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Storia della fotografia

di Roberta Carta
L'insegnamento mira a fornire allo studente conoscenze generali sulle tappe
fondamentali che hanno caratterizzato la storia della fotografia dalla sua
nascita all’inizio del XIX secolo fino ai giorni nostri. In particolare, il seguente
documento analizza e descrive: <br/>
• i principali generi, come il ritratto, lo stile documentario, il fotogiornalismo, la
street photography, l’archivio e la fotografia messa in scena <br/>
• i suoi rapporti con le altre arti espressioni artistiche <br/>
• le fotografie di riferimento, analizzate dal punto di vista stilistico e tenendo
conto del contesto storico e artistico di appartenenza.

Università: Università degli Studi di Cagliari


Facoltà: Beni culturali
Esame: Teoria e Storia della fotografia/e
Docente: David Bruni
Roberta Carta Sezione Appunti

1. Dalla nascita della fotografia alla prima metà dell’800


Il 7 gennaio 1839 è, per convenzione, la data con cui si indica la nascita della fotografia.
In termini etimologici, fotografia significa forma di scrittura con la luce.

La fotografia si basa:
Sul principio della camera oscura, già noto dal tardo rinascimento e basato sul fatto che
se noi pratichiamo un piccolo foro nella parete di una stanza immersa nel buio, la luce che filtra dal foro
riflette sulla parete l’immagine capovolta di tutti gli oggetti che si trovano all’esterno.
Sarà però solo un secolo dopo che si parlerà di camera oscura come di uno strumento di cui ci si poteva
servire per ricalcare il disegno di ciò che si trovava all’esterno della stanza.

In realtà, già nel XIX secolo, con Nicéphore Niépce, ci si avvicina al risultato a cui noi siamo abituati con la
fotografia "vista da una finestra a Le Gras" veduta scattata da Niépce nel 1826/27 con l’obiettivo di fissare
l’immagine che vede dalla propria finestra.
Naturalmente, finché la camera oscura non diventò portatile rimase pressoché inservibile.

Sulla prospettiva quattrocentesca.


Lo spazio rappresentato è dunque
univoco
centrato
ordinato
Simbolicamente riferimento alla posizione centrale che l’uomo occidentale assume nel periodo
rinascimentale.
Vi sono tuttavia studiosi che, avvicinandosi alla fotografia, preferiscono riferirsi ad altre opzioni figurative,
come la pittura nordica e l’impressionismo.

Come qualsiasi forma artistica, la fotografia è considerata il risultato di un determinato contesto


socioculturale ed economico.
Sul piano filosofico-culturale, si vede la nascita della fotografia come collegata ad alcuni temi conduttori del
pensiero illuminista e del pensiero positivista.
È anche vero che questa forma artistica ha molto a che fare con la classe borghese, classe dominante della
società del XIX secolo che sentiva la necessità di
dare al mondo un’immagine di sé.
raccontare il mondo.

La fotografia sfruttava il principio della camera oscura, ma occorreva che l’immagine andasse fissata
attraverso un supporto e attraverso sostanze fotosensibili.
Sarà proprio Niépce ad avere un’importante intuizione: tenta di ottenere una matrice inchiostrabile da cui

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trarre più copie e arriva anche a descrivere la nozione di negativo, pur non riuscendo a stamparlo in quanto
le figure impresse erano troppo deboli e non si riusciva dunque a fissarle.
Niépce usa come sostanza fotosensibile il cosiddetto bitume di giudea, sostanza che si induriva con la luce
del sole ma che era ben poco fotosensibile, motivo per cui l’esposizione durava 8 ore.
Egli definisce la "Vista da una finestra a Le Gras" un’ eliografia, cioè scrittura del sole come se il sole
scrivesse, quindi imprimesse, ciò che lui osservava grazie all’azione del bitume di giudea.

Niépce coltiva in questi anni contatti frequenti con Louis Daguerre, oggi considerato il padre della
fotografia.
I due avviano insieme una società, della durata di qualche anno, dopodiché Niépce muore nel 1833 e i
rapporti con Daguerre vengono mantenuti dal suo erede.

La dagherrotipia

Il 7 gennaio 1839, il parlamentare Arago annuncia la nascita di un metodo per fissare le immagini da sole
dentro la camera oscura: la dagherrotipia.
Metodo sviluppato da Daguerre che usa come sostanza fotosensibile lo ioduro d’argento, che lascia
un’immagine latente che viene rivelata attraverso l’impiego di vapori di mercurio.
L’immagine viene fissata poi con un bagno di soluzione di sale marino.
L’esposizione non è più prolungata, riducendosi a un tempo che va dai 3 ai 30 minuti.

DAGHERROTIPIA metodo sviluppato da Daguerre che usa come sostanza fotosensibile lo ioduro
d’argento, che lascia un’immagine latente che viene rivelata attraverso l’impiego di vapori di mercurio.
L’immagine viene fissata poi con un bagno di soluzione di sale marino.
L’esposizione non è più prolungata, riducendosi a un tempo che va dai 3 ai 30 minuti.

La cura per i dettagli è minuziosissima, tanto che una definizione ricorrente di dagherrotipo lo paragona a
uno specchio, parallelismo che ha ragioni anche di natura estetica: il dagherrotipo si presenta come una
lastra di dimensioni relativamente ridotte, costituita da rame argentato e priva di matrice. La superficie è
riflettente e monocroma.
Il risultato della dagherrotipia è un’immagine prospettica del reale, filtrata attraverso la camera oscura,
in copia unica non duplicabile.

I limiti della dagherrotipia sono:


• Tempi di esposizione ancora abbastanza lunghi.
• Macchina costosa e voluminosa.
• Dagherrotipi molto fragili, che devono essere in virtù di questo necessariamente incorniciati o riposti in
appositi astucci.

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Nonostante questi limiti, i dagherrotipi acquistano una notevole popolarità.
Inizialmente rappresentano perlopiù monumenti architettonici, poi per movimentarli si aggiungeranno anche
figure umane e carrozze.

Per quanto riguarda il ritratto, tuttavia, per ottenerlo con il dagherrotipo il processo era lungo e faticoso: la
persona che si voleva ritrarre doveva infatti sopportare una luce accecante e posare contro uno sfondo liscio
per un tempo abbastanza lungo in assoluta immobilità per non alterare l’immagine.

Esempi dagherrotipi di Daguerre.

Esempio 1. "Natura morta del 1887"


dettagli minuziosi.
vasta gamma di sfumature.
realismo dei contorni e dei volumi.

Esempio 2. " Veduta sul Boulevard du temple"


scattata nel 1838 dall’abitazione di Daguerre stesso
precisione estrema di dettagli, che riesce a riprodurre tutto ciò che ha a che fare con il paesaggio e gli
edifici.
nonostante fosse una via molto trafficata, compaiono soltanto la figura di un uomo che si fa lustrare le
scarpe. C’è chi ha ipotizzato che questo elemento fosse frutto di una messa in scena: probabilmente
Daguerre ha richiesto che i due stessero immobili in un punto per dei dati minuti in modo che le loro figure
si potessero immortalare, al contrario delle macchine e dei passanti che andavano e venivano continuamente
e che quindi non potevano essere fissati nell’immagine.

Calotipia/Talbotipia

Nel 1839, presso la Royal Society di Londra, William Henry Fox Talbot propone il modello del calotipo.
Nel 1834, egli comincia a dedicarsi a quello che lui chiama “disegno fotogenico”, che prevedeva l’impiego
del nitrato d’argento. Una volta proiettata l’immagine su carta, però, gli oggetti non vengono fissati
permanentemente. Immerge allora la carta in una soluzione di cloruro di sodio, poi la bagna con il nitrato
d’argento, formando il cloruro d’argento, sensibile alla luce.
Il negativo viene così fissato, in quanto il supporto cartaceo viene sensibilizzato a contatto con il soggetto.
La svolta avviene tra il 1839 e il 1840, quando viene introdotto il concetto di immagine latente.
L’immagine latente sta alla base della concezione di fotografia come impronta: non è più necessario che il
supporto impiegato per ottenere questa immagine sia esposto fino alla comparsa di una traccia visibile, ma
può essere sviluppata dopo grazie a un rilevatore, ovvero l’acido gallico.
Tale procedimento prende il nome di calotipia o di talbotipia.

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Calotipia dal greco calos, assumendo quindi il significato di stampa del bello.

Caratteristiche del calotipo:


• presuppone l’uso del negativo, quindi della matrice e della possibilità di riprodurre infinite copie.
• Si possono trarre copie positive in successive fasi di stampa sfruttando un processo di annerimento, ovvero
un ulteriore rovesciamento tonale rispetto a quello immediatamente precedente.
• Enorme quantità di dettagli.
• Elevata definizione dei contrasti.

L’opera più celebre di Talbot è un libro fotografico intitolato “The pencil of nature”, pubblicato tra il 1844
e il 1846 e costituito da 6 fascicoli e 24 stampe originali.
Ciascuna immagine è accompagnata da una/due pagine di testo che ne illustrano il significato.
Le immagini proposte si riferiscono soprattutto a:
• Soggetti architettonici.
• Nature morte.
• Opere d’arte.

Esempio. Porta aperta rivela una notevole cura per i dettagli e il riferimento alla dimensione descrittiva-
quotidiana tipica della pittura olandese del '600.

Altro protagonista degli anni di esordio della fotografia è Hippolyte Bayard, la cui opera più celebre si
intitola "Ritratto di un annegato" opera che allude in maniera simbolica al fatto che le lunghe ricerche e i
risultati del suo sforzo non vennero premiati con lo stesso trattamento riservato invece a Niépce e Daguerre.

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2. Il ritratto
Nella metà del XIX secolo si assiste a una vera e propria rivoluzione con l’introduzione del collodio umido
.
Il collodio umido prevedeva un procedimento basato sull’uso del negativo su vetro e una successiva
produzione di immagini su carta. La carta generalmente impiegata era la cosiddetta carta albuminata,
caratterizzata da dettagli molto nitidi e tonalità sul grigio e sul marrone.
Il problema principale è che la fase dello sviluppo doveva avvenire subito dopo la cattura delle immagini,
altrimenti il collodio si sarebbe asciugato e diventato quindi impermeabile.
Questo problema si presentava soprattutto nel caso delle fotografie all’aria aperta, caso in cui bisognava
portarsi dietro qualcosa che fungesse da camera oscura, come un carro aperto o una tenda, e i prodotti
chimici necessari.

Per ovviare a questo problema si cominciarono a sensibilizzare le lastre di vetro con sali d’argento mescolati
a collodio umido.

Tipologie di immagini ottenute con il collodio umido più frequenti:


• Immagini in formato stereoscopico procedimento che assicurava un effetto di tridimensionalità, in
quanto vi erano due immagini dello stesso soggetto scattate da fotocamere a due obiettivi.
• Il ritratto, che diventa il genere di riferimento inizialmente presso le classi più abbienti poi, una volta
diminuiti i costi, anche presso la medio-bassa borghesia.
Per la borghesia, il ritratto rappresentava una forma di autorappresentazione e un modo per affermare la
propria immagine nella società.
Successivamente permetterà anche ai meno abbienti di conservare in qualche modo dei ricordi, tramandando
quindi l’immagine dei propri simili.

Da questo traspare fotografia come risposta a un bisogno sociologico solidificare la propria immagine
in termini identitari agire in qualche modo sulla mortalità del singolo individuo.
Quando il ritratto diventa “moda”, si diffondono i fotografi urbani, i quali agiscono al di fuori dei centri più
popolosi permettendo quindi anche a chi abitava lontano di ritrarre.

• Il biglietto da visita fotografia su carta, incollata su un cartoncino delle dimensioni di 10x6cm. metteva
in risalto l’abito, la condizione sociale, ma anche le peculiarità fisiche.
Questo tipo di immagine era sempre a figura intera, quindi non vi era la possibilità per il fotografo di
sfoggiare il suo talento né di approfondire la psicologia del personaggio.

Il biglietto da visita viene introdotto nella seconda metà del XIX secolo da Disderì, il quale brevetta una
macchina dotata di 4 obiettivi, attraverso i quali era possibile effettuare riprese di altrettante pose su
ciascuna metà di una normale lastra di vetro. Si ottengono così otto immagini distinte, che potevano essere

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ritratti propri o dei propri cari, ma anche di individui famosi.
L’aspetto più interessante è che spesso venivano raccolte e scambiate, tanto che quest’epoca è nota anche
come epoca dell’album fotografico, in cui il contenitore più adatto non è più la cornice ma l’album, che dà
alle immagini un valore narrativo.
Possiamo considerare il biglietto da visita come una forma di ritratto a basso prezzo.
La sua produzione aumenta la domanda di ritratti e spesso quella di staff di fotografi che lavorassero
assieme.
Esistevano anche i cosiddetti coloristi, professionisti in grado di colorare il positivo e ricostruire l’ambiente
negli studi fotografici tramite sfondi dipinti e oggetti di scena.

Con l’introduzione del biglietto da visita, Disderì viene accusato di meccanicizzazione della fotografia,
cioè di aver privato la fotografia di quell’aurea artistica che finora aveva mantenuto.
Negli anni successivi, tuttavia, saranno molti a dedicarsi a questa forma di ritratto.
Tra questi, il fotografo Nadar, il quale fu prima giornalista e caricaturista.

Avvicinatosi alla fotografia, Nadar lavora a partire dal 1853 ed è tra i primi a scattare con la luce naturale.
Egli si dedica soprattutto a ritrarre personaggi famosi nel suo studio: faceva posare i personaggi contro uno
sfondo lucido, sotto un lucernario piuttosto alto, in modo da calibrare l’azione delle fonti luministiche. I
ritratti non erano quasi mai frontali, ma di tre quarti.

Esempio. "Ritratto di Sarah Bernardht" L’attrice viene trasformata in una figura classica, avvolta da una
tunica il cui drappeggio assicura al ritratto l’illusione di tridimensionalità.

Tra il 1843 e il 1845, David Octavius Hill e Robert Adamson stringono un patto societario e diventano
famosi grazie alle foto scattate ai pescatori di una zona a nord di Edimburgo.
Foto dei pescatori:
attente ai valori luministici
soggetti disposti secondo una configurazione di valore simbolico
antecedenti del cosiddetto documentario sociale
Tra i due, Hill era il più creativo e particolarmente attento ai valori del chiaroscuro.
Di Adamson veniva elogiata la mano particolarmente esperta nella fase di stampa.

È importante anche la figura di Lewis Carroll, celebre più come scrittore che come fotografo.
Egli stringe amicizia con la famiglia Liddell, ma in particolare prova interesse verso Alice Liddell, bambina
che ritrasse insieme alle sorelle e anche da sola.

Esempio. "Ritratto di Alice Liddell": Alice Liddel nei panni della piccola mendicante Per la messa in scena
della foto Carroll si ispira a un’opera poetica intitolata "La piccola mendicante". Lo sguardo della bambina,
che guarda fisso la macchina, appare piuttosto audace.

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Alcuni elementi, come i piedi nudi della bambina, hanno attirato l’attenzione degli storici, facendo supporre
un’allusione a una certa disponibilità sessuale.

Potremmo citare anche l'opera fotografica di Margaret Cameron intitolata "Beatrice".


Margaret Cameron ritraeva spesso le donne nei panni di eroine classiche e tragiche.
Il soggetto ritratto in Beatrice è in realtà la nipote e dalla foto emerge la volontà di proporre una dimensione
non realistica dai margini sfumati. Il ritratto è in primo piano e mette in risalto l’aspetto intimo, accentuato
dall’uso di una luce laterale.

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3. La fotografia nella seconda metà dell’800


Nella seconda metà dell’Ottocento si apre un dibattito a livello teorico e critico sullo statuto della
fotografia, dibattito che coinvolse personaggi celebri, tra cui Charles Baudelaire.
Tra gli anni ’50 e ’60, Baudelaire viene più volte ritratto da alcuni fotografi, tra cui Nadar. Egli assume
tuttavia una posizione fortemente polemica nei confronti della fotografia.

Baudelaire considerava l’industria fotografica il “rifugio di tutti i pittori mancati”, cioè un rifugio per tutti
quei pittori poco dotati o pigri per completare i loro studi.
Egli riteneva che la fotografia, nel sostituire la pittura in alcune sue funzioni, potesse comprometterla o
sostituirla completamente.
La fotografia doveva quindi limitarsi ad essere serva delle scienze e delle arti. visione manichea

In questo periodo il dibattito verte su tre elementi


la fotografia come arte
interesse dal punto di vista tecnico
dimensione industriale della fotografia

Baudelaire prende in considerazione solo l’aspetto tecnico e quello industriale.


