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GESTALT E GESTALTQUALITAT

• Quando si parla di psicologia della forma, si fa, in realtà, un uso improprio del
termine originale tedesco Gestalt. La parola Gestalt si può tradurre in italiano come
forma o struttura. Sarebbe, dunque, più corretto parlare di Psicologia della Gestalt,
scienza nata nel ‘900.
• Il movimento berlinese della Gestalt tenta di capire secondo quali processi la mente
umana riesce a unificare singoli elementi (forme, caratteri, colori, elementi separati)
e interpretarli come un unico messaggio.
• L’idea centrale della teoria della Gestalt è quella di totalità, fondata sul presupposto
che ogni oggetto di studio costituisce una struttura, cioè un insieme organico e
globale i cui elementi non hanno valore funzionale autonomo ma lo assumono nelle
relazioni di ciascun elemento rispetto a tutti gli altri dell’insieme. Questo concetto
era già stato dimostrato ed enunciato da Ehrenfels nel 1890 con il concetto di
Gestaltqualitat, che faceva riferimento alla percezione di un insieme organico e
unitario di un determinato percetto (ad esempio: una melodia non è l’insieme delle
singole note, ma il risultato della sua struttura relazionale, come la distanza tra le
note). Da questo deriva il primo assioma della teoria della Gestalt: la totalità non è la
somma delle singole parti, ovvero la qualità del tutto non è data dai suoi elementi
costitutivi, bensì dalla loro struttura (la forma, appunto), dalle relazioni che
intercorrono fra di essi.

GENERALIZZAZIONI (CATEGORIE SENSORIE GENERALIZZATE)


• L'atto del percepire equivale alla ricerca di un equivalente delle caratteristiche
strutturali del percetto. Ad esempio, il modo più preciso in cui un percetto può
accostarsi allo stimolo “mela”, sta nel rappresentarlo attraverso uno schema tratto
da qualità sensorie quali rotondità, pesantezza, colore.
• Quando la mente fa una generalizzazione, estrae l'essenza di un concetto basato
sulla sua analisi delle somiglianze di forme storiche della conoscenza (Argan). La
semplificazione risultante consente un pensiero di livello superiore.

PROCESSI DI CAMPO
• Secondo la teoria del campo gestaltica, ogni configurazione luminosa che colpisce la
retina dei nostri occhi, scatena presumibilmente, un processo specifico nel cervello,
processo che varia a seconda delle variazioni dello stimolo. Il modo per prevedere
come apparirà una determinata configurazione di stimoli, dipende dal modo in cui si
organizzano i campi celebrali dell’osservatore in risposta a quello stimolo. In
generale, si presume che i campi si organizzeranno nel modo più semplice ed
economico possibile. Da qui deriva un ulteriore chiarimento del concetto di Gestalt,
direttamente collegabile al concetto di omogeneità massimale stilato dallo psicologo
italiano Cesare Musatti, sinonimo di semplicità, simmetria, chiusura e di tutte le leggi
di organizzazione.
CONFIGURAZIONE
• La configurazione rappresenta un’entità organizzata in modo tale che il mutamento
di una parte del sistema comporti il mutamento generale dell’intera struttura.
(caratteristica organizzatrice degli elementi di un tutto). Configurazione è in tal caso,
struttura.

GRADIENTE (CROMATICO E MARGINALE)


• Il concetto di gradiente può essere riferito alla diminuzione o all’aumento graduale
di una qualità percettiva nello spazio e nel tempo che danno luogo ad una
conseguente reazione della corteccia celebrale, che cerca di unificare ed organizzare
i dati del campo fenomenico. Queste qualità possono riferirsi a dimensione, densità,
luminosità, texture e qualità cromatica.
• il gradiente marginale è quel gradino fra due differenti qualità di luce o saturazione
cromatica, la differenza più o meno pronunciata, fra due zone contigue. Quando i
valori di due zone contigue si avvicinano, si attenua anche la percezione di
profondità.

GANZFELD
• L'effetto Ganzfeld, o di privazione percettiva, è un fenomeno di percezione causato
dall'esposizione a un campo di stimolazione uniforme e non strutturato. L'effetto è
dovuto al fatto che il cervello umano amplifica il rumore neurale al fine di cercare i
segnali visivi mancanti. Il rumore viene interpretato da una particolare zona della
corteccia celebrale e può provocare allucinazioni.

COMPLETAMENTO AMODALE
• Il completamento dei margini di una figura parzialmente nascosta da un’altra viene
detto completamento amodale. In tal caso, la ricostruzione fenomenica dei margini
mancanti viene giustificata da parte della nostra attività percettiva, come una
preferenza nei confronti della massima semplicità e simmetria.

