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Capitolo 1

L’invecchiamento della retina

Nicola Pescosolido

Introduzione instabilità nucleare, con eventi di differenziazione


cellulare inappropriati e conseguente morte cellu-
La nostra vista si indebolisce con l’età; la maggior lare (necrosi o apoptosi) (vedi lo stress ossidativo
parte delle persone anziane presenta deficit sia del- fotoindotto e la patologia retinica).
la visione fotopica (Owsley e Bourton,1991) che Quindi, secondo la teoria dell’invecchiamento, il
scotopica (Sturr et al., 1992) non correlabili ad livello di senescenza è stabilito dall’interazione tra
alcuna patologia organica, ma facenti parte di un i fattori che la promuovono e quelli che la con-
generale declino di tutte le funzioni dell’organismo. trastano, in pratica dalla capacità di rigenerazio-
In base alla teoria del deterioramento fisico si ritie- ne cellulare che è sotto il controllo genetico. Da
ne che l’organismo sia sottoposto a stress ed insulti questo punto di vista la “teoria del deterioramento
estrinseci (dipendenti dall’ambiente) ed intrinseci fisico” si unisce all’altra teoria dell’invecchiamento
(dipendenti dai processi biologici). Il danno, sia in- che è quella dell’“orologio biologico”. Quest’ulti-
trinseco che estrinseco, deriva da piccole molecole ma asserisce che la durata della vita di ogni specie
altamente reattive, i radicali liberi, prodotte duran- è geneticamente determinata e che le sue varia-
te il normale metabolismo cellulare ed associate ad zioni sono frutto o di influenze ambientali o di
importanti funzioni cellulari. Fra gli agenti dannosi mutazioni genetiche.
consideriamo gli intermedi reattivi dell’ossigeno
(ROI) capaci di indurre stress ossidativo, ma anche
i perossinitriti, gli agenti alchilanti endogeni ed i Organizzazione morfologica
prodotti dell’aldeide, proveniente dalla ossidazione e funzionale della retina
lipidica che hanno tutti la capacità di danneggiare
le macromolecole organiche (proteine e lipidi com- La retina costituisce la più interna delle tre tuni-
plessi, DNA ecc.). Dal danno macromolecolare si che che rivestono la parete posteriore dell’occhio.
arriva alla disfunzione cellulare che si manifesta con Essa si estende dal nervo ottico al margine pupil-
L’invecchiamento dell’apparato della visione

lare dell’iride. Può essere divisa in una parte ottica, citoplasma fino ad 1Pm, al fine di aumentare la
deputata alla funzione visiva ed in una parte cieca, superficie assorbente. La membrana basale di que-
in rapporto con il margine pupillare. Le due parti ste cellule è adiacente alla lamina basale che co-
sono separate a livello dell’ora serrata. La retina stituisce lo strato prossimale della membrana di
è distinta strutturalmente in due foglietti: uno Bruch. Le invaginazioni basali aumentano la su-
esterno ed uno interno. perficie della membrana cellulare, dato che essa è
coinvolta nelle funzioni di trasporto. La porzione
1) Foglietto esterno della retina apicale delle cellule dell’ERP, che sta di fronte al
segmento esterno dei fotorecettori, è ripiegata a
Il foglietto esterno della retina è costituito dall’epi- formare microvilli di 5-7 Pm di lunghezza, che si
telio pigmentato della retina (EPR) che poggia su estendono a circondare il terzo terminale del seg-
una lamina elastica: la membrana di Bruch. L’E- mento esterno dei fotorecettori. Poiché i segmenti
PR con la membrana di Bruch e la coriocapilla- esterni dei bastoncelli e dei coni sono di differen-
re costituiscono un unico complesso funzionale te dimensione, i villi che circondano il segmento
chiamato da Sarks (1976), Green ed Enger (1993) esterno dei bastoncelli sono più piccoli (3 Pm) di
“complesso membrana di Bruch/EPR”: dall’inte- quelli che circondano i coni. Dal punto di vista
grità di questa struttura dipende quella dei foto- funzionale esistono due differenti tipi di micro-
recettori retinici e di conseguenza l’integrità della villi: uno più sottile, deputato al trasporto trans-
funzione visiva. epiteliale, e l’altro connesso alle lamine distali dei
fotorecettori.
L’EPITELIO PIGMENTATO Le membrane laterali dell’EPR sono unite (zonula
Le cellule dell’EPR sono cellule postmitotiche occludens e adherens) a formare la barriera emato-
con una forma esagonale che formano un epitelio retinica esterna ed allo stesso tempo interconnesse
cuboidale monostratificato che separa il segmen- attraverso giunzioni intercellulari. Le cellule han-
to esterno dei fotorecettori dalla coroide. L’EPR no un nucleo rotondo basale ed il citoplasma ricco
fornisce supporto metabolico e funzionale al seg- di lisosomi, reticolo endoplasmatico liscio, mito-
mento esterno dei fotorecettori. Ciascun occhio crondri (a livello basale) e di granuli pigmentati
umano contiene da 4 a 6 milioni di cellule dell’E- rotondi ed ovali contenenti melanina. La maggior
PR. Nella retina centrale la forma e la dimensione parte dei granuli di melanina si trova nella parte
delle cellule dell’EPR sono uniformi. Esse misu- apicale oppure nei villi. I granuli misurano fino ad
rano circa 14 µm di diametro e 12 µm di altezza. 1Pm di diametro e 2-3 Pm di larghezza. La loro
All’equatore le cellule sono più alte e più larghe e funzione è quella di assorbire la luce prevenendo-
in estrema periferia perdono uniformità nella di- ne la diffusione e agiscono anche come “scaven-
mensione e nella forma. Alcune cellule possono gers” di radicali liberi.
contenere più di un nucleo e all’ora serrata le cel- Le cellule dell’EPR che contengono una maggior
lule dell’EPR possono misurare fino a 60 Pm di quantità di pigmento sono quelle localizzate nella
diametro (Marmor e Wolfernsberger, 1988). regione maculare ed all’equatore (Feeney-Burns et
Queste cellule presentano una porzione basale, al., 1984).
una apicale e sei facce laterali. La porzione ba- L’EPR, nel suo ruolo di barriera ematoretinica,
sale è costituita da una membrana cellulare con regola lo scambio transepiteliale di ioni, liquidi
numerose invaginazioni che si approfondano nel e metaboliti attraverso le giunzioni laterali, gra-
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zie alla presenza di proteine specializzate a livello LA MEMBRANA DI BRUCH


della membrana plasmatica. Il mancato funziona- La membrana di Bruch (BrM) rappresenta un
mento dell’equilibrio ionico causa un’infiltrazione sottile strato di tessuto connettivo posto tra l’E-
di liquidi nel microambiente dei fotorecettori. Il pas- PR e la coriocapillare. Per la sua localizzazione e
saggio di ioni da e verso la retina è importante per le sue proprietà questa struttura costituisce uno
la polarizzazione e ripolarizzazione delle membra- strato limitante gli scambi metabolici tra le due
ne cellulari, per il trasporto dei fluidi e per la rego- strutture adiacenti (Marshall et al., 1998). Alte-
lazione del pH. Attraverso trasporti attivi passano razioni del trasporto di nutrienti attraverso di
proteine e glucosio (tramite GLUT-1), mentre i essa possono provocare variazioni della normale
gas diffondono liberamente. funzionalità fotorecettoriale e rappresentare una
Inoltre, l’EPR gioca un ruolo fondamentale nel possibile causa di maculopatia età-dipendente
trasporto e nell’immagazzinamento dei retinoidi, (ARM) (Sarks, 1976; Grindle e Marshall, 1978;
essenziali per il mantenimento del ciclo visivo. Bird e Marshall, 1986; Chen et al., 1992; Starita
Un’altra funzione dell’ERP è quella di eliminare le et al., 1996). Questa membrana è formata da 5
componenti dei segmenti esterni dei fotorecettori attra- strati e si estende dal disco ottico all’ora serrata;
verso un’attività di fagocitosi mediata dalla catepsi- il suo spessore varia in differenti parti dell’occhio:
na D e dalle integrine che agiscono da recettori di è maggiore in vicinanza del disco ottico (2-4 Pm)
membrana che mediano la fagocitosi. I fagosomi ed è più sottile in periferia (1-2 Pm). La membra-
si uniscono ai lisosomi e formano i fagolisosomi na basale delle cellule dell’EPR forma lo strato più
(organuli nei quali avviene la digestione da parte interno della membrana di Bruch, seguono poi lo
degli enzimi intracellulari) che si dispongono in strato di collagene interno, lo strato elastico, lo
prossimità della superficie basale delle cellule. I strato di collagene esterno e la membrana basale
prodotti finali del metabolismo sono successiva- della coriocapillare. Il collagene e l’elastina sono le
mente espulsi per esocitosi, attraversano la mem- proteine strutturali principali della membrana di
brana di Bruch e sono immessi nella circolazione Bruch. Certi tipi di collagene (tipo I, II, III, V, e
coroideale; altrimenti, se non avviene una loro XI) si aggregano in lunghe fibrille, altri (IX e XII)
digestione completa, si accumulano all’interno si trovano sulla superficie delle fibrille e sono uni-
delle cellule come “granuli di lipofuscina”. Questi ti alle diverse componenti della matrice, inoltre il
granuli aumentano con l’età (Wing et al., 1978), collagene tipo IV forma una sottile rete. Le fibre
specialmente nell’area maculare. Infatti, la costante di elastina conferiscono elasticità alla membrana.
esposizione dell’EPR alla luce e ad elevate concentra- La fibronectina e la laminina sono grandi glico-
zioni di ossigeno, nonchè l’intensa attività metaboli- proteine che, per i loro multipli legami, aiutano le
ca di queste cellule, creano un ambiente favorevole, cellule ad aderire alla membrana.
specialmente a livello maculare, alla formazione di
radicali tossici, reattivi dell’ossigeno. 2) Foglietto interno della retina o retina
Per difendersi dallo stress ossidativo le cellule neurosensoriale
dell’EPR contengono agenti antiossidanti quali la
superossidodismutasi, la catalasi, il glutatione ri- Il foglietto interno della retina, o retina neurosensoriale,
dotto, la melanina ed i carotenoidi. In realtà, con rappresenta la tonaca nervosa vera e propria del bulbo
l’avanzare degli anni la loro quantità si riduce ve- oculare; è di derivazione diencefalica e pertanto deri-
nendo meno le difese antiossidanti. va direttamente dal sistema nervoso centrale. Viene
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con numerose zonulae adherens tra le cellule di


Müller ed i fotorecettori
Q lo strato nucleare esterno (ONL) formato dai

corpi cellulari dei fotorecettori


Q lo strato plessiforme esterno formato dalle si-

napsi tra i fotorecettori, le cellule bipolari e le


cellule orizzontali
Q lo strato nucleare interno (INL) che contiene i

corpi cellulari di cinque tipi cellulari: orizzon-


tali, bipolari, amacrine, interplessiformi e delle
cellule di Müller
Q lo strato plessiforme interno formato dalle si-

FIG. 1: Immagine istologica della retina napsi tra le cellule bipolari, le cellule amacrine
e le cellule gangliari
Q lo strato delle cellule gangliari (CGL) che con-

schematizzata in una catena di tre neuroni consequti- tiene anche alcune cellule amacrine
vi, identificabili con i coni ed i bastoncelli (primo neu- Q lo strato delle fibre nervose (NFL) che contiene

rone), le cellule bipolari (secondo neurone) e le cellule gli assoni delle cellule gangliari
gangliari (terzo neurone). In realtà, le cellule retiniche Q la membrana limitante interna (MLI) formata

ed i loro processi sono disposti in 10 strati se si include dai processi terminali delle cellule di Müller.
il foglietto esterno della retina (Fig. 1): La retina neurosensoriale è quindi costituita da una
Q EPR (foglietto esterno della retina) grande varietà di cellule: la prima categoria cellulare
Q lo strato dei segmenti esterni dei fotorecettori è quella dei neuroni (fotorecettori, cellule bipolari e
Q la membrana limitante esterna, che non è una cellule gangliari); la seconda categoria è rappresenta-
vera e propria membrana ma una zona ristretta ta dalle cellule gliali: macroglia e microglia.

FIG. 2:
A-Schematizzazione struttura
dei fotorecettori retinici: coni
e bastoncelli. B-Particolare
immagine A (da Guyton,
1996)
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La retina contiene due tipi di fotorecettori: i coni,


deputati prevalentemente alla funzione dell’acuità
visiva ed alla percezione dei colori ed i bastoncelli,
che sono principalmente responsabili della visione
crepuscolare o notturna (Fig. 2).
Queste cellule sono rispettivamente in rapporto di
1:20 (Lamb et al., 2006).
Sia i bastoncelli che i coni contengono un gran
numero di dischi, valutabili nell’ordine delle
migliaia ed i pigmenti fotosensibili, incorpora-
ti nelle membrane dei dischi stessi come protei-
ne transmembrana, non sono altro che proteine
coniugate. Questi dischi seguono un continuo
rinnovamento per fagocitosi da parte dell’epite-
lio pigmentato (Williams, 1984; Grierson et al.,
1994) e rinnovati ogni 10 giorni con eliminazione FIG. 3: Disegno schematico delle molecole di 11-cis
dei loro costituenti attraverso la circolazione co- retinale e tutto-trans retinale
roideale (Holz et al., 1994; Lois et al., 2002). Ciò
permette l’integrità della retina (Snodderly, 1995;
Gonzalez-Fernandez, 2002). dà luogo alla rodopsina fotosensibile. Nei coni, le
La rodopsina è una proteina a sette eliche inserita molecole del retinale sono invece legate a tre opsine
nel doppio strato lipidico della membrana dei di- leggermente diverse che trasducono le lunghezze
schi dei bastoncelli di cui costituisce oltre l’80 %. d’onda della luce in sensazioni cromatiche (Blo-
Si tratta di una proteina coniugata, costituita da omfield, 1994).
una parte proteica (opsina) e da un gruppo proste- La molecola del tutto-trans retinale ha la struttura
tico, il retinale, che deriva dalla vitamina A. chimica identica a quella dell’ 11-cis retinale; fisi-
La molecola del retinale è in larga misura idrocar- camente, invece, le due molecole risultano diverse
burica e la sua caratteristica più importante è quella in quanto la forma tutto-trans si presenta per metà
di essere costituita da una catena in cui si alternano ruotata attorno a uno dei doppi legami ed assume,
legami carbonio-carbonio semplici e doppi. Questa dunque, una disposizione rigida, in cui la catena
caratteristica dà luogo a due proprietà: 1) la catena laterale è completamente distesa piuttosto che ri-
idrocarburica è rigida, non è libera di muoversi e piegata come la forma cis (Liebman, 1987) (Fig. 3).
di arrotolarsi a spirale, 2) gli elettroni della catena Quando la luce raggiunge un bastoncello o un cono,
sono invece mobili e possono cambiare posizione viene assorbita dall’ 11-cis retinale di quel recettore.
abbastanza facilmente, ciò consente alla molecola L’assorbimento di luce provoca lo spostamento di un
di assorbire energia dalla luce. Un’altra caratteristica elettrone; in questo caso viene divisa una delle due
della molecole è la presenza di un gruppo -CHO, coppie di elettroni fra i due atomi situati nel punto
molto reattivo che può pertanto combinarsi con al- in cui la molecola dell’ 11-cis retinale si piega a gomi-
tre molecole che gli stanno vicino, in particolare le to. Il doppio legame viene immediatamente sostitui-
proteine. Nei bastoncelli la molecola del retinale è, to da un legame singolo; ciò consente a un’estremità
come detto, legata all’opsina, una proteina, con cui della molecola di ruotare rispetto all’altra assumen-
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FIG. 4: Scema delle strutture coinvolte nel processo di fototrasduzione.

do immediatamente la forma tutto-trans. A questo Queste possono essere così elencate: l’attivazione della
punto il doppio legame si riforma congelando la mo- rodopsina, l’attivazione della proteina-G, l’attivazione
lecola nella nuova conformazione. Il tutto-trans reti- della fosfodiesterasi, l’idrolisi del guanosin-monofosfato
nale si allontana così dal suo sito sull’opsina e viene ciclico ed infine la chiusura dei canali ionici.
riconvertito altrove a 11-cis retinale che si riattacca Essenzialmente, la fototrasduzione comporta la
a un’opsina ed è pronto per assorbire la successiva chiusura di canali al Na+, che al buio sono normal-
radiazione (Liebman, 1987). mente aperti grazie agli elevati livelli intracellulari
Questo processo è alla base della fototrasduzione di cGMP (guanosin-monofosfato ciclico). La luce,
con iperpolarizzazione del recettore e trasmissione infatti, viene assorbita dalle molecole di fotopig-
del segnale attraverso le varie cellule delle vie otti- mento (rodopsina, nei bastoncelli) che, attivate, sti-
che fino al cervello. molano una proteina-G (transducina, nei baston-
Il lavoro di Lamb et al. del 2006 analizza molto bene celli) che attiva, a sua volta, una cGMP-fosfodie-
il fenomeno della fototrasduzione del segnale lumi- sterasi. Questo enzima catalizza la degradazione del
noso, ben rappresentato graficamente dalla Figura 4. cGMP a 5’-GMP, provocando la riduzione della
I meccanismi della fototrasduzione comportano concentrazione intracellulare del cGMP e quindi la
una serie di eventi biochimici a cascata nel seg- chiusura dei canali del Na+, determinando l’iperpo-
mento esterno dei fotorecettori che gli Autori larizzazione dei fotorecettori, che rappresenta quin-
hanno schematicamente diviso in 5 fasi. di la risposta di questi alla stimolazione luminosa.
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L’enzima è un membro della famiglia più gran- rata la via di ingresso, la loro concentrazione intra-
de delle fosfodiesterasi nucleotidiche cicliche che cellulare si riduce (il processo attivo che li pompa
idrolizzano differentemente il cGMP ed il cAMP. fuori dalla cellula non viene invece alterato) e si
È possibile ricostruire la struttura dell’enzima, riduce quindi anche l’inibizione che essi esercitano
composto essenzialmente da tre domini principa- sulla guanilatociclasi. Viene quindi sintetizzato più
li, grazie all’ausilio della microscopia elettronica. I cGMP ed i canali per il Na+ tornano ad aprirsi.
siti di legame del cGMP sono localizzati nelle due La retina modifica ed elabora i segnali evocati dal-
subunità D e E (domini GAF-1 e GAF-2) di circa la luce nei fotorecettori prima di inviarli al sistema
99 kD ed insieme alle due identiche subunità J nervoso centrale. I neuroni d’uscita della retina
di circa 10 kD, che servono a mantenere i livelli sono le cellule gangliari, i cui assoni formano il
di attività basale dell’enzima al buio, formano i nervo ottico e raggiungono il corpo genicolato la-
primi due domini non catalitici. Invece, il terzo terale, il collicolo superiore ed altri nuclei del tron-
dominio dell’enzima, formato dalle estremità C- co dell’encefalo. A differenza dei fotorecettori, che
terminali associate alle due subunità D e E, costi- rispondono alla luce con modificazioni graduali
tuisce la regione catalitica. del loro potenziale di membrana, le cellule gangliari
La concentrazione del cGMP nel segmento esterno trasmettono le loro informazioni sotto forma di
dei fotorecettori non è regolata soltanto dalla luce, scariche di potenziali d’azione. I segnali dei foto-
ma anche dalla concentrazione intracellulare del recettori vengono trasmessi alle cellule gangliari
calcio. La modulazione esercitata dagli ioni Ca2+ sui tramite tre tipi di interneuroni: le cellule bipolari,
livelli di cGMP è importante per i processi di adat- le cellule orizzontali e le cellule amacrine. Queste
tamento alla luce, che si verificano quando si passa cellule sommano anche i segnali provenienti da
da un ambiente oscuro ad uno molto illuminato. diversi fotorecettori.
In questa circostanza, all’inizio la luce ha un effet- Come ben noto gli Autori sottolineano anche l’at-
to accecante, ma dopo qualche decina di secondi, tenzione sulla rigenerazione della rodopsina che
l’occhio si adatta alla nuova situazione. Il fenomeno vede come primo stadio la riconversione del reti-
dipende da una serie di fattori come, ad esempio, nale dalla forma tutto-trans alla forma 11-cis.
la contrazione della pupilla, ma le modifiche prin- Questo processo richiede energia ed è catalizzato
cipali che esso comporta sono a carico dei fotore- tra l’altro dall’enzima retinale isomerasi. Una volta
cettori. Una luce molto vivace fa chiudere tutti i formatosi, l’ 11-cis retinale si ricombina automa-
canali cGMP-dipendenti, iperpolarizzando massi- ticamente con la scotopsina per riformare rodop-
malmente i coni, che non sono quindi più in grado sina, che si mantiene stabile finché non viene di
di rispondere ad ulteriori variazioni del flusso lumi- nuovo innescata la sua scomposizione, per assor-
noso. Lentamente, però, i coni si depolarizzano di bimento di energia luminosa (Fig. 5).
nuovo, a parità di flusso luminoso, tornando ad es- Nella retina periferica umana ogni cellula dell’
sere sensibili alle sue variazioni e l’elevata luminosi- EPR trae contatto con un singolo cono e con circa
tà di fondo non risulta più accecante. In tutto que- 20-30 bastoncelli; questo è possibile grazie a dei
sto, gli ioni Ca2+ svolgono un ruolo importante, in microvilli che si estendono dalla porzione apicale
quanto normalmente inibiscono la guanilatociclasi, delle cellule dell’ epitelio pigmentato retinico stes-
l’enzima che produce il cGMP. Quando i canali per so (Lamb et al., 2006).
il Na+ sono chiusi, gli ioni Ca2+ che normalmente li In conclusione, dal recente lavoro di Lamb et al.
attraversano entrando nella cellula si trovano sbar- (2006) è possibile dividere i cicli della fototrasdu-
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Le cellule di Müller attraversano lo spessore della


retina dall’EPR alla membrana limitante interna;
il loro corpo cellulare si trova nello strato nucleare
interno e sono le principali cellule regolatrici del
metabolismo del glutammato, del bilancio ioni-
co e della funzione neuronale. Le fibre del Mül-
ler formano un’estesa rete che sostiene e circonda
tutte le cellule nervose. I loro assoni ed i dendriti
contribuiscono, inoltre, a formare la membrana
limitante interna ed esterna.
Gli astrociti, al contrario, sono limitati all’inter-
no dello strato delle fibre nervose e con i loro
processi cellulari avvolgono i vasi e le cellule
FIG. 6: Il ciclo visivo della Rodopsina-Retinale (da
Guyton, 1996)
gangliari. I processi ramificati di queste cel-
lule decorrono su un piano perpendicolare ri-
spetto alle fibre del Müller e non contraggono
zione essenzialmente in due gruppi: il primo che connessioni con esse. Gli astrociti hanno una
vede la isomerizzazione di 11-cis retinale a tutto- forma stellata, con nuclei rotondi e numerosi
trans retinale, mentre il secondo coinvolge la ridu- processi sottili. Sono disposti orizzontalmente
zione del tutto-trans retinale in tutto-trans retinolo a circondare i vasi con una densa rete di fibre
dalla tutto-trans retinolodeidrogenasi. Il tutto-trans mostrando, infatti, forti ancoraggi alla parete
retinolo abbandona così il segmento esterno dei vasale. Formano, inoltre, una struttura arcuata,
fotorecettori per passare nello spazio interfotore- a nido d’ape, che avvolge e sostiene gli assoni
cettoriale per poi entrare nell’ EPR con una pro- provenienti dalle cellule gangliari.
teina vettrice (IRBP). Le cellule di Müller e gli astrociti, insieme, integrano
Il tutto-trans retinolo nell’EPR verrà convertito in l’attività vascolare e nervosa nella retina. La confer-
11-cis retinolo da una isomerasi. Poi, un altro enzima ma di ciò ci è fornita da diversi studi alcuni dei qua-
converte l’11-cis retinolo, precedentemente forma- li prevedono l’utilizzo di acido ascorbico (vitamina
to, in 11-cis retinale. Da qui, ulteriori trasportatori C), il quale agisce come neuroprotettore e come
come la CRALBP (proteina legante la retinaldeide) neuromodulatore. L’acido ascorbico, sintetizzato dal
e la IRBP (proteina legante nella matrice interfoto- rene e dal fegato o introdotto con la dieta, è distri-
recettoriale) legano l’11-cis retinale per trasportarlo buito a tutto l’organismo attraverso il sangue, i cui
nel segmento esterno dei fotorecettori (bastoncelli) livelli plasmatici sono intorno alle 50 µM/l.
dove la scotopsina formerà nuovamente il fotopig- Il cervello, il midollo spinale e le ghiandole adre-
mento e così il ciclo potrà riiniziare. nergiche hanno la più alta concentrazione di ascor-
bato. In condizioni normali, il tournover dell’a-
La macroglia è costituita da cellule che regolano il scorbato è circa del 2%/ora; in condizioni di deficit
metabolismo retinico e modulano la funzione dei di ascorbato, con una riduzione del 2% per giorno,
neuroni e dei vasi sanguigni (Abbott et al., 1992). la sua concentrazione rimane costante; infatti, i li-
Ci sono due tipi cellulari appartenenti alla macro- velli di ascorbato cerebrali sono sotto un duplice
glia: le cellule di Müller e gli astrociti. controllo statico e dinamico. L’uptake dell’ascorba-
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to dal sangue al fluido cerebrospinale (CSF) avviene