Egli ritiene, quasi in maniera normativa, che le uniche funzioni fotografiche siano:
• Funzione documentaria
• Funzione naturalistica
• Funzione di conservazione della memoria

Il movimento pittorialista
Negli ultimi decenni del XIX secolo, i progressi tecnologici rendono la fotografia sempre più accessibile,
contribuendo all’espansione del mercato fotografico e all’emergere di nuove tendenze fotografiche.
Nasce in questi anni, grazie soprattutto alla figura di Henry Peach Robinson, il movimento pittorialista,
che si definirà in maniera più chiara nei primi decenni del XX secolo.
Scopo del movimento era quello di elevare il mezzo fotografico al pari della pittura o della scultura.
I pittorialisti utilizzavano tecniche e processi che avvicinavano l’immagine fotografica al disegno.
Una delle tecniche più diffuse era la tecnica della stampa combinata, ideata da Hippolyte Bayard.

Stampa combinata tecnica che permette di rappresentare oggetti su piani diversi correttamente a fuoco e di
dividere l’immagine in porzioni separate per l’esecuzione intervento sul negativo in fase di stampa
permette a correzione di eventuali imperfezioni.

Tra i fotografi che la utilizzarono troviamo Gustav Le Gray, Rejlander e lo stesso Robinson.
Tra il 1856 e il 1859 Le Gray scatta la fotografia "La grande onda", frutto di una stampa all’albumina da

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due negativi al collodio umido su vetro.
un primo negativo esposto per cogliere i particolari della terra
un secondo negativo esposto in tempi molto più brevi per registrare il cielo e le nuvole, in quanto a causa
dell’iperreattività del violetto dei materiali fotosensibili il cielo sarebbe altrimenti risultato sovraesposto.
I negativi vengono poi coperti da un foglio e una parte della stampa viene tratta dal primo negativo, mentre
l’altra dal secondo.

Il caso più celebre è la fotografia di Rejlander intitolata "Le due strade della vita":
• Stampa al carbone da originali all’albumina
• Estremizzazione della stampa combinata vengono usati 30 negativi diversi, riuniti in modo da ottenere una
sorta di collage e poi sovrapposizione di un foglio di carta sensibilizzata in modo che questo combaciasse
con ciascun negativo se il fotografo non fosse ricorso a più negativi avrebbe avuto bisogno di uno studio
fotografico più ampio e molti più modelli.
• Compagnia di modelli ambulanti, fotografati a distanza variabile, studiata in base a quella che sarebbe stata
la prospettiva da cui li avrebbero guardati gli spettatori.
• Opera allegorica
• Uso del nudo

L’opera venne presentata all’Esposizione dei tesori d’arte di Manchester nel 1857 e suscitò parecchie
polemiche, per due ragioni principali
uso del nudo
evidente ricorso alla ricostruzione

Le ambizioni della foto di Rejlander sono in realtà ambizioni moralistiche: al centro, a fare da asse di
simmetria, si trovano un signore con ai suoi fianchi i due figli, di cui uno evidentemente prova una
propensione per il vizio mentre l’altro invece per la virtù.

Altro caso significativo è "La vita che si dilegua", foto scattata da Henry Peach Robinson alla fine degli
anni ’50.
• Foto composita che mostra la morte di una giovane ragazza (l’attrice era in realtà in perfetta salute)
• Stampa all’albumina
• 5 negativi
• Foto messa in scena

In questi anni la fotografia viene anche concepita come strumento di scoperta del mondo.
Questa tendenza apre uno sguardo tra la dimensione etnografica, geografica e culturale che permette
all’uomo di riflettere sulla propria collocazione nel mondo.

Nella seconda metà dell’Ottocento dunque:


• La fotografia diventa il metro attraverso cui misurare l’esattezza delle rappresentazioni pittoriche.
• La fotografia diventa un mezzo per testimoniare lo scenario che si presentava davanti a chi in particolare

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compiva viaggi nel vicino Oriente.Nella seconda metà dell’Ottocento dunque

Si potrebbero individuare due filoni: quello degli europei e quello degli americani.

Gli europei guardano di solito al paesaggio (attraverso le fotografie) scorgendoci i segni dell’architettura e
dell’arte che lo hanno plasmato.

Gli americani nel paesaggio vedono soprattutto la natura.

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4. Caso dei fotografi europei nell'800


In questi anni, Maxime Du Camp viene incaricato dal Ministero della salute pubblica francese di riprodurre
l’evidenza archeologica dell’antico Egitto.
Pur non essendo un fotografo di professione, egli scatta circa 200 foto, di cui 125 verranno stampate e
pubblicate da un editore parigino.

Le foto di Du Camp erano caratterizzate dalla prevalenza di tonalità grigiastre e dalla qualità molto relativa
per via del metodo abbastanza elementare utilizzato da Du Camp.
Il punto di vista è frontale e mostra un atteggiamento pseudo-scientifico.
Spesso egli sceglie di inserire la figura di un originario della zona dove le foto erano state scattate oppure un
domestico, che aveva la funzione di sostituzione dell’altro.
Sono foto che venivano spesso diffuse in formato stereoscopico, tra i più diffusi in quanto molto economico.

Più o meno negli stessi anni Francis Frith ha l’occasione di compiere diverse spedizioni in Egitto e in Terra
Santa.
Esempio. "Le piramidi di Dahshur viste dall’est", 1858 stampa all’albumina da negativo al collodio umido
su vetro.
Si possono notare diverse affinità sul piano compositivo tra gli elementi in primo piano e quelli invece sullo
sfondo.
Queste spedizioni ambiziose fruttarono oltre 5000 immagini, pubblicate in vari formati, grazie alla grande
abilità del fotografo nello sfruttamento commerciale delle immagini: le prime vennero esposte nel 1857,
poi pubblicate in un’edizione rilegata prima e in un’edizione stereoscopica dopo.
Frith creò poi un’agenzia fotografica che divenne la più grande impresa di stampe fotografiche britanniche,
attiva per più di un secolo.
Egli era noto anche per il suo progetto che prevedeva un’edizione della Bibbia illustrata con sue foto in
Terra Santa. In realtà le foto, uscite sempre con la firma di Frith, erano state realizzate da dipendenti
itineranti della società.
Con Frith, la fotografia diventa anche strumento di propaganda religiosa e perfino politica: spesso
infatti si cercava, attraverso le foto, di conseguire vantaggi militari, strategici e commerciali nell’area
nordafricana, controllata prevalentemente dall’Inghilterra.
D’altra parte, queste foto potrebbero essere considerate le antecedenti del fenomeno moderno del turismo.

John Thompson, membro della Royal Society, trascorse invece diversi anni in Oriente, in particolare in
Cina.
Egli scatta in Cina una serie di foto che confluiranno poi in 4 volumi ai quali l’autore dà il titolo
"Illustrazioni della Cina e della sua gente".
Le foto sono frutto di una vera e propria indagine etnografica: esse denotano infatti un interesse da parte
del fotografo sia per il paesaggio sia per gli usi e costumi degli abitanti.

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Le foto di Thompson erano caratterizzate da:
• Una struttura narrativa, in quanto erano accompagnate da brevi testi di riferimento.
• La varietà dei soggetti (paesaggi naturali e urbani, persone, usi e costumi, monumenti).
• La fotografia come strumento di conoscenza degli altri.Raffinatezza ed elevata qualità.

La fotografia come espressione di un principio di superiorità da parte dell’uomo occidentale nei confronti di
quello orientale.
La fotografia come strumento di persuasione.

Possiamo a questo punto individuare tre concetti:


• La fotografia come strumento di conoscenza degli altri.
• La fotografia come strumento di persuasione.
• La fotografia come espressione di un principio di superiorità da parte dell’uomo occidentale nei confronti
di quello orientale.

Possiamo individuare anche un sotto-filone, rappresentato dall’attività fotografica di Thomas Annan, il


quale viene incaricato di documentare i cambiamenti subiti in questi anni dai quartieri malfamati di
Glasgow.
È il periodo in cui nelle città europee, in particolare Parigi, si assiste all’attuazione di piani di rinnovamento
urbano che comportano spesso la demolizione delle strutture antiche.
Il suo lavoro comprende 40 stampe al carbone, rappresentazione dei bassifondi della metropoli e atto di
nascita del cosiddetto documentario sociale, anche se non vi era da parte del fotografo un interesse verso i
soggetti umani e quindi un intento di denuncia.
Le foto rappresentano viuzze strette, spesso a sfondo chiuso, e possono per questo motivo essere ricondotte
all’ambito topografico.

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5. Caso dei fotografi americani nell'800


Figura importante all’interno del panorama statunitense di questo periodo è Roger Fenton, fotografo di
origini britanniche famoso per essere uno dei fondatori della Royal Photographic Society.
Fenton era famoso nel Regno Unito per le vedute architettoniche scattate nella capitale e per l’incarico di
fotografare la famiglia e le dimore reali.
Significativo fu anche il reportage fotografico sulla guerra di Crimea, in occasione di cui operò con una
dotazione imponente per l’epoca (più macchine fotografiche, centinaia di lastre di vetro e prodotti chimici).

Esempio. "La valle dell’ombra della morte":


• Carta salata da negativo al collodio umido
• Esposizione dai 3 ai 20 secondi
• Considerata il prototipo della foto come reportage di guerra.
• Si è discusso molto sulla possibilità che questa foto fosse frutto di una messa in scena.

Altro esempio di foto come reportage di guerra ci viene fornito da Thimoty O’Sullivan, imprenditore di
successo e ritrattista fotografico.
Egli era allievo del dagherrotipista Brady, il quale preparò una squadra di fotografi, tra cui O’Sullivan,
ciascuno dei quali doveva viaggiare con l’esercito dell’Unione ed era dotato di un proprio vagone con
camera oscura.
Siamo in piena guerra civile quando O’Sullivan scatta "La raccolta di morte":
• Stampa all’albumina
• Mostra il dramma della guerra attraverso i corpi dei soldati caduti
• Foschia mattutina sullo sfondo e uomo a cavallo che richiama l’attenzione dello spettatore.

Negli anni ’60 dell’800, Carleton Watkins scatta una serie di foto nella Yosemite Valley, importanti
perché spinsero il governo a fare di quest’area un’area protetta.
Nello scattare queste foto, la volontà di Watkins è quella di catturare la rappresentazione di una natura
ancora non contaminata, che sarà conquistata solo dopo dall’uomo bianco.
Spesso il punto di vista è rialzato, in modo da enfatizzare l’estensione dei panorami.

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6. I progressi tecnologici alla fine del XIX secolo

Le primissime fotografie non contemplavano la possibilità di registrare il movimento, possibilità che viene
raggiunta solo negli anni ’70-’80 del XIX secolo.

Nel 1873, Eadweard Muybridge scatta delle foto che rappresentavano i vari movimenti compiuti da un
cavallo, incarico che gli viene commissionato dall’ex governatore della California Stanford, il quale
possedeva una scuderia di cavalli da corsa.
Per ottenere questo risultato egli dispose 12 macchine fotografiche lungo la pista da corsa, ognuna delle
quali munita di un otturatore.
Sulla pista aveva steso dei fili metallici collegati a degli interruttori elettrici: il cavallo, galoppando, rompeva
i fili, un’elettrocalamita faceva scattare gli otturatori e venivano così scattati i negativi.
Le foto ottenute si presentavano come delle silhouette, che mostrano come durante la fase del galoppo ci sia
un momento in cui tutte e quattro le zampe del cavallo sono sollevate da terra.
Muybridge pubblica delle tavole di undici volumi intitolati “Il comportamento degli animali in movimento”
: si tratta di oltre 200 tavole, il cui sfondo era costituito da una tela bianca e che avevano un’apparenza
bidimensionale.
Muybridge si dedica poi anche alla figura umana, quasi come se il suo obiettivo fosse quello di creare un
atlante visivo di figure animali e umane in movimento.

Progressi tecnologici:
• Non occorre più portarsi dietro la camera oscura sul luogo, in quanto ora le lastre conservano la sensibilità
alla luce per mesi e possono essere sviluppate anche molto tempo dopo l’esposizione.
• Si perfeziona l’emulsione alla gelatina, ampliando la sensibilità allo spettro cromatico.
Si possono dunque impiegare filtri colorati sugli obiettivi per accentuare o eliminare i colori.
• Introduzione delle lastre a gelatina asciutta.
• Perfezionamento degli obiettivi, degli otturatori.
• Riduzione del volume delle macchine.
• Macchine portatili, alcune delle quali possono caricare lastre fino a dodici pose. “macchine detective”,
in quanto permettono di fotografare i soggetti senza che questi ne siano consapevoli.
• Invenzione della polvere di magnesio, prototipo del flash moderno.

La rivoluzione più importante di questo periodo è tuttavia l’invenzione della Kodak, costruita e ideata da
George Eastman e messa sul mercato a partire dal 1888.
Il nome “kodak” viene coniato dall’inventore stesso combinando le lettere K, O, D, A in modo del tutto
arbitrario.
L’apparecchio alla base della Kodak è la cassetta, di dimensioni 82x95x165 mm, che dispone di un rullo
con pellicola di una lunghezza sufficiente per 100 pose.

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La Kodak viene venduta già caricata e nel prezzo di 25 dollari è inclusa anche la fase di sviluppo e stampa
da ogni negativo si ricava una stampa a contatto, poi montata su cartoncino di color cioccolata con bordi
colorati.
La lastra asciutta, le pellicole velocissime, gli obiettivi fissi e gli otturatori rapidi sono tali da rendere la
Kodak semplice per chiunque, tanto che lo il suo slogan diventa “Voi premete il bottone, noi faremo il
resto!”.
Con la Kodak l’atto di scattare foto diventa una moda le persone scattano foto per preservare la
memoria familiare, altri si dedicano alle strade e ai paesaggi.
Nel suo manoscritto, Eastman definisce la Kodak un “taccuino fotografico”, in quanto alla portata di
qualsiasi essere umano che volesse conservare un ricordo di ciò che vedeva.
Le immagini scattate con la Kodak sono definite snapshots, cioè istantanee, termine originariamente
utilizzato dai cacciatori per descrivere i colpi esplosi senza prendere la mira: le prime Kodak erano infatti
prive di mirino.

L’invenzione della Kodak favorirà l’emerge di nuove tendenze fotografiche, molte delle quali legate alla
documentazione degli strati più umili della società.
Nasce in questi anni una prima forma di fotogiornalismo, anche se inizialmente sono le riviste e non i
quotidiani a impiegare le immagini fotografiche.
Tra i maggiori esponenti di questo filone abbiamo Jacob Riis, emigrato danese giunto anni prima negli Stati
Uniti. Egli conosce la povertà e tutto ciò che la lotta per la sopravvivenza comporta.
Nel 1890 pubblica “Come vive l’altra parte della città”, libro fotografico contenente riproduzioni a
mezzatinta di altrettante fotografie e che perciò conserva un’ampia tiratura.
Egli utilizza la polvere di magnesio per illuminare gli interni, con i loro abitanti ammassati, che ci
restituiscono delle immagini crude e penetranti.

Esempio.
"Il covo dei banditi", 1883, stampa alla gelatina-sale d’argento dal negativo originale.
"Casa di una straccivendola italiana", 1887, stampa alla gelatina-sale d’argento da negativo originale.
Richiamo all’iconografia della madonna con bambino.

"Inquilini della casa popolare di Bayard Street. Cinque centesimi a notte", 1889-1890.
Jacob Riis lavorava anche come fotografo per la polizia e pare che avesse fatto irruzione in questo alloggio
popolare insieme a un poliziotto e che avesse quindi scattato la foto.
I personaggi appaiono storditi, forse perché interrotti nel loro riposo.
La prospettiva sembra sfalzata, dovuta quasi certamente all’uso di un obiettivo grandangolare.

Con la nascita del fotogiornalismo e la stampa a mezza tinta si ha:


• Evoluzione dell’impaginazione
• Evoluzione del rapporto tra parola scritta e immagini

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• Possibilità di manipolare il messaggio che si vuole comunicare attraverso la manipolazione fotografica.

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7. La fotografia all’inizio del XX secolo


All’inizio del XX secolo, in Europa e negli Stati Uniti trova consacrazione definitiva il pittorialismo.
È opinione comune che, soprattutto in ambito fotografico, l’Ottocento rimanga il modello guida fino più o
meno agli anni ’10 del Novecento e fino alla fine della Prima Guerra Mondiale si potrà ancora parlare di
dinamiche che ricordano logiche ottocentesche.
I pittorialisti di questi anni reagiscono a quello che era il processo di democratizzazione della fotografia
attraverso uno stile fotografico raffinatissimo ed elitario.
Ormai, grazie ai progressi tecnologici che hanno investito le pellicole e gli obiettivi e all’invenzione della
Kodak, sono tantissimi quelli che sono in grado di fotografare anche semplicemente a livello amatoriale.
L’attività dei pittorialisti, inoltre, non è solo pratica ma trova un grande riscontro a livello teorico e critico.

