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MANUALE DEL VIDEOMAKER

Giuliano Girelli

Settembre 2017

edizione
videomakeronetoone.com
INDICE

1 INTRODUZIONE

5 ATTREZZATURE
5 CAMERA E SENSORE
14 Risoluzione, frame rate
19 Altri fattori da considerare nell'acquisto
di una camera
23 Adattatori per lenti
25 Schede di registrazione
27 Manutenzione e trasporto delle attrezzature
29 LE LENTI
31 Lunghezza focale, diaframma
38 Grandangolo e Telefoto
39 Grandangolo
41 Lente Telefoto
47 STABILIZZARE LE RIPRESE
47 Riprese a mano libera
49 Stabilizzazione in camera
50 Cavalletto
51 Monopiede
52 Stabilizzatore meccanico o elettronico:
mini Crane, gimbal.
53 Slider
54 Dolly e Jib
55 Rig e Cage
57 Stabilizzazione in post-produzione.
60 MICROFONI
61 Registrazione audio “in camera”
62 Registrazione su supporti esterni
63 Microfoni per il video
68 LUCI
68 Kit Luci
73 MONITOR
78 LUT, esposizione, fuoco

82 LA RIPRESA
82 Regolazioni di ripresa,
82 Frame per seconds (fps)
84 Il sacro graal dell'esposizione:
apertura, shutter speed, ISO
89 Agire sugli ISO
92 La messa a fuoco
93 Filtri ND e filtri polarizzati
94 Come verificare l'esposizione
97 Strumenti per verifica esposizione e
bilanciamento bianco
101 Waveform
105 Grey card: esposizione e bilanciamento del bianco
106 Bilanciamento del bianco
108 Tecniche di ripresa
110 Composizione e inquadratura
111 La regola dei terzi
112 Altri riferimenti
114 Inquadratura, campi e piani
121 Movimenti di camera
122 Pan
122 Tilt
124 Scivolare, traslare
125 Camera car
126 Emozione nel movimento
128 Cambio di fuoco
130 LA LUCE
135 Illuminazione a 2 e a 3 punti
139 Kit luci
141 Set luci LED di base
144 Come usare il kit nell'illuminazione a tre punti
148 Riprese in luce naturale
150 Location e luce ideale

153 AUDIO
154 La dotazione di microfoni e la loro scelta
157 Livelli audio e rumore
162 Editing audio

166 EDITING VIDEO


166 Cura e gestione dei files
170 Attrezzature e software per l'editing
174 L'area di lavoro di un software tipo
176 Cosa vuol dire montare un video?
177 Racconto e ritmo
180 Il tempo non è lineare
185 Correzione colore
188 Color grading
191 I plug-in aggiuntivi
193 Conclusioni
Formazione online
INTRODUZIONE

Negli ultimi dieci anni abbiamo assistito ad una straordinaria


rivoluzione nel mondo della produzione audiovisiva. Si è
trattato di un processo di democratizzazione senza precedenti:
tutto quello che fino non molto tempo prima era accessibile
solo alle produzioni cinematografiche e televisive, è stato
lentamente portato a conoscenza di tutti, appassionati del
settore e professionisti. La rivoluzione non ha riguardato solo
la diffusione dei concetti teorici, oggi infatti una buona
fotocamera DSLR costa la metà di quanto costava una
videocamera semi-professionale nel 2000, e le sue prestazioni
sono talmente superiori che sarebbe addirittura ridicolo
metterle a paragone. Il momento di rottura è giunto con
l'introduzione delle macchine fotografiche in grado di
registrare video, la Canon 5D fece da apripista.
Ciò nonostante, ed a scanso di equivoci, tengo a rendere chiaro
il mio pensiero fin da subito: nessuna tecnologia sarà mai in
grado di sostituire il nostro personale talento e le nostre qualità
creative. Detto in altri termini, non basta la migliore
attrezzatura del mondo per essere il miglior videomaker del
mondo. Quello che serve è determinazione, uno studio costante

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e mirato a sviluppare la nostra cultura in questo ambito, solo in
quel momento l'accessibilità alle apparecchiature diventa un
problema secondario.
La tecnologia non si è limitata a rimodellare completamente il
mondo delle attrezzature video, ma ha modificato
definitivamente anche il mondo dei mezzi e delle infrastrutture
dedicate alla distribuzione dei contenuti, grazie all'avvento di
internet e dei social media in particolare (su tutti YouTube,
Vimeo e Facebook).
La diffusione di internet ha radicalmente cambiato anche le
regole dell'apprendimento, consentendo a milioni di persone di
scambiarsi in tempo reale informazioni e consigli circa l'uso
delle macchine, ma anche reperire informazioni sulla teoria del
cinema, sulle tecniche di ripresa e su tutto quello che attiene
alla produzione video.
Insomma: oggi non ci sono più scuse! Le attrezzature
professionali o semi-professionali sono disponibili a prezzi
accessibili e raggiungono qualità elevatissime, la cultura e gli
strumenti per imparare non sono mai stati così diffusi e la
possibilità di far conoscere il nostro lavoro è a portata di clic.
Tutto quello che ci viene chiesto è l'impegno e la competenza,
accompagnati ad una buona dose di talento. Dobbiamo dunque

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lavorare sodo per tenere il passo, per trarre il meglio da questo
mondo incredibilmente affascinante ed in continua evoluzione.

Una ricerca realizzata dalla società Cisco ha evidenziato che


entro il 2020 oltre l'80% del traffico internet sarà costituito da
contenuti video. Questo è un dato chiaro, una previsione
incontrovertibile che merita l'attenzione di ogni appassionato
del settore audiovisivo.
Prima di lasciarvi alla lettura di questo libro, vorrei condividere
un pensiero con voi: molti pensano che questo universo di
possibilità sia tale solo per chi si occupa di videomaking
amatoriale, o di piccole produzioni, niente di più sbagliato.
Centinaia di film, documentari e video di ogni genere oggi
riescono a raggiungere un pubblico vastissimo e qualificato
grazie al “solo” uso di Internet per la promozione e
distribuzione. Un esempio? Tra i film selezionati al festival di
Cannes nell'anno 2017, oltre il 10% sono stati girati
interamente con fotocamere digitali (la SonyA7SII nel caso
specifico), per non parlare di alcune tra le serie TV disponibili
per esempio su Netflix, già oggi realizzate proprio con
attrezzature analoghe. Se state muovendo i primi passi nel
mondo del video, se volete diventare un videomaker a tutto

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tondo, ci sono una serie di concetti fondamentali che voglio
condividere con voi, dalla A alla Z. Questo manuale vuole
mettervi della condizione di fare scelte utili e ben indirizzate,
aiutandovi a capire come “imparare meglio” e nel minor tempo
possibile. Il mio obiettivo è quello di fare in modo che – una
volta terminato il manuale – siate in grado di procedere al
meglio nel vostro percorso di videomaker, con grande
soddisfazione da parte di chi vedrà i vostri lavori, ma
soprattutto vostra. Buona lettura!

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ATTREZZATURE

“Se non conoscete come le vostre tasche i manuali d'uso delle


vostre attrezzature state facendo un grave torto a voi stessi.”

CAMERA E SENSORE

Il sensore è il cuore della macchina. È proprio il sensore a


determinare la differenza tra le diverse camere in commercio.
Una camera full-frame, ad esempio, è dotata di un sensore
concettualmente simile alla dimensione della pellicola con cui

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è stata fatta la gran parte della storia del cinema. Le camere
dotate di questo tipo di sensore rientrano nella categoria più
costosa tra le DSLR (acronimo di Digital Single Lens Reflex
Camera).

TIP. All'interno di questo libro, a puro scopo semplificativo,


usiamo il termine DSLR per identificare qualsiasi macchina
fotografica professionale in grado di fare video. In realtà alcune
di queste macchine non sono propriamente DSLR ma sono le
cosiddette Mirrorless, generalmente più compatte. Ad esempio
la Canon 5D Mark 4 è una DSLR, la Panasonic GH5 è una
Mirrorless.

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Scendendo nella dimensione del sensore, troviamo le camere
dotate dei cosiddetti CROP sensor, ovvero sensori di
dimensioni ridotte rispetto al full frame.

Cosa significa usare una camera con sensore full-frame oppure


un Crop Sensor? Cercheremo di chiarirlo dopo una breve
introduzione tecnica.
Stiamo iniziando a parlare dei parametri tecnici operativi che
contraddistinguono le camere e le lenti, dobbiamo dunque
iniziare a definire alcuni dei termini più usati, più avanti
ognuno di questi verrà trattato approfonditamente:

es. Lente Canon 50mm f2.8 :


50mm è la lunghezza focale, più questa misura e grande e più
ci avvicina al soggetto. Una lente da 20mm allarga il ns. campo
visivo, una lente da 70mm lo restringe.
F2.8 è l'apertura massima del diaframma che si può ottenere
con la lente sopra citata, ovvero quanto la lente è luminosa,
quanta luce può lasciar passare a diaframma completamente
aperto. Una lente f5,6 è meno luminosa di una lente f2.8.

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Torniamo a noi, cosa significa usare un sensore full frame
oppure un sensore più piccolo? Immaginate di trovarvi al
centro di una stanza, siete fermi e guardate fuori da una
finestra. Riducendo l'area della finestra (ovvero l'effettiva
grandezza della superficie che vi consente di guardare fuori), si
ridurrà anche la porzione di panorama che riuscirete a catturare
con la vista.
La stessa cosa succede cambiando la dimensione del sensore. Il
sensore più gramde vi consente di accogliere più informazioni.

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Nel contempo, una lente di una certa lunghezza focale montata
su una camera con sensore ridotto risulterà più “lunga” di un
certo fattore (esempio x1,5 oppure x2) rispetto alla stessa lente
(lunghezza focale) montata su una camera con sensore full-
frame.
Cerchiamo di capire meglio: una lente da 25mm montata su un
sensore Micro 4/3 restituirà un campo visivo più stretto (2x =
50mm) rispetto alla stessa lente montata su sensore full-frame.
Montando dunque la stessa lente su una camera con sensore
full-frame, il campo visivo non verrà modificato, e resterà
quindi un 25mm. Detta in altri termini, la nostra lente da 25mm
montata su un camera dotata di sensore Micro 4/3 diventa una
lente da 50mm (fattore di conversione sensore 35mm vs micro
4/3 = x2 “crop factor”). Una lente da 10mm su sensore Micro
4/3 restituisce una porzione di campo identica ad una lente da
20mm montata su camera full-frame.
Se vedete una ripresa che vi piace molto e capite che è stata
fatta con una lente da 50mm su una camera full-frame, per
ottenere qualcosa di simile sulla vostra micro 4/3 non dovete
utilizzare una lente da 50mm bensì una lente da 25mm.

Ridurre la grandezza del sensore, però, ha un secondo effetto

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sulla nostra immagine: il singolo pixel si riduce e, di
conseguenza, è minore la quantità di informazioni “di luce” che
questo pixel è in grado di catturare. Questo spiega perché le
immagini scattate in condizioni di scarsa luminosità saranno
più rumorose se riprese con un sensore piccolo rispetto ad un
full-frame. Questo rumore è ancora più evidente quando si va
ad incrementare il livello di ISO nel tentativo di aggiungere
luminosità all'immagine.

Bisogna inoltre tenere presente che la differenza in termini di


risultato tra sensori di diverse dimensioni non sarà limitata al
solo campo visivo, alla prospettiva o al rumore, anche se questi
sono gli elementi più evidenti. Una lente con apertura f1.8 su
full-frame non restituirà f1.8 su Micro 4/3, ma sarà anch'essa
moltiplicata per un fattore di conversione. Cosa vuol dire?
Semplicemente che la lente non restituirà la stessa differenza
nella profondità di campo, e di conseguenza lo sfondo risulterà
meno sfocato a parità di apertura. Questo risultato non avrà
alcun effetto sulla luce, che rimarrà la stessa ottenuta grazie al
f1.8 su full-frame.

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Ecco un piccolo elenco dei sensori più comuni e dei relativi
fattori di CROP:

1) Full-frame (Canon 5D). Fattore di Crop: x1.


2) APS-C (Canon 7D e 50D). Fattore di Crop: x1,62.
3) Micro 4/3 (Panasonic GH4 e GH5). Fattore di Crop x2.

Le macchine full-frame restituiscono immagini molto


riconoscibili rispetto a macchine con sensore ridotto (come il
micro 4/3), il consiglio è quello di cercare ispirazione, guardare
molti video ed arrivare a capire quali sono in generale le
immagini che ci sembrano più vicine al nostro modo di sentire.
Con molta probabilità riuscirete ad individuare quali sono le
caratteristiche della macchina usata e identificarla per quanto
riguarda la dimensione del sensore.
Questo è il primo elemento importante per capire quale tipo di
macchina fa al caso nostro. Le full-frame sono normalmente
più costose ma è importante dire che le ultime Micro 4/3 in
commercio (come ad esempio la Panasonic GH5 M4/3) sono
ormai in grado di offrire prestazioni estremamente competitive
e per certi versi anche superiori.

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Esistono ovviamente sensori ancora più piccoli, come ad

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esempio quelli da 1 pollice (presenti nelle piccole fotocamere
ultra-compatte) o addirittura da 1/3 di pollice (presenti nelle
fotocamere dei cellulari).

Ricapitoliamo: più piccolo è il sensore, meno costosa è la


macchina. Questo perché più piccolo è il sensore, minore è la
quantità (e qualità) della luce che complessivamente viene
catturata. La tipologia di sensore è quindi un elemento
fondamentale per stabilire il prezzo di una camera, ed è il punto
di partenza per definire la qualità dell'immagine che andremo
ad ottenere. Scegliendo il sensore più adatto alle nostre
esigenze, saremo di conseguenza in grado di scegliere la
macchina fotografica per noi ottimale e le giuste lenti da
abbinare ad essa.

Concludiamo il discorso sui sensori dicendo che, al momento,


le camere con sensori full-frame, APS-C e Micro 4/3 sono
quelle più utilizzate nel video professionale. Tra queste, le
camere più performanti sono ad oggi la Sony AS7II, A7R, le
Panasonic GH4 e GH5, le Canon 5/6/7D e 1D, giusto per citare
le più diffuse e darvi un primo orientamento.

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TIP. È il talento creativo a fare la differenza nei nostri video,
non solo la qualità della camera, non dobbiamo mai trascurare
questo aspetto.

Risoluzione e frame rate

HD: 1280 (A) x 720 (B) pixel totali = (A x B)


FULL HD: 1920 x 1080
4K UHD: 3840 x 2160
4K DCI: 4096 x 2160

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A prescindere dalla dimensione del nostro sensore, dobbiamo
sapere che le camere possono offrirci determinati formati e
risoluzioni video. Partiamo da questo concetto: la nitidezza
delle immagini sarà tanto più alta quanto più è grande la
risoluzione disponibile sulla nostra camera. Bisogna però
tenere in considerazione alcuni fattori prima di procedere con
le nostre analisi.
Generalmente le camere più diffuse consentono di disporre di
più risoluzioni/formati in combinazione con alcune opzioni di
frame rate, ovvero il numero di fotogrammi al secondo che
esse sono in grado di registrare (fps).
I formati più diffusi sono il 24fps (molto usato nel cinema e per
questo in grado di restituire immagini che più si avvicinano al
“look cinematografico”), il 25fps, il 30fps (usato
principalmente negli Stati Uniti), il 50fps (Europa) e il 60fps
(Stati Uniti).

Fatta questa premessa risulta evidente che una camera che offre
il formato 4k sia a 24 che a 25 e 50fps, sarà più versatile di una
camera che offre il 4k solo a 25fps.
Se per esempio volessimo fare uno slow motion (ovvero
rallentare le immagini) e la nostra camera non disponesse del

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50fps, questo sarebbe certamente un limite.
Il motivo è semplice: se rallentiamo del 50% un frame rate di
50fps otteniamo 25 fotogrammi al secondo, ovvero una buona
fluidità di immagine. Se rallentiamo del 50% un 24fps
otteniamo 12 fotogrammi al secondo, decisamente pochi per
pensare di ottenere un'immagine qualitativamente decente (il
nostro occhio percepirà degli scatti allo scorrere delle
immagini, questo perchè nel singolo secondo sono presenti
pochi fotogrammi ed il nostro cervello inizia a notarlo).
Esistono poi camere in grado di fornire frame rate ancora più
alti, in particolare su risoluzioni più piccole come il Full HD
(ad esempio la camera GoPro è in grado di girare a 120fps in
FullHD, mentre la Panasonic GH5 arriva a 180fps in FullHD e
a 50fps in 4K).

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La risoluzione ed il frame rate sono dunque due elementi che
possono farci propendere per una camera piuttosto che per
un'altra, a seconda della tipologia di lavori che vogliamo
realizzare.
Prima di chiudere il capitolo dobbiamo ricordare che il nostro
lavoro si completa con la gestione del materiale video in post-
produzione (attività di editing e color correction). È quindi di
fondamentale importanza aver chiari quali saranno i mezzi con
cui distribuiremo i nostri video: questo ci permetterà di capire
se vale la pena girare in 4K, o se è sufficiente il Full HD.

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Molti sottovalutano questo aspetto, non rendendosi conto che
girare in 4K comporterà tempi di rendering (finalizzazione
digitale del video) più alti e l'utilizzo di computer
maggiormente performanti. Non solo. A seconda di quale sarà
il canale scelto per la diffusione del video, potrebbe non essere
garantita una completa fruizione della qualità del girato (ad
esempio un video in 4K visto sul web con connessione e banda
insufficienti sarà impossibile da godere pienamente).
Nonostante queste doverose note, è bene sapere che la tendenza
per il futuro favorisce l'uso del 4K, seguito nel breve dall'8K.
Tenetene conto.

Da questo capitolo abbiamo imparato che è fondamentale


effettuare delle scelte oculate, e tarate esclusivamente su quelle
che sono le proprie specifiche esigenze nel breve e nel medio
periodo (creative o commerciali che siano). Ricordate: quello
che funziona alla perfezione per qualcuno, potrebbe non essere
la soluzione migliore per voi, focalizzatevi sulle vostre
esigenze specifiche.

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Altri fattori da considerare nell'acquisto di una camera

Gli argomenti fin qui trattati, pur essendo i più importanti per
procedere alla scelta di un corpo macchina, non sono
certamente gli unici da tenere in considerazione in previsione
di un acquisto. Ci sono infatti altre caratteristiche che, seppur
secondarie, possono rivelarsi estremamente importanti per le
nostre specifiche esigenze:

1) La stabilizzazione interna della macchina . Una camera


stabilizzata permette di effettuare riprese più ferme
anche senza l'utilizzo di cavalletti o altri supporti.
Esistono stabilizzatori esterni (a cui dedicheremo un
intero capitolo più avanti, cavalletti, gimbal, etc..) ma la
stabilizzazione interna della camera rimane comunque
un fattore importante da considerare. Alcuni di questi
sistemi funzionano davvero molto molto bene (per
esempio la stabilizzazione camera+lente della
Panasonic GH5).

2) La dimensione e l'orientabilità del display . Lavorare sui


display delle camere è scomodo, perché sono

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generalmente piccoli. I disagi maggiori si presentano in
particolare quando si lavora sul focus e sull'esposizione,
ovvero i due elementi più complessi da valutare su un
piccolo schermo. Uno schermo di dimensioni dignitose
(ed orientabile) ci consente di poter tenere sotto
controllo l'inquadratura, anche nel caso in cui ci
trovassimo a riprendere da angolazioni dove non
avremmo la possibilità di vedere direttamente un
display fisso (non orientabile). Il problema dello
schermo poco performante è risolvibile grazie all'uso di
monitor esterni, ma è comunque importante capire bene
le potenzialità del display di cui è dotata la nostra
macchina.

3) Ingressi e uscite audio. Una camera senza ingresso per


un microfono esterno ci preclude la possibilità di
registrare un buon audio in macchina. Allo stesso modo,
la mancanza di un'uscita per le cuffie non ci consente di
controllare ciò che stiamo registrando. La disponibilità
di ingressi audio di qualità (non jack ma XLR, ad
esempio) ci consente di migliorare ulteriormente la
qualità del segnale registrato. Anche in questo caso

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esistono soluzioni alternative che consentono di
registrare l'audio su altri supporti e non in camera. In
alcune circostanze, l'uso di questo escamotage potrebbe
rivelarsi la scelta migliore anche nel caso in cui la
nostra macchina disponga comunque di ingressi e uscite
audio.

4) ISO. Alcune tra le ultime camere prodotte ci


consentono di aumentare gli ISO a livelli mai visti
prima (sistema utile per sopperire alla mancanza di
luce). Questo è oggi possibile senza aumentare il
disturbo nel materiale registrato (rumore) o
aumentandolo di poco. Un grande risultato rispetto al
passato.

5) Maneggevolezza ed ergonomia. Funzioni varie che


rendono più comoda la gestione del lavoro e la
manovrabilità della camera. Aggiungiamo la
leggerezza, che non è un fattore secondario.

6) “Timbro” dell'immagine . Scegliere il timbro più adatto


alla nostra ripresa è un fattore estremamente soggettivo.

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Una volta definite le priorità, è bene visionare molti
video realizzati con le differenti camere, in modo da
capire quale ci colpisce di più in termini di colore e di
resa complessiva. Pur sapendo che i risultati sono
determinati da molti fattori (lenti, capacità tecniche,
etc...) anche quello il timbro ed il pasta del colore
saranno fattori da tenere presente. Scansionando il web
comprenderete che le macchine hanno rese cromatiche
diverse, e che sono dotate di specifici profili colore
(argomento che tratteremo in seguito). Uno di questi
profili potrebbe risultare per voi più performante
rispetto ad altri, ed incontrare alla perfezione i vostri
gusti.

7) Assistenza. Altro importante aspetto nella scelta di una


camera è quello di avere la sicurezza di essere poi
seguiti durante vita del prodotto, e di ricevere adeguata
assistenza nel caso emergessero problemi. Stiamo
parlando dell'acquisto di uno strumento costoso: non
possiamo davvero permetterci di trascurare questo
aspetto!