FIGURA ANOMALA
• Le caratteristiche di questo effetto sono principalmente tre:

1. Il cambiamento di apparente densità cromatica nell’area di campo visivo in cui


appare la superficie anomala.
2. La presenza di un margine continuo nettamente visibile, anche in assenza di un salto
di luminosità
3. Apparente interposizione spaziale tra la figura anomala e gli altri elementi della
configurazione
- Triangolo di Kanizsa
REALTÁ FISICA E FENOMENICA
• Vi è una sostanziale discrepanza tra realtà fisica e realtà fenomenica. Può dirsi,
infatti, che l’esistenza fisica di un oggetto qualsiasi, come la sua collocazione
spaziale, il suo colore o la sua forma, non sono riconducibili alla loro esistenza
fenomenica. Possono essere presenti percettivamente senza essere tuttavia presenti
fisicamente e viceversa. Uno degli esempi a riguardo è l’illusione di Zollner. Accade
che una serie di linee diagonali e parallele tra loro appaiano convergenti e divergenti
a causa di piccoli elementi diagonali posti sulle linee stesse. Questo porta a due
conseguenze: in primo luogo che l’attendibilità della percezione dei fenomeni è data
dalla relazione reciproca fra essi e non dalla loro somma; la seconda è che mai quello
che vediamo e quello che realmente è, coincidono. Ne deduciamo che quindi non è
sufficiente che un oggetto qualsiasi abbia determinate qualità come forma o colore
affinché possa essere percepito come tale.

MODELLI CULTURALI E PATTERN RAPPRESENTATIVI


• Tra i problemi di ordine pratico, inerenti allo studio della percezione visiva, vi è
proprio quello della rappresentazione della realtà. Il problema della
rappresentazione della realtà deve fare riferimento a due fattori: modelli culturali e
pattern rappresentativi. Un esempio è quello della tecnica del dripping dell’artista
Pollock. Questa tecnica era funzionale ad un tipo di arte, in questo caso di pittura,
che aveva alla base l’azione, piuttosto che la rappresentazione fedele della realtà.
• Quindi la rappresentazione della realtà fa riferimento ad una simulazione di essa,
attraverso strumenti e tecniche diversi per ogni epoca, coerenti, dunque, ad un
modello culturale specifico. È possibile dunque affermare che l’idea di realtà è
coerente a diversi concetti di spazio e, quindi, al modo in cui la interpretiamo.

FILOSOFIA EMPIRISTA
• Le teorie della psicologia della forma come le conosciamo noi, e quindi ai nostri
tempi, fanno riferimento all’analisi fenomenologica di tutti i fenomeni percepibili.
Per comprendere al meglio questa disciplina, tuttavia, bisogna fare un ulteriore
passo indietro e indagare le origini della filosofia empirista, secondo cui la
conoscenza umana deriva esclusivamente dai sensi o dall’esperienza.
• Secondo uno dei primi filosofi empiristi, Thomas Hobbes, tutto ciò che è esperienza è
verità e la conoscenza ha come propria base le esperienze sensoriali.
• Successivamente, John Locke, vero e proprio fondatore dell’empirismo, afferma che
la conoscenza deriva dai sensi (concordando con Hobbes), aggiungendo che dunque
tutto ciò che è fuori dalla nostra esperienza, non è conoscibile.
• Un notevole passo in avanti fu fatto con George Berkley, il quale, con il testo del
1709 “Saggio sulla nuova teoria della visione”, una sorta di testo ante litteram della
psicologia della forma, elimina la conoscenza a priori come requisito per la
conoscenza della realtà (si riteneva che la conoscenza risiedesse nel pensiero
astratto) e afferma, invece, che gli oggetti fenomenici esistono perché vengono
percepiti.
• David Hume, infine, con il testo “Trattato sulla natura umana”, afferma che c’è
bisogno che il metodo sperimentale non si adoperi solo per studiare la realtà fisica,
ma serva per comprendere meglio l'essere umano e la sua natura, dai sentimenti alla
ragione umana.

PERCEZIONE E RAPPRESENTAZIONE
• Il meccanismo di comprensione della realtà fisica avviene in due momenti:
percezione e rappresentazione. Il comportamento percettivo dipende da una
particolare attitudine a trasformare, nel momento della percezione, un’immagine
reale in immagine simbolica, astratta, che è l’equivalente dell’immagine percepita. Il
pensiero prende forma in immagine. A questo punto nel nostro cervello avviene
l’operazione di generalizzazione, ovvero estrae l'essenza di un concetto basato sulla
sua analisi delle somiglianze di forme storiche della conoscenza. All'oggetto mela
non si associa passivamente l’immagine della mela, ma le si associa un concetto
rappresentativo che è una forma che rimanda all’oggetto reale che l’atto percettivo
ha scomposto in forme elementari e semplici.

