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ANCHILOSI TEMPORO-MANDIBOLARE

-Definizione perdita permanente, parziale o totale, dei movimenti di apertura della bocca.

-Epidemiologia oggi evenienza relativamente rara; più frequente nei bambini.

-Classificazione distinguiamo:
--(1) ANCHILOSI CONGENITE le vere anchilosi congenite sono da considerarsi come evenienze
eccezionali. Vengono definite tali le anchilosi in cui la noxa patogena ha agito durante la fase
embrionaria ed il cui riscontro clinico può avvenire anche a distanza di tempo dalla nascita;
--(2) ANCHILOSI ACQUISITE sono secondarie ad eventi traumatici o a processi infiammatori che
colpiscono le componenti articolari.
In relazione ai traumi: come diretta conseguenza dell’evento traumatico, specie nei soggetti
giovani, si potrà determinare un versamento sieroematico intracapsulare (emartro) che, per
organizzazione del coagulo e successiva trasformazione del tessuto fibroso in tessuto osseo, dà
origine a blocchi ossei che renderanno anchilotica l’articolazione.
In relazione ai processi infiammatori, distinguiamo: anchilosi d’origine infettiva ed anchilosi
d’origine reumatica.
Nell’anchilosi di origine infettiva, solitamente unilaterale, i germi possono localizzarsi
primitivamente o secondariamente nelle articolazioni, giungendovi accidentalmente per invasione
diretta in caso di ferite lacero-contuse della regione pre auricolare, frequentemente a seguito di
oto-mastoiditi o parotiti; i batteri principalmente responsabili sono gli Stafilococchi, Streptococchi
ed il Gonococco. La penetrazione dei germi nell’articolazione determina l’insorgenza di un processo
artritico che può indurre ad una distruzione delle strutture cartilaginee e ad un riassorbimento
dell’osso sottostante, cui seguirà una risposta di tipo proliferativo che esiterà in anchilosi.
Nell’anchilosi di origine reumatica, la sola affezione reumatica suscettibile di indurre un’anchilosi
ossea è la spondilite anchilosante.

-Anatomia patologica:
--(1) ANCHILOSI OSSEE indipendentemente dall’agente eziologico, è presente un callo osseo che
produce una sutura dell’osso temporale con il condilo mandibolare, limitando o abolendo del tutto i
movimenti articolari.
Le caratteristiche di rilievo sono 2: (1) distruzione o dislocazione del disco articolare; (2) contatto
tra le superfici articolari deprivate della loro fibro-cartilagine.
Si distinguono 3 tipi di blocco anchilotico: (1) blocco osseo limitato al condilo; (2) blocco osseo che
invade l’incisura sigmoide ma rispetta ancora il processo coronoideo; (3) blocco osseo completo che
fonde sia il condilo sia il processo coronoideo alla cavità glenoidea ed alla radice dello zigomatico;
--(2) ANCHILOSI FIBROSE è opinione diffusa che le anchilosi fibrose non siano altro che un
quadro iniziale delle anchilosi ossee;
--(3) CARATTERISTICHE ISTOPATOLOGICHE DEI M. MASTICATORI conseguentemente al non uso,
si stabilisce un quadro di atrofia muscolare.

-Quadro clinico:
--(1) alterazioni morfologiche (1) serramento mandibolare (parziale nell’anchilosi fibrosa, totale
nell’anchilosi ossea); (2) alterazione nella crescita del mascellare superiore (insorge nei soggetti in
età evolutiva); (3) alterazioni nella crescita del condilo mandibolare (poiché questa crescita è di
tipo secondario, ovvero adattativa; la crescita di questa struttura è regolata essenzialmente dalle
condizioni funzionali, secondo la teoria delle matrici funzionali di Moss); (4) ipoplasia della
mandibola; (5) alterazione globale della crescita facciale; (6) anomalie dentali (sventagliamento
degli incisivi);
--(2) sintomi (1) lieve calo di tono nell’ambito della fonazione; (2) apnee notturne (nelle anchilosi
bilaterali, a causa della retropulsione della radice della lingua).

-Diagnostica per immagini (1) ortopanoramica; (2) esame tomodensitometrico (rappresenta


l’indagine radiologica d’elezione per lo studio delle articolazioni temporo-mandibolari); (3) TC con
ricostruzione tridimensionale; (4) RM.

-Trattamento eliminazione del blocco osseo (creando un ampio diastema (allontanamento)


chirurgico tra i monconi osteotomici), seguita da un’attenta rieducazione post-operatoria (che ha
lo scopo di conservare l’ampiezza di tale diastema per le settimane o mesi successivi all’intervento).

ARTRITE REUMATOIDE [CENNI]


-Definizione poliartrite infiammatoria cronica, anchilosante e progressiva, a patogenesi auto-
immunitaria ed eziologia sconosciuta, principalmente a carico delle articolazioni sinoviali.

-Diagnosi differenziale con l’osteoartrosi a differenza di quest’ultima interessa inizialmente la


membrana sinoviale e non la cartilagine; colpisce inoltre con meno frequenza ed in età più giovane
rispetto all’osteoartrosi.

-Epidemiologia è la più diffusa patologia sistemica di origine autoimmune.

-Clinica:
--sintomi / segni (1) dolore; (2) tumefazione calda ma non arrossata; (3) impotenza funzionale;
--andamento è circadiano (corrispondendo all’andamento della sintesi di citochine pro-
infiammatorie, che aumentano durante la notte per raggiungere il picco al mattino presto).

-Effetti sistemici può dare fenomeni infiammatori a livello: (1) polmonare; (2) pericardico; (3)
pleurico; (4) sclerale oculare.

-Diagnosi clinica e strumentale (radiografia; RM).

-Trattamento distinguiamo:
--(1) trattamento sintomatico antidolorifici ed antinfiammatori (tra cui gli steroidi);
--(2) trattamento in grado di rallentare la malattia antireumatici modificanti la malattia
(DMARD), comprendenti: (1) Etanercept; (2) Adalimumab; (3) Azatioprina; (4) Idrossiclorochina; (5)
ciclosporina A.
CENNI DI ANATOMIA
Per quanto riguarda l’anatomia del distretto CEFALICO, dobbiamo distinguere la SCATOLA CRANICA
dal MASSICCIO FACCIALE.
Le SUTURE che costituiscono le articolazioni del cranio sono: sagittale, coronale e lamboidea; nei
bambini le troviamo ancora aperte e costituite da fibrocartilagine, si consolideranno entro i 3-4
anni di vita, se si uniranno in maniera prematura potremo avere tutta una serie di deformazioni.
Dobbiamo distinguere il NEUROCRANIO (è la testa) dallo SPLANCNOCRANIO (è sostanzialmente la
faccia).

NEUROCRANIO

include la VOLTA e BASE cranica divise da un piano passante tra la glabella e la protuberanza
occipitale esterna; la volta cresce attraverso le suture, ovvero la spinta della crescita non la danno
le ossa ma la da il cervello.
-Ossa del neurocranio comprendono:
--(1) osso occipitale presenta esternamente il foro occipitale magno; internamente presenta: (1)
squama; (2) protuberanza occipitale interna; (3) clivus; (4) foro magno;
--(2) osso frontale la porzione interna orizzontale corrisponde alla zona intracranica del tetto
delle orbite (spesso interessata da fratture); la porzione orizzontale inferiore comprende l’incisura
del nervo sovra-orbitario e l’incisura etmoidale (dove alloggerà l’etmoide);
--(3) osso temporale composto da: (1) squama; (2) rocca petrosa; (3) inizio dell’arco zigomatico
con il suo processo zigomatico; (4) ingresso del condotto uditivo esterno; (5) processo stiloideo;
--(4) osso parietale composto da una faccia esterna ed una faccia interna (dove si vede il solco
dell’arteria meningea media).

-BASICRANIO (fosse) distinguiamo:


--(1) fossa cranica anteriore composta da: (1) cresta frontale (dove passano i filamenti del nervo
olfattorio); (2) lamina orbitale del frontale; (3) piccole ali dello sfenoide; (4) solco del chiasma del
nervo ottico;
--(2) fossa cranica media composta da: (1) sfenoide (dove possiamo distinguere la sella turcica);
(2) parte del temporale. Comprende i forami ovale e rotondo (dove passano i nervi mandibolare e
mascellare);
--(3) fossa cranica posteriore composta da: (1) fosse cerebellari (dove è allocato il cervelletto);
(2) clivus; (3) foro magno; (4) piramide del temporale (dove è presente il meato acustico interno) e
poi ci sono (5) fori atraverso cui passano alcuni nervi cranici e i vasi come es. a. meningea media.

-BASICRANIO (ossa) comprendono:


--(1) sfenoide composto da: (1) due piccole ali; (2) due grandi ali; (3) corpo; (4) sella turcica; (5)
uncino e processi pterigoidei (molto importanti nella chirurgia maxillo-facciale);
--(2) osso occipitale;
--(3) osso temporale;
--(4) etmoide è l’osso che conferisce la tridimensionalità al volto. E’ come se fosse costituito da
due parallelepipedi a cavallo di un setto, con al suo interno le cosiddette celle etmoidali;
--(5) seni paranasali sono: (1) seno mascellare; (2) celle etmoidali; (3) seno frontale; (4) seno
sfenoidale. Sono tutti quanti in comunicazione con il naso ed hanno la funzione di riscaldare ed
umidificare l’aria che, se entrasse troppo fredda, potrebbe ledere i nervi o gli apici dentari; fanno in
modo che le ossa dello splancnocranio siano meno pesanti rispetto a come sarebbero se fossero
piene.
I seni mascellari, dall’età di 1 anno fino alla vecchiaia, aumentano di dimensioni.
Tutti i seni sono ricoperti da una mucosa di tipo respiratorio quindi da alcune ciglia che fanno si che
le secrezioni vengano portate nel naso e poi all’esterno attraverso degli osti→ nel momento in cui
questi osti sono totalmente o parzialmente chiusi→ sinusiti (antibiotico, in alcuni casi chirurgia in
endoscopia).
--(6) vomere osso che si anastomizza con l’osso palatino;
--(7) setto nasale dapprima cartilagineo e poi osseo.

-SPLANCNOCRANIO [parla solo del mascellare e dell’orbita]:


--osso mascellare ha una forma di piramide tronca ed è costituito da: (1) processo zigomatico;
(2) processo frontale; (3) denti; (4) palato duro; (5) seno mascellare (internamente);
--orbita è una regione di confine il cui tetto è costituito dal frontale, parte mediale è data dalla
lamina papiracea dell’etmoide, l’osso lacrimale, il mascellare superiore e l’osso zigomatico.

una struttura molto importante è l’anello di Zinn, una struttura connettivale che divide la fessura
orbitaria in inferiore e superiore; è costituito dal tendine dei muscoli estrinseci dell’occhio e, al suo
interno, passano una serie di strutture vascolari e nervose (come il nervo trocleare, l’abducente ed
il lacrimale). I nuclei dei nervi nasolacrimali, dell’ottico, dell’oculomotore e dell’abducente si
trovano tutti nel tronco encefalico e attraverso l’anello dello zinn vanno a innervare i m. estrinseci
dell’occhio.

-Esempio pratico sull’importanza dell’anatomia (il pianto) quando le lacrime scendono molto
spesso si tende a tirare in su con il naso. Questo accade in quanto il dotto lacrimale si continua
nelle cavità nasali e, quindi, un eccesso di lacrime finisce nella cavità nasale, portando il naso a
colare.
Mentre si piange, inoltre, si tende a sbattere le ciglia, non per umidificare ma perché quando si
aprono gli occhi si innesca un meccanismo di pompa che permette alle lacrime di andare nel naso.
Le lacrime hanno un percorso ben preciso: (1) ghiandola lacrimale; (2) sacco congiuntivale; (3)
caruncola (nella quale scendono per gravità).

CISTI DELLE OSSA MASCELLARI


-Definizione cavità ossee delimitate da epitelio ed il cui lume può presentare un contenuto
liquido / semiliquido frammisto a cellule desquamate, muco, cheratina o francamente caseoso.

-Classificazione distinguiamo: (1) cisti odontogene (di origine flogistica e di origine


disembriogenetica); (2) cisti non odontogene; (3) pseudocisti.

-Storia naturale presentano generalmente un decorso clinico lento ed asintomatico, mentre


solo tardivamente si manifestano causando una deformazione del profilo osseo. Gli osteoblasti,
infatti, iniziano un processo di neo-apposizione di osso sclerotico che, circondando la lesione, ne
rallenta il processo evolutivo.

-Cisti odontogene di origine flogistica comprendono:


--(1) cisti radicolare (periapicale) si tratta delle cisti più frequenti delle ossa mascellari e si
sviluppano all’apice di una radice di un dente non vitale.
Originano dai residui epiteliali di Malassez.
La flogosi cronica porta alla formazione di un tessuto di granulazione (granuloma apicale).
Sono solitamente asintomatiche, a meno che non si sovrapponga un’infiammazione acuta che può
progredire fino alla formazione di un ascesso.
Il trattamento consiste nell’asportazione chirurgica della cisti con l’estrazione del dente non vitale
corrispondente;
--(2) cisti residua si tratta di una cisti residuata dopo l’estrazione di un dente necrotico che
presentava una lesione periapicale;
--(3) cisti paradentale (cisti infiammatoria collaterale; cisti buccale mandibolare infetta) si tratta
di una cisti infiammatoria che si sviluppa a livello del margine cervicale o laterale di una radice di
un dente a seguito di un processo flogistico a partenza da una tasca parodontale adiacente.

-Cisti odontogene di origine disembriogenetica comprendono:


--(1) cisti follicolare (o dentigera) si tratta della più frequente cisti di origine disembriogenetica
in età di sviluppo e la seconda più comune cisti odontogena. E’ sempre associata alla giunzione
amelocementizia di un elemento dentario incluso. Origina dalla proliferazione dei residui
dell’’epitelio dell’organo dello smalto. Il dolore è presente solo in associazione ad un processo
infettivo. Il trattamento di scelta è l’enucleazione chirurgica e l’estrazione del terzo molare incluso;
--(2) cheratocisti odontogena (o tumore odontogeno cheratocistico) si tratta di una cisti che
può originare in qualsiasi zona delle ossa mascellari. Origina dai residui della lamina dentale.
Clinicamente presenta un particolare comportamento caratterizzato da aggressività locale ed alta
tendenza a recidivare. Il trattamento consiste nell’enucleazione della cisti.

-Cisti non odontogene comprendono:


--(1) cisti nasopalatina (del dotto nasopalatino e del canale incisivo) è formata dai residui
epiteliali del dotto nasopalatino. E’ la più frequente fra tutte le forme non odontogene;
--(2) cisti globulomascellare.

-Pseudocisti si tratta di lesioni che hanno l’aspetto radiografico e clinico simile alle cisti ma sono
prive di rivestimento epiteliale esterno. Comprendono la cisti ossea solitaria traumatica, ovvero
una cavità ossea traumatica non rivestita da epitelio con contenuto sieroematico.

DISTUNZIONI ATM
-NB il prof parla di questi disordini a proposito delle patologie biomeccaniche dell’articolazione
temporo-mandibolare e le definisce TMD (“Temporal Mandibular Disorders” o Disordini Temporo
Mandibolari), descrivendole come un gruppo di alterazioni morfo-strutturali, di anomalie ed
alterazioni funzionali ed altre patologie che coinvolgono l’ATM (il corrispettivo del libro è
comunque questo).

-Definizione sindrome disfunzionale con interessamento delle articolazioni temporo-


mandibolari o dei muscoli masticatori o di entrambi.

-Epidemiologia è la causa principale di dolore oro-facciale dopo quello odontogeno; la


prevalenza è maggiore nel sesso femminile. Il 60-70% della popolazione ha un segno o un sintomo;
di questi, il 25% si rivolge al medico (solitamente il medico di base); solo il 5% necessita di un
trattamento specifico.
Sono compresi due gruppi: i disordini biomeccanici (80% dei casi) e quelli muscolari (restante 20%).
-Classificazione AAOP:

-Eziologia è molto dibattuta e certamente multifattoriale. Sono implicati i seguenti fattori:


--(1) occlusione il suo ruolo (inizialmente considerato come centrale) è stato ridimensionato,
ritenendo che possa avere un ruolo importante soprattutto in relazione alla slatentizzazione da
parte di altri fattori;
--(2) parafunzioni si intendono come attività parafunzionali del sistema oro-buccale quelle
attività che non possiedono alcun fine funzionale, quali: (1) bruxismo; (2) serramento dentale; (3)
morsicamento delle labbra;
--(3) psiche e stress;
--(4) traumi sono considerati traumi indiretti sull’articolazione temporo-mandibolare quelli
provocati da distorsione del rachide cervicale (colpi di frusta).

