Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Cenni di anatomia: L’ipofisi, con un peso inferiore ad un grammo, è posta a livello della sella
turcica dello sfenoide. È circondata dalla dura madre e separata tramite il diaframma
dall’encefalo, attraversato dal peduncolo ipofisario. Antero-superiormente c’è il tuberculum
sellae, posteriormente il dorsum sellae. Lateralmente ci sono i seni cavernosi nei quali decorrono
III,IV, VI e parte del V nervo cranico e la carotide interna. Davanti al peduncolo c’è il chiasma
ottico. È divisa in adenoipofisi anteriore e neuroipofisi posteriore. Mentre nell’adenoipofisi ci
sono varie popolazioni cellulari con derivazione embriologica comune, la neuroipofisi è costituita
dagli assoni dei neuroni ipotalamici e da cellule di glia dette pituiciti.
• Cellule corticotrope: 15%. Sintetizzano POMC (proopiomelanocortina) precursore di
ACTH, beta-LPH, beta-endorfina e gamma-MSH. L’ACTH si lega a MC2R sulla corticale del
surrene fungendo da tropina e favorendo la steroidogenesi e la secrezione di cortisolo.
Inoltre si lega a MC1R sui melanofori cutanei favorendo iperpigmentazione. La beta-
endorfina è un oppioide endogeno che funge da regolatore del dolore. L’ACTH è
stimolato da CRH. Anche l’ADH ne favorisce la secrezione. Ha una secrezione pulsatile,
maggiore al mattino e minima a mezzanotte. L’asse CRH-ACTH è associato al ritmo sonno
veglia ed è stimolato da condizioni di stress.
• Cellule tireotrope: 10%. Sintetizzano TSH formato da una catena comune alpha e una
specifica beta. Regolato dal TRH. Stimola la proliferazione delle cellule epiteliali della
tiroide e la sintesi e secrezione degli ormoni tiroidei. Più secrezione di notte. Il freddo e
la nascita ne stimolano la secrezione.
• Cellule gonadotrope: 15%. Producono sia LH che FSH, glicoproteine simili al TSH con una
catena beta diversa. Sono regolati dal GnRH, la cui produzione varia nelle diverse fasi
della vita. Gli steroidi sessuali lo bloccano. Nell’uomo LH stimola le cellule del Leydig a
produrre testosterone, l’FSH stimola la produzione di proteine importanti per la
spermatogenesi da parte delle cellule del Sertoli. Nelle donne l’LH stimola la teca interna
a produrre androgeni e mantiene il corpo luteo, mentre l’FSH fa maturare il follicolo e
stimola l’aromatizzazione degli androgeni in estrogeni da parte delle cellule della
granulosa.
• Cellule lattotrope: 20%. Secernono prolattina, con secrezione pulsatile, più notturna e
aumentata dallo stress. L’ipotalamo ha un controllo inibitorio tramite la dopamina (PIF). È
stimolata da TRH e serotonina.
• Cellule somatotrope: 40%. Secernono l’ormone della crescita GH, che varia con l’età e
con il sesso oltre che con l’ora del giorno, è stimolato da GHRH e dalla grelina, inibito
dalla somatostatina, favorito da cortisolo e T4 oltre che dagli ormoni sessuali. Stimolato
da arginina, ipoglicemia, pasto proteico. Il GH promuove l’accrescimento un po’ di ogni
organo e tessuto. Agendo sul fegato stimola la produzione di IGF 1, come pure in altri
distretti, che agisce comunque favorendo l’accrescimento. GH è antinsulinico e IGF1 è
ipoglicemizzante.
• Vasopressina: secreto dalla neuroipofisi , l’ADH è prodotto a seguito di un aumento
dell’osmolarità rilevato principalmente dall’organo subfornicale (basta un aumento
del’1%). L’ADH è stimolato assieme al senso di sete, anche diminuzione del volume
ematico e della pressione. L’ADH stimola l’espressione dell’acquaporina 2, mediando il
riassorbimento di acqua a livello dei dotti collettori, tramite il recettore V2. Inoltre
stimola la coagulazione, la vasocostrizione e il rilascio di ACTH. Il cortisolo ne inibisce la
secrezione.
• Ossitocina: regolato da estrogeni. Ha effetti sul comportamento, ma soprattutto su
ecrezione di latte e contrazione del miometrio al momento del parto. Tutti gli ormoni
ipofisari sono dosabili con metodiche immunochimiche. Si preferisce dosare l’ormone
ipofisario insieme a quello secreto dalla ghiandola bersaglio, e tenendo sempre conto che
la secrezione è pulsatile e facilmente influenzabile.
Ipopituitarismo
Ridotta o assente secrezione di ormoni da parte dell’ipofisi anteriore. Può essere anteriore
(interessa gli ormoni anteroipofisari), e posteriore quando si evidenzia quadro clinico di diabete
insipido. Può essere panipopituitarismo (iposecrezione di tutti gli ormoni), parziale o unitropico.
Può essere palese (si manifesta sempre) o latente (si manifesta per stress o test da stimolo), e
primario o secondario a seconda che l’origine sia ipofisaria oppure ipotalamica.
Terapia: si fa uso del trattamento sostitutivo. Per il GH anche in età adulta. Per le gonadotropine
nell’uomo adulta si dà testosterone, negli adolescenti meglio prima gonadotropine per evitare
che si saldino le cartilagini epifisarie (trattamento più tardi possibile). Nella donna si danno gli
estrogeni anche se per indurre l’ovulazione si usa GnRH in modo pulsatile. Per deficit ACTH
somministriamo corticosterodi, per TSH levo-tiroxina.
Etiopatogenesi: nel 99% dei casi la causa è un adenoma ipofisario GH-secernente (nel 30% dei
casi associata a aumento di PRL), raramente secrezione ectopica o iperproduzione di GHRH.
L'ipersecrezione di GH manifesta gli effetti attraverso sintesi di IGF-I e in parte tramite azione
diretta periferica. La mutazione più frequente è quella in cui si attiva l'oncogene gsp e si inattiva
l'oncosoppressore AIP.
Clinica: si manifesta lentamente, con diagnosi 5-10 anni dopo l’inizio della malattia.
– Abbiamo effetti anabolici e compressivi derivanti da ipersecrezione di GH. Gli effetti
anabolici comprendono astenia, visceromegalia e ingrandimento estremità acrali. Gli
effetti compressivi sono sempre gli stessi per tutti i tumori dell’ipofisi: slargamento sella,
difetti campo visivo, cefalea e paralisi nervi cranici.
– Altro:
– Scheletro: gigantismo, prognatismo, artralgie, acromegalia, mal occlusione,
ipertrofia bozze frontali.
– Cute: iperidrosi e skin tags.
– Apparato digerente: polipi del colon.
– Cardiovascolare: ipertrofia ventirocolo sinistro, ipertensione, cardiomiopatia e
scompenso.
– Visceromegalia: lingua, fegato e milza e altro.
– Endocrino-metabolico: intolleranza al glucosio, calo libido e impotenza,
dismenorrea, ipertrigliceridi, aumento aldosterone.
– Apparato respiratorio: sleep apnea e disturbi del sonno, aumenti del volume
residuo.
Nel 70% dei casi è un macroadenoma che si estende nello spazio sovrasellare del seno
cavernoso. Il restante 30% dei casi è associato a un microadenoma confinato alla sella turcica. La
patologia ha una prognosi infausta se non curata. La morte giunge per lo più per cause
cardiovascolari.
Diagnosi: elevati valori di IGF-1 con GH>2,5 microg/l (media di 5 determinazioni del GH effettuate
a distanza di 30 minuti). Si fa RM della regione sellare dopo infusione di gadolinio per verifare la
presenza di neoplasia; esame campo visivo per verificare i disturbi della vista.
Terapia: in prima istanza rimozione chirurgica dell’adenoma, riportare i livelli di GH sotto i 2,5
ug/L (o <1 ug/l dopo curva carico di glucosio) così come l’IGF-1. In seconda istanza la terapia
medica si basa su agonisti dopaminergici (bromocriptina e carbegolina), analoghi somatostatina
(come octreotide, prechirurgia riduce il tumore; un nuovo analogo è pasireotide che sopprime i
livelli di GH legando i recettori della somatostatina). Pegvisomant (antagonista GH) per bloccare
il recettore di GH e quindi gli alti livelli di IGF-1; previene anche le complicanze dell'acromegalia.
Clinica: Effetto massa solo se macroadenoma. Inoltre è comune calo della libido, oligo-
amenorrea, infertilità, galattorrea (anche uomo), impotenza, osteoporosi. Questo perché
l’iperprolattinemia determina un calo di GnRH. Nell’uomo la comparsa dei sintomi è più tardiva.
Diagnosi: devono prima essere escluse cause fisiologiche o farmacologiche associate ad alto PRL
(antagonisti dopaminergici, ipotiroidismo primario, policistosi ovarica, etc).
– Il dosaggio sierico si fa con misurazioni multiple con ago cannula per evitare l’aumento
per lo stress del prelievo. PRL>200 nanog/ml è diagnostico, anche se nel
microprolattinoma è frequentemente tra 100 e 250, mentre nel macroprolattinoma è
>250. Valroi inferiori a 100 devono far sospettare un pseudoprolattinoma o lesione
sellare che comprime il peduncolo ipofisario riducendo il tono dopaminergico. Può esserci
macroprolattinemia a causa di macroaggregati PRL-Ig biologicamente inattivi che fanno
sovrastimare il dosaggio sierico in pazienti asinotmatici (la macroprolattinemia viene
valutata mediante dosaggio PRL dopo precipitazione con PEG).
– Esami strumentali: RM senza contrasto che rispetto a TC permette migliore
identificazione della sella.
– Esame del campo visivo
Terapia: si usano dopamino-agonisti come la cabergolina per os che si lega a recettori D2,
riduzione del tumore in 60-80% dei casi; a dosi elevate (per pz con parkinson) può dare
valvulopatie cardiache. La terapia chirurgica trans sfenoidale è di seconda scelta. Per tumori
aggressivi si può ricorrere a radioterapia.
Malattia di Cushing
Tipo specifico di sindrome di Cushing dovuta ad un tumore ipofisario ACTH-secernente. È la
causa più frequente di sindrome di Cushing, molto più comune nella donna con picco tra 20 e 40
anni.
Clinica: per lo più dovuta all’eccesso di glucocorticoidi, alcuni sintomi sono dovuti all'eccesso di
androgeni. In ordine di frequenza si ha:
– Obesità,
– ipertensione,
– labilità emotiva,
– osteoporosi,
– intolleranza ai carboidrati
– irsutismo
– pletora facciale,
– dislipidemia
– astenia
– striae rubrae
– ematomi
– calcolosi renale
Diagnosi: l
clinica: quadro con obesità addominale e altri sintomi tipici, di solito semplice in quadri completi;
in quadri incompleti (fasi iniziali) appare più complessa se coesistono diabete, alcolismo,
ipertensione, depressione, etc. Nel sospetto di Cushing si procede per tre fasi:
– Fase di screening: determinazione del cortisolo libero urinario CLU delle 24 ore (anche 3
determinazioni, ma clearance della creatinina inferiore a 30ml/min può renderlo normale)
; valori 3-5 volte superiore alla normal è suggestivo. Il CLU non può identificare le forme
subcliniche di sindrome di Cushing e il Cushing mile e non può essere cosiderato per cui il
test universale. Il Test di soppressione al desametasone (inibisce il cortisolo) a basse dosi
(1mg overnight o 0,5 ogni 6 ore per 48 ore) è utilizzato: corticolo plasmatico <1,8 ug/dl e
CLU <10ug/24h esclude il Cushing.
– Fase di Conferma: si rinviene la perdita del ritmo circadiano del cortisolo, la
determinazione di cortisolo plasmatico basale non ha grande valore. Si ripetono in questa
fase i test di screening.
– Diagnosi differenziale: tra le varie forme si fa determinando l’ACTH con test di
soppressione al desametasone ad alte dosi, se ACTH non è soppresso (valori >20 pg/ml)
allora è sindrome di Cushing ACTH dipendente (si può anche fare il test al CRH). Spesso
tumori ACTH secernenti rispondo come l’ipofisi al CRH o ai glucocorticoidi esprimendone i
recettori, anche se in genere la produzione ectopica di ACTH determina livelli più alti di
ACTH.
Se il test di soppressione al desametasone porta dimezzamento del CLU al secondo
giorno di soppressione → tumore ipofisario altrimenti è ectopico. Però la determinazione
sicura è la RM della sella turcica per trovare l’adenoma. Se non si vede si deve fare IPSS
(cateterismo dei seni venosi inferiori) per valutare l’esistenza di un gradiente di
concentrazione di ACTCH tra centro e periferia (differenza di 2 o 3 volte tra centro e
periferia è diagnostica).
Terapia: quella elettiva è la neurochirurgia transfenoidale con successo nel 70% dei casi; o
radioterapia ipofisaria nel controllo dell'ipercortisolismo;in ultima ratio surrenectomia bilaterale
dato che determina condizione di iposurrenalismo permanente e può deterinare l'accrescimento
del tumore ipofisario (sindrome di Nelson). Per la terapia medica ci sono farmaci che inibiscono la
steroidogenesi surrenalica (ketoconazolo, metirapone, mitotane)e farmaci neuromodulatori
(modulano secrezione di ACTH, sono analoghi della somatostatina, dopamino-agonisti).
Adenomi ipofisari non funzionanti e rari tumori della regione sellare
TSH-oma: rara causa di ipertiroidismo TSH dipendente; inattivazione del gene del recettoe di T3.
Sintomi da ipertiroidismo: gozzo nodulare, tachiaritmia, calo ponderale, etc. Diagnosi con
dimostrazione di alta concentrazione di Ft3 e ft4 con TSH aumentato; RM e TC di conferma.
Terapia chirurgica.
Diabete insipido: incapacità di concentrare le urine (>3l/die, più precsamente >40ml/kg di peso
corporeo negli adulti e >100 ml/kg nei bambini) con poliuria e conseguente polidipsia.
Classidicazione eziopatogenetica:
– diabete insipido neurogenico o centrale:
– primario: congenito, idiopatico
– Acquisito: post trauma, post chirurgia, neoplastico, infiammatorio, vascolare,
autoimmune, gravidanza (aumentata vasopressinasi)
– diabete insipido nefrogenico
– primario: genetico
– secondario: insufficienza renale, disturbi metabolici, farmaci
– polidipsia primaria
– disordini affettivi
– indotta da farmaci
– patologie ipotalamiche
Diagnosi di diabete insipido:Il DI deve essere differenziato da altre cause di poliuria. Tutti i test
per il DI sono basati sul principio che l'aumento dell'osmolalità plasmatica nei soggetti normali
conduce alla contrazione della diuresi e all'aumento dell'osmolalità urinaria.
Il test di disidratazione è il metodo più semplice e più attendibile per diagnosticare la malattia,
ma deve essere eseguito soltanto tenendo il paziente sotto continua osservazione. Nei pazienti con
DI questo test può essere rischioso, mentre i pazienti con polidipsia psicogena possono non
essere in grado di evitare di bere, a meno che non venga loro impedito di farlo. Il test viene
cominciato al mattino pesando il paziente, prelevando un campione di sangue venoso per
determinarvi le concentrazioni elettrolitiche e l'osmolalità e misurando l'osmolalità delle urine.
Le urine emesse vengono raccolte ogni ora e viene misurato il loro peso specifico o
(preferibilmente) la loro osmolalità. La disidratazione viene proseguita fino a che (1) compaiono
ipotensione ortostatica e tachicardia posturale, (2) è stato perso il 5% o più del peso corporeo
iniziale, oppure (3) la concentrazione delle urine smette di aumentare di un valore superiore a
0,001 unità di peso specifico o a 30 mOsm/l in campioni consecutivi. A questo punto vengono
misurati di nuovo gli elettroliti e l'osmolalità del siero e vengono iniettate SC 5 U di
vasopressina in soluzione acquosa. Sessanta minuti dopo l'iniezione vengono raccolte un'ultima
volta le urine per la determinazione del peso specifico o dell'osmolalità e il test viene concluso.
Viene considerata normale una risposta nella quale la massima osmolalità urinaria dopo
disidratazione (spesso pari a un peso specifico > 1,020 o a 700 mOsm/l) è maggiore
dell'osmolalità plasmatica e non aumenta ulteriormente di un valore superiore al 5% dopo
iniezione di vasopressina. I pazienti con DI sono generalmente incapaci di concentrare le urine
fino a un valore superiore all'osmolalità plasmatica e l'osmolalità delle loro urine aumenta di un
valore > 50% dopo la somministrazione di vasopressina. I pazienti con DI parziale sono spesso in
grado di concentrare le urine al di sopra dell'osmolalità plasmatica, ma mostrano un aumento
dell'osmolalità urinaria > 9% dopo la somministrazione di vasopressina. I pazienti con NDI sono
incapaci di concentrare le urine al di sopra dell'osmolalità plasmatica e non mostrano alcuna
risposta addizionale alla somministrazione di vasopressina.
Come test per il DI è stata usata anche l'infusione di soluzione salina ipertonica. Tuttavia
questo test è pericoloso nei pazienti che non sono in grado di sopportare un carico salino (p. es.,
quelli con riserva cardiaca limitata) e non può essere interpretato correttamente nei pazienti che
sviluppano una diuresi da sali. Pertanto il test non può essere raccomandato.
Il dosaggio radioimmunologico dei livelli di ADH circolante è forse il metodo più diretto per la
diagnosi di DI. Tuttavia il test è di difficile esecuzione e non è disponibile per l'impiego di routine.
In aggiunta, il test di disidratazione è così accurato che il dosaggio diretto dell'ADH non è
necessario. I livelli plasmatici di vasopressina sono diagnostici dopo disidratazione o dopo
infusione di soluzione salina ipertonica.
Terapia:
– neurogenico: desmopressina (analogo della vasopressina), nella forma acuta EV, nella
cronica con spray nasale o IM o sottocute. Complicanze sono iposodiemia da
emodiluizione.
– polidipsia trattamento psichiatrico con riduzione apporto idrico,
– nefrogenico: nella forma secondaria rimuovere la causa e assicurare idratazione. C’è
beneficio con diuretici tiazidici perché questi inibiscono il riassorbimento di sodio nel
tubulo distale portando iposodiemia (effetto antidiuretico).
Test dinamici:
– GH-IGF-1: OGTT perché normalmente l’elevazione della glicemia sopprime il GH. Per
valutarne un deficit si ricerca nel sangue GH ma anche IGF-1. Si usa meglio ancora GHRH
+arginina. La risposta dipende dal BMI. Nel bambino si usa ITT (con insulina) o il test al
glucagone.
– Ipofisi-tiroide: si può ricercare direttamente il TSH, ma si può anche fare un test al TRH.
– Ipofisi-gonadi: si cercano LH ed FSH, ma anche dopo test al GnRH.
– Ipotalamo-ipofisi-surrene: si valutano ACTH e cortisolo. Si fa ACTH test (se c’è deficit di
ACTH il surrene è ipotrofico e risponde meno), ipoglicemia insulinica (dovrebbe
aumentare il cortisolo dopo insulina), CRH test, Metirapone test. Prolattina. Per il diabete
insipido si usa il test dell’assetamento per distinguere tra le varie forme.
La tiroide è una ghiandola endocrina che, sotto l’influenza del TSH produce gli ormoni T3 e T4. La
produzione di ormoni tiroidei richiede lo iodio, pertanto il fabbisogno giornaliero di iodio è di
circa 150 microgrammi/die. In gravidanza ne serve di più e in proporzione al peso corporeo anche
in età infantile. La stimolazione del TSH oltre ad avere un effetto trofico, favorire sia la
produzione che la secrezione di ormoni tiroidei, aumenta anche la captazione di iodio da parte
del NIS. Se vi è carenza iodica vi è minore produzione di ormoni tiroidei e pertanto aumento della
produzione del TSH che stimola una maggiore captazione di iodio, ma determina anche
iperplasia che può portare allo sviluppo di un gozzo. Gli ormoni tiroidei circolano associati a
proteine trasportatrici come la TBG, l’albumina e la prealbumina legante la tiroxina. A livello
cellulare esplicano lapropria attività dopo essere stati legati dalla proteina citosolica CBP. La T4 è
più affine a essere captata, ma poi viene deiodata a T3 che poi si lega ai recettori tiroidei
intranucleari. Gli ormoni tiroidei hanno azioni genomiche e non genomiche. Le azioni genomiche
si esplicano quando la T3 si lega a TR che si lega a TRE sul DNA. Questo legame aumenta la
trascrizione pertanto l’effetto principale degli ormoni è aumentare la sintesi proteica e più in
generale il turn over proteico cellulare. Le azioni non genomiche sono mediate da recettori di
membrana. Gli ormoni tiroidei aumenta la sintesi sinaptica, hanno un effetto cronotropo e
inotropo positivo a livello cardiaco aumentando frequenza, contrattilità e gittata cardiaca.
Aumentano l’espressione dei recettori beta-adrenergici, a livello mitocondriale aumentano
l’espressione della proteina disaccoppiante favorendo la calori genesi. L’effetto principale è però
l’aumento del consumo di ossigeno e del metabolismo basale.
Pag. 9 tiroide.
Gozzo
Aumento di dimensioni della tiroide associato a normale funzione tiroidea non dovuto a
patologie autoimmuni né neoplastiche. Il gozzo nodulare è più frequente nelle aree a carenza
iodica, dove viene riscontrato in prevalenza nei soggetti anziani e rappresenta l'evoluzione del
gozzo diffuso (nei soggetti più giovani).
Etiopatogenesi:
– Endemico: dovuto a carenza nutrizionale di iodio, quando più del 5% della popolazione
ne è affetta. Più frequente nelle zone ghiacciate o lontane dal mare, in Asia, Africa,
America Latina, in italia in Piemonte e Val d'Aosta. La carenza è spesso dovuta a bassa
condizione economica. Il fabbisogno medio di iodio di un adulto è 150 microg/die, 200 in
gravidanza e nell'allattamento; 120 nel neonato e 90-120 nel bambino. Poiché lo iodio
assorbito è in equilibrio con la riserva corporea nel LEC e nella tiroide, la misura della
ioduria è un indice dell’apporto alimentare di iodio. Vi sono anche sostanze gozzigene che
influiscono spesso sulla captazione tiroidea.
– Familiare: difetti nella ormonosintesi anche difetti tireoglobulina, NIS, TPO, pendrina
(sindrome di Pendred, associata a sordità). La maggioranza dei casi si associa a
ipotiroidismo, per cui vengono riconosciuti al momento dello screening di ipotiroidismo
congenito e la presentazione in età giovanile è rara. La perdita delle deiodinasi non
comporta alterazione della sintesi degli ormoni tiroidei ma causano un difetto nel
ricircolo di iodio nella tiroide e un a perdita di iodotirosine nelle urine → perdita eccessiva
di iodio con aumento del TSH, stimolazione della tiroide e sviluppo di gozzo.
– Sporadico: in soggetti in aree non iodo-carenti. La causa è ignota, fattori genetici non
identificati sembrano contribuire associati a una carenza di iodio o a assunzione di
sostanze gozzigene come il tiocianato nelle Brassicacee, nitrati, perclorato, tionamidi,
litio oltre all’hCG a causa della sua somiglianza con il TSH.