L’estetica del pittorialismo si può considerare legata a una serie di eventi:


• Nel 1900 si tiene a Londra e a Parigi la mostra dedicata a “La nuova scuola di fotografia americana”.
• Nel 1902 si tiene a New York la “Photo-Secession”, nello stesso anno in cui Stieglitz organizza la mostra
“American Pictorial Photography”.
• Nel 1903 esce il primo numero di “Camera Work”, rivista ufficiale del movimento, che nasce dalle ceneri
di Camera Notes, organo ufficiale dei fotoamatori diretto da Stieglitz.
• Nel 1908, nelle sale della galleria 291, si tengono le personali di Matisse e Rodin.
• Nel 1910, a Buffalo, si tiene la mostra “International Exhibition Pictorial Photography”, organizzata
anch’essa da Stieglitz.
• Nel 1914 esce l’ultimo numero di Camera Work, monografico, interamente dedicato al fotografo Paul
Strand.

Una delle tecniche più utilizzate dai pittorialisti è la stampa alla gomma bicromatata: stampa a contatto
l’immagine si forma su un foglio di carta su cui viene stesa una miscela di gomma arabica e di materiale
fotosensibile. Il foglio viene esposto a contatto con il negativo alla luce di una lampada a vapori di mercurio.
Le parti maggiormente illuminate si induriscono, mentre le altre rimangono solubili in acqua.
I pittorialisti furono anche i primi a sperimentare le foto a colori attraverso il procedimento di autocromia,
dovuto ai fratelli Lumiere nel 1904.
Nelle foto pittorialiste traspare anche una sorta di competizione con la pittura sia a livello di temi e di
iconografia sia a livello estetico. Spesso le foto venivano infatti incorniciate in preziose cornici dorate e poi
esposte.

Esempi di foto pittorialiste.


"Lo stagno: sorge la luna" fotografia scattata da Edward Steichen, fotografo nato in Lussemburgo ma
emigrato negli Stati Uniti, dove diventa direttore della fotografia del MOMA.
Questa foto è una delle 3 immagini di uno stesso negativo e ritrae una scena notturna tramite l’utilizzo di

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una stampa al platino con blu di Prussia e con un pigmento bianco a base di calcio. La tecnica fu applicata
manualmente e rimanda con chiarezza alla pittura grazie ai contorni sfumati, la luce crepuscolare e l’
aspetto etereo dato dalla poca nitidezza della foto. È evidente l’assenza di riferimenti spazio-temporali.

"Morning" foto scattata da Clarence White nel 1908: rappresenta un paesaggio campestre, sfumato, in cui
è immersa una figura eterea di donna.

"La lettera" foto scattata da Guido Reni in cui sembra di trovarsi di fronte alla riproduzione di un quadro.

Il maggior esponente di questa tendenza è Alfred Stieglitz, artista americano di origini ebraico-tedesche.
Tra la fine del XIX secolo e gli anni ’30 del XX Stieglitz cambia spesso stili:
sguardo aperto nei confronti delle arti figurative
sarà il primo a dare una svolta modernista alla fotografia
si dedica anche alla fotografia di strada (street photography)
mostra propensione anche verso l’astrattismo con le sue opere intitolate “Equivalents”

Secondo Stieglitz, ogni momento della luce e dell’atmosfera è studiato da un punto di vista artistico.
Non basta che le immagini ottenute siano vere nella resa dei valori tonali del luogo e dell’ora rappresentati,
ma devono esserlo anche nella correttezza delle composizioni.
Nel 1907 Stieglitz scatta la foto intitolata "La terza classe", scattata a bordo di una nave che viaggiava dagli
Stati Uniti verso l’Europa.
La foto ha a che fare in una certa misura con una componente di denuncia sociale, in quanto il fotografo
testimonia anche le diverse condizioni in cui i passeggeri di terza classe viaggiavano rispetto a lui stesso che
viaggiava invece in prima.
La foto è ricca di personaggi ed elementi e sul piano compositivo risulta incorniciata dalla presenza
dell’albero e della passerella, che le conferiscono un senso di simmetria.
In questo periodo Stieglitz usava una macchina fotografica portatile e durante il viaggio aveva a
disposizione una sola lastra di vetro, che utilizza per scattare la foto.
In realtà questa foto sembra non avere niente a che fare con il pittorialismo: se da una parte sembra aprire le
porte al modernismo, dall’altra apre le porte anche alla fotografia di strada.
"La terza classe" verrà pubblicata solo nel 1911 in un numero di Camera work e rappresenterà una sorta di
atto di morte del pittorialismo.

Nel frattempo, negli Stati Uniti, il sociologo e pedagogo Lewis Hine si propone di documentare le
condizioni di lavoro minorile in fabbrica.
Si dedicherà a questa documentazione per tutta la durata della sua attività, documentando anche le
condizioni lavorative degli operai.
Inizia la sua attività nel 1908, anno in cui scatta la fotografia "Ragazza in un cotonificio della Carolina".
Il suo libro fotografico più famoso uscirà nel 1932 con il titolo di “Men at Work”.

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Le immagini sono accompagnate da didascalie che riportano anche i nomi e l’età dei bambini, ma anche nel
dettaglio le condizioni di lavoro. Esse sono tuttavia frutto di una messa in scena.
È evidente l’elemento simbolico e sentimentale, presente per aumentare la capacità comunicativa delle
immagini e coinvolgere quindi l’osservatore sul piano emotivo.
Un’altra foto di Hine abbastanza nota è intitolata "Operaio di una centrale elettrica", scattata nel 1920.
Del libro Men at Work fa parte la foto famosissima "Operai sospesi nel vuoto", scattata durante la
costruzione dell’Empire State Building.

Negli Stati Uniti nascono in questo stesso periodo altre tendenze fotografiche, legate sempre alla
documentazione di fenomeni sociali.

• Arnold Genthe utilizza la fotografia anche per documentare le questioni di natura razziale.
Sono note le foto che egli scatta alla comunità cinese, mosso più da intenzioni narrative piuttosto che da una
volontà di denuncia.
Il terremoto che nel 1906 distrugge la città di San Francisco, distrugge anche quasi tutte le foto che Genthe
conserva nel proprio studio. Si salveranno solo quelle dedicate alla comunità cinese, perché conservate
altrove, poi pubblicate nel libro Pictures of old Chinatown.
Esempio di foto. Dopo il terremoto. Guardando verso Sacramento Street.

• Frances Benjamin Johnson aveva a cuore la fotografia come strumento di documentazione del processo
di integrazione razziale. Presentò molte delle sue foto in occasione dell’Esposizione Universale di Parigi.
Le foto erano frutto di una messa in scena ideata dalla fotografa al fine di rendere evidente l’elemento
simbolico.
Esempio. "George Washington Carver with co-workers".

• Edward Sheriff Curtis si interessa alla comunità dei Nativi americani, ai quali nel 1901 dedica un
progetto fotografico che sarà costituito da 20 volumi e prende il titolo di North American Indian.
L’impresa titanica di Curtis verrà sostenuta dal presidente Roosevelt e finanziata da un grande imprenditore.

Le foto erano caratterizzate da: soggetti sempre in costume, scene collocate in paesaggi reali ma messe in
scena, nessun cenno al genocidio subito in passato nelle riserve, luce di impronta pittorialista.

Anche in Francia emergono figure di fotografi che si interessano alla dimensione sociale.
Tra questi:

• Eugene Atget, iniziatore del filone della fotografia come archivio.


Attore teatrale nato nel 1957 che, in seguito a problemi alle corde vocali, abbandonò la recitazione e si
dedicò prima alla pittura e poi alla fotografia.
Egli fotografò per quasi 30 anni gli angoli di Parigi che in quel periodo subiva numerosi cambiamenti sul

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piano urbanistico: parchi, interni, insegne di negozi, ecc.
Lo spingeva un interesse personale e una committenza precisa, quale la Biblioteca Nazionale, il Victoria and
Albert Museum, ma anche pittori e architetti.
La sua opera costituisce una sorta di atlante della memoria parigina, quasi del tutto privo di figure umane.
Egli fu pioniere della pratica documentaria, ma possiamo considerarlo anche un precursore dei
surrealisti in virtù del suo interesse verso elementi perturbanti, in particolare oggetti inanimati.
Esempi. "Cabaret de l’Homme Armè XV siècle", 1900, stampa all’albume: si nota l’insegna vecchissima del
negozio che, come tutte le vecchie insegne dei negozi parigini, costituiva un blocco unico con le inferriate,
presenti per legge in particolare nei negozi che vendevano alcolici.
Boulevard de Strasbourg, Organ Grinder, Avenue des Gobelins.

• Jacque Henri Lartigue, iniziatore del filone della fotografia come diario.
Lartigue comincia a fotografare nel 1900, all’età di 6 anni, con macchine regalategli dal padre.
Egli era mosso da intenti puramente amatoriali e realizza oltre 250 mila scatti, conservati in un album e
accompagnati da descrizioni diaristiche.
Dalle sue foto emerge una soggettività esasperata, tanto che la sua opera si potrebbe considerare una sorta
di autobiografia per immagini, dotata di un valore documentario con riferimento alla rappresentazione che
l’alta società francese si è data.
Nel 1963, il MOMA gli dedica una mostra che equivarrà alla sua consacrazione.
Esempi. "Avenue des Acacias", 1911
Gran Premio dell’Automobile Club di Francia, circuito di Dieppe, 1912.
Bichonnade, 1905, stampa moderna da negativo stereoscopico con lastra di vetro.

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8. Le avanguardie
Gli anni ’20 del Novecento rappresentano per l’Europa la grande stagione delle avanguardie artistiche.
È il periodo in cui i punti di contatto tra la fotografia e le altre discipline artistiche, prima fra tutte il cinema,
sono più evidenti.
Esiste una prima forma di avanguardia fotografica che, come tutte le avanguardie artistiche, è legata al
futurismo, che fu tanto efficace nelle manifestazioni teoriche quanto non lo fu invece nell’effettiva
realizzazione delle opere artistiche.
Il maggiore esponente della fotografia futurista rimane Antonio Giulio Bragaglia, ma troviamo spesso
citato anche Fortunato Depero con i suoi autoritratti dinamici ed eccentrici.

Il dadaismo
L’effettivo momento di svolta è segnato però dal dadaismo, che nasce subito dopo la metà degli anni ’10 ed
è legato al Cabaret Voltaire di Zurigo.
Il dada considera la fotografia la tecnica più adatta a rappresentare il nuovo, essendo essa stessa un’arte
piuttosto recente.
I dadaisti sono la prima generazione di artisti che non si preoccupano più di definire i limiti disciplinari
dell’azione.
La loro attività si fonda sulla massima confluenza di tutte le discipline possibili, abbattendo tutte le barriere
tecniche = elemento antiaccademico.
Tecniche predilette dei dadaisti:
• foto-collage, che riprende alcuni tratti del futurismo, come il gusto per la provocazione ma anche la
volontà di sperimentare.
A differenza dei futuristi, tuttavia, i dadaisti assumono un atteggiamento nichilista.
• Sperimentazione off-camera, cioè che non prevede l’uso della macchina fotografica.
• Fotomontaggio.

Il foto-collage e il fotomontaggio hanno a che fare con un’impostazione tecnica elementare di matrice
popolare. Erano tecniche ben viste dai dadaisti in quanto liberi da condizionamenti storici e comportavano
sempre un ribaltamento della percezione abituale della realtà.
D’altra parte, i dadaisti sono consapevoli di agire all’interno di una società di massa e quindi usano queste
due tecniche come strumento di comunicazione di massa, allo scopo di veicolare messaggi del tutto
incompatibili con quelli ufficiali.

Le tre città in cui il dadaismo si fece sentire maggiormente furono New York, Parigi e Berlino.
A New York, l’attività dada è legata alla figura di Alfred Stieglitz, attorno al quale si forma un nucleo
proto-dadaista.
A Parigi, nel 1922 Man Ray introduce la tecnica del Rayograph, attraverso cui ottiene fotografie senza

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usare la macchina fotografica. Il principio base è la semplice interposizione dell’oggetto fra la carta sensibile
e la fonte luminosa.
Egli scopre questo procedimento quando, sotto i negativi, tra i fogli di carta da stampa che erano già stati
esposti, ce n’era uno vergine. Man Ray espone quest’ultimo alla luce e notando che era sciupato appoggia su
di esso un imbuto di vetro, un bicchiere graduato e un termometro. Accesa la lampada, su di esso prese
corpo l’immagine. In realtà, alla sperimentazione off-camera giunge, prima di Man Ray, Christian Shad,
pittore tedesco.
Dall’opera di Man Ray emerge l’elemento ludico e la casualità.

Esempi.
"La Marchesa Casati", 1922.

"Torso", 1923, foto che rivela uno dei campi preferiti da Man Ray, cioè il nudo.

"Le violon d’Ingres", 1924, foto tra le più famose di Man Ray il fotografo aveva una vera e propria passione
per il violino, tanto che spesso si esibiva mentre le persone osservavano le sue opere, ed era un grande
ammiratore del pittore Ingres. Il titolo è tuttavia un’espressione idiomatica, che potremmo tradurre come
“passatempo” e si riferirebbe quindi ai due passatempi preferiti di Man Ray, ovvero il violino e le donne.
Osservano bene la foto, si nota che Man Ray modificò la stampa, dipingendo a mano le aperture di
risonanza che avvicinano le linee del corpo della donna, che appare quasi privo di arti, e quelle del violino.

A Berlino, nel 1920, si tiene la prima Fiera Internazionale Dada, che segna l’apice e allo stesso tempo il
declino del movimento.
Tra i maggiori esponenti del dadaismo tedesco troviamo Heartfield, fotografo di origini tedesche che
anglicizzò il suo nome come segno di dissenso nei confronti del nazismo. Negli anni ’30 pubblica nella
rivista Aiz una serie di fotomontaggi, tecnica grazie a cui diventerà famoso.
Tra i simboli del dadaismo berlinese, il collage fotografico di Hannah Hosh intitolato “Taglio con coltello
da cucina Dada attraverso la pancia della Repubblica di Weimer” e risalente al 1919.
L’opera di Hannah Hosh è particolarmente complessa, sia in termini concettuali sia in termini compositivi:
• Composta da numerosi ritagli fotografici tratti dalla stampa dell’epoca.
• Nessun apporto manuale riconducibile al disegno o alla pittura.
• Presenza di alcuni personaggi storici, tra cui l’imperatore Guglielmo II e il presidente della repubblica di
Weimer, nei confronti dei quali emerge un punto di vista fortemente polemico e critico.

Sono anni cruciali per la Germania sia a livello storico sia a livello culturale: sono gli anni in cui viene
repressa nel sangue la rivolta spartachista e dell’omicidio di due leader comunisti e sono anche
contraddistinti da una grave crisi economica-sociale.
Caratteristica del dadaismo berlinese è quella di essere super-politicizzato.

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Bauhaus
Altra figura di spicco delle avanguardie artistiche è Làszlò Moholy-Nagy, pittore e fotografo ungherese
naturalizzato statunitense, esponente del Bauhaus.
Per gran parte degli anni ’20 realizza scatti che sono importanti punti di riferimento sia sul piano delle
sperimentazioni off-camera sia in termini di foto-collage.
Egli pubblica anche un’opera intitolata Pittura, fotografia film, opera di sistematizzazione sul piano teorico.

Moholy-Nagy può essere considerato un punto di passaggio dalla fase nichilista del dadaismo alla fase
costruttivista.

Esempio 1. "Vista di Berlino dalla torre della radio", 1928:


• punto di vista estremamente astratto e geometrico
• Non vi sono figure umane,
• non si distingue nemmeno la torre.
Tutto sembra essere stato trasformato in una composizione astratta, rendendo la foto sintomatica della
nuova visione.

Esempio 2. "Balconi Bauhaus", 1926: punto di vista fortemente ribassato.

Altra figura importante in questo periodo fu quella di El Lissitzky, esponente delle avanguardie sovietiche
che si impegna durante la sua attività in un’opera di mediazione tra il costruttivismo sovietico e le
avanguardie occidentali. Egli si dedica alla fotografia mentre si trova in Germania e predilige la tecnica del
fotomontaggio.

Esempio. "Autoritratto (il costruttore)", 1924: scatto realizzato durante un soggiorno presso una casa di cura
per problemi di tubercolosi. Lissitzky ha come obiettivo quello di sottolineare il proprio lavoro come frutto
di una perfetta corrispondenza fra mente e mano. Emerge anche la dimestichezza che l’autore ha a livello di
tecniche di stampa in camera oscura, legate in questo caso anche alla sovraimpressione la testa sembra
fondersi con la mano e con il compasso.