PRIMO ENUNCIATO: NO QUALITÁ ASSOLUTA DI COLORE, FORMA, DIMENSIONE


• Le qualità formali di una figura devono essere riferite ad uno spazio delimitato ed
esterno alla figura, oppure ad un confronto con un’altra figura. In questi casi è
possibile fare un paragone (più grande/piccolo rispetto a chi/cosa?).
• La figura non mantiene costanti le sue qualità formali se il contesto in cui viene a
trovarsi, e quindi lo scheletro della struttura, è mutevole. Questo si può dire sia per
la forma, che per il colore e dimensione. Questo perché ogni unità visiva acquista un
unico modo di apparire in stretta relazione dinamica con l’ambiente ottico che lo
circonda. (scheletro strutturale)

TEORIA DELL’ISOMORFISMO
• Oltre ad aver collaborato con Wertheimer alla nascita della psicologia della forma,
un’altra interessante concezione di Kohler è quella relativa alla dottrina
dell’isomorfismo. Secondo quest’ultima, ad ogni evento che si verifica nel campo
fenomenico di un individuo, deve corrispondere sul piano fisiologico dell’individuo
stesso un altro evento strutturalmente identico al primo. Quindi vi è una sostanziale
identità strutturale tra eventi del campo fenomenico ed eventi del sistema nervoso
centrale. Ciò significa che se il nostro mondo fenomenico possiede una forma, una
struttura, una dinamica dobbiamo trovare a livello del sistema nervoso centrale una
forma, una struttura, una dinamica che la rispecchino e, inoltre, significa che se
conosciamo le leggi che organizzano la nostra esperienza fenomenica
necessariamente conosciamo anche le leggi che operano tra i processi che
avvengono nel cervello.
STRUTTURA
• Per struttura si intende l’insieme organico di elementi, materiali o non materiali, in
rapporto di coordinazione e interdipendenza reciproca secondo un insieme di norme
che giustificano la correlazione tra le singole parti e secondo rapporti di coerenza.
Queste norme sono ordine, semplicità, coerenza formale ed equilibrio. La struttura è
dunque quell’insieme di regole che determinano l’equilibrio di un sistema. Per
questo si può affermare che siccome struttura è equilibrio di forze e tutto in natura è
equilibrio di forze, tutto è strutturato.

ORDINE
• Per ordine si intende la descrizione oggettiva della forma più semplice, simmetrica e
regolare. Rudolf Arnheim, nel suo libro “Entropia ed arte”, descrive l’ordine come
necessaria condizione per la comprensione. L'ordine, per Arnheim, è un presupposto
fondamentale della sopravvivenza e, per questo motivo, l’impulso a produrre
disposizioni ordinate sia nella realtà fenomenica che nel processo di percezione, è
innato e funzionale all’evoluzione. L'ordine, essendo collegato direttamente al
concetto di struttura e quindi anche di Gestalt, è un concetto che si può facilmente
cogliere anche nella natura dato che sappiamo, secondo le leggi della fisica, che in
condizioni di equilibrio i materiali tenderanno a disporsi secondo la distribuzione più
semplice e ordinata possibile.

SEMPLICITÁ
• Diciamo che una figura è più semplice rispetto ad un’altra se presenta minor numero
di elementi strutturali. Ovvero se, scomponendo la figura nelle parti che la
costituiscono, questa risulta essere composta dal minor numero di parti organizzate
possibile.
• Diciamo che un quadrato è più semplice di un rettangolo perché quest’ultimo
presenta un maggior numero di caratteristiche formali: il quadrato ha quattro lati e
angoli uguali, mentre il rettangolo ha sì quattro angoli uguali, ma lati uguali a due a
due. Ne consegue che, avendo la possibilità di creare una figura bidimensionale con
un’unica unità lineare e un solo tipo di ampiezza angolare, il risultato sarebbe quello
di un quadrato.

COERENZA FORMALE
• Nella struttura di una forma il tutto e le sue parti si determinano vicendevolmente,
dove, secondo la teoria della Gestalt, predilige la qualità del tutto sulla qualità delle
parti. Questa legge è tanto più valida quanto più coerente è la forma presa in
considerazione.
• Questa coerenza si basa sull’uso di elementi uguali, o di moduli. Se prendiamo in
considerazione il disegno industriale, è utile tenere conto della coerenza formale tra
il tutto e le sue parti.
• Il modulo è un’unità primaria, che sia bidimensionale o tridimensionale, che ha
un’importante caratteristica formale, ovvero la combinabilità, di accostarsi quindi ad
altri moduli simili o uguali.
• moduli che abbiano stessa forma e dimensione. In questo caso si parla di elementi
isomorfi. Una serie di chiodi, tutti uguali di forma, ma di dimensioni diverse, sono
invece detti omeomorfi. Infine, tutte le foglie di un albero non sono uguali tra loro né
per forma né per dimensione, ma si riconoscono nella stessa famiglia per il loro
rapporto interfigurale. Si parla in questo caso di elementi catamorfi.
• Se prendiamo in considerazione il mondo naturale e, quindi, tutti gli elementi
organici, possiamo notare che questi vanno in due direzioni opposte: l’infinitamente
grande e l’infinitamente piccolo. In entrambi i casi si assiste ad eventi di rarefazione
del modulo da un lato del campo e di addensamento dal lato opposto di esso.