attraverso un trasporto attivo, Na dipendente, a
livello del plesso coroideale. La proteina coinvolta
è l’isoforma SVCT2 (Tsukaguchi, 1999) che tra-
sporta l’ascorbato nel CSF fino ad una concentra-
zione di 500 µM/l, cento volte più alta di quella
plasmatica. In seguito l’ascorbato diffonde dal CSF
al fluido extracellulare cerebrale (ECF) (Stamford,
1984). Questa vitamina può entrare nell’ECF
attraverso i capillari nonostante essi formino la
barriera emato-encefalica e siano sprovvisti del-
l’SVCT2 e dell’ SVCT1. Una possibile spiegazione
è che venga trasportato il prodotto di ossidazione
dell’ascorbato, il deidroascorbato, attraverso i tra-
sportatori del glucosio presenti a livello della barriera FIG. 7: Compartimentalizzazione e regolazione
dell’acido ascorbico nel sistema nervoso
emato-encefalica (Agus, 1997). L’acido ascorbico centrale. CSF: fluido cerebrospinale, ECF:
dall’ECF è captato, infine, all’interno dei neuroni fluido extracellulare celebrale
e delle cellule gliali: nei primi entra attraverso il
SVCT2 fino a raggiungere una concentrazione di parete dei vasi. I periciti sono cellule muscolari
10 mM, mentre penetra nelle cellule gliali attraver- liscie modificate che regolano il flusso vascolare
so un trasportatore non noto sino ad una concen- tramite la dilatazione e la contrazione.
trazione di 1 mM (Tsukaguchi, 1999). Le cellule endoteliali regolano, invece, la funzio-
La concentrazione extracellulare di ascorbato è ne omeostatica e costituiscono la barriera emato-
regolata non solo omeostaticamente ma anche retinica interna.
dinamicamente, attraverso il rilascio di glutam-
mato. Un incremento del quantitativo extracel-
lulare di tale vitamina è provocato da un etero- L’invecchiamento del foglietto
scambio con il glutammato; cioè, nella mem- esterno della retina
brana delle cellule gliali e dei neuroni si trovano
dei cotrasportatori che captano una molecola di Invecchiamento delle cellule
glutammato e contemporaneamente ne rilascia- dell’epitelio pigmentato
no una di ascorbato (Fig. 6) (Rice, 2000).
La microglia, ossia i macrofagi tissutali, sono Le cellule EPR, come detto, sono postmitotiche e
normalmente quiescenti ma anche sensibili alle svolgono, durante la vita, numerose funzioni me-
alterazioni dell’omeostasi della retina: quando taboliche non solo per loro stesse, ma anche per i
quest’ultima si altera essi si trasformano repenti- fotorecettori (Fig. 6). A partire dai 20 anni d’età,
namente in fagociti (Broderick et al., 2000). le cellule dell’EPR mostrano alterazioni morfolo-
giche e funzionali che derivano dalla loro costante
Infine, nella retina troviamo anche le cellule en- attività nel corso degli anni. Basti pensare che una
doteliali ed i periciti che fiancheggiano le cellule sola cellula dell’EPR supporta metabolicamente
nervose e gliali oppure si dispongono intorno alla circa trenta fotorecettori (Dryja et al., 1998).
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Questi granuli sono in parte il risultato di un


processo di fagocitosi dei segmenti esterni dei
coni e dei bastoncelli e della loro eliminazione
da parte dei fagosomi.
All’interno di questi ultimi ha luogo la digestio-
ne graduale dei dischi dei segmenti esterni, con
formazione dei corpi residui. Molti dischi in-
completamente digeriti e alcuni fagosomi sono
eliminati nella lamina basale e nella membrana
di Bruch.
Grosse quantità di corpi residui si osservano
FIG. 7: Funzioni dell’epitelio pigmentato retinico maggiormente negli occhi di individui tra i 40-
60 anni, con un forte incremento dopo gli 80
anni. L’accumulo di questi detriti cellulari com-
Ogni giorno, il 10-15% del segmento esterno di porta inevitabilmente sofferenza dell’EPR (Burns
ciascun bastoncello è fagocitato e rimpiazzato ad e Feeney-Burns, 1980). Tali modifiche sono più
opera delle cellule dell’EPR. Dato che il più alto estese nella macula piuttosto che nelle aree equa-
turnover del segmento esterno dei fotorecettori re- toriali e periferiche.
tinici coinvolge i bastoncelli parafoveali (Foulds, Da un recente studio di Cavallotti e Schveoller
1980; Curcio et al., 1993), i primi segni di invec- (2008), condotto in maniera comparativa su reti-
chiamento retinico compaiono nella macula. ne di soggetti di 21 e 75 anni d’età, si è ottenuta la
L’EPR sub-foveale è quello che mantiene la pro- conferma più recente delle alterazioni morfologi-
pria funzionalità per un periodo più lungo, forse che cui va incontro l’EPR con il passare degli anni
per la sua elevata concentrazione di xantofilla e delle quali vediamo ora, in modo più dettagliato,
per l’alta densità dei coni (Weiter et al., 1988). i segni tipici.
Con l’invecchiamento si ha una riduzione della
funzionalità dell’EPR (Bird, 1997) che si rende Variazioni nel tipo, nella quantità e nella
progressivamente manifesta attraverso alcuni se- struttura dei granuli
gni morfologici.
I segni dell’invecchiamento dell’EPR consisto- GRANULI DI LIPOFUSCINA
no nella riduzione dei granuli di melanina (de- Con l’avanzare degli anni, all’interno delle cellule
pigmentazione) e nella migrazione dei granuli di dell’EPR, compaiono i granuli di lipofuscina che
pigmento nella porzione basale delle cellule (Eagle, rappresentano l’accumulo lisosomiale di corpi re-
1984; Young, 1987), nella perdita dell’esagonalità sidui contenenti i prodotti finali non degradabili
delle cellule foveali, nella riduzione della densità del metabolismo cellulare e, come già detto, dei
cellulare (atrofia, iperplasia, ipertrofia, migrazio- segmenti esterni dei fotorecettori fagocitati (Fee-
ne cellulare) e nell’accumulo intracitoplasmatico di ney, 1978; Feeney-Burns ed Eldred, 1983; Katz et
molecole abnormi sottoforma di granuli intracito- al., 1986; Boulton et al., 1989).
plasmatici (lipofuscina, melanolipofuscina) a causa Ciascuna cellula dell’epitelio pigmentato reti-
dell’incompleta degradazione dei prodotti del nico (EPR) è in un continuo processo di rinno-
metabolismo. vamento intracellulare (Young, 1979; 1982). A
Capitolo 1

Nicola Pescosolido

volte questo processo di degradazione molecolare tà nel polo posteriore del bulbo oculare, men-
non è completo e l’incompleta digestione porta tre si riducono nella fovea (Wing et al., 1978).
all’accumulo di “detriti metabolici” che interferi- Questa distribuzione di lipofuscina in rapporto
scono con le altre attività metaboliche di queste alla localizzazione rimarrà costante durante tut-
cellule. I materiali residui sono “inutili” aggregati to l’arco della vita e si correla con la densità dei
molecolari, comunemente chiamati “granuli di fotorecettori (Brizee and Ordy, 1981; Marshall,
lipofuscina” (Armstrong, 1984), che contengono 1987). I granuli di lipofuscina contengono lipi-
cellule dell’EPR danneggiate e membrane di coni di e proteine; in particolare è stata riscontrata la
e bastoncelli fagocitate, cioè detriti cellulari non componente A2E che interviene nel processo di
completamente degradati. L’incompleta degrada- fototrasduzione sull’11-cis retinale.
zione molecolare sembrerebbe causata da substrati Il volume citoplasmatico delle cellule dell’EPR occu-
alterati e quindi non riconosciuti dai sistemi enzi- pato della lipofuscina aumenta con l’età: dall’8% a
matici (Koshland, 1973). Queste alterazioni mo- 40 anni passa al 19% ad 80 anni (Feeney-Burns
lecolari scaturiscono dai nocivi effetti che i radica- et al., 1984). Inoltre, il volume citoplasmatico
li liberi dell’ossigeno esplicano agendo sulle cellule cellulare occupato dalla lipofuscina nella macula
dell’EPR e sui fotorecettori ricchi di acidi grassi è maggiore di quello che si riscontra in periferia:
polinsaturi che vengono perossidati. Le molecole il 19% nella macula rispetto al 13% in periferia.
danneggiate sono fagocitate dalle cellule dell’EPR L’accumulo eccessivo di lipofuscina nelle cellule
e vanno ad accumularsi nel loro citoplasma, indu- dell’EPR rallenta l’attività metabolica di queste
cendo così la compromissione del loro metabo- cellule e predispone all’instaurarsi della degenera-
lismo e la morte cellulare (Young, 1987). Il seg- zione maculare legata all’età (DMLE).
mento esterno dei fotorecettori retinici può essere La lipofuscina è un nome generico dato ad un
alterato da danni ossidativi prima della fagocitosi gruppo eterogeneo di aggregati lipo-proteici che
oppure può esserlo ereditariamente. Il motivo per si riscontrano nelle cellule invecchiate di tutti i
cui il segmento esterno dei fotorecettori è sensi- tessuti umani. Diversamente dagli altri tessuti,
bile agli stress ossidativi è la sua ricchezza di lipi- nella retina la lipofuscina non deriva dalla de-
di polinsaturi (Lerman, 1988). L’esposizione alla gradazione di organuli intracitoplasmatici, ma
luce e soprattutto alle radiazioni a breve lunghezza dall’incompleta degradazione dei prodotti de-
d’onda potenzia la produzione di radicali liberi ed rivati dalla fagocitosi del segmento esterno dei
incrementa l’accumulo di lipofuscina in particolar fotorecettori in seguito alla perossidazione degli
modo nell’EPR maculare, che ne contiene la più acidi grassi insaturi. Secondo alcuni Autori, una
alta quantità. Anche alcuni fattori ambientali, tra volta accumulatasi, la lipofuscina causa la morte
cui il fumo di sigaretta, riducono i livelli di so- delle cellule dell’EPR poiché si comporta come
stanze antiossidanti e promuovono la produzione un vero e proprio generatore di “radicali liberi”
di radicali liberi, contribuendo all’accumulo di (Boulton et al., 1993), secondo altri essa è in gra-
detriti cellulari. do di rilasciare amine lisosomotropiche (Eldred
La lipofuscina è presente all’interno delle cel- e Lasky, 1993); altri ancora, infine, considerano
lule dell’EPR sottoforma di granuli giallo-verdi la lipofuscina come una sostanza inerte che agi-
quando eccitati dalla luce ultravioletta (Brizee sce esclusivamente attraverso la congestione del
ed Ordy, 1981). Topograficamente i granuli di citoplasma (in certi tessuti la lipofuscina può oc-
lipofuscina si accumulano in maggior quanti- cupare fino al 30% del volume cellulare).
L’invecchiamento dell’apparato della visione

GRANULI DI MELANINA segmenti esterni dei fotorecettori. Con l’invecchia-


La melanina ha un duplice ruolo nella retina: ri- mento si ha, però, un incremento del numero dei
duce l’aberrazione cromatica aumentando l’acuità melanolisosomi, accompagnato da una variazione
visiva e protegge contro lo stress ossidativo agen- dell’aspetto dei granuli di melanina. Nonostante la
do come un antiossidante cellulare (Handelman morfologia dei melanosomi cambi in seguito alla
e Dratz, 1986). La sua concentrazione aumenta fusione con i lisosomi, è verosimile che la melanina
dall’equatore al polo posteriore per raggiungere non sia degradata e che le alterazioni derivino dalla
il picco nella macula (Feeney-Burns et al., 1984; degradazione delle proteine della matrice su cui la
Weiter et al., 1986). L’elevata concentrazione melanina è depositata. Il terzo meccanismo è quello
maculare di melanosomi è dovuta al fatto che a della degradazione chimica.
questo livello le cellule dell’EPR sono più grandi L’irradiazione dell’occhio umano con intensa luce
e concentrate in un’area limitata rispetto alle più blu induce un “fotosbiancamento” non uniforme
piccole cellule dell’EPR extramaculare disperse in dei melanosomi. La mancanza di uniformità del
un’area più vasta. La distribuzione differenziale dei fotosbiancamento sembrerebbe dovuta al fatto
melanosomi si mantiene costante durante i primi che nei granuli complessi delle cellule dell’EPR
40 anni di vita, ma dopo i 40 anni d’età si osserva invecchiate si trova anche la lipofuscina che è più
una significativa riduzione dei granuli di melanina fotoreattiva della melanina o addirittura agireb-
in tutte le regioni della retina (Feeney-Burns et al., be da fotosensibilizzante. La luce blu indurreb-
1984; Weiter et al., 1986; Schmidt e Peisch, 1986). be quindi una fotodegradazione ossidativa della
Per operare dei paragoni sono stati considerati tre melanina per formazione dell’anione superossido
gruppi di età (1-20; 21-60; 61-100) e la riduzione e perossido di idrogeno (Sarna et al., 2003). Se
nei melanosomi tra la prima e terza classe risulta da un lato la fotodegradazione della melanina (os-
del 35%. Parlando in termini di volume cellulare, sidazione e suo irreversibile sbiancamento) non
circa l’8% di esso è occupato dalla melanina nelle ha alcun significato biologico nei tessuti ad alto
prime due decadi di vita, si riduce al 6% nel suc- turnover (come nella pelle e nei capelli), dall’altro
cessivo gruppo di età ed infine raggiunge il 3,5% lato questo stesso evento acquista importanza a li-
nel terzo (Feeney-Burns et al., 1984). vello di quei tessuti a basso turnover come nelle
La melanina è un biopolimero eterogeneo comples- cellule dell’EPR, che sono cellule postmitotiche.
so che contiene radicali liberi identificabili con la
spettroscopia electron spin resonance (ESR) (Sarna et GRANULI COMPLESSI
al., 2003). Grazie a questa tecnica è stato possibile Con l’avanzare dell’età la melanina, la lipofuscina
osservare, nell’invecchiamento, una riduzione del ed i lisosomi possono fondersi a formare strutture
40% del contenuto di melanina. I meccanismi che complesse (melanolipofuscina e melanolisosomi)
possono spiegare queste evidenze sono tre: l’estru- all’interno dell’EPR (Feeney-Burns et al., 1990).
sione di granuli, la degradazione lisosomiale ed il Questi granuli hanno una distribuzione regionale
danno chimico. L’estrusione dei granuli può essere simile a quella della lipofuscina; cioè la più alta
una possibilità, nonostante questi non siano stati concentrazione si riscontra a livello maculare con
ritrovati nè nella membrana di Bruch nè nello spa- riduzione in periferia e nella fovea (Feeney-Burns
zio interfotorecettoriale (Boulton e Wassel, 1998). et al., 1984).
La degradazione lisosomiale è fisiologicamente Il volume cellulare percentuale occupato dai gra-
molto elevata per la sua funzione di digestione dei nuli complessi è di 3,3% nella prima decade di
Capitolo 1

Nicola Pescosolido

vita e raggiunge l’8-10% nella sesta decade. L’as- 0,5% all’anno rispetto alla densità dei fotorecettori
sociazione dei lisosomi con i granuli di pigmento nel neonato (Dorey et al., 1989).
(ad es. melanosomi, granuli di lipofuscina e pig- Queste osservazioni indicano una ridotta capaci-
menti complessi) spiega le variazioni età-dipen- tà di riserva nei pazienti più anziani rispetto agli
denti che si osservano a carico degli enzimi lisoso- individui più giovani. Ciò può essere la causa del
miali e dell’attività delle cellule dell’EPR (Boulton declino della funzionalità visiva che avviene anche
et al., 1994). L’aumento dei granuli di pigmento in assenza di processi patologici attivi.
con l’età, infatti, si associa ad un incremento dei Dato che le cellule dell’EPR non hanno la ca-
lisosomi e dell’attività di alcuni enzimi quali la fo- pacità di riprodursi, le cellule adiacenti a quelle
sfatasi acida e la catepsina D al fine di mantenere perse si modificano aumentando il loro volume e
il normale ciclo degradativo che segue l’ingestio- ripristinando la normale continuità delle cellule
ne del segmento esterno dei fotorecettori da parte dell’EPR/fotorecettori. Dorey et al. (1989) hanno
delle cellule dell’EPR. riscontrato che il rapporto medio tra fotorecetto-
ri/cellule dell’EPR è più alto nella macula rispetto
Variazioni della densità cellulare all’area paramaculare ed equatoriale e che questo
rapporto aumenta con l’età.
In molti studi è stato osservato come con l’avan- L’EPR è uno dei tessuti maggiormente reattivi
zare dell’età, specie nella macula, si verifichi un dell’occhio e può andare incontro a modifiche
declino fisiologico del numero di cellule dell’EPR atrofiche, ipertofiche e iperplastiche ed anche a
(Dorey et al., 1989; Feeney-Burns et al., 1990; processi di migrazione (Rutnin e Schepens, 1967;
Gao et al., 1992). Nella retina periferica, invece, il Straatsma et al., 1980; Humphry et al., 1984;
numero di cellule dell’EPR può ridursi, rimanere Lewis et al., 1985, 1986) (Fig. 8, 9, 10, 11, 12).
invariato o addirittura aumentare con l’avanzare
degli anni (Tso e Friedman, 1968; Dorey et al., L’invecchiamento della membrana di
1989; Gao et al., 1992). Bruch
Come precedentemente affermato, Dorey et al.
(1989) e Watzke et al.(1993) hanno verificato, La membrana di Bruch dell’uomo invecchia come
nella macula, la progressiva riduzione con l’invec- la tonaca intima delle arterie e gli altri tessuti con-
chiamento della densità delle cellule dell’EPR. Più nettivi, nei quali le lipoproteine plasmatiche rap-
precisamente, Panda-Jonas et al. (1996) hanno presentano la fonte conosciuta di colesterolo ex-
osservato una perdita media annuale di 17 cellule tracellulare. Studi morfologici e biochimici hanno
EPR/mm2 di retina rispetto ad una popolazione dimostrato che la membrana di Bruch con l’in-
cellulare originaria nell’EPR di 5.232 cellule/mm2. vecchiamento va incontro a profondi cambiamen-
Questi Autori hanno stimato che nel corso di una ti quali l’ispessimento ed il progressivo accumulo di
vita di 100 anni vada perso il 30% circa di cellule depositi negli strati interni (Hogan, 1971; Marshall
dell’EPR. Tali valori sono associati ad una perdita et al., 1988; Pauleikhoff et al., 1990; Moore et al.,
correlata all’età di 3.000-5.000 fibre del nervo ot- 1995; Johnson et al., 2000). L’incremento dello
tico, circa lo 0,3% all’anno, su una popolazione di spessore e della complessità strutturale di questa
1,4 milioni di fibre presenti alla nascita (Mikelberg membrana sono da ricondurre essenzialmente al ri-
et al., 1989; Jonas et al., 1990) ed a una diminuzio- modellamento della matrice extracellulare ed all’ac-
ne della densità dei coni e dei bastoncelli dello 0,3- cumulo, a questo livello, di inclusioni di diversa
L’invecchiamento dell’apparato della visione

FIG. 8: Aspetto macroscopico di un’area solitaria di 3 FIG. 9: Le cellule dell’EPR ipertrofiche appaiono
mm di ipertrofia dell’ERP distese da granuli di pigmento melanico grossi
e sferici (acido-periodico di Schiff, x 400)

FIG. 10: Banda dello spessore di 4 mm costituita da FIG. 11: Aspetto macroscopico di un’area localizzata di
ipertrofia dell’ERP, localizzata all’ora serrata iperplasia dell’EPR

FIG. 12:
EPR iperplastico sotto e
all’interno della retina in
sede perivascolare (acido-
periodico di Schiff x 400)
Capitolo 1

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natura (Ramrattan et al., 1994), le quali, nella fase riduzione del flusso ematico. Questi eventi porta-
più avanzata della vita umana, sembrano aggregarsi no all’indebolimento di tutte le funzioni dell’EPR
a formare depositi basali spesso associati alla macu- tra cui quella di trasportare i cataboliti provenienti
lopatia degenerativa età-dipendente (Sarks, 1976; dai fotorecettori. Le indagini funzionali hanno di-
Pauleikhoff et al., 1990; van der Schaft et al., 1992; mostrato che tali aree posseggono un’elevata soglia
Green ed Enger, 1993; Curcio e Millican, 1999). di adattamento al buio e un pattern di alterazioni
I cambiamenti della membrana di Bruch, ed in par- simili a quelle osservate in caso di deficit di vita-
ticolare la presenza di queste inclusioni, riducono mina A (Steinmetz et al., 1993).
progressivamente l’efflusso di fluidi dalla retina alla Un secondo gruppo di lavoro è arrivato alle stesse
coroide e lo scambio metabolico tra coriocapillare conclusioni dimostrando che la distrofia di Sors-
ed EPR (Sarks, 1976; Bird e Marshall, 1986). Mo- by, malattia che induce la perdita della visione
ore e Clover (2001) hanno dimostrato una ridu- centrale in giovane età, è caratterizzata dalla pre-
zione, legata all’età, della permeabilità (conduttività senza di depositi ricchi di lipidi (con spessore di
idraulica) e dell’elasticità della membrana di Bruch 30 µm) entro la membrana di Bruch (Steinmetz
sia periferica che maculare, con conseguenti distur- et al., 1992).
bi del metabolismo del EPR e dei fotorecettori. La conclusione di entrambi questi studi è che la
Inoltre, è stato accertato che la presenza di depositi perdita funzionale della visione è dovuta all’accu-
lipidici gioca un ruolo statisticamente importante mulo di depositi nella membrana di Bruch che
nella riduzione della permeabilità della membrana agiscono da barriera allo smaltimento dei catabo-
stessa (Hodgetts et al., 1998). liti e all’arrivo dei nutrienti alla retina.
I lipidi costituiscono uno dei componenti della Lo studio di Moore e Clover (2001) è stato il pri-
membrana di Bruch. Gli altri costituenti sono il mo a misurare la permeabilità della membrana di
collagene, le molecole di adesione, le lipoproteine Bruch alle macromolecole, il primo a tentare di
ed i prodotti finali glicosilati (AGE); questi ultimi determinare il limite massimo delle dimensioni
possono inibire l’attività degli enzimi lisosomiali delle macromolecole che possono attraversare la
(Sarks, 1976; Marshall, 1987). membrana di Bruch ed il primo ad accertare gli
Gli effetti dell’invecchiamento sul passaggio di effetti della vecchiaia sulla barriera che la mem-
metaboliti attraverso la membrana di Bruch deve brana di Bruch rappresenta al flusso di sostanze
essere meglio accertato. Comunque, più gruppi diverse dall’acqua.
di studio hanno dimostrato che il flusso di macro- La vecchiaia ha tre effetti sulla permeabilità delle
molecole viene a ridursi con l’età. Il primo gruppo, macromolecole attraverso la membrana di Bruch.
mediante fluorangiografia, ha osservato che nel In primo luogo il limite di esclusione molecolare
fundus di pazienti anziani con una buona acuità in base al peso molecolare si riduce gradualmente;
visiva ci sono zone che manifestano una ridotta in secondo luogo, dalla ottava decade di vita la
perfusione coroideale (Pauleikhoff et al., 1990). membrana impedisce selettivamente il passaggio
Infatti, la deposizione di lipidi nella membra- di specifiche macromolecole non più sulla base
na di Bruch porta alla degenerazione delle fibre del loro peso molecolare, ma in base ad altri cri-
elastiche e collagene, causando l’irrigidimento di teri. Infine, alla nona decade di vita la membrana
queste strutture con conseguente riduzione della diviene una “barriera” impermeabile a qualsiasi
loro “compliance”. Tale riduzione determina l’au- molecola. La permeabilità alle proteine del siero
mento delle resistenze dei vasi coroideali, edema e si riduce di circa dieci volte passando dalla prima
L’invecchiamento dell’apparato della visione

alla nona decade di vita; inoltre, se la membrana amorfi nello strato collagene interno ed esterno.
di occhi giovani è permeabile a molecole con peso La natura chimica dei depositi nella membrana di
molecolare superiore ai 200 kDa, con il passare Bruch influenza, come già detto, la permeabilità
degli anni permetterà il passaggio esclusivo di mo- della stessa. I lipidi neutri rendono questa struttura
lecole con peso molecolare inferiore ai 200 kDa. non solo più rigida, ma anche idrofobica: diventa,
I fattori che determinano la permeabilità sono lo cioè, una barriera impermeabile al passaggio di nu-
spessore e la porosità determinati dall’assetto delle trienti dalla coroide all’EPR (e quindi alla neurore-
fibre, dalla matrice extacellulare e dall’accumulo tina) e di acqua e cataboliti dall’EPR alla coroide.
di detriti ricchi di lipidi. Lo spessore (e l’idrofobi- La permeabilità della membrana di Bruch subisce
cità) aumentano con l’accumulo di lipidi mentre una drastica riduzione: dal 100% nella prima de-
l’alterazione strutturale fibrillare determina una cade di vita si passa al 40-50% nella nona decade
riduzione delle dimensioni dei pori. Hussain et al. di vita.
(1997) hanno constatato una riduzione dei pori Holz et al. (1994) hanno analizzato i lipidi estrat-
nello strato fibroso della membrana di Bruch dei ti dalla membrana di Bruch. Principalmente essi
soggetti anziani. sono costituiti da fosfolipidi, trigliceridi e cole-
Con l’utilizzo del microscopio elettronico è stato sterolo libero. Il più grande accumulo di lipidi si
dimostrato che nell’invecchiamento si ha una di- ha nella macula forse perché qui si ha la più alta
sorganizzazione dell’architettura della membrana di densità di fotorecettori e anche perché in questo
Bruch. La zona del collagene degenera e diventa punto della retina si ha la maggiore possibilità di
più densa (collagene di tipo I) così come lo strato perossidazione dei lipidi contenuti nel segmento
elastico, le cui fibre diventano basofile e si osserva- esterno dei fotorecettori. I lipidi, non potendo es-
no segni di mineralizzazione. Lo strato collagene sere metabolizzati dall’EPR e si accumulano pro-
interno si riempie di piccole vescicole contenenti prio nelle cellule dell’EPR.
materiale amorfo e PAS+ che è simile al contenu- Grazie alle tecniche di colorazione immunoisto-
to dei fagosomi dell’EPR; ciò avviene anche nello chimica e di microscopia elettronica, Pauleikhoff
strato elastico (Farkas et al., 1971). Nello strato et al. (1990) hanno esaminato le proprietà immu-
collagene esterno le vescicole sono più grandi e si noistochimiche ed ultrastrutturali della membrana
possono osservare frammenti o aggregati di mem- di Bruch in 30 occhi umani di età compresa tra 1
brana. Queste vescicole contengono fine materia- e 95 anni. I risultati dei tre gruppi di età da 0 a 30,
le granulare, gocce elettron-trasparenti o piccole da 31 a 60 e da 60 in poi mostravano un incremen-
vescicole. Sempre con il microscopio elettronico to progressivo di lipidi nella membrana di Bruch in
si evidenzia un progressivo aumento nella densi- relazione all’età. Per determinare la composizione
tà di colorazione dello strato collagene interno ed e la distribuzione dei lipidi sono state usate tre di-
esterno con l’avanzare dell’età. Queste variazioni verse colorazioni: la colorazione Bromine-Sudan
di colorazione sono dovute all’accumulo di ma- black B che colora tutte le classi di lipidi, Bromine-
teriale amorfo intorno alle fibrille collagene che acetone Sudan black B individua solo i fosfolipidi
si infiltrano nei pilastri intercapillari della coroide e l’Oil red O per evidenziare i grassi neutri (spe-
interna. È stata riscontrata una buona correlazio- cialmente esteri di acidi grassi saturi ed insaturi).
ne tra i risultati istochimici e ultrastrutturali; in- Nel gruppo d’età giovane nessun campione si colo-
fatti, l’aumentato contenuto in lipidi corrisponde rava con nessun tipo di analisi istochimica. 8 cam-
all’accumulo di particelle membranose e depositi pioni su 10 appertenenti al secondo gruppo e tutti
Capitolo 1