Le avanguardie applicate
Filone significativo è quello delle cosiddette avanguardie applicate.
A partire dal 1929, la fotografia assume uno statuto di corso autonomo all’interno del Bauhaus, il cui
direttore dei settori stampa e pubblicità è in questi anni Herbert Bayer.
Questo filone potrebbe a sua volta distinguersi in due sotto filoni:
• fotografia al servizio della rivoluzione, che troviamo in particolare in Unione Sovietica.
• fotografia al servizio del surrealismo, presente soprattutto in Francia.

In Unione Sovietica, esponente di spicco del sotto-filone della fotografia a servizio della rivoluzione è

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Aleksander Rodcenko, la cui attività subisce l’influenza di Moholy-Nagy e Lissitzky.
Quando ci riferiamo all’attività di Rodcenko dobbiamo comunque riferirci al contesto in cui essa si colloca,
cioè l’Unione Sovietica post-rivoluzionaria.
Gli artisti sovietici operavano all’interno di una società frutto di una rivoluzione e non in vista di una
rivoluzione che poteva comportare o meno un capovolgimento a livello sociale, al contrario degli artisti
occidentali.
Rodcenko dimostra attraverso i suoi scatti come l’uomo, attraverso la fotografia, possa assumere un punto di
vista completamente diverso da quello tradizionale.

Esempio 1. "Ritratto di Osip Brick", 1924: i tre caratteri presenti a sfondo bianco sulla lente dell’occhiale
sono in cirillico e stanno per “lef”, acronimo che costituiva il titolo di una rivista di sinistra delle arti fondata
da Vladimir Majakovskij.

Esempio 2. "Assembramento per una manifestazione", 1928: è evidente la volontà di ottenere un effetto di
straniamento rispetto alla visione abituale grazie a una visione dall’alto.

Esempio 3. "Scale", 1930: predominano le linee diagonali della scalinata, che domina l’intera foto.

Esempio più famoso. "Fotomontaggio per la copertina di Pro Eto", libro di Vladimir Majakovskij che
conteneva i versi di una poesia di Majakovskij stesso dedicati alla propria amante, moglie di un altro
esponente delle avanguardie sovietiche.
Rodcenko illustra questi versi poetici attraverso il fotomontaggio e attraverso altre otto immagini:
l’immagine dell’amante di Majakovskij compare all’interno del libro e viene giustapposta grazie al
fotomontaggio a diversi elementi, quali grattacieli, gruppi di persone, ecc.
Egli non ha scattato le foto, quindi è unicamente l’autore dei fotomontaggi.
Le foto della donna erano state scattate dai familiari, quindi provenivano da una sorta di album dei ricordi.
L’opera è quindi un’opera collettiva, frutto della commistione di elementi diversi.

In Francia collochiamo invece il filone della fotografia al servizio del surrealismo.


Il surrealismo si afferma come movimento sulla base dell’eredità lasciata dal dada e ha come primo
manifesto il testo dichiarativo firmato da André Breton nel 1924.
I surrealisti volevano liberare quelle che erano le possibilità insite dell’individuo, oppresso dalle costruzioni
della società borghese.

Tecniche privilegiate:
• foto-collage.
• foto scattate con il photomaton, sorta di anticipazione delle moderne cabine per le fototessere.
• Tecnica della solarizzazione, nata in realtà da un errore in fase di stampa ma che venne poi sfruttata in
maniera creativa. Permetteva di mantenere intorno al soggetto un profilo marcato, in modo tale da isolarlo

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sul piano compositivo, conferendo così un’aurea di mistero ed estraneità.

È tuttavia molto difficile individuare quelli che sono stati i fotografi surrealisti:

• Man Ray, dopo le iniziali sperimentazioni con il rayograph.

• Hans Bellmer, famoso per le sue ossessive fotografie scattate a una bambola a cui lui stesso aveva dato
forma.

• Brassai, nato in Transilvania ma famoso per le numerose fotografie scattate a Parigi durante la notte. Egli
è forse il fotografo più pubblicato in termini di scatti fotografici sulla rivista Minotaure, rivista di ambito
surrealista contraddistinta da una qualità editoriale di altissimo livello.
Brassai è un fotografo diretto, cioè la sua opera non comporta alcun tipo di manipolazione in camera
oscura. La sua opera è riconducibile alla volontà di fornire una documentazione sulla vita notturna tenuta a
Parigi negli anni ’30. Egli prediligeva i quartieri malfamati o comunque marginali, in quanto riteneva che il
mondo underground rappresentasse Parigi nei suoi aspetti meno cosmopoliti e più autentici, che
conservavano ancora quella che era la cultura popolare.

Esempio 1. "Le bande du Grand Albert".


Esempio 2. "Coppia di amanti in un piccolo caffè".
Esempio 3. "Bijou de Montmatre".

• André Kertész, famoso per le sue distorsioni.


Kertész giunge a Parigi nel 926 con una formazione molto lontana da quella delle avanguardie, bensì molto
più vicina a una matrice razionale.
Le immagini da lui scattate a Parigi sono quelle che maggiormente si avvicinano al surrealismo.

Esempio 1. "La danzatrice satirica", 1926: foto che ritrae una modella e aspirante attrice teatrale che assume
una posa tale da richiamare il torso nudo presente sulla sinistra e anche il quadro che vediamo appeso sulla
parete a destra.
Traspare il gusto modernistico attraverso l’impronta ironica.
Esempio 2. "Meudon", 1928: foto complessa in quanto si svolge su più piani visivi.
Esempio 3. "Distortion - nr. 40": foto raffigurante una donna nuda in una posizione completamente distorta
grazie all’uso di specchi.

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9. Street photography
Tra i grandi nomi della storia della fotografia è sicuramente quello di Paul Strand, il cui nome diventa
celebre nel momento in cui Stieglitz decide di esporre nella Galleria 291 le sue fotografie.
Egli si può considerare un allievo di Lewis Hine, dal quale sembra ereditare il senso etico e l’impegno
morale, ma presenta anche una formazione che riconduce al pittorialismo.

Strand abbandona presto il pittorialismo e sarà importante l’ultimo numero della Camera Work, numero
monografico interamente dedicato a lui che segna la nascita della street photography.
Tra il 1913 e il 1916, Strand scatta una serie di fotografie i cui soggetti erano spazi e oggetti comuni
fotografati da una distanza così ravvicinata da sembrare astratti e perdere il loro valore d’uso.
Attraverso la street photography, cioè attraverso una fotografia a diretto contatto con la realtà, Strand
riesce a ridurre questi spazi e questi oggetti a un giorno di forme e volumi.
È dunque evidente lo stretto rapporto che queste foto hanno con l’astrattismo e le altre esperienze
d’avanguardia.
La poetica di Strand si basa su una continua trasfigurazione della realtà verso una dimensione astratta
senza il ricordo ad alcun tipo di manipolazione sulle fotografie.

Esempio 1. "La staccionata bianca". 1916. dimensione provinciale della vita americana, in cui la
prospettiva è talmente appiattita tanto che sembra di osservare un quadro

Esempio 2. "Wall Street". 1915. foto scattata da una finestra da una finestra della city hall, il cui gioco di
forme è accentuato dalla presenza di rettangoloni neri che scandiscono in qualche modo l’avanzata delle
figure umane che sono presenti in foto.
Nonostante l’atteggiamento naturalistico il modello di riferimento sono sempre le opere figurative
d’avanguardie. È come se Strand, nel momento in cui scatta foto che immortalano la dimensione quotidiana,
va a mutare la concezione spaziale inserendo soprattutto forme geometriche e giochi sapienti di ombre.

Esempio 3. "Cieca", 1916. ritratto ravvicinato frontale, scattato in una viuzza di New York.

Nei suoi ritratti, Strand fotografa passanti appartenenti a classi sociali basse, spesso malfamate, soprattutto
riesce a farlo a loro insaputa. Egli riesce a modificare l’apparecchio fotografico in modo da dare ai passanti
l’impressione che stia fotografando altrove. I ritratti non sono quindi mai frutto di una costruzione e di una
posa consapevole del soggetto fotografato. Altra caratteristica è l’assenza di sfondo nella maggior parte delle
foto, che fa emergere il carattere di documento con una forte portata sul piano sociale.
Le opere di Strand, oltre ad avere un loro valore intrinseco, sono anche importanti perché detteranno quelli
che saranno i fili conduttori della fotografia del periodo successivo.

Gli anni della street photography sono i cosiddetti “anni della macchina”, cioè della progressiva

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industrializzazione di tutti i settori.
Mentre Strand non si piegherà mai a un’esaltazione critica della modernità, mentre sarà Edward Steichen a
comprendere le potenzialità della fotografia come mezzo di comunicazione del prodotto.

Altri fotografi, riconducibili all’ambito delle avanguardie, collaboreranno invece con letterati e cineasti alla
ricerca di una sorta di estetizzazione della società.
I fotografi statunitensi accetteranno questa logica produttiva cercando di integrarsi il più possibile nel
sistema capitalistico.

Altro nome importante all’interno del filone della street photography è quello di Edward Weston, fotografo
statunitense nato nel 1886. Per la sua formazione fu significativo un soggiorno a New York compiuto negli
anni ’20 e l’incontro con Stieglietz e Clarence White.
Nel 1923 Weston si trasferisce in Messico dove, nonostante fosse sposato, vive una travolgente storia
d’amore con Tina Modotti, anche lei fotografa.
Negli anni successivi il suo punto di vista cambia radicalmente e si assiste al passaggio dal concetto di
fotografia come interpretazione a quello di fotografia come presentazione. Weston comincia a confrontarsi
con oggetti legati alla più banale quotidianità, aderendo sempre di più alla realtà sfrondandola di ogni
possibile implicazione dal punto di vista narrativo.
Gli oggetti sono solitamente ripresi molto da vicino, evidenziandone le configurazioni sul piano formale in
modo tale da isolarli dal contesto di riferimento: ogni oggetto diventa degno di essere fotografato in virtù del
semplice atto del vederlo in un certo modo che giustifica la presentazione dell’oggetto stesso.
• Volti, corpi, oggetti
• Sfondo neutro
• Decontestualizzazione degli oggetti
È come se Weston riponesse un’immensa fiducia nelle capacità di percezione della realtà del mezzo
fotografico.
Egli va alla ricerca della bellezza in ogni oggetto secondo una visione panica dell’universo.

Esempio 1. "Toilette, Messico", 1925 l’oggetto, ripreso da un’angolazione leggermente dal basso, è legato a
una quotidianità “triviale”, ma viene decontestualizzato in modo da evidenziarne il gioco di luci e ombre e le
curve, che ci ricordano quasi le forme del corpo umano (in particolare quello femminile).

Esempio 2. "Peperone n.30", 1930 il peperone viene immortalato molto da vicino investito dalla luce
naturale ma immerso allo stesso tempo nell’oscurità, tanto che le linee non le percepiamo come quelle di un
peperone ma ci ricordano molto le curve del corpo femminile. Questa foto è diventata nel tempo un’icona
della natura morta modernista.

Esempio 3. "Nudo sulla sabbia", 1936 la figura femminile nuda è poggiata sulla sabbia, che funge da
sfondo neutro ma allo stesso tempo la decontestualizza e sottolinea il richiamo a una bellezza di tipo

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classicista.

Esperienza altrettanto significativa è quella del Gruppo F64, nato in California e fondato dal fotografo
Ansel Adams. Il nome è tratto da un riferimento sul piano tecnico, cioè l’F64, l’apertura minima del
diaframma della macchina fotografica che dà come risultato la massima profondità di campo. La prima
esposizione del Gruppo F64 si tenne nel 1933 presso la Ansel Adams Gallery.
Ansel Adams interpreta quelle che sono le lezioni di Paul Strand ed Edward Weston e le applica nell’ambito
paesaggistico.
Nella sua opera emerge un sentimento epico e lirico della natura e l’esaltazione di una visione
primogenia della Terra. Tra i suoi scatti sono famosi quelli scattati nella Yosemite Valley.

Esempio 1. "Luna sorgente su Hernandez", 1941.


Esempio 2. "Chiesa", inizio anni ’30.

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10. La nuova oggettività


Alla fine degli anni ’20, in Germania si sviluppa una nuova tendenza fotografica: la nuova oggettività.

Possiamo considerare manifesti della nuova oggettività i due libri fotografici:

• "Il mondo è bello" di Albert Renger-Patzsch, composto da un centinaio di foto in bianco e nero.
A partire dal titolo del suo volume fotografico evidenzia un ideale di bellezza che è intrinseco in ogni
oggetto, che può riverirsi sia al mondo naturale sia a quello artificiale.
Renger-Patzsch è animato da una ossessiva tassonomia, cioè dalla volontà di proporre quasi un atlante
universale.

Esempio 1. "Bicchieri", 1927

Esempio 2. "Mani giunte in preghiera", 1926.

• "Forme originarie dell’arte" di Karl Blossfeldt.


Blossfeldt era un insegnate di disegno e modellazione e porta avanti per molti anni un’attività di
documentazione legate alle forme vegetali. Il suo volume nasce quindi con un carattere funzionale e
didattico.
Una volta diventate soggetto della fotografia, tuttavia, queste forme vegetali perdono quello che è il loro
contesto di riferimento e diventano dei veri e propri model

Entrambi i fotografi evidenziano una concezione della fotografia come strumento di visione oggettiva del
reale, elemento che rappresenta il punto di contatto maggiore con la street photography.
Il loro punto di vista è tuttavia più scientifico che artistico, come se entrambi fossero privi di quella volontà
di interpretare sul piano soggettivo, presente invece in Strand e Weston.

Sia Renger-Patzsch che Blossfeldt ripongono molta fiducia nella capacità del mezzo fotografico di
riprodurre le immagini con la massima precisione. Entrambi sono animati da un intento archivistico e si
allontanano dal concetto di artisticità dell’atto fotografico, mentre rivendicano la specificità linguistica
della fotografia, ritenendo che la macchina fotografica permetta di giungere a una visione diretta della
realtà, più ricca di quella a cui il nostro organo visivo ci permettere di accedere.

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11. La fotografia documentaria


Possiamo estrapolare un’accurata definizione della fotografia documentaria da uno scritto di Dorothea
Lange, intitolato "La fotografia documentaria" e risalente al 1940.
Nel suo scritto la fotografa sottolinea quello che è l’obiettivo della fotografia documentaria, ovvero
registrare la situazione sociale contemporanea, che documenta per la posterità.
Il suo soggetto è l’uomo nei suoi rapporti con l’umanità, di cui rappresenta le attività e le istituzioni, come la
famiglia, la chiesa, il governo, ecc.
La fotografia documentaria è particolarmente adatta alla costruzione di quelli che la Lange definisce
“documenti del cambiamento”.

In Germania, uno dei grandi nomi dello stile documentario è quello di August Sander, il quale dedica
decenni della sua vita al ritratto di individui tedeschi, riconducibili a classi diverse, nel tentativo di offrire un
ritratto fotografico collettivo della società tedesca, con particolare riferimento al periodo tra le due guerre
mondiali.
Il suo libro fotografico è intitolato “Uomini del XX secolo”, rimasto incompiuto e uscito in una edizione
ristretta solamente dopo la sua morte ad opera del figlio nel 1980. Questo libro costituisce un punto di
riferimento importante per lo stile documentario, anche al di là dell’ambito fotografico.
Il progetto viene elaborato tra il 1924 e 1925 ed è perseguito per circa un quarantennio fino al 1964, anche a
dispetto delle tragiche vicende della sua vita personale (uno dei suoi figli morirà a causa della sua fiera
adesione al comunismo).
Uomini del XX secolo si basa su un rigore teutonico e sulla volontà di classificare nella maniera più
scientifica possibile la società tedesca, di cui individua 7 categorie sociali diverse, a ciascuna delle quali
intende dedicare un volume diverso. Ciascun volume dovrebbe essere costituito da dei singoli portfoli di
natura tematica, per un totale di 45 portfoli.
• Il contadino, inteso come figura archetipa della società.
• L’artigiano.
• La donna.
• Le corporazioni.
• Gli artisti.
• La metropoli.
• Gli ultimi.
I negativi scattati da Sander pare fossero 10 mila, ma relativamente all’edizione di Uomini del XX secolo
pubblicata dal figlio le foto pubblicate furono circa 500.
Nel 1929 Sander pubblica un volume intitolato Il volto del tempo, introdotto da un testo scritto dal
romanziere Alfred Doblin e costituito da 60 immagini.
Con l’uscita di questo volume, l’intellettuale Walter Benjamin dichiarò che in un’epoca caratterizzata da
radicali cambiamenti politici, in cui sorge secondo Benjamin la necessità della comprensione fisiognomica,

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l’opera di Sander diventa una sorta di atlante su cui esercitarsi. Quello creato da Sander è un vero e proprio
catalogo di tipi in continuo aggiornamento.

