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Endocrinologia

25. Iperpituitarismi. Ipopituitarismi.


26. Tumori dell’Ipofisi.
27. Diabete Insipido.
28. Ipertiroidismi. Ipotiroidismi.
29. Gozzo.
30. Tumori della Tiroide.
31. Iperparatiroidismi. Ipoparatiroidismi.
32. Ipercorticosurrenalismi. Ipocorticosurrenalismi.
33. Ipogonadismi Maschili.
34. Ipogonadismi Femminili.
35. Neoplasie Endocrine Multiple.
36. Diabete Mellito.
37. Dislipidemie.
38. Sindromi plurimetaboliche.
39. Sindromi Ipoglicemiche
40. Obesità e sue complicanze

Malattie ipotalamo ipofisarie (Cap. 2)

L’ipotalamo è la principale area di interconnessione tra sistema nervoso e sistema endocrino, e


centro di controllo del sistema endocrino. L’integrazione vera e propria tra i due sistemi avviene
a livello dell’eminenza mediana, ossia la regione tubero-infundibulare, e nella neuroipofisi.
Aree ipofisotropiche sono il nucleo arcuato e il nucleo paraventricolare che sintetizzano
neurormoni rilasciati a livello dell’eminenza mediana, nel circolo portale ipofisario e che
raggiungono l’adenoipofisi → Sono: CRH (aumenta POMC e ACTH), TRH (aumenta TSH e PRL),
GnRH (aumenta LH e FSH), GHRH (aumenta GH), Dopamina (diminuisce PRL e TSH),
somatostatina (diminuisce GH e TSH).
I neuroni neuro ipofisari del nucleo sopraottico e del nucleo paraventricolare (parte
magnicellulare) sintetizzano ADH e OT, che tramite gli assoni che raggiungono la neuroipofisi
vengono rilasciati direttamente nel circolo sistemico.

Cenni di anatomia: L’ipofisi, con un peso inferiore ad un grammo, è posta a livello della sella
turcica dello sfenoide. È circondata dalla dura madre e separata tramite il diaframma
dall’encefalo, attraversato dal peduncolo ipofisario. Antero-superiormente c’è il tuberculum
sellae, posteriormente il dorsum sellae. Lateralmente ci sono i seni cavernosi nei quali decorrono
III,IV, VI e parte del V nervo cranico e la carotide interna. Davanti al peduncolo c’è il chiasma
ottico. È divisa in adenoipofisi anteriore e neuroipofisi posteriore. Mentre nell’adenoipofisi ci
sono varie popolazioni cellulari con derivazione embriologica comune, la neuroipofisi è costituita
dagli assoni dei neuroni ipotalamici e da cellule di glia dette pituiciti.
• Cellule corticotrope: 15%. Sintetizzano POMC (proopiomelanocortina) precursore di
ACTH, beta-LPH, beta-endorfina e gamma-MSH. L’ACTH si lega a MC2R sulla corticale del
surrene fungendo da tropina e favorendo la steroidogenesi e la secrezione di cortisolo.
Inoltre si lega a MC1R sui melanofori cutanei favorendo iperpigmentazione. La beta-
endorfina è un oppioide endogeno che funge da regolatore del dolore. L’ACTH è
stimolato da CRH. Anche l’ADH ne favorisce la secrezione. Ha una secrezione pulsatile,
maggiore al mattino e minima a mezzanotte. L’asse CRH-ACTH è associato al ritmo sonno
veglia ed è stimolato da condizioni di stress.
• Cellule tireotrope: 10%. Sintetizzano TSH formato da una catena comune alpha e una
specifica beta. Regolato dal TRH. Stimola la proliferazione delle cellule epiteliali della
tiroide e la sintesi e secrezione degli ormoni tiroidei. Più secrezione di notte. Il freddo e
la nascita ne stimolano la secrezione.
• Cellule gonadotrope: 15%. Producono sia LH che FSH, glicoproteine simili al TSH con una
catena beta diversa. Sono regolati dal GnRH, la cui produzione varia nelle diverse fasi
della vita. Gli steroidi sessuali lo bloccano. Nell’uomo LH stimola le cellule del Leydig a
produrre testosterone, l’FSH stimola la produzione di proteine importanti per la
spermatogenesi da parte delle cellule del Sertoli. Nelle donne l’LH stimola la teca interna
a produrre androgeni e mantiene il corpo luteo, mentre l’FSH fa maturare il follicolo e
stimola l’aromatizzazione degli androgeni in estrogeni da parte delle cellule della
granulosa.
• Cellule lattotrope: 20%. Secernono prolattina, con secrezione pulsatile, più notturna e
aumentata dallo stress. L’ipotalamo ha un controllo inibitorio tramite la dopamina (PIF). È
stimolata da TRH e serotonina.
• Cellule somatotrope: 40%. Secernono l’ormone della crescita GH, che varia con l’età e
con il sesso oltre che con l’ora del giorno, è stimolato da GHRH e dalla grelina, inibito
dalla somatostatina, favorito da cortisolo e T4 oltre che dagli ormoni sessuali. Stimolato
da arginina, ipoglicemia, pasto proteico. Il GH promuove l’accrescimento un po’ di ogni
organo e tessuto. Agendo sul fegato stimola la produzione di IGF 1, come pure in altri
distretti, che agisce comunque favorendo l’accrescimento. GH è antinsulinico e IGF1 è
ipoglicemizzante.
• Vasopressina: secreto dalla neuroipofisi , l’ADH è prodotto a seguito di un aumento
dell’osmolarità rilevato principalmente dall’organo subfornicale (basta un aumento
del’1%). L’ADH è stimolato assieme al senso di sete, anche diminuzione del volume
ematico e della pressione. L’ADH stimola l’espressione dell’acquaporina 2, mediando il
riassorbimento di acqua a livello dei dotti collettori, tramite il recettore V2. Inoltre
stimola la coagulazione, la vasocostrizione e il rilascio di ACTH. Il cortisolo ne inibisce la
secrezione.
• Ossitocina: regolato da estrogeni. Ha effetti sul comportamento, ma soprattutto su
ecrezione di latte e contrazione del miometrio al momento del parto. Tutti gli ormoni
ipofisari sono dosabili con metodiche immunochimiche. Si preferisce dosare l’ormone
ipofisario insieme a quello secreto dalla ghiandola bersaglio, e tenendo sempre conto che
la secrezione è pulsatile e facilmente influenzabile.

Ipopituitarismo
Ridotta o assente secrezione di ormoni da parte dell’ipofisi anteriore. Può essere anteriore
(interessa gli ormoni anteroipofisari), e posteriore quando si evidenzia quadro clinico di diabete
insipido. Può essere panipopituitarismo (iposecrezione di tutti gli ormoni), parziale o unitropico.
Può essere palese (si manifesta sempre) o latente (si manifesta per stress o test da stimolo), e
primario o secondario a seconda che l’origine sia ipofisaria oppure ipotalamica.

Etiopatogenesi: Può essere dovuto a numerose cause:


– neoplasie ipofisarie o parasellari,
– interventi chirurgici oppure radioterapia,
– apoplessia ipofisaria (infarto emorragico),
– necrosi ischemica sia post partum (sindrome di Sheehan: ipovolemia causa ischemia della
ghiandola forse perché ipertrofica) sia per shock ipovolemico o traumi,
– sindrome della sella vuota primaria (alterato sviluppo della sella e del diaframma con
appiattimento della sella) e secondaria (altri danni all’ipofisi).
– Sindrome di Kallmann: ipogonadismo e ipoosmia per alterazione di vie olfattive e cellule
gonadotrope associata a volte ad altre anomalie somatiche, colpisce più i maschi. Sintomi
associati: labiopalatoschisi, malformazioni renali, sordità, daltonismo.
– sindrome di Laurence-Moon-Biedl: obesità, ritardo mentale, deficit GnRH con
ipogonadismo e retinite pigmentosa (causa di cecità).
– sindrome di Prader-Willi: ipogonadismo a genesi ipotalamica, ritardo mentale, bassa
statura
– Ipofisite linfocitica spesso nel periodo gravidico o successivo al parto, processo
autoimmune a carico dell’ipofisi con infiltrazioni linfocitarie della ghiandola.
– cause psicogene come anoressia nervosa.

Clinica: le manifestazioni variano con l’età di presentazione. Ingenere le lesioni progressive


seguono l’ordine GH, LH/FSH, TSH, ACTH. A volte esordio drammatico. Le manifestazioni più
precoci sono di tipo sessuale con amenorrea o impotenza, sterilità, perdita della libido,
ipogonadismo, atrofia piccole e grandi labbra. Le manifestazioni tipiche dell’ipotiroidismo sono
meno accentuate così come quelle da morbo di Addison (non c’è comunque iperpigmentazione
cutanea). C’è perdita di peli, e cute sottile con rughe. In adolescenza per deficit di GH può esserci
mancato sviluppo puberale e bassa crescita. Il deficit di GH nell’adulto porta invece, astenia,
riduzione massa ossea e muscolare, eccesso grassso, insulino-resistenza, obesità, ritiro sociale.

Diagnosi: si rileveranno bassi livelli di ormoni ipofisari anche a seguito di somministrazione di


stimolanti e risposta normale delle ghiandole bersaglio se c’è somministrazione dell’ormone
ipofisario.
– Deficit di GH: si rilevano i livelli di GH e IGF 1 (che però si riducono normalmente con l’età)
soprattutto dopo stimolo con insulina, arginina, clonidina e GHRH (molti falsi negativi).
Arginina + GHRH è più preciso (ARG potenzia il rilscio di GH ed è utile per la diagnosi
anche di deficit parziali)
– Deficit ACTH: ACTH con livelli bassi associati a bassa corticolemia e cortisolo libero
urinario; si determina anche ridotta riserva di ACTH, dopo test da stimolo di tolleranza
all'insulina, test con metirapone o con CRH.
– Deficit di TSH: con tiroxine basse c’è anche TSH basso, raro il test con TRH.
– Deficit gonadotropine: bassi LH e FSH, raro il testo con GnRH.
TC e RM possono rilevare la causa (presenza di neoplasie, lesioni della sella, etc).

Terapia: si fa uso del trattamento sostitutivo. Per il GH anche in età adulta. Per le gonadotropine
nell’uomo adulta si dà testosterone, negli adolescenti meglio prima gonadotropine per evitare
che si saldino le cartilagini epifisarie (trattamento più tardi possibile). Nella donna si danno gli
estrogeni anche se per indurre l’ovulazione si usa GnRH in modo pulsatile. Per deficit ACTH
somministriamo corticosterodi, per TSH levo-tiroxina.

Ipofisiti: Gruppo eterogeneo di patologie infiammatorie dell'ipofisi che solitamente causano


ipopituitarismo. La più comune è quella ipofisaria, soprattutto post-partum molto spesso
associata ad altre malattie autoimmuni. È caratterizzata da un infiltrato infiammatorio e
remissione dei sintomi con terapia immunosoppressiva, oltre ad un andamento ciclico e
maggiore presenza nel sesso femminile. Può portare cefalea e risuzione del campo visivo, oltre a
vari ipopituitarismi, ma subclinici.

Tumori ipofisari secernenti


Gli adenomi ipofisari sono la causa più comune di ipersecrezione (ed iposecrezione) nell’adulto;
costituiscono il 15% di tutte le neoplasie intracraniche. Sono neoplasie benigne che derivano da
uno dei cinque tipi cellulari dell’adenoipofisi (lattotròpe, somatotrope, corticotrope, tireotrope,
gonadotrope). I tumori ipofisari non adenomatosi includono le metastasi (più frequentemente
dalla mammella e dal polmone; interessano la neuroipofisi e sono associate a diabete insipido) e i
rari carcinomi ipofisari. Altre masse della sella turcica possono essere craniofaringiomi e cisti di
Rathke (originati dalla tasca di Rathke) e amartomi e gangliocitomi ipotalamici.
La classificazione clinica degli adenomi distingue gli adenomi funzionanti, che ipersecernono un
ormone (o più raramente più di uno) dagli adenomi non funzionanti (uno su tre), che possono
comunque secernere piccole quantità delle subunità ormonali α- e β-glicoproteiche. La
classificazione radiologica distingue i microadenomi, di dimensione inferiore a 1 cm, dai
macroadenomi, di dimensione superiore; all’interno dei macroadenomi però c’è grande
variabilità clinica. La produzione di ormone non è sempre correlata alla dimensione tumorale. I
più frequenti sono i prolattinomi, rari sono i TSH e gonadotropine secernenti.

Acromegalia: malattia cronica determinata da un’eccessiva produzione di GH e quindi anche di


IGF-1, compare in media dopo i 40 anni.

Etiopatogenesi: nel 99% dei casi la causa è un adenoma ipofisario GH-secernente (nel 30% dei
casi associata a aumento di PRL), raramente secrezione ectopica o iperproduzione di GHRH.
L'ipersecrezione di GH manifesta gli effetti attraverso sintesi di IGF-I e in parte tramite azione
diretta periferica. La mutazione più frequente è quella in cui si attiva l'oncogene gsp e si inattiva
l'oncosoppressore AIP.

Clinica: si manifesta lentamente, con diagnosi 5-10 anni dopo l’inizio della malattia.
– Abbiamo effetti anabolici e compressivi derivanti da ipersecrezione di GH. Gli effetti
anabolici comprendono astenia, visceromegalia e ingrandimento estremità acrali. Gli
effetti compressivi sono sempre gli stessi per tutti i tumori dell’ipofisi: slargamento sella,
difetti campo visivo, cefalea e paralisi nervi cranici.
– Altro:
– Scheletro: gigantismo, prognatismo, artralgie, acromegalia, mal occlusione,
ipertrofia bozze frontali.
– Cute: iperidrosi e skin tags.
– Apparato digerente: polipi del colon.
– Cardiovascolare: ipertrofia ventirocolo sinistro, ipertensione, cardiomiopatia e
scompenso.
– Visceromegalia: lingua, fegato e milza e altro.
– Endocrino-metabolico: intolleranza al glucosio, calo libido e impotenza,
dismenorrea, ipertrigliceridi, aumento aldosterone.
– Apparato respiratorio: sleep apnea e disturbi del sonno, aumenti del volume
residuo.

Nel 70% dei casi è un macroadenoma che si estende nello spazio sovrasellare del seno
cavernoso. Il restante 30% dei casi è associato a un microadenoma confinato alla sella turcica. La
patologia ha una prognosi infausta se non curata. La morte giunge per lo più per cause
cardiovascolari.

Diagnosi: elevati valori di IGF-1 con GH>2,5 microg/l (media di 5 determinazioni del GH effettuate
a distanza di 30 minuti). Si fa RM della regione sellare dopo infusione di gadolinio per verifare la
presenza di neoplasia; esame campo visivo per verificare i disturbi della vista.

Terapia: in prima istanza rimozione chirurgica dell’adenoma, riportare i livelli di GH sotto i 2,5
ug/L (o <1 ug/l dopo curva carico di glucosio) così come l’IGF-1. In seconda istanza la terapia
medica si basa su agonisti dopaminergici (bromocriptina e carbegolina), analoghi somatostatina
(come octreotide, prechirurgia riduce il tumore; un nuovo analogo è pasireotide che sopprime i
livelli di GH legando i recettori della somatostatina). Pegvisomant (antagonista GH) per bloccare
il recettore di GH e quindi gli alti livelli di IGF-1; previene anche le complicanze dell'acromegalia.

Prolattinoma: 40-50% dei tumori ipofisari secernono PRL.


Etiopatogenesi: nell’90% dei casi è un microprolattinoma, 20 volte più comune nelle donne,
soprattutto tra 25-35 anni. Nel microprolattinoma l'iperprolattinemia si risolve spontaneamente
nel 30% dei pz e la progressione a macroprolattinoma è solo i 3-7%. Il tumore origina dalla
crescita autonoma delle cellule lattotrope per riduzione del tono dopaminergico. Nel 25% dei
casi, per quanto origini a una iperplasia delle cellule lattotrope, è a secrezione mista (anche GH o
ACTH o TSH).

Clinica: Effetto massa solo se macroadenoma. Inoltre è comune calo della libido, oligo-
amenorrea, infertilità, galattorrea (anche uomo), impotenza, osteoporosi. Questo perché
l’iperprolattinemia determina un calo di GnRH. Nell’uomo la comparsa dei sintomi è più tardiva.

Diagnosi: devono prima essere escluse cause fisiologiche o farmacologiche associate ad alto PRL
(antagonisti dopaminergici, ipotiroidismo primario, policistosi ovarica, etc).
– Il dosaggio sierico si fa con misurazioni multiple con ago cannula per evitare l’aumento
per lo stress del prelievo. PRL>200 nanog/ml è diagnostico, anche se nel
microprolattinoma è frequentemente tra 100 e 250, mentre nel macroprolattinoma è
>250. Valroi inferiori a 100 devono far sospettare un pseudoprolattinoma o lesione
sellare che comprime il peduncolo ipofisario riducendo il tono dopaminergico. Può esserci
macroprolattinemia a causa di macroaggregati PRL-Ig biologicamente inattivi che fanno
sovrastimare il dosaggio sierico in pazienti asinotmatici (la macroprolattinemia viene
valutata mediante dosaggio PRL dopo precipitazione con PEG).
– Esami strumentali: RM senza contrasto che rispetto a TC permette migliore
identificazione della sella.
– Esame del campo visivo

Terapia: si usano dopamino-agonisti come la cabergolina per os che si lega a recettori D2,
riduzione del tumore in 60-80% dei casi; a dosi elevate (per pz con parkinson) può dare
valvulopatie cardiache. La terapia chirurgica trans sfenoidale è di seconda scelta. Per tumori
aggressivi si può ricorrere a radioterapia.

Malattia di Cushing
Tipo specifico di sindrome di Cushing dovuta ad un tumore ipofisario ACTH-secernente. È la
causa più frequente di sindrome di Cushing, molto più comune nella donna con picco tra 20 e 40
anni.

Etiopatogenesi: la secrezione di ACTH nel Cushing è casuale ed episodica, con eccesso di


cortisolo che non riesce nel compito di attuare feedback negativo e perde anche la sua
secrezione circadiana. A causa della soppressione del CRH ipotalamico non c’è però risposta
aumentata allo stress. L’eccesso di cortisolo compromette la normale funzione ipofisaria
compromettendo il rilascio di TSH, GH, FSH e LH. Vi è anche un eccesso di androgeni surrenalici
con acne e irsutismo nella donna. Nell’uomo invece vi sono sintomi da ipoandrogenismo perché a
causa della soppressione delle gonadotropine c’è blocco del testosterone gonadico. La sindrome
può anche presentarsi in modo ciclico anche se raramente, con ipercortisolismo intermittente
accompagnato da periodi di completa remissione. Nel 90% è causata da microadenomi <5mm, il
tumore è raramente invasivo e di dimensioni tali da alterare la morfologia della sella. I surreni
sono iperplasici (zona reticolata e fascicolata).

Clinica: per lo più dovuta all’eccesso di glucocorticoidi, alcuni sintomi sono dovuti all'eccesso di
androgeni. In ordine di frequenza si ha:
– Obesità,
– ipertensione,
– labilità emotiva,
– osteoporosi,
– intolleranza ai carboidrati
– irsutismo
– pletora facciale,
– dislipidemia
– astenia
– striae rubrae
– ematomi
– calcolosi renale

Diagnosi: l
clinica: quadro con obesità addominale e altri sintomi tipici, di solito semplice in quadri completi;
in quadri incompleti (fasi iniziali) appare più complessa se coesistono diabete, alcolismo,
ipertensione, depressione, etc. Nel sospetto di Cushing si procede per tre fasi:
– Fase di screening: determinazione del cortisolo libero urinario CLU delle 24 ore (anche 3
determinazioni, ma clearance della creatinina inferiore a 30ml/min può renderlo normale)
; valori 3-5 volte superiore alla normal è suggestivo. Il CLU non può identificare le forme
subcliniche di sindrome di Cushing e il Cushing mile e non può essere cosiderato per cui il
test universale. Il Test di soppressione al desametasone (inibisce il cortisolo) a basse dosi
(1mg overnight o 0,5 ogni 6 ore per 48 ore) è utilizzato: corticolo plasmatico <1,8 ug/dl e
CLU <10ug/24h esclude il Cushing.
– Fase di Conferma: si rinviene la perdita del ritmo circadiano del cortisolo, la
determinazione di cortisolo plasmatico basale non ha grande valore. Si ripetono in questa
fase i test di screening.
– Diagnosi differenziale: tra le varie forme si fa determinando l’ACTH con test di
soppressione al desametasone ad alte dosi, se ACTH non è soppresso (valori >20 pg/ml)
allora è sindrome di Cushing ACTH dipendente (si può anche fare il test al CRH). Spesso
tumori ACTH secernenti rispondo come l’ipofisi al CRH o ai glucocorticoidi esprimendone i
recettori, anche se in genere la produzione ectopica di ACTH determina livelli più alti di
ACTH.
Se il test di soppressione al desametasone porta dimezzamento del CLU al secondo
giorno di soppressione → tumore ipofisario altrimenti è ectopico. Però la determinazione
sicura è la RM della sella turcica per trovare l’adenoma. Se non si vede si deve fare IPSS
(cateterismo dei seni venosi inferiori) per valutare l’esistenza di un gradiente di
concentrazione di ACTCH tra centro e periferia (differenza di 2 o 3 volte tra centro e
periferia è diagnostica).
Terapia: quella elettiva è la neurochirurgia transfenoidale con successo nel 70% dei casi; o
radioterapia ipofisaria nel controllo dell'ipercortisolismo;in ultima ratio surrenectomia bilaterale
dato che determina condizione di iposurrenalismo permanente e può deterinare l'accrescimento
del tumore ipofisario (sindrome di Nelson). Per la terapia medica ci sono farmaci che inibiscono la
steroidogenesi surrenalica (ketoconazolo, metirapone, mitotane)e farmaci neuromodulatori
(modulano secrezione di ACTH, sono analoghi della somatostatina, dopamino-agonisti).
Adenomi ipofisari non funzionanti e rari tumori della regione sellare

Adenomi non funzionanti e GN-omi:


ANF (adenomi non funzionanti), senza sindrome da secrezione ormonale. A volte sono Gn-omi
(80%). Sono circa il 30%. Sono sporadici e i meccanismi patogenetici alla base sono tuttora
indeterminati. Sono asintomatici e solo pochi hanno caratteristiche tali da avere rilevanza clinica.
Clinica: la presentazione è associata solo alle grandi dimensioni e quindi solo effetti compressivi,
raramente ipertensione endocranica, liquorrea. Alterazione più frequente è la emianopsia
bitemporale dovuta a compressione del chiasma ottico; se il tumore si estende in maniera
sovrasellare abbiamo sindomre ipotalamica (alterazione temperatura, disturbi del sonno, etc) e
ipertensione endocranica). Se si comprime il peduncolo ipofisario si può avere iper-PRL. Nei rari
casi di GN-oma vero si elevano i livelli di FSH e LH.
Diagnosi: con RM o TC, dimostra presenza di tumore con lieve iper-PRL e nessun altra
ipersecrezione.
Terapia: chirurgica solo se dà sintomi compressivi. RM 4 mesi dopo la chirurgia, se non ci sono
residui il pazient è curato.

TSH-oma: rara causa di ipertiroidismo TSH dipendente; inattivazione del gene del recettoe di T3.
Sintomi da ipertiroidismo: gozzo nodulare, tachiaritmia, calo ponderale, etc. Diagnosi con
dimostrazione di alta concentrazione di Ft3 e ft4 con TSH aumentato; RM e TC di conferma.
Terapia chirurgica.

Craniofaringioma: tumore benigno, ma aggressivo e invasivo, non associato a cellule endocrine,


origina dalla tasca di Rathke; può essere cistico o papillare-squamoso; è a crescita lenta. E'
asinotmatico per molto tempo, e i sintomi sono legati all'effetto massa; nell'infanzia c'è
rallentamento della crescita per deficit di GH, negli adulti più dintomi di ipogonadismo; molti
hanno problemi visivi e iperPRL, alcuni diabete insipido. Diagnosi: clinica, TC e RM; terapia
chirurgica o radiante.

Diabete insipido: incapacità di concentrare le urine (>3l/die, più precsamente >40ml/kg di peso
corporeo negli adulti e >100 ml/kg nei bambini) con poliuria e conseguente polidipsia.
Classidicazione eziopatogenetica:
– diabete insipido neurogenico o centrale:
– primario: congenito, idiopatico
– Acquisito: post trauma, post chirurgia, neoplastico, infiammatorio, vascolare,
autoimmune, gravidanza (aumentata vasopressinasi)
– diabete insipido nefrogenico
– primario: genetico
– secondario: insufficienza renale, disturbi metabolici, farmaci
– polidipsia primaria
– disordini affettivi
– indotta da farmaci
– patologie ipotalamiche

Diabete insipido neurogenico: centrale. È dovuto all’insufficiente produzione dell’ADH,


raramente è primario o familiare, per lo più è dovuto a traumi o interventi neurochirurgici.
– Primario: associato ad esempio a patologia AD (mutazioni del gene dell'ADH che causa
una perdita di funzione → ADH si accumula e i neuroni secernenti vengono distrutti)
oppure AR come è la sindrome di Wolfram. Quest ultima è una patologia dovuta a
mutazione della wolframina che si presenta con diabete mellito e atrofia del nervo ottico
oltre che ipogonadismo e dilatazione di uretere e pelvi.
– Secondario: acquisito a seguito di traumi o interventi o tumori, può essere anche post-
partum associato a sindrome di Sheehan. La risposta può essere acuta o trifasica (più di
frequente):
– fase iniziale con poliuria e polidipsia, dura alcuni giorni; corrisponde all'iniziale
danno ai neuroni dei nuclei sopraottico e paraventricolare
– fase intermedia con contrazione della diuresi a causa della distruzione dei neuroni
e conseguente rilascio massiccio di ADH, dura una settimana
– riequilibrio (più raro) o diabete insipido conclamato; corrisponde all'estensione del
danno ai neuroni secernenti ADH

Diabete insipido nefrogenico:


– Forma primaria, più rara è dovuta nel 90% dei casi a mutazione o perdita del recettore V2
o nel 10% del gene che codifica per AQP-2
– Forma secondaria: è dovuta a farmaci (Sali di litio) o insufficienza renale cronica che
determinano ridotta espressione di AQP-2.

Polidipsia primaria: introduzione compulsiva di liquidi, dovuta a problemi psichici o ad anomala


percezione del senso della sete.

Clinica del diabete insipido


In generale nel diabete insipido (DI) si ha poliuria e polidipsia che evita la disidratazione che può
però essere presente nei bambini in cui lo stimolo alla seta non è ben sviluppato oppure in
lesioni del centro della sete. Può manifestarsi in forma acuta o trifasica (vedi prima).

Diagnosi di diabete insipido:Il DI deve essere differenziato da altre cause di poliuria. Tutti i test
per il DI sono basati sul principio che l'aumento dell'osmolalità plasmatica nei soggetti normali
conduce alla contrazione della diuresi e all'aumento dell'osmolalità urinaria.
Il test di disidratazione è il metodo più semplice e più attendibile per diagnosticare la malattia,
ma deve essere eseguito soltanto tenendo il paziente sotto continua osservazione. Nei pazienti con
DI questo test può essere rischioso, mentre i pazienti con polidipsia psicogena possono non
essere in grado di evitare di bere, a meno che non venga loro impedito di farlo. Il test viene
cominciato al mattino pesando il paziente, prelevando un campione di sangue venoso per
determinarvi le concentrazioni elettrolitiche e l'osmolalità e misurando l'osmolalità delle urine.
Le urine emesse vengono raccolte ogni ora e viene misurato il loro peso specifico o
(preferibilmente) la loro osmolalità. La disidratazione viene proseguita fino a che (1) compaiono
ipotensione ortostatica e tachicardia posturale, (2) è stato perso il 5% o più del peso corporeo
iniziale, oppure (3) la concentrazione delle urine smette di aumentare di un valore superiore a
0,001 unità di peso specifico o a 30 mOsm/l in campioni consecutivi. A questo punto vengono
misurati di nuovo gli elettroliti e l'osmolalità del siero e vengono iniettate SC 5 U di
vasopressina in soluzione acquosa. Sessanta minuti dopo l'iniezione vengono raccolte un'ultima
volta le urine per la determinazione del peso specifico o dell'osmolalità e il test viene concluso.
Viene considerata normale una risposta nella quale la massima osmolalità urinaria dopo
disidratazione (spesso pari a un peso specifico > 1,020 o a 700 mOsm/l) è maggiore
dell'osmolalità plasmatica e non aumenta ulteriormente di un valore superiore al 5% dopo
iniezione di vasopressina. I pazienti con DI sono generalmente incapaci di concentrare le urine
fino a un valore superiore all'osmolalità plasmatica e l'osmolalità delle loro urine aumenta di un
valore > 50% dopo la somministrazione di vasopressina. I pazienti con DI parziale sono spesso in
grado di concentrare le urine al di sopra dell'osmolalità plasmatica, ma mostrano un aumento
dell'osmolalità urinaria > 9% dopo la somministrazione di vasopressina. I pazienti con NDI sono
incapaci di concentrare le urine al di sopra dell'osmolalità plasmatica e non mostrano alcuna
risposta addizionale alla somministrazione di vasopressina.
Come test per il DI è stata usata anche l'infusione di soluzione salina ipertonica. Tuttavia
questo test è pericoloso nei pazienti che non sono in grado di sopportare un carico salino (p. es.,
quelli con riserva cardiaca limitata) e non può essere interpretato correttamente nei pazienti che
sviluppano una diuresi da sali. Pertanto il test non può essere raccomandato.
Il dosaggio radioimmunologico dei livelli di ADH circolante è forse il metodo più diretto per la
diagnosi di DI. Tuttavia il test è di difficile esecuzione e non è disponibile per l'impiego di routine.
In aggiunta, il test di disidratazione è così accurato che il dosaggio diretto dell'ADH non è
necessario. I livelli plasmatici di vasopressina sono diagnostici dopo disidratazione o dopo
infusione di soluzione salina ipertonica.

Terapia:
– neurogenico: desmopressina (analogo della vasopressina), nella forma acuta EV, nella
cronica con spray nasale o IM o sottocute. Complicanze sono iposodiemia da
emodiluizione.
– polidipsia trattamento psichiatrico con riduzione apporto idrico,
– nefrogenico: nella forma secondaria rimuovere la causa e assicurare idratazione. C’è
beneficio con diuretici tiazidici perché questi inibiscono il riassorbimento di sodio nel
tubulo distale portando iposodiemia (effetto antidiuretico).

Valutazione endocrina dell'ipofisi

Tecniche radiologiche: RM permette di definire l’espansione dei macroadenomi. TC è


secondaria, ma dà informazioni sullo stato delle strutture della regione sellare. No radiografia
normale.
Teniche medico-nucleari: Scintigrafia ipofisaria con SPECT usando come traccianti ad esempio
analoghi della somatostatina (octreotide?). Anche tomografia a emissione di positroni (PET),
studio tridimensionale della ghiandola. Si fa anche valutazione dell’acuità visiva e studio del
fundus, oltre che del campo visivo.

Test dinamici:
– GH-IGF-1: OGTT perché normalmente l’elevazione della glicemia sopprime il GH. Per
valutarne un deficit si ricerca nel sangue GH ma anche IGF-1. Si usa meglio ancora GHRH
+arginina. La risposta dipende dal BMI. Nel bambino si usa ITT (con insulina) o il test al
glucagone.
– Ipofisi-tiroide: si può ricercare direttamente il TSH, ma si può anche fare un test al TRH.
– Ipofisi-gonadi: si cercano LH ed FSH, ma anche dopo test al GnRH.
– Ipotalamo-ipofisi-surrene: si valutano ACTH e cortisolo. Si fa ACTH test (se c’è deficit di
ACTH il surrene è ipotrofico e risponde meno), ipoglicemia insulinica (dovrebbe
aumentare il cortisolo dopo insulina), CRH test, Metirapone test. Prolattina. Per il diabete
insipido si usa il test dell’assetamento per distinguere tra le varie forme.

Emergenze ipofisarie: acuta perdita di funzione dell’ipofisi, secondaria ad un’emorragia o un


infarto. Sono per fortuna rare.
Apoplessia ipofisaria: insorgenza acuta di segni e sintomi dovuti all’effetto massa per un rapido
aumento di volume dell’ipofisi. Emorragia, infarto ed edema dell’ipofisi o più spesso un
macroadenoma. Cefalea intensa, vomito, disturbi visivi, paralisi nervi cranici vicini, alterazione
stato di coscienza. Sono colpiti di più pazienti anziani, rari i sintomi acuti in pazienti con adenomi
ipofisari. È dovuta ad un aumento della pressione intraipofisaria con ipossia tissutale, emorragie
e infarti. Pare ci siano numerosi scatenanti, dalla chirurgia, all’uso di anticoagulanti, test dinamici,
terapie. Bisogna dare corticosteroidi per correggere l’iposurrenalismo acuto con sostegno
idroelettrico. Terapia neurochirurgica da decompressione, nei casi gravi.
Sindrome di Sheehan: ipopituitarismo totale o parziale dovuto a necrosi ipofisaria dovuta ad una
grave ipotensione post-partum. A volte c’è grave iposodiemia e ipoglicemia. Non ci sono segni
neuroftalmologici. Sempre corticosteroidi e sostegno con infusione idrosalina.

Malattie della tiroide (Cap. 3)

La tiroide è una ghiandola endocrina che, sotto l’influenza del TSH produce gli ormoni T3 e T4. La
produzione di ormoni tiroidei richiede lo iodio, pertanto il fabbisogno giornaliero di iodio è di
circa 150 microgrammi/die. In gravidanza ne serve di più e in proporzione al peso corporeo anche
in età infantile. La stimolazione del TSH oltre ad avere un effetto trofico, favorire sia la
produzione che la secrezione di ormoni tiroidei, aumenta anche la captazione di iodio da parte
del NIS. Se vi è carenza iodica vi è minore produzione di ormoni tiroidei e pertanto aumento della
produzione del TSH che stimola una maggiore captazione di iodio, ma determina anche
iperplasia che può portare allo sviluppo di un gozzo. Gli ormoni tiroidei circolano associati a
proteine trasportatrici come la TBG, l’albumina e la prealbumina legante la tiroxina. A livello
cellulare esplicano lapropria attività dopo essere stati legati dalla proteina citosolica CBP. La T4 è
più affine a essere captata, ma poi viene deiodata a T3 che poi si lega ai recettori tiroidei
intranucleari. Gli ormoni tiroidei hanno azioni genomiche e non genomiche. Le azioni genomiche
si esplicano quando la T3 si lega a TR che si lega a TRE sul DNA. Questo legame aumenta la
trascrizione pertanto l’effetto principale degli ormoni è aumentare la sintesi proteica e più in
generale il turn over proteico cellulare. Le azioni non genomiche sono mediate da recettori di
membrana. Gli ormoni tiroidei aumenta la sintesi sinaptica, hanno un effetto cronotropo e
inotropo positivo a livello cardiaco aumentando frequenza, contrattilità e gittata cardiaca.
Aumentano l’espressione dei recettori beta-adrenergici, a livello mitocondriale aumentano
l’espressione della proteina disaccoppiante favorendo la calori genesi. L’effetto principale è però
l’aumento del consumo di ossigeno e del metabolismo basale.

Pag. 9 tiroide.

Gozzo
Aumento di dimensioni della tiroide associato a normale funzione tiroidea non dovuto a
patologie autoimmuni né neoplastiche. Il gozzo nodulare è più frequente nelle aree a carenza
iodica, dove viene riscontrato in prevalenza nei soggetti anziani e rappresenta l'evoluzione del
gozzo diffuso (nei soggetti più giovani).

