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Daniele Leandri

Sergio Leone:
Tutti i fotogrammi

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Indice
Sergio Leone - Biografia .....................................6
Lo stand - Presentazione e immagini ......................................8
Gli schizzi - L’evoluzione del progetto .....................................18
Il sistema espositivo I - Le moviole ..................................24
Il sistema espositivo II - I tabelloni edi il percorso ...................................28
I disegni - Le tavole i materiali e le tecnologie ...................................38

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Sergio Leone
La biografia

Nasce a Roma il 3 gennaio 1929 da Vincenzo Leone, regista del


muto noto con lo pseudonimo di Roberto Roberti, e da Bice Valeri,
attrice.
Esordisce nel cinema lavorando come assistente volontario e com-
parsa, fra l’altro, in “Ladri di biciclette” (1948) di De Sica. In seguito,
è a lungo aiuto regista di
Mario Bonnard: nel ‘59, essendo quest’ultimo ammalato, lo sostitui-
sce sul set de “Gli ultimi giorni di Pompei” per completarne le ripre-
se. Dopo aver fatto l’aiuto regia del “Ben Hur” (1959) di William Wy-
ler e diretto la seconda unità in “Sodoma e Gomorra” (1961) di Robert
Aldrich, si licenzia infine ed esordisce col mitologico “Il colosso di
Rodi” (1961): il primo lungometraggio tutto suo.
E’ del 1964, tuttavia, il film che lo imporrà all’attenzione ge-
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nerale: “Per un pugno di dollari”, firmato con lo pseudonimo di Bob
Robertson in omaggio al padre, indica una convincente via al we-
stern autarchico lungo i sentieri d’una narrazione barocca, roboante
ed iperviolenta (pur sulla base d’uno spunto non originale, mutuato
con evidenza da “La sfida del samurai”di Akira Kurosawa).
I successivi “Per qualche dollaro in più” (1965) ed “Il buono, il
brutto, il cattivo”(1966) completano quella che verrà definita la “tri-
logia del dollaro”, incassano cifre enormi, ripropongono una formula
vincente: aggressiva ed accattivante colonna sonora di Ennio Morri-
cone, interpretazioni sornione e grintose di Clint Eastwood (ma an-
che degli ottimi Gian Maria Volonté e Lee Van Cleef), cui s’aggiunge
- a livello stilistico - una iperbolica dilatazione dei tempi narrativi che
diventa, a tratti, paradossale ieraticità del gesto.
“C’era una volta il West”(1968) conferma ed infrange nello
stesso tempo gli schemi di cui sopra, inscenando la fine del West e
del mito della Frontiera: l’icona Henry Fonda assume per l’occasione
i tratti d’un assassino feroce ed inesorabile, il ligneo profilo di Char-
les Bronson gli si contrapppone in una cupa vicenda di vendetta e
di morte.
Se il successivo “Giù la testa” (1971), colorito e movimentato
pot-pourri sulla rivoluzione ambientato nel Messico di Villa e Zapata,
ristagna un po’ fra manierismo e ritualità, è con “C’era un volta in
America” (1984) che il cineasta romano dà vita al suo capolavoro.
Frutto d’una lunghissima gestazione, il film si colloca negli anni rug-
genti del proibizionismo una storia di gangster ed amicizia che si
dipana per quasi quattro ore tra piombo e sangue ed intense pa-
rentesi di struggimento; il tutto, all’insegna di un’acuta cognizione
della memoria di sapore proustiano, con il contributo di attori mirabili
(De Niro è il più citato, ma James Woods gli tiene testa benissimo) e
del suggestivo commento sonoro di Ennio Morricone.
La parabola artistica di Leone si conclude qui: un infarto lo
stronca nella sua casa romana il 30 aprile 1989, mentre è alla prese
con il laborioso progetto d’un film incentrato sull’assedio di Lenin-
grado.

