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DOMENICA D’AGOSTO – pt1

Questo film è un vero e proprio spartiacque -> orizzonte della spiaggia, orizzonte di confine tra la terra e
il mare – la terra è simbolo della civiltà, delle norme che regolano la vita di tutti i giorni e il mare, che invece
è quell’eterno indistinto selvaggio in cui la dimensione della natura si esprime al suo massimo livello. In
mezzo c’è la spiaggia, questa zona di confine -> aspetto paesaggistico e simbolico della spiaggia quale
confine, qual filtro, quale luogo si passaggio tra una zona e l’altra e che in DDA trova la sua massima
esplicitazione, perlomeno in un film che per la prima volta nel cinema italiano pone la spiaggia al centro
dell’azione – primo film pienamente balneare della storia del cinema italiano – c’erano state in passato
scene di spiaggia, persino nel primo film sonoro del cinema italiano “La canzone dell’amore” di Gennaro
Righelli compariva una scena di spiaggia, ci sono film degli anni 30 e 40 in cui compaiono delle spiagge ma
mai come orizzonte in cui la quasi totale vicenda del film viene ambientata proprio come succede in DDA.
Lo stesso regista Luciano Emmer scrive: “Ho cominciato ad amare il cinema in una città immersa nell’acqua,
ossia Venezia. Era destino che vivessi l’avventura del mio primo film in una città davanti all’acqua, il mare di
Ostia.” -> ricordiamoci anche quest’elemento locale, cioè la spiaggia di Ostia, perché questa dimensione del
litorale laziale e in particolare quello ostiense come sappiamo è tornata centrale negli ultimi anni, basti
pensare alle serie televisive come Suburra, paesaggio riscoperto ma ovviamente in una luce
completamente diversa laddove in DDA ci troviamo di fronte ancora a d una visione ancora radiosa, ad un
sole che illumina questa giornata diciamo di festa, e quindi ad una spiaggia che è sinonimo di una
liberazione degli italiani tutti rispetto alle restrizioni della guerra, mentre la spiaggia di Ostia di un crime
movie e di una crime serie come Suburra (ma prima di Suburra ci sono stati anche tanti altri film negli anni
80 e 90) in cui essa aveva ormai perso questa sua natura di luogo ancora incontaminato come era invece in
DDA. La spiaggia di Ostia già a partire dagli anni ’80 diviene la spiaggia dei tossicodipendenti, basti pensare
al film “Amore tossico” di Claudio Calligari, diventa sinonimo di un luogo degradato che nelle serie tv degli
ultimi anni assume una funzione anche criminale.

Domenica d’agosto, dopo una serie di cortometraggi e di documentari d’arte realizzati con Enrico Gras tra il
38 e il 48, è la prima occasione in cui Luciano Emmer si confronta con un genere che avrebbe poi senz’altro
dominato la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60, quel filone balneare, un sottogenere della commedia
all’italiana. Nel 1949 quando il neorealismo era ancora in auge soprattutto oltreoceano, Sergio Amidei
(nome che dobbiamo legare profondamente al neorealismo) riesce a procurarsi le risorse finanziarie per
mettere in piedi la produzione di Dda e anche per co-sceneggiare il film. Il plot è molto semplice, quasi
inconsistente – è semplicemente una domenica d’agosto. Addirittura Emmer era partito dall’idea di un
reportage sulle spiagge di Ostia per poi ampliare il soggetto con l’aiuto di Amidei -> in seguito mette in piedi
quest’operazione: si concentra su un topos, quello della spiaggia, che assumerà nel cinema italiano
soprattutto degli anni a venire una funzione molto importante non solo come luogo fisico e geografico ma
anche come dimensione simbolica, come topos culturale, come luogo dell’immaginario nel quale si
potranno rispecchiare in maniera più o meno evidente le caratteristiche sociali, antropologiche ed
identitarie degli italiani. Questo succede già in Dda, la spiaggia è già il laboratorio, il luogo di osservazione di
come sono gli italiani all’epoca.

+Aspetto di trascendenza che la spiaggia rappresenta rispetto alla vita quotidiana nel cinema italiano ->
luogo in cui mettere letteralmente a nudo con tutte le sue contraddizioni il carattere nazionale degli
italiani, l’immagine dei loro usi e costumi e delle loro attitudini.

+Condizione carnevalesca a cui questa condizione si lega -> cosa c’entra il carnevale con la spiaggia? In
spiaggia succede un po’ quello che avviene a carnevale, c’è il trionfo di una sorta di liberazione
temporanea da quelle che sono le norme dominanti, dalle regole che normano la vita sociale e ordinaria,
sorta di abolizione provvisoria di tutti i privilegi, dei rapporti gerarchici, delle regole, delle classi sociali ->
stiamo citando l’intellettuale e filosofo russo Michail Bachtin che in una sua riflessione parla del Carnevale
in quanto tale, ma ciò che dice Bachtin riguardo la condizione carnevalesca noi lo possiamo mutuare a
adattare alla condizione balneare. Se ci pensiamo in spiaggia avviene quello che succede durante il
carnevale: noi a carnevale ci mascheriamo, indossiamo una maschera, e indossandola nascondiamo la
nostra identità, quindi nel Carnevale si diventa “tutti uguali”, si celano le differenze sociali dietro appunto a
quel costume. In spiaggia succede qualcosa di simile, però avviene attraverso un processo non di
mascheramento ma attraverso lo spogliarsi: in spiaggi siamo tutti seminudi, ci spogliamo di quegli orpelli
che nella vita di tutti i giorni determinano anche quelle differenze sociali. La spiaggia da questo punto di
vista garantisce una temporanea condizione carnevalesca in cui vige l’illusione di essere tutti uguali.
Potremmo anche riflettere sul fatto che in spiaggia si parli ugualmente di “maschere” e “costumi” come
nel carnevale. Tutto questo è al centro dei tanti film non esclusivamente di stampo commedico e
caricaturale in cui la spiaggia ha svolto una funzione determinante ai fini dell’individuazione degli aspetti
culturali delle trasformazioni socio antropologiche del nostro popolo e del nostro paese che possiamo
appunto far risalire a Domenica d’agosto che possiamo indicare come capostipite di questa serie di film in
cui la spiaggia ricopre un ruolo centrale. Altro elemento caratteristico del film: ci sono vari episodi che
vengono raccontati in parallelo mediante l’uso del montaggio alternato – si passa da una serie di
situazioni che hanno luogo nella spiaggia di Ostia a ciò che accade in una Roma spopolata e deserta. Il
tutto si svolge nel corso di una giornata.

Che cosa aveva in mente Emmer quando ha pensato a questo film? Né ad un film ad episodi né ad un
documentario propriamente, ma un “resoconto drammatico di quella giornata e di quelle persone le cui
vite si incrociano per opera del fato e del caso” (Cit. Emmer) intenzione se vogliamo neorealista, lui voleva
che il film fosse il più possibile schietto e sincero, che iniziasse con un soggetto ridotto al minimo e
destinato ad arricchirsi con il progredire del film, racchiudendo i fatti o i personaggi che man mano si
presentavano. Se vogliamo qui c’è un’impostazione neorealista. Il canovaccio di partenza diventa una vera
e propria sceneggiatura, per quanto scritta in maniera molto rapida, in sole due settimane.

Chi sono gli autori che ci lavorano? Franco Brusati, Giulio Macchi e il grande Cesare Zavattini -> l’impronta
neorealista è garantita anche da questa presenza. Ecco perché il film, pur essendo il precursore della
popolare commedia all’italiana, presenta dei tratti, un impianto e anche un’estetica saldamente ancorati
alla stagione neorealista.

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