente nel tempo di E.
Dopodiché mi occupo della sfera posteriore e testo la sua flessione (in un tempo di F) in
confronto alla sua estensione (nel tempo di E).
Poi confronto i parametri e denomino la disfunzione nel senso della maggiore ampiezza.

4 anno 2 sem (non c’erano lezioni al 1 sem)_ Jean Gay

L’Orecchio_PREMESSA
Si studia l’orecchio perché nella pratica, a volte, ci si confronta con questa regione, incontrando molto spes-
so Pz con otiti, problemi di vertigini, di udito,….Non esistono tecniche specifiche per trattare questi disturbi,
forse una, ma andremo ad utilizzare le tecniche strutturali, viscerali e cranio-sacrali che già conosciamo.
L’orecchio è la sede di due sistemi riflessi indispensabili a due funzioni:
sistema cocleare per la funzione uditiva
sistema vestibolare, appartenente allo stato girestesico, che governa l’equilibrio.
Il sistema vestibolare partecipa inoltre ad un’altra funzione con l’aiuto dei recettori sensoriali: al riconosci-
mento dell’ambiente che ci circonda per decidere se esplorarlo o proteggercene.
Per esplorare si intende mangiare, bere, cercare un partner, che sono le 3 funzioni vitali per assicurarsi il be-
nessere psico-emozionale, mantenersi in vita e mantenere la specie.
187
Allo stesso tempo servono alla nostra conoscenza corporea, all’individualizzazione e a delimitare i nostri
confini rispetto all’ambiente esterno.
I recettori e le connessioni sono fondamentali perché la funzione esista; essa appartiene al SNC, alla Cortec-
cia precisamente.
Anatomia
L’orecchio è suddiviso in 3 regioni: orecchio medio
esterno – medio – interno orecchio interno
La regione esterna comprende il padiglione e il
condotto uditivo esterno. Il padiglione serve a rac-
cogliere e utilizzare le vibrazioni aeree, le quali gen-
erano il suono (il suono è l’interpretazione).
Le vibrazioni sono interpretate solo per una certa
gamma di frequenza, compresa tra 20 e 20000 Hz.
L’orecchio esterno è a metà distanza tra ATM e apofisi
mastoidea, forma l’angolo cefalo-auricolare com-
preso tra 20-30° (non arrivare a conclusioni affrettate
di una disfunzione di RI o RE se si trova un angolo
più o meno chiuso; può dare un’idea sullo stato del
cranio ma non di più).
Il padiglione è costituito da uno scheletro tuba di Eustachio
orecchio esterno
fibro-cartilagineo e le cartilagini che lo costituiscono vanno a formare una conca centrale dove convogliano
le vibrazioni.
Le varie parti sono unite da muscoli e legamenti intrinseci, che non hanno mobilità (mentre negli animali sì,
pensate per es al cane).
Anche i muscoli estrinseci non danno una gran mobilità, servono a muovere il padiglione rispetto alla testa
nella sua totalità. Questi muscoli auricolari, posteriore, medio e anteriore, sono innervati dal facciale (VII
nervo cranico).
Innervazione del padiglione auricolare
Tracciamo una linea immaginaria verticale
che passa per il CUE: ramo auricolo-
- la parte anteriore è innervata dal ramo temporale
del V3
auricolo-temporale del V3
- la parte posteriore è innervata dal ramo
auricolare del plesso cervicale anteriore ramo n. facciale VII
auricolare
(l’auricolare, il mastoideo e il cervicale tras- del plesso
verso o mandibolare sono i rami ascen- cervicale
denti esterocettivi del plesso; gli altri rami anteriore
del plesso vanno alla spalla)
- la conca è innervata dal facciale VII
- pelle e CUE innervati dal vago X.
La presenza di molti nervi ci fa capire
l’importanza funzionale di questa regione.
epidermide: n. vago X
NB. C1 C2 C3 C4 formano il plesso cervicale posteriore e anteriore; C1 si dice non sia un nervo sensitivo,
sbagliato, è giusto dire che non è esterocettivo, perché tutti i nervi sono motori e sensitivi, anche perché
contengono fibre neurovegetative che sono sia l’uno che l’altro.

Il CUE (condotto uditivo esterno) è un tubo che conduce all’orecchio medio, serve da cassa di risonanza
e soprattutto a concentrare le vibrazioni aeree per guidarle in fondo al timpano (i rilievi del padiglione le
guidano). Le vibrazioni sono all’origine di un fenomeno meccanico fatto di compressioni e decompressioni
molecolari che finiscono per scontrarsi sulla membrana timpanica; solo l’1% diventa suono, il resto viene
riflesso indietro.

188
È per conservare la qualità dell’impatto
che il padiglione si restringe. Il CUE è
costituito da una parte scheletrica
cartilagini auricolari (parte postero-superiore) e una parte
cartilaginea (antero-inferiore). La parte
ossea è costituita da rocca, squama e
timpano (ossia le 3 porzioni costitutive
del temporale a livello embriologico).
Orientamento del CUE: avanti-dentro,
CUE labirinto forma un angolo di 10° circa con il piano
frontale, un angolo di 80° con il piano
sagittale; ricoperto di pelle che presenta
ghiandole sudoripare e ceruminose
(queste ultime sono una trasformazione
membrana
timpanica delle sebacee e hanno funzione di pro-
tezione dagli insetti).
In un contesto patologico l’orecchio esterno può essere colpito da otite esterna che, se trascurata o mal cu-
rata, può portare a complicazioni quali formazione di colesteatomi (tumori della pelle). Ne segue un attacco
all’orecchio medio con conseguente difficoltà di trasmissione e ipoacusia o acusia totale nei casi estremi.
Unico trattamento adeguato: antibiotico!

L’orecchio medio è costituito da cavità che scavano la rocca petrosa, in relazione con l’ambiente es-
terno, con la rinofaringe.
È suddiviso in 3 porzioni, da dietro all’avanti:
cellule mastoidee
cassa del timpano
tuba di Eustachio.
Funzione: assicurare la trasmissione delle vibrazioni.
La cassa timpanica è una
regione crocevia contenente
gli ossicini; topograficamente
comprende tre livelli:
- l’Attico a livello superiore con
martello e incudine

- l’Atrio a livello intermedio con


membrana timpanica e staffa

- Recesso ipotimpanico in bas-


so, dove si trovano le canaliz-
zazioni per l’evacuazione delle
secrezioni

Dimensioni
Altezza e lunghezza media: 15 mm
Larghezza max: 5 mm in alto e in basso, a livello dell’atrio 1-2 mm
In questo volume sono contenuti gli ossicini e oltre allo scheletro c’è la mucosa che lo ricopre e che riduce
ancora di più il volume; altri elementi sono i legamenti e i muscoli che servono a stabilizzare e animare gli
ossicini. Si capisce bene come una minima alterazione della mucosa si ripercuote sulla funzionalità con dif-
189
ficoltà di trasmissione.
La cassa del timpano è delimitata da pareti laterali e antero-posteriore, soffitto e pavimento.

Cassa_Parete ESTERNA
La parete esterna della cassa per 2/3 inferiori è fibrosa e quindi costituita dalla membrana timpanica, il resto
formato da tessuto osseo detto “muro della loggetta” (spazio corrispondente all’attico). In questa parete 2
orifizi:
- orifizio posteriore: punto d’entrata della corda del timpano, nervo collaterale del facciale*
- orifizio anteriore: punto d’uscita della corda dal timpano (esce dal cranio attraverso la scissura di Glaser,
che si trova nella cavità glenoidea del temporale).
*nella cassa del timpano il nervo viene ad applicarsi contro il martello (se siete bravi vi spiegherò perché).

orefizio d’entrata
della corda
del timpano

orefizio d’uscita
della corda
del timpano

Cassa_
Parete INTERNA
La suddividiamo in
una parte superi-
ore, ridotta e una
parte inferiore;
la suddivisione
è realizzata dalla
porzione timpa-
nica del canale
facciale. Questo
canale può non es-
sere completo, ma
avere lacune ossee
sulla sua parete
che vengono co-
munque colmate
dalla mucosa.
Cassa del timpano_Parete INTERNA
L’otite media può essere siero mucosa o batterica (microbica) e, se microbica la complicanza è paralisi
facciale (perché la mucosa è a contatto col nervo) o varici presenti a livello dei vasi del canale facciale; più
grave ma meno frequente è la meningite (perché il n. facciale arriva dal troncoencefalo)
Trattamento per tutte le otiti: antibiotici!
Sempre superiormente al canale si trova il canale semicircolare laterale e l’emergenza del canale del m.
del martello o tensore del timpano.
La parte restante della parete interna (al di sotto del canale) presenta un rilievo arrotondato, il promontorio,
190
ossia una sporgenza determinata dal 1° giro della spirale della chiocciola.
Il promontorio è percorso da solchi, lasciati dal nervo di Jacobson (nervo della cassa timpanica), ramo del IX
n. glossofaringeo.
Dietro al promontorio si trovano due orifizi, che nel vivo sono coperti:
- l’orifizio superiore detto finestra ovale, chiuso dal piatto o platina della staffa (in relazione con la rampa
vestibolare del canale spirale che costituisce la chiocciola)
- l’orifizio inferiore detto finestra rotonda, chiuso da una membrana fibroperiostia che forma il timpano
secondario.
Tra queste due finestre c’è una zona depressa chiamata sinus timpani, che corrisponde verso l’interno
all’ampolla (= zona sensoriale) del canale semicircolare posteriore.

Cassa_Parete SUPERIORE
Ora affrontiamo un‘altra parete sempre appartenente
all’orecchio medio e parliamo del Tetto della Cassa del
Timpano. Esso rappresenta la parete superiore, l’attico
dell’orecchio medio, appunto. Questo tetto corri-
sponde ad una regione particolare alla faccia antero-
superiore della rocca, siamo esattamente sul tetto della
cassa timpanica. Qui proprio sulla faccia antero-su-
periore della rocca petrosa abbiamo un rilievo bom-
bato detto tegmen tympani: esso così come il canale
facciale può essere deiscente. In tal caso la mucosa
della cassa del timpano si troverà in diretto contatto
dall’altro lato con la dura madre (quindi il tetto della
cassa con la mucosa che lo tappezza sarà a contatto
con la dura e dunque con le meningi, siamo all’interno
della scatola cranica sul temporale): una flogosi di
questa zona può portare ad una condizione

di otite media, la cui complicanza potrebbe essere una trombosi vascolare per interessamento della
arteria carotide interna. Il tegmen tympani è in rapporto con la faccia inferiore del lobo temporale, e costi-
tuisce un punto di aggancio per gli ossicini, serve per stabilizzarli all’interno della cassa al cui soffitto sono
appesi.

Cassa_Parete INFERIORE
La parete opposta a quella superiore è la parete inferiore della cassa del timpano e questo corrisponde al
recesso ipotimpanico, che è un canale per evacuare le secrezioni della mucosa, in direzione della tuba di
Eustachio o tuba faringo-timpanica verso la rinofaringe e verso le fosse nasali.
Essa presenta poi un piccolo orifizio, detto orifizio SUPERIORE del canale timpanico ed è l’orifizio di in-
gresso del nervo di Jacobson (ramificazione del IX paio di nn. cranici), all’interno della cassa che presentava
dei solchi lasciati dallo stesso nervo di Jacobson. Quindi per arrivare all’interno della cassa del timpano,
questo nervo deve passare attraverso il pavimento della cassa e per far questo deve percorrere il canale
timpanico.

191
L’origine invece dell’orifizio INFERIORE del canale timpanico
si trova a livello della cresta giugulare (riguarda il temporale o
meglio la faccia esocranica del temporale). La cresta giugulare
si trova vicino al foro giugulare detto anche foro lacero POST,
che è fatto così: ha una forma a virgola con una grande estrem-
ità esterna; è diviso in 3 parti:
POST > la più larga, è occupata dalla vena giugulare interna (o
sifone della vena giugulare interna).
MEDIA > passaggio per X , XI, e arteria meningea POST.
ANT > è la più stretta, dove passa il IX e il seno petroso INF.
La suddivisione del foro giugulare è determinata da una strut-
tura che origina da uno sperone osseo, e al di sotto di questa,
sotto la salienza ossea del legamento petro-giugulare trovia-
mo il foro giugulare, e su questa cresta giugulare è presente
l’orifizio INF del canale timpanico (quello di ingresso).

Questo orifizio lo troviamo sul


versante temporale del foro
giugulare. Questo sperone os-
seo che significato ha? Che cosa
può giustificare la sua presenza?
Esso giustifica che ci sia una
trazione, e che tale trazione è
cresta giugulare
provocata da una possibilità di
dinamica craniale, di movimen-
to. Senza una dinamica, non ci
sarebbe ragione di giustificare
la messa in tensione. Quindi
questo può giustificare la pre-
senza di una dinamica craniale,
che fino ad oggi è stata sempre
combattuta.
Noi nello specifico possiamo dire che esiste, perché la sentiamo.
In questa parte inferiore della cassa timpanica notiamo durante l’infanzia o periodo prepuberale un solleva-
mento progressivo di questa parte del pavimento, che quindi non è piano o meglio che è piatto nel neo-
nato e nel bimbo piccolo, poi progressivamente si solleva per formare l’eminenza stiloidea di Polizer; tale
salienza è sviluppata dall’impianto progressivo dell’apofisi stiloidea nel pavimento della cassa del timpano.
Quindi il processo stiloideo progressivamente sale, si innalza in direzione della faccia inferiore del tempo-
rale fino ad agganciarsi definitivamente sul temporale, ma come già detto ciò avviene progressivamente, e
nel bimbo non troviamo apofisi stiloidea.
L’impianto definitivo (il completamento) dell’apofisi stiloidea avviene verso l’età di 12-13 anni, quindi piut-
tosto tardi (pubertà o periodo prepuberale). Nel maschio, in tale periodo, si ha per lo più la maturazione
della laringe e delle corde vocali, si ha cioè la muta della voce, determinata dalla maturazione delle corde
vocali; questo lo vediamo in parte anche nella femmina, ma il fatto è più marcato nel maschio.
Apofisi stiloidea: con il suo dispositivo muscolo legamentoso è un sistema di sospensione dell’osso ioide,
che è lo scheletro, la base della lingua, ma anche è il punto di partenza delle vie aeree superiori con laringe,
trachea, cartilagine cricoidea, con il punto di divisione tra le vie aeree e vie digestive. Allora, una volta che
questo aggancio è definitivo, la voce, a causa della messa in tensione cambia. Questo pavimento della cassa
del timpano è molto vicino.

192
Il recesso ipotimpanico è molto vicino alla regione giugu-
lare, dove troviamo l’emergenza del IX, l’ingresso del n. di
Jacobson, all’interno del canale timpanico, e nel comparti-
mento venoso del foro giugulare, troviamo il glomo giugu-
lare: esso si trova a livello della biforcazione della v. giugu-
lare interna e vicino al canale timpanico; il glomo giugulare
è un pò l’equivalente venoso del glomo carotideo.
È una regione dove si ha la pressione dei recettori che
servono a controllare la fornitura di sangue a livello della
scatola cranica, associata alla attività cardiaca. Il glomo
carotideo contabilizza tutto ciò che è in entrata come la
pressione sanguigna, il volume ematico, ma anche all’uscita
della scatola cranica ci sono dei recettori che contabiliz-
zano tutto, per regolarizzare la circolazione sanguigna della
scatola e il volume per vedere se ci sono state perdite da
qualche parte. Tutto ciò regolarizza la pressione sanguigna
all’interno della scatola cranica. La formazione glomica
diventa ipertrofica, e in tal caso rappresenta un tumore e
come tale può progredire e si può portare nella cassa del timpano, proprio grazie a questo canale timpanico,
andando a turbare il funzionamento locale gravemente con manifestazione di vertigini molto spiacevoli,
emicrania e ripercussioni vascolari.
Non tutti i mal di testa hanno quindi origine meccanica; bisogna fare attenzione ma ciò è molto difficile,
spesso infatti si tratta di perturbazioni meccaniche che portano a ciò, oppure può trattarsi di un tumore a
livello del glomo carotideo. Nella letteratura classica è da verificare la diagnosi di ciò: le cause di ipertrofia
del glomo possono essere le perturbazioni meccaniche, visto che la meccanica cranio-sacrale esiste.

Perché esiste la meccanica cranio-sacrale? Perchè il cranio si muove?


La dinamica craniale è al servizio degli orifizi scheletrici che perforano la scatola cranica; quindi la dinamica
craniale è al servizio degli elementi venosi che fuoriescono da questi orifizi e con il tramite dei vasi.
La dinamica cranio-sacrale è al servizio dell’encefalo, cioè la super struttura che controlla tutte le nostre at-
tività; serve per favorire il drenaggio venoso e l’alimentazione arteriosa, ma anche per ostacolare gli
elementi nervosi che transitano per questi fori.
Le nostre tecniche sulle disfunzioni ossee, a questo livello, migliorano la dinamica cranio-sacrale e dunque
sono molto utili.
L’informazione si ha tramite elementi nervosi che innervano la dura madre e gli elementi nervosi che in-
nervano la vena giugulare interna. Localmente la vena giugulare interna è innervata dall’ortosimpatico che
proviene per il cranio dal ganglio cervicale superiore GCS.
La dura madre poi è innervata localmente da elementi nervosi vicini X, IX, XI: tutti questi nervi vanno ad
informare il tronco encefalico connessi con questi recettori clinici. Quindi i recettori raccolgono le informazi-
oni e gli effettori passano per il IX, X, XI e il dispositivo ortosimpatico con il GCS. Nel sistema neurovegeta-
tivo, come quello spinale, ci sono sempre 2 categorie di fibre: fibre afferenti sensitive e fibre efferenti. Quindi
queste strutture si trovano anche nella parte venosa, questo però non impedisce ad un processo tumorale
di espandersi e quando trova il foro vi entra. Una fibra efferente deve sempre essere stimolata da una fibra
afferente, con cui è in connessione. Quindi per avere una risposta occorre avere sempre connessione.
Tutte le strutture vascolari sono innervate da un punto di vista neurovegetativo; in particolare tutto
l’ortosimpatico a livello dei vasi garantisce il trofismo del tessuto e la risposta funzionale del tessuto stesso
(sia vascolare che nervoso).
In particolare tutto l’ortosimpatico si fa carico del trofismo e si occupa poi di una risposta funzionale del tes-
suto e provoca una reazione ortosimpatica, ben sapendo che l’effetto opposto a quella reazione a livello di
un determinato viscere sarà pertinenza del parasimpatico. L’orto e il para sono 2 dispositivi efferenti cias-
cuno ha un ruolo, ma l’ orto si occupa maggiormente dell’effetto.
Quando si ha una lesione tronculare, si ha sempre una modificazione o alterazione trofica dovuta ad una
disfunzione; non c’è nessuna risposta spontanea: ogni efferenza segue ad una afferenza. Le risposte possono
sempre avvenire in modo riflesso, automatico oppure dopo una rielaborazione.
193
Cassa_Parete POSTERIORE
Trovandoci all’interno della cassa del timpano e
guardando indietro, vediamo che essa presenta 2
parti:
nella parte superiore c’è un orifizio, è un foro det-
to aditus ad antrum: questo permette la comu-
nicazione tra la cassa del timpano e la 1 cellula
mastoidea, sempre presente, detta antro mas-
toideo: è la cellula mastoidea sempre presente,
costante. Sulla soglia dell’ aditus ad antrum si
appoggia l’estremità posteriore dell’incudine. Il
resto della parete posteriore è formata da tessuto
osseo che appartiene al massiccio di Gellet:
intorno a tale massiccio infatti c’è tessuto osseo,
soprattutto nella parte bassa dell’orifizio, in cui si
appoggia l’estremità posteriore dell’incudine.
Questo massiccio dà appoggio all’antro mastoideo; il massiccio di Gellèt è una regione che va fortemente
evitata nelle trapanazioni craniche, poiché qui vi decorre il VII n. cranico e tutti i vasi che lo nutrono. Di solito
è opportuno trapanare al di sopra e dietro l’apofisi mastoidea.
All’interno del massiccio di Gellet decorre la parte terminale o mastoidea del canale facciale insieme con il
VII, il quale sbocca a livello del foro stilo mastoideo (faccia inferiore della rocca petrosa). Abbiamo poi nella
parte posteriore un rilievo detto piramide, piccolissimo sperone osseo che racchiude al suo interno il m.
stapedio, il quale esce dalla punta della piramide per raggiungere la staffa.

Cassa del Timpano_Parete ANTERIORE


Siamo nella cassa e la stiamo guardando dall’avanti; a differenza delle altre non è piana, ma scavata verso
l’avanti e forma come un imbuto. L’imbuto avrà delle pareti laterali esterne e interne. La parete anteriore
della cassa del timpano forma il protimpano: costituisce lo scheletro della tuba di Eustachio, esso è il 1
segmento della tuba di Eustachio. Il protimpano presenta un orifizio anteriore sul perimetro del quale
si inserisce la parte mobile fibrocartilaginea della tuba di Eustachio (cioè la tuba propriamente detta).
Questa parete ant del-
la cassa è in rapporto
in dentro con il canale
del m. del martello,
in cui c’è il muscolo e
all’esterno di questa
parete anteriore
troviamo il canale
timpano-petroso.
Questo canale sfocia
in un orifizio post che
corrisponderà al foro
ant della parete est
della cassa timpanica.
Quindi l’estremità di
questo imbuto è un
orifizio, che rappre-
senta l’estremità ant
del protimpano.

194
Ora nelle pareti laterali di questo imbuto (tim-
pano) nel prolungamento della parete esterna
della cassa, più anteriormente abbiamo la parete
esterna dl protimpano. Qui, nella parete anteriore
della parete esterna troviamo l’orifizio anteriore.
Questo orifizio anteriore corrisponde all’estremità
posteriore del canale timpano-petroso, che sbocca
all’esterno del cranio nella scissura di Glasser: qui
c’è l’uscita della corda del timpano. Quindi nella
scissura del Glasser è situato l’orifizio anteriore del
canale timpano-petroso; questo orifizio è il punto di
partenza di questo canale timpano-petroso.

Questa cassa ha un contenuto, rappresentato da un sistema di trasmissione della catena timpano-ossico-


lare: comprende diversi elementi in continuità tra loro: è un dispositivo che prolunga il fenomeno vibratorio
e lo trasmette, in tutte le sue frequenze, verso l’orecchio interno, laddove sono situati i recettori.
Dunque è formato:
membrana del timpano
3 ossicini
muscoli dei 3 ossicini
La presenza dei muscoli occorre perché la trasmissione è un fenomeno attivo, che mette in concordanza i
vari ambienti, in cui si propaga il fenomeno vibratorio e naturalmente questi ambienti hanno caratteristiche
fisiche particolari, quindi si tratta di metterli in armonia e ciò rappresenta anche un ostacolo al fenomeno
vibratorio originale. Il fenomeno vibratorio iniziale si produce nell’aria (dove la resistenza è bassa) in modo
meccanico. Esso incontra un elemento fibroso, un ostacolo rappresentato dal timpano con resistenza più
marcata dell’aria. Il fenomeno vibratorio gassoso, non riuscirà ad attraversare così il timpano e si fermerà;
affinchè esso sia trasmesso per provocare la vibrazione del timpano, per far vibrare gli ossicini, occorre un
apparato muscolare che circondi i 3 ossicini, e in funzione della frequenza del fenomeno vibratorio esterno
avrà una determinata tensione: questa tensione è data dal fatto che occorre mettere in compressione i
liquidi endolabirintici incomprimibili dell’orecchio interno; c’è un problema poiché è un liquido racchiuso
all’interno del recipiente inestensibile rappresentato dal tessuto osseo, deve essere perforato da un orifizio
detto orifizio di Bouchet, chiuso da una componente fibrosa, detta timpano secondario che chiude la
finestra rotonda, la quale è in relazione con un ambiente gassoso comprimibile (aria contenuta nella cassa
del timpano). La funzione è quella di mettere in vibrazione la componente gassosa con quella liquida.
Quindi la pressione esterna si ripercuote all’altra estremità del dispositivo. C’è quindi in tal caso una trasmis-
sione aerea delle vibrazioni (orecchio sensibile a 20-20.000 Hz).

Per una trasmissione corretta delle vibrazioni occorre che l’ambiente sia uguale all’inizio e alla fine del per-
corso, altrimenti la parte che contiene i liquidi non potrebbe vibrare. Dobbiamo assicurare la trasmissione
del fenomeno vibratorio in tutte le sue frequenze. Date le diverse frequenze, la catena timpano-ossicolare
trasmette tensione. A seconda del suo stato di tensione, la catena timpano-ossicolare, trasmetterà il fenom-
eno vibratorio; tale catena è anche detta adattatore di IMPEDENZA (che è sinonimo di resistenza), ci
sarà l’impedenza in campo acustico diretta per ciascuna frequenza. Quindi il grado di tensione della catena
timpano-ossicolare dovrà trasmettere la tensione in relazione alla frequenza del fenomeno vibratorio. È per
questo che la catena timpano-ossicolare è detta adattatore di impedenza: quindi avremo una impedenza
corrispondente e diversa per ciascuna frequenza; l’impedenza del tessuto osseo sarà diversa per ciascuno
degli ossicini. Si potrà variare la resistenza di questa catena, ecco perchè servono dei muscoli. Quindi
l’impedenza del tessuto osseo rimarrà quella che è, ma varierà in funzione della rigidità ed elasticità della
catena nel suo insieme.
195
Catena Timpano-ossicolare
La catena timpano-ossicolare inizia con la membrana del timpano che ottura il fondo del condotto uditivo
esterno. Ha forma conica con sommità interna, è proprio una struttura fatta a forma di imbuto e diretta
verso l’interno. Il fondo di tale imbuto si chiama ombelico. La membrana timpanica è grossomodo circolare,
dal diametro di 10 mm questo timpano si inserisce sul perimetro dell’osso timpanico. A che cosa somiglia
l’osso timpanico? Intanto è piccolissimo; nell’adulto ha l’aspetto di un anello incompleto, così come nel
neonato, ma il timpano dell’adulto chiude l’anello timpanico, motivo per cui la membrana timpanica è divisa
in 2 parti:
Pars tensa timpani: ha la forma di un
imbuto ad apice interno detto ombelico.
La sua circonferenza si inserisce nel sulcus
timpanicus tramite il cercine anulare di
Gerlach. La sua parte superiore è inter-
rotta dal forame di Rivinius. È dunque la
parte più vasta, si inserisce su tutto l’anello
circolare, essa è dunque tonda, molto este-
sa ed è la parte della membrana timpanica
che resta tesa, quindi è messa in tensione.
Si inserisce su tutto l’anello, poi si piega a
livello della mancanza dell’osso per andare
a connettersi con il martello formando dei
legamenti. Lo spazio viene colmato dalla
pars flaccida.
Pars flaccida timpani: è chiamata anche membrana di Schrapnell e chiude il forame di Rivinius per
completare il timpano. Essa dunque completa la chiusura dell’anello in corrispondenza della parte dell’osso.
Questa parte mancante viene chiusa dalle membrane. La pars flaccida quindi chiude l’anello ed è presente
nella mancanza di osso, inserendosi sul martello.

196
Rispetto al piano sagittale, la
membrana timpanica nel sog-
getto adulto è inclinata di 45°
in basso/dentro. Nel neonato
questa membrana è meno
inclinata, infatti presenta una
inclinazione di 30°: cioè ques-
ta inclinazione è determinata
soprattutto dallo sviluppo
dell’osso timpanico che nel
neonato è un anello sem-
plice, mentre nell’adulto è un
imbuto che cresce verso
l’interno, tirando a sé la
parte bassa della
membrana timpani-
ca e aumentandone
l’inclinazione.
La parte alta della membrana timpanica sta ferma, mentre la parte bassa della membrana si muove.
E allora che cosa incoraggia l’inclinazione del timpano? Siamo nel neonato, dunque importanti sono fat-
tori come la suzione, il pianto che mettono in trazione la regione faringo-laringea. Bisogna sempre favorire
le trazioni a livello della base del cranio per avere un buono sviluppo, che sarà magari quando il bambino
piange e durante l’allattamento al seno e non con il biberon: esso non fa fare nessuno sforzo al bimbo.
Queste trazioni servono a costruire la sua acustica in futuro. Lasciate piangere i bambini, afferma Jean G.,
al fine di favorire queste trazioni. Il pianto non ha sempre un significato nocicettivo, ma spesso rappresenta
una necessità.

Costituzione del timpano > il timpano è formato da 3 tuniche:


1. tunica superficiale Esterna è formata da epidermide che riveste il fondo del condotto uditivo.
2. tunica fibrosa essa costituisce l’impalcatura del timpano, il sostegno. La tunica media è presente solo a
livello della pars tensa, formata da fibre circolari e radiali che formano delle maglie in cui resta imprigionato
il manico del martello. Tale manico è incluso, cioè è parte integrante del timpano, non è appoggiato sopra.
Il manico del martello è imbrigliato, questo per evitare dispersioni delle vibrazioni tra quelle raccolte dal
timpano e trasmesse verso l’interno
3. tunica Interna: è costituita dalla mucosa della cassa timpanica.

La pars tensa è un baluardo, riesce ad opporsi alle forze esterne; mentre nella pars flaccida un punto de-
bole è l’epidermide poiché è a diretto contatto con la mucosa, ecco perché i colesteatomi riescono ad
invadere la cassa del timpano, andando ad alterare il dispositivo di trasmissione, questo appunto avviene
dalla pars flaccida.

L’innervazione del timpano è DOPPIA:


- foglietto esterno: è rappresentato dall’epidermide ed è innervato dal X paio di nn. cranici
- foglietto interno: è rappresentato dalla mucosa della cassa ed è innervato dal IX paio di nn. cranici, so-
prattutto da Jacobson.
Questa doppia innervazione è un segnale d’ allarme, in particolare quando si puliscono le orecchie, soprat-
tutto nei bambini, attenzione a non andare troppo in profondità per non rischiare di ledere il timpano.
Soprattutto si rischia di scatenare riflessi tussìli del bimbo, quale tosse spasmodica per attivazione dei
riflessi faringei, poiché la parte esterna del timpano è innervata dal X (così come laringe e faringe ), e quindi
si ha una risposta motoria del timpano a livello faringeo e laringeo, in quanto appunto anche questa zona è
innervata dal vago (sensibilità esterocettiva in tal caso, somestesica e ma non funzionale).
In tal caso per curare l’irritazione, si può fare un lavaggio, poiché l’irritazione può essere provocata da un
tappo di cerume.
In caso di tosse spasmodica, indagare sull’orecchio: si potrebbe sospettare il tutto se il bimbo presenta ipoa-
197
cusia uditiva, oppure se uno dei condotti uditivi esterni è più sensibile, oppure ancora se quando il bimbo
mangia si possono creare delle irradiazioni verso i muscoli masticatori e ATM: c’è sempre una relazione tra
i mm. masticatori e l’orecchio.
Si parla in tal caso di sensibilità viscerale, da non confondere con la sensibilità somestesica muscolare che
scatena la risposta riflessa motoria.
Dopo il timpano ci sono ossicini, articolati tra loro e queste articolazioni sono vere; le articolazioni pos-
siedono una cartilagine, una capsula, dei legamenti, una sinovia che produce liquido sinoviale, ecco perché
con l’avanzare dell’età si può avere una presbiacusia, che con l’età può diventare naturale: questo non è un
fatto che si può definire fisiologico perché ci sono persone che nonostante l’avanzare dell’età continuano a
sentire; ciò non vale per tutti i soggetti, diciamo che è un qualcosa di naturale, frequente, ma non fisiologi-
co. Diciamo che c’è predisposizione.

Ossicini della Cavità Timpanica


Sono 3 e sono:
Martello: è l’osso più lungo; misura poco meno di 1cm, circa 9 mm
Incudine: è il più pesante ed è il più instabile. Pesa 25 mg
Staffa: pesa 2 mg, è il più piccolo; 3 mm di lunghezza e 2 mm di larghezza. Essa durante il movimento, poi-
ché deve opporsi all’incudine che è il peso massimo. Nonostante dunque questo dispositivo sia costruito in
miniatura, tuttavia ci permette di udire bene.

Dinamica dei liquidi cranio-sacrali


In questa lezione parleremo di scatola cranica, ed in particolare di ciò che condiziona la sua dinamica. Par-
liamo quindi della dinamica dei liquidi cranio-sacrali. Questa dinamica mobilizza il liquido cefalo-rachidiano,
affinchè possa effettuare le sue fluttuazioni e la sua circolazione.
Rivediamo le influenze meccaniche della dinamica cranio-sacrale. Qual è l’elemento che si trova all’origine?
È una considerazione teorica che ci permette tuttavia di fare delle ipotesi. Secondo tale ipotesi sarebbero
le cellule della neuroglia il motore cioè il punto di partenza, ma ciò resta tuttavia da modificare, per il
momento non se ne sa un gran chè da un punto di vista prettamente scientifico. Non ci sono ancora evi-
denze scientifiche certe, è per questo che nell’ambiente medico questa meccanica ha difficoltà ad imporsi.
All’interno della neuroglia, quali sono le cellule più importanti e preponderanti rispetto ad altre? Gli astroci-
ti.
Le cellule neuro-gliali si dividono in 3 tipi:
1. oligodendrociti: sono passivi perché rimangono intorno agli assoni. Essi sintetizzano la mielina che
sta intorno all’assone dei neuroni centrali. Essi sono dunque a livello centrale l’equivalente a livello centrale
delle cellule di Schwann che avvolgono gli assoni dei neuroni periferici
2. astrociti: sono le cellule più importanti. È���������������������������������������������������������������
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un pò’ l’assistente del neurone, è quello che si occupa di nu-
trirlo e di pulirlo; è proprio come il suo “domestico “. Infatti, il neurone è una cellula iperspecializzata che ha
perso alcuni organuli ed è diventato incapace di nutrirsi da solo, ha bisogno sempre degli astrociti come
assistenti. Esso sa solo creare l’impulso nervoso e sintetizzare dei neurotrasmettitori, ma non sa fare altro ;
inoltre gli permette di liberare i prodotti che sintetizza e le sostanze di scarto. L’astrocita fa da intermediario
tra i neuroni ed i liquidi (soprattutto sangue e liquor); è proprio l’astrocita che forma la barriera ema-
toidroencefalica. Esso guida i neuro mediatori a livello delle sinapsi facendo in modo che gli stessi neuro
mediatori mirino al bersaglio giusto nel neurone postsinaptico, formando una barriera in modo che il neuro
mediatore non si disperda e che altri neurotrasmettitori non siano sollecitati.
L’astrocita in qualche modo fa da orientatore. Oltre a ciò l’astrocita è anche in grado di sostituire e rimpiaz-
zare i neuroni. Infatti fino ad oggi si diceva che i neuroni non si producono e quindi la loro popolazione è
fissa, anche se ogni giorno una certa quota muore; oggi tuttavia tale idea è ormai superata. Non così facil-
mente perdiamo le nostre capacità poiché si possono avere delle moltiplicazioni delle sinapsi tra i neuroni,
poiché i neuroni possono aumentare i contatti tra le sinapsi. Ciò implica che gli astrociti rimpiazzano i neu-
roni che diventano manchevoli, difettosi.
Ora però i progressi tecnici hanno permesso di fare delle scoperte e pare da questi studi fatti che forse in
realtà i neuroni possano riprodursi. L’astrocita è iperimportante e si sostituisce al neurone, si trasforma e
prende il suo posto, diventa un neurone magari non completamente specifico, ma cmq capace di generare
un impulso nervoso
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3. microglia: sono cellule gliali molto piccole che si insinuano ovunque. Sono il sistema difensivo del S.N C.
Rappresentano la difesa immunitaria, sono una protezione un pò come il sistema reticolo endoteliale.
Tra questi 3 tipi di cellule quale di queste può avere una dinamica?
A priori gli astrociti, cellule che hanno rapporti con i liquidi e con la circolazione sanguigna. Invece gli oligo-
dendrociti rimangono intorno agli assoni; non tutti i neuroni centrali sono mielinizzati.
Gli astrociti sono presenti intorno a tutti i neuroni di qualunque tipo e a tutte le sinapsi (sono i più numero-
si). Quindi per tale motivo pensiamo che siano gli astrociti responsabili di questa attività.
Per Southerland, invece, sono gli oligodendrociti. Quindi il punto di origine sembrerebbe il tessuto gliale
con i suoi astrociti che sono considerati l’impulso motore: essi hanno un’attività dinamica che si riprodurrà
su tutto il SNC, sul suo insieme.

Embriologia
Poiché lo sviluppo embriologico dell’encefalo ci è utile come modello per costruire il dispositivo meccanico
cranio sacrale.
Il SNC è alla sua origine una concentrazione di ectoblasti, che migrano all’interno del disco embrionale, a
partire dalla parte centrale del disco, andando verso la parte rostrale (cioè da dietro in avanti). Costituito da
un involucro di cellule ectoblastiche che contengono cellule interne e sono queste cellule endoblastiche. In
partenza si hanno dunque 2 tipi di cellule ectoblastiche ed endoblastiche.
Sulla faccia dorsale nella zona caudale appare un punto di origine, il nodo di Hansen, ecco che alcune
cellule ectoblastiche iniziano a migrare in direzione di un imbuto che si sta costruendo; queste cellule
dall’imbuto si differenziano e alcune di esse diventano la 3 categoria e sono dette cellule mesoblastiche:
queste ultime formeranno il foglietto intermedio; gli altri ectoblasti formeranno una placca neurale che si
ispessirà e crescerà sempre di più.
Questa placca neurale si trasforma poi in una doccia; la doccia successivamente si chiude nella sua parte
posteriore a formare un tubo che si sviluppa appunto dal nodo di Hansen andando verso un altro punto
di ispessimento nella parte anteriore del disco, nella parte rostrale che è la placca procordale. Che cosa
diventerà tale placca? È come una calamita che attira verso di sé le altre cellule e in futuro diventerà ipofisi
> quindi sarà sella turcica, cioè sfenoide.
La sua estremità anteriore si suddivide in 3 vescicole:
- parte caudale costituirà il midollo al di sotto;
- queste 3 vescicole iniziali molto in fretta diventeranno 5 vescicole.

La scatola cranica è un qualcosa di già formato ed è già suddivisa all’interno da dura madre. Dentro questo
volume si formerà l’ Encefalo. Il tubo neurale, che è tirato dalla placca, passa attraverso il foro occipitale e
l’estremità anteriore del tubo incontra un ostacolo che è la volta, e in tal punto si forma la curva cefalica
e questa estremità prosegue il suo cammino verso la base del cranio, questa volta cambiando direzione.
L’estremità anteriore (cioè la 1 vescicola) si schiaccia e impatta a livello della base del cranio, mentre la 2
vescicola la divide in due e prende il suo posto, o ci troviamo a livello del corpo dello sfenoide; all’interno
della sella turcica si formerà la neuroipofisi.

Ora consideriamo lo sviluppo degli emisferi che sono la massa nervosa più voluminosa. Gli emisferi ce-
rebrali occupano i 4/5 del volume cranico. Dopo che si è avuto questo sdoppiamento, la 1 vescicola conti-
nua il suo sviluppo (ci troviamo a livello della base del cranio). Queste parti laterali che diventeranno gli
emisferi cerebrali si sviluppano in un piano sagittale e contemporaneamente poi sul piano frontale. Nel
piano sagittale il nostro singolo emisfero laterale si sviluppa in avanti e a livello della base incontra sempre
in avanti la regione frontale, si incurva e cresce contro la volta e posteriormente incontra il tentorio del
cervelletto e ciò gli impedisce di scendere; poi si piega per tornare in avanti, scivola sopra il tentorio davan-
ti a cui c’ è il bordo superiore della rocca petrosa e la grande ala dello sfenoide, e finisce la sua progressione
a livello del lobo temporale. L’estremità anteriore del tentorio finisce a livello dell’orbita (quindi si trova
verso l’orbita), fino alla fessura sfenoidale dove si ferma con un arrotolamento antero-posteriore e contem-
poraneamente un arrotolamento trasversale. Quindi all’inizio passa sopra la regione orbitaria, poi continua
in dietro, viene bloccato dal tentorio del cervelletto e quindi continua a crescere fino ad arrivare all’orbita,
cioè alla fessura sfenoidale dove si ferma.
Questo sdoppiamento riguarda dunque unicamente le 2 parti in cui è suddivisa la 1 vescicola, che diven-
199
tano poi i 2 emisferi. Quindi una metà fa un percorso nell’emicranio, l’altra metà nell’altro emicranio.
Lo sviluppo del cervelletto è contemporaneo a quello degli emisferi, ed è possibile paragonare ciò
allo sviluppo di un fungo. A partire dalla base del cranio, lo sviluppo va da dentro in fuori, dal basso verso
l’alto e poi verso il basso di nuovo. La parte che formerà il lobo temporale entra in contatto con la base del
cranio e si arrotola verso l’interno per venire ad accollarsi e a saldarsi sulla faccia laterale del diencefalo. Ed è
così che si formano le capsule, cioè le vie di passaggio delle grandi vie nervose che debbono raggiungere
la corteccia cerebrale e di quelle che partono dalla corteccia stessa. Queste capsule permettono il passaggio
delle vie sensitive piramidali, motorie e vie cerebellari.
Lo sviluppo encefalico utilizza un arrotolamento longitudinale e trasversale.
Il tessuto gliale conserva in memoria tutte le tappe della morfogenesi embriologica; infatti la neuroglia è
un tessuto di sostegno dei neuroni centrali; è la massa più importante che animerà la massa nervosa. Infatti
le direzioni prese durante lo sviluppo dell’encefalo verso dietro e verso i lati, è come se le cellule gliali ripro-
ducessero le differenti fasi della formazione dell’encefalo. Lo sviluppo dell’encefalo ha richiesto un tempo
rapido massimo, dal momento del concepimento e dura per 4 settimane. La Neuroglia dinamica mantiene
queste fasi e poi le riproduce all’interno del liquor. Questa dinamica della neuroglia si svolge all’interno del
liquor. Il tessuto nervoso più il liquor hanno quasi la stessa densità; il nevrasse quindi galleggia sul suo liqui-
do ed è estremamente ben protetto da esso, e non rischia nulla poiché il liquido è incomprimibile (come
le meduse nel mare dice J Gay).
Succede però che questo fenomeno dinamico si ripercuote sul liquido e subirà lo stesso fenomeno, poiché
questo liquido deve essere contenuto all’interno del recipiente, e il recipiente è l’involucro meningeo.
Caratteristiche fisiche meningee: il tutto è contenuto in un involucro inestensibile, quindi per forza tras-
mette queste forze. Quindi tutto ciò che avviene in neuroglia si ripercuote a livello dell’involucro meningeo
e quindi a livello del LCR.
Particolarità del recipiente meningeo
possiede 2 foglietti:
1 foglietto parietale che ricalcherà lo scheletro endocranico
1 foglietto viscerale interno che è il più esteso e forma:
Falce del cervello
Tentorio
Falce del cervelletto

Così il volume cranico sarà suddiviso in:


Parte anteriore
Parte posteriore
Parte dx
Parte sin

Grazie alla divisione in compartimenti da parte di questi setti, l’attività dinamica della neuroglia del liquor
si riproduce in modo identico su tutte le pareti arrivando sulla parte superiore del volume (volta) e la parte
bassa. E questa dinamica sarà asimmetrica grazie alla presenza di questi setti perché la dura madre si in-
serisce su certi rilievi, ha una disposizione ortogonale. È stata distinta in:
1 polo anteriore: nella sua parte più bassa si inserisce sulla cresta frontale, più precisamente sulla glabella.
Poi c’è un ripiegamento verso l’apofisi crista galli.
1 polo posteriore: Inion (nel suo versante interno a livello della protuberanza occipitale interna)
2 poli laterali: a livello di Astèrion, nell’angolo posteriore del parietale e del bordo superiore della porzione
mastoidea del temporale
1 polo centrale: sono le apofisi clinoidee

Grazie a questa compartimentazione possiamo avere delle attività simmetriche nei vari settori, e grazie a
ciò e alle inserzioni ossee possiamo avere che l’attività interna si ripercuote sulla periferia e sull’involucro, e
si sollecita nello stesso modo l’ultima barriera che è lo scheletro cranico, il quale anch’esso subisce il fenom-
eno partito dall’interno. Tutto ciò avviene in modo simultaneo, e tale fenomeno che si svolge in ambienti
diversi con una certa frequenza e una certa ampiezza è detto IRC: esso si ripete un certo numero di volte e
traduce la formazione embrionale dell’encefalo.
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Precisazione sulla terminologia: questa fisiologia che inizialmente era detta impulso ritmico craniale (come
lo chiamava Southerland), è meglio chiamarla Impulso Craniale, che si ripete un certo numero di volte per
minuto senza usare quindi il termine ritmico; la successione di uno stesso fenomeno si chiama frequenza.
Tale impulso sollecita gli elementi scheletrici della scatola cranica che si modificheranno per cambiare la for-
ma e il volume cranico, con ripercussioni in avanti e in dietro a livello della sfera posteriore e anteriore e dei
quadranti, e con ripercussioni laterali in avanti e indietro. Tutto ciò provoca l’adattamento di una regione di
riferimento scelta in modo arbitrario, detta SSB > essa non è la sola sutura impari della base del cranio; in-
fatti c’è anche la sutura sfeno-etmoidale, posta davanti alla SSB, e anch’essa appunto è una sutura impari.
L’adattamento della SSB è detto flesso-estensione: è un adattamento a livello suturale di ciò che avviene in
dinamica cranio-sacrale.
Questo LCR grazie alla sua incomprimibilità può sostenere la flesso – estensione ed ha una sua circolazi-
one, poiché è prodotto in un luogo ed è riassorbito in un altro, quindi circola e fluttua, soprattutto fluttua
perché si sposta nella sua massa che è animata come nelle maree (flusso e reflusso), poiché è come se la
neuroglia conservasse in memoria lo sviluppo delle cellule nervose. La dinamica della massa nervosa agisce
sulla dinamica dell’ LCR determinando le sue fluttuazioni. Il LIQUOR circola nei plessi corioidei, dentro i
ventricoli, verso gli spazi sub aracnoidei, tutt’intorno alla massa nervosa, e i più sviluppati si trovano nel seno
longitudinale superiore. Il passaggio è assicurato dal foro di Magendie che si apre dietro al IV ventricolo,
grazie al quale il compartimento ventricolare interno serve anche da punto di appoggio alla dinamica
dell’encefalo.
Questo liquor poi fluttua; il nostro encefalo ha, grazie al IV ventricolo, una sua dinamica e trascina la massa
di liquor, così da avere una fluttuazione antero-posteriore, longitudinale, e una fluttuazione trasversale (così
come è avvenuta la fluttuazione durante la costituzione dell’encefalo).
Queste fluttuazioni si ripercuotono sull’involucro meningeo e sulla scatola cranica che racchiude il tutto;
come funziona per le parti periferiche?
In fase di Flessione, nel piano sagittale:
il frontale: indietreggia
il parietale: indietreggia
l’occipite: scende e avanza
il temporale: avanza
la grande ala dello sfenoide: avanza

In fase di F, sul piano trasversale:


il frontale e il parietale vanno verso l’esterno
la squama del temporale, con la porzione mastoidea, nella parte alta va verso l’esterno; nella parte bassa va
verso l’avanti. Ciò riproduce bene quello che è stato lo sviluppo trasversale encefalico.

LCR genera un impulso craniale. Queste fluttuazioni alla base della meccanica craniale le associamo alle 2
componenti del sistema nervoso neurovegetativo:
Fluttuazione antero-posteriore e longitudinale si associa all’ortosimpatico
Fluttuazione trasversale si associa al para

Si tratta di mantenere l’ equilibrio; queste fluttuazioni sono contemporanee e coesistenti, complementari


tra loro; in vari momenti della giornata si può avere prevalenza dell’una o dell’altra, c’è ciclicità.
La frequenza media dell’impulso craniale con queste 2 fluttuazioni contemporanee è di 8-12 cicli al minuto.
Da cosa dipende ciò?
1. L’attività fisica nelle persone oggigiorno è più ridotta
2. Oggigiorno si ricorre di più ai farmaci
Queste per es potrebbero essere 2 motivazioni
Dobbiamo investigare sulla frequenza e sulla ampiezza delle fluttuazioni. Per fare ciò è opportuno poggiare
bene le mani sul cranio (il contatto deve essere fatto il più ampio possibile; importante è l’appoggio sul
sacco meningeo, e mentalmente si deve cercare di oltrepassare le strutture ossee. Esistono tecniche cran-
iche con lo scopo di modificare l’impulso craniale:
Tecnica di compressione del IV ventricolo
Rotolamento dei Temporali
201
Compressione del IV ventricolo
Scopi frequenza delle fluttuazioni Trasversale k
ampiezza delle fluttuazioni Longitudinale m
Effetto para∑mimetico

Controindicazioni Traumi cranici e rischi emorragici


Ipertensione o fenomeni congestivi cranici
Gravidanza in stato iniziale
Para∑ k

Indicazioni Traumi, infortuni muscolari, infiammazioni, infezioni


Fenomeni congestivi
Inerzia uterina
Compressione cranio-sacrale
orto∑ k
Lo scopo principale di questa tecnica è agire sulla frequenza delle fluttuazioni per rallentarla. Si agisce poi
sulla ampiezza per favorire l’ ampiezza della fluttuazione trasversale e per ridurre quella longitudinale.
Il suo effetto è parasimpaticomimetico. Ha inoltre una azione trofotropa, dunque di nutrimento e di
rigenerazione tissutale nervosa. Questa tecnica ha delle controindicazioni, in prima istanza: in caso di traumi
cranici solo dopo un periodo di 15-21 giorni (periodo di risoluzione) si può trattare il Pz; dunque occorre
sempre aspettare un periodo di risoluzione fondamentale per l’assestamento.

Controindicazioni
Periodo iniziale dopo un trauma cranico provocato sia in modo diretto sul cranio stesso, sia a distanza dal
cranio come ad esempio cadute sui talloni con ripercussione a livello della base cranica, caduta sui glutei,
colpo di frusta, ecc.
Rischi emorragici
Fenomeni congestizi
Ipertensione e gravidanza (attenzione al trattamento all’inizio della gravidanza, poiché si possono scat-
enare delle contrazioni uterine; dunque è opportuno usare questa tecnica quando la gravidanza è quasi a
termine;
Pz con predominanza parasimpatica

Indicazioni
Infezioni
Traumi non cranici
Fratture e distorsioni
Infortuni muscolari come la lacerazione muscolare (strappi; distrazioni)
Infiammazioni o processi flogistici
Edemi

Le immagini che seguono ci permettono di visualizzare:


- il tronco encefalico (bulbo o midollo allungato, ponte e mesencefalo);
- i ventricoli laterali, il 3° ventricolo e il 4° ventricolo ricoperto post dal cervelletto,
e a sua volta ricoperto e dalla tenda del cervelletto;
- la comunicazione del compartimento ventricolare con gli spazi sub-aracnoidei attraverso un orifizio che
che si trova nella........... che comunica con la parte post del IV ventricolo.

202
ventricolo
laterale

seno sagittale sup corno


frontale
seno sagittale inf parte
centrale
forame corno
interventricolare occipitale
corno
III ventricolo temporale
acquedotto del seno retto
mesencefalo
IV ventricolo
seno cavernoso confluente
dei seni
seno petroso seno
sup trasverso
seno
seno petroso occipitale
inf seno sigmoideo
bulbo della
v. giugulare int
PRATICA
Le 2 mani, una sull’altra e in contatto tra loro, fanno presa sotto l’occipite.
Ci si mette in contatto con le 2 eminenze tenar sulla squama, dietro il lungo braccio dell’OM tra Astèrion e
CSM; i nostri appoggi si trovano sull’occipite. Quindi occorre reperire Asterion e porci al di sotto, poiché il
lungo braccio dell’OM presenta un tavolato esterno dell’occipite per il temporale (infatti poggiandoci
sul tav esterno apriamo la sutura; mentre poggiandoci sul tavolato interno del temporale comprimiamo la
sutura).

sut OM
lato dx > sopra CSM (porzione verticale) MEMO > SUTURA OM
relativa apertura Porzione verticale - lungo braccio
sotto CSM (porzione orizz) Temp (TAV INT) ricopre l’ Occipite (TAV EST)
relativa compressione Porzione orizz
lato sin l’opposto Occipite (TAV INT) ricopre il Temp (TAV EST)

ASTERION
ASTERION punto perno
canale
TAV. ESTERNO condiloideo
TAV. INTERNO asse di mobilità
CSM dx CSM sin
sut. OM tubercolo
occipitale
CSM
solco del seno processo
sigmoideo sut. Petro- giugulare
giugulare
sut. Petro- sincondrosi
basilare sfeno-basilare

Ci mettiamo in ascolto di ritmo e ampiezza; ascoltiamo il tempo di flessione e di estensione del cranio, li
memorizziamo, poi durante il tempo di E seguiamo l’adattamento sul piano laterale dell’occipite (gli angoli
203
laterali si avvicinano e la squama si scava); è importante seguire soltanto questo adattamento e non fare
alcuna induzione attiva. Alla fine del tempo di estensione, si mantiene la posizione che abbiamo raggiunto.
Quindi non facciamo altro che opporci all’espansione trasversale che segue, mantenendo l’estensione. Al
tempo di estensione seguiamo in estensione la squama e manteniamo fino al punto in cui arriviamo; do-
podiché impediamo durante la flessione questa espansione trasversale. Ciò fino alla condizione in cui c’è
l’adattamento massimo di quella squama. È a questo punto che il fenomeno compressivo avviene davvero.
Durante la flessione l’occipite va in adattamento antero-posteriore, il tentorio tra temporale e parietale
tende ad espandersi, scende e avanza ed esercita una pressione sul cervelletto che è interposto tra il tento-
rio stesso e il IV ventricolo. Quindi in realtà sono il tentorio e il cervelletto che eseguono questa compres-
sione, non siamo noi.
Durata della tecnica: 3-4 minuti, dipende poi comunque dalle reazioni del soggetto.
Successivamente, interrompiamo la tecnica, invertendo progressivamente i parametri, e cioè: durante il
tempo di flessione, quando la squama preme daremo un pò di libertà progressivamente su più tempi di
flessione (faciliteremo l’espansione) e successivamente rilasceremo. Una volta rilasciata questa costrizione,
rimaniamo con le mani poggiate, per un certo intervallo di tempo, senza interrompere di colpo. Infatti il
rischio di una brusca interruzione della tecnica è quello di creare un blocco sulla OM; quindi è opportuno
rilasciare progressivamente e occorre rimanere in contatto con la struttura (altrimenti siccome il tessuto
osseo è malleabile a livello dell’OM si crea una compressione) rimanendo in ascolto, dopo l’esecuzione della
tecnica.