-Quadri anatomo-patologici comprendono [per il prof: (1) lussazione; (2) click; (3) lock; (4)
osteoartrosi]:
--(1) compressione del disco si realizza per spostamento del condilo in direzione supero-
posteriore con compressione del tessuto retrodiscale e della zona bilaminare e / o del disco senza
che quest’ultimo, almeno in una fase iniziale, sia dislocato;
--(2) dislocazione del disco quando il disco perde i suoi normali rapporti con il condilo.
Distinguiamo:
---(2a) dislocazione del disco con riduzione (click) si verifica quando il disco è leggermente
spostato in avanti (a causa di alterazioni della struttura del condilo stesso o del legamento che fissa
il disco al condilo) e quindi dislocato a bocca chiusa ma, a bocca aperta, il condilo si riposiziona in
sede; fintanto che il disco è dislocato il movimento del condilo è rallentato con deviazione
omolaterale della mandibola e, quando il disco viene “ricatturato”, il condilo produce un rumore di
schiocco o “ click”.
Da questo punto, poiché i rapporti condilo-disco si sono normalizzati, il movimento di apertura si
riporta sulla linea mediana e l’ampiezza è normale.
In chiusura il condilo perde di nuovo il rapporto con il disco e può produrre un nuovo rumore
articolare, configurandosi il quadro di click reciproco. Molti riferiscono di sentirlo solo in apertura,
pur essendo reciproco, ma questo perché in chiusura il rumore è meno forte a causa della minore
forza applicata.
Non tutti i click sono però legati ad incoordinazione, esistendone alcuni legati ad irregolarità
anatomiche (definiti click da lassità).
Da un punto di vista clinico, i sintomi / segni comprendono: (1) dolore all’ATM; (2) dolore riferito di
cefalea; (3) malocclusione (che non si sa bene se sia causa o conseguenza del click); (4) dolore
muscolare (il tipo di dolore più frequente in un paziente con click e può coinvolgere il m.digastrico,
pterigoidei, tiroioideo, ma sopprattutto massetere, temporale e m. della zona cervicobrachiale che
tengono in equilibrio la giunzione cranio-vertebrale→ a causa del coinvolgimento di questo ultimo
gruppo di muscoli, i pz con incoordinazione condilo-discale hanno spesso dolore cervico-brachiale );
(5) modificazione dell’andatura / postura per adattarsi a questa condizione.
---(2b) dislocazione del disco senza riduzione

(closed lock o locking)


si verifica quando, durante tutti i movimenti mandibolari, il disco rimane dislocato rispetto al
condilo.
E’ dovuta al ripetersi del click nel tempo, con conseguente sfaldamento del legamento laterale e
spostamento del disco sempre più avanti (ad ogni click, infatti, il disco viene spinto in avanti).Ad un
certo punto, il condilo non riesce più a ricatturarlo ( non c’è più la ricattura del disco) e il pz avverte
dolore e una limitazione dell’apertura della bocca→ la dislocazione non riducibile determina un
blocco dell’ATM colpita che, nella fase acuta, si manifesta con improvvisa e severa limitazione
all’apertura. Spesso il pz fa uso di antidolorifici e antiinfiamatori sotto consiglio del medico di base
e, andando incontro ad un miglioramento del dolore, continua ad usare l’articolazione in modo
normale portando ad un ulteriore spostamento del disco. Infatti quando questa condizione si
cronicizza si assiste ad un progressivo aumento dell’apertura della bocca per la riduzione del dolore
a discapito però di profonde alterazioni delle strutture disco-legamentose, può comparire dolore
cervicobrachiale.
Il rumore precedentemente presente, dovuto alla ricattura del disco, scompare, ma possono
comparire rumori articolari indicativi di modificazioni di tipo artrosico (l’osteoartrosi in tutto il
corpo è infatti una possibile conseguenza di un lock non trattato).
Inoltre, la perdita dei rapporti fisiologici condilo-disco provoca carichi anormali sulle strutture
articolari, determinando deformazioni, fissurazioni e lacerazione del disco, flogosi della zona
retrodiscale con successiva fibrotizzazione (pseudodisco) o perforazione; Se un pz con osteoartrosi
trasporta pesi oppure fa sforzi il dolore e la tensione possono aumentare.
--(3) artrosi disordine degenerativo caratterizzato dal deterioramento progressivo dei tessuti
connettivi ed ossei dell’articolazione temporo-mandibolare.
Si distingue un’artrosi primaria (senza causa identificabile) ed un’artrosi secondaria (con causa
identificabile).
La dislocazione del disco rappresenta un importante fattore di rischio per l’insorgenza dell’artrosi
secondaria, con una patogenesi di tipo meccanico, conseguente all’aumento dei carichi articolari o
a limitata capacità di adattamento che dà inizio al rimodellamento tissutale. Il rimodellamento, a
sua volta, è determinato dalla stimolazione delle cellule mesenchimali indifferenziate della zona di
proliferazione condilare. Il disco invece, privo di mesenchima indifferenziato, non subisce alcun
rimodellamento attivo e modifica la sua forma il più delle volte assottigliandosi fino ad arrivare nei
casi più gravi alla perforazione.
Il quadro iniziale dell’artrosi è caratterizzato dall’interessamento della cartilagine articolare con
progressiva distruzione della stessa (condromalacia) e delle superfici ossee (sclerosi).
Successivamente, il quadro patologico più tipico è rappresentato dalla produzione ossea e da aree
di osteolisi fino al possibile interessamento sub-condrale, con la formazione di pseudocisti.
Clinicamente è presente una limitazione funzionale, con dolore articolare ed il caratteristico
rumore di scroscio durante i movimenti mandibolari;
--(4) ipermobilità articolare si realizza per una eccessiva traslazione condilare;

--(5) lussazione della mandibola


condizione causata da lassità legamentosa ed incoordinazione muscolare, in cui il paziente resta a
bocca aperta e non riesce più a chiuderla.
La manovra di sblocco va effettuata a paziente disteso, con l’operatore che si posiziona in piedi alla
testa del paziente, ponendo i pollici in profondità e quanto più possibile indietro, abbracciando con
le mani la mandibola; a questo punto spinge in basso ed in avanti effettuando un movimento di
rotazione. Una manovra sbagliata è comunque priva di rischi (ad eccezione del dolore).
In caso di lussazione è fondamentale raccogliere l’ANAMNESI del pz e chidere: quando è successo,
quante volte, le altre volte che è successo cosa le hanno fatto poi effettuare E.O. e ESAMI
STRUMENTALI se necessari ( soprattutto RX). Se recidiva→ intervento chirurgico/ plastica)

-Clinica (1) dolore; (2) rumori articolari; (3) alterazioni e / o limitazioni dei movimenti.

-Trattamento distinguiamo:
--(1) fisioterapia;
--(2) terapia farmacologica:analgesici, miorilassanti(diazepam, clorazepam) e antiifiammatori(
ibuprofene)
--(3) terapia gnatologica; (splint diretti distraenti) per rieducare i movimenti mandibolari,
promuovere l’allungamento lento dei muscoli, ristabilire i corretti rapporti funzionali condilo-disco-
fossa, ridurre la compressione della zona bilaminare, consentire una fisioterapia attiva e passiva e
soprattutto promuovere la ricattura del disco e quindi il recupero del benessere stomatognatico.
--(4) terapia chirurgica è indicata solo nei disordini articolari e solo dopo il fallimento delle
terapie non chirurgiche, in presenza di severo dolore articolare cronico e limitazione funzionale.
Comprende: (1) artrocentesi (consiste nel lavaggio con soluzione fisiologica, in anestesia locale,
della camera articolare; è indicata nel lock e nell’artrosi); (2) artroscopia operativa (indicata nel
click e nel lock cronico); (3) chirurgia aperta (tramite artrotomia; permette un riposizionamento del
disco).

FRATTURE DEL COMPLESSO ZIGOMATICO


-Cenni di anatomia:
--localizzazione regione laterale della faccia, nel punto d’unione tra il mascellare, lo sfenoide, il
temporale ed il frontale;
--forma quadrangolare, con 2 facce, 4 margini e 4 angoli.
-Eziopatogenesi→ incidenti sportivi o aggressioni
-Classificazione distinguiamo:
Lo zigomo in base al trauma che riceve può spostarsi in tutte e 3 le direzioni dello spazio e si
possono avere fratture differenti, l’unica più particolare è la frattura dell’arco zigomatico
--(1) fratture segmentali della rima orbitaria inferiore lo spostamento zigomatico può avvenire:
(1) senza rotazione; (2) con rotazione laterale; (3) con rotazione mediale;
--(2) fratture pluriframmentate o complesse;
--(3) fratture dell’arco zigomatico associate o isolate.

-Clinica:
--generalità i segni clinici sono spesso mascherati dalla reazioni dei tessuti molli all’insulto
traumatico;
--segni clinici (1) edemi dei tessuti molli; (2) ecchimosi (questi due segni, fino a quando non
scompaiono, spesso non rendono visibili gli altri); (3) asimmetria della regione orbito-malare per
l’infossamento del pomello zigomatico e / o dell’arco zigomatico; (4) enoftalmo; (5) ptosi (palpebra
chiusa);

--complicanze (1) diplopia per disallineamento dei due occhi, perché lo zigomo entra afar parte
del pavimento orbitario (la porzione laterale) (2) limitazione nell’apertura della bocca (per
contusione dei capi muscolari del muscolo massetere, che si inseriscono sullo zigomo); (3) epistassi
nei casi di drenaggio del materiale ematico raccolto nel seno mascellare (emoseno).

Cosa più importante è la PALPAZIONE→ vari punti da palpare:


- si passa sul margine orbitario (zona sopracciglio)
- poi sul pilastro laterale dell’orbita
- poi sul margine inferiore ( se c’è la frattura si sentirà uno scalino); si può anche mettere un dito
all’interno della bocca e visto che lo zigomo confina con mascellare sentiremo una discontinuità
ossea all’interno del mascellare.

-Segni radiografici il focolaio di frattura appare contrassegnato da una linea radiotrasparente,


che corrisponde alla diastasi determinatasi fra i frammenti ossei; talora, invece, compare un’area
di maggiore opacità quando i 2 frammenti ossei si sovrappongono parzialmente, dando luogo ad
una immagine di falso addensamento della trabecolatura ossea; si può evidenziare inoltre un
eventuale emoseno, segno indiretto della frattura del pavimento dell’orbita.
Diagnosi→ TC massiccio facciale

-Cenni di trattamento:
--generalità ad eccezione delle fratture in cui non vi è alcuno spostamento, e che quindi non
necessitano di alcun trattamento, esse vanno in genere trattate mediante la riduzione e la
contenzione dei frammenti ossei con placche e viti e poi l’osso ci ricresce sopra (non suonano ai
metal detector, nemmeno in banca) e il trattamento non è quasi mai elettivo-immediato, in
quanto l’attesa consente un recupero delle condizioni generali e locali, favorevole all’attuazione
differita dell’intervento riparatore, che deve essere comunque programmato non oltre il 10°-15°
giorno dal trauma (per evitare il consolidamento viziato ed i danni relativi alla motilità oculare);

via d’accesso
- TERZO LAT DEL SOPRACCIGLIO o NELLA PIEGA DELLA PALPEBRA SUPERIORE→ per arrivare al pilastro dello
zigomo

- SUBPALPEBRALE (sotto) e SUBCILIARE→ per lo zigomo


- INCISIONE TRANSCONGIUNTIVALE→ utilizzata anche per andare a visualizzare la frattura del
pavimento dell’orbitra ( che può essere associata alla frattura dello zigomatico dato che la metà
laterale del pavimento dell’orbita è formata dall’osso zigomatico).
--via d’accesso (1) cutanea; (2) intraorale; (3) palpebrale; (4) sotto-palpebrale;

--tecnica ci si avvale dell’uncino di Ginestet, che viene introdotto al di sotto del margine inferiore
del corpo dello zigomo; imprimendo una forza adeguata all’uncino, è possibile far compiere all’osso
fratturato il percorso inverso a quello provocato dal trauma.

In un pz con frattura dello ZIGOMO dobbiamo stare attenti a valutare anche il pavimento dell’orbita in
quanto l’osso zigomatico ne compone la parte laterale.

In PS per vedere se ci sono problemi dell’occhio, a parte il videat oculistico, è necessario valutare eventuali
problemi a carico dei m. oculari dovuti ad intrappolamento nella frattura o ad irritazione→ se a carico di un
solo occhio causa DIPLOPIA valutabile facendo seguire con lo sguardo un oggetto così si riesce a valutare sia
se l’occhio è mobile e inoltre accertare la presenza di un’eventuale diplopia (chiedo al pz di riferirmi quando
si accentua la diplopia, in quanto il momento in cui si accentua saremo in vicinanza del muscolo che è
deficitario come retto inf e obliquo inf)

In genere si tratta di fratture blow-out→ perché il trauma del globo oculare causa un cedimento del
pavimento verso il basso, quindi dentro il seno mascellare. Per la ricostruzione del pavimento si cerca di non
utilizzare mesh in titanio in quanto inestensibili e un possibile nuovo trauma sempre a questo livello andrà a
ledere il bulbo oculare e non più il pavimento. Quindi se la frattura è piccola cerchiamo di riportarla in alto
con una lamina di collagene con possibilità di rigenerare l’integrità ossea. Se il buco è un po' + grande si
mettono delle laminette di sostituto osseo, solitamente suino o bovino, e si ricostruisce con quella piuttosto
che il titanio.

TRATTAMENTO FRATTURA PAVIMENTO


- in caso di fratture piccole→ si usa una membrana di pericardio bovino liofilizzato
- se frattura + grande→ si usa osso di suino deantigenato
- per fratture estremamente grandi→ retina in titanio preformata che ha la forma del pavimento
orbitario e si può attaccare al margine orbitario per tenerlo fisso.
ACCESSO CHIRURGICO FRATTURA PAVIMENTO:
- TRANSCONGIUNTIVALE→ con un incisione sulla congiuntiva si arriva direttamente sull’osso e poi
si esplora; è consigliabile perfratture non molto grandi
- SOTTOPALPEBRALE→ se ben suturata non crea nessun problema a distanza di tempo
- SUBCILIARE→ va qualche millimetro sotto alle ciglia ( non tutti la utilizzano)

Più rare sono fratture blow-in→ dove il pavimento si rompe verso l’alto.

All’E.O.→ diplopia, edema sottopalpebrale e enoftalmo; aumentando le dimensioni del contenitore


l’occhio tende a rientrare, però questo non accade nei primi momenti quando c’è tumefazione tissutale ma
quando la tumefazione si risolve. Spesso il pz si presenta con occhio chiuso e alla palpazione è possibile
apprezzare un crepitio causato dall’aria che è entrata dal seno mascellare, infatti pz con questa frattura
sanguina a livello del seno mascellare poi il sangue viene drenato nel naso spingendolo a soffiarsi il naso e a
causa di questa manovra il pz stesso pompa aria all’interno della cavità orbitaria, quindi presenterà
enfisema sottocutaneo→ invitare il pz a non ripetere più la manovra→ aria arriva dal seno mascellare e va
nella frattura del pavimento
occhio gonfio e chiuso per edema sottocongiuntivale delle palpebre.

In caso di coinvolgimento dell’ARCO ZIGOMATICO i pz spesso non riescono ad aprire la bocca o


presentano difficoltà→ questo è dovuto al fatto che la rottura porta al contatto dell’osso con la
coronoide mandibolare posta medialmente con conseguente impedimento meccanico.
Inoltre: arco zigomatico fa da ponte tra zigomo e il temporale e non si può aggredire direttamente
perché qui passa il nervo che dà innervazione per il movimento di metà volto→ per questo si fa un
accesso indiretto→ si entra con un piccolo elevatore dalla parte del temporale e poi sentiamo
l’arco zigomatico e lo riposizioniamo non lo conteniamo.

FRATTURE DELL’ORBITA
-Pareti orbitarie più suscettibili di frattura (1) parete inferiore; (2) parete mediale.

-Classificazione delle fratture del pavimento orbitario distinguiamo:


--(1) fratture senza scoppio dell’orbita si realizzano nel corso di una frattura dello zigomo, del
mascellare o di un fracasso facciale, per traumi indiretti sulla regione orbitaria;
--(2) fratture con scoppio dell’orbita si verificano per traumi isolati dell’orbita e si dividono in
fratture “blow-out” ed in fratture “blow-in” a seconda che il frammento fratturato si depiazzi
rispettivamente all’esterno o all’interno della cavità orbitaria. Le fratture blow-out si dividono
inoltre in pure ed impure: nel primo tipo è presente la frattura della parete inferiore con integrità
del margine periferico, mentre nelle seconde è presente la frattura del margine orbitario inferiore,
cui consegue quella del pavimento orbitario.

-Fratture naso-orbitarie “a telescopio” [da sbob] così chiamate dal momento che un trauma
interessante laregione frontale della faccia causa la rottura delle celle dell’etmoide con
conseguente rientranza della regione stessa. Questo tipo di fratture possono causare il
TELECANTO→ a livello dell’osso lacrimale si inseriscono i due canti che sono i legamenti che
quando chiudiamo gli occhi stirano i sacchi lacrimali per far defluire le lacrime; danno l’ancoraggio
della palpebra a livello mediale→ quindi una frattura a questo livello andando a rompere
l’ancoraggio fornito da questi tendini causa una DISTOPIA orbitaria, cioè vedremo le due palpebre
diverse tra di loro, perché la parte mediale del canto non ha più sostegno e si muove
→ inoltre queste fratture sono causa di RINOLIQUORREA poiché la rottura della lamina cribrosa
etmoidea può determinare una lacerazione/ fistolizzazione dalla dura madre verso la cavità nasale
con perdita di liquido cefalo-rachidiano per via nasale.

