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Diritto internazionale

di Antonio Amato
In questi appunti l'autore riassume il manuale di diritto internazionale, trattando
i principali capisaldi della materia. Nei vari paragrafi vengono descritti i trattati
che regolamentano i rapporti tra le nazioni, come nascono, come si
trasformano e come vengono interpretati. Descritte le funzioni e le
caratteristiche delle Nazioni Unite; viene dato spazio spazio anche a tutto ciò
che concerne il diritto inernazionale marittimo.

Università: Istituto Universitario Navale di Napoli


Facoltà: Giurisprudenza
Corso: Giurisprudenza
Esame: Diritto Internazionale
Titolo del libro: Diritto internazionale
Autore del libro: Conforti
Editore: Editoriale Scientifica
Anno pubblicazione: 2008
Antonio Amato Sezione Appunti

1. Definizione di diritto internazionale


Il diritto internazionale è definito come il diritto della comunità degli Stati, ossia quell’insieme di norme
sovrastatali, nascenti dalla collaborazione fra gli stati e che gli stati stessi si impegnano a rispettare.
L’ambito di applicazione del diritto internazionale può essere:
a) soggettivo: le sue norme creano obblighi e diritti per gli Stati;
b) oggettivo: le sue norme regolano i rapporti interni alle singole comunità statali.
Il diritto internazionale si distingue in:
-pubblico: complesso di norme promananti dalla comunità degli stati;
-privato: norme statali che delimitano il diritto privato di uno Stato, stabilendo quando esso va applicato e
quando invece il giudice nazionale deve applicare le norme di diritto privato straniere.
Ma tale distinzione non ha ragione d’essere, perché si tratta di 2 materie completamente diverse.
Il diritto internazionale si distingue anche in:
1) Generale: norme che si indirizzano a tutti gli stati, ovvero le fonti di 1° grado (consuetudini) .
2) Particolare: norme che vincolano solo una ristretta cerchia di soggetti, ovvero le fonti di 2°e 3° grado
(trattati; procedimenti previsti dagli accordi).

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2. Soggetti del diritto internazionale


I soggetti del diritto internazionale ovvero i destinatari delle norme internazionali sono:
A) Stato: che si distingue in:
-Stato-comunità: individui stanziati su un territorio e sottoposti a delle regole;
-Stato-organizzazione: insieme degli organi che esercitano il potere di governo sui consociati.
Per Conforti, parlando di stato inteso come soggetto di diritto internazionale, bisogna riferirsi allo stato-
organizzazione, perché: sono gli organi statali che partecipano alla formazione delle norme internazionale;
sono loro i destinatari delle norme internazionale; e sono sempre loro che rispondono per eventuali
violazioni delle norme internazionale.
Lo Stato-organizzazione deve presentare dei requisiti per poter essere considerato tale:
1) effettività (sovranità interna) : quindi, tale organizzazione deve concretamente esercitare il suo potere
d’imperio su una comunità territoriale. Perciò, la qualifica di soggetto internazionale si nega ai governi in
esilio e alle organizzazioni di liberazione nazionale.
2) indipendenza (o sovranità esterna) : l’organizzazione deve possedere un proprio ordinamento amento,
ovvero una costituzione su cui fondare la propria forza giuridica.
In tal senso, non sono soggetti del diritto internazionale:
a) gli stati membri di Stati federali: perché, essendo situati nell’ambito di uno stato unico, non godono del
requisito dell’indipendenza;
b) governi fantoccio: caratterizzati dal totale controllo da parte di un altro stato. (repubblica turco-cipriota) .
Non sono requisiti essenziali per l’esistenza della personalità internazionale dello stato:
a) Riconoscimento: non è necessario che una comunità internazionale sia riconosciuta dagli altri stati;
b) Il fatto che il nuovo stato non costituisce una minaccia alla pace, alla sicurezza internazionale e non viola
i diritto umani, infatti: nella comunità internazionale vi sono molti stati che violano i diritto umani e
rappresentano una minaccia alla pace, senza per questo perdere la loro soggettività internazionale.
B) Individui e Minoranze: per parte della dottrina, visto che il diritto internazionale ha elaborato
convenzioni che obbligano gli stati a tutelare i diritto fondamentali dell’uomo allora si può concludere che
gli individui sono veri e propri soggetti del diritto internazionale.
Ma una parte della dottrina nega la soggettività internazionale a individui e minoranze perché la comunità
internazionale è considerata come una comunità di soggetti governativi e non di governati.
C) Organizzazioni internazionale: si considerano soggetti di diritto internazionale perché dotati di organi per
il perseguimento di interessi comuni.
Sono ritenute dalla Corte internazionale di Giustizia soggetti di diritto internaz, e in quanto tali, vincolati da
tutti gli obblighi che derivano dal diritto internazionale e dai loro atti costitutivi.
D) Chiesa Cattolica: può essere considerata soggetto di diritto internazionale perché ente del tutto
indipendente e attivo nell’ambito della comunità internazionale. Può concludere accordi (concordati) , ha
sede fisica.
E) Popoli: la loro soggettività di diritto internazionale si manifesta attraverso il principio di
autodeterminazione dei popoli, che consiste nel diritto dei popoli sottoposti ad un governo straniero di

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acquistare la propria indipendenza e di scegliersi liberamente il proprio regime politico.

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3. Funzioni del diritto internazionale


1) Normativa: per l'art 10.1 Cost “l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme di diritto
internazionale generalmente riconosciute”, ovvero alle consuetudini.
2) Di accertamento giudiziario interno: che si fonda sull’accordo delle parti volto ad affidare la risoluzione
della controversia ad un terzo imparziale (arbitro) .
3) Di attuazione coattiva delle norme: mezzi utilizzati per assicurare coattivamente l'osservanza delle norme
e reprimerne le violazioni, che rientrano nell’ambito dell’autotutela, cioè nella possibilità di farsi giustizia da
sé.

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4. Caratteristiche di autodeterminazione del diritto internazionale


-il diritto internazionale deve passare attraverso i giudici interni che devono applicarlo e quindi farlo
rispettare;
-l’art10cost impegna al rispetto delle norme del diritto interna generalmente riconosciute;
-i trattati stipulati dal nostro paese sono generalmente oggetto di una legge ordinamento aria che ne
ordinamento a l’applicazione.
Quanto esposto è una formulazione in chiave moderna della teoria positivistica di Jellinek, che considerava
il diritto internazionale come frutto di un’autodeterminazione del singolo stato, poiché non esistono dei veri
e propri mezzi giuridici per reagire efficacemente ed imparzialmente alle violazioni delle norme
internazionali. Ma bisogna superare l’idea dell’arbitrio del singolo stato, altrimenti si legittimerebbe la
possibilità dello stato stesso di sciogliersi in qualsiasi momento da qualunque impegno internazionale.

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5. Definizione di norme consuetudinarie


Le norme consuetudinarie si formano nella comunità internazionale in base ad una prassi costantemente
seguita dagli stati e quindi attraverso l’uso. La caratteristica di questo tipo di norme è che, a differenza degli
ordinamento amenti interni, sono la fonte primaria, ma nonostante ciò a dato luogo a un numero limitato di
norme:
-strumentali: regolano i requisiti di validità ed efficacia dei trattati;
-materiali: impongono direttamente obblighi e riconoscono diritti.
Le consuetudine internazionale, come quella di diritto interno, nasce da un comportamento sociale ripetuto
nel tempo (ripetitività o prassi: diuturnitas) , fino a che è sentito come obbligatorio e giuridicamente
vincolante per tutti (convinzione della doverosità del comportamento: opinio iuris ac (sive) necessitatis) .
Questa impostazione "dualistica" è stata fortemente criticata da alcuni autori, i quali ritengono che la
consuetudine è costituita dalla sola prassi, perché ammettendo la necessità dell’opinio juris, si arriverebbe a
considerarla come nata da un errore: infatti, se, nel momento in cui la norma va formandosi, lo Stato crede
che un comport sia obbligatorio in quanto richiesto dal diritto, mentre in realtà il diritto non esiste, allora è
evidente che lo Stato è in errore.
Tuttavia, se si esamina la prassi dei Tribunali internazionali, si può avere conferma della tesi secondo la
quale, nella consuetudine internazionale, entrambi gli elementi siano necessari, perché se, l’unico elemento
costitutivo della consuetudine fosse la sola prassi, come alcuni autori sostengono, allora:
a) sarebbe impossibile distinguere una consuetudine vera e propria da norme di pura cortesia (ovvero
quando un comportamento è sentito come socialmente dovuto e non come giuridicamente vincolante)
b) inoltre l’opinio iuris è l’unico elemento per stabilire in quali casi una prassi convenzionale (cioè una
clausola ripetuta in molti trattati) è elevabile a norma consuetudinaria.
c) infine, se la consuetudine fosse formata dalla sola prassi non sarebbe mai abrogata. Infatti se una vecchia
consuetudine (desuetudine) non è + sentita come obbligatoria, allora l’opinio iuris viene a mancare e quindi
la consuetudine si ritiene abrogata.
Gli organi che concorrono alla formazione della consuetudine sono tutti gli atti esterni degli stati (trattati) ,
ma anche atti interni (leggi, sentenze, atti amministrativi) , senza alcun ordinamento e di priorità, perché per
Conforti sono organi statali, tutti gli organi che esercitano il potere governativo compresi gli enti pubblici
minori.
Un ruolo decisivo è svolto anche dalla giurisprudenza interna, con particolare riguardo alle corti supreme,
che revisionano le consuetudini antiche che contrastano con i principali valori costituzionali.
Secondo l’opinione comune, le norme consuetudinarie (fonti di 1°grado) , possono essere derogate
dall’accordo (fonti di 2°grado), in base al carattere flessibile della consuetudine. Ma tale regola non è
assoluta, infatti:
-si parla sempre + spesso di norme di diritto internazionale che cogenti, cioè inderogabili mediante accordo;
-la convenzione di Vienna all’art53 infatti sancisce la nullità di qualsiasi trattato che, è in contrasto con una
norma imperativa del diritto internazionale generale (ovvero una norma a cui non si può apportare nessuna
deroga o modifica se non tramite una norma di diritto internazionale generale dello stesso carattere).

