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Psicologia Generale

Sbobinamento lezione non pedissequo ma critico

Lezione II del 05-03-2019


La percezione visiva è la rielaborazione mentale di ciò che vede l'occhio. L'immagine che vede
l'occhio è capovolta, va alla mente che la capovolge e da una interpretazione di quella che é la realtà
esterna a seconda, anche della luce. I colori che vediamo sono prodotti dalla luce. Noi pensiamo che
essi siano universali, ma in realtà no, sono deduzioni della realtà e in altre culture vedono in
maniera diversa dalla nostra e quindi sono soggettive. Per alcune popolazioni non esiste il marrone,
sono delle sfumature di rosso. Noi, come cultura occidentale, abbiamo una notevole gamma di
colori.

Cosa ci permette distinguere tra un pallone e uno sgabello? L'esperienza. Noi per abitudine
dobbiamo dare un nome ad ogni cosa che vediamo. Ma una stessa cosa, altre culture, può avere più
nomi. Per noi italiani è normale distinguere e dare nomi a tutte le varietà di formaggio. Per altri non
è detto che sia così.
Noi tendiamo a vedere visi ovunque anche laddove non ci sono, questo sin dai primissimi mesi di
vita. Se ad un bimbo facciamo vedere il disegno di un sorriso, lui tenderà a sorridere. Noi pensiamo
che i bambini appena nati non sappiano niente, in realtà dentro di loro hanno l'atto di conoscere la
realtà. Son tutte cose che fanno parte della percezione.

La percezione psicofisica è legata da tre passaggi:

1. Stimolo Distale: cioè l'oggetto fisico

2. Stimolo Prossimale: cioè lo stimolo

3. Percetto: cioè il meccanismo neurofisiologico che ci permette di vedere l'oggetto

All'interno delle teorie sulla percezione, ci sono molte teorie molto affascinanti, una di queste è la
teoria Gestalt che analizza un aspetto molto importante sia da un punto di vista della percezione che
della realtà in generale, afferma che l'insieme è più della somma delle sue parti, cioè noi
tendenzialmente, secondo la teoria Gestalt, non vediamo istintivamente un aspetto specifico di una
determinata cosa, ma il globale, poi, successivamente, lo specifico. Noi non vediamo la giacca del
prof ma il prof nella sua interezza. La teoria Gestalt analizza questo e lo fa attraverso una serie di
principi enunciati dallo psicologo ceco Wertheimer:

• Principio di vicinanza: si tende a riunire o riavvicinare


le figure meno distanti fra loro.Tra queste due figure
una è orizzontale e una è verticale.
Quando la guardiamo ci sembra che quella di destra
sia più larga, ma non è così. A seconda di come noi
mettiamo un oggetto e a seconda della vicinanza che
essi hanno, noi gli diamo una forma differente.

• Principio di somiglianza: si tende a riunire o ad avvicinare


le figure meno distanti fra loro come unità percettive.
Sono presentati esempi di somiglianza per chiarezza e
orientamento.
• Principio di buona continuazione: si mettono insieme
gli elementi che sembrano andare nella stessa direzione
e disegnare una configurazione che continua senza
interruzioni. Vediamo principalmente due linee curve
che si sfiorano e non due linee che si incrociano a X

• Principio di chiusura: gli elementi di un insieme che


tendono a chiudersi in forme riconoscibili vengono
percepiti come figure. Siamo noi che vediamo una
determinata figura. Tendenzialmente l'uomo vede figure
geometriche senza averle studiate (teoria dei geoni).

• Principio di destino comune: noto anche come


principio della simmetria, perché si tende ad accoppiare
le figure simmetriche come se fossero tutto un insieme.
Tendenzialmente noi vediamo la V in uno stormo di
uccelli; mentalmente tendiamo noi a dare un senso alla
realtà, un ordine anche laddove esso non è presente.

• Principio dell'esperienza passata: si avvia qaundo


si percepiscono, come un gruppo unitario, più
figure messe insieme che ci ricordano un oggetto
o un simbolo noto. Noi qui leggiamo
INTERNET, ma quella T potrebbe essere una I
maiuscola o quella R una B. La nostra esperienza
passata ci fa ricostruire che quello è INTERNET.

• Principio della buona forma: elementi che danno corpo a forme coerenti vengono
raggruppati tra di loro per formare un'unità percettiva.
Noi percepiamo dalla figura I più le forme II
che le forme III.