3 sem orecchio orecchio orecchio


esterno medio interno
La Catena Ossicolare
La catena ossicolare - 3 ossicini ricoperti
dalla mucosa della cassa del timpano:
MARTELLO il + voluminoso, circa 1 cm di
lunghezza canali semicircolari
INCUDINE il + pesante, circa 25 mg
STAFFA il più piccolo, circa 3 mm di coclea
lunghezza.
Gli ossicini si articolano gli uni con gli
altri, sono articolazioni vere e proprie con
cartilagine articolare, membrana sinoviale,
legamenti, capsula, apparato muscolare
che rende mobile la catena (m. del mar-
tello e della staffa). canale
uditivo
Il martello è il più esterno, presenta una tromba di
testa articolata con l’incudine, un collo e processo Eustachio
delle apofisi (corta, gracile o lunga) e il mastoideo
manico che è prigioniero delle fibre del timpano, è quindi parte integrante
della membrana.
Contro il collo del martello, nella sua parte interna, passa la corda del timpa-
no, un nervo collaterale del n. facciale. Sul collo del martello si inserisce anche
il m. del martello.
Il martello è poi sospeso rispetto alla cassa del timpano, al soffitto, dai lega-
menti sospensori del martello.

L’incudine si trova al centro, il suo corpo si articola con la testa del martello, ha
una branca orizzontale o apofisi orizzontale posteriore, la cui estremità si posa
sulla soglia dell’ aditus ad antrum, ossia l’orifizio che permette la comunicazione
tra la cassa del timpano e le cellule mastoidee.
L’osso si prolunga attraverso l’apofisi verticale o inferiore, la cui estremità è curva: è detta apofisi lenticolare
e si articola con la testa della staffa.
204
Benché sia il più pesante è anche l’osso più instabile e spesso vittima di traumi, lussazioni tra incudine e
staffa, in genere sull’apof. lenticolaregsordità. L’estremità della staffa è distante e crea un braccio di leva
importante, per questo si può verificare lussazione.
Tra le cause di sordità: traumi cranici, fisici diretti o a distanza, alterazioni di pressione atmosferica, subac-
quea, rumori intensi e inattesi; eccessiva sollecitazione dell’apparato muscolare e dell’articolazione (discote-
ca, uso di auricolare..) determina ipoacusia.

La staffa è composta da testa, collo e 2 branche che sostengono il piatto, il quale ottura la finestra ovale.
Sul collo si inserisce il m. del collo della staffa, che fuoriesce dalla piramide, ossia la cima ossea che si trova
sulla faccia posteriore della cassa.

Curiosità: sempre più bambini risultano presbiti o soffrono di ipoacusia, soprattutto portano gli occhiali,
per eccessiva esposizione a fonti luminose o perché fissano per troppo tempo lo stesso punto (es giocattoli
appesi sopra la culla o una luce fissa); ciò determina un impegno eccessivo dei mm. oculomotori con con-
seguente deformazione della cornea e problema di vista come per es l’astigmatismo.
Altra curiosità: già a 4 mesi di vita intrauterina gli ossicini sono formati in maniera definitiva, per questo
alcuni Autori dicono che il feto è in grado di percepire i suoni materni e per questo consigliano di parlargli.

Il m. del martello ha origine extracranica, si trova nel canale osseo del m. del martello, che segue la pa-
rete interna della cassa del timpano, all’interno del protimpano. Il protimpano ha un orifizio ant a livello
dell’incisura sfenoidale del temporale.
Tale incisura si trova all’intersezione del bordo ant
della rocca petrosa con l’estremità antero-inf del
bordo della circonferenza della squama tempo-
rale; su questa incisura arriva l’angolo post della
grande ala dello sfenoide. Tornando al muscolo,
questo si inserisce sulla spina dello sfenoide,
sperone osseo che si
trova sul bordo post
della grande ala dello
sfenoide e che si svilup-
pa per le trazioni eser-
citate dal m. del martel-
lo. Tale muscolo ha una
direzione ant-post,
poi devia, curva
verso l’interno
e raggiunge il
martello osseo: è
un tensore timpanico e ipertensore
endolabirintico. Innervato dal V3.

205
Il m. della staffa origina dalla piramide e si inserisce sul collo della staffa, è innervato dal VII, la sua fi-
siologia è opposta; sono muscoli antagonisti ma sinergici, costantemente in stato di contrazione.

Regolano lo stato di tensione della catena ossicolare, la


predominanza dell’uno o dell’altro fa sì che la catena sia
più o meno flessibile, più o meno rigida.
Il m. del martello tira su il collo e fa oscillare il martello, la
cui testa va in fuori, il manico all’altra estremità trascina il
timpano dentro e aumenta la tensione; l’oscillazione della
testa provoca trascinamento dell’incudine nella stessa dir-
ezione, quindi l’apof. lenticolare si sposta in dentro spin-
gendo sulla staffa, aumenta la pressione interna all’antro
vestibolare della chiocciola: per questo viene chiamato
ipertensore endolabirintico.
Al contrario, il m. della staffa attira la staffa verso la
cassa del timpano, va a diminuire la pressione endolabir-
intica e fa sì che la tensione della catena si rilasci.

Cavità annesse alla Cassa del Timpano


Le cellule mastoidee dietro e la tromba di Eustachio avanti.
Le cellule mastoidee sono cavità scavate nella piramide petrosa, si aprono nella cassa del timpano grazie
all’aditus ad antrum.
Alla nascita queste cellule non sono tutte sviluppate, ma sono abbozzi in divenire, solo una è presente e
costante ed è la prima, detta antro mastoideo (la più voluminosa).
Le altre si sviluppano via via dopo la nascita – sviluppo chiamato pneumatizzazione mastoidea – grazie
alle trazioni e compressioni del muscolo scheletrico (tramite suzione, pianto, deglutizione..). Le trazioni svi-
lupperanno l’apofisi mastoidea, e questa permetterà il passaggio alla posizione seduta ed eretta.
Le cellule mastoidee svolgono funzione di protezione dell’orecchio interno dai rumori intensi, fungono da
cassa di risonanza, per cui hanno un ruolo acustico ma anche di protezione termica degli elementi nervosi
grazie alle cavità aeree - l’aria funge da isolante - più sono numerose più sono sviluppate migliore sarà
l’acustica. È necessario un buon sviluppo dell’apparato vestibolare per un buon sviluppo muscolo-scheletri-
co, con un buono stato di tensione muscolare, senza prevalenza flessoria o estensoria. Tutto ciò condiziona
la nostra postura! L’assenza di disfunzioni craniche e una buona simmetria (tutto ciò che preserva equilibrio)
favorisce un buon sviluppo. Naturalmente tutti i casi di plagiocefalia o di altre disfunzioi presenti nel neo-
nato alterano lo sviluppo fisiologico dele cellule mastoidee.

NB nella conduzione aerea non è il contenuto ma il contenente a vibrare, perché le vibrazioni aeree sol-
206
lecitano il tessuto osseo, formato prevalentemente d’acqua, ed è l’acqua a mettersi in vibrazione facendo
vibrare il contenitore e quindi la capsula otica, che contiene i recettori acustici.
Quando parliamo sentiamo la nostra voce grazie alla conduzione ossea, mentre quando ascoltiamo la nostra
voce registrata sentiamo che è diversa perché la ascoltiamo grazie alla conduzione aerea.

La tromba di Eustachio detta anche tuba mobile, completa avanti l’orecchio medio.
Il pro timpano (scheletro della tromba) si prolunga nella tromba di Eustachio (fibrocartilaginea) e permette
la comunicazione tra la cassa del timpano e la rinofaringe.
Serve ad equilibrare la pressione all’interno della cassa rispetto all’esterno, favorendo una buona trasmis-
sione sonora; inoltre drena le secrezioni della cassa, se non c’è una buona evacuazione ci sarà un accumulo
di secrezioni e una proliferazione battericagotite media (sieromucosa, microbica, infettiva)
È necessario che la tromba si apra correttamente, se rimane chiusa incoraggia la proliferazione batterica. La
tromba è obliqua basso-avanti-dentro nell’adulto, nel bambino è più orizzontale, il che spiega la frequenza
delle otiti e l’insufficienza dell’apertura della tromba.
I bambini inoltre hanno sempre qualcosa in bocca, le mani non sono sempre pulite e la faringe è invasa di
microbi che possono arrivare all’orecchio medio.
È necessaria la corretta troficità della mucosa dell’orecchio medio perché possa difendersi.
In più usare forme di prevenzione, come l’igiene, mantenere l’equilibrio del cranio, evitare l’eccesso di lat-
ticini. Questi ultimi creano tossine in corpo che possono provocare otiti siero mucose, rinofaringiti..il nostro
organismo non ha bisogno di latte quando non si è più lattanti, per cui perde i mezzi per assimilare e digeri-
re il latte (ciò non vuol dire non consumarne più ma ridurre molto il consumo di latticini).
A livello pratico lavorare l’addome, il fegato soprattutto, per svuotare la spugna e eliminare le tossine.

La cartilagine della tromba di Eustachio è formata da:


dietro> una piccola estremità post, un semicornetto, che s’inserisce sul protimpano
davanti > un’estremità ant che arriva alla rinofaringe.
La cartilagine della tuba parte dall’incisura sfenoidale del temporale, segue il protimpano, segue la sutura
sfeno-petrosa (che non è cartilaginea, ma a volte rimane uno spazio tra bordo ant della rocca e bordo post
della grande ala, che viene completato da cartilagine!) e arriva alla rinofaringe, fissandosi sull’incisura tu-
barica, sulla parte sup del bordo post della lamina interna delle pterigoidi.
La costituzione della tromba è soprattutto cartilaginea, completata da una membrana fibro-elastica per
chiudere il tubo, che forma uno spazio all’interno detto fessura tubarica.

fessura tubarica
La fessura tubarica è tappezzata da epitelio, prolungamento dell’epitelio della faringe e che si prolunga fino
alle cellule mastoidee.

Il tubo è sempre chiuso in condizioni normali, però è necessario che di tanto in tanto si apra per il drenaggio.
207
Questo è il ruolo svolto dai muscoli peristafilini.

Il m. peristafilino interno (orizzontale) posterior-


mente si inserisce sulla parte ant della rocca petrosa,
davanti all’orifizio carotideo sulla base del cranio. Dir-
ezione parallela alla tromba, va avanti-dentro fino a
perdersi nel velo del palato. Quando si contrae solle-
va il velo del palato separando la cavità boccale dalla
cavità nasale, favorendo la deglutizione e impedendo
l’ingresso del bolo alimentare nelle fosse nasali.
Innervazione: n. vago con l’intermediazione del
plesso faringeo.
Mentre solleva il velo comincia l’apertura della tuba
nella sua parte post; la parte ant. rimane chiusa.
Il m. peristafilino esterno (verticale) è perpendico-
lare alla direzione della tuba, composto da due fasci:
1. un fascio superficiale che s’inserisce nella fossetta dello scafoide (si trova nella parte alta dell’angolo
formato dalle due pterigoidi). Il fascio scende verticalmente per poi andare verso l’interno e perdersi nel velo
del palato: è il tensore del velo, impedisce il passaggio del bolo dalla faringe verso le fosse nasali.
2. Il fascio profondo s’inserisce sull’aggancio della cartilagine della tuba (bordo superiore), scende vertical-
mente per inserirsi sul gancio interno della lamina pterigoidea interna.
Quando si contrae fa oscillare la cartilagine della tuba e fa aprire la parte ant della tromba di Eustachio. In-
nervazione V3.
Qual è l’origine dell’apertura della tuba? Qual è l’informazione che sollecita questa risposta riflessa?
Non è un’attività spontanea, c’è un’informazione che sollecita la contrazione di questi muscoli, è la depres-
sione endotimpanica all’interno della cassa.
La mucosa di tipo respiratorio (pituitana) nell’orecchio interno assorbe gas nella cassa del timpano con
instaurarsi della depressione endotimpanica. Per non perturbare la trasmissione è necessario riequilibrare le
pressioni interna e esterna al timpano e per fare questo si deglutisce.
Deglutizionegapertura della tubagentra l’aria dalla faringe alla cassa del timpanogaumenta la pressione.
La durata di apertura è di soli 3/10 di sec. Al di fuori della deglutizione la tromba è sempre chiusa, in più non
si apre ad ogni deglutizione, per questo il m. peristafilino esterno ha due fasci.
Se non c’è depressione il fascio profondo non si contrae e la parte ant della tuba rimane chiusa.
L’orifizio faringeo della tromba, a livello della parete esterna della rinofaringe, si trova 1 cm sopra al bordo
post della lamina orizzontale del palatino e 1 cm dietro l’estremità post del cornetto inferiore.
Facendo passare uno stiletto nella narice si può arrivare a quest’orifizio, per pulirlo in caso fosse ostruito da
tessuto linfoide.
Il tessuto linfoide è di protezione della tuba, ma a volte si sviluppa troppo a causa di aria viziata, batteri nella
faringe…va ripulito permettendo così alla tromba di Eustachio di aprirsi.

208
Orecchio INTERNO
È incluso nella rocca; un tessuto osseo particolare, detto capsula otica, lo isola dall’osso della rocca stessa
costituendo il labirinto otico.
Il labirinto osseo (o capsula otica) è suddiviso in due regioni funzionali:
lobo POST o vestibolare
lobo ANT o cocleare
Per orecchio interno si intende, infatti, la capsula otica, nella sua denominazione durante la fase embrio-
logica, ed è un tessuto compatto molto resistente che costituisce una serie di cavità contenute all’interno
della piramide petrosa. Questa capsula otica forma il labirinto osseo, e quest ‘ultimo conterrà un labirinto
membranoso che avrà più o meno la stessa forma. Il labirinto membranoso conterrà i liquidi endolabirintici,
presenti come già detto nella capsula otica.
All’interno del labirinto osseo da un punto di vista funzionale avremo 2 apparati differenti, uno adattato per
la funzione cocleare o uditiva; l’altra parte adattata per la funzione vestibolare. Distinguiamo un vestibolo
anteriore con la chiocciola che è la parte anteriore, mentre la parte posteriore è costituita dal labirinto vesti-
bolare. Il labirinto osseo presenta un certo numero di orifizi interni, e questi lo mettono in comunicazione
con le regioni in vicinanza. Dagli orifizi interni della parte centrale fuoriescono i canali semicircolari; questa
parte centrale, che è il vestibolo, aprirà poi un orifizio prolungato dalla chiocciola. Quest’ultimo orifizio è
una fessura detta fessura vestibolo-timpanica, e darà accesso all’interno della chiocciola.
Nella porzione media si aprono i canali semicircolari, e anteriormente si aprirà la chiocciola.
In più abbiamo l’orifizio ANT
dell’acquedotto del vestibolo, dove ar-
riva il canale endolinfatico. Gli altri orifizi
sono la finestra OVALE e la finestra
ROTONDA, questa ultima mette in co-
municazione il vestibolo con la cassa del
timpano, a livello della parete interna.
Questa capsula otica sarà in parte av-
volta dal canale facciale, che vi si andrà
almeno in parte ad arrotolare. Il canale
facciale appare nella parte alta del
promontorio e costituisce la parete in-
terna della cassa del timpano, parete che
dalla parte opposta è la parete esterna
del vestibolo.

Dunque ritroviamo le nostre


finestre, ovale e rotonda, come
la partenza del 1 giro della chioc-
ciola, ed inoltre il canale facciale
che passa superiormente. Dalla
parte media corrispondente al
vestibolo, più precisamente a
livello della parete inferiore della
porzione media, si originerà
la lamina spirale che andrà a
seguire il decorso della chioc-
ciola.

209
Finestra ovale: è parzialmente ostru-
ita dal piatto della staffa, che vi si fissa
tramite il legamento anulare. Dà pas-
saggio ai canali che contengono i liquidi
endolabirintici in entrata.
Finestra rotonda: più bassa, è otturata
dalla membrana secondaria del timpano
(fibro-periostale, rivestita da mucosa). Dà
passaggio ai canali per i liquidi endola-
birintici in uscita. La lunghezza totale
della capsula otica è circa 19-20 mm, la
sua altezza maggiore è a livello post e
misura circa 15 mm, mentre nella sua
parte più bassa è 13 mm circa. Sono
dunque dimensioni estremamente pic-
cole. Tuttavia questo recipiente contiene
informazioni molto importanti per la
nostra economia, perché all’interno del labirinto post avremo tutti i recettori sensoriali concernenti il nostro
apparato muscolare, che permettono ai muscoli di funzionare. L’ attività motoria comincia dal vestibolo con
l’attività muscolare di base che è il riflesso miotattico, che determina il tono muscolare.
Il labirinto post o vestibolare è rappresentato dal vestibolo e dai canali semicircolari. Il vestibolo sarà ap-
erto sulla cassa del timpano con le finestre rotonda e ovale e conterrà una parte del labirinto membranoso,
l’utricolo e il sacculo. Questi conterranno a loro volta i recettori statestesici.
Ciò riguarda il vestibolo osseo. Ci sono dei canali che si apriranno sul vestibolo, detti canali semicircolari. I
canali semicircolari sono responsabili fisiologicamente dei 3 piani dello spazio, e ognuno corrisponde ap-
punto anatomicamente a questi 3 piani. Distinguiamo:
1. un canale semicircolare laterale (orizzontale) o esterno che avrà come funzione quella di agire sul piano
orizzontale; nonostante questo canale sia inclinato è infatti più alto in avanti che in dietro, ed ha circa un
angolo di 30° sull’orizzontale. Ciò fa pensare alla tenda del cervelletto che ha sensibilmente la stessa incli-
nazione e che rappresenta il piano orizzontale nel quadro della meccanica craniale. Quindi c’è un canale
laterale e gli altri 2 sono canali semicircolari a decorso verticale che si dividono in un canale superiore e un
canale posteriore. Questi canali verticali hanno una estremità in comune e si uniscono per avere solo un
compartimento. Essi sono contenuti all’interno della rocca, la quale presenta un grande asse diretto alto-
avanti-dentro.
2. Il canale semicircolare verticale sup è invece perpendicolare all’asse della rocca, e il
3. canale semicircolare verticale post è parallelo. I canali verticali canali hanno 2 estremità, e una di queste
è dilatata rispetto all’altra:
l’estremità dilatata è detta: estremità ampollare, che conterrà l’ampolla del canale semicircolare membra-
noso ed è in questa ampolla che si trova il recettore canalare (che è un recettore girestesico). Quindi ogni
canale ha la stessa conformazione;
l’estremità non ampollare dei canali verticali è comune e non è dilatata.

Questi canali semicircolari misurano 1 mm e ½ di diametro, e contengono internamente i liquidi più il sacco
membranoso. Il vestibolo post o labirinto post è completato dall’acquedotto del vestibolo che contiene il
canale endolinfatico e comunica:
davanti, con il vestibolo
dietro, si apre nel piano post della base del cranio, costituito da:
1. parte endocranica inf della squama dell’occipite, quindi tutta la parte inf al seno laterale laddove si
inserisce la tenda del cervelletto. È anteriormente a questa parte che la squama sarà prolungata dalle masse
condiloidee; e quindi la parte ant della squama costituisce la porzione post del foro occipitale. Le masse
condiloidee costituiranno la parte laterale e si uniranno in avanti per formare l’apofisi basilare.
Tutto questo costituisce il piano post della base del cranio, nella sua parte mediana.
2. Il resto del piano post è costituito dalla faccia post-sup della rocca.
Sul bordo superiore della rocca, posteriormente, si inserisce la tenda del cervelletto, siamo nel piano post
210
della base. Sulla faccia post-sup della rocca troveremo un orifizio più o meno allungato che corrisponde
alla fossetta ungueale, che la troviamo vicino al Condotto Uditivo Interno (CUI).
Arriviamo ora al labirinto ant, quindi alla chiocciola.

La Chiocciola forma un canale arroto-


lato su se stesso per 2 giri e ½.
Questo canale è detto canale spirale:
esso si arrotola intorno ad un asse con-
ico centrale detto columella o modiolo,
e contiene la coclea o il canale cocleare,
con i liquidi labirintici. Quali sono le
regioni che circoscrivono la chiocciola ?
Lateralmente: il protimpano e il canale
del m. del martello. Medialmente: il
CUI. In alto: il canale facciale.
All’interno della rocca e sotto la chioccio-
la, un pò più indietr: il canale carotideo;

questo fa si che quando si verifica una perturbazione della trasmissione del suono, i segni soggettivi che
traducono questa alterazione o perturbazione vasomotoria della trasmissione della catena ossicolare sono
detti > ACUFENI.
In questo caso, è possibile apprezzare il rumore che il sangue arterioso fa quando scorre nel canale carot-
ideo. Quindi o sono acufeni acuti o gravi. Con gli acufeni sentiamo rumori corporei, ma la maggior parte del
tempo sono rumori arteriosi. Sono segni clinici soggettivi, e non sono sintomi osservabili dall’esterno; gli
acufeni appartengono in modo soggettivo al Pz e non si possono diagnosticare dall’esterno.
Il punto di partenza di questi acufeni è l’ortosimpatico periferico che concede la vaso motricità della carot-
ide, ed è contenuto nella regione cervicale.
Possiamo avere disfunzioni fasciali o meccaniche o un risentimento di tensioni nella regione cervicale con
origine più lontana: nella faringe, esofago, diaframma che danno ripercussioni appunto sulla vasomotricità
dell’a. carotide.
Questo è possibile tramite il sistema di aponeurosi o fasce che collegano i visceri con la regione cervicale.
Importante in tal caso è l’implicazione della catena latero-vertebrale. Gli acufeni possono comparire in
periodi di stress o di difficoltà psicoemozionali o ancora di semplice affaticamento psico-fisico. Spesso essi
sono legati alla sfera emozionale, e sono più frequenti nei soggetti emotivi o vagali.

Columella o modiolo: attorno alla columella gira e si arrotola la lamina spirale che si prolunga e si arrotola
a sua volta nella chiocciola, prolungando la parete inferiore del vestibolo. La columella è un processo osseo
con il grande asse obliquo in avanti-fuori; non è un elemento verticale. La columella è piuttosto orizzontale
e il canale spirale si arrotola attorno e perpendicolarmente alla columella. La lunghezza della columella è di
3 mm. Questa columella è un cono con un apice e una base.
La base della columella corrisponde al fondo del CUI; la particolarità del CUI è che è suddiviso in 4 compar-
timenti: il fondo di questo condotto è una doccia che formerà questo canale e che andrà nella parete post-
sup della rocca, diventando un piccolo canale molto corto, e il fondo di questo canale è diviso in 2 piani da
una lamella ossea, che è la cresta falciforme.
La metà esterna del fondo del CUI è riservata alla fuoriuscita dei nn. vestibolari, quindi da 2 fossette sup e inf;
per la metà interna del quadrante inf-int c’è la base della columella che costituirà la lamina cribrosa spiroi-
dale della chiocciola (come il canale spiroidale);
il quadrante sup-int contiene l’orifizio di entrata dell’acquedotto di Falloppio, detto anche canale fac-
ciale, che corrisponde alla faccia inf della rocca petrosa.

211
Il canale spirale è percorso dalla lamina
spirale, e tale lamina suddivide parzial-
mente il lume dal canale spirale in 2
compartimenti:
anteriore: cioè la rampa vestibolare
posteriore: cioè la rampa timpanica;
tra le due c’è il canale cocleare.

Riassumendo
La columella è orizzontale; il suo grande
asse è obliquo avanti-fuori; il canale
spirale si arrotola intorno e la lamina
spirale è invece perpendicolare al
grande asse della columella.
Il lume del canale spirale è diviso in 2
compartimenti: uno ant e uno post (sud-
divisione parziale).
Sull’estremità di questa lamina spirale si inserisce il canale cocleare, e quindi le 2 rampe sono isolate: c’è la
lamina spirale, la coclea, e la separazione con le 2 lamine.

La columella è percorsa
da numerosi piccoli canali;
questi canali seguono
inizialmente la direzione
della columella e, una volta
arrivati all’altezza della
lamina spirale, cambiano
direzione e diventano per-
pendicolari alla columella
stessa. Laddove si forma
l’angolo c’è una leggera
dilatazione (qui c’è il corpo
cellulare della fibra ner-
vosa).
Questi canali della colu-
mella contengono le rami-
ficazioni del n. uditivo,
quindi fibre nervose, e inol-
tre i vasi (vene e arterie).
212
Data la sensibilità della struttura, serve poco dunque per perturbare una informazione. La parte iniziale
del canale conterrà i dendriti della fibra nervosa, perché le fibre del nervo cocleare sono elementi afferenti;
quindi le fibre nervose iniziano con i dendriti che succederanno alle cellule cocleari.

A livello della parte dilatata c’è il corpo


cellulare della fibra nervosa, e il resto
della fibra nervosa e la parte restante
del canale è occupata dall’assone della
fibra cocleare che terminerà nel tronco
cerebrale. I corpi cellulari di più fibre si
uniscono per formare il ganglio di Corti:
esso rappresenta la localizzazione del
corpo cellulare delle
fibre cocleari. Questo
ganglio di Corti ha in
partenza una forma
a spirale e una suc-
cessione di piccoli
gangli che gli con-
feriscono un aspetto a corona di rosario.
Non è una massa compatta come un ganglio
spirale, ma saranno piccoli ammassi cellulari su
2 giri e ½ tutt’intorno alla chiocciola.

All’apice della columella, quando abbiamo la separazione delle 2 rampe tramite la coclea, c’è un orifizio
detto elicotrema, definito come il punto unico di comunicazione tra le 2 rampe.
Le rampe sono accollate le une contro l’altra e girano insieme per 2 giri e ½, questo per ragioni di spazio.
Prendendo ogni lato di queste 2 rampe e allungandole, facciamo una struttura rettilinea che possiamo così
schematizzare: ogni estremità delle rampe sarà in rapporto funzionale con una finestra del vestibolo:
la rampa vestibolare è in rapporto con la finestra ovale
la rampa timpanica è in rapporto con la finestra rotonda che è otturata dal timpano secondario.
L’elicotrema (5/10 mm) è nel punto centrale e mette in comunicazione le 2 rampe; essa lascia passare i
liquidi che vibrano e che permettono la trasmissione sonora. Queste rampe sono in un mezzo inestensibile
(che è la capsula otica compatta) e all’interno di queste rampe c’è l’endolinfa che appunto è un liquido
incomprimibile.
Quando la staffa imprime le vibrazioni nella rampa vestibolare spingerà i liquidi. Se il liquido non riesce a
213
seguire la vibrazione per cui i liquidi sono incomprimibili, il timpano secondario deve lasciarsi deprimere
per far muovere il tutto (infatti il timpano secondario è in rapporto con il liquido incomprimibile che è l’aria
che si trova nella cassa). Solo così si trasmettono le vibrazioni esterne.
La capsula otica contiene il labirinto membranoso che ha più o meno la stessa forma, a parte ovviamente
la zona centrale contenente utricolo e sacculo.
Nel vestibolo ci sono 2 borse:
Utricolo: la borsa più voluminosa
Sacculo: la borsa meno voluminosa

L’utricolo riceve tutti i canali semicircolari e parte da qui la radice per il canale endolinfatico.
L’utricolo è la borsa più grande e misura 3mm *2mm.
All’interno si trova la zona sensoriale; vicino c’è il sacculo: una piccola palla sferica di 2 mm di diametro:
anche esso dà la radice sacculare per il canale endolinfatico, e quindi queste 2 radici convergono per costi-
tuire il canale endolinfatico che termina con una ampolla situata nella fossetta ungueale, situata sulla faccia
postero-superiore della rocca petrosa.
Le zone sensoriali dell’utricolo e del sac-
culo si chiamano macule:
la macula dell’utricolo e la macula del sac-
culo. La macula dell’utricolo è orizzontale
(quindi trasversale) e la macula del sacculo
è sagittale (è detta “ la sagittale”).
A livello della macula, l’epitelio dl sacculo
membranoso si ispessisce e contiene le
cellule cigliate vestibolari. Queste cellule
cigliate sono neuroni modificati; come
tutti gli altri recettori possiedono ciglia
ricoperte dagli alveoli formati da sostanze
gelatinose. Ogni ciglia della macula ha
una lunghezza decrescente che le con-
ferisce un’ estremità a taglio. La sostanza
gelatinosa fa da supporto a cristalli di
carbonato di calcio che prendono il nome
di otoliti o otoconi e il peso specifico è 3
volte quello della endolinfa.

214
La ciglia più lunga è detta chi-
nociglia: prende inserzione nella
sostanza gelatinosa ed è la più
flessibile.
Si depolarizza con lo spostamento
del capo, determinando la depolar-
izzazione della cellula.
Stereociglia: sono libere e sono
sempre più corte diventando pro-
gressivamente meno flessibili. Nel
movimento del capo si muove ciò
che ricopre, cioè le pareti; mentre
la sostanza gelatinosa e gli otoliti
dentro l’endolinfa sono inerti inizial-
mente.
La chiocciola contiene le cellule
cigliate dette chinociglia.

Più la testa si allontana dal piano di riferimento, più avremo stereociglia reclutate, più forte sarà l’eccitazione
e più numerose sono le cellule cigliate che si depolarizzano: questo permetterà ai muscoli antigravitari di
attivarsi correttamente.
Inoltre: più le macule si allontanano e più saranno reclutate le stereociglia, e più aumentano le contrazioni
dei muscoli responsabili del sistema dell’ equilibrio vestibolare.
Le macule dell’utricolo sono agoniste e sollecitate in un piano sagittale e determineranno uno spostamento
ant-post definendo un piano frontale.

cellula acustica interna spazio di Nuel


membrana tectoria

cellule acustiche
esterne
lembo
spirale

membrana basilare

solco spirale interno


galleria del Corti
215
Quando la testa va in avanti sono
sollecitati i muscoli flessori
Quando la testa va indietro sono
sollecitati i mm. estensori
Ricapitolando: le vibrazioni
aeree precorrono il CUE, fanno
vibrare la membrana che a sua
volta fa vibrare gli ossicini. La
staffa aumenta e diminuisce la
pressione nell’ambiente liquido
dell’orecchio interno per tras-
mettere le vibrazioni al canale
cocleare, affinché la coclea possa
convertire tali impulsi in impulsi
bioelettrici per il SNC. I liquidi
endolinfatici dell’orecchio interno,
incomprimibili e contenuti in una
scatola ossea, non potrebbero
trasmettere tali vibrazioni se
non fossero in relazione con un
ambiente aereo (finestre rotonda
e ovale). Così, quando il piatto
della staffa spinge sulla finestra
ovale, all’altra estremità il timpano
secondario si lascia deformare. Il
fatto di rimanere fermi, immobili
è sempre una motricità pensata,
in realtà siamo attivi muscolar-
mente, anche se i riflessi sono inibiti.
Le macule del sacculo sono antagoniste, verticali, sollecitate in un piano frontale e delimitano il piano sagit-
tale. Sono antagoniste e la posizione di eccitazione massima di una corrisponde alla posizione di inibizione
massima dell’altra. Ad es. la stimolazione della macula sin aumenta l’allontanamento del capo dal piano
sagittale verso sin e la reazione stimolerà la contrazione dei mm. abduttori omolaterali a sin e degli addut-
tori a dx. L’ intersezione dei 2 piani dà una verticale teorica. In realtà siamo decalati, spostati e oscilliamo
economizzando i muscoli (equilibrio-economia–confort). Il riferimento per la postura è la testa che deve
essere sollecitata il più possibile. Attenzione anche alla mandibola e alle sue disfunzioni che spesso possono
perturbare il sistema antigravitario aumentando le informazioni sul sistema vestibolare. Tutto ciò condiziona
la nostra postura e la forma: lavorare sempre il cranio.

Siamo nell’ampolla: zona sensoriale


dove l’epitelio membranoso si ispes-
sisce per formare la cresta ampollare
che avrà cellule cigliate dentro gli alveo-
li: ricoperti da sostanze gelatinose dette
copula che ottura il lume dell’ampolla ma
che non è aderente a questo lume, perché
vi può scivolare. La cresta ampollare costi-
tuisce il recettore canalare che è il recettore girest-
esico stimolato dalle variazioni angolari, spostamen-
ti e velocità: es quando giro la testa a sin, si sposta la cresta
ampollare e la capsula avrà uno spostamento ritardato.
Ci sarà un fenomeno eccitatorio da un lato e inibitorio dall’altro. Il canale cocleare si inserisce all’estremità
della lamina spirale a livello del limbo (siamo dentro il canale spirale) dove tracciamo:
- dietro: rampa timpanica
216
- avanti: rampa vestibolare
Tra le 2 ho il canale cocleare

La coclea è aderente alle pareti del canale spirale tramite legamenti. All’interno c’è la stria vascolare, cos-
tituita da una ricca rete di capillari che secernerà l’endolinfa. La stria vascolare ricorda i plessi corioidei che
secernono il liquor.
Il canale cocleare ha un aspetto triangolare, l’apice è il limbo.
La parete anteriore è la membrana di Reissner, in rapporto con la rampa vestibolare, e l’altra parete è la
membrana basilare in rapporto con la rampa timpanica dove si poggia l’organo del Corti (che è la zona
sensoriale della coclea): questo organo è formato da cellule di sostegno che formano un supporto per le
cellule cigliate interne(sono meno numerose, circa 4000 e disposte su una sola linea) ed esterne (disposte
su tre file sono 30.000), e i 2 pilastri delimitano il tunnel del Corti che contiene la cortilinfa. Queste cellule
cigliate formano pilastri interno ed esterno e hanno un velo membranoso che le ricopre e forma un tun-
nel con la linfa subtentoriale. Le vibrazioni dei liquidi danno vibrazioni della membrana basilare, e questo
determina la flessione delle ciglia che corrisponde ad una frequenza. Il lume del canale cocleare aumenta
in prossimità dell’apice della columella, e la larghezza della membrana basilare aumenta man mano che ci
avviciniamo all’apice della columella.
A livello della base della columella, vicino al CUI la larghezza è 4/100 di mm occupato dall’organo del Corti,
mentre a livello dell’ apice lo spazio è di 5/10mm. Questa modificazione di forma modifica la flessibilità e
maggiore è lo spazio e maggiore è la flessibilità per trasmettere le frequenze.

217
Liquidi ENDOLABIRINTICI
I liquidi endolabirintici più conosciuti sono la
perilinfa e l’endolinfa.
La perilinfa proviene dai plessi corioidei
tramite il liquor, c’è quindi comunicazione tra
gli spazi subaracnoidali e l’orecchio interno.
Il LCR diventa perilinfa nel momento in cui
il liquor raggiunge gli orifizi che perforano il
fondo del CUI. LCR è contenuto negli spazi
sottoaracnoidei, quindi i nervi e i vasi sono
contenuti negli spazi sopra aracnoidei in-
sieme all’encefalo. Quando il n. acustico
esce dal CUI, quando l’a. uditiva interna
penetra nel CUI, il LCR segue il decorso di
questi nervi e vasi che arrivano appunto
all’orecchio interno.
LCR in un 1 tempo segue il decorso di questi vasi e nervi.
LCR e perilinfa hanno stessa composizione.
Il riassorbimento di liquido dalla periferia si farà a livello del limbo che raggiunge la vena capillare, quindi
la vena uditiva interna, che è drenata nei seni venosi circostanti. Come seni venosi abbiamo: seno petroso
superiore e seno petroso inferiore e seno giugulare.
L’endolinfa è prodotta dalla stria vascolare e in parte dal limbo.
Stria vascolare: rete capillare è una arborizzazione terminale della a. vertebrale, poiché l’a.vertebrale
distribuirà all’interno della scatola cranica l’a. uditiva interna che diventerà a. cocleare, e formerà inoltre la
rete capillare e da lì avremo la secrezione dell’endolinfa. Il riassorbimento dell’endolinfa è nella ampolla en-
dolinfatica, attraverso il foglietto viscerale della dura madre e attraverso l’aracnoide, raggiungendo gli spazi
subaracnoidei.
LCR si riassorbe in tutti i seni venosi cranici, ma soprattutto nel seno longitudinale SUP.
Il sangue venoso diventa sangue arterioso a livello degli alveoli polmonari. Più si avvicina ai tessuti e più
perderà ossigeno diventando liquido interstiziale, il quale viene canalizzato progressivamente è chiamato
linfa, la quale a sua volta si continua nel sangue venoso.

La vascolarizzazione dell’orecchio dipende dal sistema carotideo ESTERNO con le sue divisioni:
a. carotide esterna
a. auricolare post
a. mascellare interna
a. facciale
che innervano ogni parte costituente dell’orecchio medio e dell’orecchio interno.

L’orecchio MEDIO è soprattutto irrorato dalla a. carotide esterna, ma è anche irrorato dalla a. carotide
timpanica che partecipa all’irrigazione della cassa del timpano;
l’orecchio INTERNO è irrorato tramite il sistema vertebrale; inoltre tramite l’a. cerebellare media che ci
dà l’a. uditiva interna.
In base a dove arriva il sangue, si sa a quale livello si deve lavorare.
Il ganglio che controlla il sistema delle aa. vertebrali è il ganglio stellato (ganglio cervicale inferiore), ma può
trovare irritazione lungo il suo tragitto. L’a. carotide esterna e anche la regione cervicale è controllata dal
ganglio cervicale medio, soprattutto ma anche il GCS e GCI.

4 sem_ Gay

Orecchio: FISIOLOGIA Cocleare e Vestibolare


Prendiamo in considerazione, in questa lezione, alcune basi della fisiologia cocleo-vestibolare e i vari mezzi
di indagine.
Questi sono due sistemi riflessi che sono indispensabili alla funzione uditiva e alla funzione dell’equilibrio, e
218
più ampiamente alla funzione muscolare: cioè alla motricità.
In un certo modo questi due sistemi ci permetteranno di delimitare noi stessi, rispetto all’ambiente esterno,
e quindi servono alla nostra identificazione corporea. Quindi l’orecchio non serve unicamente ad udire o a
restare in equilibrio, ma la cosa va molto oltre.
Due sistemi riflessi, dunque, costituiscono l’orecchio:
sistema cocleare
sistema vestibolare

Sistema cocleare
La funzione dell’orecchio è essenzialmente uditiva.
Serve a trasformare una energia vibratoria esterna in un fenomeno bioelettrico, facendo si che questo
fenomeno meccanico diventi udibile ed interpretabile, e per questo ci saranno dei fenomeni meccanici e dei
fenomeni bioelettrici.
I fenomeni meccanici si ritrovano a livello dell’orecchio esterno e dell’orecchio medio.
L’orecchio esterno è la sede della ricezione, nel senso che contiene i recettori cocleari e partecipa pure alla
funzione vestibolare; inoltre permette la localizzazione delle vibrazioni aeree. L’orecchio esterno permette
di concentrare queste vibrazioni, facendo si, che abbiano il miglior impatto meccanico sulla membrana
timpanica. Ciò permette che questo fenomeno vibratorio possa essere trasmesso dal sistema timpano-
ossicolare attraverso l’orecchio medio, per provocare dei fenomeni meccanici nell’orecchio interno, cioè
vibrazioni della membrana basilare; partendo da questi, avviene una modificazione del fenomeno mecca-
nico che viene trasformato in fenomeno bioelettrico. Questo a partire dalle cellule ciliate cocleari. Quindi
la vibrazione delle ciglia di queste cellule cocleari permette la depolarizzazione di queste cellule cocleari con
conseguente eccitazione dei neuroni afferenti.
Che cos’è che diventerà suono?
Definizione di suono: un suono è un insieme di fenomeni vibratori meccanici che si esprimono in frequen-
ze misurabili da 20-20000 Hz; è una modificazione brusca di pressione, che per un fenomeno vibratorio si
propaga da molecola a molecola. È un fenomeno meccanico per il quale le molecole, sotto questa influenza,
si urtano l’una con l’altra e creano un seguito di questa vibrazione che si propaga dall’una all’altra in tutte
le direzioni. E cosi questo fenomeno meccanico può propagarsi progressivamente allontanandosi dalla sua
fonte, e l’energia cinetica generata da questo fenomeno diminuirà progressivamente fino a che, quando si
sarà allontanata di una certa misura non sarà più percettibile. Tutta questa gamma di frequenze arriva alla
corteccia temporale e diventa un suono fino all’Organo di Corti. Una volta che il suono è trasmesso alla cor-
teccia temporale, è un fenomeno vibratorio trasformato in energia elettrica.
La vibrazione sonora è un fenomeno vibratorio del mezzo del quale questo fenomeno vibratorio esiste e
si propaga. È un fenomeno meccanico che si allontana dal punto di origine; le sue molecole si allontanano
dunque tra loro.
La rappresentazione grafica di un suono puro è un’onda sinusoidale come quella emessa da un diapason ,
e tale onda vibra su una certa frequenza che ha una certa lunghezza d’onda, che è costante, ed è la distanza
tra due creste. Si definisce Lambda la distanza tra le creste dell’ onda del suono.
Più lambda (distanza tra le creste) è vicina, più il suono è acuto.
Più lambda (distanza tra le creste ) è lontana, più il suono è grave.
L’unità di misura della frequenza sono gli Hz come già detto 20-20000 Hz
La maggior parte dei suoni sono lo stesso fenomeno vibratorio ma con diverse frequenze. Il raggiungimento
di più frequenze danno un suono. Più la lunghezza d’onda aumenta, più la frequenza è grave. Più la lunghez-
za d’onda è corta più la frequenza è acuta.
Un fenomeno vibratorio anzi più esattamente un suono, ha la sua altezza, più l’altezza è importante, più il
suono è intenso.
La frequenza di un suono si misura in Hertz, che equivale ad un certo numero di vibrazioni per unità di
tempo. Quando c’è un miscuglio di parecchie frequenze si chiama timbro. E quando alcune frequenze si
trovano mescolate insieme ma, in maniera manifesta non stanno bene insieme, un miscuglio di alte e basse
frequenze sufficientemente intenso prende il nome di rumore. Il rumore è il mescolamento di frequenze
discordanti e dunque non è un suono puro.
L’intensità è misurata in Decibel. La soglia, o meglio, il limite superiore sopportabile dall’orecchio è
all’incirca 120 decibel, misura che può essere variabile a seconda dell’individuo. Di media possiamo dire
219
che a partire da 120 decibel, non abbiamo più un suono ma il suono diventa un dolore. L’orecchio non è più
capace, anzi è la corteccia che non sopporta più questa intensità ed ecco che non diventa più un suono ma
un dolore.
Il range udibile dall’orecchio umano è tra i 20 e i 20.000 Hertz, questo per dire che al di sopra di tale range,
il suono è percepito come dolore. Importante è il rapporto con la sua corteccia, perché è chiaro che le due
strutture funzionano insieme.
La conversazione normale si fa a 45-50 Decibel.
La velocità di propagazione è variabile, a seconda della densità dell’ambiente e del mezzo in cui questo
fenomeno si propaga; più è denso l’ambiente, e più accelera la propagazione del fenomeno vibratorio (poi-
ché le molecole sono vicine) e quindi più il fenomeno vibratorio è rapido.
Velocità del suono (vedi dopo nelle righe seguenti):
Aria: 330m/sec
H2O:1330 m/sec
Ghisa: 3000 m/sec

Tutto ciò influenzerà il dispositivo anatomico, in modo che la frequenza del suono possa essere trasmesso e
analizzato dalla corteccia temporale.
Abbiamo a che fare con un fenomeno meccanico allora ecco che più le molecole sono vicine, più la propag-
azione sarà veloce. Più le molecole del mezzo sono distanti, più tempo ci vorrà perché il fenomeno si propa-
ghi dall’una all’altra.
La velocità media nell’aria è all’incirca di 331 metri al secondo. Nell’acqua all’incirca 1200 metri al secondo,
quattro volte di più. Nella ghisa dove si ha la densità maggiore è di circa tre km al secondo.
Queste sono le principali caratteristiche fisiche della vibrazione aerea.
Il fenomeno vibratorio sarà riflesso.
Le vibrazioni aeree dipendono dal mezzo di propagazione, lo abbiamo già detto: le vibrazioni aeree si riflet-
tono quando incontrano degli ambienti di natura diversa dal mezzo di propagazione e quindi la maggior
parte del fenomeno vibratorio torna indietro, e cosi è fondamentale per l’orecchio di conservare quel poco
che rimane. La frequenza della vibrazione dipende dallo stato dell’apparecchio di trasmissione e questa si
chiama compliance (catena degli ossicini), comunque è lo stato delle strutture che possono essere elas-
tiche o rigide. Se il sistema di trasmissione è rigido, la compliance è bassa. Più il sistema è morbido, più la
compliance è alta, elevata. Occorre che ci sia una corrispondenza tra lo stato del sistema di vibrazione e la
vibrazione stessa. Se non c’è una corrispondenza tra la frequenza e lo stato del sistema che la trasporta, la
vibrazione non sarà udibile, non potrà essere trasmessa in maniera efficace, che permetta di sentire il suono.
Poiché questo fenomeno vibratorio incontra un’opposizione, un ostacolo da parte di queste strutture che
debbono poi trasportarla, abbiamo anche un altro parametro: la resistenza, che sarebbe l’opposizione in-
contrata dal fenomeno vibratorio e questa si chiama impedenza (muscoli) e rispecchia il grado di difficoltà
(ostacolo) incontrato. E quindi questa impedenza (=resistenza) sarà variabile a seconda della compliance.
Per cui si avrà sempre un adattamento del dispositivo meccanico.
L’aumento della massa (alta impedenza) favorirà le vibrazioni di bassa frequenza.
La rigidità o la bassa compliance favorirà invece le vibrazioni di alta frequenza.
220
Vi capiterà che i Pz vi portino degli esami di questo genere, esami audiometrici, vi dico questo (dice Jean
G) affinché li conosciate e non sbarrate gli occhi quando guardate questi esami perché il Pz ne avrebbe una
cattiva impressione.
Il sistema di trasmissione deve essere in una certa compliance, per poter rispondere ad una frequenza data:
< è la compliance e meno saranno trasmesse le frequenze più gravi, mentre saranno favorite quelle alte;
> è la compliance, più si favorisce la trasmissione delle frequenze basse.
- l’aumento della compliance è un sistema di trasmissione con vibrazione di bassa frequenza, ed è elastica.
- la riduzione della compliance è uno stato di trasmissione rigida con vibrazione ad alta frequenza.
IMPEDENZA: sinonimo di resistenza; più aumenta l’impedenza, più l’ostacolo si oppone alla trasmissione
del fenomeno vibratorio.
Questa impedenza varia a secondo dell’opposizione che sarà variabile, o meglio a seconda della massa; la
massa favorisce la trasmissione delle basse frequenze; la rigidità (poca compliance) favorisce le alte frequen-
ze. Il nostro sistema di trasmissione giocherà con queste trasmissioni, in modo che ci sarà l’adattamento del
fenomeno vibratorio esterno.
L’anatomia del nostro orecchio deve tener conto di queste diverse caratteristiche.
La trasmissione del suono avviene per:
conduzione aerea
conduzione ossea
Abbiamo un adattamento meccanico nelle diverse parti dell’orecchio, in modo che tutte le frequenze es-
terne, possano essere udibili e trasmesse nelle migliori condizioni. Quindi si verifica un adattamento ana-
tomico di cui abbiamo parlato, e ciò corrisponde a delle esigenze fisiologiche, per cui abbiamo una larga
superficie di ricezione per localizzare, seguita da un imbuto cioè una progressiva riduzione del condotto che
servirà a concentrare il fenomeno vibratorio, per evitare la riflessione totale di questa vibrazione (cioè che le
vibrazioni ritornino indietro). Da questa larga superficie di ricezione il condotto va restringendosi fino alla
membrana del timpano, e qui si ha l’adattamento passivo per permettere la migliore trasmissione. Da una
parte c’è il timpano, e all’altra estremità abbiamo la platina della staffa, e vedete che la superficie di ricezi-
one va riducendosi andando da uno a meno ventisette; quindi c’è un fenomeno di concentrazione naturale
tra questa superficie timpanica e l’altra superficie rappresentata dalla platina della staffa. Per una stessa
pressione cioè, se una pressione costante la ponete su una stessa superficie, la pressione sarà molto bassa
all’altra estremità.
Se sulla staffa abbiamo una pressione equivalente ad 1, essa poi avanza verso la superficie timpanica più
ampia, e qui a livello timpanico diventerà meno ventisette.
Se invece funziona al contrario come in effetti avviene naturalmente, la pressione si moltiplicherà per 27
passando da una grande superficie ad una piccola superficie; se si riduce la superficie, la pressione aumen-
ta. Questo è un adattamento anatomico che si è realizzato in favore di tale fisiologia.
L’impatto della vibrazione in questo modo può essere trasmesso integrale all’altra estremità, malgrado la
resistenza che incontra e malgrado la riflessione all’indietro che si verifica. Questo sistema di trasmissione è
un sistema flessibile, quindi ha una certa compliance grazie alle articolazioni tra gli ossicini, grazie ai muscoli
del martello o tensore del timpano, e il muscolo della staffa o stapedio; il loro stato di tensione sarà variabile
in funzione della frequenza.
Il sistema di trasmissione è un adattatore di impedenza e di compliance in funzione del fenomeno vibra-
torio.
Altro adattamento meccanico a livello dell’orecchio interno, infatti il fenomeno meccanico non termina a
livello della platina della staffa, ma va a sollecitare l’orecchio interno attraverso i liquidi endolabirintici, che
entreranno anch’essi in vibrazione sotto l’effetto di questa catena timpano-ossicolare. È la ragione per cui
all’altra estremità della chiocciola, c’è corrispondenza tra la finestra ovale e la finestra rotonda che si apre
su di un ambiente comprimibile. A livello dell’orecchio interno si ha un adattamento; avevamo detto che
l’impedenza è dipendente dalla massa e dalla compliance, adattamento laddove si rispettano questi dati
fisici. Vedete che la larghezza della membrana basilare va aumentando dalla base all’apice della chiocciola, e
quindi aumenta la compliance. Più ci si allontana dalla base della chiocciola (la base della chiocciola mor-
fologicamente parlando corrisponde al condotto uditivo interno, due giri e mezzo), più la larghezza della
membrana basilare all’interno del canale spirale va aumentando. Più ci allontaniamo dal condotto uditivo
interno e più la larghezza di questa membrana aumenta e quindi vedete che le dimensioni sono impressio-
nanti: 4 centesimi di millimetro alla base fino a 5 decimi all’apice. Quindi questa compliance, questa elastic-
221
ità va aumentando. E questo è un adattamento anatomico che permetterà a livello della base della coclea di
registrare le vibrazioni di alta frequenza, li c’ è bisogno di rigidità. Le vibrazioni di bassa frequenza saranno
invece ricevute a livello dell’apice laddove la compliance è alta, e questo favorisce la trasmissione delle
basse frequenze.
L’altro adattamento anatomico a livello dell’orecchio interno è il lume del canale spirale, il quale ugualmente
va aumentando a mano a mano che ci si avvicina all’apice. Più ci si allontana dal condotto uditivo esterno
più il lume aumenta. Il lume aumenta a mano a mano che ci si avvicina all’apice, mentre la forma esterna
va al contrario, non c’è corrispondenza tra le due cose. Allora, la massa endolinfatica va aumentando dalla
base all’apice, e questa massa più aumenta e più favorisce la trasmissione delle basse frequenze. Questo è
l’adattamento passivo che permette la trascrizione di queste frequenze in fenomeno bioelettrico.
Le vibrazioni aeree sono trasmesse in due maniere: passiva e attiva.
La modalità di trasmissione più prestazionale, più performante è la conduzione per via aerea che è un
fenomeno attivo. Mentre il modo passivo è la conduzione per via ossea.
Ci sono due vie di trasmissione: la via aerea e la via ossea.
I 2 modi di trasmissione sono attraverso la trasmissione aerea (che è il nostro mezzo naturale).
Ogni parte dell’orecchio avrà un ruolo particolare nel concentrare e localizzare un fenomeno vibratorio, in
base al fenomeno della riflessione.
Il padiglione ha rilievi che convogliano il fenomeno vibratorio verso la conca.
Dalla conca il condotto uditivo sarà sempre più piccolo per condurre questo fenomeno sulla membrana del
timpano.
Il fenomeno vibratorio incontra un ostacolo che è il timpano e la trasmissione avviene grazie ad un disposi-
tivo osseo (= catena timpano ossicolare) che adatta il suo stato, quindi la sua compliance.
La catena timpano ossicolare è un sistema di amplificazione del fenomeno vibratorio, in quanto riduce la
superficie di contatto ai 2 lati della catena timpano-ossicolare. Il piatto della staffa è infatti 27 volte più pic-
colo della superficie del timpano, quindi essa amplifica la trasmissione perché nell’orecchio interno ci sono i
liquidi endolinfatici che fungono da fattore di impedenza (i liquidi sono un mezzo di opposizione maggiore
dell’aria presente nel CUE e nella cassa del timpano). Modificando quindi la superficie della staffa aumenta
la forza, cosa necessaria per poter propagare la frequenza sonora anche nei liquidi endolinfatici.
L’adattatore di impedenza è l’apparato muscolare, ossia i mm. del martello e della staffa, che danno una
catena muscolare più o meno rigida e così modificano la compliance della catena ossicolare.
Il timpano è una barriera tra l’aria esterna e l’aria contenuta nella cassa timpanica dove si trova la catena
ossicolare. La mucosa della cassa timpanica è di tipo respiratorio e quindi fa variare la pressione: quando
l’aria viene assorbita dalla mucosa, varia la massa della catena ossicolare e si verifca una depressione (c’è
corrispondenza quindi tra la frequenza e impedenza). Per evitare questa depressione c’è un dispositivo che
riequilibra la pressione: la tuba di Eustachio.
Per migliorare il dispositivo e discriminare meglio, il dispositivo di trasmissione diventa una cassa di risonan-
za ricca di cellule mastoidee, con pneumatizzazione aerea che fa migliorare tale cassa, migliorando l’analisi
del fenomeno vibratorio.
Il liquido endolinfatico dell’orecchio interno è paragonabile alla catena ossicolare, tuttavia il liquido è incom-
primibile, non si può modificare. Quello che invece si adatta è la membrana basilare (su cui è appoggiato
l’organo del Corti), che quindi modifica la sua compliance. La membrana basilare adatta la sua compliance e
modifica la sua superficie, aumentando la sua ampiezza dalla base verso l’apice. Un aumento della compli-
ance favorisce la trasmissione delle basse frequenze dalla base verso l’apice > ciò è detto tonotopia co-
cleare (importante per le cellule di Corti).
apice

base

222
Invece l’adattamento della massa si fa con le variazioni di calibro del canale cocleare.
Il lume del canale cocleare aumenta dalla base verso l’apice della chiocciola: quindi aumentando la massa, si
favorisce la trasmissione della bassa frequenza. A livello dell’apice della chiocciola il calibro è maggiore.
Ogni parte dell’orecchio ha un suo adattamento anatomico. Questo per la trasmissione aerea.

staffa g finestra ovale g rampa vestibolare gelicotrema g


finestra rotonda
(=timpano secondario) g rampa timpanica
La conduzione OSSEA non sollecita un dispositivo di trasmissione aerea, ma è il tessuto osseo stesso che
entra in vibrazione, poiché è l’osso che entra in vibrazione, dato che è costituito soprattutto da H2O (quindi
vibra intorno alla finestra ovale e al sistema di trasmissione)
Ricapitolando:
La conduzione per via ossea avviene:
- per inerzia: vibrazione della capsula otica intorno al piatto della staffa che fa vibrare il liquido;
- per compressione: è la compressione della chiocciola che fa vibrare il liquido che contiene.
La conduzione per via ossea è meno discriminativa; è tramite essa che percepiamo la nostra voce che avvi-
ene tramite la vibrazione di aria nelle corde vocali;
vibrazione di aria in rinofaringe (ecco perché cambia la nostra voce quando ci sentiamo in una registrazione
o quando siamo raffreddati).
La conduzione per via ossea dura circa 20 secondi; quella per via aerea dura 40 secondi.