-Eziopatogenesi questa condizione è dovuta ad un agente traumatico diretto sul globo oculare,
che trasmette la sua energia alle pareti della cavità orbitaria; la struttura più fragile è il pavimento
dell’orbita, il quale può fratturarsi e consentire il prolasso del contenuto orbitario nel seno
mascellare, al fine di proteggere il bulbo oculare da un eventuale scoppio.

-Clinica distinguiamo:
--(1) sintomi soggettivi (1) algia locale; (2) diplopia; (3) alterazione del visus; (4) alterazione
della sensibilità a carico della regione innervata dalla seconda branca del V paio di nervi cranici;
--(2) sintomi obiettivi (1) enoftalmo; (2) edema; (3) ecchimosi congiuntivali e palpebrali; (4)
oftalmoplegia (limitazione della motilità estrinseca del globo oculare).
-Diagnosi comprende:
--(1) diagnosi clinica la presenza di edema ed ecchimosi può mascherare temporaneamente gli
altri segni;
--(2) test della trazione forzata rappresenta il cardine diagnostico nella diagnosi della
limitazione del muscolo retto inferiore e, previa instillazione congiuntivale di gocce di anestetico,
consiste nell’afferrare con una pinzetta l’inserzione sclerale del muscolo e saggiarne la motilità;
--(3) diagnosi radiografica la radiografia tradizionale consente una generica valutazione della
frattura e dell’emoseno associato alla stessa, mentre la TC è la tecnica di scelta.

-Trattamento:
--generalità la ricostruzione chirurgica della parete mediale ed inferiore dell’orbita deve essere
attuata entro 10-15 giorni dal trauma, eccetto che nei casi di incarceramento muscolare dove è
necessario intervenire entro 12-24 ore;
--accessi (1) congiuntivali; (2) cutanei.

FRATTURE DELLA MANDIBOLA

GENERALITA’

-Cenni sull’anatomia / fisiologia di apertura e chiusura buccale (domanda d’esame):


--(1) apertura buccale è secondaria all’attivazione di 3 gruppi di muscoli: (1) muscolo digastrico
(il quale forma un’arcata che unisce la mandibola al processo mastoideo mediante 2 ventri uniti da
1 tendine intermedio, che si fissa all’osso ioide); (2) muscolo miloioideo; (3) muscoli pterigoidei
esterni (si tratta di muscoli a forma di piramide che si portano dal cranio alla mandibola: sono distinti
in un capo superiore ed inferiore, da considerarsi come entità anatomo-funzionali distinte: il capo
superiore si distacca dalla faccia infratemporale della grande ala dello sfenoide, mentre quello
inferiore dalla faccia laterale della lamina laterale del processo pterigoideo; i 2 capi si fondono in un
unico ventre che si inserisce sul condilo della mandibola). Da un punto di vista fisiologico, in una
mandibola corta (come quella umana) non è sufficiente un movimento rotatorio (sarebbe altrimenti
necessaria una mandibola lunga mezzo metro), ma si rende necessario un movimento di roto-
traslazione. Il movimento di rotazione è mediato soprattutto dall’attivazione del digastrico, che
abbassa la mandibola; la roto-traslazione è dovuta, oltre che al muscolo digastrico, all’attivazione
dei muscoli pterigoidei esterni: in particolare, se si contrae un solo lato, la mandibola è spostata in
avanti e dal lato opposto, mentre una contrazione bilaterale determina uno spostamento in avanti
della mandibola;
--(2) chiusura buccale è secondaria all’attivazione di 2 gruppi muscolari: (1) muscolo massetere
(teso tra l’arcata zigomatica e l’angolo della mandibola); (2) muscolo temporale (che origina dalla
faccia laterale del cranio e si porta al ramo della mandibola).

-Classificazione (in base alla sede) distinguiamo:


--(1) fratture del condilo (1) fratture della testa del condilo; (2) fratture del collo del condilo; (3)
fratture sub-condilari;
--(2) fratture del corpo mandibolare;
--(3) fratture dell’angolo mandibolare;
--(4) fratture della regione parasinfisaria;
--(5) fratture del ramo mandibolare;
--(6) fratture dell’apofisi coronoide.

-Epidemiologia le fratture del condilo sono le più frequenti (33% delle fratture mandibolari) ad
esempio nel bambino che cade dalla bici e sbatte il mento a terra e se non trattata porterà a delle
deformazioni con conseguenze a livello della simmetria facciale.
[Da sbob] molto frequenti anche le rotture dell’angolo, in quanto a questo livello sono presenti i
denti del giudizio che, molto spesso, tendono a rimanere inclusi nella mandibola e a non erompere,
determinando così una regione di debolezza strutturale dell’osso.

-Eziopatogenesi:
--cause principali (1) traumi per incidenti stradali o sportivi; (2) patologie sottostanti (neoplasie
benigne o maligne, cisti); (3) manovre iatrogene es.estrazione di un dente; (4) lesioni chimiche da
bifosfonati;
--meccanismo distinguiamo traumi diretti (maggior parte dei casi) e traumi indiretti (soprattutto
nelle fratture di condilo: ad esempio, nel trauma della sinfisi della mandibola, può accadere che la
mandibola si fratturi a livello della sinfisi stessa o che tutta l’energia venga scaricata sul condilo e
che, essendo un punto di minore resistenza, a quel livello si verifichi la frattura).

-Esame clinico comprende:


--(1) anamnesi importante sapere ad esempio se il paziente è HIV+ o se fa uso di droghe
endovena;
--(2) ispezione sia extra-orale (alla ricerca di EDEMI e ECCHIMOSI etc) sia intra-orale;
- BOCCA SEMIAPERTA→ perché pz ha dolore oppure ha proprio una malocclusione e i denti
toccheranno male→ può determinare SCIALORREA in quanto aprendo la bocca la parotide
aumenta la produzione di salivariva
- LACERAZIONI GENGIVALI
- ALTERAZIONI EUTIMIA VOLTO
- una cosa costante è ALTERATA OCCLUSIONE DEI DENTI

--(3) prove di funzionalità si chiede al paziente di aprire e chiudere la bocca per valutare cosa
succede e se c’è un coinvolgimento dell’ATM; occorre quindi valutare la sensibilità dell’area colpita,
mediante valutazione delle strutture nervose che innervano il viso (trigemino, con la terza branca
per la mandibola e la seconda per il mascellare; facciale, per la motilità dei muscoli mimici).
Nel post operatorio facciamo fare al pz 2 espressioni facciali→ “BACETTO” e “SORRISO A LABBRA
SOCCHIUSE” che ci servono per valutare eventuali lesioni del nervo faciale.

-Esami strumentali comprendono:


--I livello ortopanoramica (che tuttavia non si trova nei PS);
--II livello TC (esame di elezione nel caso di paziente con sospetta frattura mandibolare in PS);
una TC particolare è la cone beam, ovvero una TC a fascio conico che viene utilizzata in ambito
maxillo-facciale ed odontoiatrico; e ha minor quantitativo di radiazioni (si usa in pediatria);
è bene distinguere il telecranio (esame che viene fatto a distanza di 1.6 m dal cranio) dal cranio
(che invece viene eseguito da vicino e fornisce immagini maggiormente distorte);
--III livello elettromiografia (per valutare la funzionalità muscolare), elettrognatografia (per
valutare la funzionalità della mandibola) e RM (per valutare la reazione delle strutture
connettivali).

-Diagnosi è basata su due momenti: (1) sospetto diagnostico (esame clinico); (2) conferma
diagnostica (esami strumentali).

-Trattamento distinguiamo:
--(1) trattamento incruento BIM (bloccaggio intermascellare), usato rarissimamente;
--(2) trattamenti cruenti esposizione, riduzione e contenzione; l’accesso è prevalentemente
trans-orale o si sfrutta il taglio che il pz ha già→ tutte le incisioni sono all’interno della bocca, (in
prima battuta si fa a livello della mucosa, a livello del fornice) esternamente non si vede nulla e
questo rende la contenzione molto difficoltosa; unico accesso esterno che si fa è per l’angolo della
mandibola.
Dopo l’incisione si fa esposizione della frattura e osteosintesi con viti e placca; Transbuccale→ un
attrezzo che serve a far passare il trapano da fuori, cercando di stare attenti al nervo mandibolare(
è una branca del trigemino, prevalentemente sensitivo) che da il ramo alveolare inferiore e media
la sensibilità dei denti dell’arcata inf, del labbro inf e della cute del mento ( altri rami del
mandibolare sono n. alveolare sup e n. linguale) e la mobilità lo da il n. facciale.
→ sulla MANDIBOLA si utilizzano sempre 2 placche in quanto su di essa agiscono dei muscoli molto
potenti e tra le placche si utilizzano quelle più grandi da 2.0 di diametro; si posizionano una
parallela all’altra e perpendicolari alla rima di frattura, se la frattura è + grande si utilizzano o +
placche o una + grande.

FRATTURE DEL CONDILO MANDIBOLARE

fratture del condilo sono le più frequenti tra le fratture della mandibola (33% delle fratture
mandibolari) ad esempio nel bambino che cade dalla bici e sbatte il mento a terra e se non trattata
porterà a delle deformazioni con conseguenze a livello della simmetria facciale.
-Classificazione distinguiamo:
--(1) classificazione in base alla lateralità (1) monocondilare; (2) bicondilare;
--(2) classificazione in base alla sede (1) testa; (2) collo; (3) sub-condilari;
--(3) classificazione in base alle caratteristiche (1) monoframmentata; (2) pluriframmentata; (3)
composta; (4) scomposta senza dislocazione; (5) scomposta con dislocazione del condilo.

-Risvolti clinici in caso di rottura di un condilo, il paziente riuscirà a muovere la mandibola in


senso omolaterale alla rottura, ma non controlateralmente, in quanto il movimento omolaterale è
mediato dal muscolo pterigoideo esterno controlaterale alla lesione, che è sano (esempio: in caso
di rottura del condilo di destra, il paziente riuscirà a muovere la mandibola verso destra perché il
muscolo pterigoideo responsabile è il sinistro; viceversa, non riuscirà a muovere la mandibola
verso sinistra, perché il muscolo pterigoideo destro non funziona).
Inoltre, all’apertura buccale la mandibola devierà verso il lato omolaterale alla lesione, ed alla
chiusura buccale i denti toccheranno prima il lato omolaterale alla lesione.
→ frattura condilo dx→ se chiude la bocca i denti toccano prima a dx, se gli chiediamo di aprire la
bocca la mandibola devia a dx perché questo è dovuto alla muscolatura coinvolta in questi
movimenti, i m. responsabili sono i pterigoidei esterni.

-Diagnosi comprende:
--(1) ispezione extra-orale permette di rilevare alterazioni dell’eutimia del viso; in particolare:
(1) nelle fratture monocondilari può essere presente un’asimmetria sul piano frontale, con
spostamento del mento verso il lato fratturato; (2) le fratture bicondilari possono causare una
retrusione del mento sul piano sagittale; inoltre nelle fratture bicondilari il paziente tenderà a
mantenere la bocca aperta, con abbondante scialorrea (alla ricerca di una posizione antalgica);
--(2) ispezione endorale (1) nei casi di fratture condilari mono-laterali potrà essere rilevabile
una deviazione della linea mediana verso il lato della frattura, con un precontatto occlusale
monolaterale ed un morso aperto controlaterale; (2) nei casi di fratture condilari bilaterali si potrà
osservare un morso aperto anteriore e laterale, con precoce contatto degli elementi dentali
posteriori e spostamento all’indietro della mandibola;
--(3) valutazione funzionale dell’ATM rilevazione di limitazioni all’apertura della bocca (per il
resto vedi “risvolti clinici”);
--(4) palpazione la funzionalità condiloidea viene indagata ponendo un dito all’interno del
condotto uditivo esterno, attraverso il quale la testa del condilo può essere facilmente palpata,
sollecitando il paziente ad effettuare alcuni movimenti di apertura e chiusura della bocca;
mediante la palpazione sarà possibile, nei casi di frattura con dislocazione, percepire la sensazione
di “glenoide disabitata”, indicativa della fuoriuscita della testa del condilo dalla cavità glenoide;
--(5) esami strumentali (1) ortopanoramica; (2) TC.

-Complicanze malconsolidamento dei frammenti con conseguente deformazione dei capi


articolari (qualora tale complicanza intervenga in età di crescita, può associarsi inoltre ad una
anomalia dento-scheletrica nei tre piani dello spazio).

-Trattamento:
1. BLOCCAGGIO INTERMASCELLARE→ si passa un filo d’acciaio sopra i denti ai quali si unisce
tramite dei filetti d’acciaio e si va a bloccare il pz per 40 gg
2. PLACCHE o VITI che bloccano il condilo
3. FISSATORE RIGIDO ESTERNO→ si mette un pin sulla testa del condilo, un altro pin sulla
mandibola e a quel punto si blocca il pz con un asticella centrale, dopo circa 20 gg si può rimuovere
svintandolo ( si dà tempo al condilo di formare un callo osseo)→ condilo così non si ferma
completamente e si può riadattare con masticazione del pz.
--tecniche (1) terapia funzionale con trazioni elastiche propulsive; (2) attivatori occlusali;
--vie di accesso (1) via pre-auricolare; (2) via sottomandibolare; (3) via endorale.
Nel post operatorio facciamo fare al pz 2 espressioni facciali→ “BACETTO” e “SORRISO A LABBRA
SOCCHIUSE” che ci servono per valutare eventuali lesioni del nervo faciale.

CONTUSIONI DELL’ATM

-Strutture ossee coinvolte (1) condilo della mandibola; (2) cavità glenoide; (3) tubercolo
zigomatico.

-Eziologia traumi (come pugni o anche schiaffi o cadute sul mento).

-Esame clinico:
--generalità (1) tumefazione; (2) arrossamento; (3) dolore; (4) ematoma; (5) edema; (6)
limitazione funzionale (in caso di edema delle componenti articolari si verifica un distanziamento
delle stesse, per cui la bocca non si chiude bene);
--diagnosi differenziale tra edema ed ematoma a distanza di 2-3 giorni dal trauma ed in
seguito a terapia anti-infiammatoria, se il quadro scompare si tratta di edema, altrimenti si pensa
ad un ematoma.

-Esami strumentali la contusione non è visibile né all’ortopanoramica né alla TC (ad eccezione di


alcuni segni indiretti), motivo per cui è molto più utile la RM. Bisogna comunque eseguire come
esame di I livello un’ortopanoramica per escludere una frattura.

-Algoritmo diagnostico-terapeutico (1) sospetto clinico di frattura del condilo; (2)


ortopanoramica come esame di I livello; (3) osservazione clinica e terapia anti-infiammatoria; (4)
attesa di 2-3 giorni per capire se si tratta di edema o di ematoma; (5) RM per valutare la presenza
di versamento; (6) in caso di emartro, evacuazione chirurgica.

FRATTURE MASCELLARI
-Classificazione distinguiamo:
--(1) fratture interessanti le arcate alveolo-dentarie fratture del mascellare superiore, a loro
volta divise in: (1) fratture alveolo-dentarie; (2) fratture trasversali o orizzontali (Le Fort I, II, III); (3)
fratture sagittali; (4) fratture associate;
--(2) fratture non interessanti le arcate alveolo-dentarie fratture del complesso orbito-malare e
fratture dello scheletro nasale.

-Fratture alveolo dentarie sono caratterizzate da fratture della corona del dente con o senza
esposizione della polpa.