SPAZIO
• Quando parliamo di spazio pensiamo soprattutto a tutto quello che ci circonda,
all’esperienza vissuta e sviluppata durante la quotidianità. Lo spazio è anche quello
che percorriamo entro confini domestici o percorrendo sentieri, ma tutti in funzione
di precise intenzioni volte a soddisfare determinati bisogni. Il filosofo Pierre Levy fa
un’analisi dei possibili spazi esistenti, in contrasto di ciò che, invece, pensava
Democrito, secondo il quale lo spazio era un’estensione vuota senza influenza
dinamica della materia. In generale, sappiamo che sicuramente lo spazio è qualcosa
che riguarda la nostra esperienza e che fa riferimento ad un tempo reale e non
dissociabile.

RAPPRESENTAZIONE DELLO SPAZIO


• È spontaneo domandarsi come sia possibile rappresentare lo spazio senza far
rifermento alla realtà. Ovvero, com’è possibile che una superficie bidimensionale
come il supporto pittorico, possa simulare la profondità? Questo risultato è stato
ottenuto attraverso la ricerca che aveva e ha come obiettivo il controllo dello spazio
visivo attraverso lo studio dei meccanismi di configurazione (ritmo, equilibrio,
simmetria eccetera), meccanismi considerati indipendenti ed autonomi da espliciti
riferimenti alla realtà fisica. I concetti di forma, colore, dimensione, direzione e
collocazione spaziale, diventano tutti indizi della profondità fenomenica se inseriti in
un contesto di campo. A tutti questi fattori bisogna aggiungere quello della
sovrapposizione fenomenica, ovvero la capacità di due figure di suggerire la
profondità spaziale quando nascondono in parte altre figure, suggerendo il
completamento dei margini della figura posta “dietro” (completamento amodale).

CONCETTO DI CAMPO
• Il concetto di campo è riferito ad un contesto in cui si verificano relazioni di
appartenenza fra entità di varia natura, ovvero un ambito in cui si svolgono
determinate funzioni in base ai rapporti qualitativi fra le singole parti.
INTERAZIONE OGGETTO – CAMPO (LEGGI OTTICHE)
• Qualsiasi tipo di segno ottico è destinato ad un’interazione rispetto al contesto in cui
si trova. Il risultato percettivo sarà riferito alla collocazione spaziale, alla direzione,
alla forma, al colore di quell’elemento figurale, esprimendo quiete o azione,
attrazione verso i margini del campo o verso altri elementi figurali. È possibile
studiare le relazioni che ci sono tra l’oggetto e il campo in base a collocazione
spaziale, orientamento, peso, tensione e direzione.
• La forza di attrazione è proporzionale alla vicinanza ai margini del campo. Nel
momento in cui una figura si avvicina ad un margine, ne acquista di tensione e tanto
più si allontana da esso, tanto più diminuisce la tensione con il margine.
• Una rotazione, seppur minima, suggerisce la dinamicità della composizione. Il
risultato percettivo di una maggiore o minore pesantezza dipende dal fatto che la
figura si discosta dai riferimenti ortogonali rispetto ai margini del campo.
• A parità di condizioni di colore, forma, collocazione spaziale e direzione, una figura
più sottile accentua la direzione verso il margine del campo.
• In sintesi, quindi una forma risulta più “pesante” quindi più carica di tensione,
quando si trova a destra del campo e in alto; mentre è più leggera se si trova al
centro, a sinistra o in basso. Inoltre, risultano più pesanti figure statiche, regolari,
con presenza di texture o isolate (dovuto alla distanza, alla diversa forma, al
contenuto o al colore).

EQUILIBRIO VISIVO
• Secondo Arnheim, l’equilibrio è la condizione in cui le forze che agiscono su un corpo
si bilanciano tra loro rispetto ad un centro di simmetria comune. Ne consegue che il
concetto di equilibrio presuppone che vengano messe in gioco almeno due forze
visive e, nel caso in cui queste ultime non si bilancino tra loro, si ottiene una
condizione di squilibrio. Per forza si intende una sollecitazione meccanica sottoforma
di compressione o trazione esercitata da un carico verso una certa direzione rispetto
ad un corpo.
• L'equilibrio di una composizione dipende da riferimenti adeguati rispetto ai margini
del foglio. In particolare, gli elementi figurali, a parità di condizioni, se posizionati a
destra o in alto nel campo, sbilanciano la composizione.
• L’equilibrio si ottiene attraverso interazione funzionale fra le parti, in cui le parti
hanno caratteristiche diverse per grandezza, dimensione, colore, forma e direzione.
Si ottiene attraverso questi valori qualitativi reciproci fra loro.