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8) Prezzo. A differenza di quello che pensano in molti, il
prezzo è un elemento importante anche per chi ha
risorse economiche illimitate. Online è possibile
incappare in video realizzati con camere e lenti davvero
economiche, in grado di lasciare comunque a bocca
aperta. Questo ci riporta alla frase che ha aperto questo
capitolo: non è la camera a garantire il risultato, ma la
nostra competenza e il nostro talento. Va detto anche
che l'evoluzione tecnologica è estremamente rapida e,
di conseguenza, prima di fare una spesa è importante
capire anche se riusciremo ad ammortizzare
l'investimento in non più di tre anni.

Adattatori per lenti

Prima di affrontare il discorso relativo alle lenti è necessaria


una premessa. Le case produttrici di camere e lenti adottano
spesso differenti tipi di attacchi tra lente e corpo macchina.
Potrebbe quindi capitare, ad esempio, che gradiate dal punto di
vista estetico e funzionale una lente Canon, avendo però già
acquistato un corpo macchina che non è dotato di attacco
Canon (come per esempio le camere Micro 4/3 di marca

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Panasonic o Olympus). Come risolvere? Basta ricordare che
esistono degli adattatori, strumenti in grado di eliminare
l'incompatibilità tra lente e corpo macchina. Essi sono di due
tipi:

1) adattatori esclusivamente meccanici : non mettono in


collegamento l'elettronica della lente alla camera
(shutter, diaframma, eventuale stabilizzatore lente;

2) adattatori meccanici ed elettronici : offrono il 100% di


compatibilità tra camere e lenti con differenti sistemi di
attacco. In questa categoria ricordiamo i famosissimi
Metabones Speedbooster, capaci inoltre di garantire
importanti benefici extra come un aumento di qualche
stop di luce e variazioni della lunghezza focale rispetto
al sensore.

Una volta capito il vostro orientamento nella scelta del corpo


macchina e delle lenti potrete affrontare il problema delle
compatibilità, che avete ora capito essere un aspetto almeno
parzialmente risolvibile. Dico parzialmente perchè ovviamente,
optando per un adattatore solo meccanico, non potrete

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utilizzare i controlli eletrronici della lente presenti in macchina,
dunque la soluzione è valida solo qualora la vostra lente
disponga di controlli manuali (diaframma).

Schede di registrazione

Le macchine fotografiche ad uso video registrano tutte su


scheda di memoria: affrontare l'ormai vecchio tema dei nastri
risulterebbe dunque inutile e fuori luogo, le nostre macchine
sono ormai tutte digitali. Il formato più diffuso è l'SD. Si tratta
di un formato disponibile in diverse capacità (Gygabite) e
diverse velocità di scrittura. A prescindere dalla capacità della
scheda in termini di Gb, è molto importante acquistare schede
con le caratteristiche suggerite dai produttori delle camere: il
flusso di dati è diventato un fattore di fondamentale importanza
e, per questa ragione, dobbiamo essere sicuri di utilizzare
schede che sapranno assisterci nella veloce scrittura di questo
importante flusso di dati.
Il mio consiglio: oltre a leggere con attenzione le informazioni
riportate sul manuale di istruzioni della camera, documentatevi
anche sul web circa la scheda SD più adatta al vostro specifico
modello di macchina. Alcune camere possono ospitare anche

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due schede contemporaneamente (es. Panasonic GH5, Canon
5D mark 4), mentre tutte sono in grado di registrare su supporti
esterni come il famoso Atomos Shogun, un hard disk nel quale
è incorporato un monitor esterno. Si tratta di uno strumento
davvero utile, anche se non è per tutte le tasche.
Parlando di schede di registrazione non si può evitare di
dedicare qualche riga ad un argomento purtroppo
costantemente sottovalutato: la conservazione delle schede. È
importante prestare molta attenzione al modo in cui le schede
di registrazione vengono trattate, perché al loro interno è
presente tutto il vostro lavoro. Danneggiare o gestire in modo
poco ordinato una scheda vuol dire perdere tempo e denaro.
Abbiate particolare cura nello scegliere come gestire il
materiale registrato. Il mio consiglio è quello di riportare
almeno due copie sul vostro computer: su una copia lavorerete,
l'altra invece vi servirà come salva vita nel malaugurato caso in
cui succeda qualcosa al materiale che state elaborando. Fatevi
un favore, non sottovalutate mai questo aspetto!

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Le Sd card della Sandisk, la versione extreme PRO in
particolare, hanno ormai raggiunto un buon livello di test da
parte degli utenti video. Può essere un modello da cui partire
per la propria analisi. Tenete sempre conto del valore del
flusso dati in scrittura, fornito dai costruttori della camera,
per capire quale tipologia di scheda è più adatta. La capacità
media delle schede per video va dai 32/64 Gb ai 128 Gb.

Manutenzione e trasporto delle attrezzature

Se è vero che le apparecchiature elettroniche sono sempre


delicate, le macchine fotografiche e le lenti lo sono ancora di
più. Per loro natura, le camere e le lenti viaggiano con noi,
sono soggette a maltrattamenti, scossoni e molto altro. Molti
produttori propongono corpi macchina e lenti a prova di
polvere e (limitatamente) acqua, ma non fidatevi troppo.
Il modo migliore per prendervi cura delle vostre attrezzature è

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quello di dotarvi di un kit di pulizia da portare sempre con voi,
e di controllare con attenzione lo stato delle lenti prima di
montarle sul corpo macchina e dopo averle usate. Basta l'ombra
un granello di polvere al centro della vostra lente per
compromettere ore di lavoro, non lo avete visto prima ma
diventerà una presenza imbarazzante durante il montaggio.
La stessa cura deve essere dedicata anche alla pulizia delle
attrezzature accessorie, come ad esempio il cavalletto, lo
stabilizzatore e tutto quanto vi è necessario.
Dotarsi di buone borse per trasportare le attrezzature è
fondamentale, e vi risparmierà fatica e problemi. Esistono
decine di zaini e borse in commercio: prendetevi il tempo
necessario per analizzarle prima di procedere all'acquisto. È
infatti importante tenere in considerazione l'uso che farete della
borsa, il parco attrezzature che essa dovrà ospitare, le
condizioni in cui vi troverete a lavorare, etc..

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LE LENTI

Girare video utilizzando macchine fotografiche significa avere


l'enorme vantaggio di poter scegliere tra una vasta offerta di
lenti intercambiabili. A differenza dei corpi macchina (destinati
ad evolvere più velocemente) le lenti resteranno nel vostro
corredo molto a lungo. Per questo motivo la scelta della giusta
lente è fondamentale, anche per chi è agli inizi.

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Possiamo scegliere una lente in base alla qualità costruttiva o
per la specificità dell'immagine che restituisce. Possiamo
scegliere una lente in base all'ampiezza del campo che
vogliamo catturare (lunghezza focale), per la quantità di luce di
cui vogliamo beneficiare (apertura diaframma f/stop) o per il
fatto che si tratti o meno di una lente stabilizzata.

A parte la qualità costruttiva (elemento determinato dalla scelta


di un produttore piuttosto che un altro), la lunghezza della lente
e l'apertura del diaframma (f-stop) sono i due elementi su cui ci
concentreremo in prima battuta (la stabilizzazione può
considerarsi un extra, un fattore secondario di cui parleremo
nel capitolo dedicato alla stabilizzazione delle riprese).

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Lunghezza focale, diaframma

La caratteristica più evidente quando parliamo di lenti è la


lunghezza focale: se la nostra intenzione è quella di catturare
un angolo più ampio useremo una lente grandangolare,
viceversa, se abbiamo bisogno di concentrare la nostra
attenzione su un particolare useremo una lente telephoto (tele).

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Prima di approfondire questo aspetto esploriamo però un altro
aspetto, ovvero la suddivisione delle lenti in fisse e zoom.
Le lenti fisse hanno una lunghezza focale determinata, che non
può variare (ad esempio 35mm). Le lenti zoom hanno una
lunghezza che possiamo variare a nostra discrezione in un certo
range che varia da lente a lente (ad esempio una lente 16-
35mm).
Con la lente fissa l'angolo di visuale non cambia, dunque se
vogliamo catturare una scena più ampia dobbiamo
necessariamente allontanarci dal soggetto (o avvicinarci se
vogliamo stringere). Viceversa con la lente zoom abbiamo la
possibilità di variare l'angolo di visuale pur rimanendo fermi
nello stesso punto di ripresa (zoom-in o zoom-out).

Generalmente, a parità di qualità costruttiva e di apertura del


diaframma, le lenti fisse sono meno costose e restituiscono
qualcosa in più in termini di luminosità e robustezza. Allo
stesso tempo, un'ottima lente zoom ci consente di viaggiare con
meno attrezzatura ed avere più cartucce disponibili prima di
vederci costretti ad un cambio lente, molto utili nel reportage
per esempio.
Altro aspetto importante da considerare è il valore del

32
diaframma (f-stop, l'apertura). Generalmente, i valori di
diaframma più grandi (un'apertura grande è rappresentata da un
numero basso e non il contrario!) catturano più luce e sono
solitamente una prerogativa delle lenti fisse. Poter riprendere
scene in situazioni di scarsa illuminazione può rivelarsi talvolta
un aspetto cruciale.
Recentemente sono state presentate lenti zoom di ottima
qualità, dotate di valori di diaframma molto alti (es. Panasonic
12-60 f2,8). Lenti fisse con valori F-stop di 1.8 o anche 0,95
sono invece più diffuse.

Scopriremo nel capitolo dedicato all'apertura del diaframma


quanto questa incide sulla profondità di campo e sul cosiddetto
bokeh. Grandi aperture di diaframma consentono di mettere a
fuoco un soggetto (un volto), lasciando sfocato ciò che si trova
sullo sfondo, una tra le caratteristiche che ha reso molto
appetibili le macchine fotografiche in ambito video.

Riassumendo: una buona ottica deve saper catturare tutta la


luce necessaria, e per farlo deve essere dotata di una buona
luminosità (apertura del diaframma). Nel contempo questa
caratteristica impatta sulla profondità di campo e sul bokeh che

33
la nostra lente è in grado di restituire.

A grandi linee, possiamo così suddividere i vari tipi di


diaframmi/aperture:

Diaframmi aperti: 2.8 F-stop (o più grandi, es.1.8 -0.95).


Diaframmi ad impostazione media: da 4 a 11 F-stop.
Diaframma chiuso: da 16 a 22 F-stop.

Attenzione ai numeri! Grande apertura = numero F-stop minore


= più luce.

34
Una lente che non scende sotto 4 - 5,6 F-stop risulterà
problematica in caso di scarsa illuminazione, pur offrendo una
straordinaria performance in condizioni di luce ottimale:
scopriremo più avanti che sopperire alla mancanza di luce
aumentando gli ISO può non essere la soluzione più efficace.
Nello stesso tempo è utile sapere che ogni lente ha un valore di
apertura nel quale la performance complessiva della lente è
ottimale (sweet point), se dunque ricerchiamo dalla lente la
massima resa, può essere utile sperimentare qual'è questo
valore di apertura nella lente che prendiamo in esame.

Apertura e fuoco:
Ogni lente ha specifiche caratteristiche ottiche che, al variare
dell'apertura, conferiscono precisi valori relativi alla profondità
di campo. Proviamo a semplificare un concetto che semplice
non è: riducendo l'apertura del diaframma (es.5.6-11-16) tutta
la nostra scena sarà a fuoco, viceversa aprendo molto il
diaframma (es.2.8-1.8-0.95) il nostro fuoco sarà limitato in
spazi sempre più ristretti, l'effetto sfocato oggi molto (forse
troppo) di moda. Naturalmente in questa iper-semplificazione
non abbiamo volutamente citato altri fattori importanti quali la
distanza minima dal soggetto e le caratteristiche costruttive

35
della lente, per questo motivo è sempre importante testare sul
campo i nostri strumenti per capire qual'è la risposta specifica
della singola lente. Se volete iniziare ad approfondire il tema e
capire come gestire il fuoco e le distanze, può essere molto
utile utilizzare una delle molte applicazioni esistenti online
(ad esempio www.dofmaster.com/dofjs.html). Su questi siti o
app potrete simulare le varie impostazioni, per qualsiasi lente
su qualsiasi camera. Anche solo la simulazione può risultare
molto formativa, date un occhiata.

Capire bene le prestazioni di messa a fuoco in funzione


dell'apertura può inoltre essere di grande aiuto in molte
situazioni. Se per esempio stiamo seguendo con un gimbal
(stabilizzatore) una persona che corre, sarà molto difficile
tenerla a fuoco se abbiamo impostato un diaframma molto
aperto (soprattutto per chi è alle prime armi), viceversa
risulterà più semplice se il nostro diaframma sarà più chiuso;
rinunceremo ad un po' di luce ma saremo certi di portare a casa
immagini più pulite e dettagliate anche se con un area di messa
a fuoco più larga e meno concentrata.

36
Abbiamo parlato del valore di apertura nella scelta della lente e
degli effetti che esso può avere sulle nostre immagini. È il
momento di concentrarci sulla lunghezza focale: è meglio un
grandangolo o un telefoto? Non c'è ovviamente una risposta
generica, dipende molto dalle vostre esigenze specifiche.
Una buona soluzione può per esempio essere quella di dotarsi
di uno o più zoom qualora abbiate bisogno di velocità e
praticità (ad esempio nel reportage), viceversa se siete dediti
alla cura fotografica dell'immagine può essere per voi molto
più indicato dotarvi di un buon set di lenti fisse, molto
luminose ed in grado di coprire i vari range di impiego (le varie
inquadrature in ambito cinematografico non vengono
certamente fatte con lenti zoom ma con lenti fisse e con
specifiche caratteristiche costruttive). Nei contesti medi in cui
opera il videomaker una buona soluzione può essere
rappresentata da un mix di opzioni che includa una buona lente
zoom e qualche lente fissa, in modo da essere versatili e veloci
quando necessario ed ottenere nel contempo una buona resa
estetica in situazioni più pianificabili.
Vediamo ora come lavorano in pratica il grandangolo e il tele.

37
Grandangolo e telefoto
Ricorderete dal primo capitolo sui corpi macchina che, a
seconda del sensore (full-frame o sensori CROP), i numeri che
identificano la lunghezza di una lente (25mm, 50mm, etc...)
dovranno essere letti diversamente e moltiplicati per un fattore
di conversione. Le lunghezze focali si riferiscono tutte al full-
frame: se la vostra camera ha un sensore Micro 4/3, una lente
da 20mm vi restituirà l'ampiezza di campo di un 40mm di una
full-frame (x2). Se montate la stessa lente su una camera con
sensore APS-C, essa vi restituirà l'ampiezza di campo di un
32mm di una full-frame (x1,6).

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Il grandangolo

Le lenti grandangolari sono quelle che vi consentono di


riprendere una scena ampia, offrendovi un quadro di visione
più largo e più alto. Se volete riprendere un ambiente piccolo e
restituirne tutto l'insieme (come una stanza, ad esempio)
dovrete dotarvi di un grandangolo. Lo stesso concetto vale per
un panorama che va colto nell'insieme, per restituirne tutta la
sua maestosità.

Le lenti che possiamo annoverare in questa categoria sono lenti

39
che vanno dai 14mm ai 35mm, considerando che il 35mm è
molto simile al campo visivo umano (parliamo dell'area su cui
si focalizza l'attenzione, non il campo completo).

Come già detto, se avete individuato una lunghezza focale che


fa al caso vostro, ma l'avete vista all'opera su un sensore
diverso da quello della vostra macchina allora dovrete fare le
debite proporzioni per capire quale lunghezza focale restituisce
lo stesso risultato sulla vostra camera. Se per esempio volete
lo stesso angolo dato da un 24 mm su una Canon 5D ma
disponete di una camera micro4/3, dovrete dotarvi di una lente
da 12 mm. Utilizzando il fattore di conversione che abbiamo
imparato a calcolare, scopriamo infatti che una lente da 12mm
montata su Micro 4/3 equivale ad una lente da 24mm montata
su full-frame, e così via.

40
Lente tele

Torniamo però ai valori standard che definiscono la lunghezza


della lente su camera full-frame.
Abbiamo detto che per ottenere immagini ampie dovremo
dotarci di lenti grandangolari, ovvero di quelle lenti che
oscillano tra i 14mm e i 35mm (su full-frame).
Andando oltre a questi valori si inizia a parlare di lenti di
media o grande lunghezza focale, ovvero di lenti che possiamo
utilizzare per riprendere campi medi, primi piani, avvicinare

41
figure lontane o fare dei dettagli (vedi il capitolo sulle
inquadrature). In sostanza, con le lenti telefoto andremo a
focalizzare l'attenzione visiva su qualcosa in particolare
piuttosto che su un conmtesto: un oggetto dunque, una persona,
un particolare.

Nei ritratti sono molto usate le lenti comprese tra i 35-50mm e


gli 85mm (25mm o 42,5mm su sensore Micro 4/3). Nella
ripresa naturalistica si sale a lenti da 300mm e oltre.
La lente telefoto tende sempre a sfocare maggiormente lo
sfondo rispetto al soggetto a fuoco, e a restituire colori più
vividi.

In sintesi, quale potrebbe essere dunque un buon set di lenti per


un utilizzo standard nel mondo video?

1) un grandangolo da 16mm o da 18mm (secondo il vostro


particolare gusto)
2) una lente da 35mm
3) una lente lunga da 50 o 80mm (anche oltre se volete
fotografare le tigri nella giungla!)
4) una versatile lente zoom 24-70mm per esempio.

42
tutte possibilmente con apertura di almeno f/1.8 o f/ 2.8.

TIP. Le lunghezze focali sopra citate sono relative a lenti


montate su camera full-frame. Ricordate di fare le debite
proporzioni se il vostro sensore non è full-frame (diviso 2 se
Micro 4/3 – diviso 1,6 se APS-C). Se vi piace l'angolo di
visuale di una lente da 50mm su full-frame ma disponete di una
camera Micro 4/3, avrete bisogno di una lente da 25mm per
ottenere lo stesso risultato.
Numeri a parte, sarà solo l'esperienza e la capacità di seguire il
vostro gusto personale a guidarvi nella scelta del perfetto set di
lenti.
A seconda delle vostre possibilità economiche e della tipologia
di lavoro che andrete a fare, potreste voler propendere per una
o due lenti zoom anziché più lenti fisse. In questo caso, con una
lente in grado da 24mm a 70mm full frame (12-35mm se su
micro 4/3) e con apertura di almeno f/2.8 potrete senz'altro
gettare le basi per iniziare a lavorare in modo professionale.

43
Ricordate che le lenti vanno tenute con molta cura, un graffio
sulla lente la rende inservibile, ricordate sempre gli
avvertimenti che avete letto nella parte del libro dedicata alla
manutenzione.
Prima di chiudere il capitolo vorrei evidenziare il fatto che
molte lenti sono fatte appositamente per il video, hanno il
sistema di lenti e la ghiera del fuoco appositamente studiati,
così come la ghiera per la variazione degli stop; le case
producono apposite lenti per le proprie camere (lenti native), in
questi casi la performance dell'elettronica e del software
potrebbe avere qualche punto in più. Il “potrebbe” non è però
casuale, rimane infatti valida la regola principale che non va
mai dimenticata: se decidiamo di investire in attrezzature video
dobbiamo cercare esempi e test di macchine e lenti, studiare a
fondo le nostre esigenze e i nostri gusti, confrontarci online con
chi già possiede le stesse attrezzature, ma soprattutto provare,
provare, provare. Meglio annoiare il vostro negoziante qualche
volta in più piuttosto che rimanere insoddisfatti di un acquisto
che per voi sarà molto determinante.

Guardando e riguardando esempi video vi accorgerete che le


lenti grandangolari cambiano le prospettive rispetto alle lenti

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telefoto, nel primo caso tendendo alla distorsione (più o meno
marcata) nel secondo riducono la profondità della prospettiva.
Se ponete tre oggetti in fila su un tavolo e li inquadrate con un
grandangolo avrete la sensazione che siano tra loro più lontani
rispetto alla stessa inquadratura fatta con una lente telefoto ad
una distanza proporzionale. Un volto ripreso da vicino con un
grandangolo potrebbe restituirvi un naso allungato, le pareti
tendono a curvare se riprese con un grandangolo eccessivo,
dunque di nuovo, guardare i test e maturare il proprio gusto
personale è davvero fondamentale.

Non abbiamo affrontato completamente il tema del fuoco, c'è


un motivo, si tratta di un argomento delicato e importantissimo,
lo tratteremo nel capitolo dedicato all'esposizione corretta delle
immagini.
Ci basti qui ricordare che i corpi macchina attrezzati con lenti
elettroniche possono offrire il sistema di autofocus o possono
lasciare a voi il controllo in manuale. Come già detto
ricordiamo anche che alcune lenti elettroniche possono
controllare l'apertura solo attraverso la camera poiché non sono
dotate di ghiera per la gestione del diaframma ma solo di quella
per il fuoco.

45
Non trattiamo qui le lenti macro perchè decisamente meno
usate in ambito video. Ci basti qui dire che se volete riprendere
oggetti/particolari da molto vicino, una lente macro sarà più
adatta rispetto all'uso di una lente lunga o di uno zoom-in fatto
con una lente variabile.
Una voce a sé sembrerebbe qui opportuna per parlare dei filtri
da applicare sulla lente per determinati usi, ma anche questo è
un argomento che per scelta tratteremo nel capitolo dedicato
all'esposizione.