Caratteristiche degli scatti di Sander:


• I soggetti sono ripresi quasi sempre frontalmente e in piedi.
• Presenza di elementi contrapposti.
Esempio 1. "Giovani contadini" (metà degli anni ’10) sfondo della campagna, abiti formali, sigaretta i
soggetti ritratti sembrano volersi liberare di quella che è la loro attività e in quale modo di “modernizzarsi”.
• Raramente vi sono primi piani.
• Spesso i soggetti guardano in macchina.
• I ritratti sono realizzati perlopiù in studio, quindi presentano uno sfondo neutro.
Quando sono realizzati all’aperto sono di solito caratterizzati dai luoghi di vita e lavoro dei soggetti ritratti.
• Personaggi fortemente caratterizzati dalle espressioni dei loro volti e dagli abiti.
• La macchina utilizzata da Sander era una macchina da viaggio che comportava tempi di posa molto lenti,
per cui gli individui non potevano essere ritratti “di nascosto”, ma stavano in posa, consapevoli di essere
soggetti di una foto.

Questo ideale enciclopedico alla base del lavoro di Sander, al di là delle differenze esistenti tra i personaggi
ritratti, esprime in fondo un senso di uguaglianza, in quanto dà la medesima dignità a tutti gli individui a
prescindere della loro classe di appartenenza. Questo proposito andava ovviamente contro i principi del
regime nazista, che non mostrò alcun sostegno nonostante il volume di Sander dedicasse scatti anche ai
membri del partito nazionalsocialista.

Esempio 2. "Notaio", 1924 figura intera frontale, spazio esterno, gli abiti rivelano la classe sociale di
appartenenza del soggetto.
Esempio 3. "Bambini della media borghesia", 1925.
Esempio 4. "Soldato", 1940.

Negli Stati Uniti, tra la fine degli anni ’20 e la fine degli anni ’30, la fotografia documentaria intende offrire
una testimonianza sulle circostanze di vita che la società americana stava affrontando negli anni della
Grande Depressione, che colpì soprattutto gli stati del sud.
L’esperienza che più di tutti rappresenta questa volontà collettiva è la Farm Security Administration,
progetto nato su iniziativa dello stesso governo americano. Il presidente Roosevelt, in particolare, si
impegnò per far lavorare gli intellettuali, particolarmente colpiti dalla crisi, grazie alla cui importanza si
sarebbe potuto rifondare un senso di identità nazionale fondato sulla solidarietà.
La creazione di questo progetto viene affidata nel 1935 al sociologo Roy Stryker, al quale viene assegnata
una immensa mole di materiale in modo volta al raggiungimento di una sorta di “enciclopedia visiva
dell’America della campagna” grazie all’uso della fotocamera come strumento di denuncia sociale.

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Uno dei grandi nomi riconducibili all’esperienza della F.S.A. è quello di Walker Evans, il quale si forma
sul piano fotografico in seguito a un viaggio compiuto a Parigi, dove ha la possibilità di confrontarsi con
l’opera di Atget.
Nella sua opera è evidente il suo interesse verso i cosiddetti aspetti vernacolari tipici della società
americana. Egli rifiuta a priori il principio della artisticità della fotografia, sostenendo il ruolo della
fotografia come documento dell’esistenza.
Nei suoi scatti emerge una visione che è sempre oggettiva e che non intende idealizzare la realtà attraverso
la cura o la tecnica. È assente cioè quel filtro soggettivo che è invece presente nella street photography.
Evans si mostra attento a quelli che sono i modelli di riferimento dell’iconografia popolare, quindi cartoline,
annunci pubblicitari, studi fotografici locali, ecc.

Esempio 1. "Il cimitero d’auto di Joe, vicino a Easton", 1935 evidente contrasto tra la prateria desolata
sullo sfondo e il cimitero di auto preciso riferimento spaziale e temporale nel titolo.
Esempio 2. "Espositore di fototessere", 1936 foto scattata a un’immagine all’interno di una vetrina di uno
studio fotografico. Si può parlare di una comunità fotografica democratica, come se Evans stesse
promuovendo il ritratto economico strappandolo dal suo contesto di riferimento.

Nel 1936, Evans si reca in Alabama, che in questi anni è tra gli stati più poveri degli Stati Uniti, e opera una
lunga incursione di carattere documentaristico che testimonia le durissime condizioni di vita dei mezzadri
per la rivista Fortune.
Le foto vengono poi pubblicate nel volume Sia lode ora agli uomini di fama, creato in collaborazione con lo
scrittore James Agee, che contribuisce all’emergere di un rapporto dialettico tra foto e testo.
Questa collaborazione tra fotografo e scrittore diventa negli anni una costante in molti volumi fotografici.
Le foto sono state scattate nell’estate del 1936, quando Evans viene ospitato in una baracca di una famiglia
poverissima.
La sua è una vera e propria documentazione di carattere etnografico di quella che era la vita delle famiglie
colpite dalla Grande Depressione.

Esempio. "La moglie di un affittuario di una fattoria dell’Alabama", 1936. la donna mostra un’espressione
indurita, accentuata dalla linea sottilissima delle labbra. Molti hanno evidenziato la possibilità di un
parallelismo tra la linea sottile delle labbra e le linee del legno alle spalle della donna, che entrano invece in
contrasto con il motivo della camicetta.

A partire dal 1937-38, Evans si allontana progressivamente dal progetto F.S.A., alla ricerca di un itinerario
più propriamente personale, e nel 1938 pubblica il suo libro fotografico più celebre intitolato American
Photographs, che riunisce i suoi scatti più celebri.

All’interno dell’esperienza della F.S.A, uno dei nomi più significativi è quello di Dorothea Lange, che vi
collabora fino al 1940 e incarnando più di tutti quelli che erano i valori alla base del progetto.

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Nelle foto della Lange è presente, al contrario di quelle di Evans, una forte componente emotiva ed
empatica, che implicitamente invita l’osservatore a un’altrettanta partecipazione emotiva. Evans, invece,
quanto più cercava l’oggettività, tanto più si allontanava da questa componente.

Esempio 1. "Madre emigrante", 1936. l’espressione del volto della donna è accentuata dalla sua gestualità
la foto rispetta alcune convenzioni ritrattistiche e rivela un attento studio dal punto di vista compositivo, che
la rende quasi una rivisitazione in chiave moderna della figura della madre e della Madonna, parallelismo
accentuato dalla presenza di quel simbolo cristiano di virtù e dignità, cioè i bambini.
Esempio 2. Distribuzione di cibo dell’"angelo bianco" 1939. denuncia nei confronti delle condizioni di
estrema povertà di alcuni abitanti di San Francisco, in fila per ricevere un po’ di pane.

Altro nome importante è quello di Ben Shahn, fotografo nato nell’attuale Lituania e impegnato negli anni
’30 sia nella fotografia sia nella pittura.
A differenza di Evans e della Lange, Shahn adotta una serie di soluzioni singolari e innovative:
• Non fa ricorso al cavalletto.
• Lavora su pellicola 35 mm.
• Piccole distanze con i soggetti, che coglie in pose molto casuali, quasi di sorpresa.
• Emerge quello che possiamo definire un certo “sapore giornalistico”.

Esempio. "Delegato di città mineraria della Virginia dell’ovest", 1935.

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12. Il fotogiornalismo
Nel 1931 viene pubblicato il libro fotografico “Contemporanei famosi in momenti spontanei” di Erich
Salomomn, fotografo berlinese che ritrasse in maniera quasi ossessiva contemporanei politici famosi colti in
momenti spontanei, contribuendo all’umanizzazione di questi personaggi.
Egli era famoso anche per i suoi scatti rubati di incontri importanti al vertice.
La fama di Salomomn deriva da un suo servizio fotografico pubblicato nel 1929, intitolato “Senza posa:
quando i grandi non sanno di essere fotografati” e costituito da una raccolta di immagini rubate durante gli
incontri tra i politici europei. Inizialmente utilizza la Ermanox, poi fa ricorso alla Leica, che gli consente di
muoversi con la massima discrezione, tanto da essere noto come “l’Houdini della fotografia”. Salomomn era
abilissimo nel progettare stratagemmi quasi da spia per testimoniare l’attualità, tra cui la decisione di non
ricorrere né al cavalletto né al flash.

Esempio 1. Aristide Briand indica Salomomn e urla “Eccolo! Il re degli indiscreti!”. 1931. il gruppo di
politici immortalato reagisce alla presenza del fotografo in modo scherzoso, come se fossero abituati o
avessero con lui una sorta di complicità.

Questi suoi scatti hanno segnato la nascita di un nuovo genere fotografico: il fotogiornalismo.

Il fotogiornalismo deve la sua affermazione definitiva all’affermarsi di nuove tecnologie intorno alla metà
degli anni ’20, tra cui
la fotocamera Ermanox
la fotocamera Leica, che si avvaleva di una pellicola 35 mm ed era dotata di un meccanismo particolare
che consentiva la sincronizzazione tra caricamento dell’otturatore e avanzamento della pellicola. La Leica
prevedeva tempi di esposizione molto brevi e uno scatto silenzioso.
Queste due fotocamere rivoluzionano in particolare il settore della stampa illustrata. La Ermanox e la
Leica erano macchine fotografiche piccole, quindi più maneggevoli, che realizzano immagini di ottima
qualità e possono essere anche facilmente nascoste.

Sono anni contrassegnati anche alla diffusione dei periodici, che facevano ampio affidamento sullo
strumento fotografico:
• Nel 1927 nasce la rivista AIZ a Berlino, rivista ufficiale del movimento operaio tedesco, che ospiterà i
fotomontaggi di Heartfield.
• Nel 1928 nasce la rivista Vu in Francia, famosa per i suoi reportage storici.
• Nel 1923 nasce la rivista Time negli U.S.A.
• Nel 1930 nasce la rivista Fortune negli U.S.A.
• Nel 1936 nasce la rivista Life negli U.S.A.
• Nel 1937 nasce la rivista Look negli U.S.A.
• Nel 1938 nasce la rivista Picture Post in Inghilterra.
Questi periodici rappresentano i capisaldi di un’editoria di tipo popolare e riescono non solo ad imporsi sul

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mercato, ma anche ad imporsi sull’immaginario collettivo.

L’impiego sistematico delle foto assicura a queste riviste un valore veridditivo nei confronti dei fatti, che
vengono documentati attraverso le foto, che conferiscono loro quel tasso di credibilità che le sole parole non
conseguivano.
In virtù di questo le foto vengono spesso utilizzate per la propaganda, sia sul piano politico sia sul piano
culturale. La rivista Life, per esempio, diventa infatti un veicolo di diffusione dell’american way of life.

Significativa è per esempio l’opera di John Heartfield, che nel 1935 scatta la foto intitolata Evviva! Il burro
è finito!: foto che presenta un evidente carattere polemico e fortemente critico nei confronti del partito
nazista e delle sue parole d’ordine, critica evidenziata dalla presenza sullo sfondo di una foto di Hitler.
Questa esperienza del fotogiornalismo è legata anche a una specifica ideologizzazione di questo ambito.
Heartfield era esperto nel fotomontaggio e non faceva nulla per nascondere questo tipo di manipolazioni,
anzi, le spinge alle estreme conseguenze, allo scopo di svelare le ipocrisie del potere e delle forme di
propaganda a cui può essere piegato lo strumento fotografico.

In questi anni lo strumento fotografico diventa anche significativo per la moda, grazie alle figure di fotografi
come Martin Munkàcsi, Kertesz e Steichen.

Gigante del fotogiornalismo è Robert Capa, fotografo ungherese nato a Budapest nel 1913.
Nella seconda metà degli anni ’30 scatta una serie di fotografia durante la Guerra di Spagna, considerata la
prima guerra fotografica, non perché nessuno prima di allora avesse prodotto scatti relativi a conflitti bellici,
ma in quanto prima guerra documentata dal punto di vista fotografico in senso moderno. La Guerra del
Vietnam è invece considerata l’ultima guerra fotografica prima dell’avvento della televisione, che
soppianterà la fotografia come medium privilegiato per la documentazione di eventi bellici.
Significativo per la formazione di Capa è il biennio 1931-1933 trascorso in Germania e il suo legame con
Gerda Taro. Alla fine degli anni ’30 si trasferisce negli Stati Uniti, dove comincia a lavorare per la rivista
Life e segue l’avanzata delle truppe alleate durante il conflitto mondiale.
Nel 1947 sarà tra i fondatori dell’agenzia Magnum. Nel 1954, Capa muore mentre in Indocina.

Esempio 1. "Il miliziano colpito a morte", che immortala un miliziano dell’esercito repubblicano durante la
Guerra di Spagna nel 1936. C’è chi ha affermato che Capa sia riuscito a cogliere in diretta la morte del
miliziano in combattimento, mentre altri hanno affermato che l’uomo sia stato ucciso mentre posava per lo
scatto. Altri ancora ritengono che i combattimenti documentati da Capa siano avvenuti dopo il settembre del
1936.
Esempio 2. "Sbarco americano a Omaha Beach", 1944: per scattare la foto, Capa si immerge in acqua
insieme ai militari alleati, dotato di due macchine fotografiche con obiettivi 50 mm e pellicole di riserva. La
foto risulta danneggiata in quanto, una volta spedita al laboratorio di sviluppo e stampa, l’assistente, che era
poco pratico, lavorò a temperature troppo alte. La foto risulta quindi fuori fuoco, sgranata e scarsamente

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definita. L’effetto mosso, nonostante allontani lo scatto dai canoni fotografici, gli conferisce grande
drammaticità.

La Guerra di Spagna, soprattutto grazie all’attività di Capa, definisce quelli che sono gli elementi tipici del
fotoreporter:
• Vicinanza agli eventi.
• Sprezzo totale del pericolo.
• Volontà di testimoniare attraverso immagini reali ma emblematiche.
• Resa del carattere drammatico.

Altro nome significativo è quello di Cartier Bresson, fotografo francese figlio della “buona borghesia”, il
quale partecipa durante la sua attività fotografica alla Guerra di Spagna, che riesce a documentare anche
attraverso lo strumento cinematografico. Egli collabora anche con alcune riviste ed è al centro del progetto
Magnum.
Bresson alterna momenti in cui predomina la dimensione artistica con momenti maggiormente riconducibili
al fotogiornalismo. Nel primo caso, spesso rivendica l’importanza del valore documentario, e viceversa
quando scatta foto di natura fotogiornalistica sembra comunque molto attento all’aspetto formale.

Nel 1952 pubblica il libro fotografico intitolato L’attimo decisivo:


• 126 riproduzioni
• Didascalie raggruppate a blocchi, in modo da non ostacolare la dimensione puramente visiva.
• Ricerca del climax del momento chiave sul piano narrativo, cioè l’attimo decisivo.
• Commistione di vitalità e leggerezza.

Esempio 1. "Madrid", 1933. lo sfondo bianco del muro si staglia sulla figura dei bambini, disposti in una
posizione apparentemente studiata in modo simmetrico, ma in realtà frutto della ricerca del climax.
Esempio 2. "Trafalgar Square il giorno dell’incoronazione di Giorgio VI" Bresson si apposta davanti ai
cittadini britannici giunti a Trafalgar Square per l’incoronazione del nuovo sovrano e immortala il momento
decisivo del signore che, forse perché giunto troppo presto, si addormenta nella piazza.

In alcuni scatti di Bresson emerge anche una formazione di tipo pittorico, legata alla pittura
impressionista/post-impressionista francese.
Esempio 3. "Francia, domenica sulle rive della Marna", 1938. anche questa foto è basata sulla ricerca del
climax, anche se traspare una certa spontaneità. Ricorda per certi versi il film di Jean Renoir “La
scampagnata”.

Significativa è anche l’attività di Bill Brandt e Margaret B.White.

• Bill Brandt era stato assistente di Men Ray, esperienza che si unirà alla volontà di documentare il

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classismo della società inglese, avvicinandolo quindi al fotogiornalismo. Qualcuno ha parlato di lui come di
un “reporter surrealista”, in quanto riesce a combinare elementi apparentemente incompatibili, come
l’impegno sociale, l’intento informativo, lo sguardo personale e spesso ironico e l’avversione per i
pregiudizi.
Brandt utilizza un flash a bulbo, che gli permetteva di scattare anche in interni bui.
Egli non è però animato da una vera e propria intenzione di oggettività e realismo, ma era attento alla
geometria compositiva delle immagini e all’elemento della casualità.

• Margaret B.White pubblica, nella seconda metà degli anni ’30, il suo libro fotografico intitolato Avete visto
i loro volti?, documento sulle condizioni in cui versavano le classi lavoratrici di quegli anni, accompagnato
da un testo di Erskine Caldwell.
Alla base di tutto vi è l’esperienza della Photo League, organizzazione indipendente di fotografi, nata nel
1936, fortemente connotata sul piano politico verso una linea progressista. La Photo League organizza
mostre, eventi e corsi di fotografia, spinta dalla volontà di documentare le condizioni di vita delle classi
lavoratrici.