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6. Applicabilità della consuetudine agli stati nuovi


Le consuetudini, in quanto fonti di diritto internazionale generale, si impongono a tutti gli stati, abbiano
essi partecipato o meno alla sua formazione. Ma i nuovi stati sorti dal processo di decolonializzazione non
accettano questo principio affermando che il diritto consuetudinario esistente si formò in epoca coloniale
quando gli interessi erano del tutto contrastanti con quelli attuali (es settori del diritto internazionale
economico, e diritto internazionale marittimo) .
La disputa è stata così risolta:
a) si considerano irrilevanti le contestazioni provenienti dal singolo, anche ripetute (persistent objector) ;
b) si tiene conto della contestazione proveniente da un gruppo numeroso di paesi.
Infine, si definiscono consuetudini particolari, quella tipologia di consuetudini che vincola una ristretta
cerchia di stati, di solito si tratta di consuetudini regionali o locali, ovvero nate dalla modifica di un trattato.

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7. Suscettibilità delle norme consuetudinarie di interpretazione


analogica
L’analogia è una forma di interpretazione estensiva, che consiste ad applicare una norma ad un caso che essa
non prevede, ma i cui caratteri essenziali sono analoghi a quelli del caso previsto. Nell’ambito del diritto
consuetudinario, il ricorso all’analogia ha senso solo con riguardo alle fattispecie nuove.

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8. Principi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili


L'art. 38 dello Statuto della Corte Internazionale di Giustizia annovera tra le fonti del diritto internazionale
non scritte, anche i principi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili.
Per molti giuristi, tali principi (che si collocano al 3° posto, dopo le consuetudini e gli accordi) hanno lo
scopo di supplire la mancanza di norme pattizie o consuetudinarie applicabili al caso concreto, ponendo in
essere una sorta di analogia iuris.
Per Conforti, affinché i principi delle “Nazioni civili” siano applicati come principi generali di diritto
internazionale sono necessarie 2 condizioni:
a) diurnitas: devono essere applicati dalla maggior parte degli stati;
b) opinio iuris: essere sentiti come internazionalmente obbligatori.
In tale ottica i principi generali sono fonti di pari grado della consuetudine, e quindi in base all’art10cost se
una legge ordinamento aria italiana è contraria ad un principio generale di diritto riconosciuto dalle Nazioni
civili, allora si può dichiarare l’illegittimità costituzionale di quest’ultima.

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9. Definizione di principio formale e principio materiale


Una parte della dottrina afferma che al di sopra delle norme consuetudinarie, vi è un’altra categoria di
norme generali non scritte: ovvero i principi costituzionali.
In particolare, per il Quadri, i principi costituiscono le norme primarie del diritto internazionale, volute ed
imposte dalle potenze statali prevalenti. E si avrebbero quindi principi:
-formali: che istituiscono ulteriori fonti di norme internazionali. Essi sono consuetudo est servanda e pacta
sunt servanda;
-materiali: che disciplinano direttamente i rapporti tra gli Stati. Essi possono avere qualsiasi contenuto a
secondo della materia che si disciplina.
Per Conforti, questa impostazione non è accettabile, perché non si possono ricostruire principi materiali
senza correre il rischio di creare norme sempre nuove, a seconda delle forze internazionale prevalenti in un
certo periodo storico. Ciò non è ammissibile neanche dal punto di vista giuridico, perché il requisito della
stabilità è connaturato al concetto stesso di dir.
Infine per Conforti, neanche le norme di diritto spontaneo, che hanno sede nella coscienza dei membri
della comunità internazionale e che sono individuabili dall’interprete immedesimandosi in tale coscienza,
si possono considerare fonti di diritto internazionale.

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10. Definizione di principio di equità


Molto spesso l’equità è indicata come una norma non scritta che può essere utilizzata come principio guida
per il giudice nelle sue pronunce, perché è considerata come il comune sentimento del equo e del giusto
(aequo et bono) .
L’equità è sicuramente fonte del diritto nell’ordinam inglese, ma a livello internazionale è da escludere che
vi si possa per colmare lacune normative (pretem legem) o addirittura per abrogare norme vigenti (contra
legem) .
Tuttavia essa può essere applicata in sede di interpretazione (infra legem) andando ad influenzare le
decisioni delle corti e quindi contribuendo alla formazione delle consuetudini.

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11. Mancanza di codificazione scritta del diritto internazionale


Il diritto internazionale generale è costituito intermente da norme non scritte. Non vi fanno parte neanche le
convenzioni di codificazione o le dichiarazione di principio dell’assemblea generale dell’ONU.
L’art 13 della carta delle N.U. prevede che l’Assemblea generale promuova lo sviluppo progressivo del
diritto internazionale e la sua codificazione (cioè la trasformazione del diritto orale in scritto) .
A tal fine, nel 1947, l’Assemblea costituisce la Commissione di diritto internazionale delle N.U. con il
compito di codificare le consuetudini e le prassi seguite dagli stati per determinate materie.
Ma siccome nella comunità internazionale non esiste un organo legislativo, la codificazione è possibile solo
stipulando trattati multilaterali (cioè le convenzioni di codificazione) che quindi vincolano solo gli stati che
le ratificano.

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12. Vincoli degli accordi di codificazione


Bisogna essere cauti nell’estendere gli accordi di codificazione ai paesi non contraenti, perché:
a) non va riposta illimitata fiducia nei lavori della commissione di diritto internazionale delle N.U., perché
spesso ci può essere l’influenza dell’interprete o di chi rappresenta la commissione;
b) durante le trattative gli stati cercano di far valere i propri interessi.
Per queste ragioni, gli accordi di codificazione, vanno considerati come normali accordi internazionale e
quindi vincolano i soli stati contraenti che li ratificano, e non anche gli stati terzi.

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13. Dichiarazioni di principi emanate dall'assemblea dell'onu


Dichiarazioni contenenti una serie di regole che riguardano i rapporti tra Stati, ma anche i rapporti interni
alle comunità Statali (rapporto fra lo stato e i sudditi) .
Tra le + importanti si ricordano la Dichiarazione universale dei diritto dell’uomo, le risoluzioni sul
genocidio, sull’eliminazione della discriminazione razziale.
Le Dichiarazioni di principio non possono essere considerate fonte di diritto internazionale generale, perché
l’Assemblea Generale dell’ONU, non ha poteri legislativi mondiali, ma ha solo poteri di esortazioni che
vengono espressi attraverso la raccomandazione.
Tuttavia, le dichiarazioni contribuiscono notevolmente allo sviluppo del diritto internazionale perché,
essendo considerate autorevoli manifestazioni della opinio iuris ac necessitatis, se combinate con
comportamento costanti ed uniformi degli stati, danno luogo a norme consuetudinarie di diritto
internazionale generale. Inoltre certe dichiarazioni hanno valore di veri e propri accordi, cioè quelli che non
solo enunciano un principio, ma in modo espresso e inequivocabile ne equiparano l’inosservanza alla
violazione della Carta, quindi vincolano gli stati che le hanno approvate, e sono considerati come accordi in
f.s.

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14. Caratteristiche degli accordi internazionali


I trattati costituiscono una fonte normativa di 2° grado rispetto alle norme consuetudinarie (pacta sunt
servanda), dalle quali traggono la loro obbligatorietà.
Oltre che di trattati si parla di: accordi, patti e convenzioni, di Carta o Statuto (per i trattati istitutivi di
organizzazioni internazionali), scambio di note (per l'accordo risultante dallo scambio di note diplomatiche).
A prescindere dalla terminologia adoperata, tutti gli accordi internazionali hanno natura contrattuale e
possono essere definiti come l’incontro delle volontà di 2 o + stati, dirette a regolare una determinata sfera
di rapporti riguardanti quest’ultimi.
Essi pongono in essere, norme:
-formali: istituiscono fonti per la creazione di ulteriori norme (es.tr. costitutivi organizzazione
internazionale).
-materiali: producono diritto e obblighi tra le parti contraenti;
La Convenzione di Vienna del 1969 sul diritto dei trattati (in vigore dal 1980) all’art4 stabilisce che la
Convenzione:
-non hanno effetto retroattivo: le norme in essa contenute si applicano agli stati contraenti, solo dopo
l’entrata in vigore del trattato da loro stipulato;
-vale solo per gli stati che la ratificano, e in caso di accordi multilaterali, tra stati terzi e stati legati alla
Convenzione.