Se voi appoggiate un diapason in vibrazione sul vertice del cranio (vertex), percepirete la sua vibrazione e
questo avviene attraverso la via ossea. La propria voce viene trasmessa per via ossea, mentre la voce altrui
per via aerea. È per questo che quando si ascolta una registrazione della propria voce si ha una percezione
diversa,proprio per le modalità di trasmissione che è diversa. Sono vere tutte e due, ma una è più perfor-
mante nel senso discriminativo, poiché non ha alcun senso ascoltare la propria voce se non per correggersi,
o per modificare il proprio stato psicoemozionale, perché si possa adattare la maniera in cui ci si sta espri-
mendo. Ma l’interesse, lo scopo dell’udito, è quello di interpretare nella maniera più performante possibile,
cioè che proviene dall’esterno e quindi la conduzione per via aerea è più sofisticata, più discriminativa, ma
entrambe le vie sono vere. Una apparirà un po’ più grave, con un timbro di fondo, mentre per via aerea si
possono distinguere tutte le sottigliezze di una musica, ciò che non è possibile per via ossea.
Diventa patologico o disfunzionale quando i rumori del corpo diventano predominanti. Se vi “tappate” le
orecchie, sentite un rumore di fondo, e questi sono i rumori di fondo del nostro corpo trasmessi per via
ossea. È si perché se i condotti sono chiusi, il suono non passa più. Sono mantenuti in maniera debole, di
sottofondo, ma quando diventano importanti come gli acufeni ad esempio, in questo caso c’è disfunzione.
Normalmente non si sentono o molto poco perché la via aerea sovrasta la conduzione per via ossea. Ma
entrambe sono vie vere , solo che hanno intensità diverse.

Mezzi di indagine
Quindi a partire da queste due modalità di trasmissione ecco che esistono diversi metodi di indagine della
funzione coclearie e ci si serve di questi due mezzi. Detto in maniera riassuntiva, ci sono più modi di sapere
se una persona sente bene o meno, il modo più semplice è utilizzare la voce.
Il grido è percepibile fino a cinquanta-sessanta metri, mentre il sussurro fino a circa un metro di distanza. e
quindi su questa base si può valutare se c’è bisogno di avvicinarsi di più alla fonte, significa che c’è qualcosa
che non va. L’esame audiometrico si fa per valutare lo stato di sordità o di ipoacusia in funzione delle fre-
quenze. Un altro mezzo di valutazione è quello di utilizzare l’orologio, ma l’orologio del medioevo, quello a
carica manuale. Un altro modo è usare il diapason. Il grosso inconveniente nel diapason è che si può esam-
inare tutto il range acustico udibile, ma non si può modificare l’intensità. L’altro inconveniente è che si fa ap-
pello all’interpretazione del soggetto, cioè è molto soggettivo il risultato. Perché anche se il soggetto sente
bene potrà sempre mentire e dire che non sente. Ma la tecnica ha permesso di spazzar via tutto questo, e,
per evitare la partecipazione del soggetto, e per poter utilizzare tutte le intensità che si vogliono, ecco che
sono stati creati questi metodi moderni, in particolare l’audiometro. Ecco che allora non c’è più il modo di
223
mentire. A partire da questo, con questo strumento si possono testare entrambi i modi di trasmissione. E ci
sono diverse prove, queste prove si ritrovano sugli esami audiometrici che portano i pazienti.
Bisogna sapere che la conduzione per via ossea dura molto meno della conduzione per via aerea. La con-
duzione per via ossea dura circa venti secondi, quella per via aerea quaranta secondi. E quindi le prove
dell’otorino si basano su questi tempi.
Abbiamo la prova di Schwabach effettuata con il diapason o un vibratore elettrico, che si può appoggiare
in varie zone del cranio, sulla regione mastoidea, sulla regione frontale, sul vertice.

Se la trasmissione è inferiore a 20 secondi si avrà a che fare con un disturbo della ricezione (riguarda la
ricezione, cioè l’orecchio interno sarà stimolato per più tempo; quindi è come una cassa di risonanza).
Se la trasmissione per via ossea va oltre i 20 secondi, allora si potrà affermare che c’è un disturbo della
trasmissione meccanica per via aerea (riguarda l’orecchio medio)
Questo permette di localizzare seppur grossolanamente un disturbo dell’orecchio medio da un disturbo
dell’orecchio interno, sordità o ipoacusia di trasmissione è incriminato l’orecchio medio. Mentre per la ricezi-
one è l’orecchio interno. quindi sapremo dove avviene la trascrizione da fenomeno meccanico a fenomeno
bioelettrico.
L’altra prova è la prova di Weber, permette di lateralizzare il disturbo cioè di indicare il lato del disturbo.

Normalmente la prova si fa posizionando questo vibratore sul vertice, quindi si fa sempre appello alla tras-
missione per via ossea. Allora sul vertice la percezione si ha al centro della scatola cranica, quindi si percepirà
il fenomeno vibratorio tra le due orecchie, se invece si ha un disturbo di trasmissione, la percezione sarà
migliore dal lato leso. Se abbiamo a che fare con un disturbo della ricezione è chiaro che dal lato dove c’è la
lesione, si sentirà meno, dunque predominerà il lato sano rispetto all’altro che è più debole.
Infine c’è la prova di Rinné in cui con un artificio tecnico si fanno partire le due curve, cioè quella che si
riferisce alla conduzione per via aerea, e l’altra curva è la trasmissione per via ossea. Con un artificio tecnico
si sovrappongono le due curve come punto di partenza. Quindi tale prova oppone la conduzione ossea alla
conduzione aerea.

224
Si dice che il Rinné è normale quando la conduzione
ossea eguaglia la conduzione aerea (VO=VA; si dice
anche Rinné positivo, perché 40 sec diviso 20 sec =
2). Però vi ricordo che è un artificio sovrapporre le due
curve sul grafico, dato che noi sappiamo che normal-
mente la conduzione per via aerea (VA=40 sec) dura
di più della conduzione per via ossea (VO=20 sec),
si tratta di una rappresentazione grafica. Se invece
rispettassimo quello che avviene normalmente, le due
curve non potrebbero essere sovrapposte.
L’interpretazione del grafico è soggetta a molte precauzioni e cautele.
Quando c’è un disturbo della trasmis-
sione, la conduzione per via aerea sarà
impeccabile, perfetta, mentre la con-
duzione per via ossea salterà alcune fre-
quenze, e allora ci sarà una dissociazione
tra le due rappresentazioni grafiche. In
questo caso si dice che il Rinné è nega-
tivo. La conduzione ossea in questo caso
dura più a lungo della conduzione aerea
quindi la sovrasta ma è meno performan-
te nelle frequenze.
Quando c’è un disturbo della ricezione,
cioè un disturbo dell’orecchio interno, in
alcune frequenze entrambe le curve si ab-
bassano, perché se i fenomeni di trascriz-
ione elettrica sono in disfunzione, le
vibrazioni non potranno essere trasmesse
al nucleo cocleare e cosi si perderanno
alcune frequenze, sia per via aerea che
per via ossea. In questo caso si dice che il
Rinné è positivo patologico.
E cosi si traducono questi disturbi cocleari in periferia.

In una lesione tubarica, quando c’è chiusura tubarica, la pressione endotimpanica si abbassa perché i gas
sono assorbiti dalla mucosa. La massa ossicolare si abbassa, la tensione ossicolare aumenta, la pressione
endolabirintica si abbassa e gli acufeni sono acuti, è un ipoacusia di trasmissione nelle basse frequenze, con
una lesione del muscolo del martello (tensore del timpano). Lo stesso sarà per la beanza tubarica che è
molto più rara perché in maniera naturale la tromba di Eustachio è sempre chiusa, e la sua patologia è più
quella di non riuscire ad aprirsi quando occorre. Quindi è molto meno frequente.
Gli acufeni e poi la difficoltà che accompagna spesso queste ipoacusie, è quella di fare la differenza tra
gli acufeni da fenomeni di irritazione dell’orecchio interno o dell’ottavo coclearie. Queste ipoacusie sono
spesso accompagnate da perturbazioni tubariche con fenomeni neurovegetativi associati, e vasomotori
più o meno pronunciati. Sensazioni di nausea, vertigine, anzi instabilità piuttosto, non sono vere vertigini, e
quindi questi disturbi associati, andranno a differenziarsi da disturbi sistolici cardiaci, sincroni, soffi intrac-
ranici e allucinazioni uditive.

Sistema vestibolare
Il sistema vestibolare, serve ad assicurare l’equilibrio sia statico che dinamico.
Serve per mantenere quindi l’equilibrio con i mm. oculomotori e i muscoli scheletrici, partecipando alla
elaborazione del nostro schema corporeo.
Il riferimento del corpo è la testa.
Serve a regolare la posizione dei globi oculari e la dinamica oculare per avere la migliore visione possibile. Il
sistema vestibolare partecipa all’elaborazione della funzione spaziale, completando gli altri apporti senso-
225
riali che siano visivi, acustici, propriocettivi, somatoestesici. La funzione vestibolare è assicurata dal sistema
otolitico e canalare. Il sistema otolitico è un sistema statestesico, contenente i recettori vestibolari stat-
estesici+ le maculae, che informa i muscoli scheletrici sulla posizione della testa. Lo stimolo specifico del
sacculo, dell’utricolo e delle macule è la gravità.
La macula utricolare, situata grosso modo sull’orizzontale e su un
piano trasversale, stimola i muscoli nei movimenti antero-posteriori,
le due macule utricolari sono agoniste, quindi la stimolazione quan-
do si porta la testa in flessione stimola inevitabilmente i muscoli fles-
sori, e questa è la prima reazione riflessa, mentre nove volte su dieci
ci si aspetterebbe una estensione. Quando perdete l’equilibrio verso
l’ avanti, che fate per recuperarlo? Portate avanti un piede o si por-
tano avanti le braccia, quindi contraiamo i flessori, e i retti superiori
degli occhi per conservare l’orizzontalità dello sguardo, questa è la
prima reazione riflessa, poi c’è tutto un adattamento, quindi intervie-
ne l’innervazione reciproca, agonista, antagonista, ma questa è la sofisticazione successiva, la prima azione
è questa: una contrazione dei flessori. È il modo più semplice per recuperare l’equilibrio che si sta perdendo
verso l’avanti. È un po’ un principio generale, si va come l’osteopatia nel senso della disfunzione o del prob-
lema, non si va mai contro. E perché, a che serve questo. In maniera generale, serve a capire quello che sta
succedendo quindi si va insieme per capirlo per poi reagire per poter poi contrariare. È la diplomazia che
viene messa in gioco, è la negoziazione. Se ci si mette immediatamente in opposizione o sistematicamente
si fa la guerra e quindi la distruzione, non è lo scopo che si vuole ottenere. Ecco che allora si va inizialmente
nello stesso senso e solo dopo si contraria. Questo è un principio generale.
Per la perdita dell’equilibrio all’indietro, è lo stesso, gli estensori. Una estensione della
testa all’indietro, stimola la contrazione degli estensori. Se fate il contrario, nove volte
su dieci vi rompete la faccia, insomma cadete. È si perché se non c’è nulla per afferrarsi e
bloccarsi, potete attivare i flessori quanto volete ma cadrete lo stesso.

Per il piano sagittale quindi la macula dei sacculi verticali, le due macule sono antagoniste tra loro infatti
la posizione di stimolazione massima dell’una, corrisponde a inibizione massima dell’altra. E il discorso è lo
stesso, quando si flette la testa verso sin si va a contrarre gli abd di sin e gli add di dx; quindi girando la testa
a sin, ci sarà uno spostamento di corrente a dx (detto relativo) ed è la direzione della corrrente endolinfatica
che determina lo spostamento. Il principio di base sarà sempre lo stesso, con rotazione dei globi oculari in
senso opposto.

Mezzi di indagine
I mezzi di indagine per la ricerca di queste patologie, agiscono e si basano sul nistagmo vestibolare. Cioè
questi disturbi vestibolari potranno essere oggettivati in maniera molto netta a partire dai mm. oculomotori.
Ecco queste sono le manifestazioni più visibili e più nette da registrare, ma esistono a livello di tutti i musco-
li. Solo che misurarle a livello degli altri muscoli scheletrici è molto più difficile, perché ci sono molte più
fibre in azione, e quindi ci sono dei recuperi che si mettono in atto da parte delle fibre sane, quindi la mani-
festazione è meno visibile, anzi è invisibile, mentre a livello dei mm. oculomotori non è possibile mascherare
nulla, perché l’innervazione è molto mirata. E cosi quando una fibra è colpita obbligatoriamente si manifesta
uno squilibrio anche se è una fibra sola. Però il nistagmo non è esclusivo dei globi oculari, saranno interessa-
ti dal lato del vestibolo colpito, cioè questo nistagmo va a colpire tutti i muscoli dal lato del vestibolo colpito.
Il nistagmo è un tremore associato dei globi oculari, caratterizzato da una successione di movimenti bifasici
coordinati. Ci sono diversi nistagmi.
Abbiamo il nistagmo pendolare con due fasi del nistagmo uguali.
Abbiamo il nistagmo saccadico che vuol dire che c’ è una fase lenta seguita da una rapida di richiamo.
Questo permette di distinguere il nistagmo fisiologico o patologico, dal nistagmo del clinico, perché il
226
nistagmo è sempre nella patologia, nella fase lenta. È la fase lenta che traduce la lesione vestibolare, non è
la fase rapida. Si parla di fase rapida perché è quella più visibile che si coglie meglio, ma la fase che traduce
la lesione è quella lenta, anche se è molto meno facilmente apprezzabile. Qui si fa un ulteriore distinzione,
cioè il nistagmo del clinico cioè di colui che osserva, e il nistagmo del Pz patologico disfunzionale che è la
fase lenta.
Ora le origini sono molto numerose, quello che bisogna ricordare è che il nistagmo saccadico è sempre di
origine vestibolare quindi a priori non rischiate niente, nel senso che non rappresenta un carattere peggio-
rativo. Quindi potete stare tranquilli. Se invece vedete un nistagmo pendolare allora questo può significare
qualcosa di più grave, a livello centrale. Un tumore a livello centrale, del n. vestibolare, a livello dei nuclei
vestibolari, a livello del cervelletto, ma è qualcosa di grave a priori. Il nistagmo quando è di origine periferica
e vestibolare, è saccadico e rotatorio, quando è cosi si sta tranquilli. Quando invece si vedono dei nistagmi
pendolari, che siano orizzontali, verticali, è bene allarmarsi perché questo rappresenta un carattere di grav-
ità.

TECNICHE
1. Compressione del IV Ventricolo
Il cranio del Pz è appoggiato sulle 2 eminenze tenar dell’Osteopata a livello
degli angoli laterali dell’occipite, quindi siamo dietro Asterion e leggermente
sotto.
Le mani sono a coppa. Siamo all’ascolto della frequenza e ampiezza
dell’occipite, e in seguito saremo attivi seguendo l’adattamento in E quando gli
angoli si chiudono.
Quindi non comprimiamo, ma seguiamo la chiusura degli angoli bilaterali
dell’occipite nel tempo di estensione; alla fine dell’E rimaniamo lì dove siamo
arrivati e durante, invece, il tempo di F manteniamo e non seguiamo la F impe-
dendo, inizialmente, l’espansione trasversale.
Durante l’esecuzione della tecnica, ogni volta che possiamo seguire l’E la seguiamo e rimaniamo fino ad
arrivare all’adattamento massimo e lì la compressione si farà durante la F perché le altre pareti del mecca-
nismo non sono costrette; la fisiologia si farà intorno alla tenda del cervelletto che cercherà di espandersi
andando in basso-avanti-fuori. La tenda comprimerà il IV ventricolo.
Rilasceremo la tecnica in modo progressivo, permettendo agli angoli laterali di espandersi durante la F e
rimanendo sempre in contatto.
2. Rotolamento Bilaterale dei Temporali
Il rotolamento bilaterale dei temporali è una tecnica che si interessa delle fluttuazioni del liquor.
Il rotolamento dei temporali è simultaneo e simmetrico.
È una tecnica di stimolazione; è ortosimpaticomimetica ed ha come obiettivo quello di accelerare le flut-
tuazioni, soprattutto di aumentare l’ampiezza delle fluttuazioni (antero-posteriori) e longitudinali.

Controindicazioni
Traumi cranici gravi con rischi emorragici
Ipertensione arteriosa
Pz con predominanza ortosimpatica (visto che questa tecnica stimola l’ortosimpatico)

Indicazioni
Pz anergici e stanchi
Pz ipotimici (con scarsa fiducia in se stessi aventi sensazione di vertigine, ma rimanenti coscienti)
Questa tecnica è l’oppstodela tecnica di compressione del IV ventricolo
Pz con predominanza parasimpatica
In generale sono tecniche meccaniche che si indirizzano al liquor e che avranno un impatto meccanico sul
liquor attraverso le membrane di tensione reciproca che solleciteremo.
Occorre dunque rispettare il comportamento del LCR e delle membrane, per poter modificare la loro mec-
canica e il loro comportamento. È un liquido che ha una grandissima inerzia, quindi va approcciato in modo
tranquillo e corretto. Non sono tecniche riflesse.

227
Lo scopo di questa tecnica è di allontanare la sfera posteriore dalla sfera anteriore, e di scuotere la sfera
anteriore durante il tempo di F per stimolare, dinamizzare la tuba di Eustachio con la sua porzione cartilag-
inea.

PRATICA
Dopo aver controllato il nostro posizionamento, iniziamo la tecnica che si compone di 2 parti:

1 PARTE della tecnica:


- con la presa bitemporale inglobare l’occipite mettendo le mani a coppetta dietro la squama occipitale;
l’occipite stesso non deve toccare il lettino
- avvicinare a noi il Pz;
- posizionare l’articolazione interfalangea del pollice all’altezza dell’estremità delle apofisi mastoidee bi-
lateralmente (come se volessimo flettere il pollice sull’apice della apofisi mastoidea, ma non si può per-
ché c’è lo SCOM) cercando di inglobare la Sfera Posteriore senza comprimere, e cercando di rispettare
l’orientamento dell’apofisi mastoidea, il pollice sarà infatti orientato verso l’estremità interna della clavicola
(in direzione dello SCOM) e ricordando, inoltre, che bisognerà lavorare non soltanto con la punta del pollice
o con l’eminenza tenar ma con tutta la colonna del pollice, che è allungata non dietro ma sulla faccia ester-
na della regione mastoidea. La colonna del pollice è ben in contatto con il padiglione auricolare.

Mettersi in ascolto della fisiologia e più precisamente della frequenza e ampiezza dell’impulso per poter
poi agire.
La frequenza del comportamento craniale generale è la somma di tutti questi comportamenti. Siamo in
ascolto del comportamento dei temporali durante la F, perché è durante la F che noi eseguiremo la tec-
nica. Questa è una fase importante poiché il comportamento dinamico dei temporali non sarà identico, in
quanto il cranio è asimmetrico: quindi le sfere occupano delle posizioni differenti da un lato rispetto all’altro,
proprio perché il comportamento dei quadranti e delle sfere non è mai uguale al fine di assicurare una fisio-
logia di adattamento.
All’ascolto sentiremo uno dei temporali che farà più difficilmente una RE rispetto all’altro, poiché sarà posiz-
ionato in uno stato di maggior facilitazione verso l’RI, es:
in uno stato di torsione dx avremo il temporale dx che andrà di più in RE, ed un temporale di sin che sarà
meno disponibile ad andare in RE anche se non è in disfunzione.
Dovendo lavorare sulla RE, prenderemo come punto di riferimento il temporale che ha capacità meno am-
pia di andare in RE durante la flessione (nel nostro es il temporale sin).
Questa tecnica è simultanea e bilaterale quindi:
- durante il tempo di F, si va ad accompagnare la RE del temporale che fa più difficoltà ad andare in RE (ma
contemporaneamente obbligheremo anche l’altro temporale, visto che la tecnica è simultanea), mantenen-
do poi questa RE anche durante il tempo di E successivo.
- nel successivo tempo di F, in funzione delle possibilità esistenti, aumentare il parametro di RE bilaterale e
mantenere tale parametro nel tempo di E, questo fino alla possibilità massima.

Quindi per fare un rotolamento bilaterale simmetrico e contemporaneo dei 2 temporali dovremmo aspet-
228
tare una simultaneità dell’adattamento della RE; questa tecnica non la possiamo applicare ad ogni tempo di
F ma aspetteremo che i temporali si associno per fare la stessa cosa. Ce ne sarà sempre 1 dei 2 che farà la RE
meglio dell’altro ma ad un certo punto con il ripetersi delle fasi arriverà una fase in cui i 2 temporali faranno
la loro RE simultaneamente, allora lì agiremo, ma finchè non sentiremo questo non faremo niente. Quello
che dobbiamo fare è vincere l’inerzia del liquido cefalo rachidiano per accelerarlo.

2 PARTE della tecnica


Una volta giunti al massimo dell’adattamento in RE dei temporali, si segue il tempo di E senza rilasciare
l’adattamento ottenuto in RE e si passa ad un lavoro di leva, con le altre dita delle mani si prende appoggio
sulla squama occipitale per fare arretrare progressivamente i temporali, con lo scopo di “allontanare” il più
possibile la sfera posteriore dalla sfera anteriore a livello della sutura sfeno-petrosa.
è errato spingere solo sulla por-
zione mastoidea, perché così si
induce una RI

direzione corretta della spinta della colonna pollice sull’apofisi mastoidea


Poi ci occuperemo
della sfera an-
teriore senza
lasciare la sfera
posteriore: per
fare questo con
il nostro torace si
prende appog-
gio con la re-
gione bregmatica
del Pz (anzi fin
dall’inizio della
tecnica il torace
dell’Osteopata è in
contatto con la sut è errato tenere il cranio del Pz lontano dal torace
coronale-punto ver-
tex del Pz) facendo
sporgere i 1/3 dei
gomiti e appog-
giando i 2/3 di essi;
durante il tempo di F
si esercita una in-
duzione con un ap-
poggio frazionato,
frammentato,
nel quale l’Osteopata appoggio frazionato, frammentato, senza perdere
fa una flessione dei contatto con il cranio del Pz
gomiti e un trasferimento del suo corpo dagli ischi verso i suoi avambracci contemporaneamente per 2-3
volte. A questo punto, rispettando l’obliquità dell’avambraccio in direzione dello SCOM, si accompagna leg-
germente: ecco che i temporali fanno una RE.
Durante il tempo di E si rimarrà in contatto con la regione bregmatica senza esercitare appoggio, ma man-
229
tenendo fino alla possibilità massima.
Una volta giunti al massimo dell’adattamento in RE dei temporali si segue il tempo di E senza rilasciare di
colpo l’adattamento ottenuto, cosa che invece si deve fare lentamente.
Laddove possibile si può aggiungere contemporaneamente a questo lavoro:

1. una nostra
INsp fraziona-
ta per aumen-
tare il valore di
questa spinta

2. la deglutizione del Pz, con la lingua ferma tra i denti, per aumentare la trazione faringea sulla base del
cranio
3. chiedere al Pz una dorsiflessione dei piedi
4. se poi c’è un lato che più in particolare ha bisogno di questa tecnica (otite che non sempre è bilaterale) si
può fare una dorsiflessione del piede controlaterale o una F di ginocchio omolaterale.
Fare attenzione a quando si rilascia perché poiché abbiamo costretto la struttura ad occupare una posizione
che non è quella naturale bisogna rilasciare la sfera posteriore a poco a poco, si approfitterà della E, ad es.
per rilasciare la RE.
È importante effettuare un rilascio graduale soprattutto nei bambini che hanno una sfera cranica molto
morbida, in cui giochiamo con la sua plasticità ossea.

È importante sapere che, in questa tecnica, non si interviene su tutti i tempi di F, perché la simultaneità dei
due temporali non è sistemica ad ogni tempo di F e che, qualora vi fosse un temporale in disfunzione si farà
riferimento alle possibilità di adattamento in RE del temporale che è in disfunzione per non creare ulteriori
disfunzioni.

Le tecniche sul cranio:


- sono tecniche molto generali mirate ad agire sul liquor e sulle membrane
- hanno effetti neurovegetativi, orto o para, ma in maniera globale

PRATICA_SPIEGAZIONE DELLE TECNICHE OSTEOPATICHE


In questa lezione faremo:
Tecniche che riprendono la regolazione del LCR
Tecniche di rotolamento bilaterale dei temporali
Tecniche di rotolamento alternato dei temporali
Tecnica per la tuba di Eustachio

TECNICA di ROTOLAMENTO BILATERALE DEI TEMPORALI


Riguardare il suo supporto teorico che è stato detto nelle sbobinature precedenti.
Pz supino
Osteopata posto dietro deve avere i 2/3 ant dei gomiti ben appoggiati sul lettino e 1/3 post di questi che
sporge fuori dal lettino stesso. È necessario cmq che l’Osteopata suddivida il peso del corpo in maniera
proporzionata sui 6 appoggi: 2 piedi, 2 ischi e 2 avambracci. Quando l’Osteopata deve trasferire il peso del
corpo, deve subito avere e sentire una ripercussione a livello delle mani, quindi è necessario essere ben
equilibrati.

230
Poi è importante posizionare l’articolazione
interfalangea dei 2 pollici all’altezza dell’
apofisi mastoidea, più precisamente sulla
estremità di quest’ultima. Quindi, per sem-
plificare, tutta la colonna del pollice si trova
posizionata lungo la faccia esterna della re-
gione mastoidea del temporale. I pollici sono
orientati entrambi nella stessa direzione dello
SCOM. Ricordarsi di adattare il posizionamen-
to dei nostri pollici alle dimensioni della testa
del Pz. Chi ha le mani grandi farà scendere
ulteriormente i pollici.
Occorre che l’Osteopata adatti la sua mano in modo tale che l’eminenza tenar sia in contatto con la porzi-
one mastoidea del temporale e non deve essere mai posizionato sul parietale.
Ricordarsi di posizionare bene la colonna del pollice dietro il padiglione auricolare e in contatto con esso.
Occorre fare in modo tale che la testa del Pz non sia appoggiata sul lettino, ma deve stare appoggiata alle
nostre mani e la si circonda bene.
Occorre fare attenzione alla fisiologia, in modo tale che dobbiamo riconoscere bene il tempo dell’E e quello
della F, memorizzando correttamente il movimento dei temporali.
Ricordarsi che il comportamento dei temporali durante il tempo di F non è simmetrico: i temporali infatti
non hanno del tutto lo stesso comportamento, e per di più non si adattano alla RE in modo simultaneo,
soprattutto quando c’è una disfunzione di uno dei tempi.

MEMO
Ricorda per escome si presentano i quadranti in uno stato di torsione o lateroflessione-rotazione.
anteriore anteriore

RE RI RI RE
ala disfunzionale
sin dx sin dx

RI RE RI RE
posteriore posteriore

laterofless-rot dx torsione dx

Quindi occorre aspettare e memorizzare questo comportamento, perché poi durante il tempo di F,
l’Osteopata deve fare una rotazione simmetrica bilaterale in RE. Quindi occorre aspettare che vi sia una
simultaneità nell’adattamento della RE o durante lo stesso tempo della F. Ciò significa che non è che in ogni
tempo di F, dice Jean Gay, dobbiamo indurre una RE BILATERALE dei temporali, ma si aspetta che vi sia
una simultaneità dei 2 temporali stessi.

Ricapitolando
Dopo essersi ben posizionato l’Osteopata si deve mettere in ascolto di frequenza e ampiezza, e solamente
quando percepisce la simultaneità della RE di entrambe i temporali può indurre un movimento di RE. Oc-
corre seguire il “comportamento” dei temporali durante i vari tempi; poi occorre riconoscere ed individuare
bene il momento in cui c’è simultaneità, e sarà a questo punto che iniziamo la tecnica.
In un 1 tempo, l’ascolto è molto importante, quindi in un primo tempo ci si mette in ascolto e non si esegue
la tecnica, ma bisogna sapere poi quando farla, e cioè quando ci sarà la RE bilaterale simultanea.
231
Qual è lo scopo della tecnica?
È quello di rilanciare la fluttuazione antero-posteriore, riorientarla e aumentare l’ampiezza o accelerare
la frequenza. Ogni volta che ci sarà una RE simultanea, si potranno ampliare 2 parametri��������������������
:�������������������
velocit�����������
à e ampiez-
za.
A. Se si vuole accelerare la frequenza, faremo il trasferimento di peso in avanti in maniera tale che ciò
provochi un aumento della pressione della colonna del pollice a livello della apofisi mastoidea e così quindi
i temporali faranno il loro adattamento durante la RE.
Poiché vogliamo accelerare tale movimento, faremo la RE un pò più rapidamente rispetto al suo svolgi-
mento normale.
Non ci si può più accontentare di seguire semplicemente, ed è per questo che l’ascolto ci dà un’idea di come
bisognerà fare e fino a dove si può andare.
B. Se vogliamo agire ora sulla ampiezza della fluttuazione antero-posteriore occorrerà rispettare la cronic-
ità nell’adattamento della RE, quindi occorre seguire la RE che si fa da sola e occorrerà procurarla per aumen-
tare un pò l’ampiezza ed arrivare fino alla fine. Occorrerà oltrepassarla leggermente.
Si agisce sia sulla velocità sia sulla ampiezza.
Dipende dall’ascolto che si sarà fatto all’inizio: se la tecnica viene eseguita in maniera corretta, si avrà man
mano meno “sforzo “ da fare, poiché è possibile vincere l’inerzia del liquido che avrà un comportamento più
soddisfacente sia in accelerazione sia in ampiezza.
Questo permetterà all’osteopata di verificare se il meccanismo si è modificato, e se il meccanismo ha modifi-
cato la velocità della fluttuazione, o se essa invece avviene in maniera più ampia, dopodiché occorre fermar-
si, rimanendo sempre in contatto, in un primo tempo, e dopodiché si lascia lentamente il cranio.
Occorre non perdere il contatto con l’eminenza tenar e fermarsi quindi in maniera progressiva.

Per aumentare l’ampiezza del diametro antero-posteriore, la spinta del corpo viene data in avanti, rispettan-
do l’obliquità dello SCOM che è convergente, quindi anche la spinta deve essere convergente verso il basso-
avanti.
Il fatto di fare un trasferimento del peso in avanti con l’estremità del pollice > provoca un movimento di
pressione verso l’interno.
Se si aumenta la F verso l’anteriorità della apofisi mastoidea nella sua estremità inferiore, si provoca
una bascula; quindi con le membrane di tensione reciproca ci sarà un rotolamento associato e questo è
l’adattamento in RE.
Durante la tecnica non devono muoversi i 2 avambracci, ma semplicemente si aumenta la pressione obli-
quamente avanti-dentro, si tratta dunque solo di aumentare l’ampiezza e il liquido reagirà da solo: ciò per-
metterà di fare in modo simultaneo una RE simmetrica.
Quindi se uno dei temporali è in disfunzione, durante lo stesso tempo di F, ci sarà un adattamento in RE
diverso tra un temporale e l’altro.
È quindi opportuno non perturbare il temporale che non presenta la disfunzione.

Esempio
Ipotizziamo il temporale dx in disfunzione di RE: la RE partendo da un punto neutro, si farà più facilmente
dal lato della disfunzione (vale a dire a dx) rispetto all’altro lato; quindi uno dei temporali non avrà la stessa
possibilità di fare la RE. Quindi la RE è aumentata: il riferimento per la RE sarà la RE più debole. Quindi indur-
remo la RE quando il temporale che non è in disfunzione avrà finito la sua RE.
Non si andrà oltre. Il riferimento per l’induzione della tecnica è sempre la RE più debole. Ecco l’importanza
dell’ascolto, proprio perché ci permette di capire il comportamento dei temporali e di aspettare la simulta-
neità di entrambi prima di indurre la tecnica.

TECNICA della Tuba di EUSTACHIO


Dove si localizza da un punto di vista anatomico la tromba di Eustachio?
Si trova a livello della sutura sfeno-petrosa. La cartilagine della tuba, o cartilagine tubarica, potrebbe insinu-
arsi circa a livello della sutura sfeno-petrosa, più precisamente a livello del bordo anteriore della rocca e il
bordo posteriore della grande ala.
Fino a poco tempo fa si diceva che la sutura sfeno-petrosa rimaneva cartilaginea per tutta la vita: oggi si
ritiene questa affermazione non del tutto esatta.
232
Essa non è una sutura cartilaginea, poiché in realtà la cartilagine presente è quella della tuba.
Quindi la troviamo a livello della base del cranio.
Lo scopo della tecnica è quella di dinamizzare la tuba di Eustachio, affinchè possa aprirsi in maniera cor-
retta quando è necessario; quindi si allunga al massimo la sfeno-petrosa per aprire la tuba di Eustachio; per
far ciò è opportuno lavorare sul temporale che comanda la sfera posteriore e sullo sfenoide che comanda la
sfera anteriore.
La tuba di Eustachio deve rimanere chiusa e aprirsi quando la depressione è eccessiva nella cassa.
Lo scopo di questa tecnica è quella di favorire la sua corretta fisiologia, quindi o si apre quando è necessa-
rio, o deve rimanere chiusa.
Questa tecnica NON si utilizza per curare l’otite. Infatti:
poiché il trattamento dell’otite è innanzitutto l’antibiotico, solo dopo che l’otite è stata trattata allora è pos-
sibile utilizzare tale tecnica per migliorare le funzioni locali e impedire che tale problema si riproduca , ma
è utilizzata anche quando c’è ipoacusia nella trasmissione del suono.

Esistono controindicazioni?
Nei bimbi piccoli soprattutto fino a 7-8 anni (poiché è una tecnica” relativamente aggressiva”). I bambini
fino a 6-7 anni non hanno terminato lo sviluppo cranio-sacrale. Le suture diventano definitive, infatti, verso
i 6 anni, ma per essere certi è meglio prolungare questo periodo fino agli 8-9 anni. Quindi è meglio evitare
di fare questa tecnica, il che non impedisce di intervenire però sulla sutura sfeno-petrosa, controllando
sfenoide e temporale.
La tecnica sulla tuba di Eustachio è veramente specifica e mirata.
Come faremo?
La tuba di Eustachio si situa, come già detto, tra la sfera anteriore e posteriore, dove il temporale comanda
la sfera posteriore e lo sfenoide comanda la sfera anteriore.

233
Si utilizzerà una presa
bitemporale nella mani-
era solita:
la colonna del pollice si
allunga lungo la regione
mastoidea esattamente
come per l’altra tecnica;
l’articolazione interfa-
langea del pollice si
posiziona all’altezza della
estremità della apofisi
mastoidea (se si vuole fin
da subito ci si posiziona con il busto su vertex).
1 parte Ci si mette in ascolto del tempo di F e di E seguendo l’adattamento dei temporali in RE
durante la F e mantenendo tale adattamento di RE durante il tempo di E che seguirà.
Durante il tempo di F seguente, seguiremo ancora se possibile. Se la RE ha tendenza ad aumentare, dovre-
mo seguirla e poi manterremo fino all’adattamento massimo.
Non si lascia mai la RE, ma la si mantiene fino al massimo delle possibilità.
L’adattamento del bordo anteriore della rocca durante la F è basso-dietro, (mentre della porzione superi-
ore alto-avanti), il che non impedisce al temporale di avanzare.

2 parte Per far indietreggiare sempre di più il bordo anteriore della rocca sapendo che nel tempo di
E il temporale indietreggia, sarà nel tempo di E che avremo un lavoro fatto con le leve, in cui i polpastrelli
delle dita che sono sull’occipite e tutta la colonna del pollice fa indietreggiare il temporale.
Globalmente tutta la colonna
del pollice, sia sulla punta della
mastoide, sia sulla porzione
mastoidea fa indietreggiare il
temporale durante l’E.

Nell�������������������������
’������������������������
immagine accanto il pol-
lice indica solo la direzione di
spinta, perché in realtà non si
muove.

Se lavorassimo semplicemente con l’apofisi mastoidea, spingeremo per farla indietreggiare e ciò è un
parametro di RE e quindi non andrebbe bene.

Quindi in pratica, per farla breve, riassumo:


1 parte SFERA POST A > In un primo tempo si fa quello che poc’anzi è stato detto per il tempo di
F, ossia di indurre una RE del temporale senza lasciare mai la RE fino al massimo delle possibilità (in questo
modo il bordo ant della rocca petrosa va in basso)
2 parte SFERA POST B > In un secondo tempo tutta la colonna del pollice per accompagnare
l’indietreggiamento del temporale, che effettueremo invece nel tempo di E (perché nel tempo di E glo-
balmente il temporale indietreggia). Con l’indietreggiamento del temporale nel tempo di Estensione, si
fa indietreggiare al massimo il bordo ant della rocca petrosa. Si utilizzano in questo modo gli adattamenti
naturali del temporale tenendo conto della sua fisiologia. Questo per quanto riguarda il lavoro sulla sfera
post e quindi sul temporale.
3 parte SFERA ANT > Dopo ciò (in un 3 momento) ci si interessa della sfera ant, quindi dello
sfenoide. In questa fase della tecnica, utilizzeremo l’appoggio del busto:
ci appoggeremo con il nostro tronco su vertex (cosa che dice J. Gay si può fare fin dall’inizio, per evitare di
far spostare poi il Pz); ci si posizionerà così per essere in contatto con il nostro busto sul cranio;
ora per far avanzare lo sfenoide, mentre la rocca è mantenuta indietro, durante il tempo di F aumenteremo
234
la pressione sulla regione coronale, in modo da agire sul frontale, e l’adattamento del frontale si riper-
cuoterà sull’adattamento dello sfenoide, ossia sull’estremità della grande ala a livello della superficie ad L
(relazione a livello sella sut fronto-sfenoidale).
In questo caso, lo sfenoide farà si che ci sia un adattamento nel tempo della F, quindi il bordo post della
grande ala andrà in alto-avanti
Con questa tecnica siamo riusciti ad
allargare la sutura sfeno-petrosa in
una posizione che potremo definire
orizzontale e verticale (tra il bordo ant
della rocca e il bordo post della grande
ala). Tale sutura così si allarga e quindi
tireremo sulla tuba di Eustachio.

Per scuotere la Tuba di Eustachio dobbiamo agire a livello della sfera anteriore.
Aumenteremo la pressione con il busto, ma non come capita. Infatti, si rimane in
contatto e si aumenterà la pressione in maniera frazionata, affinchè la tecnica sia
il più efficace possibile; durante il tempo di F faremo un’INsp frazionata e ogni
volta il nostro sterno aumenterà la pressione sulla regione coronale; per questo
bisogna che ci sia un contatto tra torace dell’Osteopata e testa del Pz.
Quando saremo in quella fase della tecnica in cui ci interesseremo della sfera ant,
faremo sia noi che il Pz (se pensiamo che il Pz possa farlo) un’INsp frazionata
su 2-3 tempi durante lo stesso tempo di F, e rimarremo in contatto senza agire durante il tempo di E; suc-
cessivamente faremo lo stesso durante il tempo di INsp successivo. Per aumentare la trazione sulla Tuba di
Eustachio possiamo anche sollecitare la faringe del Pz, chiedendogli una INsp frazionata: in tal caso sarà
messa in tensione la faringe e si aumenterà il fenomeno meccanico.
Siamo noi che dobbiamo giudicare se il Pz può o non può fare una INsp frazionata; questa INsp deve essere
contemporanea alla nostra INsp (quando sarà il momento dovremo dire al Pz “respiri come me”).
Attenzione a fare questa tecnica nei bimbi piccoli e nelle persone rigide. Pensare alla cifosi dorsale e alla
ipercifosi cervicale.
Una cosa che possiamo chiedere per aumentare il fenomeno della trazione e agire più specificamente sulla
Tuba di Eustachio, è la deglutizione durante il tempo di F.
Aumenteremo ancora di più la trazione sulla base del cranio e sulla faringe se chiediamo la deglutizione
con la lingua tra i denti.
Potremo chiedere anche una dorsiflessione dei piedi bilaterale durante la F per mettere in tensione le
catene muscolari e aumentare la tensione sulla base del cranio (quindi: durante il tempo di F si fa la dorsif-
lessione, mentre durante il tempo di E si lascia).

Ricapitolando
Corretto posizionamento dell’Osteopata rispetto al Pz
1 tempo: si aumenta progressivamente l’adattamento in RE durante la F e si mantiene tale RE anche du-
rante l’E fino al massimo;
2 tempo: durante il tempo di E procederemo nello stesso modo e bisognerà far indietreggiare in maniera
progressiva i TEMPORALI, senza rilasciare ogni volta, ma mantenendo nel tempo di F successivo quello che
si è guadagnato.
3 tempo: successivamente, durante la F, l’Osteopata fa un’INsp frazionata e chiede al Pz di farla anche lui.

235
TECNICA di ROTOLAMENTO ALTERNATO DEI TEMPORALI
La presa è la stessa del rotolamento simultaneo.
Mi metto in ascolto e prendo come riferimento il temporale con RE limitata E cioè
quello dove c’è un rallentamento della fluttuazione trasversale.
Questa tecnica dà un input parasimpaticotonico. È quindi una tecnica
come il IV ventricolo.

Stessa posizione del Pz e dell’Osteopata


Faremo una RE da un lato e una RI dall’altro.

Sceglieremo il tempo di F, e trasferimento di


durante tale tempo faremo peso del busto in
direzione obliqua,
da un lato la RE e dall’altro perpendicolare
una RI, in maniera contem- all’avambraccio
NO rotazione
poranea e con un trasferi- del busto
mento di peso del busto in
maniera obliqua, dal lato in
cui si fa la RE.
Tenuto conto della posiz-
ione della colonna dei pol-
lici, dal lato in cui si fa la RE
non è un problema.
Ma dal lato in cui
si fa l’RI dobbiamo
avere l’eminenza
tenar sulla por-
zione mastoidea
del temporale e
non dietro, ma da-
vanti ad Asterion
e sopra l’angolo
postero-laterale
del parietale, in un
punto preciso.

236
Esecuzione
Contemporaneamente in F porto un temporale in RE (parto da quello con RE limitata, mi inclino con il
tronco dal lato omolaterale, spingo con la punta del pollice sull’apice della mastoide in alto-dietro-dentro
aumentando la pressione sulla mastoide), e un temporale in RI. Nel successivo tempo di E torno al centro.

tempo di F tempo di E

RI
RE

Nel tempo di F successivo mi inclino con il tron-


tempo di F
co dall’altro lato e così il temporale che prima
successivo
avevo portato in RE ora lo porto in RI e quello
che avevo portato in RI lo porto in RE.
Il gioco è lo stesso, sia in rallentamento sia in
RE accelerazione in trasversalità, la differenza è
RI nell’intenzione di voler rallentare questo svi-
luppo in trasversalità.
L’azione sui temporali è nel senso della lateral-
ità.
L’obiettivo della tecnica è un rallentamento, è
cercare un “punto fermo”, cioè cerco di fermare,
rallentare cercando uno still point. Voglio rallentare ritmo e ampiezza dei temporali fino a questo punto
fermo.

237
Con questa stessa tecnica posso anche avere un effetto ortosimpaticotonico se lavoro in accelerazione,
facendo la stessa cosa, ma con delle inclinazioni del corpo più oblique in avanti-fuori. Così stimolo più la
longitudinalità, e inoltre cerco di accelerare.

Quindi:
Rotolamento alternato dei temporali:
a. in rallentamento sul piano trasversale-laterale è una tecnica che stimola il paraS
b. in accelerazione su un piano diretto avanti-fuori è una tecnica che stimola l’ortoS
Entrambe le tecniche terminano quando si percepisce un movimento più rallentato per la stimolazione tras-
versale o più ampio per quella longitudinale.
NB. Le tecniche alternate in trasversalità o longitudinalità si fanno su soggetti ipersensibili dal punto di vista
neurovegetativo. Infatti il IV ventricolo e il rotolamento simultaneo sono un pò più “forti”.
Quindi le alternate vanno bene su persone che non voglio stimolare eccessivamente.

Con questa tecnica si tratterà di modificare il comportamento del LCR sia nella direzione della accelerazione
sia per la fluttuazione ant-post che per la fluttuazione trasversale.
Se si vuole aumentare l’ampiezza, la oltrepasseremo leggermente.
Se si vuole agire sulla fluttuazione longitudinale, il nostro trasferimento del peso, sarà un po’ più obliquo e
diretto più in avanti.
Se ci si interessa alla fluttuazione trasversale il nostro trasferimento di peso sarà sul piano più frontale e
meno obliquo.
Con questa tecnica si può fare tutto, sia per l’una che per l’altra fluttuazione; si può rallentarla o accelerarla.
Il punto di riferimento è sempre l’adattamento più debole.

Tecniche LCR (file CERDO)


238
Composizione del LCR
Il LCR è un liquido che si presenta normalmente chiaro, incolore e trasparente; ogni grado di colorazione è
patologico. Contiene le stesse sostanze che si trovano nel plasma, ma in quantità diverse.
Alcuni costituenti come Na+, Cl, Hg e creatine sono presenti in concentrazione maggiore rispetto al plasma.
Altri come K+, Ca++, glucosio e proteine sono in concentrazione minore rispetto al plasma.
Ormoni come cortisoni, insuline e tiroidei si trovano sia nel plasma che nel LCR.

Localizzazione
Il LCR riempie gli spazi sotto-aracnoidei del cranio e del rachide.
Alcuni autori ammettono che il LCR circoli anche all’interno delle guaine perivascolari, a quelle dei nervi e
nelle fibre collagene del tessuto connettivo.
In osteopatia, considerando il liquido circolante in modo globale all’interno di tutti i tessuti interstiziali, si
ritiene che ogni liquido plasmatico e linfatico non sia altro che una derivazione del LCR.

Il sistema dei ventricoli cerebrali comprende: i ventricoli laterali da dove il LCR defluisce attraverso i fori
interventricolari (di Monro) nel 3° ventricolo, e passa attraverso l’acquedotto cerebrale (di Silvio) nel
4v ventricolo, e attraverso l’apertura mediana (foro di Magendie) e le due aperture laterali (fori di Luschka)
si porta nello spazio subaracnoidale.

Funzioni
Meccanica: sospensione idraulica del cervello, ammortizzatore dei traumi.
Metabolica: assicura il trasporto degli elementi nutritizi per le cellule, preleva ed asporta le scorie prodotte
dal loro metabolismo.
Biochimico ed immunitario: assicura il trasporto di ormoni, neurotrasmettitori, endorfine, proteine ed anti-
corpi come le immunoglobuline.
Idrodinamica: la fluttuazione agisce a livello del tessuto connettivo di tutto il corpo per intermediazione
delle fibrille e del tessuto nervoso mediante la nevroglia
Bioelettrica: trasmette all’insieme del tessuto cellulare la differenza di potenziale elettrica, assicurando cosi
la regolazione energetica necessaria al metabolismo cellulare.

Circolazione del LCR


ventricoli
produzione
riassorbimento
fluttuazione

La maggior parte del LCR è elaborato dai plessi corioidei. È stato calcolato che ogni giorno vengono prodotti
dai 430/450 ml di LCR e che ci sia un ricambio ogni 6/7 ore. I plessi corioidei sono ciuffi di capillari che spor-
gono dalla pia madre che invagina le pareti ependimali dei ventricoli. I plessi corioidei dei ventricoli laterali
sono i più estesi e producono la maggior quantità del LCR, viene riassorbito nel sangue per mezzo dei villi
aracnoidei o granulazioni di Pacchioni e attraverso le pareti dei capillari del SNC e della pia madre. (fine file)

De Marco_Fosse Nasali
Perche ci interessiamo del sistema ORL?
Innanzitutto il sistema delle fosse nasali è intimamente legato al sistema respiratorio: sono la via d’ingresso
dell’aria per cui mettono in comunicazione l’ambiente esterno con quello interno; il rischio è l’ingresso di
agenti patogeni!
Ma il sistema ORL è di difesa dell’organismo dalle aggressioni dell’ambiente esterno, nonché di filtro. Fil-
traggio e difesa sono garantiti da una respirazione nasale; la respirazione orale non filtra l’aria e non la tratta
termicamente per cui non difende dalle aggressioni esterne.
Anche l’espirazione deve avvenire tramite il naso, così che l’aria possa prendere la stessa via di ingresso per
espellere le sostanze inalate non accette (ad es. nella yoga esiste un tipo di respirazione detta “di fuoco” che
consiste in rapidi inspiri ed espiri per espellere le tante schifezze inalate).
Inoltre la respirazione nasale permette la pneumatizzazione (riempimento con l’aria), ossia l’utilizzo dei
239
seni paranasali, e lo sviluppo del massiccio facciale.
Con una respirazione orale il massiccio facciale si espande meno, mentre la mandibola si sviluppa anterior-
mente, sotto spinta dell’occipite, determinando prognatismo.
L’allattamento al seno è fondamentale per un buon sviluppo del massiccio facciale, ma se il bambino
ha difficoltà a respirare con il naso, al contempo ha difficoltà nella suzione ed è costretto a staccarsi dal seno
continuamente per riuscire a respirare con la bocca.
Questa difficoltà può portare facilmente a una deviazione del setto nasale, presente in un’elevata percentu-
ale di persone della popolazione occidentale, mentre nei paesi sottosviluppati, questo non appare tra i tanti
problemi che hanno e il motivo è proprio che i bambini vengono allattati addirittura fino a 2 anni!

Curiosità: studi recenti hanno messo in relazione persone con respirazione prevalentemente orale e atteg-
giamenti depressivi.

L’elemento è parte di un insieme


Con questa affermazione si deve intendere che il trattamento osteopatico che approccia le fosse nasali non
deve essere esclusivamente mirato al cranio, poiché la causa può essere lontana dalla zona sintomatica.
Problematiche a distanza possono alterare la fisiologia a
qst livello interferendo su:
aspetto vascolare
regolazione neurovegetativa
Lavorando su questi aspetti si possono ottenere risultati,
riducendo le dosi farmacologiche e di aerosol a cui molti
bambini sono costretti; è stata dimostrata la validità
dell’osteopatia nel ridurre crisi acute di otite media nei
bambini, ma sia chiaro che il trattamento osteopatico
non è preventivo per forme recidive e in alcuni casi
l’antibiotico è l’unica soluzione.

Anatomia
Le cavità nasali si trovano
al centro del massiccio fac-
ciale (non comprendiamo
il naso cartilagineo che
è solo zona di transito),
sono due condotti stretti,
appiattiti, con una forma
leggermente triangolare,
più larghi inferiormente. La
parete laterale è irregolare
e frastagliata, studiata ap-
posta per trattare l’aria, ral-
lentandone il passaggio e
costringendola a rimbalza-
re sulle pareti mettendosi
a contatto con la mucosa
respiratoria o pituitaria o
di Schneider.
In questo modo l’aria si purifica perché le particelle vengono trattenute dal muco e poi, tramite le ciglia
vibratili (disposte sull’epitelio della mucosa), spinte indietro verso le coane fino a raggiungere la faringe e
deglutite.

240
Già la zona vesti-
bolare, anteriore,
funge da filtro,
tramite le vibrisse
(i peli nel naso) che
trattengono le par-
ticelle che non dob-
biamo inalare. Le
particelle che passa-
no vanno verso un
orifizio posteriore
(le coane), passano
nel faringe e ven-
gono ingerite.
Se un soggetto è vulnerabile a livello delle fosse nasali, ingoia sostanze infette che passano nell’apparato
digerente, che sappiamo avere correlazioni con il muscolo psoas e quindi…ci ritroveremo un Pz con psoas
sempre contratto e dolore alla schiena!!
Abbiamo sottolineato che l’aria all’ingresso delle fosse nasali va filtrata e anche trattata termicamente, per
cui in base alla temperatura esterna essa sarà riscaldata o stemperata prima che raggiunga i polmoni, evi-
tando così irritazioni.
Per questo scopo la mucosa è riccamente vascolarizzata; una maggior quantità di sangue scalda l’aria, ma
può agire anche al contrario (vedremo avanti come).
Altro trattamento dell’aria dal punto di vista termico è garantito dai seni paranasali, cavità pneumatiche che
devono essere ventilate e con la stessa mucosa respiratoria: durante il respiro parte dell’aria che entra nei
seni, soprattutto nel mascellare (il più grosso), esce con l’inspiro e arriva a livello del meato medio, incont-
randosi con la nuova aria inspirata e, ne modifica la temperatura.
Curiosità: sinusiti del mascellare possono derivare da un problema di denti, in quanto questi si trovano sulla
parete inferiore del mascellare che è molto sottile, per cui facile è la comunicazione.

Mucosa pituitaria
Essa ha due funzioni:
1. neurovegetativa di
difesa: si intende tutte le
modifiche legate alla vasco-
larizzazione della mucosa
mediate dal sistema orto
e para che sottendono al
filtraggio e trattamento
dell’aria
2. sensoriale (olfatto):
nella parte alta, in corri-
spondenza del cornetto su-
periore, la mucosa presenta
una modifica, ossia ospita
le cellule sensoriali, che
sono i prolungamenti del n.
olfattivo, che passa
attraverso la lamina cribrosa dell’etmoide. Infatti quando c’è un odore non intenso per sentirlo meglio si tira
sù con il naso, proprio per far arrivare l’aria nella parte alta delle fosse nasali (se respiro con la bocca non svi-
luppo tale zona). Ogni fossa nasale può essere considerata come un corridoio più largo in basso che in alto.
Spesso le due fosse nasali non sono simmetriche ma una è più piccola dell’altra, perché il setto nasale non le
divide equamente.
In ogni cavità nasale si distinguono:
4 pareti > esterna, interna (il setto nasale), superiore, inferiore (il soffitto del palato)
241
cavità annesse > seni frontali, seni etmoidali, seno sfenoidale, seno mascellare
2 orifizi > orifizio piriforme (= a forma di pera), coane

fascetti del n.olfattivo (I)


setto nasale ribaltato in alto
canale incisivo

ramo nasale int mediale


ramo nasale int laterale n.naso-palatino
ramo nasale est
del n.
etmoidale
ant

foro sfeno-palatino
(demolito)
ganglio
pterigo-palatino
rami nasali int (o sfeno-palatino)
del n.
infraorbitario n. del canale
pterigoideo
(o Vidiano)

ramo nasale lat post-sup


del ganglio pterigo-palatino
(o sfeno-palatino)

ramo nasale nn. palatini maggiore e minore


del n. alveolare
sup-ant ramo nasale lat
post-inf del
n. palatino maggiore
nn. palatini minori
anastomosi tra i nn. palatino
maggiore e naso-palatino n. palatino maggiore
al canale incisivo

parete laterale della fossa nasale


Le pareti della cavità nasale
Parete ESTERNA (o laterale)
È costituita da etmoide, lacrimale, mascellare, palatino,
sfenoide, che delimitano il seno mascellare.
È la parete più irregolare, presenta tre cornetti, di cui il
medio e il superiore appartengono all’etmoide, mentre
l’inferiore è a sé. A volte può esistere un cornetto più alto
detto supremo.
Il cornetto superiore è detto di Morgagni ed è meno svi-
luppato; il cornetto medio è il più sviluppato e avvicinandosi
al setto forma la fessura respiratoria, che favorisce la per-
turbazione dell’aria; il cornetto inferiore, osso indipendente,
è più curvo e allungato, incrocia lo iato mascellare.
Lo spazio delimitato tra i cornetti, che un pò si scostano dalla parete, prende il nome di meato, punto di
242
comunicazione tra seni paranasali e fosse nasali.