EQUILIBRIO PITTORICO
• L' equilibrio pittorico dipende da due fattori: peso e direzione. Il peso dipende da
dimensione, colore, forma, isolamento. La direzione dipende invece dalla
collocazione spaziale.
• L’equilibrio della composizione grafica si ottiene attraverso il bilanciamento delle
forze rispetto ai valori degli elementi figurali riguardo la loro forma, il colore, la
dimensione, la collocazione spaziale.

VALORE SPAZIALE DEL COLORE


• Il concetto di distanza e vicinanza fenomenica di un colore dipende dal limite, dalla
differenza di gradiente marginale tra il fondo e la figura.
• Il gradiente marginale è quel gradino fra due differenti qualità di luce o saturazione
cromatica, la differenza più o meno pronunciata, fra due zone contigue. Quando i
valori di due zone contigue si avvicinano, si attenua anche la percezione di
profondità.

MODI DI APPARENZA DEL COLORE


• L’apparenza cromatica è quel fenomeno per cui i colori vengono percepiti in maniera
differente secondo la quantità di luce e il contesto in cui si trova.
• Colore di superficie: il carattere di superficie è quello che presenta la maggior parte
degli oggetti della nostra esperienza quotidiana. Il colore appare quindi come
costituente della superficie degli oggetti.
• Colore volume: il colore volume è tipico del gas o del liquido; è, ad esempio, il colore
del plexiglas o del vetro.
• Colore filmare: per il colore filmare non è possibile stabilire una distanza assoluta né
una locazione specifica nella terza dimensione, come un oggetto nella nebbia.

EFFETTO LIEBMANN
• Due tonalità di uguale luminosità provocano la comparsa di uniformità. Ovvero,
quando giustapposti su un piano, il confine dei due colori risulta impercettibile. I
singoli moduli tendono a nascondere i rispettivi margini dando maggiore vantaggio
alla percezione di una superficie unitaria e sfumata nelle due gradazioni di chiarezza
similare.

EFFETTO BEZOLD (EGUAGLIAMENTO CROMATICO)


• È un'illusione ottica che afferma che un colore può apparire diverso a seconda della
sua relazione con i colori adiacenti. Es: mettendo a confronto due colori diversi ma di
simile chiarezza (rosso viola e azzurro) e due colori con uguale dominante cromatica,
ma di chiarezza diversa, si mette in luce la possibilità di ottenere una tinta per mezzo
di una miscelazione ottica di due tinte simili o differenti per colore o saturazione e
chiarezza.
• Due colori, diversi tra loro, posti ad un intervallo regolare rispetto ad un altro colore,
generano non solo una variazione tonale, ma generano anche la nascita di un terzo
colore, risultato della miscelazione delle due tinte. L'effetto finale della miscelazione
è favorito da rapporti di dimensione e distanza fra le due forme di colore.
L'addensamento degli elementi favorisce la nitidezza del risultato prodotto dalla
fusione ottica di due colori.

INDUZIONE ANTAGONISTICA
• La regola di base del fenomeno dell’induzione antagonistica è che un colore si
trasforma nel complementare del colore su cui giace. Quindi, ad esempio, un grigio
posto su una superficie giallo-arancio appare di un grigio tendente all’azzurro,
proprio per la regola di questo fenomeno.

SFERA CROMATICA E DIMENSIONI DEL COLORE


• Al pittore svizzero Paul Klee, con la collaborazione Phillip Otto Runge, l’idea di una
sfera cromatica in cui i pigmenti compiono vere e proprie traiettorie e cambi di
direzione lungo e attraverso la sfera cromatica. Si è fatto in modo che tutti i pigmenti
primari, secondari e terziari sono disposti lungo la line dell’equatore della sfera
cromatica. Al nord è stato posizionato il bianco, al sud il nero e al centro il grigio,
come risultato non solo della mescolanza tra bianco e nero, ma anche tra colori
diametralmente opposti tra loro. In questo modo Klee individuò tre caratteristiche
del colore: tonalità, chiarezza e saturazione.
• Tonalità: La dimensione della tonalità è caratterizzata esclusivamente fra colori che si
trovano sulla sezione mediana orizzontale della sfera. Ciascun colore posto sulla
linea dell’equatore, quindi, si interfaccia con il suo colore diametralmente opposto,
passando per il grigio, sintesi della somma fra due colori complementari. Esiste la
possibilità che un colore non si confronti con quello a lui diametralmente opposto,
ma con quello immediatamente adiacente. In questo caso si dà vita a particolari
coppie cromatiche, chiamate “false coppie cromatiche” che danno a loro volta vita
ad interessanti tonalità di grigi.
• Chiarezza: Questa dimensione è caratterizzata dal rapporto fra colori primari,
secondari e terziari collocati sulla linea dell’equatore e, quindi, con massimo grado di
saturazione cromatica, e con i poli del bianco e del nero. Il movimento del colore
sarà quindi verticale, o polare, verso i due poli, uno di massima e l’altro di minima
chiarezza.
• Saturazione: Questa dimensione è relativa esclusivamente ai pigmenti posti
sull’equatore della sfera cromatica, dove risiedono i pigmenti nella massima
saturazione cromatica. Il movimento lungo l’equatore, detto periferico, determina il
passaggio graduale fra le infinite gradazioni di colore: un giallo che tende al rosso o
un rosso che tende al porpora, ma che in ogni caso mantengono la massima intensità
cromatica. Un colore, dunque, si dice saturo quando non vi è presenza, all’interno di
esso, di nessun'altra tonalità di colore.