-Fratture trasversali il mascellare superiore presenta delle linee di debolezza, studiate da Le


Fort; in particolare (vedi anche immagine):
--(1) linea I di Le Fort decorre dal margine laterale dell’apertura piriforme, passa lateralmente
sopra la fossa canina, quindi sopra i contrafforti zigomatici, le pareti laterali del seno mascellare, e
arriva fino al tuber maxillae attraverso la fessura pterigo-mascellare fino al terzo inferiore dei
processi pterigoidei; fratture lungo questa linea sono causate da un agente traumatico che colpisce
il mascellare a livello del labbro superiore (in corrispondenza della spina nasale) e possono essere
mono o bilaterali; è chiamata anche “frattura a dentiera” perché il frammento che ne risulta è
simile ad una protesi completa superiore;
--(2) linea II di Le Fort decorre dal terzo medio delle ossa nasali in basso da ciascun lato
attraverso i processi frontali del mascellare superiore, le ossa lacrimali, il margine orbitario
inferiore, il forame infraorbitario, la parete del seno mascellare, il tuber maxillae ed i processi
pterigoidei nel terzo medio; (parte sempre a livello del nasion per portarsi lateralmente ad interessare il
mascellare e lo sfenoide, segue sullo zigomo per poi piegare in basso sul mascellare e infine indietro a
disgiungere le pterigoidi dallo splancnocranio)

fratture lungo questa linea sono causate da un violento agente traumatico che colpisce lo scheletro
facciale in corrispondenza del dorso del naso.
Tra sintomi e segni ricordiamo: (1) edema delle parti molli; (2) ecchimosi periorbitarie bilaterali; (3)
ecchimosi sottocongiuntivali bilaterali limitate alla metà mediale dell’occhio (d.d. con Le Fort III);
(4) deformità del dorso nasale; (5) enoftalmo; (6) epistassi;
--(3) linea III di Le Fort decorre dalla sutura fronto-nasale alle ossa nasali e lacrimali, lungo le
sottili pareti orbitali dell’etmoide, intorno al forame ottico e il lato mediale del margine posteriore
della fessura orbitale inferiore da dove segue contemporaneamente 2 vie: una in basso attraverso
la parte superiore della faccia posteriore del mascellare sino al terzo superiore dei processi
pterigoidei, l’altra si porta in alto attraverso la parete laterale dell’orbita, la sutura fronto-
zigomatica e la sutura temporo-zigomatica; (segue le zone di minor resistenza a livello cranico, e causa
una divisione dello splancnocranio dal neurocranio; parte dal nasion e discende a livello del mascellare e
dell’ala dello sfenoide, segue sullo zigomo e posteriormente separa le pterigoidi dallo splancnocranio)

fratture lungo questa linea sono causate da un agente traumatico violento che agisce verso la
regione laterale della faccia, portando al cosiddetto distacco cranio-facciale (essendo interessate
tutte le suture che uniscono lo scheletro facciale alla base del cranio).
Tra sintomi e segni ricordiamo: (1) edema delle parti molli; (2) ecchimosi periorbitarie bilaterali; (3)
ecchimosi sottocongiuntivali interessanti tutti l’occhio (d.d. con Le Fort II); (4) deformità del dorso
nasale; (5) enoftalmo; (6) epistassi; (7) mal occlusione dentale post-traumatica.
-Fratture sagittali o verticali frattura di Lannelongue o disgiunzione intermascellare (diastema
fra i denti).

-Diagnosi clinica ed indagini radiologiche (radiografie in varie proiezioni e TC).

-Trattamento (con riferimento alle fratture trasversali) (1) profilassi delle complicanze infettive;
(2) riduzione; (3) contenzione; (4) [da sbob] nella Le Fort III è necessario inserire pinze in fossa
nasale e nel palato (che servono per mobilizzare in avanti ed in alto tutto lo splancnocranio in
blocco per poi sintetizzarlo con delle placche), mentre nel bloccaggio intermascellare vengono
utilizzate sferule (ovvero “stecche di acciaio” che vengono modellate sia sull’arcata mascellare che
mandibolare e presentano dei gancetti che consentono di fissarle mediante un filo metallico
attorno al dente; solo dopo aver creato questo bloccaggio andremo a riparare le altre fratture).

-Complicanze e relativa terapia (1) pseudoartrosi (dovuta al mancato saldamento dei


frammenti ossei a causa di una contenzione difettosa; a volte richiede l’impiego di innesti per
colmare il “gap” formatosi); (2) osteite interframmentaria (è la conseguenza di una “toilette” non
accurata per cui va ripetuta quest’ultima); (3) fratture consolidate in vizio di posizione (si effettua
una osteotomia lungo la linea di frattura, seguita dal normale trattamento delle fratture); (4)
perdita di sostanza (il trattamento consiste nell’esecuzione di innesti di osso).

FRATTURE NASO-ETMOIDO-ORBITARIE [NOE]


-Eziologia sono dovuti a traumi antero-posteriori dello spazio inter-orbitario (spazio definito
dalle ossa nasali, dalle pareti mediali delle orbite e dal pavimento della fossa cranica anteriore).
Traumi a questo livello possono determinare anche gravi lesioni delle strutture contigue (in
particolare encefalo e strutture oculari) ed altre fratture del volto (delineando il quadro delle
fratture panfacciali).

-Classificazione di Markowitz (in base alla misura del frammento osseo centrale, ove si trova il
legamento cantale mediale) distinguiamo:
--(1) tipo I presenta un singolo frammento centrale del bordo orbitario mediale, con il
legamento cantale inserito sulla cresta lacrimale;
--(2) tipo II sono presenti multipli frammenti della cornice orbitaria mediale, con il frammento
ove si inserisce il canto di dimensioni sufficienti;
--(3) tipo III presenta un alto grado di comminuzione del frammento centrale, con il frammento
che porta il legamento ridotto di dimensioni e quindi difficilmente riposizionabile (raramente il
legamento cantale mediale può essere del tutto avulso).

-Epidemiologia le fratture NOE isolate non sono molto frequenti; il 90% di esse è associato ad
altre fratture facciali ed i 2 / 3 delle fratture sono bilaterali.

-Conseguenze fisiopatologiche comprendono:


--(1) lesioni cerebrali, fistole durali e rinoliquorrea in seguito al coinvolgimento del tetto della
regione inter-orbitaria, una zona di debolezza dove la dura madre è strettamente aderente;
--(2) lesioni del nervo ottico in seguito al coinvolgimento della parete mediale dell’orbita (molto
fragile), con estensione fino alla parte mediale del pavimento orbitario e quindi all’apice orbitario;
--(3) telecanto post-traumatico (malformazione caratterizzata dalla maggiore distanza tra i canti
mediali degli occhi) per depiazzamento laterale del tendine cantale mediale (a sua volta
secondario alla dislocazione di un frammento osseo su cui il tendine è inserito).

-Clinica distinguiamo:
--(1) sintomi soggettivi (1) algia locale; (2) diplopia; (3) alterazione del visus; (4) alterazione
della motilità oculare;
--(2) sintomi obiettivi (1) epistassi; (2) telecanto traumatico; (3) enoftalmo; (4) ecchimosi
congiuntivali / palpebrali “a farfalla” o “a panda”; (5) edema; (6) ematoma orbitario / peri-
orbitario; (7) limitazione della motilità estrinseca del globo oculare; (8) rinoliquorrea.

-Diagnosi distinguiamo:
--(1) diagnosi clinica spesso resa difficoltosa dall’edema ecchimotico e dalle lesioni dei tessuti
molli della regione (per il resto vedi “clinica”);
--(2) diagnosi strumentali la TC rappresenta il gold standard.

-Trattamento:
--finalità corretto riposizionamento del frammento ove è inserito il legamento cantale mediale,
al fine di ristabilire la distanza inter-cantale preesistente al trauma;
--via d’accesso (1) coronale; (2) congiuntivale; (3) endorale;
--tecnica riduzione e contenzione dei frammenti mediante fissazione rigida interna e cantopessi
trans-nasale.

MALFORMAZIONI CRANIOFACCIALI
-Classificazione eziopatogenetica distinguiamo:
--(1) schisi provocate dalla mancata fusione dei processi embrionali;
--(2) disostosi alterazione di sviluppo a livello dei centri di ossificazione;
--(3) sinostosi prematura chiusura delle suture.

-Classificazione di Tessier si tratta di una classificazione che divide le malformazioni secondo la


loro sede anatomica, rispetto ad un asse mediano del viso, numerandole progressivamente da 0 a
14. L’orbita, essendo comune al cranio ed alla faccia, è stata utilizzata come riferimento, con le
schisi localizzate al di sopra della fessura palpebrale considerate come “craniche”, mentre quelle
che interessano il distretto al di sotto della fessura palpebrale sono considerate come “facciali”.

-Ipertelorismo (o telorbitismo):
--definizione aumento della distanza interorbitale;
--epidemiologia può presentarsi isolata, ma più frequentemente è associata ad altre anomalie;
--caratteristiche cliniche distopia orbitaria (dislocaizone)(per aumento della distanza
interorbitaria, intercantale interna ed esterna ed interpupillare);
--caratteristiche morfologiche eccessivo sviluppo in larghezza dei seni etmoidali (che si limita
solitamente alla porzione anteriore);
--diagnosi esame clinico e radiografico (mediante una proiezione postero-anteriore);
--trattamento approccio combinato intra ed extra-cranico (con asportazione delle porzione
etmoidale eccedente).

-Sinostosi craniofacciali (generalità e classificazione) come notato da Virchow, quando si ha


una craniostenosi si verifica un arresto di crescita in direzione perpendicolare alla sutura
interessata e la crescita procede in direzione parallela; possiamo distinguere sinostosi che
interessano esclusivamente la volta cranica (craniostenosi) o che coinvolgono anche il distretto
maxilofacciale (craniofaciostenosi).

-Craniostenosi:
- è una saldatura precoce delle suture
- origina durante la gravidanza( in età embrionale)

--tipologie (1) pachicefalia (dovuta alla prematura fusione della sutura lambdoidea o parieto-
occipitale; si caratterizza per un appiattimento della regione occipitale con uno sviluppo
compensatorio della regione omolaterale anteriore); (2) scafocefalia (dovuta alla prematura
fusione della sutura sagittale o inter-parietale; viene arrestata la crescita in larghezza del cranio,
mentre si determina un allungamento dello stesso in senso antero-posteriore); (3) trigonocefalia
(dovuta a prematura fusione della sutura metopica o inter-frontale; si caratterizza per la
formazione di una cresta anteriore, con la forma del frontale che diventa triangolare; in questo
caso l’osso frontale entra a far parte della costituzione dell’orbita nella sua regione supero-laterale,
con la parte superiore dell’orbita che appare molto stretta); → ch.maxillo facciale serve perché
osso frontale entra a fare parte della costruzione dell’orbita nella sua regione superolaterale e la
parte sup dell’orbita è molto stretta;(4) plagiocefalia (dovuta alla prematura fusione della sutura
emicoronale; si viene a creare una malformazione asimmetrica che coinvolge sia il volto che il
distretto orbitario superiore);lato controlaterale è ipersviluppato; (5) brachicefalia e
acrobrachicefalia (dovute alla prematura fusione della sutura fronto-parietale o bicoronale; si
caratterizza per un accorciamento sul piano sagittale ed una crescita compensatoria verso l’alto o
in larghezza); (6) oxicefalia (forma del cranio appuntita e sviluppata verso l’alto per un
coinvolgimento contemporaneo di più suture);
--terapia rimozione delle suture interessate (per decomprimere la massa cerebrale ed il
ripristino della normale morfologia del cranio e del massiccio facciale). E’ consigliabile intervenire il
più precocemente possibile (da 3 mesi a massimo 1 anno), in quanto il cervello tende a duplicare il
suo volume entro il sesto mese di vita (triplicandolo all’anno di vita); l’accesso è sempre
intracranico mediante un’incisione mono o bicoronale. Segue il riposizionamento dei lembi ossei.
E’ bene distinguere comunque le craniostenosi suturali da quelle posizionali (dovute ad un
incuneamento particolare), in quanto le prime vengono appunto trattate con la chirurgia, mentre
le seconde con la fisioterapia.
VERA→ dipende dalla saldatura precoce → è più grave
FALSA→ dipende dal posizionamento del bambino, perché osso del bambino appena nato si
modellano ( es. se dorme sempre da un lato).

-Craniofaciostenosi:
--caratteristiche comuni ad entrambe le sindromi incluse (1) prematura fusione delle suture
della volta cranica; (2) ipoplasia a livello mascellare e zigomatico; (3) esorbitismo di vario grado;
--conseguenze funzionali comuni ad entrambe le sindromi incluse (1) aumento della pressione
intracranica; (2) possibile ritardo mentale; (3) problemi oculari; (4) problemi respiratori;
--modalità di trasmissione di entrambe le sindromi incluse autosomico dominante;
--sindrome di Crouzon caratterizzata da: (1) interessamento simultaneo della sutura coronale,
sagittale e lambdoidea; (2) rilevamento del bregma; (3) depressione dello sfenoide ed altre
alterazioni (che possono contribuire a ridurre il volume delle orbite); (4) rapporti di terza classe a
livello dentale (a causa dell’ipoplasia mascellare);
--sindrome di Apert caratterizzata da: (1) esclusivo interessamento della sutura coronale; (2)
ipoplasia del terzo medio della faccia; (3) sindattilia delle mani e dei piedi; (4) rapporti di terza
classe a livello dentale.

-Microsomia emifacciale:
--definizione alterazione dello sviluppo delle strutture scheletriche, nervose, vascolari e
muscolari derivate dal I e dal II arco branchiale;
--epidemiologia è per incidenza seconda solo alla labiopalatoschisi;
--eziologia [da sbob] si tratta di alterazioni embrionarie ma non genetiche (nel senso che non è
riscontrabile una forma di trasmissibilità);
--meccanismo fisiopatologico [da sbob] è bene comprendere come, a partire da un’alterazione
di tipo embrionario, faccia seguito un’alterazione secondaria dovuto ad un deficit di crescita
funzionale;
--strutture principalmente interessate (1) articolazione temporo-mandibolare (in particolare a
livello del condilo, per alterazione del II arco branchiale); (2) ramo mandibolare; (3) osso
mascellare; (4) osso malare; (5) muscoli e strutture nervose corrispondenti; (6) padiglione
auricolare (per alterazione del I arco branchiale); (7) orecchio medio; (8) ghiandola parotide; (9)
osso temporale; (10) muscolo temporale;
--trattamento (generalità) per avere una più specifica quantificazione del deficit funzionale
presente, viene effettuato uno studio elettromiografico ed elettrognatografico del sistema
masticatorio e mimico facciale. Il protocollo varia in base all’età ed al tipo di malformazione: (1) nei
pazienti in età di crescita il trattamento prevede l’impiego di un attivatore per stimolare
l’accrescimento del complesso maxillo-mandibolare nei tre piani dello spazio. A distanza di un anno
vengono effettuati controlli radiografici per valutare l’efficacia della terapia funzionale; (2) nei
pazienti in età di crescita ma con malformazioni gravi, è necessario associare alla terapia
funzionale quella chirurgica; (3) nei pazienti con età > 10 anni si procede, come negli adulti, alla
ricostruzione ed al riposizionamento di tutte le strutture coinvolte dal processo malformativo;
--trattamento (tecniche; da sbob) (1) osteodistrazione (è stato l’update fino a 10 anni fa e
consiste nella rottura dell’osso e nell’introduzione di un apparecchio, detto appunto distrattore,
che allunga l’osso); (2) innesto costale (sta lentamente scomparendo e consiste in un prelievo di
costola con sostituzione dell’articolazione deficitaria; il problema di questa terapia è la difficoltà nel
controllare la crescita della costola e di conseguenza governare la simmetria e la funzione); (3)
protesi mandibolare (si tratta del trattamento maggiormente update nella letteratura
internazionale); (4) attivatori con elastici (per l’alterazione secondaria dovuta al deficit di crescita
funzionale; essendo questi attivatori asimmetrici, costringono l’articolazione deficitaria ad
esercitare una forza maggiore rispetto alla controlaterale, stimolandone la crescita. Esempio: in
caso di mal funzionamento dell’articolazione di destra, con l’attivatore si sposta la mandibola a
sinistra in modo tale che, ogni qual volta il paziente apre la bocca, deve attivare maggiormente
l’articolazione di destra, che sarà quindi stimolata a crescere);
--esiti [da sbob] dopo il trattamento (qualunque esso sia) resta sempre un po’ di asimmetria
facciale (che è sempre associata ad un’alterazione della funzione condilare); per rimediare a questa
situazione sono stati tentati vari approcci, tra i quali il lipofilling (prelievo di grasso tramite
liposuzione dalla coscia e successivo posizionamento a livello della faccia).

MALFORMAZIONI DENTOMAXILLO-FACCIALI
-Classi dento scheletriche (sul piano sagittale):
--generalità rappresentano il rapporto che incisivi, canini e molari hanno tra loro;
--(1) I classe dentale (o normocclusione) si tratta dell’occlusione fisiologica, in cui la cuspide
mesiobuccale del I molare superiore occlude nella fossa mesiobuccale del I molare inferiore:

--(2) II classe dentale (o distocclusione) il molare superiore è posto mesialmente, quindi sta più
avanti di questo piano, rispetto al I molare inferiore. E’ a sua volta suddivisa in:
- I divisione, in cui gli incisivi superiori mostrano una protrusione ed un overjet accentuati
(denti sventagliati in fuori);
- II divisione (più frequente), in cui gli incisivi sono inclinati all’indietro.
--(3) III classe dentale (o mesiocclusione o scucchia) il molare inferiore è posto mesialmente,
quindi sta più avanti, al I molare superiore; si verifica un morso inverso (“morso a bull-dog”):

NB: se il problema è solo dentale (ossia di come sono inclinati i denti) viene risolto normalmente con
l’ortodonzia, mettendo l’apparecchio. Il dentista deve indagare se invece c’è un problema dento-scheletrico,
ad esempio per ipo o ipersviluppo del mascellare e/o della mandibola.

-Classificazione (1) malformazioni in senso sagittale; (2) malformazioni in senso verticale; (3)
malformazioni in senso trasversale.