46
STABILIZZARE LE RIPRESE

Distinguere un video professionale da uno che non lo è non è


compito arduo. Il primo indizio è anche il più facile da vedere:
le immagini “traballanti”. Sembra una banalità, ma molti
neofiti non prestano ancora sufficiente attenzione a questo
aspetto: non bisogna mai girare immagini poco ferme!
Comprendere e assimilare questo semplice concetto vi porterà
automaticamente un passo avanti rispetto a tanti altri
videomaker.
Salvo che non si tratti di una scelta stilistica, e che non stiate
cercando per il vostro video un effetto estremo di “camera a
mano”, non avete alcuna scusa per girare immagini mosse.
In funzione dei tipi di ripresa che vogliamo realizzare (e che
analizzeremo nel capitolo apposito) esistono diversi sistemi per
tenere ferma la nostra inquadratura, sia che si tratti di una
ripresa fissa sia durante un movimento di camera.

Riprese a mano libera

Padroneggiare questa tecnica richiede tempo e molta pratica. Si


tratta quasi di un arte in cui ogni elemento è importante per

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ottenere un buon risultato finale. La postura, ad esempio,
ricopre un ruolo fondamentale nella stabilizzazione delle
riprese a mano libera. Una discreta riuscita con camera a mano
è possibile quasi unicamente nel caso di riprese fisse (no pan,
no movimenti). Per ottenere riprese a mano libera accettabili, la
camera deve essere tenuta saldamente con due mani ed i gomiti
devono aderire quanto più possibile al corpo. A questo punto
sarà necessario appoggiare il mirino all'occhio, stabilendo tra
voi e la macchina un terzo punto di contatto (meno consigliato
guardare il display). Il web pullula di trucchi e tecniche più o
meno valide per insegnarvi come effettuare riprese a mano ma,
se non siete particolarmente esperti e non vi sentite sicuri,
puntate su questa opzione solo in casi estremi, ovvero quando
non avete alcuna possibilità di fare diversamente. Siate severi
con voi stessi: se le riprese non sono ferme abbandonate la
tecnica ed adottate soluzioni più professionali. Questo vi
permetterà di non perdere tempo e vi eviterà di demoralizzarvi
inutilmente. Se riuscite a fare una ripresa stabile a mano, da
fermi, cercate di stare rilassati, a questo punto potrete
introdurre un leggero movimento semplicemente spostando il
peso del corpo da una gamba all'altra, molto molto lentamente.
I piedi devono essere entrambi ben piantati a terra, le ginocchia

48
leggermente piegate, gomiti appoggiati al corpo e occhio
contro il mirino (3 punti). Questo piccolo accorgimento vi
consentirà di ottenere brevi e leggeri movimenti traslatori
(dx/sx), molto utili a rendere le immagini più dinamiche, fate
qualche test per capire di cosa stiamo parlando.

Stabilizzazione in camera

Molte nuove camere sono dotate di uno stabilizzatore interno


del sensore (Sony A7, Panasonic GH5 e altre), anche molte
lenti sono dotate di stabilizzazione, ne consegue che utilizzare
le due stabilizzazioni in contemporanea porta a risultati ottimi.
Questa soluzione, abbinata ad alcuni accorgimenti posturali e
di camminata, può consentirci di effettuare riprese a mano
davvero molto ferme. Il risultato, a seconda della vostra
capacità, può essere simile a quello che si otterrebbe grazie
all'uso di un monopiede. In conclusione, si tratta di una buona
soluzione, adatta in alcuni contesti ma non in altri. Non si tratta
di sistemi fatti propriamente per camminare con la camera a
mano (per questo esistono altre attrezzature), anche se piccoli
movimenti possono comunque risultare alquanto gestibili e
gradevoli.

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Il cavalletto. Il cavalletto si usa per inquadrature fisse, pan
(destra-sinistra) e tilt (alto-basso). Attenzione però! Non tutti i
cavalletti sono fatti allo stesso modo e, di conseguenza, non
tutti sono in grado di servire allo scopo. Il cavalletto da usare
per i video deve avere gambe e snodi molto solidi ed avere una
testa con rotazione frizionata e fluida per movimenti morbidi e
calibrati di pan e tilt. Possibilmente la testa deve essere
removibile, nel caso risultasse necessario utilizzarla su uno
slider per esempio. Concentriamoci ora sulla praticità. Potreste
essere portati a scegliere un cavalletto poco ingombrante e
poco pesante per questioni di comodità, pensando che questo
non inciderà sulla stabilizzazione. Sbagliato: un cavalletto
leggero è un vantaggio solo se soddisfa prima le esigenze di
stabilità e robustezza, altrimenti è necessario caricarsi di un po'
di peso in più. Ricordate infine che la testa del cavalletto è il
cuore del sistema, e che è fondamentale acquistare un
cavalletto con misure adatte (altezza) alle vostre esigenze di
ripresa più comuni.

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Monopiede. Può sostituire il cavalletto quando ci troviamo a
lavorare in contesti dove sono richieste velocità e leggerezza.
L'asse verticale del monopiede è sempre stabile, ma grazie alla
sua speciale forma, potremo effettuare alcuni piccoli
movimenti semicircolari inclinando l'asse del cavalletto,
ottenendo comunque immagini stabili. E' un sistema molto
pratico.

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Stabilizzatore meccanico o elettronico: mini Crane, gimbal.
Lo stabilizzatore meccanico è molto utile quando la ripresa si
svolge in movimento, ad esempio per seguire una persona che
cammina. Un stabilizzatore meccanico a bilanciere molto noto
è il Glidecam, mentre un ottimo stabilizzatore elettronico è il
Ronin. Per chi cerca maggiore compattezza consiglio il più
piccolo Zhiyun Crane a impugnatura singola o doppia.

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Slider. Utilissimo per piccoli movimenti della camera sull'asse
laterale, orizzontale o verticale, lo slider ci permette di traslare
la camera in una direzione, senza ruotare sull'asse (cosa
comunque possibile. Se abbiamo montato una testa frizionata
sulla slider, possiamo fare sia pan che tilt mentre stiamo
traslando).

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Dolly e Jib. Il Dolly è sostanzialmente uno slider che copre
movimenti di più ampia portata. Avete presente le immagini dai
set in cui vedete la camera muoversi su binari? Ecco, quello è il
Dolly. Il Jib, invece, è un bilanciere a leva che consente altri
movimenti di camera di varia ampiezza a seconda della
dimensione del Jib stesso. Molto spesso questi due strumenti
vengono anche usati in combinazione tra loro.

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Rig e Cage. Il Rig è un sistema di supporto per la camera, può
essere utilizzato in vari modi in base alle esigenze del

55
videomaker, e in funzione della quantità di accessori che
vogliamo aggiungere alla macchina (filtri per l'ottica,
microfono, monitor, viewfinder, etc...). Il Rig è generalmente
dotato di base, impugnature, attacchi modulari e piatto di
appoggio alla spalla. Se avete esigenza di aggiungere ulteriori
accessori alla vostra macchina, la soluzione perfetta potrebbe
essere l'utilizzo dei Cage, piccoli telai nei quali viene montata
la macchina, in grado di ospitare attacchi per i vari accessori
quali microfoni, monitor, batterie extra e così via. Sia i Cage
che i Rig (nomi che spesso vengono associati nei cataloghi di
accessori presenti online) possono a loro volta essere montati
su altri supporti, il cavalletto ad esempio.

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Stabilizzazione in post-produzione. Alle soluzioni classiche
per la stabilizzazione che vi ho illustrato fino ad ora, possiamo
aggiungere anche l'aiuto dei software in post-produzione. Molti
sistemi di montaggio sono dotati di funzioni per la
stabilizzazione decisamente validi, perfettamente in grado di
rimuovere piccoli movimenti e vibrazioni. Per capirci, se avete
fatto riprese mentre ballavate la rumba, nessun software sarà in
grado di aiutarvi! Altro aspetto da tenere in considerazione
quando si parla di stabilizzazione in post-produzione è che, al
fine di rendere più stabile la scena, il software andrà a tagliare
l'inquadratura. In sostanza, questa ultima tecnica è più un
salvagente che un'effettiva soluzione.

Le attrezzature di stabilizzazione di cui abbiamo parlato sono


elementi importanti del corredo del videomaker. Il mio
consiglio è quello di non sottovalutarne la necessità e di non
acquistare materiale scadente nella speranza di risparmiare
qualcosa: cercate la giusta combinazione qualità/prezzo
all'interno di una gamma di prodotti considerati buoni, recensiti
e testati. Questo principio vale in realtà per tutte le attrezzature
video: partite anche con un solo di questi strumenti

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(decisamente buono) e passate al secondo quando siete nella
condizione di farlo.
Non sapete da dove iniziare per costruire il vostro set? Un buon
cavalletto è la prima cosa di cui dovrete dotarvi.
Successivamente potete passare alla scelta di un buon
monopiede e/o un gimbal (meccanico o elettronico), sempre a
condizione che ne abbiate effettiva esigenza per i vostri lavori.
Ricordate che queste attrezzature non servono solamente per
stabilizzare le vostre riprese (e per fare movimenti di camera),
ma anche per velocizzare e semplificare il vostro lavoro,
rendendolo di conseguenza più performante.
L'obiettivo finale deve sempre essere quello di supportare
l'approccio visivo che avete scelto di perseguire, mai il
contrario. Per capirci: non sceglierete uno slider per
“stabilizzare” la macchina o perchè avete visto che lo usano in
molti; lo sceglierete perché per seguire le vostre esigenze
creative avete bisogno di quel preciso movimento di camera
(movimento che non vorrete mai fare se non in maniera
stabile!) e quindi decidete di attrezzarvi per poterlo fare al
meglio.
Come già detto e ripetuto diverse volte, prima ancora
dell'attrezzatura viene l'idea. È importante avere un risultato in

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testa, un obiettivo da raggiungere, un'idea da sviluppare. Una
volta immaginato, si passa alla realizzazione: sapete che non
volete ottenere un risultato approssimativo e, di conseguenza,
sarà necessario utilizzare degli specifici strumenti. Non potete
permetterveli? In questo caso sarà il vostro genio creativo a
fare la differenza.

TIP. Provate a disattivare ogni stabilizzazione interna presente


nella camera o nella lente quando fate riprese su uno slider o
stabilizzatore esterno. In alcune di queste situazioni potreste
vedere degli strani effetti e ridondanze dovute ai troppi sistemi
di stabilizzazione in funzione contemporaneamente. Fate
sempre delle prove per verificare il comportamento degli
stabilizzatori interni ala vostra camera e lenti per verificarne il
comportamento nei vari impieghi.

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MICROFONI

Inutile dire che quello del fonico è un mestiere a sé, un


mestiere che richiede una professionalità davvero elevata. Per
questo motivo affronteremo il tema dei microfoni (e quindi
delle riprese audio) pensando soprattutto alle nostre esigenze di
videomaker in piccole produzioni. Vi consiglio di affidarvi
sempre ad un fonico professionista ogni volta che il vostro
budget lo consente.

Quando si parla di audio la prima cosa da fare è quella di


definire il contesto e le esigenze che con più probabilità vi
troverete a dover affrontare, ovvero le situazioni in base alle
quali dovrete fare una scelta in merito al tipo di microfono da
usare e al relativo sistema di registrazione.
Seppur incredibilmente migliorato, l'audio che registriamo
direttamente in camera non ci restituirà mai la qualità ottenuta
registrando su apparecchiature esterne ad hoc. Ciò nonostante,
alcune camere di più recente produzione offrono soluzioni
davvero molto buone.
Vediamo quali sono le opzioni per registrare un audio di buona
qualità.

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Registrazione audio “in camera”. Il suono proveniente dal
microfono entra attraverso il cavo direttamente nella macchina.
La maggior parte delle camere è dotata di un ingresso jack e
talvolta di accessori che forniscono i più efficaci ingressi XLR.
Le camere più recenti, ad esempio, hanno sempre almeno un
ingresso jack ed un'uscita cuffie per monitorare quello che state
registrando.

61
Il menù audio della camera offre quasi sempre la possibilità di
visionare e gestire i valori di ingresso del volume, i valori di
limite (per evitare distorsioni), opzioni anti-vento e livelli per
regolare il volume delle cuffie. Il microfono che farete entrare
nella camera deve essere autonomamente alimentato (batteria)
e può, a seconda delle specifiche esigenze, passare prima
attraverso un piccolo mixer. La registrazione in camera è
certamente la soluzione ideale in molte situazioni; quando
invece emergerà l'esigenza di avere più fonti di registrazione in
contemporanea, o quando la qualità richiesta dovrà superare un
certo standard, allora sarà necessario passare all'opzione
successiva.

Registrazione su supporti esterni. Questo è un tipo di


registrazione audio che segue un suo percorso autonomo. Solo
in post-produzione, infatti, l'audio verrà sincronizzato con il
video (la nostra camera avrà comunque raccolto una sua traccia
audio di base utile alla successiva sincronizzazione). Esistono
numerosi registratori adatti allo scopo, con pochi o tanti canali
di registrazione, di diversa qualità, con o senza mixer
incorporato e appartenenti a varie fasce di prezzo.

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Registratore esterno

Microfoni per il video

Chiarite quelle che sono le due modalità di registrazione audio,


vediamo ora le tipologie di microfono da utilizzare nei vari
contesti, considerando in partenza le tre tipologie esistenti:
microfoni direzionali, panoramici o non-direzionali,
bidirezionali.

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I microfoni panoramici (chiamati anche non-direzionali) sono
microfoni che non discriminano la fonte da cui proviene il
suono. Appartengono a questa categoria i microfoni a pulce.

I microfoni bi-direzionali hanno la capacità di cogliere bene


due sorgenti del suono: una sorgente principale e una fonte
sonora proveniente da altra direzione.

Il microfono direzionale è il cosiddetto shotgun: può essere più


o meno performante, a seconda della sua capacità di cogliere
una fonte proveniente da un punto preciso dello spazio
isolando i suoni circostanti.
I microfoni direzionali sono estremamente sensibili, quindi
rilevano marcatamente i suoni mentre vengono maneggiati. Per
questo motivo essi sono spesso montati su appositi supporti che
limitano la possibilità di creare rumore da contatto
maneggiandoli. Questo genere di microfono viene
generalmente usato nelle interviste o nei dialoghi.

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Parliamo ora del flusso di lavoro con il suono. I segnali
provenienti dai microfoni possono andare direttamente in
camera o utilizzare dei trasmettitori radio: in questo caso il
microfono sarà collegato ad un primo apparecchio di
trasmissione che invierà il segnale radio ad un ricevitore
collegato via cavo alla camera o al registratore esterno.

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Set radio, con microfono a pulce

Prendendo in considerazione le situazioni più comuni in cui un


videomaker si troverà ad operare, i microfoni più utilizzati
sono: lo shotgun direzionale, il microfono a pulce (lavalier) ed
un microfono ambientale.
La scelta iniziale nel momento in cui si costruisce il proprio kit
può in prima battuta limitarsi ad uno shotgun, poiché questo è

66
il tipo di microfono più versatile per chi inizia, magari
accompagnato da un microfono a pulce.
Anche per il parco microfoni bisogna prestare particolare
attenzione alla scelta ed all'investimento che questa ci
richiederà. Il microfono è una parte essenziale dell'attrezzatura
del videomaker: molti scoprono davvero troppo tardi che
l'audio è importante quanto il video (se non di più, in molte
occasioni...). La regola, in ogni caso, rimane la stessa: leggere
recensioni e test comparativi prima di fare una scelta, tenendo
sempre conto dei parametri di base di cui vi ho parlato.

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LUCI

La luce è l'ingrediente fondamentale nella fotografia, così come


nel video e nel cinema. Quando affrontiamo il tema della luce
nel video stiamo trattando l'essenza del tutto.
Questo manuale non ha la pretesa di essere esaustivo nel
trattare l'argomento, ma sarà certamente un buon punto di
partenza per chi vuole conoscere i punti cardine della materia.
In questo capitolo parleremo di come attrezzarci per affrontare
al meglio il problema dell'illuminazione nelle riprese, e di
come operare al meglio sfruttando la luce naturale. Le tecniche
base di illuminazione verranno affrontate in un prossimo
capitolo.

Kit luci

Le camere e le lenti sono oggi in grado di catturare immagini in


condizioni di luce davvero difficili. Ciò nonostante, per ragioni
puramente estetiche o perchè andremo a riprendere in
situazioni particolarmente buie, potrebbe presentarsi l'esigenza
di disporre di un piccolo set di luci.
Se non lavorate per una grossa agenzia o casa di produzione e

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se non lavorate prevalentemente su set, è bene che sappiate che
il kit luci per il videomaker deve essere prima di tutto leggero,
performante e versatile.

Una delle situazioni più critiche può presentarsi, ad esempio,


con l'intervista: se non avete a disposizione buone condizioni di
luce naturale, dovrete attrezzarvi di conseguenza, pena la
realizzazione di una ripresa poco lontana dalla sufficienza.
Certamente vale sempre l'arte di arrangiarsi (chi non ha mai
recuperato qua e la lampade casalinghe, o semplicemente
sfruttato una finestra per illuminare?). Il punto qui è un altro: se
ci viene commissionato un lavoro, dobbiamo essere pronti a
risolvere qualunque problema dato da condizioni luce non
adeguate o che non possiamo prevedere. Detto in altri termini,
affidarsi alla buona sorte non può bastare. La soluzione più
semplice è spesso quella di dotarsi di almeno due luci led da
usare una come luce principale e una come luce di
fondo/contrasto. A questo set si accompagnano i relativi stand
(in contesti come il reportage una luce led può anche essere
attaccata direttamente sulla camera) ed almeno un riflettore
(quelli pieghevoli in tessuto sono molto comodi).
Molte lampade led sono dotate di pannelli per diffondere la

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luce: qualora non fosse così, è bene dotarsene. Le lampade led
in commercio sono generalmente dotate di variatori di potenza
e di temperatura colore, ricordate inoltre che è bene scegliere
lampade dotate di alimentazione sia a batteria che a corrente.
I kit a lampade led che trattiamo qui sono molto pratici e
versatili, sarà solo il prezzo a fare la differenza tra lampade più
o meno potenti. Se avete intenzione di utilizzarle su set o su
progetti particolarmente impegnativi, è bene orientarvi fin da
subito su prodotti che dispongano di potenze più elevate (i più
costosi). Se invece quello che state cercando è un pacchetto
versatile e veloce da usare, il kit di cui faremo un esempio nel
prossimo capitolo potrebbe essere la soluzione migliore per
voi. Le lampade led di cui parliamo sono spesso dotate di
batterie classiche multiuso (formato Sony o simili), batterie che
magari già utilizzate per altre attrezzature. Inoltre, molti kit
funzionano anche con le classiche batterie stilo.
Quello che diremo in merito al Kit luci di base può essere
risolutivo per riprese in spazi relativamente ridotti, per un
intervista per esempio. Quando dovrete illuminare scene più
ampie invece, le regole di illuminazione rimarranno le stesse
ma la potenza dei fari dovrà essere più elevata per consentire
all'illuminazione di raggiungere distanze maggiori.

70
Scendiamo nel dettaglio: cosa comporta il fatto di disporre di
una potenza ridotta? comporta che queste luci andranno
posizionate più vicino al soggetto da riprendere. È importante
considerare che si tratta di lampade relativamente economiche
e leggere, due sono il minimo indispensabile per lavorare bene,
nulla vieta di aggiungerne una terza, anche di potenza
leggermente inferiore. Nella foto una lampada di esempio, la
Aputure Led 672.

71
Come detto, le lampade led più piccole possono essere anche
usate direttamente sulla camera, per esempio quando si gira un
reportage: sarete voi a dover valutare, in base alle vostre
esigenze, quale tipo di lampada scegliere. In ogni caso, per
essere davvero operativi ed in grado di affrontare buona parte
delle situazioni che possono presentarsi, è consigliabile avere a
portata di mano almeno un set base come quello descritto
descritto sopra (o simile).

72
MONITOR

Obiettivo di questo capitolo è analizzare le diverse tipologie di


monitor da usare in ripresa.

I monitor di ripresa sono importanti specialmente quando si


possiede una DSLR/Mirrorless: le camere di questo tipo,
infatti, sono dotate di display relativamente piccoli anche
rispetto ai monitor delle videocamere. Se il nostro obiettivo è

73
quello di ottenere il massimo in termini fotografici dalla nostra
macchina, è bene eliminare sul nascere qualsiasi incertezza
sulla messa a fuoco e sull'esposizione, dovete dunque capire se,
in base alla qualità della vostra vista siete comunque in grado
di lavorare bene con il display interno.

Avete una vista impeccabile? Allora forse per voi il solo


display della macchina potrebbe essere sufficiente, sappiate
però che un monitor esterno è uno strumento comunque utile,
per un'infinita di motivi.

74
Un'obiezione che potrebbe essere mossa contro l'utilizzo dei
monitor di ripresa esterni è certamente che questi non sono
molto comodi da usare. È innegabile: lo schermo esterno è un
accessorio in più da portarci dietro, ma è bene ricordare che si
tratta di uno strumento utile se non fondamentale in molti
contesti. Ciò che si percepisce grazie ad un monitor 7 pollici è
ben diverso rispetto ad un display da 3 pollici.

Le camere più recenti sono dotate di display che offrono ottimi


servizi di assistenza alla ripresa: sono in grado di fornirci un
ingrandimento integrato per la messa a fuoco, e segnali di
rilevamento delle zone a fuoco. Possiamo inoltre evidenziare le
zone sovraesposte con gli zebra pattern (altro ausilio del
software della camera) e controllare altri strumenti dedicati
all'esposizione ed al colore come istogrammi e waveform
(spiegheremo più avanti come funzionano). Non male, vero?
Non dimenticate però che tutte queste possibilità sono
disponibili su un piccolo display da 3 pollici circa. Disporre di
tutti questi servizi anche su un 7 pollici è un passo in avanti.

