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Indice
1Etimologia
2Storia
3Tecnica
o 3.1Perfezionamento di tecnologie e materiali
o 3.2Riproduzione dei colori
4Chimica
o 4.1Processi con l'alogenuro d'argento
o 4.2Processi senza argento
o 4.3Processi per le istantanee
5Applicazioni scientifiche
o 5.1Generalità
o 5.2Fotografia ultrarapida e stroboscopica
o 5.3Fotografia stereoscopica
o 5.4Fotografia nell'infrarosso e ultravioletto
o 5.5Fotografia aerea e orbitale
o 5.6Fotografia astronomica
o 5.7Fotomicrografia
6Arte
7Fotografia digitale e quella analogica
8Diritto
9Note
10Bibliografia
11Voci correlate
o 11.1Generi
o 11.2Tecniche
12Altri progetti
13Collegamenti esterni
Etimologia
Il termine "fotografia" deriva dal greco antico φῶς, φçωτόςç;, phōs,
photos («luce[1]») e γραφία, graphia («scrittura[2]») ovvero "scrittura con la
luce"
Storia
J. N. Niépce: Vista dalla
finestra a Le Gras, 1826. Il tempo d'esposizione di 8 ore dà l'impressione che
il sole illumini gli edifici sia da destra che da sinistra.
Louis Daguerre: Boulevard du
Temple, 1838. Il tempo di esposizione di 10 minuti rende visibile solo un
uomo che si fa lucidare le scarpe
Il termine fotografia deriva quindi dalla congiunzione di due parole di origine
greca: luce (φçῶς, phṑs) e grafia (γραφή, graphḕ), per
cui fotografia significa "scrittura di luce".[3] La fotografia è opera della luce e
nasce infatti da un principio fisico chiamato diffrazione, che è una sua
proprietà caratteristica. La camera oscura e l'obiettivo stenopeico formano il
sistema più semplice ed elementare della macchina fotografica che racchiude
in sé tutti i principi fisici coinvolti in questa tecnologia. Naturalmente sono stati
necessari i risultati ottenuti sia nel campo dell'ottica, sia in quello
della chimica e lo studio delle sostanze fotosensibili. La prima camera
oscura fu realizzata molto prima che si trovassero dei mezzi chimici per
fissare l'immagine ottica in essa proiettata; il primo ad applicarla in ambito
fotografico fu il francese Joseph Nicéphore Niépce, cui convenzionalmente
viene attribuita l'invenzione della fotografia, anche se studi recenti rivelano
tentativi precedenti, come quello di Thomas Wedgwood.[4][5]
Nel 1813 Niépce iniziò a studiare i possibili perfezionamenti alle
tecniche litografiche, interessandosi poi anche alla registrazione diretta di
immagini sulla lastra litografica senza l'intervento dell'incisore. In
collaborazione con il fratello Claude, Niépce cominciò a studiare la sensibilità
alla luce del cloruro d'argento e nel 1816 ottenne la sua prima immagine
fotografica (che ritraeva un angolo della sua stanza di lavoro) utilizzando un
foglio di carta sensibilizzato, forse, con cloruro d'argento.
L'immagine non poté essere fissata completamente e Niépce fu indotto a
studiare la sensibilità alla luce di altre sostanze, come il bitume di Giudea,
che diventa insolubile in olio di lavanda dopo l'esposizione alla luce.
La prima produzione con la nuova sostanza fotosensibile risale al 1822. Si
tratta di un'incisione su vetro raffigurante papa Pio VII. La riproduzione andò
distrutta poco dopo e la più antica immagine oggi esistente fu ottenuta da
Niépce nel 1826, utilizzando una camera oscura il cui obiettivo era
una lente biconvessa, dotata di diaframma e di un basilare sistema di messa
a fuoco. Niépce chiamò queste immagini eliografie.