Etiopatogenesi:
– Endemico: dovuto a carenza nutrizionale di iodio, quando più del 5% della popolazione
ne è affetta. Più frequente nelle zone ghiacciate o lontane dal mare, in Asia, Africa,
America Latina, in italia in Piemonte e Val d'Aosta. La carenza è spesso dovuta a bassa
condizione economica. Il fabbisogno medio di iodio di un adulto è 150 microg/die, 200 in
gravidanza e nell'allattamento; 120 nel neonato e 90-120 nel bambino. Poiché lo iodio
assorbito è in equilibrio con la riserva corporea nel LEC e nella tiroide, la misura della
ioduria è un indice dell’apporto alimentare di iodio. Vi sono anche sostanze gozzigene che
influiscono spesso sulla captazione tiroidea.
– Familiare: difetti nella ormonosintesi anche difetti tireoglobulina, NIS, TPO, pendrina
(sindrome di Pendred, associata a sordità). La maggioranza dei casi si associa a
ipotiroidismo, per cui vengono riconosciuti al momento dello screening di ipotiroidismo
congenito e la presentazione in età giovanile è rara. La perdita delle deiodinasi non
comporta alterazione della sintesi degli ormoni tiroidei ma causano un difetto nel
ricircolo di iodio nella tiroide e un a perdita di iodotirosine nelle urine → perdita eccessiva
di iodio con aumento del TSH, stimolazione della tiroide e sviluppo di gozzo.
– Sporadico: in soggetti in aree non iodo-carenti. La causa è ignota, fattori genetici non
identificati sembrano contribuire associati a una carenza di iodio o a assunzione di
sostanze gozzigene come il tiocianato nelle Brassicacee, nitrati, perclorato, tionamidi,
litio oltre all’hCG a causa della sua somiglianza con il TSH.

Fisiopatologia
I follicoli sono costituiti da diversi cloni di cellule con diversi potenziali replicativi; lo sviluppo
clonoal dei follicoli porterà alla formazione di noduli freddi o caldi (lieve aumento di produzione
di ormoni con TSH soppresso → ipertiroidismo subclinico). Il continuo produrre ormoni sopprime
TSH causando ipertiroidismo clinico; gli ormoni sono prodotti indipendentemente da TSH per
una mutazione della sub Gsa del recettor edel TSH → sempre attivo . I noduli vengono definiti
adenomatosi (capsulati) e iperplastici (non capsulati). Nelle sue fasi iniziali il processo gozzigeno
vece follicoli piccoli poveri di colloide e rivestiti da cellule alte (gozzo parenchimatoso), poi pieni
di colloide rivestiti da cellule paitte (gozzo colloide); per la rottura e confluenza di follicoli si
formano cavità pseudocistiche (gozzo colloidocistico); a causa di fenomeni cicatriziali siformano
cisti (gozzo cistico) e se c'è emorragia possono diventare cisti emorragiche.

Clinica: Quello endemico sorge in epoca puberale o prepubelare, lo sporadico a ogni età. si nota
chiaramente la tumefazione che può essere uniforme, unilaterale, nodulare. L'esame obiettivo è
volto a rivelare consistenza e dimensioni del gozzo, estrinsecazione mediastinica, presenza di
noduli e mobilità con la deglutizione. Il gozzo può avere anche sviluppo intrinseco o intratoracico.
Può dare sintomi da compressione delle strutture circostanti come disfagia, disfonia, tosse,
dispnea. Se ha estrinsecazione mediastinica si nota il segno di Pemberton (al sollevamento delle
braccia congestione dei vasi di collo e volto). In genere il paziente è eutiroideo perché la
compensazione con TSH funziona, può diventare lentamente leggermente ipotiroideo, o se si
sviluppa gozzo multi nodulare tossico può divenire ipertiroideo. Se il gozzo è associato a
ipotiroisismo si deve pernsare a una tiroidite di Hashimoto. Il gozzo può trasformarsi in tossico
quando si formano aree autonome nel gozzo. L'ipertiroidismo subclinico è asintomatico nei
giovani, negli anziani può dare problemi cardiaci.

Diagnosi:
– clinica
– Laboratorio: comunemente troviamo T4 lievemente ridotto e T3 normale. THS può essere
normale. Nei pazienti con gozzo non tossico possono essere presenti anti-Tg e anti-TPO
circolanti. Tireoglobulina è elevata ma il dosaggio non è utile.
– Ecografia: può dare indicazioni sui noduli. Ipoecogenicità e micro calcificazioni sono
sospette per neoplasia.
– scintigrafia si esegue con isotopi dello iodio marcato (pertecnetato) come contrasto, e
permette di differenziare i noduli con captazione aumentata (noduli caldi) da quelli meno
captanti o non captanti (noduli freddi)
– L’esame citologico si fa in genere sui noduli sospetti, spesso eco guidato.
– L’esame radiologico permette di evidenziare estrinsecazione del gozzo ed eventuali
compressioni tracheali e esofagee
– TC e RMN possono evidenziare meglio i rapporti con le strutture corcostanti

Diagnosi differenziale
– aumento rapido di dimensioni associato a dolore: emorragia intranodulare → diagnosi
differenziale con tiroidite subacuta (in cui c'è febbricola) e tumore anaplastico (non c'è
dolore)
– lesione di vecchia data stazionaria è benigna; gozzo molto grande presente già in età
puberale può essere una disormonogenesi.

Terapia:
– profilassi con lo iodio in paesi con carenza di iodio
– levo-tiroxina che riduce il TSH e lo mantiene tra 0,4-0,6 U/L o semisoppresso tra 0,1-0,4.
(non in pz >50 anni per probabile presenza di autonomia funzionale; inoltre gli anziani
presentano maggiori effetti collaterali).
– terapia chirurgica si fa solo se c’è neoplasia o grave compressione.
– terapia con iodio radioattivo: trattamento del gozzo con autonomia funzionale; è
sperimentale ancora per ridurre anche il gozzo non tossico; è una valida alternativa in pz
anziani

Ipotiroidismo
Insufficiente azione degli ormoni tiroidei sui tessuti. Può essere classificato in primitivo, centrale
e periferico; oppure in congenito e acquisito.

Ipotiroidismo primitivo
Etiopatogenesi: deficit funzionale della ghiandola → mancata produzione di ormoni.
– Da mancanza o distruzione di tessuto tiroideo:
– Tiroidite autoimmune: eziologia sconosciuta, più nel sesso femminile. Due varianti,
una associata a gozzo e una atrofica nel quale il tessuto tiroideo è sostituito a
tessuto fibroso con riduzione del volume ghiandolare
– Ipotiroidismo iatrogeno: post-tiroidectomia probabilmente per residui di tiroide,
per anticorpi anti TPO, e si cura con levo-tiroxina
– post terapia radiometabolica: si manifesta dopo qualche anno in pz trattati con
iodio marcato
– post irradiazione esterna sul collo: in pz con neoplasie maligne
– farmaci: iodio, citochine e interferone (inducono autoimmunità tiroidea),
amiodarone (contiene iodio)
– Con gozzo: da carenza iodica, da farmaci antitiroidei (tipo propiltiouracile) e litio.

Ipotiroidismo centrale: molto meno frequente del primario, può essere congenito o acquisito.
Può essere causato da deficit di produzione del TSH o TRH per varie cause. Il deficit di TSH è
raramente isolato, spesso è insieme a deficit di altre tropine o causato da altri adenomi ipofisari
secernenti e non.

Ipotiroidismo periferico: è caratterizzato da inefficiente risposta agli ormoni tiroidei a livello


periferico. È caratterizzato da alti livelli di T3, T4 e TSH. E' detto da “consumo” quando vi è
un’eccessiva attività della desiodasi 3 (es. emangioendoteliomi degli adulti associati a
iperproduzione di D3).

Ipotiroidismo congenito: IC. Frequente e associato alla nascita al cretinismo.


Principali cause sono:
– disgenesia: Mutazioni di fattori di trascrizione o geni quali TTF2 o PAX8 possono causare
difetti di maturazione della tiroide.
– agenesia
– ectopia
– ipoplasia
– Disormonogenesi: 15% dei casi, sono caratterizzati da gozzo, le mutazioni sono in genere
ar
– da difetti di NIS
– da difetti di TPO
– da difetti enzimi coinvolti nella sintesi di H2O2
– Da difetti di TG
– Da alterazioni del sistema di recupero dello iodio
– mutazioni del recettore del TSH: raramente, il quadro clinico può essere normale se la
riduzione di funzione del recettore è bassa.

Ipotiroidismo subclinico (ipotiroidismo compensato): Si riscontra aumento del TSH e normali


livelli di T3 e T4. Di solito asintomatico ma può esserci aumento del colesterolo, alterazione di
alcuni parametri cardiovascolari. . Cause sono deficit funzionali tiroidei, spesso causati da
tireopatia autoimmune.

Ipotiroidismo conclamato:
Clinica:
– Cute: secca, ispessita, giallognola (per accumulo di carotene) e mixedema (edema poco
improntabile attorno agli occhi e mani, causato da accumulo di GAG), caduta capelli e
unghie.
– Cardiocircolatorio: incremento resistenze vascolari e diminuita perfusione, riduzione
frequenza, contrattilità e massa cardiaca oltre alla volemia, meno afflusso di sangue alla
pelle e diminuita calorigenesi , dispnea da sforzo, intolleranza all’esercizio, bradicardia.
– Lipidi: Aumento colesterolo, trigliceridi, VLDL e LDL.
– Apparato respiratorio: le manifestazioni respiratorie sono le più gravi; c'è affaticabilità e
dispnea, ritenzione di CO2 (c'è ridotta risposta
– Rene: Contrazione diuresi e iponatremia per ridotto afflusso all’arteria renale, non c'è
ipopotassiemia
– GI: Ipomobilità gastrointestinale.
– SNC: Rallentamento dell’ideazione, letargia, depressione, meno concentrazione.
– Il coma mixedematoso è la situazione limite del grave ipotiroidismo con perdita di
coscienza. E' scatenato da stato infettivo, insufficenza cardiaca congestizia, accidenti CV,
ipotermia o assunzione di farmaci. Si presenta con disturbi neuropsichici come stato
confusionale e allucinazioni, versamento pericardico.

Diagnosi: ipotiroidismo primitivo è caratterizzato da alti livelli di TSH con basse T3 e T4 (FT4 e
TT4). Un ECG può essere utile per valutare la funzionalità cardiaca; occorre misurare i livelli di
colesterolo. Nelle patologie autoimmuni si riscontrano autoanticorpi contro TPO, Tg.
Esame citologico per verificare la natura dei noduli in gozzo se presente.

Terapia: essenzialmente levo-tiroxina sostitutiva a dosaggi differenti a seconda della gravità


della patologia e dell'età del paziente o di patologie concomitanti.

Ipertiroidismo e tireotossicosi

Tireotossicosi: Eccesso di ormoni tiroidei circolanti e della loro azione. L’ipertiroidismo è la forma
di tireotossicosi endogena più comune caratterizzata da iperfunzione tiroidea.

Etiopatogenesi: vi sono tireotossicosi ad alta e bassa captazione di iodio (valutabile con


scintigrafia).

Ad alta captazione: Sono le più frequenti nella pratica clinica e associate a relae ipertiroidismo
– Morbo di Basedow-Graves: malattia autoimmune nella quale vi è produzione di
anticorpo anti recettore del TSH (TRAb). Questi legandosi attivano il TSHR determinando
una continua stimolazione tiroidea sia funzionale che trofica (determinando gozzo). Vi
sono a volte anche anticorpi anti-Tg e anti-TPO. Più comune nelle donne intorno ai 40
anni. Nel neonato con madre malata è transitoria per il passaggio transplacentare di
TRAb. C’è familiarità associata ad alcuni HLA. I sintomi tipici oltre quelli da ipertiroidismo
sono l’oftalmopatia basedowiana con evidente esoftalmo, mixedema pretibiale e
acropachia tiroidea (dita a bacchetta di tamburo). La tiroide appare ipertrofica e
iperplastica con infiltrazione linfomonocitaria..
– Gozzo multinodulare tossico: presenza di noduli iperfunzionanti nel contesto di gozzo
multinodulare; rispetto a Basedow-Graves è più frequente in aree con ridotto apporto di
iodio. Non ci sono i segni caratteristici del Basedow-Graves.
– Adenoma tossico: tumore benigno iperfunzionante, nodulo singolo. Più frequente nelle
donne di mezza età.
– Fase iniziale tiroidite di Hashimoto
– adenoma ipofisario TSH secernente
A bassa captazione sono dovute a liberazioni di ormoni preformati a causa di danno alla tiroide
come la tiroidite distruttiva di De Quervain, la silente, la post-pastum, assunzione di ormoni
esogeni.

Clinica:
– nervosismo, insonnia, tremori, affaticabilità e atteggiamento ipercinetico, inoltre si hanno
– manifestazioni cardiovascolari come palpitazioni, fibrillazione atriale in generale
tachicardia e aumento della pressione arteriosa.
– si ha polifagia sebbene con calo ponderale,
– aumentata sudorazione, intolleranza al caldo, fragilità di unghie e capelli, disordini
mestruali e dell’alvo, diarrea.
– perdita di massa ossea, nei pazienti con pregresso ipertiroidismo l'osteoporosi può essere
più precoce.
– Nel Basedow si ha gozzo, oftalmopatia con esoftalmo (nel 3% dei casi causa neurite
ottica) e retrazione della palpebra superiore, si possono anche avere edema palpebrle,
coinvolgimento muscoli oculari, diplopia, chemosi. Inoltre può esserci mixedema
pretibiale con pelle a buccia d’arancia ed edema senza fovea.

Diagnosi:
– Aumento di T3 e T4 e valori subnormali o soppressi di TSH. Se il TSH è elevato il problema
è ipofisario o ipotalamico.
– Nel Basedow si trovano: TRAb, anemia perniciosa per presenza di anticorpi anti cellule
parietali gastriche nel 30% dei pz
– Ci può essere un’alterazione della funzionalità epatica e una leggera anemia e anche
osteoporosi, ipocolesterolemia e alterata tolleranza al glucosio.
– Ecografia: si vedono le dimensioni la struttura e l’aumentata vascolarizzazione della
ghiandola (Graves).
– scintigrafia con captazione di iodio radioattivo può dirci del carattere del gozzo oltre che
dei singoli noduli. I noduli freddi sospetti devono essere sottoposti ad ago biopsia. Nelle
forme da bassa captazione la tiroide non si visualizza.
– RM o TC delle orbite può verificare il grado di esoftalmo ed eventuali lesioni cornee, la TC
del collo e/o del mediastino può dirci del livello di estrinsecazione del gozzo e di
compressione delle strutture vicine.

Terapia: Nelle fasi iniziali del trattamento e nella fase acuta della crisi tireotossica si possono
somministrare beta-bloccanti per controllare la tachicardia. Si possono usare tionamidi per
inibire la sintesi ormonale. In casi gravi tiroidectomia con successiva levo-tiroxina a vita. Per
l’oftalmopatia si usano glucocorticoidi (che bloccano la reazione infiammatoria retrorbitale) o
intervento chirurgico, per il mixedema steroidi e bendaggio occlusivo.

Tiroiditi

Gruppo eterogeneo di patologie distinte in acute, subacute e croniche e in base all'eziologia in


autoimmuni, virali e batteriche.
– tiroiditi autoimmuni: croniche (Hashimoto, atrofica, giovanile) o transitorie (silente, post-
partum)
– turoidite subacuta
– tiroidite suppurativa acuta
– rare forme di tiroiditi infettive
– tiroidite di Riedel
Tiroidite cronica autoimmune: TCA. Può essere atrofica (tiroidite atrofica) o portare gozzo ed
essere dunque a tutti gli effetti una tiroidite di Hashimoto. La tiroide si presenterà
istologicamente con cellule di Hurtle e con un infiltrato linfocitico nella tiroidite di Hashimoto, in
quella atrofica la ghiandola è ridotta di dimensioni. Nell’Hashimoto sono presenti anticorpi
antitiroidei di vario genere come anti-Tg o anti-TPO. È più comune dopo i cinquant’anni e nelle
donne. Suscettibilità per la malattia è data dai complessi maggiori di istocompatibilità di classe I
e II. E' più comune in pz con sindrome di Down o di Turner.
Clinica: Dopo una possibile fase tireotossica (hashitossicosi, comunque rara) sopraggiunge un
ipotiroidismo associato alla distruzione delle cellule tiroidee. In genere T3 e T4 sono bassi e il
TSH è elevato (ipotiroidismo clinico) oppure gli ormoni sono normali e TSH è elevato (subclinico),
nell’hashimoto si rilevano anche gli anticorpi e presenza di gozzo. Gli anticorpi sono presenti nel
95% dei pz con tiroidite di Hashimoto e nel 90% dei pz con tiroidite atrofica.
Ecograficamente la tiroide è ipoecogena con tralci fibrosi; ci possono essere dei noduli su cui è
preferibile praticare ago aspirato (dd con carcinoma papillare della tiroide). Spesso vi è una
associazione con altre patologie autoimmuni come il diabete mellito di tipo 1, APS2, artrite
reumatoide, ipofisite, celiachia, sindrome di Sjogren, vitiligine, alopecia, LES, etc.
Terapia: si dà principalmente levo-tiroxina per normalizzare FT4 e TSH. Chirurgia raramente solo
per compressione tracheale.

Tiroiditi autoimmuni transitorie


Tiroidite silente o indolore (TS): è una tiroidite autoimmune transitoria con bassa captazione di
iodio e gozzo di modeste dimensioni. Patogenesi: distruzione del tessuto tiroideo per
infiammazione → liberazione in circolo di ormoni preformati. Vi è una fase di tireotossicosi
seguita poi da ipotiroidismo per via della distruzione delle cellule. In genere dopo alcune
settimane il paziente torna ad essere eutiroideo e solo il 5% hanno ipotiroidismo permanente.
Può essere precipitata in soggetti predisposti da farmaci come iodio e amiodarone o anche dalla
chirurgia. Si hanno tireotossicosi iniziale, anticorpi spesso presenti, Tg elevata, VES normale o
poco alta. La diagnosi deve essere presa in considerazione in tutti i casi di tireotossicosi con
basso RAIU e ghiandola con consistenza aumentata.
Terapia: per superare la crisi tireotossica si usano beta-bloccanti come il propanolo e steroidi
come il prednisone.

Tiroidite post-partum: è un tipo di tiroidite indolore che però si presenta il più delle volte nei sei
mesi successivi al parto o durante la gravidanza. È associata ad un lieve ipotiroidismo curabile
con L-T4 oppure a tireotossicosi con o senza ipotiroidismo successivo. Si ha come nella silente un
gozzo diffuso indolente. Si ha recupero della funzione, ma negli anni successivi il 20-30% andrà
incontro a ipotiroidismo permanente. Fattori di rischio: positività per anticorpi contro TPO,
diabete di tipo I, pregressa tireopatia. Quadro clinico difasico:
– 1- 6 settimane di lieve tireotossicosi
– 2-6 settimane lieve ipotiroidismo: sintomi sono astenia, riduzione della memoria, pelle
secca, intolleranza al freddo
Ecograficamente riduzione ecogenicità .
Terapia: b bloccanti, nelle pz ipotiroidee sintomatiche si fa trattamento sostitutivo con L-T4 a
dosaggio medio-basso da proseguire per un anno.

Tiroidite subacuta: granulomatosa o di De-Quervain. Malattia infiammatoria della tiroide, ad


andamento stagionale (estate e autunno), probabilmente di origine virale perché spesso
preceduta da un’infezione delle vie aeree superiori o proprio da una malattia virale come
parotite, morbillo o influenza. Istologicamente si notano follicoli distrutti e granulomi con
neutrofili e monociti con al centro un nucleo di colloide, con la regressione i follicoli rigenerano.
Si ha spesso un’iniziale tireotossicosi per rilascio di ormoni dai follicoli distrutti, poi seguita da un
ipotiroidismo che coincide con l'esaurimento degli ormoni e il più delle volte si risolve con la fine
della patologia. Si ha spesso febbricola e sintomi virali come anche disfagia e faringodinia. Il
dolore in fase acuta è intenso e si irradia a mandibola e orecchio. Il gozzo è asimmetrico e a volte
nodulare. La fase di tireotossicosi si presenta con i soliti sintomi, VES e Tg alte, captazione di
radioiodio bassa, dura 3-8 settimane; la malattia in generale dura da 2 a 6 mesi senza
trattamento. Terapia: può bastare una cura leggera per il dolore o possono servire anche
cortisonici. I sintomi della tireotossicosi si trattano con beta-bloccanti.

Alte tiroiditi:
- Tiroidite suppurativa acuta è una rara malattia infiammatoria batterica della tiroide
(Stafilococco, Streptococco piogenes e pneumonie, Enterobacteriace, Coli, Salmonealla,
Pseudomonas); la tiroide è raggiunta per diffusione ematogena del batterio o per estensione da
strutture adiacenti. Si ha dolore, disfagia, disfonia, febbre, il paziente è eutiroideo, ma ha VES e
leucocitosi neutrofila. Ecografia: massa irregolare a ecogenicità mista con aree anecogene. Alla
scintigrafia si nota un nodulo freddo. Si tratta con antibiotici, se c’è un ascesso si fa drenaggio
chirurgico. A volte anche infezioni fungine, TBC, parassiti.

Tiroidite di Riedel: sclerosante, rarissima con densa fibrosi di tiroide e strutture adiacenti. Si
manifesta nelle donne anziane soprattutto; l'eziologia è ignota. Il gozzo è duro-ligneo, ci sono
sintomi da compressione, il paziente è eutiroideo. 10% di morte per asfissia, il trattamento è
chirurgico.

Tumori maligni della tiroide

I tumori sono di 4 tipi principali e si differenziano principalmente per caratteristiche anatomo-


patologiche (vedi anatomia patologica) oltre che per la differente invasività e dunque prognosi.

Diversi criteri clinici possono fornire un indizio della naura di un dato nodulo tiroideo:
– noduli solitari: maggiore probabilità di essere neoplastici rispetto ai noduli multipli
– noduli nei pazienti più giovani: hanno maggiore probabilità di essere neoplastici rispetto
a quelli anziani
– nei maschi i noduli sono più probabilmente neoplastici rispetto alle donne
– storia clinica di radioterapia nella regione del capo e del collo è correlata a una maggiore
incidenza di neoplasie maligne tiroidee
– i noduli funzionali che captano lo iodio radioattivo alla scintigrafia (noduli caldi) sono più
verosimilmente benigni che maligni

Carcinomi
1,5% di tutte le neoplasie maligne negli USA. Se il paziente è di mezza età sono maggiormente
presenti nelle donne, se è giovane o anziano la percentuale di casi è equidistribuita tra i sessi.
Possono essere follicolari o midollari, i follicolari sono più frequenti.
Sono:
– carcinoma papillare: >85%
– carcinoma follicolare 5-15% dei casi
– carcinoma anaplastico (indifferenziato) <5% dei casi
– carcinoma midollare (5% dei casi)
Patogenesi
– carcinoma papillare: attivazione della via di MAP-K per riarrangiamenti di RET (RET-PTC) o
mutazioni puntiformi in BRAF.
– Carcinoma follicolare: mutazioni di PI3K/AKT che la rendono attiva costitutivamente,
– carcinoma anaplastico (indifferenziato): può insorgere ex novo o da dedifferenziazione di
un follicolare (per es. per mutazione di p53).
– Carcinomi midollari della tiroide: le forme familiari si osservano nella MEN2 associata a
mutazioni di RET.
– Fattori ambientali: radiazioni ionizzanti, carenza di iodio.

Carcinoma papillare
I noduli sono asintomatici, possono esserci metastasi linfonodali cervicali (anche se sono presenti
la prognosi è buona). Di solito è un nodulo singolo, mobile in deglutizione, spesso scambiato per
uno benigno. I carcinomi papillari sono freddi alla scintigrafia. La prognosi è eccellente
(sopravvivenza a 10 anni >95%), le recidive sono nel 5% dei casi e le metastasi a distanza il 10%.
La prognosi dipende da età (sfavorevole >40anni), presenza di estensione extratiroidea e
metastasi a distanza.
Morfologia:
– Sono lesioni solitarie o multifocali. Alcuni possono essere ben circoscritti e anche
capsulati; altri sono infiltranti.
– Le lesioni possono contenere fibrosi e calcificazioni e cisti.
– Può contenere papille ramificate con peduncolo fibrovascolare ricoperto da uno o più
strati di cellule epiteliali cuboidi. Nelle aree di iperplasia le papille sono meno complesse
e non hanno l'asse fibrovascolare.
– I nuclei delle cellule cancerose hanno cromatina dispersa, con aspetto chiaro o vuoto
(occhi dell'orfanella Annie o nuclei a vetro smerigliato). Le invaginazioni del citoplasma
possono dare l'aspetto di inclusioni intranucleari. La diagnosi di carcinoma papillare è fatta
da modificazioni nucleari anche in assenza di papille.
– Calcificazioni: corpi psammomatosi, presenti nel centro delle papille, specifiche del
carcinoma papillare.
– Invasione dei vasi liinfatici è frequente, dei vasi ematici rara. Il 50% metastatizza al
linfonodo cervicale satellite.

Varianti del carcinoma papillare


– variante follicolare: nuclei come il carcinoma papillare, architettura come follicolare.
Minore frequenza di riarrangiamenti RET/PTC, mutazioni maggiori di RAS, spesso
capsulata e presenta una minore incidenza di metastasi linfonodali. Prognosi favorevole.
– Variante a cellule alte: le cellule che rivestono le papille sono alte, tipica dei soggetti
anziani; maggiore invasione vascolare, metastasi cervicali. Mutazioni di BRAF.
– Variante sclerosante diffusa: rara, compare nei giovani e bambini, fibrosi nella ghiandola
con infiltrato linfocitario; si intervallano aree di crescita papillare a aree di metastasi
squamosa.
– Microcarcinoma papillare: precursore del carcinoma papillare, è >1cm.

Carcinoma follicolare
Più nelle donne, tra i 40-60 anni. Più frequente nelle aree di carenza di iodio alimentare.
Sono noduli non dolenti a lento accrescimento, freddi alla scintigrafia (in rari casi calde). Ha una
scarsa tendenza a invadere i linfatici, l'invasione ematogena è più frequente con diffusione a
ossa, polmoni, fegato e altre sedi.
Prognosi: dipende dall'estensione dell'invasione. Quelli largamente invasivi sviluppano spesso
metastasi sistemiche e danno morte entro 10 anni. Quelli minimamente invasivi hanno
sopravvivenza a 10 anni >90%.
Trattamento: tireoidectomia totale + somministrazione di iodio radioattivo (che è captato anche
dalle metastasi) + ormoni tiroidei (per sopprimere TSH ed evitare quindi che il tumore risponda a
TSH endogeno)

Morfologia:
– Macroscopicamente: nodulo singolo che può essere circoscritto da capsula o infiltrante.
All'esame macroscopico è difficile la distinzione dall'adenoma follicolare. La superficie al
taglio ha colore dal grigio al rosa e a volte follicoli ripieni di colloide traslucidi. A volte
sono presenti degenerazioni come fibrosi e calcificazioni.
– Microscopicamente: i follicoli sono abbastanza normali nella maggiorparte dei casi, in altri
casi la differenziazione può essere meno evidente e possono esservi nidi o lamine di
cellule prive di colloide. Possono essere presenti cellule di Hurthle. Non sono presenti
alterazioni nucleari evidenti come nel carcinoma papillare.
– Carcinoma follicolare minimamente invasivo: é il tipo di carcinoma con capsula non invasa,
non è facile da distiguere dall'adenoma follicolare; si deve vedere l'invasione vascolare ei
vasi capsulari e sovracapsulari.
– Carcinomi follicolari largamente invasivi: infiltrano il parenchima tiroideo e i tessuti molli
extratiroidei. Sono meno differenziati, sono presenti più mitosi e hanno più strutture
solide trabecolari.

Carcinoma anaplastico (indifferenziato)


Solo il 5% di tutti i carcinomi tiroidei, è aggressivo e altramente mortale.
Si manifestano come una massa cervicale voluminosa a rapida crescita, nella maggior parte dei
casi al momento della presentazione, la malattia si è già estesa oltre la capsula tiroidea nelle
strutture adiacenti del collo e metastatizzato al polmone. Sono frequenti sindromi da
compressione come dispnea, disfagia etc. Non esiste terapia.
Morfologia:
– microscopicamente: cellule anaplastiche che possono assumere morfologia variabile:
- cellule giganti, con occasionali cellule giganti multinucleate simili a osteoclasti
- cellule fusiformi ad aspetto sarcomatoso
- cellule miste fusiformi e giganti
esprimono marcatori epiteliali come la citocheratina, non esprimono marcatori della
differenziazione come tireoglobulina

Carcinoma midollare
Sono tumori neuroendocrini derivati dalle cellule C. Nel 70% sono sporadici, nel 30% si trovano
nel contesto delle MEN (carcinoma midollare familiare della tiroide) o FMTC. Mutazioni di RET
hanno ruolo in entrambi i casi.
Si crea una massa che può dare sintomi da compressione. Le manifestazioni iniziali sono quelle di
una sindrome paraneoplastica causata dalla secrezione di un ormone peptidico (es diarrea per
secrezione di VIP o sindrome di Cushing dovuta ad ACTH).
Marcatori: antigene carcinoembrionico prodotto dalle cellule neoplastiche, alti livelli di
calcitonina.
Morfologia:
– macroscopicamente: quelli sporadici presentano noduli solitari, i familiari sono bilaterali e
multicentrici. Le lesioni maggiori presentano aree di necrosi e emorragie che possono
estendersi oltre la capsula della tiroide. Il tessuto tumorale è di consistenza sostenuta
grigio e infiltrante.
– Microscopicamente: cellule poligonali o fusiformi che possono formare nidi, trabecole o
follicoli. Cellule piccole, più anaplastiche, sono presenti in alcuni tumori e possono
rappresentare la popolazione cellulare dominante. Nello stroma possono essere presenti
depositi di amiloide (derivati da calcitonina alterata). Nelle MEN c'è iperplasia delle
cellule C multicentrica nel circostante parenchima tiroideo, un aspetto in genere assente
nei carcinomi sporadici.

Terapia del carcinoma differenziato della tiroide:


– chirurgica: si preferisce sempre una tiroidectomia totale perché questa diminuisce il
rischio di recidiva, facilita le terapie e il successivo follow up. L'emitiroidectomia è
possibile se il tumore è unilaterale, itratiroideo, piccolo e con istologia favorevole. C’è un
rischio di resezione del nervo ricorrente oltre che delle paratiroidi (con annesso
ipoparatiroidismo) <2% se il chirurgo è esperto.
– Terapia ablativa con Iodio 131: In pazienti considerati in rischio alto si può pensare alla
terapia con radioiodio. Il razionale è distruggere eventuali microfocolai neoplastici
presenti nel tessuto tiroideo residuo e ridurre recidive, permettere l'esecuzione della
scintigrafia totale corporea, che permette di svelare metastasi.
– Nel follow up si corregge l’eventuale ipotiroidismo con levo-tiroxina e si evidenziano
precocemente eventuali recidive o metastasi. Indagini utili in tal senso sono il dosaggio
della Tg dopo stimolo con TSH (Tg a seguito di tiroidectomia totale non dovrebbe essere
riscontrabile ed ecografia al collo); la Tg si considera assente se <0,1ng/mL.
– Nel carcinoma anaplastico la radioterapia può prolungare la sopravvivenza che in genere
è minore di un anno.
– Terapia ormonale: con L-T4 in tutti i pz dopo tiroidectomia e dopo trattamento
radiometabolico, sia a scopo sostitutivo ma anche soppressivo per TSH.
– In pz con iperparatiroidismo post-chirurgico è utile intraprendere terapia con sali di
calcioe derivati della vitamina D per mantenere bassi i livelli di calcio e evitare
ipercalciuria.
– Terapia delle metastasi: chirurgica, se c'è buona captazione di iodio in metastasi <2cm si
possono trattare con iodio 131. Le metastasi sono più frequenti sono a polmone e osso,
meno frequenti a fegato, encefalo, cute.
– Terapia del carcinoma midollare: chirurgica, radioterapia se c'è invasione locale; se ci sono
metastasi epatiche si fa chemioembolizzazione per ridurre la massa tumorale.

Gruppo a rischio Gruppo a basso Gruppo ad alto


molto basso rischio rischio
Caratteristiche per Istologia favorevole Età <18 anni Tireoidectomia
suddivisione tumore unifocale <1 T1>1cm o T2 N0M0 parziale
cm N0M0 non tiroidectomia tumore esteso oltre la
non estensione totale capsula (T3-T4)
extratiroidea varianti aggressive: metastasi linfonodali
tiroidectomia totale - papillare: cellule alte, metastasi a distanza
colonnari, sclerosante
diffuso
- follicolare:
ampiamente invasivo o
poco differenziato
Terapia ablativa con Nessuna indicazione al Trattamento opzionale Terapia ablativa con
iodio 131 trattamento con iodio con 100 o 30 mCi di alte dosi di iodio 131
131 iodio 131 in (>100 mCi) in
ipotiroidismo o con ipotiroidismo
rhTSH
Follow up

Tg in terapia con Ogni 6-12 mesi Ogni 6-12 mesi Ogni 6-12 mesi
ormoni tiroidei
Dopo 12 mesi da terapia Dopo 12 mesi da terapia
con iodio 131 se la Tg basale con iodio 131 se la Tg basale
Tg stimolata Non indicata è dosabile è dosabile
(ipotiroidismo/rhTSH)
Ogni 6-12 mesi Ogni 6-12 mesi
Ecografia del collo Ogni 6-12 mesi

Scintigrafia totale Non necessaria se la Tg Utile in casi selezionati


corporea con iodio 131 Non indicata stimolata è indosabile

Valutazione endocrina:

Anamnesi ed esame obiettivo: domande su familiarità, esposizione a fattori e provenienza


geografica. Ispezione di fronte al paziente con osservazione di un eventuale ipomobilità o
eventuale segno di Pemberton. Palpazione da dietro tra giugulo e cartilagine cricoide, invitando
a deglutire e valutando anche la presenza di eventuali linfonodi giugulari e cervicali (lungo lo
sternocleidomastoideo) ingrossati. In condizioni normali la tiroide non è palpabile. Ascoltazione
di un soffio sistolico (ipertiroidismo, a causa dell’aumentato flusso ematico).

Esami: Primo livello: dosaggio delle frazioni libere FT3 3 FT4 oltre che del TSH. Dosaggio degli
autoanticorpi circolanti anti-TPO, anti-TG e anti-TSH (TRAb). Misurazione della calcitonina nel
carcinoma midollare della tiroide. Tireoglobulina nel follo-up post-chirurgico. Secondo livello:
livelli di colesterolo, soprattutto LDL, ed enzimi come CPK, LDH, ALT, AST, più prolattina e SHBG
(aumenta nelle tireotossicosi). Terzo livello: dosaggio ioduria (controlla l’apporto alimentare),
test al TRH (distingue un problema ipofisario da uno ipotalamico o un problema di resistenza agli
ormoni tiroidei), test al perclorato di potassio (verifica deficit di organificazione, con verifica
della captazione che è ridotta nei difetti), test alla penta gastrina (con successiva determinazione
di calcitonina, aumentata nel carcinoma midollare), test genetici per forme familiari. Indagini
funzionali: captazione e scintigrafia, ecografia, esame citologico da ago aspirato e PET (che
verifica la presenza di metastasi in base alla captazione di fluoro-deossiglucosio).

Emergenze tiroidee: comune a tutte le diverse cause.


Coma mixedematoso: è lo stadio finale di una condizione di ipotiroidismo grave, non trattato.
Fattori precipitanti sono basse temperature, infezioni sistemiche, somministrazione farmaci,
scompenso cardiaco. È un evento raro, 0.1% degli ipotiroidei con prognosi infausta nel 50%.
Etiopatogenesi: tiroiditi, tiroidectomie, terapia con radioiodio, sospensione volontaria della
terapia sostitutiva. Raramente ipofisi per intervento neurochirurgico.L’insorgenza è molta più
veloce nelle condizioni post intervento chirurgico.
Diagnosi: anamnesi, esame obiettivo con segni oltre al coma di ipotermia, dispnea, bradicardia e
polsi deboli, toni cardiaci parafonici e itto ridotto, sovrappeso. Riscontro di T3 e T4 bassi con TSH
alto (anche se ci può volere troppo tempo per saperlo). In alternativa emogasanalisi con
ipossiemia e ipercapnia, ECG bradicardico a basso voltaggio, TC encefalo con macroadenoma
ipofisario, ecocardiogramma con cardiomegalia e versamento pericardico.
Terapia: intubazione e ventilazione assistita, L-T4 a dosi elevate, correzione iponatriemia e
ipotermia (con coperte e non con riscaldamento attivo che può provocare vasodilatazione caduta
pressione).