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Lo stand
Presentazione e immagini

Come celebrare il ventennale della


morte di Sergio Leone? Come costruire ed
impostare una mostra al tempo stesso sim-
bolica ed evocativa?
La risposta, o meglio, l’ispirazione si
trova negli stessi film del regista: in quei
paesaggi brulli, aridi e desertici ormai im-
pressi a fuoco nell’immaginario collettivo; e
in quei colori, forti, caldi e decisi che tro-
viamo nelle sue pellicole: quei colori capaci
di evocare silenzi ed attese infinite.
Di qui la scelta di astrarre e iconizzare
tanto i paesaggi che i colori dello “Spa-
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ghetti West” creato da Leone.

Il risultato è un’astrazione di
canyon, che risulta dalla stratifi-
cazione di sei fasce colorate con
tonalità varianti dal beige al marro-
ne scuro.

La stratificazione è molto im-


portante nell’identificazione di un
paesaggio carsico quale può esse-
re quello del Grand Canyon in Ari-
zona. Essa non è che un aspetto
di tale paesaggio, ma ritengo che
lo descriva iconicamente in manie-
ra molto efficace.

In maniera simile il regista ro-


mano ha provato nelle sue opere a
rendere “americani” molti paesaggi
che americani non sono (si pensi
che la quasi totalità dei film di Le-
one sono stati girati tra la Spagna,
l’Italia e il Marocco) con risulta-
ti stupefacenti, al punto che al
giorno d’oggi l’icona del pistolero
americano coincide esattamente
con quella da lui creata nei suoi
quattro film Western.

Ovviamente il regista non ha


diretto unicamente film “Spa-
ghetti Western”, egli ha iniziato
con la direzione di film epici, ed

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ha concluso la sua carriera con
“C’era una volta in America”,
pellicola ambientata durante il
periodo del proibizionismo Ame-
ricano degli anni trenta.

Resta però, tuttavia le-


gato a quelle quattro pellicole
western al punto tale da spin-
germi a richiamare il brullo pa-
esaggio del west nel mio stand
celebrativo.

Lo stand celebrativo è
stato pensato per essere co-
struito durante la Festa del
Cinema di Roma, e pertanto
per essere installato lungo via
De Cubertin, di fronte all’Au-
ditorium di Roma, subito oltre
l’aiuola spartitraffico.
La posizione un po’ lonta-
na dal passeggio della Festa del
Cinema è voluta e fortemente
desiderata. L’isolamento della
struttura serve infatti alla riu-
scita dei giochi di illuminazione
che sono alla base della strut-
tura.
Tra strato e strato della
costruzione ci sono, infatti, dei
tubi fluorescenti che scorren-
do per tutta il perimetro dello
stand , provocano un sugge-

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stivo effetto di luce che filtrando
fra gli strati riesce a sottolineare
l’andamento sinuoso della stratifi-
cazione.

Oltre a ciò il buio è neces-


sario per consentire un’efficace
proiezione dei filmati. All’interno
del percorso sono posizionate di-
fatti cinque moviole (dei dispositivi
per visualizzare i film con possibi-
lità di effettuare il controllo della
velocità della pellicola manualmente
tramite due manovelle poste ai lati
dello schermo), ed una piccola sala
proiezione per la visione dei filmati.
Ad aumentare questa neces-
sità di buio ed isolamento bisogna
osservare che lo stand non ha
alcuna copertura contro la luce
e/o la pioggia. Il cielo e i feno-
meni atmosferici giocano quindi
una parte fondamentale nella sua
estetica.

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Così come fosse un
personaggio di un film del
regista che non riesce
a dormire se non all’aria
aperta ed in mezzo ad
un ampia radura, lo stand
accoglie il visitatore
aperto con al posto della
copertura solo un fitto
manto di stelle.

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Gli schizzi
L’evoluzione del progetto

Lo stand è stato
pensato come un percor-
so che si snoda sinuoso
sul fondo di un canyon.
Come un corridoio sulle
cui pareti possono trovare
posto tabelloni espositivi e
dispositivi illuminanti.