FIGURA - FONDO
• I fattori che decretano l’assunzione a ruolo figurale di un oggetto fenomenico sono
quattro: una figura è considerata tale se è piccola, se ha margini convessi, se
circondata dal fondo e se è più semplice. A differenza della figura, che ha un
carattere oggettuale, lo sfondo non ha una forma precisa e delineata. Sono dunque i
margini a delimitare e differenziare un oggetto da un altro oggetto.
• In qualsiasi dipinto le relazioni figura fondo contribuiscono a creare lo spazio
figurativo, esempio il pittore deve risolvere un doppio problema, 1 determinare una
priorità percettiva (stabilire il ruolo della figura e quello dello sfondo) 2 risolvere il
problema dell’ambivalenza fra questi Senza che uno di essi sia più importante degli
altri

SPAZIO AMBIGUO
• Quando le forze nel campo non riescono a creare l’esperienza di profondità, il
movimento lineare organizzerà forme piatte. Queste forme non solo avranno
ognuna la propria individualità, ma contemporaneamente i contorni delle forme avrà
il potere dinamico di guidare l’occhio. Più forme continue disposte sul piano sono
automaticamente collegate dal movimento dei contorni continui, creando una
condizione di ambiguità tra figura e fondo dove domina l’instabilità e la continua
reversibilità del rapporto figura fondo.

TERZO ENUNCIATO: STRATIFICAZIONE RISULTATO DEL COMPLETAMENTO AMODALE


• La stratificazione fenomenica è il risultato del completamento amodale. Il
completamento dei margini di una figura parzialmente nascosta da un’altra viene
detto completamento amodale. In tal caso, la ricostruzione fenomenica dei margini
mancanti viene giustificata da parte della nostra attività percettiva, come una
preferenza nei confronti della massima semplicità e simmetria.

MARGINI CON CONTORNI SENZA GRADIENTE – MARGINI QUASI PERCETTIVI


• L’analisi delle situazioni che danno luogo a fenomeni di stratificazione, come quello
che si verifica nel Triangolo di Kanizsa, ed alla conseguente comparsa di margini
quasi-percettivi, permette di constatare una condizione che è comune a tutte. Essa è
rappresentata dalla presenza di elementi figurali che possono facilmente
raggiungere una maggiore stabilità e pregnanza attraverso un processo di
completamento. La tendenza al completamento sarebbe dunque da considerare il
fattore primario e necessario determinante la formazione di margini con carattere
quasi-percettivo.

FIGURE IMPENSABILI
• Nel momento in cui gli indizi spaziali che caratterizzano la nostra quotidiana
esistenza nello spazio, vicino, lontano, basso, alto eccetera, entrano in
contraddizione tra loro, si ha come risultato quello di una forma impensabile. Questa
rappresentazione è, quindi, frutto della contraddizione della sintassi spaziale.
• Inoltre, un’altra prerogativa essenziale per l’ottenimento di una figura impensabile, è
l’opacità delle superfici, che nascondono quello che c’è dietro. (la trasparenza
annulla la sovrapposizione).
• Uno degli esempi più famosi di figura impensabile è il Triangolo di Penrose. Questa
figura rappresenta un triangolo equilatero di ambigua tridimensionalità. Risulta,
infatti, essere composta da elementi tubolari a sezione quadrata che, pur essendo
coerenti presi singolarmente in corrispondenza degli angoli al vertice, sono
incoerenti rispetto ad un unico punto di vista.
• Nella categoria delle figure a sintassi disgiunta, ci sono tutte quelle figure la cui
struttura è dovuta all’esplicazione simultanea di diverse regole sintattiche.

