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• Quando si parla di psicologia della forma, si fa, in realtà, un uso improprio del
termine originale tedesco Gestalt. La parola Gestalt si può tradurre in italiano come
forma o struttura. Sarebbe, dunque, più corretto parlare di Psicologia della Gestalt,
scienza nata nel ‘900.
• Il movimento berlinese della Gestalt tenta di capire secondo quali processi la mente
umana riesce a unificare singoli elementi (forme, caratteri, colori, elementi separati)
e interpretarli come un unico messaggio.
• L’idea centrale della teoria della Gestalt è quella di totalità, fondata sul presupposto
che ogni oggetto di studio costituisce una struttura, cioè un insieme organico e
globale i cui elementi non hanno valore funzionale autonomo ma lo assumono nelle
relazioni di ciascun elemento rispetto a tutti gli altri dell’insieme. Questo concetto
era già stato dimostrato ed enunciato da Ehrenfels nel 1890 con il concetto di
Gestaltqualitat, che faceva riferimento alla percezione di un insieme organico e
unitario di un determinato percetto (ad esempio: una melodia non è l’insieme delle
singole note, ma il risultato della sua struttura relazionale, come la distanza tra le
note). Da questo deriva il primo assioma della teoria della Gestalt: la totalità non è la
somma delle singole parti, ovvero la qualità del tutto non è data dai suoi elementi
costitutivi, bensì dalla loro struttura (la forma, appunto), dalle relazioni che
intercorrono fra di essi.
PROCESSI DI CAMPO
• Secondo la teoria del campo gestaltica, ogni configurazione luminosa che colpisce la
retina dei nostri occhi, scatena presumibilmente, un processo specifico nel cervello,
processo che varia a seconda delle variazioni dello stimolo. Il modo per prevedere
come apparirà una determinata configurazione di stimoli, dipende dal modo in cui si
organizzano i campi celebrali dell’osservatore in risposta a quello stimolo. In
generale, si presume che i campi si organizzeranno nel modo più semplice ed
economico possibile. Da qui deriva un ulteriore chiarimento del concetto di Gestalt,
direttamente collegabile al concetto di omogeneità massimale stilato dallo psicologo
italiano Cesare Musatti, sinonimo di semplicità, simmetria, chiusura e di tutte le leggi
di organizzazione.
CONFIGURAZIONE
• La configurazione rappresenta un’entità organizzata in modo tale che il mutamento
di una parte del sistema comporti il mutamento generale dell’intera struttura.
(caratteristica organizzatrice degli elementi di un tutto). Configurazione è in tal caso,
struttura.
GANZFELD
• L'effetto Ganzfeld, o di privazione percettiva, è un fenomeno di percezione causato
dall'esposizione a un campo di stimolazione uniforme e non strutturato. L'effetto è
dovuto al fatto che il cervello umano amplifica il rumore neurale al fine di cercare i
segnali visivi mancanti. Il rumore viene interpretato da una particolare zona della
corteccia celebrale e può provocare allucinazioni.
COMPLETAMENTO AMODALE
• Il completamento dei margini di una figura parzialmente nascosta da un’altra viene
detto completamento amodale. In tal caso, la ricostruzione fenomenica dei margini
mancanti viene giustificata da parte della nostra attività percettiva, come una
preferenza nei confronti della massima semplicità e simmetria.
FIGURA ANOMALA
• Le caratteristiche di questo effetto sono principalmente tre:
FILOSOFIA EMPIRISTA
• Le teorie della psicologia della forma come le conosciamo noi, e quindi ai nostri
tempi, fanno riferimento all’analisi fenomenologica di tutti i fenomeni percepibili.
Per comprendere al meglio questa disciplina, tuttavia, bisogna fare un ulteriore
passo indietro e indagare le origini della filosofia empirista, secondo cui la
conoscenza umana deriva esclusivamente dai sensi o dall’esperienza.
• Secondo uno dei primi filosofi empiristi, Thomas Hobbes, tutto ciò che è esperienza è
verità e la conoscenza ha come propria base le esperienze sensoriali.
• Successivamente, John Locke, vero e proprio fondatore dell’empirismo, afferma che
la conoscenza deriva dai sensi (concordando con Hobbes), aggiungendo che dunque
tutto ciò che è fuori dalla nostra esperienza, non è conoscibile.