Crisi tireotossica: estrema conseguenza di un grave ipertiroidismo. Fattori scatenanti in pazienti


già ipertiroidei come chirurgia, terapia con radioiodio e assunzione di sostanze iodate, infezioni,
stress, parto. Non più dello 0’1% degli ipertiroidei.
Etipatogenesi: T3 e T4 sono alte ma non più di un normale ipertiroidismo.
Diagnosi: anamnesi, esame obiettivo con iperpiressia, stato eristico con agitazione e confusione,
tachiaritmia e tachipnea, aumento itto e scompenso oltre che soffio sistolico puntale, aumento
pressione, iperidrosi ed iperemia cutanea, diarrea, nausea e vomito.
Terapia: Farmaci antitiroidei come il propiltiouracile o il metimazolo, beta-bloccanti, iodio a
volontà, glucocorticoidi (inibisce conversione periferica di T4 in T3) e carbonato di litio. Anche
liquidi ev, antipiretici e fenobarbital a scopo sedativo.

Effetti compressivi da gozzo: in genere più nelle donne di mezza età, è dovuto a gozzi nodulari
benigni, neoplasie maligne della tiroide e metastasi alla tiroide e tiroidite di Riedel. La diagnosi si
basa sul quadro clinico caratterizzato da dispnea, disfonia e disfagia, irrigidimento del collo.
Eventuale ecografia, TC e RM. L’agoaspirato può rilevarne la natura. La terapia è chirurgica e nel
Riedel in genere basta la resezione dell’istmo.

Malattie delle paratiroidi e del metabolismo calcio fosforo (cap. 4)

Le paratiroidi sono quattro ghiandole situate posteriormente alla tiroide; in una percentuale
ridotta di casi sono presenti ghiandole soprannumerarie nel mediastino o nel timo.
La loro funzione principale è la secrezione di paratormone, ormone ipercalcemizzante e
ipofosfatemizzante. La sintesi del paratormone avviene nelle cellule principali e il suo rilascio
dipende dalla calcemia (e da agonisti calciomimetici) attraverso il recettore CaSR (GPCR). La
secrezione di PTH è massima a bassa calcemia (<7 mg/dL), quindi si riduce progressivamente fino
ad un livello basale (calcemia >11 mg/dL). Il PTH agisce sul PTHR principalmente a livello:
– osseo, determinando attivazione degli osteoclasti (mediata dagli osteoblasti) e quindi
liberazione di calcio e fosfato;
– renale, dove aumenta il riassorbimento di calcio (ansa di Henle, TCD), inibisce il
riassorbimento di fosfato (TCP) e stimola la sintesi di 1,25-diidrossi-colecalciferolo, che
aumenta l’assorbimento intestinale di calcio.

Ipoparatiroidismo: ridotta secrezione di PTH con conseguente ipocalcemia, iperfosfatemia e


aumentata eccitabilità neuromuscolare.

Etiopatogenesi: la causa più frequente è chirurgica a seguito di tiroidectomia. Altre cause


possono essere anomalie genetiche, malattie autoimmuni e patologie infiltrative come il morbo
di Wilson e l’emocromatosi; può essere anche funzionale perché causato sa una lunga
ipomagnesemia (es nell'alcolismo). Geneticamente può essere classificato in:
– isolato:
– autosomico dominante: mutazioni di PTH o attivanti il CASR
– autosomico recessivo: mutazioni di PTH
– sindromi congenite multisistemiche: sindome di DiGeorge
– malattie metaboliche: neuropatie mitocondriali
– malattie autoimmuni: sindrome polighiandolare autoimmmune di tipo I
– sindrome da resistenza al PTH: pseudoipoparatiroidismo

L’ipoparatiroidismo familiare isolato (FIH) può interessare il gene del PTH e il gene del CASR.
Sindrome di DiGeorge: causata da una microdelezione del cromosoma 22 che porta agenesia di
timo e paratiroidi, anomalie facciali (palatoschisi, insufficienza della faringe e facies dismorfica),
ritardo mentale, deficit cognitivo e predisposizione a disordini psichiatrici.

Clinica: la maggior parte dei sintomi è dovuta all’ipereccitabilità neuromuscolare associata


all’ipocalcemia. C’è tetania, parestesie, attacchi epilettici. La tetania è una contrazione muscolare
tonica che si manifesta con lo spasmo carpo podalico, ma può coinvolgere anche altri distretti
muscolari; è molto grave se riguarda muscoli respiratori (tipo laringospasmo). Il segno di
Trousseau (se dopo tre minuti a sfigmomanometro gonfio c’è spasmo carpale) e il segno di
Chvostek (la percussione del nervo facciale porta contrazione dei muscoli facciali) mostrano la
tetania latente.
Sintomi CV sono allungamento QT, arresto cardiaco, scompenso cardiaco congestizio. Altri sono
cataratta, calcificazione dei gangli della base.

Diagnosi: ipocalcemia con basso PTH e alta fosfatemia. Un’ipoalbuminemia si può associare a
riduzione della calcemia nel rilievo.

Terapia: serve a normalizzare la calcemia, si somministrano calcio 1000-2000mg/die e vitamina D.


Si deve in genere prendere dopo i pasti e si possono avere disturbi collaterali gastrointestinali
per lo più. Meglio un metabolita attivo della D (tipo calcitriolo o alfacalcidolo) che avendo breve
emivita evita l'intossicazione. Durante una crisi ipocalcemica è bene dare per ev calcio gluconato.
Alcuni farmaci influenzano la calcemia e sono: tiazidici che favoriscono il riassorbimento renale di
calcio, i diuretici dell'ansa che aumentano l'escrezione renale di calcio, i glucocorticoidi che
antagonizzano la vitamina D riducendo l’assorbimento intestinale di calcio e idrossido di
alluminio e magnesio che favoriscono la precipitazione dei sali di calcio inibendone
l’assorbimento intestinale.

Pseudoipoparatiroidismo: gruppo di malattie ereditarie con ipocalcemia, iperfosforemia e


aumento della secrezione del PTH (insensibilità periferica all’ormone). Le mutazioni riguardano
la proteina Gs alpha associata all’attivazione del PTHR.
Classificazione:
– tipo 1 (sottoclassificato in a, b,c): difetto di sintesi di cAMP e ridotta escrezione urinaria di
cAMP e fosfati in risposta a somministrazione di PTH esogeno. Tipo 1a: mutazione Gs-a
quindi si presenta anche con resistenza ad altri ormoni che usano Gsa come GH,
gonadotropine, TSH; presentano inoltre la osteodistrofia di Albright (bassi, facies
rotonda, ritardo mentale, ossificazioni cutanee, brachidattilia). La forma 1b e 2 hanno
fenotipi normali mentre nella 1c si hanno le caratteristiche fisiche della OA.
– tipo 2: difetto localizzato a lavve della produzione di cAMP e presentano una normale
risposta del cAMP urinario e una ridotta risposta fosfaturica dopo somministrazione di
PTH esogeno.
Si ha in caso di mutazione 1° (AD) osteodistrofia di Albright (OA) con bassa statura, facies,
rotonda, ritardo mentale, brachidattilia e ossificazioni sottocutanee. Anche nello
pseudopseudoipoparatiroidismo, senza resistenza ormonale, c’è una mutazione della Gs alpha.

Iperparatiroidismo: eccessiva produzione di PTH con ipercalcemia. Può derivare da:


– autonoma secrezione di PTH da parte delle paratiroidi (iperparatiroidismo primario)
– eccessiva secrezione di ormone reattiva a ipocalcemia (iperparatiroidismo secondario)
– sviluppo di autonomia funzionale delle paratiroidi in corso di iperparatiroidismo
secondario di lunga durata (iperparatiroidismo terziario).

Iperparatiroidismo Primario: IPTP. Dovuto ad una autonomia funzionale delle paratiroidi. Ne


distinguiamo forme sporadiche (più frequente) e familiari (rientra nella MEN1 o 2a o associato a
tumori di mandibola e mascella) e sulla base della presenza di manifestazioni cliniche o meno in
sintomatico e asintomatico.

Etipatogenesi: la causa più comune è un adenoma singolo (80%), ma a volte può essercene uno
doppio o un’iperplasia diffusa delle paratiroidi, essendo il carcinoma solo l’1% dei casi. Le forme
familiari hanno più spesso coinvolgimento multighiandolare. L’adenoma ha un’origine clonale
spesso dovuto a mutazioni del gene PRAD1 o nelle forme familiari il gene MEN 1 della menina
(anche in piccola percentuale delle forme sporadiche).

Classificazione anatomo patologica:


– adenoma: lesione brunastra capsulata per lo più eutopica e solo raramente ectopica
(mediastino superiore, timo, spazio retroesofageo) che vara da 300mg a vari grammi;
dovuta a mutazione di una singola cellula progenitrice;
– adenoma atipico: cellule atipiche con bande di fibrosi e mitosi aumentate; è a metà tra
adenoma e carcinoma ed è una condizione rara, quelli che vengono diagnosticati come
adenomi atipici si differenziano solo nel follow up dai carcinomi.
– iperplasia è spesso l’inizio delle sindromi MEN.
– Carcinoma: grande (in media 12 g) con cellule tumorali separate da bande fibrose ed
invasione capsulare.

Clinica: circa l’80% risulta asintomatico. I sintomi sono:


– Rene: calciuria e poliuria, calcolosi per deposizione di Sali di calcio (nefrocalcinosi)
– Ossa: osteopenia e osteoporosi con fratture, fino alla osteite fibroso-cistica con
sostituzione fibrosa dell’osso. Si ha aumento del livello di riassorbimento osseo (aumento
fosfatasi alcalina ossea, osteocalcina, peptidi del pro collagene, cross-link piridinolinici) →
diminuzione della densità minerale ossea soprattutto a carico dell'osso corticale, mentre
quella dell'osso trabecolare sembra essere normale.
– Altri sintomi sono vari gastrointestinali, psichici con depressione, e depressione memoria
e coscienza, adinamia, astenia e ipertensione.

Diagnosi: ipercalcemia con PTH alto o stranamente normale rispetto all'ipercalcemia. Bisogna
correggere i valori di calcemia totale per l’albuminemia (l0labumina lega il 50% del calcio
circolante) secondo questa formula:
calcio corretto per l'albumina = calcemia totale (mg/dl) + 0,8 x [4- albumina sierica (g/dl)]

La misura della calciuria delle 24h è utile per distinguere tra IPTP e ipercalcemia ipocalciurica
familiare (mutazione inattivante CASR) in cui i pz presentano una ipercalcemia ipocalciurica
relativa rappresentata da un rapporto tra clearance del calcio/clearance creatiinina <0,01 in
presenza di una ipercalcemia con valori di PTH normali o solo modicamente elevati.
Diagnosi differenziale inoltre con ipercalcemia paraneoplastica umorale, ipercalcemia da
metastasi ossee multiple, ipercalcemia da intossicazione con vitamina D o sarcoidosi.
Ecografia e scintigrafia al tecnezio indicano la lesione paratiroidea o altrimenti TC.

Terapia: principalmente intervento chirurgico, che ormai può essere anche mininvasivo. Si deve
rimuovere tutto il tessuto paratiroideo iperfunzionante. Se l’ipercalcemia persiste non si è
rimosso tutto. La terapia medica si sceglie in carcinomi inoperabili, pazienti che rifiutano la
chirurgia, IPTP nonostante vai interventi, malattie gravi controindicanti l’intervento. Si danno
bifosfonati per aumentare BMD e calcio mimetici per ridurre la calcemia per diminuzione dei
livelli di PTH.

Secondario: iperplasia delle paratiroidi con ipersecrezione di PTH compensatoria di uno stato
ipocalcemico cronico. Un’insufficienza renale cronica è la causa più frequente di questa
ipocalcemia. Spesso si associa oltre ad un minore filtrato anche ad una diminuzione della
vitamina D attiva. Il PTH è secreto per compensare sia l’ipocalcemia che l’iperfosfatemia. Si
hanno le stesse anomalie scheletriche dell’iperparatiroidismo primario e si danno calcio e
vitamina D, oltre ad una dieta con pochi fosfati.

Terziario: in corso di secondario di lunga data le paratiroidi possono divenire autonome dal
meccanismo di regolazione e la secrezione di PTH aumenta. Si ha una ipercalcemia, danni ossei
ancora più evidenti e calcificazione dei tessuti molli.
Osteomalacia e osteoporosi

La stabilità strutturale dell’osso è garantita dalla sua dinamicità di rimodellamento, che avviene
grazie a osteoclasti e osteoblasti sotto il controllo di ormoni (estrogeni, IGF-1, PTH,
glucocorticoidi, ormoni tiroidei, vitamina D) e in presenza di quantità adeguate di calcio e
fosforo. L’omeostasi del calcio è regolata dal PTH (osteolisi) e dalla vitamina D (osteogenesi); il
ruolo della calcitonina nell’uomo è incerto. La vitamina D si può sintetizzare endogenamente
grazie alla luce solare (colesterolo → 7-deidrocolesterolo → vitD3) o introdotta con la dieta; viene
quindi convertita nel fegato in 25-idrossi-colecalciferolo, il quale grazie all’1α-idrossilasi renale
diventa calcitriolo, l’ormone attivo.

Osteomalacia: difetto di mineralizzazione ossea nell’età adulta. Se infantile è detta rachitismo.

Etiopatogenesi: la causa più frequente è il deficit di vitamina D comune in pz con


malassorbimento intestinale (celiachia, bypass digiuno ileale, gastrectomia, insufficienza
pancreatica), anziani, poco esposti ai raggi solari, farmaci anti-epilettici, danno epatico o renale
(mancata attivazione della vitamina D). Si ha ridotta disponibilità di calcio per la mineralizzazione
ossea. Si ha ipocalcemia che comporta un’iperparatiroidismo secondario con aumento del PTH
che peggiora ancora di più lo stato osseo. Può verificarsi anche per ipofosfatemia, difetto di
mineralizzazione enzimatico (deficit di fosfatasi alcanlina nell'ipofosfatasia) o azione inibente di
alluminio e floruro. Si può aver deficit muscolare.
Anatomia patologica: osso costituito da larghi strati di osteoide non mineralizzata. C'è aumento
del tempo di latenza della mineralizzazione.
Clinica e diagnosi: spesso dolori ossei e debolezza muscolare (muscoli prossimali degli arti).
Rischio fratture. In laboratorio si verifica la carenza di vitamina D (dosaggio 25OH vitamina D
>30ng/ml = normali; nell'osteomalacia sono <10ng/ml); fosforemia bassa, calcemia bassa, PTH
alto e bassa calciuria. La radiografia può rilevare pseudo-fratture di Milkman o zone di Looser,
che sono aree radiotrasparenti che si trovano tipicamente al collo del femore, al bacino, alle
coste e alle clavicole; bassa BMD (densità minerale ossea).

Terapia: vitamina D (D3, colecalciferolo, nell’insufficienza renale calcitriolo).

Osteoporosi: malattia sistemica dello scheletro caratterizzata da ridotta massa ossea ed alterata
struttura con aumento del rischio di frattura. Sono primitive le forme in donne in menopausa o
persone in età senile, e secondarie quelle da malattie o farmaci.
Etiopatogenesi: fattori genetici e acquisiti (alcolici, fumo, magrezza, poco calcio e poca attività
fisica) contribuiscono alla riduzione della massa ossea in età senile. Con l’età poi vi sono fattori
endocrini come la diminuzione di estrogeni, di GH e di IGF1 e l’aumento del PTH che spingono
tutti al riassorbimento osseo. Alcune patologie (ipertiroidismo o iperparatiroidismo) e farmaci
(glucocorticoidi) peggiorano la condizione. Si ha porosità del tessuto osseo con
spongiosizzazione della parte compatta. Si differenzia dall’osteomalacia perché la
mineralizzazione nell’osso superstite è normale.
Osteoporosi primaria: esistono tre tipi di osteoporosi primaria. L'osteoporosi idiopatica è rara,
ma si verifica in bambini o in giovani adulti di entrambi i sessi con normali funzioni gonadiche.
– L'osteoporosi di tipo I (osteoporosi postmenopausale) si verifica tra i 51 e i 75 anni.
Sebbene sei volte più comune nelle donne, essa si verifica anche negli uomini dopo castrazione o
con bassi livelli di testosterone sierico ed è direttamente correlata alla perdita di funzione
gonadica. La perdita di estrogeni conduce a elevati livelli sierici di interleuchina-6 e forse di altre
citochine, che si pensa portino a un aumento del reclutamento e dell'attività dei precursori degli
osteoclasti nell'osso trabecolare (spugnoso), che risulta in aumento del riassorbimento osseo. Il
tipo I è in gran parte responsabile delle fratture delle ossa nelle quali è predominante l'osso
trabecolare, come per esempio i crolli vertebrali e le fratture di Colles (radio distale).
– L'osteoporosi di Tipo II (osteoporosi involutiva o senile) è associata con i normali
processi di invecchiamento, con un graduale declino del numero e dell'attività degli osteoblasti e
non primariamente con un aumento dell'attività degli osteoclasti. Si verifica principalmente in
persone > 60 anni ed è due volte più frequente nelle donne rispetto agli uomini. Il tipo II colpisce
sia l'osso trabecolare che quello corticale, dando luogo spesso a fratture del collo del femore,
vertebrali, dell'omero prossimale, della tibia prossimale e pelviche. Essa può essere provocata
dalla riduzione di sintesi di vitamina D che si verifica con l'invecchiamento o da una resistenza
all'azione di questa stessa vitamina (probabilmente attraverso una diminuzione o una non
responsività dei recettori della vitamina D in alcuni pazienti). Nelle donne più anziane si possono
spesso verificare contemporaneamente sia l'osteoporosi di tipo I che di tipo II.

Osteoporosi secondaria: l'osteoporosi secondaria è responsabile di < 5% di tutti i casi di


osteoporosi. Le cause possono includere malattie endocrine (p. es., ipersurrenalismo,
iperparatiroidismo, ipertiroidismo, ipogonadismo, iperprolattinemia, diabete mellito), farmaci
(p. es., corticosteroidi, etanolo, dilantina, tabacco, barbiturici, eparina) e condizioni varie (p. es.,
immobilizzazione, insufficienza renale cronica, epatopatia, sindrome da malassorbimento,
broncopneumopatia cronica ostruttiva, artrite reumatoide, sarcoidosi, patologie neoplastiche
maligne, prolungata assenza di gravità come si verifica nei voli spaziali).
Sintomi e segni
L'osteoporosi non complicata può rimanere asintomatica o può manifestarsi con vivo dolore nelle
ossa e nei muscoli, particolarmente nel rachide lombare. Crolli vertebrali possono essere
secondari a traumi, minimi o misconosciuti e generalmente localizzati alle vertebre più soggette
a sopportare il peso del corpo (T-8 e oltre); fratture isolate di T-4 o di vertebre superiori, devono
far sospettare un processo neoplastico. Quando sintomatica, il dolore che ne deriva è acuto,
generalmente non irradiato, aggravato dal carico e può essere associato a dolorabilità locale; di
solito regredisce in una sett. Comunque, il dolore residuo può durare S 3 mesi. Alla fine, le
fratture multiple da compressione possono causare cifosi dorsale con esagerata lordosi cervicale
(gobba della vedova). L'anomalo stress sui muscoli spinali e sui legamenti può causare dolore
sordo persistente, particolarmente evidente nella zona bassa del torace e nella regione lombare.
Fratture di altre ossa, spesso l'anca o il radio distale, sono generalmente la conseguenza di una
caduta.
Diagnosi
La calcemia, la fosforemia, il protidogramma elettroforetico e la VES sono normali
nell'osteoporosi primaria; la fosfatasi alcalina sierica è di solito normale ma può essere
leggermente elevata in caso di frattura recente o molto elevata in caso di fratture recenti
multiple. I livelli di PTH sono normali o diminuiti nei pazienti con osteoporosi di tipo I e
aumentati in quelli con il tipo II se l'assorbimento di Calcio è diminuito o se vi è ipercalciuria
inappropriata. Circa il 20% delle donne con osteoporosi postmenopausale ha un'ipercalciuria
significativa, che può condurre ad aumento del PTH sierico. Gli indicatori del ricambio osseo
possono essere aumentati (p. es., l'escrezione urinaria di peptidi contenenti idrossiprolina, il
peptide piridinio urinario o il livello di osteocalcina sierica, la captazione di tecnezio-99m
metilene difosfonato). Altri reperti ematochimici alterati depongono per una forma secondaria
di osteoporosi.
Gli esami radiologici delle vertebre e di altre ossa evidenziano un'aumentata radiotrasparenza
dei corpi vertebrali per la riduzione della componente trabecolare. Comunque, l'esame
soggettivo della densità ossea può essere fuorviante, perché l'osteoporosi non viene rilevata alla
rx come radiotrasparenza se non si è perso più del 30% del tessuto osseo. Una riduzione delle
trabecole, disposte orizzontalmente, rende più evidente la corticale dei piatti vertebrali e le
rimanenti trabecole orientate in senso verticale, quelle cioè particolarmente soggette a
sopportare il peso corporeo. Le vertebre a cuneo, nel rachide toracico e i rigonfiamenti degli
spazi intervertebrali della regione lombare sono caratteristici delle fratture vertebrali. Sebbene
le corticali delle ossa lunghe possano diventare sottili per l'eccessivo riassorbimento endostale, il
periostio rimane liscio (a differenza di quanto accade nell'iperparatiroidismo dove vi è un profilo
corticale irregolare dovuto al riassorbimento del subperiostio). L'osteoporosi indotta da
glicocorticosteroidi può causare radiotrasparenza delle ossa del cranio, fratture costali e
formazione di calli ossei esuberanti nelle fratture in via di guarigione. L'osteomalacia (v. Deficit e
dipendenza da Vitamina D nel Cap. 3) può essere radiologicamente confusa con l'osteoporosi,
ma può essere differenziata dall'alterazione degli esami ematochimici e dalla biopsia ossea.
L'assorbimetria a fotoni accoppiati e singoli, l'assorbimetria accoppiata rx (DXA) e la TC
quantitativa, sono tecniche sempre più diffuse, che permettono di misurare la densità ossea
della colonna lombare, dell'anca, del radio e ulna distali e sono utili per la diagnosi e la
valutazione della risposta terapeutica. L'OMS definisce l'osteoporosi attraverso i risultati della
DXA: > 1 deviazione standard dal valore medio in soggetti di controllo di 35 anni comparabili per
sesso e per razza è definita osteopenia, e suggerisce una osteoporosi; > 2,5 è diagnostica. Gli
studi di DXA di solito sono effettuati a livello della colonna. Lo studio DXA dell'anca è
generalmente migliore di quello della colonna poiché si pensa che dia informazioni sull'osso
corticale e trabecolare, ma lo studio della colonna è più facile da effettuare e probabilmente più
rapido.

Terapia: ridurre il rischio fratture e quindi anche cadute. Correggere le cause da osteoporosi
secondaria e le abitudini di vita. Aumentare il calcio nella dieta. Anche vitamina D e altro.

Valutazione endocrina delle paratiroidi: Principalmente controllo di calcemia e fosfatemia,


oltre che degli ormoni PTH, calcitonina e vitamina D.

Emergenze del metabolismo del calcio: circa il 40% del calcio è legato all’albumina, il 10% ad
anioni, il resto è libero. L’acidosi diminuisce il legame del calcio all’albumina.
Ipercalcemia: aumento del calcio libero. L’iperparatiroidismo primitivo costituisce con quello di
natura neoplastica il 90% dei casi. Bisogna distinguere le due forme. Altre cause sono ridotta
perfusione renale, aumento di vitamina D, diuretici tiazidici. Inoltre l’ipercalcemia port
insensibilità all’ADH. Clinica: nausea, vomito, dolore addominale, nefrocalcinosi, nefrolitiasi e
coliche renali, sintomi schletrici, confusione mentale, letargia e debolezza muscolare,
cardiovascolari come aritmie, ipertensione e riduzione dell’intervallo QT. Manifestano i sintomi
se il calcio supera i 12 mg/dl. Terapia: idratazione, bifosfonati, calcitonina.
Ipocalcemia: cause paratiroidee e non. Clinica: aumento eccitabilità neuromuscolare, tetania,
convulsioni, crampi, cute secca, aumento QT, insufficienza cardiaca, depressione, alterazione
scheletro e denti. Terapia: calcio orale o calcio gluconato ev.

Malattie del surrene (cap. 5)

I surreni sono due ghiandole di 4-5 g costituite da una parte corticale ed una midollare che hanno
una diversa struttura, istologia, funzione e derivazione embriologica. Nella corticale si distingue
una zona glomerulosa che produce mineralcorticoidi, una zona fascicolata che produce
glucocorticoidi ed una zona reticolare che produce androgeni. Gli steroidi subiscono diverse
azioni enzimatiche a partire dal colesterolo. Nella midollare vengono invece prodotte le
catecolamine: noradrenalina e adrenalina (NA e A) che sono regolate dall’acetilcolina prodotta
dalle numerose fibre pregangliari simpatiche che vi giungono, infatti la midollare si comporta
come un ganglio del simpatico. La secrezione di androgeni e di glucocorticoidi è regolata
dall’ACTH che ha anche un’azione trofica sul surrene. In piccola parte l’ACTH regola anche la
produzione di mineralcorticoidi che però dipendono soprattutto dal sistema renina-angiotensina
renale. L’ACTH è prodotto dall’ipofisi sotto stimolo del CRH ipotalamico (a sua volta inibito dai
glucocorticoidi), la renina è prodotta dal rene quando diminuisce il carico di sodio a livello della
macula densa o arriva noradrenalina alle terminazioni simpatiche o diminuisce la pressione
all’arteriola afferente. Serve a convertire angiotensinogeno in angiotensina I che poi diviene
grazie all’ACE polmonare angiotensina II che stimola la produzione di aldosterone e la sua azione
è modulata positivamente dalla potassiemia e negativamente da dopamina e ANP. Con
l’aldosterone, blocca la renina.
L’azione degli ormoni steroidei si esplica per lo più grazie a recettori nucleari anche se in
generale gli steroidi hanno effetti genomici e non genomici. Il cortisolo è iperglicemizzante e
antinsulinico (soprattutto sotto stress) oltre ad avere azione catabolica a livello proteico
(gluconeogenesi da proteine e non da lipidi come il GH). Favorisce anche la liberazione di
glicerolo e acidi grassi (azione lipolitica). Attraverso i recettori suoi e quelli per mineralcorticoidi
ha azione sodio ritentiva, inoltre aumenta il filtrato glomerulare e soprattutto impermeabilizza il
dotto collettore all’azione della vasopressina. La vasopressina stimola l’ACTH e il cortisolo
stimola l’ADH. Diminuisce l’assorbimento intestinale di calcio e sensibilizza i vasi alla
vasocostrizione delle catecolamine e angiotensina. Inoltre ha azione immunosoppressiva e causa
problemi psichici. L’aldosterone invece comporta riassorbimento di sodio ed escrezione di
potassio e idrogenioni portanto aumento del volume ematico, ipertensione e alcalosi. Gli
androgeni surrenalici sono più che altro i precursori del testosterone che si forma nei tessuti
periferici. La noradrenalina aumenta la gittata cardiaca, aumenta la frequenza e la contrattilità e
le resistenze periferiche causando un aumento di pressione arteriosa. L’adrenalina ha lo stesso
effetto sulla gittata, ma aumenta il flusso muscolare e diminuisce quello renale, cutaneo e
intestinale. Entrambe comportano una ritenzione di sodio. Aumentano la glicogeno lisi e la
glcuconeogenesi , facilitano la lipolisi, hanno azione antinsulinica.

Iperplasia surrenalica congenita: sindromi adrenogenitali (SAG).

Etiopatogenesi: sono per lo più dovute a deficit di enzimi che lavorano nella produzione di
ormoni steroidei glucocorticoidi e mineralcorticoidi come per esempio la 21-idrossilasi e la
11beta-idrossilasi che sono i più comuni, altri sono la 3Bdrossisteroido.deidrogenasi o 17a
idrossilasi molto più rari. La ridotta formazione di cortisolo comporta una aumento degli steroidi
a monte del difetto e un aumento della produzione di androgeni (steroidi a 19 C) nelle vie non
colpite dal deficit (affermazione valida solo per i difetti di 21OH e 11b-OH). Spesso si ha oltre ad
un difetto di produzione di cortisolo anche quello di produzione di aldosterone che comporta
una sindrome da perdita salina. C’è iperplasia semplice dei surreni e spesso noduli ai testicoli e
anche ai surreni.

Clinica e diagnosi:
– la forma più frequente è il deficit della 21-idrossilasi che si manifesta in tre forme:
– una forma classica moderata che determina virilizzazione femminile è di vario
grado, che va dalla semplice clitoridomegalia alla completa mascolinizzazione dei
genitali esterni; gli organi riproduttivi sono presenti; nell’uomo si ha pubertà
precoce.
– Forma con perdita salina: forma molto grave (la perdita di sali nel deficit della
11beta-idrossilasi non avviene, si ha invece ipertensione per eccesso di
mineralcorticoidi).
– Forma non classica: più lieve, l’esordio è postpuberale che nelle donne si presenta
con iperandrogenismo (irsutismo, acne, amenorrea) nel maschio con sub fertilità.
– Per identificare il difetto di 21OH si fa screening neonatale per rilevare eccesso di
17idrossi-progesterone, anche dopo stimolo da ACTH e anche per la diagnosi di forma
tardiva si usa lo stesso metodo identificando 17OH nella prima fase di ciclo mestruale.
Valori >2ng/ml sono indicativi per la froma non classica di difetto enzimatico ma a volte i
valori possono risultare normali. In queste forme si usa il test di stimolo con ACTH che
dovrebbe mostrare un aumento di 17OH si 6ng/ml a un'ora dallo stimolo e sempre
confermato da test genetico.
Terapia: deve permette crescita e pubertà normali compensando il cortisolo e abbassando ACTH
e androgeni. Si può pensare una dieta con più sali. La terapia prevede glucocorticoidi in sostanza
per evitare Addison, mantenere basso l’ACTH e evitare virilizzazione o tumori ai testicoli e
surrene. Nei neonati il cortisonico di scelta è l'idrocortisone. Per la 21OH devono essere
controllati i livelli di aldosterone plasmatico e 17OHP che devono rientrare essere abbassati
(normali di aldosterone, poco alti quelli di 17OHP); una normalizzazione di 17chetosteroidi può
essere consderato un adeguato parametro.

Iposurrenalismo: ridotta produzione di mineralcorticoidi e glucocorticoidi.

Etiopatogenesi: può essere dovuto a varie cause:


– Primitivo (morbo di Addison): distruzione della corteccia della ghiandola; per lo più
sindromi autoimmuni (80%) (come APS), infezioni (tubercolosi, CMV, HIV), ma anche
tumori e metastasi, amiloidosi, emorragie, emocromatosi e forme congenite da deficit
enzimatici della steroidogenesi e alcuni farmaci.
– Secondario: insufficienza dell'asse ipotalamo-ipofisi; deficit di ACTH o CRH per varie
cause come macroadenomi ipofisari, neoplasie della sella, metastasi ipofisarie e altre. La
causa più frequente è comunque la soppressione della secrezione di ACTH/CRH in
pazienti trattati per lungo tempo (oltre 1 mese) con glucocorticoidi.

Primitivo: danni che interessano l’80% del tessuto si traducono in un’insufficienza clinicamente
manifesta, si ha aumento dei livelli di renina e di ACTH per riduzione del feedback negativo del
cortisolo.
– Nell’adrenalite autoimmune, la causa più frequente di malattia, le ghiandole si riducono e
diventano atrofiche in modo graduale e lento, interessando soprattutto la glomerulosa
poi il resto della corticale e per nulla la midollare. Sono presenti anticorpi anti enzimi
surrenalici (per lo più 21-idrossilasi, nelle forme giovanili anche contro p450 e c17). Si
associa spesso ad altre malattie autoimmuni come la sindrome poliendocrina
autoimmune di tipo 1 (mutazione di AIRE, gene di regolazione autoimmune) di tipo 2.
– Anche le infezioni possono causare insufficienza e in genere in modo più rapido, la
tubercolosi in particolare, ma anche fungine o AIDS.
– Malattie genetiche:
– L’adrenoleucodistrofia X-linked è associata ad aumento delle VLCFA (acidi grassi a
catena lunghissima) che si accumulano nella sostanza bianca dell’SNC, testicolo e
surrene causando iposurrenalismo, si manifesta dopo il 3 anno di vita portando
anche gravi manifestaizoni neurologiche.
– L’ipoplasia surrenalica congenita è associata a mutazione del gene DAX-1
(recettore nucleare importante per la maturazione e differenziazione di gonadi e
surrene), rara.
– La mutazione del recettore dell’ACTH porta alla sindrome della tripla A (alacrimia,
acalasia, asurrenalia)(mutazione del gene AAS per la proteina ALADIN).
– resistenza al cortisolo per mutazione del recettore GR causa sindromi simili;
poiché c'è compensatorio aumento dei livelli di cortisolo i pazienti non presentano
sintomi di insufficienza surrenalica ma solo irsutismo e ipertensione
– Tumori metastasi e linfomi; improvvise emorragie, da infezioni o assunzione di
anticoagulanti possono portare sindromi come la Waterhouse-Friedrichsen,
iposurrenalismo acuto.
– farmaci che interferiscono con la steroidogenesi che possono causare iposurrenalismo
sono di solito antimicotici come ketoconazolo.
Secondario: l’insufficienza interessa solo la porzione glucorticoide che è quella che dipende
dall’ACTH. Traumi cranici, interventi, ipofisiti e macroadenomi sono le cause più comuni. In
genere c’è un ipopituitarismo che non riguarda solo le cellule corticotrope. Esistono forme rare
da difetti genetici come a DAX, POMC (precursore ACTH), TPIT (f. trascrizione). Tra le forme
ipotalamo-ipofisarie ricordiamo l'insufficienza surrenalica da sospensione di terapia con
cortisonici può lasciare l’asse ipofiso-surrenalico bloccato. La sospensione di cortisonici deve
essere graduale. Può succedere anche dopo cura chirurgica del Cushing.

Clinica:
– astenia,
– anoressia
– dolori addominali
– mialgie
– turbe neuropsichiche
– nausea e vomito,
– diarrea
– preferenza cibi salati
– cefalea
Segni:
– dimagrimento
– Iperpigmentazione (nell'Addison, non si ha nelle forme secondari). È per lo più alle zone
esposte al sole o alla pressione come falangi, dita del piede, gomiti, ginocchia; anche le
mucose orale e gengive possono essere interessate.
– Ipotensione arteriosa
– amenorrea
– riduzione peli pubici o ascellari

Laboratorio
– iposodiemia
– iperpotassiemia
– ipoglicemia
– anemia normocitica
– linfocitosi
– eosinofilia

Diagnosi:
– nella forma acuta non si possono aspettare i risultati dei dosaggi ormonali e si dovrà
iniziare prima una cura con cortisonici e idratazione.
– Nelle forme croniche può contare un valore di cortisolo al mattino basso (<3mg/dl), ma
soprattutto il test di stimolo con ACTH (ACTH 1-24 1ug ev → valori di cortisolemia >19
ug/dl escludono l'insufficienza).
– Misura dei livelli di ACTH, magari dopo stimolo con CRH, distingue forma primaria (valori
alti) e secondaria (ACTH normale o basso e non stimolabile con insulina).
– Nella forma primitiva si ha anche aumento della reninemia o PRA (plasma renin activity)
espressione indiretta della riduzione dei mineralcorticoidi.
– Livelli di androgeni surrenali sono ridotti ma vista la fisiologica riduzione con l'età si
misurano solo nei giovani.
– Nell’addison autoimmune si rilevano autoanticorpi.
– Si ha iposodiemia spesso con iperpotassiemia che si accompagna ad acidosi. L'acidosi può
accompagnarsi a ipercalcemia.
– All’emocromo c’è anemia, e neutropenia con linfocitosi ed eosinofilia relativa.
– ECG: bassi voltaggi con alterazioni ST e onda T compatibili con disionia.
– TC, RM delle logge surrenaliche evidenziano riduzione di volume o atrofia nelle forme
autoimmuni, calcificazione o aumento di volume in caso di TBC; RMN si usa per
inquadrare l'iposurrenalismo secondario.