Nicola Pescosolido

i campioni del gruppo oltre i 60 anni si coloravano un campione maggiore di occhi al fine di valutare
con la colorazione Bromine Sudan black B, mentre l’evoluzione di questo processo di accumulo lipidi-
solo pochi campioni del secondo e terzo gruppo co, ma anche le altre alterazioni del compartimento
mostravano una debole colorazione con Bromine- extracellulare. In questa indagine sono state rico-
acetone Sudan black B, infine solo i campioni del nosciute strutture di diverso tipo che rappresenta-
terzo gruppo assumevano una colorazione intensa no combinazioni differenti di 3 composti basilari:
con Oil red O (Fig. 13). molecole lipoproteine simili (LLPs), piccoli granuli
Le tecniche per la preparazione delle sottili sezio- (SGs) e stutture membranoso-simili. Queste inclu-
ni da analizzare con la microscopia elettronica a sioni sono associate alle fibre elastiche e collagene
trasmissione causano, però, una perdita di queste tramite sottili filamenti. Negli occhi giovani si loca-
inclusioni lipidiche. Ruberti et al. (2003) hanno lizzano preferenzialmente nello strato elastico (EL)
utilizzato la tecnica del “quick-freeze/deep-etch” ed in quello di collagene esterno (OCL), occupan-
(QFDE) per preservare queste inclusioni e poter do una porzione estremamente ristretta dello spa-
analizzare la loro ultrastruttura. Hanno potuto os- zio interfibrillare. Con l’avanzare dell’età le LLPs
servare, dunque, particelle ricche di lipidi accumu- e gli SGs si accumulano nello spazio interfibrillare
late nella BrM, ma anche un vero e proprio “muro dell’EL e dello strato di collagene interno (ICL)
lipidico” che si forma nello strato di collagene inter- con successiva formazione (dopo i 70 anni di età)
no (ICL) in alcuni occhi. Più recentemente, Huang del “muro lipidico” lungo il confine tra la lamina
et al. (2007) hanno utilizzato la stessa tecnica su basale dell’EPR e l’ICL.

FIG. 13:
Fotografia al microscopio
della membrana di Bruch
di un occhio appartenente
a donatore di 15 anni (in
alto), di 47 anni (al centro)
e di 75 anni (in basso). Le
tre figure sulla sinistra sono
colorate con Bromine-
acetone-Sudan blak B,
quelle a destra sono colorate
con oil red O. Si osservi
che con l’invecchiamento
aumenta l’intensità di tutte e
due le colorazioni; ciò indica
il progressivo accumulo di
lipidi
L’invecchiamento dell’apparato della visione

Dunque questo studio afferma come l’EL sia il del contenuto e della struttura dei proteoglicani
primo strato ad essere “invaso” da LLPs e SGs; determina una variazione della polarità di mem-
lo stesso accade nelle prime fasi del processo ate- brana.
rosclerotico con la deposizione di LDL nella la- Il tournover e il rinnovamento della matrice ex-
mina elastica dell’intima (Kramsch e Hollander, tracellulare (ECM) è regolato dalle metalloproteasi
1973; Guyton et al., 1985; Bocan et al., 1988; della matrice (MMP) e dagli inibitori tissutali delle
Podet et al., 1991; Bobryshev e Lord, 1999; MMP (TIMP) (Birkedal-Hansen et al., 1993).
Wang et al., 2001). È stato ipotizzato che le LDL La concentrazione di TIPM-3 presente nella mem-
interagiscano con le fibre di elastina tramite ami- brana è età dipendente. Sezioni di fovea di occhi
noacidi idrofobici (Bobryshev e Lord, 1999) di donatori giovani (20-30 anni) non mostravano
oppure attraverso gli ioni calcio leganti le fibre un’immunoreattività ad anticorpi anti TIMP-3.
stesse (Wang et al., 2001). Rimane da scoprire Invece, la distribuzione di TIMP-3 in campioni
se questi stessi meccanismi si verifichino anche a appartenenti ad occhi di donatori della nona-deci-
livello della BrM. ma decade, presentava un’immunoreattività dalla
Nel corso degli anni sono state proposte diverse membrana di Bruch alla matrice intorno alla cori-
teorie con lo scopo di chiarire l’origine di que- ocapillare. L’analisi quantitativa ha mostrato che il
ste LLPs: inizialmente si pensava che derivasse- contenuto e la funzione di TIMP-3 nella macula
ro dal plasma (Frank e Fogelman, 1989), ma in aumenta con l’età.
seguito alle osservazioni di Huang et al. (2007), Le proteine che aumentano o diminuiscono con l’età
oggi sembra più probabile che esse derivino possono essere considerate “proteine età-dipendenti”
dall’EPR. Infatti, il progressivo accumulo di e sono considerate causa di malattie età correlate
LLPs nell’EL e nell’ICL, rispetto ai quali OCL (McFall-Ngai et al., 1985; Yamada et al., 1988).
rimane relativamente libero, induce a pensare Kamei e Hollyfield (1999) hanno concluso che
che queste particelle, originate nell’EPR, siano l’incremento del TIMP-3 nella membrana di
ostacolate e quindi accumulate nello strato più Bruch avviene durante il normale invecchiamento
interno della MrB. ed anche in condizioni patologiche come la ARM;
Un’altra proprietà che influisce sulla permeabilità questa è, dunque, una delle proteine responsabili
di membrana è la polarità. Come tutte le membra- dell’ispessimento della membrana di Bruch.
ne basali, la membrana di Bruch è ricca di prote-
oglicani e glicosaminoglicani che le conferiscono
una netta carica negativa (Pino et al.,1982; Call e L’ invecchiamento del foglietto
Hollyfield, 1990). È noto come una alterazione interno della retina o neuroretina
nel contenuto dei glicosaminoglicani possa deter-
minare una variazione della permeabilità macro-
molecolare della matrice extracellulare (Kanwar Invecchiamento dei neuroni (fotorecet-
et al., 1980). Con l’invecchiamento si ha, inoltre, tori, cellule bipolari, cellule gangliari)
una variazione del contenuto di proteoglicani. In-
fatti, mentre i glicosaminoglicani sono sintetizzati La maggior parte delle persone anziane ha deficit
nella stessa quantità durante tutta la vita, dopo della visione sia fotopica (Owsley e Burton, 1991)
i 70 anni vengono sintetizzati soltanto i proteo- che scotopica (Sturr et al., 1992) non correlabili a
glicani ad elevato peso molecolare. L’alterazione patologie manifeste.
Capitolo 1

Nicola Pescosolido

La normale funzione visiva dipende dall’integrità La perdita dei fotorecettori foveali comincia a
di numerosi fattori che comprendono la traspa- manifestarsi nelle persone oltre i 90 anni (Feeney-
renza dei mezzi diottrici, il mosaico fotorecetto- Burns et al., 1990).
riale, l’integrità delle vie intraretiniche e la con- Poiché gli studi condotti sino a questo momento
nessione nervosa tra cervello e le strutture depu- non avevano specificato in modo preciso la loca-
tate alla visione. lizzazione anatomica delle zone analizzate era dif-
Tutti questi elementi possono manifestare delle al- ficile confrontare le alterazioni anatomiche retini-
terazioni correlate all’età. Ad esempio, la costrizio- che riscontrate con le variazioni età-correlate nella
ne pupillare e la opacizzazione dei mezzi diottrici funzione visiva.
riducono entrambi la quantità di luce che colpisce A tal fine lo studio di Curcio et al. (1993) ha esa-
la retina (Weale, 1978). minato, tramite indagini digitali computerizzate,
Una delle più importanti questioni nello studio la topografia della retina di occhi sani di persone
dell’invecchiamento del sistema visivo è quel- divise in quattro gruppi in base all’età: gruppo 1
la di determinare il contributo relativo sia dei (da 27 a 37 anni), gruppo 2 (da 44 a 58), gruppo
fattori ottici che dei fattori nervosi poichè en- 3 (da 61 a 75) e gruppo 4 (da 82 a 90), con lo
trambi riducono la visione fotopica e scotopica scopo di distinguere le alterazioni parafisiologiche
(Elliot, 1987). dell’invecchiamento da quelle patologiche.
Studi sull’invecchiamento della retina neurosen- È stato così visto che nei 43° centrali sono i baston-
soriale avevano descritto la degenerazione e la celli e non i coni ad essere persi durante la vita.
perdita di un gran numero di fotorecettori. Il
segmento esterno sia dei coni (Marshall, 1979) che ASPETTO QUALITATIVO DEL MOSAICO FOTORECETTORIALE
dei bastoncelli (Marshall et al., 1979) si disorga- Il mosaico fotorecettoriale di retine invecchiate,
nizza e il segmento interno si riempie di corpi ri- ma senza alterazioni patologiche, è simile a quel-
frangenti, presumibilmente di lipofuscina (Tucker, lo delle retine giovani. Nonostante ciò la retina
1986; Iwasaki e Inomata, 1988). invecchiata presenta due aspetti citologici tipici.
Il dislocamento e la perdita parziale dei nuclei dei Il primo è la presenza di particelle rifrangenti di
fotorecettori si hanno senza significative alterazio- circa 1 µm di diametro presenti a livello della
ni dell’EPR, della membrana di Bruch e della co- giunzione ellissoide-mioide dei coni. Queste par-
riocapillare (Gartner e Henkind, 1981). ticelle appaiono come corpi rifrangenti o granuli
Il numero dei nuclei dei fotorecettori è inversa- di lipofuscina che si trovano nel segmento interno
mente correlato con l’età nei donatori neri e con i e che iniziano a vedersi dopo i 30-40 anni di età
livelli di lipofuscina dell’adiacente EPR nei dona- (Fig. 14a). Il secondo aspetto è la dislocazione dei
tori bianchi (Dorey et al., 1989). nuclei che occasionalmente sono situati nello stra-
Gao e Hollyfield (1992) suggeriscono che la perdi- to dei segmenti interni piuttosto che nello strato
ta dei bastoncelli avviene precocemente durante la nucleare esterno (Fig. 14b, 14c).
vita adulta e che la densità dei coni periferici dimi-
nuisce gradualmente nell’estrema periferia retinica. ALTERAZIONI ETÀ CORRELATE NEI CONI EXTRAFOVEALI
Curcio et al. (1990) affermano, inoltre, che non Dallo studio di Curcio et al. (1993) è emerso anche
c’è alcuna prova di una riduzione nella densità del che la densità dei coni in tutti e quattro i gruppi di
picco dei coni foveali, sebbene sia alta la variabilità età è alta nella fovea (Fig. 15a) e si riduce rapida-
interindividuale. mente con l’eccentricità ed, in misura minore, nel-
L’invecchiamento dell’apparato della visione

la retina nasale e in un’area che si estende intorno


al disco ottico. La densità dei coni è variabile nei
diversi gruppi (coefficiente di variabilità dal 15 al
30%); intorno al disco ottico è comunque sempre
bassa (<15%) oltre 1 mm di eccentricità.
Le mappe della Figura 15a colonna destra rappre-
sentano la differenza media tra ciascuno dei tre
gruppi più anziani e del gruppo più giovane, i co-
lori freddi indicano una densità minore rispetto al
gruppo più giovane; mentre i colori caldi indicano
che in quella popolazione la densità media è mag-
FIG. 14A: Inclusioni intracellulari altamente rifrangenti giore di quella del gruppo 1 (di riferimento). Una
(indicati dalle frecce) vicini alle giunzioni
ellissoidi mioidi (Curcio et al., 1993)
mappa con il giallo-verde indica che la differenza
tra i gruppi è minima.
Queste mappe indicano che il gruppo 2 (da 44
a 58 anni) ha la differenza di densità minore dei
coni (l’88% di quella del gruppo 1), ma piccole
perdite sono state viste anche nei gruppi 3 e 4 (4%
e 5% per il 3° e 4° gruppo). Comunque non ci
sono differenze di densità statisticamente rilevanti
tra i 4 gruppi.
La regione retinica mappata in tutti gli occhi era
di 8 mm di diametro è cioè il 5% dell’intera area
retinica che contiene il 10% dei coni che si trova-
no nei 28,5° centrali. Il numero medio di coni en-
FIG. 14B:Nuclei (indicati dalle frecce) di due coni tro questa regione era di 488.600 in tutti gli occhi.
adiacenti migrati dallo strato nucleare esterno
a quello interno (Curcio et al., 1993) Più recentemente (2009) Shelley et al. hanno
esaminato le alterazioni morfologiche dei coni in
retine istologicamente normali e in pazienti af-
fetti da degenerazione maculare età-dipendente
(AMD). La regione maculare è stata escissa da 18
occhi di donatori tra i 22 e i 96 anni e crioseziona-
ta. Alterazioni dell’immunoreattività verso l’opsi-
na dei coni sono state riscontrate in tutte le retine
esaminate (dal 3,5% al 95% per ogni campione) e
risultano correlate al rigonfiamento distale dell’as-
sone dei coni. Nelle 10 retine che non presentano
AMD tali anomalie sono principalmente loca-
lizzate a livello extra-foveale. La natura di queste
FIG. 14C:Coni con nucleo dislocato agli strati interni e
alterazioni sembra essere la stessa sia nelle retine
contenenti particelle rifrangenti (Curcio et al., 1993) sane che nelle regioni adiacenti alle aree di evi-
Capitolo 1

Nicola Pescosolido

FIG. 15A:
Densità media dei coni in retine di gruppi con diversa
età (colonna sinistra) e differenza di densità tra i gruppi
più vecchi e più giovani (colonna destra). Le mappe
riproducono il fondo oculare di sinistra, la macchia nera
rappresenta il disco ottico. Gli anelli di isoeccentricità
sono disegnati ad intervalli di 2 mm. I colori delle figure
A, B, D, F indicano che la densità spaziale dei coni
(coni/mm2) va da 0 a 200.000. Ciascun colore discreto
rappresenta un’area con una densità spaziale dei coni
pari a 1.000 coni/mm2. Nella fovea il colore bianco indica
che la densità è di oltre 16.000 coni/mm2. I colori delle
figure C, E, G riproducono la differenza media tra una
popolazione test (gruppi 2, 3, 4 rispettivamente) e una
popolazione di riferimento (gruppo 1). I colori freddi
indicano che la popolazione test ha una più bassa densità
media dei coni rispetto alla popolazione di riferimento; i
colori caldi indicano che la popolazione test ha una più
alta densità media di coni rispetto a quella di riferimento.
Se nella mappa predominano i colori dal giallo-verde al
giallo-arancio vuol dire che la differenza della densità dei
coni è minima. A) Densità dei coni nel gruppo 1. Notare
che la densità dei coni è maggiore nella fovea e si riduce
con l’eccentricità rimanendo più alta nasalmente che
temporalmente. B) Densità dei coni nel gruppo 2. C)
Differenze della densità dei coni tra gruppo 2 ed 1. D)
Densità dei coni nel gruppo 3. E) Differenze tra gruppo 3
ed 1. F) Densità dei coni nel gruppo 4. G) Differenze della
densità dei coni nel gruppo 4 ed 1 (Curcio et al., 1993)

FIG. 15B:
Densità media dei bastoncelli di retine di individui
appartenenti a gruppi di diversa età (colonna sinistra)
e differenza della densità media dei bastoncelli tra
gruppi più anziani e più giovani (colonna destra). I
colori delle figure A, B, D, F mostrano che la densità
spaziale (cellule/mm2) dei bastoncelli è tra 0 e 200.000.
Ciascun colore discreto rappresenta un’area con una
densità spaziale di bastoncelli di 12.500 bastoncelli/
mm2. I colori delle figure C, E, G mostrano la differenza
tra la popolazione test (gruppo 2, 3, 4 rispettivamente)
e la popolazione di riferimento (gruppo 1). A) Densità
dei bastoncelli nel gruppo 1. Notare che la densità
dei bastoncelli è più bassa nella fovea, aumenta con
l’aumentare dell’eccentricità e in particolare nei settori
superiori. B) Densità dei bastoncelli nel gruppo 2. C)
Differenza della densità dei bastoncelli tra il gruppo 2
(test) e gruppo 1(riferimento). D) Densità dei bastoncelli
nel gruppo 3. E) Differenza della densità dei bastoncelli
tra il gruppo 3 e 1. F) Densità dei bastoncelli nel gruppo
4. G) Differenza della densità dei bastoncelli tra il gruppo
4 e 1. Osservare l’annunlus viola nella parafovea, esso
rappresenta un’area praticamente priva di bastoncelli
(Curcio et al., 1993)
L’invecchiamento dell’apparato della visione

dente degenerazione in retine affette da AMD. È richiesto un decremento del 75% nella densità
Dunque, la ridistribuzione dell’opsina e il rigon- cellulare per avere una riduzione della risoluzione
fiamento della porzione distale dell’assone sono visiva da 60 c/g a 30 c/g (da 20/10 a 20/20 Snel-
comuni nel processo di invecchiamento oculare, len). Dato che non ci sono evidenze per una così
ma possono indicare una suscettibilità alla AMD. massiva perdita dei coni, l’aumento della distanza
tra i coni foveali non contribuisce in modo signi-
ALTERAZIONI ETÀ CORRELATE DEI CONI FOVEALI ficativo al declino età correlato della risoluzione
Il range di densità dei coni tra i 56 ed i 90 anni è visiva (Pitts, 1982).
piuttosto limitato (116.600 a 210.000 coni/mm2) La perdita nell’acuità che si manifesta con il pas-
sovrapponendosi nei più anziani al limite più bas- sare degli anni può essere quindi spiegata da al-
so dei donatori più giovani. terazioni in altre sedi del sistema visivo, incluso
Una regione di 0,8 mm di diametro, centrata sulla una riduzione età-correlata del 25% delle cellule
fovea, è la sola parte della retina dove i coni supe- gangliari che presiedono agli 11° centrali del campo
rano i bastoncelli. Questa regione contiene 31.200 visivo (Curcio et al., 1993). Peraltro, recenti evi-
coni su mm2 con un coefficiente di variabilità di denze mostrano che, nella maggior parte dei casi,
solo il 12% e lo slope della regressione lineare ri- fattori ottici piuttosto che retinici contribuiscono
spetto all’età non è significativamente diverso da ai deficit della funzione fotopica e, dunque, una
zero. Questi dati forniscono l’evidenza che la popo- riduzione nella sensibilità al contrasto tra medie
lazione dei coni nei 2,8° centrali rimane stabile du- ed alte frequenze spaziali trova una valida spiega-
rante la vita adulta ed inoltre, per quanto riguarda zione in una più bassa modulazione di trasfer dei
la topografia dei coni, non è stata trovata nessuna mezzi ottici negli occhi di anziani sani.
rilevante evidenza, come già detto, della perdita età Comunque, i fattori neruronali possono giocare
correlata dei coni entro i 28° centrali. un ruolo in altre funzioni svolte a livello fotopico,
I coni extrafoveali non sono più vulnerabili all’in- come la sensibilità luminosa differenziale (attra-
vecchiamento di quelli foveali in accordo con l’i- verso il campo visivo) (Johnson et al., 1989) o la
potesi che il pigmento maculare, altamente con- visione spaziale (ad es. sensibilità al contrasto e
centrato nei 2° centrali, è un antiossidante che acuità visiva) valutata a livello mesopico o scoto-
migliora la perossidazione lipidica luce-indotta e pico alto (Sloane et al., 1988).
poiché una piccola quantità di questi carotenoidi Forse il ridotto illuminamento retinico, negli oc-
è rintracciabile anche fuori della fovea (Bone et chi invecchiati, provoca l’intrusione dei bastoncel-
al., 1988). Comunque, la stabilità del numero to- li e delle vie rod-driven con una più bassa risolu-
tale dei coni non esclude la perdita di un piccolo zione spaziale delle vie cone-driven.
numero di coni stessi.
La sensibilità dei meccanismi blu sensibili si ridu-
ce con l’età, particolarmente nella parafovea (Hae- ALTERAZIONI ETÀ CORRELATE
gerstrom-Portnoy, 1988), anche dopo correzione NELLA TOPOGRAFIA DEI BASTONCELLI

delle alterazioni dei mezzi oculari che filtrano la I bastoncelli sono assenti al centro della retina ed
luce a breve lunghezza d’onda (Snyder e Miller, aumentano con l’eccentricità formando un anello
1977; Johnson et al., 1988; Hirsh e Curcio, 1989; ellittico ad elevata densità (>150.000 bastoncelli/
Feeney-Burns et al.,1990; Swanson e Birch, 1991; mm2) da 2 a 5 mm di eccentricità, con un picco 4-5
Curcio et al., 1991; Schefrin et al., 1992). mm superiormente alla fovea (Curcio et al., 1990)
Capitolo 1

Nicola Pescosolido

(Fig. 15b). La variabilità interindividuale della den- più grandi. Il diametro del segmento interno dei
sità dei bastoncelli per tutti e quattro i gruppi di età bastoncelli di retine giovani va da 2,2 a 2,8 µm,
analizzati è veramente alta (coefficiente di variazione quello dei bastoncelli superstiti delle retine più
>45%) al confine della zona priva di bastoncelli, alta vecchie è del 13,5% maggiore, allo stesso range
(30-45%) entro 1 mm dalla fovea e intorno al disco di eccentricità.
ottico, mentre è bassa (<15%) nelle restanti parti. Uno dei più significativi risultati a cui Curcio et
Con l’invecchiamento, la densità dei bastoncelli al. (1993) sono giunti è che la densità spaziale dei
è ridotta nella retina sia extrafoveale che foveale. bastoncelli si riduce di circa il 30% nei 28,5° cen-
La perdita più significativa si riscontra nell’anello trali durante il periodo che va dai 34 ai 90 anni in
con più alta densità dei bastoncelli. occhi apparentemente sani. Questa perdita è mi-
Il numero dei bastoncelli entro gli 8 mm centrali in nore nella fovea tra i 45 e i 61 anni e, dalla nona
tutte le retine esaminate va da 7,41 X 106 all’età di decade, è maggiore in un anulus parafoveale da 0,5
45 a 3,60 X 106 a 82 anni. a 3 mm di eccentricità. Nonostante la diffusa per-
Lo slope della regressione lineare suggerisce che dita dei bastoncelli della retina centrale l’aspetto
si ha una perdita media di 684 bastoncelli/mm2/ del mosaico fotorecettoriale è qualitativamente
anno nei 28,5° centrali di visione, così che a 90 normale, poiché solo due bastoncelli/mm2 circa
anni i bastoncelli totali sono ridotti al 69% rispet- vengono persi al giorno. Inoltre, il mosaico non
to a quelli che si osservano a 34 anni. mostra rotture né inserzioni di altri tipi cellulari
(glia) così che l’estensione del segmento interno
Estrema periferia retinica dei rimanenti bastoncelli è uguale a quella delle
retine giovani. Non ci sono evidenze di una ri-
Come precedentemente affermato Curcio et al. duzione età correlata nel contenuto di rodopsina
(1993) hanno dimostrato la stabilità dei coni cen- come ci si potrebbe aspettare dalla perdita di foto-
trali e la riduzione dei bastoncelli tra i 50 ed i 60 recettori. I rimanenti fotorecettori, dunque, sono
anni. Questo dato contrasta i risultati di Gao e sufficienti per espletare la loro funzione.
Hollyfield (1992). Questi ultimi, infatti, afferma- Con la densitometria è stato dimostrato che si ve-
no che all’equatore temporale, la densità dei ba- rifica, dai 12 ai 78 anni, un piccolo, ma signifi-
stoncelli si abbassa del 15% tra la seconda e quarta cativo incremento della densità di pigmento dei
decade di età e del 32% dalla nona decade di vita e bastoncelli fino ai 16° temporali. Poiché il nume-
che la densità dei coni si riduce significativamente ro dei bastoncelli a questo livello diminuisce con
del 23% durante il medesimo periodo. l’età, il segmento esterno delle cellule rimanenti
Questi risultati indicano, nel loro insieme, che dovrebbe contenere più pigmento nelle retine
la retina periferica invecchia in modo differente da più vecchie rispetto a quelle più giovani. Questo
quella centrale. incremento potrebbe essere dovuto, almeno in
parte, all’attorcigliamento che effettivamente incre-
ALTERAZIONI ETÀ CORRELATE DEL DIAMETRO menta la lunghezza totale del segmento esterno dei
DEL SEGMENTO ESTERNO E DEL “ COVERAGE” bastoncelli di circa il 40%, mentre rimane invaria-
DEI FOTORECETTORI E DELLE FIBRE DENDRITICHE ta la distanza tra la membrana limitante esterna e
L’area di selettiva perdita dei bastoncelli è localiz- l’EPR (Marshall et al., 1979). Si calcola che que-
zata a 3 mm dalla fovea. Gli spazi lasciati vuoti sto processo coinvolga dal 10 al 20% della popo-
dalla perdita cellulare sono occupati da bastoncelli lazione totale dei bastoncelli dalla settima decade
L’invecchiamento dell’apparato della visione