-Malformazioni in senso sagittale:


--generalità possono interessare sia il mascellare superiore che la mandibola e, a seconda che si
tratti di posizione retrusa o protrusa del mascellare superiore e della mandibola si parlerà
rispettivamente di: (1) retrognazia; (2) prognatismo; (3) microgenia; (4) progenismo. Abitualmente
queste malposizioni sono combinate tra loro (ma in alcuni casi possono essere presenti in forma
isolata);
--sindrome progenica
(retrognazia associata a progenismo) è la malformazione più frequente in Europa. E’
caratterizzata dalla retrusione del mascellare superiore e dalla protrusione mandibolare e, sul piano
dentale, da un’occlusione di terza classe di Angle.
La correzione chirurgica si basa sull’avanzamento di tutto il mascellare mediante un’osteotomia
tipo Le Fort I (mima la frattura tipo Le Fort 1)e sull’arretramento mandibolare mediante
un’ostetomia sagittale bilaterale del ramo, effettuate nella stessa seduta operatoria;
La contenzione con accesso intraortale e fissaggio con placche e viti;
oltre alle placche e viti si può usare viti bicorticali ( vanno dalla corticale esterna all’interna, senza mettere la
placca e le stabilizza).
--sindrome prognatica (prognatismo associato a retrogenia) è caratterizzata da un eccessivo
sviluppo in senso sagittale del mascellare superiore associato o meno ad una retrusione
mandibolare e, sul piano dentale, da rapporti di seconda classe. Il labbro inferiore risulta arrotolato
e appoggiato all’arcata superiore e, nei casi più gravi, può essere presente un’incompetenza
labiale.
La correzione chirurgica si basa sull’arretramento globale del mascellare superiore mediante
osteotomia tipo Le Fort I e, nei casi in cui sia anche presente una retroposizione mandibolare,
questa può essere corretta con l’avanzamento mandibolare mediante osteotomia sagittale
bilaterale del ramo.

-Malformazioni in senso verticale:


--generalità anche queste possono presentarsi a carico del mascellare superiore e della
mandibola. Dal punto di vista eziopatogenetico, si tratta per lo più di alterazioni che interessano
primitivamente il mascellare superiore, mentre la mandibola viene alterata di riflesso;
--eccessi di sviluppo verticale del mascellare è possibile che tutto il mascellare superiore si trovi
disposto più in basso rispetto alla base cranica oppure che il suo eccesso di sviluppo sia localizzato
in prevalenza in una zona anteriore o posteriore del mascellare. L’eccesso verticale del mascellare
superiore che interessa la zona posteriore determina una rotazione in senso orario della
mandibola, favorendo così la formazione di un morso aperto anteriore. In tal caso il contatto
occlusale risulterà limitato ai soli setti posteriori ed in tal modo risulterà aumentata l’altezza
facciale anteriore (sindrome da faccia lunga). L’eccesso verticale del mascellare superiore che
interessa la regione anteriore non determina una grave rotazione in senso orario della mandibola,
ma consente la formazione di un morso aperto posteriore.
La correzione chirurgica prevede un’ostectomia a linee parallele o a cuneo;
--difetti di sviluppo verticale del mascellare i difetti che interessano il mascellare in toto,
determinano la cosiddetta sindrome da faccia corta. La distanza del mascellare superiore rispetto
alla base cranica risulta ridotta e consente una rotazione antioraria della mandibola. In tal caso è
frequente osservare dei rapporti occlusali di terza classe senza morso aperto.
La correzione chirurgica prevede la mobilizzazione del mascellare mediante osteotomia secondo Le
Fort I;
--eccesso di sviluppo verticale della mandibola quadri di eccesso di sviluppo verticale
simmetrico della mandibola non sono molto frequenti e sono per lo più inquadrabili nel contesto di
patologie per squilibri ormonali (iperfunzione ipofisaria) o di quadri neurologici più o meno gravi;
--difetti di sviluppo verticale della mandibola tali difetti vanno distinti in congeniti e acquisiti,
simmetrici e asimmetrici.
I difetti congeniti sono conseguenti ad alterazioni del I e II arco brachiale o ad alterazioni
costituzionali (nanismo, microcefalia, sindrome di Pierre Robin).
Le forme acquisite sono per lo più conseguenti ad una patologia traumatica od infettiva che ha
interessato il paziente fin dalla nascita o nei primi anni di vita.

-Malformazioni in senso trasversale:


--alterazioni trasversali mandibolari distinguiamo: (1) ipercondilia (aumento di volume
tridimensionale della testa e / o del collo del condilo. Si manifesta in età evolutiva e si presenta con
marcata asimmetria facciale, una malocclusione con rapporti spesso di terza classe
omolateralmente alla lesione e di prima o di seconda classe controlateralmente); (2) mandibular
enlongation (forma di malformazione monolaterale esclusivamente interessante la mandibola che
appare, al termine dell’accrescimento scheletrico, aumentata in tutte le sue dimensioni e che
determina una deviazione della mandibola verso il lato sano); (3) laterodeviazione mandibolare
(quadro clinico che si sviluppa esclusivamente per una causa dentale);
--alterazioni trasversali mascellari sono caratterizzate da contrazioni del mascellare superiore
con cross-bite mono o bilaterale e morso aperto anteriore e / o laterale.

-Indagini diagnostiche comprendono:


--(1) esame clinico obiettivo (1) ispezione intra ed extra-orale; (2) esame della simmetria
facciale; (3) esame dell’occlusione; (4) esame del sorriso;
--(2) esami radiologici in passato si richiedeva un’ortopanoramica ed un telecranio (in
proiezione postero-anteriore e latero-laterale) può essere utilizzato per l’esame cefalometrico per
studiare i vari diametri cranico (ricostruire le simmetrie dello splancnocranio, volumi)
attualmente si richiede la TC cone beam, ovvero una TC con meno radiazioni e che permette di
ricostruire i telecrani tramite software con la TC cone beam riusciamo ad avere molte più
informazioni, anche sui tessuti molli, ma purtroppo è un esame recente e ad oggi pochi studi
privati la fanno.
--(3) studio cefalometrico→ viene ricavato dalla tele-radiografia del cranio in proiezione latero-
laterale così da misurare alcune alcune DIMENSIONI ; la scienza che ha fornito dei dati e una
standardizzazione di alcuni parametri presi sul telecranio, attualmente attraverso l’uso di software
ci fornisce indicazioni precise sulle dimensioni, in modo tale da avere un quadro completo del
pattern di crescita facciale.
--(4) monitoraggio in articolatore permette di riscontrare basculamenti sul piano frontale
(quindi se il mascellare o la mandibola sono cresciuti in maniera incongrua sul piano trasversale);
--(5) esami funzionali (1) esame della funzionalità mandibolare (statico e dinamico); (2) esame
dei muscoli masticatori, lingua e labbra (ad es. molti pazienti che hanno una terza classe hanno
anche problemi dal punto di vista logopedico, per una malposizione della lingua); (3) esame
elettromiografico (si mette un piccolo magnete attaccato ai denti e si chiede al paziente di fare dei
movimenti banali, ad es. di massima apertura, chiusura, lateralità si ottiene una grafica nei tre
piani dello spazio mostra quindi i movimenti della mandibola, così possiamo studiare se ci sono
disfunzioni o se ad esempio la mandibola è laterodeviata; (4) esame elettrognatografico;
--(6) esame dei modelli in gesso.

-Trattamento distinguiamo:
--(1) fase ortodontica pre-chirurgica la preparazione ortodontica pre-chirurgica serve ad
eliminare i compensi dentali che si sono verificati come risposta alla malformazione dento-
scheletrica nel tentativo di bilanciarla, peggiorando di fatto l’occlusione del paziente. Questa
programmazione è guidata da: (1) esame clinico; (2) analisi cefalometrica; (3) valutazione dei
modelli in gesso delle arcate dentarie (gipsometria; questa valutazione consente di simulare
l’intervento chirurgico e di stabilire il trattamento ortodontico opportuno per ottenere un rapporto
occlusale di classe I o che gli sia il più possibile vicino). Una volta giudicato “pronto”
ortodonticamente, il paziente viene rivalutato con l’analisi gipsometrica e con l’esame
cefalometrico, sulla base delle quali è possibile ricavare un VTO [“Visual Treatment Objective” si
tratta della visualizzazione grafica degli spostamenti dentali e scheletrici da programmare per
ripristinare un’armonia scheletrica, occlusale ed estetica. Prevede: (1) valutazione fotografica dei
tessuti molli; (2) valutazione cefalometrica; (3) simulazione al computer; (4) simulazione sui
modelli];
--(2) fase chirurgica l’intervento chirurgico consiste nel riposizionamento delle basi scheletriche
mediante l’esecuzione di tagli osteotomici a carico del mascellare e della mandibola. In particolare
si può ricorrere a:
(1) osteotomia di tipo Le Fort I: per mobilizzare il mascellare e metterlo dove vogliamo noi; il
taglio osteotomico mima una frattura di tipo Le Fort I
(2) osteotomia sagittale (al fine di spostare la mandibola avanti ed indietro);

- A volte si possono fare osteotomie segmentarie, ossia, anziché spostare in blocco tutto il
mascellare, muovere in tre pezzi il mascellare e fissarlo nella posizione. Queste osteotomie
segmentarie però sono fatte raramente, perché insorgono problemi di stabilità a causa del fatto che
questi tre pezzi possono muoversi come pare a loro andiamo quindi ad usare degli splint, ovvero
delle mascherine precedentemente preparate, così da fissarli nella posizione post-operatoria che
vogliamo.

--(3) fase ortodontica post-chirurgica consiste nel vincere le iniziali resistenze muscolari (che
tenteranno di riportare la mandibola nella sede iniziale) e mantenere in posizione gli elementi
dentali.

Osteotomie:
- Osteotomia Le Fort 2:
o Si fa l’anestesia sul fornice gengivale superiore, lasciamo qualche mm tra gengiva
aderente e mucosa non aderente (questo ci serve per risuturare).
o Si fa un’incisione che va da sesto a sesto;
o Andiamo a scheletrizzare i tessuti (stando attenti al nervo infraorbitario, che è
presente a questo livello), andiamo sotto il pavimento nasale, dividiamo il pavimento
nasale dalla mucosa, andiamo a scheletrizzare fino alla spina nasale anteriore, che
dividiamo dal setto; a questo punto scolliamo il pavimento nasale per circa 2 cm.
o Dopo aver scheletrizzato, iniziamo l’osteotomia questa parte dall’apertura
piriforme e va dietro fino alle pterigoidi, quindi dietro la tuberosità del mascellare
le andiamo a dividere fino a questo punto, andiamo a sganciare tutto il mascellare dal
restante splancnocranio. L’osteotomia si effettua 4-5 mm sopra gli apici dei denti, per
non andare a creare lesioni dei denti.
o In passato l’osteotomia si faceva con il trapano, adesso usiamo il piezosurgery, una
lama che fa un taglio molto più netto e preciso (il piezo dovrebbe tagliare solo l’osso,
non i tessuti molli, quindi siamo più tranquilli). Con degli scalpelli, poi, andiamo a
finire tutta l’osteotomia.
o A quel punto si fa la down fracture, ovvero si tira giù il mascellare e lo si stacca.

- Osteotomia sagittale bilaterale della mandibola, più complicata tecnicamente:


o Andiamo a fare una incisione sulla linea obliqua ed andiamo a scheletrizzare il ramo
mandibolare
o Splittiamo il ramo mandibolare dal corpo mandibolare
o Bisogna prestare attenzione a non splittare il nervo alveolare inferiore: molto spesso,
andando a splittare il ramo mandibolare, troviamo il nervo nel mezzo. Questo nervo
deve rimanere nella parte mediale del segmento coi denti; a volte però, aprendo il
canale, il nervo rimane nella parte laterale in tal caso dobbiamo scollarlo dal canale
per farlo tornare nella parte mediale
Raramente si può avere un danneggiamento totale, ma è molto facile che avvenga
un’ipostesia a volte possono servire mesi prima che ritorni la sensibilità totale;
tuttavia i pz che si sottopongono a questo intervento sono in genere talmente
determinati a voler cambiare aspetto che di questa cosa non se ne interessano.

NEOPLASIE DEL DISTRETTO MAXILLO-FACCIALE

NEOPLASIE BENIGNE

-Classificazione (1) tumori odontogeni (che originano dai denti o dai loro organi formatori); (2)
tumori non odontogeni (che originano dai tessuti molli e mesenchimali).

-Tumori benigni odontogeni (classificazione) distinguiamo:


--(1) tumori odontogeni di derivazione ectodermica ameloblastoma (o adamantinoma);
--(2) tumori odontogeni di derivazione mesodermica (1) mixoma odontogeno; (2) fibroma
odontogeno (fibroma centrale dei mascellari); (3) cementomi; (4) dentinomi;
--(3) tumori odontogeni di derivazione ectomesodermica (1) odontomi semplici; (2) odontomi
misti; (3) odontomi composti.

-Ameloblastoma:
--zone interessate la mandibola è interessata più frequentemente rispetto al mascellare
superiore e la zona più colpita corrisponde all’angolo mandibolare;
--eziopatogenesi secondo Malassez, l’origine della neoplasia è rappresentata dai residui
epiteliali i quali, sotto determinati stimoli per lo più infiammatori, possono proliferare in senso
ameloblastico. Altri autori considerano invece l’ameloblastoma derivante dall’organo dello smalto
(inserendolo quindi tra le disembioplasie);
--classificazione istomorfologica (1) ameloblastoma solido; (2) ameloblastoma cistico; (3)
ameloblastoma misto;
--clinica distinguiamo un periodo di latenza (con clinica negativa) ed un periodo di stato (in cui
compaiono segni / sintomi, prevalentemente rappresentati da una tumefazione in corrispondenza
della zona colpita);
--evoluzione estremamente lenta, con raro riscontro di fenomeni infiammatori acuti;
--trattamento esclusivamente chirurgico (asportazione radicale della neoformazione).

-Mixoma odontogeno:
--zone interessate può essere localizzato sia nel mascellare superiore che nella mandibola;
--aspetto istologico tessuto mucoso all’interno del quale si riscontrano cellule stellate;
--evoluzione e clinica accrescimento lento, manifestandosi con una deformazione della zona
colpita;
--trattamento chirurgico (il più radicale possibile).

NEOPLASIE MALIGNE

-Classificazione (1) carcinoma epidermoidale nelle varie forme di differenziazione (95%); (2)
adenocarcinoma (2-3%); (3) tumori di origine mesenchimale (rari).

-Carcinoma epidermoidale (generalità):


--epidemiologia le nazioni maggiormente colpite sono l’India e lo Sri Lanka; è maggiormente
interessato il sesso maschile;
--fattori di rischio (1) tabacco; (2) alcolici; (3) stimoli irritativi cronici.;
--trattamento associazione di: (1) chirurgia; (2) radioterapia; (3) chemioterapia. In particolare,
nelle lesioni in stadio iniziale il trattamento è chirurgico seguito eventualmente da radioterapia,
mentre le lesioni in stadio avanzato sono trattate mediante chemioterapia pre-operatoria,
trattamento chirurgico ed eventuale trattamento radioterapico post-operatorio.

-Carcinoma epidermoidale (carcinomi del cavo orale):


--epidemiologia la mucosa del cavo orale è interessata in oltre il 70% dei casi dei carcinomi
epidermoidali;
--classificazione macroscopica (1) carcinoma papillare o verrucoso o vegetante; (2) carcinoma
ulcerante o ulceroso; (3) carcinoma infiltrante;
--classificazione topografica (1) carcinoma linguale; (2) carcinoma del pavimento buccale;
--carcinoma linguale i margini linguali sono quelli maggiormente interessati, seguiti dal
versante ventrale. La sintomatologia, inizialmente scarsa, esordisce con bruciore al contatto con
cibi caldi ed acidi. La diffusione linfatica è precoce per la ricca rete linfatica di drenaggio e per la
motilità dell’organo (che favorisce la progressione delle micro-metastasi). La terapia è chirurgica,
eventualmente associata a chemioterapia neoadiuvante e radioterapia post-operatoria (in
relazione allo stadio di malattia);
--carcinoma del pavimento buccale la localizzazione è prevalentemente mediana /
paramediana. I quadranti postero-laterali sono meno frequentemente coinvolti ma presentano la
prognosi più infausta per la vicinanza con la base linguale, il trigono retro-molare ed il pilastro
tonsillare anteriore. Da un punto di vista clinico, si osserva una limitazione della fonazione, della
deglutizione ed una sintomatologia algica con associati fenomeni di necrosi carcinomatosa
(responsabili del caratteristico foetor ex ore). La diffusione linfatica è precoce per la ricca rete
linfatica. La terapia è chirurgica, eventualmente associata a chemioterapia neoadiuvante e
radioterapia post-operatoria (in relazione allo stadio di malattia).