Terapia:
– forma acuta: emergenza medica, si cura con idrocortisone per ev e idratazione con
soluzione salina o glucosata. L’idrocortisone ha una discreta azione mineralcorticoide per
cui in fase acuta basta questo.
– forma cronica: è curata con idrocortisone sostitutivo. Prednisone e desametazone non
sono dotati di attività mineralcorticoide. Possono comunque avvenire crisi da stress o in
malattie precipitanti; si aumenta la dose di cortisonici.
– La valutazione della terapia oltre che con controlli ormonali di cortisolo, ACTH, si avvale
del controllo della sodiemia, potassiemia, glicemia e quadro clinico.

Ipersurrenalismo:

Da glucocorticoidi o Sindrome di Cushing

La sindrome di Cushing è il quadro clinico causato da un eccesso di glicocorticoidi. Può essere


iatrogeno o endogeno.
– s. di Cushing iatrogena: è causata dalla somministrazione di glucocorticoidi esogeni; è la
forma più frequente;
– s. di Cushing endogena: è causata dall’ipersecrezione surrenalica di glucocorticoidi
– ACTH-dipendente (80%) se alla base c’è un eccesso di corticotropina
– malattia di Cushing (da adenoma ipofisario): prev. tra i 20 e i 40 anni,
colpisce più spesso le donne; solitamente si tratta di un microadenoma
– sindrome da ACTH ectopico (C. paraneoplastico): prev. tra i 40 e i 60 anni,
più spesso gli uomini; ha origine solitamente da un tumore neuroendocrino
ben differenziato
– sindrome da CRH ectopico
– ACTH-indipendente (20%) se è causata da una patologia primitiva surrenalica
– adenoma surrenalico: causa più frequente; solitamente unilaterale
– carcinoma surrenalico: più frequente nell’infanzia
– iperplasia surrenalica : nodulare è spesso dovuta alla presenza di “recettori
illeciti” sulle cellule corticosurrenali che rispondo a ligandi insoliti come il
GIP (e allora si ha ipercortisolismo dopo assunzione di cibo).
– displasia surrenalica nodulare pigmentata: associata al complesso di Carney

Clinica: colpisce soggetti tra i 35 e i 50 anni o più anziani, più donne con un quadro clinico che si
sviluppa lentamente tranne per le forme maligne. Si ha obesità centrale, ipotrofia dei muscoli
degli arti, astenia, osteoporosi e fratture, intolleranza al glucosio, sintomi psichici, perdita
proteica con facili ecchimosi (debolezza vascolare), strie rubrae ad addome fianchi e radici degli
arti, difficile cicatrizzazione, assottigliamento cute che diviene sottile e lucida, pletora facciale. Si
ha maggiore ulcera peptica, insulinoresistenza, dislipidemia, aterosclerosi, ipertensione arteriosa
con aumento di eventi cardiovascolari, ipokalemia, alcalosi, nefrolitiasi, riduzione libido, blocco
GH, immunosoppressione. Se all’eccesso di cortisolo si accompagna un aumento degli androgeni
si può avere iperandrogenismo. Alti livelli di ACTH possono causare melanodermia come
nell’addison.

Schematizzando
L’ipercortisolismo si manifesta sistemicamente; spiccano gli effetti proteolitici, liposintetici,
sodioritentivi e immunosoprressivi.
– metabolismo glicidico e lipidico: obesità centrale, facies lunare, riduzione della sensibilità
insulinica
– metabolismo proteico: ipotrofia della muscolatura prossimale, osteoporosi,
assottigliamento cutaneo con larghe strie purpuree, difficoltà nella cicatrizzazione,
fragilità vascolare con ecchimosi
– sistema immunitario: suscettibilità alle infezioni
– sistema cardiovascolare: scompenso cardiaco
– sistema nervoso: depressione
– azione sui recettori per mineralcorticoidi: ipotassiemia, alcalosi, ipertensione arteriosa
– iperandrogenismo: amenorrea e irsutismo, infertilità maschile, alopecia, acne
– melanodermia nelle forme da ↑ACTH
La maggior parte di questi sintomi non è specifica; inoltre il quadro clinico, eccetto le forme a
eziologia maligna, si sviluppa lentamente e può essere quindi confuso con forme di obesità
idiopatica. Riscontrare miopatia prossimale (braccia sottili e cosce sottili, difficoltà ad alzarsi) e
strie purpuree indirizza verso la sindrome di Cushing in modo più specifico.

In presenza di sospetto diagnostico è necessario confermare la diagnosi:


– ↑3x cortisolo libero nelle urine delle 24 ore;
– mancata soppressione del cortisolo dopo somministrazione di desametasone;
– elevata cortisolemia a mezzanotte (indica perdita del ritmo circadiano, in questo
momento c’è il nadir secretorio)

Se è stata confermata la diagnosi si può procedere alla differenziazione tra eziologia ACTH-
dipendente e ACTH-indipendente, che si effettua tramite dosaggio dell’ACTH plasmatico
(↑dipendente, ↓indipendente).
È possibile differenziare le forme ACTH-dipendenti tramite la risonanza magnetica ipofisaria e il
test di soppressione al desametasone (positivo negli adenomi, negativo nelle forme ectopiche);
nelle forme ectopiche si effettua una scintigrafia (octreoscan) per localizzare la lesione. Le forme
primitive si valutano invece tramite TC del surrene.
Il Cushing non trattato è associato a prognosi negativa. Le forme ipofisarie vengono trattate con
chirurgia transsfenoidale; se si ha una recidiva ci sono varie opzioni tra cui la radioterapia. Le
forme primitive si trattano tramite rimozione in laparoscopia del tumore surrenalico; se non si ha
guarigione è necessaria la somministrazione del mitotane (antineoplastico) ed eventualmente di
inibitori della steroidogenesi.

Da mineralcorticoidi: iperproduzione di aldosterone primaria o secondaria (ad aumento renina-


angiotensina).
L’eccesso di mineralcorticoidi è una causa abbastanza frequente (5-12%) di ipertensione. Può
essere primitivo o secondario.
- Iperaldosteronismo primitivo: la zona glomerulare del surrene produce in eccesso
mineralcorticoidi
• iperplasia surrenalica bilaterale, insieme all’adenoma è la causa più frequente;
• adenoma surrenalico (sindrome di Conn): prev. unilaterale;
• carcinoma surrenalico: prev. in pazienti giovani;
• iperaldosteronismo sopprimibile con glucocorticoidi: in seguito a crossing-over ineguale si
forma un gene chimerico dell’aldosterone con il promotore del cortisolo: l’aldosterone
viene quindi stimolato dall’ACTH;
- Iperaldosteronismo secondario: il surrene è iperstimolato dal sistema renina-angiotensina:
• scompenso cardiaco: ipoperfusione dell’arteriola afferente
• Cirrosi: ipotensione da vasodilatazione splancnica
• sindrome nefrosica
• stenosi dell’arteria renale: riduzione pressoria
• tumori secernenti renina
- Forme periferiche
• iperstimolazione del recettore per mineralcorticoidi da altri steroidi: mutazioni inattivanti
la 11β-idrossisteroidodeidrogenasi determinano un eccesso di cortisolo libero; inibizione
della 11β-HSD da parte dell’acido glicirrizico ; sindrome di Cushing
• sindrome di Liddle: mutazione di ENaC che ne riduce la degradazione

L’eccessiva attivazione del MR determina aumento dell’esposizione e dell’attività dei canali


ENaC, con conseguente sodioidroritenzione e deplezione di potassio e protoni: si ha ipertensione
arteriosa, ipopotassiemia, alcalosi, nonché aritmie e cefalea (l’ipersodiemia è mascherata dalla
ritenzione idrica).
L’aldosterone ha anche effetti diretti a livello cardiaco e renale. La caratteristica della malattia è
l’ipopotassiemia, anche se questa può non presentarsi all’esordio nella metà dei pazienti; se
marcata può provocare crampi e debolezza muscolare.

Si deve sospettare iperaldosteronismo in pazienti con ipertensione grave (>180/110) o con


ipertensione (>160/100) associata a ipopotassiemia, massa surrenalica o esordio sotto i 40 anni.
La prima fase di valutazione prevede la misurazione in contemporanea della renina e
dell’aldosterone 22 per calcolare il rapporto A/R se questo è elevato il test è suggestivo per
forme primitive e si passa ai test di conferma, che mirano a confermare l’autonomia della
secrezione di aldosterone e agiscono inibendo l’asse renina- angiotensina-aldosterone: carico
salino, fludrocortisone o ACE-inibitore; se l’aldosterone non è soppresso si passa alla diagnostica
per immagini per identificare la causa. La TC è il metodo di elezione, anche se può
non evidenziare lesioni più piccole di 5 mm. Può essere utile la scintigrafia surrenalica con
iodocolesterolo marcato previa soppressione funzionale della fascicolata tramite desametasone.
Per i pazienti candidati alla chirurgia è possibile differenziare le forme unilaterali (adenomi,
carcinomi) da quelle bilaterali (iperplasia surrenalica b.) tramite il cateterismo delle vene
surrenaliche, che valuta il rapporto aldosterone/cortisolo nelle due vene.

I pazienti <40 anni con lesione unilaterale possono essere trattati con surrenalectomia
laparoscopica; gli altri possono essere trattati farmacologicamente con spironolattone
(antagonista di MR).

Tumori surrenalici non funzionanti: detti anche incidentalomi surrenalici, comuni in età
avanzata, ritrovti per caso in corso di esami di routine. Da questa definizione sono escluse le
metastasi al surrene.
Diagnosi differenziale di masse surrenali:

Adenoma corticale <4cm Profilo regolare con Contenuto omogeneo


margini ben definiti e ipodenso
Carcinoma corticale >4cm Profilo irregolare con Emorragia e necrosi
possibile intra-tumorale,
coinvolgimento di contnuto
tessuti e/o organi disomogeneo e
adiacenti, o metastasi iperdenso
Feocromocitoma Generalmente >3cm Margini definiti Aree cistiche
sebbene possa essere intratumorali,
di qualsiasi dimensione contenuto
disomogeneo
Mielolipoma Generalmente >3cm Margini definiti Contenuto omogeneo
sebbene possa essere e ipodenso
di qualsiasi dimensione

Adrenal masses are common findings on abdominal CT or MRI scans. The majority (70–80%) of
such “incidentalomas” are nonfunctional, and the probability of an adrenal carcinoma is low
(<0.01%). The first step in evaluation is to determine the functional status by measurement of
plasma free metanephrines to screen for pheochromocytoma (Fig. 180-1). In a pt with a known
extraadrenal malignancy, there is a 30–50% chance that the incidentaloma is a metastasis.
Additional hormonal evaluation should include overnight 1-mg dexamethasone suppression
testing in all pts, plasma renin activity/aldosterone ratio in hypertensives, DHEAS in women with
signs of androgen excess, and estradiol in males with feminization. Adrenocortical cancer is
suggested by large size (>4–6 cm), irregular margins, tumor inhomogeneity, soft tissue
calcifications, and high unenhanced CT attenuation values (>10 HU).

Feocromocitoma: F. Neoplasia delle cellule della cresta neurale della midollare del surrene, che
si sviluppa anche a livello dei gangli simpatici come ganglioma o paraganglioma o neuroma. Le
cellule sono cromaffini, e possono secernere catecolamine e altri peptidi con proprietà
vasoattive. I paragangliomi possono essere secernenti o meno. L’F è una rara causa di
ipertensione secondaria (un iperteso su mille). Può essere sporadico o familiare (sei geni: RET,
NF1, VHL e SDHB,C,D). L’istologia non dice esattamente la malignità. Clinica: effetti delle
catecolamine in circolo, di gravità variabile in base a livello di produzione e della sensibilità alle
catecolamine (ci può essere desensitizzazione recettoriale). Per lo più si hanno palpitazioni,
cefalea, iperidrosi, ansia, tremori, nausea, dispenee e altri sintomi neurofisiologici (dolore,
parestesie, lipotimia( e generali (intestinali, vertigini, febbre). Solo i due terzi dei pazienti
riferisce crisi ipertensiva. I sintomi si presentano molto di rado tutti insieme e sono molto vari.
Spesso incidentaloma. Si può porre più sospetto che diagnosi. L’ipertensione è spesso
parossistica. Diagnosi: si basa su aumento in urine e sangue ci catecolamine, metanefrine (il test
più sensibile perché vengono secrete in modo continuo dal tumore, valori normali lo escludono)
e acido vanilmandelico. In caso di metanefrine borderline o comunque dubbio si fa test di
soppressione con clonidina che inibisce un’attivazione cronica del sistema simpatico, ma non
un’eventuale secrezione tumorale. Va evitato in pazienti che assumono beta-bloccanti
(bradicardia). Regola del 10: Solo nel 10% dei casi l’F è esxtrasurrenalico, solo nel 10% è maligno,
solo nel 10% degli sporadici è bilaterale, solo nel 10% non è associato a ipertensione (nei due
terzi del 90% è ipertensione parossistica), solo nel 25% è associato a uno dei sei geni. Per
trovarlo l’esame di prima scelta è la TC, ma anche RM. Informazioni certe si hanno con scintigrafia
ala metaiodobenzilguanidina (MIBG, 10% falsi negativi). Nei casi di negatività si può provare con
l’octreoscan (con octreotide). PET con vari traccianti. Terapia: chirurgica e risolutiva, in genere
con laparoscopia. La terapia medica si basa su alpha-bloccanti che agiscono a livello periferico
antagonizzando le catecolamine a livello dei recettori vascolari alpha-vasocostrittori e portando
dunque vasodilatazione. Ad esempio fenossibenzamina e doxazosina. Se il feocromocitoma è
maligno e non operabile si danno alpha-bloccanti e alpha-metil-paratirosina che blocca la sintesi
delle catecolamine bloccando la tirosinoidrossilasi (può portare ipotensione ortostatica).

Valutazione endocrina:

In condizioni basali: Cortisolo sierico mattutino: si misura in caso di insufficienza surrenalica


primaria e secondaria, parziale o totale. Valori <5mg/dl sono indicativi, tra 5 e 10 sono
compatibili. Si può fare stimolo con ACTH per conferma. Si può usare dopo cura chirurgica del
Cushing nel caso si sviluppi insufficienza surrenalica transitoria. Cortisolo a mezzanotte: per
vedere se è preservato il ritmo circadiano. Nel Cushing non c’è discesa notturna. Su campioni
ematici o di saliva. Cortisolo libero urinario: CLU delle 24 ore stima la secrezione giornaliera. 2 o 3
raccolte, diagnostici per Cushing valori almeno 1 volta e mezza i normali. 17-idrossiprogesterone:
elevato nel deficit della 21-idrossilasi o quando la sintesi di cortisolo è sregolata come nei
carcinomi corticosurrenalici (con aumento anche del cortisolo). Per valori superiori a 100ng/ml è
diagnosi tra 100 e 10 si conferma un difetto meno grave con stimolo di ACTH. Nelle donne è
meglio farlo in fase follicolare del ciclo mestruale. Androgeni surrenalici: in difetti della
steroidogenesi e carcinomi corticosurrenalici sono elevati DHEA, androstenedione e
testosterone. Nell’adrenoleucodistrofia (in generale insufficienza surrenalica) sono bassi.
Precursori cortisolo: deficit steroidogenesi. Aldosterone e renina: andrebbero dosati insieme. Si
fa in ipertesi giovani o con incidentaloma. Alto aldosterone e bassa renina sono da
iperaldosteronismo primario da confermare. Nel secondario aldosterone e renina elevati
insieme. Aldosterone basso nei deficit di steroidogenesi (nel 21idrossilasi è con renina alta).
ACTH plasmatico: serve nella diagnosi differenziale (primaria/secondaria) dell’insufficienza
surrenalica, nella diagnosi differenziale delle diverse forme di Cushing (non distinguono però tra
ectopico e morbo anche se nell’ectopico è più alto) e in deficit della steroidogenesi.
Catecolamine: dosate nel feocromocitoma: adrenalina e noradrenalina, metanefrina e
normetanefrina (cataboliti delle catecolamine) e acido vanilmandelico (catabolita delle
metanefrine).

Test provocativi o inibitori: Stimolo con ACTH e stimolo con CRH(varie diagnosi eziologiche),
ipoglicemia insulinica (nell’insufficienza surrenalica poiché l’insulina induce stress ipoglicemico
che dovrebbe provocare secrezione di ACTH e cortisolo), inibizione con desametasone ad basse
dosi (dovrebbe con feedback negativo inibire la produzione di cortisolo, ma non nel Cushing),
inibizione con desametasone ad alte dosi (diagnostica differenziale del Cushing ACTH-
dipendente), conferma di aldosteronismo con test al carico salino, test alla clonidina
(feocromocitoma).

Emergenze nelle patologie surrenaliche:

Insufficienza surrenalica acuta: spesso shock dovuto a patologie + fattori precipitanti.


Etiopatogenesi: Primitiva: distruzione e disfunzione della ghiandola che coinvolge tutte e tre le
zone e quindi tutti e tre i tipi di ormoni. Causata da malattie autoimmuni, neoplasie, malattie
infiltranti, infezioni, emorragie, iatrogene, iper e ipoplasia surrenale congenita,
adrenoleucodistrofia. Si hanno manifestazioni dopo distruzione del 90% della ghiandola. Deficit
di aldosterone dà perdita di liquidi e squilibri elettrolitici, ipovolemia, riduzione gittata e shock
ipovolemico. Secondaria: tumori, infezioni, infiammazioni, iatrogene, deficit ACTH, soppressione
asse ipotalamo-ipofisi-surrene, glucocorticoidi esogeni.

Clinica: la crisi dà pericolo di vita. Conta più il deficit di aldosterone. Fase cronica: devolezza,
anoressia, vertigini, perdita di perso, dolore addominale acuto, iperpigmentazione (solo se
primitiva). Crisi acuta: shock ipovolemico, tachicardia, febbre, ipotensione, disidratazione, nausea
e vomito, ipoglicemia. L’emorragia surrenalica acuta provoca un quadro infausto rapidamente,
con severa ipotensione, cianosi, coma e morte. Dolore addominale e ai fianchi.
Diagnosi: si deve cercare iponatriemia, iperpotassiemia, ura elevata, anemia. Cortisolemia. Il test
di stimolazione con ACTH può servire.
Terapia: idrocortisone, reidratazione nella crisi acuta, nell’insufficienza cronica sempre
cortisonici.

Feocromocitoma: può dare crisi ipertensiva causando anche insufficienza ventricolare sinistra,
dissezione aortica, insufficienza renale ed edema polmonare. Terapia: Farmaci anitipertensivi per
via parenterale. C’è moderata resistenza.

Malattie del sistema riproduttivo maschile (cap. 7)

Il sistema riproduttivo maschile regola nella vita embrionale la differenziazione sessuale, nella
pubertà la crescita e la virilizzazione, nell’età adulta la spermatogenesi, la fertilità, la libido e il
mantenimento della massa muscolare e ossea.

Sviluppo embrionale
Il testicolo fetale si sviluppa dalla gonade indifferenziata grazie ad una cascata genetica
innescata da SRY (sex-related gene on the Y chromosome). Questo gene induce la
differenziazione delle cellule di Sertoli, che circondano le cellule germinali, formano i tubuli
seminiferi e inducono la regressione delle strutture di Müller. Le cellule di Leydig fetali migrano
nella gonade dall’adiacente mesonefro e producono testosterone: questo stimola la crescita, la
differenziazione dei dotti di Wolff (dai quali si formano epididimo, vasi deferenti, vescichette
seminali. Il testosterone viene anche convertito in DHT, che induce la formazione della prostata e
dei genitali esterni. Altra funzione delle cellule di Leydig è l’induzione della discesa testicolare
attraverso il canale inguinale.

Pubertà
La pubertà consiste nella maturazione dell’asse ormonale riproduttivo e nello sviluppo delle
caratteristiche sessuali secondarie; coinvolge una risposta coordinata di più sistemi ormonali che
includono surrene e GH 25. Essa è preceduta e avviata dall’adrenarca (6-8 anni), periodo in cui i
surreni iniziano a produrre più androgeni; il processo è quindi accelerato dall’attivazione
dell’asse ipotalamo-ipofisario con la produzione di GnRH. Gli stadi iniziali della pubertà sono
caratterizzati da picchi notturni di LH e FSH con aumento della produzione di testosterone: si
osservano crescita dei testicoli, approfondimento del tono della voce, maggior crescita
muscolare. La conversione del testosterone a DHT provoca la crescita dei genitali esterni, della
prostata, dei peli pubici e facciali, nonché la regressione dell’attaccatura dei capelli. Il GH
aumenta precocemente durante la pubertà e, attraverso l’IGF-1, stimola la crescita lineare delle
ossa. L’esposizione prolungata agli steroidi sessuali durante la pubertà (principalmente
all’estradiolo) provoca alla fine chiusura della piastra epifisaria e limita l’ulteriore crescita ossea.

Regolazione della funzione testicolare


Il GnRH ipotalamico stimola la produzione sia dell’FSH che dell’LH: poiché la sua secrezione è
pulsatile (ogni due ore) anche le due gonadotropine hanno un profilo secretorio simile.
L’LH agisce sulle cellule di Leydig, stimolando la loro secrezione di testosterone, il quale
retroinibisce sia FSH e LH che GnRH. L’FSH agisce sulle cellule di Sertoli per regolare la
spermatogenesi e per stimolare la produzione di inibina B, un ormone peptidico che retroinibisce
selettivamente la secrezione di FSH.

Androgeni
L’LH si lega al suo recettore accoppiato a proteina G, inducendo la protina StAR (steroid acute
regulatory), che trasporta colesterolo nel mitocondrio. Il colesterolo è trasformato
progressivamente in pregnenolone, progesterone, 17-idrossi-progesterone, androstenedione e
quindi in testosterone. Questo può essere ulteriormente trasformato in diidrotestosterone
(DHT) o in estradiolo. Nei maschi il 95% del testosterone circolante è di origine testicolare, la
restante quota è surrenalica. Solo una piccola quantità di DHT è secreta direttamente dal
testicolo: la maggior parte deriva dalla conversione periferica del testosterone, così come
succede per l’estradiolo. Il testosterone circolante è legato per il 98% a due proteine
plasmatiche, l’albumina e la globulina legante ormoni sessuali (SHBG), delle quali la seconda ha
un’affinità molto maggiore; la restante quota è libera. La quantità ematica di SHBG influenza la
quota libera ed è a sua volta dipendente da varie condizioni. Il testosterone è metabolizzato nel
fegato, dove viene prima metabolizzato e coniugato, quindi escreto per via renale.
Il recettore per gli androgeni, strutturalmente correlato ai recettori per gli estrogeni,
glucocorticoidi e progesterone, si trova nel citoplasma e nel nucleo; il suo legame con il ligando
provoca la traslocazione nucleare e l’interazione con il DNA.

Spermatogenesi
I tubuli seminiferi sono condotti convoluti che sfociano nella rete testis, una rete di dotti che alla
fine costituisce l’epididimo. Le pareti dei tubuli sono formate da miociti e cellule di Sertoli, tra le
quali ci sono le cellule germinali. Queste seguono un processo differenziativo e maturativo che
dura 74 giorni, quindi vengono rilasciate come spermatozoi maturi e vengono trasportate grazie
a movimenti peristaltici nell’epididimo, dove sostano altri 21 giorni. La spermatogenesi è
sostenuta dalla cooperazione dell’FSH con il testosterone.

Ipogonadismi maschili
Condizione di inadeguata funzione testicolare con riduzione o assenza di una delle due funzioni
testicolari: produzione di testosterone e spermatozoi, o di entrambe.

Etiopatogenesi:
• la differenziazione della gonade in testicolo avviene intorno alla 6° settimana di vita
fetale e dipende dal cromosoma Y (gene SRY).
• La secrezione di testosterone del testicolo fetale è regolata dall’hCG.
• L’ormone anti-mulleriano AMH prodotto dalle cellule del Sertoli media la regressioe dei
dotti di Muller .T media la differenziazione dei dotti di Wolff in epididimi, vasi deferenti,
vescichette seminali,
• Grazie al DHT si formano anche i genitali esterni (12° settimana) che è anche il principale
induttore dello sviluppo della prostata.
• II-III trimestre di gravisanza il T è prodotto e consente la discesa dei testicoli nello scroto,
l'ulteriorie crescita del pene e corretto posizionamento di uretra e glande.
• T è prodotto fino alla nascita, quando la caduta dell’hcG induce un aumento di
gonadotropine per mancato feedback negativo. Il T resta così alto per 2-3 mesi.
• Dopo il 6° mese di vita si ha fisiologico ipogonadismo ipogonadotropo e si abbassano di T
e gonadotropine.
• Alla pubertà aumenta GnRH e quindi LH ed FSH e poi T che induce i caratteri sessuali
secondari e con l’FSH la spermatogenesi.
• Il T ha effetti periferici quando viene trasformato in DHT (crescita di pepli, pene e scroto)
ed estradiolo (saldatura carticolagini epifisarie dopo lo spurt di crescita).

Clinica: L’ipogonadismo può essere primitivo (testicolo), secondario (ipotalamo-ipofisi) o misto.


Anche riduzione SHBG e alterazione del recettore del T possono dare ipogonadismo clinico. I
sintomi dipendono dall’età.
• Un ipogonadismo a inorgenza molto precoce – VEOH - nella vita fetale, può dare
completa femminizzazione o difetti virilizzazione (micropene, criptorchidismo).
• Ipogonadismo peri-puberale, EOH, c’è sviluppo puberale ritardato o incompleto (pochi
peli, voce acuta, pene e testicoli piccoli).
• Ipogonadismo post-puberale, LOH i sintomi sono lievi, insidiosi o difficili da riconoscere.
• EOH e VEOH sono spesso dovuti a cause non comuni, spesso genetiche. LOH è spesso
ipogonadismo età-correlato, sindrome deficit di testosterone (TDS); può essere associato
a diabete tipo 2, obesità o farmaci, ad eziologia comunque ignota.

Sindrome di Klinefelter: SK è la forma più frequente (0,2%) di ipogonadismo maschile. Nel 90%
dei casi c’è un corredo a 47 cromosomi XXY, per il 10% c’è mosaicismo 46XY/47XXY o altre
aneuploidie (48 XXXY, 48XXYY).

Clinica
Testicoli piccoli, ginecomastia, assente spermatogenesi, alta statura con arti inferiori lunghi,
spesso quadro clinico sfumato per cui la diagnosi in ¼ dei casi è fatta in epoca pre-pubere. Nel
periodo prepubere la sindrome di Klinefelter si manifesta con difficoltà di apprendimento e
linguaggio e criptorchidismo. La pubertà avviene perché il testosterone è sufficiente ma si ha
scarsa crescita della barba, disfunzione erettile, riduzione della libido e testicoli piccoli, infertilità
con azoospermia. Si ha in genere basso T con alte gonadotropine, soprattutto FSH. Per il deficit
di androgeni si hanno osteoporosi e astenia. Maggiore incidenza di tumore alla mammella,
obesità, diabete e vene varicose. La diagnosi si fa con il cariotipo. Azospermia per lo più,
spermatozoi rari, un po’ meno nei soggetti giovani.

Criptorchidismo: difetto urogenitale congenito più frequente negli uomini. (1,8-8,4%). La


discesa dei testicoli è in due fasi: prima fase con testicolo che si ancora all’anello inguinale
tramite il gubernaculum (che impedisce la salita del testicolo quando la cavità addominale si
accende). Seconda fase con passaggio attraverso il canale inguinale e localizzazione nello scroto,
fase sotto il controllo androgenico per cui il criptorchidismo è più comune negli ipogonadismi
congeniti. Nei 2/3 dei criptorchidismi la discesa è poi spontanea nei primi mesi, se non avviene si
fa chirurgicamente (orchidopessi). Il criptorchidismo infatti aumenta il rischio per l’infertilità e
per il cancro ai testicoli.

Ipogonadismo ipogonadotropo (HH) congenito: deficit congenito di GnRH. Micropene,


ipospadia, criptorchidismo sono frequenti in questi soggetti. A volte anosmia/iposmia o
palatoschisi. Alla pubertà né maturazione sessuale né crescita. Raramente il deficit di GnRH c’è
solo in età adulta. Se non si tratta il paziente diviene eunucoide (pochi peli, pene piccolo, aspetto
infantile). Le masse muscolari sono ipotrofiche. Poiché l’attività aromatasica dipende dalle
gonadotropine, in questi pazienti non c’è molto estradiolo (oltre a poco testosterone) e quindi
niente ginecomastia. Ridotta libido e ridotto eiaculato (prodotto da ghiandole androgeno-
dipendenti). C’è sia HH idiopatico normosmico che sindrome di Kallmann, con anosmia (e a volte
palatoschisi, sindattilia, agenesia renale unilaterale). Se è avvenuto parziale sviluppo puberale il
fenotipo è più sfumato. Nella sindrome di Kallmann sono stati individuati diversi geni mutati
(anosmia-1 associata a KAL 1 e X-linked, FGF8 e FGFR associati a KAL2 e AD, e altri). L’HH isolato
normosmico è associato a mutazioni del gene della leptina, DAX-1 (con ipoplasia surrenale),
GnRH (AR) e tanti altri.

Ipogonadismo ipogonadotropo acquisito-sindrome metabolica: SM è una sindrome con fattori


di rischio cardio-metabolici come iperglicemia, ipertrigliceridemia,basse HDL, ipertensione e
obesità viscerale, insulino-resistenza. SM è associata a deficit di T.

Terapia degli ipogonadismi: somministrazione di T per ripristinare la normale virilizzazione. Nei


pazienti sopra i 50 anni valutare prima i livelli di PSA e fare esplorazione rettale. Per la fertilità si
danno hCG o GnRH per indurre spermatogenesi.
Infertilità maschile: impossibilità di concepire dopo almeno dodici mesi di rapporti liberi con
una partner fertile, l’infertilità di coppia è lo stesso tra due soggetti. L’infertilità è un problema
per 1/3 maschile, 1/3 femminile e 1/3 di coppia. Può essere primaria (l’uomo non ha mai
fecondato) e secondaria.

Etipatogenesi: è associata spesso a patologie genetiche, come la Klinefelter o mutazioni in AZF


(azoospermia factor). Ci sono poi malformazioni anatomiche (epi-ipospadia), patologie infettive,
vascolari (varicocele), immunologiche, endocrino-metaboliche, traumatiche e farmaci
(antidepressivi, spironolattoni).

Clinica
– anamnesi di coppia
– anamnesi uomo
– valutazione stato generale e EO anche dei genitali, valutazione volume testicolare con
oschidometro di Prader
– valutazione varicocele in orto e clinostatismo
– esplorazione inguinale e rettale
Diagnosi
– Dall'esame del liquido seminale Si distingue azoospermia (assenza di spermatozooi),
normozoospermia, oligozoospermia (pochi), astenozoospermia (meno mobili),
teratozoospermia (alterata morfologia), oligoastenoteratozoospermia o OAT (numero,
motilità, morfologia), criptozoosperima (rari spermatozoi nel sedimento). Per la diagnosi è
necessaria la valutazione di 2 o più esami del liquido seminale eseguiti a distanza di tre
mesi l'uno dall'altro perché il periodo per la maturazione dalla fase spermatogoniale a
spermatozoo è 72 giorni.
– Se c'è leucocitosi nell'eiaculato c'è sospetto di patologia infettivo-infiammatoria.
– Ecografia transrettale per lo studio di patologia prostatica e vescicolare
– citoaspirato e biopsia nella gestione della coppia infertile che si sottopone alla
fecondazione assistita.

Terapia
Per forme batteriche terapia antibiotica. Sono difficilmente risolvibili le forme croniche con
danni irreversibili morfofunzionali testicolari epididimari o vescicolo-prostatici.
– Gonadotropine: se il deficiti di GT è responsabile dell'assenza di spermatogenesi
– Testosterone: mesterolone, testosterone, unecanoato
– antiossidanti: glutatione e vitamina E
– carnitina e acetil-carnitina: L carnitina è una molecola solubile presente nel plasma e a
livello tissutale, la carnitina è un cofattore essenziale per il trasferimento di lipidi nel
mitocondro, dove vengono metabolizzati a scopo energetico nel processo di B
ossidazione → indicazione specifica nell'ipomotilità nemaspermica.
– Chirurgia per criptorchidismo, varicocele sintomatico.

