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Brevi note di anatomia, fisiologia e
caratteristiche ottiche dei mezzi
ottici dell’occhio
E’ importante conoscere le caratteristiche
anatomiche, istologiche e fisiologiche dei mezzi
ottici dell’ occhio. Esse spiegano le modalità
con cui l’evoluzione ha realizzato questo
sofisticato sensore luminoso ottenendo tessuti
trasparentissimi (privi di vascolarizzazione
diretta) per sfruttare le leggi della Fisica,
ottenendo un processo di focalizzazione in
grado di produrre una percezione visiva
adeguata ai bisogni della specie.
Anatomia oculare
Il bulbo
La dimensione del bulbo oculare
Le dimensioni del bulbo oculare sono
molto soggettive.
Variano per l’accrescimento corporeo e da
individuo ad individuo.
Esse, soprattutto la lunghezza assiale e la
collocazione dei diottri oculari, sono
importanti per la focalizzazione
dell’immagine sulla retina.
L’importanza della dimensione
assiale dell’occhio
In fase di sviluppo la lunghezza assiale
dell’occhio è regolata dai processi
d’accrescimento (emmetropizzazione),
indotti anche dagli stimoli luminosi, che
tendono a creare il giusto rapporto
geometrico tra il comportamento ottico e la
focalizzazione delle immagini sulla retina.
Emmetropizzazione
Il raggiungimento di un efficace rapporto tra
lunghezza assiale e facilità di focalizzazione
avviene attraverso complessi meccanismi che
coinvolgono fattori ereditari, congeniti, endogeni,
sociali ed ambientali.
Molto si può fare dal punto di vista preventivo,
per condizionare un corretto sviluppo oculare e
ridurre alcune delle principali cause delle
ametropie assiali.
“Divulgate la cultura optometrica!”
Dimensioni del bulbo oculare:
Volume: tra 6500 e 7500 mm cubici.
Peso: tra 7 ed 8 grammi.
Lunghezza assiale: nel neonato circa
18 mm (circa il diametro di una
monetina da 2 cent), nell’adulto 24 mm
(circa il diametro di una monetina da 1
euro).
I mezzi ottici dell’occhio
Liquido lacrimale
Cornea
Umor acqueo
Cristallino
Vitreo
Il liquido lacrimale
Esso rappresenta il primo diottro che la luce incontra; una qualità
otticamente scadente per composizione può produrre effetti negativi sulla
visione.
L’indice di rifrazione dipende dalla composizione. Oscilla tra 1.30 e 1.34.
La cornea determina il raggio di curvatura del suo diottro (circa 7.70 mm,
43 dt)
Spessore 9 µm (micron, millesimi di millimetro) dopo l’ammiccamento; 4
µm appena prima di ammiccare.
Composizione del liquido lacrimale
Il film lacrimale presenta una struttura complessa che però
possiamo considerare come costituita da tre strati
principali:
Strato muco-proteico: le muco-proteine, secrete dalle
ghiandole di Henle e Manz, si legano agli pseudo-micro-
villi dell’epitelio formando una superficie più o meno
omogenea ed idrofila (altrimenti l’epitelio è idrofobo).
Strato acquoso: la parte acquosa, secreta dalle
ghiandole lacrimali e da quelle accessorie di Wolfing-
Ciaccio, si dispone sopra lo strato muco-proteico.
Strato lipidico: secreto dalle ghiandole di Meibomio, Zeis
e Moll, galleggia sopra lo strato acquoso limitandone
l’evaporazione.
Funzioni del liquido lacrimale
Detergente.
Idratante.
Rende l’epitelio idrofilo.
Ottica.
Nutrizionale.
Di ossigenazione.
Antibiotica (grazie al lisozima)
Importanza del liquido lacrimale in
contattologia
La buona qualità e quantità di liquido
lacrimale è condizione indispensabile per
un uso confortevole delle L.A.C.
Cornea
Organo la cui trasparenza è legata alla perfetta disposizione
geometrica del tessuto lamellare di cui è costituita e dall’assenza di
vasi sanguigni. Distinguiamo:
L’epitelio.
La membrana di Bowman.
Lo Stroma.
La membrana di Descemet.
L’Endotelio.
La zona di transizione sclera cornea è detta Limbus.