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15. Procedimento di formazione dei trattati internazionali


In passato era negoziato dagli emissari del sovrano, i plenipotenziari (dotati di pieni poteri per la
negoziazione) : essi predisponevano il testo dell’accordo e lo sottoscrivevano, seguiva poi la ratifica da parte
del sovrano, con cui accertava se i plenipotenziari si fossero effettivamente attenuti al mandato ricevuto;
infine per portare la volontà del sovrano a conoscenza delle controparti, avveniva lo scambio delle ratifiche.
Ora, invece, il procedimento formale vede la competenza assoluta del Capo di Stato, ed ha le seguenti fasi:
a) Negoziazione: avviene attraverso l’intervento dei plenipotenziari, ovvero gli organi appartenenti al potere
esecutivo, che sono dotati di pieni poteri. La negoziazione mira a raggiungere il consenso su quello che sarà
il testo dell’accordo; fase tanto più complessa quanto più numerosi sono gli Stati che vi partecipano.
b) Firma: è apposta dai plenipotenziari alla chiusura dei negoziati ed ha fini di autenticazione del testo. Ma
la sola firma non ha valore vincolante, perché deve essere seguita dalla ratifica.
c) Ratifica: con essa si ha la manifestazione di volontà dello stato che si impegna.
La competenza a ratificare è stabilita dall’ordinamento costituzione dei singoli stati. In Italia l’art87cost
stabilisce che il Pd.R “ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorre, autorizzazione delle camere”.
Ma siccome gli atti del PdR, sono validi solo se controfirmati dal ministro proponente, che se ne assume la
responsabilità (art.89 controfirma ministeriale) , allora si può concludere che il potere di ratificare appartiene
sostanzialmente all’esecutivo. Tanto + se si considera che una volta intervenuta la delibera governativa, il
PdR non può rifiutare la delibera dell’accordo, ma al massimo un riesame dello stesso.
Talvolta al ratifica deve essere autorizzata con legge del parlamento, ciò si verifica per i trattati
internazionale di natura politica, che prevedono regolamenti giudiziari o modificazioni legislative (art.80) .
Analogo significato della ratifica è attribuito all’adesione che si verifica da uno stato che non ha partecipato
ai negoziati. Deve trattarsi ovviamente di un trattato aperto, che nel testo preveda la clausola di adesione.
d) Scambio o deposito delle ratifiche: atti con cui si conclude il procedimento di formazione dei trattati:
-scambio delle ratifiche: l'accordo si perfeziona istantaneamente (efficacia istantanea) ;
-deposito delle ratifiche: è la procedura adottata per i trattati multilaterali. Qui l’accordo si perfeziona tra gli
stati depositanti, man mano che si depositano le ratifiche. Ma di solito si prevede nel testo del trattato che
quest’ultimo non entri in vigore neppure fra gli stati depositanti, finché non si raggiunge un certo numero di
ratifiche.
Allo scambio e al deposito delle ratifiche l’art16 della convenzione di Vienna aggiunge la notifica agli stati
contraenti e al depositario.
e) Registrazione: vi è l’obbligo di registrare tutti i trattati presso il segretariato delle N.U, che provvede poi
alla loro pubblicazione.

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16. Procedimenti particolari di formazione dei trattati


internazionali
I trattati internazionale possono essere stipulati, in virtù del principio della libertà di forma, attraverso
procedure alternative, come:
-Accordi in forma semplificata: che entrano in vigore per effetto della sola sottoscrizione del testo da parte
dei plenipotenziari, attribuendo alla firma il valore di piena manifestazione di volontà.
Rientrano in questa categoria gli scambi di note diplomatiche ( tutti gli accordi che stati stipulano senza
ricorrere alla procedura della ratifica) .
La competenza ad accludere accordi in f.s. è disciplinata da ogni stato con proprie norme costituzionali:
nell’ordinamento italiano tale competenza spetta al potere esecutivo, per gli accordi specifici in materie
tecnico-amministrative, ed è vietata per le materie indicate nell’art80cost.
-Accordi delle organizzazioni internazionale: che concludono accordi tra loro, con stati membri oppure con
stati terzi; tali accordi sono disciplinati dalla Convenzione di Vienna del 1986. La competenza a stipulare è
stabilita dallo statuto di ciascuna organizzazione.
Gli accordi conclusi dalle organizzazioni internazionali con gli stati membri o con gli stati terzi, devono
essere considerati normali accordi giuridici, perché assumono una rilevanza fondamentale nell’ambito
internazionale.
-Accordi conclusi dalle regioni: la corte costituzionale ha stabilito che le regioni, su assenso del governo,
possono stipulare nelle materie di propria competenza “ accordi in senso proprio, tali da impegnare la
responsabilità dello stato” (es accordi tra Umbria e regione di Potsdam nel 1973) .
Per Conforti tali accordi non sono giuridicamente vincolanti perché per la costituzione, al stipulazione di
accordi spetta allo stato, quindi l’accordo è vincolante solo se vi è esplicita volontà dello stato a cui la
regione appartiene.
-Intese fra governi: hanno notevole importanza politica, ma non possono considerarsi produttive di effetti
giuridici (accordi di Helsinki in tema di sicurezza e cooperazione) .
-Accordi sull’applicazione dei trattati: accordi giuridici non vincolanti, che si formano quando nel testo di
un trattato da sottoporre a ratifica, le parti prevedono che in attesa della ratifica stessa, il trattato entri
provvisoriamente in vigore.

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17. Inefficacia dei trattati nei confronti di stati terzi


I trattati valgono solo per le parti che li pongono in essere (pacta tertiis nec nocent nec prosunt). Se però il
trattato è aperto, cioè è prevista una clausola di adesione, allora anche gli stati terzi possono aderirvi.
Questi ultimi si differenziano dagli stati contraenti perché non hanno partecipato all’elaborazione
dell’accordo, ma assumono al pari degli stati che hanno elaborato il trattato, tutti i diritto e gli obblighi che
da esso discendono.
Però se manca la clausola di adesione o la formale dichiarazione di volontà di aderire all’accordo concluso
da altri stati, al trattato sarà applicato il principio di inefficacia nei confronti degli Stati terzi.
Le parti contraenti un trattato possono anche impegnarsi in un contratto a favore di Stati terzi, ovvero
vantaggioso per gli Stati non contraenti.
Ciò avviene negli accordi in materia di navigazione su fiumi o canali internazionale: questi trattati anche se
stipulati da un numero limitato di paesi, risultano vantaggiosi per le navi di tutti gli altri stati (trattato sul
canale di Panama1903) .
Ma i vantaggi, che derivano dai trattati di questo tipo, fino a che non si trasformano in diritti attraverso la
partecipazione del terzo all'accordo, possono essere sempre revocati dalle parti contraenti.
Anche la Convenzione di Vienna ritiene inefficaci questi trattati nei confronti degli stati terzi, infatti:
-art.34: un trattato non crea obblighi o diritti per uno stato terzo senza il suo consenso;
-art.35: un obbligo può derivare da un trattato nei confronti di uno stato terzo, se lo stato accetta per iscritto
l’obbligo medesimo;
-art.36:il consenso dello stato terzo si presume finché non vi siano indicazioni contrarie.

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18. Incompatibilità fra norme convenzionali


Può accadere che uno stato si impegni con 2 accordi successivi a tenere comportamenti tra loro contrari. In
questi casi la soluzione è data dalla combinazione dei princ della successione dei trattati con i principi
dell’inefficacia dei trattati per i terzi. Da tali principi deriva che:
-fra entrambi i trattati prevale quello successivo;
-lo Stato contraente di entrambi si troverà, quindi a dover scegliere a quali impegni tenere fede e a
rispondere di inadempimento per degli altri.
Gli stati cercano di prevenire situazioni di incompatibilità attraverso l’inserimento di clausole di
compatibilità o subordinazione, con le quali si precisa che un determinato trattato è subordinato ad un altro
stipulato in un momento anteriore o successivo.

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19. Riserve nei trattati internazionali


La riserva indica la volontà dello stato di non accettare certe clausole del trattato o di accettarle con alcune
modifiche, oppure secondo una determinata interpretazione.
Così facendo tra lo Stato autore della riserva e gli altri Stati contraenti, si forma l’accordo solo per la parte
non investita dalla riserva.
Ovviamente la riserva ha senso per i soli trattati multilaterali, perché nei trattati bilaterali, lo Stato che non
vuole assumere certi impegni deve solo proporre alla controparte di non includerli nel testo. Perciò, l'istituto
della riserva, serve a facilitare la larga partecipazione degli Stati ai trattati multilaterali.
La materia delle riserve nei trattati ha subito una notevole evoluzione nel tempo:
1) Secondo il diritto internazionale classico, le riserve dovevano essere inserite nel testo di un trattato
durante la fase di negoziazione, oppure lo stesso testo doveva prevedere la possibilità di apporre riserve al
momento della ratifica. Altrimenti, lo stato autore della riserva veniva escluso dal trattato.
2) Successivamente nel 1951, la Corte cost di Giustizia affermava che:
-una riserva poteva essere formulata al momento della ratifica, anche se ciò non era espressamente previsto
dal testo, purché la riserva fosse compatibile con l’oggetto o con lo scopo del trattato;
-l’apposizione della riserva poteva essere contestata dagli altri stati.
3) Accogliendo il parere della corte, la Convenzione di Vienna, ha stabilito che la contestazione deve essere
manifestata entro 12 mesi dalla notifica della riserva. Sull’ammissibilità o meno della riserva si pronuncerà
il giudice.
4) La giurisprudenza della Corte Europea dei diritto umani ritiene che ogni riserva inammissibile (perché
esclusa dal testo del trattato o perché contraria all’oggetto o allo scopo dello stesso) non comporta +
l’esclusione dello stato dal trattato, ma comporta la solo invalidità della riserva, che si ritiene come non
apposta (utile per inutile vitiatur).
In Italia, le riserve possono essere formulate sia dal legislativo sia dall’esecutivo.