Disfunzione erettile

l termine impotenza è stato sostituito da quello meno dispregiativo di disfunzione erettile. Si stima che negli USA ne
siano affetti da 10 a 20 milioni di uomini di età > 18 anni. La prevalenza è del 52% negli uomini tra i 40 e i 70 anni di età
e aumenta con essa. Tuttavia, gli uomini possono godere dell'attività sessuale per tutta la durata della vita; sebbene la
quantità e la forza dell'eiaculato e della tensione muscolare diminuisca, la disfunzione erettile non è inevitabile con
l'invecchiamento, anche nei settantenni e ottantenni.
Eziologia
Raramente la disfunzione erettile è primaria (l'uomo non è mai stato in grado di ottenere o sostenere erezioni), che è
quasi sempre dovuta a fattori psicologici (senso di colpa sessuale, paura dell'intimità, depressione, grave stato o
ansioso) e meno frequentemente dovuta a fattori biologici (di solito associata a bassi livelli di testosterone che riflettono
disordini dell'asse ipotalamo-ipofisirio-gonadico). La disfunzione erettile secondaria si verifica quando un uomo che
precedentemente poteva ottenere e sostenere erezioni, non è più in grado di farlo. Più del 90% di questi casi è di natura
organica.
La principale causa di disfunzione erettile è vascolare; altre ampie categorie patogenetiche comprendono disordini
ormonali, l'uso di farmaci e malattie neurologiche. Una disfunzione erettile transitoria di qualunque eziologia può
provocare difficoltà psicologiche secondarie che confondono il problema. La disfunzione erettile può essere legata alla
situazione, che coinvolge un luogo, un particolare partner, alcuni fallimenti percepiti come competitivi o deficit
dell'autostima. Non si possono trascurare i fattori psicologici che possono accompagnare patologie organiche e si
devono sempre considerare. Questi possono essere la causa o la conseguenza della disfunzione erettile.
Patologie vascolari: i principali tipi di problemi vascolari che possono dar luogo a una disfunzione erettile, sono la
malattia aterosclerotica delle arterie peniene, l'inadeguata impedenza del deflusso venoso (fughe venose) o una
combinazione di entrambe. Con l'età e le malattie sottostanti (p. es., aterosclerosi, ipertensione), la dilatazione dei vasi
arteriosi e il rilasciamento dei muscoli lisci decresce, diminuendo la quantità di sangue che entra nel pene. Le fughe
venose rendono difficoltoso per il sangue rimanere nel pene durante l'erezione. Le patologie che accelerano
l'aterosclerosi (p. es., diabete, fumo, ipertensione) aumentano la prevalenza della disfunzione erettile. Le nuove
conoscenze di alcuni dei regolatori del tono vascolare (p. es., ossido nitrico) possono condurre alle future terapie.
Patologie ormonali: problemi ormonali (p. es., prolattina elevata, ipotiroidismo e ipertiroidismo, sindrome di Cushing)
possono causare disfunzione erettili. Sebbene l'ipogonadismo (testosterone basso e bassa biodisponibilità di
testosterone) sia associato a una diminuzione della libido, il legame tra testosterone e capacità erettile non è chiaro.
Farmaci: i farmaci sono responsabili di circa il 25% dei casi (v. Tab. 220-1).
Malattie neurologiche: le malattie neurologiche (p. es., accidente cerebrovascolare, epilessia del lobo temporale,
patologia sensoriale e del sistema nervoso autonomo, lesioni del midollo spinale) sono spesso correlate in maniera
causale alla disfunzione erettile.
Il 40% degli uomini sottoposti a resezione transuretrale della prostata, va incontro a problemi erettili. Resezioni
chirurgiche della prostata più estese possono essere associate a una più elevata prevalenza di disfunzione erettile.
Anche l'eiaculazione retrograda (il liquido prostatico che inverte il flusso verso la vescica) è conseguenza frequente della
resezione transuretrale della prostata.
Diagnosi
Una valutazione medica generale comprende un'anamnesi positiva per assunzione di farmaci, alcol, fumo, diabete,
ipertensione e aterosclerosi; l'esame dei genitali per la ricerca di bande o placche fibrose (malattie di Peyronie) e la
valutazioni di segni di patologie vascolari, ormonali o neurologiche.
Le indagini di laboratorio dovrebbero comprendere la misurazione del glucoso plasmatico, della funzione tiroidea e del
testosterone sierico (totale e biodisponibile [testosterone non legato globulina legante l'ormone sessuale]). I livelli
dell'ormone luteinizzante, dell'ormone follicolo stimolante e della prolattina possono essere utili; è difficile porre
correttamente la diagnosi di ipogonadismo soltanto con la concentrazione di testosterone totale.
Quando l'eziologia è incerta, può essere di un qualche aiuto il test della tumescenza peniena notturna (Nocturnal Penile
Tumescence, NPT) ma di solito non nei pazienti anziani, che possono avere NPT anormale ma erezioni valide o NPT
normale ma erezioni non valide. Episodi di NPT spesso accompagnano i movimenti rapidi degli occhi del sonno (Rapid
Eye Movement, REM). Il paziente può essere monitorato per le erezioni notturne in uno speciale laboratorio del sonno.
L'assenza di erezioni notturne sta fortemente a indicare una base organica. Tuttavia, la presenza di erezioni notturne
non necessariamente indica la presenza di erezioni valide da svegli.
Può essere utile valutare gli indici vascolari. Per esempio, l'indice di pressione penieno-brachiale (la PA sistolica nel
pene diviso la PA sistolica nel braccio) può indicare il rischio di un altro evento vascolare principale (p. es., ictus, IMA),
anche in pazienti asintomatici.
È vitale vagliare la presenza di depressione, che non sempre può essere palese. Negli uomini anziani, la "Beck
Depression Scale" o la "Yesavage Geriatric Depression Scale" sono semplici e facili da effettuare. Si devono studiare
anche le relazioni personali. Se è presente un conflitto o la comunicazione con un partner è difficile, può essere d'aiuto
una consulenza psicologica.
Terapia
Nei casi in cui si trova una causa (p. es., prolattinoma, ipotiroidismo), la terapia deve essere diretta contro la patologia
sottostante.
La rassicurazione dopo un attento esame obiettivo e i necessari esami di laboratorio sono un primo fondamentale passo.
L'istruzione è importante per dissipare i falsi miti e la cattiva informazione. Si deve fare ogni sforzo per coinvolgere la
partner del paziente. Si dovrebbero presentare al paziente opzioni appropriate in modo che lui e la sua partner possano
scegliere quella di loro preferenza. Un anello costrittivo, che può essere di metallo o di plastica o una fascia di cuoio con
fibbia (come quelli venduti nei sexy-shop), aiutano i pazienti con fughe venose. Tuttavia, questi anelli sono inutili se il
paziente non ha un'erezione. La terapia delle disfunzioni organiche può prevedere l'impiego del sistema vacuum, un
dispositivo a forma di ampolla che usa la pressione negativa per convogliare sangue nel pene, con una fascia o anello
collocato alla base del pene per mantenere l'erezione; può essere adatto a pazienti con una relazione stabile che hanno
rapporti una o due volte a sett. Una contusione ecchimotica del pene, punta del pene fredda o mancanza di spontaneità
sono alcuni svantaggi di questa metodica.
La terapia iniettiva peniena impiegando alprostadil (PGE1) può dare luogo a un'erezione con una durata media di circa
60 min. I rischi comprendono ematoma del pene, sanguinamento nel pene e priapismo (v. Cap. 219). La quantità di
materiale iniettato dovrebbe essere dosata dal medico al livello adatto a minimizzare il priapismo; il paziente può quindi
effettuare l'autoiniezione a casa. L'incidenza di priapismo è inferiore con PGE1 intrauretrale che con iniezioni peniene.
Il sildenafil è un farmaco orale messo in commercio recentemente. Promuove l'erezione potenziando l'effetto dell'ossido
nitrico sulla muscolatura liscia vasale, aumentando così il flusso ematico verso il pene. Crea una risposta erettile più
normale poiché funziona soltanto in un concomitante contesto sessuale. Il farmaco deve essere preso 30-60 min prima
del rapporto ed è controindicato in persone che assumono nitrati; causa cefalea in circa il 16% dei consumatori.
La terapia chirurgica per il posizionamento di una protesi peniena può far ristabilire l'erezione ma implica il rischio
dell'anestesia, di infezione e di malfunzionamenti della protesi. In alcuni studi, non è stata dimostrata la superiorità della
terapia farmacologica con l' α-bloccante yohimbina rispetto al placebo. Si è dimostrato efficace nella disfunzione erettile
psicogena; tuttavia, l'ipertensione e le alterazioni epatiche rendono il suo impiego non ideale.
La terapia con testosterone per l'ipogonadismo può provocare marcati miglioramenti nella libido. Le formulazioni di
testosterone iniettive o transdermiche sono preferibili alle formulazioni orali, che comportano un significativo rischio di
disfunzione epatica. Gli effetti sfavorevoli possono comprendere policitemia (e aumentato rischio di ictus), ginecomastia,
aumento della prostata e ritenzione di Na e acqua. L'Htc deve essere esaminato per lo meno ogni 3 mesi e devono
essere effettuati periodicamente l'esame della prostata, la determinazione dell'antigene prostatico specifico e gli esami di
funzionalità epatica. Se l'ematocrito è 54%, il testosterone deve essere interrotto o il paziente deve sottoporsi a salassi
se desidera continuarlo.
La terapia comportamentale e le altre terapia per l'ansia e la depressione e una consulenza psicologica per disfunzioni
relazionali devono essere parte della terapia. Si devono prendere in considerazione le problematiche del partner (p. es.,
vaginite atrofica, sesso sicuro). La disfunzione erettile non è inevitabile o inalterabile.

Valutazione endocrina della funzione testicolare: Anamnesi con ricerca di familiarità per
patologie endocrine e informazioni su discesa testicoli, pubertà, traumi e interventi, infezioni e
malattie, farmaci e droghe. Importante valutare la morfologia genitale e presenza e volume
testicoli. Un volume testicolare ridotto (meno di 15 ml) sono di frequente riscontro
nell’azoospermia. Valutare varicocele con valsalva (è molto più comune a sinistra). Oltre ai test
elencati dopo pssiamo fare analisi del liquido seminale, analisi genetica o ecografia testicolare.

Determinazione dei livelli sierici dell'ormone luteinizzante (LH) e del follicolo-stimolante (FSH): l'LH e l'FSH
devono essere determinati in tre campioni di sangue prelevati a distanza di 20 minuti poiché le secrezioni pulsatili si
verificano a intervalli di 90-120 minuti e si deve documentare la loro presenza o assenza. Le concentrazioni sieriche di
LH e FSH sono in genere < 5 mUI/ml prima della pubertà, presentano un incremento notturno nell'ultima parte della
pubertà e fluttuano in modo pulsatile tra valori di 5 e 20 mUI/ml negli adulti. Nei maschi adulti con livelli ematici bassi di
testosterone e alti di gonadotropine, si deve sospettare un'insufficienza testicolare primitiva, mentre livelli di
gonadotropine bassi o normali e bassi di testosterone indicano un disturbo ipotalamico o ipofisario. Nei bambini con
bassa statura e sviluppo puberale ritardato, i livelli bassi di testosterone e gonadotropine possono anche essere
compatibili di ritardo costituzionale.
Test di stimolazione con la gonadotropina corionica umana (hCG): l'hCG stimola le cellule di Leydig, così come fa
l'LH, con cui condivide una subunità della sua struttura, e la produzione testicolare di testosterone. Il test di stimolazione
con hCG serve a valutare l'integrità della funzione testicolare e consiste nel somministrare 500 UI/ 1,7 m2 negli adulti o
100 UI/kg nei bambini di hCG. I livelli di testosterone dovrebbero almeno raddoppiare dopo 3-4 giorni.
Test con citrato di clomifene: il clomifene citrato è un estrogeno debole che inibisce il legame dell'estradiolo ai recettori
degli estrogeni e quindi l'attivazione recettoriale. Poichè l'estradiolo è un inibitore importante della secrezione delle
gonadotropine plasmatiche, il blocco recettoriale da parte del clomifene determina una riduzione del feedback negativo
sulla secrezione delle gonadotropine da parte degli estrogeni circolanti. La risposta normale di tipo adulto al clomifene
citrato, 100 mg PO bid, consiste in un incremento del 50%-250% dell'LH, del 30-200% dell'FSH e del 30-200% del
testosterone. Questi incrementi sono ridotti o assenti nel caso di disturbi ipotalamici o ipofisari.

Determinazione del testosterone sierico: le concentrazioni di testosterone aumentano durante tutta la pubertà
da < 20 ng/dl (< 0,7 nmol/l) a valori compresi tra 300 e 1200 ng/dl (10,5 e 41,5 nmol/l) nell'età adulta. La secrezione del
testosterone sierico è pulsatile e circadiana. Nella seconda parte della pubertà, i livelli sono più elevati di notte che di
giorno. Un singolo prelievo ematico è sufficiente per stabilire se i livelli di testosterone circolante sono normali. Poichè
il 98% del testosterone è legato a proteine di trasporto nel sangue (testosterone-binding globulin), le alterazioni dei livelli
di queste proteine inficiano la concentrazione del testosterone ematico totale. Valori di T libero inferiori a 225 pmol/l sono
indicativi di ipogonadismo.
Test di stimolazione con ormone stimolante le gonadotropine (GnRH): la somministrazione di 100 µg (2,5 µg/kg nei
bambini) di GnRH mediante iniezione EV rapida stimola in modo diretto l'ipofisi a secernere LH e FSH, che vengono
determinati ogni 20-30 minuti per 2 ore. La risposta al GnRH negli adulti consiste soprattutto nell'aumento dell'FSH con
uno scarso o assente incremento dell'LH. Durante la pubertà, l'LH e l'FSH aumentano più o meno allo stesso modo di
due o tre volte. Nell'età adulta, l'LH aumenta di due-cinque volte rispetto al valore di base, mentre l'FSH aumenta di due
volte. Nei pazienti con ipopituitarismo questo test determina un aumento inadeguato o assente di gonadotropine, mentre
i pazienti con malattie ipotalamiche possono presentare un aumento normale o insufficiente, dovuto quest'ultimo
all'atrofia gonadotropica da stimolazione endogena di GnRH insufficiente. Nei pazienti con malattie ipotalamiche, come
la sindrome di Kallmann (v. sopra), la somministrazione di boli ripetuti di GnRH può riportare la secrezione gonadotropica
ai livelli normali.

Malattie del sistema riproduttivo femminile (cap. 8)

Costituito dagli organi genitali interni: ovaie, utero, tube ed esterni come la vagina. La follicolo
genesi dura 375 giorni per cui nelle ovaie ci sono sempre follicoli in ogni fase dello sviluppo.
Nella vita intrauterina si formano i follicoli primordiali che già dalla nascita si riducono fino a
divenire 300000 in pubertà. Una parte di questi follicoli sarà avviata alla follicologenesi. Durante
il ciclo mestruale inizia la fase finale della maturazione del follicolo. Il ciclo è composto di diverse
fasi.
Fase follicolare: Durante questa fase si assiste ad un sempre maggiore aumento dei livelli di FSH
(grazie ai bassi livelli di inibine e progesterone), come nell’uomo stimolato dal GnRH ipotalamico,
che stimola la crescita del follicolo e soprattutto delle cellule della granulosa che esprimono il
recettore per l’FSH. Il follicolo passa da primordiale a primario, a secondario, a follicolo terziario
(antrale), con sviluppo di una teca interna ed esterna, della zona pellucida e dell’ovocita stesso
che cresce di dimensioni. Nel frattempo vi è anche aumento dell’LH. Le cellule della teca
producono sotto stimolo dell’LH androstenedione che le cellule della granulosa, sotto lo stimolo
dell’FSH trasformano in testosterone e poi grazie all’aromatasi in estradiolo. L’estradiolo
aumenta la sensibilità dell’ipofisi al GnRH e quindi aumentano ancora i livelli di FSH ed LH. In
sinergia con l’FSH, l’estradiolo fa esprime alle cellule della granulosa maggiormente i recettori
per FSH ed anche quelli per LH. Il sistema teca interna-granulosa produce sempre più estrogeni.

Fase ovulatoria: Quando il follicolo è maturo, all’incirca il 14° giorno la produzione di estrogeni e
progesterone al momento del picco accoppiato di LH ed FSH stimola l’ovulazione grazie anche a
produzione di metalloproteasi, e si ha l’estromissione dell’ovocita.

Fase luteinica: dopo l’ovulazione il follicolo si accartoccia e le cellule tecali e della granulosa che
ora esprimono tutte il recettore dell’LH, sotto lo stimolo di questo ormone differenziano a
formare il corpo luteo, che produce estrogeni e progesterone e inibina A. Inibina A e
progesterone soprattutto inibiscono la produzione di GnRH e LH ed FSH cosicchè si ha il crollo di
questi ormoni, il corpo luteo degenera e si ha “sindrome da deprivazione”. Se c’è fecondazione a
sostituire le gonadotropine interviene l’hCG che stimola il corpo luteo a continuare a secernere
estrogeni e progesterone. Se non c’è ovulazione si ha luteolisi con il corpo luteo che regredendo
non produce più progesterone, inibina A ed estrogeni (estradiolo) e pertanto può ripartire la
produzione di GnRH e di FSh e dunque una nuova fase follicolare. Il ciclo ovarico va di pari passo
con quello uterino. La fase follicolare corrisponde a quella proliferativa con gli estrogeni
(estradiolo) prodotti dalla granulosa che comportano lo sviluppo dell’endometrio, di nuove
ghiandole e vasi. La fase luteinica corrisponde a quella secretiva, nella quale il progesterone
blocca la crescita endometriale, ma stimola la secrezione di glicopeptidi che fungono da
nutrimento per la blastocisti, compaiono ghiandole tortuose e ingrossate e vasi a cavatappi,
stroma edematoso e sviluppo di cellule che, se manca il progesterone, producono le
prostaglandine che portano alla vasocostrizione che causa l’ischemia e l’emorragia endometriale
(mestruazione). Se c’è produzione di hCG, come dopo la fecondazione, il corpo luteo non
regredisce, non viene a mancare il progesterone e non c’è produzione di prostaglandine e
dunque niente mestruazione.

Amenorree: a parte amenorree fisiologiche come la prepubertà, la gravidanza e l’inizio


dell’allattamento, e la post-menopausa si distinguono in primarie (a 16 anni nessun flusso) e
secondarie (3 mesi senza flusso).

Etiopatogenesi:
– Primaria: spesso causata da disordini genetici. Bisogna distinguere la presenza o meno
dei caratteri secondari sessuali. Presenza di utero, ma non mammelle: agenesia o
disgenesia gonadica come nella sindrome di Turner, deficit di sintesi di estrogeni, difetti
ipotalamici o ipofisari (tipo deficit GnRH come Kallmann), difetto di secrezione delle
gonadotropine (tumori o danni ipofisari). Assenza di utero, con mammelle: deficit nella
sintesi di androgeni, precoce regressione testicoli in vita fetale (cariotipo XY) o agenesia
uterina (XX). Se i caratteri sessuali secondari sono normali: difetti di pervietà vaginale,
difetti uterini, cause di amenorree secondarie molto precoci.
– Secondaria:
– Cause uterine: interventi.
– Ovariche: insufficienza ovarica prematura (POF) da cause genetiche, autoimmuni o
resistenza alle gonadotropine.
– Anovulazione cronica: L'anovulazione cronica rappresenta la più frequente forma di amenorrea
tra le donne in età riproduttiva che non sono gravide. Nessuna anomalia anatomica degli organi
bersaglio impedisce la mestruazione. L'anovulazione cronica può essere vista come una situazione
stabile in cui non è più operante il ritmo mensile che provoca le mestruazioni. Il termine anovulazione
cronica implica l'esistenza di follicoli ovarici in grado di funzionare e la possibilità di indurre o di
ripristinare l'ovulazione con un opportuno trattamento. L'unità ipotalamo-ipofisaria sembra intatta, ma
esiste un'alterazione funzionale che causa un'anomala secrezione gonadotropinica. L'anovulazione
cronica può essere dovuta a una disfunzione ipotalamica, ipofisaria o di altro tipo o a un inappropriato
feedback ormonale (v. Tab. 235-1). Ci sono delle evidenze che indicano come la forma ipotalamica
rappresenti un gruppo eterogeneo di disturbi che determinano delle manifestazioni simili e a cui
contribuiscono in varia misura gli stress emozionali e fisici, la dieta, la struttura corporea, l'attività fisica,
i fattori ambientali e altri fattori sconosciuti. Un inappropriato feedback può essere dovuto a un
anomalo tamponamento che coinvolge la globulina che lega gli ormoni sessuali (p. es., nelle
epatopatie), a un'eccessiva produzione extraghiandolare di estrogeni (p. es., nell'obesità), a un
eccesso funzionale di androgeni (ovarici o surrenalici) o a disturbi quali la sindrome dell'ovaio
policistico. L'anovulazione cronica è caratterizzata da livelli bassi o normali di gonadotropine, da un
ipoestrogenismo relativo e dall'amenorrea; tuttavia, un irregolare e profuso sanguinamento uterino può
verificarsi a causa di una stimolazione estrogenica non controbilanciata
– Una causa è l’iperandrogenismo come nella sindrome dell’ovaio policistico, PCOS,
o anche Cushing o sindromi adrenogenitali.

Diagnosi: le cause sono da approfondire se


– non ci sono segni di pubertà a 13 anni,
– non c’è flusso a 16 o 5 anni dopo la pubertà.

Anamnesi ed esame obiettivo: dopo aver escluso gravidanze si cercano anomalie di crescita e
sviluppo, dieta, genetica familiare, sport e stile di vita, psiche. Si deve verificare sviluppo
puberale, segni di iperandrogenismo (ipertricosi, irsutismo, virilizzazione), anomalie dei genitali
esterni. In laboratorio si cerca
– I livello:
– PRL e TSH,
– iperandrogenismo: T, 17OH, DHEA, SHBG,
– test al progestinico (si dà e poi si toglie e si vede se c’è flusso e quindi presenza di
endometrio normale)
– Se non c'è sanguinamento dopo il test si può fare test con estroprogestinici per la
stessa ragione. La positività esclude un difetto uterino e orienta verso
ipoestrogenismo
– ecografia pelvica quando non è possibile visita ginecolofica
– II livello:
– iperprolattinemia: esclusione degli eventi iatrogeni, valutazione seriata prolattina
e RM
– in caso di androgeni molto elevati: diagnostica strumentale per escludere tumori
– amenorrea ipoestrogenica ipogonadotropa in assenza di evidente netto calo
ponderale: eventuale RM regione sellare con mezzo di contrasto;
– amenorrea normoestrogenica con iperandrogenismo: ecografia pelvica
– FSH elevato: se età <30 si fa cariotipo; altri studi sono valutazione della funzione
tiroidea o di patologie autoimmuni.

Terapia: mira a risolvere la causa scatenante l’amenorrea.

Iperandrogenismo femminile: eccessiva produzione e/o azione degli androgeni a causa di


un’eccessiva produzione dell’ovaio o del surrene, alterazione recettoriale, farmaci ad attività
androgenice.

Sindrome della policistosi ovarica (PCOS): la più comune patologia iperandrogenica femminile
(6-7% donne fertili). Una volta escluse tutte le altre sindromi androgeniche (Cushing, tumori
ovarici o surrenalici, iperpasie, assunzioni steroidi, iperprolattinemie) si devono individuare
almeno due di queste condizioni:
– iperandrogenismo (definito per manifestazioni cliniche e laboratorio),
– oligo-amenorrea,
– ovaio ingrandito o cistico all’ultrasonografia.
Le manifestazioni metaboliche oltre all’iperandrogenismo sono diabete, obesità, resistenza
insulinica, sindrome metabolica e rischio cardiovascolare. Il sovrappeso è spesso addominale.

Etiopatogenesi: c’è un aumento della steroidogenesi delle cellule tecali causata da un aumento
dell’LH. Viene prodotto prima andostenedione che poi è trasformato in testosterone che poi
subisce l’azione dell’aromatasi e diviene estradiolo (l’androstenedione diventa estrone). L’FSH
stimola l’aromatasi delle cellule della granulosa, ma nella PCOS la frequenza di picchi di LH è
aumentata (a causa di un difetto intrinseco ipotalamico o di un difettoso controllo retroattivo da
parte del progesterone, i cui livelli sono ridotti dalla carenza di episodi ovulatori) così come il
rapporto LH/FSH. Contemporaneamente vi è insulino-resistenza e dunque un aumento della
produzione dell’insulina che oltre a favorire la steroidogenesi tecale (aiutata anche dall’IGF)
inibisce la produzione epatica della proteina SHBG (sex binding) aumentando la frazione libera e
dunque attiva di androgeni. L’obesità è certo una concausa.

Anatomia patologica
Nell’ovaio si ha aumento della parte corticale e di quella stromale, aumento di dimensioni delle
gonadi e aumento del numero di follicoli primordiali e atresici.

Clinica: i segni dell’iperandrogenismo sono acne, irsutismo, alopecia, cute seborroica. L’alopecia è
rara, la segni di virilizzazione sono rarissimi. Sintomi tipici sono amenorrea e infertilità. Si ha
obesità, generalmente addominale, Acanthosis nigricans (marcatore di resistenza insulinica),
lipodistrofia. Disturbi del sonno, apnee e russìo. Raramente si ha virilizzazione.

Diagnosi: l’aumento di androgeni è espressione della loro produzione e clearance. Il DHEA è per
il 90% surrenalico e 10% periferico, il T è 30% ovarico, 25% surrenalico e il resto periferico,
l’androstenedione circa 50 e 50 ovaio e surrene. Bisogna misurare nel sangue i principali
androgeni, SHBG, gonadotropine. È più utile la determinazione della frazione libera del
testosterone spesso soprattutto nei casi di iperandrogenemia lieve-moderata. Il T spesso supera
0,7 ng/ml, spesso aumenta androstenedione, non spesso DHEA. LH è alto così come LH/FSH. A
causa dell’effetto dell’obesità sulla massa secretoria di LH, con l’aumentare del BMI, l’eccesso di
LH si riduce. All’ultrasonografia si ritrovano 12 o più follicoli di 2-9 mm, ovaio con volume
maggiore di 10 cm3.

Terapia: si usano farmaci estroprogestinici ad azione antiandrogenica (ciproterone acetato che


compete con T e drospirenone ad azione antialdosteronica e antiandrogenica) che aumentano
anche SHBG (effetto estrogenico) e riducono la steroidogenesi bloccando LH. Si usa la
metformina per contrastare l’insulino-resistenza, il clomifene citrato per indurre l’ovulazione.
Se l'eccesso è di androgeni surrenalici si può somministrare un glucocorticoide di sintesi.
Medicina estetica per acne, irsutismo. Dopo trattamenti prolungati la PCOS può regredire anche
completamente.

Iperplasia surrenale congenita da deficit di 21-idrossilasi: forme classiche o sfumate, a


insorgenza tardiva di virilizzazione.

Etiopatogenesi: mutazione al gene CYP21A2 della 21-idrossilasi. Si riduce la produzione di


cortisolo ed aldosterone e aumenta il 17-idrosssiprogesterone con conseguente aumento di
testosterone. Si ha iperplasia ghiandolare poiché l’assenza di cortisolo non fa avvenire il
feedback negativo ipofisario e vi è maggiore produzione di ACTH.

Clinica:
In base all'attività enzimatica di CYP-21, e alle caratteristiche fenotipiche delle persone affette,
classifichiamo le forme di questa iperplasia in una forma classica e in una non classica
La cosiddetta forma classica si manifesta in epoca neonatale o nelle prime fasi dell'infanzia (in
italia, 1:16000 nati). Può essere di 2 tipi:
•Con perdita di sale: In questo caso si ha deficit enzimatico totale, e non vengono prodotti
ne cortisolo ne aldosterone (insufficienza surrenalica). Nei pazienti con deficit di cortisolo
si ha un peggioramento della funzione cardiaca, con scarsa risposta vascolare alle
catecolamine e una ridotta velocità di filtrazione glomerulare. L'assenza di entrambi gli
ormoni si manifesta in maschi e femmine con vomito, diarrea, perdita di peso,
disidratazione, shock.
•Virilizzazione semplice: In questi pazienti non si producono sufficienti quantità di
cortisolo, ma si hanno adeguate quantità di aldosterone che consentono di avere un
corretto bilancio elettrolitico.
La cosiddetta non classica può essere asintomatica o associata a pochi segni di
iperandrogenismo, e in genere si manifesta tardivamente. Frequenze: (ebrei ashkenazi, 1:27;
ispanici, 1:53; slavi 1:63; italiani, 1:333; caucasici, 1:1000). Questo suggerisce che più dell'1% della
popolazione è eterozigote, e quindi portatrice dell'allele NC. La forma non classica può essere di
2 tipi:
•a insorgenza tardiva: In questi pazienti si verificano manifestazioni dovute a
iperandrogenismo, come comparsa precoce di peluria pubica ed ascellare, modeste
accelerazioni della crescita e della maturazione scheletrica, acne, irsutismo, pcos. Nei
maschi si può avere azospermia, oligospermia, infertilità.
•Criptica: Questa forma è completamente asintomatica, e prevalgono i segni clinici legati
ad una condizione di iperandrogenismo moderato-lieve.
L'iperandrogenismo sia nella fora classica che in quella non classica porta allo sviluppo della pcos,
con conseguente oligomenorrea, amenorrea, soprattutto in adolescenza. Inoltre, sebbene la
fertilità possa essere ridotta, anche se la produzione di androgeni non viene soppressa, una
donna può concepire e portare a termine una gravidanza con successo. L'infertilità si ha solo nel
13% delle donne con deficit non classico di 21-idrossilasi,
Si mostrano iperplasia del clitoride o del pene, bassa altezza a crescita terminata, acne
grave, ipertricosi, disturbi mestruali,infertilità.

Diagnosi
– valutazione del 17-idrossiprogesterone in condizioni basali: I scelta. Se le concentrazioni
sono inferiori a 2ng/mL è molto improbabile che sia presente un deficit non clssico. Nelle
forme classiche invece le concentrazioni dell'ormone sono elevate. Valori elevati possono
essere trovati anche nel liquido amniotico e nel sangue cordonale → diagnosi precoce
– cortisolo ai limiti inferiori della normalità nelle forme classiche
– stimolazione con ACTH: aumento di 17-idrossiprogesterone (>10 ng/ml)
– indagini genetiche
– risposta a terapia con CSS
– TC o RMN per definire la morfologia surrenalica

Terapia: somministrazione sostitutiva di glucocorticoidi (idrocortisone, cortisone acetato o


prednisone) e, quando necessario, con il ripristino della omeostasi normale di sodio e potassio
con i mineralcorticoidi. La somministrazione orale di idrocortisone (da 15 a 25 mg/m2 /die in
3 dosi) o prednisone (3-4 mg/m2 /die in 2 dosi) viene adeguata per mantenere i precursori degli
androgeni entro l'intervallo appropriato per l'età. Il cortisone acetato IM da 18 a 36 mg/m2 ogni
3 giorni può anche essere utilizzato nei lattanti quando la terapia orale non è affidabile. La
terapia è finalizzata alla normalizzazione sia dell'androstendione, del 17-OH-progesterone e
della attività reninica plasmatici che dei metaboliti urinari (17-ketosteroidi e pregnantriolo). Il
fludrocortisone per via orale (0,1 mg/die) va somministrato se c'è perdita di sale. I lattanti spesso
richiedono un supplemento di sale per os. È difficile il monitoraggio stretto durante la terapia.
L'ipertrattamento con glucocorticoidi determina la malattia di Cushing iatrogena, che si
manifesta nell'infanzia con obesità, crescita ridotta e ritardo dell'età ossea.

Menopausa:
Di solito, diminuisce la frequenza del sanguinamento (oligomenorrea), con una successiva amenorrea completa; tuttavia,
per molte donne, il sanguinamento è più frequente, più importante o prolungato prima dell'inizio dell'oligomenorrea. I cicli
mestruali possono variare di durata. La menopausa è confermata quando non si sono verificate mestruazioni per un
anno. (Qualunque sanguinamento vaginale in una donna che non ha sanguinato per 6 mesi deve essere studiato). La
menopausa può essere naturale, artificiale o prematura.
Si verifica naturalmente a un'età media di 50-51 anni negli USA. Mano a mano che l'ovaio invecchia, la risposta alle
gonadotropine ipofisarie (ormone follicolo-stimolante [FSH]e ormone luteinizzante [LH]) diminuisce, causando
inizialmente delle fasi follicolari più brevi (quindi con cicli mestruali più brevi), delle ovulazioni meno frequenti, una ridotta
produzione di progesterone e una maggiore irregolarità dei cicli. Infine, il follicolo cessa di rispondere e non produce più
estrogeni. Senza il feedback degli estrogeni, i livelli circolanti di LH e di FSH aumentano in modo sostanziale. I livelli
circolanti di estrogeni e di progesterone si riducono, invece, notevolmente. L'androgeno androstenedione è ridotto alla
metà, mentre il testosterone diminuisce soltanto di poco perché lo stroma dell'ovaio postmenopausale ne continua a
secernere una discreta quantità (come fa il surrene). Gli androgeni sono convertiti in estrogeni a livello periferico,
specialmente nelle cellule adipose e nella cute, spiegando la maggior parte degli estrogeni circolanti nelle donne in post-
menopausa. Questa fase di transizione, durante la quale una donna esce dallo stato riproduttivo, inizia prima della
menopausa. È chiamata climaterio o peri-menopausa, anche se molte persone la considerano già menopausa.
La menopausa precoce si riferisce a un'insufficienza ovarica di origine sconosciuta che si verifica prima dei 40 anni.
Può essere associata al fumo, al vivere a un'elevata altitudine o a un cattivo stato nutrizionale. La menopausa
artificiale può essere causata da una ovariectomia, dalla chemioterapia, dall'irradiazione della pelvi o da qualunque
processo che alteri la vascolarizzazione dell'ovaio.
Sintomi e segni
I sintomi del climaterio possono essere inesistenti o gravi. Le vampate di calore (vampate) e la sudorazione, secondarie
all'instabilità vasomotoria, interessano il 75% delle donne. La maggior parte ha vampate per > 1 anno e il 25-50% per
> 5 anni. La donna si sente accaldata in misura minore o maggiore e può sudare, a volte anche abbondantemente. La
cute, specialmente quella della testa e del collo, diventa rossa e calda. La vampata, che può durare da 30 secondi a
5 minuti, può essere seguita da brividi. I sintomi vasomotori delle vampate coincidono con l'inizio dei picchi di LH, anche
se non tutti gli aumenti dell'LH si associano a vampate, suggerendo che il controllo ipotalamico del rilascio pulsato
dell'LH è indipendente da quello delle vampate. Questa indipendenza è confermata dal verificarsi delle vampate anche
nelle donne che hanno avuto un'insufficienza ipofisaria e non secernono LH né FSH.
I sintomi psicologici ed emotivi, inclusi l'affaticamento, l'irritabilità, l'insonnia, l'incapacità a concentrarsi, la depressione,
la perdita di memoria, la cefalea, l'ansia e il nervosismo, possono essere correlati alla deprivazione degli estrogeni e allo
stress dovuto al passare degli anni e al cambiamento dei ruoli. L'interruzione del sonno, dovuta alle vampate ricorrenti,
contribuisce ad aumentare l'affaticamento e l'irritabilità. Si possono verificare vertigini intermittenti, parestesie,
palpitazioni e tachicardia. Sono comuni anche la nausea, la stipsi, la diarrea, le artralgie, le mialgie, il senso di freddo
alle mani e ai piedi e l'aumento del peso.
L'importante riduzione nella produzione di estrogeni causa dei profondi cambiamenti a livello della parte inferiore
dell'apparato genitale; p. es., la mucosa vaginale e la cute vulvare diventano più sottili, la normale flora batterica si
modifica e le piccole labbra, il clitoride, l'utero e le ovaie diminuiscono di dimensioni. L'infiammazione della mucosa
vaginale (vaginite atrofica) può conferire alla mucosa un aspetto a fragola e una pollachiuria con tenesmo urinario,
secchezza vaginale e dispareunia. Le donne tendono a perdere il tono dei muscoli pelvici e a sviluppare un'incontinenza
urinaria, cistiti e vaginiti. La riduzione della libido è un disturbo frequente.
La malattia cardiovascolare, incluso l'ictus, diventa prevalente dopo la menopausa. La terapia estrogenica sostitutiva
deve essere presa in considerazione perché le donne che la assumono hanno una riduzione del 50% del rischio di
cardiopatia.
L'osteoporosi è un altro dei principali fattori di rischio per la salute correlato alla menopausa (v. Cap. 57). Sono a
maggior rischio le donne magre (con ossa piccole) e bianche, le forti bevitrici di bevande alcoliche, le fumatrici, le donne
che assumono corticosteroidi, quelle che assumono la levotiroxina e quelle che fanno una vita sedentaria. La massa
ossea si riduce, in media, dell'1-2%/ anno dopo la menopausa; la perdita più rapida si verifica durante i primi 2 anni di
deficit estrogenico. Circa il 25% delle donne in post-menopausa ha una grave osteoporosi e il 50% delle donne che non
assumono estrogeni subirà una frattura ossea nel corso della vita.