Il progetto prevede
che le pareti abbiano sem-
pre una costituzione stra-
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tificata, ovverosia che siano com-
poste da più layer orizzontali con
tonalità di colore digradanti.
Per quel che riguarda l’espo-
sizione, l’idea particolare di questa
mostra (da cui il titolo: tutti i foto-
grammi) è l’utilizzo di moviole, ovvero
di antichi apparecchi per il mon-
taggio delle pellicole. Tali dispositi-
vi consentono al montatore (e nel
nostro caso al visitatore) di visionare
la pellicola alla velocità desiderata in
avanti, indietro e persino fotogram-
ma per fotogramma.
Nello schizzo accanto ho ri-
prodotto la moviola meccanica
“Murray” con le due manovelle e
la sua struttura di funzionamento.
L’idea originale (diversa la versione
definitiva) era di utilizzare proprio
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questo modello.
Le due mano-
velle per il movimento della
pellicola ed il monitor per
visionare il film sono so-
stenuti da una struttura
composta da due lastre di
PVC ripiegate e imbullona-
te, in maniera tale da cre-
are la forma stilizzata di
un proiettore da cinema.
Il visitatore potrà li-
beramente visionare la pel-
licola attraverso la rotazio-
ne delle due manovelle.

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Montaggio

In questa pagi-
na e nella successiva
le varie fasi di mon-
taggio della struttu-
ra.
1) installazione
del pavimento flot-
tante UNIFLAIR, che
consente di livellare
la struttura e di na-
scondere i cavi.
2) Erezione della
struttura del totem
centrale (da notare
le travi americane di
sostegno).
3) posiziona-
mento delle strutture
portanti delle pareti
(TETRART), nonchè
dei sistemi illuminanti.

Copertura in
PVC stampato par-
tendo dall’alto:

4) Primo strato
di colore Beige.
5) Secondo
strato di colore Mar-
rone Chiaro.
6) Terzo strato

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di colore Marrone scu-
ro.
7) Quarto strato
sempre Marrone Scuro.
8) Quinto strato di
colore Marrone chiaro.
9) Sesto strato
per concludere di co-
lore Beige.

Anche il tavolo
del bookshop ha al suo
interno un supporto
strutturale TETRART
ed esternamente pre-
senta anch’esso tre
stratificazioni.

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Il sistema espositivo I
Le moviole

La migliore cosa per conoscere


un regista è vedere i suoi film, ap-
prezzare le sue immagini, le sue in-
quadrature e i suoi personaggi. In-
somma trattare il film proprio come
fosse un quadro in un’esposizione.

Ed è proprio per questo che ho


pensato alle “Moviole”, ovvero ad ap-
parecchi che consentono una visio-

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ne del film particolare, che va
dalla normale esecuzione alla
riproduzione fotogramma per
fotogramma. In tal modo è
possibile apprezzare le sce-
ne selezionate e scendere in
dettaglio su ogni particolare
che interessi.
Il funzionamento delle
moviole è volutamente manua-
le: E’ il visitatore che ruotando

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le manovelle collegate alle bobine mette in movimento, alla velocità
desiderata le immagini.
Tecnicamente il sistema è gestito da un PC dotato di lettore
DVD e monitor 17’’ situato dietro la moviola, il controllo della veloci-
tà di esecuzione è effettuato tramite due manopole JOG/SHUFFLE
USB (nel caso ho pensato alle PowerMate USB Multimedia Control-
ler di Griffin Tecnology riportate in fotografia) collegate sull’asse di
rotazione delle manovelle.

In fotografia il controller: PowerMate


USB Multimedia Controller di Griffin TEc-
nology

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Il sistema espositivo II
I tabelloni ed il percorso

Il percorso che si snoda attra-


verso lo stand si articola su otto tap-
pe:
Una fermata per ogni film impor-
tante della carriera del regista (cinque),
una fermata per conoscere i dettagli
della sua biografia, un’altra per co-
noscere le influenze che l’autore ha
subito ed infine, alla conclusione del
percorso una piccola sala proiezione
in cui vedere documentari, interviste e
trailer su Leone e le sue opere.