• Un notevole passo in avanti fu fatto con George Berkley, il quale, con il testo del
1709 “Saggio sulla nuova teoria della visione”, una sorta di testo ante litteram della
psicologia della forma, elimina la conoscenza a priori come requisito per la
conoscenza della realtà (si riteneva che la conoscenza risiedesse nel pensiero
astratto) e afferma, invece, che gli oggetti fenomenici esistono perché vengono
percepiti.
• David Hume, infine, con il testo “Trattato sulla natura umana”, afferma che c’è
bisogno che il metodo sperimentale non si adoperi solo per studiare la realtà fisica,
ma serva per comprendere meglio l'essere umano e la sua natura, dai sentimenti alla
ragione umana.
PERCEZIONE E RAPPRESENTAZIONE
• Il meccanismo di comprensione della realtà fisica avviene in due momenti:
percezione e rappresentazione. Il comportamento percettivo dipende da una
particolare attitudine a trasformare, nel momento della percezione, un’immagine
reale in immagine simbolica, astratta, che è l’equivalente dell’immagine percepita. Il
pensiero prende forma in immagine. A questo punto nel nostro cervello avviene
l’operazione di generalizzazione, ovvero estrae l'essenza di un concetto basato sulla
sua analisi delle somiglianze di forme storiche della conoscenza. All'oggetto mela
non si associa passivamente l’immagine della mela, ma le si associa un concetto
rappresentativo che è una forma che rimanda all’oggetto reale che l’atto percettivo
ha scomposto in forme elementari e semplici.
TEORIA DELL’ISOMORFISMO
• Oltre ad aver collaborato con Wertheimer alla nascita della psicologia della forma,
un’altra interessante concezione di Kohler è quella relativa alla dottrina
dell’isomorfismo. Secondo quest’ultima, ad ogni evento che si verifica nel campo
fenomenico di un individuo, deve corrispondere sul piano fisiologico dell’individuo
stesso un altro evento strutturalmente identico al primo. Quindi vi è una sostanziale
identità strutturale tra eventi del campo fenomenico ed eventi del sistema nervoso
centrale. Ciò significa che se il nostro mondo fenomenico possiede una forma, una
struttura, una dinamica dobbiamo trovare a livello del sistema nervoso centrale una
forma, una struttura, una dinamica che la rispecchino e, inoltre, significa che se
conosciamo le leggi che organizzano la nostra esperienza fenomenica
necessariamente conosciamo anche le leggi che operano tra i processi che
avvengono nel cervello.
STRUTTURA
• Per struttura si intende l’insieme organico di elementi, materiali o non materiali, in
rapporto di coordinazione e interdipendenza reciproca secondo un insieme di norme
che giustificano la correlazione tra le singole parti e secondo rapporti di coerenza.
Queste norme sono ordine, semplicità, coerenza formale ed equilibrio. La struttura è
dunque quell’insieme di regole che determinano l’equilibrio di un sistema. Per
questo si può affermare che siccome struttura è equilibrio di forze e tutto in natura è
equilibrio di forze, tutto è strutturato.
ORDINE
• Per ordine si intende la descrizione oggettiva della forma più semplice, simmetrica e
regolare. Rudolf Arnheim, nel suo libro “Entropia ed arte”, descrive l’ordine come
necessaria condizione per la comprensione. L'ordine, per Arnheim, è un presupposto
fondamentale della sopravvivenza e, per questo motivo, l’impulso a produrre
disposizioni ordinate sia nella realtà fenomenica che nel processo di percezione, è
innato e funzionale all’evoluzione. L'ordine, essendo collegato direttamente al
concetto di struttura e quindi anche di Gestalt, è un concetto che si può facilmente
cogliere anche nella natura dato che sappiamo, secondo le leggi della fisica, che in
condizioni di equilibrio i materiali tenderanno a disporsi secondo la distribuzione più
semplice e ordinata possibile.
SEMPLICITÁ
• Diciamo che una figura è più semplice rispetto ad un’altra se presenta minor numero
di elementi strutturali. Ovvero se, scomponendo la figura nelle parti che la
costituiscono, questa risulta essere composta dal minor numero di parti organizzate
possibile.
• Diciamo che un quadrato è più semplice di un rettangolo perché quest’ultimo
presenta un maggior numero di caratteristiche formali: il quadrato ha quattro lati e
angoli uguali, mentre il rettangolo ha sì quattro angoli uguali, ma lati uguali a due a
due. Ne consegue che, avendo la possibilità di creare una figura bidimensionale con
un’unica unità lineare e un solo tipo di ampiezza angolare, il risultato sarebbe quello
di un quadrato.