Diagnosi e terapia
La menopausa è, in genere, ben riconoscibile. Nelle pazienti più giovani la diagnosi è sostenuta dall'aumento dei livelli
sierici di FSH. Devono essere escluse le malattie endocrine, come le malattie della tiroide e il diabete mellito.
Il colloquio con la paziente circa le cause fisiologiche della menopausa e le preoccupazioni, le paure e gli stress relativi a
questa fase della vita, è importante. Quando predominano i sintomi psicologici, è indicata la psicoterapia e può essere
appropriato l'uso degli antidepressivi e dei tranquillanti minori.
La terapia estrogenica sostitutiva allevia le vampate e gli altri sintomi e riduce il rischio di osteoporosi e di cardiopatia.
Tuttavia, nelle donne che hanno l'utero, una terapia estrogenica non bilanciata aumenta il rischio di neoplasia
dell'endometrio (che è quasi sempre annunciata da un sanguinamento vaginale, fornendo, quindi, l'opportunità del
trattamento chirurgico in quasi tutti i casi, v. Cap. 241). Per le donne con l'utero, il trattamento appropriato è
rappresentato dalla terapia combinata con estrogeni e progestinici, che riduce questo rischio. Alle donne che sono state
sottoposte a isterectomia possono essere somministrati gli estrogeni da soli perché non c'è più il rischio di sviluppare un
cancro dell'endometrio. La dose degli estrogeni è aumentata o diminuita sulla base dei sintomi. Ci sono delle evidenze
che correlano l'uso degli estrogeni con il cancro della mammella, ma non sono conclusive. La maggior parte delle
evidenze indica che se gli estrogeni aumentano il rischio di cancro della mammella, lo fanno in un piccolo gruppo non
definito di donne. Le basse dosi sono le più sicure. Il medico deve parlare dei rischi e dei benefici della terapia con la
paziente e se la terapia viene scelta, un esame obiettivo completo, una mammografia e un test di Papanicolaou devono
essere eseguiti prima di iniziarla. Il controllo nel tempo, con esami obiettivi regolari e mammografie annuali, è necessario
indipendentemente dal fatto che venga utilizzata una terapia ormonale sostitutiva.
L'uso di estrogeni per via orale o vaginale può far regredire l'atrofia vaginale sintomatica, la vaginite, l'atrofia delle basse
vie urinarie (specialmente dell'uretra e del trigono della vescica), la pollachiuria, la disuria e talvolta l'incontinenza.
Gli estrogeni sono di solito somministrati in modo continuativo. Sono assunti oralmente una volta al giorno, ogni giorno
del mese (estrogeni equini coniugati, 0,3-1,25 mg/die, estradiolo micronizzato, 0,05-2 mg/die, estropipato, 0,625-
2,5 mg/die o estrogeni esterificati, 0,3-2,5 mg/die) o possono essere somministrati per via transdermica (estradiolo
transdermico, 0,0375-0,1 mg). La dose viene aumentata sulla base dei sintomi. Se la paziente ha l'utero, un progestinico
(p. es., il medrossiprogesterone acetato, 2,5 mg o il noretindrone acetato 2,5-5 mg PO) viene somministrato con gli
estrogeni ogni giorno. In commercio è disponibile una compressa di estrogeni equini coniugati combinati con il
medrossiprogesterone, per una terapia ciclica o continua.
Un sanguinamento irregolare si può verificare durante il primo anno della terapia continua, ma alla fine scompare.
Durante il primo anno di terapia è indicata una biopsia endometriale se si verifica un sanguinamento importante e
irregolare; il sanguinamento che continua dopo un anno richiede una biopsia, ma la biopsia ha uno scarso significato
nelle donne altrimenti asintomatiche. Un orifizio cervicale ristretto o stenotico può precludere l'esecuzione di una biopsia
endometriale. In tali casi, può essere d'aiuto l'ecografia; se lo spessore endometriale è 5 mm, la probabilità di
un'iperplasia o di un cancro è bassa.
In alternativa, gli estrogeni possono essere somministrati ogni giorno e il progestinico somministrato solo in alcuni giorni
del ciclo (medrossiprogesterone acetato, 5 mg per 14 gg/mese, 10 mg per 10-12 gg/mese o 2,5 mg dal giorno 1 al
giorno 25). Il sanguinamento si deve verificare solo durante il periodo di sospensione. La paziente che non può tollerare
il sanguinamento irregolare durante la fase di correzione della terapia continua, può essere una candidata per la terapia
ciclica, anche se uno dei suoi svantaggi è rappresentato da un sanguinamento da deprivazione regolare e mensile.
I modulatori dei recettori selettivi degli estrogeni potranno prima o poi essere usati per trattare le vampate, proteggere le
ossa e possibilmente il cuore e ridurre il rischio di un cancro della mammella. Sebbene descritti come "estrogeni leggeri",
questi farmaci (p. es., il raloxifene) agiscono come gli estrogeni in alcune donne e come anti-estrogeni (simili al
tamoxifene) in altre. Indicati per la prevenzione dell'osteoporosi, possono ridurre il colesterolo totale e inibire la crescita
del tessuto mammario. A causa degli sconosciuti effetti sugli altri tessuti (p. es., il cervello), questi farmaci sono i più
appropriati per le donne che hanno una storia di cancro della mammella o per quelle che non possono prendere o non
prenderanno estrogeni. Il raloxifene può peggiorare le vampate.
Gli estrogeni topici (p. es., estrogeni coniugati o equini o la crema di estradiolo) possono essere usati per le
modificazioni atrofiche della vagina e per la dispareunia sia che la paziente assuma o meno degli estrogeni orali; 1 dose
applicata ogni notte per 14 gg, poi 1-2 dosi ogni notte per 1 mese, seguita da 1-2 dosi 2 o 3 volte/sett. inverte le
modificazioni atrofiche e mantiene un sano epitelio vaginale corneificato. Gli estrogeni sono prontamente assorbiti in
circolo dalla mucosa vaginale e possono causare dei sanguinamenti nelle donne che hanno l'utero. Se queste donne
usano per un lungo periodo degli estrogeni topici, deve essere associato un progestinico. Gli estrogeni iniettabili sono
raramente indicati; dopo l'intervento, un cerotto transdermico può essere applicato prima che siano tollerati i farmaci
somministrati per via orale.
Le controindicazioni alla terapia estrogenica includono una storia di neoplasia estrogeno-dipendente dell'endometrio
(solo gli stati avanzati) o della mammella, ricorrenti tromboflebiti o tromboembolie, un sanguinamento uterino da causa
non diagnosticata e la presenza o la storia di una grave epatopatia. Le controindicazioni relative includono una storia di
tromboflebite e di intolleranza alla terapia estrogenica.
Quando gli estrogeni sono controindicati, il trattamento per ridurre i fastidi legati alle vampate include la clonidina
transdermica, 0,1 mg o i progestinici (p. es., il medrossiprogesterone acetato, 10 mg/die PO o depot, 150 mg/mese IM, il
megestrolo acetato, 10-20 mg/die PO). Gli ipnotici-sedativi possono essere provati, ma la paziente deve essere avvertita
della potenziale assuefazione.

Valutazione endocrina: si dosano LH e FSH, progesterone (Pg), estradiolo (E2), che variano con
le fasi del ciclo. Valori di gonadotropine superiori a 40U/l sono suggestivi di un’insufficienza
ovarica primaria, sotto i 10 con basso E2 possono denotare ipofunzione ipofisaria, aumento
LH/FSH indica PCOS. L’E2 è utile nelle amenorree, ipogonadismi, tumore ovaio, Pg verifica
l’avvenuta ovulazione. Il 17OH nel deficit della 21OH. In caso di sintomi da iperandrogenismo si
dosano gli androgeni, T, anche FT e SHBG, DHEA e androstenedione. Le inibine sono elevate
nella PCOS, e variano come tutto il resto con le fasi del ciclo, l’inibina B è un indice di crescita
follicolare. L’ormone anti-mulleriano AMH rappresenta un’indice dalla riserva ovarica e si valuta
nelle donne in pre-menopausa. Per valutare l’asse ipotalamo-ipofisi-ovaio si usa il test al GnRH, il
test al clomifene (che stimola sempre le gonadotropine), test di stimolo con analoghi del GnRH
dopo soppressione con desametasone (per valutare le gonadotropine mentre si blocca la
secrezione surrenale), test all’ACTH, test di soppressione con desametasone con gli androgeni.

Disordini dello sviluppo puberale (cap. 9)

Pubertà precoce: segni di maturazione puberale prima dei 9 anni nei maschi e dei 7 nelle
femmine.
– La pubertà precoce vera è caratterizzata da aumento di GnRH-gonadotropine ipofisarie-
gonadi (HPG) cin aumento di LH e FSH che stimolano le gonadi a secernere estrogeni e
progesterone nella donna e testosterone nell’uomo. Nelle ragazze per l’80% la causa è
idiopatica, nei ragazzi per il 50%. La pubertà precoce vera è cinque volte più frequente
nelle ragazze.
– La pseudo pubertà precoce insorge indipendentemente dall’attivazione dell’asse HPG. È
dovuta semplicemente ad aumento di ormoni sessuali prodotti da tumori, per cisti
ovariche, ipotiroidismo, sindrome di Mc-Cune Albright. Nella sindrome di Mc-Cune
Albright si ha pubertà precoce, iperpigmentazione cutanea a caffè-latte e displasia ossea
fibrosa. Altre cause sono una tossicosi testicolare (attivazione costitutiva del recettore
dell’LH), cisti ovariche (se secernenti).
– Precocità isolate:
– Telarca prematuro: sviluppo isolato della sola mammella anche prima della
pubertà.
– Pubarca prematuro: comparsa di peli pubici.
– Menarca prematuro
– ginecomastia puberale idiopatica o organica
– accellerazione costituzionale o idiopatica della crescita e della pubertà.

Clinica: nelle ragazze comparsa precoce si assiste a sviluppo mammario, regolare flusso
mestruale, maggiore velocità di crescita e maturazione scheletrica, comparsa di peli pubici o
ascellari. Nei ragazzi aumento dei genitali, peli, saldatura cartilagini di accrescimento.
– pubarca precoce: comparsa di peli pubici o ascellati, crescita ossea normale o poco
acellerata, non sono presenti segni di intensa stimolazione androgenica
– telarca precoce: comparsa di tessuto mammario di solito bilaterale che di solito non è
accompagnato a segni di estogenizzazione della mucosa vaginale, comparsa di peli pubici
o accellerazione della crescita lineare
– menarca isolato prematuro: l'unico segno di maturazione sessuale è la comparsa di
mestruazioni.

Diagnosi: clinica. Test al GnRH con determinazione di LH e FSH svelerà una risposta elevata per
l'età, escludere tumori con tecniche di immagine.
Terapia: analoghi del GnRH che inibiscono con feedback negativo. Nelle forme tumorali si
rimuove la massa, nel caso di iperplasia surrenalica congentia si somministrano glucocorticoidi.

Pubertà ritardata: pubertà che inizia dopo i 13 anni nelle ragazze e i 14 nei ragazzi, assenza del
menarca a 16 anni, blocco di pubertà iniziata. Il ritardo puberale costituzionale spiega più del
90% dei casi ; esso è forse legato a alterazioni del gene GNRH1; cause patologiche sono invece
alterazioni ipotalamo-ipofisarie (alterazioni del rilascio di GnRH e mutazioni del recettore GnRH)
o alterazioni primarie delle gonadi (cromosomiche come Klinefelter e Turner o altre).

Clinica:
– ritardo costituzionale: bassa statura, ritardo maturazione scheletrica in assenza di cause
identificabili. La diagosi è clinica, si pratica la vigile attesa dell' inizio della pubertà o test
da stimolo con analoghi del GnRH. Nei maschi una risposta di testosterone ad
HCG>9noml/l permette di identificare i pz con ritardo costituzionale puberale. Terapia si
fa con testosterone a basse dosi fino a 12 mesi nei maschi, estrogeni nella donna o
anabolizzanti a basse dosi.
– Ritardo da cause patologiche:
– alterazione ipotalamo-ipofisarie:
– alterazione del rilascio di GnRH e mutazioni del recettore del GnRH:
ipogonadismo associato a alterazioni dell'oslfatto.
– mutazioni di fattori di trascrizione ipofisari e di recettori nucleari orfani
– mutazione dei geni per le gonadotropine e per i recettori per le
gonadotropine
– difetti dei geni per il metabolismo: leptina o del suo recettore causa
ipogonadismo ipogonadotropo.
– sindrome eredo-familiari con ipogonadismo ipogonadotropo e
malformazioni neurologiche e somatiche: sindrome di Rud, di Prader Willi,
Lowe, Leopard, Carpenter etc
– malattie croniche: malattie debilitanti come diabete mellito, malattie
renali, cv, esercizio fisico strenuo, anoressia nervosa possono causare
arresto della pubertà; sono forme transitorie.
– alterazioni primarie delle gonadi
– anomalie cromosomiche: sindrome di Turner, di Klinefelter
– difetti degli enzimi della steroidogenesi
– disordini della differenziazione sessuale: insensibilità agli androgeni,
disgenesia gonadica pura, sindrome da regressione testicolare
– ipogonadismo primario acquisito: traumi testicolari, torsioni del funicolo,
tumori dell'infanzia e adolescenza.

Il quadro clinico è vario, caratterizzato da ipogonadismo ipogonadotropo, a volte come unica


manifestazione, altre volte associato a obesità, discinesia, nistagmo, sordità neurogena, atassia
cerebellare, epilessia, paraplegia spastica, cecità a colori, ridotta capacità di apprendimento,
disturbi del sonno. Senza trattamento i pz mostrano un habitus enucoideo (apertura braccia
z5cm dell'altezza e segmento superiore più corto dell'inferiore) e alta statura per mancata
saldatura delle cartilagini epifisarie.

Terapia
– maschi: gonadotropine o testosterone a basso dosaggio
– donne: preparati estogenici

Disordini della differenziazione sessuale (cap. 10)

Sesso genetico: dimorfismo cromosomico in X e Y.


Sesso gonadico: diversità morfo-funzionale delle gonadi.
Sesso somatico: differenze strutturali degli organi interni.
Sesso fenotipico: aspetto dei genitali esterni e caratteristiche sessuali secondarie.
Sesso anagrafico: certificato di nascita.
Sesso sociale: dimensione culturale e ambientale, modo in cui si è cresciuti.
Sesso psicologico: identità sessuale di un individuo.
Se tutto si svolge regolarmente i sessi coincidono.

La differenziazione sessuale inizia al momento della fecondazione con l’assetto XX o XY. La


regione SRY del cromosoma Y sembra essere la vera determinante, codifica per il fattore di
trascrizione TDF che induce l’acquisizione delle caratteristiche del testicolo nella gonade
indifferenziata. Nell’embrione la differenziazione inizia tra la 4° e la 6° settimana. La
differenziazione testicolare comporta la secrezione di androgeni (le cellule di Leydig già
producono testosterone) che induce la formazione dei genitali esterni e delle strutture interne. Il
testosterone induce anche la discesa del testicolo nel canale inguinale. Alla pubertà il
testosterone con FSH e LH porta la spermatogenesi e le caratteristiche sessuali secondarie. Il
sesso femminile, senza TDF, resta più a lungo indifferenziato e lentamente sotto il controllo
genico si forma l’ovaio. L’assenza del MIF (fattore antimulleriano) nella femmina porta alla
formazione delle gonadi e dell’apparato genitale femminile. Anche la differenziazione sessuale
cerebrale ha bisogno di ormoni, in particolare il testosterone induce la differenziazione cerebrale
in senso maschile, infatti il T è libero di oltrepassare la barriera ematoencefalica e poi l’aromatasi
lo converte in estradiolo.

Disordini della differenziazione sessuale

Sindrome di Klinefelter: 47 cromosomi, XXY. Minore valenza dell’Y. Si hanno testicoli ipotrofici,
azoospermia, bassi livelli di T, alti livelli di FSH e LH. Si ha habitus eunucoide, ginecomastia, scarso
sviluppo dei caratteri secondari, anomalie ossee. La diagnosi si conferma con analisi del cariotipo.
La terapia prevede testosterone.

Sindrome di Turner: 45 cromosomi, XO. Si ha infantilismo, volto a sfinge, bassa statura, torace
scudi forme con atrofia mammaria, atrofia ovarica, cubito valgo, bassa attaccatura dei capelli,
anomalie cardiovascolari e renali. I genitali esterni e interni sono femminili ma sottosviluppati. Si
associa a malattie autoimmuni. La terapia è con estro-progestinici e GH per la bassa statura.

Ermafroditismo vero: soggetto che presenta sia tessuto ovarico che testicolare (ovotestis). Nel
70% dei casi i pazienti sono con cariotipo femminile normale, con tessuto testicolare spesso
nell’ovaio destro, in pubertà c’è amenorrea. Nei casi con cariotipo XY, i soggetti hanno genitali
maschili però con ovotestis e a volte abbozzo di utero.

Pseudoermafroditismi: maschile o femminile, vari gradi di alterazione morfologica dei caratteri


sessuali primari e secondari. E' maschile quando il sesso genetico e gonadico è maschile ma i
caratteri secondari hanno malformazioni.
– Sindrome di Morris: femminizzazione testicolare, forma comune di
pseudoermafroditismo maschile. Completa resistenza agli ormoni sessuali maschili per
alterazione del recettore degli androgeni. Il testicolo resta nella cavità addominale
spesso frammentato e poco residuo. Il neonato appare femmina e cresciuto come tale. In
fase puberale non compaiono le caratteristiche secondarie femminili e i cicli mestruali. La
patologia è ereditaria sul cromosoma X. Il comportamento sessuale è femminile. Si ha
abbozzo vaginale a fondo cieco, assenza di utero e ovaie. Livelli di T, DHT, e FSH normali
per un maschio. Chirurgia per formazione di canale vaginale. Eliminazione del resto dei
testicoli. I soggetti naturalmente non possono procreare.
– Pseudoermafroditismo femminile: cariotipo femminile, ovaie presenti, ma virilizzazione
e genitali ambigui. Si può incorrere alla nascita nella non corretta identificazione del
sesso. Il difetto può manifestarsi anche tardi. Se l’eccesso di androgeni c’è prima della 12°
settimana i genitali sono più ambigui.

Iperplasia surrenalica congenita: CAH. Carenza di cortisolo e a volte di mineralcorticoidi,


aumento di ACTH e iperproduzione di steroidi sessuali.

Disordini dell’accrescimento (cap 11)

La crescita è un processo continuo, ma non lineare, che inizia dalla nascita. Molto veloce nei primi
due anni, poi più lenta, rallentata nel periodo pre-pubere per poi riaumentare con spurt puberale
(scatto accrescitivo puberale). Importanza hanno fattori ambientali e dietetici, fattori materni
durante la vita fetale e soprattutto fattori genetici, in particolar modo quelli legati alla
produzione di GH.
Bassa statura: un soggetto è affetto da ipostaturismo quando ha una statura inferiore al 3°
percentile.

Cause non endocrine:


– bassa statura familiare: forme più frequenti, vengono anche dette idiopatiche; il
percentile di altezza si colloca in prossimità di quello dei genitori, non ci sono squilibri
ormonali
– ritardo costituzionale di crescita: l'altezza è in un percentile minore rispetto a quello dei
genitori; l'età di maturazione ossea è ritardata rispetto alla cronologica. Sono a rischio di
bassa statura in età adulta.
– ritardo intrauterino di accrescimento: non frequente
– bassa statura associata a sindromi dismorfiche (Turner, Down),
– da displasie scheletriche: dipende da mutazioni del recettore del GH come acondroplasia,
di FGFR, collagene di tipo 1 e altre
– da malnutrizione volontaria o involontaria: per marcata riduzione di IGF-I
– da malattie croniche in età pediatrica (ipossia tissutale da cardiopatie, pneumopatie ed
emopatie o malattie dell’apparato digerente e nefropatie).

Cause endocrine: Alcune cause sono il diabete mellito (tipo I, perchè la carenza di insulina riduce
IGF-I), ipotiroidismo (nanismo non armonico, frammentazione dei nuclei epifisari),
ipercortisolismo (inibizione GH e azione diretta sulla mineralizzazione ossea). La causa più
comune è una deficienza secretoria di GH, dovuta ad un problema ipofisario o ipotalamico (meno
GHRH). La disfunzione ipotalamica può essere associata a traumi, può essere idiopatica, ossia
una disfunzione neurosecretoria dell’ormone della crescita che comprende anche il nanismo
psicosociale in bambini con turbe emozionali. Chiaramente anche lesioni ipofisarie, alterazioni
geniche o cause idiopatiche di malfunzionamento dell’ipofisi possono esserne la causa. Ci può
anche essere deficit di produzione di IGF 1 o refrattarietà ai due ormoni.

Clinica: ovviamente dipende dalla causa. Ritardo costituzionale e bassa statura danno fenotipo
per il resto normale. Nella sindrome di Turner si hanno le tipiche caratteristiche già esposte, nel
Down si ha ritardato accrescimento nel primo anno, nel Prader-Willi si ha ipogenitalismo e
criptorchidismo, aumento appetito e obesità contrapposte a difficoltà nel mangiare alla nascita,
bassa statura già verso i sei anni con ritardo di sviluppo puberale. L’ipotiroidismo e il Cushing
presentano le solite caratteristiche cliniche così come il diabete mellito di tipo I. Le displasie
scheletriche portano nanimo disarmonico e si fanno vive intorno ai 2-3 anni.

Diagnosi: naturalmente clinica, ma si deve cercare la patologia sottostante. Si devono escludere


le patologie endocrine, soprattutto legate al GH. Si valutano i livelli e la secrezione di GH oltre
che di IGF-1. Il riscontro di valori prossimi a zero è normale per cui si preferisce fare uso dei test
di stimolo (ad esempio arginina + GHRH).

Terapia: Si tratta la malattia di base e si può anche pensare ad in’integrazione del GH.

Alta statura: soggetto superiore al 97° percentile. Può essere costituzionale e familiare,
sindromica, da diabete mellito materno (alla nascita, l'iperinsulinismo porta a macrosomia),
gigantismo (eccesso di GH), precocità sessuale, tireotossicosi.
Clinica e terapia dipendono dalla patologia sottostante.

Tumori neuroendocrini (cap. 12)

NET, neoplasie rare con origine nel sistema neuroendocrino confinato (SNEC) e diffuso (SNED).
Le cellule con caratteristiche simili ai neuroni capaci di secernere amine biogene e ormoni
proteici sono state riunite sotto il nome si sistema APUD, oggi sostituito da neuroendocrino. Ci
sono cellule enterocromaffini distribuite in modo ubiquitario nell’organismo e con differenti
caratteristiche biologiche. Contengono granuli di neurosecrezione. Mentre lo SNEC è in strutture
ben definite lo SNED è diffuso in vari organi e tessuti, principalmente nel tratto gastro-entero-
pancreatico (GEP) (60%).
Da appunti Colao: I TNE sono un gruppo eterogeneo di tumori che originano da :
- ghiandole endocrine ( midollare surrene, paratiroidi)
- aggregati di cellule endocrine
- cellule endocrine disperse in tessuto esocrino
Sono solitamente tumori o carcinomi ben differenziati associati a buona sopravvivenza a 5-10aa
anche in presenza di metastasi epatiche. Solo il 3-4% dei casi si hanno forme poco differenziate a
prognosi peggiore.
È possibile distiunguere tre aree anatomiche di insorgenza di tumori neuroendocrini:
• foregut ( tumori broncogeni)
• midgut ( fino al cieco)
• hindgut ( parte terminale dell'intestino; non produce serotonina)

Tale classificazione ci consente di fare almeno una stima sulla localizzazione del tumore, spesso
infatti è molto piccolo e non visibile in TAC in cui vediamo solo le metastasi.

Presentazione clinica
• sindrome da ipersecrezione ormonale: sindrome da carcinoide ( eccesso somatostatina,
chiazze, eritema,ipertesione, flushing, bradicardia )
• sindromi paraneoplastiche
• sindromi familiari predisponenti
• la diagnosi è fortuita nel 90% dei casi.

Neuroendocrine neoplasms can be classified by1,2:


•Anatomic site of origin
•Histology: well-differentiated (G1 and G2) NETs, poorly differentiated (G3) carcinomas, or undifferentiated neoplasms
•Extent of disease: local, regional, or distant metastases
By anatomic site of origin
Many of the characteristics of NETs are site specific.3 Most NETs are characterized as arising in the GI tract (stomach,
appendix, duodenum, and small intestine), the bronchopulmonary system (lungs and thymus), the pancreas, and the
colon and rectum.4
Broad generalizations that can be
made about the site-specific
characteristics of NETs include the
following:
•Pancreatic NETs and bronchial NETs
are disparate tumors that are
sometimes associated with
syndromes caused by the secretion of
hormones3,5

•NETs arising in the small intestine


and proximal colon are relatively
homogeneous tumors strongly
associated with typical carcinoid
syndrome3,6

•NETs arising in the distal colon and


rectum usually are nonfunctional and
cause symptoms owing to increasing
mass3,7
By histology
Consensus about a recognized uniform grading system for neuroendocrine neoplasms has been difficult to achieve, but
the systems proffered by the American Joint Committee on Cancer (AJCC), World Health Organization (WHO),
European Neuroendocrine Tumor Society (ENETS), and others provide useful prognostic information.4,8 The WHO 2010
guidelines for GI NETs not only represent a useful classification system for these neoplasms but also provide a general
guide for grading pancreatic NETs.2
The WHO guidelines divide neuroendocrine neoplasms into 2 clinically distinct pathologic classes: well- and poorly
differentiated.2
•Well-differentiated NETs can be classified as either grade 1 or grade 2 depending on proliferation and histology
(see comparison table below). Well-differentiated grade 1 and grade 2 NETs traditionally have been referred to as
carcinoids, regardless of grade or site of origin.2,9,10 The WHO 2010 guidelines apply the term "carcinoid" to grade 1
NETs only2
•Poorly differentiated grade 3 neuroendocrine carcinomas are characterized by rapid dissemination, resistance to
therapeutic interventions, and a highly aggressive course
By grade
Some of the biological behavior exhibited by neuroendocrine neoplasms is highly correlated with neoplasm grade.1,8
•Grade 1 NETs are relatively slow growing8
•Grade 2 NETs have a less predictable, moderately aggressive course1
•Grade 3 neuroendocrine carcinomas can be highly aggressive8
Mitotic rate and proliferative index of the tumor are the most important features used for grading (see table).1
•Mitotic rate is assessed by counting mitotic figures, usually expressed as the number of mitoses per 10 high-power
microscopic fields (HPF) (or 2 mm2). The sensitivity of this technique is limited in small-volume biopsy samples, and it is
generally considered to be more applicable to high-grade NETs1

•Proliferative index is expressed as the percentage of tumor cells labeled by immunohistochemistry for the proliferation
marker Ki-67 (Ki-67 index).1 This technique is generally considered to be more applicable to low-grade NETs. The Ki-67
labeling index is used more widely in Europe than it is in the United States to assess proliferation8

For neuroendocrine neoplasms, the presence of necrosis also plays an important role in grading.8,12 For example,
G1/G2 bronchial NETs (typical/atypical carcinoids) and G3 bronchial neoplasms (large cell neuroendocrine carcinoma
[LCNEC] and small cell lung carcinoma [SCLC]) exhibit markedly different behavior, and the presence or absence of
necrosis, along with mitotic activity, is a key distinguishing feature between these 2 groups of tumors.12,13
Despite all of the challenges inherent in grading NETs, a grade should always be stated in the pathology report, along
with the specific grading system used.8
By extent of disease
Extent of disease as shown by computed tomography (CT)

Images courtesy of Dr James Yao (2008)


The 2010 WHO guidelines also address tumor-node-metastasis (TNM) staging of NETs, which heretofore has been
relatively limited. In the guidelines, the fundamental staging landmarks for NETs parallel those used for carcinomas of the
corresponding organs. The SEER program database also uses a "localized," "regional," and "distant" system to stage
disease, but both WHO and AJCC classification systems reflect the widespread recognition that NETs should be staged
using TNM criteria.2,8
By presence of associated secretory symptoms
Although the presence or absence of associated symptoms of hormone hypersecretion is not considered in formal
classification guidelines, NETs can be classified by whether or not they can produce hormonal
substances.1Functional NETs are associated with symptoms that can be attributed to the secretion of specific hormones
or peptides.9 Nonfunctional NETs, on the other hand, are only associated with symptoms related to increasing mass (eg,
pain, obstruction, bleeding). Some NETs remain asymptomatic indefinitely.14
Symptoms caused by functional NETs include flushing, fatigue, diarrhea, hypoglycemia, skin changes, abdominal
pain/discomfort, and wheezing.9,15,16. (see More on NET symptoms)
Functional NETs may also cause different clinical syndromes to occur.7 One of these is carcinoid syndrome, which
occurs in approximately 8% to 35% of patients with well-differentiated tumors, most typically in the GI tract, with
incidence ranging from 1.7% to 18.4%.9,17 Carcinoid syndrome most frequently occurs when a GI NET metastasizes to
the liver, allowing secreted serotonin and other vasoactive substances to reach the systemic circulation via the hepatic
vein.9,18
Well-differentiated NETs arising in the lungs may also secrete peptides that cause carcinoid syndrome (less than 5% of
cases), but they may also produce histamine, which can cause atypical carcinoid syndrome, as well as ACTH, which
causes Cushing syndrome. Well-differentiated lung NETs are also associated with other syndromes due to the secretion
of hormones that are nontypical to the tissue of origin.5
Other syndromes are associated primarily with the inappropriate secretion of hormones and other bioactive substances
by pancreatic NETs.19,20 In fact, roughly half of all pancreatic NETs are functional and capable of producing hormonal
syndromes.21 These syndromes may also be caused by tumors arising in specific areas of the GI tract.19,20
Grading, staging, and classification system comparison8
Although the 2010 WHO guidelines for classifying GI NETs have attempted to standardize the different methods currently
in use, confusion and inconsistent nomenclature remain within the disease state.2 One recent journal article attempted to
reconcile various grading, staging, and classification systems for NETs (below).8 The grading systems are displayed
along the x-axis (top) and the staging systems, along the y-axis (left). The WHO systems for gastrointestinal and
pancreatic NETs include a combination of grading and staging information and are displayed with the box (lower right).
The overlaps between different systems are approximate, and within each section the various nomenclature of each
system is used.

Tumori gastro-entero-pancreatici: NET-GEP associati a molte sindromi endocrine. Per il 30%


sono secernenti. In quelli non funzionanti c’è solo effetto massa, nei funzionanti una patologia
endocrina associata all’ormone rilasciato. I marcatori come la cromogranina A sono comunque
espressi. In genere sono ben differenziati e nella maggior parte dei casi sono sporadici. Nel 10%
sono associati a MEN 1, VHL (Von Hippel-Lindau), neurofibromatosi I.
• La forma di NET-GEP funzionante più comune (41%) è la sindrome da carcinoide o
sindrome da ipersecrezione di serotonina (anche se altre sostanze spesso sono co-
secrete). Il quadro clinico tipico è dominato dall’ipersecrezione di serotonina con flushing
cutaneo, diarrea cronica, bronco costrizione, scompenso cardiaco destro con fibrosi
dell’endocardio. In genere le manifestazioni non sono tutte presenti. C’è anche calo
ponderale, iperidrosi, lesioni cutanee simili alla pellagra (carenza di triptofano, usato per
formare la serotonina).
• Sindrome da carcinoide atipica: 5%, per lo più allo stomaco con iperproduzione di
istamina, flushing, scialorrea, bronco costrizione, lacrimazione e ipotensione. Nell’atipica
il flushing dura di più, è più esteso ed è purpureo.
• Sindrome di Zollinger-Ellison: o sindrome da ipersecrezione di gastrina. 18% dei NET-
GEP. Per lo più il tumore insorge in una zona dello stomaco detta il triangolo del
gastronoma. C’è ipersecrezione di acido cloridrico, ulcere peptiche, dolori addominali e
diarrea.
• Sindrome ipoglicemica da ipersecrezione di insulina: 33% dei NET-GEP. Neoplasie
maligne solo nel 10% dei casi. L’iperinsulinemia causa ipoglicemia a digiuno con quadro
clinico da triade di Whipple: crisi ipoglicemiche, glicemia durante la crisi <40 mg/dl,
regressione dei sintomi dopo cura o somministrazione di zucchero. Ci sono sintomi
neuroglicopenici (irritabilità, agitazione, confusione) e sintomi da attivazione adrenergica
(ansia, tremore, fame, tachicardia, sudorazione) dovuti alla risposta all’ipoglicemia.
• Sindrome di Becker: da ipersecrezione di glucagone. Nel 90% dei casi c’è l’eritema
necrolitico migrante (che parte nella regione periorale e inguinale) e ovviamente ci sono i
sintomi da iperglicemia. Ci possono essere disturbi psichiatrici, anemia, diarrea, calo
ponderale, glossite e stomatite, in un quarto dei casi trombosi venosa profonda perché il
tumore produce una proteina simile ad un fattore di coagulazione.
• Sindrome da ipersecrezione di somatostatina: molto rara, inibizione secrezioni
endocrine ed esocrine e meno motilità del tubo digerente. Si ha diabete, diarrea,
colelitiasi.
• Sindrome di Verner-Morrison: da ipersecrezione di VIP, rara. Diarrea acquosa molto
forte, ipokaliemia, acidosi ,metabolica.

http://www.neuroendocrinetumor.com/health-care-professional/symptomatology-of-
nets.jsp

Diagnosi: la clinica non aiuta molto perché i sintomi addominali e intestinali sono spesso
aspecifici. Si devono dosare i marcatori neuroendocrini come la cromogranina A e il PP, oltre agli
ormoni secreti. La ricerca radiologica serve per cercare il tumore. Si possono usare anche
tecniche come l’endoscopia, la scintigrafia con analoghi della somatostatina (con PET e SPECT),
octreoscan (octrotide con SPECT).

Tumori toracici: neoplasie di polmone e timo. I sintomi sono dovuti all’effetto massa, solo il 15%
dà ipersecrezione. Diagnosi: endoscopia con biopsia per i NET polmonari, TC per le forme
periferiche, octreoscan. TC e RM per il timo, anche octroscan. Terapia: chirurgia eradicante,
analoghi della somatostatina, che controllano efficacemente i sintomi. Anche interferone.
Chemioterapia e radioterapia trovano scarso impiego.

Neoplasie endocrine multiple (MEN) (cap. 13)

MEN, sindromi ereditarie, responsabili di processi proliferativi a carico di piùdi una ghiandola
endocrine. Le alterazioni anatomo-patologiche vanno dall’iperplasia all’adenoma. Le
manifestazioni cliniche dipendono dall’ipersecrezione ormonale e dall’invasività e malignità.
Oltre alla MEN 1 e 2 esistono neplasie endocrine multiple sono di tipo misto (Von Hipper Lindau,
neurofibromatosi, complesso di Carney) che presentano fenotipi simili alle MEN. Il 10% dei
tumori neuroendocrini è dovuto a sindrome MEN.

MEN-1: autosomica dominante associata al gene della menina. I sintomi sono per lo più dovuti
all’ipersecrezione ormonale da parte dei tumori, ma ce ne sono anche di non funzionanti, spesso
scoperti incidentalmente, o di poco producenti o producenti peptidi non molto attivi.
È la sindrome delle 3 P:
– Paratiroidi (iperplasia e neoplasie),
– Pancreas endocrino: neoplasie e anche del sistema endocrino diffuso GI
– Pituitaria (adenoipofisi).
Clinica: iperparatiroidismo in quasi tutti i pazienti, dovuto per lo più a iperplasia di tutte e
quattro le paratiroidi, già dalla seconda decade. Adenomi ipofisari nel 20% dei casi, per lo più
simili agli sporadici quindi più comunemente prolattinomi. Tumori neuroendocrini pancreatici
nelle insule, con ipersecrezione di gastrina, insulina, glucagone, VIP e somatostatina. A volte
secrezione ectopica di ormoni ipofisari, produzione di vari ormoni come PP. I tumori gastro-
enterici sono per lo più duodenali e gastrici. Spesso sono neoplasie molto aggressive che
facilmente metastatizzano a fegato e in loco. Tumori carcinoidi nel 10-20% che possono essere
bronchiali (non fumatori) o timici (nei fumatori). Altri tumori del connettivo.
Etiopatogenesi: il gene mutato è quello della menina, proteina legata a fattori di trascrizione per
la proliferazione cellulare. Modello two hits di Knudson → prima mutazione ereditata, seconda
mutazione acquisita.
Diagnosi:
– almeno due dei tre principali gruppi di neoplasie,
– almeno un familiare di primo grado con almeno una delle tre neoplasie.
– test genetico con sequenza gene della menina: in soggetti con neoplasie tipiche della
MEN e in soggetti con familiari affetti

Terapia: paratiroidectomia subtotale (3 paratiroidi e metà della 4) e anche timectomia, pure


profilattiche; la recidiva è frequente spesso per presenza di paratiroidi ectopiche. Anche per le
altre neoplasie si preferisce la chirurgia. Nei casi di ipergastrinemia si può usare un PPI
soprattutto per gastrinomi piccoli e di difficile individuzione.

MEN 2: AD, mutazioni RET, almeno tre forme differenti.