Altro gigante del fotogiornalismo è Arthur Fellig, fotografo di origini polacche passato alla storia come
“Weegee”, uno pseudonimo derivante dal nome di una tavola che veniva utilizzata dai medium per
comunicare con i defunti. Questa sua scelta è dovuta alla sua capacità di conoscere sempre il luogo dove
doveva recarsi con la sua Chevrolet nel punto esatto in cui si verificavano omicidi e crimini vari.
Fellig era una sorta di outsider autodidatta, abilissimo nel documentare il lato oscuro della vita
metropolitana attraverso una serie di scatti molto crudi. Durante la sua attività gli viene concessa dalla
polizia di New York la possibilità di sintonizzarsi con le onde radio della polizia, permettendogli di
riprendere la scena del crimine in diretta.
Il suo libro fotografico più celebre è intitolato La città nuda, costituito da 200 scatti divisi in 17 capitoli
tematici, considerato anche una sorta di autobiografia del fotografo. All’interno, egli mette in scena anche il
lato umano che si cela dietro gli autori dei crimini.

Esempio. "Anthony Esposito", accusato dell’omicidio di un poliziotto. 1941 componente cromatica che fa
pensare all’atmosfera dei film noir, gioco di luci e ombre ed emersione del lato umano dell’accusato.
Questo libro sarà alla base del film noir The naked city, girato da Jules Dassin nel 1948 e ispirato proprio
alla vita di Weegee.

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13. Mostre storiche


Nel 1929 a Stoccarda si tiene la mostra Film und foto, mostra sulle espressioni d’avanguardia
cinematografica e fotografica inaugurata il 18 maggio e introdotta da Laszlo Moholy-Nagy.

La mostra espose circa 1000 opere riconducibili a 180 autori e fu divisa in:
• Selezione americana, curata da Steichen e Weston.
• Selezione sovietica, curata da El Lissitzky.
• Selezione tedesca, curata dallo stesso Moholy-Nagy.

Il poster della mostra rappresenta la figura del fotoreporter e dal punto di vista grafico rimanda alla
sensibilità di tipo modernista.

Nel 1937, presso il MOMA di New York, si tiene la mostra Photography: from 1839 to the 1937, curata da
Beaumon Newhall. A questa mostra è legata la prima edizione della sua Storia della fotografia: dal 1839 a
oggi.

Sarà proprio il MOMA a istituire, in piena Seconda Guerra Mondiale, un dipartimento di fotografia, che
affida a Newhall e che poi nel 1948 passa sotto la direzione di Steichen.
L’acquisizione di un proprio spazio espositivo all’interno di un museo di prestigio come il MOMA dimostra
che la fotografia ha ormai quasi raggiunto il livello di altre arti ad appena un secolo dalla sua nascita.

L’inizio degli anni ’50 rappresenta invece per la Francia il periodo in cui si diffonde una nuova tendenza
fotografica, legata a una sensibilità di tipo umanistico e riconducibile al cosiddetto “gruppo dei 15”.
Questi fotografi, molti dei quali parteciperanno alla mostra The Family of Men, utilizzavano macchine
fotografiche maneggevoli, come la Leica, che permettevano di muoversi rapidamente negli spazi pubblici e
privati.
Le tematiche che accomunavano la loro opera erano legate alla vita dei loro connazionali
dimensione individuali
lavoro
società
Il loro registro era spesso poetico e lirico, ma anche attento alla dimensione sociale.

Tra questi fotografi vi era anche Robert Doisneau, dalle cui foto emerge un interesse per la dimensione
quotidiana vissuta dai connazionali, con un occhio di riguardo per i ceti più bassi.
Esempio. "Bacio davanti all’Hotel De Ville", 1950. foto scattata da Doisneau a due ragazzi alle quali chiese
di posare per lui. Nonostante fosse frutto di una richiesta esplicita del fotografo, egli riuscì comunque a
conferire alla foto un senso di presa diretta con la realtà.
Questa foto di Doisneau contribuì al formarsi dell’immagine di Parigi come città dell’amore
nell’immaginario collettivo.

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Nel 1955 si tengono due mostre importanti:

• Mostra “The Family of Men”, inaugurata al MOMA di New York nel gennaio del 1955 e curata da
Edward Steichen.
Per l’occasione furono esposte oltre 500 fotografie scattate da 273 fotografi, ma negli anni successivi
diventa una mostra itinerante sino al 1962, arrivando a toccare 40 paesi diversi e accumulando 9 milioni di
visitatori.

Figlia della stampa illustrata, quindi figlia dell’impiego della fotografia in periodici e quotidiani, segna una
sorta di chiusura di un’epoca della fotografia che va dal pittorialismo alle avanguardie europee e americane
fino alla fotografia diretta.
La concezione alla base della mostra era una concezione “umanitaria”, in base a cui, al di là di ogni
differenza sul piano razziale, sociale, economico e culturale, la famiglia dell’uomo, ovvero l’umanità, è una
sola. L’umanità è infatti accomunata dalle stesse esigenze, sentimenti, desideri e tappe sul piano esistenziale.
Nell’organizzare la mostra, Steichen la divide in molte sezioni tematiche e insiste sul concetto di fotografia
come specchio, quindi sui principi di oggettività e fedeltà nei confronti della realtà, sottolineando la
presunzione di realtà che allora era in parte ancora peculiare della fotografia.
La mostra viene tuttavia accusata di a-storicismo, cioè di non storicizzare ogni singola opera e di invece
privilegiare una dimensione spettacolare delle immagini, facendo leva sull’aspetto emozionale. Viene
tuttavia celebrata la sua natura di “pratica di massa”.

Una delle foto più celebri inserite nel catalogo della mostra è “Il cammino verso il giardino del Paradiso”,
foto scattata da William Eugene Smith nel 1946, che ritrae i figli Juanita e Patrick.

Figura importante in questi anni è quella di William Eugene Smith, fotografo statunitense trasferitosi a New
York negli anni ’30. Comincia la sua attività come fotogiornalista per periodici come Life e Newsweek, ma
si dedica anche alla scrittura di saggi fotografici:
Country doctor, 1948, incentrato sulla figura di un medico di campagna americano.
Spanish village, dedicato appunto a un villaggio spagnolo.

Egli faceva parte dell’agenzia Magnum, all’interno di cui ha modo di concepire un progetto di dimensioni
monumentali sulla città di Pittsburgh, opera finanziata dalla Fondazione Guggenheim.
Dopo aver abbandonato questo progetto, le sue ultime opere fotografiche sono collegate alla volontà di
documentare le conseguenze dell’inquinamento industriale in Giappone, volontà che rimanda alla sua
formazione come fotogiornalista.
All’interno di quest’opera porta alle estreme conseguenze la contraddizione del reportage: secondo Smith, il
fotografo doveva essere onesto e di conseguenza è impossibile che sia oggettivo.
Esempio. Tomoko Uemura nel bagno, 1972.

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• Nello stesso anno si tiene anche la mostra sulla fotografia soggettiva, curata da Otto Steinert.
Egli chiamava la fotografia soggettiva “creazione fotografica assoluta” in quanto riteneva che, in quanto
frutto di importanti esperienze creative della visione, produce immagini che non appartengono agli stereotipi
usuali della fotografia.
Le opere esposte erano circa 725 e la dimensione dominante è quella della soggettività autoriale, che
rispecchia una cultura volutamente elitaria, legata in parte all’esistenzialismo, all’informale e all’action
painting. È dunque nettamente contrapposta al concetto di fotografia come specchio proposto da The Family
of Men.

A partire dagli anni ’40, il fotografo Minor White scatta una serie di fotografie legate a una sorta di senso
esoterico e mistico, ma da cui emerge anche un senso pan, cioè onnicomprensivo della natura.
Nel 1969, White pubblica il suo libro fotografico intitolato Mirrors Messages and manifestations.
Esempio. Union Street, 1958 assume un carattere quasi astratto, misticheggiante ed esoterico.

Altra grande figura legata alla fotografia soggettiva è quella di Josef Sudek, fotografo cecoslovacco attivo
dagli anni ’20. Sudek era una sorta di outsider e si concentrava soprattutto sulla città di Praga, a cui era
molto legato.
Tra il 1940 e il 1954 scatta un serie di foto che nel loro insieme prendono il nome di Finestra del mio studio:
composizioni molto attente e ricche di suggestione, atmosfera sospesa e surreale, immagini profondamente
realiste ma anche evocative.

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14. Cultura pop, beat


Con l’espressione “pop art” possiamo definire un tipo di arte parla un linguaggio che tutti conoscono:
quello dei mass media, della pubblicità, della televisione e del cinema, insomma il linguaggio per immagini
tipico della società dei consumi.

La nascita di questa forma d’arte avviene in Inghilterra negli anni Cinquanta, con un dibattito sulla società
di massa, mentre negli Stati Uniti la pop art prende forma intorno alla metà dello stesso decennio. In questi
stessi anni, negli Stati Uniti sorge la Beat generation, un movimento giovanile che trova la sua espressione
sia in campo poetico e letterario sia in campo cinematografico e fotografico.

Molti fotografi mostreranno in questi anni di aver subito l’influenza di queste nuove sensibilità artistiche o
comunque di averle in qualche modo anticipate.

Primo fra tutti William Klein, fotografo newyorkese di formazione pittorica che conduce un soggiorno in
Europa, in seguito a cui tornerà nella sua città. Il ritorno a New York provoca in lui una sorta di shock, da
cui nascerà l’album fotografico New York, comprendente 180 immagini in bianco e nero e finanziato
dall’allora direttore di Vogue con una disponibilità infinita di materiale e attrezzatura. Il libro esce prima in
Francia, poi in Italia per la Feltrinelli e infine negli Stati Uniti.
Il fatto che esca solo molto dopo negli Stati Uniti, dipende forse dal fatto che Klein non era molto amato in
madrepatria.
New York era accompagnato da delle didascalie, scelta anticonvenzionale in quanto erano riportate in un
fascicoletto separato di 16 pagine.
In questo senso ha molto a che fare con l’editoria popolare, in particolare il tabloid e il mondo della cultura
di massa.

• Le foto ci mostrano una New York “squallida”, immagine che si allontana nettamente dal mito del sogno
americano e ci trasmettono un profondo senso di inquietudine ed esasperazione.
• I contrasti tonali sono ottenuti grazie a particolari tecniche di stampa e all’impiego del flash.
• Utilizzo di obiettivi grandangolari da 28 mm.
Pur conoscendo l’opera di chi lo ha preceduto, egli non voleva inserirsi all’interno di una tradizione
fortemente codificata. I codici presenti nella sua opera fotografica sono basati su una dimensione anti-
tecnica:
• Immagini sgranate e sfocate.
• Immagini volutamente malcomposte.
• Immagini caotiche ed eccessive.

Esempio. "Negozio di dolciumi. Amsterdam Avenue", 1955 la foto sembra volutamente trascurata, lontana

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dai canoni estetici fino a quel momento di riferimento e caratterizzata da motivi geometrici che rinviano alla
dimensione pubblicitaria.

Klein può essere definito quindi un outsider e si è parlato molto spesso di lui anche come di una sorta di
etnografo. Egli era molto abile nello studiare i volti e i comportamenti dei suoi concittadini, secondo una
prospettiva sia etnografica sia legata alla coscienza personale.

New York è spesso definito


poema fotografico soggettivo
parodia del libro fotografico classico

Al suo interno Klein accosta elementi della cultura bassa a quelli della cultura alta, esprimendo la sua
volontà di andare controcorrente a quelli che erano i modelli di riferimento di allora.
Il suo obiettivo è quello di arrivare a un’ANTIFOTOGRAFIA.
Tra i fotografi che invece Klein prende maggiormente in considerazione vi è Walker Evans, il primo che si
occuperò del panorama popolare mosso dalla cultura di massa.

Fotografo spesso citato insieme a Klein è Robert Frank, fotografo svizzero naturalizzato statunitense.
Frank era stato assistente di Walker Evans e a metà degli anni ’50 ottiene una borsa di studio dalla
Fondazione Guggenheim.
Nel 1958 pubblica il suo libro fotografico intitolato Les Americains, che contiene foto scattate da Frank in
giro per gli Stati Uniti.
Egli è un innovatore e, al contrario di Klein, il cui sguardo è rivolto ai cittadini di New York, il suo è uno
sguardo rivolto al popolo americano nella sua interezza.
Nonostante durante i suoi viaggi abbia scattato circa 28 mila negativi, all’interno del libro ne trovano posto
soltanto 83.
Nell’edizione americana, uscita in seguito a quella francese, il libro si avvale poi di un’introduzione scritta
da Jack Kerouac.
Nelle foto di Frank si alternano elementi ancora legati alla fotografia classica con elementi invece poco
convenzionali.

Una delle foto più celebri immortala un tram di New Orleans:


• Immortala quello che era lo status quo del tempo, con una ancora permanente segregazione sul trasporto
pubblico.
• Estrema attenzione sul piano compositivo: le linee verticali dei telai dei finestrini rimandano a quelle
orizzontali della bandiera a stelle e strisce degli U.S.A., motivo ricorrente all’interno del libro.

Altro nome importante all’interno del panorama fotografico di questi anni è quello di Shomei Tomatsu,
fotografo giapponese che nel 1961 pubblica il libro fotografico 11:02.

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Tomatsu faceva parte di un gruppo di fotografi che avevano dato vita all’agenzia Vivo e che avevano un
rapporto spesso conflittuale con la presenza perdurante degli Stati Uniti sul suolo giapponese.
Il suo libro che comprende 119 foto in bianco e nero che ruotano attorno a due soggetti complementari:
i sopravvissuti all’esplosione della bomba nucleare su Nagasaki.
oggetti ritrovati in seguito all’esplosione della bomba.

La violenza della bomba, a distanza di 15 anni, aveva alterato irrimediabilmente non solo il loro aspetto
esteriore ma anche quello interiore.
La fotografia di Tomatsu ha dunque l’obiettivo di documentare il perdurare della memoria non solo nelle
persone ma anche negli oggetti.
La volontà di documentare si unisce a una partecipazione da parte del fotografo nei confronti dei suoi
soggetti che è allo stesso tempo rispettosa e implicitamente rabbiosa.

Esempio. Il tempo si è fermato, Nagasaki 11:02 immortala un orologio fermo per sempre sulle 11:02, ora
dello scoppio della bomba su Nagasaki.

In questi anni, l’istituzione più importante continua ad essere il MOMA, che già da qualche anno è diretto da
John Szarkowski. Quest’ultimo proporrà una serie di esposizioni importanti che culminano nei New
Documents nel 1967, che segnano la consacrazione definitiva di fotografi come Gary Winogrand,
Friedlander e Diane Arbus.

Gary Winogrand si forma con Brodovic e rappresenta una fotografia di carattere soggettivo, caratterizzata
da una visione ravvicinata dei soggetti e da una partecipazione diretta agli eventi narrati.
Il suo era un rapporto viscerale con la realtà visibile.
Nel 1969 egli pubblica il libro fotografico intitolato The animals, nato dopo la separazione dolorosa dalla
moglie, in seguito a cui per intrattenere i figli comincia a visitare parchi, zoo e acquari.
Tra le foto più famose che sono contenute nel libro ricordiamo Lo zoo a Central Park: foto che spiazza gli
spettatori in quanto ambientata in un’epoca ancora difficile sul piano degli equilibri razziali, ma raffigurante
una giovane donna bianca accanto a un giovane uomo nero. Uno degli elementi più spiazzanti è la presenza
delle due scimmie in braccio ai coniugi, che ci rimanda a una forma sottile di satira sociale.
Non è chiaro in che misura i due fossero consapevoli della presenza di Winogrand che scattava la foto.

Lee Friedlander, invece, si concentra sulla vita metropolitana ed esaspera ancora di più la ricerca di natura
soggettiva.
In quasi tutte le sue foto l’elemento caratteristico è la presenza del riflesso del fotografo sul soggetto, quasi a
creare una sorta di autoritratto e quindi nel loro insieme una autobiografia.
Il tema è quello della vita metropolitana e i soggetti ricorrenti sono:
architetture
superfici specchianti
soggetti pubblicitari come le insegne.

Friedlander fa ricorso solitamente a una macchina 35 mm e a molteplici piani visivi, e quindi narrativi,

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sovrapposti, espressione dell’accavallarsi degli stimoli provenienti dalla vita moderna.

Esempio 1. "Madison", 1966 il riflesso del fotografo si staglia sul ritratto fotografico di una donna nera.
Esempio 2. "New Orleans, Louisiana", 1968. gusto per la dimensione architettonica metropolitana e per il
gioco autoriflessivo su superfici specchianti.

