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L’USCITA DALLE OFFICINE

1896 – Genere: documentario

Regia di Louis Lumière

TRAMA

Il film mostra un ampio gruppo di operai, per la maggior parte donne, al momento dell'uscita dalla
fabbrica Lumière a Montplaisir, alla periferia di Lione. L'edificio, situato al n° 25 di rue Saint Victor
(successivamente ribattezzata rue du Premier Film), è stato demolito nel 1970, ma il capannone
rappresentato nella scena è stato risparmiato. Classificato monumento storico nel 1995 e restaurato
alla fine degli anni 90, l'Hangar du Premier-Film ospita la sala cinematografica dell'Istituto
Lumière

VERSIONI

La ripresa non avvenne in maniera casuale, ma fu probabilmente organizzata a grandi linee a


tavolino, per renderla sufficientemente interessante e per farla adattare alla durata della bobina.
Ne sono riprova le diverse versioni del film: una con abiti primaverili, girata probabilmente ad
aprile, una con abiti invernali girata all'incirca a ottobre.

A negare la natura "documentaria" e spontanea del corto concorrono inoltre altri elementi:

 A giudicare dalle ombre, il sole è direttamente sulle teste dei personaggi, quindi il filmato è
stato probabilmente ripreso all'incirca a mezzogiorno, non certo all'orario
serale di chiusura. Tuttavia le ombre non sono sempre ben visibili, e il filmato potrebbe
risalire alla tarda mattinata.

 L'abbigliamento dei lavoratori potrebbe non essere costituito dai loro veri abiti da lavoro,
ma potrebbero essersi appositamente abbigliati in quel modo.

 I lavoratori sulla sinistra escono verso destra, e viceversa. Questo potrebbe suggerire che la
direzione da prendere gli sia stata indicata. Tuttavia le due corsie potrebbero essere dovute
ad un'abitudine degli operai.

Lorena Donnarumma
 Nessuno cammina in direzione della camera. Tuttavia i lavoratori potrebbero essere stati
avvisati semplicemente di non avvicinarsi e di non fissare la cinepresa.

 Un cane e un ciclista compaiono nello stesso momento, da diverse direzioni, ma


sembrano comparire in maniera casuale.

 Una carrozza mossa da due cavalli rappresenta il gran finale, cosa insolita da vedere
nei pressi di una fabbrica, ma plausibile.

 A ulteriore riprova di quanto già esposto, sono state ritrovate altre due versioni di questa
scena, in cui i lavoratori non riescono ad uscire dalla fabbrica nei tempi giusti e dove il cane
compare in entrambe, segno che le riprese richiesero numerosi tentativi

Lorena Donnarumma
L’ARRIVO DI UN TRENO ALLA STAZIONE DI CIOTAT

1896 – Genere: documentario

Regia di Auguste Lumière, Louis Lumière

L'arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat (in francese: L'Arrivée d'un train en gare de La
Ciotat o L'Arrivée d'un train à La Ciotat) è uno dei più famosi cortometraggi dei fratelli Auguste e
Louis Lumière, e da alcuni conosciuto come “il primo film”.

TRAMA

In esso viene rappresentato l'arrivo di un treno, trainato da una locomotiva a vapore, nella stazione
ferroviaria della città costiera di La Ciotat. Come la maggior parte dei primi film Lumière anche
questo illustra una scena di vita quotidiana.

Interessante è la particolare inquadratura angolata e non frontale, come invece avveniva di solito
nei primissimi film della storia del cinema, che permette una grande profondità di campo, con una
straordinaria messa a fuoco del treno in arrivo sia in lontananza sia in primo piano. I personaggi
entrano ed escono liberamente dalla scena, senza un personaggio o un'azione principale, ma anzi
con una molteplicità di centri di interesse.

ANALISI

La scelta del treno, protagonista insieme alla folla, non era assolutamente frutto di casualità: esso,
ripreso dai Lumière ben cinquantotto volte nei titoli del repertorio, è uno dei principali simboli
della modernità nell'immaginario ottocentesco. Vi è allora un inno alla evoluzione
tecnologica, alla velocità ed alle scoperte scientifiche, il cui emblema è la città simbolo della
modernità: la Parigi imperiale, in cui vige il clima positivista e celebrativo di Napoleone III e del
suo urbanista Huisman. Gli stessi Lumière, come scienziati ed inventori, si sentivano parte
dell'intemperie culturale.

Veniva riproposta la spettacolarizzazione dei riti sociali, il viaggio di un treno verso una località di
vacanza diveniva allora mitizzazione della propria contemporaneità, sviluppata con il nuovo
Lorena Donnarumma
strumento cinematografico. Il medesimo procedimento sarebbe successivamente stato applicato
alle "vedute animate", brevi descrizioni filmiche sia di Parigi, che di esotiche mete in tutto il
mondo. Inoltre, si riscontrava nell'ambito delle arti visive un modello ancor più diretto.