– 2A: la manifestazione più comune è il carcinoma midollare della tiroide (CMT), nella MEN
sempre preceduto da iperplasia delle cellule C e in genere più spesso multifocale e
comunque più aggressivo delle forme sporadiche. Feocromocitoma nel 50%, spesso
bilaterale, preceduto da iperplasia, secernente adrenalina. Iperparatiroidismo: 20% dei
casi, dovuto a iperplasia. Si può avere amiloidosi cutanea lichenoide (lesione cutanea
pruriginosa).
– 2B: oltre alle manifestazioni della 2A abbiamo habitus marfanoide e neuromi multipli
cutanei e mucosi. L’iperparatiroidismo non c'è quasi mai, il CMT è più aggressivo e
compare prima. Si può avere amiloidosi cutanea lichenoide ma meno di frequente che
nella MEN-2A.
– FMTC: è caratterizzato solo da carcinoma midollare della tiroide.
Etiopatogenesi: c’è una mutazione sul recettore tirosin chinasico RET delle cellule di derivazione
neuroectodermica come e cellule C. La mutazione coivolge spesso una metionina del dominio
extracellulare (634 nel 2A e altre nell’FMTC) che rende il RET costitutivamente attivo o sul
codone 918 (2B) che rende RET citosolico e costitutivamente attivo.
Diagnosi: almeno due manifestazioni cliniche e familiarità. Test genetico su RET.
Terapia: si deve eseguire tiroidectomia prima dei 5 anni nella 2A e prima del sesto mese nella 2B.
Il feocromocitoma prevede surrenectomia, non per forza bilaterale.
Neoplasie endocrine multiple di tipo misto:
Malattia di von Hippel-Lindau: VHL è autosomica dominante con mutazione dell’
oncosoppressore VHL. Emangioblastomi, angiomi retina, carcinoma renale, cisti,
feocromocitoma, neoplasie delle isole pancreatiche.
Neurofibromatosi di tipo I: NFI, mentre la NFII è associata per lo più a sordità, è autosomica
dominante, porta feocromocitoma, iperparatiroidismo, carcinoidi del duodeno secernenti
somatostatina, macchie color caffellatte e neurofibromi, CMT.
Complesso di Carney: AD, porta mixomi, schwannomi, adenomi ipofisari GH-secernenti, tumori
testicolari, neoplasie tiroide. Nel 25% si ha malattia adrenocroticale nodulare pigmentata
primaria (PPNAD).
MEN 4: una volta conosciuta come MEN X, fenotipo simile alla 1. Riguarda p27.

Sindromi poliendocrine autoimmuni (cap. 16)

Eziologia e patogenesi
Il deficit endocrino può essere causato da un'infezione, un infarto o un tumore che comportino la distruzione di tutta una
ghiandola endocrina o di una gran parte di essa. Tuttavia, l'attività di una ghiandola endocrina risulta il più delle volte
depressa come risultato di una reazione autoimmune che determina infiammazione, infiltrazione linfocitaria e distruzione
parziale o completa della ghiandola. Una malattia autoimmune che colpisce una ghiandola è frequentemente seguita
dalla compromissione di altre ghiandole, dando luogo a un'insufficienza endocrina multipla. Sono stati descritti due
quadri principali di insufficienza (v. Tab. 11-1).
Nel tipo I l'esordio si verifica di solito nell'infanzia o prima dei 35 anni. L'ipoparatiroidismo è il più frequentemente
riscontrato (79%), seguito dall'insufficienza corticosurrenalica (72%). L'insufficienza gonadica si verifica dopo la pubertà
nel 60% delle donne e in circa il 15% degli uomini. È comune la presenza di candidosi mucocutanea cronica. Raramente
è presente diabete mellito. Questo quadro può essere associato ai fenotipi HLA A3 e A28 o a un locus situato sul
cromosoma 21. La trasmissione ereditaria solitamente segue una modalità autosomica recessiva.
Nel tipo II l'insufficienza ghiandolare si verifica generalmente negli adulti, con un picco di incidenza a 30 anni di età.
Essa interessa sempre la corteccia surrenale e frequentemente la tiroide (sindrome di Schmidt) e le insule
pancreatiche, producendo diabete mellito insulino-dipendente (Insulin-Dependent Diabetes Mellitus, IDDM). Sono
frequentemente presenti anticorpi contro le ghiandole bersaglio, specialmente contro gli enzimi del citocromo P-450 della
corteccia surrenale. Tuttavia, il loro ruolo nella patogenesi del danno ghiandolare è poco chiaro. Alcuni pazienti hanno
anticorpi stimolanti la tiroide e si presentano inizialmente con segni e sintomi di ipertiroidismo. La distruzione ghiandolare
è principalmente un risultato dell'autoimmunità cellulo-mediata, conseguenza di una depressione della funzione delle
cellule T suppressor oppure di qualche altro tipo di danno mediato dalle cellule T. Inoltre, è comune la riduzione
dell'immunità sistemica mediata dalle cellule T, rivelata da una scarsa risposta ai test cutanei con antigeni standard,
come la candidina (dalla Candida), la tricofitina (dal Trichophyton) e la tubercolina. Una riduzione della reattività si
dimostra anche nel 30% circa dei parenti di primo grado con funzione endocrina normale. È stato suggerito che gli
specifici tipi HLA caratteristici del tipo II siano associati con una suscettibilità ad alcuni virus che inducono la reazione
distruttiva.
Un gruppo ulteriore, il tipo III, si presenta negli adulti e non interessa la corteccia surrenale, ma comprende almeno due
delle seguenti condizioni: deficit funzionale tiroideo, IDDM, anemia perniciosa, vitiligine e alopecia. Poiché la
caratteristica distintiva del quadro di tipo III è l'assenza di insufficienza corticosurrenalica, esso potrebbe essere
semplicemente un "cestino per i rifiuti" di una malattia combinata che viene convertita in tipo II se si sviluppa
insufficienza del corticosurrene.
Sintomi, segni e diagnosi
La presentazione clinica dei pazienti con sindromi da deficit polighiandolare è la somma dei quadri clinici dei singoli
deficit. Non esiste una sequenza specifica per la comparsa delle singole distruzioni ghiandolari. La determinazione dei
livelli di anticorpi circolanti diretti contro le ghiandole endocrine o i loro componenti non sembra essere utile, poiché tali
anticorpi possono persistere per anni senza che il paziente sviluppi un'insufficienza endocrina. Tuttavia, il rilievo della
presenza di anticorpi è di aiuto in alcune situazioni, come per la distinzione di un iposurrenalismo su base autoimmune
da un iposurrenalismo tubercolare e per la determinazione della causa di un ipotiroidismo. La presenza di deficit
endocrini multipli può essere indicativa di un'insufficienza ipotalamo-ipofisaria. In quasi tutti i casi, i livelli elevati delle
tropine ipofisarie dimostreranno la natura periferica del difetto; tuttavia, sono stati riportati anche rari casi di insufficienza
ipotalamo-ipofisaria come parte della sindrome di tipo II.
Terapia
La terapia dei diversi singoli deficit ghiandolari è trattata in altri capitoli del Manuale; tuttavia, l'interazione reciproca dei
deficit multipli (p. es., l'insufficienza corticosurrenalica combinata con il diabete mellito) può rendere complicato il
trattamento. I pazienti con ipofunzione di una sola ghiandola endocrina devono essere tenuti in osservazione per anni al
fine di evidenziare l'eventuale sviluppo di deficit addizionali. L'insufficienza gonadica non risponde al trattamento con
ormoni gonadotropi e la candidosi mucocutanea cronica è solitamente resistente alla terapia. Se somministrate
precocemente nel corso della insufficienza endocrina, dosi immunosoppressive di ciclosporina A possono essere di
giovamento in alcuni pazienti.

Malattie del metabolismo glucidico (cap. 18)

Diabete mellito: gruppo di malattie metaboliche caratterizzate da iperglicemia dovuta a difetti


nella secrezione di insulina, difetti dell’azione insulinica o entrambi. L’iperglicemia cronica causa
poi molti danni a lungo termine. Classificazione diabete tab. pag 269.

Diabete mellito di tipo 1: T1DM, malattia su base autoimmune o idiopatica con progressiva
distruzione delle cellule beta del pancreas che causa carenza di insulina.

Epidemiologia: 5-10% di tutti i casi di diabete. Colpisce per lo più in età giovanile, anche sotto i
15 anni. In italia l'incidenza è 10/100.000 sebbene in Sardegna sia più elevata (50/100.000).

Etiopatogenesi: è per lo più multifattoriale. Si distingue in 1a immunomediato e 1b idiopatico.


– 1a immunomediato: 90% dei casi, dovuto alla distruzione autoimmune delle cellule beta
pancreatiche in soggetti geneticamente suscettibili con fattori ambientali scatenanti. Il
processo si verifica in mesi o anni durante i quali il soggetto è asintomatico e
euglucemico; questo perché la manifestazione clinica c’è quando c’è distruzione dell’80%
delle cellule beta. C’è una forma di diabete autoimmune detta LADA che ha un’insorgenza
in età adulta (>30 anni), spesso confusa con diabete di tipo 2, ma in realtà positiva per gli
anticorpi b cellulari del tipo 1 e non presenta la tipica insulino-resistenza del tipo 2.
– 1b idiopatico: distruzione non autoimmune delle cellule B; molto raro di solito si
riscontranella popolazione asiatica o africana; c'è insulinopenia di grado variabile con
episodi frequenti di chetoacidosi in assenza di marker di autoimmunità.

Storia naturale: la positività agli anticorpi possiamo riscontrarla già in fase preclinica, ma è
l'intervento di fattori ambientali il trigger per la distruzione delle cellule B. l'aggessione
autoimmune conduce ala perdita della secrezione insulinica che inizialmente si verifica in
corrispondenza dei picchi prandiali; il momento patogenetico che determina l'esordio clinico è la
perdita totale della riserva secretoria insulinica, anche nella quota basale.

Si riscontrano nel siero dei pazienti affetti degli autoanticorpi. Le cellule beta sono distrutte sia a
causa della componente anticorpale sia a causa di quella cellulo-mediata. Gli anticorpi anti cellula
beta pancreatica (ICA) includuno anti glucosaminidasi (GAD) anti tirosinchinasi (IA2), anti insulina
(IAA). Dopo terapia insulinica diminuiscono, pertanto sono soprattutto utili in fase preclinica e
per differenziare diabete tipo 1 dal tipo 2. Spesso questi pazienti hanno anche una maggiore
suscettibilità per altre malattie autoimmuni come tiroidite di Hasimoto, Graves, Addison.
Vi sono alcuni geni che determinano una maggiore suscettibilità di alcuni individui (vi è infatti
una certa familiarità). La più nota correlazione è con alcuni HLA (DR3 e DR4, DQ2 e DQ8). DR2 e
DR7 sembrano protettivi; DR3 e 4 se presenti nello stesso individuo aumentano la probabilità di
sviluppare T1DM. CTLA-4 e PTPN 22 sono altri due loci di suscettibilità associati a geni per la
soppressione dell’attivazione T-cellulare. La concordanza tra gemelli omozigoti è comunque
inferiore al 50% e pertanto risulta fondamentale la compartecipazione di fattori ambientali, il
che spiegherebbe anche il trend in aumento di incidenza. Alcune infezione virali sembrano avere
un ruolo sia mediante l’azione citotossica diretta sulle cellule beta sia tramite fenomeni di
mimetismo cellulare (Coksakie, EBV e altri). Alcuni alimenti come la BSA (albumina del siero
bovino) e la beta-lattoglobulina (entrambe nel latte vaccino) possono indurre malattia in bambini
predisposti. La “hygene hypothesis” afferma che la mancata esposizione in età infantile ad
antigeni virali può predisporre all’autoimmunità.

Anatomia patologica
Insulite, con infiltrato di macrofagi e linfociti B e T (CD4 e soprattutto CD8) a causa della perdita
dell’autotolleranza. Fas e Fas-ligando come meccanismo, e l’espressione di citochine quali IL-1 e
TNF prodotti da macrofagi e IFN gamma prodotto dai linfociti, sono fortemente implicati nella
distruzione beta-cellulare.

Clinica: vi è prima un periodo asintomatico durante il quale avviene la distruzione delle cellule
beta del pancreas. L’esordio della patologia, che avviene dopo la distruzione dell’80% delle
cellule, può essere acuto o lento. I sintomi dell’esordio acuto sono cheto acidosi (fino al coma),
poliuria e polidipsia con astenia, nausea e vomito che si verificano in genere in soggetti giovani a
seguito di fattori scatenanti (interventi chirurgici, stress, infezioni urinarie). L’esordio subdolo è
invece caratterizzato da decremento ponderale con polifagia con perdita di grasso e massa
muscolare.
A prescindere dall'esordio il dato caratterizzante è l’insulinopenia. A causa dell’insulinopenia il
corpo mobilita gli acidi grassi liberi (FFA) e attiva la lipolisi. Vi è un maggiore sviluppo di corpi
chetonici con riduzione del pH ematico e acidosi metabolica. L’alito è chetonico e per
compensare l’acidosi si ha polipnea o addirittura respiro di Kussmaul (tachipnea profonda e
rumorosa), si ha poliuria a causa dell’iperglicemia con glicosuria, disidratazione e quindi
polidipsia, ipotensione posturale, debolezza, astenia, crampi e dolori addominale vomito.
La chetoacidosi e lo shock ipovolemico possono portare fino al coma. Per neurotossicità da
iperglicemia si possono avere parestesie, per lo più agli arti inferiori e offuscamento del
cristallino (fluidi iperosmolari). Dopo l’esordio clinico si ha la luna di miele, per meno di un anno,
in cui i sintomi regrediscono senza terapia, corrisponde alla ripresa dell'attività delle cellule B. .

Complicanze:
– acute: chetoacidosi diabetica è l'emergenza classica all'esordio; l'ipoglicemia è la
complicanza acuta più frequente in pazienti in terapia insulinica. L'ipoglicemia dovuta ad
eccessiva assunzione, errori di somministrazione, esercizio fisico intenso. Quando la
glicemia scende sotto i 50 mg/dl (nel bambino 40mg) si ha tachicardia, palpitazioni,
sudorazione e tremori, confusione mentale, perdita di coscienza. La diagnosi di
ipoglicemia si fa quando sono presenti tutti gli elementi della Triade di Whipple: sintomi
tipici di ipoglicemia, ipoglicemia rilevabile, reversibilità dopo somministrazione di
glucosio. Se le ipoglicemie sono ripetute nel tempo, dopo un po'’ il paziente può non
avvertire più i sintomi prodromici “hypoglicemic unawareness”, ed è esposto ai rischi della
neuroglicopenia.
– Croniche: sono microvascolari come retinopatia, nefropatia e neuropatia e macrovascolari
come infarti e ulcere.
Fattori di rischio per lo sviluppo di complicanze sono esposizione prolungata all'iperglicemia e la
mancata stabilità dei valori glicemici.
Si fa screening delle complicanze controllando l’emoglobina glicata (HbA1c, da tenere sotto il 7%
secondo l'ADA e 6,5 secondo International diabetes federation), microalbuminuria (annualmente
dopo i primi 5 anni di malattia) e fundus oculi; è utile anche quelo per la neuropatia autonomica e
per la polineuropatia simmetrica.

Diagnosi:
In assenza dei sintomi tipici della malattia (poliuria, polidipsia e calo ponderale), la diagnosi di
diabete deve essere posta con il riscontro, confermato in almeno due diverse occasioni di:
• glicemia a digiuno  126 mg/dl (con dosaggio su prelievo eseguito al mattino, alle ore 8
circa, dopo almeno 8 ore di digiuno)
oppure
• glicemia  200 mg/dl 2 ore dopo carico orale di glucosio (eseguito con 75 g)
oppure
• HbA1c  6,5% a condizione che il dosaggio dell’HbA1c sia standardizzato, allineato a IFCC e
che si tenga conto dei fattori che possono interferire con il dosaggio della glicata.

In presenza di sintomi tipici della malattia, la diagnosi di diabete deve essere posta con il
riscontro, anche in una sola occasione di:
• glicemia casuale  200 mg/dl (indipendentemente dall’assunzione di cibo).

Ai fini diagnostici e di screening la misurazione della glicemia deve essere effettuata su plasma
venoso e massima cura deve essere posta nell’appropriata manipolazione del campione (fase
pre-analitica). L’uso del glucometro è sconsigliato, in quanto genera misurazioni non
standardizzabili. Il glucometro può essere impiegato per un pre-screening ambulatoriale
individuale o di massa al fine di individuare soggetti con valori suggestivi di diabete e meritevoli
di uno screening formale con misurazione della glicemia su plasma venoso in laboratorio.

Per formulare la diagnosi di diabete non sono necessarie le misurazioni di:


• glicemia post-prandiale o profilo glicemico;
• insulinemia basale o durante OGTT;
• C-peptide;
• autoanticorpi.

I seguenti valori dei principali parametri glicemici sono considerati meritevoli di attenzione in
quanto identificano soggetti a rischio di diabete e di malattia cardiovascolare, per i quali,
comunque, dovrebbe essere evitato l’uso del termine pre-diabete:
• glicemia a digiuno 100-125 mg/dl (condizione nota anche come alterata glicemia a
digiuno o impaired fasting glucose o IFG)
• glicemia 2 ore dopo carico orale di glucosio 140-199 mg/dl (condizione nota come ridotta
tolleranza ai carboidrati o impaired glucose tolerance o IGT).
• HbA1c 6,00-6,49% (solo con dosaggio allineato con il metodo DCCT/UKPDS)

I livelli di glicemia di solito all'esordio sono in genere tra 300 e 800 mg/d. I valori di potassio sono
normali o lievemente aumentati (4 – 5,5 mEq/L) pur essendoci un deficit di 300-400 mEq/L d
potassio. Questo fenomeno è dovuto alla:
– disidratazione cellulare che causa un aumento della concentrazione di potassio
intracellulare e trasporto passivo attraverso i canali del potassio
– al cosidetto solvent drag cioè la presenza di forze tra solvente e soluto che fanno perdere
K attraverso i canali dell'acqua
– allo scambio tra H e K
– alla carenza di insulina che non permette l'entrata di K
– alla presenza di nausea e vomito con perdita di elettroliti.
Se c’è acidosi metabolica il ph è ritdotto ( < 7,3) e anche i bicarbonati; si può avere leucocitosi,
glicosuria e chetonuria. Gli autoanticorpi sono utili nella diagnosi di LADA e nella predizione di
malattia nei parenti di primo grado; anti-GAD e IA2 sono i più affidabili marker di rischio Il C
peptide può indicare la funzione beta cellulare residua.

Terapia:
– insulina: prodotta tramite Dna-ricombinante e ce ne sono diversi preparati. La terapia più
adottata è la somministrazione intensiva (4 iniezioni/die, 1 di detemir o glargina – lente –
3 di lispro o aspart – insuline rapide) che mima la produzione fisiologica, con iniezioni che
ruotano nelle varie sedi sottocutanee. Si può anche usare il microinfusore portatile.
Importante l’automonitoraggio glicemico con glucoreflettometro.
– ipoglicemia si cura con carboidrati per os e nei casi gravi terapia infusionale con
glucagone.
– chetoacidosi insulina e reidratazione.
– Bicarbonati solo se pH<7,1.
– Dieta varia ed esercizio fisico.
– trapianto di pancreas si fa in genere in pazienti con insufficienza renale e si fa insieme a
quello di rene.

Diabete mellito di tipo 2:


95% circa dei diabetici. Disordine metabolico ad eziologia multipla, con cronica iperglicemia con
insulino resistenza e difetto di produzione di insulina. 6% della popolazione mondiale, più
comune in età avanzata. Tutti i paesi sono interessati dalla malattia, nel nostro pause le stime
parlano di 3 milioni di diabetici. Nel 7% di soggetti invece sono in condizioni di IFG (alterata
glicemia a digiuno) o IGT (alterata tolleranza al glucosio) che per la maggioranza diventeranno
diabetici senza un intervento terapeutico; questi non presentano acora livelli glicemici
diagnostici per il diabete mellito ma si evidenzia comunque un'alterazione del metabolismo
glucidico.
Con le sue complicanze croniche, specie le cardiovascolari è una importante causa di morte.
Spesso associato a dislipidemia, obesità ed ipertensione nella cosiddetta sindrome metabolica,
condizione che aggrava la probabilità di sviluppare complicanze cv.

Etiopatogenesi: multifattoriale. Vi è una predisposizione genetica data la concordanza molto


molto forte (maggiore dell’1, quasi 100%) tra gemelli monozigoti. La malattia è poligenica e i
fattori ambientale (per lo più inattività fisica e obesità) hanno un ruolo preminente. L’età lo
favorisce perché si associa a minore sensibilità all’insulina. Insulino-resistenza e alterazione della
secrezione sono i due fattori causali.
Oltre l’80% dei diabetici è obeso e l'obesità è il più importante fattore di richio. Indice di
predizione di sviluppo di IGT o dibaete è l'accumulo di grasso in sede addominale/viscerale
valutato come misura della circonferenza della vita (>94cm uomo e >80cm donna aumentato
richio). Questo perché il tessuto adiposo viscerale è un organo endocrino che produce ormoni
che contribuiscono ad aumentare l’insulino resistenza (resistina, ma anche adiponectina e
leptina) e intreleuchine e citochine infiammatorie che favoriscono l’aterosclerosi.

L’insulino resistenza riguarda per lo più fegato (che mette in circolo più glucosio), muscolo (che ne
utilizza meno) → si ha iperglicemia che crea la condizione di glucotossicità. Il pancreas risponde
all'aumento di glucosio con un’iperinsulinemia compensatoria; quindi la glicemia si mantiene
nella norma. A livello del tessuto adiposo a causa dell’insulino resistenza si ha maggiore lipolisi e
liberazione di FFA e trigliceridi che vengono utilizzati da muscolo e fegato (gluconeogenesi),
dando la cosiddetta lipotossicità (effetto negativo sulle cellule B). L’aumento del tessuto adiposo
fa aumentare anche le citochine infiammatorie e altre sostanze che aggravano l’insulino
resistenza (TNFs, leptina, adiponectina, interleuchina 6- resistina)

Alterazione della secrezione di insulina


Pur in presenza di insulino resistenza il dabete non si sivluppa se la B-cellula in risposta riesce a
produrre più insulina. Per cui per avere diabete si deve avere anche una diminuita capacità
secretiva delle cellule beta che avviene a causa principalmente di glucotossicità e lipotossicità
oltre che del maggiore lavoro dovuto all’insulino-resistenza, ma incidono anche età, fattori
genetici, riduzione delle incretine, diverse citochine (IL-6 ad esempio).

Aumentata produzione di glucagone


Spesso nei pazienti diabetici, a digiuno, vi è una maggiore produzione di glucagone che comporta
iperglicemia a digiuno. Inoltre il glucagone è responsabile anche dell'aumentata gluconeogenesi
epatica tipica dei pazienti diabetici di tipo 2.

Aumentato riassorbimento di glucosio a livello renale


All’iperglicemia contribuisce anche un aumentato riassorbimento di glucosio a livello del tubulo
prossimale e distale.

Al momento della diagnosi la massa di cellule beta è già ridotta al 50% perché si è avuta in
genere una lunga fase i IFG e IGT, inoltre la malattia avanzando peggiorerà la situazione →
necessità di indentificare precocemente i soggetti a rischio.

Diagnosi: spesso il riconoscimento della patologia è tardivo, perché inizialmente spesso


asintomatica. Anche i soggetti con IFG e IGT nella maggioranza dei casi sono asintomatici e anche
la progressione verso il diabete non viene spesso riconosciuta.
I test per la diagnosi e lo screening sono gli stessi:
• glicemia a digiuno (otto ore dopo il pasto): prelievo di sangue venoso
• controllo casuale della glicemia: prelievo venoso come il precedente ma eseguito in un
momento qualsiasi della giornata indipendentemente dal pasto
• test da carico orale di glucosio (OGTT): richiede l'ingestione di 75g di glucosio e
l'esecuzione di più prelievi nell'arco delle 2 ore. L'interpretazione dei risultati tiene conto
del livello di glicemia 2 ore dopo il carico. Il pz deve stare a riposo, non fumare e avere
assunto nei giorni precendenti una dieta con almeno 150gr di carboidrati/die.

Criteri di individuazione della glicemia


Sulla base della glicemia a digiuno o casuale:
• glicemia a digiuno <100 mg/dL: il soggetto è normoglicemico.
• Glicemia a digiuno tra 100 e 125: alterata glicemia a digiuno (IFG), che deve essere
riconfermata.
• Glicemia a digiuno > 126 mg/dL: diabete, che deve essere riconfermato.
• Glicemia casuale >200 mg/dL con sintomi tipici: diabete.
Sulla base di glicemia dopo OGTT:
• <140 mg/dL 2 ore dopo OGTT: normoglicemico.
• Glicemia tra 140 e 199 2 ore dopo OGTT: alterata tolleranza al glucosio (IGT) che deve
essere riconfermata.
• >200 2 ore dopo OGTT: diabete; anche in questo caso il dato deve essere riconfermato.

IGT e IFG non sono patologie di per sè, ma sono di interesse medico perché aumenta in queste
condizioni il rischio di diabete (38-65%) e malattie cardiovascolari.

Screening: nei soggetti normopeso > 45 anni, controllo glicemia ogni due anni. Nei sovrappeso o
con fattori di rischio OGTT periodico anche prima dei 45 anni.

Clinica: il classico paziente è obeso con grasso addominale, dislipidemia e ipertensione. La


sintomatologia tipica (poliuria, polidipsia, astenia, dimagrimento) può essere sfumata o assente
per anni. Accurata anamnesi familiare e personale, BMI e circonferenza vita. Nel restante 20%
normopeso si ha più spesso deficit di secrezione di insulina più che insulino-resistenza (anche i
LADA e NIRAD – non insuline autoimmune diabetes sono inclusi). I LADA e NIRAD sono quasi il
10% e non sono obesi, hanno poco familiarità per il diabete 2, hanno markers immunologici simili
al diabete 1 (ICA, IA2, GAD). Le principali caratteristiche che ci consentono di sospettare un pz
affetto da LADA sono:
– età adulta alla diagnosi
– scarsa affinità per il diabete di tipo 2
– presentazione iniziale come diabete tipo 2 non obeso
– riscontro di anticorpi andi GAD positivi
– bassi livelli di peptide C
– necessità di terapia insulinica nel giro di poco tempo.

Terapia: ha come obiettivi quello di eliminare i sintomi e le complicanze acute e croniche future.
Per ridurre le future complicanze bisogna controllare la glicemia, i lipidi e la pressione.
• Glicemia: il rischio di complicanze aumenta con l’emoglobina glicata (HbA1c). Bisogna
mantenere bassa la glicemia a digiuno(<110), l’emoglobina glicata (<6,5%) ed anche la
glicemia postprandiale (<160).
ADA 2006 IDF 2005 ACE/AACE 2006 Consensus (SID)
2000
HbA1c <7 < 6,5 < 6,5 < 6,5-7
Glicemia a 90- 130 mg/dL <110 mg/dL <110 mg/dL 80-120 mg/dL
digiuno/preprandi
ale
Glicemia post- <180 mg/dL <145 mg/dL <140 mg/dL <160 mg/dl
prandiale

• Lipidi: ictus, vasculopatie e coronaropatie sono spesso dovute all’aterosclerosi che ha


come fattore di rischio principale la dislipidemia. Nel diabetico abbiamo aumento LDL,
VLDL e trigliceridi e riduzione HDL. ADA e NCEP-ATPIII suggeriscono:
• in tutti i pazienti diabetici è raccomandato un livello di LDL < 100 mg/dL
• nei pazienti diabetici con rischio cv alto definito da patologia dv + fattori di rischio
maggiori, o gravi e non controllati (specie il fumo) o diversi fattori di rischio della
sindrome metabolica (TG >200, HDL <40, LDL >130) le LDL devono essere <70
mg/dl.
Anche l'aumento di TG è un fattore di rischio indipendente di cardiopatia ischemica. Sono
classificati in:
- normali: <150 mg/dL
- ai limiti della norma: 150-199
- alti: 200-499
- molto alti: >500
• Pressione: fattore di rischio grave per patologie cardiovascolari, ed è frequente nei
diabetici. Bisogna tenere <130/80.

Schemi di trattamento: si prescrive sempre dieta ed attività fisica associata ad una terapia
farmacologica anche sin da subito. Il farmaco di prima scelta è la metformina da iniziare a basse
dosi (favorisce l’azione dell’insulina, la fa utilizzare meglio, riduce la produzione di glucosio, la
lipolisi e l’assorbimento intestinale di glucosio). Funziona solo fintanto che c’è insulina in circolo
quindi non causa ipoglicemia. Può dare nausea e vomito e non si dà in gravidanza, insufficienza
renale, cardiaca o respiratoria. Se la metformina non basta la si può associare ad un altro farmaco
come: inibitori dell’alpha glicosidasi (rallenta l’ssorbimento intestinale di glucosio),
sulfaniluree e glinidi (secretagoghi dell’insulina, possono dare ipoglicemia, hanno effetto
apoptotico sulla cellula beta, aumento del rischio cardiovascolare, spesso secondary failure, ossia
fallimento secondario), glitazoni (riducono l’insulino-resistenza, favoriscono l’insulina), incretine
(ormoni del tratto gastrointestinale che stimolano la secrezione di insulina come il GLP-1,
glucagon like peptide. Devono essere associate ad un inibitore della Dipeptidil peptidasi che
altrimenti le inattiva), insuline e analoghi).
Se non si riesce a portalre l'Hb glicata a <7% si può ricorrere a triplice terapia, aumentare le dosi,
valutare sempre se dare insulina.
L’insulina è comunque un passaggio obbligatorio della terapia, anche precoce se la terapia non va
perché libera dal lavoro le cellule beta. Se il paziente ha glicemia elevata, se non risponde ai
farmaci, se in gravidanza o con patologie da ospedalizzazione, l’insulina si deve dare subito. La
dislipidemia si tratta con stile di vita e farmacologicamente con statine. L’ipertensione con ACE-
inibitori e gli ARB (antagonisti del recettore dell’angiotensina II.

Complicanze acute

Chetoacidosi: grave complicanza caratterizzata dalla triade iperglicemia, iperchetonemia,


acidosi metabolica.
Etiopatogenesi: Cause principali sono malattie intercorrenti e infezioni (respiratoria o urinaria
soprattutto); sospensione insulina, eventi cv acuti. Nel 20% dei casi è l'esordio del diabete di tipo
1. Queste condizioni causano un grave deficit di insulina che si accompagna ad aumento degli
ormoni contro regolatori (glucagone, cortisolo, GH, catecolamine). Quando la glicemia supera il
valore soglia di riassorbimento renale, si verifica glicosuria e diuresi osmotica con perdita di
elettroliti e disidratazione. Il deficit insulinico e l'eccesso di ormoni controregolatori, soprattutto
le catecolamine, determinano la mobilizzazione dei grassi di deposito con rilascio in circolo di
grandi quantità di acidi grassi liberi che nel fegato vengono indirizzati alla sintesi di corpi
chetonici (acido 3-B-idrossibutirrico, acido acetoacetico, acetone). La loro formazione è favorita
dalla maggiore quantità di glucagone rispetto all’insulina oltre che dall'aumentata disponibilità
di acidi grassi. Si ha acidosi, che può provocare vomito con maggiore ipovolemia e disidratazione
così come perdita di sodio con le urine. I corpi chetonici portano vasodilatazione e riduzione della
gittata con l'innesto di un circolo vizioso che può portare a shock.
Clinica: nei giorni precedenti al quadro classico della CA si ha poliuria, polidipsia, astenia, nausea
e vomito. Tali manifestazioni se non trattate vanno in contro a un rapido peggioramento
determinando marcata disidratazione e tachicardia, ipotensione sistolica e dei bulbi oculari,
contrazione della diuresi fino all'anuria. L'acidosi determina insorgenza del respiro di Kussmaul
(l'acidosi stimola i centri bulbari) o comunque tachipnea, alito all’acetone. Compromissione stato
di coscienza fino al coma.

Diagnosi:
• si riscontra iperglicemia, iperchetonemia (>3mmol/l) e acidosi (pH < 7,3).
• Il potassio può risulatare normale o poco aumentato (in realtà c'è sempre una grave
deplezione di potassio dovuta al passaggio delle ione dal compartimento intra a
extracellulare a cuasa della carenza insulinica e dell'acidosi).
• Sodiemia: ridotta in seguito alla natriuresi; poiché l'iperglicemia può determinare una
condizione di pseudoiponatriemia, è necessario calcolare la sodiemia corretta : sodiemia
misurata + [(glicemia -100) /100] x 1,6. (vn 135 – 145 mEq/L).
• azotemia e creatininemia aumentato i normali in base al grado di ipovolemia
• osmolarità totale plasmatica normale o aumentata
• all'emogasanalisi si ha acidosi (pH <7,3), minore pCO2 per iperventilazione e minori
bicarbonati (depleti dai corpi chetonici, 5-10mEq/L); il gap anionico è aumentato ( >12
mEq/L) a causa dei minori bicarbonati e serve alla diagnosi differenziale. Il calcolo
dell'anion gap è fondamentale per la diagnosi differenziale con le altre acidosi; nelle altre
acidosi non c’è iperchetonemia, tranne in quella alcolica dove però i bicarbonati non sono
ridotti.

Terapia: somministrazione di liquidi, insulina ed elettroliti.

Sindrome iperglicemica iperosmolare: coma iperosmolare non chetoacidosico. Iperglicemia,


aumento osmolarità senza acidosi e chetosi. Eventi infettivi e cardiovascolari sono la causa, a
volte anche uso di B-blockers, diazzosido, simpatico mimetici, CSS. Spesso sono soggetti anziani
con diabete 2 non controllato. L’insulina basta a non far fare lipolisi e corpi chetonici. L’esordio è
lento con poliuria, polidipsia, nausea e vomito. Ci sono fortissima disidratazione e iperosmolarità
che portano al coma.
Diagnosi: forte iperosmolarità.
Terapia: reidratazione, insulina.

Ipoglicemia: si presenta con la triade di Whipple. In genere si hanno sintomi con glicemia
inferiore a 50. È più frequente nei pazienti trattati con insulina, mancata sincronizzazione con
pasti. Si hanno tachicardia, fame, sudorazione, tremori, confusione,visione offuscata, convulsioni,
fino al coma. Può essere lieve (sintomi autonomini, il paziente si auto-tratta), moderata (sintomi
anche neuroglicopenici,si auto-tratta), grave (richiede terzi, disabilitante). Dopo un po’ i pazienti
possono non avvertire i sintomi prodromici per alterazione della contro regolazione. Terapia:
glucosio per os, se grave ev o glucagone.

Complicanze croniche: principale causa di morbilità e mortalità legate al diabete, sono dovute
principalmente all’iperglicemia. Sono divise in vascolari (micro e macroangiopatiche) e non
vascolari.

Microangiopatiche: un buon controllo della glicemia le diminuisce molto. C’è anche


predisposizione genetica. Sono dovute a aumentata formazione di prodotti tardivi di
glicosilazione, aumentata attivita della via dei polioli, attivazione PKC, aumento ciclo esosamina;
in generale aumento di radicali dell’ossigeno specie superossido.

Oculari: si ha retinopatia (nel 2 20% alla diagnosi, nell’1 il 50% ha segni dopo 10 anni), nei
paesi industrializzati è la principale causa di cecità, varia da microaneurismi a
proliferazione fibrovascolare con emoragie o distacco retinico. La retinopatia diabetica
viene classificata in non proliferante (o background) e proliferante. Una delle più gravi
complicanze della retinopatia è la maculopatia diabetica, se c’è interessamento della
macula.
• Non proliferante: dovuta ad un aumento della permeabilità dei capillari retinici, in
seguito si assiste a occlusione dei capillari retinici e infine si formao aneurismi
sacciformi, fusiformi e shunts artero-venosi. La distribuzione dei microaneurismi è
ubiquitaria anche se di solito sono frequenti nel polo posteriore retinico.
Tardivamente compaiono le emorragie retiniche, essudati (cotonosi che sono
microinfarti retinici mentre quelli duri sono da processi essudativi). Retinopatia
pre-proliferante: quadro intermedio tra le due, caratterizzata da anomalie
microvascolari intraretiniche (IRMA).
• Proliferante se c’è neoangiogenesi e lesioni cicatriziali. Come conseguenza della
progressiva occlusione dei capillari retinici si verifica una espansione di aree
ischemiche → formazione di VEGF e altri angiogenetici. I vasi nuovi sono più fragili
e sanguinano facilmente (emorragie preretiniche). Col passare del tempo si ha
fibrosi che da luogo a un distacco retinico con perdita del visus. La laser terapia
previene la perdita della vista.
• Maculopatia diabetica: principale causa di perdita di visus in pazienti diabetici di
tipo 2. La macula è sede di processi edematosi, essudativi, ischemici, si ha
riduzione del visus. E' caratterizzata la lesioni tipiche della retinopatia background
o proliferante.