Sono tutte nostre deduzioni, abbiamo la tendenza a seconda della forma dell'oggetto ad attribuire
una realtà.
La percezione stessa dello spazio è variabile a seconda dell'esperienza. Ci sono ad esempio
popolazioni di Pigmei che vivono dal sempre in mezzo alla foresta che non hanno la capacità di
vedere la profondità, la distanza nei grandi spazi aperti. Ne riporta un esempio un famoso
antropologo che andò tra i Pigmei e con uno di essi uscì dalla foresta verso un'enorme vallata dove
in lontananza c'erano delle persone che lavoravano. L'antropologo chiede all'aborigeno se vedesse
quelle persone e il Pigmeo rispose che erano delle formiche perché le vedeva piccolissime. Questo
perché il Pigmeo non aveva mai visto nessuno in lontananza.

Un altro principio della Gestalt è l'articolazione figura-sfondo:

• Date due figure sovrapposte, la più grande verrà percepita come sfondo e la più piccola
come figura.
• Dati due elementi, l'uno incluso nell'altro, percepiamo l'elemento incluso come figura e
quello occludente come sfondo.
• Dati due elementi orientati in maniera diversa, percepiamo quello orientato secondo le
direzioni privilegiate dello spazio come figura, e quello obliquo come sfondo.

Figure ambigue: possiamo vedere un vaso o due visi

Completamento amodale: la tendenza a completare una determinata


immagine dando un significato allo spazio, qui ad esempio sappiamo
che c'è la sedia dietro la scrivania che ce lo copre.

Pareidolia: tendiamo a vedere visi ovunque. Caratteristica


percettiva dell'uomo. Questo è, in realtà, un promontorio su
Marte non un viso.
Abbiamo tre Costanze Percettive:

• Di Grandezza: quanto un oggetto è più lontano più lo vedo piccolo o viceversa.

• Di Forma: un cubo viene riconosciuto anche quando viene guardato da diversi punti di vista
differenti. La forma è quindi qualcosa di costante nella nostra mente.

• Di Colore: un oggetto viene riconosciuto anche se il suo colore e la sua luminosità cambiano
a seconda dell'intensità della luce presente.

Percettivamente di un oggetto noi percepiamo prima il colore. I bambini istintivamente vedono


prima la forma, poi il colore.
Come percepiamo la profondità?
Nel 1618 Scheiner seleziona un occhio di bue e scopre che l'immagine che si proietta sulla retina è
bidimensionale.
Il passaggio dalle due dimensioni dell'immagine sulla retina alla profondità a cui percepiamo il
mondo avviene grazie a:

• Indizi fisiologici di profondita:


Accomodamento, ovvero, più l'oggetto è
vicino, più il cristallino si contrae. Il
cristallino ha una precisione alquanto
modesta da 6 cm a 6 metri.
Noi vediamo grazie alla convergenza
fisiologica (il prof la chiede all'esame) dei due
occhi che convergono in un punto e creano
uno spazio in cui io vedo un oggetto; le
persone che dalla nascita hanno perso un
occhio, hanno una visione della realtà
leggermente modificata e possono avere la difficoltà a percepire la profondità. La mente di
chi invece lo ha perso da adulto, può, grazie all'esperienza mentale di una visione ottimale
che aveva in passato, ricostruire la realtà in maniera perfetta.
Ad ogni modo abbiamo bisogno di entrambi gli occhi per vedere la realtà perché con la loro
disparità binoculare creano la profondità della realtà. Abbiamo un punto tra gli occhi
totalmente cieco in cui non possiamo vedere, questo punto viene mediato dalla nostra
percezione, cioè la mente ricostruisce quel punto. Guardare un film in 3D o giocare con la
Playstation col visore può provocare mal di testa perché io mi ritrovo a muovermi ma il mio
corpo è fermo e questa incongruenza viene percepita dal cervello e ce la rende con una
reazione di confusione.

• Indizi cinetici di profondità: capita che seduti su un treno fermo vediamo un altro treno che
parte e pensiamo che sia il nostro ad essersi mosso ma in realtà è l'altro; questo effetto
percettivo si chiama la Parallasse di movimento e deriva dal fatto che il nostro corpo deve
sempre dare un significato a ciò che vede.