Vi era quindi una notevole affinità descrittiva tra il cinema delle origini e la
produzione impressionista: in ambedue era forte la propensione di introiettare al manufatto
artistico le pratiche proprie della vita moderna ed i suoi contesti, a cui l'artista prendeva parte.
Anche nel filmato dei Lumière gli autori, come il pubblico, erano inscritti nella scena. La scelta di
porre al centro della banchina il punto di vista (da cui si effettuano anche le riprese) porta lo
spettatore a sentirsi immerso nel medesimo ambiente, come ad affermare un condiviso senso di
appartenenza.

Il celebre filmato della locomotiva in corsa destava allora innumerevoli affermazioni di meraviglia e
spavento presso un pubblico ancora impreparato; esemplificativa risulta la dichiarazione della
contessa de Pange, che affermava: "la locomotiva sembrava uscire dallo schermo e balzare
direttamente sul pubblico mentre i viaggiatori si gettavano all'assalto dei vagoni". L'iperrealismo
delle immagini, l'incredibile profondità di campo ed il punto di fuga ribaltato faceva sembrare allo
spettatore che il treno stesse per invadere la sala investendolo.

Lorena Donnarumma
VIAGGIO SULLA LUNA

1902 – Genere: fantascienza, commedia

Regia di Georges Méliès

È in genere considerato il primo film di fantascienza, benché preceduto da alcune opere dello
stesso regista. Una delle scene iniziali del film, la navicella spaziale che si schianta sull'occhio
della Luna (che presenta un volto umano), è entrata nell'immaginario collettivo ed è una delle
sequenze che hanno fatto la storia del cinema.

TRAMA

Un congresso di astronomi decide di sparare sulla Luna una navicella a forma di proiettile, tramite
un gigantesco cannone; saranno gli astronomi stessi a intraprendere il viaggio. Mentre un gruppo
di ballerine festeggia l'evento (Méliès, quale uomo di spettacolo, ben conosceva l'importanza delle
ballerine negli spettacoli d'intrattenimento), il proiettile arriva sulla Luna, conficcandosi
direttamente nell'occhio della faccia dell'astro e provocandogli una visibile irritazione.

Una volta scesi, i viaggiatori incontrano i Seleniti, vengono catturati e presentati al loro Re.
Riescono a scappare, e ripartono facendo cadere il proiettile verso il basso, verso la Terra (secondo
un'intuitiva legge di gravità, secondo cui la Terra si trova in basso rispetto alla luna, e quindi, per
tornare sulla terra, basta "cadere" dalla luna), finendo in mare e venendo poi riportati in un porto.

ANALISI

Il filmato, girato a 16 fotogrammi al secondo, è muto, in bianco e nero (ma esistettero sicuramente
versioni colorate a mano) ed è composto come "film a quadri", cioè come una serie di scene a
inquadratura fissa (con sfondi diversi e durata variabile), inanellate una all'altra per comporre
una storia. Non è il primo film a quadri di Méliès (erano già stati girati almeno L'affaire Dreyfus,
Cendrillon, Jeanne d'Arc e Barbe-Bleu), ma è uno dei più famosi per via della ricchezza di effetti
speciali, il notevole grado di inventiva, la ricchezza di personaggi e la perfetta integrazione
ludico/narrativa. Méliès seppe infatti sfruttare tutte le possibilità tecniche allora disponibili,
combinandole con precisione meccanica.

Lorena Donnarumma
Le inquadrature spesso non sono perfette e tagliano fuori alcuni elementi sui lati: questo perché la
cinepresa di tipo Lumière, che Méliès adoperava, non era ancora dotata di mirino, per cui
l'inquadratura era spesso basata solo sul buon senso e l'esperienza dell'operatore.

La messinscena ricorda una farsa teatrale, dove però la scenografia cambia al ritmo di poche decine
di secondi, con un ritmo quindi giocosamente "frenetico" per l'epoca e lo stile di un allegro balletto.

Nelle opere di Méliès la componente di attrattiva per il pubblico era ancora sostanzialmente l'uso
degli effetti speciali e la visione di mondi magici resi incredibilmente reali grazie alla fotografia in
movimento della recente scoperta del cinematografo. Si parla infatti di questo primo periodo della
storia del cinema come "cinema delle attrazioni", dove cioè erano il movimento e gli effetti
speciali il principale motivo di richiamo, non ancora la narrazione di storie. Non si può
comunque affermare che le opere di Méliès siano assolutamente estranee a forme narrative (come
d'altra parte non lo erano i filmati anteriori dei Fratelli Lumière); anzi, soprattutto in Méliès, la
storia era spesso un collante per dare senso all'intera rappresentazione.