(fessura respiratoria)

Meato superiore: tra cornetto


superiore e parete esterna; qui
avviene il drenaggio del seno
sfenoidale e delle cellule etmoi-
dali posteriori.

Meato medio: tra


cornetto medio e
parete; drenaggio
del seno frontale
tramite il canale
fronto-nasale (o seno frontale
infundibolo), delle
cellule etmoidali canale naso- frontale
anteriori e sbocco
del seno mascel- cellule del
lare. meato medio cornetto medio
resecato
Agger Nasi

seno mascellare

243
Meato inferiore: non drena nessun seno, sbocca il canale naso-lacrimale (passa lungo la parete interna
dell’orbita, obliquo in basso-dentro-leggerm dietro), delimitato da osso mascellare, lacrimale e cornetto
inferiore. In questo canale, che mette in comunicazione il sistema visivo e respiratorio, arriva una parte delle
secrezioni lacrimali (le lacrime hanno un enzima con azione antibatterica),

Canali della parete SUPERIORE


Pterigoideo o Vidiano: per arteria e n. vidiano (origine radice delle lamine pterigoidee)
Sfeno-vomerico mediale
2 Sfeno-vomerici laterali o faringeo o palatino vaginale: per il n. faringeo di Boch che va alla tuba di Eu-
stachio. I canali sfeno-vomerici sono delimitati dalla faccia superiore del vomere e dal corpo dello sfenoide.

244
Parete INTERNA
(o mediale)
È una parete liscia e
regolare, in alto for-
mata dalla lamina ver-
ticale dell’etmoide e
nella porzione inferiore
dall’etmoide, sempre
inferiormente presenta
la cartilagine ancoraggio
del setto.
Dà passaggio al nervo e
all’arteria naso-palati-
na, il nervo arriva al foro
incisivo per innervare il
palato.

Parete INFERIORE
È il pavimento che corrisponde alla porzione superiore del palato; quello che da un lato è il pavimento delle
fosse nasali inferiormente è la volta palatina.
È formata dai mascellari e dai palatini, che si articolano tra loro nella sutura cruciforme.
A livello del palato esistono dei fori di comunicazione dove transitano i rami del V2 dalle fosse nasali per
l’innervazione della volta palatina.
Foro incisivo: passaggio a un ramo del nervo naso-palatino
Foro palatino maggiore: ramo per l’innervazione della volta
Foro palatino minore: ramo per l’innervazione della volta

245
Parete SUPERIORE
È il soffitto delle fosse nasali, o anche detta volta. Formata dalla faccia posteriore delle ossa proprie del naso,
dalla spina nasale anteriore del frontale, dalla faccia inferiore della lamina fibrosa dell’etmoide, dalla faccia
antero-inferiore del corpo dello sfenoide.

Seni Paranasali
Sono le cavità annesse, in comunicazione con le fosse nasali, che danno la possibilità di riversare le secrezi-
oni mucose verso l’esterno.
Frontale: comparsa al 2°anno di vita e completamento a 15-20 anni
Mascellare: la parte superiore corrisponde all’orbita, l’ inferiore al processo alveolare la mediale alle fosse
nasali, la posteriore alla fossa infra-temporale.
Sfenoidale: protezione per l’ipofisi,poichè contenendo l’aria la isola dall’esterno.
Cellule Etmoidali: formano un complesso detto labirinto etmoidale che comunica avanti con l’orbita, dietro
col seno sfenoidale, sotto col seno mascellare, e medialmente con le fosse nasali.
È un mezzo d’unione; nell’adulto le cavità sono 7-9.

Funzioni
Protezione termica per i centri nervosi
Alleggerimento delle ossa craniche
Protezione assorbendo le sollecitazioni meccaniche come la masticazione (una sorta di air-bag)
Ventilazione importante per via della turbolenza dell’aria (seni mascellari)
Cavità di risonanza (incidenza sul timbro vocale)
Assorbimento delle vibrazioni che derivano da fonazione e masticazione

Orifizi delle Cavità Nasali


Piriforme: anteriore
Coane: posteriori, dietro le quali si
trova la faringe; mucosa simile a
faringe e tuba.

Cartilagini del naso (di poco


interesse)
Del setto
Alare (più bassa)
Laterale (prolungamento in alto)

246
Regioni della Cavità Nasali
Vestibolare: zona di transito senza ghiandole.
Olfattiva: a livello del cornetto superiore ha la mucosa
di Schultze con cellule olfattivo-sensoriali.
Respiratoria: epitelio con cellule ciliate, mucipare e
basali; mucosa di Schneider.
Il trofismo dell’osso è strettamente legato al trofismo
della mucosa, per cui una sofferenza vascolare della
mucosa può ripercuotersi sul sistema scheletrico.
Corion è il tessuto connettivo elastico, ricco di elementi
vascolari e nervosi, con una grane presenza di ghian-
dole (sierose e mucose).

TUBA di EUSTACHIO
Sbocca nella parte posteriore delle fosse nasali, dove
il cerume lubrifica le pareti, evitando un effetto irrita-
tivo delle mucose, che altrimenti sono sottoposte a un
continuo attrito con la respirazione. Le secrezioni della
membrana timpanica colano poi nella rinofaringe.
Ha una direzione obliqua, diretta basso-avanti-dentro,
ma nel bambino ha una direzione più orizzontale e
questo rappresenta un motivo di ristagno e infezione. Il
problema riguarda l’orecchio interno, per cui il medico che
mette un cottonfioc con olio caldo non lo risolve di certo.

1/3 porzione ossea 2/3 fibro-cartilaginea


Compensazione pressoria tra aria nell’orecchio medio e aria nell’ambiente esterno (funzionalità timpanica)
Dà assaggio alle secrezioni della membrana timpanica
Azione dei muscoli peristafilini, ossia tensore del velo palatino e elevatore del velo del palato, nel permet-
tere l’apertura della tuba
Movimento delle ciglia vibratili dell’epitelio in direzione della faringe (protezione)
3 porzioni: orifizio timpanico – istmo – orifizio esofageo o padiglione della Tuba

247
coane
tuba di Eustachio (parte cartilaginea)

lamina pterigoidea lat

articol.
temporo-mandibolare
m. pterigoideo esterno

m. pterigoideo interno

m. tensore del velo palatino


o m. peristafilino esterno
m. elevatore del velo palatino
o m. peristafilino interno

a. carotide int

seno sfenoidale tuba uditiva,


parte ossea
membrana timpanica
meato nasale
superiore tonsilla faringea
m. tensore del
meato nasale velo palatino
medio
tuba uditiva,
meato nasale parte cartilaginea
inferiore
ostio faringeo
della tuba uditiva
tuba uditiva,
lamina fibrosa
m. elevatore del m. salpingofaringeo
velo palatino
Innervazione
Generale: sensibilità cavità nasali
Neurovegetativa: fisiologia del sistema > para: secrezione ghiandolare
> orto: vascolarizzazione
> sensoriale: funzione olfattiva

La mucosa che tappezza le cavità nasali ha il compito di filtrare l’aria inspirata, di umidificarla, riscaldarla o
stemperarla, ed è la stessa sia per le cavità nasali che paranasali. Viene umidificata per renderla meno ag-
gressiva per la mucosa dell’albero bronchiale e per l’attività delle cellule dell’epitelio ovvero le ciglia vibratili
hanno il compito di rimuovere l’aria impura verso le coane. L’umidificazione gioca un ruolo nell’attivazione
del muco che ha potenti capacità antibatteriche. Le cavità nasali e paranasali sono in comunicazione tra loro
grazie ai meati suddivisi in superiore e medio; in quello superiore drenano i seni posteriori, il seno sfenoi-
dale e l’etmoidale posteriore, in quello medio si drenano il seno mascellare (orifizio chiuso dall’etmoide e
il cornetto inferiore), il seno frontale attraverso il canale dell’infundibolo e le cellule etmoidali anteriori. Il
cornetto medio si avvicina alla parete interna e realizza una fessura respiratoria dove l’aria passa con turbo-
248
lenza. La zona prerespiratoria detta vestibolo ha una mucosa indifferenziata; la zona respiratoria è local-
izzata nella parte alta dove le cellule sono in collegamento con il bulbo olfattorio (cellule che catturano le
sostanze aromatiche). Poi c’è la rete nervosa, che si compone di una rete sensoriale e una rete sensitiva.
Di quest’ultima fanno parte i rami delle prime due branche del trigemino, che hanno un’innervazione neu-
rovegetativa per assicurare la corretta fisiologia della mucosa garantendo la vascolarizzazione ed il controllo
della temperatura dell’aria. La secrezione ghiandolare è sotto il controllo del parasimpatico.

(o n. nasale int)

Il n. trigemino ha 3 branche: oftalmico, mascellare, mandibolare. Essi derivano dal ganglio di Gasser che si
trova nel cavo di Meckel, all’apice della rocca petrosa e riceve una piccola radice motoria e una voluminosa
radice sensitiva. Il ganglio di Gasser ha rapporti stretti con le meningi e la parte lat del seno cavernoso.
1. oftalmico > incisura sfenoidale (tra grande e piccola ala) e a sua volta si divide in 3 rami:
lacrimale
frontale
nasale (o naso-ciliare)
2. mascellare > foro gran rotondo > fossa pterigo-mascellare (o pterigo-palatina) > foro sottorbitario
3. mandibolare

Il n. lacrimale non scambia rami con le fosse nasali.


Il n. frontale passa nella parte più alta dell’orbita; si divide in:
- ramo interno destinato alla sensibilità del seno frontale;
- uno esterno destinato ai tessuti superficiali della zona frontale e alla sensibilità della palpebra.
Il n. nasale o naso-ciliare si divide in:
- ramo interno che dà un’innervazione più anteriore del setto e della zona supero anteriore dei cornetti;
- ramo esterno con innervazione del sacco e del condotto lacrimale.
Il n. nasale, prima di passare nel foro etmoidale, quindi prima di andare ai cornetti anteriori, lascia un fila-
mento ovvero il filamento sfeno-etmoidale di Luscka o n. etmoidale post (derivazione del ramo interno
del n. nasale), che dà la sensibilità ai seni post: seno sfenoidale e cellule etmoidali post.

249
n. frontale n. lacrimale
n. oculomotore comune, r. superiore n. sovraorbitario
n. oculomotore comune ghiandola lacrimale

n. trocleare n. nasociliare
n. oftalmico
n. TRIGEMINO
ganglio n. mandibolare
semilulare
n. mascellare
n. abducente
n. oculomotore
comune, r. inferiore

Il n. mascellare entra nel foro gran rotondo, attraversa il fondo della fossa pterigomascellare e termina a
livello del foro sottorbitario (con il n. sotto-orbitario). Nella fossa pterigomascellare entra in rapporto con il
ganglio sfenopalatino (rappresenta l’innervaz autonoma per le fosse nasali). Il n. mascellare dà origine al n.
sfenopalatino, che entrando in contatto con il ganglio sfenopalatino, porta informazione neurovegetativa
destinata alla mucosa.

Rami in cui si divide il n. mascellare


rami meningei
ramo orbitario che si anastomizza con il n. lacrimale nn. nasali superiori
n. naso-palatino
n. sfeno-palatino (è il ramo che passa nel ganglio sfenopalatino)
nn. orbitari
n. sotto-orbitario nn. palatini

n. sfeno-palatino

Il n. sfeno-palatino entra in contatto con il ganglio omonimo da cui derivano:


- nn. nasali superiori (per il cornetto medio e superiroe) > danno origine al n. faringeo di Bock che inner-
va l’orifizio faringeo della tuba di Eustachio passando nel canale sfeno-vomerico laterale o canale farin-
geo, che si trova nella parte alta delle fosse nasali
- n. naso-palatino attraversa il foro sfenopalatino e scende lungo il vomere fino al palato (cioè arriva al
250
forame incisivo sul pavimento delle fosse nasali, attraversa il canale incisivo e si trova nella parte ant del
palato).
- nn. orbitari per cellule etmoidali
- nn. palatini: anteriore per la maggior parte della volta del palato
medio per la parte post della volta del palato
posteriore per la regione del velo del palato

La fossa pterigo-palatina è così delimitata:


davanti > parte post del mascellare (tuberosità post mascellare)
alto > grande ala dello sfenoide
dietro > apofisi pterigoidee
laterale > fossa sotto temporale

La parete esterna: La parete interna delle fosse


in alto_n. nasale interno (V1) nasali dà dei rami nasali che si dis-
in basso_n. sfeno-palatino (V2) tribuiscono alla parte ant-sup del
setto:
in alto_n. nasale interno (V1)
branche del V1 in basso_n. naso-palatino (V2)
n. nasale n. sfeno-
interno etmoidale
forame
etmoidale foro sfeno
ant palatino

n. nasale n. naso-palatino
inf

branche del V2
Il setto (o parete int) è innervato da n. nasale int nella sua porzione ant
n. naso-palatino nella parte restante

La parete laterale è innervata da n. nasale int nella porzione ant e sup dei cornetti
n. sfeno-palatino attraverso i nervi per i cornetti e i meati sup e
medio e attraverso i rami per il cornetto e meato inf
Il n. nasale est fornisce dei rami per la pelle e la mucosa dell’ala del naso.

251
cellule del bulbo olfattivo (schema) area subcallosa (o area paraolfattiva)
fibre efferenti al area e nuclei settali
bulbo olfattivo
fibre afferenti dal bulbo olfat- fibre del bulbo olfattivo controlat
tivo alle connessioni centrali
e al bulbo olfattivo controlat fibre del bulbo olfattivo
cellula granulare (eccitata controlaterale
dalle cellule mitrali e dalle commessura ant
cellule a pennacchio che a stria olfattiva
sua volta inibisce)
mediale
cellula mitrale
fibra ricorrente
cellula a pennacchio
cellula peri-
glomerulare

glomerulo
fibre del
n. olfattivo

cellule olfattive tratto olfattivo


trigono olfattivo
mucosa olfattiva e tubercolo
filamenti del n. olfattivo (I) olfattivo
stria olfattiva lat uncus
bulbo olfattivo
nucleo del tratto olfattivo lat fimbria dell’-
lamina cribrosa dell’etmoide ippocampo
sostanza perforata ant
nucleo olfattivo ant giro dentato
amigdala (in trasparenza) (o fascia dentata)
lobo piriforme circonvoluzione
paraippocampica

252
Il n. vidiano attraversa il canale vidiano o canale pterigoideo. L’orifizio di questo canale si trova si trova
nella radice dell’ala pterigoidea.

253
ramo comunicante n. etmoidale ant
n. etmoidale post n. sopraorbitale
n. sopratrocleare
nn. ciliari lunghi e brevi
ghiandola lacrimale
ganglio ciliare n. infratrocleare
n. lacrimale (dal n. naso-ciliare)
ramo cutaneo
n. naso-ciliare del n. lacrimale
n. zigomatico-
n. frontale temporale
ramo tentoriale n. zigomatico-
faciale
n. oftalmico (V1)
ramo
ganglio semilunare nasale est
del n. trigemino del nervo
etmoidale ant
n. trigemino (V)

ramo
meningeo
foro
rotondo n. sottorbitario
foro
ovale n. alveolare sup
anteriore
n. mandibolare (V3) ramo
n. mascellare (V2) nasale
tonaca mucosa
n. zigomatico del seno mascellare
n. del canale pterigoideo rami dentali e gengivali
(o Vidiano)
ganglio pterigo-palatino plesso alveolare sup
(o sfeno-palatino)
nn. palatini maggiori e minori n. sottorbitario emergente
dal canale infraorbitale
rami pterigo-palatini n. alveolare sup medio
n. alveolare sup post
L’innervazione neurovegetativa è sotto il controlo del ganglio sfeno-palatino, che riceve afferenze sia di
tipo paraS che ortoS, rappresentate dal n. palatino e dal n. vidiano. Quest’ultimo è composto dall’unione di
4 tipi di fibre nervose:
ParaS
n. gran petroso superficiale (ramo del 7° che ha fibre para che nascono dal nucleo del 4° ventricolo)
OrtoS
n. gran petroso profondo (deriva dal 9° tramite il n. timpanico che ha fibre orto)
rami simpatici del plesso pericarotideo
n. sfenoidale interno > dal ganglio otico annesso al V3

Afferenze del ganglio sfeno-palatino (GSP)


N. vidiano entra nel ganglio ma scambia poche fibre
Gran petroso sup
Gran. petroso prof
Ramo carotideo
N. sfenoidale
N. sfeno-palatino
254
Efferenze GSP
Sono i rami nei quali si divide il n. sfeno-palatino:
NN. nasali sup
N. naso palatino
NN. palatini

Rami para del plesso pericarotideo, n. sfenoidale interno. Le origini derivano dal nu-
Le fibre ParaS
cleo muco lacrimo nasale del IV° ventricolo che passano nel ganglio
genicolato per formare il gran petroso sup (n. vidiano). L’attivazione del para comanda la
secrezione delle ghiandole della mucosa.

Le fibre OrtoS Gran petroso profondo (deriva dal 9° tramite il n. timpanico). Origina dal tratto in-
termedio laterale del midollo tra C6 e D2. L’azione del simpatico provo-
ca secrezione ghiandolare e vasocostrizione della mucosa con conseguente vasodilatazi-
one capillare periferica che può provocare congestione ed edema.

Nella fossa pterigo-mascellare entrano in contatto tra loro il ganglio sfenopalatino, il n. vidiano e l’arteria
mascellare interna che è un ramo dell’a. carotide esterna.
La parte alta delle fosse è vascolarizzata dalla carotide interna, la parte bassa dalla carotide esterna.

Innervazione sensoriale
La parte olfattiva delle fosse nasali si trova nella parte più alta e posteriore a livello del cornetto superiore.
Il movimento delle ciglia crea lungo il filuzzo olfattivo una differenza di potenziale che si prolunga lungo il n.
olfattivo, creando la sensazione dell’olfatto. È un senso “chimico” con un’origine “fisica” (il movimento delle
ciglia). Rinoencefalo > tratto olfattivo > bulbo olfattivo > filamenti olfattivi > lamina cribrosa > ciglia vibratili.

Vascolarizzazione venosa
La circolazione venosa si divide in superficiale e profonda con una rete capillare interposta molto svilup-
pata. Questi in alcuni casi rallentano il deflusso e funzionano come serbatoio di sangue permettendo la
turgescenza della mucosa dei cornetti. I vasi venosi sono ricchi di fibre muscolari lisce che permettono
un’attività contrattile. Questa sorta di” tessuto erettile” è particolarmente sviluppato in corrispondenza del
cornetto inferiore, della coda del cornetto medio e intorno al foro sfeno-palatino.

255
nucleo salivatorio sup (parasimpat)
n. faciale (VII)
ganglio genicolato
n. grande petroso superf (parasimpat)
n. grande petroso profondo (ortosimpat)
n. del canale pterigoideo (o Vidiano)
n. mascellare (V2) che attraversa il foro rotondo
ganglio pterigo-palatino (o sfeno-palatino)
nella fossa pterigo-palatina
rami nasali post laterali e mediali
nella fossa pterigo-palatina
n. infraorbitale

cavità timpanica

n. carotico
int
midollo
allungato a. carotide nn. palatini
int maggiore e
midollo minore nn. seno n. naso-palatino
spinale alveolari mascellare
ganglio cervi- superiori
cale sup posteriore
tronco del e medio rami nasali laterali
simpatico post-sup e post-inf
(terminaz sezionate)

fibre parasimpat
fibre ortosimpat

Vascolarizzazione arteriosa
La mucosa viene vascolarizzata dai vasi che vengono dai vasi della carotide int ed est.
Dalla carotide INTERNA derivano l’a. oftalmica che dà le due arterie etmoidali: anteriore (per il setto e
le cellule etmoidali ant) e posteriore (per il setto e le cellule etmoidali post) e vascolarizza la parte antero-
superiore delle cavità nasali e le cellule etmoidali.

256
a. etmoidale ant
carotide INTERNA a. oftalmica
a. etmoidale post
Dalla carotide ESTERNA deriva l’a. mascellare interna e da questa un ramo che è l’a. sfeno-palatina che
decorre insieme al n. omonimo nel foro. A sua volta l’arteria sfenopalatina ha una ramificazione che si dis-
tribuisce neila zona dei cornetti o nel setto come a. nasopalatina.
a. naso-palatina
a. mascellare INTERNA a. sfeno-palatina
a. dei cornetti
medio e inf
carotide ESTERNA
a. labiale sup
a. faciale a. dell’ala del naso
a. del setto

L’a. faciale, ramo del V2 fornisce l’a. labiale superiore e l’a. angolare, quest’ultima si collega con l’a. of-
talmica perciò c’è un collegamento tra carotide int ed est.

carotide ESTERNA a. faciale a. ANGOLARE


anastomosi

carotide INTERNA a. oftalmica


I vasi arteriosi sono profondi a contatto con il periostio per questo l’anastomosi artero-venosa crea dei
cuscinetti intimali, come un manicotto che contraendosi provoca la chiusura dell’anastomosi della tonaca
dell’intima del capillare, dove il sangue dall’arteriola interagisce direttamente con la venula senza creare un
trauma capillare.
Dalle grosse arterie accollate al periostio si formano delle arcate arteriose:
Arteriole > rete capillare periferica
Anastomosi Artero-Venose (AAV) > ghiandole della mucosa.

257
La rete capillare è nella faccia profonda della membrana basale dell’epitelio,
metre i grossi vasi delle cavità nasali sono a livello del periostio. Più in profon-
dità i capillari creano delle lacune, i seni cavernosi (come nei corpi cavernosi
del pene: arriva più sangue e va via più lentamente, quindi il tessuto si rigonfia,
diventa turgido), che funzionano come serbatoio di sangue.
Nel prolungamento dell’arteriola si trovano i capillari arteriosi nutritivi, poi i
capillari venosi, la venula e quindi la vena. Questo sistema è fornito di shunt
rappresentati dalle anastomosi artero-venose (AAV) che permettono di adattare
capillari
la circolazione alle necessità della mucosa e quindi, a seconda dei bisogni, di
escludere il sistema capillare. La parete delle AAV presentano delle formazioni, i manicotti intimali (le pareti
dei vasi hanno 3 strati���������������������������������������������������������������������������������������
: intima, media e avventizia) che
���������������������������������������������������������
autorizzano il sistema di chiusura (�����������������
= passaggio arte-
riola-venula senza invadere i capillari). In assenza di un effettivo bisogno di sangue arterioso a livello della
mucosa, queste AAV presentano un’alternanza di cicli di apertura e chiusura da 2 a 12 movimenti al minu-
to. Questa ritmicità dei movimenti evita la possibilità che si verifichino fenomeni di sofferenza vascolare o di
necrosi della mucosa. Se le AAV fossero sempre aperte, il sangue arterioso prenderebbe in via preferenziale
questo percorso, evitando di vascolarizzare la rete capillare. Quando la mucosa richiede un maggior apporto
di sangue arterioso, le AAV si chiudono e, in conseguenza della perfusione dei capillari, si produce un au-
mento della temperatura. Questo fenomeno spiega come sia possibile che pur respirando in un ambiente
a temp sotto 0°, l’aria che giunge ai polmoni è sempre intorno ai 25°. Questo meccanismo è presente nel
cornetto inf e medio, dove c’è la fessura respiratoria: quella zona molto stretta e allungata, dove l’aria deve
essere riscaldata. Quindi:

A. Arteriole aperte e anastomosi chiuse gattivazione rete capillare +


Costrizione delle vene efferenti (= drenaggio rallentato) g turgescenza dei cornetti g aum. temperatura
mucosa

B. Anastomosi aperte g esclusione rete capillare.


La vascolarizzazione dello scheletro osseo delle cavità nasali è garantita dalla mucosa stessa che è accollata
al periostio. Una mucosa atrofica non assicura una corretta vascolarizzazione del tessuto osseo.

258
La più impor-
tante anastomosi
si trova nella
parte ant-inf del
setto. Sede di
epistassi che
possono funzion-
are da valvola di
sicurezza

5 sem_De Marco

FOSSE NASALI (continua)


L’ anatomia è molto utile nel lavoro pratico che faremo sul Pz.
Noi come osteopati non faremo niente di specifico per patologie di questa zona, ma come sempre cer-
chiamo di aiutare l’organismo a difendersi da solo perchè il corpo umano è fatto per poter funzionare, per
preservare il suo funzionamento. Aiutare un organismo significa permettere una corretta vascolarizzazione
della zona, garantire, permettere e preservare la corretta informazione di tipo neurovegetativo ed eliminare
ogni condizione che può creare un impedimento alle capacità di autoregolazione.
Saremmo portati a pensare che gran parte del lavoro sarà craniale ma in realtà si comincia da molto distante
perchè non è ipotizzabile intervenire sulla sfera craniale se il soggetto per esempio ha uno squilibrio postur-
ale o un problema meccanico importante a livello sacrale. Quindi prima c’è un lavoro interessante a livello
sacro iliaco che è auspicabile fare per assicurarsi che il cranio sia libero, altrimenti è difficile che all’altra
estremità le cose funzionino bene.
È stato fatto uno studio in America su bambini che soffrivano di otiti medie ricorrenti sottoposti a trattamen-
to manipolativo osteopatico protocollato e all’inizio infatti il lavoro partiva a livello delle articolazioni sacro
iliache proprio per liberare la mobilità del sacro.

Poi, specie quando si ha a che fare con bambini, con soggetti in età evolutiva è interessante andare a
lavorare, con risultati migliori, il meccanismo della respirazione, la dinamica respiratoria lavorando sia il
motore della respirazione (che è sempre a livello craniale), che l’effettore (diaframma e apparato respirato-
rio che c’è intorno, ovvero griglia costale, cartilagini costali, sterno, colonna dorsale.. ). Ovviamente ci sono
259
anche tecniche dirette sul massiccio facciale che vedremo.
L’apporto ematico deriva da vasi della carotide esterna e interna che hanno diverse anastomosi tra loro. Ab-
biamo visto l’ a. mascellare interna che dà l’a. sfeno-palatina (che insieme al n. sfeno-palatino attraversa
il forame omonimo, si porta nella zona dei cornetti e dà la vascolarizzazione di una grossa parte delle cavità
nasali), vasi che derivano dal sistema della carotide esterna. La carotide interna contribuisce con due rami
che derivano dall’a. oftalmica che sono le aa. etmoidali, anche queste seguono in parte il percorso dei rami
del V. I due sistemi hanno diverse anastomosi, abbiamo visto che c’è questa trama sulla porzione distale del
setto che è la macchia vascolare di Kiesselbach, poi abbiamo visto che c’è un’anastomosi esterna data
dall’a. angolare che è un ramo dell’a. faciale (quindi carotide esterna) che attraverso questa a. angolare va
a dare un’anastomosi verso le etmoidali.
La gran parte del drenaggio venoso sfocia nel foro giugulare o foro lacero posteriore, dunque il drenag-
gio avviene, come tutto nel cranio, attraverso la parte posteriore.

Sistema di drenaggio linfatico: le secrezioni linfatiche convergono nei linfonodi del tratto cervicale,
posizionati nel rinofaringe, altrimenti anteriormente vanno nei linfonodi sottolinguali e sottomandibolari.
È importante ricordare che la catena linfatica passa dietro lo sdoppiamento della fascia dello SCOM, più o
meno passa parallela alla vena giugulare interna, quindi è importante anche andare a liberare il passaggio
della linfa.

Per quanto riguarda il sistema nervoso autonomo il simpatico dà l’aspetto regolatore della motricità basale
e quindi pensando ad un intervento sul simpatico bisogna fare riferimanto ai gangli della catena simpatica
latero vertebrale, i tre gangli cervicali e bisogna far riferimanto all’origine delle fibre ortosimpatiche che si
trova più o meno localizzata all’altezza della cerniera cervico dorsale quindi nel tratto tra C6-D2.
Per quanto riguarda invece l’innervazione parasimpatica dobbiamo ricordarci l’origine delle fibre che pas-
sano nelle ramificazioni del facciale e del glosso faringeo (7 e 9) e che raggiungono il ganglio sfeno palatino
convogliandosi nel nervo vidiano (fatto da grande petroso superficiale, grande petroso profondo e plesso
pericarotideo, ortosimpatico, che confluisce nel grande petroso profondo e quindi costituisce il vidiano ed
è una grande afferenza neurovegetativa per il ganglio sfeno palatino). Abbiamo parlato della produzione di
muco dalla secrezione ghiandolare che è prevalentemente sotto il controllo parasimpatico; l’ipersecrezione
è uno dei segni caratteristici dell’irritazione della mucosa pituitaria (respiratoria) e altri segni caratteristici
260
sono lacrimazione, rinorrea, senso di ostruzione nasale (perchè quando c’è irritazione della mucosa significa
che c’è una congestione, quindi arriva più sangue, che riduce già lo spazio, inoltre la secrezione ghiandolare
riduce ulteriormente il passaggio dell’aria e c’è lacrimazione).
Una parte del secreto lacrimale arriva a livello del cornetto inferiore, quindi in fossa nasale, con ruolo batteri-
cida, azione difensiva (infatti sono salate).

Fisiologia delle fosse nasali


Protezione Termica dei Centri nervosi
Trattamento Termico dell’aria inspirata
Purificazione dell’aria e Difesa dell’Organismo
Umidificazione dell’aria
Incidenza sul Timbro Vocale
Funzione Olfativa

Tutto il sistema di cavità ha il ruolo di permettere il passaggio di aria quindi anche le cavità paranasali de-
vono essere ventilate. La mucosa delle fosse nasali e delle cavità annesse è identica, solo quella dei seni è un
pochino più sottile, ha meno ghiandole, anche qui infatti esiste una secrezione, una vibrazione delle cellule
ciliate epiteliali con lo scopo di indirizzare verso la parte posteriore, verso le coane, verso il rinofaringe il
muco e il materiale catturato da quest’ultimo.
Questa vibrazione può subire variazioni in base alla qualità dell’aria, in base all’ umidificazione, alla tempera-
tura o in base a sostanze chimiche presenti. Il movimento di queste cellule è importante perchè favorisce la
capacità del muco di cattturare, inglobare particelle estranee che non devono passare nelle vie respiratorie
ma devono essere ingoiate. Infatti soggetti che soffrono di frequenti statti infiammatori, irritatori a livello
della mucosa hanno la probabilità di sviluppare problemi all’apparato digerente perchè continuamente
deglutiscono materiale infetto.
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L’aria deve essere resa respirabile, temperata e umidificata, le fosse nasali hanno un ruolo di protezione
termica ma anche meccanica, infatti le cavità piene d’aria proteggono anche dagli eventi traumatici al volto
(per esempio le sollecitazioni date dalla masticazione).
Le cavità hanno inoltre un’incidenza sul timbro della voce e anche sulla funzione olfattiva, di conseguenza
sulla qualità dell’alimentazione; esiste infatti un senso che combina l’azione tra l’olfatto e il gusto detto fla-
vore.

(slide)
1. Protezione Termica in particolare nei confronti del lobo Frontale e dell’ Ipofisi (s. sfenoidale)
2. Ruolo Termico > l’aria inspirata subisce la turbolenza nel cornetto medio. Viene in contatto con la mucosa
del S. Mascellare e si riscalda per arrivare nel rinofaringe ad una temperatura di 30°-31°
3. Purificazione dell’aria > ciglia vibratili
muco
lacrime
mucosa
riflessi
L’azione combinata delle ciglia e del muco favorisce l’inglobamento e l’eliminazione delle molecole più
grosse che si trovano nell’aria inspirata.
Queste particelle vengono trattenute dal muco e, grazie al movimento delle ciglia, spinte in direzione degli
orifizi posteriori (coane), per essere eliminate attraverso il tubo digerente.
Durante l’INsp nasale, fisiologica, l’aria viene filtrata, riscaldata e umidificata al contatto della mucosa.
Nell’INsp normale l’aria non raggiunge la regione olfattoria, fenomeno che si produce nella respirazione
forzata. E’ interessante notare che l’aria non penetra nel seno mascellare, e generalizzando, nelle altre cavità
paranasali. In questa fase l’aria contenuta nel seno fuoriesce, calda, umida e filtrata, per andarsi a mescolare
con quella appena inspirata.
Nell’ Esp l’aria percorre la zona olfattoria, vortica verso il meato medio, penetra nei seni annessi e, solo in
parte, fuoriesce dalle narici.
Il muco contiene un enzima, lisozima, che possiede una potente azione battericida.
La mucosa stessa è ricca di leucociti e linfociti.
Le ciglia vibratili hanno un costante movimento sincrono di 8/12 mov/1’
Le secrezioni lacrimali, che si vuotano nel meato inf, hanno un potere battericida importante ma il ritmo e la
frequenza della vibrazione ciliare dipendono da una buona igrometria e da una giusta temperatura.
Per garantire il potere battericida del muco, occorre una umidità tra il 40 ed il 60% dell’aria.
Anche nelle cavità paranasali la vibrazione delle ciglia è data in direzione del passaggio esterno
dell’ostio che permette la fuoriuscita dell’aria e delle secrezioni dalle cavità nasali. Ovviamente
quando un’infezione dalle vie respiratorie, dalla mucosa pituitaria si trasmette alla mucosa dei seni
(cioè quando si sviluppa una sinusite) si hanno delle complicazioni maggiori perchè sono cavità
chiuse e il passaggio è più ristretto.
A livello della mucosa esistono tre riflessi tutti legati al concetto di difesa:
1. r. trigemino-nasale (lo starnuto) origina dalla stimolazione, meccanica o chimica, della mucosa pituitaria
a livello del meato medio e inferiore con il compito di allontanare ciò che non deve stare nelle cavità nasali.
È una stimolazione delle fibre del V.
2. r. naso-polmonare (la tosse) legato alle afferenze del V e al suo nucleo, con effetto sul X. Riflesso salvavi-
ta, soprattutto se l’irritazione si verifica a livello del carrefour tra le vie aeree e digerenti.
3. r. trigemino-lacrimale (secrezione parasimpatica a livello delle ghiandole lacrimali se c’è la presenza di
uno stimolo della mucosa “pituitaria”).
Per stimolazione della mucosa s’intende una reazione in seguito al contatto con un agente patogeno.

Funzione Olfattoria
1. Classificazione dell’odore
canforato etereo
floreale piccante
mentolato putrido
muschiato
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2. Identificazione dell’odore
3. Quantifica dell’odore
Le cavità paranasali offrono un ruolo di:
1. Alleggerimento delle ossa del cranio
2. Protezione della base
3. Assorbimento delle vibrazioni dovute alla fonazione e alla masticazione
È molto importante e fisiologico che il soggetto, soprattutto se bambino, impari a respirare con il naso.
Non è la stessa cosa respirare per via orale sia per la difesa immunitaria sia perchè questa non permette un
buono e armonico sviluppo del massiccio facciale; non permete infatti una buona ventilazione e in molti
casi è causa di problemi che riguardano la dentizione e l’occlusione.
La respirazione orale spesso si accompagna ad un maggior dispendio energetico, infatti spesso sono per-
sone che si stancano molto facilmente, poco energiche.
I principi che guidano la condotta osteopatica:
riarmonizzare il massiccio facciale, assicurarsi che il frontale sia libero, che l’etmoide libero, che non ci siano
costrizioni all’espansione dei mascellari; è chiaro che la meccanica craniale richieda il controllo di alcuni
passaggi nella struttura stessa ma ciò deve essere sempre preceduta da un controllo delle strutture a dis-
tanza (fluttuazione del sacro..). Molto spesso infatti prima di prendere in esame il cranio bisogna considerare
l’insieme dell’organismo.

Questo schema spiga come la respirazione orale sia la porta aperta che mantiene una condizione di squi-
librio e di vulnerabilità di fronte alle aggressioni esterne. Perchè se ho una respirazione di tipo orale, magari
perchè ho delle cavità poco sviluppate, perchè ho una conformazione anatomica in cui l’aria passa con più
difficoltà e quindi non ho imparato a respirare con il naso, oltre ad avere una minore difesa perchè l’aria non
viene “trattata”, sarò più vulnerabile, più soggetto ad avere infezioni, e l’edema della mucosa che si forma
non farà altro che ostruire ulteriormente il passaggio dell’aria e impedire la fuoriuscita di muco.
Noi abbiamo il compito di spezzare questo circuito. Se la mia ostruzione nasale è legata ad una conformazi-
one anatomica particolare strutturata ovviamente non ci possiamo fare niente, invece
avere a che fare con un soggetto in evoluzione ci permette di influenzare un pò di più il suo sviluppo ar-
monico.
Ovviamente non esiste un protocollo ma esistono delle linee guida orientative: come sempre possiamo
ipotizzare un asse di trattamento locale della zona e uno a distanza, su tutto ciò che può andare ad in-
terferire sulla zona presa in esame. Da questa l’importanza di ricordare i passaggi della vascolarizzazione,
dell’innervazione; sappiamo bene infatti che l’origine di un problema può essere anche molto distante da
dove poi si manifesta.
Dal momento che abbiamo a che fare con la respirazione del soggetto un possibile intervento non può
prescindere dal prendere in considerazione il diaframma e la sue relazioni con le altre strutture che sono
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funzionalmente legate alla fisiologia del sistema craniale e al sistema ORL.
Non possiamo pensare di liberare il diaframma se prima non abbiamo liberato i temporali di una persona,
perchè il vero motore è a livello craniale. Se prendiamo come es un bambino che si ammala spesso sarà un
bambino che stimola poco la sua respirazione, che ha una corsa del diaframma condizionata, che avrà anche
una mobilità costale e toracica condizionata. Il diaframma va indagato sia come muscolo, con le sue inser-
zioni, sia come rapporti di strutture anatomiche di vicinanza, quindi il rapporto con la pleura, la relazione
con la base del cranio grazie all’inserzione dell’asse aponevrotico centrale (è un po’ come se il dia-
framma fosse appeso alla base del cranio). Il diaframma va anche studiato per i suoi effetti sull’emodinamica,
sull’aiuto che può offrire nella circolazione di ritorno e sull’effetto benefico che ha sull’appoggio che de-
termina sul pacchetto viscerale, compressione e decompressione continua che ha un effetto salutare per i
visceri.
Altre relazioni importanti sono: posteriormente con l’aponeurosi cervicale profonda, quindi tornia-
mo ad una relazione diretta con il cranio, poi come ha relazioni con la pleura possiamo ricordarci il rapporto
che ha con la fascia che tappezza il torace. Quindi diciamo che avere o no il diaframma libero fa una
bella differenza.
Dopo di che ci sono i punti di inserzione del diaframma con tutto il contorno costale, l’inserzione
dei pilastri e la relazione con il tratto cervicale medio per il comando nervoso, il n. frenico (il
frenico veicola anche l’informazione sensitiva sottodiaframmatica), soggetti con problematiche gastro
epatiche spesso hanno cervicalgie. Essendo la sensibilità sotto diaframmatica veicolata dal frenico io posso
avere una cattiva propriocezione e usare male il mio collo, non tanto perchè ho C3 in disfunzione ma per
un’informazione centripeta che attraverso il frenico risale e mi altera la propriocezione a livello cervicale.
Con il test di inibizione si ha questo effetto.
Un altro punto di passaggio fondamentale è la zona che mette in relazione il cranio con il torace, lo stretto
toracico superiore, quell’insieme di tessuti miofasciali che tappezzano lo spazio tra queste strutture os-
see: clavicola, scapola, prima costa, manubrio sternale e cerniera C7-D1.
Funzionalmente a queste strutture possiamo collegare l’osso ioide, la mandibola e i temporali. È una
zona importantissima perchè è una zona di collegamento, in più questi punti corrispondono agli ancoraggi
delle aponeurosi cervicali prevalentemente superficiale e media:
1. l’aponeurosi cervicale superficiale è come una grossa sciarpa che avvolge tutto intorno, sia sulla
parte anteriore che posteriore del collo, è immediatamente sottocutanea, anteriormente è tappezzata dal
platisma, dal m. pellicciaio, è molto sottile ma molto grande, posteriormente risale fino alla protuberanza
occipitale esterna, ai processi mastoidei del temporale, alla fascia del massetere, alla parte inf della mandi-
bola e inferiormente anteriormente alla clavicola, prima costa, acromion e spina della scapola. È importante
ricordare che questa aponeurosi cervicale avvolge scom e trapezio, e come detto dietro lo SCOM c’è il pas-
sagio della catena linfatica;
2. l’aponeurosi cervicale media invece è presente pressocchè unicamente sulla faccia anteriore
perchè è compresa tra i due muscoli omoioidei, l’inserzione superiore si fa sull’osso ioide e quella bassa è in
corrispondenza dell’incisura della scapola (possiamo visualizzarcelo come una specie di bavagliolo). È molto
importante per uno sdoppiamento che costituisce la guaina viscerale e vascolare del collo. L’omoioideo
incrocia la guaina vascolare del collo.
L’osso ioide è un elemento molto piccolo ma funziona da regolatore delle strutture anteriori perchè dà
inserzione ai muscoli sopra e sotto ioidei; facilmente può trovarsi in disfunzione e quindi rappresentare un
elemento che crea una problematica tissutale che coinvolge o la muscolatura o l’aponeurosi media creando
dunque una condizione disfunzionale.
Pz con male al collo solitamente hanno più problematiche anteriori che posteriori!
La guaina viscerale del collo è uno sdoppiamento, la guaina vascolare è quella che dà passaggio a ca-
rotide, giugulare interna e n. vago; è ognuna rivestita da un proprio involucro però sono avvolte insieme
da una dipendenza dell’aponeurosi cervicale media e quella profonda. A questo livello c’è la presenza dei
setti trasversali ed è questo che rappresenta il diaframma toracico superiore. Gli sdoppiamenti, che sono una
dipendenza dell’aponeurosi media e profonda, permettono di mantenere libero aperto il calibro dei vasi
venosi perchè sono fibre trasversali che vengono messe in tensione durante l’INsp ed evitano la compres-
sione dei vasi venosi (che sono meno resistenti alla compressione rispetto a quelli arteriosi). Questo è il con-
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cetto di diaframma: fibre connettivali trasversali che dalla profonda vanno verso la media e che incrociano i
vasi, in particolare la vene e le mantengono aperte.
L’apon. cervicale profonda come abbiamo già detto va a tappezzare i muscoli sulla parte anteriore; siamo
soliti dire che la guaina viscerale è una dipendenza della media, invece è tra la media e la profonda.
Faringe, esofago, laringe, trachea e ghiandola tiroide sono protette da una guaina avventizia posta tra
l’aponeurosi media e profonda, la guaina viscerale.
Ovviamente lo stretto toracico superiore è direttamente in relazione con la cerniera cervico dorsale
e ci interessa non solo per il passaggio vascolare e nervoso ma anche per gli stimoli che possono arrivare,
ad esempio un problema di prima costa mi può dare un problema di ortosimpaticotonia mediato da una
stimolazione del ganglio stellato, o un problema meccanico del tratto cervico dorsale può dare un orto-
simpaticotonia. Una persona che usa male il diaframma sta solitamente con le spalle alte perchè usa tanto i
muscoli accessori della respirazione, gli scaleni.

Ipotesi di trattamento di un Pz che ha una problematica ORL (prima di passare al cranio).


Non è un protocollo ma assicurarsi sempre di aver normal-
izzato da un punto di vista tessutale il diaframma toracico
superiore prima di trattare il cranio, perchè tutto il drenag-
gio avviene attraverso questo passaggio e se non è libero il
mio lavoro non funziona.
È impossibile cambiare il terreno di una persona (che ad es.
soffre di riniti allergiche), posso dargli dei suggerimenti e
posso fare qualcosa per farla funzionare meglio.
Presa: pollice sulla faccia ant della clavicola nella zona della
concavità esterna, medio con il bordo radiale sulla porzi-
one post.

Per liberare i tessuti della zona dovremo


fare punto fisso con questa mano e
impedire alla clavicola di seguire il mo-
vimento dell’arto sup, a cui faremo fare
delle circonduzioni da tutte e due i lati.
Manteniamo la clavicola impedendo
rotazione ant e post. Lo scopo sarebbe
ammorbidire da un punto di vista fas-
ciale questa zona.

Nel caso in cui la conformazione del Pz non permetta una buona


presa o l’appoggio sia particolarmente sgradevole per il soggetto
possiamo cominciare ad ammorbidire gradualmente i tessuti con
un’altra presa. Fermiamo la clavicola mentre facciamo dei mo-
vimenti di trazione, decompressione del braccio e cerchiamo di
indurre una direzione rotatoria del moncone della spalla.
Il principio è sempre quello di bloccare la clavicola mentre fac-
ciamo fare dei movimenti alla spalla.

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Altra possibilità è fare un lavoro più mirato a dare la
possibilità di adattamento delle clavicole quindi che
può influenzare meglio la zona alta, ricordandoci sem-
pre che il nostro obiettivo è la liberazione delle fasce.
Alla testa del Pz, prendo le clavicole con la stessa posiz-
ione di prima (pollici sopra, indici con il bordo radiale
sotto).

La prima cosa da fare è distanziare tra di loro le clavi-


cole, come se volessi allontanare le mie mani una
dall’altra; poi vado leggermente in direzione basso-
avanti fuori (nell’immagine sotto seguo la direzione dei
mignoli).
Dopodichè chiedo al Pz di respirare e apprezzo quale
tipo di rotazione è facilitata (sapendo che in INsp le
clavicole dovrebbero fare una Rot post e in Esp una
Rot ant), solitamente una funziona meglio in un modo
e una nell’altro.

Una volta che ho capito come vanno le clavicole, senza chiedere di enfatizzare la respirazione, il mio com-
pito è aumentare il parametro che è già facilitato su diversi atti respiratori. Per esempio: la clavicola dx va
bene indietro e la sin va bene avanti, io su più inspirazioni incoraggerò la clavicola dx a girare indietro e
in espirazione la sin a girare in avanti. Dopo aver posizionato le clavicole dove stanno più comode ed es-
sere arrivato al limite delle rotazioni chiedo di fare delle insp. ed esp. più profonde. Nel caso dell’esempio,
sull’espirazione porterò la clavicola dx avanti e sull’inspirazione porterò la sin indietro.
In prima fase aggravo, quando sono arrivata al massimo delle rotazioni torno indietro sfruttando il tempo
respiratorio adeguato.
Tra le cose difficili avremo:
1. trovare il giusto contatto senza dare fastidio al Pz ma senza essere neanche troppo
superficiali
2. mantenere durante tutta la tecnica un distanziamento tra le due
clavicole.
Non ci sono controindicazioni particolari su Pz con lussazioni re-
cidivanti dell’art. acromion clavicolare, anzi forse trattando i tessuti
possiamo aiutarlo.
Un’altra modalità più energica può essere fatta da in piedi pren-
dendo sempre le clavicole con la stessa presa; facciamo incrociare
le mani al Pz e chiediamo di metterle dietro al collo dell’operatore
dopodichè facciamo sempre punto fisso a livello clavicolare e lavo-
riamo in circonduzione trazionando un po’. Lavoro che interessa le
clavicole ma anche tutto lo stretto sup.

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Abbiamo visto l’importanza dell’osso ioide per la relazione che ha con le
strutture superiori e inferiori e il suo ruolo importante di regolazione e srego-
lazione della zona, soprattutto nei confronti dell’aponeurosi cervicale. Come
localizzazione lo troviamo davanti al corpo di C3, troviamo gonion ci spos-
tiamo verso dietro con le dita larghe ed andiamo a chiudere le nostre dita
a pinza per cercare di individuare i corni laterali (attenzione a non scendere
troppo se no troviamo le cartilagini). In alcuni soggetti può essere molto
posteriore, fare dei tentativi senza premere troppo soprattutto se sentiamo
pulsare. Una volta individuato lo teniamo a pinza e cerchiamo di capire com’è
posizionato, se è tirato più da un lato o da un altro, se si lascia mobilizzare
verso l’avanti. Il principio poi è sempre lo stesso, cioè liberare da un punto di
vista tissutale questa zona.
Una possibilità può essere mettere una mano a coppa a sostegno delle
vertebre cervicali, con l’altra mano individuo lo ioide e provo ad al-
lontanarlo dalle strutture del collo, come se lo volessi portare in avanti.
Quindi faccio un leggero tensionamento fasciale e valuto se riesco a lib-
erarlo, se ho l’impresssione che il suo collo si appoggi un po’ di più sulla
mia mano; quando tiro, se c’è una resistenza dei tessuti, è come se il collo
venisse tirato in avanti anch’esso, ma quando la struttura cede, si rilassa il
collo torna indietro e cede sulla mia mano.

Quindi una possibilità è mantenere la tensione aspettando di


percepire un rilassamento della zona oppure posso fare punto
fisso sullo ioide (mantenendolo sempre sollevato) e con l’altra
mano contattando la fronte del Pz far fare dei movimenti al capo
lavorando con piccole inclinazioni della testa.

Lo ioide può essere facilmente la vittima di uno squilibrio, se è tirato da un lato il responsabile è questo
elemento che lo tira;
quindi se tirato in alto
valutiamo la resistenza dei
tessuti del pavimento della
bocca perchè potrebbe es-
serci qualcosa nei muscoli
sopraioidei. Se mi accorgo
che il problema è il pavi-
mento della bocca, faccio
per primo un lavoro di
distensione in cui cerco di
liberare la zona.

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Altrimenti se mi rendo conto che la problematica viene dal
basso (mm. sottoioidei) posso fare punto fisso distale largo
tenendo sempre a pinza lo ioide e immagino di mettere in
tensione i tessuti tra le mie due mani.