Fisiopatologia
I follicoli sono costituiti da diversi cloni di cellule con diversi potenziali replicativi; lo sviluppo
clonoal dei follicoli porterà alla formazione di noduli freddi o caldi (lieve aumento di produzione
di ormoni con TSH soppresso → ipertiroidismo subclinico). Il continuo produrre ormoni sopprime
TSH causando ipertiroidismo clinico; gli ormoni sono prodotti indipendentemente da TSH per
una mutazione della sub Gsa del recettor edel TSH → sempre attivo . I noduli vengono definiti
adenomatosi (capsulati) e iperplastici (non capsulati). Nelle sue fasi iniziali il processo gozzigeno
vece follicoli piccoli poveri di colloide e rivestiti da cellule alte (gozzo parenchimatoso), poi pieni
di colloide rivestiti da cellule paitte (gozzo colloide); per la rottura e confluenza di follicoli si
formano cavità pseudocistiche (gozzo colloidocistico); a causa di fenomeni cicatriziali siformano
cisti (gozzo cistico) e se c'è emorragia possono diventare cisti emorragiche.
Clinica: Quello endemico sorge in epoca puberale o prepubelare, lo sporadico a ogni età. si nota
chiaramente la tumefazione che può essere uniforme, unilaterale, nodulare. L'esame obiettivo è
volto a rivelare consistenza e dimensioni del gozzo, estrinsecazione mediastinica, presenza di
noduli e mobilità con la deglutizione. Il gozzo può avere anche sviluppo intrinseco o intratoracico.
Può dare sintomi da compressione delle strutture circostanti come disfagia, disfonia, tosse,
dispnea. Se ha estrinsecazione mediastinica si nota il segno di Pemberton (al sollevamento delle
braccia congestione dei vasi di collo e volto). In genere il paziente è eutiroideo perché la
compensazione con TSH funziona, può diventare lentamente leggermente ipotiroideo, o se si
sviluppa gozzo multi nodulare tossico può divenire ipertiroideo. Se il gozzo è associato a
ipotiroisismo si deve pernsare a una tiroidite di Hashimoto. Il gozzo può trasformarsi in tossico
quando si formano aree autonome nel gozzo. L'ipertiroidismo subclinico è asintomatico nei
giovani, negli anziani può dare problemi cardiaci.
Diagnosi:
– clinica
– Laboratorio: comunemente troviamo T4 lievemente ridotto e T3 normale. THS può essere
normale. Nei pazienti con gozzo non tossico possono essere presenti anti-Tg e anti-TPO
circolanti. Tireoglobulina è elevata ma il dosaggio non è utile.
– Ecografia: può dare indicazioni sui noduli. Ipoecogenicità e micro calcificazioni sono
sospette per neoplasia.
– scintigrafia si esegue con isotopi dello iodio marcato (pertecnetato) come contrasto, e
permette di differenziare i noduli con captazione aumentata (noduli caldi) da quelli meno
captanti o non captanti (noduli freddi)
– L’esame citologico si fa in genere sui noduli sospetti, spesso eco guidato.
– L’esame radiologico permette di evidenziare estrinsecazione del gozzo ed eventuali
compressioni tracheali e esofagee
– TC e RMN possono evidenziare meglio i rapporti con le strutture corcostanti
Diagnosi differenziale
– aumento rapido di dimensioni associato a dolore: emorragia intranodulare → diagnosi
differenziale con tiroidite subacuta (in cui c'è febbricola) e tumore anaplastico (non c'è
dolore)
– lesione di vecchia data stazionaria è benigna; gozzo molto grande presente già in età
puberale può essere una disormonogenesi.
Terapia:
– profilassi con lo iodio in paesi con carenza di iodio
– levo-tiroxina che riduce il TSH e lo mantiene tra 0,4-0,6 U/L o semisoppresso tra 0,1-0,4.
(non in pz >50 anni per probabile presenza di autonomia funzionale; inoltre gli anziani
presentano maggiori effetti collaterali).
– terapia chirurgica si fa solo se c’è neoplasia o grave compressione.
– terapia con iodio radioattivo: trattamento del gozzo con autonomia funzionale; è
sperimentale ancora per ridurre anche il gozzo non tossico; è una valida alternativa in pz
anziani
Ipotiroidismo
Insufficiente azione degli ormoni tiroidei sui tessuti. Può essere classificato in primitivo, centrale
e periferico; oppure in congenito e acquisito.
Ipotiroidismo primitivo
Etiopatogenesi: deficit funzionale della ghiandola → mancata produzione di ormoni.
– Da mancanza o distruzione di tessuto tiroideo:
– Tiroidite autoimmune: eziologia sconosciuta, più nel sesso femminile. Due varianti,
una associata a gozzo e una atrofica nel quale il tessuto tiroideo è sostituito a
tessuto fibroso con riduzione del volume ghiandolare
– Ipotiroidismo iatrogeno: post-tiroidectomia probabilmente per residui di tiroide,
per anticorpi anti TPO, e si cura con levo-tiroxina
– post terapia radiometabolica: si manifesta dopo qualche anno in pz trattati con
iodio marcato
– post irradiazione esterna sul collo: in pz con neoplasie maligne
– farmaci: iodio, citochine e interferone (inducono autoimmunità tiroidea),
amiodarone (contiene iodio)
– Con gozzo: da carenza iodica, da farmaci antitiroidei (tipo propiltiouracile) e litio.
Ipotiroidismo centrale: molto meno frequente del primario, può essere congenito o acquisito.
Può essere causato da deficit di produzione del TSH o TRH per varie cause. Il deficit di TSH è
raramente isolato, spesso è insieme a deficit di altre tropine o causato da altri adenomi ipofisari
secernenti e non.
Ipotiroidismo conclamato:
Clinica:
– Cute: secca, ispessita, giallognola (per accumulo di carotene) e mixedema (edema poco
improntabile attorno agli occhi e mani, causato da accumulo di GAG), caduta capelli e
unghie.
– Cardiocircolatorio: incremento resistenze vascolari e diminuita perfusione, riduzione
frequenza, contrattilità e massa cardiaca oltre alla volemia, meno afflusso di sangue alla
pelle e diminuita calorigenesi , dispnea da sforzo, intolleranza all’esercizio, bradicardia.
– Lipidi: Aumento colesterolo, trigliceridi, VLDL e LDL.
– Apparato respiratorio: le manifestazioni respiratorie sono le più gravi; c'è affaticabilità e
dispnea, ritenzione di CO2 (c'è ridotta risposta
– Rene: Contrazione diuresi e iponatremia per ridotto afflusso all’arteria renale, non c'è
ipopotassiemia
– GI: Ipomobilità gastrointestinale.
– SNC: Rallentamento dell’ideazione, letargia, depressione, meno concentrazione.
– Il coma mixedematoso è la situazione limite del grave ipotiroidismo con perdita di
coscienza. E' scatenato da stato infettivo, insufficenza cardiaca congestizia, accidenti CV,
ipotermia o assunzione di farmaci. Si presenta con disturbi neuropsichici come stato
confusionale e allucinazioni, versamento pericardico.
Diagnosi: ipotiroidismo primitivo è caratterizzato da alti livelli di TSH con basse T3 e T4 (FT4 e
TT4). Un ECG può essere utile per valutare la funzionalità cardiaca; occorre misurare i livelli di
colesterolo. Nelle patologie autoimmuni si riscontrano autoanticorpi contro TPO, Tg.
Esame citologico per verificare la natura dei noduli in gozzo se presente.
Ipertiroidismo e tireotossicosi
Tireotossicosi: Eccesso di ormoni tiroidei circolanti e della loro azione. L’ipertiroidismo è la forma
di tireotossicosi endogena più comune caratterizzata da iperfunzione tiroidea.
Ad alta captazione: Sono le più frequenti nella pratica clinica e associate a relae ipertiroidismo
– Morbo di Basedow-Graves: malattia autoimmune nella quale vi è produzione di
anticorpo anti recettore del TSH (TRAb). Questi legandosi attivano il TSHR determinando
una continua stimolazione tiroidea sia funzionale che trofica (determinando gozzo). Vi
sono a volte anche anticorpi anti-Tg e anti-TPO. Più comune nelle donne intorno ai 40
anni. Nel neonato con madre malata è transitoria per il passaggio transplacentare di
TRAb. C’è familiarità associata ad alcuni HLA. I sintomi tipici oltre quelli da ipertiroidismo
sono l’oftalmopatia basedowiana con evidente esoftalmo, mixedema pretibiale e
acropachia tiroidea (dita a bacchetta di tamburo). La tiroide appare ipertrofica e
iperplastica con infiltrazione linfomonocitaria..
– Gozzo multinodulare tossico: presenza di noduli iperfunzionanti nel contesto di gozzo
multinodulare; rispetto a Basedow-Graves è più frequente in aree con ridotto apporto di
iodio. Non ci sono i segni caratteristici del Basedow-Graves.
– Adenoma tossico: tumore benigno iperfunzionante, nodulo singolo. Più frequente nelle
donne di mezza età.
– Fase iniziale tiroidite di Hashimoto
– adenoma ipofisario TSH secernente
A bassa captazione sono dovute a liberazioni di ormoni preformati a causa di danno alla tiroide
come la tiroidite distruttiva di De Quervain, la silente, la post-pastum, assunzione di ormoni
esogeni.
Clinica:
– nervosismo, insonnia, tremori, affaticabilità e atteggiamento ipercinetico, inoltre si hanno
– manifestazioni cardiovascolari come palpitazioni, fibrillazione atriale in generale
tachicardia e aumento della pressione arteriosa.
– si ha polifagia sebbene con calo ponderale,
– aumentata sudorazione, intolleranza al caldo, fragilità di unghie e capelli, disordini
mestruali e dell’alvo, diarrea.
– perdita di massa ossea, nei pazienti con pregresso ipertiroidismo l'osteoporosi può essere
più precoce.
– Nel Basedow si ha gozzo, oftalmopatia con esoftalmo (nel 3% dei casi causa neurite
ottica) e retrazione della palpebra superiore, si possono anche avere edema palpebrle,
coinvolgimento muscoli oculari, diplopia, chemosi. Inoltre può esserci mixedema
pretibiale con pelle a buccia d’arancia ed edema senza fovea.
Diagnosi:
– Aumento di T3 e T4 e valori subnormali o soppressi di TSH. Se il TSH è elevato il problema
è ipofisario o ipotalamico.
– Nel Basedow si trovano: TRAb, anemia perniciosa per presenza di anticorpi anti cellule
parietali gastriche nel 30% dei pz
– Ci può essere un’alterazione della funzionalità epatica e una leggera anemia e anche
osteoporosi, ipocolesterolemia e alterata tolleranza al glucosio.
– Ecografia: si vedono le dimensioni la struttura e l’aumentata vascolarizzazione della
ghiandola (Graves).
– scintigrafia con captazione di iodio radioattivo può dirci del carattere del gozzo oltre che
dei singoli noduli. I noduli freddi sospetti devono essere sottoposti ad ago biopsia. Nelle
forme da bassa captazione la tiroide non si visualizza.
– RM o TC delle orbite può verificare il grado di esoftalmo ed eventuali lesioni cornee, la TC
del collo e/o del mediastino può dirci del livello di estrinsecazione del gozzo e di
compressione delle strutture vicine.
Terapia: Nelle fasi iniziali del trattamento e nella fase acuta della crisi tireotossica si possono
somministrare beta-bloccanti per controllare la tachicardia. Si possono usare tionamidi per
inibire la sintesi ormonale. In casi gravi tiroidectomia con successiva levo-tiroxina a vita. Per
l’oftalmopatia si usano glucocorticoidi (che bloccano la reazione infiammatoria retrorbitale) o
intervento chirurgico, per il mixedema steroidi e bendaggio occlusivo.
Tiroiditi
Tiroidite post-partum: è un tipo di tiroidite indolore che però si presenta il più delle volte nei sei
mesi successivi al parto o durante la gravidanza. È associata ad un lieve ipotiroidismo curabile
con L-T4 oppure a tireotossicosi con o senza ipotiroidismo successivo. Si ha come nella silente un
gozzo diffuso indolente. Si ha recupero della funzione, ma negli anni successivi il 20-30% andrà
incontro a ipotiroidismo permanente. Fattori di rischio: positività per anticorpi contro TPO,
diabete di tipo I, pregressa tireopatia. Quadro clinico difasico:
– 1- 6 settimane di lieve tireotossicosi
– 2-6 settimane lieve ipotiroidismo: sintomi sono astenia, riduzione della memoria, pelle
secca, intolleranza al freddo
Ecograficamente riduzione ecogenicità .
Terapia: b bloccanti, nelle pz ipotiroidee sintomatiche si fa trattamento sostitutivo con L-T4 a
dosaggio medio-basso da proseguire per un anno.
Alte tiroiditi:
- Tiroidite suppurativa acuta è una rara malattia infiammatoria batterica della tiroide
(Stafilococco, Streptococco piogenes e pneumonie, Enterobacteriace, Coli, Salmonealla,
Pseudomonas); la tiroide è raggiunta per diffusione ematogena del batterio o per estensione da
strutture adiacenti. Si ha dolore, disfagia, disfonia, febbre, il paziente è eutiroideo, ma ha VES e
leucocitosi neutrofila. Ecografia: massa irregolare a ecogenicità mista con aree anecogene. Alla
scintigrafia si nota un nodulo freddo. Si tratta con antibiotici, se c’è un ascesso si fa drenaggio
chirurgico. A volte anche infezioni fungine, TBC, parassiti.
Tiroidite di Riedel: sclerosante, rarissima con densa fibrosi di tiroide e strutture adiacenti. Si
manifesta nelle donne anziane soprattutto; l'eziologia è ignota. Il gozzo è duro-ligneo, ci sono
sintomi da compressione, il paziente è eutiroideo. 10% di morte per asfissia, il trattamento è
chirurgico.
Diversi criteri clinici possono fornire un indizio della naura di un dato nodulo tiroideo:
– noduli solitari: maggiore probabilità di essere neoplastici rispetto ai noduli multipli
– noduli nei pazienti più giovani: hanno maggiore probabilità di essere neoplastici rispetto
a quelli anziani
– nei maschi i noduli sono più probabilmente neoplastici rispetto alle donne
– storia clinica di radioterapia nella regione del capo e del collo è correlata a una maggiore
incidenza di neoplasie maligne tiroidee
– i noduli funzionali che captano lo iodio radioattivo alla scintigrafia (noduli caldi) sono più
verosimilmente benigni che maligni
Carcinomi
1,5% di tutte le neoplasie maligne negli USA. Se il paziente è di mezza età sono maggiormente
presenti nelle donne, se è giovane o anziano la percentuale di casi è equidistribuita tra i sessi.
Possono essere follicolari o midollari, i follicolari sono più frequenti.
Sono:
– carcinoma papillare: >85%
– carcinoma follicolare 5-15% dei casi
– carcinoma anaplastico (indifferenziato) <5% dei casi
– carcinoma midollare (5% dei casi)
Patogenesi
– carcinoma papillare: attivazione della via di MAP-K per riarrangiamenti di RET (RET-PTC) o
mutazioni puntiformi in BRAF.
– Carcinoma follicolare: mutazioni di PI3K/AKT che la rendono attiva costitutivamente,
– carcinoma anaplastico (indifferenziato): può insorgere ex novo o da dedifferenziazione di
un follicolare (per es. per mutazione di p53).
– Carcinomi midollari della tiroide: le forme familiari si osservano nella MEN2 associata a
mutazioni di RET.
– Fattori ambientali: radiazioni ionizzanti, carenza di iodio.
Carcinoma papillare
I noduli sono asintomatici, possono esserci metastasi linfonodali cervicali (anche se sono presenti
la prognosi è buona). Di solito è un nodulo singolo, mobile in deglutizione, spesso scambiato per
uno benigno. I carcinomi papillari sono freddi alla scintigrafia. La prognosi è eccellente
(sopravvivenza a 10 anni >95%), le recidive sono nel 5% dei casi e le metastasi a distanza il 10%.
La prognosi dipende da età (sfavorevole >40anni), presenza di estensione extratiroidea e
metastasi a distanza.
Morfologia:
– Sono lesioni solitarie o multifocali. Alcuni possono essere ben circoscritti e anche
capsulati; altri sono infiltranti.
– Le lesioni possono contenere fibrosi e calcificazioni e cisti.
– Può contenere papille ramificate con peduncolo fibrovascolare ricoperto da uno o più
strati di cellule epiteliali cuboidi. Nelle aree di iperplasia le papille sono meno complesse
e non hanno l'asse fibrovascolare.
– I nuclei delle cellule cancerose hanno cromatina dispersa, con aspetto chiaro o vuoto
(occhi dell'orfanella Annie o nuclei a vetro smerigliato). Le invaginazioni del citoplasma
possono dare l'aspetto di inclusioni intranucleari. La diagnosi di carcinoma papillare è fatta
da modificazioni nucleari anche in assenza di papille.
– Calcificazioni: corpi psammomatosi, presenti nel centro delle papille, specifiche del
carcinoma papillare.
– Invasione dei vasi liinfatici è frequente, dei vasi ematici rara. Il 50% metastatizza al
linfonodo cervicale satellite.
Carcinoma follicolare
Più nelle donne, tra i 40-60 anni. Più frequente nelle aree di carenza di iodio alimentare.
Sono noduli non dolenti a lento accrescimento, freddi alla scintigrafia (in rari casi calde). Ha una
scarsa tendenza a invadere i linfatici, l'invasione ematogena è più frequente con diffusione a
ossa, polmoni, fegato e altre sedi.
Prognosi: dipende dall'estensione dell'invasione. Quelli largamente invasivi sviluppano spesso
metastasi sistemiche e danno morte entro 10 anni. Quelli minimamente invasivi hanno
sopravvivenza a 10 anni >90%.
Trattamento: tireoidectomia totale + somministrazione di iodio radioattivo (che è captato anche
dalle metastasi) + ormoni tiroidei (per sopprimere TSH ed evitare quindi che il tumore risponda a
TSH endogeno)
Morfologia:
– Macroscopicamente: nodulo singolo che può essere circoscritto da capsula o infiltrante.
All'esame macroscopico è difficile la distinzione dall'adenoma follicolare. La superficie al
taglio ha colore dal grigio al rosa e a volte follicoli ripieni di colloide traslucidi. A volte
sono presenti degenerazioni come fibrosi e calcificazioni.
– Microscopicamente: i follicoli sono abbastanza normali nella maggiorparte dei casi, in altri
casi la differenziazione può essere meno evidente e possono esservi nidi o lamine di
cellule prive di colloide. Possono essere presenti cellule di Hurthle. Non sono presenti
alterazioni nucleari evidenti come nel carcinoma papillare.
– Carcinoma follicolare minimamente invasivo: é il tipo di carcinoma con capsula non invasa,
non è facile da distiguere dall'adenoma follicolare; si deve vedere l'invasione vascolare ei
vasi capsulari e sovracapsulari.
– Carcinomi follicolari largamente invasivi: infiltrano il parenchima tiroideo e i tessuti molli
extratiroidei. Sono meno differenziati, sono presenti più mitosi e hanno più strutture
solide trabecolari.
Carcinoma midollare
Sono tumori neuroendocrini derivati dalle cellule C. Nel 70% sono sporadici, nel 30% si trovano
nel contesto delle MEN (carcinoma midollare familiare della tiroide) o FMTC. Mutazioni di RET
hanno ruolo in entrambi i casi.
Si crea una massa che può dare sintomi da compressione. Le manifestazioni iniziali sono quelle di
una sindrome paraneoplastica causata dalla secrezione di un ormone peptidico (es diarrea per
secrezione di VIP o sindrome di Cushing dovuta ad ACTH).
Marcatori: antigene carcinoembrionico prodotto dalle cellule neoplastiche, alti livelli di
calcitonina.
Morfologia:
– macroscopicamente: quelli sporadici presentano noduli solitari, i familiari sono bilaterali e
multicentrici. Le lesioni maggiori presentano aree di necrosi e emorragie che possono
estendersi oltre la capsula della tiroide. Il tessuto tumorale è di consistenza sostenuta
grigio e infiltrante.
– Microscopicamente: cellule poligonali o fusiformi che possono formare nidi, trabecole o
follicoli. Cellule piccole, più anaplastiche, sono presenti in alcuni tumori e possono
rappresentare la popolazione cellulare dominante. Nello stroma possono essere presenti
depositi di amiloide (derivati da calcitonina alterata). Nelle MEN c'è iperplasia delle
cellule C multicentrica nel circostante parenchima tiroideo, un aspetto in genere assente
nei carcinomi sporadici.
Tg in terapia con Ogni 6-12 mesi Ogni 6-12 mesi Ogni 6-12 mesi
ormoni tiroidei
Dopo 12 mesi da terapia Dopo 12 mesi da terapia
con iodio 131 se la Tg basale con iodio 131 se la Tg basale
Tg stimolata Non indicata è dosabile è dosabile
(ipotiroidismo/rhTSH)
Ogni 6-12 mesi Ogni 6-12 mesi
Ecografia del collo Ogni 6-12 mesi
Valutazione endocrina:
Esami: Primo livello: dosaggio delle frazioni libere FT3 3 FT4 oltre che del TSH. Dosaggio degli
autoanticorpi circolanti anti-TPO, anti-TG e anti-TSH (TRAb). Misurazione della calcitonina nel
carcinoma midollare della tiroide. Tireoglobulina nel follo-up post-chirurgico. Secondo livello:
livelli di colesterolo, soprattutto LDL, ed enzimi come CPK, LDH, ALT, AST, più prolattina e SHBG
(aumenta nelle tireotossicosi). Terzo livello: dosaggio ioduria (controlla l’apporto alimentare),
test al TRH (distingue un problema ipofisario da uno ipotalamico o un problema di resistenza agli
ormoni tiroidei), test al perclorato di potassio (verifica deficit di organificazione, con verifica
della captazione che è ridotta nei difetti), test alla penta gastrina (con successiva determinazione
di calcitonina, aumentata nel carcinoma midollare), test genetici per forme familiari. Indagini
funzionali: captazione e scintigrafia, ecografia, esame citologico da ago aspirato e PET (che
verifica la presenza di metastasi in base alla captazione di fluoro-deossiglucosio).
Effetti compressivi da gozzo: in genere più nelle donne di mezza età, è dovuto a gozzi nodulari
benigni, neoplasie maligne della tiroide e metastasi alla tiroide e tiroidite di Riedel. La diagnosi si
basa sul quadro clinico caratterizzato da dispnea, disfonia e disfagia, irrigidimento del collo.
Eventuale ecografia, TC e RM. L’agoaspirato può rilevarne la natura. La terapia è chirurgica e nel
Riedel in genere basta la resezione dell’istmo.
Le paratiroidi sono quattro ghiandole situate posteriormente alla tiroide; in una percentuale
ridotta di casi sono presenti ghiandole soprannumerarie nel mediastino o nel timo.
La loro funzione principale è la secrezione di paratormone, ormone ipercalcemizzante e
ipofosfatemizzante. La sintesi del paratormone avviene nelle cellule principali e il suo rilascio
dipende dalla calcemia (e da agonisti calciomimetici) attraverso il recettore CaSR (GPCR). La
secrezione di PTH è massima a bassa calcemia (<7 mg/dL), quindi si riduce progressivamente fino
ad un livello basale (calcemia >11 mg/dL). Il PTH agisce sul PTHR principalmente a livello:
– osseo, determinando attivazione degli osteoclasti (mediata dagli osteoblasti) e quindi
liberazione di calcio e fosfato;
– renale, dove aumenta il riassorbimento di calcio (ansa di Henle, TCD), inibisce il
riassorbimento di fosfato (TCP) e stimola la sintesi di 1,25-diidrossi-colecalciferolo, che
aumenta l’assorbimento intestinale di calcio.