(Marshall et al., 1979), mentre nella retina centra- accrescono nello stato nucleare esterno, ben oltre
le è del 2%, sia nei donatori anziani che giovani il limite dello strato plessiforme esterno. Inoltre,
(Marshall et al., 1979), suggerendo che l’incre- gli Autori hanno osservato che questo fenomeno
mento del contenuto di rodopsina potrebbe essere segue un chiaro gradiente spaziale con una ac-
dovuto al fatto che i segmenti esterni negli occhi centuazione a livello periferico piuttosto che nel-
degli anziani sono più grandi di quelli dei giova- la regione centrale della retina. Anche le cellule
ni, ma morfologicamente simili. Per esempio, se il orizzontali, che normalmente formano delle triadi
diametro del segmento esterno incrementa in pro- sinaptiche con fotorecettori e cellule bipolari, pre-
porzione al segmento interno, le membrane dei sentano lo stesso fenomeno: proiettano nello stato
dischi potrebbero contenere il 29% di pigmento nucleare esterno dendriti che si sovrappongono
in più negli occhi più vecchi rispetto a quelli dei a quelli delle cellule bipolari. Nonostante questi
giovani (Katz e Robison 1986). prolungamenti siano stati riscontrati, talvolta, an-
L’ipertrofia compensatoria del segmento esterno che nelle retine giovani, la loro lunghezza e la loro
dei bastoncelli è in accordo con la prova della pla- densità sono notevolmente maggiori in quelle in-
sticità del sistema dei bastoncelli degli adulti dopo vecchiate. Dunque, sebbene in letteratura sia stato
parziale perdita degli stessi. sempre enfatizzato l’aspetto degenerativo della re-
A questo punto c’è da chiedersi se la perdita dei tina invecchiata, questo studio ne evidenzia invece
bastoncelli età correlata contribuisca al deficit del- l’elevato grado di plasticità cellulare. Ancor prima
la funzione scotopica. Dato che l’estensione dei di questo riscontro, ottenuto nelle retine invec-
bastoncelli è la medesima nelle retine giovani ed chiate umane, lo stesso gruppo di studio aveva de-
anziane si pensa che altri fattori come l’alterazione scritto simili evidenze analizzando retine di topi.
della sensibilità dei fotopigmenti, della rigenera-
zione, della risposta dei neurotrasmettitori e dei
potenziali di membrana indeboliscano la sensibi- Perché solo i bastoncelli muoiono con
lità dei bastoncelli (Sturr e Hannon, 1991). l’invecchiamento?

Tra gli studi più recenti riguardanti la riorganizza- Un possibile meccanismo è la selettiva vulnerabi-
zione cellulare retinica nell’invecchiamento, risul- lità dei bastoncelli.
ta particolarmente interessante quello condotto da La maggiore vulnerabilità dei bastoncelli rispet-
Eliasieh et al. (2007). Questa indagine ha lo scopo to ai coni trova una probabile spiegazione nel fat-
di valutare la natura e l’estensione della riorga- to che i primi hanno un tasso di rinnovamento
nizzazione neuronale retinica nell’invecchiamen- dei dischi del segmento esterno più rapido. Ciò
to, partendo dal presupposto che, fino a questo richiede un notevole dispendio energetico sia
momento, la base neurobiologica della riduzione da parte dei bastoncelli, per il rinnovamento di
della performance visiva nella senescenza fosse at- nuovi dischi, sia da parte dell’EPR, per lo smalti-
tribuita ad un processo degenerativo e regressivo mento dei vecchi dischi.
della retina. Basandosi sull’immunoistochimica L’EPR presiede a numerose funzioni responsabili
sono state identificate le diverse cellule retiniche e dell’integrità dei fotorecettori (Boulton, 1991); è
sono state confrontate tra loro nelle retine giovani stato osservato come le alterazioni età correlate dei
e vecchie. Dallo studio è emerso come, nelle retine fotorecettori, indipendenti da quelle dell’EPR, si-
invecchiate, fibre dendritiche di cellule bipolari si ano generalmente di lieve entità (Young, 1987).
Capitolo 1

Nicola Pescosolido

Ad esempio, una disfunzione dell’EPR determi- avviene in seguito all’accumulo di proteine dan-
na un rallentamento del tasso di rigenerazione dei neggiate che, se non degradate, potrebbero essere
fotopigmenti (sia dei coni che dei bastoncelli) ed citotossiche (Fischer, 2003).
un incremento delle circonvoluzioni del segmento L’ubiquitina è presente in tutta la retina, in modo
esterno dei bastoncelli. particolare nelle cellule gangliari e la maggior par-
Le principali alterazioni dell’EPR età correlate sono te di essa è legata covalentemente a proteine ber-
l’accumulo di lipofuscina e la riduzione dei granu- saglio (Naash et al., 1997).
li di melanina (Wing et al., 1978; Schmidt et al., Si è visto che, inducendo un danno ischemico nel-
1986) che si hanno in concomitanza con l’ispessi- la retina di topo aumenta considerevolmente l’e-
mento e la formazione di depositi nella membrana spressione di ubiquitina e parallelamente aumenta
di Bruch (Feeney-Burns e Ellersiek, 1985). anche l’espressione di UCH-L1; questa è un’idros-
È stato osservato che l’accumulo di lipofuscina silasi carbossiterminale specifica dei neuroni detta
intracellulare (Feeney-Burns et al., 1984) riduce anche PGP 9.5. In questa situazione di stress le
in modo significativo la funzione dei fotorecettori proteine anti-apoptotiche prodotte, come Bcl-2
(Dorey et al., 1989). e XIAP, vengono ubiquitinate e successivamente
Elevati livelli di lipofuscina, inoltre, sono stati cor- degradate dal sistema proteolitico Ub-dipendente;
relati ad un basso numero di nuclei dei fotorecet- in questo modo la cellula danneggiata irrepara-
tori nella sottostante retina (Dorey et al., 1989). bilmente può seguire il programma apoptotico.
Secondo questa ipotesi, poiché la lipofuscina è Quindi l’ubiquitina può promuovere sia la so-
strettamente correlata ai bastoncelli (Wing et al., pravvivenza che l’apoptosi delle cellule a seconda
1978), la perdita dei bastoncelli dovrebbe essere della gravità del danno che queste ultime hanno
massima nell’anello con più alta densità dei ba- subito (Breitschopf et al., 2000).
stoncelli, cioè a 3-5 mm dal centro della fovea Recenti studi hanno dimostrato che causando
(Osterberg, 1935; Curcio et al., 1990). Al contra- una delezione nel gene che codifica per UCH-L1
rio i risultati di Curcio et al. (1993) collocano la (enzima deubiquitante) si assiste nei topi all’insor-
perdita dei fotorecettori più vicina alla fovea a 0,5- genza di una patologia neurodegenerativa assonale
3 mm, confutando la correlazione tra l’accumulo (Saigoh et al., 1999). Dopo l’induzione di un dan-
di lipofuscina e la perdita di fotorecettori. no ischemico, nella retina di questi topi, i livelli
di ubiquitina rimanevano bassi, mentre i livelli di
Ruolo del sistema proteolitico espressione di Bcl-2, di XIAP e di altre proteine
ubiquitina-dipendente che normalmente vengono degradate dal sistema
nella struttura della retina ubiquitina-proteosoma erano significativamente
aumentati e ciò causa in questi topi una riduzione
La via proteolitica dell’ubiquitina è coinvolta nella del 70% dell’attività delle caspasi inibendo quin-
regolazione di processi cellulari essenziali, come il di fortemente l’apoptosi e facendo si che il danno
ciclo cellulare, la proliferazione, la differenziazio- ischemico peggiori. In questo caso, dopo lo stress
ne e l’organogenesi della retina, del cristallino e ischemico, i livelli di ubiquitina non aumentano
della cornea (Shang et al., 2004). in quanto tale processo è finemente regolato dall’
L’espressione di tale sistema proteolitico in que- attività di due gruppi di enzimi: gli enzimi ubiqui-
sti tessuti varia sia in funzione dell’invecchiamento tinanti E1, E2, E3 e gli enzimi deubiquitinanti di
che in risposta allo stress, infatti, la sua attivazione cui fanno parte le UCH (Wilkinson et al., 1989);
L’invecchiamento dell’apparato della visione

essendo quest’ultimo mutato l’ubiquitina non po- stress, impedendo che imbocchi la via del danno
teva essere riciclata. irreversibile. Tuttavia, se lo stimolo nocivo è trop-
Durante il processo di invecchiamento si verifica po intenso o dura a lungo e le proteine vengono
nella retina di ratto una diminuzione dell’attivi- danneggiate in modo irreparabile, la cellula indi-
tà del sistema proteolitico Ub-dipendente; si è rizza quest’ultime verso la degradazione. Le cellule
dimostrato inoltre che inibendo tale sistema pro- eucariotiche possiedono due metodi distinti per la
teolitico nei ratti giovani, la retina di questi ulti- degradazione delle proteine: il sistema lisosomale e il
mi assume caratteristiche morfologiche tipiche di complesso proteolitico ubiquitino-dipendente.
quella invecchiata. Ciò indica che questo sistema A differenza degli enzimi lisosomali, che normal-
svolge un ruolo importante nel mantenimento mente sono racchiusi nelle proprie vescicole, qual-
dell’ integrità strutturale di questo tessuto. siasi attività proteolitica libera nel normale citosol
Anche nella retina umana è stata dimostrata l’im- deve essere sotto rigido controllo. Essa infatti deve
portanza dell’attivazione di tale sistema nella degra- attaccare soltanto le proteine la cui distruzione è
dazione di proteine danneggiate ed inoltre il suo necessaria ossia quelle danneggiate, sintetizzate
coinvolgimento in diverse patologie oculari tra le scorrettamente oppure non più richieste in un
quali il glaucoma (Wunderlich et al., 2002).Ap- particolare stadio del ciclo cellulare. Deve esiste-
profondendo l’argomento consideriamo come l’o- re quindi un mezzo per “marcare” le proteine che
meostasi cellulare è mantenuta essenzialmente da devono essere degradate. Questo ruolo è svolto
meccanismi di tipo biochimico, in equilibrio tra dall’ubiquitina, un peptide di 76 residui amino-
di loro e con l’esterno. Quando tale equilibrio vie- acidici presente in tutte le cellule, che si lega alle
ne turbato, la cellula subisce uno stress. È quindi proteine da degradare e le indirizza alle proteasi
definibile “fattore di stress” qualsiasi evento di tipo citosoliche.
chimico, fisico e biologico (pH, temperatura, pres- La cellula tende quindi, in situazioni di stress, a
sione osmotica, agenti ossidanti o tossici, infezioni, mantenere livelli sub-letali mediante l’aumentata
etc.) in grado di perturbare l’omeostasi cellulare. sintesi di proteine, che sostengono una funzione
La cellula esposta a stress di diverso tipo, come ad protettiva consistente nel:
esempio ipossico, termico, chimico, risponde ini- Q mantenere il corretto ripiegamento spaziale delle

zialmente con l’aumento della sintesi di proteine proteine;


particolari, chiamate “proteine da shock termico” Q permettere il riavvolgimento funzionale delle pro-

(Heat-Shock Proteins o HSP), così definite perché teine denaturate reversibilmente;


evidenziate per la prima volta nelle situazioni di Q eliminare le molecole la cui struttura e funzionali-

danno da calore. La risposta si sviluppa nell’arco tà siano compromesse irrimediabilmente.


di pochi minuti e dura circa 24 ore. Le HSP, di cui Quest’ultima funzione sembra coinvolgere mag-
esistono diversi gruppi suddivisi in base al peso giormente l’ubiquitina e il suo sistema di proteoli-
molecolare (HSP-90, HSP-75, HSP-60), han- si (Mathews et al., 1994).
no sostanzialmente la funzione di riconoscere le
proteine danneggiate, nonché quelle non ripiega-
te e/o glicosilate correttamente, di ripararle e di L’UBIQUITINA (UB)
reindirizzarle alla giusta localizzazione cellulare. Nonostante i suoi livelli cellulari relativamente
Numerosi dati sperimentali indicano che la sintesi elevati, paragonabili a quelli dell’actina, della tu-
di HSP aiuta la cellula a superare brevi periodi di bulina e degli istoni (cioè da 2 a 100 µg/g di tes-
Capitolo 1

Nicola Pescosolido

suto) l’Ub venne scoperta solo nel 1975 da Gold-


stein e sequenziata lo stesso anno da Schlesinger
(Rechsteiner, 1988).
Successivamente, si dimostrò che quella che veni-
va chiamata “proteina epatica di ratto A24” era un
istone H2A monoubiquitinato. Inoltre, il “fattore
proteolitico ATP-dipendente” dei lisati di retico-
lociti (APF 1), che viene legato covalentemente a
vari substrati proteici, è proprio l’Ub (Ciechano-
ver et al., 1980).
Questo fu il primo passo verso la definizione
del ruolo dell’Ub nella proteolisi cellulare,
non lisosomiale. Data l’enorme importanza FIG. 16: Struttura dell’ubiquitina. L’incredibile
dei processi proteolitici, nel turn-over delle conservazione del complesso genico
dell’Ub, nell’ambito degli eucarioti, riflette
sostanze cellulari, nei sistemi di trasduzione, nel probabilmente una estrema funzionalità del
mantenimento dell’omeostasi, etc, questa piccola complesso stesso, sia per quanto riguarda la
sua espressione in condizioni fisiologiche per
proteina, presente in tutti gli eucarioti, dal lievito la cellula, sia per la sua attivazione a seguito di
ai mammiferi, fu ed è tuttora molto studiata. stress cellulare
Oggi si sa che il sistema proteolitico Ub-dipen-
dente è specifico, localizzato sia nel citoplasma, sia mero, la restante componente tetramerica è quella
nel nucleo ed è ATP-dipendente. Oltre a questo che svolge un ruolo attivo nella degradazione delle
ruolo l’Ub assolve anche ad altre mansioni, ma proteine alterate in seguito a stress cellulare.
comunque esplica sempre la sua funzione legan- La molecola di Ub nella sua forma attiva è com-
dosi ad un substrato ed il risultato ultimo è una posta da 76 amminoacidi con un peso moleco-
monoubiquitinazione o una poliubiquitinazio- lare (P.M.) di 8,6 kDa e la sequenza è altamente
ne dello stesso. Anche l’organizzazione genetica conservata con pochissime variazioni. La struttura
dell’Ub riflette questa varietà di funzioni. I dati si è globulare con un core idrofobico e molte strut-
riferiscono al lievito Saccharomyces cerevisiae, ma ture secondarie mantenute da legami idrogeno
c’è un altissimo grado di conservazione in tutti gli (D-eliche e piani-E) (Fig. 16). Sono probabilmen-
eucarioti (Rechsteiner, 1988). te queste caratteristiche a renderla molto stabile
L’ubiquitina è codificata da una famiglia di 4 geni al calore.
UBI1, UBI2, UBI3 e UBI4, dei quali i primi tre Il C-terminale sporge dal core della proteina per
codificano una molecola di Ub, con un introne formare i legami con le proteine substrato (o altre
e una coda di più di 50 residui, successivamen- Ub). Inoltre, gli aminoacidi acidi sono raggrup-
te eliminata. UBI4, invece, contiene 5 sequenze pati sulla faccia opposta a quella degli aminoacidi
per l’Ub, unite testa-coda, senza introni e con una basici, mentre vicino al C-terminale c’è una por-
coda di un solo amminoacido. Questo è il gene zione superficiale idrofobica che probabilmente
di cui nel lievito viene stimolata l’espressione du- serve al riconoscimento/interazione dell’Ub da
rante la risposta allo stress. Il prodotto di UBI4 parte degli enzimi coinvolti nel suo metabolismo.
è un pentamero che viene maturato attraverso il È interessante notare che i residui variabili nelle
distacco dell’amminoacido singolo e di un mono- diverse specie sono confinati nella regione oppo-
L’invecchiamento dell’apparato della visione

sta a questa, che probabilmente non partecipa alla P.M. tra 1000 e 1500 kDa. Inoltre, furono purifi-
funzione proteolitica (Rechsteiner, 1988). cate diverse subunità del complesso con P.M. tra
34 e 110 kDa e un ulteriore gruppo di subunità
con P.M. tra 21 e 32 kDa, simili a quelle già iden-
Il sistema proteolitico tificate come facenti parte di un altro complesso
ubiquitinodipendente proteasico di 20S, che agisce in maniera ATP-in-
dipendente (Hough et al., 1987).
La funzione più diffusa e studiata dell’Ub è quella Usando un diverso metodo di purificazione (in
nell’ambito del sistema proteolitico di cui essa fa assenza di ATP), si separarono tre fattori, tutti
parte. Esistono, come detto, diverse vie proteoliti- necessari al corretto funzionamento del complesso
che, come ad esempio quella lisosomiale o altre vie chiamati: CF-1, CF-2 e CF-3 (Conjugate-
ATP-dipendenti, ma non mediate dall’Ub. degrading Factors 1-3) (Ganoth et al., 1988). CF-1
Il sistema dell’Ub è schematizzabile brevemente in e CF-2 contengono siti di legame per l’ATP, ma
questo modo: una serie di tre enzimi (attivatore, non sembrano possedere l’attività proteasica.
trasportatore e ligasi) mediano il legame dell’Ub CF-3 è il componente con l’attività proteolitica ed
ad una proteina bersaglio; per “proteina bersaglio” in realtà era già noto da tempo, in diverse cellule
si intende una molecola denaturata o comunque eucariotiche, ed era stato chiamato con diversi
non più funzionale o, in alternativa, facente parte nomi: “complesso proteinasico multicatalitico”
di un segnale che deve cessare. La proteina “mar- (MPC) (Wilk, 1983), “proteasi ad alto peso
cata” dall’Ub viene riconosciuta da una proteasi molecolare” (Rechsteiner, 1988), “proteasi
specifica e quindi degradata (Fig. 17). L’ATP entra alcalina”(De Martino et al., 1979) o “proteasoma”
in questa catena di reazioni a vari livelli, con la (Arrigo et al., 1988) o “proteosoma”.
funzione di rendere specifica la reazione, probabil- Esso coincide con la proteasi 20S, che possiede
mente mediante modificazioni conformazionali. tre diversi tipi di attività endopeptidasiche:
Alla fine del processo, che è assimilabile ad un ci- l’enzima agisce tagliando i legami peptidici sul
clo, l’Ub viene riciclata mediante enzimi specifici lato carbossilico di amminoacidi basici, neutri o
che la staccano dalla proteina bersaglio. idrofobici e acidi (Wilk et al., 1983).
Quindi, il proteosoma 20S in realtà è la porzione
catalitica del proteosoma 26S, privato delle subu-
IL PROTEOSOMA nità regolatorie. Successivamente, sono stati fat-
Nel corso degli anni ‘80 Rechsteiner ed Hershko, ti molteplici esperimenti che hanno confermato
indipendentemente tra loro, dimostrarono che questa relazione e l’identità del proteosoma 20S
una proteina ubiquitinata (il lisozima) veniva ra- con la subunità CF-3 (Eytan et al., 1993).
pidamente degradata in estratti di reticolociti e Il proteosoma 26S si trova sia nel citoplasma che
che il processo richiedeva ATP (Hershko et al., nel nucleo e quindi sembra partecipare al control-
1984). lo dei pool proteici di entrambi questi comparti-
Successivamente, fu purificato e parzialmente menti (Peters et al., 1994).
caratterizzato il grande complesso multienzima- Il proteosoma 20S costituisce il core proteoliti-
tico responsabile della proteolisi (Hershko et al., co ATP-indipendente e aspecifico del proteoso-
1992), fu stimato il suo coefficiente di sedimen- ma 26S ed è formato da quattro anelli proteici,
tazione in gradiente di glicerolo, di 26S ed il suo ognuno di sei subunità, che nel loro insieme for-
Capitolo 1

Nicola Pescosolido

FIG. 17: Percorso proteolitico mediato dall’ubiquitina

mano una struttura cilindrica. I due anelli più


interni sono omologhi e sono chiamati E, quelli
più esterni D. È possibile che la composizione
delle particelle che lo costituiscono possa variare
in cellule diverse o per assolvere a diverse funzio-
ni (Rechsteiner et al., 1993). Alle sue estremità
sono saldamente legati altri due grandi comples-
si, che formano una sorta di “cappuccio” a forma
di V e con alcune masse proteiche al loro interno
(Fig. 18). Il loro orientamento è opposto, dando
al proteosoma intero una “configurazione trans”
e dimostrando che non è permessa una rotazione
libera delle varie parti che lo compongono. Dal
momento che l’attacco di queste due porzioni
conferisce al proteosoma le attività ATPasica,
FIG. 18:A.Una veduta interna del cilindro centrale 20 S,
isopeptidasica e di specificità del substrato, as- tramite cristallografia a raggi X, del proteosoma
senti nel complesso 20S, esse sono state chiamate con i siti attivi delle proteasi indicati con punti
rossi. B. La struttura dell’intero proteosoma,
“cappucci regolatori”. Recentemente, sono stati in cui il cilindro centrale (grigio) è integrato
purificati ed il loro coefficiente di sedimentazio- da un cappuccio 19 S (arancio) a ciascuna
estremità, la cui struttura è stata elaborata al
ne è stato stimato di 19S ed il loro P.M. di 600- computer a partire da immagini ottenute dal
700 kDa. Contengono le subunità proteiche ad microscopio elettronico. Il cappuccio lega le
proteine marcate per la distruzione, quindi usa
alto P.M. caratteristiche del proteosoma 26S (34- idrolisi ATP dipendente per svolgere le catene
110 kDa), ma nessuna delle subunità del cilin- polipeptidiche e introdurle nella camera interna
del cilindro 20 S per la digestione in piccoli
dro 20S. Non è ancora chiaro se il cappuccio 19S peptidi
corrisponda al subcomplesso CF1 o all’insieme
L’invecchiamento dell’apparato della visione

di CF1 e CF2 (Peters, 1994), comunque molti e il gruppo aminico del substrato o di un’altra Ub.
dei suoi polipeptidi sono delle ATPasi. La nomenclatura delle idrossilasi carbossitermina-
Questa organizzazione, con un core proteolitico e li è varia, ma la più utilizzata è UCH (Ub Carbo-
un complesso ATPasico con funzione regolatoria xyl-terminal Hidrolases).
ricorda la proteasi ATP-dipendente degli eubatteri Le funzioni di tali enzimi sono:
chiamata Clp, anche se non c’è una reale omo- Q riciclaggio dell’Ub dai residui prodotti nella

logia di sequenza. È però interessante notare che proteolisi;


la subunità ATPasica CApl è un membro delle Q disassemblaggio delle catene di poliubiquitina,

HSP, con attività di avvolgimento/svolgimento idrolizzando il legame peptidico tra il residuo C-


delle proteine. Analogamente, il cappuccio 19S terminale ed N-terminale di due molecole di Ub;
potrebbe funzionare legando specifici substrati Q processamento dei precursori dell’Ub;

al proteosoma, svolgendoli e trasportandoli nel Q rimozione dell’Ub da molecole non dirette verso

core proteolitico, ricavando energia dall’idrolisi di la proteolisi, con conseguente cessazione/attiva-


ATP. Attualmente sono state identificate almeno zione del segnale (ad es. gli istoni H2A e H2B
sei ATPasi diverse associate al proteosoma 26S vengono rapidamente deubiquitinati durante la
umano (Tanaka e Tsurumi, 1997). Esse fanno mitosi e riubiquitinati subito dopo);
parte di una vasta famiglia, chiamata “proteine Q rimozione dell’Ub da piccoli ligandi non pro-