I monitor esterni più utilizzati sono generalmente quelli da 7


pollici (quelli da 5 sono un po' meno diffusi) e dispongono di

75
risoluzioni variabili. Come già accennato nel paragrafo relativo
alle schede di memoria, esistono sistemi integrati di
registrazione e monitoraggio come i prodotti della Atomos,
ottimi ma decisamente più costosi di un monitor base.
Il monitor esterno che stiamo cercando è un monitor con un
buon contrasto, un display che ci consenta di vedere bene
quello che stiamo girando anche in una giornata con molta luce
(generalmente i monitor esterni vengono comunque venduti
con le alette parasole). La risoluzione è importante per cogliere
al meglio i dettagli ma, ovviamente una maggiore qualità si
paga, così come le caratteristiche accessorie quali zebra pattern
ed assistenza alla messa a fuoco.

Se non volete spendere molto e quello che vi interessa


principalmente è solo una migliore assistenza nella messa a
fuoco o nell'esposizione, allora potete anche optare per una
risoluzione più bassa dell'HD (cosa che comunque sconsiglio).
Nel caso in cui vogliate avere pieno controllo dell'immagine, è
preferibile orientarsi da subito su un monitor Full HD dotato di
servizi di assistenza colore, fuoco ed esposizione: stiamo già
lavorando su video in 4K e scalare a Full HD è già un
compromesso sufficiente, oltre il quale è meglio non spingersi.

76
I monitor possono essere montati sulla camera grazie ad
appositi braccetti snodabili o su uno qualsiasi dei supporti citati
nel capitolo sulla stabilizzazione (cage, rig...). Pur essendo
ovviamente alimentati a batteria, i display esterni dispongono
(quasi tutti) di un ingresso per l'alimentazione a corrente. I
monitor esterni sono generalmente leggeri e sono disponibili in
diversi modelli: anche in questo caso, per assicurarsi l'acquisto
migliore vale la regola delle recensioni, dei test, dei consigli.
Un monitor economico sul quale iniziare a fare le prime
riflessioni e confronti può essere il Feelworld FW760 (quello
nella foto di inizio capitolo): da questo modello in su non c'è
che l'imbarazzo della scelta, sempre in base alle vostre
disponibilità economiche.
Il tipo di connessioni dei monitor sono generalmente HDMI e
SDI: ricordate di proteggere sempre questi ingressi nella
camera e nel monitor, poiché a lungo andare potrebbero
danneggiarsi o piegarsi. Generalmente le camere dispongono di
uscite HDMI o miniHDMI, inoltre sarà necessario effettuare
qualche settaggio per inviare il segnale corretto al monitor.

77
TIP. I concetti chiave nella ripresa video difficilmente
cambiano nel tempo. I prodotti invece cambiano ed evolvono
molto velocemente: per questo motivo tendo qui a citare
marche e modelli con il solo scopo esemplificativo. Se cercate
suggerimenti e consigli specifici, potete contattarci dal nostro
sito www.videomakeronetoone.com
Per quanto riguarda i monitor in particolare, il mio consiglio è
quello di provare prima a vedere come vi trovate con il display
della vostra macchina, se è completamente snodabile come
quello della panasonic GH5 siete già un passo avanti. Se
doveste poi rendervi conto che preferite vedere meglio e su uno
schermo di più grandi dimensioni, sapete ora che i monitor
esterni possono essere una buona soluzione.

LUT, esposizione, fuoco

Non abbiamo ancora parlato dei LUT e iniziamo a farlo qui


perchè hanno in qualche modo un legame importante con la
qualità della visione su display e monitor. Ma cosa sono i
LUT? sono sostanzialmente correzioni colore pre-impostate
che servono per lavorare velocemente sul colore in fase di post-

78
produzione.
Alcune camere offrono la possibilità di ottenere una preview
(mentre giriamo) dei LUT che useremo in color correction
(devono prima essere caricati in camera). Si tratta di semplici
anteprime che non vengono impresse sul girato, ma è
importante sapere che esistono e che possono essere di aiuto
per visionare al meglio ciò che stiamo riprendendo. Le preview
dei LUT sono utili quando usiamo profili colore neutri (log),
profili quindi che ci daranno moltissime possibilità in color
correction ma che risulteranno molto poco contrastati e con
colori tenui in ripresa, dunque difficili da giudicare ad occhio,
specialmente se lavoriamo all'aperto e con molta luce (un LUT
di questo tipo è per esempio il Vlog-L della Panasonic GH5).

79
Profilo Vlog-L panasonic senza LUT e con LUT

La messa a fuoco, così come l'esposizione, è uno degli aspetti


più importanti quando si parla di riprese video e, di
conseguenza, bisogna effettuarla con la maggior precisione
possibile. Un'immagine che “sembra” a fuoco sul piccolo
display della camera può non esserlo poi così tanto quando
viene vista su uno schermo più grande. Per tutti questi motivi
può essere utile pensare ad un monitor esterno, anche solo
come segno di responsabilità e attenzione verso il vostro lavoro
futuro.
Lasciatemi qui rimettere in luce un concetto chiave che tornerà

80
in tutto il manuale ed in particolare in un apposito capitolo:
l'esposizione, il bilanciamento del bianco ed il fuoco sono
aspetti cruciali. Dovete mettervi nella condizione di sapere
come gestirli in maniera perfetta, ed essere sicuri di avere a
vostra disposizione gli strumenti più adatti per assistervi al
meglio.

TIP. In alternativa al monitor esterno, qualora siate in difficoltà


con il display della camera, esiste anche la soluzione dei
viewfinder. Si tratta di strumenti che vengono applicati al
display e replicano il viewfinder della macchina stessa,
amplificandone la qualità visiva attraverso un sistema di lenti
appositamente studiate. Non è un sistema comodo se dovete
riprendere da angolazioni difficili, i prodotti migliori non sono
nel contempo particolarmente economici. Io personalmente ne
faccio uso molto raramente, fate comunque qualche ricerca su
questi prodotti, potrebbero rappresentare la soluzione adatta
per le vostre specifiche esigenze.

81
LA RIPRESA

Regolazioni pre ripresa


Nel capitolo dedicato alle attrezzature abbiamo già accennato
ad alcuni aspetti fondamentali per ottenere una buona
esposizione, torniamoci brevemente:

Frame per seconds (fps)


Il nostro video altro non è che una rapida sequenza di frame
(fotogrammi). I valori di fps più utilizzati sono 24, 25, 30, 50 e
60 (30 e 60 sono lo standard USA, 25 e 50 lo standard
europeo).
Il 24 fps conferisce un look più cinematografico,
semplicemente perché è la modalità a cui il cinema ci ha
maggiormente abituati come spettatori.
Il 25 fps offre un'immagine più realistica e definita e, insieme
al 30 fps, è il valore più usato nel mondo del video.
Con 50 fps il singolo fotogramma è estremamente definito, in
parte anche perché crea un instantanea più breve, una quantità
minima di “tempo e luce”. Girare con questo numero di
fotogrammi ci consentirà di ottenere ottimi risultati qualora
volessimo effettuare uno slow motion. Il motivo è semplice:

82
in 2 secondi di video avremo 100 fotogrammi (2 x 50fps). Se
rallentiamo del 50% la velocità otteniamo dunque 4 secondi di
video (più lento dell'originale). Allo stesso tempo, però, in ogni
secondo manterremo almeno 25 fotogrammi e la definizione
delle immagini rimarrà di altissima qualità.
Se volessimo fare lo stesso esperimento con un girato originale
a 25fps (anziché 50fps) ci troveremmo con un materiale
rallentato che contiene circa 12 fotogrammi al secondo (50fps
rallentati del 50%= 50/2=12,5). La conseguenza di ciò è chiara:
i fotogrammi sono troppo pochi in ogni secondo e sotto questa
soglia il video inizierà ad apparire meno fluido, stiamo
iniziando a percepirlo come un susseguirsi di singole
immagini. Scendendo sotto ai 12fps la cosa diventa
assolutamente macroscopica. Quanti più fotogrammi abbiamo
nel video originale, tanto più possiamo rallentare il nostro
video, pur mantenendo una quantità finale di fotogrammi tale
da renderlo fluido e nitido. Un movimento girato con una
camera in grado di darci 120fps in originale, può essere
rallentato fino a 4 volte (del 75%) continuando a restituendoci
una immagine di elevata qualità con 30fps finali. Immaginate
un gesto che si compie in 1 secondo, un salto per esempio,
potremmo vederlo durare ben 4 secondi rallentato in questo

83
modo, senza perdere un minimo di qualità e fluidità
nell'immagine.

Il sacro graal dell'esposizione: apertura, shutter speed, ISO

Tanti fotogrammi, dunque tante fotografie in un secondo,


ognuna delle quali deve avere la migliore esposizione possibile
(non siamo fotografi ma il concetto è identico). come facciamo
ad ottenere la migliore esposizione possibile nel video?

Quello che dobbiamo fare è andare ad agire su determinati


parametri che approfondiremo più avanti, ,ovvero:
1) diaframma
2) shutter speed
3) ISO

abbiamo anche alcuni strumenti che ci aiutano a misurare


l'esposizione:
1) grey card (cartoncino grigio)
2) istogramma e/o waveform
3) indicatore zebra
4) la nostra capacità critica ed il nostro senso estetico

84
Se non abbiamo luce naturale sufficiente, se le nostre lenti non
hanno la possibilità di aprire molto il diaframma (ovvero se
non sono abbastanza luminose), o ancora se la nostra macchina
produce immagini molto rumorose ad alti ISO, l'unica
alternativa possibile è quella di cambiare lente, oppure essere
dotati di un buon set di luci portatili o ancora cambiare il
momento e il luogo della ripresa per avere condizioni di luce
migliori.

Se al contrario abbiamo troppa luce (dobbiamo girare durante


una giornata estremamente luminosa) dovremo usare sistemi
diversi che ci aiutino a contenerla. Se non vogliamo chiudere il
diaframma perchè vogliamo continuare ad avere una bella
differenza di fuoco tra soggetto e sfondo, una soluzione
potrebbe essere quella di usare un filtro ND sulla lente, oppure
aumentare lo shutter speed per scurire l'insieme (attenzione,
non sono azioni del tutto prive di conseguenze negative, date
un occhio ai rispettivi paragrafi dove parliamo di shutter speed
e filtri).

85
Ricapitolando, la corretta esposizione si ottiene in due modi:

1. aumentiamo o riduciamo la luce aprendo o chiudendo il


diaframma;
2. aumentiamo o riduciamo la luce scendendo o salendo
sulla scala dello shutter speed (tempo di apertura).

Lo shutter speed ci dice per quanto tempo rimane aperto


l'otturatore. L'equazione è semplice: Poco tempo = meno luce,
tanto tempo = più luce.

TIP. Occhio ai numeri! Nelle scale della vostra macchina


leggerete valori di shutter di 30, 200, 2000... Ricordate che 30
è più grande di 200 perché parliamo di frazioni! 1/30 di
secondo è un valore più grande di 1/2000 di secondo. Lo stesso
concetto vale per le scale del diaframma (apertura): a 1,8 il
diaframma è più aperto che a 22.

Per noi che ci occupiamo di video e non di foto, le cose si


complicano: alcuni fattori non ci permettono di agire così
liberamente su diaframma e shutter speed come faremmo se
dovessimo scattare delle fotografie.

86
Lo shutter speed nel video non dovrebbe mai (o quasi) essere
troppo distante dal doppio del frame rate a cui state girando
(esempii: fps 25 = shutter speed 50, fps 50= shutter speed 100).
Si tratta di una regola basica che, ovviamente, può essere
derogata (se volete scurire l'immagine salite a 200 di shutter
speed o oltre). Il mio consiglio è di muovervi con disinvoltura
con lo shutter, solo DOPO aver fatto molte prove e quando vi
saranno chiari i risultati che questo comporta sulla nitidezza
dell'immagine e non solo sulla luminosità.

Cosa succede invece se lavoriamo sul diaframma per regolare


la nostra luce? Nulla di disastroso, oltre alla luce andrete a
cambiare la vostra profondità di campo (è più probabile
ottenere un disastro muovendo troppo lo shutter).

A diaframma molto aperto (ad esempio 1.4 – 2.8) il vostro


soggetto sarà ben distinto dallo sfondo che risulterà invece
sfocato. A diaframma molto chiuso, viceversa, tutte le parti
dell'immagine tenderanno ad essere a fuoco (f11 -f16 e così
via). Regolando quindi l'esposizione usando il diaframma
sacrificherete anche la profondità di campo in qualche modo.
E' qui che userete i filtri ND, per ridurre la luce senza

87
rinunciare al diaframma aperto, ne parliamo nel capitolo filtri.

Cosa succede se invece non rispettiamo la regola che vuole lo


shutter al doppio del frame rate (regola dei 180 gradi)?
Tendenzialmente se ci avviciniamo o scendiamo al di sotto del
numero di frame rate (esempio frame rate a 24 e shutter a 30 o
meno) inizieremo sì ad illuminare la scena, ma essa sembrerà
artefatta e gli oggetti in movimento sembreranno ectoplasmi
che fluttuano nell'aria.
Se invece andiamo ad aumentare troppo lo shutter (500, 1000,
etc...) certo ridurremo la luce, ma renderemo troppo netto e
fastidiosamente preciso il singolo fotogramma. Questa
soluzione può andare bene se quello che vogliamo ottenere è
un'immagine ultra dettagliata (pensiamo alle foto sportive in
cui l'immagine dell'atleta in movimento è perfettamente
definita, nonostante la velocità alla quale si sta muovendo) ma
inizieremo anche a percepire un effetto iper realistico.
Anche in questo caso, quindi, è necessario sviluppare
un'abitudine alla visione che ci permetta di capire bene il
risultato che andremo ad ottenere, per poi essere in grado di
bilanciarlo a nostro piacimento.
Se possibile, mantenete sempre lo shutter al doppio del frame

88
rate, almeno fino a quando non vi sentirete tranquilli e sicuri
degli effetti che si produrranno sul vostro video.

TIP. Evitare il flickering. Prestate particolare attenzione


quando riprendete in ambienti che hanno luci artificiali,
potreste vedere scorrere verso l'alto fastidiose strisce di luci ed
ombre orizzontali (effetto flickering). È la frequenza di alcune
luci in quell'ambiente a darvi fastidio. Per risolvere il problema
è sufficiente regolare lo shutter intorno a 100 o multipli.

Agire su gli ISO


Un altro parametro su cui agire in condizioni di scarsa
luminosità sono gli ISO. Quando sarete troppo al buio, quello
che dovrete fare è aumentare gli ISO: bisogna prestare
attenzione a questo aspetto, perché alti ISO producono rumore
sull'immagine, soprattutto nei punti più in ombra. Si tratta di
una sorta di pulviscolo, un'infinita selva di puntini molto
fastidiosi di cui è piena l'immagine, si notano soprattutto nelle
zone d'ombra. Le camere più recenti come la Sony A7S2 o la
Panasonic GH5 lavorano molto bene anche ad ISO elevati, ma
la cautela è sempre opportuna: per esempio con la GH5 si può
stare abbastanza tranquilli fino a 1600 ISO, sulla Sony A7S2

89
anche oltre. E' bene sperimentare in base alla vostra
attrezzatura e alle vostre esigenze.

TIP. Esistono ottimi programmi per ridurre il rumore di fondo


(rumore video) in post- produzione: uno dei migliori è Neat
Video. Tenete conto, però, che si tratta di un processo
impegnativo per il computer e per il vostro tempo! Servitevi
quindi di questa soluzione con molta attenzione, e ricorrete ad
essa se davvero non potevate fare di meglio in fase di ripresa.

90
Rumore, la puntinatura che vedete in questo dettaglio

91
La messa a fuoco

Pur sembrando un aspetto banale, mettere a fuoco non è affatto


una cosa semplice. Non si tratta solo di girare una ghiera o di
usare l'autofocus (soluzione utile solo in pochi contesti) .
Quello che è importante capire è se nelle condizioni in cui state
lavorando siete davvero in grado di verificare la vostra messa a
fuoco con sicurezza. Un ambiente con troppa luce, ad esempio,
non vi aiuta a capire bene cosa state vedendo sul display della
camera.
Le camere moderne sono dotate di indicatori che ci supportano
in questa fase (sono picchi di colore che la camera fa apparire
sulle zone a fuoco), ma rimane importante non affidarsi troppo
ad essi, o al proprio occhio!
Se lavorate il fuoco a mano ricordate che a diaframma molto
aperto l'area di fuoco è molto ridotto e di conseguenza
sbagliare è piuttosto facile specialmente con soggetti in
movimento (con apertura a 0,95 per estremizzare, il naso
potrebbe essere a fuoco e l'occhio no, per darvi un idea)
Controllate con attenzione ciò che state facendo, e ricordatevi
che non state solo cercando di evitare un fuori fuoco
clamoroso, ma volete evitare anche un fuori fuoco leggero,

92
perché questo comunque può rovinare la vostra scena e sullo
schermo del computer lo noterete di più. Ricordate che agire
delicatamente sul fuoco non è facilissimo su alcune lenti.

Filtri ND e filtri polarizzati

Un accessorio di cui ogni videomaker professionista dovrebbe


dotarsi è, senza ombra di dubbio, un filtro ND, ne abbiamo
scritto parlando di diaframma e luce. Si tratta di un particolare
filtro che usiamo quando vogliamo ridurre la troppa luce senza:
1) chiudere il diaframma, perchè vogliamo mantenere l'effetto
sfocato sullo sfondo
2) variare troppo lo shutter speed, perchè non vogliamo
ottenere immagini alterate (ricordate: aumentare lo shutter
significa ridurre il tempo di esposizione, poiché parliamo di
frazioni, aumenta il numero e non il valore assoluto, 1/2000 è
più piccolo di 1/100).

I filtri ND si montano davanti alla lente ed esistono sia in


versione fissa che variabile. Il filtro ND variabile è
estremamente comodo perché consente appunto di variare la
luminosità della scena semplicemente ruotando la ghiera di cui

93
è dotato: un solo filtro sarà quindi sufficiente per tutte le
situazioni. Attenti alla qualità! Molti filtri ND a basso costo
tendono a colorare leggermente le immagini quindi è bene fare
qualche ricerca prima di procedere all'acquisto.

I filtri polarizzati (variabili o fissi) vengono invece usati


soprattutto all'aperto per restituire colori più vivi e senza
riflessi. Personalmente ritengo il filtro ND di rilevanza
cruciale.

Come verificare l'esposizione

Spiegati i parametri su cui è necessario agire per esporre


correttamente, è arrivato il momento di capire come facciamo a
verificare se le nostre immagini sono davvero ben bilanciate, al
di là della nostra percezione visiva.
Ovviamente non esistono parametri fissi o standardizzati, salvo
che non produciate per la televisione. Tutto dipende dal gusto e
dalla volontà di rimanere in alcuni range sperimentati e
considerati accettabili dal comune buon senso e dall'esperienza.

94
Le immagini troppo chiare ci fanno perdere informazioni nelle
zone in luce, mentre le immagini sottoesposte ci fanno perdere
informazioni nelle zone d'ombra, con il rischio di ritrovarci poi
con dati non recuperabili in post-produzione, quindi persi
definitivamente o quasi. Tutte le correzioni colore e luce che
faremo in post-produzione non avranno alcun effetto sulle aree
perse.
È proprio in queste informazioni, in questi dati, che sta il
dettaglio: più li preserveremo e meglio potremo lavorare in un
secondo momento sul colore e sull'insieme del quadro, con
l'obiettivo di restituire la migliore immagine possibile.

Le camere attualmente disponibili sul mercato offrono molti


profili colore di diverse qualità. Le performance raggiunte sono
ormai straordinarie, ed è quindi importante rispettare queste
semplici premesse per essere certi di sfruttare al meglio gli
strumenti a disposizione, tenendo conto che ogni profilo colore
ha una risposta a sé per quanto riguarda il colore e
l'esposizione. Alcuni di questi profili colore sono pronti all'uso
e restituiscono colori più o meno nitidi, più o meno contrastati
(standard, natural...). Altri profili sono appositamente realizzati
per fornire la massima dinamica disponibile in fase di

95
correzione colore. Questi ultimi sono profili che consentono
una più efficace manipolazione in post-produzione (ad esempio
il profilo Vlog-L della Panasonic Gh5) ma, per contro,
richiedono una più che ottima esposizione e bilanciamento del
bianco. Quando osserviamo sul display questi profili durante
la ripresa li percepiamo estremamente slavati e inconsistenti
rispetto ai profili colore pronti all'uso. Essi però sono in grado
di restituire colori e dinamiche di luce straordinari in fase di
correzione. Il fatto che siano così slavati comporta la necessità
di verificare molto bene l'esposizione, perché ad occhio nudo
ed usando il solo display della camera è facile sbagliarsi (vai a
rivedere al capitolo “monitor” la sezione relativa ai LUT e le
immagini di esempio).

TIP. Ne abbiamo già parlato ma vi ricordo che - per sopperire a


questo problema - in alcune camere è possibile attivare una
preview del LUT (modifica provvisoria che non verrà incisa
sull'immagine) con colori più o meno marcati anche per questi
profili.

96
Strumenti per verifica esposizione e bilanciamento bianco

Come abbiamo detto più volte, esposizione e bilanciamento del


bianco sono due aspetti cruciali per garantire una ripresa video
professionale. Il sistema più semplice (ma anche meno preciso)
per verificare l'esposizione, è quello di controllare visivamente
la posizione dell'indicatore sul display, tutte le camere ne sono
dotate. Come funziona? La camera viene puntata sul soggetto,
dove rileva l'esposizione. Normalmente l'indicatore è dotato di
una scala che va da -5 a +5, la nostra tacca dovrebbe
posizionarsi sullo zero dicendoci così che l'immagine è
correttamente bilanciata. Perché uso il condizionale dovrebbe?
perché a seconda del profilo colore e della macchina usata, è
bene verificare che quello sia il migliore risultato ottenibile.
Per fare un esempio: la resa migliore su alcuni profili
Panasonic GH5 non si ottiene puntando il cursore sullo zero,
ma sul -2, leggermente sottoesposto.
Per verificare l'esposizione, il controllo dell'indicatore base sul
display non è per fortuna l'unico strumento disponibile.
Esistono soluzioni decisamente più efficaci, come ad esempio
l'istogramma, opzione attivabile in quasi tutte le macchine più
recenti.