L’ipoparatiroidismo familiare isolato (FIH) può interessare il gene del PTH e il gene del CASR.
Sindrome di DiGeorge: causata da una microdelezione del cromosoma 22 che porta agenesia di
timo e paratiroidi, anomalie facciali (palatoschisi, insufficienza della faringe e facies dismorfica),
ritardo mentale, deficit cognitivo e predisposizione a disordini psichiatrici.
Diagnosi: ipocalcemia con basso PTH e alta fosfatemia. Un’ipoalbuminemia si può associare a
riduzione della calcemia nel rilievo.
Etipatogenesi: la causa più comune è un adenoma singolo (80%), ma a volte può essercene uno
doppio o un’iperplasia diffusa delle paratiroidi, essendo il carcinoma solo l’1% dei casi. Le forme
familiari hanno più spesso coinvolgimento multighiandolare. L’adenoma ha un’origine clonale
spesso dovuto a mutazioni del gene PRAD1 o nelle forme familiari il gene MEN 1 della menina
(anche in piccola percentuale delle forme sporadiche).
Diagnosi: ipercalcemia con PTH alto o stranamente normale rispetto all'ipercalcemia. Bisogna
correggere i valori di calcemia totale per l’albuminemia (l0labumina lega il 50% del calcio
circolante) secondo questa formula:
calcio corretto per l'albumina = calcemia totale (mg/dl) + 0,8 x [4- albumina sierica (g/dl)]
La misura della calciuria delle 24h è utile per distinguere tra IPTP e ipercalcemia ipocalciurica
familiare (mutazione inattivante CASR) in cui i pz presentano una ipercalcemia ipocalciurica
relativa rappresentata da un rapporto tra clearance del calcio/clearance creatiinina <0,01 in
presenza di una ipercalcemia con valori di PTH normali o solo modicamente elevati.
Diagnosi differenziale inoltre con ipercalcemia paraneoplastica umorale, ipercalcemia da
metastasi ossee multiple, ipercalcemia da intossicazione con vitamina D o sarcoidosi.
Ecografia e scintigrafia al tecnezio indicano la lesione paratiroidea o altrimenti TC.
Terapia: principalmente intervento chirurgico, che ormai può essere anche mininvasivo. Si deve
rimuovere tutto il tessuto paratiroideo iperfunzionante. Se l’ipercalcemia persiste non si è
rimosso tutto. La terapia medica si sceglie in carcinomi inoperabili, pazienti che rifiutano la
chirurgia, IPTP nonostante vai interventi, malattie gravi controindicanti l’intervento. Si danno
bifosfonati per aumentare BMD e calcio mimetici per ridurre la calcemia per diminuzione dei
livelli di PTH.
Secondario: iperplasia delle paratiroidi con ipersecrezione di PTH compensatoria di uno stato
ipocalcemico cronico. Un’insufficienza renale cronica è la causa più frequente di questa
ipocalcemia. Spesso si associa oltre ad un minore filtrato anche ad una diminuzione della
vitamina D attiva. Il PTH è secreto per compensare sia l’ipocalcemia che l’iperfosfatemia. Si
hanno le stesse anomalie scheletriche dell’iperparatiroidismo primario e si danno calcio e
vitamina D, oltre ad una dieta con pochi fosfati.
Terziario: in corso di secondario di lunga data le paratiroidi possono divenire autonome dal
meccanismo di regolazione e la secrezione di PTH aumenta. Si ha una ipercalcemia, danni ossei
ancora più evidenti e calcificazione dei tessuti molli.
Osteomalacia e osteoporosi
La stabilità strutturale dell’osso è garantita dalla sua dinamicità di rimodellamento, che avviene
grazie a osteoclasti e osteoblasti sotto il controllo di ormoni (estrogeni, IGF-1, PTH,
glucocorticoidi, ormoni tiroidei, vitamina D) e in presenza di quantità adeguate di calcio e
fosforo. L’omeostasi del calcio è regolata dal PTH (osteolisi) e dalla vitamina D (osteogenesi); il
ruolo della calcitonina nell’uomo è incerto. La vitamina D si può sintetizzare endogenamente
grazie alla luce solare (colesterolo → 7-deidrocolesterolo → vitD3) o introdotta con la dieta; viene
quindi convertita nel fegato in 25-idrossi-colecalciferolo, il quale grazie all’1α-idrossilasi renale
diventa calcitriolo, l’ormone attivo.
Osteoporosi: malattia sistemica dello scheletro caratterizzata da ridotta massa ossea ed alterata
struttura con aumento del rischio di frattura. Sono primitive le forme in donne in menopausa o
persone in età senile, e secondarie quelle da malattie o farmaci.
Etiopatogenesi: fattori genetici e acquisiti (alcolici, fumo, magrezza, poco calcio e poca attività
fisica) contribuiscono alla riduzione della massa ossea in età senile. Con l’età poi vi sono fattori
endocrini come la diminuzione di estrogeni, di GH e di IGF1 e l’aumento del PTH che spingono
tutti al riassorbimento osseo. Alcune patologie (ipertiroidismo o iperparatiroidismo) e farmaci
(glucocorticoidi) peggiorano la condizione. Si ha porosità del tessuto osseo con
spongiosizzazione della parte compatta. Si differenzia dall’osteomalacia perché la
mineralizzazione nell’osso superstite è normale.
Osteoporosi primaria: esistono tre tipi di osteoporosi primaria. L'osteoporosi idiopatica è rara,
ma si verifica in bambini o in giovani adulti di entrambi i sessi con normali funzioni gonadiche.
– L'osteoporosi di tipo I (osteoporosi postmenopausale) si verifica tra i 51 e i 75 anni.
Sebbene sei volte più comune nelle donne, essa si verifica anche negli uomini dopo castrazione o
con bassi livelli di testosterone sierico ed è direttamente correlata alla perdita di funzione
gonadica. La perdita di estrogeni conduce a elevati livelli sierici di interleuchina-6 e forse di altre
citochine, che si pensa portino a un aumento del reclutamento e dell'attività dei precursori degli
osteoclasti nell'osso trabecolare (spugnoso), che risulta in aumento del riassorbimento osseo. Il
tipo I è in gran parte responsabile delle fratture delle ossa nelle quali è predominante l'osso
trabecolare, come per esempio i crolli vertebrali e le fratture di Colles (radio distale).
– L'osteoporosi di Tipo II (osteoporosi involutiva o senile) è associata con i normali
processi di invecchiamento, con un graduale declino del numero e dell'attività degli osteoblasti e
non primariamente con un aumento dell'attività degli osteoclasti. Si verifica principalmente in
persone > 60 anni ed è due volte più frequente nelle donne rispetto agli uomini. Il tipo II colpisce
sia l'osso trabecolare che quello corticale, dando luogo spesso a fratture del collo del femore,
vertebrali, dell'omero prossimale, della tibia prossimale e pelviche. Essa può essere provocata
dalla riduzione di sintesi di vitamina D che si verifica con l'invecchiamento o da una resistenza
all'azione di questa stessa vitamina (probabilmente attraverso una diminuzione o una non
responsività dei recettori della vitamina D in alcuni pazienti). Nelle donne più anziane si possono
spesso verificare contemporaneamente sia l'osteoporosi di tipo I che di tipo II.
Terapia: ridurre il rischio fratture e quindi anche cadute. Correggere le cause da osteoporosi
secondaria e le abitudini di vita. Aumentare il calcio nella dieta. Anche vitamina D e altro.
Emergenze del metabolismo del calcio: circa il 40% del calcio è legato all’albumina, il 10% ad
anioni, il resto è libero. L’acidosi diminuisce il legame del calcio all’albumina.
Ipercalcemia: aumento del calcio libero. L’iperparatiroidismo primitivo costituisce con quello di
natura neoplastica il 90% dei casi. Bisogna distinguere le due forme. Altre cause sono ridotta
perfusione renale, aumento di vitamina D, diuretici tiazidici. Inoltre l’ipercalcemia port
insensibilità all’ADH. Clinica: nausea, vomito, dolore addominale, nefrocalcinosi, nefrolitiasi e
coliche renali, sintomi schletrici, confusione mentale, letargia e debolezza muscolare,
cardiovascolari come aritmie, ipertensione e riduzione dell’intervallo QT. Manifestano i sintomi
se il calcio supera i 12 mg/dl. Terapia: idratazione, bifosfonati, calcitonina.
Ipocalcemia: cause paratiroidee e non. Clinica: aumento eccitabilità neuromuscolare, tetania,
convulsioni, crampi, cute secca, aumento QT, insufficienza cardiaca, depressione, alterazione
scheletro e denti. Terapia: calcio orale o calcio gluconato ev.
I surreni sono due ghiandole di 4-5 g costituite da una parte corticale ed una midollare che hanno
una diversa struttura, istologia, funzione e derivazione embriologica. Nella corticale si distingue
una zona glomerulosa che produce mineralcorticoidi, una zona fascicolata che produce
glucocorticoidi ed una zona reticolare che produce androgeni. Gli steroidi subiscono diverse
azioni enzimatiche a partire dal colesterolo. Nella midollare vengono invece prodotte le
catecolamine: noradrenalina e adrenalina (NA e A) che sono regolate dall’acetilcolina prodotta
dalle numerose fibre pregangliari simpatiche che vi giungono, infatti la midollare si comporta
come un ganglio del simpatico. La secrezione di androgeni e di glucocorticoidi è regolata
dall’ACTH che ha anche un’azione trofica sul surrene. In piccola parte l’ACTH regola anche la
produzione di mineralcorticoidi che però dipendono soprattutto dal sistema renina-angiotensina
renale. L’ACTH è prodotto dall’ipofisi sotto stimolo del CRH ipotalamico (a sua volta inibito dai
glucocorticoidi), la renina è prodotta dal rene quando diminuisce il carico di sodio a livello della
macula densa o arriva noradrenalina alle terminazioni simpatiche o diminuisce la pressione
all’arteriola afferente. Serve a convertire angiotensinogeno in angiotensina I che poi diviene
grazie all’ACE polmonare angiotensina II che stimola la produzione di aldosterone e la sua azione
è modulata positivamente dalla potassiemia e negativamente da dopamina e ANP. Con
l’aldosterone, blocca la renina.
L’azione degli ormoni steroidei si esplica per lo più grazie a recettori nucleari anche se in
generale gli steroidi hanno effetti genomici e non genomici. Il cortisolo è iperglicemizzante e
antinsulinico (soprattutto sotto stress) oltre ad avere azione catabolica a livello proteico
(gluconeogenesi da proteine e non da lipidi come il GH). Favorisce anche la liberazione di
glicerolo e acidi grassi (azione lipolitica). Attraverso i recettori suoi e quelli per mineralcorticoidi
ha azione sodio ritentiva, inoltre aumenta il filtrato glomerulare e soprattutto impermeabilizza il
dotto collettore all’azione della vasopressina. La vasopressina stimola l’ACTH e il cortisolo
stimola l’ADH. Diminuisce l’assorbimento intestinale di calcio e sensibilizza i vasi alla
vasocostrizione delle catecolamine e angiotensina. Inoltre ha azione immunosoppressiva e causa
problemi psichici. L’aldosterone invece comporta riassorbimento di sodio ed escrezione di
potassio e idrogenioni portanto aumento del volume ematico, ipertensione e alcalosi. Gli
androgeni surrenalici sono più che altro i precursori del testosterone che si forma nei tessuti
periferici. La noradrenalina aumenta la gittata cardiaca, aumenta la frequenza e la contrattilità e
le resistenze periferiche causando un aumento di pressione arteriosa. L’adrenalina ha lo stesso
effetto sulla gittata, ma aumenta il flusso muscolare e diminuisce quello renale, cutaneo e
intestinale. Entrambe comportano una ritenzione di sodio. Aumentano la glicogeno lisi e la
glcuconeogenesi , facilitano la lipolisi, hanno azione antinsulinica.
Etiopatogenesi: sono per lo più dovute a deficit di enzimi che lavorano nella produzione di
ormoni steroidei glucocorticoidi e mineralcorticoidi come per esempio la 21-idrossilasi e la
11beta-idrossilasi che sono i più comuni, altri sono la 3Bdrossisteroido.deidrogenasi o 17a
idrossilasi molto più rari. La ridotta formazione di cortisolo comporta una aumento degli steroidi
a monte del difetto e un aumento della produzione di androgeni (steroidi a 19 C) nelle vie non
colpite dal deficit (affermazione valida solo per i difetti di 21OH e 11b-OH). Spesso si ha oltre ad
un difetto di produzione di cortisolo anche quello di produzione di aldosterone che comporta
una sindrome da perdita salina. C’è iperplasia semplice dei surreni e spesso noduli ai testicoli e
anche ai surreni.
Clinica e diagnosi:
– la forma più frequente è il deficit della 21-idrossilasi che si manifesta in tre forme:
– una forma classica moderata che determina virilizzazione femminile è di vario
grado, che va dalla semplice clitoridomegalia alla completa mascolinizzazione dei
genitali esterni; gli organi riproduttivi sono presenti; nell’uomo si ha pubertà
precoce.
– Forma con perdita salina: forma molto grave (la perdita di sali nel deficit della
11beta-idrossilasi non avviene, si ha invece ipertensione per eccesso di
mineralcorticoidi).
– Forma non classica: più lieve, l’esordio è postpuberale che nelle donne si presenta
con iperandrogenismo (irsutismo, acne, amenorrea) nel maschio con sub fertilità.
– Per identificare il difetto di 21OH si fa screening neonatale per rilevare eccesso di
17idrossi-progesterone, anche dopo stimolo da ACTH e anche per la diagnosi di forma
tardiva si usa lo stesso metodo identificando 17OH nella prima fase di ciclo mestruale.
Valori >2ng/ml sono indicativi per la froma non classica di difetto enzimatico ma a volte i
valori possono risultare normali. In queste forme si usa il test di stimolo con ACTH che
dovrebbe mostrare un aumento di 17OH si 6ng/ml a un'ora dallo stimolo e sempre
confermato da test genetico.
Terapia: deve permette crescita e pubertà normali compensando il cortisolo e abbassando ACTH
e androgeni. Si può pensare una dieta con più sali. La terapia prevede glucocorticoidi in sostanza
per evitare Addison, mantenere basso l’ACTH e evitare virilizzazione o tumori ai testicoli e
surrene. Nei neonati il cortisonico di scelta è l'idrocortisone. Per la 21OH devono essere
controllati i livelli di aldosterone plasmatico e 17OHP che devono rientrare essere abbassati
(normali di aldosterone, poco alti quelli di 17OHP); una normalizzazione di 17chetosteroidi può
essere consderato un adeguato parametro.
Primitivo: danni che interessano l’80% del tessuto si traducono in un’insufficienza clinicamente
manifesta, si ha aumento dei livelli di renina e di ACTH per riduzione del feedback negativo del
cortisolo.
– Nell’adrenalite autoimmune, la causa più frequente di malattia, le ghiandole si riducono e
diventano atrofiche in modo graduale e lento, interessando soprattutto la glomerulosa
poi il resto della corticale e per nulla la midollare. Sono presenti anticorpi anti enzimi
surrenalici (per lo più 21-idrossilasi, nelle forme giovanili anche contro p450 e c17). Si
associa spesso ad altre malattie autoimmuni come la sindrome poliendocrina
autoimmune di tipo 1 (mutazione di AIRE, gene di regolazione autoimmune) di tipo 2.
– Anche le infezioni possono causare insufficienza e in genere in modo più rapido, la
tubercolosi in particolare, ma anche fungine o AIDS.
– Malattie genetiche:
– L’adrenoleucodistrofia X-linked è associata ad aumento delle VLCFA (acidi grassi a
catena lunghissima) che si accumulano nella sostanza bianca dell’SNC, testicolo e
surrene causando iposurrenalismo, si manifesta dopo il 3 anno di vita portando
anche gravi manifestaizoni neurologiche.
– L’ipoplasia surrenalica congenita è associata a mutazione del gene DAX-1
(recettore nucleare importante per la maturazione e differenziazione di gonadi e
surrene), rara.
– La mutazione del recettore dell’ACTH porta alla sindrome della tripla A (alacrimia,
acalasia, asurrenalia)(mutazione del gene AAS per la proteina ALADIN).
– resistenza al cortisolo per mutazione del recettore GR causa sindromi simili;
poiché c'è compensatorio aumento dei livelli di cortisolo i pazienti non presentano
sintomi di insufficienza surrenalica ma solo irsutismo e ipertensione
– Tumori metastasi e linfomi; improvvise emorragie, da infezioni o assunzione di
anticoagulanti possono portare sindromi come la Waterhouse-Friedrichsen,
iposurrenalismo acuto.
– farmaci che interferiscono con la steroidogenesi che possono causare iposurrenalismo
sono di solito antimicotici come ketoconazolo.
Secondario: l’insufficienza interessa solo la porzione glucorticoide che è quella che dipende
dall’ACTH. Traumi cranici, interventi, ipofisiti e macroadenomi sono le cause più comuni. In
genere c’è un ipopituitarismo che non riguarda solo le cellule corticotrope. Esistono forme rare
da difetti genetici come a DAX, POMC (precursore ACTH), TPIT (f. trascrizione). Tra le forme
ipotalamo-ipofisarie ricordiamo l'insufficienza surrenalica da sospensione di terapia con
cortisonici può lasciare l’asse ipofiso-surrenalico bloccato. La sospensione di cortisonici deve
essere graduale. Può succedere anche dopo cura chirurgica del Cushing.
Clinica:
– astenia,
– anoressia
– dolori addominali
– mialgie
– turbe neuropsichiche
– nausea e vomito,
– diarrea
– preferenza cibi salati
– cefalea
Segni:
– dimagrimento
– Iperpigmentazione (nell'Addison, non si ha nelle forme secondari). È per lo più alle zone
esposte al sole o alla pressione come falangi, dita del piede, gomiti, ginocchia; anche le
mucose orale e gengive possono essere interessate.
– Ipotensione arteriosa
– amenorrea
– riduzione peli pubici o ascellari
Laboratorio
– iposodiemia
– iperpotassiemia
– ipoglicemia
– anemia normocitica
– linfocitosi
– eosinofilia
Diagnosi:
– nella forma acuta non si possono aspettare i risultati dei dosaggi ormonali e si dovrà
iniziare prima una cura con cortisonici e idratazione.
– Nelle forme croniche può contare un valore di cortisolo al mattino basso (<3mg/dl), ma
soprattutto il test di stimolo con ACTH (ACTH 1-24 1ug ev → valori di cortisolemia >19
ug/dl escludono l'insufficienza).
– Misura dei livelli di ACTH, magari dopo stimolo con CRH, distingue forma primaria (valori
alti) e secondaria (ACTH normale o basso e non stimolabile con insulina).
– Nella forma primitiva si ha anche aumento della reninemia o PRA (plasma renin activity)
espressione indiretta della riduzione dei mineralcorticoidi.
– Livelli di androgeni surrenali sono ridotti ma vista la fisiologica riduzione con l'età si
misurano solo nei giovani.
– Nell’addison autoimmune si rilevano autoanticorpi.
– Si ha iposodiemia spesso con iperpotassiemia che si accompagna ad acidosi. L'acidosi può
accompagnarsi a ipercalcemia.
– All’emocromo c’è anemia, e neutropenia con linfocitosi ed eosinofilia relativa.
– ECG: bassi voltaggi con alterazioni ST e onda T compatibili con disionia.
– TC, RM delle logge surrenaliche evidenziano riduzione di volume o atrofia nelle forme
autoimmuni, calcificazione o aumento di volume in caso di TBC; RMN si usa per
inquadrare l'iposurrenalismo secondario.
Terapia:
– forma acuta: emergenza medica, si cura con idrocortisone per ev e idratazione con
soluzione salina o glucosata. L’idrocortisone ha una discreta azione mineralcorticoide per
cui in fase acuta basta questo.
– forma cronica: è curata con idrocortisone sostitutivo. Prednisone e desametazone non
sono dotati di attività mineralcorticoide. Possono comunque avvenire crisi da stress o in
malattie precipitanti; si aumenta la dose di cortisonici.
– La valutazione della terapia oltre che con controlli ormonali di cortisolo, ACTH, si avvale
del controllo della sodiemia, potassiemia, glicemia e quadro clinico.
Ipersurrenalismo:
Clinica: colpisce soggetti tra i 35 e i 50 anni o più anziani, più donne con un quadro clinico che si
sviluppa lentamente tranne per le forme maligne. Si ha obesità centrale, ipotrofia dei muscoli
degli arti, astenia, osteoporosi e fratture, intolleranza al glucosio, sintomi psichici, perdita
proteica con facili ecchimosi (debolezza vascolare), strie rubrae ad addome fianchi e radici degli
arti, difficile cicatrizzazione, assottigliamento cute che diviene sottile e lucida, pletora facciale. Si
ha maggiore ulcera peptica, insulinoresistenza, dislipidemia, aterosclerosi, ipertensione arteriosa
con aumento di eventi cardiovascolari, ipokalemia, alcalosi, nefrolitiasi, riduzione libido, blocco
GH, immunosoppressione. Se all’eccesso di cortisolo si accompagna un aumento degli androgeni
si può avere iperandrogenismo. Alti livelli di ACTH possono causare melanodermia come
nell’addison.
Schematizzando
L’ipercortisolismo si manifesta sistemicamente; spiccano gli effetti proteolitici, liposintetici,
sodioritentivi e immunosoprressivi.
– metabolismo glicidico e lipidico: obesità centrale, facies lunare, riduzione della sensibilità
insulinica
– metabolismo proteico: ipotrofia della muscolatura prossimale, osteoporosi,
assottigliamento cutaneo con larghe strie purpuree, difficoltà nella cicatrizzazione,
fragilità vascolare con ecchimosi
– sistema immunitario: suscettibilità alle infezioni
– sistema cardiovascolare: scompenso cardiaco
– sistema nervoso: depressione
– azione sui recettori per mineralcorticoidi: ipotassiemia, alcalosi, ipertensione arteriosa
– iperandrogenismo: amenorrea e irsutismo, infertilità maschile, alopecia, acne
– melanodermia nelle forme da ↑ACTH
La maggior parte di questi sintomi non è specifica; inoltre il quadro clinico, eccetto le forme a
eziologia maligna, si sviluppa lentamente e può essere quindi confuso con forme di obesità
idiopatica. Riscontrare miopatia prossimale (braccia sottili e cosce sottili, difficoltà ad alzarsi) e
strie purpuree indirizza verso la sindrome di Cushing in modo più specifico.
Se è stata confermata la diagnosi si può procedere alla differenziazione tra eziologia ACTH-
dipendente e ACTH-indipendente, che si effettua tramite dosaggio dell’ACTH plasmatico
(↑dipendente, ↓indipendente).
È possibile differenziare le forme ACTH-dipendenti tramite la risonanza magnetica ipofisaria e il
test di soppressione al desametasone (positivo negli adenomi, negativo nelle forme ectopiche);
nelle forme ectopiche si effettua una scintigrafia (octreoscan) per localizzare la lesione. Le forme
primitive si valutano invece tramite TC del surrene.