AAA”, caratterizzata dalla presenza di un dominio teici.


centrale di circa 200 residui, altamente conservati, Sono state caratterizzate diverse idrossilasi, che
che contiene un sito di legame per l’ATP. intervengono nelle varie funzioni o nei diversi
La famiglia possiede più di 100 membri, con fun- tessuti. Ci sono almeno tre isoenzimi di 30 kDa
zioni diverse tra loro: oltre a far parte del prote- che però non agiscono sui grossi coniugati, tipici
osoma, partecipano alla fusione di vescicole, alla del percorso proteolitico, bensì su piccole protei-
biogenesi dei perossisomi, alla trascrizione e al ne e potrebbero quindi avere un ruolo nel pro-
targeting di proteine nei mitocondri. cessamento dei precursori dell’Ub. Una forma più
grande dell’enzima, di circa 90 kDa sembra il can-
LE IDROSSILASI CARBOSSITERMINALI DELL’UB didato più probabile per la scissione dell’Ub dalle
Le proteine ubiquitinate, prodotte dall’azione proteine più grandi, anche se si pensa che non sia
degli enzimi E1, E2 ed E3, sono strutture il cui attiva sulle proteine poliubiquitinate. Un enzima
contenuto in Ub è vario. Maggiore è la presenza di di circa 100 kDa, chiamato isopeptidasi T, agisce
residui di Lys della proteina disponibili al legame, invece soprattutto sui legami tra molecole di Ub,
più molecole di Ub possono legarsi; inoltre l’Ub legate a proteine che vengono degradate dal prote-
forma dei polimeri anche ramificati. Per il corret- osoma 26S e potrebbe essere coinvolto nella rimo-
to funzionamento del sistema proteolitico è essen- zione delle catene di poliubiquitina dal complesso,
ziale che l’Ub venga riciclata. Il processamento di in un momento successivo alla degradazione della
queste strutture richiede la presenza di una serie proteina. Infine, è stata caratterizzata un’idrossilasi
di enzimi che scindono il legame Ub-substrato che probabilmente agisce come parte del proteo-
ed Ub-Ub. Sono state descritte diverse forme di soma 26S, in maniera ATP-dipendente e scinde i
questi enzimi che sono tutte delle idrossilasi C- legami sia lineari sia isopeptidici, con rilascio di
terminali. Esse cioè scindono il legame amidico Ub libera negli stadi finali della proteolisi (Eytan
formato dal gruppo carbossilico terminale dell’Ub et al., 1993).
Capitolo 1

Nicola Pescosolido

COINVOLGIMENTO DEL SISTEMA PROTEOLITICO UBIQUITINO- A conferma dello stretto legame tra il sistema pro-
DIPENDENTE NELL’APOPTOSI teolitico Ub-dipendente ed il programma apopto-
Nel corso del processo apoptotico si osservano tico, si è anche dimostrato che l’induzione dell’a-
elevate concentrazioni di proteine coniugate con poptosi può regolare l’attività del proteosoma
l’ubiquitina e ci sono innumerevoli evidenze speri- 26S (Kim et al., 2004). Infatti, durante l’apoptosi
mentali che confermano una regolazione di questo l’attivazione delle caspasi provoca la scissione di
processo di morte programmata da parte del siste- tre subunità specifiche del complesso 19S, le quali
ma proteolitico Ub-dipendente (Lee et al., 2003). hanno il compito di riconoscere i substrati poli-
In un modello sperimentale di deprivazione da ubiquitinati e di tenere insieme il complesso 19S
siero, i fibroblasti 3T6 in coltura vanno incontro al proteosoma centrale 20S.
ad una sequenza di eventi degenerativi e di rima- Questa scissione, mediata dalle caspasi, inibisce la
neggiamento del materiale genetico che culminano degradazione proteosomale Ub-dipendente.
con la frammentazione nucleosomale del DNA. È
stato dimostrato che queste cellule, nelle prime fasi,
tentano di ridurre tale danno attivando il sistema Il modello più utilizzato per studiare
proteolitico Ub-dipendente e solo successivamente, l’invecchiamento neuronale è la reti-
se l’insulto persiste, intraprendono un programma na di topo
di morte apoptotica (Bresin et al., 2001).
Pertanto, i tentativi di mantenimento omeostati- Lo sviluppo postnatale della retina rivela che la
co ed il riconoscimento della necessità di indurre morfogenesi retinica nel ratto non è completa alla
l’apoptosi sembrano progredire contemporanea- nascita.
mente e probabilmente interagire in modo reci- Nel primo giorno postnatale la retina di un ratto
proco. Risultati analoghi sono stati ottenuti anche albino è costituita dal nervo ottico, dallo strato
in vivo, in un modello sperimentale di ischemia delle cellule gangliari, dallo strato plessiforme
cerebrale. Infatti, questo trattamento ottenuto interno e un singolo strato di cellule neuroblastiche
mediante occlusione delle carotidi del ratto, pro- indifferenziate impacchettate nell’altra metà.
voca nei neuroni ippocampali una attivazione del Numerose figure mitotiche sono riscontrate in
sistema Ub-dipendente (Gubellini et al., 1997). particolar modo in una zona (di questo strato
Osservazioni sono state effettuate nei timociti e nei neuroblastico) prossima al margine coroideale e le
neuroni simpatici dopo essere stati indotti ad at- cellule dell’EPR sono strettamente aderenti a tali
tivare un sistema di morte cellulare programmata. nuclei mitotici.
Recenti esperimenti, svolti su cellule tumorali Questo grado di sviluppo della retina di ratto cor-
umane, hanno dimostrato che la via proteolitica risponde alla retina di un feto umano di 4-5 mesi
Ub-dipendente svolge un ruolo di difesa prima- (Weidman e Kuwabara, 1968).
ria anche come sistema anti-apoptotico di sorve- Al momento dell’apertura palpebrale, tra il 14° e
glianza eliminando le attività delle caspasi; infatti il 17° giorno dalla nascita, quando il sistema vi-
queste ultime vengono degradate, nelle fasi iniziali sivo del topo diventa funzionante, la retina assu-
di induzione apoptotica, da questo sistema pro- me la struttura stratificata adulta che consiste di 3
teolitico e soltanto in seguito, se la cellula non è neuroni. La maturazione della retina si completa
in grado di riparare i danni subiti, il programma dopo 30-40 giorni dalla nascita, quando lo strato
apoptotico prosegue (Kim et al., 2004). nucleare interno raggiunge il suo massimo spesso-
L’invecchiamento dell’apparato della visione

WISTAR/ALBINO NORWAY/PIGMENTATO BDH(HAN)/PIGMENTATO


50 34 38
Strato nucleare esterno
(44-54) (29-40) (36-42)
31 27 33
Strato nucleare interno
(29-33) (16-43) (24-43)

Strato delle cellule gangliari Confrontabile con la perdita cellulare dello strato nucleare interno

TAB. 1: In tutti e tre i tipi di neuroni si ha una riduzione in percentuale della densità nucleare tra 1 e 27 mesi (Weisse, 1995)

re, il segmento esterno dei bastoncelli raggiunge la tare dell’età dall’1,5% al 2,6%. La più alta perdita
lunghezza adulta ed il contenuto di rodopsina dei dei bastoncelli nei topi albini è dovuta al sinergi-
segmenti esterni aumenta. co effetto della luce (Shinowara et al., 1982). Nei
A maturazione completa inizia lentamente ed ine- topi pigmentati la perdita dei fotorecettori è di
sorabilmente la perdita delle cellule nervose. entità minore e tale perdita è uguale per i coni e
La principale scoperta del processo dell’invecchia- i bastoncelli (Norway: giovane 2%, vecchio 2%;
mento è la significativa perdita in percentuale dei tre BDH (han): giovane 1,8%, vecchio 2%).
tipi di neuroni retinici (Tab. 1) (Weisse et al., 1995). Citopatologicamente, la graduale, ma continua
La morte delle cellule nervose inizia dopo la matu- perdita dei fotorecettori in retine di topi invec-
razione completa della retina. chiati si manifesta in due forme:
Il tasso di perdita cellulare è simile nelle regioni 1. I fotorecettori morti in situ hanno il perica-
centrali, medio-periferiche e periferiche della re- rio dentro lo strato nucleare esterno, i nuclei
tina, ma da un punto di vista patomorfologico, la sono pallidi e rigonfi o picnotici ed il segmen-
degenerazione è maggiore nella retina periferica a to interno mostra una colorazione aumentata
causa di un più basso numero di nuclei per unità o ridotta. Queste alterazioni precedono le al-
di area retinica. Nei ratti albini e pigmentati, la terazioni del segmento esterno. Tale forma di
rarefazione delle cellule nervose inizia alla fine del degenerazione necrotica è distribuita per tutta
primo mese di vita, o piuttosto a completa ma- la retina.
turazione retinica e continua fino alla morte. Se 2. I fotorecettori morti sono localizzati nello
facessimo una sezione a livello della retina centrale spazio subretinico e hanno perso le loro con-
di un ratto albino di 2 o 31 mesi in ambedue i casi nessioni con lo strato nucleare esterno. La
gli strati retinici sarebbero tutti presenti. Nei topi cromatina nucleare di queste cellule dislocate
vecchi, comunque, si ha un assottigliamento glo- sembrerebbe essere più o meno intatta; inve-
bale della retina dovuto in particolare alla perdita ce, i loro segmenti interni ed esterni, le fibre
dei nuclei dagli strati nucleari esterni ed interni e di connessioni e gli assoni sono degenerati o
all’accorciamento dei segmenti esterni ed interni dei totalmente persi. Mentre si muovono verso
fotorecettori. Nonostante identiche condizioni am- l’esterno, i nuclei discendenti migrano o scivo-
bientali, la graduale, ma continua morte cellulare lano attraverso la membrana limitante esterna
negli strati nucleari è più pronunciata nei topi albini all’interno dei propri segmenti interni. Questi
e differisce tra i coni e i bastoncelli; in effetti, la per- sono più frequentemente osservati nelle regio-
centuale dei nuclei dei coni aumenta con l’aumen- ni periferiche e iuxtapapillari (Weisse, 1995).
Capitolo 1

Nicola Pescosolido

La necrosi in situ ed il movimento verso l’esterno del nervo acustico, per perdita delle cellule hair
a cui segue la morte cellulare sono i due mecca- cocleari e delle cellule gangliari spinali (Saitoh et
nismi di perdita dei fotorecettori. Questo evento al., 1995).
conduce clinicamente ad un indebolimento visivo Molti studi hanno riscontrato la morte età corre-
ed elettrofisiologicamente alla riduzione dell’am- lata delle cellule nervose della retina negli uomi-
piezza dell’onda a e b dell’ERG (Lai et al., 1982). ni (Curcio et al., 1993) e nei topi di laboratorio
La perdita dei neuroni avviene con il normale in- (Weisse, 1995). Questi fenomeni sono considerati
vecchiamento (Shoji et al., 1998) della retina nei normali nell’ambito di alterazioni della retina nel-
topi di ceppo “senescence – accelerated mouse” la senescenza.
(SAM), costituito da ceppi resistenti alla vecchiaia Nello studio di Shoji et al. (1998), prima riporta-
accelerata (SAMPR) e ceppi predisposti alla vec- to, è stata osservata la marcata atrofia retinica ed in
chiaia accelerata (SAMP) e nei topi BALB/c. particolare la perdita dei fotorecettori e delle cellule
I ceppi SAMP invecchiano precocemente e la loro gangliari nei topi SAMPR.
vita è breve; invece, i ceppi SAMPR invecchiando Questo ceppo è stato scelto per studiare i proces-
più tardi e, vivendo più a lungo, presentano i “se- si del normale invecchiamento retinico, incluso il
gni” di alterazione correlati all’età (Takeda, 1994). meccanismo con cui sono perse le cellule nervose.
Tutti e tre i ceppi mostrano un’atrofia della retina La zona periferica e centrale delle retine dei topi
età correlata. Il tasso di perdita dei fotorecettori è di 3 mesi erano istologicamente normali. Lo spes-
maggiore nella retina periferica che in quella cen- sore di tutta la retina nei topi anziani si riduceva
trale in tutti e tre i ceppi. marcatamente alla periferia e al centro, si osserva-
Il tasso di perdita delle cellule gangliari non diffe- va l’atrofia dello strato nucleare esterno, la perdita
risce tra la retina periferica e centrale nei tre ceppi. delle cellule gangliari, il dislocamento nucleare
I topi SAMP, ad invecchiamento precoce e vita dei fotorecettori dallo strato nucleare interno allo
breve, non mostrano una significativa perdita cel- strato plessiforme esterno.
lulare età correlata; al contrario, i topi SAMPR Gli studi istomorfometrici hanno mostrato che
manifestano una tardiva e marcata perdita di fo- nella retina periferica la perdita dei fotorecettori
torecettori e di cellule gangliari a causa della loro con l’avanzare dell’età era significativa (p<0,01) in
vita più lunga. Per tale motivo è stato scelto que- tutti i ceppi. La perdita di tali cellule inizia a 2
sto ultimo ceppo come modello per lo studio dei mesi di età ed il segmento esterno dei fotorecettori
meccanismi di perdita neuronale età correlata. è quello maggiormente affetto. In tutti i ceppi i
Le patologie oftalmologiche età correlate del seg- valori dopo i 9 mesi erano più bassi di quelli a 3
mento anteriore nei topi SAMP sono la blefarite, mesi (p<0,05). La riduzione nel numero dei foto-
la cheratite e la cataratta (Hosokawa et al., 1984). recettori nella retina periferica era più grande che
Le patologie età correlate del segmento posteriore in quella centrale con l’avanzare dell’età (p<0,05).
sono più difficili da individuare oftalmoscopica- Anche il numero delle cellule gangliari si riduce con
mente. l’aumentare dell’età sia nella retina periferica che
La perdita delle cellule nervose di tutti gli organi centrale. Al contrario della perdita dei fotorecettori,
di senso e del cervello è parte del normale processo il tasso di riduzione delle cellule gangliari nella re-
di invecchiamento della retina; infatti, in questi tina periferica era lo stesso che in quella centrale. Il
topi si osserva l’invecchiamento del bulbo olfat- confronto del numero di cellule gangliari a 3 e 18
torio, del proencefalo (Schimada et al., 1994) e mesi di età ha evidenziato che la differenza diventa-
L’invecchiamento dell’apparato della visione

va significativa sia al centro che alla periferia retini- è supportata dalla scoperta che il contenuto di DNA
ca nei ceppi SAMPR e BALB/c (p<0.05). si riduce con l’invecchiamento. Tra i 4 ed i 12 mesi
Inoltre, Gao e Hollyfield (1992) avevano già dimo- la quantità media di DNA è invariata mentre, tra i
strato che i bastoncelli e le cellule gangliari periferiche 12 e i 30 mesi si riduce del 13% (P<0,01). Questa
erano più vulnerabili dei coni e che il tasso di perdita riduzione è comunque inferiore a quella predicibile
era maggiore in periferia piuttosto che nella fovea. in base all’effettivo numero di fotorecettori morti.
Un ulteriore studio finalizzato a capire se la mor- Le variazioni età correlate del contenuto in rodopsina
te cellulare neuronale nella retina accompagna non sono risultate uguali alla riduzione nel numero
la vecchiaia è stato condotto da Katz e Robison dei fotorecettori. Tra i 4 e gli 11 mesi di età, i livelli di
(1986). Oggetto di studio sono state le retine di rodopsina aumentavano del 10% e rimanevano co-
topi pigmentati di varie età, analizzate in base alle stanti fino a 26 mesi. In questo stesso lasso di tempo
variazioni della dimensione, della densità cellula- c’è stata una riduzione nel numero dei fotorecettori
re, del contenuto di DNA , delle dimensioni dei di circa il 15%. Queste scoperte suggeriscono che la
nuclei e dei livelli di rodopsina. quantità di rodopsina per fotorecettore incrementa
Tra i 4 e 30 mesi, è stata osservata una significativa fino al 25% tra i 4 ed i 26 mesi di età. Tra i 26-36
riduzione della densità dei nuclei in tutti e tre gli mesi, i livelli di rodopsina si riducono del 10%, in
strati nucleari della retina. parallelo con il numero di fotorecettori.
In questo lasso di tempo, la densità nucleare nello Lo studio di Cavallotti et al. (2001) ha analizzato,
strato nucleare esterno (ONL) si è ridotta dal 32 inoltre, le alterazioni morfochimiche e biochimi-
al 41%, a seconda della regione di retina esami- che che accompagnano l’invecchiamento (Tab. 2).
nata, mentre nello strato nucleare interno (INL) L’analisi quantitativa degli elementi retinici è sta-
questo stesso valore è aumentato dal 25 al 34%. ta possibile con un microscopio a scansione laser
A questo punto si rendeva necessario determinare (4.800X) che raffigura dettagli microanatomici e
se tale perdita cellulare fosse dovuta a morte cellu- cioè non solo le cellule, ma anche i loro particolari
lare piuttosto che ad uno stiramento della retina, quali le connessioni intercellulari, i processi cellu-
riconducibile al suo accrescimento. A tale scopo lari dei corpi sinaptici visti tridimensionalmente e
sono state messe in relazione le dimensioni della lo spazio intercellulare.
retina con la perdita cellulare. Con il microscopio a scansione laser è stato visto
La lunghezza della retina aumenta dell’8-9% nei che il segmento esterno dei fotorecettori, in
due meridiani principali tra i 4 e i 12 mesi di età. contatto con lo strato dell’epitelio pigmentato,
Questa variazione nella geometria retinica predice mostra un apice coperto dalla matrice
una riduzione nella densità cellulare del 15%. In extracellulare ed il segmento interno mostra
realtà la perdita osservata è stata maggiore sia nello numerosi processi intercellulari (14.400X). Ogni
GCL (25%) che nello ONL (25%). singolo elemento comunica con l’altro attraverso
Allo stesso modo tra i 12 e i 30 mesi si ha un in- delle “connessioni intercellulari”. Le cellule
cremento della lunghezza del 5% con una perdita bipolari e le cellule multipolari sono costituite di
del 5% della densità cellulare; mentre la riduzione numerosi corpi sinaptici e processi cellulari. Nello
cellulare dell’ONL effettiva è stata maggiore del spazio intercellulare ci sono numerosi capillari.
20% e cioè è pari al 25%. Lo strato plessiforme esterno retinico è formato
L’evidenza che una parte significativa della riduzione dalle sinapsi tra i fotorecettori ed i dentriti delle
della densità cellulare sia dovuta alla morte cellulare cellule bipolari ed orizzontali. Le fibre dei foto-
Capitolo 1

Nicola Pescosolido

ALTERAZIONI MORFOLOGICHE* GIOVANI (N=6) ADULTI (N=6) ANZIANI (N=6)

Spessore della retina (μm±SEM) 132±21,4 210±31,6 150±18,3

Area retinica di topo (mm2) 19,2


31,1 34,6

Area**delle cellule gangliari


110.826 110.418 85.836
(mm2 ±SEM)
Area dei capillari
8,4 7,3 3,5
(mm2 ±SEM)
Corpi sinaptici/area
61,4 62,6 38,4
(CU±SEM)
Processi cellulari/area
44,2 43,2 28,1
(CU±SEM)
Connessioni
Intercellulari/area 54,1 52,2 18,6
(CU±SEM)
Numero delle cellule gangliari con diametro
42136 41328 21622
<0,4μm
Numero delle cellule gangliari con diametro
31354 30526 29456
0,4-0,9 μm
Numero delle cellule gangliari con diametro
1833 766 621
0,6-0.9 μm

Contenuto proteico /mg tessuto fresco 82,1 76,3 61,5

TAB. 2: Variazioni morfologiche e biochimiche nelle retine di ratto di varie età (Cavallotti et al., 2001)

recettori terminano con una dilatazione denomi- 1. Lo spessore della retina è relativamente piccolo
nata, rispettivamente, sferula per i bastoncelli e negli animali giovani, diventa più spesso una
peduncolo per i coni. volta adulti e poi si riduce in modo significa-
Queste terminazioni sono ricche di vescicole pre- tivo nei topi anziani (circa 60 µm più sottile).
sinaptiche. Generalmente un solo cono prende 2. L’estensione totale della retina si riduce si-
contatto con una sola cellula bipolare; viceversa gnificativamente (circa il 20-25%) con l’in-
più bastoncelli prendono contatto con una sola vecchiamento.
cellula bipolare. 3. Le cellule gangliari sono le cellule più vulnera-
Tutte queste strutture sono state quantificate e poi bili alla perdita età correlata; infatti, si calcola
paragonate tra le differenti età. Tutte si riducono una riduzione del 20-25% del loro numero
con l’invecchiamento. nei topi vecchi rispetto ai giovani.
L’invecchiamento dell’apparato della visione

4. Le cellule gangliari sono distribuite in modo 6. l numero totale del contenuto proteico si ridu-
piuttosto uniforme nella retina di topo, la ce con l’invecchiamento per lento e progressivo
variazione tra la più alta e più bassa densità deterioramento del metabolismo retinico.
rientra in un range da 6.000 a 1.000 cellule/
mm2 (Lai et al., 1978; Dreher et al., 1984). Amenta et al. (1984) hanno condotto degli studi
Il numero totale delle cellule gangliari è di finalizzati a capire quale fosse l’effetto della L-car-
109.000-115.000 (Perry et al., 1983). Perry nitina e la L-acetil-carnitina sull’invecchiamento
et al. hanno diviso le cellule gangliari in tre oculare. Gli autori hanno visto che il trattamento
tipi in base al loro diametro assonale: tipo con L-carnitina preservava l’istologia retinica nei
I (diametro assonale 0,9 µm), tipo II (dia- ratti senescenti, mostrando un’aumentata cromo-
metro assonale 0,6 µm) e tipo III (diametro filia negli elementi gangliari retinici ed un miglio-
assonale 0,4 µm). Il numero delle cellule di ramento della morfologia dei fotorecettori. Inoltre,
tipo II rimane invariato con l’invecchiamen- nella cornea, il trattamento con L-carnitina indu-
to mentre quello delle cellule di tipo I e III ceva la diminuzione dell’incidenza di fibrosi nelle
si riduce significativamente. Sembrerebbe aree stromali. Gli Autori hanno osservato che i ratti
che le cellule di tipo I e III presentino una senescenti, confrontati con quelli giovani, presen-
elevata sensibilità alle alterazioni trofiche tavano una riduzione della cromofilia citoplasma-
che si instaurano con l’invecchiamento, in tica della retina e della cornea, una diminuzione
confronto alle cellule con assoni di calibro dell’ordine di disposizione degli elementi cellulari
medio (tipo II). retinici, specialmente a livello dello strato granula-
5. Il “trofismo retinico”, termine che indica sia re esterno ed interno; non è stato possibile analiz-
l’area occupata dai capillari che alcune caratte- zare gli elementi gangliari interni. Il trattamento
ristiche morfologiche delle cellule retiniche (ad con L-acetil-carnitina preservava la morfologia re-
es. numero dei corpi sinaptici, processi cellulari tinica nei ratti senescenti e riduceva il contenuto di
e connessioni intercellulari per area osservata), è lipofuscina nell’EPR. Infine, Amenta et al. (1984)
quasi uguale tra i topi adulti e giovani e signifi- hanno saggiato l’attività istoenzimatica retinica in
cativamente ridotto nei topi anziani. ratti senescenti di controllo rispetto a topi giovani

ISTOENZIMI RETINICI RATTI SENESCENTI DI CONTROLLO RATTI SENESCENTI TRATTATI CON ALCAR
G6PDH costante costante
LDH costante costante
SDH diminuisce rispetto ai giovani aumenta
NADHD diminuisce rispetto ai giovani aumenta
GPDH costante costante
ATPasi aumenta rispetto ai giovani diminuisce
AChE aumenta rispetto ai giovani diminuisce
MAO aumenta rispetto ai giovani costante

TAB. 3: Attività istoenzimatica degli enzimi glucosio-fosfato deidrogenasi (G6PDH), lattico deidrogenasi (LDH),
succinico dedrogenasi (SDH), NADH diaforesi (NADHD), D-glicerolofosfato deidrogenasi (GPDH),
aceticolinesterasi (AchE), monoaminossidasi (MAO) in topi senescenti di controllo, trattati con L-acetil-
carnitina (ALCAR) rispetto a topi giovani (Amenta et al., 1984)
Capitolo 1