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20. Interpretazione dei trattati internazionali


L'interpretazione consiste nel determinare il significato da attribuire alle espressioni utilizzate dalle parti nel
testo di un trattato, e costituisce un problema che sta alla base della maggior parte delle controversie
internazionale.
Oggi, la dottrina prevalente in materia, tende ad abbandonare il metodo subiettivistico, per il quale è
necessaria una ricerca della volontà effettiva delle parti, privilegiando il ricorso all’esame dei lavori
preparatori rispetto all’analisi del testo del trattato, in favore del metodo obiettivistico, per il quale si
attribuisce al trattato il senso che si palesa nel suo testo.
A favore di questo metodo si pronuncia anche la Convenzione di Vienna, che regola l’interpretazione agli
artt:
-art. 31: un trattato va interpretato in buona fede secondo il significato da attribuirsi alla luce dell’oggetto e
dello scopo del trattato medesimo; ad esso si può attribuire un significato particolare solo se è certo che
questa era l’intenzione delle parti.
-art. 32: i lavori preparatori vanno considerati come mezzo supplementare di integrazione da usarsi solo
quando l’esame del testo “ lascia il senso ambiguo o porta ad un risultato irragionevole”
-art 33: nei trattati redatti in più lingue ufficiali, va adottato il significato che, tenuto conto dell’oggetto e
dello scopo del trattato, concilia meglio i testi.
Nell’interpretare un trattato, occorre anche tenere conto di ogni regola del diritto internazionale applicabile
ai rapporti tra le parti, fatta eccezione per le norme di diritto interno che favorirebbero una tendenza
interpretativa unilateralistica.
Valgono per l’interpretazione dei trattati, anche le regole che la teoria generale ha elaborato: interpretazione
restrittiva o estensiva; principio del favor (tra più interpretazioni si sceglie quella più favorevole alla parte
debole) ; analogia.
Tutto ciò vale anche per i trattati istitutivi di organizzazioni internazionali, nonostante ciò, da più parti si
tenta di ricostruire per questi trattati delle regole particolari e ciò riflette la comune concezione di
considerare tali accordi, come vere e proprie costituzioni.
La Corte Internazionale di Giustizia ha confermato questa tesi, utilizzando la teoria dei poteri impliciti, per
la quale ogni organo dispone non solo dei poteri espressamente attribuitigli, ma anche di tutti i poteri
necessari per l’esercizio dei poteri espressi.

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21. Stipulazione di un trattato internazionale da parte di un organo


incompetente
Spesso il potere esecutivo si impegna sul piano internazionale in materie per le quali la costituzione richiede
il concorso del parlamento, oltrepassando quindi i limiti dell’art.80. Un esempio è dato dalla domanda di
ammissione dell’Italia alle N.U., comportante oneri finanziari di rilievo, stipulata con atto del ministro degli
esteri italiano nel 1947.
Quindi, ci si chiede che valore abbiano gli accordi in f. s. conclusi autonomamente dal governo, visto che la
costituzione richiede il concorso del Parlamento.
Le teorie al riguardo sono diverse: tendenzialmente si escludono sia visioni prettamente internazionalistiche,
sia visioni prettamente interne, quindi gli accordi non sono né sempre validi, né sempre invalidi (non tutti i
vizi possono inficiare l’efficacia dell’accordo) .
Inoltre:
-i governi che si impegnano sul piano internazionale, per le materie di competenza di altri organi, sono soliti
procurarsi qualche forma di assenso o approvazione dell’organo interessato;
-le denunce di violazione del diritto interno avvengono non solo per motivi giuridici, ma anche politici o di
propaganda.
La Convenzione di Vienna propone una soluzione all'art. 46:
a) il fatto che il consenso di uno Stato ad essere vincolato da un trattato sia stato espresso in violazione di
una regola di competenza a stipulare del suo diritto interno non può essere invocato da tale Stato come
viziante il suo consenso, a meno che la violazione non sia manifesta e non concerna una regola del suo
diritto interno di importanza fondamentale;
b) una violazione è manifesta se è obiettivamente evidente per qualsiasi Stato che si comporti in materia
secondo la prassi abituale e in buona fede.

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22. Successione degli stati nei trattati internazionali


Quando uno stato si sostituisce ad un altro nell’esercizio del potere di governo su un territorio (per cessione,
conquista, rivoluzione) occorre stabilire se e in che misura, lo stato successore sia vincolato ai trattati
stipulati dallo stato predecessore.
Il principio fondamentale in tema di successione dei trattati è il principio della tabula rasa, in base al quale
lo stato che subentra nel governo di un territorio non è vincolato dagli accordi conclusi dal predecessore.
Tale regola si applica in quei casi in cui muta il governo su un territorio: viceversa ci sarà continuità dei
trattati quando un territorio, pur mutando forma e popolazione, mantiene la stessa forma di governo.

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23. Ipotesi di successione degli stati nei trattati internazionali


Il governo su un territorio può mutare in vari modi:
1) Secessione: una parte del territorio di uno stato si distacca da questo, acquistando una propria
indipendenza ed un proprio governo. Il governo preesistente mantiene il suo potere sul territorio rimanente
(un esempio di successione si è avuto con l’indipendenza degli USA dalla madrepatria inglese) .
Qui si applica la regola della tabula rasa, quindi gli accordi vigenti nello stato che subisce il distacco non
avranno valore nei confronti del nuovo stato formatosi, che acquista l’indipendenza.
L’applicazione del principio della tabula rasa, ai nuovi stati formatisi per distacco, è integrale per:
-trattati bilaterali: conclusi dal predecessore e vigenti nel territorio distaccatosi;
-trattati miltulaterali chiusi: ossia per i trattati che non prevedono la partecipazione (tramite adesione) di
stati diversi da quelli originari.
Invece per i trattati multilaterali aperti, il principio della tabula rasa subisce un temperamento: infatti lo stato
di nuova formazione può anziché aderire, procedere alla notificazione di successione: con tale atto la sua
partecipazione retroagisce al momento dell’acquisto dell’indipendenza.
In sostanza, mentre l’adesione ha effetto ex nunc, la notifica di successione ha carattere retroattivo.
2) Smembramento di uno stato: si verifica quando l’intero territorio di uno stato si divide in + parti, ognuna
delle quali crea un proprio governo senza rapporti di continuità con il governo preesistente (es. estinzione
dell’Unione Sovietica).
La secessione, a differenza dello smembramento non implica l'estinzione dello Stato che la subisce.
Nel caso dello smembramento, ai nuovi stati si applica il principio della tabula rasa, temperato però dalla
regola che per i trattati multilaterali aperti prevede la facoltà di procedere ad una notificazione di
successione.
3) Fusione fra stati: due o più Stati si uniscono e danno vita ad un nuovo governo, del tutto privo di rapporti
di continuità, con i governi passati, e quindi libero da qualsiasi precedente impegno pattizio (salvo gli
accordi localizzabili) .
4) Incorporazione fra stati: si ha quando uno Stato, estinguendosi, passa a far parte di un altro Stato, e
quindi sussiste continuità fra l’organizzazione di governo di uno degli stati preesistenti e l’organizzazione
risultante dall’unificazione (es. nell’unità d’Italia, la Sardegna ha esteso il proprio governo agli altri stati
italiani) .
Nel caso dell’incorporazione si verifica la mobilità delle frontiere dei trattati, perché si tratta dell’unico caso
in cui un territorio muta governo, ma tale governo non è originale, bensì è il vecchio governo dello stato
incorporante. Quindi i trattati dello stato che si estingue cessano di avere vigore, mentre quelli dello stato
incorporante si estendono al territorio incorporato.
5) Distacco di parti di territorio: si ha quando una parte del territorio si distacca e si aggiunge al territorio di
uno stato preesistente.
In tal caso si applica la regola della mobilità delle frontiere, in base alla quale alla parte distaccatasi, si
estendono gli accordi vigenti nello stato subentrante e cessano di aver vigore quelli nello stato che subisce il
distacco.

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6) Mutamento radicale di governo: si ha quando in uno stato, per vie extralegali, si instaura un regime
governativo completamente diverso, senza che il territorio subisca ampliamenti o diminuzioni. In tali casi la
consuetudine applica la regola rebus sic stanti bus, secondo cui i trattati si estinguono se mutano le
circostanze e i presupposti esistenti al momento della loro conclusione.
Quindi si ammetterà la continuità dei trattati se il nuovo regime è compatibile con questi.
7) Successione nei debiti contratti mediante accordo internazionale: se il debito contratto da uno stato
diviene oggetto di un accordo internazionale, si applica il principio della tabula rasa, ad eccezione dei debiti
localizzabili. La prassi + recente (smembramento Unione sovietica) tende ad operare un equa ripartizione
del debito fra gli stati nati dallo smembramento e quest’ultimi ed i soggetti creditori, ciò al fine di non
interrompere il credito internazionale.
Al riguardo la convenzione di Vienna del 1983 applica il principio della tabula rasa solo ai nuovi stati sorti
dalla decolonializzazione, negli altri casi, invece, prevede una successione del debito pubblico localizzabile
secondo una proporzione equa.

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24. Convenzione di Vienna del 1978 sui trattati internazionali


La convenzione di Vienna stipulata nel 78’ (in vigore dal 96) dedicata ai trattati, stabilisce che:
-le norme della convenzione non hanno carattere retroattivo: ovvero si applicano solo alle successioni fra
stati, intervenute dopo l’entrata in vigore della convenzione;
-non è necessario che lo stato successore sia già parte contraente della convenzione al momento della
successione: se lo stato successore aderisce alla convenzione, l’adesione retroagisce al momento della
successione, purché la convenzione fosse già in vigore a quell’epoca.
-limita l’applicazione della tabula rasa, solo agli stati sorti da un processo di decolonializzazione: per tutti gli
altri stabilisce la regola della continuità dei trattati. Ma tale regola è smentita dalla consuetudine e in
particolare da tutte le notifiche di successione fatte da nuovi stati anche non sorti da un processo di
decolonializzazione.
Inoltre, tra le disposizioni contenute nella convenzione di Vienna 1978 è opportuno ricordare:
A) Successione nei trattati localizzabili: lo stato successore è sempre vincolato dai trattati localizzabili, cioè
che riguardano l’uso di determinate parti del territorio, conclusi con il predecessore (accordi per la libera
navigazione di fiumi o canali) .
Un limite alla successione nei trattati localizzabili è costituito dall’intransmissibilità degli accordi di natura
politica, cioè strettamente legati al regime vigente prima del cambiamento della sovranità.
B) Successione nei trattati non localizzabili: ai quali si applica la regola della tabula rasa, per cui lo stato che
subentra al governo di un territorio non è vincolato dagli accordi conclusi dal predecessore.