COERENZA FORMALE
• Nella struttura di una forma il tutto e le sue parti si determinano vicendevolmente,
dove, secondo la teoria della Gestalt, predilige la qualità del tutto sulla qualità delle
parti. Questa legge è tanto più valida quanto più coerente è la forma presa in
considerazione.
• Questa coerenza si basa sull’uso di elementi uguali, o di moduli. Se prendiamo in
considerazione il disegno industriale, è utile tenere conto della coerenza formale tra
il tutto e le sue parti.
• Il modulo è un’unità primaria, che sia bidimensionale o tridimensionale, che ha
un’importante caratteristica formale, ovvero la combinabilità, di accostarsi quindi ad
altri moduli simili o uguali.
• moduli che abbiano stessa forma e dimensione. In questo caso si parla di elementi
isomorfi. Una serie di chiodi, tutti uguali di forma, ma di dimensioni diverse, sono
invece detti omeomorfi. Infine, tutte le foglie di un albero non sono uguali tra loro né
per forma né per dimensione, ma si riconoscono nella stessa famiglia per il loro
rapporto interfigurale. Si parla in questo caso di elementi catamorfi.
• Se prendiamo in considerazione il mondo naturale e, quindi, tutti gli elementi
organici, possiamo notare che questi vanno in due direzioni opposte: l’infinitamente
grande e l’infinitamente piccolo. In entrambi i casi si assiste ad eventi di rarefazione
del modulo da un lato del campo e di addensamento dal lato opposto di esso.
SPAZIO
• Quando parliamo di spazio pensiamo soprattutto a tutto quello che ci circonda,
all’esperienza vissuta e sviluppata durante la quotidianità. Lo spazio è anche quello
che percorriamo entro confini domestici o percorrendo sentieri, ma tutti in funzione
di precise intenzioni volte a soddisfare determinati bisogni. Il filosofo Pierre Levy fa
un’analisi dei possibili spazi esistenti, in contrasto di ciò che, invece, pensava
Democrito, secondo il quale lo spazio era un’estensione vuota senza influenza
dinamica della materia. In generale, sappiamo che sicuramente lo spazio è qualcosa
che riguarda la nostra esperienza e che fa riferimento ad un tempo reale e non
dissociabile.
CONCETTO DI CAMPO
• Il concetto di campo è riferito ad un contesto in cui si verificano relazioni di
appartenenza fra entità di varia natura, ovvero un ambito in cui si svolgono
determinate funzioni in base ai rapporti qualitativi fra le singole parti.
INTERAZIONE OGGETTO – CAMPO (LEGGI OTTICHE)
• Qualsiasi tipo di segno ottico è destinato ad un’interazione rispetto al contesto in cui
si trova. Il risultato percettivo sarà riferito alla collocazione spaziale, alla direzione,
alla forma, al colore di quell’elemento figurale, esprimendo quiete o azione,
attrazione verso i margini del campo o verso altri elementi figurali. È possibile
studiare le relazioni che ci sono tra l’oggetto e il campo in base a collocazione
spaziale, orientamento, peso, tensione e direzione.
• La forza di attrazione è proporzionale alla vicinanza ai margini del campo. Nel
momento in cui una figura si avvicina ad un margine, ne acquista di tensione e tanto
più si allontana da esso, tanto più diminuisce la tensione con il margine.
• Una rotazione, seppur minima, suggerisce la dinamicità della composizione. Il
risultato percettivo di una maggiore o minore pesantezza dipende dal fatto che la
figura si discosta dai riferimenti ortogonali rispetto ai margini del campo.
• A parità di condizioni di colore, forma, collocazione spaziale e direzione, una figura
più sottile accentua la direzione verso il margine del campo.
• In sintesi, quindi una forma risulta più “pesante” quindi più carica di tensione,
quando si trova a destra del campo e in alto; mentre è più leggera se si trova al
centro, a sinistra o in basso. Inoltre, risultano più pesanti figure statiche, regolari,
con presenza di texture o isolate (dovuto alla distanza, alla diversa forma, al
contenuto o al colore).