• Indizi pittorici di profondità


* Interposizione gran parte degli stili pittorici
moderni son legati a queste tecniche e noi
cerchiamo di percepire nel modo giusto una
immagine e si crea una dispercezione, in questo
quadro di Magritte l'interposizione del cavallo tra
gli alberi ci confonde.
Altri esempi del pittore Escher:

*Grandezza, un processo per il quale il soggetto


percipiente attribuisce ad un oggetto una grandezza
costante, anche se l'oggetto si allontana
(o si avvicina) proiettando un'immagine sempre
più piccola (o grande) sulla retina.

*Ombreggiatura, a seconda di dove vediamo la luce


bianca, la mente ci fa pensare che sia il punto da cui
viene la luce.

*Prospettiva lineare, una linea di orizzonte collegata ad


un punto di fuga che ci da l'idea di profondità in un
disegno bidimensionale.

*Gradiente di tessitura, a seconda del tipo di quadrati e


di come sono posizionati creiamo una profondità.

*Prospettiva aerea, si può creare la profondità attraverso


un uso sempre più nitido dei colori in lontananza.
Riconoscimento degli oggetti: noi elaboriamo la realtà attraverso due tipi di processi:

• Processi di tipo Top Down: Questo è un logo inventato nei primi del
Novecento quindi è possibile che non riusciremo a riconoscerlo come marchio.
Tuttavia la conoscenza dell'alfabeto e dell'esistenza di una società elettrica
AEG ci fa riconoscere il marchio in quanto tale. Questo però non significa che
tutti saremmo in grado di comprendere il significato del marchio e la
rappresentazione metaforica di un alveaere come società complessa e organizzata. Questo è
un tipo di riconoscimento Top Down dove riconosciamo l'oggetto per le nostre conoscenze
pregresse (cioè dall'alto Top, al basso Down, interpretazione dello stimolo sensoriale);
insomma per conoscere il simbolo AEG è necessario basarsi su esperienze passate, cioè su
conoscenze acquisite oltre che dell'elaborazione dell'input sensoriale a carico del sistema
visivo. che l'oggetto basandoci sulle nostre esperienze pregresse cioè dall'alto (le
conoscenze) al basso (interpretazione dell'input).

• Processi di tipo Bottom Up: in


questo caso la conoscenza
dell'alfabeto inglese ci porta a
codificare l'input e a distinguere tra due simboli uguali che nel The vale come H nel Cat
come A.

Un altro processo legato alla percezione è


quello di Assuefazione:
inizialmente questi visi sembrano tutti uguali
ma poi, successivamente vediamo la
differenziazione. Partiamo dal globale al
particolare.

Effetto del contesto: In alcuni contesti vediamo solo


alcune parti, altre non riusciamo a vederle:
a noi sembrano che Bush sia solo capovolto

Ma se capovolgiamo notiamo che...

Differenza tra errori e illusioni:


l'errore si può correggere, l'illusione rimane anche quando il soggetto ne sia cosciente.
Errori del sistema visivo:

• Agnosia visiva: è un processo per il quale il soggetto percipiente attribuisce ad un oggetto


una grandezza costante, anche se l'oggetto si allontana (o si avvicina) proiettando
un'immagine sempre più piccola (o grande) sulla retina.

• Prosopagnosia: impossibilità di riconoscere i volti umani. Quindi non riconosce le emozioni


del prossimo.

Tassonomia delle illusioni ottiche:


Un'illusione percettiva che viene considerata tale a seguito di una conoscenza dovuta all'esperienza
passata o presente.
Un'illusione percettiva che venga considerata tale a seguito di un conflitto con una percezione di
tipo diverso.
Un'illusione percettiva che venga considerata tale a seguito di una misurazione geometrica di
grandezza.

Esempi:

• Effetto Petter:
Quando ci troviamo di fronte a zone irregolari,
ma cromaticamente omogenee, il nostro sistema
visivo opera una scissione fenomenica facendoci
percepire due figure separate. Il pescatore di
Kanizsa Data l’omogeneità cromatica queste
figure tenderanno a essere «davanti» o «dietro»
in maniera reversibile.

• Ilusione della Muller-Lyer: Sono due linee uguali ma


l'apertura o chiusura delle linee ci fa apparire la prima
linea più lunga della seconda.

• Percezione multimodale: vedendo l'interno possiamo


percepire due prospettive orientate in posizioni diverse.

Tutto questo ci dimostra come la percezione non sia altro che una rielaborazione della realtà.

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