Nel 1829 fondò con Louis Daguerre, già noto per il suo diorama, una società
per lo sviluppo delle tecniche fotografiche. Nel 1839 il fisico François
Arago presentò all'Accademia delle scienze francese il brevetto di Daguerre,
chiamato dagherrotipo; la notizia suscitò l'interesse di William Fox Talbot, che
dal 1835 testava un procedimento fotografico, la calotipia, e di John Herschel,
che lavorava, invece, su carta trattata con sali d'argento, utilizzando un
fissaggio a base di tiosolfato sodico.
Nello stesso periodo, a Parigi, Hippolyte Bayard ideò una tecnica usando un
negativo su carta sensibilizzata con ioduro d'argento, dal quale si otteneva
poi una copia positiva. Bayard fu però invitato a terminare gli esperimenti per
evitare una concorrenza con Daguerre.
Lo sviluppo del dagherrotipo fu favorito anche dalla costruzione di apparecchi
speciali dotati di un obiettivo a menisco acromatico ideato
nel 1829 da Charles Chevalier.
Tra il 1840 e il 1870 i processi e i materiali fotografici vengono perfezionati:
Fotografia astronomica
Astrofotografia.
Consiste nella registrazione fotografica delle immagini dei corpi celesti. Tale
tecnica presenta diversi vantaggi rispetto all'osservazione diretta perché
l'emulsione fotografica, esposta per un tempo sufficientemente lungo, viene
impressionata anche da radiazioni visibili di intensità troppo debole per poter
essere percepite dall'occhio umano anche con l'aiuto di potenti telescopi. Il
metodo prevede appositi sistemi di inseguimento che compensano la
rotazione della terra e la conseguente rotazione apparente della volta celeste.
In assenza di questi si ottengono effetti artistici con conseguente strisciata,
centrata a nord, degli astri, o ci si limita a brevi esposizioni a basso
ingrandimento.
Inoltre l'uso di emulsioni particolarmente sensibilizzate permette lo studio di
corpi celesti che emettono radiazioni comprese in zone dello spettro luminoso
in corrispondenza delle quali l'occhio umano non è sensibile. In tempi più
recenti sono stati usati anche sistemi digitali, basati su CCD o CMOS, delle
volte raffreddati a basse temperature per diminuire il rumore termico. Tramite
l'uso di filtri interferenziali, è anche possibile ottenere fotografie solo alla luce
di alcune righe spettrali, ottenendo quindi informazioni sulla composizione
della sorgente. Tuttavia, è possibile ottenere ottime fotografie astronomiche
anche con fotocamere reflex commerciali (in quest'ultimo caso, è consigliato
rimuovere il filtro che copre il sensore in quanto ha una bassa trasmissività
per i fotoni h-alpha, una riga importantissima in astronomia in quanto tutte le
regioni HII emettono in tale banda).
Fotomicrografia
Fotomicrografia.
Arte
La fotografia cominciò ad acquistare autonomia agli inizi del XX secolo,
mentre le polemiche sui rapporti con l'arte, in seguito indagati con acutezza
da Walter Benjamin, erano vivacissime. In merito alla diatriba, sempre
attuale, una distinzione si può fare tra la fotografia come strumento e la
fotografia come linguaggio. Nel primo caso si sfruttano in quanto tali le
possibilità di riproduzione meccanica delle immagini, nel secondo queste
stesse possibilità vengono utilizzate a fini documentaristici ed espressivi.
Quindi da un lato si possono annoverare i processi di fotoriproduzione,
utilizzati nei settori più diversi, dalla fotomeccanica alla spettroscopia,
dall'altro tutte le utilizzazioni della fotografia per una descrizione, a diversi
livelli di obiettività, di fenomeni scientifici, di avvenimenti, di realtà sociali o di
altri valori umani, figurativi e astratti.
In opposizione ai concetti della foto d'arte, con tutto il corollario dei trucchi di
mestiere, operò agli inizi del XX secolo Alfred Stieglitz, capo del gruppo
statunitense Photo-Secession, esaltando le riprese immediate con piccoli
apparecchi portatili alla ricerca dell'illusione di realtà, cercando il cubismo
nella natura (soggetti disumanizzati, riproduzione del ritmo nella ripetizione di
elementi base, sovrapposizioni, ecc.).