EQUILIBRIO VISIVO
• Secondo Arnheim, l’equilibrio è la condizione in cui le forze che agiscono su un corpo
si bilanciano tra loro rispetto ad un centro di simmetria comune. Ne consegue che il
concetto di equilibrio presuppone che vengano messe in gioco almeno due forze
visive e, nel caso in cui queste ultime non si bilancino tra loro, si ottiene una
condizione di squilibrio. Per forza si intende una sollecitazione meccanica sottoforma
di compressione o trazione esercitata da un carico verso una certa direzione rispetto
ad un corpo.
• L'equilibrio di una composizione dipende da riferimenti adeguati rispetto ai margini
del foglio. In particolare, gli elementi figurali, a parità di condizioni, se posizionati a
destra o in alto nel campo, sbilanciano la composizione.
• L’equilibrio si ottiene attraverso interazione funzionale fra le parti, in cui le parti
hanno caratteristiche diverse per grandezza, dimensione, colore, forma e direzione.
Si ottiene attraverso questi valori qualitativi reciproci fra loro.
EQUILIBRIO PITTORICO
• L' equilibrio pittorico dipende da due fattori: peso e direzione. Il peso dipende da
dimensione, colore, forma, isolamento. La direzione dipende invece dalla
collocazione spaziale.
• L’equilibrio della composizione grafica si ottiene attraverso il bilanciamento delle
forze rispetto ai valori degli elementi figurali riguardo la loro forma, il colore, la
dimensione, la collocazione spaziale.
EFFETTO LIEBMANN
• Due tonalità di uguale luminosità provocano la comparsa di uniformità. Ovvero,
quando giustapposti su un piano, il confine dei due colori risulta impercettibile. I
singoli moduli tendono a nascondere i rispettivi margini dando maggiore vantaggio
alla percezione di una superficie unitaria e sfumata nelle due gradazioni di chiarezza
similare.
INDUZIONE ANTAGONISTICA
• La regola di base del fenomeno dell’induzione antagonistica è che un colore si
trasforma nel complementare del colore su cui giace. Quindi, ad esempio, un grigio
posto su una superficie giallo-arancio appare di un grigio tendente all’azzurro,
proprio per la regola di questo fenomeno.
FIGURA - FONDO
• I fattori che decretano l’assunzione a ruolo figurale di un oggetto fenomenico sono
quattro: una figura è considerata tale se è piccola, se ha margini convessi, se
circondata dal fondo e se è più semplice. A differenza della figura, che ha un
carattere oggettuale, lo sfondo non ha una forma precisa e delineata. Sono dunque i
margini a delimitare e differenziare un oggetto da un altro oggetto.
• In qualsiasi dipinto le relazioni figura fondo contribuiscono a creare lo spazio
figurativo, esempio il pittore deve risolvere un doppio problema, 1 determinare una
priorità percettiva (stabilire il ruolo della figura e quello dello sfondo) 2 risolvere il
problema dell’ambivalenza fra questi Senza che uno di essi sia più importante degli
altri
SPAZIO AMBIGUO
• Quando le forze nel campo non riescono a creare l’esperienza di profondità, il
movimento lineare organizzerà forme piatte. Queste forme non solo avranno
ognuna la propria individualità, ma contemporaneamente i contorni delle forme avrà
il potere dinamico di guidare l’occhio. Più forme continue disposte sul piano sono
automaticamente collegate dal movimento dei contorni continui, creando una
condizione di ambiguità tra figura e fondo dove domina l’instabilità e la continua
reversibilità del rapporto figura fondo.
FIGURE IMPENSABILI
• Nel momento in cui gli indizi spaziali che caratterizzano la nostra quotidiana
esistenza nello spazio, vicino, lontano, basso, alto eccetera, entrano in
contraddizione tra loro, si ha come risultato quello di una forma impensabile. Questa
rappresentazione è, quindi, frutto della contraddizione della sintassi spaziale.
• Inoltre, un’altra prerogativa essenziale per l’ottenimento di una figura impensabile, è
l’opacità delle superfici, che nascondono quello che c’è dietro. (la trasparenza
annulla la sovrapposizione).
• Uno degli esempi più famosi di figura impensabile è il Triangolo di Penrose. Questa
figura rappresenta un triangolo equilatero di ambigua tridimensionalità. Risulta,
infatti, essere composta da elementi tubolari a sezione quadrata che, pur essendo
coerenti presi singolarmente in corrispondenza degli angoli al vertice, sono
incoerenti rispetto ad un unico punto di vista.