-Carcinoma epidermoidale (carcinomi dei seni paranasali):


--origine (1) epiteliale (90% dei casi); (2) mesenchimale (10% dei casi);
--storia naturale si possono evidenziare, in ordine, 3 fasi evolutive: (1) fase di latenza
(sintomatologia sovrapponibile a quella sinusitica); (2) fase di deformazione (espansione del
tumore con modificazione delle strutture vicine); (3) fase di invasione (esoftalmo; ostruzione
nasale; ipertensione endocranica; complicanze meningee);
--trattamento si ricorre alla sola chirurgia negli stadi iniziali di malattia, eventualmente
associata a radioterapia post-operatoria. Negli stadi avanzati si esegue un trattamento
chemioterapico neoadiuvante, seguito da trattamento chirurgico e / o radioterapico.

-Carcinoma epidermoidale (tumori delle ghiandole salivari):


--epidemiologia relativamente frequenti (3% di tutti i tumori). Fra le ghiandole salivari, quelle
maggiori sono interessate da processi neoplastici con un rapporto 10:1 rispetto alle ghiandole
salivari minori, con la ghiandola parotide come sede più frequentemente interessata;
--origine (1) epiteliale (95%); (2) mesenchimale (5%);
--ulteriori dettagli sui tumori della parotide pur essendo la sede più frequente di neoplasie
delle ghiandole salivari, la parotide è interessata maggiormente da tumori benigni o a bassa
malignità rispetto alle ghiandole salivari accessorie.
Istologicamente, il tumore più frequente è quello adenoma pleomorfo e Warthin( è un
cistoadenoma papillare linfomatoso della ghiandola parotide )che presenta un comportamento di
assoluta benignità (anche se possiede una spiccata tendenza alla recidiva).
Tra i tumori maligni, i più frequenti sono il carcinoma adenoidocistico ed il carcinoma
indifferenziato, con il primo che presenta un andamento lentamente progressivo e metastatizza
preferenzialmente ai polmoni, mentre il secondo è caratterizzato da un’elevata invasività locale e
loco-regionale.
La sintomatologia è scarsa, ad eccezione della comparsa di una tumefazione in corrispondenza
della loggia parotidea. Tale tumefazione, spesso non dolente né dolorabile, può essere associata o
preceduta da paralisi periferica del nervo facciale.
Le indagini diagnostiche di scelta sono l’ecografia, la scialografia, la TC e la RMN.
La tipizzazione istologica pre-operatoria viene effettuata mediante agobiopsia.
Il trattamento è essenzialmente chirurgico e, nei casi di neoplasie maligne o a bassa malignità, la
chirurgia può essere preceduta e / o seguita da trattamento radioterapico. La chirurgia può essere
distinta in conservativa e demolitiva, in relazione al nervo facciale. Per le lesioni a bassa malignità
il trattamento di scelta è la parotidectomia totale conservativa, eventualmente seguita da
trattamento radioterapico della loggia parotidea e delle stazioni linfonodali laterocervicali. Per le
lesioni francamente maligne si ricorre alla parotidectomia totale demolitiva.

L’intervento chirurgico è molto complesso in quanto all’interno della ghiandola vi è un


NERVOparticolarmente importante: il nervo FACIALE( che attraversa la parotide, ma non la innerva).
Questo nervo che porta gli impulsi elettrici che muovono i muscoli della faccia, decorre all’interno della
ghiandola dividendola in due lobi: il lobo superficiale e il lobo profondo.

Quando i tumori della parotide si localizzano nella parte più esterna (lobo superfiale), il nervo viene
individuato e seguito in tutti i suoi rami lasciandolo adagiato al lobo profondo, attraverso il quale viene
ossigenato dai vasetti nutritivi.
La parotidectomia superficiale raramente comporta una paresi temporanea del nervo.
Quando il tumore interessa invece il lobo profondo, è necessario dissecare il nervo staccandolo anche dai
vasi di nutrimento che provengono dal lobo profondo.
Il nervo in questo caso risente della mancanza di ossigeno ed entra sempre in paresi.
Questa paresi può durare anche alcuni mesi.
Se le fibre del nervo facciale sono conservate la paralisi è temporanea: si parla quindi di paresi e il recupero
avviene sempre.
Nell’effettuare questo intervento il chirurgo può aiutarsi nell’individuare il nervo seguendolo nelle sue
diramazioni più sottili con uno strumento chiamato NEUROSIGN 800, che si vede nella foto.
N.FACIALE esce dal cranio dal FORAME STILO-MASTOIDEO. Da lì esce e va in avanti, passa dentro parotide.
Dopo aver attraversato la parotide si superficializza e arriva ai muscoli.

PATOLOGIE DELL’ARTICOLAZIONE TEMPORO-MANDIBOLARE


-Cenni anatomici sull’ATM:
--apparato anatomico di riferimento l’ATM fa parte dell’apparato stomatognatico, composto
da 5 parti: (1) denti e parodonto; (2) articolazioni temporo-mandibolari; (3) sistema
neuromuscolare; (4) sistema scheletrico basale; (5) giunzione cranio-vertebrale.
I movimenti di apertura e chiusura della bocca sono mediati da tutti e 5 questi sistemi (viceversa,
alterazioni di una di queste componenti induce compensazioni a carico delle altre);
--disco è una struttura fibrocartilaginea situata tra il condilo e la regione temporale, di forma
biconcava e che divide l’ATM in un compartimento superiore ed uno inferiore;
--legamenti è presente il legamento temporo-mandibolare (o laterale del disco), che tiene il
disco stesso fermamente e strettamente aderente al condilo;
--innervazione da menzionare i nervi facciali ed il trigemino; ad esempio, se un paziente
presenta una paralisi dei muscoli mimici in seguito ad un’anestesia effettuata in modo errato dal
dentista, è possibile che sia stato colpito il facciale (configurandosi il quadro di una paralisi di Bell),
che si trova lateralmente alla mandibola, invece del trigemino che si trova medialmente alla stessa
(in questo caso la terapia si avvale di cortisonici e blande stimolazioni elettriche).

-Classificazione delle patologie dell’ATM (1) patologie malformative; (2) patologie sistemiche
(artrite reumatoide; sclerodermia; morbo di Crohn; altre); (3) patologie biomeccaniche; (4)
patologie traumatologiche; (5) patologie tumorali o neoformative.

-Epidemiologia tra quelle sopra-citate, le più frequenti sono le patologie biomeccaniche.

-Patologie malformative:
--generalità comprendono le sindromi del I e del II arco branchiale, ovvero patologie dovute ad
un’alterazione della crescita facciale durante il periodo embrionale (non necessariamente su base
genetica); comprendono [almeno quelle da lui citate] (1) microsomia emifacciale (descritta in altro
file); (2) sindrome di Goldenhar;
--sindrome di Goldenhar patologia complessa caratterizzata da: (1) alterazioni del I e del II arco
branchiale; (2) cobolomi (ovvero escrescenze congiuntivali che impediscono la messa a fuoco
dell’occhio e che possono talvolta e secondariamente provocare strabismo); (3) alterazioni di tipo
vertebrale (cattiva postura a livello della colonna). La patologia si differenzia dalla microsomia
emifacciale, in cui sono presenti invece solo alterazioni del I e del II arco branchiale.

-NB le altre patologie di rilievo sono descritte in altri file.

-Sindrome di Larsen [inserita un po’ a caso dal Prof] malattia genetica a trasmissione
autosomica dominante, che consiste in una rara displasia scheletrica caratterizzata da: (1)
dislocazione congenita delle grandi articolazioni; (2) deformità dei piedi; (3) displasia del tratto
cervicale; (4) scoliosi; (5) falangi distali a forma di spatola; (6) anomalie cranio-facciali distintive
(includenti la palatoschisi).
Sindrome di Treacher-Collins
- è una malattia congenita dello sviluppo craniofacciale caratterizzata da displasia otomandibolare
bilaterale e simmetrica, senza anomalie degli arti, associata a diverse anomalie della testa e del collo.

Dati epidemiologici
incidenza annuale è stimata in 1/50.000 nati vivi

Descrizione clinica

- dismorfismi facciali caratteristici, con ipoplasia bilaterale e simmetrica delle ossa zigomatiche e del bordo
infra-orbitale (80% dei casi) o della mandibola (78%; retrognazia, retrogenia), che comporta una
malocclusione dentale, caratterizzata spesso da un morso mandibolare aperto anteriormente.

- a livello delle ossa zigomatiche, del bordo orbitale inferiore e delle guance, è presente un'ipoplasia che
interessa prevalentemente i tessuti molli.

- sono state descritte anche anomalie complesse dell'articolazione temporo-mandibolare, che causano una
limitazione nell'apertura della bocca, di gravità variabile, obliquità in basso e verso l'esterno delle rime
palpebrali (89%) e coloboma delle palpebre inferiori nel punto di incontro tra il terzo esterno e il terzo medio
(69%), con agenesia delle ciglia nel terzo esterno della palpebra inferiore.

- palato è ogivale e occasionalmente è presente palatoschisi (28%).

- sono spesso presenti anomalie dell'orecchio esterno (60%), compresa l'anotia o la microtia, l'atresia dei
condotti uditivi esterni e le anomalie della catena degli ossicini, che esitano in una sordità di conduzione.

- intelligenza di solito è normale. Nei primi anni di vita possono insorgere difficoltà respiratorie ed alimentari,
a causa della riduzione delle dimensioni delle vie respiratorie superiori e della limitata apertura della bocca.
Segni meno costanti sono gli encondromi e/o le fistole pretragali, le anomalie della colonna, le cardiopatie, le
schisi commissurali bilaterali.

Dati eziologici
è dovuta alle mutazioni del gene TCOF1 (5q32-q33.1), che codifica per la fosfoproteina nucleolare Treacle, o
dei geni POLR1C (6p21.1) e POLR1D (13q12.2), che codificano per le subunità delle RNA polimerasi I e III.

Metodi diagnostici
diagnosi si basa sul quadro clinico e sugli esami complementari e può essere confermata dai test molecolari

Diagnosi differenziale
si pone con la sindrome di Nager, la sindrome di Miller e la forma bilaterale e lievemente asimmetrica della
sindrome di Goldenhar (si vedano questi termini).

Diagnosi prenatale
- sui villi coriali

- ecografia prenatale può evidenziare i dismorfismi facciali tipici e anomalie auricolari bilaterali.
Consulenza genetica
La trasmissione è autosomica dominante con una penetranza del 90% ed espressione variabile, anche
all'interno della stessa famiglia. Le mutazioni di POLR1C sono trasmesse con modalità autosomica recessiva.
La consulenza genetica è complicata dall'espressione variabile della sindrome e dovrebbe essere offerta da
un'equipe multidisciplinare esperta nella diagnosi prenatale.

Presa in carico e trattamento


è multidisciplinare

- nel caso di distress respiratorio postnatale→ deve essere presa in considerazione la tracheotomia, la
ventilazione non invasiva o la distrazione della mandibola

- chirurgia e la plastica maxillofacciale permettono di correggere l'ipoplasia dei tessuti molli (rimodellamento
del volto con lipostruttura), l'ipoplasia scheletrica (distrazione osteogenetica, innesti ossei), il coloboma
palpebrale e la palatoschisi (correzione chirurgica).

- È molto difficile il trattamento del difetto di apertura della bocca.

- È necessaria la chirurgia otorinolaringoiatrica specialistica per le anomalie dell'orecchio medio (chirurgia


funzionale) e dell'orecchio esterno (ricostruzione dei padiglioni). La presa in carico dei disturbi dell'udito deve
essere precoce (protesi acustiche e chirurgia funzionale) per favorire lo sviluppo normale.

Prognosi
Se il trattamento è adeguato, la prognosi delle forme lievi della malattia è favorevole.

PRINCIPI DI CRESCITA
Il femore ha una pila di strutture cartilaginee e cresce in lunghezza su determinazione genetica, la faccia
NON ha centri di crescita, non ci sono nuclei di accrescimento, ci sono solo quelli legati alla cartilagine di
Meckel che scompaiono dopo le prime settimane di vita.
La faccia cresce per apposizione periostale su stimolo funzionale.
-Esempi sull’importanza degli stimoli funzionali:
--(1) crescita minore del mascellare in seguito alle adenoidi poiché il bambino respira male dal naso,
utilizzerà la bocca per respirare, con conseguente appoggio della lingua più in basso (che determinerà la
minore crescita del mascellare);
--(2) riduzione dimensionale della cavità orbitaria in seguito ad anoftalmia (iposviluppo dell’occhio) in
questo caso la parte superiore della cavità sarà normale, perché di competenza del frontale, mentre la parte
inferiore è normalmente stimolata a crescere per mezzo del movimento muscolare ma, essendo l’occhio
fermo, andrà incontro ad ipoplasia orbitaria inferiore.
In entrambi i casi manca lo STIMOLO FUNZIONALE.

-Metodi per valutare le patologie maxillo-facciali distinguiamo:


--(1) metodo statico in presenza di un’alterazione, si effettua una misurazione per valutare il modo di
correggerla;
--(2) metodo dinamico in presenza di un’alterazione, si cercano di individuare i meccanismi
eziopatogenetici.

-Principi di crescita di Enlow comprendono:


--(1) principio della crescita ossea di tipo differenziale evidenziato dal fatto che la mandibola, ad
esempio, si accresce grazie ad una serie di campi di apposizione e di riassorbimento. Non si accresce in
modo equivalente in tutte le sue parti ma appunto in modo differenziale, tramite questi campi. In
particolare, la mandibola non possiede centri di crescita, ma si sviluppa attraverso un riposizionamento
primario ed un riposizionamento secondario legato alle forze che su di essa si manifestano;
→ da una parte cresce dall’altra si riassorbe in relazione al gioco delle strutture muscolari che si muovono
sul periostio.
--(2) principio della crescita posteriore con dislocazione anteriore sempre nell’ambito della mandibola,
possiamo identificare due meccanismi che spiegano il processo: (1) riposizionamento primario: i processi di
apposizione e riassorbimento determinano la crescita della struttura ossea in direzione postero-superiore e,
contemporaneamente, l’intera struttura si sposta in basso ed in avanti. Nella dislocazione primaria il
processo di spostamento avviene sempre in direzione opposta al vettore di crescita ossea; (2)
riposizionamento secondario: la causa dello spostamento osseo è l’espansione di ossa e tessuti molli
adiacenti o lontani. L’azione di tale espansione viene infatti trasmessa da osso ad osso e si manifesta in aree
distanti. Nel caso del complesso naso-mascellare lo spostamento secondario è determinato dalla crescita
della fossa cranica media e del lobo temporale ed è diretta in senso antero-inferiore;
--(3) principio della crescita a “V” tutte le ossa la cui forma è assimilabile a quella di una “V” si
accrescono per apposizione sulla superficie interna della V e riassorbimento sulla superficie esterna. Questo
determina un graduale ampliamento dell’osso verso la direzione di crescita;
--(4) principio della crescita delle controparti lo sviluppo di ogni singolo elemento scheletrico è
fortemente influenzato dalla crescita delle altre ossa circostanti. Le varie regioni del complesso cranio-
facciale la cui crescita è correlata a quella di un singolo osso o di una parte di esso vengono definite
controparti di quest’ultimo;
--(5) principio della crescita bilanciata ovvero se si rompe un condilo in un pz in crescita, il danno si
espanderà in tutte le strutture che devono muoversi in equilibrio fra di loro.
Quando c’è un’assimmetria facciale c’è sempre un problema di crescita legato a un’ipofunzione di
un’articolazione, ATM al 99,9%.

-Suture vengono trazionate dalla spinta del cervello in crescita (pertanto, la spinta della crescita non la
danno le ossa ma il cervello) e, successivamente, producono l’osso. Questo processo avviene durante i primi
anni di vita e permette l’accrescimento della volta cranica. Nel periodo post-natale la prima cartilagine di
crescita della base cranica è rappresentata dalla sincondrosi sfeno-occipitale, che a 12-15 anni diventa
inattiva.

-Teoria della matrice funzionale di Moss secondo Moss la dimensione, la forma e la posizione delle ossa
non sono geneticamente determinate ma dipendono da fattori epigenetici rappresentati dai tessuti molli.
L’informazione genetica che determina il rimodellamento e la dislocazione di ciascun osso risiede
nell’insieme di quegli spazi e tessuti molli della testa deputati a svolgere specifiche funzioni e definiti
appunto “matrici funzionali”.
Per esempio, il mascellare si accresce per le unità funzionali che in esso sono incluse (quindi,
fondamentalmente, respirazione, bocca, alimentazione e lingua) ma anche perché spinto dalla sincondrosi
sfeno-occipitale.

Dalla sbob:
noi ci sviluppiamo da un punto di vista genetico e in rapporto all’epigenetica, stiamo diventando tutti più alti
perché non dobbiamo più nasconderci, portare grossi pesi, vivere nelle grotte. Come ci spieghiamo le
somiglianze?-attraverso la genetica.
- CRANIOFACIOSTENOSI: iposviluppo del terzo medio del viso che rimane retruso. Prima si trattava
rompendo la struttura del terzo medio e si portava in avanti, ma passati ¾ anni la malformazione riusciva
perché il terzo medio continuava a non crescere, quindi oltre al funzionale ci doveva essere un altro
meccanismo che non permetteva all’osso di crescere e questo meccanismo è genetico, infatti alla base di
questa patologia c’è una mutazione genetica.
- LABIOPALATOSCHISI BILATERALE: possiamo capire perché la premaxilla è venuta molto in avanti, perché
manca l’equilibrio fra le parti. Manca l’orbicolare, quindi il mascellare e il setto nasale vengono spinti in
avanti con la premaxilla, ma non tornano indietro. Mentre in condizioni fisiologiche e quindi in condizioni di
equilibrio funzionale il setto spinge in avanti, ma l’orbicolare tira indietro e l’equilibrio delle parti ci dà un
volto normale.