Nicola Pescosolido

e a quelli trattati con L-acetil-carnitina. Nei ratti (approssimativamente del 18%) si basa sulla con-
senescenti di controllo gli enzimi succinicodeidro- ta dei nuclei. Con questa metodica si ottiene una
genasi (SDH), NADH diaforesi (NADHD) dimi- stima della perdita cellulare più elevata (circa del
nuiscono rispetto ai topi giovani mentre nei topi 13%) di quella ottenuta con la misurazione del
trattati aumentano. Gli enzimi ATPasi, acetilco- DNA. Questo suggerisce che, forse, il tasso di per-
linesterasi (AchE) aumentano nei topi senescenti dita cellulare età correlato è piuttosto minore nelle
di controllo rispetto a quelli giovani, mentre dimi- regioni della retina dove i nuclei vengono contati,
nuiscono nei topi trattati. Gli enzimi glucosio-fo- o forse che la quantità di DNA per cellula aumen-
sfato deidrogenasi (G6PDH), lattico deidrogenasi ta moderatamente durante la vecchiaia.
(LDH), D-glicerolofosfato deidrogenasi (GPDH) Gartner e Henkind (1981) hanno anche riportato
rimangono invariati. L’enzima monoaminossidasi che si ha una riduzione nel numero dei fotorecet-
(MAO) aumentava nei topi senescenti di control- tori nella zona maculare della retina.
lo rispetto ai giovani mentre rimaneva costante in Il numero delle cellule gangliari umane, calcolato in
quelli trattati (Tab. 3). base alla densità degli assoni del nervo ottico, si ridu-
ce del 75% a 70 anni. Ovviamente questo contribu-
La retina ha il vantaggio rispetto al cervello di avere isce, almeno in parte, ai problemi visivi dell’anziano.
confini ben delimitati e di aver uno strato cellulare, Alla luce di studi precedenti (Katz e Robison,
lo strato dei fotorecettori, apparentemente privo di 1984; 1985), sembra possibile che la perdita delle
glia, che nel resto del cervello è intimamente unita cellule retiniche, in modo particolare dei fotore-
ai neuroni. Per questi motivi è più facile determi- cettori, sia correlata alle alterazioni legate all’età
nare le alterazioni dei neuroni che la costituiscono. dell’EPR. L’EPR forma la “barriera emato-retinica
La dimostrazione di un declino età correlato nel esterna” che si interpone tra coriocapillare e foto-
numero delle cellule durante la vecchiaia è impor- recettori; dalla sua integrità dipende quella dei fo-
tante per numerose ragioni. torecettori (Zinn e Marmor, 1979). L’alterazione
È possibile che la riduzione età correlata nella morfofunzionale dell’EPR comporta l’alterazione
funzione visiva possa essere parzialmente attribu- dei fotorecettori.
ibile alla riduzione nel numero di cellule retini- L’identificazione dei fattori causali della perdi-
che (Ordy e Brizzee, 1979). Se questo è vero sarà ta delle cellule retiniche, correlati alle alterazioni
importante identificare i fattori responsabili del- dell’EPR o meno, potrebbe portare ad una miglio-
la perdita cellulare. Inoltre, gli studi sugli effetti re conoscenza dei processi tipici della senescenza.
dell’invecchiamento dei neuroni retinici comple-
tano quelli sui neuroni del cervello: il confronto
degli effetti dell’invecchiamento sui neuroni di Invecchiamento della macroglia
diverse parti del sistema nervoso può condurre ad (cellule di Müller ed astrociti)
identificare i fattori generali che decretano la so-
pravvivenza neuronale. L’indebolimento funzionale del SNC che si ha
La determinazione della densità cellulare retinica con l’invecchiamento, così come le malattie neu-
e del contenuto di DNA retinico suffragano l’i- rodegenerative età correlate, sono state in parte
potesi che, nei topi, con la senescenza si hanno attribuite al declino della funzione mitocondriale
significative perdite di neuroni retinici. (Linnane et al., 1989; Curti et al., 1990; Bowling
La stima della perdita totale cellulare età correlata et al. 1993; Dykens, 1999). In particolare, è stato
L’invecchiamento dell’apparato della visione

dimostrato un danno ossidativo al DNA mitocon- zione della composizione lipidica delle membrane
driale nel cervello umano invecchiato (Mecocci mitocondriali in animali invecchiati o anche da
et al., 1993). È stato evidenziato come il DNA alterazioni funzionali o strutturali delle proteine
mitocondriale sia particolarmente suscettibile ai codificate dal DNA mitocondriale) sono ridotte
danni che si accumulano nel tempo per la perdi- dalla somministrazione a lungo termine di Egb
ta di istoni protettivi, per la riduzione dei sistemi 761. L’Egb761 agisce sia come scavengers dei radi-
di riparazione e per la vicinanza della membrana cali liberi esogeni sia prevenendone la produzione
mitocondriale interna alle specie reattive dell’ossi- (Paasche et al., 2000).
gemo. L’ipotesi che i radicali liberi siano coinvolti Con ulteriori esperimenti è stato osservato che,
nell’indebolimento della funzione mitocondriale sia il danno funzionale ossidativo, che le altera-
è stata avallata da recenti scoperte: ad esempio zioni morfologiche dei mitocondri del cervello
la somministrazione di scavengers esogeni dei e del fegato, possono essere prevenute o ridot-
radicali liberi, come l’estratto di Ginkgo Biloba te dall’Egb761 (Sastre et al., 1998). In parti-
(Egb761), migliora la funzione del cervello e del colare, esperimenti in vitro hanno dimostrato
fegato di animali invecchiati. che l’Egb761 protegge la sintesi dell’ATP mi-
Lo studio di Paasche et al. (2000) ha stimato i tocondriale dall’insulto di anossia/riperfusione
parametri ultrastrutturali e funzionali dei mito- grazie allo scavenging dell’anione superossido
condri nelle cellule di Müller (gliali) invecchiate di generato dai mitocondri (Du et al., 1999). La
cane, con e senza somministrazione di Egb 761. somministrazione di Egb761 preserva, quindi,
Questo modello è stato scelto per vari motivi: la funzione morfologica e sensoriale della retina
7. nella retina le cellule di Müller rappresentano (Ranchon et al., 1999).
la principale riserva di scavengers di radicali Inoltre, è stato osservato che i livelli di GSH nel
liberi endogeni con una grande quantità di cervello di cane vecchio sono più bassi di quelli di
glutatione ridotto (GSH) nei loro mitocondri; animali giovani e che possono essere riportati a va-
8. la riduzione di GSH età correlata può essere lori normali con la somministrazione di Egb761.
contrastata dalla somministrazione di Egb761;
9. cellule di Müller intatte viventi possono essere Prima di descrivere le alterazioni età correlate de-
facilmente dissociate dal tessuto e sottoposte a gli astrociti ricordiamo la loro morfologia e la loro
studi biochimici, immunoistochimici e fluo- distribuzione nelle retine di individui giovani. Gli
rometrici; astrociti sono cellule di interconnessione tra i neu-
10. le cellule di Müller sono soggette alle alterazio- roni ed il circostante tessuto connettivo (fibroblasti,
ni età correlate. cellule mesenchimali e cellule endoteliali). Altera-
I mitocondri nelle cellule di Müller vanno incon- zioni di queste cellule inducono, dunque, modi-
tro, con l’invecchiamento, ad una riduzione del fiche delle relazioni intercellulari e della funzione
numero di creste, nonchè del loro potenziale di nervosa. È stato dimostrato che gli astrociti sono
membrana e dell’indice di vitalità, mentre il con- piuttosto resistenti agli stress ossidativi per l’alto
tenuto in GABA-transaminasi rimane invariato contenuto di antiossidanti e la loro capacità a ri-
(Wallaceet al., 1995; Paasche et al., 2000). generare il glutatione e l’ascorbato (Kettenmann et
Inoltre, è stato dimostrato che le alterazioni dei al., 1996; Wilson, 1997). Queste cellule agiscono,
mitocondri (quali la rottura delle creste e la va- quindi, da protettori neuronali (Vernadakis, 1986)
cuolizzazione della matrice causate da un’altera- difendendo i neuroni contro i radicali liberi.
Capitolo 1

Nicola Pescosolido

In seguito alla up-regulation delle difese antiossi- sone con oltre 60 anni di età, gli astrociti presen-
danti enzimatiche e non enzimatiche è stato visto tano una elevata immunoreattività GFAP rispetto
che si ha una gliosi reattiva (Wilson, 1997; Iade- a quella dei soggetti giovani, in particolare nello
cola, 1999). Gli astrociti sono dunque cellule im- strato delle fibre nervose. Questa osservazione è
portanti per la sopravvivenza neuronale e quindi stata confermata dalla microscopia elettronica che
per il normale funzionamento della retina. ha mostrato una più alta densità di filamenti gliali
La finalità dello studio di Ramirez et al. (2001) è (costituiti dalla proteina gliale fibrillare acida) nel
stata quella di studiare gli astrociti di retine uma- citoplasma astrogliale nel gruppo degli anziani.
ne giovani, le alterazioni “parafisiologiche” che Nello strato NFL si asserva la mancanza del se-
si hanno con l’invecchiamento e quelle “patolo- gnale GFAP(+) tra i fasci astrogliali il che indica
giche” che si hanno nella degenerazione macula- che in questo strato gli astrociti hanno perso i loro
re (ARM). Lo studio è stato condotto su occhi processi. Occasionalmente si osservano organelli
umani enucleati, forniti dalla banca degli occhi GFAP(+) sia nello CGL che nell’NFL, i quali cor-
spagnola 2-4 ore post-mortem per il trapianto di rispondono ad astrociti degenerati. Gli astrociti
cornea e classificati in tre gruppi d’età (giovane, perivasali hanno pochi processi sottili e costitui-
anziano e con ARM). scono una guaina astrogliale più sottile di quella
Gli astrociti dei soggetti giovani presentano nume- che si riscontra negli individui più giovani. Spora-
rosi e sottili processi che circondano i capillari dicamente si trovano astrociti reattivi. La struttura
dello strato cellulare gangliare (CGL), formando a nido d’ape non è facilmente individuabile nello
un plesso a nido d’ape (Ramirez et al., 1994). La CGL e gli spazi del plesso astrogliale hanno forma
guaina astrogliale intorno ai vasi è molto spessa variabile (circolare, quadrata, rettangolare), le di-
ed i capillari sono tenuti insieme da numerosi mensioni sono comunque maggiori di quelle dei
fasci astrogliali. Gli spazi del plesso astrogliale a soggetti più giovani sia nella zona A (più vicina a
nido d’ape nel polo posteriore della zona A (area disco ottico) che in quella B (più vicina alla peri-
tra la seconda e terza divisione delle branche delle feria). Il numero degli spazi del plesso astrogliale
arterie retiniche, vicino al disco ottico) sono cir- a nido d’ape nel CGL è più piccolo nel gruppo
colari e molto piccoli negli individui più giovani, di età tra 60 e 89 anni. Questo significa, come
mentre assumono una forma quadrangolare negli detto, che gli spazi sono più grandi a causa della
individui più anziani. Nella zona B (dalla terza scomparsa degli astrociti dalle pareti vasali e dei
divisione dell’arteria retinica all’equatore retini- processi astrogliali che suddividono gli spazi. La
co, più vicino alla periferia) la dimensione degli riduzione del numero di astrociti aumenta con l’e-
spazi è variabile ed irregolare. In questa zona i le- tà, come è dimostrato dal confronto tra gruppi di
gami astrogliali che tengono uniti i capillari han- persone con più di 80 anni di età con altri tra i 60
no spessore variabile: alcuni spessi ed altri sottili. e i 79 anni.
Nello strato NFL gli astrociti si trovano paralle- Il paragone tra retine giovani e vecchie ha, quindi,
li agli assoni delle cellule gangliari ed ai capillari ancora una volta mostrato che l’invecchiamento
peripapillari radiali (Ramirez et al., 1994). I fasci determina numerose alterazioni degli astrociti re-
astrogliali sono molto spessi vicino al disco ottico. tinici. Si ha un aumento del numero degli organel-
Negli individui anziani gli astrociti presentano un li intracitoplasmatici (mitocondri, ribosomi, poli-
corpo cellulare grande e robusti processi, soprat- ribosomi, reticolo endoplasmatico rugoso) a causa
tutto quelli presenti nell’NFL. Nel gruppo di per- di una maggiore attività cellulare, un aumento dei
L’invecchiamento dell’apparato della visione

lisosomi e dei corpi densi (che aumentano anche glutammato, che danneggiano i neuroni. Gli astro-
all’interno delle cellule di Müller), un incremen- citi reattivi hanno un numero elevato di organelli
to dei filamenti intermedi gliali, un ispessimento (lisosomi secondari e lipofuscina) e un’elevata atti-
della membrana limitante interna, i cui costituen- vità cellulare (Winckler et al., 1999). Queste cellule,
ti sono meno omogenei ed un accrescimento del- e quindi anche la lipofuscina in esse contenuta, se
lo spazio tra le terminazioni gliali e la membrana esposte alla luce visibile (400-700 nm) e ad un’alta
basale della membrana limitante interna. concentrazione di ossigeno (70 mmHg), ideale per la
Tutte le cellule nervose retiniche presentano nu- formazione delle specie reattive dell’ossigeno, posso-
merosi lisosomi nel loro citoplasma. Nell’NFL no sviluppare danni alle proteine cellulari e ai lipidi
gli assoni delle cellule gliali presentano corpi densi di membrana (Winckler et al., 1999)
costituiti da mielina non del tutto digerita, che Le specie reattive dell’ossigeno possono, infatti, al-
rigonfiano gli assoni. terare gli elementi cellulari e nucleari. Se aggiun-
In alcuni casi, in retine invecchiate, sono stati giamo a questo la presenza di un’elevata concen-
riscontrati astrociti di grandi dimensioni (Ma- trazione di sostanze tossiche (glutammato) nello
digan et al., 1994), che possiedono un’elevata spazio extracellualre (dagli astrociti reattivi), si
attività cellulare ed una più alta densità di fi- viene a creare un massivo afflusso cellulare di glu-
lamenti intermedi. Queste cellule sono consi- tammato, idrogeno e potassio dovuto ad un’au-
derate come astrociti reattivi (Nieto-Sampedro mentata permeabilità delle membrane cellulari,
and Verdù, 1998). aggredite e indebolite dai radicali liberi. L’esito
Il compito degli astrociti reattivi è quello di pro- terminale di questo processo è il rigonfiamento
teggere i neuroni (in questo caso le cellule gan- cellulare. Così l’edema cellulare causa la “rottura”
gliari) dall’ischemia, producendo fattori neurotrofici, dei filamenti intermedi degli astrociti e quindi la
incrementando l’espressione di sostanze antiossidanti perdita dell’immunoreattivià GFAP ed infine la
(glutatione, vitamina C) ed aumentando sia il tra- morte cellulare (Liu et al., 1999).
sporto che la produzione di glucosio (Wilson, 1997). Ciò spiega perché, negli anziani, si osserva sia la
Comunque, è stato osservato che gli astrociti, riduzione del numero di astrociti nel CGL, sia la
durante l’invecchiamento, sono più vulnerabili scomparsa dei processi degli astrociti nell’NFL.
al danno ossidativo (Sykovà et al., 1998). Infatti, Nel gruppo anziano è stato anche osservato che la la
con il passare del tempo gli astrociti reattivi pro- membrana limitante interna è più spessa di quella
ducono alterazioni nella geometria e nel volume del- del gruppo giovane. L’aumento di spessore della stes-
lo spazio extracellulare che rallentano la diffusione di sa impedisce l’interscambio di sostanze tra retina ed
sostanze neuroattive. umor vitreo, il quale rappresenta una riserva di glu-
Lo spazio extracellulare non è solo il microambien- cosio, di aminoacidi, di potassio e di glutatione per la
te delle cellule nervose, ma anche un importante retina ed un deposito per i prodotti di degradazione
“canale di comunicazione” tra neuroni e astrociti. della stessa (Williams e Blumenkranz, 1998). L’ische-
Le alterazioni dei parametri di diffusione, che insor- mia nella retina interna, determinata dalla presenza
gono con l’invecchiamento, possono portare al “ve- di vasi nudi o acellulari (formati da un ispessimento
nir meno” dei segnali di trasmissione e aumentare della membrana basale dei capillari), sarebbe quindi
la sensibilità del tessuto nervoso all’ischemia. L’ische- aggravata dalla difficoltà di diffusione attraverso la
mia è dovuta ad un’aumentata acidosi extracellulare membrana limitante interna dei nutrienti e dalla dif-
e all’accumulo di potassio e sostanze tossiche, simil ficoltà di smaltimento dei cataboliti.
Capitolo 1

Nicola Pescosolido

Nel gruppo di persone con ARM le alterazioni tante interna e formano una membrana gliale. Al
sono più gravi di quelle in individui normali del- microscopio elettronico sono state osservate cellule
la stessa età. Le alterazioni strutturali della retina nel vitreo che, a giudicare dalle loro caratteristiche
interna in individui con ARM sono equivalenti a ultrastrutturali, possono essere astrociti (Hogan et
quelle della retina esterna (Campochiaro, 1999) al., 1971; Ikui et al., 1976; Ramirez et al., 1996).
e rappresentano un processo avanzato dell’invec- Queste cellule presentano un citoplasma chiaro con
chiamento retinico. Nel gruppo di studio di pa- un gran numero di organelli cellulari e densi fila-
zienti con ARM, la membrana basale dei capillari menti gliali; i loro processi, inoltre, intercomunica-
retinici è considerevolmente più spessa di quella no attraverso numerose gap junctions.
degli individui normali della stessa età, con uno Gli astrociti possiedono anche microvilli in con-
spesso strato esterno di collagene in contatto con tatto con l’umor vitreo, lì dove è assente la mem-
la glia astrocitaria e con le cellule di Müller. Il nu- brana basale, che permettono un diretto contatto
mero di capillari acellulari è più elevato in indi- tra umor vitreo e astrociti.
vidui con oltre 81 anni, specialmente nei casi di Queste cellule possiedono, inoltre, caratteristiche
ARM; infatti, l’ischemia che si instaura in questi ultrastrutturali simili alle membrane epiretiniche
casi è considerevolmente peggiore di quella degli osservate in altre patologie (Spencer et al., 1985).
individui sani di pari età. È stato individuato anche un altro tipo cellulare
In tutti i casi di ARM si osserva un elevato nu- più spesso, fortemente GFAP(+) a forma di co-
mero di astrociti ipertrofici e reattivi. Al micro- lonna, che giace parallelamente alla membrana
scopio elettronico è stato visto che questi astrociti limitante interna e si confonde con gli astrociti
fagocitano i residui delle cellule gangliari morte ora menzionati. Le caratteristiche morfologiche
per necrosi o apoptosi. Gli astrociti contengono di queste cellule ricordano quelle delle cellule di
elevate quantità di lisosomi e lipofuscina, come le Müller in quanto più robuste, a forma di colon-
cellule gangliari e i loro assoni. L’estesa ischemia na e con pochi processi. Queste cellule dovrebbe-
retinica che si ha con la ARM, insieme alla perdita ro essere glia di Müller reattiva, che in situazioni
delle cellule astrogliali che si ha con il normale in- patologiche esprime le proteine GFAP (Tyler e
vecchiamento, causano la morte delle cellule gan- Burns, 1991).
gliari che non sono protette dallo stress ossidativo. Solo Madigan et al. (1994) avevano già descritto,
Nella ARM, inoltre, la membrana basale della nelle retine con ARM, la presenza di astrociti iper-
membrana limitante interna diventa più spessa di trofici distesi sulla superficie interna della retina.
quella degli individui della stessa età, ostacolan- Numerosi sono stati gli studi sulle membrane neo-
do gli scambi metabolici tra retina e vitreo. Gli vascolari che si presentano nella ARM, prodotte
astrociti reattivi sono sovraccarichi di materiale dalla migrazione delle cellule endoteliali coroide-
elettron denso che espellono nella membrana li- ali attraverso la membrana di Bruch nello spazio
mitante interna. subretinico ma non si è mai parlato delle membra-
In tutti gli individui con ARM sono state riscon- ne epiretiniche gliali (Hinton et al., 1998).
trate delle protrusioni astrogliali a forma di tronco Molti studi hanno dimostrato che le membrane
fortemente GFAP(+) che attraversano la membra- epiretiniche possono derivare da processi infiam-
na limitante interna e si situano nell’umor vitreo. matori, rotture retiniche od occlusioni vascolari
Queste protrusioni sono formate dagli astrociti che retiniche (Williams e Blumenkranza, 1998). Nella
hanno lunghi processi paralleli alla membrana limi- ARM, l’estesa ischemia retinica induce gli astroci-
L’invecchiamento dell’apparato della visione

ti a migrare nell’umor vitreo, ricco di riserve meta- La densità dei macrofagi è molto bassa al polo
boliche. In questo modo l’umor vitreo garantisce posteriore ed elevata in periferia. Questa sembre-
il nutrimento degli astrociti rimasti nella retina in- rebbe una strategia biologica necessaria, probabil-
terna, dato che in questo strato rimangono salde le mente, per il mantenimento di una buona visione
giunzioni intercellulari tra le prime e le seconde. in condizioni normali. La bassa densità di macro-
Non è noto quali siano tutti i fattori che causano, fagi potrebbe, comunque, essere implicata nella
nella ARM, la migrazione degli astrociti e delle patogenesi della ARM; essa, infatti, ha un ruolo
cellule di Müller nell’umor vitreo. Inoltre, non si importante nella clearance dei detriti cellulari e
conosce se queste membrane siano pericolose e dei cataboliti del tessuto nervoso.
cioè possano, dopo trazione, determinare un di- I macrofagi nella retina sono coinvolti nella di-
stacco di retina. fesa contro infezioni virali, batteriche, parassita-
rie, nell’immunoregolazione, nella riparazione dei
tessuti, nel catabolismo di neurotrasmettitori ed
Invecchiamento della microglia ormoni, nel turnover lipidico del tessuto nervoso.
La retina umana contiene un’elevata concentra-
I precursori microgliali che si trovano sulla reti- zione di cellule microgliali HLA-DR+, ma poche
na prima della vascolarizzazione sono MCH I e cellule CD1+. Tuttavia, esperimenti in vitro han-
II positivi ed esprimono il marker CD45, ma non no mostrato come la microglia HLA-DR+ abbia la
quello specifico dei macrofagi. Essi si differenzia- capacità di presentare l’antigene. Questo potrebbe
no in microglia parenchimale ramificata nella re- fare luce sul ruolo dei macrofagi retinici nello svi-
tina adulta. Una seconda categoria di precursori luppo e nel perpetuarsi delle uveoretiniti umane,
microgliali, che esprime i markers tipici dei ma- soprattutto perché queste cellule immunocompe-
crofagi, migrano nella retina insieme ai precur- tenti si trovano in un ambiente che contiene un
sori vascolari. Essi si localizzano intorno ai vasi grande numero di antigeni uveogenetici. Sembre-
sanguigni nella retina dell’adulto e sono simili ai rebbe che i macrofagi sopprimano le APC, come
macrofagi o fagociti mononucleati. La microglia accade nel polmone; nella retina, inoltre, la loro
si trova nello strato plessiforme esterno, nucleare attivazione e proliferazione sembrerebbe inibi-
esterno, plessiforme interno, gangliare e delle fi- ta dalle cellule di Müller. Infine, anche le cellule
bre nervose della retina dei primati. Nella retina dell’EPR sarebbero capaci di esercitare una down-
umana la microglia esprime le molecole MCH I, regulation delle APC tramite la secrezione della
MHCII, CD3 (linfociti T), CD1a (cellule den- prostaglandina E2 e l’NO, in condizioni normali.
dritiche), CD45 (leucociti), CD68 (macrofagi) e I linfociti T e B, del tutto assenti nella retina, sono
CD22 (linfociti B). presenti nella congiuntiva, nell’iride e nella coroide.
Lo studio di Yang et al. (2000) ha dimostrato, grazie L’assenza dei linfociti nella retina potrebbe contri-
ad esami immunoistochimici, la presenza di diverse buire al mantenimento dell’omeostasi dell’immu-
popolazioni di macrofagi nella retina quali cellule no-microambiente retinico. L’alterazione di questo
CD45+, cellule CD45+/HLA-DR+, cellule HLA- equilibrio potrebbe portare, infatti, alla presenta-
DR, cellule CD 68+ e cellule CD 68/HLA-DR+. zione degli antigeni retinici ai linfociti T, i quali de-
Le cellule presentanti l’antigene (CD1+) sono pre- terminerebbero una risposta autoimmune e quindi
senti in bassa quantità nella retina umana, mentre un’infiammazione oculare. Le infiammazioni qua-
le cellule B e T sono del tutto assenti. li le uveoretiniti, includendo la vasculite retinica,
Capitolo 1