Le scene senza commento sonoro o didascalie risultano piuttosto difficili nella comprensione. Il
pubblico però all'epoca era aiutato dalla figura dell'imbonitore, cioè un narratore fisicamente
presente in sala che spiegava e coloriva con battute il senso della storia mostrata. Questa figura
gradualmente sparì dalle rappresentazioni cinematografiche successive.

Il Viaggio nella luna è considerato il primo film di fantascienza. Una delle scene iniziali
del film, la navicella spaziale che si schianta sull'occhio della Luna (che presenta un volto umano), è
entrata nell'immaginario collettivo ed è una delle sequenze che hanno fatto la storia del cinema.

Viaggio nella luna fu la prima opera di finzione cinematografica a conoscere un successo mondiale.
Il film anche oggetto di una massiccia opera di pirateria, operata innanzitutto da Thomas
Edison, che lo distribuì personalmente in America controtipando illegalmente una copia

Lorena Donnarumma
VIAGGIO ATTRAVERSO L’IMPOSSIBILE

1904 – Genere: fantascienza

Regia di Georges Méliès

TRAMA

Il professor Craziloff (da "crazy", una sorta di scienziato pazzo) ha brevettato un mezzo che raduna
tutte le conoscenze in fatto di trasporto (treno, auto, mongolfiera, sottomarino, ecc.). Con questo
organizza uno straordinario viaggio con alcuni compagni, tra i quali un giovane assistente
pasticcione. Dopo una tappa in Svizzera, il convoglio usa una montagna come trampolino e arriva
in cielo, dove viaggia tra stelle di cartone, animate da avvenenti ballerine. Infine giunge
nientemeno che sul Sole. Da qui, dopo alcune avventure, il gruppo riparte tuffandosi verso la terra,
dove sprofonda nel mare con la cabina sommergibile, e dove fa un incontro con un mostro marino;
infine approda a un porto, dove il gruppo viene riconosciuto dalla popolazione locale e, facendo
festa, rientra trionfalmente in città.

Il film è intriso dei miti del positivismo, che vedeva nelle macchine e nelle nuove invenzioni i mezzi
per raggiungere qualsiasi scopo per il progresso della civiltà.

ANALISI

Il film è composto a "quadri" o a "stazioni", singole inquadrature fisse dove si svolge una scena:
alcune durano pochi secondi (come quando il treno precipita), altre alcuni minuti e sono spesso
trattate come singoli episodi con scenette buffe che ne articolano la composizione.

Del film ci è pervenuta una pregevole versione colorata a mano. Il film riprende e sviluppa lo
schema del Viaggio nella Luna, del 1902.

Le inquadrature spesso non sono perfette e tagliano fuori alcuni elementi sui lati: questo perché la
cinepresa di tipo Lumière, che Méliès adoperava, non era ancora dotata di mirino, per cui
l'inquadratura era spesso basata solo sul buon senso e l'esperienza dell'operatore. La messinscena

Lorena Donnarumma
ricorda una farsa teatrale, dove però la scenografia cambia al ritmo di poche decine di secondi, con
un ritmo quindi giocosamente "frenetico" per l'epoca e lo stile di un allegro balletto.

Le scene senza commento sonoro o didascalie risultano piuttosto difficili nella comprensione. Il
pubblico però all'epoca era aiutato dalla figura dell'imbonitore, cioè un narratore fisicamente
presente in sala che spiegava e coloriva con battute il senso della storia mostrata. Questa figura
gradualmente sparì dalle rappresentazioni cinematografiche successive.

Melies sperimenta tutti i possibili espedienti tecnici e meccanici per condurci in un viaggio che ci
inoltra verso gli ampi scenari spaziali imbattendoci anche in una rappresentazione del Sole inedita
e feroce,che inghiotte un convoglio di esploratori.

Da qui siamo coinvolti nel regno del paradosso, con scenografie dipinte miste ad oggetti in primo
piano reali, personaggi eccentrici che impazziscono di fronte a situazioni pressoché strambe e ben
lontani da quello che si concepisce come realtà, inseriti in una baraonda di effetti speciali fai da te
presi in prestito da prestigiatori che a inizio '900 riempivano letteralmente i teatri.

Si rimane stupiti e sbigottiti di fronte a tale realizzazione, di fronte a simile impegno da parte di
Melies di creare un mondo che mai i registi di quell'epoca concentrati su ritratti fotografici in
movimento e su direzioni di simil-documentari veritieri avrebbero mai concepito.