• Nella categoria delle figure a sintassi disgiunta, ci sono tutte quelle figure la cui
struttura è dovuta all’esplicazione simultanea di diverse regole sintattiche.
SUDDIVISIONE E RAGGRUPPAMENTO
• Il cervello lega solo elementi in stretta relazione tra loro.
• Tale relazione può essere determinata dal colore, dalla posizione, dalla forma o da
altre caratteristiche proprie della composizione di elementi. In questo senso,
Wertheimer è convinto che il nostro cervello tenda a raggruppare grandi quantità di
informazioni seguendo precisi criteri, criteri che se implementati o meglio rispettati
nella comunicazione visiva permettono di rendere l’informazione quanto più
immediata e captiva possibile.
• Le leggi di organizzazione stilate da Wertheimer rappresentano il criterio di
suddivisione o raggruppamento, sulla base del fatto che è più economico suddividere
o raggruppare le informazioni dal momento che è più facile comprendere
configurazioni strutturalmente semplici.
REGOLE DI ORGANIZZAZIONE
• Le leggi di organizzazione sono tutti quei fattori che contribuiscono
all’organizzazione degli elementi visivi in un contesto unitario. Queste leggi sono
state stilate da Max Wertheimer nel 1923, come conseguenza dello studio da parte
di Edgar Rubin, nel 1921, del fenomeno figura – fondo. Le leggi di organizzazione
visiva sono strettamente connesse ad un’ipotesi di campo, vale a dire che proprio in
relazione a questa ipotesi di campo (organizzazione strutturata delle singole
sensazioni di luce, ombra, colore eccetera) è possibile risalire a queste leggi. I fattori
che favoriscono il raggruppamento o la suddivisione sono: vicinanza, somiglianza
(per forma, dimensione, colore, orientamento), continuità di direzione, chiusura e
pregnanza.
Vicinanza
Il fattore della vicinanza è la condizione elementare per la configurazione di uno stimolo
visivo. Diciamo, quindi, che davanti ad un insieme indistinto, sorge l’esigenza di cercare
all’interno di esso un sistema di relazioni, una corrispondenza fra il tutto e le sue parti.
Somiglianza
Accade che due oggetti messi in relazione tra loro secondo rapporti di somiglianza, vengono
accomunati secondo esigenze formali dell’intero sistema. I fattori che possono determinare
il raggruppamento per somiglianza sono relativi a forma, colore, dimensione e
orientamento.
Continuità di direzione
Questo principio, detto anche del “destino comune”, afferma che una serie di elementi posti
uno di seguito all’altro, vengono uniti in forme in base alla loro continuità di direzione. Vi è
un’altra circostanza che contribuisce a favorire la continuità di direzione, ovvero la
simmetria, che determina la corrispondenza fra le parti. Per questo motivo sarà possibile
considerare completa, quindi congrua, una figura simmetrica.
Chiusura
Secondo questo principio le linee che formano delle figure chiuse tendono ad essere viste
come unità formali. La nostra mente è predisposta a fornire le informazioni mancanti per
chiudere una figura; pertanto, i margini chiusi o che tendono ad unirsi si impongono come
unità figurale su quelli aperti.
Pregnanza
Una delle leggi di organizzazione della forma stilate da Wetheimer è quella della pregnanza
o della forma buona. Secondo questa legge le totalità percettive tenderanno ad assumere la
miglior forma possibile secondo criteri di semplicità, simmetria, regolarità e continuità. Più
la figura segue queste qualità, più, secondo la legge della pregnanza, avrà la possibilità di
imporsi alla nostra percezione. Se prendiamo in considerazione questi concetti, possiamo
dedurne che il nostro sistema percettivo sceglie sempre la strada più semplice ed
economica per organizzare i dati a nostra disposizione.
COSTANZA FISIONOMICA
• Questa problematica è stata affrontata da Gombrich, secondo il quale la percezione
ha sempre bisogno di universali. Questo perché non potremmo percepire o
riconoscere i nostri simili se non potessimo cogliere l’essenziale e separarlo
dall’accidentale. Non solo la luce e l’angolo visuale cambiano, la l’intera
configurazione della faccia è in movimento perpetuo, movimento che però non
influenza le esperienze dell’identità fisionomica. Analogamente Arnheim ha
precisato che il volto umano così come la figura si afferra come uno schema globale
in cui i tratti essenziali (naso, occhi, bocca) entro i quali si possono inserire altri
particolari si colgono a differenza dei particolari accidentali.