Serve la prevenzione, controllo glicemico e del fondo dell’occhio. La cataratta è correlata


a scadente controllo glicemico (glicosilazione di proteine del cristallino, aumentata
attivazione della via dei polioli con aumento di sorbitolo che determina aumentata
osmolarità e conseguente attivazione di processi profibrotici; nei diabetici si sviluppa
prima che nella popolazione generale. La terapia è chirurgica.
Renali: la nefropatia diabetica è la principale causa di insufficienza renale nei paesi
industrializzati. 30% nel tipo 1 e 20% nel tipo 2 (che dunque sono molti di più). Fattori di
rischio cardiovascolari e controllo glicemico influenzano fortemente l’incidenza. Le
alterazioni funzionali coinvolgono per lo più i glomeruli (glomerulopatia) e c’è infatti
ispessimento delle membrane basali glomerulari e tubulari e della capsula di Bowman. Si
ha espansione mesangiale, riduzione del lume dei capillari e diminuita filtrazione. Si ha
atrofia, fibrosi e glomerulo sclerosi. È conclamata quando si ha ipertensione arteriosa con
ridotta funzione renale, proteinuria e aumento della creatinemia. 5 stadi:
• Stadio 1: aumento GFR (riscontrabile nell’1 e non nel 2 forse perché stadio troppo
precoce), fase di iperfunzione.
• Stadio 2: lesioni istologiche glomerulari (fase silente).
• Stadio 3: microalbuminuria (tra 20 e 200 microg/min), fase di nefropatia incipiente.
Nei diabetici bisogna controlare l’AER (escrezione urinaria di albumina). Il controllo
glicemico e pressorio possono far regredire lo stadio.
• Stadio 4: proteinuria clinica(>200), riduzione GFR (fase di nefropatia conclamata).
Bisongna controllare glicemia e lipidi, proibire il fumo, curare la pressione
arteriosa.
• Stadio 5: GFR<60ml/min, insufficienza renale cronica, con necessaria dialisi o
trapianto.
Diagnosi si basa su determinazione dell'escrezione urinaria di albumina, cretininemia,
GFR, pressione arteriosa. I pazienti che presentano però un decorso atpico o in assenza di
retinopatia sono sottoposti a valutazione nefrologica per escludere la presenza di una
nefropatia non diabetica.

Il diabete può portare anche necrosi papillare con febbre, dolore al fianco, piuria e talora
ematuria.

Neurologiche: ne sono affetti oltre il 50% dei diabetici. Può essere periferica e
autonomica. L’iperglicemia favorisce la produzione di radicali liberi che danneggiano le
fibre nervose, forse agiscono anche eventi ischemici.
• Neuropatia periferica: per lo più è polineuropatia simmetrica distale, per lo più agli
arti inferiori. A livello periferico si ha riduzione della velocità di conduzione di fibre
sensitive e motorie. Riduzione sensibilità, formicolio, intorpidimento, dolore,
anche forte. Deformazione delle dita del piede ad artiglio per alterazione delle
fibre motorie, con alterazione della biomeccanica del piede a causa anche
dell’insensibilità con callosità, sublussazioni, fratture, rimodellamento osseo.
All’inizio è tutto asintomatico e bisogna verificare i riflessi tendinei e la sensibilità
tattile. La mononeuropatia è meno comune e coinvolge un singolo nervo cranico o
periferico, per lo più il III cranico. Poliradicolopatia, sintomatologia dolorosa in un'
area, in genere si autorisolve on 6-12 mesi.
• Neuropatia autonomica: disfunzione delle fibre del sistema parasimpatico e
simpatico. Gastrointestinale: si ha alterata mobilità (stipsi o diarrea) e ritardato
svuotamento gastrico (gastroparesi). La gastroparesi porta sazietà, distensione
addominale, nausea e vomito. Oltre al danno alle fibre l’iperglicemia causa
direttamente ipomobilità. Diarrea notturna alternata a stipsi sono frequenti.
Genitourinario: cistopatia (meno contrattilità vescicale, meno
minzioni,incontinenza, infezioni), disfunzione erettile a volte eiaculazione
retrograda, disfunzione sessuale femminile (meno lubrificazione e desiderio).
Cardiovascolare: tachicardia a riposo e ipotensione ortostatica, si hanno casi di
morte improvvisa. Altre manifestazioni sono sudorazione volto e collo (per
ingestione spezie), anidrosi arti inferiori, secchezza cutanea, incapacità di avvertire
l’ipoglicemia (alterata secrezione di ormoni contro regolatori). Si deve controllare
la glicemia, antidepressivi per il dolore, farmaci disfunzione erettile (inibitori
selettivi della fosfodiesterasi-5), dopaminoagonisti per la gastroparesi.
• Piede diabetico: infezioni, ulcerazioni, distruzione tessuti profondi a causa di
neuropatia e vascolopatia. 40-70% delle amputazioni sono da diabete. Principale
causa di ospedalizzazione. Si formano calli e ulcere per mancata sensibilità,
alterazioni ossee e articolari, anidrosi e secchezza favoriscono la comparsa,
arteriopatia causa lesioni ischemiche e mancata cicatrizzazione. Prevenzione,
igiene, osservare quotidianamente i piedi.

Macroangiopatiche: 50% di morte dei diabetici. È più di un semplice fattore di rischio, quasi già
una malattia coronarica. La formazione di placche aterosclerotiche, e la loro rottura che dà
ostruzione, è la prima causa, e il diabete le facilita molto, maggiore formazione di ateroma.
Inoltre in pazienti con diabete di tipo 2 è stata documentata una ipercoagulabilità e maggiore
adesione piastrinica oltre ad un'alterata fibrinolisi dovuta agli alti livelli di PAI. Inoltre il diabete si
trova spesso associato oltre che a disfunzione lipidica, all’interno della sindrome metabolica che
comporta molto rischio aterogenico.
• arteriopatia cerebrale: può dare demenza secondaria a un evento ischemico cv; si
diagnostica con anamnesi e esame obiettivo con rilievo della pulsatilità o presenza di soffi
a livello delle carotidi. La diagnostica per immagini aiuta a ricercare la malattia
ateromasica precocemente prevenendo ravi danni cerebrali.
• arteriopatia periferica: più frequente, per lo più arti inferiori. Si hanno calcificazioni
intimali, della tonaca media (aterosclerosi di Monckelberg). Raramente claudicatio
intermittens in quanto le arterie più colpite sono sotto la poplitea e della suddivisione
della tibiale. Come nell’arteriopatia cerebrale si devono verificare soffi e pulsatilità delle
carotidi, qui bisogna valutare soffi, ma anche diminuzione di peli, rubor, pelle fredda,arto
pallido se sollevato. Si valuta l’indice di Winsor (rapporto tra pressione sistolica tra
caviglia e braccio, se <0,5 è severa) ecografia, angiografia.
• Cardiopatia ischemica: le manifestazioni sono infarto del miocardio, angina pectoris e
morte improvvisa. L’ischemia miocardica nei diabetici è spesso anche asintomatica. Si può
avere dolore toracico e intolleranza allo sforzo. Se ci sono fattori di rischio o altre forme
di vascolopatia si usano test come il test ergometrico, l’ecostress e la scintigrafia
miocardica da stress. Si eseguono test provocativi di ischemia in pazienti con sintomi
cardiaci, o che devono iniziare attività fisica, segni di arteriopatia, fattori di rischio. C’è
bisogno di un approccio terapeutico, più che solo intensivo nel controllo glicemico,
soprattutto multifattoriale intensivo.
• Cardiomiopatia diabetica: disfunzione ventricolare senza altre patologie cardiache come
cardiopatia ischemica, ipertensione o altre patologie cardiache. Storia naturale: prima
disfunzione diastolica, poi ipertrofia ventricolare sinistra (LVH) e infine disfunzione
sistolica. Si vede con ECG ed ecocardiografia (soprattutto l’ipertrofia). Meccanismi
patogenetici sono legati alla presenza di iperglicemia che causa danni strutturali e
funzionali (1% in più di emoglobina glicata 8% in più di rischio di sviluppare insufficienza
cardiaca) con aumento dei radicali liberi e quindi danno cellulare, si ha alterazione della
contrattilità. Inoltre aldosterone a angiotensina II inducono fibrosi cardiaca, peggio se c’è
iperglicemia, con conseguente disfunzione diastolica. Inoltre è presente anche
alterazione del microcircolo coronarico. L’ecocardiografia è l’approccio preferito. Terapia
si fa con interventi farmacologici e sullo stile di vita (ACE-i, B block, diuretici).

Non vascolari:

Cutanee: causate da microangiopatia, alterazione del metabolismo lipidico, del collagene e


dell’attività dei fibroblasti. Si ha pelle fredda, secca, predisposizione alle infezioni. Nel 50% dei
diabetici c’è dermopatia. Spesso macchie marrone di tipo atrofico-cicatriziale. Le lesioni sono
multiple, iniziano come papule ovali. Si possono avere anche xantomi eruttivi (piccoli noduli
rilevati con molti istiociti pieni di grassi, tipici di scarso controllo metabolico), bullosis
diabeticorum (dermatite bollosa). Anche Acanthosis nigricans con pelle ispessita secca e ruvida e
bruna, infezioni da candida con prurito. Raramente necrobiosi lipoidea (placche rosso-violacee
con sclerosi al centro).

Alterazioni ossee e articolari: dovute a iperglicemia e vasculopatia. Cherioartropatia


(ispessimento cutaneo nelle aree articolari, incapacità di appiattire il palmo delle mani).
Contrattura di Dupuytren (ispessimento fascia palmare, dita ad artiglio). Sindrome del tunnel
carpale: compressione del nervo mediale della mano. Anche maggiore demineralizzazione ossea.

Valutazione clinica nel diabete: Dopo la diagnosi, esame obiettivo con ricerca comorbilità, e
complicanze (specie se la diagnosi è di diabete 2, in quanto la malattia potrebbe esserci da molto
tempo).
Follow-up:
– dosaggio emoglobina glicata almeno due volte all’anno. (da tenere sotto 6,5-7%).
– Usare il glucometro (3-4/die) per l’automonitoraggio glicemia per ottimizzare la terapia
ed evitare crisi ipoglicemiche.
– Usare un diario glicemico auto-compilato.
– La glicemia a digiuno deve essere <90-130 e postprandiale <180. (o <110, <145, più
restrittivo).
– Mantenere un BMI inferiore a 25, da ottenere in modo graduale. Dieta mediterranea con
frutta e verdura, equilibrata con carboidrati 45-60%, proteine 10-20% e grassi 30% (per lo
più oli monoinsaturi),
– mantenere il colesterolo sotto i 300, LDL almeno sotto 100 e trigliceridi sotto 150 e HDL
>40-50(donne di più).
– Attività fisica moderata.
– Per i danni cardiovascolari aterogeni e non solo (coagulabilità, fibrinolisi) evitare il fumo,
terapia antiaggregante con acido acetilsalicilico soprattutto se ci sono altri fattori di
rischio (ipertensione, fumo, dislipidemia).
– Bisogna controllare la pressione arteriosa e tenerla sotto 130/80, evitando anche i fattori
di rischio.
– Nelle malattie intercorrenti il controllo della glicemia deve essere più stretto.
– Per controllare la cardiopatia ischemica bisogna eseguire test di sforzo a chi ha sintomi
toracici (dolore retro sternale) e c’è bisogno di un ECG l’anno. Si discute di test da sforzo
anche per diabetici con sintomi cardiaci, ECG a riposo sospetto, arteriopatia, inizio di
attività fisica in pazienti >35 anni e sedentari, 2 o più fattori di rischio.
– Lo screening della nefropatia si effettua con la microalbuminuria (ogni anno) e il calcolo
del filtrato glomerulare (GRF) con la creatinina su campione occasionale, temporizzato
(notte), 24 ore (con calcolo creatinina e rapporto albumina/creatinina).
– La retinopatia si controlla il fundus oculi almeno ogni due anni.
– La neuropatia diabetica periferica si verifica con controllo della sensibilità pressoria
(monofilamento di 10g), sensibilità vibratoria all’alluce (diapason), tono muscolare, riflessi
osteo-tendinei. Si fa screening della neuropatia vegetativa verificando la modificazione
della frequenza cardiaca (manovra di Valsalva) , l’ipotensione ortostatica.
– Per il piede diabetico si fa esame diretto, verifica secchezza pelle, calli e ulcere, sensibilità
e verifica polsi e claudicatio.
– Importante una valutazione psicosociale del paziente che può avere intolleranza verso la
malattia, disturbi alimentari, cognitivi, sociali, affettivi.
Altre tipi specifici di diabete:

MODY: difetti monogenici della funzione beta-cellulare caratterizzati da diabete giovanile. Sono
ereditari autosomici dominanti e ce ne sono di varie forme, da leggeri come il 2 a più pesanti
come 3 e 5. La 2 è associata a glucochinasi. Vi sono forme legate al Dna mitocondriale o a difetti
nella molecola di insulina, forme legate a difetti del recettore dell’insulina, malattie del pancreas
esocrino che compromettono anche la sua funzione endocrina, endocrinopatie con ormoni che
antagonizzano l’insulina (Cushing, glucagonoma, feocromocitoma), farmaci, disordini
autoimmuni vari come quello che colpisce il recettore dell’insulina e sindromi genetiche come la
sindrome di Wolfram (ma anche down, turne, klinefelter etc…).

Diabete mellito gestazionale: GDM è un diabete che compare durante la gravidanza, in genere
torna l’omeostasi glucidica dopo il parto. Si fa test da carico orale con 100 g di glucosio. È dovuto
alle variazioni ormonali della gravidanza (principalmente progesterone) che causano insulino
resistenza. Si associa a complicanza per la madre ed il bambino e si deve curare (dieta o anche
insulina), si associa a maggiore incidenza di diabete 2 in futuro. La secrezione placentare di
ormoni anti-insulina comporta uno sforzo maggiore per il pancreas, e tra il 4-10% di donne
sviluppano diabete. Già alterazione glicemia, familiarità, età avanzata, sovrappeso, sono fattori di
rischio, si può avere macrosomia e problemi per il bambino e parto più difficile per la madre. Lo
screening si fa all’inizio con la glicemia a digiuno, GDM se tra 92 e 126, altrimenti si ripete OGTT
in corso di gravidanza.

Sindromi ipoglicemiche: livelli di glucosio inferiori alla norma. Può essere una complicanza da
terapia del diabete. Livelli inferiori a 50 sono in genere associati a patologia. Il livelli di glucosio
sono dovuti ad assorbimento, glicogenolisi e gluconeogenesi (per lo più epatica) e sono regolati
positivamente da cortisolo, Gh e catecolamine e glucagone. Il 60% del glucosio ematico è
utilizzato dal sistema nervoso. Nella fase di digiuno diminuisce l’insulina ed entrano in gioco gli
ormoni antinsulinici, prima glucagone e adrenalina, poi cortisolo e GH, sempre prima che si arrivi
intorno a 55-50. Nella fase post-prandiale predomina l’insulina.
Clinica: sintomi adrenergici da attivazione dell’SNA (nervosismo, tremori, nausea e vomito,
tachicardia e palpitazioni, pallore, sudore freddo) e neuroglicopenici (diminuzione cognitiva,
visiva, linguaggio, letargia, amnesia, convulsioni, labilità emotiva).
Forme a digiuno: si ha ipoglicemia quando è verificata la triade di Whipple. Nella maggior parte
dei casi si hanno per assunzione di alcol o in pazienti diabetici in terapia insulinica. Prima si
controlla la glicemia, poi test del digiuno prolungato per vedere se c’è la fisiologica cessazione
della produzione di insulina. È seguito da test di risposta del glucosio al glucagone . Bisogna
distinguer insulinomi, da ipoglicemia da ipoglicemizzante orale, da altri tumori (spesso di grandi
dimensione, in genere a causa della produzione di IGF).
Forme reattive postprandiali: diagnosi con OGTT e test del pasto misto.
Terapia: l’ipoglicemia acuta si cura con zucchero orale, o soluzione di glucosio al 33% ev, o
glucagone.

Malattie del metabolismo lipidico e proteico (cap. 19)

Iperlipidemia: concentrazione di colesterolo e trigliceridi al di sopra dei livelli desiderabili.

Etiopatogenesi: legata ad alterazioni del metabolismo e del trasporto di lipoproteine (aumentata


concentrazione di una o più classi). Le lipoproteine hanno un core lipidico apolare (esteri del
colesterolo, trigliceridi) e un involucro esterno di fosfolipidi, colesterolo libero e proteine. Le
proteine sono strutturali, sono ligandi e a volte hanno funzione catalitica.
Sono HDL (alta densità, piccole), LDL, IDL, VLDL (densità sempre più bassa e grandezza sempre
maggiore) e chilomicroni (bassissima). Ricche in trigliceridi sono chilomicroni e VLDL, in
colesterolo sono LDL e HDL.
Assorbimento dei lipidi:
Ogni giorno vengono assunti 0,5-1g di colesterolo e 100g di trigliceridi. I triglicerdi vengono
assorbiti a livello intestinale sottoforma di glicerolo e acidi grassi e di nuovo trasformati in TG,
trasportati nei chilomicroni. Il colesterolo viene assorbito parzialmente (25-75%) e
successivamente esterificato dall'enzima ACAT legato alla membrana per essere inglobato nei
chilomicroni. Nell'uomo l'assorbimento avviene nel tenue mediato da Niemann-Pick C1 Like 1,
una proteina.

Chilomicroni: composti da lipidi provienienti dalla dieta e apo B48. Raggiungono il plasma
attraverso il dotto toracico. Acquisiscono dopo un po’ apo C dalle HDL che funziona da cofattore
per la lipoproteinlipasi (LPL) che è legata ai capillari e serve a scindere i trigliceridi cosicché le
cellule possano assorbirli. I chilomicroni rimanenti nel plasma, detti remnant (rimasti) sono
piccoli e assorbiti dagli epatociti che legano la apoE.

VLDL: hanno l’apo B100 e sono sintetizzate dal fegato. In seguito all’acquisizione di apo C dalle
HDL sono metabolizzati come i chilomicroni. Quello che ne resta sono le IDL, metabolizzate
rapidamente per cui la loro concentrazione nel plasma è normalmente bassa. La maggiorparte
dell'apoC contenuta dalle IDL è restituita alle HDL. Le IDL per circa la metà sono assorbite dal
fegato e catabolizzate in maniera irreversibile, il resto è trasformato in LDL.

LDL: ottenute dalla conversione epatica delle IDL, sono la prima fonte di colesterolo per le
cellule extraepatiche ed epatiche (il 50% è assorbito dal fegato), assorbite tramite il recettore
delle LDL che riconosce l’apo B100. Sono ridotte a colesterolo dopo endocitosi. Concentrazioni
alte di colesterolo libero intracellulare diminuiscono la sintesi di recettori. Questo regola
negativamente anche due enzimi , l’ACAT (trasforma il colesterolo libero in esteri) e HMGCoA-
reduttasi (idrossi-metil-glutaril-coenzima A), tappa limitante nella sintesi del colesterolo. Il
colesterolo contenuto nelle LDL si calcola con la formula di Fiedewald: LDL-
colesterolo=colesterolo totale-HDL-triglicerdi/5 (con trigliceridi <400).

HDL: trasporta il colesterolo dalle cellule extraepatiche al fegato. Si lega alla superficie delle
cellule tramite apo I. Il colesterolo libero è esterificato dalla LCAT e messo nel core delle HDL
trasformandole da discoidali a sferiche (in modo istantaneo infatti le discoidali non si trovano).
Avviene così il trasporto inverso di colesterolo, al fegato.

Diagnosi
Classificazione delle iperlipidemie
L’iperlipidemia si distingue in primitiva (fenotipica o genetico-metabolica) e secondaria a svariate
patologie (ipotiroidismo, diabete etc…).

Classificazione fenotipica di Fredrickson


E' utile a descrivere la anormalità della lipoproteina presente, non è utile però a definire un
particolare disordine metabolico, la modalità di eredità, il quadro clinico, la terapia; per questo si
preferisce la classificazione genetico-metabolica.

•Iperlipoproteinemia di tipo I: aumento dei chilomicroni, cioè aumento dei trigliceridi provenienti dalla
dieta
•Iperlipoproteinemia di tipo II a: aumento delle LDL, quindi del colesterolo
•Iperlipoproteinemia di tipo II b: aumento delle LDL e delle VLDL, quindi sia del colesterolo che dei
trigliceridi
•Iperlipidemia di tipo III: aumento del colesterolo e dei trigliceridi totali, non accompagnato
dall'aumento di lipoproteine, per aumento di prodotti intermedi derivanti dalla scissione delle VLDL
prima di formare le frazioni LDL
•Iperlipoproteinemia di tipo IV: aumento delle VLDL e quindi dei trigliceridi, provenienti dal
metabolismo dei carboidrati
•Iperlipoprotidemia di tipo V: aumento dei chilomicroni e delle VLDL, quindi dei trigliceridi
provenienti dalla dieta e da quelli sintetizzati a partire dai carboidrati a livello del fegato

Classificazione genetico-metabolica
E' utile nel determinare la prognosi in termini di rischio di coronaropatia e pancreatite e nel
determinare la terapia ottimale.

Principali forme di iperlipidemie familiari aterogene


Circa il 50% dei pazienti con aterosclerosi prematura ha un’iperlipoproteinemia.

Ipercolesterolemia familiare: FH, autosomica dominante, mutazioni del recettore dell’LDL.


Associata ad alto rischio cardiovascolare. Diagnosi certa se LDL sopra al 90 percentile,
trasmissione tipica, xantomatosi tendinea. In mancanza di anamnesi familiare si può sospettare
se c’è cardiopatia ischemica precoce nei familiari di 1° grado (<55 anni). Si ha aumento LDL e CT
(colesterolo). C’è anche una forma autosomica recessiva.

Iperlipidemia combinata familiare: è autosomica dominante, è la più frequente ed è associata a


difetti di metabolismo di lipoproteine ricche in trigliceridi e di apo B. Aumento della
colesterolemia e/o della trigliceridemia in più componenti della stessa famiglia, con aumentato
rischio di aterosclerosi, ma ampia variabilità di espressività. Si ha aumento VLDL e LDL più
frequentemente, a volte anche di trigliceridi. Il difetto metabolico di base è costituito
dall'aumentata sintesi epatica di VLDL-apoB modulata a sua volta da vari meccanismi. Le
alterazioni sono eviendenti dopo la terza decade di vita, la principale manifestazione è la
comparsa di ateroclerosi precoce, più frequente negli adulti o in età più avanzata. Prevalenza tra
0,5 e 2% della popolazione.
Iperlipidemia di tipo III disbetalipoproteinemia familiare. Si ha aumento colestero e triglicerdi.
Sintesi di apo E2 anziché la normale apo E3. Si lega ai recettori con bassa affinità con ridotto
catabolismo delle particelle remnants (aumento IDL). Si manifesta se c’è un altro disordine del
metabolismo proteico che può essere genetico o acquisito come l'ipotiroidismo, diabete o
obesità. Si ha aumentato rischio cardiovascolare e xantomi tuberosi.

Terapia: prevenzione, principalmente dieta. Colesterolo inferiore ai 300 mg al giorno. La terapia


farmacologica si basa su inibitori della HMGCoA-reduttasi, statine, acidonicotinico, etc. vd
appunti farmacologia.

Aterosclerosi: principale causa di arteriopatia al mondo. Processo infiammatorio cronico della


parete delle arterie di medio e piccolo calibro con accumulo di lipidi, cellule infiammatorie e
fibroblasti. In genere la sede delle placche sono zone di flusso turbolento, in cui si sviluppa il
processo infiammatorio e fibroproliferativo. Sono temibili più che la placca in sé, le conseguenze
della fessurazione e distruzione della placca, che può dare fenomeni ostruttivi, trombotici.
Fattori di rischio sono familiarità, dislipidemia, fumo, obesità (più addominale), ipertensione e
diabete (anche iperomocisteinemia e patologie che comportano ipercoagulabilità). Fattori
protettivi sono il colesterolo HDL, e il flusso laminare.

Clinica: i sintomi sono quelli di una progressiva ostruzione dovuta alla placca. Può essere
asintomatica e dare sintomi progressivi o immediati. Colpisce le arterie di arti inferiori, carotidi e
coronarie. Angina pectoris e mesenterica e claudicatio intermittens sono segni di aterosclerosi.
Gli stadi dell’ostruzione secondo Fontaine sono:
1) Malattia occlusiva senza sintomatologia
2) claudicatio intermittens
3) dolore ischemico a riposo
4) ulcerazioni o gangrena.
L’angina pectoris è un sintomo di ostruzione delle coronarie, lo stroke e l’attacco ischemico
transitorio (TIA) sono dovuti al deficit di perfusione cerebrale. L’ischemia mesenterica può essere
asintomatica o dare forte dolore postprandiale.

Semeiotica: dopo accurata anamnesi su sintomi, abitudini, familiarità, attività sessuale, peso,
altezza circonferenza vita. Cercare segni di deficit di irrorazione a valle di un determinato
distretto o depositi di lipidi e colesterolo come xantelasmi (perioculari), xantomi (tendinei),
gerontoxon o arco corneale senile (iride). Aumento della pressione arteriosa (per aumento
resistenze periferiche). A livello cardiaco soffi (stenosi aortica), tachicardia, quarto tono. Soffi
carotidei o deficit neurologici. Masse pulsanti addominali o soffi arterie renali. Palpazione dei
polsi periferici. Colore cute, rossa o pallida a seconda della posizione dell’arto.

Diagnosi: clinica e laboratoristica con trigliceridi, colesterolo totale e HDL. Determinare anche
glicemia e emoglobina glicata. Eco-color doppler sui vasi sospetti è diagnostico. Indice di Winsor
(rapporto caviglia braccio). ECG che se positivo per cardiopatia richiede ecocardiografia.

Terapia: correggere i fattori di rischio.

Disordini del peso corporeo e del comportamento alimentare (cap. 20)

Per la fisiologia confrontare fisiologia di fame e sazietà.

Obesità: condizione cronica di eccessivo peso corporeo per accumulo tale di tessuto adiposo da
influire negativamente sullo stato di salute. È una malattia complessa a eziologia multifattoriale
che si accompagna ad aumentato rischio di morbilità e mortalità. È il più comune disordine
alimentare degli occidentali. Un terzo degli americani è obeso e il 50% in sovrappeso. In Italia il
9% è obeso e il 34% in sovrappeso. Il BMI (BMI>30) ne è indice diretto, ma con limiti per le masse
muscolari. La MG, massa grassa è più specifica anche se non utile in clinica. L’obesità viscerale
(circonferenza vita) è più pericolosa perché il tessuto adiposo addominale mobilizza più acidi
grassi ed è più attivo nella secrezione. Arischio elevato uomini con giro vita >102 e donne con
>88.
L’obesità può essere iperplastica o ipertrofica o entrambe. In età prepuberale è comune
l’iperplastica che è anche più difficile da curare. Può essere (spesso) poligenica o (raramente)
monogenica, ed in genere c’è aggregazione genetica familiare. La sindrome di Prader Willi,
Laurence-Moon-Biedl ed altre (anche mutazione gene della leptina) sono monogeniche e
compiaiono già in età infantile. Obesità primaria (essenziale) è la più comune, ma esistono anche
forme secondarie a: sindrome di Cushing, ipotiroidismo, insulinoma, craniofaringioma o altre
alterazioni dell’ipotalamo.

Diagnosi: clinica, BMI. Diagnostica di laboratorio per le complicanze.

Complicanze:
– aumentato rischio di malattie metaboliche come diabete tipo 2, dislipidemia,
– malattie cardiovascolari e ipertensione,
– malattie respiratorie: apnea ostruttiva, insufficienza respiratoria
– osteoarticolari
– alcune forme di cancro (mammella, utero, colon-retto, esofago, pancreas, rene).
– Malattie epatiche: steatosi, cirrosi
– ginecologiche: alterazioni ciclo mestruale, infertilità, sindrome ovaio policistico
– gotta
– flebiti

Terapia: valutare la presenza di malattie e fattori di rischio. Modifica stile di vita, complicata. Se il
rischio è basso o medio si cerca di evitare un ulteriore aumento di peso. Dieta per perdere peso a
tutti gli obesi e i sovrappeso (tra 25 e 30) con due o più fattori di rischio. Obbiettivo minimo è
mantenere il peso, buono è riduzione di 5-10% del peso in sei mesi. Ideale è il raggiungimento di
un BMI normale. Modifica dell’introito calorico e attività fisica. Farmaci utilizzati sono l’orlistat
(che riduce l’assorbimento di grassi) e la sibutramina (anoressizzante). La terapia chirurgica
(bariatrica) può essere fatta se falliscono le altre terapie. Si possono fare interventi restrittivi che
riducono il volume dello stomaco, e interventi malassorbitivi che però riducono l’assorbimento di
tutti gli elementi nutritivi.

Sindrome metabolica (cap. 21)

Contemporanea presenza di alterazioni del metabolismo energetico, lipidico, glucidico, purinico


del controllo della pressione. Obesità, disglicemia, dislipidemia, iperuricemia, ipertensione. Per la
diagnosi una volta doveva essere presente disglicemia (anche in termini di IGT o IFG oltre che
diabete2), insulino resistenza (identificata con clamp euglicemico e iperinsulinemico) più due
ulteriori alterazioni come ipertensione, dislipidemia, obesità centrale, microalbuminuria). Forse
sarebbe meglio considerarla in assenza di diabete. Successivamente è stato proposto come
diagnostico il riscontro di almeno tre anormalità. Oppure mettendo al centro l’obesità centrale,
altre due anormalità. Le variabili della sindrome metabolica sono continue e molto influenzabili
da vari aspetti, pertanto la presentazione è varia e la diagnosi difficile. L’iperuricemia non è più
indicata, ma spesso presente. Epidemiologia: molto diffusa, quasi il 25% tra i 40 e i 79 anni,
correlata all’aumento dell’obesità. Bisogna considerare che le alterazioni, in rapporto di 10:1 e
anche più in alcuni casi, compaiono più insieme che isolate. Etiopatogenesi: L’eccesso di grasso
centrale e l’insulino-resistenza hanno un ruolo centrale, con interazione con fattori genetici e
ambientali. Il grasso centrale è patogenetico, causa anche insulino-resistenza ed è criterio
diagnostico. Fattori genetici sono polimorfismi in IRS-1 (pathway insulina), adiponectina, IL-6,
recettore beta-3 adrenergico, angiotensinogeno, eNOS (enzima NO), PPAR.alpha (fattore di
trascrizione nucleare per metabolismo lipidico e infiammazione), apo C III. C’è aggregazione
familiare. La sedentarietà e l’eccessivo introito calorico sono fattori causali perché provocano
accumulo di grasso centrale e insulino-resistenza. L’attività fisica si correla alla sensibilità
all’insulina. Si ha alterazione del metabolismo glucidico e iperglicemia. L’iperinsulinemia associata
a insulino-resitenza regola omeostasi glucidica, metabolismo lipidico, pressione arteriosa. Il
grasso soprattutto viscerale secerne FFA, adiponectina, resistina e leptina. Leptina, resistina e
FFA aumentano l’insulino-resistenza, l’adiponectina aumenta la sensibilità. Le prime sono
prodotte di più quando il tessuto adiposo è espanso, la seconda di meno. Gli FFA procurano altri
danni. L’espansione di tessuto adiposo in sede centrale è associata ad una cronica adiposite che
altera la produzione di sostanze. Insomma geni e ambiente (stile di vita), sono fattori eziologici,
insulino-resistenza e grasso centrale sono fattori patogenetici. Clinica: sovrappeso, obesità,
circonferenza vita, dislipidemia, disglicemia, ipertensione. Inoltre ci possono anche essere
alterazioni biochimiche come iperuricemia, aumento FFA, leptina, resistina, diminuzione
adiponectina, aumento PAI e fibrinogeno, aumento CRP, TNF-alpha, IL-6 e leucociti, aumento LDL
ossidate, presenza di steatosi. La presenza di insulino-resistenza è caratteristica e si rileva con la
presenza di iperinulinemia spesso associata a glicemia più alta. Il gold standard è il clamp
iperinsulinemico con cui si infonde insulina per 2-3 ore innalzando il livello dell’ormone a quanto
desiderato e si mantiene la glicemia ad un livello prestabilito con infusioni di glucosio. Il test
misura la quantità di glucosio infusa che serve per mantenerlo a 90 mg/dl a 60-70microU/ml di
insulina. Meno glucosio serve più c’è insulino-resistenza. Rischi: se non si include il diabete nella
sindrome il rischio di diabete è elevatissimo. Malattie cardiovascolari, cirrosi, asma, PCOS,
scompenso cardiaco, insufficienza renale, psoriasi, ipogonadismo ipogonadotropo, sono tutti
rischi aumentati. Terapia: bisogna ridurre il rischio di diabete e malattie cardiovascolari.
Principalmente modifica dello stile di vita: dieta e attività fisica. Un calo ponderale anche di solo
5-10% è importante. Riduzione apporto calorico e dieta bilanciata, sopra BMI di 27 anche farmaci
come orlistat, sibutramina, anche metformina. Se non basta o non si riesce serve una terapia
farmacologica è per ogni tratto della sindrome. Terapia personalizzata.
Fame e sazietà: la regolazione dell’assunzione di cibo dipende da fame e sazietà. Il centro che
genera gli stati di fame e sazietà è l’ipotalamo. All’interno dell’ipotalamo vi è un centro mediale
(ventromediale, paraventricolare) della sazietà e un centro laterale della fame. Cruciale nella
regolazione dei due centri è l’attività del nucleo arcuato. Se si distrugge il centro mediale
l’animale avrà iperfagia, se si distrugge il centro laterale l’animale avrà anoressia. Il nucleo
arcuato regola i due centri in modo alternato, in risposta a determinati stimoli. Pare che il centro
della fame sia tonicamente attivo, a tratti inibito dal centro della sazietà. Nel nucleo arcuato ci
sono due popolazioni di neuroni. I neuroni POMC producono alpha-MSH e CART che vengono
prodotti quando il nucleo arcuato è stimolato da insulina e leptina. Alpha-MSH e CART stimolano
(alpha-MSH su recettori MC3R e MC4R) il nucleo mediale a produrre sostanze anoressizzanti
come il CRF e l’ossitocina (altre sono ad esempio DOPA e serotonina). I neuroni NPY/AgRP
producono neuro peptide Y (36 aa) e Agouti-related protein che antagonizzano i POMC
inibendoli. Inoltre sono eccitati dai neuroni del nucleo laterale che producono orexina e
ipocretina. Le cellule del sistema HCRT (laterale) sono stimolate dalla grelina (28 aa) secreta
dallo stomaco in carenza di nutrienti (anche dal cortisolo). Anche dei meccanismi periferici
agiscono sul controllo centrale. La distensione delle pareti del tubo GI e recettori orali inibiscono
la fame. L’accumulo di nutrienti induce sazietà. Teoria glucostatica: il centro della fame è inibito
da un aumento di glicemia. Forse più che il glucosio direttamente, interviene l’insulina, il cui
aumento stimola il centro della sazietà e blocca quello della fame (blocca NPY). Funzione simile
ha la CCK prodotta dalla mucosa duodenale quando vi giungono molti grassi. Il nostro modo di
assumere nutrienti pertanto, è ciclico. Una fase prandiale e una di digiuno. Quando stiamo per
mangiare (fase cefalica) l’insulina si innalza e continua a salire mentre mangiamo fino ad attivare
il centro della sazietà. Come prevede la teoria glucostatica poco prima di mangiare c’è una
caduta glicemica. Nella fase postprandiale si formano glicogeno epatico e lipidi nel tessuto
adiposo grazie all’azione dell’insulina, che prevale in questa fase. Nella fase di digiuno
prevalgono sistemi anti-insulinici come GH, cortisolo e adrenalina. Vi è anche un meccanismo di
regolazione a lungo termine: la leptina (167 aa) inibisce il centro della fame ed è prodotta dal
tessuto adiposo. Più adipe più leptina. Gene ob. Il suo recettore: gene db.

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