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25. Cause di invalidità e estinzione dei trattati internazionali


Le cause di invalidità ed estinzione dei trattati sono molto simili a quelle previste dal diritto dei contratti,
ma la categoria è allargata dalle cause tipiche del diritto internazionale.
A) Cause di invalidità: quelle che viziano il consenso di uno stato contraente:
-errore essenziale (art48 convenzione Vienna) : è un fatto, una situazione che lo Stato supponeva esistente al
momento in cui è stato concluso il trattato e che costituiva una base essenziale del consenso di questo Stato.
-dolo (art.49) : comprende anche l'ipotesi della corruzione dell'organo stipulante (art. 50) .
-violenza esercitata sull’organo stipulante (art51) : che può essere fisica o morale.
Tra le cause di invalidità rientra anche la violenza esercitata sullo Stato nel suo complesso (art. 52 della
convenzione di Vienna 1969) : un trattato internazionale è invalido quando tra forza armata e conclusione di
un contratto vi è un rapporto diretto.
B) Cause di estinzione: causa che produce la cessazione degli effetti del trattato. Le cause sono: condizione
risolutiva; termine finale; denuncia; inadempimento della controparte; impossibilità sopravvenuta.
Tra le cause di estinzione dei trattati assume particolare rilievo la clausola rebus sic stanti bus, per la quale
un trattato si estingue se mutano le circostanze esistenti al momento della stipulazione, purché si tratti di
circostanze essenziali, ovvero senza le quali i contraenti non avrebbero trattato (art62convenz di Vienna).

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26. Mezzi per far valere l’estinzione o invalidità nei trattati


internazionali
Una volta che si è verificata la causa di estinzione o di invalidità:
1) certe cause operano automaticamente (termine finale) ;
2) altre cause di invalidità e di estinzione (mutamento delle circostanze) operano in modo automatico
secondo alcuni: dopo un formale atto di denuncia notificato agli Stati contraenti secondo altri; restano in
vigore finché non si accertano le cause di invalidità o estinzione secondo altri ancora.
Comunque si esclude l'automaticità quando la causa invalidante o estintiva consista in fatti difficili da
provare.

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27. Procedura della convenzione di Vienna per far valere estinzione


e invalidità
1) Notifica scritta della pretesa dello Stato agli altri paesi contraenti;
2) Se, trascorso un periodo di almeno 3 mesi, non sono presentate obiezioni, lo Stato può definitivamente
dichiarare che il Trattato è invalido o estinto, con atto comunicato alle altre parti o comunque da una persona
munita di pieni poteri in tal senso (Capo dello Stato o del Governo o Ministro degli Esteri) ;
3) Se invece sono presentate obiezioni, si cerca entro 12 mesi una soluzione della controversia con mezzi
pacifici.
4) Se passano i 12 mesi inutilmente, si mette in moto una procedura conciliativa che fa capo ad una
commissione delle N. U. che sfocia in una decisione esortativa;
5) Se il rapporto che si pronuncia sull’invalidità o l’estinzione viene respinto, la pretesa all'invalidità o
estinzione resta paralizzata in perpetuo.

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28. Guerra come causa di estinzione o sospensione dei trattati


internazionali
Ci si chiede se la guerra sia causa di estinzione o sospensione dei trattati.
La regola classica era orientata nel primo senso. La prassi moderna, invece, propone molte eccezioni e
temperamenti: si nega l'effetto estintivo della guerra per i trattati multilaterali, ma si considerano estinte le
convenzioni incompatibili con lo stato di guerra.
Tuttavia bisogna verificare di volta in volta se la guerra abbia determinato un mutamento radicale delle
circostanze esistenti al momento del trattato.

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29. Denuncia quale manifestazione della volontà di uno Stato di


sciogliersi dal vincolo contrattuale
E’ la manifestazione della volontà di uno Stato di sciogliersi definitivamente dal vincolo contrattuale. La
denuncia vincola alla disapplicazione del trattato, ma deve provenire dagli organi competenti a manifestare
la volontà dello Stato sul piano dei rapporti internazionali (solitamente l'esecutivo, ma esistono anche forme
di collaborazioni tra Parlamento e Governo).

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30. Procedimenti previsti dagli accordi internazionali


Sono fonti che traggono la loro forza dai trattati internazionale che li prevedono. In questa categoria
rientrano molti atti delle organizzazioni internazionali (ONU, le tre Comunità Europee) .
L’art 189 del trattato CE prevede come atti vincolanti e che quindi si possono classificare tra le fonti
previste da accordi:
-Regolamento: è l’atto comunitario + importante, infatti con esso la legislazione comunitaria si sostituisce o
si aggiunge alla legislazione interna degli stati membri. Essi contengono norme obbligatorie per tutti gli stati
membri, e sono direttamente applicabili (norme generali ed astratte) .
Essi entrano in vigore in seguito alla pubblicazione nella G.U, in genere dopo una vacatio legis di 20 gg.
-Decisione: possono indirizzarsi ad uno stato membro, ad un individuo o ad un’impresa operante nell’area
comunitaria. Esse acquistano efficacia con la notifica ai loro destinatari. Sono obbligatorie in tutti i loro
elementi.
-Direttiva: vincola lo stato membro cui è rivolta circa il risultato da raggiungere, lasciando libera la scelta di
forma e mezzi agli organi nazionali.
La direttiva dovrebbe enunciare principi generali, ma oggi è sempre più dettagliata, tanto che la scelta dello
Stato si limita solo alla forma giuridica interna della norma (cioè se scegliere una legge o un atto
amministrativo).

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31. Raccomandazioni in diritto internazionale: Effetto Liceità


Le organizzazioni internazionali hanno il compito di facilitare la collaborazione tra Stati membri, mediante
raccomandazioni, cioè i loro atti tipici che hanno scarso valore giuridico perché non sono vincolanti (per
questo non si possono inserire nelle fonti di 3°grado), ma hanno solo valore di esortazione: gli stati scelgono
questa limitazione per non ostacolare troppo la loro sovranità.
Inoltre, le raccomandazioni producono l’effetto di liceità, nel senso che non commette illecito lo stato che,
per eseguire una raccomandazione, ha un comportamento contrario ad impegni assunti in precedenza con
accordi o in base al diritto internazionale generale.
In base al principio della cooperazione fra stati, parte della dottrina ritiene che sia illecito il comportamento
di uno stato che non osservi una serie di raccomandazioni.

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32. Finalità dell'Organizzazione delle Nazioni Unite - O.N.U.


Fondata nel 2° dopoguerra, dalle 5 potenze vincitrici, e col tempo ne sono divenuti parte tutti gli stati del
mondo (fa eccezione la Svizzera).
I suoi tantissimi fini possono essere classificati in 3 grandi settori:
-mantenimento pace;
-sviluppo delle relazioni amichevoli tra stati, fondate sul rispetto del principio dell’uguaglianza dei diritto e
della autodeterminazione dei popoli;
-collaborazione in campo economico, sociale, culturale ed umanitario.
L'art. 7 della sua carta disciplina i suoi organi principali:
-Consiglio di sicurezza: composto da 15 membri, di cui 5 a titolo permanente (USA, Russia, Francia, Gran
Bretagna e Cina) e 10 eletti dall’Assemblea, per un periodo di 2 anni.
Ogni membro permanente ha il diritto di veto, cioè il potere di impedire con il voto negativo l’adozione di
qualsiasi delibera. Esso è considerato l’organo + importante dell’organizzazione per le materie di sua
competenza (mantenimento della pace e della sicurezza internazionale) e per il potere di emanare decisioni
vincolanti (circa le misure che gli stati devono adottare contro uno stato che minaccia la pace) .
-Assemblea generale: ne fanno parte quasi tutti gli stati membri, con pari diritto di voto. Essa ha quasi tutte
le competenze e le sue decisioni vincolanti riguardano:
a) la ripartizione delle spese dell’organizzazione che vincola tutti gli stati;
b) modalità e tempi per concedere l’indipendenza ai territori sottoposti al dominio coloniale;
-Segretario generale: nominato dall’Assemblea su proposta del Consiglio di sicurezza. E’ l’organo esecutivo
dell’organizzazione. Egli può svolgere una propria attività di conciliazione in caso di controversie
internazionale;
-Corte internazionale di giustizia: composta da 15 giudici, che hanno la funzione di dirimere le controversie
tra Stati, e funzione consultiva (ma con pareri non né obbligatori, né vincolanti) . Organo giudiziario.
Va tenuto presente che, il Consiglio di sicurezza, l’assemblea generale, sono organi composti da stati,
pertanto gli individui che li compongono manifestano la volontà del proprio stato.
Invece, il segretario generale e la corte internazionale di giustizia composti da individui, che assumono
l’ufficio a titolo individuale, non manifestando la volontà di nessuno stato, anzi non possono ricevere
istruzioni da alcun governo.
Le N.U. possono, se necessario, istituire, organi sussidiari non dotati di poteri vincolanti (es. Unicef).