Diane Arbus, allieva di Lisette Model, durante la sua attività fotografica lavora anche come fotografa di
moda e si avvale di una borsa di studio della Fondazione Guggenheim.
La sua carriera viene interrotta bruscamente dal suo suicidio nel 1971.

Nel 1972 si tiene la prima retrospettiva dedicata alla sua opera da parte del MOMA e della Biennale di
Venezia.
Si è parlato della sua attività come di una rivisitazione del genere documentario:
• i soggetti sono quasi sempre ritratti frontalmente
• Contesto percepibile in maniera indiretta, per esempio tramite gli abiti.
• Assenza di un giudizio esplicito.
• Soggetti marginali per caratteristiche fisiche, psicologiche e sociali. (nani, gemelli, travestiti, nudisti, ecc.)

Esempio. "Gemelle identiche" foto famosa anche come fonte di ispirazione del regista Kubrik nella
produzione del film Shining.

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15. La fotografia negli anni ’60


Negli anni ’60 la fotografia non viene più considerata uno strumento per riflettere sul mondo, ma diventa
una sorta di “magazzino” da cui tratte motivi iconografici.
La fotografia è infatti nel frattempo diventata in misura sempre maggiore uno strumento di massa, grazie
anche alla diffusione della pellicola Kodak e alla commercializzazione della nuova Istamatic Kodak nel
1963.

In questo periodo si diffonde anche una fotografia che usa il mezzo di espressione come:
strumento di registrazione degli eventi
veicolo di riflessione sullo statuto linguistico della fotografia stessa.

Nel 1962, Ed Ruscha aveva realizzato una serie di scatti fotografici dedicati a 26 stazioni di servizio del sud
degli Stati Uniti, che confluiscono poi nel libro fotografico intitolato 26 stazioni di servizio.
La sua proposta ha a che fare con l’idea di fotografia come archivio.

Nel 1966, pubblica invece il libro fotografico intitolato Every building on the sunset strip (sunset strip era la
zona più rinomata del Sunset Boulevard).
Nel suo sviluppo il libro assume l’aspetto di una striscia di carta, altezza 18 cm e con un’estensione di 8
metri e venti, ripiegata a fisarmonica.
Il sud di Sunset Strip è disposto in prossimità de margine superiore e il nord in prossimità del margine
inferiore.
Ed Ruscha aveva realizzato questi scatti in successione attraverso l’ausilio di un dispositivo apposito mentre
guidava la propria auto. Egli sceglie di fotografare quando il sole è più alto, in modo tale da far scomparire
quasi totalmente le ombre e far prevalere un senso di neutralità.

Più o meno nello stesso periodo possiamo collocare l’attività dei coniugi Bernd e Hilla Becher, protagonisti
assoluti della seconda metà del XX secolo sia sul piano della fotografia sia come esponente della cosiddetta
“Scuola di Dusseldorf”.
Il loro intento è un intento catalogatore, cominciando da una campagna di documentazione degli
insediamenti industriali in Germania nel 1959.

Nel 1963 tengono una serie di loro personali.


Per la loro attività scelgono tipologie di edifici caratterizzati da medesima funzione e impatto visivo,
concentrandosi su una civiltà industriale in via di sparizione: siamo infatti nel periodo di passaggio da
un’economia industriale a un’economia post-industriale.

A differenza di Ed Rusha, la loro attività non è priva di ambizione sul piano qualitativo ed estetico,
seguendo una serie di regole e convenzioni precise:

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• I soggetti si trovano tutti alla stessa distanza dall’obiettivo.
• Stesso orientamento.
• Assenza di distorsioni prospettiche.
• Neutralizzazione del cielo, che appare sempre sullo sfondo.
• Assenza totale della figura umana.

Tra i loro libri fotografici assume particolare importanza il libro fotografico intitolato Sculture anonime, che
contiene una selezione di immagini scattate nel corso del decennio suddivise in 7 capitoli, uno per ogni
tipologia di costruzione.

Anche con il fotografo Duane Michals la fotografia ha ormai abbandonato completamente la sua
prospettiva di partenza, cioè di testimonianza del reale, per collocarsi invece al confine tra realtà e
finzione.
Nel 1973, Michals pubblica il suo libro fotografico intitolato Things are queer, all’interno di cui il fotografo
abbandona la foto singola in favore delle sequenze fotografiche: sembra di trovarci davanti a 9 tavole
diverse che illustrano una storia, evidentemente già allestita, in cui l’immagine di un bagno all’inizio funge
anche da chiusura e la gamba a grandezza naturale posta contro il bagno in miniatura ci immerge in una
situazione di finzione.

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16. Reportage di guerra


Negli anni che vanno dal 1955 al 1975, la Guerra del Vietnam rappresenta un campo di battaglia anche per
il mezzo fotografico e il mezzo televisivo.
La fotografia, infatti, non è più il testimone privilegiato: subentra ormai la televisione, che contrae i tempi
dell’informazione e diventa così sinonimo di partecipazione all’evento.

In questi anni è significativa l’attività di Don McCullin, fotografo londinese che, nel suo volume fotografico
intitolato The destruction business, si orienta verso il tema della dimensione affaristica della guerra.
Lo scopo era quello di sensibilizzare l’opinione pubblica rispetto alla guerra e al massacro che ne consegue.
Il libro è costituito da 81 immagini, presentate in sequenza, la maggior parte delle quali riguardanti la
Guerra del Vietnam, che:
• Giocano sul piano empatico, attraverso per esempio la vicinanza con i soggetti ritratti.
• Gusto per le tonalità scure.

Secondo McCullin il fotografo aveva il dovere sia di testimoniare sia di denunciare.


La denuncia fa inevitabilmente affidamento su una dimensione drammatica, ma pone a sua volta delle
questioni sul piano etico, in quanto McCullin riteneva che per essere allo stesso tempo testimone e portatore
di denuncia era necessario stare in prima linea con i soldati e comportarsi prima come una persona e poi
come un fotografo.

Altro nome importante è quello di Philip Jones Griffiths, fotografo britannico, di origini scozzesi e
membro dell’agenzia Magnum.
Egli rimane in Vietnam per diversi anni, dal 1966 al 1969, e dagli scatti prodotti nascerà il libro fotografico
intitolato Vietnam Inc.
Il libro conta circa 266 foto in bianco e nero e ottiene un successo senza precedenti, tanto da diventare
oggetto di culto per il movimento pacifista.
A differenza di quello di McCullin, il libro di Griffiths è interamente dedicato al Vietnam, ma non ha lo
scopo di documentare in maniera drammatica l’orrore della guerra.
Lo scopo di Griffiths è quello di comprendere e giungere a un’interpretazione approfondita dell’evento.
È consapevole del fatto che la fotografia ha smarrito quel ruolo di documentazione della società, quindi la
sua attività ha molto più a che fare con intenti sociologici.
Griffiths riduce al minimo l’elemento emozionale, valorizzando invece la riflessione e l’impegno politico.

Alla fine degli anni ’60, anche a Praga la televisione sta usurpando alla fotografia la leadership
nell’informazione. Dove tuttavia la televisione non è ancora presente, la fotografia riesce a svolgere un ruolo
ancora significativo.
Il fotografo Josef Koudelka si trovava per caso a Praga quando la città viene invasa dalle truppe

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dell’Unione Sovietica nel 1968.
In condizioni difficilissime e senza alcun committente, Koudelka porta a termine il suo reportage.
Le foto vengono pubblicate grazie all’allora presidente dell’agenzia Magnum in forma anonima.
Tra le foto più famose, la foto intitolata Invasion: sul piano compositivo la foto ruota attorno all’orologio,
che sembra fissare un momento preciso.
Gli storici della fotografia tendono ad evidenziare, all’interno dell’attività di Koudelka, la documentazione
operata dal fotografo sui gitani.

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17. La fotografia come diario


Negli Stati Uniti, all’inizio degli anni ’70, Larry Clark pubblica il suo libro fotografico intitolato Tulsa che,
con un coinvolgimento in parte dell’autore in parte della realtà rappresentata, inaugura il filone del diario.
Attraverso un linguaggio crudo e privo di enfasi, Tulsa narra una vicenda di carattere autobiografico di un
gruppo di ragazzi che vivono una vita marginale, dominata da attività e comportamenti a rischio.
Il libro è costituito da 59 immagini in bianco e nero che ricostruiscono le dinamiche di questo gruppo,
seguendo quasi uno sviluppo cinematografico in termini di costruzione del racconto.

• Tonalità fotografiche molto scure


• Fotografie spesso bruciate, poco convenzionali
• Senso di inquietudine
• Molte mascherature, proposte spesso da Clark stesso al momento di stampare

Esempio 1 individuo adulto, ancora molto giovane, padre del bambino che tiene accanto a sé mentre sta
fumando. Il ragazzo è Billy Mann, amico di Clark, il quale compare anche nella copertina.
Nella copertina del libro, Billy Mann è a torso nudo, seduto su un letto con una pistola in mano e riporta
l’indicazione “morto 1970” (l’amico di Clark era infatti morto nel 1968).
Esempio 2 il bambino è un elemento secondario, anche se il suo sguardo, che è rivolto al fotografo e quindi
anche a chi osserva la foto, colpisce in maniera particolare. C’è chi ha notato come questa foto rovesci
un’impostazione che ricorda l’iconografia cristiana della Vergine che tiene in grembo Cristo con ben altro
trasporto.

S’inserisce nel filone del diario anche il fotografo Araki Nobuyoshi, fotografo giapponese che si forma sul
modello del linguaggio offerto dall’agenzia Vivo. A partire dal 1971 pubblica alcune monografie
fotografiche, tra cui Viaggio sentimentale.
Viaggio sentimentale dà inizio a un diario che potremmo definire ossessivo-compulsivo, quasi bulimico
tanto è ricco di scatti fotografici, e che narra la vita del fotografo sotto ogni suo aspetto.
Emerge in particolare la dimensione erotica.

Per Araki il gesto di fotografare costituisce l’estensione naturale della propria esperienza esistenziale e nel
documentare non si pone alcun limite etico o estetico.
Il libro fotografico Tokyo Lucky Hole del 1991 contiene immagini femminili eroticizzate, da cui traspare
spesso un legame implicito tra la modella e il fotografo. Aruki fu spesso accusato di pornografia a causa
della presenza di oggetti che rimandavano a pratiche sadomaso.
In questi scatti predominano le allusioni sessuali e le tonalità cromatiche accese.

Esempio foto 1 la modella è immortalata nell’atto di mangiare una fetta di cocomero di forma fallica,
mentre il cocomero spaccato a metà richiamerebbe il sesso femminile.

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L’obiettivo di Aruki era quello di creare un romanzo attraverso la fotografia.

Altro grande nome è quello di Boris Michajlov, fotografo ucraino che tra gli anni ’60 e ’70 mette in
discussione quella che era la visione ufficiale del regime sovietico.
Nel 1999 pubblica il libro fotografico intitolato Case History, che contiene oltre 400 scatti che offrono una
documentazione sulle ricadute drammatiche relative ai nuovi assetti politici ed economici posteriori alla
caduta del muro di Berlino.
Quando Michajlov fa ritorno nella sua città natale, cioè Charkiv, si scontra con le differenze esistenti tra le
immagini della sua memoria e le immagini del presente.
Michajlov inizia a documentare le condizioni di vita degli emarginati, dei poveri e dei senza tetto, che
vivevano nella miseria sia sul piano materiale sia sul piano esistenziale.
Negli scatti di Michajlov non vi è alcuna sublimazione nei confronti della povertà: le foto sono crude ma
non rivelano nessuna indulgenza in termini di atteggiamento voyeuristico.

Il fotografo che invece per primo legittima l’uso del colore nella fotografia d’arte è William Eggleston, al
quale a metà degli anni ’70 viene dedicata una personale al MOMA.
Le foto:
• scattate al sud, in un territorio periferico
• soggetti che fino ad allora si sarebbero ritenuti non degni delle immagini fotografiche
• vite e modelli comportamentali anonimi
• luoghi anonimi (bar, supermarket, negozi alimentari, interni domestici, distributori di benzina)
• Colore usato in chiave espressiva fino ad allora era stato relegato a una dimensione pubblicitaria, mentre
secondo Eggleston il colore è la modalità fotografica in cui la maggior parte degli esseri umani vede il
mondo. Per parlare di un mondo popolare bisogna quindi usare un linguaggio adeguato al punto di vista di
questo mondo.
I colori sono saturi, in modo da accentuare il carattere realistico delle sue immagini.
• Utilizzo in molte foto del metodo della stampa dye transfer, usato di solito per vendere generi di consumo.

Dalle foto emerge la sua grande capacità sul piano compositivo:


Esempio 2 stampa dye transfer Immortala il soffitto di una stanza che appare piuttosto squallida,
completamente rossa e sui cui spicca il bianco dei fili elettrici. Lo schema compositivo richiama la bandiera
sudista.

Esempio 3. Memphis, 1970 stampa dye transfer sovraesposizione evidente soprattutto grazie al cielo, di
cui quasi non si percepisce la presenza e che risalta invece i colori del traliccio, in particolare il rosso della
manopola del manubrio. Si nota l’uso di obiettivi moderatamente grandangolari.

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18. Tendenze contemporanee


Nella prima metà degli anni ’70 si assiste all’interno del panorama fotografico mondiale una sorta di
contaminazione continua tra generi e stili, dovuta a una progressiva concettualizzazione della pratica
fotografica, che secondo gli studiosi si può notare già all’inizio degli anni ’70.

Tra i temi trattati maggiormente in questi anni vi è quello del paesaggio.

Nel 1975, alla George Eastman House di Rochester si tiene la mostra intitolata Le nuove topografie: foto di
un paesaggio modificato dall’uomo (New Topographics), che documenta il rapporto contemporaneo tra il
paesaggio e l’uomo, in riferimento ai cambiamenti, spesso in peggio, che l’uomo vi ha apportato. Il titolo
sembra presuppore un atteggiamento scientifico basato su una sorta di ricognizione oggettiva del territorio.
Il paesaggio è dunque considerato in quanto prodotto culturale.

La mostra venne curata da William Jenkins ed espose le fotografie di nove artisti, quasi tutti americani, tra
cui Robert Adams, Nicholas Nixon, Stephen Shore e i coniugi Becher.
Lo stile predominante è uno stile neutrale, come se nelle foto prevalesse un intervento al minimo da parte
del fotografo, ed è presente un riferimento alla dimensione paesaggistica di Ansel Adams ed Edward
Weston, dove però la natura era ancora incontaminata.
Tutte le foto, tranne quelle di Stephen Shore, sono in bianco e nero, allo scopo di evitare di cadere nel
linguaggio “vernacolare” come se il colore in qualche modo rivelasse la partecipazione emotiva del
fotografo, togliendo agli scatti quel rigore scientifico. Il punto di vista predominante è invece quello
frontale.
Si assiste quindi a una rilettura del paesaggio in rapporto all’esistenza umana, dando importanza anche a
luoghi marginali, privi di elementi affascinanti sul piano estetico.

Secondo Adams, la grandiosità del paesaggio può essere talvolta fonte di sconforto a causa del modo in cui
noi uomini lo abbiamo danneggiato con la nostra incapacità di porci dei limiti. Egli individua, quindi, oltre
la volontà di condurre una sorta di indagine scientifica, anche la presenza di un aspetto soggettivo: qualcosa
dell’immagine ci parla comunque tanto di colui che è dietro l’apparecchio.

La foto più celebre di Nicholas Nixon, che partecipò alla mostra del 1975, è intitolata Le sorelle Brown,
famosa in quanto a questa, che ritrae le quattro sorelle, ne seguiranno altre, una per ogni anno, che
ritrarranno le stesse sorelle nella medesima posa. Una delle quattro sorelle, la più anziana, è la moglie di
Nixon.
Le foto testimoniano il trascorrere ineluttabile del tempo, dunque presentano una vocazione archivistica, ma
rappresentano anche una riflessione sull’uso del mezzo fotografico e sulla natura dell’atto fotografico,
sospeso a metà tra il gesto privato e l’esperienza pubblica.
Per scattare le foto Nixon aveva utilizzato un obiettivo grandangolare montato su un treppiede, posizionato

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sempre ad altezza d’occhio.
• Le foto sono sempre in esterni.
• Luce naturale.
• In alcuni casi appare l’ombra del fotografo che si proietta sulle sorelle.
• Foto in bianco e nero.
• Segni del tempo sui corpi e sui volti.

Altro fotografo riconducibile al filone del paesaggio urbano è Joel Meyerowitz, la cui opera è legata alla
dimensione quotidiana e a una lettura vernacolare del paesaggio.
Il suo era quasi un bisogno ossessivo di fotografare scorci di paesaggio urbano e i passanti.
Egli capiva in particolare l’importanza della fotografia a colori come mezzo per entrare nel vivo degli edifici
e delle città, di cui comunica il significato della vita che vi si svolge.

