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Il banco ottico

L’apparecchio a banco ottico rappresenta contemporaneamente la più


assoluta semplicità costruttiva e la più sofisticata modalità di ripresa.
La prima affermazione nasce dal fatto che esso è composto da pochissimi
elementi, molto robusti, di facile produzione, mentre la seconda riguarda una
serie di considerazioni:

- Il formato della pellicola, da 4x5 pollici a 8x10, che consente


ingrandimenti elevati con minima perdita di qualità.
- La possibilità per mezzo dei movimenti di basculaggio di avere un
totale controllo della messa a fuoco.
- La possibilità, tramite il basculaggio della standarta posteriore e
anteriore di correggere le forme e la prospettiva.
- La possibilità per mezzo dei movimenti di decentramento di avere un
totale controllo sulle linee cadenti.
- La modularità, ovvero la possibilità di raggiungere la configurazione
ottimale per ogni tipo di ripresa.

Le principali parti che lo compongono sono: 1 - la rotaia, 2 – il morsetto, 3 – la


standarta anteriore, 4 – la standarta posteriore, 5 – il soffietto.
Sulla standarta anteriore è montata la piastra porta ottiche e relativa lente,
sulla posteriore il vetro smerigliato e il dorso porta-chassis.
Movimenti del banco ottico
Nell’utilizzo del banco ottico sono possibili 3 tipi di movimenti:

- quelli lungo il binario, necessari per la messa a fuoco.


- quelli traslatori sulle standarte (decentramenti)
- quelli rotatori lungo gli assi verticali e orizzontali delle due standarte
(basculaggi)

Decentramenti
I decentramenti del dorso spostano il vetro smerigliato rispetto all’immagine,
mentre i decentramenti dell’ottica spostano l’immagine rispetto al vetro
smerigliato.
Questi movimenti vengono utilizzati in diverse occasioni:

- correzioni delle deformazioni prospettiche


- fotografia di elementi riflettenti (potendosi porre di fianco, ma
inquadrare come davanti)
- fotografare evitanto un ostacolo
Basculaggi
I movimenti di basculaggio servono a gestire il piano di messa a fuoco.
Differentemente dalle normali fotocamere, il banco ottico può foceggiare su
un piano non parallelo al piano focale. Questo si traduce nella possibilità di
avere campo nitido senza essere costretti a diaframmi estremamente chiusi.
Per ottenere la massima profondità di campo deve essere soddisfatta la
regola di Scheimpflug.
Obbiettivi per banco ottico e cerchio di
illuminazione e di buona definizione
Il cerchio di illuminazione è la superficie circolare formata sul piano focale
dall’intero cono di luce prodotto dall’obbiettivo. Normalmente è di diametro
maggiore al cerchio di definizione.

Il cerchio di buona definizione è una superficie circolare formata sul piano


focale da una parte del cono di luce prodotto dall’obbiettivo, in grado di
formare un’immagine dotata di definizione accettabile secondo gli standard.

Gli obbiettivi utilizzati sul banco ottico sono caratterizzati da un elevato


cerchio di copertura, molto superiore alla dimensione del fotogramma, per
consentire i movimenti di basculaggio e decentramento rimanendo all’interno
del cerchio di buona definizione.
Legge dell’inverso del quadrato della
distanza
L’intensità della luce irradiata da una fonte luminosa puntiforme è
inversamente proporzionale al quadrato della distanza dalla sorgente
luminosa stessa.

È il motivo per cui, in un banco ottico, avviene la correzione dell’esposizione


in funzione del tiraggio, ovvero la lunghezza del soffietto, che aumenta al
diminuire della distanza di messa a fuoco.

Correzione dell’esposizione
A causa della legge dell’inverso del quadrato, quando si focheggiano soggetti
ravvicinati, o comunque che prevedano un allungamento del soffietto
superiore a quello del tiraggio all’infinito, è necessario compensare
l’esposizione, al fine di evitare immagini sottoesposte.
Le tabelle sottostanti indicano il fattore di compensazione da applicare, in
funzione della lunghezza focale della lente e del tiraggio.
Esiste anche un metodo empirico per calcolare la compensazione
dell’esposizione:

La procedura è la seguente:

Si effettua la messa a fuoco del soggetto;

Si misura l'allungamento del soffietto con un semplice righello, prendendo


come punti di riferimento le due standarte (se non si usa un teleobiettivo, ma
un obiettivo a schema simmetrico, il piano nodale posteriore coincide quasi
esattamente con il piano su cui giace la piastra portaottica);

Si considera il valore rilevato come se fosse un valore di diaframma,


approssimando (per eccesso o per difetto) al valore più vicino. Se ad esempio
abbiamo misurato un tiraggio di 20 centimetri, lo considereremo equivalente a
f/22; se avremo misurato 35 cm, terremo a mente f/32;

Si trasforma la lunghezza focale dell'obiettivo in centimetri;

Si considera il valore rilevato come se fosse un valore di diaframma,


approssimando (per eccesso o per difetto) al valore più vicino. Se ad esempio
l'obiettivo ha una focale di 180 mm (18 cm), noi la considereremo equivalente
a f/16; un 210 mm sarà equivalente a f/22;

Si calcola quanti sono i diaframmi di differenza fra i due valori rilevati. Questo
scarto sarà il fattore di posa da applicare.
sempio: dopo avere messo a fuoco il soggetto, vediamo che il tiraggio è pari a
47 cm.
Questo valore può essere considerato come f/45. Sappiamo che l'obiettivo ha
una focale di 210 mm (21 cm), paragonabile a f/22. Quanti sono i diaframmi
che separano f/45 da f/22? Sono due diaframmi. Allora noi incrementeremo
l'esposizione di due diaframmi (o quadruplicheremo il tempo di otturazione
aumentandolo di due valori) per compensare la caduta di luce dovuta al
tiraggio.
Lunghezze focali equivalenti

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