SINDROME DI PIERRE-ROBIN
-Definizione sindrome caratterizzata dall’associazione di: (1) schisi palatina posteriore
incompleta (non sempre); (2) retroposizionamento della mandibola; (3) glossoptosi (retrazione
della lingua verso la faringe)

-Epidemiologia malattia molto rara.

-Eziopatogenesi la causa esatta non è nota e sembra che non esista un unico fattore eziologico.
Sembra che una forte flessione della testa in basso ed in avanti sposti il mento dietro il manubrio
sternale, impedendo alla mandibola di svilupparsi; di conseguenza, la lingua non riesce a spostarsi
da una prima posizione verticale ad una orizzontale, non permettendo a sua volta la corretta
fusione del palato molle. E’ una sindrome sporadica nella maggior parte dei casi.

-Clinica saranno presenti problemi respiratori (a causa della retroposizione della lingua).

-Diagnosi :
--(1) pre-natale attraverso un’ecografia prenatale morfologica è possibile osservare la
retroposizione della mandibola, mentre un ecocolorDoppler può mettere in evidenza la schisi,
attraverso un flusso oro-nasale;
(1b) per avere conferma della diagnosi→ ecografia in 3D (esame di secondo livello)
(1c) per ulteriore conferma→ RM
--(2) post-natale TC tridimensionale.

-Trattamento:
--finalità (1) adeguata respirazione; (2) adeguata alimentazione; (3) crescita fisiologica della
mandibola; (4) chiusura del palato;
--metodiche (1) porre il bambino in posizione prona (per evitare che la lingua si sposti
ulteriormente verso il basso); (2) ossigenoterapia; (3) CPAP (somministrazione di ossigeno a
pressione attraverso una maschera); (4) intubazione (in casi molto gravi); (5) tracheotomia; (6)
tongue lip adhesion (in cui si lega la lingua al labbro facendo un taglio su entrambi); (7) mandibular
distraction (consiste in un taglio sull’osso, con conseguente distanziamento osseo e ricostruzione
ossea nello spazio formatosi); (8) sondino naso-gastrico (nel caso di alimentazione difficoltosa).

TRAUMATOLOGIA MAXILLO-FACCIALE; PREVENZIONE, PRONTO SOCCORSO


E ASSISTENZA
-Epidemiologia le cause più frequenti sono: (1) incidenti stradali (66% dei casi osso malare;
59% mandibola; 78% mascellare; 18% ossa nasali); (2) aggressioni; (3) incidenti sportivi.
→ da quando ci sono i mezzi di protezione, soprattutto caschi per i motorini e moto, sono
abbastanza diminuiti gli interventi.

-Clinica:
--ispezione (1) edema; (2) lesioni dei tessuti molli; (3) ecchimosi ed ematomi del volto; (4)
epistassi; (5) rinoliquorrea;
--esame del cavo orale (1) alterazioni occlusali; (2) fratture e / o avulsione degli elementi
dentali; (3) ecchimosi o ematomi della mucosa;
--andamento nel tempo i segni clinici si modificano in relazione al tempo trascorso dal trauma:
dopo la risoluzione dell’edema, si metterà in evidenza l’asimmetria facciale secondaria allo
spostamento osseo.

-Diagnosi clinica e radiologica (TC con ricostruzione tridimensionale).

-Trattamento:
--generalità ad eccezione dei casi di frattura senza spostamento, la terapia è chirurgica;
--tempistiche deve essere eseguito entro 10-15 giorni dal trauma (per evitare il consolidamento
viziato dei frammenti ossei, la fibrosi dei muscoli estrinseci dell’occhio, i deficit nervosi ed i danni
della funzionalità mandibolare);
--metodica generale il trattamento è articolato in 3 tempi: (1) esposizione delle rime di frattura;
(2) riduzione; (3) contenzione delle rime di frattura mediante fissazione rigida interna;
--tecniche (1) esposizione diretta; (2) riduzione a cielo aperto; (3) riduzione per via endoscopica;
--accessi (1) terzo laterale del sopracciglio o piega della palpebra superiore (per arrivare al
pilastro dello zigomo); (2) sub-palpebrale e sub-ciliare (per arrivare allo zigomo); (3) trans-
congiuntivale (per la frattura del pavimento dell’orbita); (4) coronale (per accedere alle fratture
dell’osso frontale);
--materiali (1) placche in titanio (simili a quelle ortopediche ma più piccole); (2) miniplacche; (3)
microplacche; (4) placche riassorbibili (solitamente nei pazienti pediatrici, in quanto le placche in
titanio andrebbero a causare malformazioni craniche e facciali al momento dell’accrescimento, che
necessiterebbero di un secondo intervento per la rimozione). Le placche, a meno che non diano
molto fastidio, non si tolgono mai.

PZ. POLITRAUMATIZZATO
-Algoritmo diagnostico-terapeutico
(1) il paziente politraumatizzato e privo di coscienza in PS passa direttamente dalla sala rossa
all’anestesista rianimatore;
(2) stabilizzazione delle funzioni vitali ( respirazione, circolazione..);→ una volta stabilizzate
vengono chiamati via via i vari specialisti a seconda dei distretti interessati es. OTORINI per
sanguinamenti attivi o fratture delle ossa nasali, NEUROCHIRURGO per traumi cranici, MAXILLO-
FACCIALI per la parte relativa allo splancnocranio, oculista, odontoiatra, ortopedici, ch.generali
ecc.→ si trattano prima lesioni toraciche ed addominali, poi cerebrali, poi fratture e lesioni dei
tessuti molli delle estremità e delle mani e poi quelle facciali→ Ch. Maxillo- faciale non viene
interpellato nell’immediato. ******* vedi alla fine
(3) anamnesi (fondamentale);
(4) esame obiettivo (con ispezione extra ed intra-orale, palpazione, percussione ed auscultazione);
(5) esami diagnostici (sempre dopo la stabilizzazione delle funzioni vitali);→ oggi la prima cosa che
si fa in un pz politraumatizzato in PS è la TAC con la scansione di tutto il corpo.
(6) trattamento mirato.
URGENZE MAXILLOFACCIALI→ pervietà vie aeree, sanguinamenti, urgenze oculistiche in cui è chiamato il
ch.maxillo-facciale es. frattura pavimento orbitario, ematoma retrobulbare (accumulo di sangue che si ha
all’interno della scatola che contiene che non essendo estensibile fa si che l’occhio vada verso l’esterno e si
può stirare n.ottico).

-Emergenza respiratoria (cause):


--(1) glossoptosi può essere determinata da un ematoma della pelvi orale o da uno stato di
incoscienza post-traumatico. In tali casi è necessario ripristinare la pervietà delle vie aeree
mettendo il paziente in decubito laterale, sollevando mediante una pinza ad anelli il corpo linguale
ed ancorandolo con un filo alla guancia;
--(2) ostruzione orofaringea può essere determinata da eventuali corpi estranei, che devono
essere rimossi;
--(3) occlusione orofaringea può essere dovuta al depiazzamento postero-inferiore del terzo
medio del massiccio facciale (conseguente ad una frattura mascellare tipo Le Fort I, II, o III), con
conseguente dislocazione del palato molle e successiva ostruzione dell’orofaringe. In urgenza, per
ripristinare la pervietà delle vie aeree, si possono infilare indice e medio all’interno della cavità
orale, per uncinare il palato molle e spingerlo posteriormente nelle coane. Nei casi gravi, in cui
possono essere presenti edemi del palato molle e della laringe, è necessario ricorrere
all’intubazione oppure alla tracheotomia.

SE PZ. INCOSCIENTE→ si parte con punto (1)


-Emergenza respiratoria (algoritmo) (1) controllo della pervietà delle vie aeree (con eventuale
rimozione di corpi estranei come denti o protesi dalla cavità nasale e orofaringea); (2) in caso di
corpo estraneo non estraibile o ostruzione dovuta ad edema dei tessuti molli, ventilare e valutare
la possibilità di un’intubazione di cui in genere si occupa l’anestesista per bypassare la prima via
aerea col tubo endotracheale; (3) tirare fuori forzatamente la lingua per rimuovere l’ostruzione;
(4) se questi presidi falliscono optare per una tracheotomia; (5) controllare eventuali emorragie
nasali ed orali →nel caso in cui il sanguinamento fosse copioso e dovuto al coinvolgimento di un
gran numero di vasi possiamo optare per una legatura della carotide esterna. (vedi seguito).

-Emergenza emorragica (cause): (1) epistassi anteriori e posteriori, in conseguenza di fratture del
terzo medio del massiccio facciale o di fracassi facciali, con le prime che derivano da lesioni della
mucosa del setto nasale o dei turbinati, mentre le seconde da lacerazione dell’arteria sfenopalatina
o delle arterie etmoidali; (2) ferite del viso.

-Emergenza emorragica (algoritmo):


--(1) epistassi anteriori tamponamento nasale anteriore, che si effettua con una garza lunga
circa 50 cm, inserita per un’estremità in cavità nasale e spinta quanto più posteriormente possibile.
Successivamente si prende la seconda estremità della garza e la si introduce verticalmente
all’interno della fossa nasale in una posizione meno profonda rispetto alla precedente, fino a
obliterare completamente la cavità nasale. In assenza di questi presidi (ad esempio fuori
dall’ospedale) il tamponamento viene effettuato con cotone idrofilo;
--(2) epistassi posteriori tamponamento nasale posteriore, che precede quello anteriore e viene
effettuato passando un sondino di gomma all’interno della fossa nasale, dalla narice fino
all’orofaringe;
--(3) ferite del viso compressione, attraverso una caustica con un bisturi elettrico e pinza
bipolare (spesso sconsigliata perché crea un’escara intorno al punto causticato) oppure attraverso
legatura di vasi importanti (come l’arteria facciale).

TEMPI DI INTERVENTO

Se abbiamo un pz con frattura importante è non andare oltre i 10-15 gg, perché più la frattura è fresca più i
segmenti ossei saranno mobilizzabili, altrimenti si può formare il callo osseo che rende complicato ridurre la
frattura e in alcuni casi bisogna fare una osteotomia che tagliando l’osso ci consente di riposizionarlo.

ACCESSI( essenzialmente estetici)

- ENDORALI→ ci servono ad operare buona parte della mandibola e del


mascellare

- TERZO LAT DEL SOPRACCIGLIO o NELLA PIEGA DELLA PALPEBRA


SUPERIORE→ per arrivare al pilastro dello zigomo

- SUBPALPEBRALE (sotto) e SUBCILIARE→ per lo zigomo

- INCISIONE TRANSCONGIUNTIVALE→ utilizzata anche per andare a


visualizzare la frattura del pavimento dell’orbitra ( che può essere associata
alla frattura dello zigomatico dato che la metà laterale del pavimento
dell’orbita è formata dall’osso zigomatico).

- INCISIONE CORONALE→ segue la sutura coronale e la utilizziamo per


accedere al frontale.

MATERIALI

- sono state eliminate suture con il filo metallico che venivano effettuate praticando due buchini, per poi far
passare il filo metallico, arrotorarrlo e stringerlo, e avvicinare i frammenti per tenerli così stretti.

- adesso si utilizzano PLACCHE IN TITANIO, come nell’ortopedia ma molto più piccole, che restano lì anche
per tutta la vita a meno di condizioni particolari; esisono anche MINIPLACCHE e MICROPLACCHE da
posizionare nel sito in cui la cute è molto sottile, per evitare che si sentano.

- PLACCHE RIASSORBIBILI→ in pz pediatrici perché posizionarne una non riassorbibile andrebbe a causare
delle malformazioni craniche e facciali al momento dell’accrescimento che necessiterebbero di un secondo
intervento per torglierle.
→ sulla MANDIBOLA si utilizzano sempre 2 placche in quanto su di essa agiscono dei muscoli molto potenti e tra le placche si
utilizzano quelle più grandi da 2.0 di diametro.

Nel post operatorio facciamo fare al pz 2 espressioni facciali→ “BACETTO” e “SORRISO A LABBRA SOCCHIUSE” che ci servono per
valutare eventuali lesioni del nervo faciale.
FRATTURA DELL’OSSO FRONTALE
E DELLA FOSSA CRANICA ANTERIORE
Tra le fratture dell’OSSO FRONTALE:

- fratture del tetto dell’orbita

- frattura isolata della parete ateriore del seno frontale→ si tratta di un probelma estetico, ma se a questo si
associa un problema della parete posteriore del seno frontale allora l’intervento dovrà essere effettuato
insieme ai neurochirurghi a causa della comunicazione della parete posteriore con il cervello

- frattura della parete posteriore del seno frontale→ possono esserci delle lacerazioni a livello della dura
madre con rinoliquorrea e a quel punto si viene a creare una comunicazione tra un ambiente sterile e i seni
frontali che sono un ambiente “sporco” per natura→ in seguito a queste condizioni il pz può andare
incontro a vari quadri infettivi quali encefaliti, meningiti→ fare una esclusione o “cranializzazione” del seno
frontale cioè si va a formare uno sportello, insieme al neurochirurgo, con ricostruzione successiva della
parete anteriore e asportazione totale della parete posteriore. Un segno indiretto di questa frattura è la
presenza di bollicine di aria a livello del cervello (pneumoencefalo).

- INCISIONE CORONALE→ segue la sutura coronale e la utilizziamo per accedere al frontale.

E.O.:

- edema ecchimotico all’occhio, presenza di osso rientrato;

- dopodiche si va a saggiare la sensibilità del N.FACCIALE quando vi è la FRATTURA DELL’OSSO FRONTALE E


DELLA FOSSA CRANICA ANTERIORE fare un’espressione di sorpresa e a serrare le palpebre;

e della BRANCA OFTALMICA DEL N.TRIGEMINO→ invitiamo il pz. a chiudere occhi e con un polpastrello
passiamo sopra la regione frontale bilateralmente e gli chiediamo se sente alla stessa maniera, in maniera
differente o non sente lo stimolo, in ciascun emilato.

TRATTAMENTO

- chirurgico con recupero e ricostruzione di tutti i pezzettini dell’osso, alcune volte si può utilizzare una mash
in titanio, cioè una piccola rete, per colmare il gap.
DISLOCAZIONE RIDUCIBILE: è una patologia “nuova” dovuta al fatto che c’è difficile fare lo studio
anatomopatologico e non esistevano esami strumentali adeguati per la caratterizzazione.

COINVOLGIMENTO ATM NELL’ARTRITE PSORIASICA

• Considerato raro : meno di 40 casi segnalati dal 1965

• Prove recenti: un terzo dei pazienti con psoriasi ha segni o sintomi, o entrambi, di compromissione
dell’ATM

• fino alla metà dei pazienti con PsA presenta sintomi dell'ATM e fino al 90% presenta segni di disfunzione.

• I principali sintomi clinici includono: • Dolore • Scrosci articolari • Rigidità dell'articolazione • Movimento
limitato • Anchilosi nelle fasi evolute

CAUSE ESOFTALMO

• Dacriocistite
• Glaucoma
• Ipertiroidismo
• Leucemia
• Meningioma
• Morbo di Graves - Basedow
• Neuroblastoma
• Progeria
• Sferocitosi
• Vitiligine
• Cellulite Infettiva

BOZZO NELLA BOCCA

- ANAMNESI→ da 3 mesi e non regredisce, sta sul mascellare sup. Se ha dolore, quando apre la bocca.

- ISPEZIONE

- PALPAZIONE → se è più solido o liquido

- ESAME STRUMENTALE

IPEPLASIA MONOLATERALE DEL CONDILO

ipercondilia (aumento di volume tridimensionale della testa e / o del collo del condilo.
Si manifesta in età evolutiva e si presenta con marcata asimmetria facciale, una malocclusione con
rapporti spesso di terza classe omolateralmente alla lesione e di prima o di seconda classe
controlateralmente);

LABIOPALATOSCHISI
-Definizioni:
--(1) labioschisi (o cheiloschisi o labbro leporino) malformazione caratterizzata dalla mancata
fusione dei tessuti molli costituenti il labbro superiore, correlata all’anomala inserzione dei fasci
muscolari che costituiscono il muscolo orbicolare, che si manifesta clinicamente con una fissurazione
(schisi) in posizione paramediana che sovverte la normale architettura anatomica del labbro;
in altre parole è coinvolto parzialmente il labbro e l’artefice di questa schisi è la mancata fusione del
m.orbicolare.

--(2) palatoschisi interruzione della continuità della volta palatina e degli strati muscolari e
mucosi che la rivestono, risultando in una comunicazione fra cavità orale e quella nasale.