Il Cushing non trattato è associato a prognosi negativa. Le forme ipofisarie vengono trattate con
chirurgia transsfenoidale; se si ha una recidiva ci sono varie opzioni tra cui la radioterapia. Le
forme primitive si trattano tramite rimozione in laparoscopia del tumore surrenalico; se non si ha
guarigione è necessaria la somministrazione del mitotane (antineoplastico) ed eventualmente di
inibitori della steroidogenesi.
I pazienti <40 anni con lesione unilaterale possono essere trattati con surrenalectomia
laparoscopica; gli altri possono essere trattati farmacologicamente con spironolattone
(antagonista di MR).
Tumori surrenalici non funzionanti: detti anche incidentalomi surrenalici, comuni in età
avanzata, ritrovti per caso in corso di esami di routine. Da questa definizione sono escluse le
metastasi al surrene.
Diagnosi differenziale di masse surrenali:
Adrenal masses are common findings on abdominal CT or MRI scans. The majority (70–80%) of
such “incidentalomas” are nonfunctional, and the probability of an adrenal carcinoma is low
(<0.01%). The first step in evaluation is to determine the functional status by measurement of
plasma free metanephrines to screen for pheochromocytoma (Fig. 180-1). In a pt with a known
extraadrenal malignancy, there is a 30–50% chance that the incidentaloma is a metastasis.
Additional hormonal evaluation should include overnight 1-mg dexamethasone suppression
testing in all pts, plasma renin activity/aldosterone ratio in hypertensives, DHEAS in women with
signs of androgen excess, and estradiol in males with feminization. Adrenocortical cancer is
suggested by large size (>4–6 cm), irregular margins, tumor inhomogeneity, soft tissue
calcifications, and high unenhanced CT attenuation values (>10 HU).
Feocromocitoma: F. Neoplasia delle cellule della cresta neurale della midollare del surrene, che
si sviluppa anche a livello dei gangli simpatici come ganglioma o paraganglioma o neuroma. Le
cellule sono cromaffini, e possono secernere catecolamine e altri peptidi con proprietà
vasoattive. I paragangliomi possono essere secernenti o meno. L’F è una rara causa di
ipertensione secondaria (un iperteso su mille). Può essere sporadico o familiare (sei geni: RET,
NF1, VHL e SDHB,C,D). L’istologia non dice esattamente la malignità. Clinica: effetti delle
catecolamine in circolo, di gravità variabile in base a livello di produzione e della sensibilità alle
catecolamine (ci può essere desensitizzazione recettoriale). Per lo più si hanno palpitazioni,
cefalea, iperidrosi, ansia, tremori, nausea, dispenee e altri sintomi neurofisiologici (dolore,
parestesie, lipotimia( e generali (intestinali, vertigini, febbre). Solo i due terzi dei pazienti
riferisce crisi ipertensiva. I sintomi si presentano molto di rado tutti insieme e sono molto vari.
Spesso incidentaloma. Si può porre più sospetto che diagnosi. L’ipertensione è spesso
parossistica. Diagnosi: si basa su aumento in urine e sangue ci catecolamine, metanefrine (il test
più sensibile perché vengono secrete in modo continuo dal tumore, valori normali lo escludono)
e acido vanilmandelico. In caso di metanefrine borderline o comunque dubbio si fa test di
soppressione con clonidina che inibisce un’attivazione cronica del sistema simpatico, ma non
un’eventuale secrezione tumorale. Va evitato in pazienti che assumono beta-bloccanti
(bradicardia). Regola del 10: Solo nel 10% dei casi l’F è esxtrasurrenalico, solo nel 10% è maligno,
solo nel 10% degli sporadici è bilaterale, solo nel 10% non è associato a ipertensione (nei due
terzi del 90% è ipertensione parossistica), solo nel 25% è associato a uno dei sei geni. Per
trovarlo l’esame di prima scelta è la TC, ma anche RM. Informazioni certe si hanno con scintigrafia
ala metaiodobenzilguanidina (MIBG, 10% falsi negativi). Nei casi di negatività si può provare con
l’octreoscan (con octreotide). PET con vari traccianti. Terapia: chirurgica e risolutiva, in genere
con laparoscopia. La terapia medica si basa su alpha-bloccanti che agiscono a livello periferico
antagonizzando le catecolamine a livello dei recettori vascolari alpha-vasocostrittori e portando
dunque vasodilatazione. Ad esempio fenossibenzamina e doxazosina. Se il feocromocitoma è
maligno e non operabile si danno alpha-bloccanti e alpha-metil-paratirosina che blocca la sintesi
delle catecolamine bloccando la tirosinoidrossilasi (può portare ipotensione ortostatica).
Valutazione endocrina:
Test provocativi o inibitori: Stimolo con ACTH e stimolo con CRH(varie diagnosi eziologiche),
ipoglicemia insulinica (nell’insufficienza surrenalica poiché l’insulina induce stress ipoglicemico
che dovrebbe provocare secrezione di ACTH e cortisolo), inibizione con desametasone ad basse
dosi (dovrebbe con feedback negativo inibire la produzione di cortisolo, ma non nel Cushing),
inibizione con desametasone ad alte dosi (diagnostica differenziale del Cushing ACTH-
dipendente), conferma di aldosteronismo con test al carico salino, test alla clonidina
(feocromocitoma).
Clinica: la crisi dà pericolo di vita. Conta più il deficit di aldosterone. Fase cronica: devolezza,
anoressia, vertigini, perdita di perso, dolore addominale acuto, iperpigmentazione (solo se
primitiva). Crisi acuta: shock ipovolemico, tachicardia, febbre, ipotensione, disidratazione, nausea
e vomito, ipoglicemia. L’emorragia surrenalica acuta provoca un quadro infausto rapidamente,
con severa ipotensione, cianosi, coma e morte. Dolore addominale e ai fianchi.
Diagnosi: si deve cercare iponatriemia, iperpotassiemia, ura elevata, anemia. Cortisolemia. Il test
di stimolazione con ACTH può servire.
Terapia: idrocortisone, reidratazione nella crisi acuta, nell’insufficienza cronica sempre
cortisonici.
Feocromocitoma: può dare crisi ipertensiva causando anche insufficienza ventricolare sinistra,
dissezione aortica, insufficienza renale ed edema polmonare. Terapia: Farmaci anitipertensivi per
via parenterale. C’è moderata resistenza.
Il sistema riproduttivo maschile regola nella vita embrionale la differenziazione sessuale, nella
pubertà la crescita e la virilizzazione, nell’età adulta la spermatogenesi, la fertilità, la libido e il
mantenimento della massa muscolare e ossea.
Sviluppo embrionale
Il testicolo fetale si sviluppa dalla gonade indifferenziata grazie ad una cascata genetica
innescata da SRY (sex-related gene on the Y chromosome). Questo gene induce la
differenziazione delle cellule di Sertoli, che circondano le cellule germinali, formano i tubuli
seminiferi e inducono la regressione delle strutture di Müller. Le cellule di Leydig fetali migrano
nella gonade dall’adiacente mesonefro e producono testosterone: questo stimola la crescita, la
differenziazione dei dotti di Wolff (dai quali si formano epididimo, vasi deferenti, vescichette
seminali. Il testosterone viene anche convertito in DHT, che induce la formazione della prostata e
dei genitali esterni. Altra funzione delle cellule di Leydig è l’induzione della discesa testicolare
attraverso il canale inguinale.
Pubertà
La pubertà consiste nella maturazione dell’asse ormonale riproduttivo e nello sviluppo delle
caratteristiche sessuali secondarie; coinvolge una risposta coordinata di più sistemi ormonali che
includono surrene e GH 25. Essa è preceduta e avviata dall’adrenarca (6-8 anni), periodo in cui i
surreni iniziano a produrre più androgeni; il processo è quindi accelerato dall’attivazione
dell’asse ipotalamo-ipofisario con la produzione di GnRH. Gli stadi iniziali della pubertà sono
caratterizzati da picchi notturni di LH e FSH con aumento della produzione di testosterone: si
osservano crescita dei testicoli, approfondimento del tono della voce, maggior crescita
muscolare. La conversione del testosterone a DHT provoca la crescita dei genitali esterni, della
prostata, dei peli pubici e facciali, nonché la regressione dell’attaccatura dei capelli. Il GH
aumenta precocemente durante la pubertà e, attraverso l’IGF-1, stimola la crescita lineare delle
ossa. L’esposizione prolungata agli steroidi sessuali durante la pubertà (principalmente
all’estradiolo) provoca alla fine chiusura della piastra epifisaria e limita l’ulteriore crescita ossea.
Androgeni
L’LH si lega al suo recettore accoppiato a proteina G, inducendo la protina StAR (steroid acute
regulatory), che trasporta colesterolo nel mitocondrio. Il colesterolo è trasformato
progressivamente in pregnenolone, progesterone, 17-idrossi-progesterone, androstenedione e
quindi in testosterone. Questo può essere ulteriormente trasformato in diidrotestosterone
(DHT) o in estradiolo. Nei maschi il 95% del testosterone circolante è di origine testicolare, la
restante quota è surrenalica. Solo una piccola quantità di DHT è secreta direttamente dal
testicolo: la maggior parte deriva dalla conversione periferica del testosterone, così come
succede per l’estradiolo. Il testosterone circolante è legato per il 98% a due proteine
plasmatiche, l’albumina e la globulina legante ormoni sessuali (SHBG), delle quali la seconda ha
un’affinità molto maggiore; la restante quota è libera. La quantità ematica di SHBG influenza la
quota libera ed è a sua volta dipendente da varie condizioni. Il testosterone è metabolizzato nel
fegato, dove viene prima metabolizzato e coniugato, quindi escreto per via renale.
Il recettore per gli androgeni, strutturalmente correlato ai recettori per gli estrogeni,
glucocorticoidi e progesterone, si trova nel citoplasma e nel nucleo; il suo legame con il ligando
provoca la traslocazione nucleare e l’interazione con il DNA.
Spermatogenesi
I tubuli seminiferi sono condotti convoluti che sfociano nella rete testis, una rete di dotti che alla
fine costituisce l’epididimo. Le pareti dei tubuli sono formate da miociti e cellule di Sertoli, tra le
quali ci sono le cellule germinali. Queste seguono un processo differenziativo e maturativo che
dura 74 giorni, quindi vengono rilasciate come spermatozoi maturi e vengono trasportate grazie
a movimenti peristaltici nell’epididimo, dove sostano altri 21 giorni. La spermatogenesi è
sostenuta dalla cooperazione dell’FSH con il testosterone.
Ipogonadismi maschili
Condizione di inadeguata funzione testicolare con riduzione o assenza di una delle due funzioni
testicolari: produzione di testosterone e spermatozoi, o di entrambe.
Etiopatogenesi:
• la differenziazione della gonade in testicolo avviene intorno alla 6° settimana di vita
fetale e dipende dal cromosoma Y (gene SRY).
• La secrezione di testosterone del testicolo fetale è regolata dall’hCG.
• L’ormone anti-mulleriano AMH prodotto dalle cellule del Sertoli media la regressioe dei
dotti di Muller .T media la differenziazione dei dotti di Wolff in epididimi, vasi deferenti,
vescichette seminali,
• Grazie al DHT si formano anche i genitali esterni (12° settimana) che è anche il principale
induttore dello sviluppo della prostata.
• II-III trimestre di gravisanza il T è prodotto e consente la discesa dei testicoli nello scroto,
l'ulteriorie crescita del pene e corretto posizionamento di uretra e glande.
• T è prodotto fino alla nascita, quando la caduta dell’hcG induce un aumento di
gonadotropine per mancato feedback negativo. Il T resta così alto per 2-3 mesi.
• Dopo il 6° mese di vita si ha fisiologico ipogonadismo ipogonadotropo e si abbassano di T
e gonadotropine.
• Alla pubertà aumenta GnRH e quindi LH ed FSH e poi T che induce i caratteri sessuali
secondari e con l’FSH la spermatogenesi.
• Il T ha effetti periferici quando viene trasformato in DHT (crescita di pepli, pene e scroto)
ed estradiolo (saldatura carticolagini epifisarie dopo lo spurt di crescita).
Sindrome di Klinefelter: SK è la forma più frequente (0,2%) di ipogonadismo maschile. Nel 90%
dei casi c’è un corredo a 47 cromosomi XXY, per il 10% c’è mosaicismo 46XY/47XXY o altre
aneuploidie (48 XXXY, 48XXYY).
Clinica
Testicoli piccoli, ginecomastia, assente spermatogenesi, alta statura con arti inferiori lunghi,
spesso quadro clinico sfumato per cui la diagnosi in ¼ dei casi è fatta in epoca pre-pubere. Nel
periodo prepubere la sindrome di Klinefelter si manifesta con difficoltà di apprendimento e
linguaggio e criptorchidismo. La pubertà avviene perché il testosterone è sufficiente ma si ha
scarsa crescita della barba, disfunzione erettile, riduzione della libido e testicoli piccoli, infertilità
con azoospermia. Si ha in genere basso T con alte gonadotropine, soprattutto FSH. Per il deficit
di androgeni si hanno osteoporosi e astenia. Maggiore incidenza di tumore alla mammella,
obesità, diabete e vene varicose. La diagnosi si fa con il cariotipo. Azospermia per lo più,
spermatozoi rari, un po’ meno nei soggetti giovani.
Clinica
– anamnesi di coppia
– anamnesi uomo
– valutazione stato generale e EO anche dei genitali, valutazione volume testicolare con
oschidometro di Prader
– valutazione varicocele in orto e clinostatismo
– esplorazione inguinale e rettale
Diagnosi
– Dall'esame del liquido seminale Si distingue azoospermia (assenza di spermatozooi),
normozoospermia, oligozoospermia (pochi), astenozoospermia (meno mobili),
teratozoospermia (alterata morfologia), oligoastenoteratozoospermia o OAT (numero,
motilità, morfologia), criptozoosperima (rari spermatozoi nel sedimento). Per la diagnosi è
necessaria la valutazione di 2 o più esami del liquido seminale eseguiti a distanza di tre
mesi l'uno dall'altro perché il periodo per la maturazione dalla fase spermatogoniale a
spermatozoo è 72 giorni.
– Se c'è leucocitosi nell'eiaculato c'è sospetto di patologia infettivo-infiammatoria.
– Ecografia transrettale per lo studio di patologia prostatica e vescicolare
– citoaspirato e biopsia nella gestione della coppia infertile che si sottopone alla
fecondazione assistita.
Terapia
Per forme batteriche terapia antibiotica. Sono difficilmente risolvibili le forme croniche con
danni irreversibili morfofunzionali testicolari epididimari o vescicolo-prostatici.
– Gonadotropine: se il deficiti di GT è responsabile dell'assenza di spermatogenesi
– Testosterone: mesterolone, testosterone, unecanoato
– antiossidanti: glutatione e vitamina E
– carnitina e acetil-carnitina: L carnitina è una molecola solubile presente nel plasma e a
livello tissutale, la carnitina è un cofattore essenziale per il trasferimento di lipidi nel
mitocondro, dove vengono metabolizzati a scopo energetico nel processo di B
ossidazione → indicazione specifica nell'ipomotilità nemaspermica.
– Chirurgia per criptorchidismo, varicocele sintomatico.
Disfunzione erettile
l termine impotenza è stato sostituito da quello meno dispregiativo di disfunzione erettile. Si stima che negli USA ne
siano affetti da 10 a 20 milioni di uomini di età > 18 anni. La prevalenza è del 52% negli uomini tra i 40 e i 70 anni di età
e aumenta con essa. Tuttavia, gli uomini possono godere dell'attività sessuale per tutta la durata della vita; sebbene la
quantità e la forza dell'eiaculato e della tensione muscolare diminuisca, la disfunzione erettile non è inevitabile con
l'invecchiamento, anche nei settantenni e ottantenni.
Eziologia
Raramente la disfunzione erettile è primaria (l'uomo non è mai stato in grado di ottenere o sostenere erezioni), che è
quasi sempre dovuta a fattori psicologici (senso di colpa sessuale, paura dell'intimità, depressione, grave stato o
ansioso) e meno frequentemente dovuta a fattori biologici (di solito associata a bassi livelli di testosterone che riflettono
disordini dell'asse ipotalamo-ipofisirio-gonadico). La disfunzione erettile secondaria si verifica quando un uomo che
precedentemente poteva ottenere e sostenere erezioni, non è più in grado di farlo. Più del 90% di questi casi è di natura
organica.
La principale causa di disfunzione erettile è vascolare; altre ampie categorie patogenetiche comprendono disordini
ormonali, l'uso di farmaci e malattie neurologiche. Una disfunzione erettile transitoria di qualunque eziologia può
provocare difficoltà psicologiche secondarie che confondono il problema. La disfunzione erettile può essere legata alla
situazione, che coinvolge un luogo, un particolare partner, alcuni fallimenti percepiti come competitivi o deficit
dell'autostima. Non si possono trascurare i fattori psicologici che possono accompagnare patologie organiche e si
devono sempre considerare. Questi possono essere la causa o la conseguenza della disfunzione erettile.
Patologie vascolari: i principali tipi di problemi vascolari che possono dar luogo a una disfunzione erettile, sono la
malattia aterosclerotica delle arterie peniene, l'inadeguata impedenza del deflusso venoso (fughe venose) o una
combinazione di entrambe. Con l'età e le malattie sottostanti (p. es., aterosclerosi, ipertensione), la dilatazione dei vasi
arteriosi e il rilasciamento dei muscoli lisci decresce, diminuendo la quantità di sangue che entra nel pene. Le fughe
venose rendono difficoltoso per il sangue rimanere nel pene durante l'erezione. Le patologie che accelerano
l'aterosclerosi (p. es., diabete, fumo, ipertensione) aumentano la prevalenza della disfunzione erettile. Le nuove
conoscenze di alcuni dei regolatori del tono vascolare (p. es., ossido nitrico) possono condurre alle future terapie.
Patologie ormonali: problemi ormonali (p. es., prolattina elevata, ipotiroidismo e ipertiroidismo, sindrome di Cushing)
possono causare disfunzione erettili. Sebbene l'ipogonadismo (testosterone basso e bassa biodisponibilità di
testosterone) sia associato a una diminuzione della libido, il legame tra testosterone e capacità erettile non è chiaro.
Farmaci: i farmaci sono responsabili di circa il 25% dei casi (v. Tab. 220-1).
Malattie neurologiche: le malattie neurologiche (p. es., accidente cerebrovascolare, epilessia del lobo temporale,
patologia sensoriale e del sistema nervoso autonomo, lesioni del midollo spinale) sono spesso correlate in maniera
causale alla disfunzione erettile.
Il 40% degli uomini sottoposti a resezione transuretrale della prostata, va incontro a problemi erettili. Resezioni
chirurgiche della prostata più estese possono essere associate a una più elevata prevalenza di disfunzione erettile.
Anche l'eiaculazione retrograda (il liquido prostatico che inverte il flusso verso la vescica) è conseguenza frequente della
resezione transuretrale della prostata.
Diagnosi
Una valutazione medica generale comprende un'anamnesi positiva per assunzione di farmaci, alcol, fumo, diabete,
ipertensione e aterosclerosi; l'esame dei genitali per la ricerca di bande o placche fibrose (malattie di Peyronie) e la
valutazioni di segni di patologie vascolari, ormonali o neurologiche.
Le indagini di laboratorio dovrebbero comprendere la misurazione del glucoso plasmatico, della funzione tiroidea e del
testosterone sierico (totale e biodisponibile [testosterone non legato globulina legante l'ormone sessuale]). I livelli
dell'ormone luteinizzante, dell'ormone follicolo stimolante e della prolattina possono essere utili; è difficile porre
correttamente la diagnosi di ipogonadismo soltanto con la concentrazione di testosterone totale.
Quando l'eziologia è incerta, può essere di un qualche aiuto il test della tumescenza peniena notturna (Nocturnal Penile
Tumescence, NPT) ma di solito non nei pazienti anziani, che possono avere NPT anormale ma erezioni valide o NPT
normale ma erezioni non valide. Episodi di NPT spesso accompagnano i movimenti rapidi degli occhi del sonno (Rapid
Eye Movement, REM). Il paziente può essere monitorato per le erezioni notturne in uno speciale laboratorio del sonno.
L'assenza di erezioni notturne sta fortemente a indicare una base organica. Tuttavia, la presenza di erezioni notturne
non necessariamente indica la presenza di erezioni valide da svegli.
Può essere utile valutare gli indici vascolari. Per esempio, l'indice di pressione penieno-brachiale (la PA sistolica nel
pene diviso la PA sistolica nel braccio) può indicare il rischio di un altro evento vascolare principale (p. es., ictus, IMA),
anche in pazienti asintomatici.
È vitale vagliare la presenza di depressione, che non sempre può essere palese. Negli uomini anziani, la "Beck
Depression Scale" o la "Yesavage Geriatric Depression Scale" sono semplici e facili da effettuare. Si devono studiare
anche le relazioni personali. Se è presente un conflitto o la comunicazione con un partner è difficile, può essere d'aiuto
una consulenza psicologica.
Terapia
Nei casi in cui si trova una causa (p. es., prolattinoma, ipotiroidismo), la terapia deve essere diretta contro la patologia
sottostante.
La rassicurazione dopo un attento esame obiettivo e i necessari esami di laboratorio sono un primo fondamentale passo.
L'istruzione è importante per dissipare i falsi miti e la cattiva informazione. Si deve fare ogni sforzo per coinvolgere la
partner del paziente. Si dovrebbero presentare al paziente opzioni appropriate in modo che lui e la sua partner possano
scegliere quella di loro preferenza. Un anello costrittivo, che può essere di metallo o di plastica o una fascia di cuoio con
fibbia (come quelli venduti nei sexy-shop), aiutano i pazienti con fughe venose. Tuttavia, questi anelli sono inutili se il
paziente non ha un'erezione. La terapia delle disfunzioni organiche può prevedere l'impiego del sistema vacuum, un
dispositivo a forma di ampolla che usa la pressione negativa per convogliare sangue nel pene, con una fascia o anello
collocato alla base del pene per mantenere l'erezione; può essere adatto a pazienti con una relazione stabile che hanno
rapporti una o due volte a sett. Una contusione ecchimotica del pene, punta del pene fredda o mancanza di spontaneità
sono alcuni svantaggi di questa metodica.
La terapia iniettiva peniena impiegando alprostadil (PGE1) può dare luogo a un'erezione con una durata media di circa
60 min. I rischi comprendono ematoma del pene, sanguinamento nel pene e priapismo (v. Cap. 219). La quantità di
materiale iniettato dovrebbe essere dosata dal medico al livello adatto a minimizzare il priapismo; il paziente può quindi
effettuare l'autoiniezione a casa. L'incidenza di priapismo è inferiore con PGE1 intrauretrale che con iniezioni peniene.
Il sildenafil è un farmaco orale messo in commercio recentemente. Promuove l'erezione potenziando l'effetto dell'ossido
nitrico sulla muscolatura liscia vasale, aumentando così il flusso ematico verso il pene. Crea una risposta erettile più
normale poiché funziona soltanto in un concomitante contesto sessuale. Il farmaco deve essere preso 30-60 min prima
del rapporto ed è controindicato in persone che assumono nitrati; causa cefalea in circa il 16% dei consumatori.