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33. Elenco delle Istituzioni specializzate delle Nazioni Unite


Organizzazioni che operano in stretto collegamento con le N.U, con funzioni:
a) normative: con cui sono emanate raccomandazioni, progetti di convenzioni;
b) operative: esecuzione di programmi di assistenza tecnica, aiuti, prestiti.
I maggiori istituti sono:
-Fao (Food and Agricultural Organization) : ha funzioni di ricerca, informazione, ed esecuzione di
programmi relativi ai settori dell’agricoltura e dell’alimentazione.
-Unesco (United Nations Educational Scientific and Cultural Organization) : svolge le sue funzioni
nell’ambito della cultura, dell’educazione e dell’istruzione.
-Icao (International Civil Aviation Organization) : organizzazione competente ad emanare disposizioni
(dette standards internazionali) sul traffico aereo, che costituiscono vere e proprie norme internazionali
vincolanti anche per gli stati dissenzienti.
-Who (World Health Organization) : organizzazione mondiale della sanità che si preoccupa di adeguare tutti
i popoli al livello più alto possibile di salute. Essa il potere di emanare regolamenti vincolanti, eccetto per i
paesi dissenzienti.
-Wto: (World Trade Organization/) : è l’organizzazione mondiale del commercio, è indipendente dalle
N.U., creato nel 1994 di cui fanno parte oltre alla CE, circa 135 stati, tra cui l’Italia.
Svolge importanti compiti in materia di liberalizzazione del commercio mondiale, disciplinando lo
svolgimento dei negoziati relativi alle comunicazioni commerciali unilaterali.
La Wto controlla, inoltre, l’esecuzione degli accordi scaturiti, dai suddetti negoziati, tra i quali resta di
fondamentali importanza il Gatt.
Essa può emanare decisioni vincolanti in tema di:
a) interpretazione delle norme dello statuto;
b) contromisure in caso di inadempienza da parte di uno stato membro.
-Ilo (International Labor Organization) : organizzazione internazionale del lavoro; emana raccomandazioni,
e prepara progetti di convenzione multilaterale in materia lavorativa.
-Imo: (International Maritime Organization) : Si occupa di garantire la sicurezza dei traffici marittimi.
-Itu,Who,Ipu: istituti che si occupano rispettivamente di tematiche relative alle telecomunicazioni,
meteorologia, poste.
-Imf (fondo monetario internazionale) : promuove la collaborazione internazionale monetaria, la stabilità dei
cambi e l’equilibrio delle varie bilance dei pagamenti.
-Ibri (banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo) : il suo scopo principale è la concessione di
mutui agli stati membri per interventi produttivi ad un interesse variabile a seconda anche del grado di
sviluppo dello stato interessato.
-Ifad: (International Fund for Agricultural Development) : ente finanziario internazionale che si occupa
dello sviluppo dei paesi poveri.
-Wipo,Unido, Iaea: istituti che si occupano rispettivamente, dei problemi relativi alla proprietà intellettuale
nel mondo; allo sviluppo industriale e tecnologico degli stati membri, allo sviluppo e alla diffusione delle

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applicazioni pacifiche dell’energia atomica.

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34. Caratteristiche e funzioni delle Comunità Europee


Le Comunità Europee, ovvero CECA, CE (ex CEE) , EURATOM, sono composte da 15 stati e sono
le organizzazioni internazionali maggiormente dotate di poteri decisionali nei confronti degli Stati che ne
fanno parte.
La CECA fu creata a Parigi nel 1951, CE (CEE) ed EURATOM nel 1957 con i trattati di Roma.
Nonostante siano separate, hanno organizzazioni comuni.
La loro disciplina di funzionamento e organizzazione è stata in maniera rilevante modificata da una serie di
trattati: l'Atto Unico Europeo (1986) e il Trattato sull'Unione Europea (Maastricht 1992) , quest’ultimo in
particolare ha dato vita all’U.E. basata sulle 3 comunità europee e su azioni comuni in materia di politica
estera, giustizia e affari interni, inoltre ha promosso una maggiore integrazione economica e politica fra gli
stati membri anche attraverso la creazione della BCE e della moneta unica (euro) .
Le comunità europee sono:
1) CECA: mira a realizzare un mercato comune nel settore carbo-siderurgico;
2) EURATOM: mira a realizzazione di un mercato comune nel settore dei materiali e delle attrezzature per
produrre energia atomica;
3) CE: è la + importante delle 3 comunità, perché investe l’intera vita economico-sociale degli stati
membri.Era denominata prima del trattato di Maastricht, CEE (Comunità economica europea) ed è divenuta
poi CE (comunità europea) nell’intento di evidenziarne maggiormente il valore sociale, oltre che quello
economico.
Il trattato istitutivo della CE prevede:
a) unione doganale: libera circolazione delle merci, con l’abbattimento delle barriere doganali fra gli stati
membri e l’istituzione di tariffe doganali comuni verso i paesi terzi;
b) libera circolazione: delle persone, dei servizi e dei capitali (quindi poter abitare, lavorare ed investire
negli stati membri) ;
c) normativa anti-trust: per garantire la libera concorrenza.

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35. Gli organi delle Comunità Europee


-Commissione: composta da individui che non ricevono istruzioni dai governi nazionali di appartenenza.
Nella CECA la Commissione è l'organo decisionale effettivo, emana atti vincolanti che formano la
legislazione comunitaria. Nella CE ed EURATOM ha solo poteri esecutivi e di iniziativa.
-Consiglio: organo nel quale sono rappresentati i 15 stati membri ed è presieduto a turno da ciascun membro
per 6 mesi. Di solito ne fanno parte i ministri. Nella CECA ha funzioni prettamente consultive, nella CEE e
nell’ EURATOM emana gli atti più importanti della legislazione comunitaria decidendo, secondo i casi, a
maggioranza o all'unanimità.
-Parlamento europeo: composto dai rappresentanti degli Stati, eletti a suffragio universale diretto.
La sua attività:
a) esprime pareri ed interroga gli altri organi;
c) funzione di controllo politico sulle altre istituzioni;
Il Trattato di Maastricht gli ha conferito poteri di partecipazioni alla funzioni legislativa.
-Corte dei conti: composta da 15 individui che svolgono funzioni di controllo delle entrate e uscite della
Comunità.
-Corte di giustizia: garantisce il rispetto dei trattati. Ha sede in Lussemburgo, ed ha queste competenze:
a) arbitrato: la commissione è competente a conoscere qualsiasi controversia tra gli stati membri in
connessione con l’oggetto del trattato CE;
b) ricorsi: la corte decide sui ricorsi promossi dalla commissione contro le violazioni del trattato da parte di
uno stato membro;
c) sindacato di legittimità: la corte controlla la legittimità degli atti comunitari vincolanti con riferimento alla
competenza dell’organo emanante, al rispetto di forme sostanziali e al rispetto del trattato;
d) questioni pregiudiziali: ovvero quando davanti ad un giudice nazionale è sollevata una questione di
interpretazione di un atto comunitario, tale giudice ha il potere di sospendere il processo e chiedere una
pronuncia della corte al riguardo

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36. Relazioni esterne della CEE


Le Comunità Europee come tutte le organizzazioni internazionali possono concludere accordi internazionali
(art228 tr.Cee) . Competente a negoziare è la Commissione, mentre la stipulazione spetta al Consiglio. Tra
gli accordi troviamo:
a) Convenzioni di Associazione: istituiscono un'associazione caratterizzata da diritti e obblighi reciproci,
azioni in comune e procedure particolari
b) Accordi di politica commerciale comune: sui quali la competenza esclusiva è della Comunità, quindi gli
Stati sono liberi di stipulare accordi internazionali finché la Comunità non abbia legiferato, ma poi perdono
tale libertà.
Gli accordi stipulati diventano atti comunitari vincolanti.

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37. Caratteristiche del Consiglio d'Europa


Caratteristiche del Consiglio d'Europa
Fu creato dopo la 2° guerra mondiale per consolidare i vincoli fra i paesi europei. Attualmente comprende +
di 40 stati, tutela e promuove gli ideali e i princ costituenti il patrimonio comune e promuove il progresso
economico e sociale dei paesi membri.
Il consiglio d’Europa predispone convenzioni in materie giuridiche come la convenzione per la salvaguardia
dei diritto dell’uomo e delle libertà fondamentali.
I suoi organi sono:
-Comitato dei ministri: composto dai singoli ministri degli esteri;
-Assemblea consultiva: nella quale siedono dei rappresentanti dei parlamenti nazionali.
-Segretario generale.

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38. Definizione di Sovranità Territoriale


La + importante norma consuetudinaria in tema di esercizio del potere di governo è quella della sovranità
territoriale che attribuisce ad ogni stato il diritto di esercitare in modo esclusivo il potere di governo sulla
comunità territoriale propria, cioè sugli individui e sui loro beni.
La sovranità dello stato è tutelata da vari principi:
a) principio che vieta l’uso o la minaccia dell’uso della forza da parte degli stati verso:
-l’esterno (forza internazionale) : sotto forma di violenza di tipo bellico;
-l’interno (forza interna) : sotto forma di potestà di governo nei confronti degli individui e dei loro beni.
b) principio di autodeterminazione dei popoli: diritto dei popoli sottoposti ad u governo straniero di
acquisire la propria indipendenza e di scegliersi liberamente il proprio regime politico e il proprio sistema
ec-sociale-culturale ecc. I paesi in via di sviluppo sono quelli che insistono maggiormente su tali principi.
c) principio di non ingerenza negli affari degli altri stati: ogni stato non può interferire nell’ambito
territoriale altrui senza il consenso dello stato locale.