Metabolismo corneale
La cornea, essendo avascolarizzata, trae nutrimento da
processi osmotici che si svolgono tra il liquido lacrimale
e l’umore acqueo dall’interno verso l’esterno, dalla
azione attiva di pompaggio svolto dall’endotelio e dal
circolo dei vasi peri-limbari. L’ossigeno necessario per i
processi metabolici deriva prevalentemente da quello
disciolto nel liquido lacrimale.
L’attività di rigenerazione delle cellule epiteliali è
altissima.
L’epitelio infatti si rigenera continuamente e
rapidamente.
Le cellule morte, costituite per lo più di cheratina, si
sfaldano continuamente dallo strato vivo sottostante.
Ferite o abrasioni a carico dell’ epitelio possono guarire
nell’arco di poche ore.
Caratteristiche geometriche e ottiche
della cornea
La sezione della cornea è quella di un menisco negativo.
Spessore al centro di circa 0,5/0,6 mm, al bordo di circa 1 mm.
Diametro superficie anteriore: verticale circa 9/13 mm,
orizzontale 10/13 mm. Diametro superficie interna circa 12
mm.
Raggio di curvatura anteriore circa 7.70/7.80 mm, posteriore
circa 6.80 mm.
Indice di rifrazione 1.376.
La sua potenza in aria è circa -6.50 dt.
La continuità ottica prodotta dall’umore acqueo, che ha un
indice di rifrazione quasi uguale, fa sì che essa si comporti
come un diottro positivo di circa 43 dt.
Essa quindi è la prima superficie che determina la rifrazione
della luce nell’occhio (il menisco lacrimale ne è conseguenza).
Andamento fisiologico delle curve
della superficie della cornea
La superficie della cornea non ha un andamento
perfettamente sferico, ma presenta una forma
complessa e molto variabile individualmente.
Potremmo definirla concoidale.
Le alterazioni ottiche della cornea
Le cause delle alterazioni ottiche della cornea,
che interferiscono sul corretto percorso della
luce nell’occhio, possono essere di natura
geometrica (più frequenti quelle a carico della
superficie esterna), o di perdita della
trasparenza.
Varie sono la cause che possono alterare la
geometria o trasparenza della cornea:
congenite, traumatiche, patologiche,
metaboliche.
Alcune forme di alterazioni
geometriche della cornea
Astigmatismo.
Cheratocono.
Esiti post cicatriziali superficiali traumatici
o infettivi.
Pterigio: accrescimento a volte
progressivo mono o bilaterale della
congiuntiva del lato mediale del limbus
che se molto estesa può arrivare ad
invadere la cornea.
Pterigio
Alterazione della trasparenza
corneale
Se una lesione interessa più in profondità la cornea
l’esito cicatriziale è un’opacità più o meno estesa in base
all’entità del danno.
Esse sono dette leucocorie.
La nubecola è un’opacità non densissima più o meno
traslucida non molto estesa.
Il leucoma è un’opacizzazione più marcata che ha
interessato lo stroma corneale in profondità. Essa è più o
meno estesa in base al danno subito.
Queste opacità, se situate in zone paracentrali,
producono alterazioni sulla rifrazione corneale con
compromissione della visione.
Il cheratocono
Una definizione del cheratocono è: un’ectasia non infiammatoria della
cornea.
La cornea si deforma producendo una protuberanza e lo spessore
corneale si riduce in prossimità del’apice del cono.
Merita una nota a parte perché nell’area salentina questa patologia
acquista connotazioni endemiche.
L’eziologia non è ancora ben nota.
L’ectasia evolve e viene definita in cinque stadi.
Nei primi stadi la deformazione corneale è tale da consentire ancora la
correzione dell’astigmatismo irregolare indotto dal cheratocono con lenti
da occhiale.
Negli stadi più avanzati occorre ricorrere all’applicazione di L.A.C. rigide
(ormai dette semi rigide gas permeabili) che ridanno, durante il loro
utilizzo, omogeneità ottica al sistema ottico deformato.
Il processo di deformazione a cono della cornea può arrestarsi in ognuno
dei cinque stadi e comunque solitamente si arresta intorno ai 35/40 anni.
Nei casi molto avanzati per scongiurare la perforazione corneale si ricorre
al trapianto di cornea.
Il cross linking, quando possibile è un trattamento precoce del
cheratocono (I II stadio). Si espone la cornea depitelizzata e cosparsa
con un gel di vitamina B2 e destrano a raggi UVA per ridare struttura
all’impalcatura corneale.
Cheratocono
cheratocono Topografia corneale
di cheratocono
Importanza della rilevazione
dell’andamento delle curve della
superficie corneale