Visita cavità nasali_Gambardella


Gli organi emuntori sono deputati all’eliminazione dei cataboliti. Li abbiamo classificati in organi emuntori
primari e secondari. Gli organi emuntori primari sono: fegato, rene, intestino (e il sistema linfatico che
rappresenta un sistema circolatorio specializzato). Gli organi emuntori secondari sono: i polmoni (con
annesse le cavità nasali e le ghiandole lacrimali), l’utero con la vagina e la pelle. Il fegato è forse la ghiandola
più importante e più grossa dell’organismo, riceve sangue arterioso dall’arteria epatica, sangue venoso
attraverso la vena porta (che porta il sangue dall’intestino al fegato). Il sangue venoso che arriva al fegato
viene depurato, lavorato e prende le sostanze nutritive introdotte con l’alimentazione, mentre le sostanze di
scarto saranno eliminate attraverso i reni e l’intestino. Tutte le sostanze chimiche che entrano nell’organismo
passano per il fegato, tutto passa per il fegato, per essere trasformato, elaborato e poi accettato o eliminato.
Il rene riceve le sostanze nutritive dall’arteria renale e poi elimina i cataboliti attraverso l’uretere e la vescica.
L’intestino elimina le sostanze solide. Il corpo umano è una macchina fantastica, che riesce ad eliminare tutto
ciò che non serve attraverso tre vie, ciascuna rispettivamente per sostanze solide, liquide o gassose (polmo-
ni e intestino). Gli scarti solidi possono trasformarsi in liquidi e i liquidi si possono trasformare in gas. Se
questi organi funzionano correttamente i processi di eliminazione sono assicurati attraverso la via intesti-
nale e renale. Se uno di questi organi è in sovraccarico subentrano gli organi emuntori secondari: polmoni
(con l’eliminazione di corpi chetonici e di muchi attraverso le fosse nasali e le ghiandole lacrimali), l’utero e la
vagina (vi sarà capitato di avere delle perdite al di fuori del ciclo e del periodo di ovulazione. Queste perdite,
in forma di muchi filamentosi, sono chimicamente dei polisaccaridi ossia degli eccessi di zuccheri) e da
ultimo la pelle. La pelle è il più grande organo che abbiamo, ha una superficie enorme e attraverso le ghian-
dole sudoripare riesce ad eliminare sostanze di rifiuto. A volte ci possono essere delle vere e proprie derma-
titi che rappresentano una fonte di eliminazione di eccessi. Noi assorbiamo ed eliminiamo attraverso la
pelle. È la prima barriera contro germi e batteri. La pelle poi è in continuità con degli strati della mucosa. La
mucosa rappresenta un’ulteriore barriera perché immerse nel liquido del muco ci sono delle sostanze che
sono un vero e proprio esercito sempre attento e vigile. Se un germe entra nell’organismo questo esercito lo
blocca oppure costringere alcune strutture dell’organismo ad un superlavoro per cercare di eliminare
l’ospite indesiderato. A seconda del livello della mucosa abbiamo delle sostanze che fanno parte del sistema
immunitario e il cui nome varierà a seconda del distretto di localizzazione. Mi riferisco al MALT (Mucose-
Associated Lymphoid Tissue) ossia tessuto linfoide associato alla mucosa. Si parla di GALT (Gut-Associated
Lymphoid Tissue) quando questo tessuto è localizzato a livello dell’appendice ileocecale, di BALT (Bronchial/
tracheal Associated Lymphoid Tissue), di NALT (Nose Associated Lymphoid Tissue), di VALT (Vulvovaginal
Associated Lymphoid Tissue), si SALT (Skin Associated Lymphoid Tissue)... L’importante è che questo esercito
sia vigile e pronto. Se ci sono delle problematiche che in base alla nostra filosofia osteopatica possiamo
definire come carenza di vascolarizzazione, un alterato drenaggio venoso e linfatico, ossia una restrizione di
mobilità, li avremo una deficienza di questo esercito e un possibile ingresso di batteri e germi. Quello che ho
appena detto è per cercare di allargare la vostra visuale quando si parla di fosse nasali. Ricordatevi che
l’approccio osteopatico e globale. Non esiste un trattamento osteopatico specifico per una problematica. Il
nostro approccio è mirato al singolo paziente e comprende la valutazione di diverse strutture: muscolo
scheletriche, viscerali, cranio sacrali. Quando la problematica non è squisitamente meccanica, muscolo
scheletrica occorrerà una visione ancora più ampia. Se per esempio viene da me un paziente che ha avuto di
recente una distorsione di caviglia non andrò a vedere come primo approccio l’intestino, il fegato o i reni. So
che è una problematica meccanica, fresca, acuta e posso andare a lavorare direttamente su quello. Ma
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deriva da me un paziente con una sciatalgia che dura da una settimana o 15 giorni e che non ha una causa
meccanica, dovrò cambiare approccio e ragionare in maniera più ampia. Per questo motivo vi è stato dato
un protocollo di “approccio” al paziente che parte dal TFI, TFS, test di pressione degli arti inferiori.... Mano a
mano che andrete avanti con l’osteopatia mi saprete dire perché per un problema di fosse nasali partiamo
dal bacino. Abbiamo detto che una qualsiasi problematica acuta di tipo infiammatorio o infettivo comporta
un lavoro da parte dei vari organi e un accumulo di sostanze di scarto, quindi un eccesso di materiale di
scarto che non riesce ad essere eliminato. La struttura muscolare che possiamo associare al sistema di
eliminazione sia a livello intestinale che renale e vescicale e rappresentata dai muscoli psoas. Affinché gli
psoas godano di buona salute anche i muscoli iliaci e gli ilei devono stare bene, perché tutto si concentra lì,
sul bacino, i materiali di scarto solidi devono passare attraverso questo cono. Perciò ho bisogno di un equi-
librio meccanico del bacino (ileo e sacro), mi serve un’integrità muscolo scheletrica di tutta la muscolatura
che fa parte del bacino, che può essere influenzata da un appoggio o da una disfunzione di arto inferiore
(per questo motivo il test di pressione di permette di escludere le zone di interferenza da parte degli arti
inferiori), del pavimento pelvico. (I muscoli elevatori dell’ano..), dobbiamo sapere se il tratto lombosacrale è
in armonia e così pure il diaframma toracico inferiore.(e anche D11 D12 L1 e le coste ossia tutta la gabbia
toracica e la colonna dorsale). Ora che siete al 4° anno del corso di osteopatia sapete che per una distorsione
di caviglia bisogna vedere il calcagno, e prima ancora la membrana interossea, e prima ancora la membrana
otturatoria e prima ancora il pavimento pelvico, e prima ancora l’equilibrio del diaframma toracico, e prima
ancora per il drenaggio venoso e linfatico lo stretto toracico superiore, e prima ancora il cranio (per esempio
con la tecnica di compressione del quarto ventricolo) dato che la circolazione dei liquidi è influenzata dal
cranio. Quindi per un drenaggio del piede non è strano partire dal cranio. Così sarà anche per le fosse nasali,
perché più avanti negli anni vedrete delle tecniche neurovegetative che ci serviranno per tutto il tratto della
colonna vertebrale. Per numero le fosse nasali ci sono tre funzioni importanti: innervazione, vascolarizzazi-
one e drenaggio. Sono tutte tre importanti. Pensate per es. che dalla flessione ed estensione del cranio
dipende l’apertura e chiusura del foro giugulare. A proposito dell’innervazione dobbiamo pensare ai gangli
cervicali che assicurano l’innervazione ortosimpatica. I gangli devono essere liberi da restrizioni aponevrot-
iche e da disfunzioni meccaniche cervicali. L’approccio osteopatico è unico. Dopo aver fatto pulizia pos-
siamo andare in maniera più specifica su alcune strutture. Ieri con De Marco avete visto delle tecniche
specifiche sullo stretto toracico superiore ma questo non significa che nel trattamento delle fosse nasali
dobbiamo partire da lì. Anche per le fosse nasali vale il discorso che abbiamo fatto per la caviglia. Nel caso
della caviglia dovevamo partire dal cranio mentre se dobbiamo lavorare il cranio dobbiamo partire dai piedi.
Partire dai piedi significa levare le interferenze a livello degli arti inferiori per avere un equilibrio del pavi-
mento pelvico che è la zona finale dove vengono eliminate le “schifezze” che si sono create nel naso. Infatti
se durante il trattamento delle fosse nasali lavorassi in primo luogo lo stretto toracico superiore senza
liberare prima le disfunzioni del diaframma toracico o di quello pelvico non farei un buon trattamento. Per
un problema alto partiamo quasi sempre dal basso. Invece per problematiche per esempio ginecologiche
spesso si parte dall’alto: avremo bisogno di sapere qual è lo stato del cranio, l’attività dell’ipofisi per capire
qual’è tutto il tragitto endocrino.
Se viene a studio un Pz con un problema alle fosse nasali che cosa gli facciamo?
Prima di tutto bisogna capire se è di nostra competenza. Diagnosi differenziale, preceduta dall’anamnesi.
Già a partire dall’anamnesi si riesce a capire molto spesso se quel Pz può essere un nostro Pz. Alcune volte
invece l’anamnesi ci confonderà solo le idee, ma noi dobbiamo sempre cadere in piedi, la professione di os-
teopata è relativamente giovane, ma non per questo dobbiamo infangare il nome degli osteopati sostenen-
do che con l’osteopatia si può risolvere qualsiasi cosa. Dobbiamo essere capaci di capire se possiamo trat-
tare quel Pz oppure no. Sappiate che nel momento in cui non siete all’altezza di trattare quel Pz ma sapete
indirizzarlo bene è comunque un successo. Però dobbiamo ricordarci che non siamo dei medici, non siamo
dei clinici, non facciamo semeiotica. Nel caso di un adulto che soffre di rinite/sinusite che cosa ci interessa
sapere nell’anamnesi, tra le tante cose?
Chiediamo
1. se ha fatto delle analisi specifiche che evidenziano la presenza di un allergene, di un’allergia a qualcosa,
2. se prende i farmaci, quanti farmaci prende,
3. se usa delle droghe (droghe nel senso di farmaci oppure per scopi voluttuari come per es. la cocaina, la
marijuana, etc)
4. se ha fatto degli interventi chirurgici a livello del naso (molto spesso gli interventi di rinoplastica o di
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estetica non sono considerati dal paziente degli interventi chirurgici, come per es. la mastoplastica ridut-
tiva o additiva. Però nei casi di chirurgia estetica c’è sempre un’anestesia e un protocollo terapeutico farma-
cologico. Spesso dopo un intervento chirurgico o dopo l’assunzione di determinati farmaci si presentano
delle problematiche a livello delle mucose. Siccome tutto quello che crea un’alterazione delle mucose passa
per il sistema neurovegetativo e neuroendocrino, diremo che tutto ciò che può influenzare il sistema neu-
rovegetativo e neuroendocrino può alterare un equilibrio generale del paziente e dare ad un paziente una
problematica rinosinusale, ad un altro paziente una problematica di sciatica, ad un altro paziente ancora una
problematica di prostata……… infatti un determinato allergene può creare problematiche diverse a sec-
onda del Pz.
Dopo un’ anamnesi dettagliata (in caso di bambini si fa riferimento alla mamma, sapendo che un parto
cesareo o una nascita con qualche difficoltà può dare all’età di 2-3 anni delle problematiche a livello del
sistema ORL).
Le cavità nasali non si possono separare dalla faringe o dall’orecchio, per questo si parla di ORL, otorinolarin-
goiatra, perché la mucosa è quella, la zona è quella, per contiguità e continuità. Alle volte ci può essere una
problematica a livello sinusale/rinitico che può essere espressione di una problematica a livello dell’orecchio
interno o del faringe.
Dopo l’anamnesi dobbiamo fare un approccio clinico/ osteopatico al Pz, che parte nel momento in cui il Pz
entra nel nostro studio. Come si presenta una persona che soffre di sinusite cronica? Ricordate che molto
banalmente una persona che ha difficoltà respiratorie respira male, respira con la bocca aperta, avrà tenden-
za a mantenere una iperestensione cervicale (per ampliare l’espansione della gabbia toracica), ci sarà una
rinolalia (problematiche a livello della voce). Siccome questa persona prende poco ossigeno sarà sempre
stanca, nervosa perché a lungo andare la stanchezza snerva, la notte non si dorme bene, avrà un’alterazione
dell’olfatto e del gusto (flavor, una parola che in italiano non esiste) e quindi sarà il leggero sovrappeso o ad-
dirittura obeso perché non sente gli aromi, ha bisogno di sapori forti (prosciutto crudo, carne, salse, ketch-
up). Siccome mangia male e abusa magari con gli alcolici: birra, vino, altrimenti la coca-cola (perché l’acqua
non la sente) avrà un intestino e un fegato ridotti male.
Ricapitolando: il nostro Pz non respira, è nervoso, è stanco, mangia male, va male in bagno, ha le fun-
zioni basse (funzioni che fanno capo al rinoencefalo> paleoencefalo), per intenderci quelle sotto la cintura
spente, quindi - se è un adulto - è un quadro disperato (nel caso di bambini/ragazzini le cose possono essere
diverse). Davanti ad un Pz simile dobbiamo partire da qualcosa e capire se è un Pz di nostra competenza
attraverso la palpazione e l’ispezione della sfera craniale. E’ brutto dirlo ma ogni volta che un nuovo Pz viene
nel mio studio penso sempre che abbia un tumore, vale a dire vado con i piedi di piombo, non parto in
quarta facendogli questo e quello. Gambadella racconta di un Pz 84 venuto da lui studio per una serie di do-
lori diffusi e che si rifiutava di fare degli esami diagnostici approfonditi. Gambadella dice di aver intuito che
non era un Pz di sua competenza e di averlo trattato soltanto tre volte utilizzando delle tecniche indirette
e poco invasive. A distanza di tempo Gambadella ha saputo che il Pz aveva poi fatto degli esami diagnos-
tici specifici da cui risultava la presenza diffusa di metastasi. Questo per dire che la sua intuizione era stata
giusta e aveva capito che il Pz non era di sua competenza. In un altro caso invece, un paziente di 83 anni con
una disfunzione cervicale a livello di C2, Gambadella aveva utilizzato con successo una tecnica diretta con
thrust. Quindi quando viene un nuovo Pz a studio, aspettate, chiedetegli da quali terapeuti è già stato e se
l’elenco è lungo e il Pz non è migliorato, non illudetevi di poterlo aiutare. Se invece lui vi dirà, dopo che lo
avete trattato “ah, guarda sono stato benissimo!” dovete pensare a un effetto placebo, perché anche quello
è importante e l’effetto placebo è la dimostrazione della grande capacità di autoguarigione dell’organismo
(alle volte il placebo è lo stesso osteopata). Fate la prova, accogliete il vostro paziente, lo ascoltate, fatte
qualcosina e vedrete che va bene lo stesso, senza farvi troppe pippe mentali. Ma torniamo al discorso di
prima: ogni volta che arriva a studio un nuovo Pz dovete pensare che abbia un tumore, quindi andate a fare
una vostra valutazione. Che cosa andremo a valutare? Prima di tutto i linfonodi. Ora vi farò vedere le varie
cose che si devono fare in una prima visita in un Pz con problematiche delle fosse nasali o della sfera ORL o
con una problematica qualsiasi.

Palpazione e ispezione dei linfonodi. I linfonodi sono delle stazioni in cui confluisce la linfa, che arriva dal
cranio, dagli arti inferiori e superiori, dal torace e si versa nel dotto toracico.
Ci sono varie stazioni in cui palpare i linfonodi:
1. una zona cervicale, dove avviene il drenaggio del cranio, del collo e degli arti superiori.
270
Nella zona cervicale i linfonodi sono superficiali e profondi. Quegli profondi si dividono a loro volta in supe-
riori e inferiori. Ecco le varie stazioni linfatiche:

sottomentonieri o sottolinguali preauricolari cervicali posteriori sovraclaveari ascellari


sottomandibolari retroauricolari sottochiaveari

Anche quando non riuscite ad essere efficaci perché il problema del Pz non è di vostra competenza, ma
riuscite ad evidenziare un linfonodo ingrossato, la persona vi ringrazierà a vita. È una cosa banale che molti
medici tralasciano di fare ma importante. Spesso le diagnosi si prolungano di 1-2-3 anni con dei rischi
enormi per il Pz. Tutte le donne dovrebbero sapere che c’è un linfonodo sentinella a livello del seno, che si
trova nella parte laterale del capezzolo e che si palpa normalmente.
Poi abbiamo i linfonodi inguinali. Sappiate che lì dove è presente un foro, la zona è disseminata di linfonodi.
Nella zona tra bocca, naso, occhi e orecchie abbiamo circa 120 linfonodi a protezione. Lo stesso dicasi per
le zone ghiandolari come per esempio i seni e nella zona pelvica. Non so se avete mai fatto l’esperienza di
esservi feriti con le forbicine l’unghia dell’alluce e di aver notato poi un rigonfiamento a livello dei linfonodi
inguinali. Oppure di avere avvertito un rigonfiamento a livello dei linfonodi ascellari dopo esservi feriti un
dito della mano.

LINFONODI CERVICALI E ZONE ELETTIVE


DI DRENAGGIO LINFATICO
1. Linfonodi retroauricolari - drenano il naso-faringe.
2. Linfonodi cervicali profondi - drenano il cavo orale,
tonsille e lingua, faringe e laringe.
3. Linfonodi cervicali post - drenano il naso-faringe.
4. Linfonodi dello scaleno ant - come 5
5. Linfonodi sopraclaveari - drenano i polmoni,
il mediastino, lo stomaco, etc..
6. Linfonodi sottomandibolari - drenano il viso ed il
cavo orale (denti, gengive, etc...)
7. Linfonodi sottomentonieri - drenano il labbro inf,
la punta della lingua, il pavimento della bocca.
Pratica
1. La palpazione delle stazioni linfonodali
In realtà non spetterebbe a voi ma al medico, tuttavia è meglio saperlo fare.
Il Pz è seduto, rilassato con le braccia appoggiate. L’Osteopata può stare davanti o dietro al Pz. I medici di
solito indossano dei guanti, noi possiamo anche farne a meno. Siccome stiamo parlando di cavità nasali i
linfonodi che ci interessano per primi sono quelli sottomandibolari, perché sono quelli specifici delle cavità
nasali. Dobbiamo anche sapere che quando facciamo una ricerca e una palpazione dei linfonodi ci interes-
sano:
la sede
la forma (molto spesso il linfonodo perde la sua forma ovoidale)
la mobilità
la dolorabilità
la superficie
Un linfonodo in condizioni normali non si sente, è facilmente mobile.

271
Dioguardi

tronco bronco- dotto


sin
giugulare
scaleno
mediastinico dx
scaleno dotto sopraclavi-
colare
toracico
sopraclavicolare tronco
broncomedia-
stinico sin
sottoclavicolare v. cava mediastinico sup
sup
ascellare
tracheo- zona linfatica
bronchiale sup
lat
intertracheo-
bronchiale
ln. lobo zona
medio linfatica
media

zona
linfatica
media

Poi palpiamo i linfonodi sottomandibolari


sottomentonieri, con
mano leggera, facendo
delle piccole rotazioni,
i sottomandibolari,....
sottomentonieri

...i preauricolari
e i retroauricolari. preauricolari
retroauricolari

272
Ci spostiamo sul m. SCOM (la log- linfonodi linfonodi
gia vascolare e viscerale del collo è profondi profondi
ricchissima di linfonodi) e palpiamo anteriori anteriori
sup inf
i linfonodi superficiali e profondi.
Questi ultimi sia nella porzione
superiore che in quella inferiore, sia
davanti che dietro il muscolo.

Poi palpiamo i linfonodi davanti scaleno


all’inserzione del m. scaleno ant ant
sulla prima costa e .......

.... i linfono-
di cervicali
posteriori.

Poi i linfonodi
sopraclaveari,
sottoclaveari
e ascellari.

273
La cavità ascellare è così formata: davanti i mm. grande
e piccolo pettorale, posteriormente i mm. gran dorsale
e piccolo rotondo, medialmente il m. dentato e lateral-
mente il solco bicipitale dell’omero. Tutta la zona della
cavità ascellare è una zona interessante dal punto di
vista dei linfonodi. Sappiate che i linfonodi sopra e sot-
toclaveari e i linfonodi cervicali inferiori drenano tutta la
linfa degli AASS. Secondo voi un linfonodo dolente è il
più pericoloso di un linfonodo non dolente? No, perché
un linfonodo dolente, ingrossato, mobile non ci dà grossi
problemi, nel senso che ci fa pensare ad una problem-
atica pregressa o in atto (infettiva o infiammatoria).
Quello che ci deve preoccupare è un linfonodo duro, non dolente, fisso e che a volte può assumere anche
la grandezza di un uovo di gallina! A volte ci può essere a sin del collo del Pz un rigonfiamento che si gonfia
ulteriormente quando la persona deglutisce: si tratta di un diverticolo di Zenker. I linfonodi che abbiamo
appena descritto (dolori, dolenti, fissi) localizzati nella zona sopraclavicolare dx possono essere espressione
di un problema dell’apice del polmone o della tiroide. Se fossero a sin vanno messi in relazione con il me-
diastino o lo stomaco. Tuttavia sappiate che un carcinoma si può anche presentare in una prima fase con
linfonodi mobili e poi successivamente fissi. Comunque un linfonodo ingrossato a livello del collo deve al-
lertarci e richiede degli approfondimenti, insieme ad altre cose che andremo a vedere. In questi casi è bene
indirizzare il Pz da un medico spiegandogli che abbiamo bisogno degli approfondimenti diagnostici per
poterci lavorare. Questo per essere onesti, professionali, per scaricarsi le responsabilità e per non rubare il
lavoro agli altri. Non vogliamo essere onnipotenti.

2. Stato neurovegetativo del Pz


Dopo aver valutato i linfonodi ci serve sapere se la rinite o sinusite del Pz e correlata ad una iperortosimpa-
ticotonia o iperparasimpaticotonia. Secondo voi una iperortosimpaticotonia e tipo di rinite può dare? Una
rinite secca o umida? Una rinite secca. Se toccate e premete il naso del Pz potete fargli male, perché ci sono
delle caccole dure all’interno del naso.

Non dovete vietare ai bambini di levarsi le caccole dal naso con le dita. Dovete vietare di farlo in pubblico.

Definire lo stato neurovegetativo del Pz è molto difficile, perché possiamo avere una iperortosimpaticotonia
a livello craniale e poi in altri distretti del corpo una iperparasimpaticotonia.

Anche la pelle del Pz ci può dare indicazioni sullo stato neurovegetativo, per es. una pelle secca o grassa.
Una pelle grassa o un’acne giovanile può essere giustificata nell’adolescente, negli altri casi ci dà delle
indicazioni sullo stato di salute di quel Pz. Se un Pz di 25 anni ha la pelle rovinata significa che i suoi sistemi
emuntori primari non lavorano bene e la pelle (sistema emuntore secondario) sta cercando di eliminare il
più possibile.
È possibile vedere se c’è un ittero o un’anemia.

3. Sentire l’odore del Pz (ascelle, testa, piedi), prima di passare a sentire l’odore dell’orifizio superiore
della bocca.

274
4. Palpazione della pelle per sentire se c’è un edema a mantellina o
un enfisema sottocutaneo. Appoggiando la mano alla base del collo
sentite che c’è un crepitio, perché c’è una raccolta di aria nel sottocute: ma
questi sono sintomi che esprimono problematiche davvero importanti a
carico del sistema venoso. Ma queste le escludiamo perché si spera che
questi Pz non vengano da voi.

5. Vediamo la sclera degli occhi (lo specchio dell’anima): se è chiara, bianca oppure giallognola, se è
rossa, iniettata di sangue, se è iniettata di sangue a tutti e due gli occhi o a uno solo.
La presenza di occhiaie, che può essere espressione di una difficoltà nel riposare oppure di bagordi, di prob-
lematiche renali o di depressione.

6. Esame del cavo orale


Sia la parte esterna che quella interna sono interessanti. Secondo la medicina ayurvedica il labbro inferiore
corrisponde al primo tratto dell’intestino e il labbro inferiore al secondo tratto. Molto spesso l’herpes viene
sul labbro superiore.
Facciamo aprire la bocca e cacciare la lingua. Ri-
cordate che non siete autorizzati a mettere stru-
menti nella bocca del Pz (non possiamo utilizzare
un abbassalingua per vedere le tonsille e poi non
vogliamo fare i medici o gli otorini) però comunque
vogliamo capire qualcosa dello stato del Pz guar-
dando la bocca.
Se gli facciamo dire ahhhhhhhh, e usiamo una
piccola luce si riescono a vedere una serie di cose
interessanti sia da un punto di vista osteopatico che
generale:
- la forma e la larghezza del palato

275
- se c’è la presenza di
un toro palatino
- la presenza di ton-
sille infiammate o
mucosecernenti o puz-
zolenti
- la salute dei denti,
se ci sono delle carie
(infatti la radice dei
denti si trova imme-
diatamente sotto il
pavimento del seno
mascellare. A volte
degli odontoiatri un
pò sbadati, quando
fanno degli impianti,
possono perforare
il seno mascellare,
creando una comu-
nicazione tra bocca e
cavità nasali > questo
è un disastro perché i
batteri presenti nella
bocca passano in un
ambiente non idoneo.
Per questo da un pò di
tempo a questa parte
gli odontoiatri provve-
dono a fare un rialzo
del seno mascellare).
Chiedere al Pz se ha fatto degli impianti perché talvolta sono fatti così bene che non si vedono.

276
Se dice che ha fatto
qualche impianto o
che ha messo qual-
che corona dobbi-
amo fare una pal-
pazione degli apici
dentali in quella
zona per vedere se
scateniamo il dolore.

Sappiate che se vi andate a toccare gli inci-


sivi superiori (anche da dentro la bocca), gli
apici si trovano proprio sotto le narici, sono
molto alti. Anche gli apici dei denti canini
sono molto alti.

- Guardiamo la lingua, che dovrebbe essere rosa e non patinata. La lingua può essere espressione di un
cattivo funzionamento di: intestino, stomaco, fegato, di tutto il tratto digerente. Una lingua grigio chiaro o
scuro, associato ad un tanfo di merda è sintomo di un intestino bloccato da qualche settimana, può capi-
tare, avete sentito parlare del vomito fecale in persone che hanno avuto un’occlusione intestinale. Gli odori
sono importanti per la diagnosi di una problematica e a, livello della bocca, sono molto importanti. Provate
a odorare la bocca di un bambino che ha la febbre e il mal di gola > pecorino andato a male, è tipico delle
placche alla gola. Se andate a togliere quelle materiale e lo annusate, sentirete che è davvero nauseabondo.

7. Palpazione dei seni


Per conoscere la grandezza o la simmetria del seno frontale bisogna fare una radiografia. Il seno frontale può
essere piccolo oppure grande, alto o basso. Il seno è una cavità aerea, se è infiammato possono esserci dei
liquidi e perciò fa male alla pressione.

277
Pressione sui seni: avvolgo il cranio con le mani e con i pollici faccio delle pressioni di 300-400 g sul seno
frontale. Se il Pz non ha niente, non fa male. Siccome non so quanto siano grandi i seni del Pz faccio una
palpazione piuttosto ampia.

seno frontale

Palpazione-pressione dei seni mascellari: devo essere il più simmetrico possibile e fare una buona presa sul
cranio
Palpazione-pressione dei seni etmoidali: alla radice del naso in direzione verso dietro-alto-dentro
Palpazione-pressione dei seni sfenoidali: pressioni su vertex.

seno sfenoidale

seno mascellare

278
8. Sentire se le emergenze del
V1-V2-V3 sono dolenti > pres-
sione sul foro sopraorbitario, sul
foro sottoorbitario e sul foro men-
toniero anche se quest’ultimo
adesso non ci interessa tanto.
Se ho trovato nei linfonodi ingros- V2
V3
sati o delle tonsille o un orecchio
dolente consiglio al Pz di andare da
un otorino per degli accertamenti.

9. Vedere con la pila se c’è


un accumulo di cerume
dentro l’orecchio oppure
mettete due dita dietro il
lobo dell’orecchio e prem-
ete: in questo modo schi-
acciate il condotto uditivo
esterno e fatte collabire le
pareti. Quando premete il
Pz può dire di non sentire
più, a causa di un tappo
nell’orecchio oppure
sentirete un suono (il condotto uditivo diventa nuovamente pervio) quando togliete la pressione, e anche
questo denota la presenza di cerume. La cosa interessante non è tanto il tappo di cerume ma chiedersi se
dietro questo tappo c’è dell’altro e quindi mando il Pz dall’otorino, anche perché stappare un orecchio con
del cerume di vecchia data può essere una manovra piuttosto aggressiva ed è meglio se viene fatta dallo
specialista.
Il padiglione auricolare è il prolungamento del condotto uditivo esterno del Pz, quindi posso provare a
tirarlo in varie direzioni: dietro, basso, alto. Se c’è una problematica di condotto uditivo dò fastidio.

10. Deviazione del setto nasale sia


scheletrico che cartilagineo. Sollevate la
punta del naso e guardate all’interno della
narice con una luce (tra l’altro vi potete ren-
dere conto se fa uso di coca: è infiammata la
parte alta) per vedere se c’è una deviazione
del setto cartilagineo. Noterete anche che nei
giovani sono assenti i peli. La mancanza di
peli significa una protezione in meno, la mu-
cosa deve lavorare tanto, manca la barriera
meccanica costituita appunto dai peli.

279
In Chiara per es. c’è solo una
deviazione della cartilagine verso
sin, mentre la parte strutturale,
scheletrica è diritta.

Se al termine dell’esame tutto è negativo procedete con il trattamento tranquillamente. Se avete trovato
dei linfonodi ingrossati e dolenti, dolorabilità ad un seno o magari a due, dolorabilità all’emergenza del
trigemino, lingua patinosa, placche… sappiate motivare una vostra astensione dal trattamento e il vostro
consiglio di andare da un medico o almeno da un medico di base. Anche la temperatura è importante ma
è difficile che arrivi a studio un paziente con la febbre. Se arriva un paziente studio e dice di avere da una
settimana linfonodi ingrossati, mal di gola e febbre (se poi aggiunge che è stato Cuba e ha baciato molte
ragazze) la prima cosa a cui dovete pensare è la mononucleosi (la malattia del bacio), quindi mandatelo
dall’infettivologo per iniziare subito una terapia antibiotica, prima di trattargli la clavicola o l’osso sacro

Le Fosse Nasali_Il Trattamento Craniale (pdf di De Marco)


L’intervento osteopatico a questo livello è volto a:
- favorire il drenaggio venoso e linfatico
- facilitare l’espulsione e l’eliminazione del muco
- riequilibrare il SNV per diminuire la produzione delle secrezioni
- garantire una buona dinamica craniale

Irrorazione ARTERIOSA
La parte alta delle fosse nasali riceve sangue da arterie che derivano dalla Carotide INTERNA
mentre la porzione inf da rami della Carotide ESTERNA
A livello della Carotide ESTERNA:
l’arteria sfenopalatina passa at-
traverso il foro sfeno-palatino per
distribuirsi alla parete esterna e al
setto.

280
A livello della Carotide INTERNA:
il suo debito è assicurato dalla
- buona mobilità del temporale
- membrana che chiude il foro lacero ant
L’a. oftalmica passa nel canale ottico.
Le aa. etmoidali anteriore e posteriore
passano attraverso i canali etmoidali.
Possibile influenza dal frontale e dalle
masse laterali.

Formazione del
foro sfenopalatino

281
seno frontale a. naso-palatina
a. nasale a. sfeno-palatina
a. dei cornetti
a. angolare a. del cornetto
medio
a. del cornetto
inf

Drenaggio VENOSO
Le vene provenienti
dalle fosse nasali e dai
seni paranasali sfociano
tutte nella VENA
GIUGULARE INTERNA
(foro lacero post).

Drenaggio LINFATICO
Posteriormente nel rino-
faringe e nei linfonodi
cervicali
Anteriormente nei lin-
fonodi sottomandibolari.
Si congiunge con la cat-
ena linfonodale cervi-
cale che si trova tra la v.
giugulare int e lo SCOM.

Sistema Nervoso Autonomo


Ha un’importante azione sul sistema vascolare perché:
regola il flusso sanguigno della sottomucosa
regola la temperatura nasale e umidifica l’aria
ha un’azione sulle ghiandole mucose per la regolazione e la produzione di muco

282
I rami ortosimpatici provengono dai primi metameri
dorsali e risalgono nel cranio passando per i gangli cer-
vicali, entrano nel cranio insieme alla Carotide INTER-
NA e raggiungono i rami parasimpatici provenienti dal
7° e dal 9°. Uniti in un unico nervo raggiungono le cavità
nasali e paranasali.

È importante inoltre ricordare che le cavità nasali sono


costruite per far circolare l’aria al loro interno.
Una ventilazione adeguata garantisce una fisiologia cor-
retta.
Ventilazione, drenaggio del muco e vascolarizzazione
sono sotto l’influenza di una corretta fisiologia craniale.

Passaggi preliminari

Riequilibrio diaframmatico

Liberazione della gabbia toracica

Liberazione dello stretto toracico

Regione sternale

Liberazione della scapola

Liberazione cingolo scapolare e fasce del collo

Trattamento delle cartilagini ant e sistema ioideo

Detensione miofasciale regione cervicale

Trattamento aponeurosi cervicale media

Riequilibrio complesso OAE e della base del cranio

283
Il Frontale
Tutte le ossa del massic-
cio facciale sono appese al
frontale.

Le suture:
s. fronto-sfenoidale
s. fronto-parietale
s. fronto-mascellare
s. fronto-malare
s. fronto-nasale

L’Etmoide
Si trova incastrato tra l’incisura
etmoidale del frontale, davanti
al corpo dello sfenoide.
Per un buon funzionamento
dei seni bisogna che l’etmoide
sia in grado di “dondolare”
liberamente.
L’espansione delle masse
laterali è condizionata dalla
posizione dei mascellari.
Liberare la faccia post
dell’etmoide dalla faccia ant
del corpo dello sfenoide.

284
285
I Palatini
Rivestono un ruolo di ammor-
tizzatori tra il mascellare e lo
sfenoide.
Bisogna liberare i palatini dalle
pterigoidi indietro e dai mascel-
lari superiori in avanti, oltre che
liberare i due palatini tra loro.

286
s. coronale s. squamosa
frontale
parietale Gli Zigomatici
s. sfeno- Sono influenzati dal
parietale
temporale, dal fron-
s. sfeno-
frontale tale e dalla grande
ala dello sfenoide.
s. sfeno-
squamosa Assicurano la relazi-
foro sovra- one tra la sfera ant e
orbitario la sfera post.
grande ala
etmoide
lacrimale
nasale

foro infra--
orbitario

mandibola
s. lambdatica
occipite
tempor. temporale, temporale,
processo processo parte squamosa
stiloideo mastoideo
mandibola meato acustico est
arcata zigomatico
zigomatico
foro mentale

287
frontale
foro sovra- parietale
orbitario foro sovra-
margine orbitario
sovraorbitario grande ala
osso nasale
piccola ala parietale
osso etmoide, orbita
lamina perpendicolare grande ala
margine
infraorbitario zigomatico
cornetto apertura
nasale medio piriforme
vomere mascellare
cornetto foro infra--
nasale inf orbitario
spina
nasale ant
denti

mandibola foro mentale

Lo zigomatico si “avvita” sulla piramide


del mascellare. Non si può lavorare il
mascellare se prima non si è liberato lo
zigomatico.

osso lacrimale

fossa del sacco sutura


lacrimale zigomatico
mascellare

I Mascellari superiori
Costituiscono il sostegno della volta palatina.Presenza del seno mascellare che viene delimitato da:
le masse lat dell’etmoide
dall’inguis
dalla lamina verticale del palatino
288
Il bilanciamento del mascellare e del palatino permette una buona aspirazione a livello dell’antro e dunque
una buona ventilazione.

Il Vomere
Osso molto adattativo, influenzato dallo sfenoide, autorizza la buona fisiologia della volta palatina.
Forma il setto me- parietale
diano e non è raro
trovare delle devi-
azioni lat che giustifi- grande ala
cano una fossa nasale
più aperta ed una più
chiusa.
osso nasale temporale

cornetto grande ala


nasale medio
vomere

cornetto zigomatico
nasale inf

mascellare
Riassumendo
Frontale sostegno del massiccio facciale
Sfenoide regolatore della sfera ant
Mascellare presenza del seno mascellare
Zigomatico fattore di restrizione del mascellare
Occipite e Base craniale riarmonizzare la sfera ant e post
Palatino nei suoi rapporti con > mascellare sup
> apofisi pterigoidee
> corpo dello sfenoide
Vomere il setto mediano
riarmonizzato rispetto al corpo dello sfenoide
Lavorare con l’obiettivo di liberrare le strutture che occupano:
289
Fossa Pterigo-mascellare (o Pterigo-palatina)
Foro Sfenopalatino

Bisogna ricordare che l’apofisi orbit-


aria (o processo orbitario) e l’apofisi
sfenoidale (o processo sfenoidale)
del palatino costituiscono con la
faccia inf del corpo dello sfenoide il
foro sfeno-palatino.

290
Limiti della Fossa Pterigo-palatina
Post > lamine pterigoidee
Ant > tuberosità post del mascellare
Lat > lamina verticale del palatino

291
Liberazione della
s. fronto-mascellare
Tra il frontale e la branca ascendente del mascel-
lare
Mano craniale > in contatto con i pilastri orbitari
del frontale, con una pinza tra il pollice e il medio
Mano caudale > indice sulla glabella, pollice e
medio sulle branche ascendenti del mascellare

La mano craniale nel tempo


di F accompagna i pilastri
avanti-fuori

292
Liberazione della s.fronto-zigomatica
(lo zigomo ricopre il frontale)
Mano craniale > presa a pinza sui pilastri orbitari del frontale
Mano caudale > indice sul bordo orbitario dello zigomo,
medio sotto il rilievo, pollice dietro la porzione orbitaria
dello zigomo.

ZIGOMO > RE
Liberazione dello zigomo dalla grande ala
Mano craniale > presa a pinza con pollice e medio sulle
grandi ali
Mano caudale > presa a 3 dita sullo zigomo
Per liberare la sutura si porta
la grande ala in E > alto-dietro-dentro
e lo zigomo in RE

ZIGOMO > RE

MASCELLARE > RE

Liberazione fronto-mas-
cellare _2° tecnica
Mano craniale > presa a pin-
za con pollice e medio sui
pilastri orbitari del frontale
Mano caudale > indice in-
trabuccale in contatto con la
parte int dei molari, pollice
sulla faccia est delle labbra,
davanti agli incisivi.

293
Liberazione s. zigomatico-mascellare
Mano craniale > in contatto con
lo zigomo, medio sul bordo orb-
tario, indice sotto il rilievo, pol-
lice dietro la porzione orbitaria
(vicino al pilastro del frontale).
Mano caudale > sul mascellare
RE
con l’indice sulla faccia int dei
molari, pollice esterno davanti
agli incisivi, III- IV-V dito sulla
faccia est del mento.

Il mascellare sup è composto da due parti:


premascellare, che include gli incisivi
postmascellare, che comprende gli altri denti

PREMASCELLARE

Tecnica di equilibrio tra pre- e postmascellare


Mano interna > pinza pollice e indice sull’incisivo lat
Mano esterna > pinza pollice e indice sul 1° molare.
Si ascolta la mobilità del premascellare e si segue fino all’ampiezza massima del movimento facilitato.
Si ascolta la mobilità del postmascellare e si segue fino all’ampiezza massima del movimento facilitato.
S’introduce un movimento di diastasi e si aspetta che le due parti si riequilibrino

Liberazione dei 2 mascellari (RE dei mascellari)


Indici > sulla faccia int dei molari
Pollici > in appoggio sulla faccia est delle labbra davanti agli incisivi
294
III-IV-V dito > in appoggio sulla faccia est del mento per tenere la bocca aperta
Portare i mascellari in RE con un appoggio sugli incisivi mentre gli indici trazionano i molari verso l’esterno.
L’obiettivo
che si cerca
di ottenere
è una dia-
stasi
attraverso
un movi-
mento in RE
degli indici
ed un allon-
tanamento
delle falangi
distali

Tecnica sulla
s. intermascellare
I 2 indici ai lati della
sutura
Pollici est davanti
agli incisivi
Ascolto del
movimento > diastasi

295
Mano craniale > presa tra
pollice e medio
sulle grandi ali

Riequilibrio del Vomere In rapporto al corpo


dello sfenoide (dopo la tecnica di liberazione
dei mascellari)
Mano caudale > indice sulla s. cruciforme, III-
IV-V dito in appoggio sul mento
Nel tempo di E la
mano craniale porta
le grandi ali in E
mentre l’indice della mano caudale spinge la sutura verso l’alto

Nel tempo di F la indice della mano


mano craniale porta caudale sulla sut
le grandi ali in F cruciforme

Tempo di F >
L’indice sente il vomere
se il vomere scende
sut cruciforme scende

La spinta del dito


intrabuccale deve
rialzare la glabella

296
Esercizio per il Pz
Posizione Pz: seduto con i gomiti
appoggiati e due pollici in bocca
sulla sut cruciforme. Deve lasciar
cadere il peso della testa sui pol-
lici. Dopo aver fatto questo deve
fare delle INsp frazionate. Ad
ogni impulso INspiratorio, data la
sua posizione, corrisponde una
leggera pressione verso i seni
etmoidali e sfenoidali > serve a
riequilibrare la F-E

indice sull’ala pollice su glabella indice sulla sut cruciforme >


dello sfenoide> > durante la F la controlla se scende in F
controlla lo sfen porta dietro
durante la F

armonizzazione Drenaggio del


Seno Sfenoidale
Mano craniale >
con una presa
a pinza sulle
grandi ali
Mano caudale >
indice sulla
s. cruciforme

Tecnica > in fase INsp del MRP


indurre lo sfenoide in F mentre
l’indice della mano caudale esercita
una controspinta in direzione del
corpo dello sfenoide. (Opporsi al
movimento di discesa del vomere).
Rilasciare la pressione in fase Esp
e ripetere più volte.
Il contatto dell’indice intrabuccale crea un “punto di ap-
poggio” sul corpo dello sfenoide che permette il drenag-
gio del seno

297
indice su sut cruciforme
> spinge verso altro in E

sfenoide in F>
scende

drenaggio la mano caudale blocca


la discesa del vomere
Drenaggio dei Seni Etmoidali
Mano craniale > medio sulla glabella, indice su nasion
Mano caudale > indice intrabuccale sulla s. cruciforme
Tecnica > in fase INsp la mano craniale induce la glabella indietro, mentre l’indice apprezza la discesa del
palato.
In fase Esp l’indice spinge verso l’alto per far risalire il palato e la mano frontale apprezza la risposta a livello
della glabella. Ripetere più volte.

Variante con presa sul Frontale

Nel caso in cui i mascellari siano in RI tanto da mantenere sol-


levato il vomere (mancanza di risposta tra glabella e sutura), si
utilizza una tecnica tra mascellare e palatino. Si lavora pro-
vocando un movimento verso l’alto, ottenendo una diastasi a
livello della sutura.

L’indice sol-
leva la por-
zione ant
del mascel-
lare.
La porzione post si abbassa
Palatino
Si contatta il palatino con il 2° o 3° dito intraorale, risalendo lungo la porzione int dei denti, per contattare
la porzione verticale della lamina orizzontale.
Per indurre una RE si spinge la lamina in basso-dietro-fuori.
Per indurre una RI si spinge la lamina in alto-avanti-dietro

298
PALATINO > RE PALATINO > RI

Liberazione del Palatino


dal Mascellare
Mano caudale > indice intrabuccale in contatto con la
faccia int degli incisivi, medio sulla lamina orizzontale
del palatino, IV e V dito in appoggio sul mento
Mano craniale > in contatto con le grandi ali

Liberazione del Palatino dalle Pterigoidi


Mano craniale > sulle grandi ali con presa tra pollice e medio o solo con il pollice per un lavoro unilaterale
Mano caudale > indice o medio in contatto con la lamina orizzontale del palatino, III, IV, V dito in appoggio
sul mento
La mano caudale/intrabuccale è passiva mentre la mano craniale è funzionale e attiva e lavora nel tempo di F
SFENOIDE > F
alto avanti

dentro

Liberazione del Palatino dalle Pterigoidi

299
Liberazione del Palatino dal corpo dello sfenoide
Mano craniale > presa a pinza sulle grandi ali (portarle in E)
Mano caudale > indice o medio sull’angolo della lamina
orizzontale del palatino, III, IV, V dito in appoggio sul mento
In questa tecnica si cerca di liberare il foro sfeno-palatino

Decompressione della
fossa pterigo-palatina
Rotazione del capo, fossa
orientata verso l’alto
Dito intrabuccale > cont-
atta l’ultimo dente
Presa a pinza del lobo
dell’orecchio omolaterale
Messa in tensione in dir-
ezione opposta

Alto
dietro
dentro

300
Pompaggio dei seni
attraverso pressioni ritmate:
3 - 4 sec di compressione
seguiti da una fase di
rilasciamento

Auto-drenaggio dei seni etmoidali


Pz seduto su una sedia, gomiti flessi appoggiati sul tavolo.
Pollice intrabuccale sulla s. cruciforme in direzione della radice del naso.
Lasciar cadere la testa sul pollice intrabuccale ed eseguire 3-4 INsp toraco-addominali profonde e trattenute
il più a lungo possibile.
Ripetere più volte
Tecnica respiratoria
Durante l’Esp il Pz poggia la testa verso il torace > processi mastoidei verso l’est
Durante l’INsp, raddrizza ed allunga il collo > processi mastoidei verso l’int
La rotazione dei temporali viene trasmessa alle ossa vicine (zigomatici, mascellari e sfenoidi) migliorando la
dinamica delle ossa facciali, il drenaggio venoso e linfatico e provocando il rilascio delle tensioni membra-
nose e fasciali della regione.

5 anno 1 sem_ Jean Gay

L’Occhio_PREMESSA
Prima di parlare dell’occhio vero e proprio facciamo qualche richiamo di anatomia, in particolare alla regione
301
che accoglie il globo oculare, e cioè la cavità orbitaria. La cavità orbitaria è un alloggiamento costituito da
due parti distinte completamente diverse, di cui la prima è l’orbita* e la seconda la periorbita. Infatti la cav-
ità orbitaria e composta dall’orbita +1 rivestimento membranoso, che riveste lo scheletro e prende il nome
di periorbita. Questo è importante perché può stravolgere un po’ quelli che sono i vostri riferimenti abituali.

*con orbita si intende qualcosa di ben preciso, cioè la cavità ossea, lo scheletro, l’osso.

L’occhio, il nostro recettore ottico, non è situato nell’orbita ma nella cavità orbitaria, dove non ci sono ori-
fizi, ad eccezione dell’orifizio anteriore della cavità orbitaria, cioè l’apertura che ci permette di vedere e
l’orifizio post che corrisponde all’orifizio anteriore del canale ottico, dove passa il n. ottico. Quindi non c’è
mai comunicazione tra la cavità orbitaria e le regioni circostanti, tranne questi due orifizi. Questo è impor-
tante perché tutta l’anatomia dell’orbita prende risalto.

Generalità della cavità orbitaria


Ha una forma di piramide quadrangolare aperta ovviamente verso l’esterno. L’orifizio anteriore corrisponde
alla base della piramide. Il suo asse maggiore e obliquo verso avanti-fuori e forma un angolo di circa 23°
rispetto al piano sagittale oppure, se preferite, un angolo di 23° rispetto all’asse visivo (infatti l’asse visivo e
parallelo al piano sagittale).

Anatomia della cavità orbitaria


L’orbita presenta un certo numero di orifizi, che la pongono in relazione con le regioni vicine.
Gli orifizi sono:
fessura sfenoidale superiore > che mette in relazione l’orbita con la fossa cranica media
fessura sfenoidale inferiore > relazione con la fossa pterigo-mascellare
canale lacrimo nasale > relazione con il meato inferiore
orifizio anteriore del canale ottico >relazione con il piano medio della base del cranio
forame infraorbitario (si tratta della doccia sottorbitaria che si trasforma in canale) > relazione con il seno
mascellare. Ricordate che il canale sottorbitario o infraorbitario non è sempre un canale osseo, perché la
parete inferiore può essere incompleta, deiscente, nel qual caso il canale viene completato dalla mucosa
del seno mascellare. Quindi il canale sottorbitario può essere in parte osseo e in parte completato da mu-
cosa. Se è così c’è il rischio di ripercussioni, in caso di una sinusite mascellare, verso l’orbita (J. Gay considera
l’orifizio sopraorbitario un’incisura piuttosto che un orifizio vero e proprio)
canali fronto-etmoidali anteriore e posteriore > relazione con il piano anteriore della base del cranio.
Questi canali sboccano sulla lamina cribrosa dell’etmoide
orifizio orbitario del canale temporo-malare/temporo-zigomatico > perfora la regione orbitaria dello
zigomatico e esce all’esterno nella fossa temporale. È un canale a forma di Y.
Le componenti ossee dell’orbita sono sette. Perché ci sono tanti orifizi e componenti ossee nella cavità orbi-
taria? A che cosa servono? Quale può essere la giustificazione? Proteggere il recettore ottico e quindi au-
mentare la plasticità di questa regione, affinché sia possibile ammortizzare al massimo un eventuale trauma
esterno. Il fatto che ci siano molte componenti ossee significa che ci sono molte suture sono queste che am-
mortizzano/assorbono i traumi esterni, che adattano il posizionamento dei componenti ossei. Quindi suture
e orifizi hanno un ruolo meccanico importante nei confronti del contenuto orbitario.
L’orbita è una piramide quadrangolare con quattro facce, quattro bordi, una base e un apice. Abbiamo una
faccia superiore, una inferiore, una interna e una esterna più tutti i bordi che delimitano queste facce.

302
incisura frontale
foro sovraorbitario foro etmoidale
post o canale
fronto-etmoidale
post
osso frontale,
superficie orbitaria foro etmoidale
ant o canale
fronto-etmoidale
foro zigomatico- ant
orbitario foro ottico
osso nasale
fessura orbitaria sup
o sfenoidale sup osso mascellare,
processo frontale
osso zigomatico
osso lacrimale
fessura orbitaria inf
o sfenoidale inf osso etmoide,
lamina papiracea
doccia infraorbitaria

osso mascellare,
faccia orbitaria foro infraorbitario
Parete superiore
Sono coinvolte due ossa: frontale e sfenoide (ma detto così è troppo generale) >
- faccia inferiore dell’apofisi orbitaria del frontale
- faccia inferiore della piccola ala dello sfenoide
Particolarità della faccia superiore
- vicino all’angolo antero-esterno si trova una depressione, la fossetta lacrimale che accoglie la ghiandola
omonima
- sutura sfeno-orbitaria (si può anche chiamare sutura sfeno-frontale, sapendo che le suture sfeno-frontali
sono due, una con la piccola ala e l’altra con la grande ala) > tra il bordo posteriore della lamina orbitaria del
frontale e il bordo anteriore della piccola ala > è una sutura a becco di flauto con un tavolato inferiore nella
parte interna (il frontale ricopre la piccola ala) e un tavolato superiore nella parte esterna (la piccola ala rico-
pre il frontale). Tra le due parti c’è un punto perno che è una zona di passaggio per l’asse di movimento del
frontale. L’altro punto perno è stephanion.
Quindi su questa faccia superiore c’è qualcosa di notevole per noi osteopati, qualcosa che coinvolge
l’aspetto dinamico del cranio. Naturalmente all’oculista questo non importa.

Parete esterna
Sono coinvolte due ossa: zigomatico e sfenoide >
- faccia ant/orbitaria della grande ala dello sfenoide
- faccia int dell’apofisi orbitaria dello zigomatico
Particolarità della faccia esterna
- sutura sfeno-zigomatica
- orifizio interno o orbitario del canale temporo-
malare o temporo-zigomatico
- tubercolo di Whitnall

sutura sfeno-zigomatica

303
seno frontale sut sfeno-zigomatica
fessura orbitaria sup

superficie orbitaria

foro zigomatico- faccia orbitaria


orbitario

faccia orbitaria
canale infraorbitario

fessura orbitaria inf

seno mascellare

La sutura sfeno-zigomatica è una sutura a becco di flauto con un TAV INT sul bordo anteriore della faccia
orbitaria della grande ala dello sfenoide, che ricopre il bordo posteriore dell’apofisi orbitaria dello zigoma-
tico. A volte questa sutura presenta addirittura un punto perno con un cambio di tavolato e spesso la parte
superiore della sutura ha un tav interno, come abbiamo appena detto, mentre nella parte inferiore della
sutura è l’inverso.

Quindi quando pensiamo a questa sutura dobbiamo tenere


presente queste due possibilità. Nel caso in cui non ci sia un
cambiamento di tavolato, possiamo dedurre - sempre con sut sfeno-zigomatica sin
cautela - (e questa è un’opinione personale di J. Gay) che la
responsabilità meccanica dello sfenoide nei confronti dello
zigomatico non è così determinante (non possiamo comu-
nque affermare che lo sfenoide non è un fattore di mobilità
dello zigomatico). Secondo J. Gay soltanto una sutura di
contatto potrebbe spiegare una responsabilità meccanica
netta dello sfenoide nei confronti dello zigomatico e non
una sutura a becco di flauto, che può scivolare.
Alle volte su questa sutura c’è un punto perno con un cam-
bio di tavolato. Questo significa, da un punto di vista mec-
canico, che questo punto perno permette un adattamento
diverso da una parte e dall’altra di esso.

304
A questo proposito possiamo osservare che i
punti perno si trovano su alcune suture partico-
lari, ossia quelle che hanno una conformazione
a L e che J. Gay ha battezzato suture direttrici.
Il nome deriva dal fatto che queste strutture
dirigono la modificazione/adattamento della
forma/volume della scatola cranica: ciascuna di
esse corrisponde ad un piano dello spazio. Nel
caso in cui la sutura sfeno-zigomatica presenti
un punto perno significa che la sutura ha una
grande capacità adattativa per l’occhio. Quindi
a livello dell’orbita ci sono due suture adattative
(la sfeno-zigomatica e la sfeno-orbitaria), che
sutura sfeno-zigomatica permettono di preservare il contenuto della
cavità orbitaria, evitano che ci siano troppe ripercussioni di costrizione sul recettore ottico.
L’ orifizio interno o orbitario del canale temporo-malare o temporo-zigomatico passa attraverso l’apofisi
orbitaria dello zigomatico.
Il tubercolo di Whitnall serve all’inserzione dell’orbicolare o del legamento palpebrale esterno

Parete inferiore
È il pavimento dell’orbita. Ci sono 2 o 3 ossa
a seconda degli anatomisti:
- prolungamento inferiore dell’apofisi
orbitaria dello zigomatico > nella parte più
antero-esterna (l’apofisi orbitaria dello zigo-
matico ha una porzione verticale e un’altra
che si ricurva verso l’interno)
- faccia superiore/orbitaria della piramide
mascellare > occupa la maggiore esten-
sione del pavimento dell’orbita
- apofisi orbitaria del palatino, perché
questa apofisi ha una faccia orbitaria che è
obliqua e che alcuni anatomisti integrano
nel pavimento dell’ orbita mentre altri la
fanno rientrare nella parete interna. Si può
scegliere se metterla nella parete inferiore
o in quella interna. L’importante è di non contarla due volte.
Particolarità della parete inferiore
- la doccia sottoorbitaria
- orifizio superiore del canale lacrimo nasale
- sutura mascello-zigomatica o zigomatico-mascellare
La doccia sottorbitaria, situata in una depressione del pavimento dell’orbita, doccia che si prolunga verso
l’avanti e, come un sottomarino, affonda nel pavimento, per poi scomparire quando forma un canale. A volte
soltanto la parte superiore di questo canale sottorbitario o infraorbitario è ossea, mentre la parte inferiore,
quando il pavimento è molto sottile, è formata da semplice mucosa. In questo caso la parte terminale del
V2 è in contatto con la mucosa del seno mascellare con i rischi che questo può comportare: sinusiti che non
vengono trattate nella maniera dovuta oppure che vengono trattate troppo tardi. È la stessa cosa del otiti di
cui abbiamo parlato a proposito dell’orecchio. Attenzione a non correre dei rischi! Prima trattate La sinusite
come si deve e poi vi potete divertire con tutto quello che volete.
L’orifizio superiore del canale lacrimo nasale si trova nella parte antero-interna del pavimento.
La sutura mascello-zigomatica è in una regione estremamente importante, perché serve per l’appoggio
dello zigomatico sulla piramide mascellare. Grazie a questa sutura lo zigomatico dirige il comportamento
del mascellare superiore.

305
Parete interna
Non inseriamo la branca ascendente del mascellare né il pilastro orbitario del frontale perché sono troppo
anteriori e fanno parte del contorno dell’orbita non propriamente delle pareti. Ci sono 3 ossa (o 4 se inse-
riamo il palatino):
lacrimale
osso plano o la faccia esterna della massa laterale dell’etmoide
parte anteriore della faccia laterale del corpo dello sfenoide (c’è una sutura tra il bordo esterno dalla faccia
anteriore del corpo dello sfenoide con il bordo posteriore della massa laterale dell’etmoide).

osso mascellare,
processo frontale
foro etmoidale ant
foro etmoidale post
superficie orbitaria

cresta lacrimale post


(osso lacrimale)
fessura orbitaria sup
cresta lacrimale ant
(osso mascellare)
foro rotondo
faccia orbitaria
fessura orbitaria inf fossa del sacco
lacrimale (con
apertura del dotto
fossa pterigopalatina seno foro infraorbitario naso lacrimale)
hiatus del seno mascellare
mascellare canale infraorbitario
Particolarità della parete interna
Su questa parete ci sono più ossa e quindi più suture. Perché è fatta così? Per quale motivo ci vuole un
migliore adattamento sulla parete interna? Per rispondere dobbiamo tener conto della localizzazione della
parete interna che divide l’orbita dalla fossa nasale. La fossa nasale è una zona molto disponibile dal punto
di vista meccanico, perché è una zona di compressione-decompressione, quindi una zona molto mobile.
In questa regione a livello delle masse laterali dell’etmoide, durante l’impulso ritmico craniale, in un primo
tempo abbiamo un fenomeno compressivo, che permette la diminuzione del diametro antero-posteriore.
La falce del cervello tira da dietro e così facendo permette l’espansione delle masse laterali dell’etmoide;
per questo motivo a questo livello abbiamo bisogno di una maggiore flessibilità meccanica, affinché ci sia
appunto una buona espansione laterale. L’espansione del massiccio facciale buona è il risultato della trazi-
one verso dietro della falce del cervello, è tutta la parte anteriore del diametro a diminuire, non è la parte
posteriore che si accorcia, ed è per questo che nella parte anteriore troviamo degli elementi comprimibili,
ossia l’aria presente nelle fosse nasali. Dietro non c’è niente che permetta questo fenomeno compressivo, a
livello della protuberanza occipitale interna c’è soltanto l’appoggio che permette appunto questa trazione
da davanti verso dietro.
La parete interna è molto sottile e nella sua parte anteriore è presente la doccia lacrimale, che termina con
un piccolo processo osseo che scende nel canale lacrimo-nasale e che prolunga la metà anteriore della fac-
cia esterna dell’osso lacrimale. Questo piccolo rilievo/processo si chiama hammulus lacrimalis che si articola
con l’apofisi lacrimale del turbinato inferiore.
(A proposito degli atlanti di anatomia J. Gay dice che il Netter è troppo succinto, presenta degli errori e
quindi non vale niente, mentre il Testut è un testo di riferimento).
Ora passiamo a descrivere i bordi.

306
Bordo supero-esterno
È un bordo obliquo in avanti-fuori-alto, formato da:
nella parte più post del bordo supero-esterno > la fessura
sfenoidale superiore, fessura che è formata dalla grande e
dalla piccola ala (questa fessura occupa la maggior parte del
bordo supero-esterno)
nella parte più ant del bordo supero-esterno > l’estremità
più antero-laterale dell’apofisi orbitaria del frontale. Questa
ricopre, formando il piccolo braccio della sutura sfeno-frontale
(sutura direttrice a L: ricorda che il piccolo braccio guarda
verso l’apofisi clinoidea anteriore*), la parte antero-superiore o
esterna dell’apofisi orbitaria della grande ala.

*Invece l’apofisi clinoidea post è in relazione con il bordo posteriore della rocca petrosa.