La terapia chirurgica per il posizionamento di una protesi peniena può far ristabilire l'erezione ma implica il rischio
dell'anestesia, di infezione e di malfunzionamenti della protesi. In alcuni studi, non è stata dimostrata la superiorità della
terapia farmacologica con l' α-bloccante yohimbina rispetto al placebo. Si è dimostrato efficace nella disfunzione erettile
psicogena; tuttavia, l'ipertensione e le alterazioni epatiche rendono il suo impiego non ideale.
La terapia con testosterone per l'ipogonadismo può provocare marcati miglioramenti nella libido. Le formulazioni di
testosterone iniettive o transdermiche sono preferibili alle formulazioni orali, che comportano un significativo rischio di
disfunzione epatica. Gli effetti sfavorevoli possono comprendere policitemia (e aumentato rischio di ictus), ginecomastia,
aumento della prostata e ritenzione di Na e acqua. L'Htc deve essere esaminato per lo meno ogni 3 mesi e devono
essere effettuati periodicamente l'esame della prostata, la determinazione dell'antigene prostatico specifico e gli esami di
funzionalità epatica. Se l'ematocrito è 54%, il testosterone deve essere interrotto o il paziente deve sottoporsi a salassi
se desidera continuarlo.
La terapia comportamentale e le altre terapia per l'ansia e la depressione e una consulenza psicologica per disfunzioni
relazionali devono essere parte della terapia. Si devono prendere in considerazione le problematiche del partner (p. es.,
vaginite atrofica, sesso sicuro). La disfunzione erettile non è inevitabile o inalterabile.
Valutazione endocrina della funzione testicolare: Anamnesi con ricerca di familiarità per
patologie endocrine e informazioni su discesa testicoli, pubertà, traumi e interventi, infezioni e
malattie, farmaci e droghe. Importante valutare la morfologia genitale e presenza e volume
testicoli. Un volume testicolare ridotto (meno di 15 ml) sono di frequente riscontro
nell’azoospermia. Valutare varicocele con valsalva (è molto più comune a sinistra). Oltre ai test
elencati dopo pssiamo fare analisi del liquido seminale, analisi genetica o ecografia testicolare.
Determinazione dei livelli sierici dell'ormone luteinizzante (LH) e del follicolo-stimolante (FSH): l'LH e l'FSH
devono essere determinati in tre campioni di sangue prelevati a distanza di 20 minuti poiché le secrezioni pulsatili si
verificano a intervalli di 90-120 minuti e si deve documentare la loro presenza o assenza. Le concentrazioni sieriche di
LH e FSH sono in genere < 5 mUI/ml prima della pubertà, presentano un incremento notturno nell'ultima parte della
pubertà e fluttuano in modo pulsatile tra valori di 5 e 20 mUI/ml negli adulti. Nei maschi adulti con livelli ematici bassi di
testosterone e alti di gonadotropine, si deve sospettare un'insufficienza testicolare primitiva, mentre livelli di
gonadotropine bassi o normali e bassi di testosterone indicano un disturbo ipotalamico o ipofisario. Nei bambini con
bassa statura e sviluppo puberale ritardato, i livelli bassi di testosterone e gonadotropine possono anche essere
compatibili di ritardo costituzionale.
Test di stimolazione con la gonadotropina corionica umana (hCG): l'hCG stimola le cellule di Leydig, così come fa
l'LH, con cui condivide una subunità della sua struttura, e la produzione testicolare di testosterone. Il test di stimolazione
con hCG serve a valutare l'integrità della funzione testicolare e consiste nel somministrare 500 UI/ 1,7 m2 negli adulti o
100 UI/kg nei bambini di hCG. I livelli di testosterone dovrebbero almeno raddoppiare dopo 3-4 giorni.
Test con citrato di clomifene: il clomifene citrato è un estrogeno debole che inibisce il legame dell'estradiolo ai recettori
degli estrogeni e quindi l'attivazione recettoriale. Poichè l'estradiolo è un inibitore importante della secrezione delle
gonadotropine plasmatiche, il blocco recettoriale da parte del clomifene determina una riduzione del feedback negativo
sulla secrezione delle gonadotropine da parte degli estrogeni circolanti. La risposta normale di tipo adulto al clomifene
citrato, 100 mg PO bid, consiste in un incremento del 50%-250% dell'LH, del 30-200% dell'FSH e del 30-200% del
testosterone. Questi incrementi sono ridotti o assenti nel caso di disturbi ipotalamici o ipofisari.
Determinazione del testosterone sierico: le concentrazioni di testosterone aumentano durante tutta la pubertà
da < 20 ng/dl (< 0,7 nmol/l) a valori compresi tra 300 e 1200 ng/dl (10,5 e 41,5 nmol/l) nell'età adulta. La secrezione del
testosterone sierico è pulsatile e circadiana. Nella seconda parte della pubertà, i livelli sono più elevati di notte che di
giorno. Un singolo prelievo ematico è sufficiente per stabilire se i livelli di testosterone circolante sono normali. Poichè
il 98% del testosterone è legato a proteine di trasporto nel sangue (testosterone-binding globulin), le alterazioni dei livelli
di queste proteine inficiano la concentrazione del testosterone ematico totale. Valori di T libero inferiori a 225 pmol/l sono
indicativi di ipogonadismo.
Test di stimolazione con ormone stimolante le gonadotropine (GnRH): la somministrazione di 100 µg (2,5 µg/kg nei
bambini) di GnRH mediante iniezione EV rapida stimola in modo diretto l'ipofisi a secernere LH e FSH, che vengono
determinati ogni 20-30 minuti per 2 ore. La risposta al GnRH negli adulti consiste soprattutto nell'aumento dell'FSH con
uno scarso o assente incremento dell'LH. Durante la pubertà, l'LH e l'FSH aumentano più o meno allo stesso modo di
due o tre volte. Nell'età adulta, l'LH aumenta di due-cinque volte rispetto al valore di base, mentre l'FSH aumenta di due
volte. Nei pazienti con ipopituitarismo questo test determina un aumento inadeguato o assente di gonadotropine, mentre
i pazienti con malattie ipotalamiche possono presentare un aumento normale o insufficiente, dovuto quest'ultimo
all'atrofia gonadotropica da stimolazione endogena di GnRH insufficiente. Nei pazienti con malattie ipotalamiche, come
la sindrome di Kallmann (v. sopra), la somministrazione di boli ripetuti di GnRH può riportare la secrezione gonadotropica
ai livelli normali.
Costituito dagli organi genitali interni: ovaie, utero, tube ed esterni come la vagina. La follicolo
genesi dura 375 giorni per cui nelle ovaie ci sono sempre follicoli in ogni fase dello sviluppo.
Nella vita intrauterina si formano i follicoli primordiali che già dalla nascita si riducono fino a
divenire 300000 in pubertà. Una parte di questi follicoli sarà avviata alla follicologenesi. Durante
il ciclo mestruale inizia la fase finale della maturazione del follicolo. Il ciclo è composto di diverse
fasi.
Fase follicolare: Durante questa fase si assiste ad un sempre maggiore aumento dei livelli di FSH
(grazie ai bassi livelli di inibine e progesterone), come nell’uomo stimolato dal GnRH ipotalamico,
che stimola la crescita del follicolo e soprattutto delle cellule della granulosa che esprimono il
recettore per l’FSH. Il follicolo passa da primordiale a primario, a secondario, a follicolo terziario
(antrale), con sviluppo di una teca interna ed esterna, della zona pellucida e dell’ovocita stesso
che cresce di dimensioni. Nel frattempo vi è anche aumento dell’LH. Le cellule della teca
producono sotto stimolo dell’LH androstenedione che le cellule della granulosa, sotto lo stimolo
dell’FSH trasformano in testosterone e poi grazie all’aromatasi in estradiolo. L’estradiolo
aumenta la sensibilità dell’ipofisi al GnRH e quindi aumentano ancora i livelli di FSH ed LH. In
sinergia con l’FSH, l’estradiolo fa esprime alle cellule della granulosa maggiormente i recettori
per FSH ed anche quelli per LH. Il sistema teca interna-granulosa produce sempre più estrogeni.
Fase ovulatoria: Quando il follicolo è maturo, all’incirca il 14° giorno la produzione di estrogeni e
progesterone al momento del picco accoppiato di LH ed FSH stimola l’ovulazione grazie anche a
produzione di metalloproteasi, e si ha l’estromissione dell’ovocita.
Fase luteinica: dopo l’ovulazione il follicolo si accartoccia e le cellule tecali e della granulosa che
ora esprimono tutte il recettore dell’LH, sotto lo stimolo di questo ormone differenziano a
formare il corpo luteo, che produce estrogeni e progesterone e inibina A. Inibina A e
progesterone soprattutto inibiscono la produzione di GnRH e LH ed FSH cosicchè si ha il crollo di
questi ormoni, il corpo luteo degenera e si ha “sindrome da deprivazione”. Se c’è fecondazione a
sostituire le gonadotropine interviene l’hCG che stimola il corpo luteo a continuare a secernere
estrogeni e progesterone. Se non c’è ovulazione si ha luteolisi con il corpo luteo che regredendo
non produce più progesterone, inibina A ed estrogeni (estradiolo) e pertanto può ripartire la
produzione di GnRH e di FSh e dunque una nuova fase follicolare. Il ciclo ovarico va di pari passo
con quello uterino. La fase follicolare corrisponde a quella proliferativa con gli estrogeni
(estradiolo) prodotti dalla granulosa che comportano lo sviluppo dell’endometrio, di nuove
ghiandole e vasi. La fase luteinica corrisponde a quella secretiva, nella quale il progesterone
blocca la crescita endometriale, ma stimola la secrezione di glicopeptidi che fungono da
nutrimento per la blastocisti, compaiono ghiandole tortuose e ingrossate e vasi a cavatappi,
stroma edematoso e sviluppo di cellule che, se manca il progesterone, producono le
prostaglandine che portano alla vasocostrizione che causa l’ischemia e l’emorragia endometriale
(mestruazione). Se c’è produzione di hCG, come dopo la fecondazione, il corpo luteo non
regredisce, non viene a mancare il progesterone e non c’è produzione di prostaglandine e
dunque niente mestruazione.
Etiopatogenesi:
– Primaria: spesso causata da disordini genetici. Bisogna distinguere la presenza o meno
dei caratteri secondari sessuali. Presenza di utero, ma non mammelle: agenesia o
disgenesia gonadica come nella sindrome di Turner, deficit di sintesi di estrogeni, difetti
ipotalamici o ipofisari (tipo deficit GnRH come Kallmann), difetto di secrezione delle
gonadotropine (tumori o danni ipofisari). Assenza di utero, con mammelle: deficit nella
sintesi di androgeni, precoce regressione testicoli in vita fetale (cariotipo XY) o agenesia
uterina (XX). Se i caratteri sessuali secondari sono normali: difetti di pervietà vaginale,
difetti uterini, cause di amenorree secondarie molto precoci.
– Secondaria:
– Cause uterine: interventi.
– Ovariche: insufficienza ovarica prematura (POF) da cause genetiche, autoimmuni o
resistenza alle gonadotropine.
– Anovulazione cronica: L'anovulazione cronica rappresenta la più frequente forma di amenorrea
tra le donne in età riproduttiva che non sono gravide. Nessuna anomalia anatomica degli organi
bersaglio impedisce la mestruazione. L'anovulazione cronica può essere vista come una situazione
stabile in cui non è più operante il ritmo mensile che provoca le mestruazioni. Il termine anovulazione
cronica implica l'esistenza di follicoli ovarici in grado di funzionare e la possibilità di indurre o di
ripristinare l'ovulazione con un opportuno trattamento. L'unità ipotalamo-ipofisaria sembra intatta, ma
esiste un'alterazione funzionale che causa un'anomala secrezione gonadotropinica. L'anovulazione
cronica può essere dovuta a una disfunzione ipotalamica, ipofisaria o di altro tipo o a un inappropriato
feedback ormonale (v. Tab. 235-1). Ci sono delle evidenze che indicano come la forma ipotalamica
rappresenti un gruppo eterogeneo di disturbi che determinano delle manifestazioni simili e a cui
contribuiscono in varia misura gli stress emozionali e fisici, la dieta, la struttura corporea, l'attività fisica,
i fattori ambientali e altri fattori sconosciuti. Un inappropriato feedback può essere dovuto a un
anomalo tamponamento che coinvolge la globulina che lega gli ormoni sessuali (p. es., nelle
epatopatie), a un'eccessiva produzione extraghiandolare di estrogeni (p. es., nell'obesità), a un
eccesso funzionale di androgeni (ovarici o surrenalici) o a disturbi quali la sindrome dell'ovaio
policistico. L'anovulazione cronica è caratterizzata da livelli bassi o normali di gonadotropine, da un
ipoestrogenismo relativo e dall'amenorrea; tuttavia, un irregolare e profuso sanguinamento uterino può
verificarsi a causa di una stimolazione estrogenica non controbilanciata
– Una causa è l’iperandrogenismo come nella sindrome dell’ovaio policistico, PCOS,
o anche Cushing o sindromi adrenogenitali.
Anamnesi ed esame obiettivo: dopo aver escluso gravidanze si cercano anomalie di crescita e
sviluppo, dieta, genetica familiare, sport e stile di vita, psiche. Si deve verificare sviluppo
puberale, segni di iperandrogenismo (ipertricosi, irsutismo, virilizzazione), anomalie dei genitali
esterni. In laboratorio si cerca
– I livello:
– PRL e TSH,
– iperandrogenismo: T, 17OH, DHEA, SHBG,
– test al progestinico (si dà e poi si toglie e si vede se c’è flusso e quindi presenza di
endometrio normale)
– Se non c'è sanguinamento dopo il test si può fare test con estroprogestinici per la
stessa ragione. La positività esclude un difetto uterino e orienta verso
ipoestrogenismo
– ecografia pelvica quando non è possibile visita ginecolofica
– II livello:
– iperprolattinemia: esclusione degli eventi iatrogeni, valutazione seriata prolattina
e RM
– in caso di androgeni molto elevati: diagnostica strumentale per escludere tumori
– amenorrea ipoestrogenica ipogonadotropa in assenza di evidente netto calo
ponderale: eventuale RM regione sellare con mezzo di contrasto;
– amenorrea normoestrogenica con iperandrogenismo: ecografia pelvica
– FSH elevato: se età <30 si fa cariotipo; altri studi sono valutazione della funzione
tiroidea o di patologie autoimmuni.
Sindrome della policistosi ovarica (PCOS): la più comune patologia iperandrogenica femminile
(6-7% donne fertili). Una volta escluse tutte le altre sindromi androgeniche (Cushing, tumori
ovarici o surrenalici, iperpasie, assunzioni steroidi, iperprolattinemie) si devono individuare
almeno due di queste condizioni:
– iperandrogenismo (definito per manifestazioni cliniche e laboratorio),
– oligo-amenorrea,
– ovaio ingrandito o cistico all’ultrasonografia.
Le manifestazioni metaboliche oltre all’iperandrogenismo sono diabete, obesità, resistenza
insulinica, sindrome metabolica e rischio cardiovascolare. Il sovrappeso è spesso addominale.
Etiopatogenesi: c’è un aumento della steroidogenesi delle cellule tecali causata da un aumento
dell’LH. Viene prodotto prima andostenedione che poi è trasformato in testosterone che poi
subisce l’azione dell’aromatasi e diviene estradiolo (l’androstenedione diventa estrone). L’FSH
stimola l’aromatasi delle cellule della granulosa, ma nella PCOS la frequenza di picchi di LH è
aumentata (a causa di un difetto intrinseco ipotalamico o di un difettoso controllo retroattivo da
parte del progesterone, i cui livelli sono ridotti dalla carenza di episodi ovulatori) così come il
rapporto LH/FSH. Contemporaneamente vi è insulino-resistenza e dunque un aumento della
produzione dell’insulina che oltre a favorire la steroidogenesi tecale (aiutata anche dall’IGF)
inibisce la produzione epatica della proteina SHBG (sex binding) aumentando la frazione libera e
dunque attiva di androgeni. L’obesità è certo una concausa.
Anatomia patologica
Nell’ovaio si ha aumento della parte corticale e di quella stromale, aumento di dimensioni delle
gonadi e aumento del numero di follicoli primordiali e atresici.
Clinica: i segni dell’iperandrogenismo sono acne, irsutismo, alopecia, cute seborroica. L’alopecia è
rara, la segni di virilizzazione sono rarissimi. Sintomi tipici sono amenorrea e infertilità. Si ha
obesità, generalmente addominale, Acanthosis nigricans (marcatore di resistenza insulinica),
lipodistrofia. Disturbi del sonno, apnee e russìo. Raramente si ha virilizzazione.
Diagnosi: l’aumento di androgeni è espressione della loro produzione e clearance. Il DHEA è per
il 90% surrenalico e 10% periferico, il T è 30% ovarico, 25% surrenalico e il resto periferico,
l’androstenedione circa 50 e 50 ovaio e surrene. Bisogna misurare nel sangue i principali
androgeni, SHBG, gonadotropine. È più utile la determinazione della frazione libera del
testosterone spesso soprattutto nei casi di iperandrogenemia lieve-moderata. Il T spesso supera
0,7 ng/ml, spesso aumenta androstenedione, non spesso DHEA. LH è alto così come LH/FSH. A
causa dell’effetto dell’obesità sulla massa secretoria di LH, con l’aumentare del BMI, l’eccesso di
LH si riduce. All’ultrasonografia si ritrovano 12 o più follicoli di 2-9 mm, ovaio con volume
maggiore di 10 cm3.
Clinica:
In base all'attività enzimatica di CYP-21, e alle caratteristiche fenotipiche delle persone affette,
classifichiamo le forme di questa iperplasia in una forma classica e in una non classica
La cosiddetta forma classica si manifesta in epoca neonatale o nelle prime fasi dell'infanzia (in
italia, 1:16000 nati). Può essere di 2 tipi:
•Con perdita di sale: In questo caso si ha deficit enzimatico totale, e non vengono prodotti
ne cortisolo ne aldosterone (insufficienza surrenalica). Nei pazienti con deficit di cortisolo
si ha un peggioramento della funzione cardiaca, con scarsa risposta vascolare alle
catecolamine e una ridotta velocità di filtrazione glomerulare. L'assenza di entrambi gli
ormoni si manifesta in maschi e femmine con vomito, diarrea, perdita di peso,
disidratazione, shock.
•Virilizzazione semplice: In questi pazienti non si producono sufficienti quantità di
cortisolo, ma si hanno adeguate quantità di aldosterone che consentono di avere un
corretto bilancio elettrolitico.
La cosiddetta non classica può essere asintomatica o associata a pochi segni di
iperandrogenismo, e in genere si manifesta tardivamente. Frequenze: (ebrei ashkenazi, 1:27;
ispanici, 1:53; slavi 1:63; italiani, 1:333; caucasici, 1:1000). Questo suggerisce che più dell'1% della
popolazione è eterozigote, e quindi portatrice dell'allele NC. La forma non classica può essere di
2 tipi:
•a insorgenza tardiva: In questi pazienti si verificano manifestazioni dovute a
iperandrogenismo, come comparsa precoce di peluria pubica ed ascellare, modeste
accelerazioni della crescita e della maturazione scheletrica, acne, irsutismo, pcos. Nei
maschi si può avere azospermia, oligospermia, infertilità.
•Criptica: Questa forma è completamente asintomatica, e prevalgono i segni clinici legati
ad una condizione di iperandrogenismo moderato-lieve.
L'iperandrogenismo sia nella fora classica che in quella non classica porta allo sviluppo della pcos,
con conseguente oligomenorrea, amenorrea, soprattutto in adolescenza. Inoltre, sebbene la
fertilità possa essere ridotta, anche se la produzione di androgeni non viene soppressa, una
donna può concepire e portare a termine una gravidanza con successo. L'infertilità si ha solo nel
13% delle donne con deficit non classico di 21-idrossilasi,
Si mostrano iperplasia del clitoride o del pene, bassa altezza a crescita terminata, acne
grave, ipertricosi, disturbi mestruali,infertilità.
Diagnosi
– valutazione del 17-idrossiprogesterone in condizioni basali: I scelta. Se le concentrazioni
sono inferiori a 2ng/mL è molto improbabile che sia presente un deficit non clssico. Nelle
forme classiche invece le concentrazioni dell'ormone sono elevate. Valori elevati possono
essere trovati anche nel liquido amniotico e nel sangue cordonale → diagnosi precoce
– cortisolo ai limiti inferiori della normalità nelle forme classiche
– stimolazione con ACTH: aumento di 17-idrossiprogesterone (>10 ng/ml)
– indagini genetiche
– risposta a terapia con CSS
– TC o RMN per definire la morfologia surrenalica
Menopausa:
Di solito, diminuisce la frequenza del sanguinamento (oligomenorrea), con una successiva amenorrea completa; tuttavia,
per molte donne, il sanguinamento è più frequente, più importante o prolungato prima dell'inizio dell'oligomenorrea. I cicli
mestruali possono variare di durata. La menopausa è confermata quando non si sono verificate mestruazioni per un
anno. (Qualunque sanguinamento vaginale in una donna che non ha sanguinato per 6 mesi deve essere studiato). La
menopausa può essere naturale, artificiale o prematura.
Si verifica naturalmente a un'età media di 50-51 anni negli USA. Mano a mano che l'ovaio invecchia, la risposta alle
gonadotropine ipofisarie (ormone follicolo-stimolante [FSH]e ormone luteinizzante [LH]) diminuisce, causando
inizialmente delle fasi follicolari più brevi (quindi con cicli mestruali più brevi), delle ovulazioni meno frequenti, una ridotta
produzione di progesterone e una maggiore irregolarità dei cicli. Infine, il follicolo cessa di rispondere e non produce più
estrogeni. Senza il feedback degli estrogeni, i livelli circolanti di LH e di FSH aumentano in modo sostanziale. I livelli
circolanti di estrogeni e di progesterone si riducono, invece, notevolmente. L'androgeno androstenedione è ridotto alla
metà, mentre il testosterone diminuisce soltanto di poco perché lo stroma dell'ovaio postmenopausale ne continua a
secernere una discreta quantità (come fa il surrene). Gli androgeni sono convertiti in estrogeni a livello periferico,
specialmente nelle cellule adipose e nella cute, spiegando la maggior parte degli estrogeni circolanti nelle donne in post-
menopausa. Questa fase di transizione, durante la quale una donna esce dallo stato riproduttivo, inizia prima della
menopausa. È chiamata climaterio o peri-menopausa, anche se molte persone la considerano già menopausa.
La menopausa precoce si riferisce a un'insufficienza ovarica di origine sconosciuta che si verifica prima dei 40 anni.
Può essere associata al fumo, al vivere a un'elevata altitudine o a un cattivo stato nutrizionale. La menopausa
artificiale può essere causata da una ovariectomia, dalla chemioterapia, dall'irradiazione della pelvi o da qualunque
processo che alteri la vascolarizzazione dell'ovaio.