97
Davanti al muso dell'elefante abbiamo un istogramma bilanciato, rileva la
luce sul corpo dell'elefante. Vediamo nel contempo l'indicatore zebra che
segnala molta luce sullo sfondo (le righe diagonali).

Davanti al muso dell'elefante abbiamo un istogramma che indica sotto-


esposizione. L'immagine è complessivamente poco illuminata, ma lo è

98
soprattutto il nostro soggetto principale.

Davanti al muso dell'elefante, istogramma sovraesposto. Anche l'indicatore


zebra segnala luce eccessiva ovunque.

Generalmente, l'immagine ben bilanciata corrisponde ad un


istogramma i cui estremi non oltrepassano la destra o la sinistra
dell'indicatore. Inoltre, su alcune macchine il corpo
dell'istogramma cambia colore se il bilanciamento è corretto
(come negli esempi sopra, l'istogramma bilanciato è bianco).
Anche in questo caso la parola d'ordine è “sperimentare”.
L'esposizione ETTR (Expose To The Right) suggerisce per
esempio di far tendere l'onda, la forma del nostro istogramma,
più marcatamente verso destra (luce) che verso sinistra

99
(ombre).
Le camere moderne dispongono anche del cosiddetto zebra
pattern: si tratta di strisce inclinate che compaiono in
corrispondenza delle zone sovraesposte (le abbiamo viste nelle
foto precedenti). Attivando la funzione zebra riceverete un
aiuto in più. Di norma sono selezionabili due livelli, uno al
75% ed uno al 100%: quando vedete che su alcune aree
dell'inquadratura compaiono queste strisce significa che
quell'area è sovraesposta, è consigliata l'impostazione al 75%
per operare in sicurezza, la comparsa degli zebra ci avviserà
che alcune zone sono a rischio di bruciatura. Se sono aree
irrinunciabili dovete ridurre la luce, come ormai sapete fare,
fino a far sparire le linee zebra.

Se invece avete bisogno di aumentare la luce sul soggetto


aumenterete l'esposizione su questo, potrebbero però di
conseguenza sovraesporsi altre aree, magari meno rilevanti
nell'insieme. Potreste dunque decidere di lasciare che gli zebra
compaiano su aree secondarie per non sacrificare il soggetto,
che è più importante. Questa scelta comporta dunque il
sacrificio di alcune parti dell'inquadratura a beneficio del
risultato complessivo e soprattutto del soggetto che

100
maggiormente ci interessa. Naturalmente potendo gestire le
luci a nostro piacimento possiamo fare in modo che il tutto
risulti comunque equilibrato, ma lo vedremo nell'apposito
paragrafo. Tenevo qui a darvi una precisa indicazione qualora
vi trovaste in condizioni critiche, se volete comunque portare a
casa buone immagini dovete dare priorità all'esposizione del
vostro soggetto principlae.

Waveform
La waveform è un altro strumento di verifica dell'esposizione
ormai disponibile in molte macchine.
Una waveform che scende sotto il livello 0 indica un'area
dell'immagine sottoesposta. Una waveform che sale sopra il
livello 100 indica un'area dell'immagine sovraesposta.
L'immagine d'onda che vedete sul diagramma della vostra
macchina, altro non è che la rappresentazione della luce nei
vari punti orizzontali che compongono la vostra inquadratura.
L'altezza dell'onda sul diagramma indica invece i livelli di luce
di ogni singolo punto (valori tra 0-100 appunto) integrati da
linee orizzontali che rappresentano livelli intermedi (25-50-75
etc).

101
102
Se in corrispondenza di un oggetto o di una finestra notate che
l'onda si sposta sotto o sopra i livelli d'emergenza (0-100),
significa che in quelle aree non viene registrato alcun dato:
quello che state ottenendo è pura luce o nero profondo.
Nella realtà, però, i livelli in cui vogliamo stare non sono mai
così estremi, e di conseguenza non basta stare sotto il 100 o
sopra lo 0 per avere una buona esposizione.
Per esempio è sempre bene che vengano esposte correttamente
e fedelmente le tonalità della pelle: per questo motivo molte
fonti suggeriscono per esempio che una corretta esposizione di
un volto caucasico dovrebbe sempre trovarsi tra i livelli 35 e 45
(il punto dell'immagine dove si trova il volto deve
corrispondere sulla waveform ad un onda che tocca quei
valori).
A questo punto, la cosa migliore da fare è osservare l'insieme
dell'immagine: andando a preservare il vostro soggetto
principale (ad esempio un volto sulla linea del 35 o 45%) ci
troveremo, con ogni probabilità, a dover scendere a
compromessi, perché probabilmente in altre aree saremo saliti
sopra al 100, quantomeno in situazioni di luce esterna non
controllabili da noi.
Consideriamo ora il livello 75 come limite superiore, ed il

103
livello 10 come limite inferiore, dimenticando i precedenti 100
e 0. Questa è un'accortezza molto utile da adottare,
specialmente con i profili colore dedicati alla color correction
di cui parlavamo nel precedente capitolo (log).
Operando una buona esposizione sulla pelle del soggetto potrà
capitarvi dunque di trovare nella scena qualche altra area
sovraesposta o sottoesposta. Se non si tratta di punti peculiari e
se l'insieme dell'immagine è proprio ciò che cercavate, ci sarà
un livello di compromesso a cui dovrete arrivare, perché per
rendere il tutto quanto più possibile bilanciato dovrete avere
disponibili luci extra da posizionare ad hoc e/o materiale per
oscurare le zone sovraesposte; sappiamo però che questa
disponibilità di mezzi non sempre è possibile, quello che
possiamo fare è quindi concentrarci sulle parti importanti
dell'immagine, e fare in modo che quelle siano sicuramente
restituite con un'esposizione corretta.

TIP. Abbiamo già precisato che i differenti profili usati e le


diverse situazioni che ci troviamo a riprendere, richiedono
diverse interpretazioni di questo approccio all'esposizione. La
cosa migliore da fare, soprattutto quando si maneggia una
camera nuova, è quella di verificare i criteri di esposizione in

104
alcune situazioni classiche (ad esempio intervista, esterni,
notturno) e con i differenti profili prima di iniziare a lavorare
su un progetto importante.

Grey card: esposizione e bilanciamento del bianco

La grey card è un pannellino colorato di una particolare tonalità


di grigio riflettente la luce al 18%, particolarmente utile per
verificare l'esposizione e il bilanciamento del bianco. Potete
trovarlo in combinazione con altri piccoli quadretti colorati
(per verifica in color correction) o interamente grigio e bianco.
Come funziona? Basta sistemare il cartoncino nel punto in cui
vogliamo lavorare sull'esposizione (il volto del soggetto per
esempio) e mantenere la camera nella posizione di ripresa.
Possiamo fare occupare tutta l'inquadratura dal nostro
pannellino e quindi fare il rilevamento, oppure possiamo usare
il sistema di rilevamento esposizione in funzione “spot” e
dirigere il nostro punto (spot) al centro del cartoncino grigio
lasciando la composizione di insieme dell'inquadratura
inalterata. Qui verificheremo l'esposizione con l'indicatore del
display (-5/+5) o usando altri sistemi di controllo quali
l'istogramma o la waveform come precedentemente spiegato.

105
Grey card

Bilanciamento del bianco

È arrivato il momento di effettuare il bilanciamento del bianco,


facendo riferimento ad un pannello (per esempio la grey card)

106
o anche ad un semplice foglio di carta bianco. Non lavorare al
bilanciamento del bianco è sempre un grave errore: se la luce
distorce i colori percepiti dalla macchina ci ritroveremo a
raccogliere dati colore errati, ovvero dati che non potranno
essere gestiti in modo ottimale in fase di color correction.
Per fare il bilanciamento del bianco entreremo
nell'impostazione del bianco nella nostra macchina e seguiremo
la specifica procedura, che varia da modello a modello. Non
fidatevi troppo dell'impostazione automatica del bianco (auto
white balance), fate da voi le verifiche necessarie per poi
procedere alla regolazione.
È bene ricordare che esistono alcuni strumenti specifici (anche
in post-produzione) che permettono di bilanciare il bianco su
software di correzione colore ed editing. A mio parere, è
sempre meglio partire con il piede giusto già in fase di ripresa e
ricorrere ai software in post produzione solo in casi particolari.

TIP. Il menù delle macchine ci consente di effettuare molte


variazioni nella sezione dedicata al white balance, esistono set
automatici per luci indoor, ombra, sole e così via, così come
esiste la possibilità di variare a nostra scelta la tonalità di
colore della luce (temperatura). Meglio comunque partire

107
sempre da un bianco bilanciato specificatamente per quella
scena, per poi impostare eventuali modifiche al colore in post.

Tecniche di ripresa

Ora che sappiamo quali sono le attrezzature più importanti per


un videomaker, come sceglierle e come usarle, siamo pronti per
iniziare a capire cosa fare in concreto per ottenere delle riprese
belle e interessanti. Quanto abbiamo trattato fino ad ora sarà il
nostro punto di partenza, e vi servirà indipendentemente dal
fatto che vi interessi lavorare su cortometraggi, documentari,
video istituzionali o videoclip musicali.

Se il nostro intento è quello di raccontare una storia, e ne


abbiamo una straordinaria, ovviamente anche la videocamera
del proprio telefono porterà un risultato, gli esempi non
mancano: il segreto è sempre quello di sapere usare al meglio
ciò che abbiamo a disposizione.
Partiamo dall'inizio: abbiamo un'idea, abbiamo una storia.
Magari l'abbiamo scritta, abbiamo abbozzato uno story board o
semplicemente l'abbiamo solo nella nostra testa.

108
Immaginiamo allora di vedere un flusso di immagini, quelle
stesse immagini che andranno a dare vita al nostro racconto,
piccolo o grande che sia, non importa se si tratta di un
videoclip musicale, di un documentario o quant'altro, in questo
momento stiamo parlando del processo di realizzazione, non
del contenuto in se.

Concentriamoci allora sulle nostre immagini (scene) mentali,


osserviamole una ad una. Queste immagini abbozzate nella
nostra mente sono inquadrature embrionali: il nostro compito
sarà quello di portarle alla luce, utilizzando in modo
estremamente elementare la nostra camera immaginaria, non
ha importanza pensare alle impostazioni in questa fase (fuoco,
apertura, shutter etc.).

Ecco il punto da cui dobbiamo partire: la singola inquadratura,


la funzione che questa avrà all'interno del nostro racconto. Solo
in un secondo momento la scelta delle lenti, la fotografia e tutto
quanto fin qui discusso torneranno ad occupare la scena.

109
Composizione e inquadratura

Vi propongo un piccolo esercizio di immaginazione: provate ad


immaginare la prima scena del vostro video. Potrebbe trattarsi
di un uomo in strada, una bimba in altalena o semplicemente di
un bicchiere su un tavolo. Quello che importa è: com'è
costruita questa immagine? Quanto equilibrio esiste tra le parti
dell'inquadratura che state vedendo (anche solo nella vostra
mente)?

Individuare una regola per definire la proporzione perfetta in


un quadro, una scultura o, come nel nostro caso, in un'
inquadratura, ha impegnato artisti e scienziati da ben prima che
nascesse il cinema, ed è solo grazie al loro talento se oggi
godiamo di straordinarie opere e di molte regole utili per capire
cosa sono l'equilibrio e l'estetica di un immagine.
L'obiettivo di questo manuale non è quello di approfondire il
percorso che ha portato a definire i paradigmi della
composizione (esistono infiniti testi sul tema), ma quello di
rendere chiari e comprensibili i punti chiave ed i concetti
principali.

110
La regola dei terzi

La regola dei terzi ci aiuta ad ottenere un'inquadratura


bilanciata partendo da un principio molto semplice: il soggetto
principale nell'immagine deve trovarsi più o meno in
corrispondenza di uno dei quattro incroci o delle quattro linee
che otteniamo suddividendo l'inquadratura in tre colonne
verticali e tre strisce orizzontali.

111
Partiamo da una serie di semplici domande. Qual è il punto di
attenzione all'interno dell'immagine? Quale effetto ottengo
posizionando questo punto (un volto o un corpo ad esempio) in
una delle aree definite dalla regola dei terzi anziché in modo
casuale? Ho una ragione specifica per infrangere questa regola
(o meglio, infrangere la regola è un'azione giustificata da una
precisa ragione creativa o estetica)?

Altri riferimenti

Possiamo applicare lo stesso principio ad altri tipi di linee


ideali (diagonali, spirali...), ovvero a tutte quelle linee che
possiamo visualizzare sovrapposte alla nostra inquadratura,
anche in funzione dell'effetto evocato dal soggetto
dell'immagine in sé e dall'armonia complessiva che vogliamo
ottenere nell'inquadratura.
Allo stesso modo, un'idea interessante può essere quella di
giocare sulle simmetrie pure. Qual è dunque il risultato che
dobbiamo ottenere? Conferire un senso, un'armonia e una
carica evocativa specifici alla nostra inquadratura, in funzione
al risultato che vogliamo raggiungere attraverso il nostro
racconto e la nostra personale visione creativa ed emotiva.

112
Il nostro compito è quello di sperimentare, di capire, di cercare
un senso, non esistono errori, ma solo tentativi che ci aiutano a
migliorare. I veri nemici da evitare sono invece la superficialità
e l'approssimazione nel modo in cui affrontiamo questo
processo.

113
Inquadratura, campi e piani

I piani dell'inquadratura sono elementi estremamente


importanti nel video, e traggono i loro fondamenti dall'ormai
lunga storia del cinema e dal suo linguaggio specifico. Con
l'inquadratura (e con il movimento di camera che vedremo più
avanti) iniziamo a raccontare e, proprio grazie alla grammatica
definita dal cinema e ormai acquisita dallo spettatore, oggi
siamo in grado di farlo in maniera molto specifica ed efficace.
A questo punto dovremmo aver capito quelli che sono i principi
base definiti dalle regole della composizione: facciamo allora
un passo avanti.

Quando parliamo di piani nell'inquadratura, intendiamo i vari


modi in cui possiamo comporre un'immagine che ha una o più
persone o oggetti peculiari come soggetto. Se il nostro soggetto
è la natura, o lo spazio urbano, parleremo di campi. I campi più
stretti servono ad iniziare a collocare le persone in un
determinato ambiente o contesto. Quando l'inquadratura
coinvolge principalmente le persone parliamo invece di piani.
Si tratta solo di nomenclature, dunque non è così importante la
definizione in se quanto piuttosto capire le differenze a nostro

114
beneficio.

Prima di proporvi qualche immagine d'esempio, vorrei


spingervi ancora una volta ad allenare l'immaginazione.
Ricreate a mente le immagini che seguono:

Campo lunghissimo: natura rigogliosa e inabitata, uno


splendido panorama fatto di montagne e boschi (grandangolo).
Campo lungo: stringiamo l'inquadratura su una piccola radura
(l'ambiente è lo stesso dell'immagine precedente ma
l'inquadratura è più stretta) nella quale vediamo anche una
piccola capanna di tronchi. Esce del fumo dal camino. Quasi
impercettibile, una figura si muove davanti alla capanna: ha
qualcosa in mano.
Campo medio: stringiamo ancora e vediamo ora più
chiaramente una donna che cammina con un secchio in mano.
Da come è vestita capiamo che deve trattarsi di una contadina
medioevale. Sullo sfondo vediamo la sua casa, e in lontananza
un recinto con un cavallo.

Da qui in avanti, dopo aver dunque collocato il soggetto in un


contesto, iniziamo ad entrare nel dettaglio dell'azione e del

115
nostro personaggio utilizzando varie tipologie di piano.

Piano americano: inquadratura ginocchia – testa. La nostra


contadina si muove zoppicando, è ormai prossima al recinto e
siamo in grado di notare che cammina a fatica.
Piano medio: a questo punto siamo pienamente sul soggetto, la
contadina è inquadrata dalla vita in su. Non riusciamo più a
vedere la casa e né l'ambiente circostante.
Primo piano: la nostra contadina è inquadrata dalle spalle alla
testa, ha la faccia sofferente, siamo in grado di indovinare la
sua età.
Primissimo piano: sullo schermo abbiamo solo il volto della
contadina.
Particolare: l'inquadratura è tutta per gli occhi del nostro
personaggio. Se si trattasse di un oggetto andremo a chiamarlo
dettaglio (ad esempio il manico del secchio).

Vedete che il solo susseguirsi delle inquadrature fatte in questo


modo costruisce una storia organica e completa, almeno per
una prima fase di contestualizzazione e presentazione di un
personaggio (dove siamo, quando, chi).

116
In quanto spettatori, siamo talmente abituati a transcodificare
inconsciamente il linguaggio cinematografico che esso è ormai
diventato un vero e proprio codice universale. Immaginate ora
di sostituire l'ambiente rurale con quello di una grande città, la
nostra contadina con un uomo con una valigetta: non esistono
limiti nell'applicare piani e campi a differenti contesti, così
come nulla vieta di dare loro un ordine diverso nel modo in cui
vengono presentati, purchè il tutto mantenga una certa
ragionevolezza.

Potete liberamente interpretare la gamma di inquadrature a


vostra scelta in base allo specifico contesto e alla storia.
Non si tratta ovviamente di misurare in centimetri quanto la
nostra inquadratura stia sopra o sotto il ginocchio nel piano
americano. A fare da padrone è sempre il principio di buon
senso e soprattutto il vostro gusto personale: tenete sempre a
mente le regole di composizione per armonizzare il tutto ed
ovviamente la ragione per cui quell'inquadratura segue e/o
precede un'altra inquadratura. La domanda che dobbiamo
continuare a ripeterci è: “Cosa voglio comunicare?”.

117
TIP. Nel caso specifico della ripresa alla contadina, il percorso
logico è semplice: abbiamo presentato prima l'ambientazione,
poi un contesto (storico,sociale), poi un personaggio ed infine
uno stato emotivo.

118
119
Nella sequenza 4 inquadrature tipo; campo lungo, campo
medio, piano americano e primo piano.

120
Movimenti di camera

Le consuetudini di linguaggio costruite intorno al tema


dell'inquadratura esistono a maggior ragione nel movimento di
camera. Molti registi lavorano per quadri statici, oppure
facendo uso di molto movimento di camera. Più spesso è la
combinazione delle due modalità ad essere più consueta nel
mondo del cinema e del video in generale.

TIP. Ricordate: la camera deve essere sempre stabile, a meno


che non optiate per una scelta stilistica diversa. Se pensate che
vi sia sfuggito qualcosa, rileggete con attenzione il capitolo
sulla stabilizzazione. Stabile, inutile dirlo, non vuol dire
necessariamente ferma o immobile.

I movimenti di camera più classici devono avere una ragion


d'essere, così come la scelta dell'inquadratura: essi sono
funzionali al racconto e servono per far vedere/capire meglio e
di più, per emozionare, evocare e dare un senso. Vediamo quali
sono i movimenti di camera più utilizzati.

121
Il pan (da destra a sinistra o viceversa). Il mio punto di vista
è, ad esempio, quello di una persona posizionata sull'apice di
una collina che vuole vedere tutti i dettagli di un grande
panorama. Questa persona ruoterà la testa da destra a sinistra,
più o meno lentamente. Per restituire la stessa esperienza al
nostro spettatore replichiamo dunque questo movimento in
camera, facendola ruotare su un cavalletto molto lentamente da
destra a sinistra. Questo è un movimento intorno ad un asse
verticale. Cambiamo esempio: siamo fermi ed osserviamo una
persona muoversi lungo una via dall'altra parte della strada. Per
riprodurre questa situazione in camera, ci serviremo sempre del
pan.

Il pan può ovviamente essere utilizzato in combinazione con un


altro movimento. Pensate ad esempio ad una macchina da
ripresa che ruota (pan) mentre si muove nel contempo anche
lateralmente. L'incrocio delle combinazioni possibili è
chiaramente infinito.

Il tilt (da alto a basso o viceversa). Stesso concetto del pan,


ma la camera ruota questa volta sull'asse orizzontale, restando
ferma in un punto e ad un'altezza definita, l'altezza del mio

122
cavalletto. Quando la camera non è ferma in un punto, vuol
dire che il tilt sta lavorando in combinazione con un altro
movimento (condizione motivata da una specifica scelta
creativa). Per esempio, facciamo un tilt per esplorare l'altezza
di una montagna o l'imponenza di un grattacielo, ma lo stesso
tilt lo possiamo fare MENTRE stiamo salendo (traslando in
diagonale) su una seggiovia in movimento, in questo caso
avremo due movimenti in contemporanea (tilt su cavalletto +
seggiovia che si sta muovendo).

TIP. Preparatevi: saranno necessarie molte prove per ottenere


un buon pan/tilt, specialmente se avete una DSRL/Mirrorless.
Il motivo riguarda quanto già detto nel capitolo sulle
regolazioni di shutter speed, diaframma e fps: a prescindere
dalla velocità che vorreste raggiungere per ragioni creative,
dovrete stare attenti al fatto che in molte, se non in tutte le
DSLR/Mirrorless, i movimenti di pan e tilt troppo rapidi
producono la sensazione che le immagini procedano a scatti.
Ogni modello di camera ha una storia a sé: sperimentate e
verificate come si comporta la vostra macchina. Generalmente,
per ottenere un movimento fluido dovrete muovervi in pan e
tilt davvero molto molto lentamente.