Non pensate alle ossa che compongono il perimetro dell’orbita, perché non c’entrano.
Ricordate che l’orbita ha la forma di una piramide ed è per questo che il bordo supero-esterno ha una direzi-
one obliqua verso l’esterno.
sutura fronto-orbitaria

Che cosa passa nella fessura sfenoidale superiore? Nella fessura sfenoidale superiore non passa niente
perché è ricoperta dal foglietto viscerale della dura madre. Ricordate che ci interessiamo alla meccanica
craniale perché noi osteopati trattiamo i vivi e non i cadaveri. Lo scheletro è ricoperto da un certo numero
di elementi sia in superficie che in profondità. La scatola cranica è rivestita all’interno di dura madre. Nella
scatola cranica meccanica c’è un solo foro: il foro occipitale che lascia passare il midollo. Oltre a questo non
c’è nessun altro buco. È un recipiente che contiene del liquido e quindi se ci fossero dei fori il liquido uscireb-
be. Dovete visualizzare la meccanica craniale con lo scheletro rivestito dalla dura madre. È per questo che
dico che nella fessura sfenoidale superiore non ci passa nulla, è chiusa. Naturalmente gli elementi vascolo
nervosi passano attraverso la dura madre e questo fa cambiare molte cose, ne parleremo poi, ma dovete
considerare che non ha più nulla a che vedere con la meccanica ossea. Quando fate una tecnica craniale su
un paziente visualizzate per favore il tessuto vivente, non visualizzate l’osso, perché l’osso non fa altro che
subire. L’osso non è importante, l’importante è ciò che lo mette in movimento o lo stabilizza.
Che cosa passa nella fessura sfenoidale superiore rivestita dalla dura madre?
V1
i nervi oculo-motori
le vene oftalmiche
l’ortosimpatico (da non dimenticare)

Bordo infero-esterno
È rappresentato per la maggior parte dalla fessura sfenoidale inferiore o sfeno-mascellare. Questo orifizio
non è ricoperto da dura madre perché siamo all’esterno della scatola cranica. Attraverso questa fessura non
passano delle strutture di rilievo ma dobbiamo ricordare il passaggio di vene oftalmiche che contribuiscono
307
a drenare la cavità orbitaria in direzione dei plessi venosi pterigoidei. Il V2 non passa attraverso questa fes-
sura perché si trova al di sotto di essa.

Bordo infero-interno
È formato dall’incontro del bordo interno della faccia orbitaria del mascellare superiore con il bordo inferiore
dell’osso lacrimale nella sua metà posteriore. La metà anteriore del bordo inferiore dell’osso lacrimale costi-
tuisce la parte posteriore della doccia lacrimale (FOTO). La doccia lacrimale è costituita nella parte anteriore
dal bordo posteriore del mascellare superiore. La parte esterna del canale lacrimo-nasale è formata dal ma-
scellare superiore. La metà posteriore del bordo inferiore dell’osso lacrimale si articola con la parte anteriore
del bordo interno del mascellare superiore. Poi il bordo infero-interno continua con la sutura tra il bordo in-
feriore dell’osso plano (o la faccia esterna della massa laterale dell’etmoide) con la parte posteriore del bordo
interno della lamina orbitaria del mascellare superiore, che si prolunga indietro verso il fondo dell’orbita.
Infine abbiamo la relazione tra l’osso plano e l’apofisi orbitaria del palatino (abbiamo messo l’apofisi orbit-
aria del palatino nella parete interna).
Nella parte anteriore del
bordo infero-interno
abbiamo quindi l’orifizio
superiore del canale
lacrimo-nasale.

Questa parte depressa o meglio la


doccia a livello della faccia antero-es-
terna (nella foto: linea magenta trat-
teggiata) dell’osso lacrimale (nella foto:
linea magenta continua) è prolungata
da un piccolo processo osseo che va
a costituire l’hammulus lacrimalis,
che si articola con l’estremità superi-
ore dell’apofisi lacrimale del turbinato
inferiore, e che insieme alla faccia
interna del mascellare superiore va a
hammulus
costituire il canale lacrimo-nasale. lacrimalis

Bordo supero-interno
Mette in opposizione il porto interno dell’apofisi orbitaria del frontale con il bordo superiore dell’osso plano
(o della faccia esterna della massa laterale dell’etmoide). Nel bordo supero-interno troviamo due orifizi es-
terni dei canali fronto-etmoidali.
Dobbiamo ancora parlare dell’apice della piramide che è rappresentato dall’estremità anteriore del canale
ottico. Questo orifizio è delimitato dalle due radici di impianto della piccola ala sul corpo dello sfenoide. La
particolarità di questo orifizio è la presenza sulla radice inferiore della piccola ala del tubercolo sottoottico,
sul quale s’inserisce il tendine di Zinn.
La base della piramide è ovviamente aperta sull’esterno e tale apertura/orifizio è circoscritto da alcuni
elementi che costituiscono il perimetro orbitario della piramide, perimetro formato (andando dalla parte
mediale verso l’esterno per poi ritornare di nuovo verso l’interno) da:
pilastro orbitario interno del frontale
arcata orbitaria del frontale
308
il pilastro orbitario esterno
l’angolo superiore dello zigomatico
l’angolo inferiore o infero-interno dello zigomatico
lamina orbitaria del mascellare superiore (nella porzione antero-interna del perimetro orbitario)
la parte posteriore della faccia esterna della branca ascendente del mascellare (che va a raggiungere il
pilastro orbitario interno del frontale).

La periorbita
Come una moquette riveste tutto lo scheletro. Essa è il prolungamento del foglietto parietale della dura
madre, perché la dura madre rimane intracranica. Quando la dura madre attraversa un orifizio cambia nome,
può formare diverse strutture. Noi ricordiamo solo che si prolunga nella tunica connettiva dei nervi e dei
vasi che passano attraverso i fori scheletrici, che sono rivestiti di dura madre come abbiamo detto prima.
Nell’orbita il prolungamento della dura madre è la periorbita, che non è aderente allo scheletro tranne che
a livello del perimetro degli orifizi e delle suture. La periorbita presenta delle fibre muscolari in particolare
nelle vicinanze della fessura sfeno-mascellare, fibre muscolari che vanno a costituire il muscolo orbitario
di Muller, che dipende dall’ortosimpatico cervicale tramite il ganglio sfeno-palatino. Il muscolo orbitario di
Muller, in funzione della sua tonicità e dunque in funzione della tonicità dell’ortosimpatico svolge un’azione
di propulsione del globo oculare verso l’avanti. Quando l’ortosimpatico è stimolato più localmente che a
livello generale, il muscolo orbitario di Muller diventa più tonico e questo fa aumentare la tensione della
periorbita, che quindi tenderà a spingere il globo oculare da dietro verso l’esterno. Fate attenzione a questo,
osservatelo. Quando vedete degli occhi fuori dalle orbite non dipende soltanto da una meccanica crani-
ale, soprattutto se il fenomeno è unilaterale. In tal caso si può trattare una disfunzione dell’ortosimpatico
che può essere localizzata a livello cervicale. Questo non ha niente a che vedere con gli adattamenti dei
quadranti nell’ambito della meccanica craniale. In questo caso non si può dire che è la flessione che spinge
l’occhio in fuori o meglio non è sbagliato dirlo ma non è l’unica verità. Anche l’inverso è possibile e una ip-
oortotonia può far retrarre il globo oculare in dentro (=enoftalmo), è quello che si osserva nella sindrome di
Claude Bernard Horner, perché c’è un’inibizione dell’ortosimpatico.

sem 2

Fisiologia dellocchio
Quando approcciamo il globo oculare e l’orbita da un punto di vista meccanico craniale, occorre tener conto
di alcuni elementi scheletrici che intervengono con maggior importanza a livello della scatola cranica, che
sono: le suture senz’altro, ma chi influenza veramente l’adattamento dell’orbita da un punto di vista osseo è
l’osso Frontale. Come e perché? Che cosa condiziona la meccanica del frontale?
Innanzitutto la falce del cervello che, inserendosi sulla glabella, lo tira in dietro e lo fa abbassare in un
tempo di F. Infatti, la meccanica scheletrica dipende dalla meccanica membranosa; la falce del cervello, da
cui dipende la meccanica del frontale, provoca grazie alla sua trazione una posteriorizzazione della regione
antero-mediana ed un allargamento della incisura etmoidale del frontale; di conseguenza si avrà un allarga-
mento dei pilastri orbitali esterni che si portano in avanti-alto-fuori (e non in basso come pensavamo):
questo provoca a sua volta un adattamento dello zigomatico il quale si porta a livello del suo angolo superi-
ore in basso-avanti-fuori; tutto ciò perché affinchè ci sia un movimento tra 2 ossa è necessario che almeno
uno dei parametri vada in direzione diversa, oppure che uno dei 2 elementi cioè o il pilastro orbitario es-
terno o l’angolo superiore dell’osso zigomatico vada più veloce dell’altro (altrimenti il movimento sarebbe
impossibile).
Questo adattamento delle 2 ossa frontale e zigomatico non impedisce quindi che entrambe le ossa possano
scendere nel tempo di flessione (scendono entrambe ma poi a livello della sutura uno va verso il basso e
l’altro va verso l’alto).
Bregma sempre in un tempo di F si porta in basso-dietro, mentre la parte anteriore del frontale va in alto-
avanti, così la bozza frontale si allarga. Se in alto, superiormente, la porzione posteriore del frontale scende e
anche la parte anteriore scende, la bozza frontale si chiude diventando più convessa, quindi non si appiat-
tisce. Jean G. a questo proposito per spiegare meglio fa un es pratico e dice: se voglio creare un movimento
tra il mio corpo, prendendo in considerazione il mio tronco, e la mia mano, entrambe e cioè sia il tronco che
la mia mano possono scendere; ma, se io voglio spostare la mia mano rispetto al tronco, il tronco scende e
309
le braccia salgono.
Di seguito, a livello dell’involucro meningeo che succede? Sappiamo che si deforma, il diametro antero-pos-
teriore diminuisce e quello verticale pure grazie all’espansione laterale della tenda del cervelletto, quindi ci
sarà una trazione verticale della falce che permetterà l’abbassamento della volta (frontali, parietali). Dunque,
quale sarà ora l’adattamento del frontale correlato a queste due modificazioni? Il frontale nella sua forma è
convesso, quindi la sua parte post-inf scende e allo stesso tempo indietreggia.
Quindi a livello dell’orbita in un tempo di flessione craniale succederà che i pilastri orbitari esterni van-
no alto, fuori e avanti (qui J. Gay fa una differenza tra quello che è l’adattamento generale del cranio e
l’adattamento intrinseco delle varie parti di ciascun osso): se mettiamo un’asse tra una parte anteriore e una
parte posteriore, attorno a quest’asse il movimento avverrà attorno ad un asse perpendicolare. La direzione
del movimento è perpendicolare a quest’asse. Se ho una parte posteriore che scende, una parte anteriore
meccanicamente dovrebbe risalire!!! Se abbiamo un’asse antero-posteriore è ovvio che se scende al centro,
dovrà salire lateralmente! Se mettiamo un’asse verticale è sempre lo stesso discorso. L’asse del frontale è un
asse obliquo, quindi se la parte centrale scende, l’altra sale; quindi se questa parte indietreggia l’altra avanza.
Se, meccanicamente parlando, un movimento avviene perpendicolare rispetto al proprio asse, è difficile
dopo sostenere qualcos’altro. Infatti, se per il cranio ha una buona espansione trasversale, se si allarga lat-
eralmente, tutti gli elementi che stanno sotto hanno un piano orizzontale che divide il volume in una parte
inferiore ed una superiore, tutto ciò che sta sotto andrà in fuori e verso il basso e tutto ciò che sta al di sopra
andrà in fuori e verso l’alto, non può essere altrimenti. Se ho due componenti diversi articolati tra di loro io
so che non possono muoversi l’uno rispetto all’altro se hanno gli stessi parametri, non credete? È necessario
che ci sia un parametro diverso, l’unica possibilità affinchè ci sia movimento quando due elementi diversi
vanno nella stessa direzione è che esista un quarto parametro che è quello della velocità, è necessario che
uno sia o più veloce o più rallentato rispetto all’altro, ma tutto ciò non concerne con la dinamica del cranio.
Quindi in RE:
- il frontale si appiattisce
- lo zigomatico va in eversione, quindi il diametro obliquo dell’orbita si ingrandisce aumentando trasversal-
mente
- l’eversione dello zigomatico, il suo basculamento in avanti e verso l’esterno prolungato nel tempo, fa ca-
dere lo zigomatico in avanti.
- l’apofisi zigomatica del temporale che è antero-posteriore, flessibile e sottile, impedisce allo zigomatico di
cadere.

Nel tempo di F, il temporale rotola e globalmente avanza; avanzando incontra un ostacolo davanti a sé
rappresentato dall’angolo posteriore dello zigomatico. Così il temporale per impedire allo zigomatico di
cadere, lo spinge ancora di più in avanti, permettendo di appoggiarsi sulla piramide del mascellare. L’apofisi
zigomatica si allarga lateralizzando il suo angolo posteriore e fissando bene lo zigomatico sulla piramide del
mascellare; così lo zigomatico si stabilizza.
È quindi necessario l’intervento della coppia occipite-temporale, poiché l’occipite è il polo posteriore della
falce, quindi è sinonimo di tentorio del cervelletto insieme al temporale.
Davanti abbiamo la coppia fronto-etmoidale e dietro la coppia occipito-temporale. La nostra orbita deve
adattarsi a queste influenze sia anteriori che posteriori.

Quali saranno allora le ripercussioni dell’azione della falce? Sappiamo che quando c’è una trazione della
falce sul frontale, e sappiamo che questa trazione è mediana, il polo anteriore, quindi la regione della gla-
bella è tirata indietro, indietreggia, e questa posteriorizzazione innesca l’apertura dell’incisura etmoidale,
perché è una zona libera, quindi una zona in cui c’è meno resistenza, e come ulteriore reazione avremo
un’azione sulle parti laterali, quindi sulle l’apofisi orbitarie fino ad arrivare ai pilastri orbitari esterni, che per
il momento andranno in fuori e in avanti, grazie all’ apertura dell’incisura etmoidale, è un adattamento.
Sappiamo che il polo anteriore della falce si prolunga fino all’estremità della crista galli, quindi l’apertura
dell’incisura etmoidale per effetto della trazione antero-posteriore permetterà l’allargamento delle masse
laterali, ricordiamoci che l’etmoide è una bolla d’aria, è un elemento che si può comprimere, quindi si gonfia
lateralmente e allo stesso tempo ci saranno ripercussioni su questo fenomeno, ci sarà questa pressione an-
tero-posteriore sullo sfenoide, al centro del quale c’è un’altra bolla d’aria (ricordatevi dei seni) quindi subirà
anch’esso questo fenomeno di compressione e allo stesso tempo una sua espansione trasversale provocherà
310
una modificazione della forma dei seni cavernosi.
Se l’incisura etmoidale del frontale si allarga, l’etmoide può fare il suo basculamento posteriore e verso il
basso e tra i 2 la grande ala si adatta alla posizione del temporale e del frontale. Secondo J. Gay in questa
meccanica, lo sfenoide ha solo un ruolo adattativo per le sue appendici.
Il suo ruolo importante è quello di proteggere l’ipofisi con il suo corpo che è stabile : infatti, nella sua
parte centrale è stabile, mentre tutte le sue appendici come pterigoidi, grandi ali, piccole ali servono ad
equilibrare la parte centrale. Non è dunque lo sfenoide che permette le variazioni della cavità orbitaria. Lo
sfenoide non influenza l’occhio e la cavità orbitaria. Il bordo anteriore della grande ala è a becco di flauto
quindi non può spingere lo zigomatico (proprio per il tipo di sutura, la sfeno-zigomatica che si crea che
presenta tavolati).

Abbiamo il polo anteriore della falce che potrà esercitare la sua trazione grazie al fatto che c’è una zona
d’inserzione della falce anche posteriormente, ovvero la protuberanza occipitale interna, che servirà da
appoggio per provocare questo accorciamento ant-post, da davanti a dietro, e non il contrario. È la parte
anteriore che si comprime, perché è davanti che si trovano gli elementi che si possono comprimere, e non
sarà il contrario, perché dietro c’è una base che è rigida, ovvero l’apofisi basilare dell’occipite. L’occipite è
molto importante per la regione dell’orbita, ma non solo per questi aspetti puramente meccanici, a livello
occipitale troviamo anche la corteccia visiva, poi abbiamo la parte terminale del drenaggio dell’occhio e in-
fine abbiamo il ganglio cervicale superiore, l’ortosimpatico, ed è lui che si interessa l’occhio direttamente.
L’occipite dà inserzione alla falce ma anche alla tenda del cervelletto, quindi ci dovrà essere un’espansione
trasversale sotto l’effetto di questa trazione ant-post.

Riassumendo abbiamo tre elementi importanti per l’orbita:


la coppia fronto-etmoidale
lo zigomo
la coppia occipito-temporale
La disfunzione di tutte le componenti ossee può dare disfunzioni, ma quelle citate sono le più implicate.

La coppia posteriore è importante per vari motivi:


poiché contiene il lobo occipitale con l’area corticale visiva:
per l ’irrorazione da parte delle arterie vertebrali con la membrana occipito-atlantoidea
per i mm. sottoccipitali, il cui ruolo principale è di stabilizzare la scatola cranica sul suo perno
per il carattere neurovegetativo dato dalla presenza del GCS: c’è sinapsi tra il 1 motoneurone efferente e il
2 motoneurone ortosimpatico proveniente dalla zona vascolare del midollo toracico e dal centro di Budge
per l’iride.

Globo oculare
Il globo oculare presenta una forma sferica; è leggermente appiattito dall’alto verso il basso
il suo diametro verticale medio è di circa 23 mm;
il diametro antero-posteriore e trasversale è di circa 25 mm
pesa circa 7 grammi
il globo è globalmente sferico grazie alla sua pressione endoculare che è di circa 18 mmHg, ma con piccole
variazioni.
Nella cavità orbitaria il globo oculare occupa la cavità anteriore. È più vicino al pavimento che non al soffitto
dell’orbita e si trova più spostato verso l’esterno che verso l’interno rispetto al perimetro orbitario:
1. perché sopra all’esterno c’è la ghiandola lacrimale (che lo fa spostare verso il basso)
2. è poi più spostato verso l’esterno (decentrato appunto esternamente) per ragioni di meccanica orbitaria,
affinchè sia meno influenzato dall’espansione delle masse laterali dell’etmoide; è la presenza dell’etmoide
che sposta il globo oculare verso l’esterno.
Questo globo oculare è costituito da una parete che contiene gli ambienti endooculari. La parete del globo
oculare è formata da 3 membrane:

311
Globo oculare
} sclerotica (più esterna)
coroide (più intermedia)
retina (più interna); è la membrana nervosa più profonda.
Gli ambienti endooculari sono rappresentati da umor acqueo contenuto nelle camere endooculari dietro
cristallino, e poi dietro ancora il corpo vitreo. Questi ambienti endooculari sono trasparenti.

Sclerotica
} sclera (post)
cornea (ant)

Le pareti del globo oculare_Sclerotica


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una membrana fibrosa, molto poco elas-
tica, relativamente spessa.
Il suo spessore aumenta andando da avanti
in dietro, passando da 0,5 mm ad 1 mm di
spessore; questo perché deve controbilan-
ciare la pressione endooculare. Questa mem-
brana sclerotica è divisa in 2 segmenti:
1. la sclera (post) > è il segmento più
grande; ha molti orifizi che lasciano passare i
vasi e i nervi rappresentati dalle fibre del
falso n. ottico e/o del vero n. ottico classi-
co. Essa lascia passare dunque le fibre del
n. ottico attraverso la lamina cribrosa,
così chiamata perché è una zona meno
spessa della sclera (pensate ad un colino);
tutt’intorno ad essa ci sono gli orifizi dove
passano i vasi generali e i nn. ciliari. In
ciascun quadrante dell’emisfero post si
ha l’emergenza delle 4 grandi vene dette
vene vorticose o meglio vasa vorticosa,
una per ogni quadrante.

2. La cornea (ant) > è della stessa natura della sclera, con l’unica differenza di essere trasparente.
Ha un raggio di curvatura più piccolo rispetto alla sclera; questa è la lente principale. L’angolo formato
dall’opposizione della sclera e della cornea si chiama angolo sclero-corneale.
I vasa vorticosa drenano l’interno dell’occhio. Queste grosse vene raggiungono le vene muscolari che
drenano i mm. oculomotori, e poi tutto andrà a costituire le vene oftalmiche che raggiungeranno il seno
312
cavernoso.
vasa vorticosa > vene muscolari > vene oftalmiche > seno cavernoso
parte ant > dà inserzione ai mm. oculomotori retti: sup-inf-est-int e alla capsula di Tenòn
sclera
parte post > dà inserzione ai mm. obliqui
Quindi l’inserzione dei mm. oculomotori e della capsula di
Tenòn avviene in prossimità dell’angolo sclero-corneale.
Questo angolo si forma per la diversa curvatura a livello
della parte terminale della sclera e della parte terminale
della cornea. Dentro l’angolo sclero-corneale troviamo il
Canale di Schlemm: questo canale è la via di riassorbi-
mento dell’umor acqueo a livello del limbo sclero-corneale.
L’ altra parte della sclerotica è la cornea, cioè la lente
principale dell’occhio.
Cornea
Nella parte superficiale ant c’è l’epitelio e questo epitelio
corrisponde al prolungamento corneale della congiuntiva
dell’occhio passante davanti alla cornea.

} }
epitelio (1 tunica_superfic)
sclera (post) (membrana di Bowmann)
Sclerotica cornea (ant) Cornea stroma (2 tunica_tessuto connettivo)
(membrana di Descemet)
endotelio (3 tunica_profonda)

La 1 tunica è costituita
dall’epitelio. L’epitelio ha una
importanza fondamentale per
la cornea perché fornisce alla
cornea l’ossigeno, in quanto la
cornea è trasparente e non ha
vascolarizzazione propria.
L’ossigeno è un bisogno fonda-
mentale ed è l’epitelio a fornir-
glielo, è quindi la secrezione
lacrimale che le apporta ossig-
eno; è la ragione per cui in caso
di lesione da paralisi facciale sup,
quando non c’è secrezione

313
lacrimale la 1 cosa da fare è mettere il collirio; non è
il trattamento della paralisi facciale la cosa prioritaria,
ma occorre prima pensare alla cornea per salvaguard-
arla altrimenti si ulcera. È la secrezione lacrimale che
ripartendosi davanti alla congiuntiva fornisce ossig-
eno per non opacizzarla.
La 2 tunica contiene tessuto connettivo formato da
cheratociti che sintetizzano una sostanza fondamen-
tale con mucopolisaccaridi, indispensabili alla tras-
parenza corneale.
La 3 tunica, la più profonda è l’endotelio, che man-
tiene costante il tasso di idratazione corneale, fonda-
mentale per la trasparenza. Lo stroma è delimitato da 2 membrane che rappresentano 2 vere barriere
metaboliche:
1. la membrana di Bowmann tra epitelio e
stroma: essa pesca l’ossigeno nell’epitelio; ha
una azione metabolica poiché contiene i cher-
atociti e la sostanza fondamentale; con la sua
azione metabolica conserva la cornea affinchè
rimanga di spessore uguale. Soprattutto serve
per mantenere una buona disposizione delle
fibre che mantengono questa cornea. Affinchè
il tasso di gradazione resti costante, l’ossigeno
può essere pescato facilmente dalla membrana
di Bowmann nell’epitelio che appunto lascia
passare ossigeno;
2. la membrana di Descemet tra stroma ed endotelio.

La cornea ha delle proprietà fisiche:


la cornea lascia passare la luce; essa ha un raggio di curvatura regolare per la riflessione.
Quando invece il raggio di curvatura è irregolare, si hanno più punti focali sulla retina e si ha astigmatismo.
Questa curvatura deve essere ben armoniosa affinchè i raggi che arrivano si focalizzano su un unico punto e
non su più punti.
La cornea è una lente convergente (rifrange) ed è una lente trasparente, perché le sue cellule sono molto
regolarmente disposte (disposizione molto rigorosa).
La trasparenza si ha perché c’è parallelismo tra le fibre collagene nello stroma per assenza di vascolarizzazi-
one e c’è un tasso di idratazione costante pari all’80%.
Quindi la trasparenza della cornea è dovuta a 4 fattori:
1. la disposizione estremamente regolare delle cellule dello stroma
2. il parallelismo delle fibre di collagene
3. all’assenza di vascolarizzazione
4. un tasso d’idratazione costante

La cornea ha delle proprietà neurologiche:


è sede del riflesso di ammiccamento (o riflesso corneo-palpebrale) della palpebra > le palpebre vengono
chiuse più volte per uguagliare lo spessore dello strato liquido lacrimale e favorire la secrezione lacrimale
della ghiandola. È un riflesso che serve un po’ come un tergicristallo, ma non per togliere l’acqua bensì per
distribuirla uniformemente sulla cornea.
Riflesso di lacrimazione > riguarda la ghiandola lacrimale.
La cornea è molto riccamente innervata per assicurarle un buon trofismo.
Gli elementi essenziali per assicurare il trofismo corneale sono:
V n. cranico
ortosimpatico cervicale
L’alterazione, la compromissione del trofismo provoca cheratite (=ulcerazione della cornea), a causa di
314
un’assenza/riduzione di ossigeno o di un’alterazione ortosimpatica.

}
Coroide iride

Coroide
coroide propriamente detta

zona ciliare

È la 2 tunica (1. sclerotica 3. retina), è una tunica vasculo-neuro-muscolare del globo oculare.
È divisa in 3 parti:
coroide propriamente detta (la cui estensione è la maggiore)
iride
zona ciliare (corpo ciliare)
Nella coroide propriamente detta vi transitano tanti vasi ed elementi nervosi che ne fanno una tunica
vascolo-neuro-muscolare.
Tutto questo si trova nelle
vicinanze dell’angolo scle-
ro-corneale in vicinanza
dei muscoli oculari. Questa
zona è un crocevia topogra-
fico e è detta ora serrata. La
coroide propriamente detta
è formata da una ricca rete
di capillari che si avvicinano
alla retina e che diventano
poi sempre più superficiali,
aumentano di calibro, per-
forano la sclera e vanno a
formare le vene vorticose.
Tutt’intorno al n. ottico c’è il n. ciliare che viaggia nella coroide per poi raggiungere e formare la zona ciliare
e l’iride propriamente detta.
L’altro segmento di questa zona intermedia è l’iride: una corona muscolare verticale che scende dietro alla
cornea. Questa corona delimita l’orifizio centrale che è la pupilla. Il diametro medio dell’iride è circa 12,5
mm. È costante, invariabile.
La faccia ant dell’iride può essere diversamente colorata e pigmentata. La colorazione dell’iride sembrereb-
be essere in rapporto con la latitudine terrestre. Più ci si avvicina all’equatore e più l’iride è scura, più si va
verso nord e più è chiara.
La faccia post dell’iride è sempre pigmentata di nero (melanina), tranne in caso di albinismo.
La melanina crea una camera oscura, evita il riverbero ed assorbe la luce.
La pupilla è sempre nera poiché essa è solo un buco, attraverso il quale vediamo la retina.
Negli albini la pupilla è rosata o rossa poiché non contiene melanina.
L’iride contiene fibre muscolari:
fibre circolari: circoscrivono la pupilla e chiu-
dono l’iride (miosi); la loro contrazione deter-
mina la chiusura della grande circonferenza, da
fuori in dentro;
fibre radiali: quando si contraggono fanno
diminuire la larghezza dell’iride in quanto sono
costrittrici dell’iride (midriasi) e ingrandiscono
la pupilla, la aprono; la loro contrazione, par-
tendo da un punto fisso che è esterno, determina
l’apertura della circonferenza da dentro in fuori.
Le fibre radiali provocano: MIDRIASI > è prodotta e stimolata dall’ortosimpatico
Le fibre circolari provocano: MIOSI > è prodotta e stimolata dal parasimpatico

315
circonfere
rand e nz
g a

upil
p
la

fibre radiali
fibre circolari

L’iride è una regione riccamente vascolarizzata, così distinguiamo un grande circolo arterioso formato dalle
arterie ciliari lunghe e post che convergono verso la grande circonferenza, si anastomizzano tra loro, e a
partire da qui ci sono delle arteriole radiali che formano poi un piccolo circolo arterioso che sarà formato
da arteriole anastomizzate tra loro. A cosa serve una anastomosi vascolare? Ha un ruolo emodinamico
importante. Serve a stabilizzare e rendere costante la pressione arteriosa in tutto il circolo, e anche per
ridistribuire un carico arterioso costante e al suo massimo. L’azione di queste fibre muscolari circolari e
radiali deve essere perfetta a tutti i livelli, e l’azione di queste fibre deve essere simmetrica. Se ogni fibra o
se ciascun gruppo di fibra lavorasse e fosse vascolarizzata in modo isolato, la pupilla potrebbe spostarsi, una
sarebbe più grande dell’altra; conseguenze:
non ci sarebbe fusione delle 2 immagini
il margine sarebbe più grande da una parte e più piccolo dall’altra, e il punto focale sarebbe centrato diver-
samente.
Quindi tutti i tessuti sono irrorati da una rete anastomotica a livello capillare. Proprio per uguagliare la pres-
sione affinchè non subisce variazioni. Il sistema nervoso non tollera variazioni continue di pressioni.
L’anastomosi ha un ruolo emodinamico essenziale.

316
La fisiologia dell’iride è responsabile del riflesso fotomotore che è innato e quindi programmato, e deve es-
sere sempre lo stesso nelle stesse condizioni. Qualunque alterazione del riflesso fotomotore ha una ragione
peggiorativa e traduce sempre una lesione centrale, in generale prodotta a livello del mesencefalo. Sono
casi rari: il diametro pupillare medio è tra i 3-4 mm.
La miosi pupillare e la midriasi variano tra 3-4 mm. Il diametro della pupilla non deve mai essere inferiore a
2mm, altrimenti è patologico. Il diametro pupillare è più piccolo nel neonato e nell’anziano.
Nel neonato la pupilla è più piccola per proteggere la retina, perché l’accomodazione che ci permette di
mettere a fuoco è un riflesso acquisito e richiede un apprendimento, dunque richiede tempo. Ecco perché
i bimbi piccoli non vanno mai esposti alla luce viva, perché questo può produrre alterazione della acco-
modazione.
L’accomodazione è acquisita, e il nostro apparato accomodativo funziona bene quando si economizza ; la
presbiopia è tipica dell’adulto: schiaccia l’occhio, produce miopia, e poi la miopia diventa presbiopia.
L’anziano ha una minor ampiezza accomodativa, poiché la miosi è predominante; l’anziano e il bambino
hanno le pupille più piccole.
L’azione dei muscoli dell’iride è uniforme e simmetrica, questo per far si che le pupille siano concentrate e
uguali.
La disuguaglianza della dimensione pupillare è detta anisocoria e va guardata con sospetto. Se un Pz ce
l’ha bisogna indagarne le cause.
Ci sono poi persone che hanno anisocoria genetica e che non hanno niente di patologico. Oppure
l’anisocoria può essere post traumatica; esso è qualcosa che rimane ed ha un carattere peggiorativo.
Cause dell’anisocoria:
genetica e quindi non ha niente di patologico
post traumatica (ad es nel colpo di frusta, nella caduta sul sacro, nella caduta sui talloni) con alterazione
sulle vie nervose periferiche, dove si è creato un ostacolo al passaggio dell’impulso nel decorso del III nervo,
quando attraversa la fessura sfenoidale
centrale (attenzione)
Il riflesso fotomotore è bilaterale e consensuale. Come lo verifica l’oculista?
Mettendo la lente scura davanti ad un occhio e osservando sull’occhio non coperto la midriasi.
Infatti l’occhio chiuso avrà una pupilla che va in midriasi, e siccome questo riflesso è consensuale, anche
l’occhio che rimane scoperto, per consenso con l’altro, va in midriasi.
Invece quando si ha perdita di conoscenza che dura (stato di coma): si deve alzare la palpebra per vedere se
la pupilla è in miosi (lo stesso avviene durante il sonno naturale e/o da anestesia temporanea perch������é pre-
����
domina il para); in caso di sincope se c’è miosi non è grave, perché è una reazione fisiologica; se l’occhio è in
midriasi bisogna preoccuparsi.
I fattori che possono influenzare questo riflesso fotomotore sono l’intensità luminosa, il sonno naturale e
317
o artificiale (anestesia), la distanza dalla fonte luminosa, l’età (il diametro pupillare diminuisce sempre con
l’età), tutte le grandi emozioni e i dolori forti (sono accompagnati da midriasi, poiché sono stimolati da orto-
simpatico).
Riflesso sincinetico: la visione da vicino e l’accomodazione sono accompagnate da miosi e convergenza.

318
a) glaucoma ad angolo chiuso, nel
quale l’angolo della camera è chiuso:
l’umor acqueo non riesce a defluire
nella camera anteriore a causa del
blocco pipillare; in questo modom
esso preme verso l’alto parti di iride
bloccando così l’angolo della camera.
b) glaucoma ad angolo aperto, nel
quale l’angolo della camera è sì ap-
erto, ma il deflusso viene ugualmente
ostacolato a livello del sistema trabe-
colare (la barretta rossa indica rispet-
tivamente il punto in cui il deflusso
viene arrestato)

sem 3
319
La coroide
Riprendiamo a parlare della coroide, argomento con il quale abbiamo concluso lo scorso seminario.
È costituita dalla membrana irido-coroidiea che è vascolare e muscolare. Essa gioca un ruolo quadruplice,
infatti da un punto di vista fisiologico:
a) regola la pressione endoculare
b) garantisce il nutrimento dell’occhio
c) mantiene la protezione termica e cioè una temperatura costante necessaria al buon funzionamento
delle cellule sensoriali della retina,
d) garantisce la messa a fuoco dell’apparato fotografico oculare
Anatomicamente comprende tre segmenti ben distinti:

}
Coroide iride
coroide propriamente detta

zona ciliare
1. La coroide propriamente detta
Essa viene considerata come il prolungamento della pia-madre.
La sua faccia esterna è adesa alla sclera tramite dei vasi e nervi ciliari in essa contenuti e tramite una lamina
di tessuto connettivo detta lamina fusca.
La faccia interna risponde alla retina senza aderirci.
Posteriormente, dietro è perforata dal passaggio delle fibre del n. ottico.
Limite anteriore: ora serrata
Struttura
Si osservano quattro strati concentrici disposti dalla superficie verso la profondità:
lamina fusca: panno connettivo trabecolare che costituisce lo spazio sovracoroideo nel quale circola la linfa,
strato di grossi vasi con le vasa vorticosa in superficie e le arterie coroidee proveniente dalle arterie ciliari
corte posteriori in profondità,
strato capillare formato da endotelio
membrana vitrea, costituita da membrana trasparente.

2. L’iride
È la parte anteriore della coroide; ha la forma di corona e si estende verticalmente come una schermata
anteriormente alla lente cristallina.
Rappresenta il diaframma dell’apparato ottico che dosa la quantità di luce che entra nell’occhio.
Diametro: 12,5 mm
Spessore: 0,3 mm
Elementi costituzionali dell’iride:
è formata dalla grande circonferenza che corrisponde alla zona ciliare in alto e alla linea sclerocorneale ante-
riormente.
Forma insieme alla cornea l’angolo irido-corneale.
La piccola circonferenza circoscrive la pupilla, la quale è un orifizio di dimensione variabile secondo
l’intensità della luminosità;
Contiene una faccia ant, lucida, variopinta dai pigmenti in essa contenuti
La faccia post è invece pigmentata di nero
Struttura
L’iride è costituita essenzialmente da fibre muscolari e da vasi.
Fibre muscolari
Sono fibre in parte circolari e circondano la pupilla. Costituiscono lo sfintere dell’iride.
Sono fibre in parte radiali e si estendono come un panno verso la faccia post dell’iride, tra lo sfintere
dell’iride e l’angolo irido-ciliare. Costituiscono il muscolo dilatatore dell’iride.
Vasi
Le arterie formano una rete di anastomosi tra il piccolo e il grande circolo arterioso dell’iride: abbiamo la pre-
senza di arterie ciliari anteriori e ciliari lunghe posteriori.
Le vene si drenano all’interno delle vene ciliari e all’interno dei cosiddetti “vasa vorticosa “.

320
vene ciliari > vasa vorticosa > vene muscolari > vene oftalmiche > seno cavernoso
Fisiologia
I muscoli dell’iride sono antagonisti e responsabili del riflesso fotomotore, il quale a seguito di una lesione
neurologica può essere alterato.
Il diametro pupillare medio è tra 3-4 mm.

Ricorda
Lo sfintere provoca la miosi: parasimpatico
Il muscolo dilatatore provoca la midriasi: ortosimpatico
La loro azione è:
- uniforme, contemporanea e simmetrica in modo che il diametro pupillare rimanga sempre uguale e con-
centrato; infatti l’asimmetria o anisocoria (differenza di diametro pupillare) è patologica
- bilaterale. È il riflesso consensuale

L’iride è influenzata da numerosi fattori:


1. l’intensità luminosa
2. la distanza: infatti, la visione ravvicinata provoca la miosi pupillare. È una reazione pupillare sincinetica.
3. l’età, che segna la diminuzione d’ ampiezza del diaframma
4. l’umore, gli stati psichici. La paura, la gioia forti emozioni provocano midriasi
5. il dolore. Ogni stimolazione di un nervo sensitivo provoca midriasi
6. ogni sensazione sensoriale sgradevole provoca una midriasi.

3. La zona ciliare
È interposta esattamente tra la coroide e l’iride.
Comprende 2 parti: una muscolare in avanti e
l’altra vascolare dietro.
a. Il muscolo ciliare
È composto di 2 tipi di fibre re-
sponsabili dell’accomodazione,
in quanto modificano il diametro
della lente cristallina. È sotto il
cotrollo del sistema parasimpatico.
Le fibre superficiali a disposizione radi-
ale formano il m. di Brücke che provoca
l’appiattimento della lente cristallina.
b. Processi ciliari
Sono dei gomitoli capillari a dispo-
sizione meridiana a forma di piramide
triangolare che prolungano il m. ciliare
indietro fino all’ora serrata. Se ne con-
tano 70 presenti tutti intorno alla zona
ciliare e secernono l’umore acqueo.

321
La retina
È ��������������������������
una membrana neurosensori-
ale dell’occhio.
Essa è divisa in tre parti per le
sue modificazioni embriolog-
iche e istologiche:
una parte coroidea che ri-
sponde alla retina propriamente
detta e che va dall’ora serrata
alla parte post dell’occhio,
una retina ciliare e una
retina iridea (detta
anche uvea > ricor-
da l’uveite), la
quale si continua in avanti e ricopre la faccia post dell’iride.
Queste ultime due, la parte ciliare e la parte iridea sono sprov-
viste di fotorecettori e hanno le cellule pigmentate poiché non
vengono colpite dai raggi luminosi.

Retina
} parte coroidea
parte ciliare
parte iridea
La retina coroidea
Si estende dal n. ottico all’ora serrata. Lo spessore diminuisce da dietro in avanti.
È modellata sulla membrana vitrea della coroide e sul corpo vitreo senza aderirci.
Posteriormente è formata da 2 regioni essenziali:
1. la papilla o cupola ottica (lato nasale)
È una zona depressa dove convergono le fibre
del falso n. ottico di fronte alla lamina cribrosa, nel esterno interno
polo post dell’occhio contenente tanti orifizi,
e dove entrano i vasi della retina. Essa corrisponde
al punto o macchia cieca (punto cieco della retina dove non ci sono
recettori, contenente la macula lutea che è esterna e la papilla ottica
che è interna); la macchia cieca corrisponde alla convergenza degli assoni, corrispondente al falso n. ottico
2. la macula lutea
o punto giallo (lato
temporale)
Occupa il polo post
del globo oculare, ma
non completamente,
quindi i muscoli
dovranno riportare
questa zona in corri-
spondenza dell’asse
visivo (nistagmo fisio-
logico).
È la regione più
discriminativa della
retina, depressa nella
fovea centralis.

Si trova leggermente al di fuori del polo posteriore dell’occhio; l’asse visivo traccia con l’asse ottico un an-
golo alfa di 5° aperto in dentro (è simile alla differenza tra asse terrestre e asse magnetico).
Struttura
322
Tutti gli strati della retina sono uniti da cellule di sostegno, ossia le cellule di Müller (sono cellule equival-
enti alla nevroglia, agli astrociti).
La retina sensoriale/coroidea è composta di 10 strati sovrapposti ma noi per comodità e per convenzione
dividiamo tale membrana in 3 strati.

Retina coroidea
} strato epiteliale
strato sensoriale
strati nervosi
1. Lo strato epiteliale (superficiale): è formato da cellule contenente un pigmento nero (la melanina che è
presente su tutte e tre le parti della retina), che gioca un triplice ruolo:
a. schermo nero per assorbire la luce e per evitare il fenomeno del riverbero (es. albini)
b. regolatore degli scambi metabolici tra coroide e cellule sensoriali, in quanto si interpone tra la retina e i
capillari della coroide;
c. immagazzinamento (stoccaggio) di vitamina A, indispensabile a provocare la degradazione dei pigmenti
contenuti nell’articolo esterno dei fotorecettori e quindi il loro rinnovamento.

2. Lo strato sensoriale
Contiene i fotorecettori, che sono neuroni che si sono modificati
Sono di due tipi, ripartiti in modo disuguale sulla retina:
i bastoncelli: sono più numerosi (120.000.000); la loro densità diminuisce man mano che si passa dall’ora
serrata verso la fovea, essi infatti occupano la retina periferica; ricordiamo che a livello della macula i dendriti
sono a forma di parallelepipedo. Sono dei recettori scotopici per la visione mesotopica (in grigio); sono sol-
lecitati quando la luminosità è bassa.
I coni: sono meno numerosi (6.500.000), presenti essenzialmente nella fovea. I dendriti sono più a forma di
cono. Sono recettori fotoscopici, discriminativi e sensibili ai colori; essi sono sollecitati di giorno.
I fotorecettori sono costituiti da due parti principali:
l’espansione interna > corrisponde al corpo cel-
lulare e al suo prolungamento assonale
l’espansione esterna > corrisponde al dendrite di
un neurone ed è suddivisa in:
articolo esterno: rappresenta il luogo dove è
stoccato il pigmento (sotto forma di disco/piatto,
impilati uno sull’altro); la vitamina A serve per fab-
bricare i pigmenti, ogni volta che l’articolo esterno
si riduce in altezza (perché il pigmento è stato
consumato)
articolo interno: è la fabbrica del fotorecettore;
nel caso dei bastoncelli qui avviene la sintesi di un
pigmento rosso (rodopsina).
Di coni invece ce ne sono di tre tipi diversi, conte-
nenti ognuno un pigmento diverso per un colore
fondamentale:
eritrolabio, un pigmento che capta la luce rossa
clorolabio, un pigmento che capta la luce verde
cianolabio, un pigmento che capta la luce blu.
Questi pigmenti sono sintetizzati al buio, in un periodo notturno. I pigmenti sono sintetizzati di notte
ed utilizzati di giorno. La degradazione di questi pigmenti produce visione, ovvero l’interpretazione di
un’immagine. Se il pigmento è sintetizzato solo in un periodo notturno, per conservare bene la retina, di
notte dobbiamo “dormire bene”. Tutto ciò serve per determinare una corretta rigenerazione dell’articolo
esterno.

323
3. Lo strato nervoso
È rappresentato dalle cellule uni- e bipolari e dai neu-
roni che costituiscono il falso n. ottico. Il vero n. ottico è
rappresentato dai neuroni chiamati cellule uni- e bipolari.
Quello che noi chiamiamo n. ottico non è altro che il 2°
neurone e il 2° neurone nella disposizione neuronale
generale del sistema nervoso rappresenta il SNC. Il 1°
neurone costituisce i nervi propriamente detti, tranne
il n. ottico. Il vero n. ottico è intraretinico, corrisponde
ai nn. spinali. Quello che noi chiamiamo n. ottico è solo
un’esternazione del SNC verso il globo oculare.

324
Le camere oculari
Comprendono lo spazio tra cornea
e lente cristallina.
L’interposizione dell’iride di-
vide questo spazio in 2 camere,
l’anteriore e la posteriore; le 2
camere comunicano tramite la pu-
pilla. Contengono l’umor acqueo.
La profondità della camera ant è
compresa tra 2 mm e 2,5 mm. Essa
è variabile con la rifrazione e l’età.

È aumentata nella miopia, dove si ha un aumento del diametro antero-posteriore dell’occhio,con aumento
della camera anteriore, la cosiddetta “iride bombè”.
È diminuita nell’ipermetropia, dove si ha riduzione del diametro ant-post dell’occhio, ed un aumento di
quello trasversale, soprattutto a partire dai 50 anni di età, età in cui il potere di accomodazione si riduce.

L’umor acqueo
È un liquido interstiziale endocellulare, limpido, secreto dai processi ciliari (gomitoli capillari), che si riversa
nella camera post dell’occhio. Tale camera post è delimitata avanti dall’iride e indietro dal cristallino.
Il suo volume è incluso tra : +/- 300 mm3
Flusso: 2,2 mm3/mn

Il riassorbimento del liquido si fa essenzialmente nel canale di Schlemm: questo liquido dalla camera post
passa attraverso la pupilla e va ad invadere la camera ant, dove viene riassorbito nel canale di Schlemm (o
325
limbo sclero-corneale).
Successivamente a questo canale, l’umor acqueo si riversa nella corrente venosa, ossia nelle vene episclerali,
che raggiungono le vene muscolari (le quali drenano i mm. oculomotori), che costituiscono le vene oftalmi-
che, di cui la maggior parte si riversa nel seno cavernoso. Le vene oftalmiche durante il loro decorso verso
il seno cavernoso devono attraversare il foglietto viscerale della dura madre (J. Gay ci ricorda che trattiamo
esseri viventi e non scheletri, perciò non vuol sentir parlare di fessura sfenoidale, ma di foglietto della dura
madre; i fori nel vivente sono chiusi). Dobbiamo tener presente la dura madre perché diventa un ostacolo
nelle asimmetrie/disfunzioni.
L’umore acqueo svolge un doppio ruolo:
1. assicura il metabolismo della cornea e della lente cristallina
2. regola la pressione intraoculare necessaria al mantenimento della forma del globo.
umor acqueo > vene episclerali > vene muscolari > vene oftalmiche > seno cavernoso
Il cristallino
È la seconda lente dell’occhio (la prima è
la cornea) situata tra l’umore acqueo ant,
ed il corpo vitreo post. Ha la forma bicon-
vessa e potenza variabile per la messa a
punto della immagine sulla retina. Non è
vascolarizzato; è capace di modificare la
sua forma con l’accomodazione, grazie
ai mm. ciliari.
L’accomodazione è afferente, quando
l’immagine si avvicina; è responsabile di
ciò il m. di Rouget Müller.
Quando l’immagine si allontana, si sol-
lecitano le fibre radiali che stirano il
cristallino nella loro dimensione
radiale e la potenza del cristalli-
no si riduce.
Struttura
La lente cristallina è costituita:
1. da una capsula, la cristal-
loide, involucro connettivo più
spesso in periferia che al centro,
di consistenza elastica
2. da un epitelio presente solo
sulla faccia ant, ricco di organelli,
perché davanti c’è l’umor acqueo
da cui attinge il nutrimento
3. da una sostanza colloidale
formata da fibre disposte in
modo regolare a tratti sovrap-
poste.

Il cristallino è mantenuto in po-


sizione dalla zonula, un ancorag-
gio che dalla zona equatoriale
del cristallino va a fissarsi sull’ora
serrata, a livello della zona ciliare.
L’involucro del corpo vitreo è la
membrana ialoide.
Tale membrana nella parte ant si sdoppia e forma la zonula.

326
Modificazioni fisiche naturali
Con l’età, la lente cristallina subisce un aumento progressivo di peso (alla nascita il cristallino pesa 65 mg
mentre intorno ai 65 aa pesa 220 mg circa) e di spessore che interessa soprattutto la faccia ant con conseg-
uente riduzione della profondità della camera ant ed un appiattimento della lente (causa di ipermetro-
pia). Inoltre sempre parallelamente all’aumentare dell’età, si crea una alterazione progressiva della elasticità
e della potenza della lente.

Proprietà
La lente è avascolare, non innervata, trasparente e deformabile.
Quest’ultima proprietà è essenziale per l’accomodazione, al fine di conservare la nettezza dell’immagine
retinica quando l’oggetto si sposta dal Punctum Remotum (PR) al Punctum proximum (PP).

PR: limite distale della visione situato


all’infinito per un occhio emmetrope.
Corrisponde all’infinito, che a sua
volta corrisponde a 5 metri di dis-
tanza. È un adattamento a livello della
corteccia occipitale.
PP: punto più vicino che può essere
visto nettamente (il punto prossimo
corrisponde a 30 cm) Esso corrisponde all’inizio dell’accomodazione, laddove l’occhio è a riposo. Il percorso
accomodativo si trova a 70 cm/4 metri.
L’accomodazione è un meccanismo sotto la dipendenza del muscolo ciliare:
il m. di Rouget–Müller, costituito da fibre ciliari circolari, è quel muscolo che provoca la deformazione
conoide della lente.
Azione: questo muscolo determina tensione della coroide, allentamento della zonula, indispensabile per la
visione da vicino. Esso aumenta la pressione interna del cristallino e aumenta la sua profondità.
Il m. di Brücke, costituito da fibre ciliari radiali, provoca l’appiattimento della lente.
Azione: questo muscolo determina allentamento della coroide, tensione della zonula, indispensabile per la
visione a distanza.
L’accomodazione si accompagna ad altri 2 fenomeni:
convergenza, la quale permette la fusione delle immagini che si formano sulla retina;
327
miosi, la quale riduce le aberrazioni dovute alle variazioni di curva della lente.
L’ampiezza di accomodazione diminuisce in ambiente scuro; è la presbiopia notturna, diminuisce anche con
l’età, passando a valori di circa 14 delta nell’infanzia a 3 delta verso 45 anni ed a 1 delta verso 60 anni.
In patologia, si distinguono 4 tipi di disturbi dell’accomodazione:
1. l’astenopia: è di origine muscolare
L’ampiezza di accomodazione è buona ma lo sforzo non può essere sostenuto
Un’ indebolimento dello stato generale si ripercuote sulla resistenza del muscolo ciliare
2. la presbiopia: è di origine lenticolare, cioè di origine cristallina, della lente
Si parla di presbiopia quando, dopo correzione di una eventuale vizio di refrazione, il soggetto ha difficoltà
di visione netta a 33cm
Si corregge con dei vetri convessi
3. la paralisi della accomodazione: è dovuta a lesione del III n. cranico.
Interessa il m. di Rouget-Müller e il III n. cranico.
Si manifesta con un fastidio più o meno importante secondo l’età e la rifrazione
4. spesso sono frequenti dei meccanismi detti “spasmi di accomodazione “: con questo termine si indica
lo stato di contrattura permanente del muscolo ciliare osservato a volte nei bambini con un lieve astigma-
tismo in ambiente nevropatico (cioè in ambiente familiare difficile).

Il corpo vitreo
Il termine corpo vitreo significa “vetro fuso”; esso infatti deriva dall’aspetto
di vetro fuso. È una massa di tessuto connettivo trasparente, di consistenza
gelatinosa che occupa i 2/3 post del volume dell’occhio e contribuisce al
mantenimento della forma sferica e della tonicità del globo oculare.
È formato da:
1. una sostanza colloide solida, detta umor vitreo, percorsa dal canale di
Cloquet
2. una pseudomembrana che la circonda, detta membrana ialoide.
Nei pressi dell’ora serrata, la ialoide presenta uno iato che la divide in 2 parti:
la ialoide POST è accostata alla retina coroidea senza aderirci,
la ialoide ANT aderisce fortemente alla zona ciliare, nonché alla lente cristal-
lina dove subisce una differenziazione nella struttura per diventare resistente
e formare la zonula o zona di Zinn.

Funzioni
Il corpo vitreo non è un semplice tessuto di riempimento come dimostrato dai fallimenti nelle tentate sosti-
tuzioni chirurgiche con delle soluzioni sintetiche.
Ruolo di sostegno > Benchè formato per il 99% da H2O, il corpo vitreo ha una consistenza ferma, infatti è
formato da gel macromolecolare, e svolge un ruolo di sostegno e di supporto per la retina.
Ruolo ottico > è trasparente per i raggi luminosi, ma assorbe gli ultravioletti come la lente cristallina, grazie
all’alto tasso di acido ascorbico.
Ruolo metabolico > �����������������������������������������������������������������������������������������
ha
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un ruolo metabolico a favore dei tessuti in vicinanza come la retina, alla quale ap-
porta glucosio e fosforo, e riceve CO2 e acido lattico.

Gli annessi dell’occhio


Gli annessi dell’occhio comprendono:
la capsula di Tenòn e i muscoli oculomotori ai quali associamo i nervi oculomotori
le palpebre
la congiuntiva
l’apparato lacrimale

La capsula di Tenon
Chiamata anche aponeurosi orbitaria o orbito-oculare, essa è una membrana o guscio di natura connet-
tivale applicata contro la parte sclerale dell’occhio (1 tunica dell’occhio) e corrisponde al foglietto viscerale
della dura madre.
328
Isola il globo oculare dal resto del contenuto orbitario, in particolare dalla massa cellulo-adiposa che occupa
la metà posteriore dell’orbita, dai muscoli oculomotori e dagli elementi vasculo-nervosi.
In avanti, alla altezza del limbo sclero-corneale, raggiunge la congiuntiva e si prolunga con questa
In dietro, nel punto di emergenza del nervo ottico, aderisce alla sclera ed alla guaina fibrosa del nervo.

Nella sua parte anteriore, una volta raggiunta dai tendini dei muscoli oculomotori, la capsula di Tenòn
emette dei prolungamenti muscolari (essi avvolgono i mm. oculomotori e formano la aponeurosi di rivesti-
mento) e connettivali che sono ad essi destinati.
Questa aponeurosi man mano che i mm. oculomotori si avvicinano alla zona orbitaria, si assottigliano pro-
gressivamente. Nella parte finale del fondo dell’orbita non c’è più protezione da parte dei muscoli, per poter
permettere la disfunzione delle fibre muscolari , per evitare di nuocere all’occhio da un punto di vista visivo
(il bulbo oculare può quindi deformarsi.

I Prolungamenti
I Prolungamenti muscolari
Formano le guaine o aponeurosi muscolari aderenti alle fibre muscolari.
Diminuiscono progressivamente fino a scomparire nella vicinanza dell’inserzione dell’origine dei muscoli
oculomotori.
Il prolungamento del muscolo grande obliquo è presente solo tra l’occhio e la fossetta trocleare

I Prolungamenti orbitali
Essi sono alettoni o tendini orbitari o ancora tendini d’arresto dei mm. oculomotori.
Stabilizzano l’occhio, conservandolo più centrato rispetto al perimetro orbitario.
In generale diciamo che hanno un ruolo posturale e assicurano la statica dell’occhio; questo poiché tali
prolungamenti possiedono fibre muscolari lisce che perfezionano la loro tensione, così da stabilizzare bene
l’occhio.

Essi raggiungono il contorno orbitario e le palpebre. Questi prolungamenti orbitari si dividono in:
a) verticali e sono nettamente meno ben marcati, suddivisi a sua volta in:
superiore: si fissa sul tarso della
palpebra superiore, deborda sul
setto orbitario e sul setto congiunti-
vale superiore
inferiore: si inserisce sul pavimento
dell’orbita vicino al m. piccolo obli-
quo
interno: si fissa sul bordo posteriore della doc-
cia lacrimale, inserendosi sull’osso lacrimale
esterno: si inserisce sul tubercolo di Withnall
(presente sulla faccia orbitaria dello zigomo) e
sulla sutura fronto-zigomatica
b) orizzontali
I prolungamenti orizzontali sono i più marcati.
Essi si inseriscono:
all’esterno sullo zigomatico
all’interno sull’unguis dell’osso lacrimale
I prolungamenti orizzontali sono, rispetto a quelli verticali, più ricchi di fibre muscolari lisce, in prossimità
delle loro inserzioni, intervengono come veri e propri tensori aponeurotici.
I prolungamenti verticali terminano essenzialmente nelle palpebre e sul recesso congiuntivale.
Il prolungamento del piccolo obliquo raggiunge il pavimento dell’orbita vicino all’angolo infero-esterno.