Sintomi e segni
I sintomi del climaterio possono essere inesistenti o gravi. Le vampate di calore (vampate) e la sudorazione, secondarie
all'instabilità vasomotoria, interessano il 75% delle donne. La maggior parte ha vampate per > 1 anno e il 25-50% per
> 5 anni. La donna si sente accaldata in misura minore o maggiore e può sudare, a volte anche abbondantemente. La
cute, specialmente quella della testa e del collo, diventa rossa e calda. La vampata, che può durare da 30 secondi a
5 minuti, può essere seguita da brividi. I sintomi vasomotori delle vampate coincidono con l'inizio dei picchi di LH, anche
se non tutti gli aumenti dell'LH si associano a vampate, suggerendo che il controllo ipotalamico del rilascio pulsato
dell'LH è indipendente da quello delle vampate. Questa indipendenza è confermata dal verificarsi delle vampate anche
nelle donne che hanno avuto un'insufficienza ipofisaria e non secernono LH né FSH.
I sintomi psicologici ed emotivi, inclusi l'affaticamento, l'irritabilità, l'insonnia, l'incapacità a concentrarsi, la depressione,
la perdita di memoria, la cefalea, l'ansia e il nervosismo, possono essere correlati alla deprivazione degli estrogeni e allo
stress dovuto al passare degli anni e al cambiamento dei ruoli. L'interruzione del sonno, dovuta alle vampate ricorrenti,
contribuisce ad aumentare l'affaticamento e l'irritabilità. Si possono verificare vertigini intermittenti, parestesie,
palpitazioni e tachicardia. Sono comuni anche la nausea, la stipsi, la diarrea, le artralgie, le mialgie, il senso di freddo
alle mani e ai piedi e l'aumento del peso.
L'importante riduzione nella produzione di estrogeni causa dei profondi cambiamenti a livello della parte inferiore
dell'apparato genitale; p. es., la mucosa vaginale e la cute vulvare diventano più sottili, la normale flora batterica si
modifica e le piccole labbra, il clitoride, l'utero e le ovaie diminuiscono di dimensioni. L'infiammazione della mucosa
vaginale (vaginite atrofica) può conferire alla mucosa un aspetto a fragola e una pollachiuria con tenesmo urinario,
secchezza vaginale e dispareunia. Le donne tendono a perdere il tono dei muscoli pelvici e a sviluppare un'incontinenza
urinaria, cistiti e vaginiti. La riduzione della libido è un disturbo frequente.
La malattia cardiovascolare, incluso l'ictus, diventa prevalente dopo la menopausa. La terapia estrogenica sostitutiva
deve essere presa in considerazione perché le donne che la assumono hanno una riduzione del 50% del rischio di
cardiopatia.
L'osteoporosi è un altro dei principali fattori di rischio per la salute correlato alla menopausa (v. Cap. 57). Sono a
maggior rischio le donne magre (con ossa piccole) e bianche, le forti bevitrici di bevande alcoliche, le fumatrici, le donne
che assumono corticosteroidi, quelle che assumono la levotiroxina e quelle che fanno una vita sedentaria. La massa
ossea si riduce, in media, dell'1-2%/ anno dopo la menopausa; la perdita più rapida si verifica durante i primi 2 anni di
deficit estrogenico. Circa il 25% delle donne in post-menopausa ha una grave osteoporosi e il 50% delle donne che non
assumono estrogeni subirà una frattura ossea nel corso della vita.
Diagnosi e terapia
La menopausa è, in genere, ben riconoscibile. Nelle pazienti più giovani la diagnosi è sostenuta dall'aumento dei livelli
sierici di FSH. Devono essere escluse le malattie endocrine, come le malattie della tiroide e il diabete mellito.
Il colloquio con la paziente circa le cause fisiologiche della menopausa e le preoccupazioni, le paure e gli stress relativi a
questa fase della vita, è importante. Quando predominano i sintomi psicologici, è indicata la psicoterapia e può essere
appropriato l'uso degli antidepressivi e dei tranquillanti minori.
La terapia estrogenica sostitutiva allevia le vampate e gli altri sintomi e riduce il rischio di osteoporosi e di cardiopatia.
Tuttavia, nelle donne che hanno l'utero, una terapia estrogenica non bilanciata aumenta il rischio di neoplasia
dell'endometrio (che è quasi sempre annunciata da un sanguinamento vaginale, fornendo, quindi, l'opportunità del
trattamento chirurgico in quasi tutti i casi, v. Cap. 241). Per le donne con l'utero, il trattamento appropriato è
rappresentato dalla terapia combinata con estrogeni e progestinici, che riduce questo rischio. Alle donne che sono state
sottoposte a isterectomia possono essere somministrati gli estrogeni da soli perché non c'è più il rischio di sviluppare un
cancro dell'endometrio. La dose degli estrogeni è aumentata o diminuita sulla base dei sintomi. Ci sono delle evidenze
che correlano l'uso degli estrogeni con il cancro della mammella, ma non sono conclusive. La maggior parte delle
evidenze indica che se gli estrogeni aumentano il rischio di cancro della mammella, lo fanno in un piccolo gruppo non
definito di donne. Le basse dosi sono le più sicure. Il medico deve parlare dei rischi e dei benefici della terapia con la
paziente e se la terapia viene scelta, un esame obiettivo completo, una mammografia e un test di Papanicolaou devono
essere eseguiti prima di iniziarla. Il controllo nel tempo, con esami obiettivi regolari e mammografie annuali, è necessario
indipendentemente dal fatto che venga utilizzata una terapia ormonale sostitutiva.
L'uso di estrogeni per via orale o vaginale può far regredire l'atrofia vaginale sintomatica, la vaginite, l'atrofia delle basse
vie urinarie (specialmente dell'uretra e del trigono della vescica), la pollachiuria, la disuria e talvolta l'incontinenza.
Gli estrogeni sono di solito somministrati in modo continuativo. Sono assunti oralmente una volta al giorno, ogni giorno
del mese (estrogeni equini coniugati, 0,3-1,25 mg/die, estradiolo micronizzato, 0,05-2 mg/die, estropipato, 0,625-
2,5 mg/die o estrogeni esterificati, 0,3-2,5 mg/die) o possono essere somministrati per via transdermica (estradiolo
transdermico, 0,0375-0,1 mg). La dose viene aumentata sulla base dei sintomi. Se la paziente ha l'utero, un progestinico
(p. es., il medrossiprogesterone acetato, 2,5 mg o il noretindrone acetato 2,5-5 mg PO) viene somministrato con gli
estrogeni ogni giorno. In commercio è disponibile una compressa di estrogeni equini coniugati combinati con il
medrossiprogesterone, per una terapia ciclica o continua.
Un sanguinamento irregolare si può verificare durante il primo anno della terapia continua, ma alla fine scompare.
Durante il primo anno di terapia è indicata una biopsia endometriale se si verifica un sanguinamento importante e
irregolare; il sanguinamento che continua dopo un anno richiede una biopsia, ma la biopsia ha uno scarso significato
nelle donne altrimenti asintomatiche. Un orifizio cervicale ristretto o stenotico può precludere l'esecuzione di una biopsia
endometriale. In tali casi, può essere d'aiuto l'ecografia; se lo spessore endometriale è 5 mm, la probabilità di
un'iperplasia o di un cancro è bassa.
In alternativa, gli estrogeni possono essere somministrati ogni giorno e il progestinico somministrato solo in alcuni giorni
del ciclo (medrossiprogesterone acetato, 5 mg per 14 gg/mese, 10 mg per 10-12 gg/mese o 2,5 mg dal giorno 1 al
giorno 25). Il sanguinamento si deve verificare solo durante il periodo di sospensione. La paziente che non può tollerare
il sanguinamento irregolare durante la fase di correzione della terapia continua, può essere una candidata per la terapia
ciclica, anche se uno dei suoi svantaggi è rappresentato da un sanguinamento da deprivazione regolare e mensile.
I modulatori dei recettori selettivi degli estrogeni potranno prima o poi essere usati per trattare le vampate, proteggere le
ossa e possibilmente il cuore e ridurre il rischio di un cancro della mammella. Sebbene descritti come "estrogeni leggeri",
questi farmaci (p. es., il raloxifene) agiscono come gli estrogeni in alcune donne e come anti-estrogeni (simili al
tamoxifene) in altre. Indicati per la prevenzione dell'osteoporosi, possono ridurre il colesterolo totale e inibire la crescita
del tessuto mammario. A causa degli sconosciuti effetti sugli altri tessuti (p. es., il cervello), questi farmaci sono i più
appropriati per le donne che hanno una storia di cancro della mammella o per quelle che non possono prendere o non
prenderanno estrogeni. Il raloxifene può peggiorare le vampate.
Gli estrogeni topici (p. es., estrogeni coniugati o equini o la crema di estradiolo) possono essere usati per le
modificazioni atrofiche della vagina e per la dispareunia sia che la paziente assuma o meno degli estrogeni orali; 1 dose
applicata ogni notte per 14 gg, poi 1-2 dosi ogni notte per 1 mese, seguita da 1-2 dosi 2 o 3 volte/sett. inverte le
modificazioni atrofiche e mantiene un sano epitelio vaginale corneificato. Gli estrogeni sono prontamente assorbiti in
circolo dalla mucosa vaginale e possono causare dei sanguinamenti nelle donne che hanno l'utero. Se queste donne
usano per un lungo periodo degli estrogeni topici, deve essere associato un progestinico. Gli estrogeni iniettabili sono
raramente indicati; dopo l'intervento, un cerotto transdermico può essere applicato prima che siano tollerati i farmaci
somministrati per via orale.
Le controindicazioni alla terapia estrogenica includono una storia di neoplasia estrogeno-dipendente dell'endometrio
(solo gli stati avanzati) o della mammella, ricorrenti tromboflebiti o tromboembolie, un sanguinamento uterino da causa
non diagnosticata e la presenza o la storia di una grave epatopatia. Le controindicazioni relative includono una storia di
tromboflebite e di intolleranza alla terapia estrogenica.
Quando gli estrogeni sono controindicati, il trattamento per ridurre i fastidi legati alle vampate include la clonidina
transdermica, 0,1 mg o i progestinici (p. es., il medrossiprogesterone acetato, 10 mg/die PO o depot, 150 mg/mese IM, il
megestrolo acetato, 10-20 mg/die PO). Gli ipnotici-sedativi possono essere provati, ma la paziente deve essere avvertita
della potenziale assuefazione.
Valutazione endocrina: si dosano LH e FSH, progesterone (Pg), estradiolo (E2), che variano con
le fasi del ciclo. Valori di gonadotropine superiori a 40U/l sono suggestivi di un’insufficienza
ovarica primaria, sotto i 10 con basso E2 possono denotare ipofunzione ipofisaria, aumento
LH/FSH indica PCOS. L’E2 è utile nelle amenorree, ipogonadismi, tumore ovaio, Pg verifica
l’avvenuta ovulazione. Il 17OH nel deficit della 21OH. In caso di sintomi da iperandrogenismo si
dosano gli androgeni, T, anche FT e SHBG, DHEA e androstenedione. Le inibine sono elevate
nella PCOS, e variano come tutto il resto con le fasi del ciclo, l’inibina B è un indice di crescita
follicolare. L’ormone anti-mulleriano AMH rappresenta un’indice dalla riserva ovarica e si valuta
nelle donne in pre-menopausa. Per valutare l’asse ipotalamo-ipofisi-ovaio si usa il test al GnRH, il
test al clomifene (che stimola sempre le gonadotropine), test di stimolo con analoghi del GnRH
dopo soppressione con desametasone (per valutare le gonadotropine mentre si blocca la
secrezione surrenale), test all’ACTH, test di soppressione con desametasone con gli androgeni.
Pubertà precoce: segni di maturazione puberale prima dei 9 anni nei maschi e dei 7 nelle
femmine.
– La pubertà precoce vera è caratterizzata da aumento di GnRH-gonadotropine ipofisarie-
gonadi (HPG) cin aumento di LH e FSH che stimolano le gonadi a secernere estrogeni e
progesterone nella donna e testosterone nell’uomo. Nelle ragazze per l’80% la causa è
idiopatica, nei ragazzi per il 50%. La pubertà precoce vera è cinque volte più frequente
nelle ragazze.
– La pseudo pubertà precoce insorge indipendentemente dall’attivazione dell’asse HPG. È
dovuta semplicemente ad aumento di ormoni sessuali prodotti da tumori, per cisti
ovariche, ipotiroidismo, sindrome di Mc-Cune Albright. Nella sindrome di Mc-Cune
Albright si ha pubertà precoce, iperpigmentazione cutanea a caffè-latte e displasia ossea
fibrosa. Altre cause sono una tossicosi testicolare (attivazione costitutiva del recettore
dell’LH), cisti ovariche (se secernenti).
– Precocità isolate:
– Telarca prematuro: sviluppo isolato della sola mammella anche prima della
pubertà.
– Pubarca prematuro: comparsa di peli pubici.
– Menarca prematuro
– ginecomastia puberale idiopatica o organica
– accellerazione costituzionale o idiopatica della crescita e della pubertà.
Clinica: nelle ragazze comparsa precoce si assiste a sviluppo mammario, regolare flusso
mestruale, maggiore velocità di crescita e maturazione scheletrica, comparsa di peli pubici o
ascellari. Nei ragazzi aumento dei genitali, peli, saldatura cartilagini di accrescimento.
– pubarca precoce: comparsa di peli pubici o ascellati, crescita ossea normale o poco
acellerata, non sono presenti segni di intensa stimolazione androgenica
– telarca precoce: comparsa di tessuto mammario di solito bilaterale che di solito non è
accompagnato a segni di estogenizzazione della mucosa vaginale, comparsa di peli pubici
o accellerazione della crescita lineare
– menarca isolato prematuro: l'unico segno di maturazione sessuale è la comparsa di
mestruazioni.
Diagnosi: clinica. Test al GnRH con determinazione di LH e FSH svelerà una risposta elevata per
l'età, escludere tumori con tecniche di immagine.
Terapia: analoghi del GnRH che inibiscono con feedback negativo. Nelle forme tumorali si
rimuove la massa, nel caso di iperplasia surrenalica congentia si somministrano glucocorticoidi.
Pubertà ritardata: pubertà che inizia dopo i 13 anni nelle ragazze e i 14 nei ragazzi, assenza del
menarca a 16 anni, blocco di pubertà iniziata. Il ritardo puberale costituzionale spiega più del
90% dei casi ; esso è forse legato a alterazioni del gene GNRH1; cause patologiche sono invece
alterazioni ipotalamo-ipofisarie (alterazioni del rilascio di GnRH e mutazioni del recettore GnRH)
o alterazioni primarie delle gonadi (cromosomiche come Klinefelter e Turner o altre).
Clinica:
– ritardo costituzionale: bassa statura, ritardo maturazione scheletrica in assenza di cause
identificabili. La diagosi è clinica, si pratica la vigile attesa dell' inizio della pubertà o test
da stimolo con analoghi del GnRH. Nei maschi una risposta di testosterone ad
HCG>9noml/l permette di identificare i pz con ritardo costituzionale puberale. Terapia si
fa con testosterone a basse dosi fino a 12 mesi nei maschi, estrogeni nella donna o
anabolizzanti a basse dosi.
– Ritardo da cause patologiche:
– alterazione ipotalamo-ipofisarie:
– alterazione del rilascio di GnRH e mutazioni del recettore del GnRH:
ipogonadismo associato a alterazioni dell'oslfatto.
– mutazioni di fattori di trascrizione ipofisari e di recettori nucleari orfani
– mutazione dei geni per le gonadotropine e per i recettori per le
gonadotropine
– difetti dei geni per il metabolismo: leptina o del suo recettore causa
ipogonadismo ipogonadotropo.
– sindrome eredo-familiari con ipogonadismo ipogonadotropo e
malformazioni neurologiche e somatiche: sindrome di Rud, di Prader Willi,
Lowe, Leopard, Carpenter etc
– malattie croniche: malattie debilitanti come diabete mellito, malattie
renali, cv, esercizio fisico strenuo, anoressia nervosa possono causare
arresto della pubertà; sono forme transitorie.
– alterazioni primarie delle gonadi
– anomalie cromosomiche: sindrome di Turner, di Klinefelter
– difetti degli enzimi della steroidogenesi
– disordini della differenziazione sessuale: insensibilità agli androgeni,
disgenesia gonadica pura, sindrome da regressione testicolare
– ipogonadismo primario acquisito: traumi testicolari, torsioni del funicolo,
tumori dell'infanzia e adolescenza.
Terapia
– maschi: gonadotropine o testosterone a basso dosaggio
– donne: preparati estogenici
Sindrome di Klinefelter: 47 cromosomi, XXY. Minore valenza dell’Y. Si hanno testicoli ipotrofici,
azoospermia, bassi livelli di T, alti livelli di FSH e LH. Si ha habitus eunucoide, ginecomastia, scarso
sviluppo dei caratteri secondari, anomalie ossee. La diagnosi si conferma con analisi del cariotipo.
La terapia prevede testosterone.
Sindrome di Turner: 45 cromosomi, XO. Si ha infantilismo, volto a sfinge, bassa statura, torace
scudi forme con atrofia mammaria, atrofia ovarica, cubito valgo, bassa attaccatura dei capelli,
anomalie cardiovascolari e renali. I genitali esterni e interni sono femminili ma sottosviluppati. Si
associa a malattie autoimmuni. La terapia è con estro-progestinici e GH per la bassa statura.
Ermafroditismo vero: soggetto che presenta sia tessuto ovarico che testicolare (ovotestis). Nel
70% dei casi i pazienti sono con cariotipo femminile normale, con tessuto testicolare spesso
nell’ovaio destro, in pubertà c’è amenorrea. Nei casi con cariotipo XY, i soggetti hanno genitali
maschili però con ovotestis e a volte abbozzo di utero.
La crescita è un processo continuo, ma non lineare, che inizia dalla nascita. Molto veloce nei primi
due anni, poi più lenta, rallentata nel periodo pre-pubere per poi riaumentare con spurt puberale
(scatto accrescitivo puberale). Importanza hanno fattori ambientali e dietetici, fattori materni
durante la vita fetale e soprattutto fattori genetici, in particolar modo quelli legati alla
produzione di GH.
Bassa statura: un soggetto è affetto da ipostaturismo quando ha una statura inferiore al 3°
percentile.
Cause endocrine: Alcune cause sono il diabete mellito (tipo I, perchè la carenza di insulina riduce
IGF-I), ipotiroidismo (nanismo non armonico, frammentazione dei nuclei epifisari),
ipercortisolismo (inibizione GH e azione diretta sulla mineralizzazione ossea). La causa più
comune è una deficienza secretoria di GH, dovuta ad un problema ipofisario o ipotalamico (meno
GHRH). La disfunzione ipotalamica può essere associata a traumi, può essere idiopatica, ossia
una disfunzione neurosecretoria dell’ormone della crescita che comprende anche il nanismo
psicosociale in bambini con turbe emozionali. Chiaramente anche lesioni ipofisarie, alterazioni
geniche o cause idiopatiche di malfunzionamento dell’ipofisi possono esserne la causa. Ci può
anche essere deficit di produzione di IGF 1 o refrattarietà ai due ormoni.
Clinica: ovviamente dipende dalla causa. Ritardo costituzionale e bassa statura danno fenotipo
per il resto normale. Nella sindrome di Turner si hanno le tipiche caratteristiche già esposte, nel
Down si ha ritardato accrescimento nel primo anno, nel Prader-Willi si ha ipogenitalismo e
criptorchidismo, aumento appetito e obesità contrapposte a difficoltà nel mangiare alla nascita,
bassa statura già verso i sei anni con ritardo di sviluppo puberale. L’ipotiroidismo e il Cushing
presentano le solite caratteristiche cliniche così come il diabete mellito di tipo I. Le displasie
scheletriche portano nanimo disarmonico e si fanno vive intorno ai 2-3 anni.
Terapia: Si tratta la malattia di base e si può anche pensare ad in’integrazione del GH.
Alta statura: soggetto superiore al 97° percentile. Può essere costituzionale e familiare,
sindromica, da diabete mellito materno (alla nascita, l'iperinsulinismo porta a macrosomia),
gigantismo (eccesso di GH), precocità sessuale, tireotossicosi.
Clinica e terapia dipendono dalla patologia sottostante.
NET, neoplasie rare con origine nel sistema neuroendocrino confinato (SNEC) e diffuso (SNED).
Le cellule con caratteristiche simili ai neuroni capaci di secernere amine biogene e ormoni
proteici sono state riunite sotto il nome si sistema APUD, oggi sostituito da neuroendocrino. Ci
sono cellule enterocromaffini distribuite in modo ubiquitario nell’organismo e con differenti
caratteristiche biologiche. Contengono granuli di neurosecrezione. Mentre lo SNEC è in strutture
ben definite lo SNED è diffuso in vari organi e tessuti, principalmente nel tratto gastro-entero-
pancreatico (GEP) (60%).
Da appunti Colao: I TNE sono un gruppo eterogeneo di tumori che originano da :
- ghiandole endocrine ( midollare surrene, paratiroidi)
- aggregati di cellule endocrine
- cellule endocrine disperse in tessuto esocrino
Sono solitamente tumori o carcinomi ben differenziati associati a buona sopravvivenza a 5-10aa
anche in presenza di metastasi epatiche. Solo il 3-4% dei casi si hanno forme poco differenziate a
prognosi peggiore.
È possibile distiunguere tre aree anatomiche di insorgenza di tumori neuroendocrini:
• foregut ( tumori broncogeni)
• midgut ( fino al cieco)
• hindgut ( parte terminale dell'intestino; non produce serotonina)
Tale classificazione ci consente di fare almeno una stima sulla localizzazione del tumore, spesso
infatti è molto piccolo e non visibile in TAC in cui vediamo solo le metastasi.
Presentazione clinica
• sindrome da ipersecrezione ormonale: sindrome da carcinoide ( eccesso somatostatina,
chiazze, eritema,ipertesione, flushing, bradicardia )
• sindromi paraneoplastiche
• sindromi familiari predisponenti
• la diagnosi è fortuita nel 90% dei casi.
•Proliferative index is expressed as the percentage of tumor cells labeled by immunohistochemistry for the proliferation
marker Ki-67 (Ki-67 index).1 This technique is generally considered to be more applicable to low-grade NETs. The Ki-67
labeling index is used more widely in Europe than it is in the United States to assess proliferation8
For neuroendocrine neoplasms, the presence of necrosis also plays an important role in grading.8,12 For example,
G1/G2 bronchial NETs (typical/atypical carcinoids) and G3 bronchial neoplasms (large cell neuroendocrine carcinoma
[LCNEC] and small cell lung carcinoma [SCLC]) exhibit markedly different behavior, and the presence or absence of
necrosis, along with mitotic activity, is a key distinguishing feature between these 2 groups of tumors.12,13
Despite all of the challenges inherent in grading NETs, a grade should always be stated in the pathology report, along
with the specific grading system used.8
By extent of disease
Extent of disease as shown by computed tomography (CT)
http://www.neuroendocrinetumor.com/health-care-professional/symptomatology-of-
nets.jsp
Diagnosi: la clinica non aiuta molto perché i sintomi addominali e intestinali sono spesso
aspecifici. Si devono dosare i marcatori neuroendocrini come la cromogranina A e il PP, oltre agli
ormoni secreti. La ricerca radiologica serve per cercare il tumore. Si possono usare anche
tecniche come l’endoscopia, la scintigrafia con analoghi della somatostatina (con PET e SPECT),
octreoscan (octrotide con SPECT).
Tumori toracici: neoplasie di polmone e timo. I sintomi sono dovuti all’effetto massa, solo il 15%
dà ipersecrezione. Diagnosi: endoscopia con biopsia per i NET polmonari, TC per le forme
periferiche, octreoscan. TC e RM per il timo, anche octroscan. Terapia: chirurgia eradicante,
analoghi della somatostatina, che controllano efficacemente i sintomi. Anche interferone.