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39. I limiti al Dominio Riservato


Le limitazioni all’esercizio della sovranità territoriale liberamente accettate dagli stati, tendono a restringere
la sfera del dominio riservato, ossia quelle materie di cui il diritto internazionale consuetudinario e pattizio
si disinteressa e rispetto alle quali lo stato è libero da obblighi internazionale (rapporti tra stato e sudditi).
La dottrina classica riteneva che lo stato poteva fissare autonomamente i limiti del diritto internazionale.
In seguito lo statuto ONU precisò che il dominio riservato doveva essere determinato dal diritto
internazionale: infine lo statuto O.N.U. ha stabilito (art2) che le N.U. non possono intervenire in questioni
che appartengono alla competenza interna di uno stato.
I limiti al dominio riservato riguardano:
a) Rispetto dei diritto umani: il diritto consuetudinario tutela le gross violations, cioè le gravi violazioni dei
diritto umani (genocidio, tortura) ;
b) Rapporti economici: infatti il diritto consuetudinario:
-vieta comportamenti che possano danneggiare l’intera economia di un paese;
-fissa norme sul trattamento degli interessi economici degli stranieri.
c) Sfruttamento delle risorse: contro l’inquinamento atmosferico derivante dall’attività delle
centrali nucleari.

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40. Trattamento degli Stranieri in ambito di Unione Europea


La sovranità dello stato incontra dei limiti nei confronti dello straniero, perché egli non è vincolato, come
cittadino alla comunità territoriale, infatti:
1) allo straniero non si possono richiedere comportamenti sproporzionati rispetto all’attacco sociale: per
esempio gli stranieri non possono essere sottoposti all’obbligo del servizio militare e non hanno oneri fiscali.
Inoltre ad essi non si possono applicare sanzioni penali per reati che non presentano alcun collegamento con
lo stato territoriale. Fanno eccezione i reati molto gravi e quindi collegati con qualsiasi comunità (principi
dell’universalità giurisdizione penale).
Tale principio comprende anche i crimina juris gentium, ovvero i crimini contro la pace e la sicurezza
dell’umanità.
2) ciascuno stato è obbligato a tutelare lo straniero con misure:
-preventive: che devono essere efficaci ed adeguate ad ogni singolo caso;
-repressive: lo stato deve mettere a disposizione dello straniero un apparato giurisdizionale in grado di
assicurargli la possibilità di ottenere giustizia.

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41. Investimenti stranieri in ambito di diritto internazionale


Le rivendicazioni dei paesi in via di sviluppo, favorevoli all’assoluta libertà dello stato territoriale sulle
risorse naturali, non coincidono con quelle dei paesi industrializzati, favorevoli alla massima protezione
degli investimenti stranieri.
La regola generale è data dall’art2 della Carta dei diritto e doveri, per la quale ogni stato è libero di
disciplinare gli investimenti purché non neghi un’equa remunerazione del capitale straniero.

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42. Definizione di nazionalizzazione di beni stranieri


Lo stato può nazionalizzare i beni dello straniero per motivi di interesse pubblico dietro con indennizzo, il
cui ammontare va determinato sulla base delle leggi dello stato nazionalizzante.
Uno stato viola il diritto internazionale solo se è inequivocabile la sua volontà di non indennizzare: infatti
non vi è illecito finché è dimostrabile una seria volontà di raggiungere un accordo con l’espropriato o con il
suo stato, fissando l’indennizzo, tramite accordi di compensazione globale.

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43. Caratteristiche dell'istituto della protezione diplomatica


Se lo stato non rispetta le norme sul trattamento degli stranieri compie un illecito internazionale e lo stato al
quale lo straniero appartiene può agire tramite l’istituto della protezione diplomatica ossia assumere la difesa
del proprio suddito sul piano internazionale: con proteste o minacce di contromisure contro lo Stato
territoriale, al fine di ottenere la cessazione della violazione ed il risarcimento del danno causato.
Prima che lo Stato agisca in protezione diplomatica, lo straniero deve esaurire tutti i rimedi previsti dallo
Stato territoriale, per la regola del previo esaurimento dei ricorsi interni.
L’istituto di protezione diplomatica è oggetto di contestazione, da parte di Stati in sviluppo, che si rifanno
alla dottrina Calvo, secondo la quale le controversie in tema di trattamento degli stranieri sono esclusiva
competenza del Tribunale locale.

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44. Trattamento degli agenti diplomatici: immunità


L’esercizio delle funzioni degli agenti diplomatici (Ambasciatori, Plenipotenziari) deve aver luogo in piena
libertà ed essere circondato da privilegi e immunità, perché gli agenti devono avere una condizione di favore
rispetto a quella degli stranieri che risiedono all’interno di un stato.
Le immunità diplomatiche sono:
-Inviolabilità personale: ovvero intangibilità assoluta della persona dell’agente diplomatico e dei suoi beni.
Pone l’obbligo per lo stato accreditante di predisporre idonee misure preventive e repressive. L’inviolabilità
personale consiste anche e soprattutto nella sottrazione del diplomatico a qualsiasi misura di polizia (fermo
o arresto) contro la sua persona.
-Inviolabilità domiciliare: si intende come domicilio, sia la sede della missione diplomatica sia l’abitazione
privata dell’agente. La sede della missione resta territorio dello stato accreditante, ma quest’ultimo non può
esercitarvi atti di coercizione, senza consenso dell’agente diplomatico.
-Immunità dalla giurisdizione penale e civile: in tal caso si distingue tra immunità:
a) funzionale: per cui gli atti compiuti dal diplomatico in quanto organo dello stato straniero, non sono a lui
imputabili, bensì allo stato straniero;
b) per gli atti privati: quelli che l’agente compie come privato; in questo caso l’immunità ha la funzione di
permettere all’agente di svolgere le sue funzioni senza impedimenti.
-Immunità fiscale: riguarda solo le imposte dirette personali.
Tali immunità si applicano ai capi di stato e di governo, ai ministri degli esteri e a tutto il personale
diplomatico delle missioni con le loro famiglie.

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45. Il trattamento degli stati stranieri: concetto di immunità relativa


Il principio fondamentale è quello della non ingerenza negli affari degli altri stati, integrato dal divieto di:
-condizionare le scelte politiche di altri stati;
-preparare atti di terrorismo contro altri stati.
Ci si chiede se sia possibile esercitare le giurisdizione civile nei confronti degli stati stranieri.
In passato vigeva il principio dell’immunità assoluta; attualmente, invece, viene accolta la teoria
dell’immunità relativa o ristretta degli stati stranieri, per la quale l’esenzione degli stati dalla giurisdizione
civile è limitata agli atti iure imperi (atti di pubblica funzione) e non si estende agli atti iure gestionis (quelli
di carattere privato) .
Ma visto che tale distinzione non è facile da applicare, nei casi dubbi, si procede a favore dell’immunità.

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46. Adattamento del Diritto Statale al Diritto Internazionale


Il diritto internazionale non deve essere applicato a tutti i costi all'interno dello Stato, perché il diritto
interno deve poter difendere certi valori costituzionali, sacrificando, se necessario, il diritto internazionale,
salvo restando, importanti valori internazionalistici (collaborazione e la solidarietà internaz) .
I procedimenti di adattamento del diritto statale al diritto internazionale sono 2:
a) Ordinario: le norme internazionali sono riformulate all’interno dello Stato (con leggi ecc.) .
b) Speciale: un atto normativo ordinamento a l’osservanza delle norme internazionale. Il costituente, il
legislatore o l'organo amministrativo operano con rinvio alla norma internaz (come del resto obbliga l'art. 10
Cost.) , dando diretta applicazione nello Stato della norma internazionale.
Il vantaggio principale del procedimento speciale consiste nella flessibilità dell’adattamento, perché la
norma vige cioè finché vige nell’ordinamento internazionale. Se l’interprete sbaglia a ricostruire una norma
internazionale il suo errore sarà limitato al caso concreto.
Tuttavia a volte è obbligatorio utilizzare il procedimento ordinamentario: è il caso delle norme
non self-executing, che non sono direttamente applicabili con il semplice procedimento di rinvio, ma
richiedono un’integrazione. Esse si possono avere quando:
1) la norma internazionale pone degli obblighi per rispettare i quali lo stato è costretto a creare nuovi organi
o precedure;
2) la norma attribuisce facoltà agli stati, che dovranno scegliere di applicarne una.
Si ha self-executing quando la norma internazionale contiene una clausola di esecuzione per la quale gli
stati devono adottare tutte le misure legislative o d’altro genere per dare effetto alle sue disposizioni.
Va ricordato che, il grado nella gerarchia delle fonti, dipende dal procedimento di adattamento:
-se all'adattamento provvede il legislatore costituzionale, la norma avrà rango costituzionale;
-se è il legislatore ordinamentario (trattati) avrà rango di legge ordinamento aria.

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47. Adattamento al Diritto Internazionale Consuetudinario


Ogni volta che si forma una nuova norma consuetudinaria (di diritto internazionale generale) , questa entra
automaticamente nel diritto italiano tramite un procedimento di rinvio previsto dall’art10cost (che il Perassi
ha definito “trasformatore permanente del diritto internazionale generale in diritto interno) .
E dato che la norma di rinvio in questione (art10) è una norma costituzionale, allora il diritto
consuetudinario entra nel diritto interno con rango costituzionale: perciò una legge ordinamento aria è
contraria al diritto consuetudinario internazionale può essere dichiarata illegittima per violazione
dell’art10cost.
Ma possono sorgere dei problemi di interpretazione quando il diritto consuetudinario è in contrasto con una
norma costituzionale italiana: in tal caso può essere difficile stabilire quale norma debba prevalere.
Per Conforti deve prevalere il diritto consuetudinario perché questo si pone in rapporto di specialità con le
altre norme costituzionali. Tuttavia la stessa dottrina ammette l’esistenza di una cerchia valori fondamentali
a cui nessuna norma può derogare.
In realtà, non vi sono molte possibilità di conflitto tra norme internazionali generali e norme costituzionali
perché si ha una differenza di competenze:
-la Costituzione regola i rapporti tra lo Stato e i suoi organi;
-il diritto consuetudinario internazionale regola i rapporti tra organi, stranieri e Stati stranieri.
Tuttavia è possibile che si verifichino dei conflitti riguardo la Domestic Jurisdiction: un esempio può essere
fornito dalle immunità giurisdizionali degli agenti diplomatici.
La soluzione al problema si ravvisa nella possibilità dei giudici di disapplicazione la norma internazionale
che violi i principi fondamentali garantiti dalla Costituzione.