123
Scivolare, traslare

Che il movimento avvenga in direzione destra/sinistra o


avanti/indietro, sui binari di un Dolly o attraverso uno slider,
poco cambia dal punto di vista puramente meccanico se non il
particolare effetto percepito da chi guarda.
Con la camera montata su uno slider (40, 100, 150cm di
lunghezza) potremo avvicinarci ad un soggetto, allontanarcene,
oppure più comunemente scorrergli di fianco. In scala
maggiore e per movimenti di metri o decine di metri,
l'operatore si muove con la camera su dei binari, seduto in un
carrello della spesa o su una sedia a rotelle (la creatività è
nostra amica!).
Il neofita potrebbe pensare erroneamente che avvicinarsi al
soggetto con uno zoom riproduca un effetto simile, ovviamente
non è così: la sensazione visiva trasmessa allo spettatore è
completamente differente. Fate una prova ed abituatevi a
cogliere le differenze tra una modalità di ripresa ed un'altra.
Nulla impedisce di fare questo tipo di movimenti anche con
una Steadycam (l'atto dell'avvicinarci o traslare intorno al
soggetto), generalmente l'utilizzo di questo strumento ha suoi
impieghi specifici, per esempio seguire una persona che

124
cammina per strada entrando e uscendo dai negozi.
La grammatica della Steady Cam sta rapidamente evolvendosi
ed iniziamo a vederla un po' ovunque anche in contesti
inesplorati, grazie all'avvento dei mini-stabilizzatori e dei droni
(che ovviamente possono essere usati per riprese non solo
aeree, per esempio il piccolo drone Mavic ha una funzione
“tripod” che gli consente di fare movimenti lenti e molto simili
a quelli di uno slider anche ad un metro da terra).

Camera Car. È un movimento traslatorio (la camera scivola su


uno dei suoi assi), ma applicato in un contesto specifico. Un
auto non si muove in luoghi, spazi e con velocità tali da poter
essere impiegata al posto di uno slider, e viceversa. Inoltre una
ripresa Camera Car può servire anche per contestualizzare la
scena, solitamente una ripresa effettuata da un auto è molto
esplicita. Ma perché la usiamo? Ad esempio perché abbiamo
bisogno di inquadrare due persone che dialogano viaggiando su
un altra auto, o perché vogliamo realizzare il controcampo di
ciò che sta osservando una persona immersa nei suoi pensieri
che guarda fuori dal finestrino di un taxi: il primo piano sul suo
volto viene realizzato da una camera posta all'esterno del taxi o
su un auto che si muove in prossimità, sempre con camera car

125
possiamo poi effettuare il controcampo per vedere ciò che la
persona sta guardando, per esempio la città in movimento al di
fuori del finestrino.

Al di là delle motivazioni che troviamo nel linguaggio


cinematografico, dobbiamo ricordarci che il nostro obiettivo è
quello di capire come usare le tecniche e i concetti in ambito
video in generale, non solo per girare le scene di un film.
Immaginate la vostra esigenza e cercate di capire se un auto, un
Dolly o un carrello del supermercato possono fare al caso
vostro per realizzare le riprese in movimento che avete in
mente.

Emozione nel movimento

La velocità o la morbidezza con cui facciamo un movimento,


combinati con la direzione nella quale lo facciamo rispetto al
soggetto, provocano inevitabilmente un certo tipo di effetto su
chi guarda.
Allontanarci o avvicinarci ad un volto può avere significati
molto diversi.
Che effetto vi fa una persona che vi saluta da un binario alla

126
stazione mentre il treno inizia a muovere, diventando sempre
più piccola pian piano che il vostro punto di osservazione si
allontana? Oppure, che effetto vi fa un'inquadratura in
movimento che si avvicina molto lentamente nel buio ad una
porta leggermente socchiusa? Analizzate queste sensazioni,
perché esse sono le ragioni per cui vorrete che la vostra camera
si muova o stia ferma in una scena, per dire qualcosa, per
evocare un'emozione.

Per tutto quello che riguarda gli ausili al movimento e i


supporti per la camera (Cavalletto, Slider, Gimbal, Crane e Jib,
etc) vi rimando all'apposito capitolo iniziale sulle attrezzature.
Ora avete chiari quali sono i movimenti di base, e sapete che
c'è sicuramente uno strumento che può aiutarvi a realizzare la
vostra idea (lo acquisterete o lo costruirete da voi utilizzando il
vostro ingegno). Quello che dovete fare adesso è cercare di
capire il senso di ogni scena che volete girare all'interno del
contesto complessivo, che si tratti di un documentario, un
videoclip musicale o di un video istituzionale per un'azienda.

127
TIP. Ovviamente anche l'azione con lo zoom è un modo di
muoversi all'interno di una scena, ed è stato a lungo usato nella
storia del cinema. Fate le vostre valutazioni e le vostre prove:
potrebbero esistere situazioni in cui questo tipo di movimento
fa al caso vostro ma, se proprio dovete usarlo, fatelo con
moltissima cautela! A meno che non siate geniali come
Quentin Tarantino, lo zoom restituirà un effetto datato e poco
professionale. Nelle camere DSLR o Mirrorless e nella
stragrande maggioranze delle lenti più comunemente usate non
esistono regolazioni per effettuare zoom morbidi e bilanciati,
quindi le cose si complicano ulteriormente.

Cambio di fuoco

Anche il cambio di fuoco può essere considerato un


movimento all'interno della scena: il fuoco si sposta dal
giardino sullo sfondo al primo piano del vostro personaggio ma
la camera non si muove. Può essere un effetto interessante per
spostare l'attenzione da un soggetto ad un altro, ma va usato
con parsimonia e la lente deve avere caratteristiche costruttive
tali da rendere molto fluido il movimento. Le camere più
recenti sono in grado di effettuare questa operazione in

128
modalità assistita. Un ausilio alla gestione del fuoco è
rappresentato dai Focus Assist, congegni che si applicano con
varie modalità alla macchina e, operando sulla lente,
consentono di manovrare il fuoco in maniera più pratica.
Possono essere gestiti dallo stesso operatore o da un assistente.
Naturalmente sono strumenti usati in genere per agevolare la
gestione del fuoco, e non solo per ottenere l'effetto qui indicato.

Chiudiamo il capitolo con una raccomandazione: dopo aver


letto queste pagine potrete iniziare a guardare film e video in
generale con una prospettiva più ampia. Cercate quindi di
capire il perché dei movimenti che vedete, trovate la
giustificazione e le ragioni che hanno portato a quella scelta,
studiateli. È vero che ciò che avviene nella scena determina la
storia, ma il modo in cui si inquadra e ci si muove con la
camera può rendere tutto davvero memorabile, oppure del tutto
insignificante. Iniziate a sperimentare: presto inizierete a
comprendere che anche il concatenarsi delle scene che avete
pianificato vi fornirà un indirizzo su come riprendere la singola
scena in funzione di come questa andrà a collegarsi alle altre,
sia nella prospettiva del racconto che per agevolare il processo
di editing che seguirà.

129
LA LUCE

La luce è l'ingrediente fondamentale per fare fotografia e video


di qualità. Se effettuiamo riprese in condizioni di scarsa
luminosità, la nostra possibilità di gestire il risultato visivo sarà
limitata. A volte questo può essere un problema facilmente
risolvibile, altre volte invece sarà tale da impedirci di ottenere
immagini presentabili.
In questo capitolo analizzeremo i diversi casi in cui ci
troveremo ad operare, e per ognuno di essi studieremo la
corretta gestione dell'illuminazione, almeno ad un livello base.

La luce naturale è presente a volontà durante il giorno, ma non


sempre questo è un fattore positivo. Il problema che può
presentarsi, infatti, dipende proprio dall'avere a disposizione
troppa luce, mal direzionata, poco evocativa (il sole a
mezzogiorno per esempio) o di un tono colore non ideale per le
nostre esigenze, come ad esempio la luce durante una giornata
nuvolosa che appiattisce i colori. Ciò nonostante, l'ora e la luce
giusta rappresentano per videomaker e fotografi una delle più
appetitose situazioni che si possano presentare, se sfruttate
bene.

130
Ovviamente, nelle grandi produzioni, anche la luce diurna può
essere gestita quasi a piacere con dotazioni infinite di lampade
e riflettori. È vero che possiamo sempre scegliere di aspettare
una situazione meteo e un'ora ideale per il nostro giorno di
riprese, ma se vogliamo risolvere il problema a monte,
dovremo sapere quali sono gli elementi cruciali per poter
illuminare correttamente una scena.

Partiamo dai presupposti già discussi in precedenza: noi


vogliamo ottenere dalla nostra macchina la migliore qualità di
immagine possibile, dunque una perfetta esposizione,
possibilmente mantenendo: un basso livello di ISO, lo shutter
al doppio del frame rate, ed una certa apertura, dettata
dall'effetto che vogliamo ottenere (profondità di campo/bokeh)
ma condizionata anch'essa dalla luce disponibile (diaframma
aperto = più luce = sfondo sfocato e diverse caratteristiche di
bokeh).

131
132
Ecco allora che se vogliamo realizzare un'intervista in una
stanza relativamente buia, inizieremo a incontrare qualche
difficoltà. Andremo allora ad aprire il diaframma al massimo,
ma probabilmente questo non basterà. Passeremo allora a
ridurre lo shutter, ma sappiamo mantenerlo vicino al doppio del
frame rate, proveremo allora ad aumentare gli ISO, ma questo
comporterà un aumento di rumore nell'immagine. Insomma,
non riusciamo ad illuminare in camera a sufficienza.
Nella migliore delle ipotesi riusciremo ad ottenere
un'esposizione discreta, ma con un risultato complessivamente
buio e una resa pessima dei colori. Se non vogliamo
accontentarci di questo risultato (e non dovremmo mai farlo se
non per ragioni creative!) vuol dire che è chiaro quanto sia
cruciale l'intervento di luce artificiale per ottenere un buon
risultato.

TIP. Attenzione perchè quando parliamo di buio in questo


contesto, intendiamo anche solo un risultato in cui vediamo le
nostre immagini poco vive, piatte e poco penetranti. Non ci
riferiamo quindi necessariamente al buio pesto di una cantina.

133
Cosa possiamo fare per risolvere il problema ?

Non siamo ancora attrezzati con un kit luci che ci permetta di


illuminare al meglio le nostre scene, ma siamo consapevoli del
problema e valutiamo le opzioni:

Il tipo di scena può essere girato anche all'aperto?


Possiamo cercare migliori condizioni di luce in un'altra stanza
o luogo?
Basterà procurarsi delle banali lampade domestiche, e/o
sfruttare al massimo la luce proveniente dalle finestre a
risolvere il problema?

Sembrano tre domande banali, ma il mondo è pieno di video


girati senza nemmeno riflettere un secondo su queste
possibilità, e non mi riferisco ai soli video amatoriali. Abbiamo
già detto che la superficialità e la fretta sono il nostro nemico
numero uno: non bisogna cedere!

Vediamo un esempio pratico.

134
Illuminazione a 2 e a 3 punti

Detto che il gusto personale condizionerà pesantemente le


vostre scelte di illuminazione, detto che potreste desiderare che
una scena sia illuminata dalla sola luce di una candela, è
necessario capire perché almeno due o tre sorgenti di luce
possono farci ottenere risultati migliori.
Quando parliamo di luce stiamo ovviamente parlando del suo
equilibrio complessivo nell'inquadratura, un equilibrio costruito
intorno ai contrasti tra luce e ombra. L'emergere dei dettagli e
la forza con cui il nostro soggetto risalterà nella scena è
strettamente collegato a questo principio: noi vogliamo luce ed
ombra, dosati e relazionati nel modo a noi più congeniale.

Proviamo a partire da una situazione in cui non disponiamo di


luci professionali. Immaginiamo una stanza completamente
buia, una sola lampadina posta sul tavolo al quale è seduto il
vostro soggetto. Si tratta di una classica abat-jour dotata di
lampadina di bassa potenza, fioca, in grado di illuminare bene
solo fino a poche spanne di distanza: provate a visualizzare
mentalmente un primo piano o il soggetto a mezzo busto. La
luce colpisce il lato destro del suo volto, tutto il resto è buio. Se

135
è questo l'effetto che stiamo cercando, se questa poca luce ci
consente di avere una bella resa di luce sull'incarnato, allora
siamo già abbastanza fortunati. Si tratta di un primo risultato:
da ora in avanti potremo iniziare a curare i dettagli e a
migliorare l'effetto complessivo.

Se andiamo a mettere una seconda lampada alle spalle del


nostro soggetto, e se abbiamo la possibilità di dosarne la luce
(cambiando lampadina, attraverso un dosatore o semplicemente
allontanando o avvicinando la lampada) ci accorgeremo che,
oltre a vedere il volto illuminato, avremo ottenuto due cose: un
leggero alone sui contorni della testa del soggetto e l'emergere
dello sfondo, a seconda della luce e ovviamente della presenza
di uno sfondo in prossimità della schiena del soggetto.
L'equilibrio di queste prime due fonti di luce ci ha consentito di
fare un ulteriore passo avanti.

L'esigenza ora si è trasformata, perché abbiamo deciso che la


nostra intervista risulta comunque troppo intima, e questo
effetto notturno non è esattamente ciò che avevamo in mente.
Abbiamo bisogno di più luce. Decidiamo di spostarci in
un'altra stanza per sfruttare la luce proveniente da una finestra.

136
Useremo questa luce naturale come luce principale sul nostro
intervistato (magari leggermente laterale), mentre useremo
un'altra lampada per illuminare lo sfondo, ad esempio una
libreria. A questo punto, con una terza lampada, potremmo
provare ad aggiungere un po' di luminosità sul lato del volto
che non è investito dalla luce proveniente dalla finestra: il
problema è che magari non abbiamo una terza lampada! Ci
viene l'idea di sopperire a questa mancanza usando una
superficie riflettente, un pannello o un telo bianco per esempio,
che posizioneremo per cogliere la luce della finestra e
rimandarla là dove essa non arriva direttamente (nel nostro
caso, sul lato opposto del volto).
Siamo riusciti ad ottenere il risultato sperato: la scena ora è
meglio illuminata e possiamo esporre in macchina come
desideriamo, i colori forse ora emergono ed abbiamo nel
contempo fatto la nostra prima esperienza per capire la
relazione e le variabili esistenti tra la quantità di luce, il loro
posizionamento in funzione del soggetto che vogliamo
riprendere, semplicemente servendoci di ciò che avevamo a
portata di mano.
Abbiamo appena creato ed utilizzato il nostro primo set di
illuminazione di base con due o tre sorgenti che avevamo a

137
disposizione, per ottenere il massimo dell'equilibrio, della
dinamica e del contrasto pur non disponendo di attrezzature
professionali. Questa è una base di ragionamento volutamente
rudimentale per aiutarvi a comprendere che nell'apprendimento
c'è una progressione, che è sempre sbagliato pensare “non lo
faccio perchè non ho le attrezzature”. Bisogna fare e provare,
mettersi alla prova e capire; se vediamo che siamo in grado di
procedere con poco, tutto sarà poi più facile quando avremo a
disposizione le attrezzature più consone.

TIP. Se la nostra intervista si fosse svolta all'aperto avremmo


già potuto disporre di una grande quantità di luce, ma avremmo
comunque dovuto porre attenzione all'equilibrio complessivo.
In questi casi chiediamoci: meglio stare in pieno sole o
spostarci in una zona più in ombra? Perché non usare
comunque una superficie riflettente (o anche una lampada) per
rimandare un po' di luce su un altro lato del soggetto che è
magari troppo in ombra? Inizia ora ad esservi chiaro che il
principio è universale. Attenzione: in questo capitolo parliamo
solo di luce. La scelta dei luoghi (location) in sé e per sé verrà
discussa più avanti, in quanto è altrettanto cruciale.

138
Abbiamo capito che la luce è fondamentale, così com'è
fondamentale saperla gestire al meglio. Ora è il momento di
valutare se dotarci di un set luci, per essere poi nella
condizione di affrontare al meglio i progetti che potrebbero
presentarsi. Avere un nostro set base aiuta molta e nel
contempo non toglie la possibilità di andare a noleggiare
materiale in più, qualora l'esigenza specifica e il budget
consentano uno sforzo maggiore.

Kit Luci

Il momento è arrivato: state per acquistare il vostro primo set


luci. Un paio di domanda da porre a voi stessi: lavorerete solo
in studio o anche fuori? Sono luci che dovrete spostare spesso
o che userete solo all'interno del vostro studio personale?

Se siete dei videomaker che lavorano molto da soli non dovete


trascurare mai il peso e la robustezza di ciò che vi portate
dietro. Allo stesso tempo non dovete trascurare il fatto che
potreste trovarvi ad effettuare riprese in luoghi dove non
disponete di attacchi alla corrente elettrica, oppure in contesti
dove sarete costretti a lavorare di fretta.

139
Per tutte queste ragioni un primo set sul quale dovreste
orientarvi è un set leggero ma sufficientemente robusto e
possibilmente alimentato sia a batteria che a corrente. Se
lavorerete solo ed esclusivamente nel vostro studio personale,
potrete da subito ragionare sulla costruzione di un set ad hoc,
anche alimentato solo a corrente e magari di maggior potenza.

Nella stragrande maggioranza dei casi avrete però bisogno di


flessibilità e leggerezza, basso consumo, caratteristiche che
possono essere facilmente garantite da lampade LED
alimentate a batteria e a corrente. Si tratta di lampade dotate in
molti casi di dosatori di intensità e variatore della temperatura
(colore) della luce, o pellicole colorate da apporre davanti alla
lampada. Naturalmente dobbiamo possedere anche stativi
robusti (supporti) per posizionare le lampade al meglio e di una
buona borsa per trasportarle. Molto spesso queste lampade
vengono vendute senza batteria o con una sola batteria in
dotazione: è importante acquistare un kit di batterie di riserva
e, per questo motivo, sono da preferire le lampade che montano
batterie standard che potrete montare anche su altre attrezzature
(ad esempio su un monitor esterno).

140
Il vantaggio delle lampade LED è legato al fatto che esse sono
davvero molto pratiche, leggere e a basso consumo. Vediamo
quale potrebbe essere un set LED da cui partire, poi andremo a
chiudere descrivendo in dettaglio la tecnica di illuminazione a
tre punti.

Set luci LED di base

A titolo puramente indicativo, un buon set tre luci da cui partire


può essere questo (la marca indicata è un puro esempio in
modo che possiate verificare di cosa stiamo parlando):

1. N. 3 lampade LED Aputure. In particolare una luce


principale mod. 672S (prima luce) e due HS198 da
usare come seconda e terza sorgente. Nel caso
specifico, tutte e tre le luci vengono vendute complete
di borsa, batterie, diffusori e piccoli clamp per il
montaggio sulla camera o su stativi. Verificate sempre
che gli accessori siano effettivamente in dotazione in
base al venditore che le propone.

2. N.3 stativi. La scelta è infinita, l'importante è che siano

141
sufficientemente robusti, non tanto per reggere le
lampade (perchè sono leggere), ma soprattutto per
affrontare con tranquillità i molti montaggi e trasporti.
3. Batterie di riserva.

4. Riflettore con supporto. Ad esempio lo Studio Kit


Reflector della Neewer. Può inoltre essere utile della
stoffa da usare come ulteriore diffusore per le luci
(anche in questo caso vi consiglio di dare uno sguardo
ai prodotti Neewer, almeno per farvi un'idea degli
aspetti tecnici). Vi ricordo che i diffusori conferiscono
morbidezza alla luce diffondendola sull'area, e
rendendola dunque meno aggressiva.

142
Le luci che trovate in commercio spesso vengono vendute
anche in forma di kit completi, valutate se è più opportuno
costruire autonomamente il set o sfruttare queste offerte. Il set
di esempio in questa foto è dotato di ombrelli, diffusori, stativi
e borsa.

143
Questo breve esempio operativo ha il solo scopo di fornirvi un
colpo d'occhio su un set standard a prezzi accessibili; saranno
le vostre esigenze e specificità lavorative ad orientarvi verso la
scelta di prodotti più o meno sofisticati e/o costosi, non c'è che
l'imbarazzo della scelta.

Come usare il kit nell'illuminazione a tre punti

L'illuminazione a tre punti che abbiamo costruito


artigianalmente per l'intervista immaginaria di inizio capitolo,
si basa su quella che è senz'altro la più diffusa tecnica di
illuminazione, ovvero quella a tre punti (three point lighting).
Rivediamola brevemente, usando questa volta il nostro kit:

Key Light: la nostra luce principale, ovvero la 672S nel caso


specifico. Generalmente la luce principale è posizionata con un
angolo di 45° rispettivamente a destra (o sinistra) e/o a 45° in
alto rispetto al soggetto. Più la luce è laterale, maggiormente
incisivo è l'effetto, è opportuno provare a vedere qual'è l'effetto
delle diverse posizioni.

144
Fill Light: la luce di riempimento, laterale al soggetto. Qui
possiamo usare una delle due HS198. La Fill Light copre o
riempie le ombre generate dalla Key Light, ma con una luce
più tenue.

Back Light: la luce di fondo, quella che va ad evidenziare i


contorni del soggetto. In questo caso usiamo la rimanente
HS198 o una luce tarata su livelli di intensità più vicini alla
Key Light che alla Fill Light.

145
Il passo successivo è quello di decidere se integrare o sostituire
una delle luci con il nostro telo riflettente. Allo stesso modo
possiamo scegliere di modificare la temperatura delle luci in
base alle nostre esigenze, o ancora cambiare inclinazioni o
interporre dei diffusori a una o più lampade. Ora che siamo
attrezzati, è davvero più facile sperimentare!

146
Un ulteriore tipo di intervento che possiamo fare è quello
legato al mascheramento dei coni di luce, ovvero introducendo
uno o più pannelli oscuranti tra il cono di luce e il soggetto:
esattamente quello che succede durante un eclissi. La
conseguenza è che - a seconda di quanto e come posizioniamo
il pannello per oscurare il cono di luce - andremo a modificare
la forma della luce (lasciando inalterati l'intensità e la potenza)
che colpirà il nostro soggetto nei punti di passaggio. Quello che
otterremo sarà un effetto simile ad una lama di luce o di ombra,
la stessa che vediamo filtrare - per esempio - da una porta
socchiusa, la quale sta proprio fungendo da maschera.