I prolungamenti orbitari danno alla capsula di Tenon un posto importante nella meccanica oculare:
mantengono il globo oculare centrato all’interno dell’orbita, liberando i muscoli oculomotori da questa
funzione in favore di un compito più dinamico.
329
limitano l’azione dei muscoli oculomotori
si oppongono all’azione retropulsiva dei muscoli “retti”, come pure alla compressione dell’occhio durante
la loro contrazione.

Costituzione della capsula di Tenon


La capsula di Tenon è composta da un foglietto viscerale, aderente alla sclera, e da un foglietto parietale .
Questi foglietti circoscrivono lo spazio di Tenon o spazio sopra sclerale, nel quale circola la linfa , che è in
continuità con lo spazio sopra-coroideo, attraverso le guaine linfatiche che circondano i vasa vorticosa, e
con gli spazi sub-aracnoidei, tramite la guaina del nervo ottico.

I muscoli oculomotori
Sono 6 e sono responsabili della mobilità del globo oculare
nell’orbita. Sono:
4 muscoli retti: il superiore, l’inferiore, l’interno e l’esterno
2 muscoli obliqui: il grande e il piccolo
Abbiamo la presenza di un 7 muscolo che è annesso a questi
muscoli, l’elevatore della palpebra superiore.
Tutti questi muscoli si inseriscono nel fondo dell’orbita o sul
tendine di Zinn presente sulla faccia orbitaria della piccola ala
dello sfenoide, ad eccezione del m. piccolo obliquo.
Il m. retto esterno è innervato dal VI paio di nn. cranici;
il m. grande obliquo è innervato dal IV paio di nn. cranici; tutti gli altri più l’elevatore della palpebra superi-
ore sono innervati dal III paio.
Da un punto di vista fisiologico, i mm. oculomotori hanno una azione quasi esclusivamente dinamica, ma
non stabilizzano direttamente l’occhio, dirigendolo in maniera rapida.

Il tendine di Zinn
Si inserisce sul tubercolo sottoottico situato al di sotto e leggermente in avanti al foro ottico, sulla faccia
inferiore-orbitaria della piccola ala. Esso si divide rapidamente in 4 fasci tra cui i principali sono:
fascio superiore:
esso si sdoppia per passare intorno al peduncolo ottico, davanti al foro ottico
si fissa sulla parte supdel contorno del foro ottico e della guaina della dura madre facente parte del nervo
ottico
fascio esterno:
esso forma l’anello di Zinn davanti alla parte larga della incisura sfenoidale.

Il tendine di Zinn possiede da


un punto di vista anatomico 4
linguette; esso si sdoppia e si
forma una apertura che lascia
libero passaggio al nervo ottico;
la linguetta esterna si apre e va a
creare un orifizio davanti alla parte
larga della fessura sfenoidale, for-
mando appunto un anello detto
anello di Zinn.

Muscoli retti
Origine: essi hanno un tendine di inserzione comune che è il tendine di Zinn
Si origina sul tubercolo sotto-ottico tramite il tendine di Zinn, presente sulla radice inf della piccola ala, al di
sotto del foro ottico anteriore.
Decorso: percorrono la parte corrispondente dell’orbita.
Tutti e 4 contornano il peduncolo ottico e la capsula di Tenon, sul quadrante rispettivo dell’emisfero
dell’occhio
330
Terminazione: sul punto “cardinale “corrispondente della sclera, tra l’equatore dell’occhio e il limbo sclero-
corneale. La tensione latero-laterale dei muscoli retti determina:
arretramento del globo oculare (sono muscoli retropulsori)
azione compressiva
(tutto ciò può causare ipermetropia)

Muscoli obliqui:
Hanno un’azione propulsiva; essi
garantiscono l’azione dei prol-
ungamenti orbitari della capsula di
Tenon.
La tensione dei mm. obliqui provo-
ca una deformazione della cornea
che dà origine all’astigmatismo (ti-
pico degli stati di torsione).

M. grande obliquo: si dirige


globalmente dietro-fuori per fis-
sarsi sulla sclera.
Origine: parte supero-interna del
contorno del foro ottico e la guaina
del n. ottico.
e sulla parte sup-interna dell’orbita.

Decorso: percorre il bordo supero-interno dell’orbita e impegna il suo tendine intermedio nella puleggia
trocleare connettivale (sulla branca ascendente del mascellare superiore), dove cambia direzione per poi
flettersi in fuori-dietro e passare tra la capsula di Tenòn e il retto superiore.
Terminazione: termina nella parte supero-esterna dell’emisfero post del globo oculare, sulla parte superiore
del n. ottico.

M. piccolo obliquo
Origine: parte supero-laterale dell’orifizio orbitario a livello del canale naso-lacrimale
Decorso: ha una direzione obliqua in fuori ed in dietro tra il pavimento dell’orbita e la capsula di Tenon
Terminazione: si inserisce sul quadrante infero-esterno dell’emisfero post del globo oculare, di fronte al m.
grande obliquo.

M. elevatore della palpebra superiore


Origine: sulla piccola ala dello sfenoide al di sopra del foro ottico e rappresenta il muscolo più alto della
cavità orbitaria.
Decorso: applicato contro il soffitto dell’orbita tramite il muscolo retto superiore e il m. grande obliquo
Emette tre espansioni prima di sdoppiarsi in 2 fasci terminali:
l’esterna raggiunge la sutura fronto-malare, suddivide parzialmente la ghiandola lacrimale in 2 parti, prima
di fissarsi sul tubercolo di Withnall. L’espansione esterna dell’elevatore serve ad aiutare la secrezione lacri-
male della ghiandola lacrimale. Questa è una suddivisione parziale in quanto la ghiandola lacrimale presen-
ta una parte lacrimale e una orbitaria. Questa espansione esterna aiuta la secrezione lacrimale e incoraggia
la ghiandola a secernere (azione meccanica/compressiva).
la mediana, in direzione del recesso superiore della congiuntiva, raggiunge il tarso e disperdendosi nel
setto palpebrale orbitario, arriva al recesso lacrimale congiuntivale,
l’interna, verso la cresta posteriore della doccia lacrimale, si fissa sul margine posteriore della doccia lacri-
male
Terminazione: il tendine di tale muscolo è sdoppiato
il fascio superficiale si perde nel leg orbicolare largo della palpebra.
Il fascio profondo si inserisce sul bordo superiore del tarso nella palpebra superiore.
331
Questo fascio profondo possiede anche fibre muscolari lisce costituenti il m. di Müller.
Tarso: è lo scheletro, ed è una membrana fibrosa che dà tonicità e che funge da scheletro, è l’impalcatura.
Azione: alza la palpebra superiore.
È agonista e sinergico con il m. retto superiore e il m. piccolo obliquo.
È antagonista dell’orbicolare delle palpebre.

Curiosità
Pz iperortosimpatico: nel Pz ipoortosimpatico le pupille sono molto piccole perché la tonicità del m.
palpebrale è bassa. La fessura palpebrale è più ristretta.
C’è spesso in questi Pz un aumento dell’attività del sistema ortosimpatico: questo darà una certa tonicità
per regolare le dimensioni della fessura palpebrale.
Pz iperortosimpatico ipsilare: può essere dovuto ad irritazione ortosimpatica a livello dorsale, e quindi il Pz
manifesta una pupilla grande e una fessura palpebrale allargata solo da un lato.
Pz iperortosimpatico bilaterale: il Pz presenterà la fessura palpebrale molto allargata.

C’è uno sfalsamento tra direzione dei mm. oculomotori e l’asse visivo. La sfera è instabile, come pure il suo
asse.
La sfera è instabile, come pure il suo asse e l’inserzione di queste è curva. L’orientamento dei mm. retti e
obliqui non è in corrispondenza con l’asse visivo che è orizzontale.
Per riassumere, il movimento oculare è formato da movimenti coniugati, che a loro volta si dividono in:
versioni: è conservato il parallelismo oculare
movimenti disgiunti: tra cui la vergenza (si divide in convergenza e divergenza): perdita del parallelismo
oculare

332
333
PRATICA
Non ci sono tecniche specifiche per trattare disturbi oculari o patologie oculari in generale.
Come approcciamo l’occhio?
Consideriamo il globo oculare sulla base della sua anatomia funzionale. Ci sono 3 grandi sistemi che andia-
mo a sollecitare: vascolare, nervoso, strutturale (muscoli, fasce, articolazione).
Strutturale
Lavoreremo la regione del cingolo scapolare da un punto di vista meccanico; posturalmente parlando
c’è l’aponeurosi cervicale profonda che avvolge il m. lungo del collo. Questo muscolo è un po’ come lo
psoas, ed arriva fino a D4. Essa può provocare, se disfunzionale, ripercussioni in alto.
A livello del torace superiore troviamo i centri midollari superiori, da cui partono i centri ortosimpatici, che
passano nei rami comunicanti per risalire a livello della catena cervicale, e ri-uscire da qui o a livello del gan-
glio stellato, o a livello della carotide esterna, oppure ancora dell’a. carotide interna tramite il GCS.
Vascolare
A livello vascolare, ci occuperemo soprattutto del drenaggio venoso in un primo momento, dopodiché trat-
teremo il sistema arterioso.
Lavoro locale
Cosa possiamo fare localmente e direttamente sull’occhio
per verificare il suo giusto posizionamento rispetto al
perimetro orbitario? Sappiamo che il globo oculare è più
vicino al bordo est che a quello int, ed è più vicino al pa-
vimento che al soffitto. Quindi basterà porsi alla testa del
Pz con 2 dita sul bordo orbitario: indice sul lato interno
e medio sul lato esterno del perimetro orbitario; dopo
essersi posizionati occorre valutare la distanza del bulbo
oculare rispetto al margine osseo.

334
evitare di appoggiare evitare di appoggiare
le dita sull’osso le dita sulla cornea
Lo stesso faremo in senso verticale, girando
le dita di 90° sopra e sotto la cavità orbitaria.
Le nostre dita dovranno essere leggermente
divaricate, evitando di poggiarle diretta-
mente sulla cornea ed anche direttamente
sull’osso, ma poggiandole tra il globo ocu-
lare e lo scheletro osseo per valutare gli
spazi.
NB. Domandare sempre al Pz se porta le lenti
a contatto.
A partire da questa posizione si può consigli-
are al Pz di misurare la pressione endoculare
tra 15 +/- la differenza della camera anteri-
ore dell’occhio (la valutazione della media è
scesa a 15 mmHg).
Test del cubetto di ghiaccio
A che cosa serve questo test?
Serve per valutare le possibilità del globo oculare di lasciarsi reprimere nella cavità orbitaria.
Sempre con le dita poste allo stesso modo, eserciteremo una pressione ant-post in modo leggero, come se
volessimo far affondare un cubetto di ghiaccio nell’acqua, per valutare le capacità di farsi affondare.

1. Se percepiremo una resistenza precoce, ferma, a cosa penseremo? Chi spinge il globo oculare in avanti?
Quando un quadrante si trova in RE, è soprattutto la faccia orbitaria dell’osso zigomatico (in eversione) che
spinge il globo oculare in avanti; ciò determina un aumento dell’ampiezza trasversale del diametro obli-
quo dell’orbita. Infatti la capsula di Tenon, se si ritrova tesa (a causa della RE e dell’azione dello zigomatico),
finisce per spingere in avanti il globo oculare. NB Non è lo sfenoide che spinge in avanti il globo oculare.
2. Se invece il cranio non è in RE a che cosa penseremo in caso di tensione immediata, ferma della perior-
335
bita? Ciò può essere dovuto ad una irritazione ortosimpatica che favorisce la contrazione del m. orbitario di
Müller. Questa resistenza, tuttavia non è dovuta alla sistematica RE del quadrante, ma può essere presente
anche nell’altra orbita: in tal caso attribuiamo questo problema all’ortosimpatico, il quale crea una tensione
della capsula di Tenon, che diventa più resistente. Infatti nei prolungamenti orbitari, ci sono delle fibre
muscolari lisce che vengono messe in tensione.
3. Se troviamo una resistenza più morbida, quindi minore e con un ritorno brusco, come quando facci-
amo affondare un cubetto di ghiaccio nell’acqua, poi lasciamo e questo ritorna su, pensiamo ad un fenom-
eno congestizio presente dietro l’occhio, con difficoltà di drenaggio.
In tal caso ci può essere ipertensione endooculare, glaucoma, cataratta.

sem 4

La volta scorsa avevamo parlato della capsula di Tenon e dei suoi prolungamenti orbitari che oltre a rivestire
i mm. oculomotori s’inseriscono poi sul perimetro orbitario, sulla sclera. L’aponeurosi di Tenon ha due
ruoli essenziali:
1. stabilizza il globo oculare rispetto al perimetro orbitario. Ricorda che stabilizzare non vuol dire centrare
perché l’occhio in fisiologia è decentrato in basso-fuori nel perimetro orbitario
2. trasmette al globo oculare il meccanismo cranio-sacrale, perché durante il tempo di F spinge il globo
oculare in avanti. Infatti durante il tempo di F aumenta il diametro trasversale dell’orbita > aumenta la
tensione sui prolungamenti orbitari (che appartengono alla capsula di Tenon) > il globo oculare è spinto
in avanti. Oggi vediamo i nn. oculomotori o il sistema oculomotore in generale, sistema che vede associati
nervi e muscoli.

Nervi oculomotori
Essi sono tre per ogni lato e sono il III
oculomotore comune, il IV patetico
o trocleare e il VI abducente. Hanno
una disposizione particolare, per lo
meno per quel che riguarda il IV e il
VI; non vi saprei dire il
motivo, ma sicuramente
c’è una ragione. Come
sapete il IV n. cranico
ha un’origine post,
è l’unico che emerge dalla parte post
del tronco cerebrale, in più ha anche
un’origine crociata, cioè emerge dal lato
sin per arrivare al lato dx.
Il VI si differenzia dagli altri due perché ha un’origine lontana nel tronco cerebrale, trova cioè la sua origine
a livello del bulbo, mentre il III e il IV originano dal mesencefalo.
Perché accade ciò? Perché il VI è più vicino alla zona midollare rispetto agli altri due nervi? Quale potrebbe
essere la ragione, se si volesse dare una spiegazione anche se grossolana a ciò…
Il VI vi fa pensare a che cosa? Ad un dispositivo motorio particolare… il dispositivo oculo-cefalo-giro che
ha lo scopo di solidarizzare in maniera riflessa i movimenti della testa con quelli degli occhi. Che cos’è che
fa ruotare la testa? I muscoli che dirigono questo movimento sono gli SCOM e la loro particolarità è avere
un’innervazione di origine midollare, mielomeri cervicali, quindi è del tutto logico che il VI, il quale dirige il
retto esterno, associ i movimenti oculari ai movimenti della testa. Potrebbe essere una ragione per la quale il
VI si avvicina alla regione d’origine del nervo spinale che comanda lo SCOM, mentre gli altri nervi oculomo-
tori originano molto più in alto.

N. oculomotore comune (III n. cranico)


È il n. oculomotore più cospicuo, più consistente, perché è quello che ha la responsabilità oculomotoria
maggiore, quindi è quello che innerva la maggior parte dei muscoli. Presenta la particolarità di trasportare le
fibre visceromotorie del globo oculare.
336
La sua origine è a livello del mesencefalo e origina da un gran numero di nuclei che non vediamo in det-
taglio; questi diversi nuclei comandano ciascuno un muscolo oculomotore. A questi nuclei somatomotori
si associa un nucleo visceromotore che comanda i muscoli lisci del globo oculare (nucleo di Edinger West-
phal); inoltre aggiungiamo un altro nucleo, impari e mediano, detto di Perlia, impropriamente denominato
come nucleo della convergenza perché impari. In realtà non ha nulla a che vedere con la convergenza per-
ché comanda anche dei mm. oculomotori che sono il retto sup e il piccolo obliquo che non sono muscoli
della convergenza.
Il 3° emerge dalla faccia ant del mesencefalo, si dirige in avanti per passare nel piano medio della base del
cranio e come vedete incrocia l’estremità interna della grande circonferenza del tentorio del cervelletto,
prendendo intimità con l’apofisi clinoidea post. Questi ultimi due (apofisi clinoidea e grande circonferenza
del tentorio) possono essere elementi “aggressivi”, nel caso di un’asimmetria importante della scatola cran-
ica, perché questo nervo è appoggiato sopra di essi. Dopodiché il 3° va ad affondare nella parete esterna/
lat del seno cavernoso e qui si dividerà nei suoi due rami terminali; ecco nell’immagine sotto una sezione
del Seno Cavernoso (SC), la cui parete esterna confina con la parte terminale del seno di Brechet o Seno
Sfeno-Parietale (SSP), quindi il seno cavernoso non è tutta questa zona ma soltanto la parte interna.

3° n. cranico >
ramo sup

ramo inf

Quindi il 3° perfora il tetto del seno cavernoso e scende lungo la sua parete esterna. Dopodiché approccia
la regione orbitaria. Perfora il foglietto viscerale della dura madre che ottura la fessura sfenoidale sup (altro
ostacolo da superare) e i due rami terminali del III passano attraverso l’anello di Zinn per arrivare finalmente
nella cavità orbitaria e le divisioni terminali del III vanno ad approcciare i muscoli rispettivi, cioè:
il ramo sup innerverà il m. retto sup e l’elevatore della palpebra,
il ramo inf innerverà il m. piccolo obliquo, il retto interno e il retto inf.
La distribuzione del III riguarda fibre vegetative poiché il n. del piccolo obliquo dà la radice motoria per il
ganglio oftalmico o ciliare. Quindi il ramo inferiore sarà la radice motoria del ganglio ciliare.
È un nervo relativamente corto ma importante per mettere a fuoco.
Gli elementi di irritazione possibili per questo nervo sono:
1. il tentorio del cervelletto con la sua estremità interna della grande circonferenza;
2. apofisi clinoidea post
2. il foglietto viscerale della dura madre che forma il seno cavernoso, tanto a livello del tetto che della
parete anteriore. Infatti la fessura sfenoidale in vivo, ed è questo che ci interessa (il vivente), è una struttura
unicamente scheletrica; questa presenta interesse perché ha un elemento che la ottura e dunque nell’essere
vivente questa fessura non va vista come un orifizio perché è chiusa, tappata.

337
N. trocleare (IV n. cranico)
È il nervo cranico più piccolo; ha
un’origine post e crociata a partire dal
mesencefalo. Dopo la sua emergenza
contorna il peduncolo cerebrale per
ramo sup apparire dal lato opposto e dirigersi in
avanti. Anch’esso presenta un rapporto
intimo con la grande circonferenza del
ramo inf tentorio, ci si appoggia sopra.
Perfora il tetto del seno cavernoso a liv-
ello dell’angolo post-est e scende lungo
la parete esterna/lat del seno cavernoso.

Arrivando nell’orbita perfora la dura madre che ottura la fessura sfenoidale, ma nella sua parte sup-esterna,
nella parte più stretta e arriva nell’orbita senza passare attraverso l’anello di Zinn perché il IV deve inner-
vare il m. grande obliquo, che occupa la parte alta della cavità orbitaria e quindi appare nella parte più alta
dell’orbita e non in quella più bassa.

N. abducente (VI n. cranico)


Non ha la stessa origine degli altri due, ma origina dal bulbo rachideo, quindi ha un’origine bassa e poste-
riore. Possiede oltre al suo nucleo proprio, un altro nucleo, il nucleo para-abducens, il quale funge da relè
per associare questo nervo con il nucleo del III. È il nucleo associativo.
Perché fa questo relè? Perché noi abbiamo una visione binoculare, quindi per conservare il parallelismo
oculare. Quando gli occhi si portano verso un lato non sono gli stessi muscoli e gli stessi nervi implicati.
Infatti per un occhio sarà implicato il retto esterno, mentre per l’altro sarà il retto interno, quindi occorre uno
scambio di informazioni, un nucleo di coordinazione, altrimenti ognuno va per conto suo. Quindi il nucleo
para-abducens è vicino al nucleo del III.

Dopo che questo nervo emerge dal solco bulbo-pontino, quindi nel piano post della base del cranio, deve
viaggiare a lungo per raggiungere la regione orbitaria, quindi poiché ha un’emergenza molto bassa, in-
contra un bel po’ di ostacoli prima di arrivare a destinazione. Innanzitutto deve perforare la dura madre, in
particolare il suo foglietto viscerale, si ritrova così tra il foglietto viscerale e quello parietale.
Questa è una grande particolarità che riguarda il VI (cioè l’attraversamento della dura madre), perché gli altri
nervi invece, si trovano tutti negli spazi subaracnoidei, tranne lui (per una parte del suo decorso). Quindi
questo decorso attraverso la dura madre è molto costrittivo e potrebbe giustificare la grande frequenza
degli strabismi, che siano convergenti o divergenti.
Strabismo divergente > se il n. abducente è irritato
Strabismo convergente > se il n. abducente è inibito
In seguito il 6° corre parallelo alla sut petro-basilare, poi va avanti e incontra un altro ostacolo perché è
applicato all’apice petroso dal leg di Grüber. Lascia un’impronta, forma una piccola scavatura all’altezza
dell’apice petroso, dopodiché raggiunge la parete post del seno cavernoso.
La parete post del seno cavernoso è composta da dura madre, che chiude lo spazio che è compreso
dall’apice petroso (all’esterno) e dalla parte post della faccia laterale del corpo dello sfenoide (all’interno).
Al di sotto dell’apofisi clinoidea post c’è uno spazio che è occupato dalla parete post del seno cavernoso e
questo nervo deve oltrepassare questo ostacolo.
Qui il VI si ritrova nel seno cavernoso stesso e ha incontrato sufficienti ostacoli per meritare ora un po’ di
serenità. Ecco allora che il VI viene a porsi come un satellite sulla carotide interna, all’interno del seno stesso
e così arriva poi nella regione orbitaria dove nuovamente deve perforare la dura madre e passare nell’anello
di Zinn per distribuirsi al m. retto esterno.

Questi nn. oculomotori, malgrado tutta la loro importanza funzionale e relazionale (la vista è qualcosa di
importante per la nostra economia e la nostra relazione con l’esterno), forse più di altri incontrano zone di
grande costrizione, entrano direttamente in rapporto con la dura madre stessa in diverse regioni, mentre in
generale gli altri nn. cranici sono un po’ più tranquilli all’interno della scatola cranica, perché si trovano negli
338
spazi subaracnoidei, dove sono ben protetti. L’unica costrizione che devono subire è l’attraversamento dei
fori, mentre per questi nervi abbiamo visto ci sono diverse zone di possibile irritazione.

Ganglio ciliare
Rivediamo altri elementi nervosi che interessano l’occhio, ovvero il ganglio oftalmico (= ganglio ciliare) e
le sue connessioni anatomiche.

Innanzitutto dove si trova questo ganglio ciliare? Si trova naturalmente nella cavità orbitaria ed in partico-
lare contro la faccia profonda del m. retto esterno. Questo ganglio è un relè e un centro vegetativo impor-
tante, poiché interessa l’oculomotricità intrinseca e naturalmente anche il trofismo del globo oculare. È un
centro viscerale e verso di lui convergono elementi orto e para.

Riceve 3 afferenze provenienti dal globo oculare:


1. dal 3°_n. oculomotore comune tramite il n. del piccolo obliquo (questa anastomosi è anche detta radice
motoria del ganglio ciliare
2. dal n. nasale (V1), è detta radice sensitiva
3. dall’apparato ortoS , che proviene dal plesso pericarotideo, perché nel ganglio ciliare ci sono fibre
vascolari che provengono dal ganglio cervicale sup (GCS). Questa via afferente naturalmente non fa relè nel
ganglio oftalmico, lo attraversa semplicemente perché il relè è nel GCS: qui il secondo neurone andrà a rag-
giungere il centro cilio-spinale a livello dell’8° mielomero cervicale o del 1° mielomero toracico.

Adesso passiamo alle vie efferenti destinate al globo oculare:


i nn. ciliari corti, che perforano la sclera intorno all’orifizio di emergenza del n. ottico

I riflessi oculari
Rimanendo in ambito nervoso parliamo dei due grandi riflessi oculari che ci permettono di vedere corretta-
mente a fuoco. Ci sono questi due grandi riflessi vegetativi che interessano l’occhio e che sono:
il riflesso fotomotore_RFM (è un riflesso innato)
il riflesso dell’accomodazione

339
Le vie del riflesso fotomotore (RFM)
Vi ricordo che il RFM è un riflesso innato. Tutto
ciò che va ad alterare un riflesso geneticamente
programmato è a priori qualcosa di grave poiché
sarà di origine centrale, per questo è importante
ricordare che è innato e che non si acquisisce,
come invece è il riflesso dell’accomodazione
(quindi sarà meno drammatica l’alterazione
dell’accomodazione).
Il punto di partenza di questo riflesso è la retina
con la via retino-tettale, cioè il primo neurone
unirà la retina al tubercolo quadrigemino an-
teriore (TQA). I tubercoli quadrigemini sono dei
centri riflessi.
Il secondo neurone partirà da questo TQA e, a
seconda della risposta da dare, cioè a seconda
della luminosità, avremo due risposte diverse
dei muscoli dell’iride:
il diaframma si aprirà
o si chiuderà.
Sono due azioni diverse che coinvolgono le due
parti del sistema vegetativo. Una via utilizzerà il
dispositivo orto, l’altra il dispositivo para.

Via parasimpatica_in caso di troppa luce


Questa è la via afferente a due neuroni. L’afferenza “troppa luce” contatta il dispositivo paraS (perché c’è una
connessione tra il TQA e il nucleo pupillare di Edinger-Westphal, annesso al 3° n. cranico).
Dal nucleo pupillare il 1° neurone para (protoneurone) entra nel nervo del piccolo obliquo e termina nel
ganglio ciliare (deutoneurone). Il deutoneurone entra nella costituzione dei nn. ciliari corti e e arriva alle
fibre circolari dell’iride
(dilatatrici iridee) che chiu-
dono il diaframma irideo,
restringendo la pupilla >
miosi.

Via ortosimpatica_in caso di poca luce


Se invece la luminosità è bassa, viene contattato il dispositivo ortoS. Dai TQA abbiamo un 1° neurone che
va a raggiungere il centro di Karpus Kredi nell’ipotalamo (diencefalo); da questo centro le fibre ortoS
scendono nel tronco cerebrale (formando il fascio lateroventrale di Boch) e arrivano al centro di Budge
(C8 D1) nel midollo toraco-cervicale, poi la via pregangliare passa attraverso il ganglio stellato ed il primo
neurone efferente fa relè/sinapsi nel ganglio cervicale sup. Da qui parte il secondo neurone, segue la
carotide (plesso pericarotideo), arriva al gan-
glio di Gasser, dove si trova l’anastomosi ca-
rotico-gasseriana, passa per il n. nasale (trigem-
ino_V1), arriva ai nn. ciliari lunghi e innerva le
fibre radiali dell’iride (=costrittrici dell’iride), che
aprono la pupilla provocando così la midriasi.

340
Il riflesso dell’accomodazione
Altro riflesso importante è l’accomodazione (=per-
mette di mettere a fuoco a seconda della distanza).
È un riflesso acquisito, cioè si impara a vedere
bene ed è fondamentale per i bambini, perché a
partire dal momento in cui imparano questo, ap-
prezzano il mondo esterno.

I genitori sono loro responsabili della maniera in cui il


bambino impara questo e le altre cose. Nel caso speci-
fico bisogna che sia rispettata l’alternanza giorno/
notte e che il bimbo non sia esposto alla luce troppo
viva; sono tutte cose alle quali non si presta suffi-
cientemente attenzione. C’è una maniera usuale di
essere aggressivi verso i bambini. Il neonato guarda
in maniera generale e costante verso l’alto (dato che è
coricato). Il bambino guarda gli adulti che gli fanno le
smorfie, è rivolto verso la luce. Non si fa attenzione a
questo, ma sono maniere di fare abituali che espon-
gono il bambino ad un’aggressione costante, cioè
la luce intensa che viene dall’alto, tutti i giochini che
girano sopra i suoi occhi e che lo costringono ad una
convergenza oculare continua, e poi ecco che gli si
devono mettere gli occhiali molto presto. Bisognere-
bbe fare attenzione.

La via afferente dell’accomodazione è una via


detta retino-genicolo-corticale perché per
imparare a mettere bene a fuoco bisogna coinvolgere la corteccia.
Questa via afferente collega la retina con i Corpi Genicolati Esterni (CGE) grazie all’intermediazione del n.
ottico. Da qui abbiamo ora una via afferente centrale con le radiazioni ottiche, che partono dai CGE e ar-
rivano alla corteccia occipitale.
La via efferente inizialmente è centrale, parte dalla corteccia occipitale per raggiungere il nucleo pupillare
di Edinger-Westphal e poi abbiamo la via parasimpatica classica, che passa nel 3° n. cranico, raggiunge il
ganglio ciliare, entra nei nn. ciliari corti e, a seconda che l’immagine sia lontana o vicina, termina nel m.
di Rouget Müller o nel m. di Brücke. Il decorso è lo stesso del riflesso fotomotore relativamente all’aspetto
parasimpatico. Per l’accomodazione è implicato soltanto il parasimpatico.

Patologie dei nn. oculomotori_Oftalmoplegia


Due parole sull’oftalmoplegia, cioè quando sono colpiti i muscoli oculomotori.
L’oftalmoplegia:
può essere parziale o totale,
può interessare i mm. intrinseci o estrinseci o tutti e due, dipende dall’importanza della lesione degli
elementi nervosi.
L’O. provoca sempre un disequilibrio a livello del globo oculare che sia nel posizionamento o nella maniera
di vedere l’esterno.
Si manifesta con due aspetti:
un aspetto oggettivo: lo strabismo
un aspetto soggettivo: la diplopia

Lesione del III_Segni oggettivi


1. Nella lesione del III ad es avremo una ptosi che sarà permanente ed è quindi da distinguersi da un altro
tipo di ptosi non permanente e modificabile, che troviamo in un’altra patologia che è la sindrome di Claude
Bernard-Horner, la lesione della via ortosimpatica che coinvolge il ganglio stellato o che può anche interes-
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sare il ganglio cervicale sup. Vi ricordo soltanto che in questa via ortosimpatica efferente il ganglio stellato
è solo una via di transito, le fibre ci passano attraverso ma non fanno relè/sinapsi. Il centro ortosimpatico
periferico è invece a livello del ganglio cervicale sup; può essere o uno o l’altro in dipendenza dell’eziologia.

Da cosa è caratterizzata questa sindrome di Claude Bernard-Horner?


La miosi in sé stessa presenta una ptosi uguale a quella del III però se chiediamo alla persona di alzare
la palpebra lo potrà fare, cioè volontariamente riuscirà ad aprirlo, quindi è una patologia che colpisce
l’ortosimpatico e non il III n. cranico, che è il nervo che innerva l’elevatore della palpebra. Questo muscolo
termina con il suo tendine profondo nel tarso della palpebra, dove è doppiato da delle fibre lisce apparte-
nenti al m. di Müller, fibre che sono comandate dall’ortoS. Questo m. di Müller nella sindrome di Claude
Bernard-Horner risulta paralizzato e così la palpebra non è mantenuta ma un poco alla volta scende. Quindi
nella sindrome di Claude Bernard-Horner il 3° nervo sarà integro e perciò il soggetto sarà in grado con la
volontà di attivare il m. elevatore. Solo che come sempre questi muscoli si affaticano e quindi ecco che la
palpebra cadrà. La palpebra si richiuderà quando il soggetto finirà di fare lo sforzo. Nella posizione di riposo
la palpebra è in ptosi, ma se si chiede di aprirla, lo potrà fare e quindi questa è la differenza, la ptosi è tem-
poranea. Quindi la prima cosa che dobbiamo fare quando vediamo un soggetto con una palpebra un po’
abbassata è chiedergli di guardare verso l’alto, così vi rendete subito conto di cosa si tratta.
2. Un ulteriore sintomo è lo strabismo divergente, che è il più frequente, anche se ci può essere un altro
tipo di strabismo, per es lo strabismo verticale, perché il III n. cranico innerva il retto sup, il retto inf....... quindi
a seconda dell’importanza della compromissione della lesione potranno essere interessati altri muscoli,
quindi non c’è soltanto lo strabismo laterale.
3. C’è abolizione del riflesso fotomotore > l’occhio colpito sarà in midriasi perché predomina l’ortoS.
4. Persiste il riflesso consensuale, semplicemente perché le fibre sono crociate, quindi quando si sollecita
il riflesso fotomotore dell’occhio sano, tutti e due risponderanno alla stessa maniera. Il riflesso consensuale è
un riflesso bilaterale e simmetrico, quando si stimola uno solo dei due occhi la risposta sarà simmetrica.
L’occhio colpito non potrà mettersi in midriasi, ma quando si solleciterà l’altro occhio, si avrà una risposta
dell’occhio colpito.
5. Abbiamo infine l’abolizione dell’accomodazione, naturalmente perché, come abbiamo appena
visto, le vie dell’accomodazione passano nel III n. cranico, dunque quando c’è una perdita del riflesso fo-
tomotore con perdita dell’accomodazione, a priori si può stare tranquilli. È un modo di dire, per dire che
questo problema presenta meno gravità di quando si ha perdita del riflesso fotomotore e conservazione
dell’accomodazione, questo è più grave, in questo caso la patologia ha sempre un’origine centrale e non
periferica, con lesione del mesencefalo. Questo si chiama segno di Argil Robertson, cioè la perdita del
riflesso fotomotore e conservazione dell’accomodazione.

Sintomi soggettivi (sintomi)


Per gli elementi soggettivi abbiamo una diplopia orizzontale crociata che aumenta quando il soggetto
vuole guardare verso il lato sano e diminuisce quando guarda verso il lato leso. Come si manifesta? C’è
parallelismo oculare, poiché abbiamo la visione binoculare. Se c’è una lesione del III a dx avrò uno strabismo
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divergente. Quando il soggetto vorrà guardare verso il lato leso (a dx) ecco che il parallelismo verrà recu-
perato, perché a sin viene stimolato il retto interno, a dx il retto esterno è già coinvolto e quindi si recupererà
il parallelismo.
Quando il soggetto vorrà guardare verso il lato sano, quindi a sin, si avrà un aggravamento dello strabismo
e si avrà un aumento della diplopia perché l’occhio dx non riesce ad andare verso sin, ci sarà un’immagine
falsa verso l’interno, il Pz vedrà due immagini. L’immagine più esterna è quella vera, quella interna è falsa,
perché l’occhio dx nel caso in esame non potrà recuperare e raggiungere l’occhio sin, quindi la persona ve-
drà doppio e l’immagine sana corrisponde a quella creata dall’occhio sin. La vera è quella che vede l’occhio
sin, la falsa quella che vede l’occhio dx.
Lo stesso principio lo possiamo applicare nel caso di una diplopia verticale.

Lesione del IV
Ora vediamo la lesione del IV, ed è questa la lesione del m. grande obliquo. Si ha una deviazione dell’occhio
verso il lato leso in alto, dentro e RE (guarda verso l’esterno) quindi il soggetto per compensare avrà un at-
teggiamento caratteristico, cioè compenserà portando la testa in avanti, inclinandola e ruotandola verso il
lato sano per recuperare il suo parallelismo.
F + side + R verso il lato sano
Si potrebbe confondere questo con una cervicalgia, un torcicollo. In effetti questo Pz verrà a studio per farsi
trattare proprio il torcicollo, e poi avrà mal di schiena e noi ci impegneremo a trattare il torcicollo ma non è
quella la causa. Di solito quando la persona ha un problema a questo livello, solitamente lo conosce, quando
si ha un problema agli occhi si ha già una diagnosi.
Anche in questo caso avremo una diplopia verticale quando l’occhio si porterà in basso e verso il lato sano e
l’altro non potrà seguire.

> lato sano e ruotata> lato malato


Domanda: è più importante avere l’equilibrio degli organi vestibolari o il parallelismo degli occhi? Il corpo
che sceglie?
Risposta: cos’è prioritario? In maniera generale e molto globale rispetto all’attività muscolare che è quella
che ci tiene in piedi, è la funzione vestibolare. È il punto di partenza. Il riflesso oculomotore può funzionare
solo se il sistema vestibolare è integro. Il nistagmo traduce un’alterazione vestibolare. Non è possibile avere
una funzione motoria a livello degli occhi se non ti funziona il vestibolo. Certo che questo può intervenire
sulla postura, però la funzione di base, quella prioritaria è quella vestibolare, perché provoca in maniera
riflessa la motricità, è quella che mantiene l’attività miotattica del muscolo. Quindi se non hai una buona
attività miotattica del muscolo non potrai avere una buona contrazione muscolare, che sia fasica o statica
e non potrai avere un buon adattamento tonico, una buona coordinazione…ecc… a livello oculomotore, i
muscoli si basano sugli stessi principi. L’unica differenza è che a livello degli altri muscoli scheletrici le unità
muscolari di uno stesso muscolo sono a dipendenza di un maggior numero di fibre nervose, questa è l’unica
differenza tra il sistema oculomotorio e gli altri muscoli. Quando si ha una lesione vestibolare a livello degli
altri muscoli corporei questo è meno evidente, mentre sugli altri muscoli oculomotori si vede subito perché
c’è un piccolissimo numero di unità motorie dipendenti da uno stesso nervo. Sono solo poche fibre musco-
lari a livello oculomotorio ad essere innervate da uno stesso assone, mentre per un quadricipite un assone
può innervare fino a 2000-3000 fibre muscolari. A livello oculomotorio solo poche fibre possono essere
innervate da uno stesso assone, gli altri muscoli sono presi in carico da altre unità motorie per cui il prob-
lema è meno evidente. Ecco il perché il nistagmo a livello oculomotorio lo vediamo subito, e una funzione
vestibolare, il che non vuol dire che l’oculomotricità non possa intervenire e andare ad alterare la postura,
343
poiché il soggetto avrà una statica di compenso che interverrà sull’atteggiamento generale, e che succed-
erà? L’informazione visiva cosa farà? Arriverà al centro riflesso, cioè ai tubercoli quadrigemini, e come sapete
questi sono in relazione intima con i nuclei vestibolari, quindi questo apporto sensoriale servirà unicamente
a dire ai nuclei vestibolari “guardate che qui c’è qualcosa di alterato, di perturbato! Bisogna fare qualcosa
perché devo ritrovare un parallelismo oculare e un piano di riferimento per entrambi gli occhi in una po-
sizione di riposo”. Quindi i nuclei vestibolari che faranno? Amano aiutare e quindi dicono “faccio subito la
riparazione!” e riposizionano gli occhi, restituiscono un piano di riferimento. Ma questo avverrà a spese di
chi? Dell’ambiente circostante il globo oculare, ciò significa che sarà la testa ad adattarsi con una sua posiz-
ione, modificando intanto la regione cervico-craniale, e poi tutto il resto a scendere facendo in modo che i
due occhi rimangano sempre paralleli.
Poi bisogna essere molto attenti, molto cauti nel correggere tutto questo perché c’è il rischio di disequili-
brare tutto il sistema di compenso, ed è poi difficile ritrovarlo ed è qui che sta la difficoltà del trattamento.
In questo caso bisogna fare molta attenzione, perché con la nostra formazione non abbiamo tutti i dati e
quindi abbiamo bisogno in questi casi della partecipazione di altri specialisti.

Lesione del VI
Dopo il IV c’è il VI, dove avremo uno strabismo convergente e naturalmente si avrà una rotazione della
testa di compenso verso il lato leso per recuperare il parallelismo oculare > se l’occhio colpito è il sin il Pz
deve girare la testa a sin per recuperare il parallelismo. Anche questo provoca delle cervicalgie. C’è poi diplo-
pia, orizzontale ma diretta, l’inverso di prima, diplopia quando l’occhio si porta verso la parte colpita, affetta.
Prima abbiamo citato il nucleo para-abducens con il VI, quindi quando il VI è colpito può esserci anche una
ripercussione sul retto interno opposto, perché c’è questo nucleo para-abducens che interviene nella coor-
dinazione tra questi due nervi e tra questi muscoli sinergici, retto esterno da un lato e interno dall’altro. La
convergenza sarà rispettata. Questo per le patologie oculomotorie molto semplici.

sem 5
Le palpebre
Le palpebre sono elementi molto
importanti per gli occhi, come sapete
hanno una grande responsabilità
verso la cornea, oltre ad essere dei
semplici veli di protezione.
Le palpebre sono separate da una fes-
sura detta fessura palpebrale che è di
dimensioni variabili secondo la luce e
lo stato neurovegetativo.
Queste due palpebre sono unite nella loro parti laterali dalle commessure, l’interna e l’esterna e il bordo
libero della palpebra presenta due parti: la parte ciliare o palpebrale che è la parte più grande e la parte
interna che è la porzione lacrimale del bordo libero della palpebra.
La porzione maggiore serve all’impianto delle ciglia, che hanno un ruolo di protezione. La parte lacrimale di
questo bordo libero corrisponde all’inizio delle vie di eliminazione della secrezione lacrimale.
Sulla porzione ciliare ci sono numerosi orifizi perché su questo bordo ciliare abbiamo numerose ghiandole:
344
sebacee, sudoripare che servono a preservare, proteggere la cornea che è in costante rapporto con
l’ambiente esterno e quindi ecco
che c’è un mezzo di difesa; è
sempre così nel caso di tutti gli
orifizi o recettori sensoriali, questi
hanno sempre una struttura di
protezione. In questo caso la fes-
sura palpebrale è un orifizio, in più
contiene un recettore sensoriale
importante. Abbiamo:
le ghiandole di Zeiss
le ghiandole di Moll
le ghiandole di Meibonius
che servono a proteggere.

Quando queste ghiandole sono irritate o infette provocano delle piccole patologie palpebrali che conoscete
bene, tipo l’orzaiolo, affezione delle ghiandole di Zeiss; può essere più o meno importante. Quando
l’orzaiolo è esterno o anteriore non è molto fastidioso, se non è molto grosso, invece è più fastidioso quando
riguarda le ghiandole interne, cioè le ghiandole di Moll, perché in questo caso l’orzaiolo sarà in diretto cont-
atto con la congiuntiva e con la cornea ed ogni volta che si chiude la palpebra si crea un’irritazione. L’orzaiolo
è semplicemente l’infezione di queste ghiandole, per questo ne parlo.
C’è poi la blefarite che è l’infiammazione della porzione ciliare del bordo palpebrale; a forza di sfregarsi gli
occhi spesso, si finisce con irritare la zona di impianto delle ciglia, creando la blefarite.
Infine un’ultima piccola patologia è la formazione di un calazio. È un indurimento che va a chiudere il
canale di escrezione di queste ghiandole e quindi la secrezione non riuscendo a uscire si accumula ostru-
endo questi canali.
Le palpebre sono costituite da uno strato cutaneo, poi uno strato musco-
lare rappresentato dal m. orbicolare, che ha una porzione orbitaria e una palpebrale.
La prima sta sopra, la seconda sta sotto
e scende fino al bordo libero palpebrale.
Sotto lo strato muscolare troviamo lo
strato fibroso o legamentoso, dato dal
leg largo, ma per non confondere e non
creare nessuna ambiguità è preferibile
chiamare questo legamento setto orbi-
tario. Nella donna dire legamento largo
non ha importanza, ma nell’uomo può
far pensare a qualcosa di strano…. E così scopriamo che entrambi i sessi hanno un legamento largo!!!
Questo setto serve a mantenere centrate e stabili le palpebre, perché esse hanno uno “scheletro” che è cos-
tituito dai due tarsi: superiore e inferiore. È uno scheletro fibrocartilagineo che è modellato sulla convessità
del globo oculare. All’interno di questi tarsi abbiamo queste ghiandole dette di Meibonius che si aprono sul
bordo libero delle palpebre e all’interno sono contenute tantissime ghiandole.
A doppiare questo setto orbitario troviamo il muscolo orbicolare che viene a fissarsi sui tarsi e che si fissa
lateralmente sui legamenti palpebrali interno ed esterno e come sapete, perché ne abbiamo già parlato,
sul tarso superiore viene a inserirsi il tendine profondo dell’elevatore della palpebra superiore e in questa
espansione media dell’elevatore sono contenute delle fibre lisce che costituiscono il muscolo palpebrale di
Muller. Queste fibre sono comandate dall’ortosimpatico cervicale e sono quelle che diventano ipotoniche
nella sindrome di Claude Bernardt Horner e che quindi provocano la ptosi.

sem 5

Terminiamo la regione orbito-oculare con le palpebre e l’apparato lacrimale e poi faremo la pratica con il
modellamento dell’orbita.
345
Le palpebre
Le palpebre sono dei veli protettivi uniti da due commessure, una interna e una esterna. Quella interna è
sollevata dal tendine dell’orbicolare che si confonde con il leg palpebrale interno. Le due palpebre circo-
scrivono un bordo libero che è suddiviso in due parti di cui la più grande è la pozione ciliare e la più piccola
è la porzione lacrimale.
Il bordo libero della fessura palpebrale è suddiviso dai tubercoli lacrimali.
Il bordo ciliare possiede numerosissime ghiandole distribuite sul versante anteriore e sul versante posteriore
del bordo ciliare stesso. Sul versante ant abbiamo delle ghiandole sebacee di Zeis e ghiandole sudoripare
di Moll, poi su questo versante si impiantano le ciglia. Sul versante post troviamo altre ghiandole un po’ più
voluminose che sono le ghiandole di Meibonius che secernono uno strato lipidico che rappresenta lo strato
più esterno del film lacrimale.
Tra le patologie si ricorda l’orzaiolo che può essere interno o esterno e corrisponde ad una infezione acuta
o delle ghiandole ant (Zeis o Moll) o delle ghiandole post (Meibonius). Queste ghiandole sebacee sono così
numerose perché fungono da protezione chimica per i recettori sensoriali. In questo caso il recettore senso-
riale è il globo oculare e queste ghiandole lo proteggono chimicamente dall’ambiente esterno. Lo stesso av-
viene a livello della cavità buccale dove i recettori gustativi e la mucosa sono protetti dalle tonsille palatine.
Anche a livello dell’orecchio avviene la stessa cosa con l’epidermide che riveste la membrana del timpano
e che secerne cerume. Lo stesso discorso vale per la mucosa delle fosse nasali per i recettori olfattivi, come
per la pelle dove i recettori sono protetti dalle ghiandole sebacee e sudoripare. Il principio è uguale per tutti.
Poiché il globo oculare è posto a contatto con un ambiente aggressivo e microbico a volte si generano infez-
ioni piuttosto fastidiose come l’orzaiolo. L’orzaiolo interno è più fastidioso, più aggressivo, perché ogni volta
che si battono le palpebre, l’orzaiolo sfrega, sbatte, sulla cornea. Una complicanza dell’orzaiolo è il calazio. Il
calazio è una granulazione che si sviluppa all’interno del canale di escrezione delle ghiandole di Meibonius
e questo provoca una tumefazione locale locale che irrita la cornea. La blefarite, invece, è una irritazione del
bordo ciliare che può arrivare alla tumefazione e nei casi più gravi fino alla ulcerazione della pelle del bordo
ciliare.

Struttura delle palpebre


Le palpebre risultano di diversi strati sovrapposti che dalla faccia ant alla post sono: la pelle, il connettivo
sottocutaneo col muscolo orbicolare dell’occhio, lo strato fibroso, uno strato muscolare a cellule lisce rappre-
sentato dai muscoli tarsali superiore ed inferiore e la congiuntiva.
Abbiamo un rivestimento cutaneo ricco di cellule contenenti un pigmento un po’ scuro, bruno, come accade
dove ci sono degli orifizi. Da notare una particolarità per queste cellule pigmentarie e questa è una speci-
ficità femminile perché nel soggetto femminile si possono avere colorazioni varie e queste colorazioni sono
soggette alle condizioni biologiche e/o alle condizioni psico-emozionali. Questi pigmenti possono differen-
ziarsi in maniera molto rapida e possono essere di vari colori, ma al momento non ci sono spiegazioni per
questa variabilità.
Domanda: Relativamente alle complicanze del calazio e del’orzaiolo lei diceva che ci può essere interessa-
mento della cornea, ma la cornea è ricoperta dalla congiuntiva quindi queste situazioni sono precedute da
congiuntiviti?
Risposta: Si, la congiuntiva fa parte della cornea. La congiuntivite è soprattutto una modificazione trofica,
come patologia, non è dovuta ad una infezione piogena.
Dopo questa tunica tegumentale, cutanea, troviamo una tunica muscolare striata, rappresentata dal m.
orbicolare delle palpebre, il quale viene a raggiungere il bordo orbitario, tramite dei prolungamenti musco-
lari emessi dal m. elevatore della palpebra superiore e dal m. retto inferiore. Lateralmente il m. orbicolare
della palpebra è fissato dai legamenti palpebrali esterno ed interno; questo muscolo è innervato dal VII n.
cranico.
Altra tunica che costituisce le palpebre è una tunica fibrosa che rappresenta lo scheletro della palpebra
stessa ed è rappresentata dai tarsi sup e inf e da una tunica periferica che circonda i tarsi e va a raggiungere
il perimetro orbitario. All’interno di questi tarsi si trovano le ghiandole di Meibonius che hanno degli orifizi
sul bordo ciliare.

346
I tarsi vanno a raggiungere i tendini di inserzione dell’orbicolare e il leg palpebrale viene così ad inserirsi sul
tubercolo di Withnall che troviamo sulla faccia interna dell’apofisi orbitaria dello zigomatico. Il leg palpe-
brale interno invece va ad inserirsi sul versante ant o meglio il bordo ant della doccia lacrimale e da qui sul
bordo post della branca ascendente del mascellare e questo è il suo tendine diretto.
Il leg palpebrale interno ha un secondo tendine detto riflesso il quale si inserisce sul margine post della doc-
cia lacrimale, cioè viene ad inserirsi sull’unguis o bordo post dell’osso lacrimale; tra i due tendini si trova il
sacco lacrimale.

Questa tunica fibrosa centrale è completata da una tunica periferica che si chiama setto orbitario oppure
legamento largo. Subito dopo c’è uno strato muscolare liscio che è costituito dal muscolo palpebrale di
Muller, che si disperde sul tarso ed è un prolungamento del tendine profondo dell’elevatore della palpebra
superiore e anche un prolungamento del retto inferiore, per il muscolo di Muller inferiore (sono muscoli sot-
tostanti il tarso). Questi muscoli lisci dipendono dall’ortosimpatico cervicale.
In sintesi i muscoli della palpebra sono gli orbicolari, in più per la palpebra superiore abbiamo l’elevatore
della palpebra superiore e il tutto è completato da alcune fibre lisce che, come tutte le altre fibre lisce,
dipendono dal neuro-vegetativo, in questo caso dall’ortosimpatico. I muscoli di Muller vanno a completare
la periorbita, qui sono gli stessi muscoli, ma sono detti palpebrali perché appunto si trovano sulle palpebre.
A seconda dello stato neuro-vegetativo e in particolare dell’ortosimpatico, si potrà valutare, in modo gros-
solano, la tendenza ad una iper-ortosimpatico-tonia , ad esempio, in quanto i muscoli saranno più tonici e
quindi la fessura palpebrale sarà più aperta. Nel caso di una ipo-ortosimpatico-tonia i muscoli sanno meno
tonici e produrranno una ptosi palpebrale reversibile; questo significa che se chiediamo al soggetto di alzare
la palpebra, costui potrà farlo, forse non potrà mantenerla aperta troppo a lungo ma in ogni caso riuscirà ad
alzarla. Al contrario se la ptosi è dovuta a lesione del III nervo cranico sarà permanente e il soggetto, su richi-
esta, non riuscirà ad alzare la palpebra. Tutto ciò da non confondere con il Basedow, che è sempre bilaterale.
Quando la lesione è unilaterale di sicuro non è su base ormonale ma è più di competenza del neurovegeta-
347
tivo, oppure più semplicemente può essere dovuta ad una disfunzione cranica. NB: non saltare subito alle
conclusioni dopo una osservazione visiva.
L’ultima tunica delle palpebre è la mucosa, la congiuntiva che riveste la parte posteriore delle palpebre.
A che cosa servono lo palpebre?
1. Proteggere l’occhio sia dalla luce che dai contatti
2. Stimolare meccanicamente la secrezione delle ghiandole lacrimali e a distribuire in modo uniforme
questa secrezione davanti la cornea
3. A rilasciare l’elevatore della palpebra superiore; l’orbicolare e l’elevatore sono muscoli antagonisti.
L’elevatore della palpebra superiore si affatica abbastanza rapidamente e va a sollecitare il suo muscolo an-
tagonista per poter poi nuovamente ricontrarsi
4. A rigenerare i foto-recettori. Il battito palpebrale serve a rigenerare, con il buio, l’articolo esterno dei
fotorecettori. Infatti i pigmenti dei fotorecettori possono essere sintetizzati soltanto in assenza di luce. Ora
anche se il battito palpebrale è molto breve è comunque un tempo sufficiente, sommati gli uni agli altri, a
permettere la sintesi di nuovo pigmento (in periodo diurno). Se consideriamo che al minuto facciamo circa
10 – 20 battiti palpebrali, questi moltiplicati per x (ics) ore durante i quali rimaniamo con gli occhi aperti, fa
un certo tempo durante il quale le nostre cellule, i nostri foto-recettori possono rigenerare il proprio pig-
mento. Quindi le palpebre hanno anche un ruolo ottico.

La congiuntiva
La congiuntiva è la mucosa delle palpe-
bre, si estende da un bordo ciliare all’altro
passando davanti l’occhio.
La congiuntiva presenta 3 parti:
1. una porzione palpebrale sulla faccia
post delle palpebre
2. una congiuntiva dei recessi che è più
sviluppata nella parte sup e nella parte
esterna perché è verso queste direzioni
che il globo oculare ha un maggiore rag-
gio d’ampiezza nei movimenti, pertanto
questi recessi sono più profondi in alto e all’esterno
3. infine abbiamo la congiuntiva bulbare che è la congiuntiva che passa davanti alla cornea e va a costituire
proprio l’epitelio della cornea, quindi è parte integrante della cornea. In effetti esiste una relazione diretta tra
la palpebra e il globo oculare stesso.

Apparato lacrimale
L’apparato lacrimale è rappresentato da una ghiandola, dalle vie di circolazione e dalle vie di eliminazione o
escrezione. La ghiandola lacrimale si trova nella fossetta lacrimale, cioè nella parte antero-esterna del soffit-
to dell’orbita, ed è fissato da un segmento connettivo sulla sutura fronto-zigomatica. La ghiandola lacrimale
è suddivisa parzialmente in due parti dall’espansione esterna dell’elevatore della palpebra superiore, tanto
che la ghiandola lacrimale presenta una porzione palpebrale o inferiore e una porzione orbitaria o superi-
ore.