Dal canto suo il tedesco Albert Renger-Patzsch, in polemica con le tesi della
Photo-Secession sostenne, parafrasando Spinoza, che la bellezza del mondo
dipendeva dall'immaginazione dell'uomo e quindi anche dalla scelta che
l'obiettivo faceva del particolare.
Una terza tesi veniva proposta da A. G. Bragaglia, teorizzata nel volume
Fotodinamismo futurista (1911), da fotografi come l'americano Alvin Langdon
Coburn, lo svizzero Christian Schad, l'ungherese László Moholy-
Nagy (del Bauhaus), lo statunitense Man Ray, l'italiano Luigi Veronesi che,
proclamando l'importanza essenziale della "ricerca" riaffermavano o
giungevano all'astrattismo.
Fu questo il punto di partenza di ogni avventura e sperimentazione
fotografica successiva, testimoniate dall'attività di gruppi
come Fotoform (1949), dalle foto di movimento di Gjon Mili, dalla scuola della
candid photography e da tutti gli sperimentatori fluttuanti dalla ricerca del vero
alla sensazione, dal documento alla realizzazione d'arte. In Italia la fotografia
d'arte è chiamata anche fotografia di ricerca e raggiunge il suo apice negli
anni '70-'80. Tra gli autori più significativi di questo genere fotografico vanno
ricordati: Luigi Ghirri, Franco Fontana, Paolo Gioli. Un cenno va fatto anche
per le fotografie di moda e di pubblicità, che adattano alle specifiche funzioni
il patrimonio finora acquisito, trasfondendo nell'immagine, con la suggestione
creativa, il potere o la ricerca della persuasione.
Oggi la fotografia è accettata come una vera e propria forma d'arte. Indicatori
di questo sono il numero crescente di musei, collezioni e strutture di ricerca
per la fotografia, l'aumento di cattedre per la fotografia e, ultimo ma non
meno importante, l'aumento del valore delle fotografie nelle aste d'arte e i
circoli collezionistici. Molte aree tematiche sono state istituite: il paesaggio,
nudo, industriale, fotografia teatrale, e altre ancora.
Un'evoluzione ulteriore della fotografia, limitrofa al cinema, è la multivisione,
basata sulla proiezione di diapositive in dissolvenza incrociata, spesso con un
accompagnamento musicale. Questa tecnica è utilizzata spesso a scopi
didattici o pubblicitari, ma la forte componente creativa e poetica del mezzo
fotografico ha ispirato la creazione in multivisione di autentiche opere d'arte.
La fotografia digitale ha poi ulteriormente variato il contesto mettendo alla
portata di tutti la tecnica delle presentazioni, anch'esse destinate
principalmente a scopi illustrativi, commerciali, didattici, ma passibile di
utilizzo in campo artistico
Le fotocamere
digitali diventano
obsolete molto più
velocemente di
quelle a pellicola.
La memoria
digitale può
essere persa;
i backup costanti
sono necessari.
L'archiviazione
delle foto
analogiche
occupa molto
Costo iniziale inferiore spazio fisico.
rispetto a una fotocamera
digitale. A meno che non
si abbia una
Con una gamma camera oscura, il
dinamica più elevata, la fotografo dipende
pellicola cattura meglio i da un laboratorio
dettagli di bianchi e neri. per sviluppare le
immagini.
Nessuna alimentazione o
batterie necessarie. I Non si possono
lunghi viaggi e il freddo vedere le foto
Analogic possono essere limitanti scattate sul rullino
a per le fotocamere digitali. senza stamparle
tutte
Non richiede competenze
informatiche Non si possono
modificare le foto
Le fotocamere analogiche (se non in minima
diventano obsolete molto parte)
meno velocemente di
quelle digitali. Alla lunga il costo
della stampa e dei
Non hanno bisogno di rullini è elevato
backup costanti come le
foto digitali. Un rullino consent
e meno fotografie
rispetto a una
scheda di
memoria digitale
Diritto[modifica | modifica wikitesto]
Diritto della fotografia.