INDIZI PITTORICI DI PROFONDITÁ


• Gli indizi che ci permettono di percepire la profondità degli oggetti fenomenici sono
prospettiva, grandezza relativa, sovrapposizione, gradiente, ombra e deformazione.
Tutti questi indizi concorrono contemporaneamente all’informazione della
profondità. Ciò significa che non hanno autonomia funzionale e nessuna di esse
singolarmente può essere un attendibile indizio sulla profondità, ma è necessario
che si manifestino contemporaneamente. Sarà la nostra percezione che organizzerà
secondo criteri di campo, ovvero secondo un’organizzazione delle singole percezioni
e secondo criteri di economia e semplicità, le varie sensazioni.
Prospettiva
L'indizio di profondità della prospettiva fornice un’idea, una tra le tante, di spazio.
La prospettiva lineare, infatti, permette una formulazione unitaria dello spazio e restringe i
rapporti spaziali ad un solo punto di vista, creando una profondità illusoria degli oggetti e
un’illusoria deformazione della loro vera forma. Un esempio è 'illusione di Ponzo,
un'illusione ottica dove, per un'errata percezione del cervello, lo spettatore riconosce delle
figure di dimensione diversa di quanto lo siano in realtà dipendentemente da ciò che sia
rappresentato nello sfondo. Ciò è dovuto alla percezione prospettica che si ha di
un'immagine, in particolare di quella che fa da sfondo.
Sovrapposizione:
La percezione della profondità è dovuta, nella maggior parte dei casi, alla sovrapposizione
fenomenica degli oggetti. Una figura incompleta, posta quindi dietro a o sotto un’altra figura
completa, subisce dalla nostra percezione un processo di completamento dei margini non
visibili, a seconda dei concetti di semplicità formale e pregnanza della figura nascosta,
proprio perché questa è asimmetrica e quindi più complessa rispetto alla figura che le sta
davanti e che passa, di conseguenza in primo piano. Nel caso in cui entrambe le figure
fossero simmetriche, si annullerebbe in primo luogo la sovrapposizione fenomenica e, in
secondo luogo, a parità di condizioni, continuerebbe a prevalere la figura con forma più
simmetrica, semplice e dai margini con un destino continuo di contorno. La simmetria
dell’immagine, dunque, annulla o contraddice la sovrapposizione fenomenica. Altri casi in
cui la sovrapposizione non suggerisce la profondità possono essere casi in cui le figure
hanno un outline ma non un riempimento. Al contrario, anche figure con la stessa opacità e
tinta cromatica, quindi senza outline o ombra annullano o contraddicono la sovrapposizione
fenomenica. Infine, la trasparenza, annulla o contraddice la sovrapposizione fenomenica.
Grandezza relativa
Questo tipo di indizio della profondità riguarda il riconoscere una connessione tra la
distanza tra l’osservatore e l’oggetto e la dimensione dell’oggetto stesso. Ovvero, si
riconoscono i rapporti di grande / vicino, piccolo / lontano, a cui corrisponde una condizione
di reale tridimensionalità. Pierantoni cita, a riguardo della grandezza relativa, l’arte egizia,
nella quale si fa corrispondere alla grandezza relativa, piuttosto che un indizio di profondità,
una maggiore o minore importanza in rapporto alla grandezza della figura. Non è più grande
quello che è più vicino a noi, è più grande ciò che nella rappresentazione è la figura più
importante, definendo un chiaro valore simbolico rispetto a regole dell’organizzazione dello
spazio.
Ombra
Fornisce informazioni riguardanti le caratteristiche fisiche di un oggetto, oltre che alla
profondità; determina l’effetto della tridimensionalità e permette di determinare, tramite la
propria direzione, la concavità (contiene all’interno uno spazio, risultano essere più lontane)
e la convessità (esclude al proprio esterno uno spazio, più vicine).
Deformazione
L'indizio della deformazione può essere scambiato per quello attribuito alla prospettiva, se
pensiamo ad un oggetto in prospettiva come oggetto osservato in scorcio. La deformazione
può interessare almeno tre ambiti: forma, segno e direzione.
Forma
Prendendo in considerazione una figura di forma circolare e due di forma ellittica differenti
tra loro, sarà più semplice per noi giustificare queste tre figure non come un cerchio e due
diverse ellissi, ma come lo stesso cerchio ruotato lungo l’asse delle y, e quindi verticalmente,
percependoli come in avanti verso di noi o indietro verso il fondo. Se quindi per
deformazione intendiamo una rottura della simmetria in una forma, possiamo dedurre che
questo allontanamento da quel criterio di simmetria ed economia che prediligiamo di solito,
viene giustificato della nostra percezione come forma in scorcio, parzialmente deformata,
dove la struttura non cambia nel nostro pensiero logico, ma rappresenta un’anomalia
strutturale della forma archetipo.
Segno
La deformazione di un segno all’interno di un contesto strutturato di altri segni suggerisce la
deformazione dell’intera superficie che, in questo modo, perde la sua bidimensionalità.
Anche un semplice segmento deformato suggerisce la profondità.
Direzione
Il cambiamento di direzione di un segno ottico all’interno di un campo strutturato può
suggerire la percezione di profondità. Anche un singolo elemento, ruotato rispetto al suo
asse di baricentro, viene interpretato come oltre il piano bidimensionale dell’immagine.
TRASPARENZA
• Il fenomeno percettivo della trasparenza rappresenta un caso particolare di
sovrapposizione fenomenica. Infatti, non essendoci una dislocazione progressiva
degli oggetti fenomenici nella profondità, essi passano tutti sullo stesso piano.
• Vi sono quattro condizioni che permettono il fenomeno della trasparenza.
• Le zone adiacenti fra loro sono maggiori o uguali a tre. Se le zone fossero soltanto
due, la trasparenza non ci sarebbe più, ma sarebbe semplice sovrapposizione.
• Le zone adiacenti devono avere una coerenza topologica, ovvero deve esserci
continuità di direzione fra le zone adiacenti.
• Le zone adiacenti devono avere una coerenza figurale, ovvero devono appartenersi
come unità e conservare le stesse caratteristiche figurali.
• Le zone adiacenti devono avere una coerenza cromatica. Prendendo per esempio
l’esercizio proposto durante una delle lezioni del corso, possiamo notare che le parti
“sovrapposte” che indicano la trasparenza, sono date dalla somma dei colori che
compongono la struttura iniziale.