Questi pannelli, comunemente chiamati flag, vengono venduti


in numerose forme e dimensioni e devono essere montati su
supporti in grado di garantirne il posizionamento desiderato.
L'utilizzo del flag, insieme al posizionamento delle luci,
permette di conferire alla scena peculiari atmosfere, al di là del
semplice fatto di garantirci la sufficiente quantità di luce.

Così come per le regole sulla composizione, anche le regole


sull'illuminazione sono fatte per essere testate, confrontate e, se
necessario infrante. È sempre buona norma però, partire da ciò

147
che è noto per evitare di avventurarsi in inutili complicazioni.

Riprese in luce naturale

La luce naturale è quasi sempre in grado di fornirci tutto quello


che ci serve, ma non è priva di insidie delle quali bisogna
necessariamente tenere conto. Ad esempio, la posizione del
sole cambia e cambiano di conseguenza i suoi effetti su ciò che
stiamo riprendendo; inoltre una giornata nuvolosa o
scarsamente illuminata può facilmente mandare all'aria i nostri
piani.

Se abbiamo pianificato una ripresa all'esterno, bisogna cercare


di premunirsi con luci extra e ideare un piano B che ci consenta
di effettuare riprese alternative al coperto o in un'altra area
idonea (se piove o se per esempio scopriamo che nel luogo
prefissato è presente un rumore di fondo che non siamo in
grado di gestire).

È molto importante tenere conto del fatto che, quando


lavoriamo all'aperto, è molto difficile gestire la luce sui diversi
piani (il soggetto e lo sfondo per esempio): potremmo trovarci

148
nella condizione per la quale esporre correttamente il volto del
soggetto significa sovraesporre il panorama sullo sfondo, o
viceversa.

Questi sono i casi nei quali è opportuno combinare le esigenze


di composizione (inquadratura) anche in funzione della luce, e
di conseguenza valutare se è il caso di cambiare posizione per
ottenere un risultato migliore. Disponendo in alternativa di un
set di luci, potremo scegliere di illuminare il nostro soggetto e
sottoesporre in camera, per riportare in equilibrio lo sfondo e
mantenere comunque il nostro soggetto ben bilanciato.
Ricordate che l'illuminazione a tre punti rimane sempre una
buona idea di partenza. Nell'esempio che ho riportato, uno dei
tre punti è ovviamente il sole e gli altri due possono essere luci
o riflettori, a seconda della disponibilità (può funzionare anche
un muro bianco). Sole davanti al soggetto, riflettore o luce alle
spalle, parete riflettente di lato, questa può essere una semplice
soluzione. Un'altra è quella di invertire le posizioni a seconda
del proprio gusto personale e della situazione. Vale ovviamente
la regola che quando non disponiamo di luci aggiuntive è
SEMPRE bene esporre il nostro soggetto al meglio anche a
rischio di sovraesporre o sottoesporre lo sfondo. E' sempre il

149
soggetto principale a dover essere preservato nelle situazioni
difficili da risolvere altrimenti.

Location e luce ideale

Eccoci arrivati al tema della location, che tratteremo nella sua


sostanza più pura. Ovvio che andrete a cercare la location
ideale per l'ambientazione della scena, ad esempio parlando di
un cortometraggio western non farete certamente riprese in un
supermercato. Quello che mi preme però puntualizzare è

150
piuttosto che il luogo in cui farete le riprese deve sempre essere
studiato con la massima cura, anche se si tratta della più
semplice delle interviste. Deve essere il più evocativo che
riuscite a ricreare, il il più bello a cui possiate avere accesso,
non accontentatevi. Anche se state per fare un'intervista in un
salotto, non accontentatevi di un'inquadratura qualsiasi.

Il solo pianificare bene questo aspetto darà dieci punti in più al


vostro girato. Ferme restando le esigenze di luce, perché non
spendere qualche minuto per studiare il contesto? Molto spesso
basta spostare un divano, allontanare il soggetto da una parete,
individuare uno sfondo migliore o spostare una pianta per
migliorare drasticamente la qualità della scena.

È davvero importantissimo non essere superficiali su questo


punto: se vogliamo fare una ripresa all'aperto per esempio,
perché non spendere un po' di energia in più per andare ad
individuare il luogo perfetto, anche se si trova ad un'ora di
macchina dal luogo a noi più comodo ma insignificante dal
punto di vista visivo? E perché non andare nel luogo giusto
quando la luce naturale ha una maggiore forza evocativa?

151
La bellezza che offrono certi luoghi a certe ore del giorno (in
particolare nell'ora che segue l'alba e in quella che precede il
tramonto) è qualcosa che non ha prezzo. Non sfruttare questa
grande risorsa sarebbe davvero sciocco: un videomaker che
vuole approcciarsi seriamente a questo lavoro deve aver cura di
questi aspetti con la massima serietà. Si tratta in fondo di scelte
importantissime, in grado di cambiare radicalmente la potenza
delle nostre immagini. Tutto ciò che facciamo con leggerezza
rimane, non dimentichiamolo mai.

152
AUDIO

Abbiamo già iniziato ad affrontato il tema dell'audio nel


capitolo dedicato ai microfoni. Non possiamo non ribadire che
una buona ripresa audio è materia da specialisti: ciò
nonostante, anche il videomaker deve sapere gestire questo
aspetto per essere in grado di affrontare i molti piccoli progetti
che non contemplano la presenza di un fonico.

Vediamo quali sono gli aspetti più importanti da tenere in


considerazione per ottenere un buon audio nel nostro girato.

153
La dotazione di microfoni e la loro scelta

Se potessimo permetterci un solo microfono dovremmo


senz'altro orientarci su uno shotgun: questo è il microfono più
versatile e ci consentirà di coprire il ventaglio più ampio di
situazioni (tornate al capitolo sui microfoni se non ricordate le
specifiche d'uso delle varie tipologie). Il microfono interno alla
camera non deve essere quasi mai usato, se non per avere una
traccia di riferimento per sincronizzare in post: per quanto vi

154
sforziate, l'audio interno della camera non potrà mai restituirvi
un suono decente.
Le prime camere DSLR/Mirrorless non erano dotate di
ingresso microfono né di uscita cuffie, che invece sono oggi
uno standard, nel 90% dei casi gli ingressi microfono sono di
tipo jack e mini-jack e molte macchine sono dotate di accessori
per integrare ingressi tipo XLR. Negli anni si è anche ampliato
a dismisura il settore dei registratori esterni a cui abbiamo
accennato nel capitolo dedicato (i piccoli apparecchi della
Tascam o Zoom, ad esempio).

155
In una prima fase è comunque più che accettabile lavorare con
ingresso direttamente in camera, qualunque sia l'attacco
microfonico. Con l'esperienza e la pratica potremo poi iniziare
a valutare i benefici portati da un registratore esterno.

156
Livelli audio e rumore

Siamo ora arrivati a scegliere il microfono più adatto alle


nostre tasche ed alle nostre esigenze (vedi capitolo
attrezzature), ed abbiamo anche il supporto giusto per montarlo
in camera o su un asta per fare un'intervista. Il nostro compito
ora è quello di prestare la massima attenzione ai livelli di
ingresso: si tratta di un aspetto da curare con il massimo
riguardo, poiché l'errore non è recuperabile.

Il nostro livello di allerta è l'indicatore 0DB che vediamo sul


display: a quel livello il segnale si perde (clippa), diventa
distorto e inaccettabile per qualsiasi uso. Ormai è possibile
gestire i livelli su qualsiasi camera con un apposito selettore:
una volta fatto qualche test è consigliabile tarare il vostro
livello di ingresso affinché non superi i -10db. In questo modo
avremo ancora un po' di spazio di manovra. Stessa cosa se
decidete di lavorare su un registratore esterno.
Le camere sono spesso dotate anche di un limitatore che, se
attivato, interviene in automatico quando il picco raggiunge lo
zero. Attenzione però, i limitatori non sono particolarmente
performanti sulle nostre macchine, di conseguenza è sempre

157
bene utilizzarli tarando comunque i livelli di ingresso ben al di
sotto dello zero.

Regolazione livelli nell'apposita sezione del menù.


Il picco non deve superare la soglia di sicurezza.

158
Controllo livelli durante la ripresa

Naturalmente il livello corretto deve essere misurato con il


microfono posizionato adeguatamente e prossimo alla fonte,
nel caso dell'intervista per esempio il più vicino possibile al

159
soggetto, compatibilmente con il fatto che non dovrà essere
visibile nell'intervista se si tratta di uno shotgun. Un microfono
a pulce viene invece posizionato sulla camicia/colletto della
persona intervistata.
Se avete la possibilità di acquistare un mixer o un registratore
con almeno due tracce, potete combinare shotgun e microfono
a pulce. Il concetto, in ogni caso, non cambia: dovrete sempre
essere certi di avere i livelli sotto controllo prima di iniziare la
ripresa.

Naturalmente con questo sistema potreste decidere di far


entrare entrambe le sorgenti audio direttamente in camera, ma
in questo caso dovrete tenere presente che i livelli audio di ciò
che state registrando confluiranno in un'unica traccia durante la
registrazione, e di conseguenza non saranno poi gestibili in
maniera del tutto separata in post-produzione, poiché sono
diversi alla fonte (salvo che non siate prima passati da un
piccolo mixer, che li ha livellati ma comunque uniti in un unico
segnale, un accorgimento potrebbe essere quello di mandare un
microfono sul canale destro ed uno solo sul sinistro, questo al
fine di averli separati in post-produzione).

160
Il rumore di fondo è un altro problema a cui bisogna prestare
particolare attenzione: nella vostra attrezzatura non dovrà mai
mancare un buon paio di cuffie, da collegare alla camera o al
registrare esterno, a seconda della composizione del vostro set
audio.

È sempre importante dedicare del tempo ad un'analisi del


contesto in cui ci troviamo: sono innumerevoli le volte in cui il
nostro cervello non registra rumori molesti, come ad esempio
una ventola o il ronzio di un hard disk. Questi rumori possono
poi rivelarsi disturbi pesantissimi una volta riascoltati in studio.
È chiaro poi che alcuni rumori fanno parte del contesto e non
possono essere eliminati: pensiamo al traffico e al vento. Nel
primo caso sappiamo che il microfono adatto può concentrarsi
sulla fonte e ridurre i suoni provenienti da altre aree, ciò
nonostante dobbiamo comunque tenerci pronti a cambiare
location qualora il disturbo diventi eccessivo. Il vento, invece,
è un caso a sé: talvolta è leggero, altre volte è davvero forte.
Per questa ragione esistono speciali coperture per microfono
che, a seconda della tipologia, possono affrontare tutte le
situazioni, dalle semplici coperture in spugna a quelle più
performanti in pelo.

161
Editing audio

Tutto il materiale audio che abbiamo raccolto andrà gestito in


fase di montaggio, sia nel caso in cui sia stato registrato in
camera o che i files provengano da un registratore esterno. In
sostanza, anche sull'audio sarà necessario lavorare ad una serie
di trattamenti, simili a quelli che troveremo più avanti, quando
affronteremo il tema dell'editing video.

La prima cosa da fare è controllare attentamente tutto il nostro

162
materiale audio: una volta eliminate le tracce non utilizzabili,
andremo a lavorare su quelle buone, controllando e regolando i
livelli, equalizzando per dare più corpo o per evidenziare alcuni
suoni di fondo e di ambientazione. In questa fase potranno
entrare in gioco anche ulteriori suoni che raccoglieremo ad hoc
con nuove registrazioni o che potremo cercare in vendita
presso banche suoni e fonti specializzate.

Allo stesso modo dovremo preoccuparci di gestire le musiche


(facendo sempre attenzione a non violare alcun diritto d'autore)
chiedendo la collaborazione di musicisti o andando a
recuperare il materiale necessario presso uno dei molti servizi
online. Non potremo fare a meno di studiare in maniera attenta
le transizioni tra le clip audio e l'impatto che queste hanno sul
materiale video che stiamo vedendo.
Facciamo un semplice esperimento: immaginiamo due scene
che devono essere collegate tra loro. Si tratta di una scena con
un dialogo in interni e di una successiva che apre con una
persona in una piazza affollata. Se noi andiamo a tagliare le
due clip audio esattamente in corrispondenza del punto in cui
tagliamo le clip video, avremo uno stacco molto marcato dal
silenzio della casa al rumore della strada. Se andiamo invece a

163
far entrare con un leggero anticipo di qualche fotogramma il
rumore della strada sulla scena in interni, otterremo uno stacco
molto più morbido e saranno i nostri sensi a percepirlo per
primi: pur avendo modificato solo l'audio, anche visivamente ci
sembrerà che lo stacco avvenga in maniera più fluida.
Sperimentate voi stessi!
Il collegamento audio tra clip qui spiegato è tecnicamente
chiamato “J”, il suo contrario invece (se fatto in uscita dalla
clip) è chiamato “L” (quando l'audio della clip precedente si
allunga sulla clip successiva a favorirne la morbidezza del
collegamento). Il nome prende il nome della forma che assume
la clip audio rispetto al punto di taglio dei due clip video.

164
JL cuts

TIP. Come per il video, molti problemi audio possono essere


risolti in post produzione. Può essere una soluzione per molte
emergenze, ma non dobbiamo mai sopravvalutare questa
risorsa o affidarci troppo ad essa: concentriamoci piuttosto nel
cercare di ottenere il miglior risultato possibile già in fase di
ripresa del suono.

165
EDITING VIDEO
Abbiamo visto come attrezzarci ed gettato le basi per poter fare
buone riprese audio e video, sappiamo come gestire le lenti e la
camera in base ai risultati che vogliamo ottenere, ed abbiamo
capito che la luce non può e non deve mai essere trascurata
(naturale o artificiale che sia). Abbiamo più volte ribadito, e lo
facciamo ancora, che il più grande errore che un videomaker
possa fare è quello di non impegnarsi a fondo nell'apprendere i
concetti chiave, o nel non applicarli in maniera rigorosa. Essere
fedeli a quest'ultimo aspetto è IL passo fondamentale per
ottenere risultati ottimi sin dall'inizio.

Ora le nostre conoscenze hanno fatto un salto di livello in


avanti: abbiamo riprese audio/video di cui siamo molto
soddisfatti e alle quali vogliamo dare un senso, ma per farlo
dobbiamo comprendere le logiche del montaggio.

Cura e gestione dei files video

Non dobbiamo dimenticare che i nostri video sono registrati su


supporti più o meno vulnerabili: abbiamo lavorato sodo ed
abbiamo portato a casa molto materiale prezioso, il ché implica

166
che dobbiamo gestirlo al meglio e, sopratutto, proteggerlo.
Perdere il materiale a causa di un errore di cancellazione o per
via di un danno all'hard disk è qualcosa che si può e che si deve
evitare. Stessa cosa vale per il tempo perso nel cercare una
singola clip all'interno di decine di ore di girato non ben
catalogato.

Arrivati in studio con le vostre card procedete sempre e quanto


prima alla loro importazione, e valutate i possibili rischi insiti
nel cancellare immediatamente gli originali dalla card. La
soluzione migliore è sempre quella di attrezzarsi con almeno
due copie di back-up (ovviamente su diversi supporti): una
contenente gli originali e l'altra che costituirà il materiale che
andremo ad elaborare nell'editing. In questo modo qualsiasi
cosa succeda al materiale su cui state lavorando non sarà
disastrosa, perché avrete comunque ancora gli originali
disponibili.

La differenza tra il perdere del lavoro fatto in editing e perdere


il materiale originale è incommensurabile: potrete sempre
(seppur a malincuore) rifare un lavoro di 'editing, ma potreste
non essere più nella condizione di rifare delle riprese molto

167
importanti che avete perso. Valutate il vostro caso specifico e
decidete in base ad esso (e in base al vostro budget) come
orientare le vostre scelte di back-up. Senza un piano, prima o
poi potrebbe essere troppo tardi per correre ai ripari.

Per quanto riguarda la gestione del girato, è bene sapere che


esiste una logica di base: indipendentemente dalla tipologia di
lavoro che state realizzando, l'obiettivo è quello di rendere
quanto più fluido possibile il lavoro di editing. Quando si
lavoro su poco materiale è tutto più semplice, ma in situazioni
complesse potrebbe essere utile andare alla ricerca di parti del
girato a colpo sicuro e senza perdersi tra mille clip.

Per rendere più gestibili i vostri files sarà necessario riunire le


clip in cartelle, rinominarli ed inserire tag alle vostre clip o a
parti di esse. Il grande vantaggio di questo metodo è che oggi
quasi tutti i principali programmi di montaggio consentono
questa organizzazione dei files/clip video (FCPX e Premiere,
ad esempio). La stessa operazione può essere fatta a monte, con
una più laboriosa gestione delle cartelle, se non addirittura in
ripresa su alcune camere che consentono di marcare le clip
girate.

168
Programmi come Final Cut Pro X consentono di inserire tag e
nominare i files senza alcuna limitazione: ecco che allora sarà
possibile l'immediata differenziazione tra le riprese effettuate al
parco e quelle girate in montagna, e ancora tra quelle in cui
compaiono auto oppure no, dividere i tramonti dalla pioggia, i
dettegli dai primi piani. Basta ricercare i tag che abbiamo
inserito. Certo, si tratta di un processo più laborioso, ma è
importante sapere che questa accortezza può rivelarsi una
risorsa di enorme aiuto, soprattutto quando si lavora a progetti
complessi che contengono moltissime ore di girato.

Inserimento tag su fcpx

169
Attrezzature e software per l'editing

Senza entrare nei dettagli, è giusto dire che i computer più


moderni sono in grado di gestire files video con estrema
disinvoltura. Ciò nonostante è bene tenersi sempre aggiornati
sulle caratteristiche dei files video registrati dalla macchina che
avete o alla quale siete interessati, soprattutto se stiamo
valutando la possibilità di acquistare un nuovo computer, un
nuovo hard disk o anche solo una card.

È sempre opportuno verificare quali sono le caratteristiche


minime di sistema per gestire i nostri files, affinché le
attrezzature siano poi in grado di elaborarli in maniera fluida ,
dal semplice spostamento delle clip sulla linea di montaggio
(timeline), alla velocità con la quale lavoreranno gli hard disk
ed il processore nel momento in cui andremo ad applicare
effetti e colore. Dobbiamo puntare ad avere risposte in tempo
reale dal nostro software di montaggio o color, evitando tempi
di rendering eccessivi, per questa ragione dobbiamo attrezzarci
con computer, hard disk esterni e cavi di collegamento
performanti.

170
Per quanto riguarda card ed hard-disk ci vengono in aiuto i
manuali delle macchine da ripresa, che indicano sempre le
caratteristiche dei files e che determineranno il peso ed i bit-
rate degli stessi. È consuetudine che sui manuali delle
macchine da ripresa siano indicate le caratteristiche minime
ottimali che devono avere i vari supporti da utilizzare per
scrivere i files (card di memoria in particolare per quanto
concerne la velocità di scrittura e la capienza in base alla
qualità video a cui stiamo girando).

Abbiamo detto che il processore del nostro computer, così


come l'hard disk di cui esso è dotato, deve sempre essere in
grado di permetterci di lavorare sui files in tempo reale. Non
c'è nulla di più snervante che lavorare su un computer lento.
Certo un computer per l'editing, anche se non di ultima
generazione, è ormai certamente in grado di farci lavorare bene
sul formato full HD e, se non abbiamo altre esigenze, è più che
sufficiente. Se però state iniziando a pensare alla sostituzione
del vostro computer, è bene che lo facciate tenendo conto che il
4k è ormai tra noi, e che il vostro nuovo processore dovrà
essere abbastanza potente da permetterci di lavorare altrettanto
bene sul nuovo formato (e sui nuovi e più evoluti sistemi

171
colore) per un po' di anni.

A parità di performance tecnica, si può fare editing su un


portatile da 13 pollici?

Ovviamente sì! L'editing è in fondo l'arte del taglia e cuci con


il fine di costruire una storia, una sequenza di scene. Se però le
cose diventano un minimo più serie, ovvero se non dedicate al
montaggio solo qualche ora all'anno come passatempo, è
meglio che sappiate fin da subito che lavorare in condizioni
precarie o molto scomode è una strada senza via d'uscita. Il set
minimo per fare editing non può prescindere dall'avere a
disposizione un computer performante e quantomeno uno o due
schermi da almeno 21 pollici.

Sia chiaro: non vi sto dicendo che il lavoro di montaggio non


può essere realizzato altrimenti, ma solo che sarebbe bene non
ritrovarsi ciechi ed esauriti proprio all'inizio di una brillante
carriera!Scherzi a parte, montare è un processo davvero
impegnativo: se avete intenzione di farlo per lungo tempo,
dovete cercare di mettervi nelle condizioni migliori per

172
lavorare al meglio, comodi e in maniera fluida. Questo vale per
la scelta dell'attrezzatura, per la postura che terrete sulla sedia,
per la gestione dei files, per il modo in cui terrete in ordine la
vostra scrivania.
L'approccio ideale è quello che parte da una buona
pianificazione: dobbiamo farci almeno una prima idea in
merito a dove vogliamo andare con la nostra carriera. In base a
questo si potranno fare acquisti commisurati, ipotizzando spese
modulate nel tempo ed in funzione del budget, lasciandoci
aperte le possibilità di ottimizzare la nostra attrezzatura mano a
mano, senza dar fondo al portafoglio ed anche evitando
acquisti inutili o troppo precoci, seppur economici.

Il software utilizzato è il cuore del nostro processo di


montaggio. Possiamo discuterne all'infinito su quale sia
meglio, ma è meglio andare dritti al punto: i programmi più
diffusi sono Adobe Premiere e Final Cut Pro X, e c'è un
motivo. Entrambi hanno avuto un peso importante nella storia
nell'editing video, ed entrambi sono giunti all'ennesima
versione disponibile, con la solo differenza che qualche anno fa
FCPX (Final Cut di Apple) ha apportato un cambiamento
radicale puntando tutto sulla facilità d'uso.