Chemioterapia e radioterapia trovano scarso impiego.
MEN, sindromi ereditarie, responsabili di processi proliferativi a carico di piùdi una ghiandola
endocrine. Le alterazioni anatomo-patologiche vanno dall’iperplasia all’adenoma. Le
manifestazioni cliniche dipendono dall’ipersecrezione ormonale e dall’invasività e malignità.
Oltre alla MEN 1 e 2 esistono neplasie endocrine multiple sono di tipo misto (Von Hipper Lindau,
neurofibromatosi, complesso di Carney) che presentano fenotipi simili alle MEN. Il 10% dei
tumori neuroendocrini è dovuto a sindrome MEN.
MEN-1: autosomica dominante associata al gene della menina. I sintomi sono per lo più dovuti
all’ipersecrezione ormonale da parte dei tumori, ma ce ne sono anche di non funzionanti, spesso
scoperti incidentalmente, o di poco producenti o producenti peptidi non molto attivi.
È la sindrome delle 3 P:
– Paratiroidi (iperplasia e neoplasie),
– Pancreas endocrino: neoplasie e anche del sistema endocrino diffuso GI
– Pituitaria (adenoipofisi).
Clinica: iperparatiroidismo in quasi tutti i pazienti, dovuto per lo più a iperplasia di tutte e
quattro le paratiroidi, già dalla seconda decade. Adenomi ipofisari nel 20% dei casi, per lo più
simili agli sporadici quindi più comunemente prolattinomi. Tumori neuroendocrini pancreatici
nelle insule, con ipersecrezione di gastrina, insulina, glucagone, VIP e somatostatina. A volte
secrezione ectopica di ormoni ipofisari, produzione di vari ormoni come PP. I tumori gastro-
enterici sono per lo più duodenali e gastrici. Spesso sono neoplasie molto aggressive che
facilmente metastatizzano a fegato e in loco. Tumori carcinoidi nel 10-20% che possono essere
bronchiali (non fumatori) o timici (nei fumatori). Altri tumori del connettivo.
Etiopatogenesi: il gene mutato è quello della menina, proteina legata a fattori di trascrizione per
la proliferazione cellulare. Modello two hits di Knudson → prima mutazione ereditata, seconda
mutazione acquisita.
Diagnosi:
– almeno due dei tre principali gruppi di neoplasie,
– almeno un familiare di primo grado con almeno una delle tre neoplasie.
– test genetico con sequenza gene della menina: in soggetti con neoplasie tipiche della
MEN e in soggetti con familiari affetti
Eziologia e patogenesi
Il deficit endocrino può essere causato da un'infezione, un infarto o un tumore che comportino la distruzione di tutta una
ghiandola endocrina o di una gran parte di essa. Tuttavia, l'attività di una ghiandola endocrina risulta il più delle volte
depressa come risultato di una reazione autoimmune che determina infiammazione, infiltrazione linfocitaria e distruzione
parziale o completa della ghiandola. Una malattia autoimmune che colpisce una ghiandola è frequentemente seguita
dalla compromissione di altre ghiandole, dando luogo a un'insufficienza endocrina multipla. Sono stati descritti due
quadri principali di insufficienza (v. Tab. 11-1).
Nel tipo I l'esordio si verifica di solito nell'infanzia o prima dei 35 anni. L'ipoparatiroidismo è il più frequentemente
riscontrato (79%), seguito dall'insufficienza corticosurrenalica (72%). L'insufficienza gonadica si verifica dopo la pubertà
nel 60% delle donne e in circa il 15% degli uomini. È comune la presenza di candidosi mucocutanea cronica. Raramente
è presente diabete mellito. Questo quadro può essere associato ai fenotipi HLA A3 e A28 o a un locus situato sul
cromosoma 21. La trasmissione ereditaria solitamente segue una modalità autosomica recessiva.
Nel tipo II l'insufficienza ghiandolare si verifica generalmente negli adulti, con un picco di incidenza a 30 anni di età.
Essa interessa sempre la corteccia surrenale e frequentemente la tiroide (sindrome di Schmidt) e le insule
pancreatiche, producendo diabete mellito insulino-dipendente (Insulin-Dependent Diabetes Mellitus, IDDM). Sono
frequentemente presenti anticorpi contro le ghiandole bersaglio, specialmente contro gli enzimi del citocromo P-450 della
corteccia surrenale. Tuttavia, il loro ruolo nella patogenesi del danno ghiandolare è poco chiaro. Alcuni pazienti hanno
anticorpi stimolanti la tiroide e si presentano inizialmente con segni e sintomi di ipertiroidismo. La distruzione ghiandolare
è principalmente un risultato dell'autoimmunità cellulo-mediata, conseguenza di una depressione della funzione delle
cellule T suppressor oppure di qualche altro tipo di danno mediato dalle cellule T. Inoltre, è comune la riduzione
dell'immunità sistemica mediata dalle cellule T, rivelata da una scarsa risposta ai test cutanei con antigeni standard,
come la candidina (dalla Candida), la tricofitina (dal Trichophyton) e la tubercolina. Una riduzione della reattività si
dimostra anche nel 30% circa dei parenti di primo grado con funzione endocrina normale. È stato suggerito che gli
specifici tipi HLA caratteristici del tipo II siano associati con una suscettibilità ad alcuni virus che inducono la reazione
distruttiva.
Un gruppo ulteriore, il tipo III, si presenta negli adulti e non interessa la corteccia surrenale, ma comprende almeno due
delle seguenti condizioni: deficit funzionale tiroideo, IDDM, anemia perniciosa, vitiligine e alopecia. Poiché la
caratteristica distintiva del quadro di tipo III è l'assenza di insufficienza corticosurrenalica, esso potrebbe essere
semplicemente un "cestino per i rifiuti" di una malattia combinata che viene convertita in tipo II se si sviluppa
insufficienza del corticosurrene.
Sintomi, segni e diagnosi
La presentazione clinica dei pazienti con sindromi da deficit polighiandolare è la somma dei quadri clinici dei singoli
deficit. Non esiste una sequenza specifica per la comparsa delle singole distruzioni ghiandolari. La determinazione dei
livelli di anticorpi circolanti diretti contro le ghiandole endocrine o i loro componenti non sembra essere utile, poiché tali
anticorpi possono persistere per anni senza che il paziente sviluppi un'insufficienza endocrina. Tuttavia, il rilievo della
presenza di anticorpi è di aiuto in alcune situazioni, come per la distinzione di un iposurrenalismo su base autoimmune
da un iposurrenalismo tubercolare e per la determinazione della causa di un ipotiroidismo. La presenza di deficit
endocrini multipli può essere indicativa di un'insufficienza ipotalamo-ipofisaria. In quasi tutti i casi, i livelli elevati delle
tropine ipofisarie dimostreranno la natura periferica del difetto; tuttavia, sono stati riportati anche rari casi di insufficienza
ipotalamo-ipofisaria come parte della sindrome di tipo II.
Terapia
La terapia dei diversi singoli deficit ghiandolari è trattata in altri capitoli del Manuale; tuttavia, l'interazione reciproca dei
deficit multipli (p. es., l'insufficienza corticosurrenalica combinata con il diabete mellito) può rendere complicato il
trattamento. I pazienti con ipofunzione di una sola ghiandola endocrina devono essere tenuti in osservazione per anni al
fine di evidenziare l'eventuale sviluppo di deficit addizionali. L'insufficienza gonadica non risponde al trattamento con
ormoni gonadotropi e la candidosi mucocutanea cronica è solitamente resistente alla terapia. Se somministrate
precocemente nel corso della insufficienza endocrina, dosi immunosoppressive di ciclosporina A possono essere di
giovamento in alcuni pazienti.
Diabete mellito di tipo 1: T1DM, malattia su base autoimmune o idiopatica con progressiva
distruzione delle cellule beta del pancreas che causa carenza di insulina.
Epidemiologia: 5-10% di tutti i casi di diabete. Colpisce per lo più in età giovanile, anche sotto i
15 anni. In italia l'incidenza è 10/100.000 sebbene in Sardegna sia più elevata (50/100.000).
Storia naturale: la positività agli anticorpi possiamo riscontrarla già in fase preclinica, ma è
l'intervento di fattori ambientali il trigger per la distruzione delle cellule B. l'aggessione
autoimmune conduce ala perdita della secrezione insulinica che inizialmente si verifica in
corrispondenza dei picchi prandiali; il momento patogenetico che determina l'esordio clinico è la
perdita totale della riserva secretoria insulinica, anche nella quota basale.
Si riscontrano nel siero dei pazienti affetti degli autoanticorpi. Le cellule beta sono distrutte sia a
causa della componente anticorpale sia a causa di quella cellulo-mediata. Gli anticorpi anti cellula
beta pancreatica (ICA) includuno anti glucosaminidasi (GAD) anti tirosinchinasi (IA2), anti insulina
(IAA). Dopo terapia insulinica diminuiscono, pertanto sono soprattutto utili in fase preclinica e
per differenziare diabete tipo 1 dal tipo 2. Spesso questi pazienti hanno anche una maggiore
suscettibilità per altre malattie autoimmuni come tiroidite di Hasimoto, Graves, Addison.
Vi sono alcuni geni che determinano una maggiore suscettibilità di alcuni individui (vi è infatti
una certa familiarità). La più nota correlazione è con alcuni HLA (DR3 e DR4, DQ2 e DQ8). DR2 e
DR7 sembrano protettivi; DR3 e 4 se presenti nello stesso individuo aumentano la probabilità di
sviluppare T1DM. CTLA-4 e PTPN 22 sono altri due loci di suscettibilità associati a geni per la
soppressione dell’attivazione T-cellulare. La concordanza tra gemelli omozigoti è comunque
inferiore al 50% e pertanto risulta fondamentale la compartecipazione di fattori ambientali, il
che spiegherebbe anche il trend in aumento di incidenza. Alcune infezione virali sembrano avere
un ruolo sia mediante l’azione citotossica diretta sulle cellule beta sia tramite fenomeni di
mimetismo cellulare (Coksakie, EBV e altri). Alcuni alimenti come la BSA (albumina del siero
bovino) e la beta-lattoglobulina (entrambe nel latte vaccino) possono indurre malattia in bambini
predisposti. La “hygene hypothesis” afferma che la mancata esposizione in età infantile ad
antigeni virali può predisporre all’autoimmunità.
Anatomia patologica
Insulite, con infiltrato di macrofagi e linfociti B e T (CD4 e soprattutto CD8) a causa della perdita
dell’autotolleranza. Fas e Fas-ligando come meccanismo, e l’espressione di citochine quali IL-1 e
TNF prodotti da macrofagi e IFN gamma prodotto dai linfociti, sono fortemente implicati nella
distruzione beta-cellulare.
Clinica: vi è prima un periodo asintomatico durante il quale avviene la distruzione delle cellule
beta del pancreas. L’esordio della patologia, che avviene dopo la distruzione dell’80% delle
cellule, può essere acuto o lento. I sintomi dell’esordio acuto sono cheto acidosi (fino al coma),
poliuria e polidipsia con astenia, nausea e vomito che si verificano in genere in soggetti giovani a
seguito di fattori scatenanti (interventi chirurgici, stress, infezioni urinarie). L’esordio subdolo è
invece caratterizzato da decremento ponderale con polifagia con perdita di grasso e massa
muscolare.
A prescindere dall'esordio il dato caratterizzante è l’insulinopenia. A causa dell’insulinopenia il
corpo mobilita gli acidi grassi liberi (FFA) e attiva la lipolisi. Vi è un maggiore sviluppo di corpi
chetonici con riduzione del pH ematico e acidosi metabolica. L’alito è chetonico e per
compensare l’acidosi si ha polipnea o addirittura respiro di Kussmaul (tachipnea profonda e
rumorosa), si ha poliuria a causa dell’iperglicemia con glicosuria, disidratazione e quindi
polidipsia, ipotensione posturale, debolezza, astenia, crampi e dolori addominale vomito.
La chetoacidosi e lo shock ipovolemico possono portare fino al coma. Per neurotossicità da
iperglicemia si possono avere parestesie, per lo più agli arti inferiori e offuscamento del
cristallino (fluidi iperosmolari). Dopo l’esordio clinico si ha la luna di miele, per meno di un anno,
in cui i sintomi regrediscono senza terapia, corrisponde alla ripresa dell'attività delle cellule B. .
Complicanze:
– acute: chetoacidosi diabetica è l'emergenza classica all'esordio; l'ipoglicemia è la
complicanza acuta più frequente in pazienti in terapia insulinica. L'ipoglicemia dovuta ad
eccessiva assunzione, errori di somministrazione, esercizio fisico intenso. Quando la
glicemia scende sotto i 50 mg/dl (nel bambino 40mg) si ha tachicardia, palpitazioni,
sudorazione e tremori, confusione mentale, perdita di coscienza. La diagnosi di
ipoglicemia si fa quando sono presenti tutti gli elementi della Triade di Whipple: sintomi
tipici di ipoglicemia, ipoglicemia rilevabile, reversibilità dopo somministrazione di
glucosio. Se le ipoglicemie sono ripetute nel tempo, dopo un po'’ il paziente può non
avvertire più i sintomi prodromici “hypoglicemic unawareness”, ed è esposto ai rischi della
neuroglicopenia.
– Croniche: sono microvascolari come retinopatia, nefropatia e neuropatia e macrovascolari
come infarti e ulcere.
Fattori di rischio per lo sviluppo di complicanze sono esposizione prolungata all'iperglicemia e la
mancata stabilità dei valori glicemici.
Si fa screening delle complicanze controllando l’emoglobina glicata (HbA1c, da tenere sotto il 7%
secondo l'ADA e 6,5 secondo International diabetes federation), microalbuminuria (annualmente
dopo i primi 5 anni di malattia) e fundus oculi; è utile anche quelo per la neuropatia autonomica e
per la polineuropatia simmetrica.
Diagnosi:
In assenza dei sintomi tipici della malattia (poliuria, polidipsia e calo ponderale), la diagnosi di
diabete deve essere posta con il riscontro, confermato in almeno due diverse occasioni di:
• glicemia a digiuno 126 mg/dl (con dosaggio su prelievo eseguito al mattino, alle ore 8
circa, dopo almeno 8 ore di digiuno)
oppure
• glicemia 200 mg/dl 2 ore dopo carico orale di glucosio (eseguito con 75 g)
oppure
• HbA1c 6,5% a condizione che il dosaggio dell’HbA1c sia standardizzato, allineato a IFCC e
che si tenga conto dei fattori che possono interferire con il dosaggio della glicata.
In presenza di sintomi tipici della malattia, la diagnosi di diabete deve essere posta con il
riscontro, anche in una sola occasione di:
• glicemia casuale 200 mg/dl (indipendentemente dall’assunzione di cibo).
Ai fini diagnostici e di screening la misurazione della glicemia deve essere effettuata su plasma
venoso e massima cura deve essere posta nell’appropriata manipolazione del campione (fase
pre-analitica). L’uso del glucometro è sconsigliato, in quanto genera misurazioni non
standardizzabili. Il glucometro può essere impiegato per un pre-screening ambulatoriale
individuale o di massa al fine di individuare soggetti con valori suggestivi di diabete e meritevoli
di uno screening formale con misurazione della glicemia su plasma venoso in laboratorio.
I seguenti valori dei principali parametri glicemici sono considerati meritevoli di attenzione in
quanto identificano soggetti a rischio di diabete e di malattia cardiovascolare, per i quali,
comunque, dovrebbe essere evitato l’uso del termine pre-diabete:
• glicemia a digiuno 100-125 mg/dl (condizione nota anche come alterata glicemia a
digiuno o impaired fasting glucose o IFG)
• glicemia 2 ore dopo carico orale di glucosio 140-199 mg/dl (condizione nota come ridotta
tolleranza ai carboidrati o impaired glucose tolerance o IGT).
• HbA1c 6,00-6,49% (solo con dosaggio allineato con il metodo DCCT/UKPDS)
I livelli di glicemia di solito all'esordio sono in genere tra 300 e 800 mg/d. I valori di potassio sono
normali o lievemente aumentati (4 – 5,5 mEq/L) pur essendoci un deficit di 300-400 mEq/L d
potassio. Questo fenomeno è dovuto alla:
– disidratazione cellulare che causa un aumento della concentrazione di potassio
intracellulare e trasporto passivo attraverso i canali del potassio
– al cosidetto solvent drag cioè la presenza di forze tra solvente e soluto che fanno perdere
K attraverso i canali dell'acqua
– allo scambio tra H e K
– alla carenza di insulina che non permette l'entrata di K
– alla presenza di nausea e vomito con perdita di elettroliti.
Se c’è acidosi metabolica il ph è ritdotto ( < 7,3) e anche i bicarbonati; si può avere leucocitosi,
glicosuria e chetonuria. Gli autoanticorpi sono utili nella diagnosi di LADA e nella predizione di
malattia nei parenti di primo grado; anti-GAD e IA2 sono i più affidabili marker di rischio Il C
peptide può indicare la funzione beta cellulare residua.
Terapia:
– insulina: prodotta tramite Dna-ricombinante e ce ne sono diversi preparati. La terapia più
adottata è la somministrazione intensiva (4 iniezioni/die, 1 di detemir o glargina – lente –
3 di lispro o aspart – insuline rapide) che mima la produzione fisiologica, con iniezioni che
ruotano nelle varie sedi sottocutanee. Si può anche usare il microinfusore portatile.
Importante l’automonitoraggio glicemico con glucoreflettometro.
– ipoglicemia si cura con carboidrati per os e nei casi gravi terapia infusionale con
glucagone.
– chetoacidosi insulina e reidratazione.
– Bicarbonati solo se pH<7,1.
– Dieta varia ed esercizio fisico.
– trapianto di pancreas si fa in genere in pazienti con insufficienza renale e si fa insieme a
quello di rene.
L’insulino resistenza riguarda per lo più fegato (che mette in circolo più glucosio), muscolo (che ne
utilizza meno) → si ha iperglicemia che crea la condizione di glucotossicità. Il pancreas risponde
all'aumento di glucosio con un’iperinsulinemia compensatoria; quindi la glicemia si mantiene
nella norma. A livello del tessuto adiposo a causa dell’insulino resistenza si ha maggiore lipolisi e
liberazione di FFA e trigliceridi che vengono utilizzati da muscolo e fegato (gluconeogenesi),
dando la cosiddetta lipotossicità (effetto negativo sulle cellule B). L’aumento del tessuto adiposo
fa aumentare anche le citochine infiammatorie e altre sostanze che aggravano l’insulino
resistenza (TNFs, leptina, adiponectina, interleuchina 6- resistina)
Al momento della diagnosi la massa di cellule beta è già ridotta al 50% perché si è avuta in
genere una lunga fase i IFG e IGT, inoltre la malattia avanzando peggiorerà la situazione →
necessità di indentificare precocemente i soggetti a rischio.
IGT e IFG non sono patologie di per sè, ma sono di interesse medico perché aumenta in queste
condizioni il rischio di diabete (38-65%) e malattie cardiovascolari.
Screening: nei soggetti normopeso > 45 anni, controllo glicemia ogni due anni. Nei sovrappeso o
con fattori di rischio OGTT periodico anche prima dei 45 anni.
Terapia: ha come obiettivi quello di eliminare i sintomi e le complicanze acute e croniche future.
Per ridurre le future complicanze bisogna controllare la glicemia, i lipidi e la pressione.
• Glicemia: il rischio di complicanze aumenta con l’emoglobina glicata (HbA1c). Bisogna
mantenere bassa la glicemia a digiuno(<110), l’emoglobina glicata (<6,5%) ed anche la
glicemia postprandiale (<160).
ADA 2006 IDF 2005 ACE/AACE 2006 Consensus (SID)
2000
HbA1c <7 < 6,5 < 6,5 < 6,5-7
Glicemia a 90- 130 mg/dL <110 mg/dL <110 mg/dL 80-120 mg/dL
digiuno/preprandi
ale
Glicemia post- <180 mg/dL <145 mg/dL <140 mg/dL <160 mg/dl
prandiale
Schemi di trattamento: si prescrive sempre dieta ed attività fisica associata ad una terapia
farmacologica anche sin da subito. Il farmaco di prima scelta è la metformina da iniziare a basse
dosi (favorisce l’azione dell’insulina, la fa utilizzare meglio, riduce la produzione di glucosio, la
lipolisi e l’assorbimento intestinale di glucosio). Funziona solo fintanto che c’è insulina in circolo
quindi non causa ipoglicemia. Può dare nausea e vomito e non si dà in gravidanza, insufficienza
renale, cardiaca o respiratoria. Se la metformina non basta la si può associare ad un altro farmaco
come: inibitori dell’alpha glicosidasi (rallenta l’ssorbimento intestinale di glucosio),
sulfaniluree e glinidi (secretagoghi dell’insulina, possono dare ipoglicemia, hanno effetto
apoptotico sulla cellula beta, aumento del rischio cardiovascolare, spesso secondary failure, ossia
fallimento secondario), glitazoni (riducono l’insulino-resistenza, favoriscono l’insulina), incretine
(ormoni del tratto gastrointestinale che stimolano la secrezione di insulina come il GLP-1,
glucagon like peptide. Devono essere associate ad un inibitore della Dipeptidil peptidasi che
altrimenti le inattiva), insuline e analoghi).
Se non si riesce a portalre l'Hb glicata a <7% si può ricorrere a triplice terapia, aumentare le dosi,
valutare sempre se dare insulina.
L’insulina è comunque un passaggio obbligatorio della terapia, anche precoce se la terapia non va
perché libera dal lavoro le cellule beta. Se il paziente ha glicemia elevata, se non risponde ai
farmaci, se in gravidanza o con patologie da ospedalizzazione, l’insulina si deve dare subito. La
dislipidemia si tratta con stile di vita e farmacologicamente con statine. L’ipertensione con ACE-
inibitori e gli ARB (antagonisti del recettore dell’angiotensina II.
Complicanze acute
Diagnosi:
• si riscontra iperglicemia, iperchetonemia (>3mmol/l) e acidosi (pH < 7,3).
• Il potassio può risulatare normale o poco aumentato (in realtà c'è sempre una grave
deplezione di potassio dovuta al passaggio delle ione dal compartimento intra a
extracellulare a cuasa della carenza insulinica e dell'acidosi).
• Sodiemia: ridotta in seguito alla natriuresi; poiché l'iperglicemia può determinare una
condizione di pseudoiponatriemia, è necessario calcolare la sodiemia corretta : sodiemia
misurata + [(glicemia -100) /100] x 1,6. (vn 135 – 145 mEq/L).
• azotemia e creatininemia aumentato i normali in base al grado di ipovolemia
• osmolarità totale plasmatica normale o aumentata
• all'emogasanalisi si ha acidosi (pH <7,3), minore pCO2 per iperventilazione e minori
bicarbonati (depleti dai corpi chetonici, 5-10mEq/L); il gap anionico è aumentato ( >12
mEq/L) a causa dei minori bicarbonati e serve alla diagnosi differenziale. Il calcolo
dell'anion gap è fondamentale per la diagnosi differenziale con le altre acidosi; nelle altre
acidosi non c’è iperchetonemia, tranne in quella alcolica dove però i bicarbonati non sono
ridotti.