Lorena Donnarumma
LE AVVENTURE DI DOLLIE

1908 – Genere: commedia, drammatico

Regia di David W. Griffith e, non accreditato, G.W. Bitzer

TRAMA

Dollie e i suoi genitori, in una giornata d'estate, cercano ristoro dal caldo vicino al fiume. Si
avvicina uno zingaro accampato nella zona: vuole vendere ai nuovi venuti la sua mercanzia. Ma la
mamma di Dollie non vuole niente. L'uomo aggredisce le due che sono salvate dell'intervento
tempestivo del papà, accorso in loro soccorso. Lo zingaro giura vendetta e, poco dopo,
approfittando di una disattenzione dei genitori, riesce a rapire Dollie. Le avventure per la bambina
non sono finite: per sviare le ricerche su di lei, il rapitore la nasconde dentro a un barile che finisce,
rotoloni, nel fiume: Dollie viene portata via dalla corrente, dritta verso una cascata. Ma si incaglia
in un meandro del fiume e i suoi lamenti vengono sentiti da alcuni ragazzi che stanno pescando.
Arrivano anche i genitori di Dollie che, con sorpresa, scoprono all'interno la loro figlioletta. Felici,
la prendono in braccio per consolarla. Ma, forse, per Dollie, tutto è stato soltanto un'eccitante
avventura.

ANALISI

Nel 1974, la critica parlava così del film: "Combinando la sua esperienza di commediografo con il
suo modo di pensare da regista, Griffith concepì una tecnica di regia che gli sarebbe servita per il
suo primo film e per la maggior parte degli altri suoi 400 film che avrebbe realizzato alla Biograph
nel lustro seguente. Il metodo sviluppato dal regista fu quello di fondere un'azione con
quella successiva, senza fermare o muovere la macchina da presa, un metodo che gli
permetteva di introdurre nuovi attori, di mantenere fluido lo svolgersi dell'azione e di suggerire allo
spettatore che stava per succedere qualcosa di nuovo nello svolgersi della storia..."

The Adventures of Dollie è considerato l'esordio alla regia di David Wark Griffith, uno dei registi
americani pioneri della settima arte. È la storia, semplice ma sorprendentemente avvincente, del
rapimento della piccola Dollie, e del suo fortuito e rocambolesco ritrovamento.

The Adventures of Dollie ha contribuito anche a una nuova definizione, per l'epoca, di “regista”.
Nel cinema delle origini, infatti, il regista era sempre anche l'operatore della macchina da presa,
Lorena Donnarumma
che decideva e girava ogni inquadratura. Griffith fece il suo ingresso nell'industria cinematografica
in un momento durante il quale il cinema era alla ricerca di una maggiore dignità, proponendo la
narrazione di una storia a favore della semplice attrazione (il mostrare qualcosa che si compie
attraverso l'immagine in movimento). Questo cambiamento comportava maggiore attenzione al
prodotto, e nuove figure professionali dovevano essere coordinate sul set. Griffith, complice la sua
personalità, riuscì a imporsi come uno dei primi registi in grado di guidare la troupe per realizzare
il film secondo una propria precisa visione d'insieme. E già da questa sua prima opera è chiara la
visione rivoluzionaria: tredici inquadrature quasi tutte differenti ma sempre
legate da una nuova attenzione alla geografia dello spazio diegetico. Le inquadrature seguono gli
attori nei loro spostamenti all'interno delle location, in modo che la scena non sia costituita da una
sola inquadratura, ma che siano più quadri a comporre una scena.

Lorena Donnarumma
LOVE AMONG THE ROSES

1910 – Genere: sentimentale

Regia di David W. Griffith

TRAMA

Nel paese che non c'è, il Signore passeggia per i suoi possedimenti, godendo della bellezza della
natura. Giunge vicino al confine, dove incontra la bella Signora sua vicina: i due, con naturalezza,
decidono di unirsi in matrimonio diventando insieme i signori di tutta la Terra che non c'è. Ma non
tutto è bello, favoloso e fatato come sembra: nel paese vive anche una povera ricamatrice, fidanzata
al povero giardiniere. Lei è una fanciulla deliziosa che colpisce il cuore del Signore quando lui la
vede per la prima volta: improvvisamente, il gran signore si rende conto di cosa sia l'amore.
Altrettanto capita alla Signora, fulminata dalla fisicità del giardiniere, alto e possente come non è il
suo aristocratico compagno. La Signora ammette che non potrà essere felice se non che con il bel
giardiniere. Il Signore, felice, acconsente a rompere il fidanzamento, così anche lui potrà
impalmare la sua bella ricamatrice.

Lorena Donnarumma

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