Negli anni ’80 in Francia esistono delle forme di committenza pubblica che hanno lo scopo di utilizzare il
mezzo fotografico per mappare il territorio francese nella sua interezza, attribuendogli quindi una funzione
sociale. All’interno di questo progetto, il paesaggio è sempre inteso nei suoi rapporti con l’uomo e per la sua
realizzazione furono chiamati 28 importanti fotografi da tutto il mondo, tra cui Doisneau e Koudelka.
I fotografi vennero lasciati liberi di scegliere le soluzioni che preferivano, con l’unico limite di non poter
scattare foto dall’alto.
Nel 1983 nasce la DATAR (Delegazione per la riqualificazione del territorio e per l’azione regionale),
che produce all’interno di questo progetto circa 450 scatti, esposti al Palazzo di Tokyo a Parigi nel 1985.

A partire dalla metà degli anni ’70 assume particolare importanza anche la dimensione intima, quindi
esperienze che hanno spesso a che fare con
il corpo
la vita privata
la comunità di appartenenza del fotografo
la dimensione metropolitana
I fotografi di riferimento si muovono in particolare negli Stati Uniti, soprattutto nella città di New York, che
in questo periodo vive un periodo di crisi economica e sociale, e dove hanno affrontato il processo di
maturazione ai margini del sistema artistico ufficiale.

Negli anni ’80 si assiste ad avvenimenti che hanno molto a che fare, all’interno della dimensione intima, con
la sfera sociale, i costumi e gli stili di vita. Tra questi, la sessualità esibita senza limiti o censure e la
diffusione dell’AIDS.

All’interno di questo filone, fotografa di riferimento è Nan Goldin, autrice dell’opera La ballata della
dipendenza sessuale, libro fotografico pubblicato nel 1986. Il titolo fu desunto dall’omonimo brano del
musical L’opera da tre soldi.

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La ballata della dipendenza sessuale consiste di 126 foto raggruppate per soggetto, senza presentare però un
andamento narrativo, caratterizzate da colori molto intensi e inquadrature spesso instabili.
Il libro rispecchia il concetto di fotografia come diario, in quanto in un certo senso documenta la vita degli
artisti o degli aspiranti artisti del Lower East Side a partire dagli anni ’70, una vita condotta all’insegna degli
eccessi raccontata con estrema crudezza.
Le foto includono spesso dettagli legati a una dimensione violenta: ricorrono elementi che richiamano la
morte, gli abusi sessuali e abusi dovuti all’assunzione di alcol e droghe.
Esempio 1. Nan e Bian a letto, 1981.
Esempio 2. Nan un mese dopo le percosse, 1984.

La fotografa americana Francesca Woodman nasce nel 1958 e muore suicida nel 1981, dopo aver trascorso
diversi anni a Roma.
I motivi conduttori della sua attività fotografica sono l’esperienza del corpo legata all’individuazione di uno
spazio soggettivo e l’identità personale, trattati attraverso la messa in scena del corpo.
Le sue foto costituiscono una sorta di autoritratto fotografico e sono raccolte all’interno del libro
Dell’essere un angelo, dove l’angelo è la figura in cui la fotografa si trasforma alla ricerca della propria
identità.

La fotografa americana Cindy Sherman nasce invece nel 1954 ed è nota soprattutto per il libro fotografico
intitolato Untitled Film Stills, pubblicato nel 1977. Tra il 1977 e il 1980 la Sherman scatta un numero
consistente di fotografie in bianco e nero e di piccolo formato, in cui rappresenta sé stessa in situazioni
diverse e con abiti e pose diverse che hanno a che fare con l’identità femminile attraverso il filtro prodotto
prima di tutto dal cinema degli anni’50-’60.
La fotografa si ritrae come se fosse la protagonista di piccole scene di carattere quotidiano, ma non è
totalmente corretto parlare di autoritratto in quanto il soggetto delle foto è un personaggio che vive solo nel
momento dello scatto e all’interno dello scatto e non oltre.
Le foto nascono da un atteggiamento riflessivo che intende suscitare nell’osservatore interrogativi legati
allo stereotipo, in questo caso prodotto dall’azione congiunta del cinema e degli altri mass media, come la
tv e le riviste femminili.
Esempio 1. Untitled Film Still 9
Esempio 2. Untitled Film Still 13
Altro progetto fotografico di Cindy Sherman è intitolato Ritratti della storia, pubblicato nel 1988.
All’interno di quest’opera le citazioni non sono più cinematografiche ma legate spesso a figure della storia
dell’arte.

Tra i protagonisti del panorama fotografico a partire dalla fine degli anni ’70 troviamo poi Jeff Wall,
fotografo canadese che nasce nel 1946 e si forma come storico dell’arte.
La sua fotografia si identifica come una costante messa in scena della realtà, come un’appropriazione di
immagini e linguaggi provenienti dalla propria storia, dalla storia della fotografia e dalla storia dell’arte.
Lo rende famoso la foto intitolata The destroyed room del 1978, un’immagine di dimensioni epocali (oltre 2
m di lunghezza), la cui scena fu interamente ricostruita in modo da poterla fotografare. La foto fu presentata
non come una normale fotografia su carta ma come una fotografia retroilluminata. Sul piano luministico e
compositivo, dunque, imponeva un confronto sia con la pittura classica sia con le modalità tipiche del

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tabellone pubblicitario. In particolare, l’ispirazione dalla storia dell’arte è il dipinto di Delacroix La morte di
Sardanapalo.

I generi su cui Jeff Wall lavora sono:


nature morte, paesaggio
tradizione del ritratto
fotografia documentaria e fotografia di genere.

Wall scatta pochissime fotografie all’anno a causa delle loro grandi dimensioni e a causa del fatto che
presupponevano una messa in scena e un atteggiamento da parte del fotografo quasi da regista
cinematografico. Alla loro messa in scena, inoltre, concorrevano tutta una serie di altre professionalità
come costumisti, truccatori, attori e scenografi.
Spesso le immagini sono montate all’interno di light box, come vere e proprie insegne pubblicitarie.
Esempio 1. Mimic, 1982
Esempio 2. La fossa allagata, 1998-2000 ha presupposto 2 anni di lavoro ed è composta da 75 immagini
diverse mostra una giornata piovosa in un cimitero di Vancouver, nella cui fossa vi è la flora marina,
elemento perturbante.

Altro fotografo importante di questi decenni è Hiroshi Sugimoto, fotografo giapponese nato nel 1948, che
conduce degli studi a Los Angeles e si trasferisce poi a New York.
La sua opera ruota attorno ad alcuni nuclei tematici:
• I paesaggi marini, resi immobili dal prolungamento della posa con una suddivisione dello spazio in due
campiture delimitate dalla linea dell’orizzonte.
• Interni di teatri e sale cinematografiche, contraddistinti sempre dalla presenza di uno schermo bianco che
contrasta l’architettura degli interni immersi nell’oscurità.
Queste immagini erano realizzate mediante una tecnica di ripresa che si fondava sull’apertura dell’otturatore
della macchina e sull’esposizione della pellicola per un tempo equivalente alla durata di un film: lo schermo
bianco e la sala apparentemente vuota sono quindi frutto di un’esposizione prolungata.

Esempio 1. Movie theathers (Avalon Theather)


Riproduzioni tridimensionali di scenari naturali all’interno del Museo di Storia Naturale di New York.
Esempio 2. I primi antenati dell’uomo, 1994 l’esclusione di ogni elemento esterno permette di collocare
l’immagine al confine tra realtà e fantasia e agli animali impagliati del museo di “tornare a vivere” nelle
foto.

L’opera di Sugimoto ha a che fare con diverse sensibilità artistiche, tra cui il minimalismo, l’arte concettuale
e le avanguardie del '900 e si configura come una riflessione sul tempo.

Importante è anche la figura di Alec Soth, fotografo americano noto in particolare per le sue opere intitolate
“Dormendo vicino a Mississipi”(2004) e “Niagara” (2006).

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Le sue foto rappresentano fatti e vicende di storie marginali e presentano quello che potremmo definire un
“impianto narrativo on the road”, fondato sull’accumulazione di storie minime e personali.

Esempio. Melissa, 2005 e Patrick, 2002.

In Germania invece sono gli anni della cosiddetta Scuola di Düsseldorf, i cui fotografi ispiratori furono i
coniugi Becher. Tra gli allievi vi furono Thomas Struth, Andreas Gursky, Thomas Ruff e Candida
Hofer.

Thomas Struth è celebre anzitutto per una serie di scatti dedicati ai musei e ai loro visitatori:
• Foto di grandissimo formato
• Il colore come elemento costitutivo
• Complessità sul piano compositivo
• Lungo tempo di realizzazione e tempo altrettanto prolungato di osservazione.

Esempio. Louvre IV, 1989.


Apparentemente predomina un intento documentario, anche se in realtà le scene sono “costruite” dal
fotografo.

Con Andreas Gursky la fotografia si è ormai pienamente inserita come forma d’arte contemporanea.
Egli è noto soprattutto per i suoi paesaggi prospettici caratterizzati da un punto di vista rialzato e da cui
traspare l’interesse verso il rapporto tra il paesaggio naturale e quello artificiale.
Le sue opere sono di notevole formato e assimilabili a grandi tableau, ottenuti grazie anche a
un’elaborazione digitale delle immagini. La figura umana, quando è presente, è sovrastata dallo spazio e
diventa quasi una pura presenza cromatica.

Esempio. La borsa di Chicago, 1989. le figure umane si confondono con lo spazio, tanto da sembrare
puntini di un quadro simbolista. Questa foto, come le altre, è stata sottoposta a una lettura in chiave
simbolica: secondo una prima ipotesi Gursky avrebbe voluto mettere in scena la spersonalizzazione dei
personaggi ritratti, schiacciati dai valori del mercato.

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Roberta Carta Sezione Appunti

19. Il corpo in fotografia


Fra il XIX e il XX secolo, l'avvento e la diffusione di nuove forme di comunicazione, quali la fotografia e il
cinema, hanno determinato una progressiva espansione della 'visibilità' del corpo umano.

L’immagine del nudo e del corpo sono uno dei tempi più controversi nell’ambito della rappresentazione
attraverso il mezzo fotografico.

Le forme di rappresentazione che nella storia della fotografia si sono avvicendate come generi specifici sono
molte.
Primo fra tutti è il ritratto, la cui iconografia e struttura simbolica trovano le radici nella pittura.
Secondo Berger l’ideale di bellezza classica considerava la raffigurazione del nudo e del corpo in rapporto a
una complessa serie di strutture e valori sociali e culturali. In questo senso, la sessualità diventa un costrutto
nel quale si riflettono altri valori e altri rapporti, come la differenza sessuale, l’omosessualità e l’immagine
della donna.
L’opera di molti fotografi recenti è per esempio incentrata sul tentativo di modificare i parametri di
riferimento, in particolare in rapporto al corpo femminile.

Fin dagli albori della fotografia, le foto hanno indagato sulla rappresentazione dei corpi nudi in spazi privati,
trasmettendo l’idea di qualcosa di illecito e segreto e aprendo quindi lo spazio privato all’occhio pubblico,
che tradizionalmente è quasi sempre maschile.
Ancora all’inizio del Novecento, dietro la rappresentazione del nudo si celano stereotipi femminili legati alle
fantasie e alle aspettative maschili. La donna viene guardata nel suo duplice ruolo di spettacolo, rivolto allo
sguardo maschile, e stereotipo, quindi moglie, amante, ecc.
I soggetti guardano raramente verso l’obiettivo e la donna è quasi sempre inscritta in un’iconografia
simbolica specifica, come fiori e ruscelli.
Gli studi di fotografi come Rejlander e Steichen sulla forma femminile seguono i medesimi stereotipi.
Negli anni ’70 dell’Ottocento, Muybridge propone una serie di scatti che fanno parte del suo studio
sull’anatomia umana e sui movimenti del corpo umano. Mentre le figure maschili sono invariabilmente
attive, quelle femminili incarnano quasi sempre ruoli passivi e tradizionali.

Nella rappresentazione del corpo attraverso la macchina fotografica emerge quindi la presenza di tutta una
serie di assunti sociali e culturali.
Assumono particolare importanza nei primi anni del '900 le foto scattate da Bellocq in un bordello di New
Orleans: le donne si mostrano alla fotocamera secondo i codici dell’ambiente circostante e della professione
svolta, imprigionandosi nella loro posizione sociale.

Nella prima metà del ‘900, Stieglitz conduce diversi studi sulle forme femminili fotografando la seconda
moglie, Georgia O’Keeffe, giungendo a un linguaggio visivo del tutto nuovo e personale.

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Roberta Carta Sezione Appunti
Da queste foto emerge invece la centralità attiva del soggetto fotografato: è Georgia a determinare i
parametri di riferimento, facendo emergere una personalità individuale decisa e distinta che si oppone al
concetto di corpo femminile come prolungamento dello sguardo maschile. Nell’arco di 27 anni la moglie di
Stieglitz diventa unico soggetto di un intero corpus fotografico caratterizzato da una tensione continua, tra il
tentativo di Stieglitz di raffigurare la moglie secondo le proprie predilezioni e i propri presupposti e la
resistenza di lei.
Esempio 1. Torso, 1919.

La questione delle fantasie maschili è messa in evidenza nell’opera del fotografo Hans Bellmer, fotografo
tedesco la cui opera più importante consiste in una lunga serie di fotografie scattate a una bambola,
protagonista di ambientazioni sempre più bizzarre, legate alle fantasie sessuali del fotografo. La bambola
appare spesso mutilata, quindi il linguaggio utilizzato per creare le immagini riflette una visione violenta di
fondo, descritta in termini di potere e desiderio maschile.
Il corpo è letteralmente un oggetto su cui proiettare fisicamente un gioco inconscio di fantasie.

Le immagini del corpo femminile vanno spesso di pari passo ai valori della cultura consumistica a cui
appartengono e si distinguono, soprattutto nell’ambito del nudo, in maniera netta dalle immagini del corpo
maschile.
Significativa è l’attività della fotografa americana Barbara Kruger, le cui foto mettono attivamente in
discussione tutti i presupposti maschili entrati a far parte dell’immaginario collettivo.
Manifesto della sua opera è la foto intitolata My face is your fortune l’immagine principale mostra una
donna che si sta lavando la faccia dal trucco, elemento che appartiene ancora a una serie di stereotipi legati
al mondo femminile. Lavarsi significa in questo senso rivendicare il volto come proprio, rivendicazione
sottolineata dalla frase “my face is your fortune” e dall’uso di aggettivi possessivi.

Nel ‘900 vi sono stati però tentativi di avvicinare la rappresentazione del corpo maschile a quello femminile.

Per esempio, nella foto di Minor White intitolata Portland il corpo maschile è innestato nell’iconografia
della passività femminile, quindi il corpo presentato come spettacolo e come un oggetto sessuale. Tuttavia,
emergono un rapporto paritario tra il soggetto e il fotografo e la presenza fisica dell’individuo, elementi che
raramente vengono trasmesse dalle foto di forme femminili.

Nell’America degli anni ’80 e dell’AIDS, figura ampiamente criticata sarà quella di Robert Mapplethorpe
, la cui fotografia era rivolta ad un pubblico omosessuale.
Le sue foto, come i suoi autoritratti, mostrano una ricerca ininterrotta della messa in discussione della
tradizione eterosessuale dominante, dando forma autonoma invece alla fantasia e ai valori omosessuali.

Nello stesso periodo, significativa è anche l’attività della fotografa Joe Spence, che fece del proprio corpo il
soggetto della rappresentazione: si fotografò prima di morire, mostrando gli effetti del tumore sul suo

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aspetto. Le foto non si limitano quindi a mostrare una condizione dolorosa e deturpante, ma mettono
letteralmente a nudo la sofferenza e sottolineano come il corpo rappresenti un’identità individuale e non sia
solo il luogo del desiderio maschile.
Esempio. Industrializzazione, 1982.

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Indice
1. Dalla nascita della fotografia alla prima metà dell’800 1
2. Il ritratto 5
3. La fotografia nella seconda metà dell’800 8
4. Caso dei fotografi europei nell'800 11
5. Caso dei fotografi americani nell'800 13
6. I progressi tecnologici alla fine del XIX secolo 14
7. La fotografia all’inizio del XX secolo 17
8. Le avanguardie 21
9. Street photography 26
10. La nuova oggettività 29
11. La fotografia documentaria 30
12. Il fotogiornalismo 34
13. Mostre storiche 38
14. Cultura pop, beat 41
15. La fotografia negli anni ’60 45
16. Reportage di guerra 47
17. La fotografia come diario 49
18. Tendenze contemporanee 51
19. Il corpo in fotografia 56

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