Ipoglicemia: si presenta con la triade di Whipple. In genere si hanno sintomi con glicemia
inferiore a 50. È più frequente nei pazienti trattati con insulina, mancata sincronizzazione con
pasti. Si hanno tachicardia, fame, sudorazione, tremori, confusione,visione offuscata, convulsioni,
fino al coma. Può essere lieve (sintomi autonomini, il paziente si auto-tratta), moderata (sintomi
anche neuroglicopenici,si auto-tratta), grave (richiede terzi, disabilitante). Dopo un po’ i pazienti
possono non avvertire i sintomi prodromici per alterazione della contro regolazione. Terapia:
glucosio per os, se grave ev o glucagone.
Complicanze croniche: principale causa di morbilità e mortalità legate al diabete, sono dovute
principalmente all’iperglicemia. Sono divise in vascolari (micro e macroangiopatiche) e non
vascolari.
Oculari: si ha retinopatia (nel 2 20% alla diagnosi, nell’1 il 50% ha segni dopo 10 anni), nei
paesi industrializzati è la principale causa di cecità, varia da microaneurismi a
proliferazione fibrovascolare con emoragie o distacco retinico. La retinopatia diabetica
viene classificata in non proliferante (o background) e proliferante. Una delle più gravi
complicanze della retinopatia è la maculopatia diabetica, se c’è interessamento della
macula.
• Non proliferante: dovuta ad un aumento della permeabilità dei capillari retinici, in
seguito si assiste a occlusione dei capillari retinici e infine si formao aneurismi
sacciformi, fusiformi e shunts artero-venosi. La distribuzione dei microaneurismi è
ubiquitaria anche se di solito sono frequenti nel polo posteriore retinico.
Tardivamente compaiono le emorragie retiniche, essudati (cotonosi che sono
microinfarti retinici mentre quelli duri sono da processi essudativi). Retinopatia
pre-proliferante: quadro intermedio tra le due, caratterizzata da anomalie
microvascolari intraretiniche (IRMA).
• Proliferante se c’è neoangiogenesi e lesioni cicatriziali. Come conseguenza della
progressiva occlusione dei capillari retinici si verifica una espansione di aree
ischemiche → formazione di VEGF e altri angiogenetici. I vasi nuovi sono più fragili
e sanguinano facilmente (emorragie preretiniche). Col passare del tempo si ha
fibrosi che da luogo a un distacco retinico con perdita del visus. La laser terapia
previene la perdita della vista.
• Maculopatia diabetica: principale causa di perdita di visus in pazienti diabetici di
tipo 2. La macula è sede di processi edematosi, essudativi, ischemici, si ha
riduzione del visus. E' caratterizzata la lesioni tipiche della retinopatia background
o proliferante.
Il diabete può portare anche necrosi papillare con febbre, dolore al fianco, piuria e talora
ematuria.
Neurologiche: ne sono affetti oltre il 50% dei diabetici. Può essere periferica e
autonomica. L’iperglicemia favorisce la produzione di radicali liberi che danneggiano le
fibre nervose, forse agiscono anche eventi ischemici.
• Neuropatia periferica: per lo più è polineuropatia simmetrica distale, per lo più agli
arti inferiori. A livello periferico si ha riduzione della velocità di conduzione di fibre
sensitive e motorie. Riduzione sensibilità, formicolio, intorpidimento, dolore,
anche forte. Deformazione delle dita del piede ad artiglio per alterazione delle
fibre motorie, con alterazione della biomeccanica del piede a causa anche
dell’insensibilità con callosità, sublussazioni, fratture, rimodellamento osseo.
All’inizio è tutto asintomatico e bisogna verificare i riflessi tendinei e la sensibilità
tattile. La mononeuropatia è meno comune e coinvolge un singolo nervo cranico o
periferico, per lo più il III cranico. Poliradicolopatia, sintomatologia dolorosa in un'
area, in genere si autorisolve on 6-12 mesi.
• Neuropatia autonomica: disfunzione delle fibre del sistema parasimpatico e
simpatico. Gastrointestinale: si ha alterata mobilità (stipsi o diarrea) e ritardato
svuotamento gastrico (gastroparesi). La gastroparesi porta sazietà, distensione
addominale, nausea e vomito. Oltre al danno alle fibre l’iperglicemia causa
direttamente ipomobilità. Diarrea notturna alternata a stipsi sono frequenti.
Genitourinario: cistopatia (meno contrattilità vescicale, meno
minzioni,incontinenza, infezioni), disfunzione erettile a volte eiaculazione
retrograda, disfunzione sessuale femminile (meno lubrificazione e desiderio).
Cardiovascolare: tachicardia a riposo e ipotensione ortostatica, si hanno casi di
morte improvvisa. Altre manifestazioni sono sudorazione volto e collo (per
ingestione spezie), anidrosi arti inferiori, secchezza cutanea, incapacità di avvertire
l’ipoglicemia (alterata secrezione di ormoni contro regolatori). Si deve controllare
la glicemia, antidepressivi per il dolore, farmaci disfunzione erettile (inibitori
selettivi della fosfodiesterasi-5), dopaminoagonisti per la gastroparesi.
• Piede diabetico: infezioni, ulcerazioni, distruzione tessuti profondi a causa di
neuropatia e vascolopatia. 40-70% delle amputazioni sono da diabete. Principale
causa di ospedalizzazione. Si formano calli e ulcere per mancata sensibilità,
alterazioni ossee e articolari, anidrosi e secchezza favoriscono la comparsa,
arteriopatia causa lesioni ischemiche e mancata cicatrizzazione. Prevenzione,
igiene, osservare quotidianamente i piedi.
Macroangiopatiche: 50% di morte dei diabetici. È più di un semplice fattore di rischio, quasi già
una malattia coronarica. La formazione di placche aterosclerotiche, e la loro rottura che dà
ostruzione, è la prima causa, e il diabete le facilita molto, maggiore formazione di ateroma.
Inoltre in pazienti con diabete di tipo 2 è stata documentata una ipercoagulabilità e maggiore
adesione piastrinica oltre ad un'alterata fibrinolisi dovuta agli alti livelli di PAI. Inoltre il diabete si
trova spesso associato oltre che a disfunzione lipidica, all’interno della sindrome metabolica che
comporta molto rischio aterogenico.
• arteriopatia cerebrale: può dare demenza secondaria a un evento ischemico cv; si
diagnostica con anamnesi e esame obiettivo con rilievo della pulsatilità o presenza di soffi
a livello delle carotidi. La diagnostica per immagini aiuta a ricercare la malattia
ateromasica precocemente prevenendo ravi danni cerebrali.
• arteriopatia periferica: più frequente, per lo più arti inferiori. Si hanno calcificazioni
intimali, della tonaca media (aterosclerosi di Monckelberg). Raramente claudicatio
intermittens in quanto le arterie più colpite sono sotto la poplitea e della suddivisione
della tibiale. Come nell’arteriopatia cerebrale si devono verificare soffi e pulsatilità delle
carotidi, qui bisogna valutare soffi, ma anche diminuzione di peli, rubor, pelle fredda,arto
pallido se sollevato. Si valuta l’indice di Winsor (rapporto tra pressione sistolica tra
caviglia e braccio, se <0,5 è severa) ecografia, angiografia.
• Cardiopatia ischemica: le manifestazioni sono infarto del miocardio, angina pectoris e
morte improvvisa. L’ischemia miocardica nei diabetici è spesso anche asintomatica. Si può
avere dolore toracico e intolleranza allo sforzo. Se ci sono fattori di rischio o altre forme
di vascolopatia si usano test come il test ergometrico, l’ecostress e la scintigrafia
miocardica da stress. Si eseguono test provocativi di ischemia in pazienti con sintomi
cardiaci, o che devono iniziare attività fisica, segni di arteriopatia, fattori di rischio. C’è
bisogno di un approccio terapeutico, più che solo intensivo nel controllo glicemico,
soprattutto multifattoriale intensivo.
• Cardiomiopatia diabetica: disfunzione ventricolare senza altre patologie cardiache come
cardiopatia ischemica, ipertensione o altre patologie cardiache. Storia naturale: prima
disfunzione diastolica, poi ipertrofia ventricolare sinistra (LVH) e infine disfunzione
sistolica. Si vede con ECG ed ecocardiografia (soprattutto l’ipertrofia). Meccanismi
patogenetici sono legati alla presenza di iperglicemia che causa danni strutturali e
funzionali (1% in più di emoglobina glicata 8% in più di rischio di sviluppare insufficienza
cardiaca) con aumento dei radicali liberi e quindi danno cellulare, si ha alterazione della
contrattilità. Inoltre aldosterone a angiotensina II inducono fibrosi cardiaca, peggio se c’è
iperglicemia, con conseguente disfunzione diastolica. Inoltre è presente anche
alterazione del microcircolo coronarico. L’ecocardiografia è l’approccio preferito. Terapia
si fa con interventi farmacologici e sullo stile di vita (ACE-i, B block, diuretici).
Non vascolari:
Valutazione clinica nel diabete: Dopo la diagnosi, esame obiettivo con ricerca comorbilità, e
complicanze (specie se la diagnosi è di diabete 2, in quanto la malattia potrebbe esserci da molto
tempo).
Follow-up:
– dosaggio emoglobina glicata almeno due volte all’anno. (da tenere sotto 6,5-7%).
– Usare il glucometro (3-4/die) per l’automonitoraggio glicemia per ottimizzare la terapia
ed evitare crisi ipoglicemiche.
– Usare un diario glicemico auto-compilato.
– La glicemia a digiuno deve essere <90-130 e postprandiale <180. (o <110, <145, più
restrittivo).
– Mantenere un BMI inferiore a 25, da ottenere in modo graduale. Dieta mediterranea con
frutta e verdura, equilibrata con carboidrati 45-60%, proteine 10-20% e grassi 30% (per lo
più oli monoinsaturi),
– mantenere il colesterolo sotto i 300, LDL almeno sotto 100 e trigliceridi sotto 150 e HDL
>40-50(donne di più).
– Attività fisica moderata.
– Per i danni cardiovascolari aterogeni e non solo (coagulabilità, fibrinolisi) evitare il fumo,
terapia antiaggregante con acido acetilsalicilico soprattutto se ci sono altri fattori di
rischio (ipertensione, fumo, dislipidemia).
– Bisogna controllare la pressione arteriosa e tenerla sotto 130/80, evitando anche i fattori
di rischio.
– Nelle malattie intercorrenti il controllo della glicemia deve essere più stretto.
– Per controllare la cardiopatia ischemica bisogna eseguire test di sforzo a chi ha sintomi
toracici (dolore retro sternale) e c’è bisogno di un ECG l’anno. Si discute di test da sforzo
anche per diabetici con sintomi cardiaci, ECG a riposo sospetto, arteriopatia, inizio di
attività fisica in pazienti >35 anni e sedentari, 2 o più fattori di rischio.
– Lo screening della nefropatia si effettua con la microalbuminuria (ogni anno) e il calcolo
del filtrato glomerulare (GRF) con la creatinina su campione occasionale, temporizzato
(notte), 24 ore (con calcolo creatinina e rapporto albumina/creatinina).
– La retinopatia si controlla il fundus oculi almeno ogni due anni.
– La neuropatia diabetica periferica si verifica con controllo della sensibilità pressoria
(monofilamento di 10g), sensibilità vibratoria all’alluce (diapason), tono muscolare, riflessi
osteo-tendinei. Si fa screening della neuropatia vegetativa verificando la modificazione
della frequenza cardiaca (manovra di Valsalva) , l’ipotensione ortostatica.
– Per il piede diabetico si fa esame diretto, verifica secchezza pelle, calli e ulcere, sensibilità
e verifica polsi e claudicatio.
– Importante una valutazione psicosociale del paziente che può avere intolleranza verso la
malattia, disturbi alimentari, cognitivi, sociali, affettivi.
Altre tipi specifici di diabete:
MODY: difetti monogenici della funzione beta-cellulare caratterizzati da diabete giovanile. Sono
ereditari autosomici dominanti e ce ne sono di varie forme, da leggeri come il 2 a più pesanti
come 3 e 5. La 2 è associata a glucochinasi. Vi sono forme legate al Dna mitocondriale o a difetti
nella molecola di insulina, forme legate a difetti del recettore dell’insulina, malattie del pancreas
esocrino che compromettono anche la sua funzione endocrina, endocrinopatie con ormoni che
antagonizzano l’insulina (Cushing, glucagonoma, feocromocitoma), farmaci, disordini
autoimmuni vari come quello che colpisce il recettore dell’insulina e sindromi genetiche come la
sindrome di Wolfram (ma anche down, turne, klinefelter etc…).
Diabete mellito gestazionale: GDM è un diabete che compare durante la gravidanza, in genere
torna l’omeostasi glucidica dopo il parto. Si fa test da carico orale con 100 g di glucosio. È dovuto
alle variazioni ormonali della gravidanza (principalmente progesterone) che causano insulino
resistenza. Si associa a complicanza per la madre ed il bambino e si deve curare (dieta o anche
insulina), si associa a maggiore incidenza di diabete 2 in futuro. La secrezione placentare di
ormoni anti-insulina comporta uno sforzo maggiore per il pancreas, e tra il 4-10% di donne
sviluppano diabete. Già alterazione glicemia, familiarità, età avanzata, sovrappeso, sono fattori di
rischio, si può avere macrosomia e problemi per il bambino e parto più difficile per la madre. Lo
screening si fa all’inizio con la glicemia a digiuno, GDM se tra 92 e 126, altrimenti si ripete OGTT
in corso di gravidanza.
Sindromi ipoglicemiche: livelli di glucosio inferiori alla norma. Può essere una complicanza da
terapia del diabete. Livelli inferiori a 50 sono in genere associati a patologia. Il livelli di glucosio
sono dovuti ad assorbimento, glicogenolisi e gluconeogenesi (per lo più epatica) e sono regolati
positivamente da cortisolo, Gh e catecolamine e glucagone. Il 60% del glucosio ematico è
utilizzato dal sistema nervoso. Nella fase di digiuno diminuisce l’insulina ed entrano in gioco gli
ormoni antinsulinici, prima glucagone e adrenalina, poi cortisolo e GH, sempre prima che si arrivi
intorno a 55-50. Nella fase post-prandiale predomina l’insulina.
Clinica: sintomi adrenergici da attivazione dell’SNA (nervosismo, tremori, nausea e vomito,
tachicardia e palpitazioni, pallore, sudore freddo) e neuroglicopenici (diminuzione cognitiva,
visiva, linguaggio, letargia, amnesia, convulsioni, labilità emotiva).
Forme a digiuno: si ha ipoglicemia quando è verificata la triade di Whipple. Nella maggior parte
dei casi si hanno per assunzione di alcol o in pazienti diabetici in terapia insulinica. Prima si
controlla la glicemia, poi test del digiuno prolungato per vedere se c’è la fisiologica cessazione
della produzione di insulina. È seguito da test di risposta del glucosio al glucagone . Bisogna
distinguer insulinomi, da ipoglicemia da ipoglicemizzante orale, da altri tumori (spesso di grandi
dimensione, in genere a causa della produzione di IGF).
Forme reattive postprandiali: diagnosi con OGTT e test del pasto misto.
Terapia: l’ipoglicemia acuta si cura con zucchero orale, o soluzione di glucosio al 33% ev, o
glucagone.
Chilomicroni: composti da lipidi provienienti dalla dieta e apo B48. Raggiungono il plasma
attraverso il dotto toracico. Acquisiscono dopo un po’ apo C dalle HDL che funziona da cofattore
per la lipoproteinlipasi (LPL) che è legata ai capillari e serve a scindere i trigliceridi cosicché le
cellule possano assorbirli. I chilomicroni rimanenti nel plasma, detti remnant (rimasti) sono
piccoli e assorbiti dagli epatociti che legano la apoE.
VLDL: hanno l’apo B100 e sono sintetizzate dal fegato. In seguito all’acquisizione di apo C dalle
HDL sono metabolizzati come i chilomicroni. Quello che ne resta sono le IDL, metabolizzate
rapidamente per cui la loro concentrazione nel plasma è normalmente bassa. La maggiorparte
dell'apoC contenuta dalle IDL è restituita alle HDL. Le IDL per circa la metà sono assorbite dal
fegato e catabolizzate in maniera irreversibile, il resto è trasformato in LDL.
LDL: ottenute dalla conversione epatica delle IDL, sono la prima fonte di colesterolo per le
cellule extraepatiche ed epatiche (il 50% è assorbito dal fegato), assorbite tramite il recettore
delle LDL che riconosce l’apo B100. Sono ridotte a colesterolo dopo endocitosi. Concentrazioni
alte di colesterolo libero intracellulare diminuiscono la sintesi di recettori. Questo regola
negativamente anche due enzimi , l’ACAT (trasforma il colesterolo libero in esteri) e HMGCoA-
reduttasi (idrossi-metil-glutaril-coenzima A), tappa limitante nella sintesi del colesterolo. Il
colesterolo contenuto nelle LDL si calcola con la formula di Fiedewald: LDL-
colesterolo=colesterolo totale-HDL-triglicerdi/5 (con trigliceridi <400).
HDL: trasporta il colesterolo dalle cellule extraepatiche al fegato. Si lega alla superficie delle
cellule tramite apo I. Il colesterolo libero è esterificato dalla LCAT e messo nel core delle HDL
trasformandole da discoidali a sferiche (in modo istantaneo infatti le discoidali non si trovano).
Avviene così il trasporto inverso di colesterolo, al fegato.
Diagnosi
Classificazione delle iperlipidemie
L’iperlipidemia si distingue in primitiva (fenotipica o genetico-metabolica) e secondaria a svariate
patologie (ipotiroidismo, diabete etc…).
•Iperlipoproteinemia di tipo I: aumento dei chilomicroni, cioè aumento dei trigliceridi provenienti dalla
dieta
•Iperlipoproteinemia di tipo II a: aumento delle LDL, quindi del colesterolo
•Iperlipoproteinemia di tipo II b: aumento delle LDL e delle VLDL, quindi sia del colesterolo che dei
trigliceridi
•Iperlipidemia di tipo III: aumento del colesterolo e dei trigliceridi totali, non accompagnato
dall'aumento di lipoproteine, per aumento di prodotti intermedi derivanti dalla scissione delle VLDL
prima di formare le frazioni LDL
•Iperlipoproteinemia di tipo IV: aumento delle VLDL e quindi dei trigliceridi, provenienti dal
metabolismo dei carboidrati
•Iperlipoprotidemia di tipo V: aumento dei chilomicroni e delle VLDL, quindi dei trigliceridi
provenienti dalla dieta e da quelli sintetizzati a partire dai carboidrati a livello del fegato
Classificazione genetico-metabolica
E' utile nel determinare la prognosi in termini di rischio di coronaropatia e pancreatite e nel
determinare la terapia ottimale.
Clinica: i sintomi sono quelli di una progressiva ostruzione dovuta alla placca. Può essere
asintomatica e dare sintomi progressivi o immediati. Colpisce le arterie di arti inferiori, carotidi e
coronarie. Angina pectoris e mesenterica e claudicatio intermittens sono segni di aterosclerosi.
Gli stadi dell’ostruzione secondo Fontaine sono:
1) Malattia occlusiva senza sintomatologia
2) claudicatio intermittens
3) dolore ischemico a riposo
4) ulcerazioni o gangrena.
L’angina pectoris è un sintomo di ostruzione delle coronarie, lo stroke e l’attacco ischemico
transitorio (TIA) sono dovuti al deficit di perfusione cerebrale. L’ischemia mesenterica può essere
asintomatica o dare forte dolore postprandiale.
Semeiotica: dopo accurata anamnesi su sintomi, abitudini, familiarità, attività sessuale, peso,
altezza circonferenza vita. Cercare segni di deficit di irrorazione a valle di un determinato
distretto o depositi di lipidi e colesterolo come xantelasmi (perioculari), xantomi (tendinei),
gerontoxon o arco corneale senile (iride). Aumento della pressione arteriosa (per aumento
resistenze periferiche). A livello cardiaco soffi (stenosi aortica), tachicardia, quarto tono. Soffi
carotidei o deficit neurologici. Masse pulsanti addominali o soffi arterie renali. Palpazione dei
polsi periferici. Colore cute, rossa o pallida a seconda della posizione dell’arto.
Diagnosi: clinica e laboratoristica con trigliceridi, colesterolo totale e HDL. Determinare anche
glicemia e emoglobina glicata. Eco-color doppler sui vasi sospetti è diagnostico. Indice di Winsor
(rapporto caviglia braccio). ECG che se positivo per cardiopatia richiede ecocardiografia.
Obesità: condizione cronica di eccessivo peso corporeo per accumulo tale di tessuto adiposo da
influire negativamente sullo stato di salute. È una malattia complessa a eziologia multifattoriale
che si accompagna ad aumentato rischio di morbilità e mortalità. È il più comune disordine
alimentare degli occidentali. Un terzo degli americani è obeso e il 50% in sovrappeso. In Italia il
9% è obeso e il 34% in sovrappeso. Il BMI (BMI>30) ne è indice diretto, ma con limiti per le masse
muscolari. La MG, massa grassa è più specifica anche se non utile in clinica. L’obesità viscerale
(circonferenza vita) è più pericolosa perché il tessuto adiposo addominale mobilizza più acidi
grassi ed è più attivo nella secrezione. Arischio elevato uomini con giro vita >102 e donne con
>88.
L’obesità può essere iperplastica o ipertrofica o entrambe. In età prepuberale è comune
l’iperplastica che è anche più difficile da curare. Può essere (spesso) poligenica o (raramente)
monogenica, ed in genere c’è aggregazione genetica familiare. La sindrome di Prader Willi,
Laurence-Moon-Biedl ed altre (anche mutazione gene della leptina) sono monogeniche e
compiaiono già in età infantile. Obesità primaria (essenziale) è la più comune, ma esistono anche
forme secondarie a: sindrome di Cushing, ipotiroidismo, insulinoma, craniofaringioma o altre
alterazioni dell’ipotalamo.
Complicanze:
– aumentato rischio di malattie metaboliche come diabete tipo 2, dislipidemia,
– malattie cardiovascolari e ipertensione,
– malattie respiratorie: apnea ostruttiva, insufficienza respiratoria
– osteoarticolari
– alcune forme di cancro (mammella, utero, colon-retto, esofago, pancreas, rene).
– Malattie epatiche: steatosi, cirrosi
– ginecologiche: alterazioni ciclo mestruale, infertilità, sindrome ovaio policistico
– gotta
– flebiti
Terapia: valutare la presenza di malattie e fattori di rischio. Modifica stile di vita, complicata. Se il
rischio è basso o medio si cerca di evitare un ulteriore aumento di peso. Dieta per perdere peso a
tutti gli obesi e i sovrappeso (tra 25 e 30) con due o più fattori di rischio. Obbiettivo minimo è
mantenere il peso, buono è riduzione di 5-10% del peso in sei mesi. Ideale è il raggiungimento di
un BMI normale. Modifica dell’introito calorico e attività fisica. Farmaci utilizzati sono l’orlistat
(che riduce l’assorbimento di grassi) e la sibutramina (anoressizzante). La terapia chirurgica
(bariatrica) può essere fatta se falliscono le altre terapie. Si possono fare interventi restrittivi che
riducono il volume dello stomaco, e interventi malassorbitivi che però riducono l’assorbimento di
tutti gli elementi nutritivi.