Nicola Pescosolido

non sono rare nell’uomo. Infatti, le cellule CD1+, Kunert et al. (1999) hanno studiato le alterazio-
HLA-DR+, CD4+ e CD 68+ si localizzano preva- ni correlate all’età della microglia nelle quaglie e
lentemente intorno ai vasi retinici e questo spiega la nei piccioni. Il primo evento è la migrazione della
predominanza delle vasculiti in alcune uveiti (ma- microglia nella retina esterna, dove le cellule re-
lattia di Beçhet e sarcoidosi). attive assumono una forma arrotondata. Cellule
Il trapianto di retina è visto come un tentativo per della microglia rotonde (reattive) sono state trova-
il trattamento di certe malattie retiniche. Il successo te tra i fotorecettori di quaglie e piccioni anziani,
che ci si aspetta da questo trapianto si basa sull’ipo- soprattutto nella retina periferica più che in quella
tesi che la retina, come la cornea, sia un tessuto im- centrale. Inoltre, è stato visto che la microglia è
munologicamente privilegiato. La dimostrazione di inversamente correlata al numero di fotorecettori
una quantità significativa di cellule MHC di classe e cioè, è più numerosa nei punti di maggior per-
II, capaci di agire come APC, indica che, sebbene la dita di questi ultimi. Gli Autori concludono che
rigenerazione nervosa possa essere una strategia da l’attivazione della microglia non sembrerebbe un
intraprendere, il rigetto immunologico può diventare fenomeno generale di invecchiamento, ma piutto-
una conseguenza da non sottovalutare del trapianto sto un fenomeno indotto in modo specifico dalla
retinico (Yang et al., 2000). perdita dei fotorecettori.
La microglia gioca un ruolo importante nella di-
fesa contro i microrganismi, nell’ immunoregola-
zione e nella riparazione dei tessuti. L’invecchiamento dei vasi della retina
Sia l’instaurarsi di fenomeni neurodegenerativi,
ma anche il normale invecchiamento determina- Alterazioni età correlate dei vasi retinici sono state
no il passaggio dalla forma quiescente a quella re- riscontrate sia nella rete capillare superficiale che
attiva della microglia (Kunert et al., 1999). in quella profonda. Lo spessore della membrana
La microglia reattiva ha il compito di fagocitare i detri- basale dei capillari aumenta di 2-3 volte (Weis-
ti e facilitare i processi rigenerativi (Chen et al., 2002). se, 1995). Nei preparati retinici di ratto di 28-32
La morfologia e la localizzazione della microglia non mesi, Glatt e Henkind (1979) hanno notato una
è uguale per tutta la vita. È stato visto nei topi ap- riduzione nel numero delle cellule endoteliali ca-
pena nati che le cellule della microglia sono roton- pillari e dei periciti.
de e ameboidi, con processi pseudopolipoidi spessi Anche Ramirez et al. (2001) hanno descritto al-
e tozzi distribuiti nello strato delle fibre nervose e terazioni dei vasi retinici con l’invecchiamento.
gangliare. Nei topi di 10 giorni i corpi cellulari as- I capillari presentano un ispessimento della mem-
sumono una forma bastoncellare con pseudopodi brana basale, pari al doppio di quello dei capillari
oppure fusiforme, con processi ramificati e snelli. degli individui giovani, con numerosi accumuli di
La maggior parte delle cellule si trovano nello strato lipidi. Il lume dei capillari diviene più irregolare e
delle cellule gangliari e alcune nello strato plessi- le cellule endoteliali appaiono piene di lisosomi e
forme interno. A 20 giorni le cellule diventano più lipidi, poi riversati nel lume vasale. I periciti adia-
piccole, con lunghi processi ramificati. Esse sono centi alle cellule endoteliali dei vasi presentano un
localizzate nello strato plessiforme interno e nello citoplasma ricco di corpi densi.
strato delle cellule bipolari. Negli animali adulti le Peraltro, precedenti studi di Cogan (1963) aveva-
cellule della microglia sono piccole e appiattite, con no mostrato che, dall’età di 50 anni, c’è una perdi-
lunghi processi ramificati (Ling et al., 1982). ta delle cellule endoteliali dai capillari della retina
L’invecchiamento dell’apparato della visione

periferica, i quali assumono l’aspetto di vasi nudi noto inibitore endogeno dell’angiogenesi, riscon-
o capillari acellulari. Lo stesso accade nei vasi della trato in quasi tutto il sistema nervoso centrale,
retina centrale dai 60 anni in poi. La perdita delle così come in gran parte del bulbo oculare (Ho-
cellule endoteliali e l’ispessimento della membra- lekamp et al., 2002). È nota, inoltre, la sua capa-
na basale dei capillari indeboliscono il passaggio cità di incrementare la crescita e la sopravvivenza
di ossigeno e di nutrienti al tessuto nervoso retini- dei fotorecettori, così come quella di proteggere
co. Questo fatto determina ipossia e rallentamento i neuroni immaturi dall’apoptosi (Marciniak et
dell’eliminazione dei prodotti del catabolismo. al., 2006). Al contrario di VEGF, VEGFR2 e
PEDF, coinvolti nel controllo della proliferazio-
ne cellulare, l’angiopoietina-1 (Ang-1), legandosi
Alterazione dell’espressione di fattori al suo recettore, Tie-2, sembra avere un effetto
di crescita nella retina invecchiata stabilizzante sui vasi neoformati (Hayes et al.,
1999; Papapetropoulos et al., 1999).
Una potenziale spiegazione della morte dei fotore- Dallo studio è emerso che la PCR real time non
cettori che, come detto, si osserva nell’invecchia- ha rilevato cambiamenti significativi con l’avan-
mento retinico è da individuare nei cambiamen- zare dell’età nell’espressione dell’mRNA per il
ti della vascolarizzazione retinica sopra descritti. VEGF, ma i livelli proteici sono significativamen-
Questi, causando l’ipossia tissutale, sembra indu- te aumentati nei topi di 32 mesi rispetto a quelli
cano una neoangiogenesi (Hughes et al., 2006). di 8 e 22 mesi. Ciò stà ad indicare un incremento
Sebbene molti processi tipici dell’invecchiamento dell’attività di tale fattore e si correla alla forma-
oculare siano ormai noti, poco si sa dei fattori di zione di nuovi vasi che invadono il tessuto retinico
crescita coinvolti e delle loro alterazioni. (Curatola et al., 2005). Un incremento del VEGF
Smith e Steinle (2007) hanno valutato (nelle re- si riscontra sia nel fisiologico processo di invec-
tine di topi di 8, 22 e 32 mesi) i cambiamenti chiamento che in patologie età-correlate. La ra-
età-dipendenti nell’espressione di diversi fattori gione della discrepanza tra mRNA e proteina non
di crescita coinvolti nel processo di rimodella- è nota; l’unica ipotesi rimane la ridotta stabilità
mento vascolare. Il fattore di crescita endoteliale dell’mRNA. Un riscontro dello stesso tipo è sta-
vascolare (VEGF), ad esempio, è un potente fat- to ottenuto analizzando il VEGFR2, il principale
tore angiogenico e mitogeno espresso dalle cel- recettore per il VEGF e localizzato sulle cellule
lule endoteliali coinvolte nella promozione della endoteliali (Shalaby et al., 1995). L’incremento di
migrazione, della replicazione e della neoforma- questa proteina nei topi di 22 e 32 mesi suggerisce
zione vasale (Cross e Claesson-Welsh, 2001). Il che la retina è effettivamente suscettibile ad un ri-
VEGF manifesta un legame preferenziale con flt- modellamento vascolare.
1 (VEGF-R1) e con flk-1/VEGF-R2 inducendo Nonostante nei topi di diversa età non siano state
l’attivazione della cellula endoteliale. Lavori pre- individuate variazioni significative nell’espressio-
cedenti avevano già riscontrato l’espressione di ne dell’mRNA codificante per il PEDF, i suoi li-
questo fattore, non solo sulle cellule endoteliali velli proteici sia a 22 che a 32 mesi risultano mol-
retiniche (Kroll e Waltenberger, 1998), ma anche to inferiori se paragonati a quelli degli 8 mesi. Da
su periciti (Darland et al., 2003) e glia retini- quando il PEDF è comunemente ritenuto un fat-
ca (Stone et al., 1995). Il fattore di derivazione tore anti-angiogenico, il decremento dei suoi valo-
dall’epitelio pigmentato (PEDF), invece, è un ri proteici nella senescenza rappresenta un ulterio-
Capitolo 1

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re fattore che avvalora l’ipotesi di neoangiogenesi Quadri clinici tipici delle alterazioni
nella retina invecchiata. Inoltre, l’assenza della sua senili della corioretina
capacità protettiva sembra provocare difficoltà di
sopravvivenza dei fotorecettori. Le alterazioni senili della corioretina sono in mas-
Il fatto che il PEDF si modifica in direzione oppo- sima parte conosciute e lo saranno sempre più,
sta rispetto al VEGF induce a pensare che questo poiché l’età media di vita va via via aumentando.
fattore contribuisce al mantenimento dell’equili- Ippocrate, fissava a 64 l’età media di vita.
brio della neovascolarizzazione nei tessuti oculari. Nel 1963 le statistiche indicavano questo valore at-
L’mRNA codificante per Ang-1 risulta significati- torno ai 70 anni ed oggi è aumentato ancor di più.
vamente incrementato a 32 mesi rispetto agli 8 e È molto frequente il riscontro di lesioni senili
ai 22, mentre non sono state riscontrate variazioni dell’occhio con riduzione dell’acuità visiva ed an-
nella sua attività proteica. che lesioni corioretiniche periferiche, che causano
I livelli proteici di Tie-2 si riducono progressiva- danni retinici anche gravi quali il distacco retinico
mente fino ai 32 mesi, quando questi valori di- senile. L’interesse dello studio delle alterazioni vi-
ventano significativi rispetto a quelli degli 8 mesi, sive geriatriche sta nell’evidenziare il più precoce-
mentre i suoi livelli di mRNA crescono. La ridu- mente possibile le primissime lesioni oculari. Non
zione del contenuto proteico di Tie-2 indica che che si possa, almeno fino ad oggi, impedire l’evo-
probabilmente la neovascolarizzazione non è in luzione inesorabile dei fenomeni degenerativi, ma
fase di stabilizzazione. con una diagnosi precoce si possono quanto meno
È importante sottolineare come molti cambia- ritardare molti di questi fenomeni.
menti nell’espressione di fattori di crescita sia- Con l’avanzare degli anni, la normale architettu-
no stati riscontrati in diverse patologie oculari. ra della retina va incontro a modifiche a partire
Nella fase attiva delle retinopatie proliferative, dall’ora serrata e verso il polo posteriore per una
ad esempio, si individuano aumenti dei livelli di distanza variabile (Rutnin e Schepens, 1967).
VEGF (Adamis et al., 1994; Aiello et al., 1994), Al polo posteriore si osservano le verrucosità della
così la sintesi e la secrezione di PEDF diminui- membrana di Bruch (drusen), depositi lipoidei
sce, oltre che con l’invecchiamento, anche nelle o di saponi calcarei e capillarosi (aneurismi obli-
retinopetie proliferative e nelle AMD essudative terati).
(Holekamp et al., 2002; Marciniak et al., 2006; La degenerazione maculare secca e umida rap-
Ohno-Matsui et al., 2001). presentano quadri clinici frequenti trattati am-
Poichè i cambiamenti nell’espressione di questi piamente in patologia (Owsley et al., 2000), che
fattori di crescita sono stati riscontrati nel nor- omettiamo in questa trattazione.
male processo di invecchiamento retinico si può Infine, abbiamo la degenerazione cistoide della
ipotizzare che in queste patologie si verifichi un macula che inizia con edema con riflessi foveali
processo di invecchiamento precoce. Studi futu- irregolari, brillanti, riflessi radiali che circondano
ri dovranno comunque chiarire i cambiamenti la stessa.
nell’espressione dei fattori di crescita che si ve- Nella macula può esserci una vescicola isolata, di
rificano nel normale invecchiamento piuttosto colore rosso scuro, a margini netti.
che nelle diverse patologie oculari e per spiega- In periferia, le lesioni più frequenti sono la dege-
re la discrepanza tra espressione genica e livelli nerazione cistica e le lacune di Blessig-Iwanoff,
proteici. localizzate nell’ora serrata.
L’invecchiamento dell’apparato della visione

FIG. 19: Aspetto macroscopico di degenerazione FIG. 20: Degenerazione cistoide periferica tipica con
cistoide periferica tipica della retina spazi cistici nello strato plessiforme esterno
(ematossilina – eosina, x40)

DEGENERAZIONE CISTICA Il secondo tipo di modificazione è la degenerazione


La MLI cresce di spessore. La retina mostra due cistoide periferica reticolare (Fig. 21, 22): è quasi sem-
tipi di spazi cistoidi: tipico e reticolare. Il primo pre in continuità e localizzata posteriormente ad aree
origina dallo strato plessiforme esterno mentre il di degenerazione cistoide periferica tipica e di solito
secondo origina dallo strato delle fibre nervose. si trova nel quadrante infero-temporale.
Queste modifiche sono molto frequenti dopo i 70 Ha un aspetto reticolare che corrisponde ai vasi
anni d’età (O’Malley e Allen, 1967). retinici degli strati interni. Una superficie interna
Il primo tipo di affezione, degenerazione cistoide finemente punteggiata corrisponde ai punti di
periferica tipica (DCPT) (cisti di Blessig-Iwanoff ), attacco dei cuscinetti di tessuto allo strato interno.
è caratterizzato da cisti dello strato plessiforme Gli spazi cistici sono localizzati nello strato delle
esterno contenenti acido ialuronico, che può an- fibre nervose. Questo processo si ha nel 18% degli
che coartarsi producendo un aspetto lobulato con adulti, in forma bilaterale nel 41%. Può evolvere
canali tortuosi che si ramificano irregolarmente nella retinoschisi degenerativa reticolare (Foos e
(Fig. 19, 20). Le complicanze sono rare; i fori re- Feman, 1970; Foos, 1970).
tinici non producono distacco della retina poiché
il vitreo è di solito integro al disopra della lesione. RETINOSCHISI
L’estensione della lesione oltre l’equatore è rara. Sono state descritte due forme degenerative di re-
La rottura della parete della cisti (o lacuna) de- tinoschisi; entrambe si manifestano più frequente-
termina la formazione di fori lamellari periferici mente nel quadrante infero–temporale e derivano
con limiti a stampo. La retina non è scollata, non da una forma preesistente di degenerazione cistoide
esiste l’opercolo del vero foro retinico. Rara, ma periferica. La degenerazione cistoide periferica tipi-
possibile, la formazione di fori veri con opercolo, ca può evolvere nella retinoschisi degenerativa tipica,
al quale aderiscono filamenti di corpo vitreo, ciò mentre entrambe le forme di degenerazione cistoide
in seguito ad una degenerazione filamentosa dello periferica, tipica e reticolare, possono trasformarsi
stesso e del suo scollamento dall’ora serrata. Essa in retinoschisi degenerativa reticolare (Foos, 1970).
può essere causa di un’altra alterazione periferica: La retinoschisi degenerativa tipica (Fig. 23) provo-
la retinoschisi degenerativa tipica. ca un’elevazione smussa della retina nell’1% degli
Capitolo 1

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FIG. 21: Aspetto macroscopico della degenerazione FIG. 22: Degenerazione cistoide periferica reticolare
cistoide periferica reticolare con spazi cistici nello strato delle fibre
nervose (ematossilina – cosina, x100)

adulti (bilaterale nel 33% dei casi). La degenera- reticolare (Foos, 1970; Straatsma e Foos, 1973).
zione cistoide periferica tipica circonda la lesione. È caratterizzata da aree ovali o rotonde di scolla-
La retina si divide in corrispondenza dello strato mento retinico, nelle quali un rilievo bolloso dello
plessiforme esterno: di conseguenza lo strato in- strato interno estremamente sottile è stato osser-
terno comprende la MLI, lo strato delle fibre ner- vato nell’1-6% degli adulti (in forma bilaterale
vose, i vasi retinici, le cellule gangliari, lo strato nel 15% dei casi). Lo scollamento si realizza nello
plessiforme interno e lo strato interno dei nuclei, strato delle fibre nervose: la porzione interna con-
sebbene siano visibili solo la MLI, lo strato delle fi- tiene solo la MLI, alcuni vasi retinici e porzioni
bre nervose e parte dello strato interno dei nuclei; variabili dello strato delle fibre nervose; la porzio-
lo strato esterno è più spesso scavato e costituito ne esterna è costituita dagli strati retinici restanti e
dallo strato esterno dei nuclei e dei fotorecettori. relativamente integri.
La retinoschisi degenerativa reticolare (Fig. 24) si Di solito la degenerazione cistoide periferica ti-
sviluppa dalla concomitante presenza della dege- pica è localizzata anteriormente alla retinoschisi
nerazione cistoide della retina periferica, tipica e degenerativa reticolare, mentre la forma reticolare

FIG. 23: Aspetto macroscopico di due aree di retinoschisi FIG. 24: Aspetto macroscopico di retinoschisi
degenerativa tipica immediatamente posteriori degenerativa reticolare, con foro a margini
a degenerazione cistoide periferica tipica arrotondati nello strato esterno
L’invecchiamento dell’apparato della visione

distacco retinico non regmatogeno e se esistono


soluzione di continuo in ambo i lembi (Straatsma
et al., 1980).
Secondo Byer (1986) il trattamento è indicato
solo se c’è un distacco di retina progressivo e sin-
tomatico.

DEGENERAZIONE A LATTICE
La frequenza della degenerazione a lattice riscon-
trata in un ampio studio clinico condotto da Byer
FIG. 25: Aspetto macroscopico dell’assottigliamento (1989) è dell’8% e del 10,7% negli studi autoptici
retinico in un’area di degenerazione a lattice
di Straatsma et al. (1974).
Le lesioni sono bilaterali e simmetriche nel 48,1%
dei casi, la frequenza cresce dopo il secondo decen-
nio. La maggior parte delle lesioni, localizzata nella
regione preequatoriale è orientata secondo la circon-
ferenza ed è più frequente nei meridiani verticali.
Le lesioni a lattice hanno l’aspetto dell’assottiglia-
mento retinico (Fig. 25), possono avere aspetto
“a graticciata”, determinato da vasi sclerotici, e
possono avere pigmentazione variabile in seguito
ad ipertrofia dell’EPR (Fig. 26). Istologiamente,
la degenerazione a lattice è caratterizzata da una
sacca vitreo fluido sovrastante, assenza di MLI,
FIG. 26: Aspetto macroscopico di degenerazione a condensazione di vitreo a margine, iperplasia del-
lattice con associata ipertrofia dell’EPR e
un aspetto a graticciata dei vasi sanguigni le cellule gliali e dell’EPR al margine e, in alcuni
sclerotici casi, assottigliamento e formazione di fori retinici
al centro della lesione, sclerosi dei vasi maggiori,
è adiacente. sclerosi ed acellularità dei capillari, ipertrofia ed
Talvolta la retinoschisi tipica e quella reticolare si iperplasia dell’EPR.
manifestano contemporamente. Byer (1986) ha In presenza di DPV si può formare una lacerazio-
osservato che la differenziazione tra retinoschisi ne in virtù di aderenze vitreo retiniche più tenaci.
degenerativa tipica e retinoschisi degenerativa re- Le alterazioni pigmentarie sono spesso la caratte-
ticolare non sempre può essere effettuata su base ristica oftalmoscopica che attira l’attenzione sulla
clinica, a meno che non vi siano un aspetto bol- lesione. La degenerazione a lattice “a graticciata” è
loso, presenza di fori nel lembo esterno oppure dovuta a sclerosi dei vasi maggiori ed è presente in
estensione posteriore, caratteristiche più comuni circa l’11% delle lesioni.
nella forma reticolare che in quella tipica. È stato suggerito che disturbi della circolazione re-
Il trattamento della retinoschisi degenerativa è tinica siano la causa primaria della degenerazione
indicato quando l’estensione posteriore mette a a lattice (Straatsma et al., 1974). Tuttavia, l’aspet-
rischio l’area maculare, se vi è associazione con to delle lesioni che si sovrappongono non è com-
Capitolo 1

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patibile con l’ischemia, piuttosto il processo può


essere correlato a difetti delle cellule di Müller.

DEGENERAZIONE A CIOTTOLATO
Questo comune processo degenerativo coriore-
tinico è presente fino al 27% dei soggetti dopo i
30 anni (O’Malley e Allen, 1967). È localizzato
tra l’ora serrata e il versante posteriore dell’e-
quatore e rappresenta la zona di confine tra la
circolazione coroideale posteriore e quella cilia-
re anteriore. Oftamoscopicamente appare come FIG. 27: Aspetto macroscopico di tre aree di
una piccola e discreta area bianco-giallastra, con degenerazione a ciottolato
vasi coroidei estremamente visibili, talvolta con
EPR ipertrofico e scuro al margine (Fig. 27). Le
lesioni possono confluire a formare una ban- DISTACCO DI RETINA SENILE
da di depigmentazione posteriormente all’ora Definire un distacco retinico come senile non è
serrata. Studi istopatologici mostrano segni di cosa facile. Esistono delle alterazioni corio-retini-
atrofia ischemica della retina esterna, con atte- che e vitreali tipicamente geriatriche che possono
nuazione o scomparsa dei coriocapillari, perdi- causare un distacco di retina.
ta dell’EPR e degli strati retinici esterni fino a 1. Degenerazione cistica della periferia della retina.
comprendere la parte esterna dello strato inter- La degenerazione cistica da un lato produce un
no dei nuclei. Queste modifiche sono limitate assottigliamento ed indebolimento della retina
alla porzione della retina irrorata dalla corioca- e dall’altro favorisce la formazione di aderenze
pillare e possono essere riprodotte nel coniglio patologiche con il vitreo e quindi crea i pre-
dopo legatura dell’apporto ematico coroideale supposti per una rottura retinica a lembo o ad
(Nicholls, 1938). opercolo. Inoltre, la parete della cisti si può
La degenerazione a ciottolato è una caratteristica rompere e si possono così formare fori retinici,
che indirizza verso la vasculopatia periferica e può come già detto (Byer , 1981).
essere molto estesa nella stenosi carotidea (Mi- 2. Degenerazione a selciato, a ciottolato, degene-
chellson et al., 1971). razione pavimentosa come ha proposto Straats-
ma (1973) o “cobblestones degeneration” degli
DEGENERAZIONE PIGMENTOSA SENILE PERIFERICA anglosassoni o focolai di coroidosi atrofica
La degenerazione pigmentosa senile periferica si di Gonin. Dal punto di vista istologico si os-
associa a verrucosità della lamina vitrea di Bruch serva, a livello di queste lesioni, la scomparsa
ed a sclerosi della coroide. È sovente bilaterale. della coriocapillare e dell’epitelio pigmentato,
Un tipo di alterazione pigmentaria, che però non l’atrofia degli strati più esterni della retina,
è periferica, è rappresentata dalle strie pigmentate cioè di quelli che dipendono dal trofismo della
moniliformi della corioretina costituite da granuli coriocapillare. La retina si mostra fortemente
di pigmento che sembrano localizzati su vasi co- saldata alla coroide a livello di questi focolai
roideali sclerotici con predilezione nel quadrante degenerativi. Quasi mai si formerebbero fori
nasale inferiore. o rotture delle retina a tale livello. Questo tipo
L’invecchiamento dell’apparato della visione

di degenerazione di per sé quindi non favori- Secondo Heer (in Bellan, 1971) a provocare il distac-
rebbe l’insorgenza del distacco di retina, ma co di retina senile sarebbero essenzialmente la degene-
denuncerebbe l’esistenza di un’usura, di una razione cistica della retina e il distacco posteriore del
degenerazione della coroide e della retina alla vitreo con collasso e ciò perché nei casi di distacco se-
periferia che potrebbe favorire l’insorgenza di nile quasi sempre si riscontra la presenza di un distacco
un distacco di retina. Infatti, O’Malley e Allen posteriore del vitreo con collasso. Se si considera però
(1967) hanno osservato, in numerosi pazienti la rarità del distacco di retina rispetto alla presenza del
che presentavano degenerazione pavimentosa, distacco posteriore del vitreo e della degenerazione
la presenza, accanto a queste lesioni, di dege- cistica della retina nell’età senile, bisogna ammette-
nerazioni cistiche della retina, di degenera- re che, nella patogenesi del distacco retinico, hanno
zione a palizzata, retinoschisi, di fori, rotture importanza molti altri fattori quali la predisposizione
retiniche e cisti della pars plana. genetica, fattori vascolari coroideali e retinici e fattori
3. Degenerazione senile del vitreo. Secondo abiotrofici (Paufique e Hervouet, 1962).
Goldmann il vitreo incomincerebbe ad in- Le alterazioni che danno origine ad un distacco di re-
vecchiare o per lo meno a trasformarsi dal tina nell’occhio senile sono assai simili a quelle che si
momento della nascita. Tuttavia, dopo i 50 hanno in un occhio miope. Una ricerca condotta da
anni inizia nell’occhio emmetrope una dege- Grignolo (in Bellan, 1971) su 829 casi di distacco os-
nerazione fibrillare e lacunare del vitreo, che servati in tre anni, ha rilevato che fra essi i miopi rap-
progredendo lentamente può portare al distac- presentavano circa il 34% ed i non miopi il 66%, fra
co posteriore del vitreo con collasso. È questa i quali il 63% circa corrispondeva a soggetti con età
un’affezione tipicamente senile che, secondo superiore ai 40 anni. Si nota, quindi, come la senilità
la casistica di Favre e Goldmann (1956), si ri- svolga un ruolo importante nella genesi del distacco.
scontrerebbe nel 65% degli individui con oltre Indubbiamente essa è responsabile di lesione degene-
65 anni, e pressoché nel 100% degli individui rative della retina e della coroide, lesioni che spesso
con oltre 77 anni. Il distacco posteriore del non hanno dei caratteri che la differenziano in modo
vitreo può provocare, dove esiste un’aderenza apprezzabile dalle lesioni degenerative miopiche. Nel
vitreo-retinica, una rottura della retina per tra- caso della senilità, le lesioni sono legate ad eventi
zione. Accanto alla teoria della trazione vitre- ostruttivi dei capillari retinici e talora coroideali. Lo
ale di Leber e Gonin quale causa della rottura studio dei casi di distacco di retina appartenenti a sog-
retinica e quindi del distacco della retina si getti non miopi in età senile ha permesso di stabilire
pone la teoria di Paufique e Hervouet (1962) che spesso, in queste lesioni degenerative, sono evi-
secondo cui la rottura della retina sarebbe se- denti delle ostruzioni vascolari sotto forma di sottili
condaria ad un’essudazione coroideale di ori- vasi obliterati che prevalgono nel quadrante tempora-
gine infiammatoria, congestizia o allergica, che le superiore. Negli occhi di soggetti di età senile non
superato l’epitelio pigmentato determinerebbe miopi è possibile osservare con frequenza maggiore
una pressione sulla retina verso l’interno del che in soggetti più giovani delle piccole chiazze equa-
bulbo, provocando, appunto, la sua rottura in toriali pigmentate a contorno spesso esagonale. Esse
un punto di minor resistenza. A contatto del non raramente sono il punto di origine di rotture a
liquido di essudazione coroideale il vitreo poi ferro di cavallo, sul cui lembo si trovano depositi di
si coarterebbe. Tutte e due le teorie sono vali- pigmento. Infine, si possono osservare soluzioni di
de, ma la prima è più frequente. continuo maculari derivanti da alterazioni senili della
Capitolo 1