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I tabelloni sono stati da me disposti lungo il percorso in or-
dine cronologico. Tale ordine è fondamentale in quanto illustra ef-
ficacemente il lungo cammino di evoluzione vissuto dal regista. Una
continua crescita artistica. che lo ha portato dal banale “il Colosso
di Rodi” (film d’esordio) al suo capolavoro “C’era una volta in Ameri-
ca” girato pochi anni prima di morire.

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In questa pagina e
nelle successive ho
riportato tutti i tabel-
loni della mostra.
I tabelloni sono
stampati su pellicola
trasparente incollata
su lastre in materia-
le plastico, anch’esso
trasparente, in modo
da creare l’effetto di
scritte e fogli sospe-
si che magicamente
fuoriescono fra strato
e strato delle pareti.

La grafica vuol
richiamare lo stile dei
fumetti anni ‘70-’80
usando una decora-
zione per lo sfondo di
tipo mezzatinta.

L’andamento dei
tabelloni è variegato:
alcuni fuoriescono dal
primo strato ed al-
tri da secondo e ciò
unito alle serpeggianti

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curve del percorso,
che nascondono alla
vista i tabelloni e le
moviole successive;
evita la monotonia di
un’esposizione troppo
ordiinata e garantisce
al visitatore una sco-
perta graduale delle
informazioni contenu-
te.

Ad ogni pellicola
sono dedicati tre ta-
belloni ed una moviola
con gli spezzoni più
importanti. Il primo
tabellone (il più pic-
colo) con la locandina
e la trama, il secondo
con la vita e la filmo-
grafia di due fra gli
attori protagonisti, il
terzo con la critica e
gli screenshot.

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Alla fine del percorso troviamo la sala proiezioni (riprodotta nel
render sottostante).
In tale sala verranno effettuate proiezioni di documentari sulla
vita del regista, soprattutto per descriverne la meravigliosa umanità
di romano DOC.

A tal fine verranno proiettate le interviste ai suoi affeziona-


tissimi amici come Mario Brega (che Leone considerava alla stregua
di un fratello), Ennio Morricone , Carlo Verdone e i tanti altri che
sanno dare di lui un’immagine vera piena di umanità, ammirazione e
affetto.

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I disegni
Le tavole, i materiali e le tecnologie

Lo stand occupa uno spazio


di 15m x 10m più altri 2m di peda-
ne d’accesso ed ha un’altezza di
6m (totem).

Nelle pagine successive:


1) le varie viste
2) la pianta in scala 1:100
della struttura,
3) Le sezioni dei sei livelli e
le relative altezze in scala 1:200.

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Pareti (dettaglio)

Il dettaglio delle pareti


con la struttura Tetrart in
vista ed i distanziatori ag-
giunti necessari alla strati-
ficazione.

Nella pagina succes-


siva è riportata la sezione
della parete in scala 1:25.

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Tabelloni
In questa pagina due
render del risultato estetico
dei tablelloni.
i tabelloni sono in
Policarbonato trasparente e
sono sorretti da un basa-
mento in lamiera d’acciaio sagomata e tagliata.
L’ illuminazione gradevole ed uniforme è garantita per ogni po-
ster da due distinte fonti luminose: una lampada “Applique 2” di J.
Garcia Garay che illumina dall’alto e dalla luce flitrante dagli strati
che illumina dal basso. A seguire tavole tecniche con misure (1:25).

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Pavimento
Si è adottato un pavimento
sopraelevato per evidenti motivi di
adattabilità a diverse superfici e fa-
cilità di passaggio servizi (elettricità
telefono, collegamenti computer).
Il pavimento è del tipo UNI-
FLAIR 30LF dotato di rivestimento
inferiore in lamiera zincata e ri-
vestimento superiore in laminato. .
Oltre le caratteristiche tabellate,
vanno notata le ottime caratteri-
stiche di sicurezza per quanto ri-
guarda la resistenza al fuoco e il
collegamento elettrico a terra.