SUDDIVISIONE E RAGGRUPPAMENTO
• Il cervello lega solo elementi in stretta relazione tra loro.

• Tale relazione può essere determinata dal colore, dalla posizione, dalla forma o da
altre caratteristiche proprie della composizione di elementi. In questo senso,
Wertheimer è convinto che il nostro cervello tenda a raggruppare grandi quantità di
informazioni seguendo precisi criteri, criteri che se implementati o meglio rispettati
nella comunicazione visiva permettono di rendere l’informazione quanto più
immediata e captiva possibile.
• Le leggi di organizzazione stilate da Wertheimer rappresentano il criterio di
suddivisione o raggruppamento, sulla base del fatto che è più economico suddividere
o raggruppare le informazioni dal momento che è più facile comprendere
configurazioni strutturalmente semplici.

REGOLE DI ORGANIZZAZIONE
• Le leggi di organizzazione sono tutti quei fattori che contribuiscono
all’organizzazione degli elementi visivi in un contesto unitario. Queste leggi sono
state stilate da Max Wertheimer nel 1923, come conseguenza dello studio da parte
di Edgar Rubin, nel 1921, del fenomeno figura – fondo. Le leggi di organizzazione
visiva sono strettamente connesse ad un’ipotesi di campo, vale a dire che proprio in
relazione a questa ipotesi di campo (organizzazione strutturata delle singole
sensazioni di luce, ombra, colore eccetera) è possibile risalire a queste leggi. I fattori
che favoriscono il raggruppamento o la suddivisione sono: vicinanza, somiglianza
(per forma, dimensione, colore, orientamento), continuità di direzione, chiusura e
pregnanza.
Vicinanza
Il fattore della vicinanza è la condizione elementare per la configurazione di uno stimolo
visivo. Diciamo, quindi, che davanti ad un insieme indistinto, sorge l’esigenza di cercare
all’interno di esso un sistema di relazioni, una corrispondenza fra il tutto e le sue parti.
Somiglianza
Accade che due oggetti messi in relazione tra loro secondo rapporti di somiglianza, vengono
accomunati secondo esigenze formali dell’intero sistema. I fattori che possono determinare
il raggruppamento per somiglianza sono relativi a forma, colore, dimensione e
orientamento.
Continuità di direzione
Questo principio, detto anche del “destino comune”, afferma che una serie di elementi posti
uno di seguito all’altro, vengono uniti in forme in base alla loro continuità di direzione. Vi è
un’altra circostanza che contribuisce a favorire la continuità di direzione, ovvero la
simmetria, che determina la corrispondenza fra le parti. Per questo motivo sarà possibile
considerare completa, quindi congrua, una figura simmetrica.
Chiusura
Secondo questo principio le linee che formano delle figure chiuse tendono ad essere viste
come unità formali. La nostra mente è predisposta a fornire le informazioni mancanti per
chiudere una figura; pertanto, i margini chiusi o che tendono ad unirsi si impongono come
unità figurale su quelli aperti.
Pregnanza
Una delle leggi di organizzazione della forma stilate da Wetheimer è quella della pregnanza
o della forma buona. Secondo questa legge le totalità percettive tenderanno ad assumere la
miglior forma possibile secondo criteri di semplicità, simmetria, regolarità e continuità. Più
la figura segue queste qualità, più, secondo la legge della pregnanza, avrà la possibilità di
imporsi alla nostra percezione. Se prendiamo in considerazione questi concetti, possiamo
dedurne che il nostro sistema percettivo sceglie sempre la strada più semplice ed
economica per organizzare i dati a nostra disposizione.

COSTANZA FISIONOMICA
• Questa problematica è stata affrontata da Gombrich, secondo il quale la percezione
ha sempre bisogno di universali. Questo perché non potremmo percepire o
riconoscere i nostri simili se non potessimo cogliere l’essenziale e separarlo
dall’accidentale. Non solo la luce e l’angolo visuale cambiano, la l’intera
configurazione della faccia è in movimento perpetuo, movimento che però non
influenza le esperienze dell’identità fisionomica. Analogamente Arnheim ha
precisato che il volto umano così come la figura si afferra come uno schema globale
in cui i tratti essenziali (naso, occhi, bocca) entro i quali si possono inserire altri
particolari si colgono a differenza dei particolari accidentali.

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