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macula. Nelle degenerazioni maculari senili si posso- anni aderisce intimamente alla retina fino all’equa-
no produrre dei fori maculari lamellari che, seppure tore, come hanno dimostrato Teng e Chi nel 1957,
non molto frequentemente, vanno incontro a perfo- è evidente che questo prolungamento posteriore
razione con conseguente distacco di retina. La senili- della base del vitreo può provocare la rottura della
tà, oltre a favorire l’insorgenza di alterazioni retiniche retina stessa, resa fragile al punto da non poter più
regmatogene, è anche responsabile di alterazioni de- sopportare le trazioni da parte del vitreo collassato.
generative vitreali che, come già osservato, possono Alterazioni di tipo lacunare sono state, inoltre,
produrre trazioni, rotture e quindi distacco di retina. dimostrate istologicamente nei lembi retinici di
Favre e Goldmann (1956) hanno constatato, come lacerazioni “a ferro di cavallo”. In assenza di tra-
detto, che la percentuale di frequenza delle diverse zioni da parte del vitreo la rottura delle pareti del-
alterazioni vitreali è maggiore dopo i 65 anni d’età le cavità determina la formazione di piccoli fori
con particolare frequenza il distacco di vitreo. Le senza opercolo. L’influenza di alterazioni vasco-
modifiche di struttura del vitreo, senile e miopico, lari nella patogenesi del distacco di retina senile
hanno per substrato un disgregamento del suo re- è senza dubbio da prendere in considerazione,
ticolo collagene per una depolimerizzazione delle dato che si ha una riduzione della performance
molecole di acido ialuronico contenute in esso. cardiaca e polmonare con l’invecchiamento; è sta-
Anche le alterazioni retiniche non hanno, nel di- to, inoltre,osservato un parallelismo tra le lesioni
stacco senile, caratteristiche particolari. È noto da aterosclerotiche dei vasi retinici con quelle di altri
tanti anni che le alterazioni cistoidi intraretiniche, organi.
che si verificano a livello dell’ora serrata, rappresen- Ricordiamo, infine, che l’afachia, oggi di rara os-
tano una manifestazione abituale della involuzio- servazione, in un intervento ben riuscito per ca-
ne senile dell’occhio. Esse, già segnalate da Blessig taratta, ha una stretta correlazione con il distacco
(1855) e ben descritte da Ivanoff (1869), appaiono di retina, il quale origina da piccole rotture o fori
generalmente tra i 30 e i 40 anni estendendosi, con posti all’ora serrata. Nell’occhio afachico senile si
l’età, dai settori temporali a tutta la periferia, e con- riscontra molto spesso alla periferia, e particolar-
fluendo tra loro per trasformarsi in entità cliniche. mente all’ora serrata, una degenerazione retinica
Le alterazioni cistoidi intraretiniche sarebbero con- con piccoli fori localizzati spesso a livello delle
seguenza di una insufficienza circolatoria giustifi- pieghe meridionali della retina. Vail (in Bellan,
cata dalla loro sede a livello dello strato plessiforme 1971) ritiene che queste lesioni si possono creare
esterno, che è il più lontano dall’arteria centrale durante l’intervento di estrazione intracapsulare
della retina e da quello della coriocapillare. La de- del cristallino, oggi, come detto, non più attuale.
generazione cistoide periferica è ben individuabile Tale intervento comportava alterazione della stati-
quando la retina è sollevata anche leggermente. ca del vitreo in seguito alla trazione esercitata sulle
Poiché il vitreo dei soggetti in età superiore ai 50 fibre della zonula.
L’invecchiamento dell’apparato della visione

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Capitolo 2

L’invecchiamento dei vasi retinici

Nicola Pescosolido

IL PROCESSO DELLA quali proliferazione, differenziamento, migrazio-


VASCULOGENESI/ANGIOGENESI ne e organizzazione morfologica, in stretta con-
nessione con il tessuto circostante. La formazione
Com’è noto, la formazione dei vasi avviene attra- di un vaso, infatti, passa attraverso diversi stadi
verso processi denominati vasculogenesi e angio- ben definiti, caratterizzati da modifiche dell’en-
genesi. Per vasculogenesi si intende la formazione dotelio e della matrice extracellulare. Nella prima
de novo dei vasi a partire da cellule progenitrici, tappa dell’angiogenesi si verifica una destabilizza-
gli angioblasti, che migrano dove si formeranno zione dei vasi preesistenti, dovuta ad un aumento
i futuri vasi e ove si uniscono in cordoni cellu- della permeabilità vasale e una perdita delle con-
lari. Successivamente avremo il differenziamento nessioni tra le cellule endoteliali. Segue una fase
in cellule endoteliali (Risau, 1997). Viene deno- di migrazione e proliferazione delle cellule endo-
minato angiogenesi, invece, il processo in cui non teliali nel punto del tessuto dove è necessaria la
sono coinvolti gli angioblasti e la rete vascolare formazione di nuovi vasi; nel corso di tale fase
si estende tramite la proliferazione di cellule en- vengono liberati enzimi proteolitici, che alterano
doteliali preesistenti (Klagsbrun e Moses, 1999). la densità della matrice extracellulare allo scopo di
Mentre la vasculogenesi si verifica principalmente facilitare la migrazione delle cellule endoteliali. Il
all’inizio dell’embriogenesi, l’angiogenesi può aver terzo stadio corrisponde alla differenziazione delle
luogo anche nell’adulto, sia in condizioni fisiolo- cellule endoteliali ed è caratterizzato dall’arresto
giche, come accade ciclicamente nel sistema ripro- della proliferazione cellulare e dalla formazione di
duttivo femminile o nella guarigione delle ferite, capillari primitivi. L’ultima tappa di maturazione
che in processi patologici come il cancro e le reti- funzionale è caratterizzata dal reclutamento di cel-
nopatie proliferative (Fruttiger, 2002). lule periendoteliali di supporto, quali periciti e cel-
Durante l’angiogenesi, in particolare, le cellule lule muscolari lisce, nonché dalla riorganizzazione
endoteliali sono coinvolte in una serie di eventi delle interazioni cellulari (Bussolino et al., 1998).
L’invecchiamento dell’apparato della visione

Il VEGF, il fattore di crescita per l’endotelio dei vasi


(vascular endothelial growth factor), è il princi-
pale regolatore della formazione e della funzione
dei vasi (Klagsbrun e Moses, 1999; Hughes et al.,
2000; Funatsu et al., 2001; Gerhardt et al., 2003)
e assume un ruolo fondamentale nell’ angiogenesi
sia fisiologica che patologica. Per esempio la sua
importanza durante lo sviluppo embrionale è con-
fermata dall’osservazione che la perdita di un sin-
golo allele del gene che codifica per il VEGF porta
alla morte dell’embrione tra l’11° e il 12° giorno di
gestazione. Un aumento della sua concentrazione
si riscontra, invece, nell’umor acqueo e nell’umor
vitreo in individui affetti da retinopatie prolifera-
FIG. 1: Struttura del VEGF-A
tive associate al diabete o alla prematurità e inoltre

FIG. 2: HIF-D in condizioni normossiche ed ipossiche (per spiegazioni vedere testo)


Capitolo 2

Nicola Pescosolido

esso viene secreto da molte linee cellulari tumorali ni (Ferrara, 1999). Il VEGF121 ed il VEGF165, che
(Ferrara, 1999). sono le isoforme più abbondanti, differiscono ab-
Il VEGF regola diverse funzioni delle cellule en- bastanza nelle loro proprietà biologiche in quanto
doteliali, incluse la proliferazione, la migrazione e il VEGF165 ha una certa affinità per l’eparansolfato
l’assemblaggio in tubi, oltre che la sopravvivenza e di conseguenza è in parte sequestrato sulla super-
delle cellule stesse (Ferrara e Davis-Smyth, 1997). ficie cellulare e nella matrice extracellulare, mentre
Esso è un mitogeno per le cellule endoteliali deri- il VEGF121 che non si lega all’eparansolfato è una
vate da arterie, vene e vasi linfatici e funge anche proteina liberamente diffusibile; inoltre, il VEGF165
da fattore di sopravvivenza per cellule endoteliali è un mitogeno più potente per le cellule endoteliali
in coltura in condizioni di deplezione del siero; (Keyt et al., 1996; Soker et al., 1997).
induce infatti l’espressione delle proteine antia- La tensione d’ossigeno è un regolatore chiave dell’e-
poptotiche Bcl-2 e A1 nelle cellule endoteliali spressione del gene vegf sia in vitro che in vivo; in
umane (Gerber et al., 1998). In particolare è stato particolare, la produzione di RNA messaggero per
dimostrato che il VEGF è un fattore di soprav- il VEGF in seguito a esposizione a basse pressioni
vivenza per i vasi retinici immaturi (Alon et al., di ossigeno si riscontra in una varietà di cellule sia
1995) e che induce una forte risposta angiogenica normali che trasformate (Ferrara, 1999). Per quan-
in una varietà di modelli in vivo (Ferrara, 1999). to riguarda il meccanismo mediante il quale viene
Il VEGF è anche conosciuto come fattore della per- indotta l’espressione sia del vegf che di altri geni
meabilità vascolare (vascular permeability factor, VPF). regolati dall’ipossia, un ruolo fondamentale è svolto
Infatti, quando viene iniettato nella pelle del por- da una famiglia di fattori di trascrizione, i fattori
cellino d’India esso provoca un aumento di per- inducibili da ipossia (HIF), che si legano come ete-
meabilità dei vasi, con conseguente fuoriuscita di rodimeri all’elemento di risposta all’ipossia (HRE), si-
proteine plasmatiche e formazione di un gel extra- tuato nel promotore di questi geni, stimolandone la
vascolare di fibrina, che a sua volta costituisce un trascrizione. In particolare sia nel ratto che nell’uo-
substrato per la crescita delle cellule endoteliali e mo nella regione del promotore del gene vegf è sta-
tumorali (Ferrara, 1999). ta identificata una sequenza di 28 basi che media la
Dal punto di vista strutturale il VEGF, anche trascrizione indotta da ipossia (Levy et al., 1995).
chiamato VEGF-A, è una proteina omodimerica In condizioni normossiche l’idrossilazione di un re-
di 40-45 kDa, che presenta una bassa omologia siduo di prolina nella proteina HIF-1 , catalizzata
di sequenza con il fattore di crescita derivato dalle da un enzima dipendente da ossigeno, Egl9, pro-
piastrine (platelet-derived growth factor, PDGF) muove il legame della proteina stessa con la protei-
(Keck et al., 1989) e che viene rilasciato da diverse na VHL, codificata dal gene oncosoppressore von
cellule (Fig. 1). Oltre al VEGF-A, sono state iden- Hippel-Lindau, e ne determina in tal modo la po-
tificate diverse proteine strutturalmente omolo- liubiquitinazione e l’indirizzamento al proteasoma
ghe, comprendenti il fattore di crescita placentare per la distruzione (Ohh et al., 2000; Jaakkola et al.,
(placental growth factor, PlGF), il VEGF-B e il 2001); in condizioni ipossiche, al contrario, l’idros-
VEGF-C (Klagsbrun e D’Amore, 1996). silazione non avviene, HIF-1 non viene distrutto e
Nell’uomo il VEGF-A presenta cinque differenti quindi può dimerizzare con HIF-1 e trasferirsi nel
isoforme di 121, 145, 165, 189 e 206 aminoaci- nucleo (Rankin et al., 2005) (Fig. 2).
di, che sono prodotte tramite splicing alternativo Nelle cellule endoteliali, di cui, come precedente-
a partire da un singolo gene contenente otto eso- mente detto, il VEGF influenza la proliferazione,
L’invecchiamento dell’apparato della visione

la migrazione e l’assemblaggio in tubi, oltre che nello sviluppo delle cellule endoteliali e nella mor-
la stessa sopravvivenza (Ferrara e Davis-Smyth, te dell’embrione al decimo giorno di gestazione
1997), tale regolazione avviene tramite l’intera- (Shalaby et al., 1995).
zione con recettori ad alta affinità dotati di attività Il recettore Flt-1 (VEGFR-1), che nonostan-
tirosinchinasica e localizzati non solo sulle cellule te la sua maggiore affinità per il VEGF non è
in proliferazione, ma anche su quelle quiescenti. mitogenico per le cellule endoteliali, è però un
Nell’uomo sono stati identificati due di questi recet- mediatore importante dell’angiogenesi; l’inatti-
tori, Flt-1 (VEGFR-1) e KDR (VEGFR-2); KDR vazione del gene vegfr-1 nel topo porta, infatti,
lega il VEGF-A e il VEGF-C, mentre Flt-1 lega il alla morte in utero tra il 9° e il 10° giorno di vita
VEGF- A e il PIGF. Entrambi i recettori sono costi- embrionale a causa dell’incapacità delle cellule
tuiti da una regione extracellulare che comprende endoteliali di assemblarsi in vasi sanguigni fun-
sette domini di tipo immunoglobulinico, da una zionali (Fong et al., 1995).
regione transmembrana e da un dominio citopla- La mancata formazione dei vasi in questi anima-
smatico con attività tirosinchinasica (Fig. 3). li risulta associata ad un abnorme aumento del
In entrambi, il sito di legame per il VEGF si numero dei progenitori delle cellule endoteliali,
trova nel secondo dominio di tipo immunoglo- che si presume sia dovuto ad una iperattività del
bulinico e infatti, in Flt-1, la delezione di que- VEGF, e questa osservazione supporta l’idea che
sto segmento della proteina abolisce completa- il VEGFR-1 funzioni come un recettore esca che
mente il legame del VEGF. regola in modo negativo la funzione del fattore di
Pur presentando un’affinità per il VEGF165, mi- crescita durante lo sviluppo (Ng et al., 2006).
nore di quella mostrata dal recettore Flt-1 (Fer- Flt-4 (VEGFR-3) è un altro recettore appartenen-
rara, 1999), nelle cellule endoteliali il recettore te alla famiglia di recettori di tipo tirosinchina-
KDR sembra essere il principale trasduttore dei sico, con sette domini extracellulari di tipo im-
segnali indotti dal VEGF, segnali che, in tali munoglobulinico, che però non lega il VEGF-A,
cellule, oltre ad influenzare la chemiotassi, in- ma piuttosto il VEGF-C ed è coinvolto nella re-
ducono proliferazione, riorganizzazione dell’ac- golazione dell’angiogenesi linfatica (Jeltsch et al.,
tina e in generale grossi cambiamenti a livello 1997) (Fig. 3). Inoltre, in cellule endoteliali, neu-
morfologico (Waltenberger et al., 1994; Ferrara ronali e tumorali è stato individuato un ulterio-
e Davis-Smith, 1997). re recettore, specifico per il VEGF165, che risulta
In seguito al legame del fattore di crescita e attiva- identico alla neuropilina-1 umana, un recettore
zione del recettore, le tirosine fosforilate del recettore per la famiglia di proteine delle semaforine/col-
creano siti di legame per una serie di proteine cito- lapsine, che guida la crescita assonale durante lo
soliche dotate di domini SH2 (src homology 2, do- sviluppo del sistema nervoso (Soker et al., 1998;
mini omologhi a src), come PLC-J o Grb2, determi- Adamis e Shima, 2005).
nandone la fosforilazione e quindi l’attivazione (Fig. La neuropilina-1 (Np-1), è una proteina transmem-
4). Questo meccanismo è stato implicato nell’attiva- brana con un corto dominio citoplasmatico di
zione della cascata Raf-1/MEK/ERK, una via di se- circa 40 aminoacidi che manca di un dominio di
gnalazione cruciale che porta alla proliferazione delle segnalazione e cinque domini extracellulari, a1/
cellule endoteliali e all’angiogenesi (Ng et al., 2006). a2, b1/b2 e c. I domini a1/a2 e b1/b2 contengono
La distruzione mirata del gene che codifica per il i siti di legame per le semaforine e per il VEGF165
recettore KDR/Flk-1 nel topo risulta in un difetto rispettivamente, mentre il dominio c media la for-
Capitolo 2

Nicola Pescosolido

mazione di omodimeri ed eterodimeri funzionali


con un altro membro della famiglia, la neuropili-
na-2 (Np-2) (Mamluk et al., 2002; Neufeld et al.,
2002). Nelle cellule endoteliali, la neuropilina-1
si comporta come un corecettore, che presenta
il VEGF165 al recettore KDR, determinando un
potenziamento nella trasduzione del segnale me-
diata dal recettore stesso; quando è coespressa con
KDR, infatti, la neuropilina-1 aumenta il lega-
me del VEGF165 a KDR e l’induzione della che-
FIG. 3: VEGFR e loro principali ligandi
miotassi; al contrario l’inibizione del legame del
VEGF165 alla neuropilina-1 inibisce il legame del
VEGF stesso a KDR e la sua attività mitogenica Nella retina i primi vasi originano in corrispon-
per le cellule endoteliali (Soker et al., 1998). denza della testa del nervo ottico e si estendono
L’inattivazione del gene Np-1 causa principalmen- sulla superficie retinica interna seguendo una rete
te difetti a livello della vascolatura, come l’insuffi- di astrociti formatasi in precedenza; generalmen-
ciente vascolarizzazione del sacco del tuorlo e del te si ritiene che la rete vascolare primaria si formi
tubo neurale, e difetti cardiovascolari che portano per vasculogenesi e, nell’uomo in particolare, stu-
alla morte dell’embrione tra l’11° ed il 13° giorno di immunocitochimici hanno indicato la natura
di gestazione (Kitsukawa et al., 1995; Kawasaki et angioblastica delle cellule precursori fusiformi.
al., 1999). Dopo che la rete vascolare primaria si è allarga-
Per quanto riguarda i geni che codificano per i ta a tutta la retina i vasi iniziano a spingersi in
recettori del VEGF, il loro livello di espressione profondità, fino allo strato plessiforme esterno,
viene influenzato, sia in vitro che in vivo, da molti dove stabiliscono una rete vascolare secondaria,
fattori, fra cui la concentrazione del VEGF e del parallela alla prima e non associata ad astrociti;
TGF-, che in cellule endoteliali in coltura agisco- questa seconda fase avviene sicuramente mediante
no rispettivamente in senso positivo e negativo angiogenesi.
(Ferrara, 1999) e la tensione d’ossigeno. Sebbene la vascolarizzazione della retina avvenga
con modalità simili in tutti i mammiferi, esistono
delle differenze tra le specie per quanto riguarda
LA VASCULOGENESI/ANGIOGENESI il periodo della vita in cui tali eventi si verificano.
DELLA RETINA Nell’uomo la migrazione di cellule mesenchimali
fusiformi dal disco ottico, la loro proliferazione e
Come nel resto del sistema nervoso centrale dei il differenziamento per produrre corde di cellule
mammiferi, anche nella retina la vascolarizzazio- endoteliali avvengono molto presto, per cui a 15
ne comprende la formazione di un letto vascolare settimane di vita intrauterina negli strati retinici
primordiale, derivato dalla proliferazione e migra- interni alcuni cordoni cellulari sono già cavi e for-
zione di cellule progenitrici e situato sulla super- mano un albero vascolare immaturo; dopo que-
ficie del neuroepitelio e la successiva estensione di sta fase un processo angiogenico fa aumentare la
tale rete mediante la gemmazione di nuovi vasi da densità vascolare di questo plesso immaturo, ne
quelli preesistenti. aumenta l’estensione verso la periferia e lo rimo-
L’invecchiamento dell’apparato della visione

della; a circa 25-26 settimane, intorno alla fovea 1995), che a sua volta inibisce la formazione dei
incipiente comincia a formarsi il letto capillare vasi stessi (Chan-Ling et al., 1995).
esterno, tramite l’estensione di gemmazioni da Da più di cinquant’anni l’uso di tecniche di co-
vasi preesistenti (Hughes et al., 2000) e alla na- lorazione di perfusione ha permesso di osserva-
scita la vascolarizzazione della retina è completa. re che i capillari retinici crescono profusamente
È importante sottolineare come nell’uomo la va- quando adiacenti alle nascenti venule e in modo
scolarizzazione della retina avvenga in utero, dove più rado attorno alle arterie; recentemente, anche
la tensione di ossigeno delle arterie è minore di 30 nei primati è stato dimostrato come i capillari
mmHg, mentre in altre specie animali quale quel- adiacenti alle arterie neoformate si ritirino dan-
la dei roditori la maggior parte dei vasi si formano do origine alle caratteristiche zone periarteriola-
dopo la nascita, in presenza di tensioni di ossigeno ri prive di capillari (Gariano e Gardner, 2005).
molto più elevate. Questa rimozione selettiva dei capillari adiacenti
Si ritiene che nella seconda fase della vascolarizza- alle arterie appena formate supporta l’idea che lo
zione retinica la gemmazione e l’allungamento dei sviluppo della vascolatura retinica sia controllato
capillari avvengano in risposta a una ipossia fisiolo- da una molecola ossigeno-sensibile e si è dimo-
gica, che si verrebbe a creare in vaste aree della reti- strato che il rimodellamento stesso è correlato ad
na, a causa dell’aumentato fabbisogno di ossigeno una riduzione della sintesi di RNA messaggero
da parte di neuroni in corso di maturazione (Chan- per il VEGF e all’apoptosi delle cellule endo-
Ling et al., 1995). Ad esempio, nell’uomo, la for- teliali in quest’area. Probabilmente, la relativa
mazione del plesso vascolare esterno comincia in- iperossia che circonda le arterie regola in modo
torno alla 25°-26° settimana di gestazione, quando negativo la produzione del VEGF e il suo conse-
avviene l’apertura degli occhi e si può per la prima guente effetto come fattore di sopravvivenza per
volta registrare un potenziale evocato, indicativo di le cellule endoteliali (Gariano e Gardner, 2005).
un pathway visivo funzionale e dell’attività dei fo- Al rimodellamento della nascente vascolatura
torecettori (Dreher e Robinson, 1988). retinica pare che partecipino anche cellule del
Per quel che concerne i fattori implicati, l’ipos- sistema immunitario, quali linfociti T e altri leu-
sia sicuramente induce la produzione di VEGF; cociti, provenienti dal circolo; tali cellule, infatti,
è stato infatti dimostrato che l’espressione di tale sono in grado di aderire alle cellule endoteliali
fattore da parte delle cellule della nevroglia è spa- mediante la molecola di adesione intercellulare-1
zialmente e temporalmente associato sia con la (ICAM-1) e CD18 e di provocarne l’apoptosi
formazione dei vasi retinici durante lo sviluppo mediata dall’interazione FAS/ligando-FAS, in-
normale (Stone et al., 1995; Provis et al.,1997; ducendo in tal modo l’obliterazione di tratti di
Kim et al., 1999), che con la neovascolarizzazio- capillari (Ishida et al., 2003).
ne patologica (Miller et al.,1994; Vinores et al., A differenza con quanto detto per la seconda fase,
2006). In particolare è stato dimostrato che gli sicuramente angiogenica, della vascolarizzazione
astrociti situati nella parte avascolare della retina retinica, nell’uomo la formazione della rete vasco-
rispondono all’ipossia aumentando il livello di lare primaria, che avviene soprattutto entro la 18°
trascrizione dell’mRNA per il VEGF (Stone et al., settimana, da alcuni Autori (Hughes et al., 2000)
1995; Stone e Maslin, 1997). A conferma di que- viene ritenuta indipendente sia dalle necessità me-
sta ipotesi, ricordiamo che l’espressione del VEGF taboliche dei neuroni in corso di maturazione che
viene downregolata dall’iperossia (Stone et al., dall’espressione del VEGF indotta dall’ipossia;
Capitolo 2

Nicola Pescosolido

tale idea si basa sul fatto che il VEGF viene indivi- cellule non apicali è regolata dalla sua concen-
duato solo a partire dalla 20° settimana e sul fatto trazione (Gerhardt et al., 2003). Questi risultati,
che in questa fase i vasi raggiungono una densità insieme ad altri ottenuti studiando l’angiogenesi
particolarmente elevata in un’area non corrispon- in differenti situazioni fisiologiche e patologiche
dente a quella dove stanno maturando i neuro- (Stone et al., 1995; Pierce et al., 1996; Provis et
ni gangliari. Al contrario, altri Autori ritengono al., 1997), nonché le alterazioni dell’organizza-
che tutta la vascolarizzazione retinica avvenga in zione vascolare osservate in condizioni di iper-
relazione alle aumentate necessità metaboliche e plasia e ipoplasia degli astrociti, suggeriscono che
alla relativa ipossia che si verificano, nel tempo, gli astrociti stessi giochino un ruolo fondamentale
nelle aree dove si differenziano le differenti popo- nella proliferazione dei vasi retinici (Gerhardt et
lazioni neuronali. In accordo con questa teoria, la al., 2003). Nel topo attorno al 17° giorno di vita
componente più interna della vascolarizzazione embrionale i precursori degli astrociti entrano
retinica si formerebbe per prima perché gli strati nella retina attraverso il nervo ottico, nei gior-
più interni, più lontani dalla circolazione coroi- ni immediatamente successivi si forma una rete
dea