Il carico ammesso è di oltre


2000 kg/mq, valore assai elevato
ma che mette al sicuro da impreci-
sioni di montaggio e usura materiali
Il montaggio di questi pavimenti è
rapido . Si stima che due operai-
possano montare circa 90 mq/tur-
no . Nel caso , considerando i tagli
dei pannelli , si può stimare che il
montaggio possa essere completato
da due operai in due turni di lavoro
di 8 ore . E’ disponibile una com-
pleta la dotazione di accessori per
i collegamenti elettrici, telefonici,
computer e per il montaggio (ven-
tose ).

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CARATTERISTICHE FISICHE DEL PANNELLO SENZA FINITURA

test standard u.m. valore


Dimensioni nominali mm 600 x 600
Spessore mm 28
Differenze diagonali mm ≤ 0,4
Densità kg/m³ 650
Peso kg 6,6
Resistenza elettrica trasversale EN 1081 Ω ≤ 1x 1010
Autoestinguenza dei bordi UL 94 VO
Resistenza al fuoco CIRC 91/61 REI 30
Reazione al fuoco CSE/RF/2/75/A Classe 1

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Il materiale scelto per l’ossatura delle
e pareti è costituito da strutture reticola-
ri TETRART. La principale caratteristica è
quella di essere trasportabili in una valigia e
di aprirsi con facilità e rapidamente sul luo-
go di utilizzo.
I display TETRART sono realizzati
con tubi di alluminio anodizzato e snodi in
nylon. La struttura è composta da mo-
duli base di cm 70 x 70 e profondità
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La modularità del sistema e le numero-
se soluzioni compositive permettono l’alle-
stimento degli spazi espositivi più articolati.
I dispaly possono essere composti in
strutture dritte o curve di varie altezze,
multiple di 70 cm , Pur limitati nel carico
massimo, possono completarsi di nicchie,
ripiani ,luci di vario tipo , e permettono il
facile aggancio dei teli di tamponatura.
Completa la gamma di pezzi speciali, termi-
nali, colonne, cilindri ed altro realizzati con
lo stesso modulo universale. Fra gli acces-
sori la valigia di trasporto dei display chiusi .

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Partendo da in alto a sinistra vediamo le quattro fasi del mon-
taggio della sttruttura reticolare Tetrart. Come si può vedere essa
viene estratta dal contenitore e successivamente semplicemente
“aperta” con un movimento delle braccia. Nell’ultima immagine notia-
mo il fissaggio di sicurezza.

Nella seconda riga: due allestimenti con Tetrart, la valigia/cu-


stodia della struttura, un elemento modulare tetrart con in evidenza
il Nodo che consente la rapida apertura/chiusura.

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Altri materiali
ll materiale utilizzato per la costruzione
dei tabelloni è costituito da lastre di policar-
bonato compatto della SIR Divisione Materie
Plastiche . Grazie alla leggera curvatura degli
espositori, è sufficiente utilizzare una lastra
di spessore 3 mm. Robustezza, trasparenza,
leggerezza, flessibilità e resistenza alla fiam-
ma e agli urti sono le tipiche caratteristiche .
E’ disponibile in numerose colorazioni e livelli
di trasparenza.
In particolare, per l’uso negli espositori, si
sottolineano la leggerezza, l’infrangibilità e
l’elasticità che ne rendono l’impiego facile e
sicuro.
Il materiale utilizzato per le pareti che
vanno a dare forma al nostro canyon è co-
stituito da lastre di PVC colorato con i colori
che vediamo nei rendering. Queste lastre di
PVC hanno spessore di 2 mm.

Il sistema di illuminazione impiega lam-


pade fluorescenti OSRAM Lumilux HO di
diametro molto ridotto (16 mm), potenze fra
24 e 54 W e lunghezze fra 950 e 1200 mm.

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