348
L’innervazione della ghiandola lacrimale è di tipo generale e funzionale. L’innervazione funzionale è assicu-
rata dal grande n. petroso profondo perché per avere una secrezione occorre una via afferente che è ap-
punto rappresentata dal grande nervo petroso profondo che appartiene al IX n. cranico. Poi abbiamo la via
efferente che è a carico del grande n. petroso superficiale (VII n. cranico). Quindi sia il IX che il VII sono
implicati nell’innervazione funzionale della ghiandola lacrimale. E’ un errore fisiologico considerare solo
l’innervazione efferente perché la funzionalità avviene in risposta a qualcosa (via afferente). L’innervazione
funzionale nella sua parte terminale è trasportata dal V2 attraverso il suo ramo orbitario. Il V2 trasporta sol-
tanto, non è responsabile dell’innervazione funzionale.
L’innervazione generale, di ordine somestesico per la sensibilità viscerale generale è data dal V1 con il n.
lacrimale e un’altra innervazione generale è quella trofica che proviene dall’ortosimpatico, tramite il V2 che
è annesso al ganglio sfeno-palatino, il quale ganglio riceve l’elemento orto del n. vidiano che proviene dal
plesso pericarotideo, che a sua volta riceve dal ganglio cervicale superiore e scende poi nella catena cervi-
cale per passare attraverso lo stellato e raggiungere C8 – T1 a livello del mielomero di C8 – T1.
La via di circolazione di queste vie lacrimali avviene obliquamente dall’alto in basso e da fuori in dentro. La
secrezione lacrimale viene ripartita uniformemente davanti alla cornea e va ad accomularsi in quello che si
chiama il lago lacrimale a livello del campus interno.

Questa secrezione sarà evacuata dai tubercoli lacrimali che sono forati da un orifizio che si chiama punto lac-
rimale. Il punto lacrimale è un piccolo orifizio che da accesso ai condotti lacrimali superiori ed inferiori che
sboccano a livello del sacco lacrimale. Il sacco lacrimale è contenuto tra i tendini, diretto e riflesso, del lega-
mento palpebrale interno. Siccome l’evacuazione del liquido lacrimale non è passiva ma attiva, necessita di
un muscolo dilatatore dei punti lacrimali o di Horner, che permette l’evacuazione della secrezione attraverso
le vie di escrezione. Dalle vie di escrezione, la secrezione lacrimale si evacua attraverso i canali lacrimali na-
sali per uscire nel meato inferiore all’incirca 3 cm dietro all’ala del naso.
349
Il canale lacrimo-nasale è costituito, nelle fosse nasali (nell’orbita parliamo di doccia lacrimale) dalla parte
anteriore della faccia interna della piramide mascellare (ci troviamo davanti allo iato mascellare). Questo
per la parete esterna di questo condotto lacrimo-nasale; mentre la parete interna è costituita dall’hanulus
lacrimalis che è un prolungamento antero-inferiore dell’osso lacrimale che si articola con l’apofisi lacrimale
del turbinato inferiore.

Pratica: modellaggio dell’orbita


Il modellaggio dell’orbita è una tecnica molto globale e serve a dinamizzare il contenuto dell’orbita.
Tecnica 1_L’Osteopata si posiziona sul lato opposto a quello dell’orbita su cui si vuole lavorare e si posiziona
in obliquo, il Pz non deve essere troppo vicino, è importante lasciare lo spazio per i gomiti; si prende contat-
to con la mano craniale (che è la mano omolaterale all’orbita) sul cranio del Pz e a seconda delle dimensioni
della testa del Pz o delle dita della mano dell’operatore si potrà modificare la posizione facendo ruotare un
po’ la testa del Pz verso l’Osteopata.

l’Osteopata ruota un po’ la testa del Pz verso di sé

Tecnica 1 Mano craniale, il pollice si pone sulla


glabella, la prima falange del medio
si pone dietro al pilastro orbitale
esterno. Attenzione a prendere un
credito di pelle facendo scivolare il
cuoio capelluto indietro contro lo
scheletro fino ad arrivare dietro al
pilastro orbitario esterno in modo
che si possa lavorare sullo scheletro.
Questo per non perdere il contatto
con l’osso durante il lavoro di mod-
medio (prima falange) ellaggio perché bisogna agire sul
pollice su glabella dietro al pil orb est
pilastro.

prendere un credito di pelle

350
L’indice è davanti all’occhio e rappresenta l’asse di movimento del mascellare superiore.
Mano caudale, presa a pinza per contattare le branche ascendenti e non le ossa proprie del naso, quindi
bisogna sentire la sutura tra questi due elementi per posizionarsi dietro ad essa.
Questa presa nasale serve a decoaptare/separare la branca ascendente dal pilastro orbitario interno.

Tecnica 1
il pollice spinge verso dietro il medio spinge alto-AVANTI
Tecnica 2_Possiamo spostare la prima falange del medio andando a posizionarci sulla faccia laterale del
pilastro orbitario esterno in modo da agganciare il bordo inf dello zigomatico.
Lo scopo delle tecniche 1 e 2 è quello di dinamizzare le componenti ossee per migliorare la motilità orbit-
aria. Gli elementi importanti per la dinamica orbitaria sono il pilastro orbitario esterno e lo zigomatico. Infatti
lo zigomatico con la sua eversione permette l’allargamento obliquo e il pilastro orbitario esterno permette
il basculamento dello zigomatico. Quindi lavoreremo lo zigomatico durante la F. Con il pollice eserciteremo
una pressione posteriore sulla glabella, con la prima falange del medio, durante la F, faremo avanzare il pilas-
tro orbitario esterno verso avanti-alto.
Con l’indice eserciteremo una pressione diretta verso l’avanti-dentro, questo perché il mascellare si apre con
la spinta indietro (bascula).

351
l’indice preme
verso l’avanti
Globalmente con la mano craniale
facciamo una pronazione.

Fatto questo passiamo alla tecnica


2. Con l’ultima falange del medio
andiamo ad agire sul bordo inf
dello zigomatico e ne incorag-
giamo il basculamento, durante
la F, facendo una pressione dietro-
dentro.

il medio aggancia
il bordo inf dello
Tecnica 2> medio zigomatico

il medio preme dietro- dentro

352
Con la pinza nasale, sempre durante la F, facciamo una de coattazi-
one controllata e nello stesso tempo una pressione diretta dietro.

Nel complesso entrambe le mani fanno un movimento di pronazi-


one nell’aumentare i parametri di flessione (durante il tempo di F),
mentre nel tempo di E non si fa nulla o meglio si controlla anche
rilasciando un po’, non bisogna essere rigidi.

con entrambe le mani facciamo una pronazione


Giochiamo sulla plasticità ossea, non correggiamo nulla, questa è una tecnica per dinamizzare. Questa tec-
nica si fa senza occhiali e senza lenti a contatto.
Tecnica 3_Dalla posizione
base della tecnica 1 si spos-
ta l’indice in modo che
incroci il bordo inf dello
zigomatico mantenendo
il pollice sulla glabella e
il medio dietro al pilastro
orbitario esterno e l’indice
Tecnica 1> indice Tecnica 3> indice dal mascellare si posiziona
sullo zigomatico.

Mano caudale, con il pollice prendo la palpebra e la fisso sul bordo orbitario inf, delicati, e manteniamo
semplicemente la posizione.

353
Tecnica 3

Il principio è quello di aumentare l’allargamento orbitario durante la F e mantenere la palpebra abbassata.


Durante la F si allarga il diametro obliquo e il globo oculare sarà spinto in avanti dalla messa in tensione
dell’aponeurosi di Tenon che, attraverso i suoi prolungamenti orbitari viene messa in tensione e quindi
spinge il globo oculare in avanti. Mantenendo la palpebra chiusa il globo oculare trova un ostacolo e con la
ripetizione delle F-E si realizza un fenomeno di pompage che dinamizza i fluidi del globo oculare attraverso
la meccanica craniale (si può fare in caso di glaucoma o di ipertensione oculare ad es).
Se vogliamo agire in
Tecnica 4 maniera più specifica
sulla ghiandola lacrimale
manteniamo la stessa
posizione ma chiediamo
al Pz di portare l’occhio
verso l’alto, senza aprire
la palpebra.

In questo modo si utilizza l’attività sinergica dell’elevatore della palpebra superiore e il retto superiore che
finiscono per comprimere la ghiandola lacrimale.
Con questa stessa tec-
nica, sempre durante
la F, possiamo agire in
maniera più marcata a
livello dello zigomati-
co esagerando bene la
sua RE e questo mette
in tensione i legamen-
ti palpebrali.
Tecnica 5

354
Tecnica 5
Se invece vogliamo intervenire più in particolare sulle vie di
secrezione lacrimale, cioè se vogliamo favorire il riempimen-
to del sacco lacrimale e la sua evacuazione, manteniamo
la stessa posizione per la mano craniale e con la mano cau-
dale lasciamo la palpebra e riprendiamo la pinza sulla branca
ascendente del mascellare in modo da allentare la trazione
trasversale e riavvicinare i due tendini del leg palpebrale
interno, i quali riavvicinandosi comprimeranno il sacco lacrimale che si trova tra di essi.

Tecnica 6
Ovviamente tutto il trattamento sull’occhio lo faremo a fine seduta, l’inizio della seduta sarà sulla regione
dorsale superiore, le fasce del collo, la cerniera occipito-cervicale e poi andiamo risalendo. Bisogna aprire
prima di riempire.
Il lavoro sulla ghiandola si fa per stimolare la funzionalità della ghiandola stessa anche in presenza di patolo-
gie specifiche. Tutte le tecniche osteopatiche servono per migliorare la funzionalità non si tratta una patolo-
gia, si tratta la persona che presenta delle disfunzioni.

Vascolarizzazione arteriosa dell’encefalo


Il dispositivo della vascolarizzazione arteriosa dell’encefalo, da un punto di vista funzionale, deve rispondere
a 2 imperativi fondamentali:
a) il primo è quantitativo: esso è rappresentato dal fatto che il tessuto nervoso ha bisogno di molto molto
sangue, poiché necessita di grande quantità di ossigeno ed anche di glucosio.
Le sue cellule, cioè i neuroni, perdono nel tempo alcuni organuli e quindi necessitano nel tempo di un ap-
provigionamento energetico per poter continuare ad espletare le loro funzioni in modo regolare.
Il neurone ha bisogno per questo degli astrociti; l’astrocita è un po’ come il cameriere del neurone.
Il sangue serve all’astrocita, il quale a sua volta lo fornisce al neurone, a cui serve un apporto sanguigno più
abbondante rispetto agli altri tessuti
b) il secondo è qualitativo: il neurone non sopporta le variazioni di pressione, in quanto cellula molto
sofisticata e molto fragile. Deve ricevere quindi un flusso sanguigno costante e stabile, senza appunto vari-
azioni.

Se paragoniamo l’encefalo ad un organo, notiamo che un viscere stesso è differente dall’encefalo per quanto
concerne la vascolarizzazione: infatti, il fegato ha solo un’arteria, mentre l’encefalo ne ha 4 e cioè 2 arterie
355
vertebrali e 2 arterie carotidi interne.
L’encefalo quindi ha un flusso ematico senza dubbio più abbondante rispetto agli altri visceri.
L’encefalo è situato all’interno del cranio, all’estremità di un tutore estremamente morbido che è la regione
cervicale. Tuttavia, accanto ad una maggior possibilità di movimento, c’è un maggior rischio di stiramen-
to dei vasi con conseguente riduzione del flusso arterioso e una riduzione di pressione; ciò contrasta con gli
imperativi di cui parlavamo.
Quando c’è una brusca riduzione del calibro, o per stiramento o per compressione del vaso, si verifica un
brusco abbassamento di pressione.
Quando c’è una compressione in un punto, proprio a valle di questo punto si verifica un brusco abbassa-
mento di pressione, e il flusso arterioso diminuisce in maniera brusca.
Le conseguenze di ciò sono una riduzione progressiva del calibro dei vasi (arteriosi), man mano che ci si
avvicina alla periferia; la grande libertà di movimento della testa impone per altro un adattamento dei vasi
ed una moltiplicazione delle fonti di approvigionamento che sono appunto 4 per l’encefalo, 2 anteriori e 2
posteriori. Tutto ciò avviene per compensare eventuali mancanze dell’una o dell’altra, ed è regolarizzata dal
dispositivo.

Rapporti tra i vari vasi e l’encefalo


Il sistema posteriore costituito dalle arterie vertebrali possiede dei rapporti molto costrittivi:
l’arteria vertebrale si trova in un ambiente osteo-muscolare; mentre l’a. carotide comune e a seguire quella
interna si trovano in una guaina vascolare e in un ambiente muscolo aponeurotico, ossia a priori meno
costrittivo.
Arrivati dentro la scatola cranica, osserviamo un’inversione di condizioni: infatti l’ ambiente della a. verte-
brale è il liquor, e questa è una condizione perfetta per non subire aggressioni.
Il liquor ammortizza gli urti poiché ha la proprietà di essere incomprimibile, non c’è nessuna possibilità di
aggressione.
Nella zona craniale, la carotide ha dei rapporti con delle strutture membranose: essa entra in rapporto in-
fatti con il foglietto viscerale della dura madre;
si verifica dunque un equilibrio alterno e una protezione ulteriore nei confronti del tessuto nervoso.
I 4 condotti arteriosi si anastomizzano, si uniscono. L’anastomosi è realizzata per convergenza, per formare
un unico condotto: le 2 arterie vertebrali si uniscono a formare il tronco basilare; mentre le 2 carotidi
interne costituiscono un sistema anastomotico. Tutto ciò serve per mantenere un flusso arterioso costante e
una pressione stabile. Le conseguenze emodinamiche sono quindi uguali. Il poligono di Willis rappresenta
la terminazione funzionale dei 2 sistemi arteriosi ant e post.

356
Il tronco basilare è la terminazione delle 2 arterie vertebrali.
L’a. comunicante anteriore è la terminazione funzionale delle carotidi interne.
L’anastomosi tra i 2 sistemi rappresentata dalla comunicante posteriore costituisce il poligono di Willis.
Tutto ciò che si origina dal dispositivo anastomotico ripartisce il sangue secondo il bisogno.
I sistemi di apporto arterioso ripartiscono la massa sanguigna secondo il bisogno.

L’arteria vertebrale termina con l’a. cerebrale posteriore.


Le arterie terminali del sistema della carotidi interne sono:
cerebrale anteriore
cerebrale media
corioidea anteriore
comunicante posteriore.

Invece, come già detto:


la terminazione funzionale dell’a. vertebrale è il tronco basilare.
la terminazione funzionale dell’a. carotide int è l’a. comunicante anteriore, costituzione appunto del poli-
357
gono di Willis.

Abbiamo detto che l’encefalo e la testa si trovano all’interno di un tutore morbido, che ha una grande libertà
di movimento e dove ci sono rischi di apporto arterioso; ciò risulta da molti studi su tale argomento.
a) Nei movimenti di rotazione semplice della testa si ha subito una diminuzione del calibro della carotide
interna omolaterale alla rotazione;
invece la carotide interna controlaterale può compensare la mancanza dell’altro lato opposto, quindi questa
nei movimenti di rotazione della testa non diminuisce di calibro.
b) Se facciamo una rotazione forzata della testa ne risente la carotide interna omolaterale, la quale
diminuisce di calibro assieme con l’a. vertebrale controlaterale; anche l’a. vertebrale, omolaterale alla
rotazione, è colpita ma in modo piccolo; quindi diminuisce di calibro ma appunto di poco.

Per evitare i disturbi che conseguono ad insufficienza di apporto ci sono 4 vasi ed un dispositivo anastomot-
ico, unico dispositivo di alimentazione.

Fattori di compressione
Per l’a. vertebrale l’ostacolo maggiore è rappresentato da C2.
Per l’a. carotide int gli ostacoli maggiori sono rappresentati dalle seguenti strutture:
ventre post del m. digastrico (è l’ostacolo maggiore)
bordo post ed corno sup della cartilagine tiroidea
SCOM (in maniera secondaria).

Questo è il risultato di tutti gli studi fatti sul movimento del cranio e sul comportamento funzionale dei vasi
che lo irrorano.
Le strutture che sono in rapporto con queste arterie non devono essere alterate.
Per assicurare una buona vascolarizzazione arteriosa è necessario un buon equilibrio vasomotorio e una
disponibilità ortosimpatica.
Se i rapporti di queste 4 fonti sono diversi, tuttavia hanno comunque qualcosa in comune, e cioè un al-
tro adattamento anatomico: questi vasi hanno una forma a baionetta, cioè entrano in modo diverso nel
cranio. Tuttavia l’anatomia interferisce nella funzione unicamente nel contesto disfunzionale o patologico.
La disfunzione ha un supporto materiale; la anatomia corrisponde ad un supporto funzionale.
La forma è comune. Questo decorso a baionetta serve per ammortizzare l’urto della gittata sistolica.

Esistono 2 sifoni:
sifone vertebrale e sifone carotideo.
Il sifone dell’a. vertebrale, messo in relazione con la meccanica craniale, come si comporta?
Nel tempo di F:
in prossimità della cerniera cervico-craniale: l’a. vertebrale forma un primo gomito localizzato a livello in-
tertrasversario, esce da esso, a livello della massa laterale dell’atlante, si porta poi verso l’interno e contorna
da dietro l’articol. occipito-atlantoidea per tornare poi in avanti anastomizzandosi in avanti e perforando la
membrana occipito-atlantoidea.
L’occipite si adatta verso l’avanti
L’atlante si adatta verso dietro, la lordosi si inibisce
a livello del sifone vertebrale c’è un appoggio contro l’a. vertebrale;
nel momento in cui l’a. vertebrale perfora la membrana, si ha una trazione e quindi si ha un pinzamento
dell’a. vertebrale stessa, con riduzione dell’apporto di sangue.
A livello degli orifizi, in particolare a livello del foro giugulare:
1. il foro giugulare si chiude poiché nel tempo di flessione ha una dinamica di chiusura maggiore che nel
tempo di estensione.
2. il foglietto viscerale della dura madre ha tendenza a rilasciarsi, ma vista la diminuzione si avrà un rallenta-
mento verso i seni venosi ma non verrà evacuato; verrà evacuato durante l’E.
Nello stesso tempo, l’afflusso arterioso procede. Non c’è mai differenza di pressione all’interno della scatola
cranica.
- Nello stesso tempo, l’afflusso arterioso procede
358
- Il tempo di F serve al drenaggio del tessuto nervoso e al riempimento dei seni intracranici, ma in F non ci
sarà evacuazione.
L’afflusso arterioso procede e non c’è mai differenza di pressione all’interno della scatola cranica.
Il tempo di F serve al drenaggio del tessuto nervoso e al riempimento dei seni.

Cosa accade in un tempo di F?


A livello di inion: non si percepisce niente.
A livello di nasion e a livello della glabella: sentiamo la componente che va indietro, poiché ci sono più
suture, ci sono le fosse nasali quindi c’è più aria. La falce tira e può comprimere quello che c’è dietro;
il corpo dello sfenoide si espande trasversalmente; assieme all’espansione trasversale si ha anche
l’espansione ant-post che fa aumentare l’espansione del sifone della carotide.
L’ afflusso arterioso aumenta all’interno della scatola e ciò aumenta l’estensibilità dell’a. carotide interna.
L’a. carotide int è contenuta all’interno del suo seno cavernoso, ma non si trova libera, perché è attaccata alle
pareti tramite briglie di connettivo che emanano dalla dura madre, e sono detti legamenti connettivali e
vascolari di Trolard, per cui nello stesso tempo è compressa dall’avanti verso il dietro in senso ant-post e si
avrà un pinzamento a causa del quale, ai lati, le briglie tireranno.
In un tempo di E accade ovviamente il contrario

Distribuzione dell’a. vertebrale


L’a. vertebrale nel suo decorso cervicale ha una distribuzione esterna e una distribuzione interna. A livello
muscolo scheletrico tale arteria si distribuisce:
ai muscoli intertrasversari
alle articolazioni intervertebrali
alla dura madre
al cervelletto
e soprattutto alle radici spinali tramite le arterie radicolari.
Arriviamo qui negli spazi subaracnoidei cioè all’interno.

359
L’a. vertebrale perfora la membrana occipito-atlantoidea, e qui prima di costituire il tronco basilare dà una
distribuzione per il midollo che sono le aa. spinali. Le 2 arterie spinali si anastomizzano e ne formano una
sola. Esse poi scendono e, anastomizzandosi, ne formano una sola. A partire da questo tronco basilare viene
vascolarizzata tutta la parte post (tronco cerebrale e cervelletto), grazie ad un dispositivo anastomotico. Per
il tronco cerebrale abbiamo delle arterie paramediane che sono corte e vanno a distribuirsi alla parte ant del
tronco basilare irrorando gli altri nuclei dei nn. cranici (nuclei neurovegetativi e la regione delle vie spino-
cerebellari).

Posteriormente abbiamo le aa. circonferenziali lunghe, dette anche aa. cerebellari > inferiore, media e
superiore destinate ai tubercoli quadrigemini.
L’a. vertebrale vascolarizza, tramite l’a. cerebellare media, l’orecchio interno; mentre tramite l’a. udi-
tiva i plessi corioidei del IV ventricolo.

La terminazione anatomica del circolo dell’a. vertebrale è l’a. cerebrale post, da non confondere con l’a.
comunicante post che fa parte del circuito dell’a. carotide interna.
L’a. cerebrale post prolunga il tronco basilare, costeggia il peduncolo cerebrale e irrora il lobo occipitale.
Questa a. cerebrale post dà l’a. coroidea post che contorna il peduncolo e perfora nella tela corioidea supe-
riore formando i plessi corioidei del 3° ventricolo.
Questa a. cerebrale post è raggiunta dall’a. comunicante post, la quale a sua volta origina dall’a. carotide
int. In tal modo i 2 sistemi di apporto arterioso sono uniti tra loro. Tutto ciò per quanto riguarda il sistema
post.

360
A. carotide interna
Non ha una sua distribuzione anatomica nel suo decorso cervicale.
Nel suo decorso intrapetroso emana una piccola arteriola destinata alla cassa del timpano, detta a. carotico-
timpanica.
Poi la carotide interna esce dal suo canale intrapetroso ed ha una ricca distribuzione per il ganglio di Gasser.
Questo può spiegare la nevralgia facciale, la quale può essere frequente e molto difficile da trattare. Questa
può essere dovuta a delle anomalie che dipendono da una regolazione vasomotoria; tale regolazione
dipende da un’origine vasomotoria che ha sede a livello del midollo toracico superiore (l’origine è spesso
cervicale o dorsale).
Spesso quindi le nevralgie facciali hanno sede a livello della regione interscapolare e sono dovute o a
deficit di drenaggio vascolare o a deficit della regolazione vasomotoria.
Quindi è sempre necessario un giusto apporto sanguigno: se l’ortosimpatico è irritato il sistema nervoso
361
sarà meno vascolarizzato.
Dopo il ganglio di Gasser abbiamo le aa. ipofisarie ed anche l’a. meningea ant, ramo della carotide esterna
che dà la vascolarizzazione della dura madre, le membrane di tensione reciproca (tranne che nella parte
post). L’a. meningea post si occupa tramite il circolo carotideo esterno.
Considerata come l’ultima arteria collaterale della carotide interna è l’a. oftalmica

Terminazioni anatomiche dell’a. carotide int sono:


a. cerebrale anteriore
a. cerebrale media
a. corioidea anteriore
a. comunicante posteriore

Terminazioni funzionali dell’a. carotide int sono:


a. comunicante ant, che unisce i 2 sistemi di ap-
porto arterioso anteriore, cioè le 2 aa. cerebrali ant
poligono di Willis, che si unisce con l’a. cere-
brale post tramite la comunicante post. Esso è
come una grande piattaforma di lancio che serve
a vascolarizzare tutto l’emisfero cerebrale, sia la
corteccia sia le parti profonde come i corpi striati,
il diencefalo.

Il poligono di Willis serve a riequili-


brare il carico arterioso di tutti questi
flussi. È una piattaforma di regolazione
e di ripartizione arteriosa della massa
sanguigna; esso serve quindi per man-
tenere una pressione arteriosa costante.
Il poligono non è solo un dispositivo
di supplenza passiva, non serve solo a
fornire sangue quando manca l’apporto,
ma è un dispositivo attivo. Nel poligono
di Willis e in tutti i tronchi che emanano
da esso non c’è una corrente sanguigna
ben definita, ma esistono diverse sol-
lecitazioni in riferimento ad altre zone
nervose.

Quali regioni nervose hanno bisogno di sollecitazioni maggiori?


Regione della corteccia temporale
Alcune aree associative
C’è una diversa distribuzione della massa sanguigna nei confronti di queste aree

362
363
Anno 6 sem 2 Gay_Tecniche sul LCR

Queste tecniche servono a:


regolarizzare le influenze neurovegetative orto o parasimpatiche;
mantenere l’omeostasi;
regolarizzare la meccanica craniale attraverso la circolazione e le fluttuazioni del liquido stesso.
Le variazioni imprimono nel liquido un movimento chiamato fluttuazione: trasversale e longitudinale; esse,
grazie all’incomprimibilità e alla densità simile (tra sn e liquido), modificano la forma generale del recipiente.
La modificazione della forma imprime le stesse deformazioni a livello della scatola cranica.
Le tecniche che s’indirizzano alle fluttuazioni del LCR hanno soprattutto un interesse sulla meccanica cran-
ica: le modificazioni del volume influenzano le modificazioni della forma su ogni elemento costituente la
scatola cranica (flessione, estensione, rotazione esterna, rotazione interna); la risultante di tali modificazioni
avviene a livello della SSB (struttura impari situata sul piano mediano della base).
La deformazione della scatola cranica nella sua globalità approfitta di particolari suture che permettono la
deformazione generale ma soprattutto proteggono il contenuto: LCR e tessuto nervoso nel caso in cui ci
sono elementi perturbanti; le suture sono le suture direttrici (OM, SF e SS), ciascuna associate ad un piano
dello spazio.

Le tecniche si possono utilizzare con uno scopo neurovegetativo e pertanto eseguire senza rispettare
l’aspetto meccanico; provocano, accelerano o rallentano uno dei due sistemi neurovegetativi.
Se si utilizzano con uno scopo meccanico, si deve tener conto della dinamica cranio–sacrale.

Tecnica di compressione del IV ventricolo


Questa è una tecnica trofotropica e parasimpaticomimetica; stimola i processi di rigenerazione e di
guarigione. Il suo scopo è quello di rallentare la frequenza delle fluttuazioni del LCR, ma agisce anche
sull’ampiezza favorendo quella trasversale (maggior stimolazione del paraS) rispetto a quella longitudinale.
Le indicazioni per l’esecuzione sono:
traumi, infezioni ed infiammazione che non hanno ripercussioni sul cranio (lesioni muscolari, distorsioni
ecc.);
fenomeni congestivi;
inerzia uterina (il paraS stimola le contrazioni uterine);
compressione cranio-sacrale;
iperstimolazione ortoS.
364
Le controindicazioni per l’esecuzione della tecnica sono:
traumi cranici con conseguenti rischi emorragici;
ipertensione e fenomeni congestivi cranici;
gravidanza fisiologica (che non presenta problemi; se si esegue la tecnica si rischia la stimolazione delle
contrazioni uterine);
bambini (è controindicata l’esecuzione fino a quando le suture non sono completamente costituite, circa
11–12 anni);
iperstimolazione paraS.

Per eseguire la tecnica di compressione del IV ventricolo è fondamentale reperire asterion (bordo post
della porzione mastoidea, si prosegue dietro-alto fino al punto di incontro tra occipite, temporale e pari-
etale), successivamente ci si localizza sull’angolo laterale della squama occipitale.
L’eminenza tenar prende contatto con la porzione della squama occipitale che costituisce la sutura
occipito–mastoidea, in particolare sulla porzione verticale che a livello occipitale presenta un tavolato
esterno (quindi è più semplice “spingerlo” verso l’interno), l’appoggio non deve debordare né su temporale,
tantomeno sul parietale. La testa non è in appoggio nè sulle mani e neanche sul lettino, si crea una com-
ponente di compressione fino ad avvertire la squama che tende a “scappare via” (test del cubetto di ghiaccio
o del nocciolo) per stabilizzare la presa e successivamente si “affina” il contatto stesso per entrare in ascolto
della fisiologia ed apprezzare flessione ed estensione.
Nel tempo di estensione, l’Osteopata è attivo e segue l’adattamento che si genera a livello della squama
occipitale (gli angoli della squama si avvicinano), alla fine dell’E si mantiene la posizione raggiunta impeden-
do il ritorno durante il tempo di F; nell’E successiva si guadagna ulteriormente e si mantiene in F, il tutto fino
a quando la squama ci permette di farlo.
La tecnica vera e propria inizia quando il guadagno non è più possibile e l’occipite non si espande trasversal-
mente ma continua a compiere il movimento di bascula cercando di “sfuggire”; la tecnica non ha una durata
stabilita, per interromperla non si deve lasciare bruscamente perché si rischia di provocare disfunzioni di
sutura; il rilascio deve essere progressivo rispettando gli adattamenti fisiologici e pertanto al tempo di F si
lascerà il precedente guadagno e si resterà fermi in E; il tutto per più tempi.

Lavoro sui tessuti sub-occipitali


Il lavoro sui tessuti sub–occipitali (C0 C1 C2) si può dividere in:
lavoro in senso verticale (alto–basso);
lavoro in senso orizzontale (dietro–avanti).
Nel lavoro in senso verticale, il Pz è disteso e l’Osteopata dietro la sua testa; con le mani si prende cont-
atto con i tessuti sub-occipitali cercando di arrivare in profondità:
i mignoli al di sotto di inion
gli anulari al di sotto e vicino all’arco post di C1
i medi ancora più dietro
indice e pollice sulla regione laterale del cranio per
sentire l’IRC che sarà il motore sul quale si agisce.
Considerando che in un tempo di F le curve della
colonna vertebrale si raddrizzano ed aumentano nel
tempo di E, a livello C0 C1 C2 ci sarà un aumento di
spazio in F e pertanto si guadagna, si mantiene nel
successivo tempo di E. La difficoltà di questa tecnica
è di sentire l’impulso considerando che le tensioni
nei due lati sono diverse per la presenza di diverse
disfunzioni meccaniche.

365
Nel lavoro in senso orizzontale, il Pz è disteso e l’Osteopata
dietro la sua testa; con il bordo radiale dell’indice si posiziona in
proiezione dell’arco post di C1 (la mano non è né perpendicolare
né parallela, è obliqua adattandosi allo stato del cranio del Pz),
l’altra mano è sulla porzione frontale. Considerando che in un
tempo di F C0 va in avanti e C1 indietro ed in un tempo di E C0
va indietro e C1 va in avanti, il lavoro si effettua nel tempo di E.
Nel tempo di E s’incentiva l’arretramento dell’occipite attraverso
l’azione sul frontale e si mantiene in F.
Spesso bisogna tener conto della situazione meccanica e pertan-
to delle disfunzioni presenti a questo livello; è facile trovare delle
rotazioni e pertanto agire in maniera diretta o indiretta su di esse,
rispettivamente con rotazioni opposte o rotazioni nello stesso
senso. È importante precisare che si tratta di minime rotazioni,
“tendenza alla rotazione” e non rotazioni di ampiezza maggiore.

Un’altra posizione per lavorare la cerniera cervico–craniale è con le dita incrociate sempre in contatto con
l’arco post di C1 (è importante individuare il lato in restrizione per avere l’indice della mano corrispondente
in appoggio diretto); da questa posizione, tenendo conto della dinamica craniale, faccio ruotare gli indici
l’uno sull’altro (pronazione dell’uno con contemporanea supinazione dell’altro) sapendo che la supinazione
mi induce verso la F e la pronazione verso l’E.
Per es con un condilo dx in ant si posiziona l’indice dx avanti per favorire l’indietreggiamento dallo stesso
lato; il lavoro avviene a sin con una supinazione dell’indice sin durante il tempo di F per fare avanzare il
condilo e durante un’E il lavoro avviene a dx con una pronazione dell’indice dx. L’azione può essere anche
puramente diretta agendo subito con una pronazione a dx nel tempo di E ma la zona reagirà immediata-
mente con una maggiore resistenza locale.

disfunz C0_ant a dx
tempo di F_a sin
supinazione dell’indice sin supinazione F avanza il condilo sin

tempo di E_a dx
pronazione dell’indice dx pronazione E indietreggia il condilo dx

366
Anno 6 sem 1

Anatomia venosa del cranio_


Trattamento vascolare del cranio
Introduzione
I seni venosi del cranio rac-
colgono l’insieme del sangue
venoso intracranico; circa il
95% di tale sangue fuoriesce
dal cranio attraverso i due fori
giugulari (postura supina). Solo
una minima parte di sangue
venoso esce dal foro occipitale
e non è organizzato in seni (in
postura eretta questa percen-
tuale aumenta); pertanto, il foro
occipitale ha una maggiore
importanza e un ulteriore inter-
esse (controllo della mobilità di
C0 – C1, del detensionamento
dei tessuti molli limitrofi e della
mobilità cranio – sacrale occipi-
tale).
Interessi
Una buona capacità di drenaggio venoso significa:
qualità nella detossificazione locale (ambiente meno acido e ricco di sostanze ossidanti)
migliorare l’apporto arterioso locale (un rallentamento venoso protratto nel tempo può causare anche
conseguenze all’apporto arterioso)

L’interesse sarà quindi venoso e arterioso; ciò significa che un buon lavoro a livello di drenaggio determina
anche un buon apporto di ossigeno a livello tissutale cerebrale al fine di avere maggiore qualità della funzi-
one neurologica e strutturale: buona funzionalità dell’IRC, meningi, LCR, ossa e soprattutto cellule nervose.

Sappiano inoltre che il LCR si drena:


1. nel circolo venoso grazie alle granulazioni del Pacchioni e di seguito seno longitudinale superiore;
2. una piccola parte seguendo i nn. periferici (spinali e cranici): per es, nei vasi linfatici cervicali grazie al n.
olfattivo, lamina cribosa e sottomucosa nasale.

È presente allora un interesse del drenaggio dei seni e del sangue venoso in genere legato alla buona circo-
lazione del LCR.

Un ulteriore interesse è rappresentato dalle cefalee e dalle emicranie di origine vascolare (una vasodilatazi-
one all’interno delle arterie del cranio crea aumento di volume e conseguente compressione) con scotomi
(emicrania oftalmica) o senza aura (testa pesante, pulsatile, pesantezza agli occhi, occhi rossi, variazione
della sintomatologia in funzione della postura) o miotensiva (generata da tensione dei muscoli che si in-
367
seriscono sulla scatola cranicae che comprimono il cranio facendo aumentare la pressione interna).

Cenni anatomici
La vascolarizzazione venosa del cranio si divide in:
rete superficiale
rete profonda

La rete superficiale è a sua volta divisa in:


vene tegumentarie: al di fuori della scatola cranica (muscoli, cute, cuoio capelluto, fasce);
vene diploiche: dentro all’osso (maggiormente a livello della volta);
vene meningee: tra foglietto superficiale e profondo della dura.

Approfondimento
Le vene tegumentarie sono Le vene diploiche sono situate Le vene meningee si trovano tra fo-
numerose e molto anarchiche nel tessuto osseo, occupano un glietto viscerale e il foglietto parietale
nella loro disposizione, sono volume sanguineo importante; la della dura (periostio interno); confluis-
divise in base alla loro local- loro localizzazione principale è in- cono in rami sempre più grandi fino a
izzazione; è associata una torno alle ossa della volta e non è giungere nella zona di inserzione della
ricca irrorazione arteriosa (un un caso che la volta è una zona di dura dove si trovano i seni venosi che si
taglio sul cuoio capelluto ne è maggiore malleabilità e flessibil- formano proprio tra questi due foglietti.
la prova). ità rispetto alla base del cranio. Il sangue meningeo sarà drenato nelle
Il drenaggio avviene per via All’origine, il sangue si trova nei vene meningee post (zona occipitale),
extra cranica con una quan- laghi sanguigni delle strutture nelle vene meningee medie (zona
tità di sangue drenato elevato trabecolari, in seguito raggiunge temporale; qui sono più sviluppate e
(in un contesto di lavoro mi la periferia della componente lasciano un’impronta scheletrica e si
occupo dell’aponevrosi epi- ossea dove c’è la comparsa delle drenano nel foro spinoso) e nelle
cranica e delle fasce del collo vene diploiche propriamente vene meningee ant (zona frontale).
fino alla base cranica). dette che vanno verso l’esterno
del cranio e solo una parte nella
rete intracranica.
La rete profonda è a sua volta divisa in:
vene propriamente dette, a loro volta divise in
a. sottotentoriali: cerebellari e del tronco encefalico;
b. sopratentoriali: che comprendono una rete esterna per la parte esterna degli emisferi cerebrali ed una
rete interna per la parte profonda degli emisferi cerebrali e per il diencefalo.
Il tutto si drena nei seni venosi di prossimità.
Seni Venosi seno
dura madre encefalica, sagittale
sup v. emissaria aponeurosi
foglietto endosteo epicranica
vv. della
cute della
cute testa
della testa
gran. di
Pacchioni
lamina est
diploe vv. diploiche
lamina int
granulazioni di B
Pacchioni (villi
aracnoidali) setti
aracnoidei

dura madre encefalica, endotelio falce del cervello


foglietto meningeo vena a ponte vv. cerebrali sup
del seno
368
Approfondimento
Le vene sottotentoriali si trovano La vena sopratentoriale La vena sopratentoriale INTERNA è preva-
principalmente a livello della ESTERNA drena la porzi- lentemente drenata dai seni della base nella
parte inferiore del tronco encefal- one più esterna degli em- fossa cranica anteriore e media (non la fossa
ico (bulbo e parzialmente ponte), isferi cerebrali, si tuffa nel cranica posteriore perché è sotto il tentorio);
si drenano attraverso il foro oc- seno longitudinale supe- si occupa di drenare la parte basale degli
cipitale nei plessi midollari e solo riore e nel seno trasverso emisferi cerebrali nella parte medio – anteri-
in parte nel seno occipitale post e in maniera più generale ore ed anche il diencefalo; questo dispositivo
(di seguito nel foro giugulare). nei seni della volta. profondo arriva nella grande vena di Ga-
Il sangue rimanente del tronco leno nella quale confluiscono:
cerebrale raggiunge direttamente a. due vene cerebrali interne (corpo calloso,
i seni petrosi e il seno retto per plessi corioidei, corpi striati e talamo);
defluire nel foro giugulare. b. due vene basali del Rosenthal (parte
Per il sangue cerebellare, le vene inferiore emisferi frontali);
del verme vanno nel seno retto, le c. due vene mesencefaliche.
vene degli emisferi cerebellari nel
seno petroso inferiore e nel seno
laterale.

v. oftalmica sup
seno seno sfenoparietale
intercavernoso
ant seno cavernoso
rete venosa del
foro ovale seno petrosquamoso
seno
intercavernoso v. meningea media
post
plesso basilare seno petroso sup
seno petroso
inf foro giugulare
seno occipitale,
anastomosi con seno sigmoideo
plesso vertebrale
int v. grande cerebrale
(di Galeno)
vene cerebrali inf seno occipitale
seno retto
tentorio del seno trasverso
cervelletto

seno seno confluente dei seni


retto sagittale
sup

369
370
Approccio all’aponevrosi epicranica
Pz in posizione supina sul lettino ed Osteopata seduto dietro; la prima fase dell’approccio consiste nel
palpare e nel testare i tessuti che rivestono la scatola cranica in tutte le varie zone: frontale, parietale, tempo-
rale, porzione mastoidea e occipitale.

Il test consiste nel far scorrere in tutte le


direzioni i tessuti, una volta trovato uno
o diversi punti che sono limitati a scivol-
are verso una direzione, li bilancio e poi li
tratto (se sono davanti a più punti senza un
netto bilanciamento, li tratto tutti).
Il trattamento è meccanico diretto o mec-
canico indiretto.

sem 3 Pecorelli_Trattamento cranico specifico

Dopo aver eseguito un lavoro extracranico si eseguono tecniche craniali che seguono una logica in funzione
dell’anatomia dei seni venosi e del quadro clinico; è possibile distinguere la circolazione venosa in CIRCUITI
per riuscire a capire dove intervenire in funzione delle difficoltà di drenaggio.
Per trattare i seni venosi del cranio, oltre alle classiche tipologie di tecniche si utilizzano altre tecniche:
le tecniche “V spread” (semplici ed efficaci), si utilizzano soprattutto quando il seno venoso è in relazione
diretta con una specifica sutura;
tecniche di “ammorbidimento” e di “riscaldamento tissutale”, si utilizzano soprattutto in zone del cranio
dove non si ha una relazione diretta con una specifica sutura.
Il principio, come sempre, è di iniziare a drenare a valle e poi per arrivare a monte (prima C0–C1 e fori
giugulari e poi si arriva a monte).

Circuito OFTALMICO_1
Il circuito oftalmico riguarda la circolazione che dall’occhio arriva al foro giugulare, in particolare:
vene oftalmiche (trovano il loro passaggio all’interno della fessura sfenoidale);
porzione centrale del seno cavernoso (vi arriva anche il seno di Brechet e il seno intercavernoso o circolare
371
che drena l’ipofisi);
seno petroso inf (la maggior parte, una minima parte anche nel seno petroso sup dove va il sangue prove-
niente dal seno di Brechet);
foro giugulare.
Nella pratica si lavora sempre a valle
per poi lavorare a monte:
1. lavoro sui tessuti molli e sui mm.
sub–occipitali per preparare la zona a
delle tecniche di tipo meccanico;
Con i polpastrelli delle ultime quattro
dita contatto l’occipite tra la linea oc-
cipitale sup ed inf in modo da prendere
appoggio sui tessuti molli, estendo le
dita e mantengo fino a quando il tessu-
to stesso non cede a causa del fenom-
eno della compressione ischemica.

1° possibilità
la testa del Pz è in appoggio su tenar e
ipotenar

2° possibilità
la testa del Pz NON è in appoggio su tenar e ipotenar
2. Trattamento del foro giugulare con tecnica a 4 tempi sulla
sutura OM (approccio meccanico);
Ad esempio:
1° tempo blocco Occipite in E guadagno Temporale in RE
2° tempo blocco Temporale in RE guadagno Occipite in F
3° tempo blocco Occipite in F guadagno Temporale in RI
4° tempo blocco Temporale in RI guadagno Occipite in E

3. Trattamento del seno petroso inf con tecnica a 4 tempi sulla sutura OM per agire in questo caso
sulla sutura petro–basilare (tecnica precedente).
372
4. Trattamento della porzione centrale del seno cavernoso
con una presa occipito–sfenoidale (o occipito-frontale);
Osteopata di lato al Pz, contatto attraverso una presa occipito–sfenoi-
dale (o occipito–frontale); si entra in ascolto dell’IRC e si comprime la
SSB per srotolare in accorciamento il volume craniale e la dura madre,
si porta verso la disfunzione della base (ad es lateroflessione rotazione
dx) e si mantiene in aggravamento, successivamente in un secondo
tempo si decomprime la SSB e ciò sottopone a “tensione” il seno caver-
noso ma anche a pompaggio durante le fasi di F–E. Per amplificare
questo pompaggio posso chiedere al Pz una INsp ed una Esp più ampie e più forzate del normale per 10-15
cicli mantenendo sempre la trazione sullo sfenoide (o sul frontale); al termine si rilascia lentamente e pro-
gressivamente.
In alternativa si può utilizzare la tecnica della Tromba di Eustachio.
5. Trattamento per apertura della fessura sfenoidale (vi è il
passaggio delle vene oftalmiche che si gettano nel seno cavernoso);
Osteopata alla testa del Pz, si contatta la grande ala del lato da trattare
con il pollice della mano esterna, con la mano interna si contatta con il
medio il pilastro orbitario esterno del frontale; in successivi tempi di F
portare la grande ala dello sfenoide in basso–avanti per poi mantenere,
in successivi tempi di RI indurre il pilastro orbitario esterno in alto–diet-
ro–dentro (oppure tenerlo semplicemente come punto fisso).

con l’anulare ...o con il medio

piccola ala

grande ala
dello sfenoide apertura della
fessura sfenoidale
6. Tecnica di pompage del globo oculare per dinamizzare il globo oculare e la sua circolazione veno-
sa in caso di stasi o congestione.

Circuito SFENO–PARIETALE_2
In particolare:
seno sfeno–parietale (o di Brechet) > in pratica: sutura sfeno–squamosa attraverso la SS in 4 tempi
porzione laterale del seno cavernoso > attaverso la tecnica vista in precendenza
seno petroso sup > attraverso il temporal lift (lavoro sulla grande circonf del tentorio)
asterion > attraverso tecnica V spread
seno sigmoideo
373
foro giugulare

Seno sfeno– vena cerebrale


parietale superficiale media

porzione
laterale
del seno
cavernoso

seno petroso
superiore

374
asterion seno
sigmoideo

sutura sfeno–
squamosa

foro
giugulare

375
asterion

OM seno sigmoideo
Nella pratica si lavora sempre a valle per poi lavorare a monte.
Circuito SFENO–PARIETALE_1. Fori giugulari
Lavoro sui tessuti molli e sui muscoli sub–occipitali per preparare la zona a delle tecniche di tipo mecca-
nico. Trattamento del foro giugulare con tecnica a 4 tempi sulla sutura OM (approccio meccanico);

2. Seno sigmoideo
Trattamento del seno sigmoideo con tecnica a 4 tempi sulla sutura OM (approccio meccanico, identico a
quello utilizzato per il foro giugulare e per il seno petroso inf )

3. Asterion
Trattamento di asterion attraverso la tecnica V spread (è una tecnica classica, descritta da Sutherland e
Magoun; è molto efficace ma difficile da eseguire perché richiede una grande percezione dei tessuti che si
stanno lavorando).

repere di asterion
Osteopata alla testa del Pz, reperisce asterion e si posiziona con tre dita sulle componenti ossee interes-
sate: pollice su angolo inf–post del parietale, indice sulla mastoide del temporale e medio sulla squama
dell’occipite (queste tre dita sono circa a 1 cm l’una dall’altra);
il medio (o indice) dell’altra mano invece si posiziona in un punto
opposto (zona pterion controlaterale) così da avere una diagonale.
Da pterion si fa un “invio”, si crea una zona di maggiore “conduttività”
in modo da “inviare” il liquor verso asterion. La sensazione che si deve
percepire è quella di ammorbidimento tissutale, di un’onda che arriva
localizzata su asterion, di calore, movimento, si sente che la criticità
su asterion si risolve. La tecnica V spread si può utilizzare su tutte le
suture palpabili del cranio, quindi anche sulle suture direttrici. Va
bene anche nei bambini, se si riesce a prenderli in un momento in cui
stanno fermi. La tecnica finisce quando riteniamo che la qualità raggi-
unta dal tessuto sia soddisfacente.

376
tecnica V spread su asterion sin
4. Seno petroso sup
a) Trattamento del seno petroso sup attraverso la tecnica meccanica di RE dei temporali in modo da sti-
rare la grande circonferenza del tentorio.
Osteopata alla testa del Pz, appoggio con le eminenze tenar a livello degli apici delle mastoidi dei tempo-
rali e fuori dall’impulso porta gli apici stessi in RE = alto-dietro-dentro sentendo come le resistenze tissutali
cedono. In questo modo il tentorio viene messo in trazione.
b) Trattamento del seno petroso superiore attraverso la tecnica delle orecchie tirate in modo da stirare la
grande circonferenza del tentorio.

RE dei temporali per tendere il tentorio


5. Seno cavernoso
Trattamento della porzione centrale del seno cavernoso con una presa occipito–sfenoidale (o occipito-
frontale). Ved circuito oftalmico.

6. Sutura sfeno-squamosa (sutura direttrice SS) > tecnica a 4 tempi con l’obiettivo di agire sul seno
sfeno–parietale (o di Brechet)

Sutura SFENO SQUAMOSA


Trattamento della sutura sfeno–squamosa con tecnica a 4 tempi sulla sutura SS (approccio meccanico);
Ad esempio:
1° tempo blocco Sfenoide in E e guadagno Temporale in RE
2° tempo blocco Temporale in RE e guadagno Sfenoide in F
3° tempo blocco Sfenoidee in F e guadagno Temporale in RI
4° tempo blocco Temporale in RI e guadagno Sfenoide in E

Circuito SAGITTALE SUP_3


Decorso che raccoglie il sangue della falce, dalla porzione più ant alla porzione più post fino al foro giugu-
lare; in particolare:
377
vene fronto-etmoidali
seno long sup
Inion (confluenza dei seni)
seno laterale dx
asterion
seno sigmoideo dx
foro giugulare

Nella pratica si lavora sempre a valle per poi lavorare a monte:


1. Foro giugulare
Lavoro sui tessuti molli e sui muscoli sub – occipitali per preparare la zona a delle tecniche di tipo meccanico
Trattamento del foro giugulare con tecnica a 4 tempi sulla sutura OM (approccio meccanico).

2. Seno sigmoideo dx (il sangue proveniente dal seno long sup si immette nel seno laterale dx)
Trattamento del seno sigmoideo con tecnica a 4 tempi sulla sutura OM (approccio meccanico, identico a
quello utilizzato per il foro giugulare e per il seno petroso inf ).

3. Asterion
Trattamento di asterion attraverso la tecnica V spread.

4. Seno lat dx, confluenza dei seni (inion)


Nel disegno a fianco, che è tratto molto probabilmente da un cranio reale, si
vede un occipite con un solo seno lat, quello dx. Trattamento del seno laterale
attraverso tecnica di riscaldamento e ammorbidimento tissutale. ������������
È una tecni-
ca ideata da Viola Fryman. Ricordate che su inion si attaccano: falce, tentorio e
falce del cervelletto.
Osteopata alla testa del Pz, si posizione con le falangi di 3° e 4° dito lungo il
seno laterale in direzione di inion e le eminenze tenar in prossimità di aste-
rion; da questa presa l’intenzione è quella di divaricare leggermente le dita
sia in senso trasversale che verticale, in maniera graduale dopo che ho
scaldato e ammorbidito la zona da trattare.

inion

378
asterion

inion
seno laterale

stessa presa dall’altro lato è necessario abbassare il lettino altrimenti si spezza il polso
i seni laterali possono presentarsi in molti modi

Per inion posso utilizzare anche indice e medio di una stessa mano e posizionati in direzione del foro occipi-
tale, l’altra mano sul frontale con medio su metopica; l’azione sarà la stessa della tecnica precedente (allar-
gare la confluente dei seni).

5. Seno longitudinale sup (in tutte le sue porzioni, da dietro verso avanti): l’approccio può essere effet-
tuato con un test per valutare delle zone più dure lungo tutta la proiezione del seno long sup.

379
L’Osteopata si posizio-
na di lato al Pz e con le
articolazioni metacar-
po–falangee effettua
un test di pressione
su tutto il decorso del
seno long sup.

Con il test di pres- Trattamento della sutura interparietale


sione si mette in evi- attraverso V spread
denza una zona dura, Osteopata in piedi, con indice e medio della
per es la sut interpari- mano craniale si posiziona lateralmente
etale, oppure bregma, alla sutura mentre con l’indice della mano
o la zona di lamba o la caudale percorre la sutura intermascellare
sut metopica. fino a trovare la corrispondenza. Da questa
posizione effettua la tecnica.
Trattamento di bregma Se il problema si riscontra
attraverso V spread a livello di lambda si può
Come la tecnica prec- posizionare il Pz di fianco
edente ma la mano e lavorare con tre dita o
craniale si posiziona altrimenti in maniera più
con pollice su frontale, pratica da supino con
indice su un parietale e indice e medio lateral-
medio su altro parietale. mente ad esso.

Trattamento zona lambda–inion


attraverso tecnica di riscalda-
mento e ammorbidimento
tissutale.
Osteopata seduto lateralmente
al Pz, reperisce la zona con i
polpastrelli ed effettua la tecnica
di riscaldamento ed ammorbidi-
mento tissutale.

380
ecco l’intenzione da dare alle mani
Trattamento della
sutura metopica
attraverso tecnica
di riscaldamento e
ammorbidimento
tissutale.

Trattamento della sutura metopica con i pollici

Trattamento della falce > le tecniche classiche sono: frontal lift (per la porzione più ant) e paretal lift
(per quella più post). Inoltre si possono usare le tecniche in accorciamento e le tecniche sulle ossa craniche
(queste ultime hanno infatti anche un impatto sulle membrane).
6. Vene fronto–
etmoidali
Trattamento di
disingaggio del
mascellare dal
frontale attraver-
so tecnica mec-
canica

Disingaggio del mascellare dal frontale_variante

pronazione dell’avambraccio

Circuito SAGITTALE INF_4


Decorso che raccoglie il sangue dal bordo libero della falce, sopra il corpo calloso e della grande vena di
Galeno verso il seno retto; in particolare:
seno long inf e grande vena di Galeno
seno retto
inion
seno laterale sin
asterion
seno sigmoideo sin

381
foro giugulare

Nella pratica si lavora sempre a valle per poi lavorare a monte:


1. Foro giugulare
Lavoro sui tessuti molli e sui muscoli sub–occipitali per preparare la zona a delle tecniche di tipo meccanico
Trattamento del foro giugulare con tecnica a 4 tempi sulla sutura OM (approccio meccanico).

2. Seno sigmoideo sin (il sangue proveniente dal seno long inf e dal seno retto si immette nel seno lat sin)
Trattamento del seno sigmoideo con tecnica a 4 tempi sulla sutura OM (approccio meccanico, identico a
quello utilizzato per il foro giugulare e per il seno petroso inf ).

3. Asterion
Trattamento di asterion attraverso la tecnica V spread.

4. Seno lat sin, confluenti dei seni (inion)


Trattamento del seno lat attraverso tecnica di riscaldamento e ammorbidimento tissutale.

5. Seno retto, grande vena di GALENO e seno longit inf


Parietal lift
Tirata di orecchie
RE dei temporali

Circuito OCCIPITALE POST_5


Circuito che drena il piccolo seno venoso che forma la falce del cervelletto separando in die il cervelletto
stesso; in particolare:
seno occipitale inferiore
confluente dei seni
seno laterale dx e sin
asterion
seno sigmoideo dx e sin
fori giugulari

Nella pratica si lavora sempre a valle per poi lavorare a monte:


1. Fori giugulari
Lavoro sui tessuti molli e sui muscoli sub–occipitali per preparare la zona a delle tecniche di tipo meccanico
Trattamento del foro giugulare con tecnica a 4 tempi sulla sutura OM (approccio meccanico).

2. Seni sigmoidei
Trattamento del seno sigmoideo con tecnica a 4 tempi sulla sutura OM (approccio meccanico, identico a
quello utilizzato per il foro giugulare e per il seno petroso inf ).

3. Asterion
Trattamento di asterion attraverso la tecnica V spread.

4. Seni laterali, confluenti dei seni (inion)


Trattamento del seno laterale attraverso tecnica di riscaldamento e ammorbidimento tissutale.

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5. Seno occipitale inf
Trattamento attraverso tecniche di riscaldamento e ammor-
bidimento tissutale;
Osteopata alla testa del Pz, reperisce inion e posiziona i pol-
pastrelli di 2°, 3° e 4° dito al di sotto e lateralmente la linea
mediana verso il foro occipitale.

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