173
Come sempre accade, le tifoserie di entrambi i software sono
piuttosto accanite ma, in realtà, sono tutte e due ottime
soluzioni (insieme a pochi altri programmi). Personalmente uso
FCPX: lo trovo estremamente veloce e semplice da usare.
Inoltre la politica del prezzo sulla nuova generazione è
totalmente cambiata, il software è oggi alla portata di ogni
tasca. L'unica nota dolente per FCPX è che non lavora su
Windows, mentre Premiere lavora sia su Windows che su
sistemi operativi Apple.

Una specifica pubblicazione futura sarà dedicata all'editing, ma


è importante toccare ancora due punti salienti: il primo ci serve
per dare una prima occhiata alle logiche del montaggio,
soprattutto per coloro che si trovano alle prime armi.

L'area di lavoro di un software tipo

Il nostro software (FCPX, Premiere, AVID o altro) ci consente


di importare i files che abbiamo girato in uno o più contenitori
o librerie, generalmente ben visibili in una delle finestre del
software stesso. Quando avviamo una nuova importazione di
files/clip creiamo sostanzialmente una nuova cartella, o ciò che

174
in FCPX si chiama evento: una finestra sempre presente
all'avvio del nostro software è quella relativa al singolo evento
più recente. In questa parte dello schermo vedremo tutte le clip
contenute nell'evento stesso. Normalmente sulla sinistra della
schermata principale vi è una seconda finestra con l'elenco di
tutti i nostri eventi divisi per locazione (hard disk interno o
esterno).
La terza finestra che domina il nostro schermo è il cuore dello
strumento, ovvero la timeline. Qui andremo a trascinare le clip
o le parti di esse che abbiamo selezionato all'interno della
finestra dell'evento, e sempre qui procederemo poi con il
montaggio vero e proprio: tagli, spostamenti ed eventuali
modifiche dei nostri video. Su questa finestra faremo lavorare
gli strumenti necessari, accessibili da apposite aree del
software (il taglio, l'applicazione di effetti, etc...).

La quarta finestra è quella rappresentata dal monitor e ci


consente di vedere cosa stiamo facendo con la singola clip.
Naturalmente lo spazio di lavoro può essere modificato e
personalizzato, per esempio togliendo una finestra o
modificandone all'esigenza le dimensioni o ancora
suddividendo le finestre tra più schermi.

175
Ecco ciò che vi si presenterà davanti ogni volta che monterete i
vostri video: questo è il vostro terreno di gioco ed è bene che lo
studiate a fondo una volta scelto il software che fa per voi, in
questo caso è FCPX, ma la logica non cambia di molto con
altri software.

Cosa vuol dire montare un video?

Montando un video si conferisce forma ad una storia che prima


era solo immaginata o tratteggiata sulla carta, mettendo
insieme le immagini che si sono meticolosamente raccolte, date
finalmente vita al racconto. Non importa se si tratta di un film,

176
di un documentario o della presentazione video di una azienda:
più o meno intensa sarà la fase di pianificazione, più o meno
grande sarà lo sforzo creativo, sensibilmente diversi potranno
essere il ritmo, la grammatica e la ricerca estetica. Ciò che
rimane inalterato è il gesto di comporre e dare forma ad un
intero partendo da frammenti. Invece di definire le varie
tecniche di costruzione del racconto, discorso che meriterebbe
di essere trattato in ben altri spazi, concentriamoci per ora
sull'essenziale.

Racconto e ritmo

Al di là dei contenuti specifici che andrete a raccontare e


dell'estetica che avete voluto conferirgli in ripresa, il
montaggio definirà il modo (tra i tanti possibili) in cui la storia
verrà percepita ed il suo ritmo specifico. In uno schema tipo
composto da più frammenti, saremo noi con il montaggio a
decidere il criterio, l'ordine e la logica con la quale questi si
presenteranno a chi guarda:

varie clip in sequenza: gatto annoiato – casa vuota – bistecca


sul tavolo – gatto guarda la bistecca.

177
Ovviamente, già nell'immaginare una storia possiamo
abbozzare un'idea di come la gireremo e monteremo, ma il
video prenderà vita solo in fase di editing. È infatti durante
questo processo che andremo a recuperare i singoli pezzi per
poi comporre l'insieme:

stesse clip, sequenza modificata : bistecca sul tavolo – gatto


guarda la bistecca – casa vuota – gatto annoiato.

Già modificando questa banale sequenza, vediamo che nel


primo caso abbiamo una sorta di escalation che prepara ad una
possibile azione del gatto. Nel secondo caso abbiamo una
possibile azione del gatto che si spegne subito, rimanendo pura
intenzione. Ciò che a questo punto lo spettatore può aspettarsi,
sarà sensibilmente diverso in ognuno dei due casi.
Quello del gatto è un esempio volutamente iper-semplificato,
utile per farci comprendere quanto è importante l'ordine delle
immagini/clip/scene in una sequenza, al fine di dare un senso
specifico al racconto. Un racconto è fatto dal susseguirsi di
immagini e di scene che vengono combinate secondo un
preciso criterio, attraverso una certosina opera di taglio e
cucito. E' questa l'essenza del montaggio.

178
La durata delle singole clip nelle scene, la durata delle singole
scene composte da più clip, il diverso pulsare delle azioni che
hanno luogo nella singola clip, andranno invece a conferire al
nostro racconto il suo ritmo peculiare.

Avrete certamente ben presente la differenza di ritmo tra un


videoclip musicale ed il più lento dei film che avete mai visto,
o la differenza di ritmo tra una scena romantica e una sequenza
di combattimento. Il ritmo contribuisce fortemente a
distinguere e determinare il tono emotivo di chi guarda,
insieme ovviamente all'implicito contenuto della storia e della
singola scena.
Nel montaggio diamo dunque vita ad una storia partendo dal
materiale raccolto, attraverso la creazione di una certa
sequenza di scene ben contraddistinte e con un particolare
ritmo, sia interno che complessivo.
Come per la ripresa audio e il trattamento dell'audio stesso, non
dobbiamo dimenticare che anche l'editing è un mestiere a sé. I
grandi montatori fanno solo i montatori: è dunque sempre
consigliato rivolgersi ad un professionista qualora il budget e le
condizioni specifiche lo permettano. Rimane comunque valido
il concetto che se un videomaker non conosce le basi

179
dell'editing avrà non poche difficoltà ad affrontare seriamente il
suo lavoro, senza contare che nelle piccole produzioni non
potrà far altro che montare da solo i suoi lavori.

Il videomaker moderno deve saper montare, almeno ad un


livello che possa considerasi buono o più che buono: tanta
pratica e qualche buon libro sull'editing sono più che
fortemente consigliati. Rimane poi vero che fare editing è
estremamente appassionante: lavorare di persona anche al
montaggio del proprio girato, conferisce il pieno controllo sulla
propria creatura (talvolta è un bene, altre volte no!). Per questo
motivo molti videomaker e tanti registi di fama mondiale
curano personalmente il montaggio dei propri lavori.

Il tempo non è lineare

Una sequenza d'esempio:

1) inquadratura del vostro personaggio seduto in un


cinema;
2) inquadratura del telefono del vostro personaggio: è
arrivato un messaggio;

180
3) inquadratura del vostro personaggio in auto, affannato;
4) inquadratura di una casa in fiamme con i pompieri al
lavoro;
5) inquadratura sul volto del vostro personaggio arrivato
sulla scena.

Avete capito: non abbiamo bisogno di mostrare la scena nella


sua interezza (l'uomo che esce dal cinema, che attraversa la
città in auto in stato di agitazione, che arriva sulla scena
dell'incendio...). Può sembrare un'affermazione banale, ma le
scene che abbiamo girato sono quelle che ci servono per far
procedere il racconto: non conta il tempo reale che è trascorso
e nemmeno abbiamo l'esigenza di mostrarlo interamente. Se
fosse così il cinema non esisterebbe.

Provate per un attimo ad immaginare che queste scene non


vengano tagliate del tutto. Supponete di aggiungere immagini
del nostro personaggio nel corridoio del cinema. Supponete
anche di tenere una scena in più del percorso in auto dal
cinema alla casa: la storia in se non sarà stata modificata, ma il
ritmo con il quale la raccontate sì. Questo sarà sufficiente a
provocherà un cambiamento abbastanza rilevante allo stile del

181
racconto.

In ultima istanza ricordate sempre che attraverso il montaggio


state comprimendo il tempo in cui raccontate una storia: sarà
davvero raro che la durata del vostro video o film corrisponda
esattamente alla durata dell'azione (abbiamo alcuni esempi in
cui ciò accade, come nei film fatti di un unico piano sequenza,
ma si tratta di casi eccezionali). La durata del video o del film
sarà sempre inferiore al tempo cronologico del racconto. Sarete
voi a controllare lo sviluppo della storia, attraverso le vostre
capacità di montaggio, l'esperienza che avrete acquisito e la
creatività che porterete in questa fase. Quello che dovete fare è
muovervi leggeri e abili tra i personaggi e le azioni che essi
compiono, tra diversi luoghi, in diversi momenti temporali.
Magia pura, non è così?

TIP. Ogni volta in cui parliamo di scene, personaggi ed azioni


in questo contesto, non intendiamo solo riferirci ai film di
finzione: può trattarsi infatti di personaggi e scene presenti
nella vostra presentazione video aziendale o nel vostro
documentario. Il concetto cambia di poco, se non costruiamo
un racconto avvincente e interessante, fatto di belle immagini,

182
chi mai vorrà perdere tempo e guardarlo fino alla fine?

Il migliore approccio che potrete iniziare a sperimentare


nell'editing è sempre quello di procedere partendo dall'idea
originale che avete sviluppato nella vostra testa o sulla carta,
un racconto strutturato attraverso scene o sequenze. Iniziate a
montare le scene una per una, e valutate poi andando avanti
come collegarle. Riuscirete in questo modo - ed almeno in una
prima fase di apprendimento, a procedere in maniera più
organica e meno confusa. Dalla prima stesura che avrete
realizzato e che normalmente avrà una durata spaventosamente
lunga, inizierete poi a procedere per sottrazione.

Inutile qui ribadire che nella vostra capacità di sottrarre


(ovvero di rinunciare a tutto quanto non è essenziale) è
racchiusa tutta l'essenza di un grande lavoro di montaggio (e di
racconto). Scoprirete presto che non vi riuscirà facile ridurre,
ma questo è l'obiettivo al quale dovrete puntare, sempre. Non
dimenticate mai di sottoporre le prime bozze alla visione di
persone delle quali stimate la capacità critica: questo passaggio
vi servirà per ottenere indicazioni decisamente utili. Non vi sto
suggerendo di modificare le vostre scelte sulla base di ognuna

183
di queste indicazioni, ma piuttosto di capire i messaggi che
ricevete per valutare se e come utilizzarli al fine di migliorare il
progetto. Ricordate sempre: più chiare saranno le vostre idee in
fase di ripresa, meno lavoro dovrete fare in montaggio. Avere
miliardi di ore di girato non è un salvagente per chiudere bene
un lavoro in fase di montaggio, può anzi rivelarsi un'esperienza
paralizzante.

184
Correzione Colore

Le DSLR/Mirrorless hanno reso possibile lavorare sulla


fotografia nel video in maniera del tutto impensabile fino ad
alcuni anni fa. A questo punto avete imparato molte cose sulla
vostra macchina e sulle lenti, avete dato il vostro meglio in fase
di ripresa, studiando la luce, l'esposizione e il movimento di
camera. Probabilmente state iniziando a maturare una vostra
idea sull'effetto finale che le vostre immagini devono avere per
ogni singolo progetto che affrontate.
Diventa chiaro a questo punto che anche il colore e la gestione
della luce in post-produzione andranno a contribuire alla
costruzione di un look e di una atmosfera specifici. La fase
finale dell'editing è ora la correzione del colore e la sua corretta
gradazione in base alle esigenze stilistiche.

Abbiamo già scritto che i famosi profili colore flat presenti


nelle camere, nascono proprio per lasciare molta dinamica
all'interno dei files che stiamo registrando. Utilizziamo dunque
questi profili colore piuttosto che quelli standard proprio
perché sappiamo che in seguito vorremo poter intervenire al
meglio sul colore. Useremo invece profili standard se non

185
vogliamo o non possiamo dedicare troppo tempo alla color in
post-produzione.
Il risultato finale che abbiamo in mente è in genere frutto della
nostra immaginazione e/o di un confronto con i tanti film e
video che abbiamo visto. Ci siamo posti un obiettivo e vorremo
raggiungerlo: ci troviamo nella situazione in cui il nostro
profilo colore è altamente modificabile e ottimizzabile in post-
produzione, quindi avremo un più ampio margine di manovra
per ottenere il look desiderato.

La prima fase della correzione è sempre dedicata al solo


bilanciamento dell'esposizione e del colore. In buona sostanza,
quello che faremo come prima cosa sarà andare a ricontrollare
quanto già fatto in fase di ripresa, lavorando ulteriormente su
luci e ombre, correggendole se necessario, al fine di ottenere il
risultato che stiamo cercando. Utilizzando un profilo colore
standard (quelli base delle nostre macchine, per intenderci) non
abbiamo tanto margine di manovra: la dinamica del colore è
limitata, le alte luci non potranno essere modificate più di tanto
e neppure le ombre, questo succede perchè nei profili standard
non sono presenti grandi informazioni da gestire (dinamica).

186
L'opposto è vero sui profili flat (raw), come ad esempio il
VLOG-L della Panasonic GH5, nel quale sono presenti
grandissime quantità di dati (luce e colore) che possiamo
elaborare e modificare. Come abbiamo fatto in fase di ripresa,
dobbiamo occuparci di controllare nuovamente l'esposizione
delle nostre clip, anche qui aiutandoci con waveform ed
istogrammi (strumenti che sui software di montaggio o di color
correction sono molto più sofisticati rispetto a quelli che
vediamo sul display delle macchine da ripresa).

La stessa operazione verrà fatta per controllare il bilanciamento


del colore, di nuovo usando waveform e istogrammi, ma questa
volta osservando sui grafici l'equilibrio dei colori rosso, verde e
blu e, di conseguenza, la perfetta corrispondenza del bianco in
relazione ad essi. Tutti i software sono dotati di queste
funzioni, così come sono dotati di funzioni che consentono di
equilibrare l'immagine in automatico. Questa è però un'opzione
che sconsiglio di usare se non in casi estremi.

Per agire sul bilanciamento osserviamo l'equilibrio della


waveform e/o dell'istogramma ed andiamo a correggerli, se
necessario. È chiaro che una correzione dell'esposizione sarà

187
necessaria sui profili flat, proprio per riportare in armonia il
risultato slavato che vedevate in fase di ripresa. Terminata
questa operazione, se avrete lavorato bene in ripresa, non è
detto che sia necessario lavorare anche al bilanciamento del
bianco.

I bilanciamenti di esposizione e di bianco vengono corretti


agendo su apposti cursori, rotelle o linee: è qui che un software
o l'altro possono fare la differenza, offrendoci più o meno
strumenti per poter intervenire.

TIP. Recentemente un software in particolare sta emergendo


con forza ed è davvero molto utilizzato nella color correction.
Si chiama Davinci Resolve: cercate informazioni sul web se
siete interessati a lavorare sulla color in modo approfondito.

Color grading

Abbiamo fatto un primo bilanciamento delle nostre immagini


(equilibrio luci e colore), ovvero la correzione colore. Il
discorso potrebbe anche concludersi qui: le nostre immagini
hanno ora una loro armonia interna e sono ben bilanciate, ma a

188
noi non basta. Ecco allora che potrebbe rivelarsi utile
intervenire con il color grading.

L'obiettivo del color grading è quello di dare un ultimo


(grande) tocco personale al colore del vostro girato, quel
marchio distintivo e peculiare che si percepisce nei migliori
film. Il colore determina lo stile del video, l'atmosfera che
vuole esprimere, ed il tono emotivo che vuole evocare. Bene,
questo tipo di interventi volti ad ottenere uno specifico look,
possono essere oggi realizzati con gli strumenti che abbiamo a
disposizione, non è più una prerogativa esclusiva dei grandi
studios cinematografici (facendo le debite proporzioni
ovviamente).

Una volta fatto e salvato il bilanciamento di base di cui


abbiamo parlato nella precedente sezione, andremo a creare
uno o più nuovi set di correzione (livello) sui quali operare per
step. Lavorando sui nuovi livelli di correzione andremo a
rendere la nostra scena emotivamente più cupa o luminosa, a
virare i colori, a ridurne o aumentarne la saturazione: insomma,
tutto dipende da cosa avete in mente e da cosa volete ottenere.

189
Esistono sistemi più semplici per fare la correzione colore?
Ovviamente sì, e questo è un vero e proprio paradigma della
tecnologia. I software di montaggio e di correzione colore
hanno la possibilità di essere implementati grazie ai plug-in,
ovvero mini-software che si integrano nel software preesistente
per lavorare a specifiche operazioni. Nel caso del colore
esistono moltissimi plug-in di terze parti che offrono pacchetti
color preimpostati e con infinite possibilità di scelte: sono i
cosiddetti LUT. Alcuni di questi sono piuttosto validi, altri
invece sono decisamente da scartare. Prendetevi il vostro
tempo per testarli, chi li produce offre molte versioni gratuite di
prova.

La color deve essere personalizzata, mentre i LUT sono più o


meno standardizzati. Uno stesso LUT, ad esempio, restituirà un
effetto diverso a seconda del materiale su cui viene applicato.
Non è mia intenzione fare l'integralista: i LUT sono strumenti
che possono rivelarsi molto utili quando si ha necessità di
lavorare in fretta e su progetti che possono permettersi un certo
livello di color. Se pensate di iniziare a lavorare su progetti più
sostanziosi, se volete che il vostro stile di color emerga in
maniera più marcata, allora è bene che iniziate a farvi una

190
cultura sulla color personalizzata, o quantomeno che impariate
a personalizzare un LUT una volta applicato (sempre attraverso
gli strumenti di color correction che abbiamo citato). Budget
permettendo, tenete sempre a mente la possibilità di affidarvi
ad un professionista della color, cosa che vi garantirà senza
dubbio il massimo della qualità.

I plug-in aggiuntivi

I software di editing sono già dotati di una grande varietà di


strumenti pronti per essere utilizzati: color, titolazione,
stabilizzazione, riduzione rumore, effetti, green-screen,
transizioni (*), motion tracking, etc... Esistono inoltre
innumerevoli prodotti di terze parti che vanno ad assolvere
ogni possibile funzione immaginabile: così come per i plug-in
di color, parliamo di strumenti che possono davvero risolvere i
vostri problemi. La regola principale da ricordare è che non
dobbiamo mai eccedere: la bellezza si trova sempre nella
semplicità. Evitate di aggiungere plug-in semplicemente perché
restituiscono un effetto sfarzoso al vostro video: sarebbe un
approccio da principianti. Valutate sempre bene cosa volete e
perché lo volete, optate per titoli e transizioni eleganti e

191
semplici, mai per effetti da TV privata anni '90.

(*) le transizioni sono una gamma di effetti che potete usare per collegare
due clip. Può trattarsi di uno stacco netto (nessuna transizione), di una
dissolvenza, uno scivolamento laterale, uno zoom dal centro.. Le transizioni
vanno usate con grande intelligenza e parsimonia, come qualsiasi altro
effetto. Tenete conto che anche le transizioni fanno parte a pieno titolo della
sintassi del linguaggio cinematografico e, come tali, il pubblico è in grado
di interpretarle: il messaggio che percepiamo guardando una sequenza in cui
due clip sono collegate da uno stacco netto, ad esempio, non è lo stesso che
percepiamo se viene usata una lunga dissolvenza. Fate caso all'impiego
delle transizioni nel cinema e nei video. Non usatele a caso e siate semplici.

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Conclusioni

In questo manuale abbiato toccato tutti i punti salienti nel


lavoro del videomaker. L'obiettivo principale è stato quello di
fornirvi tutti gli ingredienti base e molti spunti che possano
aiutarvi a costruire un approccio formativo solido nel mondo
del video pian piano che la vostra carriera/passione prosegue il
suo cammino. Da qui in avanti potrete approfondire i singoli
temi, la possibilità di imparare è per fortuna infinita. Un
consiglio ulteriore è sempre quello di sperimentare tutti gli
ambiti fin qui trattati, non solo durante lavori specifici ma
soprattutto durante momenti che dedicherete esclusivamente al
miglioramento delle singole tecniche, senza alcuna altra
finalità.
Quello del videomaker è un lavoro artigianale nella sua
essenza, provare, fare e rifare è parte essenziale della
formazione e del miglioramento delle proprie qualità.
Il nostro progetto videomakeronetoone.com offre corsi online
volti a fornire strumenti formativi in questo ambito, non esitate
a contattarci se volete incrementare ulteriormente la qualità dei
vostri video.

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Per finire:

1) leggete un ottimo manuale dedicato al vostro software


di montaggio ed alle vostre attrezzature: se le
conoscerete come le vostre tasche, la qualità del vostro
lavoro farà un balzo stellare in avanti;

2) cercate un ottimo libro specialistico sul montaggio e


sulle tecniche di ripresa audio e video, per approfondire
a fondo i linguaggi e i modi. Accertatevi che si tratti di
manuali scritti da un figure autorevoli ed esperte.
3) Esistono ovviamente anche innumerevoli corsi online
che possono portarvi a raggiungere gli stessi obiettivi:
leggere un buon manuale o studiare attraverso video
corso ben realizzato non fa molto differenza. Quello che
vi permetterà di migliorare in modo concreto e costante
sarà solo il vostro impegno: provate, cercate,
confrontatevi e sperimentate senza sosta!

Mi auguro che i vostri video siano sempre in grado di regalare


grandi emozioni a chi li guarda, ma soprattutto a voi stessi.
Buon lavoro!

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Per info sui nostri corsi di formazione per videomaker online
in video-conferrenza e live:
www.videomakeronetoone.com

sull'autore di questo manuale


www.giulianogirelli.com

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