-Tipologie sono estremamente variabili,


• dalle labioschisi e palatoschisi isolate, in forma monolaterale o bilaterale (nelle quali è
importante distinguere: prolabio, elemento centrale del labbro dove non c’è muscolo ma solo
tessuto molle; pre-maxilla, posta sotto al prolabio ed è la parte centrale del mascellare;
columella, la parte verticale che va dal labbro alla punta del naso, assente in questo caso)→
nella bilaterale ci sono prolabio, premaxilla e non c’è la columella

• a forme variamente combinate tra loro (labiopalatoschisi), eventualmente associate ad altre


malformazioni congenite. Le labiopalatoschisi possono essere complete (coinvolgimento di
labbro quindi il m. orbicolare, mascellare quindi l’arcata dentale sup e tutto il palato) o
incomplete.
- m.orbicolare anziché essere intero e girare tutto intorno alla bocca ad un certo punto è separato e
separate sono anche le inserzioni che sono aberranti e non sono quelle fisiologiche;
- se il bambino rimane con la schisi aperta→ difficoltà di suzione, nel linguaggio→ non operando la
situazione peggiorerà perché tutta la crescita fisiologica della faccia è secondaria alla funzione e tutti
gli altri muscoli facciali es. zigomatico, orbicolare andranno a funzionare male. Es. se bambino ride
le due commessure labiali si allargano ma se non ho lo stop del m.orbicolare i muscoli tirano molto
di più i tessuti lateralmente e la schisi non fa che peggiorare nel tempo; tutti gli altri m. della faccia
tirano di lato ma non hanno uno stop e si deforma sempre di più sia la forma della faccia che il
posizionamento osseo.

Come tutte le malformazioni, a seconda della fase embrionale in cui avvengono sono più o meno
gravi→ sarà + grave se avviene precocemente, poiché le parti non sono ancora formate invece più
tardivamente avviene più le parti saranno già formate e la malformazione sarà minore.

Una forma favorevole è quando è presente la banderella di Simonart, che è il pezzetto di tessuto sotto
al naso, che in realtà non ha alcuna funzione, però ha tenuto insieme le due parti della faccia c’è
un piccolo freno, i muscoli non possono tirare completamente di lato, quindi la faccia ha una forma
più “normale”.

Caratteristiche importanti:
- Cartilagini alari quella dello stesso lato della schisi sarà completamente slargata e rialzata
- La posizione dei denti è anch’essa importante, perché se la schisi è completa e coinvolge il
mascellare, all’interno ci sono le germe dentarie normalmente ce n’è una mancante, ossia
quella dell’incisivo laterale, perché è proprio a livello della schisi

Altre forme:
- Palatoschisi a V: quando i tessuti vanno direttamente verso il palato dalla parte posteriore a
quella anteriore, quindi abbiamo mancata fusione delle parti destra e sinistra
- Palatoschisi a U:es. Nella S. di Pierre Robin molto più tonda, la mancata fusione è secondaria
al malposizionamento della lingua.

-Epidemiologia si tratta dei più comuni difetti congeniti cranio-facciali, più frequenti nel sesso
maschile; la popolazione più colpita è quella Asiatica, la meno colpita è quella Caucasica.
Meno frequenti le forme bilaterali e, tra le monolaterali, risultano più frequenti quelle localizzate a
sinistra.

-Eziopatogenesi;
--ipotesi eziologiche (1) farmaci (cortisone; talidomide); (2) carenze alimentari (deficit di acido
folico); (3) radiazioni; (4) alterazioni vascolari; (5) malattie infettive virali (morbillo, rosolia,
influenza);
--meccanismo mancata fusione delle prominenze frontonasali e mascellari durante la settima
settimana di gestazione cui può seguire, come evento secondario durante l’ottava settimana, la
mancata fusione dei processi palatini.

-Classificazione di SPINA delle labiopalatoschisi (in base alla localizzazione della schisi rispetto al
forame incisivo) distinguiamo:
--(1) gruppo I schisi pre-incisive (anteriori al forame incisivo);
--(2) gruppo II schisi transincisive (interessanti il labbro, il processo alveolare ed il palato duro);
--(3) gruppo III schisi post-incisive (posteriori al forame incisivo);
--(4) gruppo IV schisi facciali rare.

-Labioschisi:
--classificazione (1) cheiloschisi completa (la schisi interessa a tutto spessore il labbro,
estendendosi fino a coinvolgere il vestibolo nasale); (2) cheilocitosi incompleta (la schisi, pur
coinvolgendo a tutto spessore il labbro, non lo interessa per tutta la sua altezza e non raggiunge
pertanto il vestibolo nasale; esistono delle forme complete nelle quali la presenza di un ponte
epiteliale fra i due monconi chiamato Banderella di Simonart simula la forma incompleta); (3) forma
frusta (conosciuta anche come cheiloschisi sottocutanea o cicatriziale, rappresenta la schisi labiale
in cui le strutture cutanee e la mucosa appaiono indenni mentre è interrotta la continuità anatomica
del muscolo orbicolare).
--clinica (1) interruzione della continuità del muscolo orbicolare; (2) nelle forme monolaterali:
asimmetria delle due emiparti (dislocazione dell’ala del naso dal lato della schisi; asimmetria delle
narici; caratteristica deviazione del setto nasale verso il lato sano con un’inconfondibile morfologia
a “J”, per cui la punta del naso appare slargata, deviata ed appiattita); (3) nelle forme bilaterali:
ipoplasia di alcune strutture di derivazione fronto-nasale (quali la columella) e sollevamento della
parte centrale del labbro.

-Palatoschisi:
--clinica (1) problemi alimentari (rischio di inalazione del cibo); (2) alterazioni nel meccanismo
di suzione (in quanto la comunicazione oro-nasale determina l’impossibilità dell’instaurarsi della
depressione endorale, alla base del meccanismo); (3) problemi fonatori; (4) flogosi delle prime vie
aeree (per mancato riscaldamento ed umidificazione dell’aria nelle cavità nasali e la contemporanea
riduzione delle loro capacità difensive); (5) maggiore predisposizione ad otiti.

-Protocollo di trattamento delle labiopalatoschisi:


--(1) prima fase – NAM (Nasal Alveolar Molding) – 1-2 settimane / 6 mesi questa tecnica è basata
sull’utilizzo di una placchetta, che si applica sul palato superiore, e uno stent nasale che spinge la
cartilagine alare entrambe servono a conformare le parti anatomiche coinvolte (naso e mascellare)
prima dell’intervento chirurgico l’utilizzo di questo apparecchio ci aiuta a rimodellare i tessuti
molli e duri e conferire loro una forma più fisiologica, con lo scopo di facilitare il successivo
intervento ed ottenere risultati migliori. Questa fase prevede, nelle forme di palatoschisi isolate, il
posizionamento di un tutore palatale al fine di ottenere, protesicamente, la separazione della cavità
orale da quella palatale (fino all’intervento di palatoplastica); nelle labiopalatoschisi il dispositivo è
arricchito di una appendice (oliva nasale) al fine di apporre una forza modellante sulla punta del
naso.
Con questa tecnica otteniamo:
- La formazione della columella
- La simmetria graduale delle narici: posso cambiare le dimensioni dei conformatori nasali in
base alle esigenze specifiche
- Contenimento del mascellare, che viene tirato indietro
--(2) seconda fase – cheilorinosettoplastica – 6 mesi si aspettano i 6 mesi perché i tessuti hanno
una grandezza accettabile e sono più facili da gestire (inoltre, il bambino sopporta meglio l’anestesia
generale);
--(3) terza fase – palatoplastica – 9 mesi (NB: nelle sbob dice che si fa a 6 mesi insieme alla
cheilorinosettoplastica);
--(4) quarta fase – innesto osseo al processo alveolare – 7 / 11 anni il materiale innestato può
essere: autologo (osso corticale o spongioso); allogenico (osso liofilizzato); alloplastico
(idrossiapatite); si fa a quest’età perché c’è la migrazione del canino in arcata dentaria che, se non
avesse spazio e tessuto osseo necessario, non potrebbe migrare;
--(5) quinta fase – chirurgica plastica dello scheletro facciale, rinosettoplastica secondaria e
metodologie ancillari – 16 / 18 anni viene eseguita per una tendenza della labiopalatoschisi ad
andare in terza classe, per i seguenti motivi: (1) spinta della lingua; (2) mascellare più piccolo; (3)
contrazioni date dalle cicatrici questi tre sono i fattori che contribuiscono all’insorgenza della
terza classe dento-scheletrica.

Nel corso degli anni c’è stata un’evoluzione chirurgica basata sul danno, sul come ripristinarlo e in
quale momento farlo. Vediamo alcune tecniche chirurgiche.

Tennison-Randall-Flap
È la tecnica di base che usa il prof., in cui si fanno
dei tagli specifici per regolarizzare la forma del
labbro e renderlo simmetrico. Innanzitutto si fa
uno studio geometrico dettagliato, in cui si
misurano le lunghezze delle varie parti, in
particolare dell’area del filtro nasale questo
step è molto importante, perché quello che
dobbiamo sistemare è la simmetria. Se il labbro
va verso la narice e non è nella sua posizione
normale, abbiamo un’alterazione di simmetria
importante del filtro la parte della schisi che
va verso la narice accorcia il filtro, che
normalmente risulta lungo un paio di millimetri,
mentre dall’altra parte è lungo 6-7 mm questa
discrepanza di lunghezza va assolutamente
colmata. Si fa quindi un calcolo dalla parte
opposta della schisi e si crea un piccolo lembo triangolare che poi si inserirà dalla parte del filtro e lo
allungherà. Per allungare il tessuto taglio in mezzo, lo allargo e la parte vuota che mi rimane, che mi
era servita per allungare il filtro, la colmo prendendola dalla parte opposta. La ricostruzione del
muscolo orbicolare si effettua dal basso, andando a staccare e liberare le inserzioni dagli altri tessuti
e poi ricollocati.
- Il pregio di questo intervento è che se si fa il calcolo preciso non si verificano errori.
- Il problema è che l’intervento si fa con dei tagli netti al bisturi quindi, se mentre taglio
sbaglio, l’intervento viene male: o rimane più cicatrice perché il punto non coincide o viene
storto perché ho calcolato male i lembi che ho fatto.

Tecnica di Millard per la labiopalatoschisi bilaterale: è un taglio dritto e poi le due parti si fanno
scivolare verso il basso e si allungano. Le due parti del labbro si girano e la parte che andava nel naso
viene portata verso su. Sotto le incisure vengono presi i lembi del muscolo orbicolare ed uniti al
centro.
Per il palato si usa la tecnica BARDACH qui ciò che più conta è la ricostruzione muscolare: le
inserzioni errate vanno liberate e ricollocate centralmente per andare a ricostrituire la volta palatina.
A seguire si esegue la ricostruzione della mucosa nasale e della mucosa palatale quindi la
ricostruzione completa sarà costituita da 3 strati: mucosa nasale, muscoli e mucosa palatale.

SENSIBILITA’ E MOTILITA’ DELLA FACCIA:

La faccia è innervata dal TRIGEMINO e FACIALE.

→ trigemino→ deputato alla sensibilità generale della cute della metà anteriore del capo e delle mucose
corneali, congiuntivali, nasali e buccali e alla sensibilità dolorifica delle meningi. Possiede una componente
motoria per i muscoli della masticazione.

→ faciale→ deputato alla motilità dei muscoli mimici e alla secrezione delle ghiandole lacrimali, nasali,
sottomandibolari e sottolinguali; contribuisce con il ramo intermedio alla sensibilità del padiglione
dell’orecchio e alla sensibilità gustativa.

TRIGEMINO
→ 5° nervo cranico
ORIGINE: da parete ventrolaterale del ponte con due radici distinte:
sensitiva→ INNERVAZIONE DEL VOLTO→ nervo si allarga nel ganglio di Gasser posto nel cavo di
Meckel all’apice della Rocca Petrosa
motoria salta il ganglio e si accola al ramo
mandibolare→ deputata all’innervazione della
muscolatura della masticazione (muscoli masseteri,
pterigoidei esterni ed interni e temporali)

CONTINGENTE SENSITIVO:
I prolungamenti periferici dei neuroni pseudounipolari del
ganglio di Gasser si ripartiscono nella branca oftalmica,
mascellare e mandibolare.

• 1. Branca oftalmica attraversa la parete


laterale del seno cavernoso e si divide nei
rami lacrimale, frontale e nasociliare che
escono dal cranio attraverso fessura orbitaria
superiore e raggiungono l’orbita. Il ramo
terminale (nervo sopraorbitale) emerge sotto la cute del sopracciglio.
Innerva la cute del capo fino al III posteriore, della fronte, palpebra superiore, dorso del
naso, mucosa della congiuntiva e cornea, dura madre del tentorio e della fossa cranica
anteriore.
• 2. Branca mascellare corre lungo parete del seno cavernoso e fuoriesce dal cranio
attraverso il foro rotondo, percorre canale infraorbitale ed emette rami zigomatico, dentale
superiore e sfenopalatino e sbuca con il ramo terminale (nervo infraorbitale) sotto la cute
della guancia. Innerva la cute dell’ala del naso, palpebra inferiore, tempia, guancia e labbro
superiore e dura madre della fossa cranica media.
• 3. Branca mandibolare esce dal foro ovale e si divide nei rami masticatore, auricolo-
temporale, linguale, buccale e dentale inferiore. Il nervo terminale (nervo mentale) emerge
sotto la cute del mento. Innerva la cute del labbro inferiore, mento, guancia, tempia e
orecchio, mucosa della lingua, meningi della fossa cranica media.
I prolungamenti centrali si raccolgono nella radice sensitiva(portio major) che attraversa l’angolo ponto
cerebellare e penetra nel tronco:

• Afferenze termiche e dolorifiche si riuniscono nel tratto spinale e terminano nella porzione
del nucleo spinale del trigemino nel bulbo( riceve le afferenze termodolorifiche anche dei
nervi facciali e, glossofaringeo e vago) che si estende fino al secondo metamero cervicale
equivalente al corno posteriore del midollo→ poi attraverso il tratto trigemino talamico
raggiunge 3 strutture talamiche ( nuclei intralaminari, nucleo ventro postero mediale e nuclei
posteriori). Nel nucleo spinale trigemino le afferenze termiche sono disposte in maniera
ordinata rispetto ai campi recettivi→ i neuroni con campi recettivi laterali proiettano nella
porzione più caudale del nucleo, mentre neuroni con campi periorali proiettano più
cranialmente→ questo è alla base della distribuzione della anestesia a foglie di cipolla”
nella SIRINGOBULBIA (condizione che si manifesta di solito come una fenditura (una
crepa) situata nella porzione inferiore del tronco encefalico, capace di interrompere o
comprimere i nervi cranici inferiori o le vie sensitive ascendenti o motorie
discendenti)un’area co
• Afferenze tattili discriminative terminano nel nucleo principale(a livello pontino) attraverso
lemnisco trigeminale fino a nucleo ventro postero mediale del talamo.
• Afferenze propriocettive (provenienti dai fusi neuromuscolari) giungono al nucleo mesencefalico del
trigemino, appunto a livello mesencefalico.
CONTINGENTE MOTORIO:
Prende origine dal nucleo motore nel segmento
laterale del ponte sotto il pavimento del IV
ventricolo e fuoriesce con la radice motoria(portio
minor) e raggiunge la branca mandibolare e lascia
il cranio attraverso il forame ovale. Si distribuisce
ai muscoli masticatori(massetere, pterigoidei est e
interni, temporali),il miloioideo, a ventre anteriore
del digastrico, tensore del velo palatino e tensore
del timpano.

FACIALE→
ORIGINE: da bordo caudale del ponte, penetra nel meato acustico interno e prosegue nel canale del facciale
all’interno della piramide petrosa. A livello del ganglio genicolato emette il nervo grande petroso
superficiale. Si piega verso il basso dove si distaccano il nervo stapedio e la corda del timpano. Termina con
il forame stilomastoideo medialmente alla mastoide dove fuoriesce in avanti e passa attraverso la parotide e
si divide nei rami terminali.

Contingente motorio
Prende origine dal nucleo motore situato nella porzione caudale del ponte. Innerva il muscolo stapediale o
della staffa con il nervo stapedio, i muscoli mimici del volto e del collo, stiloioideo e ventre posteriore del
digastrico innervati dalle diramazioni terminali del facciale
Contingente sensitivo
Prende origine dal ganglio genicolato. Costituito dalle fibre afferenti viscerali speciali per la sensibilità
gustativa e da fibre afferenti somatiche generali per la conca del padiglione auricolare
Contingente vegetativo

Formato da fibre efferenti viscerali di natura parasimpatica, secretorie, che originano da nucleo
salivatorio superiore,(posto nel tegmento pontino paramediano sotto il pavimento del IV
ventricolo). Escono con il nervo intermedio di cui una parte è destinata alle ghiandole lacrimali e
nasali e le restanti per le ghiandole salivari sottomandibolare e sottolinguale.

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