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48. Adattamento ai Trattati e alle Fonti da essi derivate


L’adattamento ai trattati e alle fonti da essi derivate, avviene tramite un ordinamento e di esecuzione sulla
base di un procedimento speciale o di rinvio.
L’ordine di esecuzione consiste in una manifestazione di volontà da parte dello stato di eseguire e di
applicare il trattato nel proprio ordinamento am interno, senza riprodurne le norme, ma affidando
all’interprete il compito di ricostruirle.
In mancanza dell’ordine di esecuzione, il trattato non ha valore per l’ordinamento interno, ma conserva una
funzione ausiliaria di interpretazione: quindi dovrà cedere di fronte a norme interne contrarie, ma potrà
essere invocato nei casi in cui è incerta l’interpretazione di una norma interna.
Il trattato entra nell’ordinamento con il rango della norma di rinvio (di solito legge ordinamento aria, ma
anche regolamento) quindi ne consegue che una norma ordinamento aria successiva può abrogare le norme
del trattato stesso (oppure una legge speciale può derogarvi) .
Tuttavia nei vari stati si tende ad attribuire al trattato una rilevanza maggiore, che gli consenta di resistere
agli attacchi delle leggi posteriori. I metodi utilizzati sono:
a) presunzione di conformità: se una norma successiva al trattato è ambigua, si preferisce un’interpretazione
conforme al trattato;
b) considerare il trattato come diritto speciale per una determinata materia: così sarà difficilmente abrogato
dalla norma posteriore non specifica;
c) sistema adoperato dalle Corti americane (e caldeggiato dal Conforti): per il quale la legge posteriore
prevale solo se il legislatore dimostra una chiara volontà di voler contravvenire al trattato.

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49. Adattamento agli Atti delle Organizzazioni Internazionali


In dottrina, ci si chiede se l’ordine di esecuzione di un trattato istitutivo di un’organizzazione internazionale
renda vincolanti le decisioni future dell’organizzazione.
La diretta applicabilità delle decisioni è indubbia nel caso in cui sia espressamente prevista dal trattato
istitutivo dell’organizzazione: in tal caso, l’immissione è automatica (regolamenti CE) .
Invece, nel caso + frequente, in cui il trattato istitutivo non preveda nulla, il problema viene risolto
all’interno dei singoli ordinamento amenti. La prassi italiana tende a subordinare l’efficacia di ogni singola
decisione ad un atto di esecuzione ad hoc.

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50. Adattamento al Diritto Comunitario


L’ordinamento italiano si è conformato al diritto comunitario (trattati istitutivi delle comunità europee)
attraverso un normale ordinamento e di esecuzione emanato con legge ordinamento aria.
Ma col trascorrere del tempo, la prassi internazionale ha manifestato sempre + la tendenza a differenziare in
ogni modo il diritto comunitario rispetto al diritto convenzionale, cercando di privilegiare l’applicazione del
primo quando si trovi in contrasto con il diritto interno.
Tale orientamento si fonda sull’art.11 costituzione per il quale l’Italia consente condizioni di parità con gli
altri stati alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento amento che assicuri la pace e la giustizia
fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionale rivolte a tale scopo.
Nello specifico:
-Adattamento ai regolamenti comunitari: l'art. 189 Tr CE prevede che i regolamenti siano direttamente
applicabili in ciascuno degli Stati membri. Ma non tutti i regolamenti sono direttamente applicabili (self-
executing) , perché alcuni di essi nascono incompleti e per poter produrre effetti necessitano di atti statali di
esecuzione e integrazione: quindi in tali ipotesi, i regolamenti non possono considerarsi produttivi di effetti
fino a quando non siano emanate le necessarie norme interne di attuazione.
-Adattamento alle direttive e alle decisioni comunitarie: a lungo si è ritenuto che le direttive e le decisioni
comunitarie non fossero direttamente applicabili, se non tramite un legge di adattamento ad hoc (legge,
decreto legislativo o decreto legge) .
Ma, in realtà l’art189 riconosce la diretta applicabilità dei suddetti atti, anche se limita l’obbligatorietà al
risultato delle direttive. Anche la corte di giustizia delle comunità accoglie tale orientamento, stabilendo che
le direttive producono effetti diretti in 3 ipotesi:
1) quando il giudice interpreta una norma interna su una materia disciplinata da una direttiva, tale
interpretazione deve avvenire alla luce della direttiva.
2) se la direttiva riproduce un obbligo di un trattato, la sua interpretazione è vincolante.
3) se la direttiva comporta un obbligo di risultato senza un atto di esecuzione necessario, gli individui
possono farla valere davanti al giudice.
Quest'ultimo effetto può essere invocato solo contro lo Stato (c.d. effetti verticali) e non anche nelle
controversie tra individui (c.d. effetti orizzontali) : la direttiva fa nascere degli obblighi a carico dello Stato
e lo Stato risponde del ritardo o dell'inattuazione della direttiva.

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51. Rapporto fra Norme Comunitarie e Leggi Ordinamentarie


La Corte costituzionale ha assunto pareri contrastanti:
-Nel 1964: riteneva che i trattati (ricevendo applicazione con legge ordinamento aria) sono di pari grado
con la legge e pertanto possono essere abrogati o modificati da leggi successive.
-Nel 1975: ha ritenuto che la violazione del diritto comunitario ad opera delle leggi ordinamento arie
costituisca violazione dell'art. 11 Costituzione.
-Nel 1984: ha ribadito la prevalenza del diritto comunitario, ma anche che questo e il diritto interno si
devono coordinare secondo le ripartizioni di competenza volute dal Trattato istitutivo della comunità.
Ed inoltre aggiunge che:
a) le norme comunitarie devono avere piena efficacia obbligatoria e diretta applicazione in tutti gli stati
membri;
b) l’ordinamento comunitario consta di un proprio sistema di tutela giuridica, pertanto la normativa CE, è
sottratta al controllo di costituzionalità.

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52. Competenze delle Regioni nell'ambito del Diritto Internazionale


Quando il diritto internazionale regola materie che sono di competenza regionale, possono sorgere problemi
di coordinamento tra le norme regionali da una parte, e le norme internazionale e statali di adattamento
dall’altra. In tal caso la legge regionale che sia in contrasto con le norme internazionale deve considerarsi
costituzionalmente illegittima (principio sancito nella maggioranza dei statuti regionali) .
Ma a parte ciò, non vi sono altri limiti alla potestà legislativa delle regioni che possono adottare nelle
materie di propria competenza, tutte le norme necessarie per integrare e specificare le norme internazionali,
infatti:
-allo stato: compete l’emanazione dell’ordine di esecuzione;
-alle regioni: spetta l’adozione delle norme necessarie per integrare le norme convenzionali.
Lo stato tuttavia conserva il potere di sostituirsi alle regioni in caso di inerzia delle stesse, o per motivi di
interesse nazionale.

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53. Regolamentazione della violazione delle Norme Internazionali


La materia della responsabilità degli stati per le violazioni del diritto internazionale è regolata da un
“Progetto di articoli sulla Responsabilità dello stato” (in vigore dal 2001) .
Esso è suddiviso in 3 parti: elementi costitutivi dell’atto illecito internazionale (ovvero origine della
responsabilità) ; conseguenze dell’illecito (autotutela) ; risoluzione delle controversie.

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54. Definizione di fatto illecito nell'ambito del diritto internazionale


Il fatto illecito consiste nel comportamento di uno o + organi statali non conforme al diritto internazionale.

I suoi elementi sono:


1) un comportamento attivo o omissivo attribuibile allo stato (elemento soggettivo) : in dottrina si discute
sulla responsabilità dello Stato quando l'organo commette un'azione internazionalmente illecita,
nell'esercizio delle sue funzioni, ma in violazione di una norma del diritto interno.
Qualcuno ritiene lo Stato responsabile, qualcun altro il singolo individuo, comunque si è concordi nel
sostenere che lo Stato risponderà solo quando non abbia disposto le misure per prevenire l'illecito altrui.
2) l’illiceità del suddetto comportamento (elemento oggettivo) : è l’antigiuridicità del comportamento
dell’organo statale.
Si ha violazione di un obbligo internazionale da parte di uno stato, quando un comportamento dello stesso
non è conforme a ciò che egli ha imposto da predetto obbligo.
La violazione può riguardare, obblighi di:
a) mezzi: violazione di un determinato comportamento imposto dalla legge;
b) risultato: si violano norme finali che prescrivono un risultato lasciando libertà nella scelta dei mezzi
idonei per raggiungerlo.
Le cause che escludono l’illeicità sono:
-Consenso dello stato leso: purché validamente espresso;
-Autotutela: perché non si considerano antigiuridiche le azioni per reprimere l’illecito altrui;
-Stato di necessità: commettere il fatto per evitare un pericolo grave;
-Raccomandazioni di Organizzazioni internazionali: esse fanno sì che lo Stato che segue la
raccomandazione dell'organizzazione non commetta illecito.
-Rispetto dei principio costituzionale di uno stato: es. la pena di morte, prevista dalla Costituzione di uno
Stato, non produce illecità internazionale.

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55. Elementi controversi dell’illecito nell'ambito del diritto


internazionale: colpa e danno
Nel sec scorso si riteneva che la responsabilità internazionale dello stato fosse una responsabilità per colpa:
nello specifico lo stato si considerava colpevole quando l’illecito fosse almeno riconducibile ad una
negligenza.
Oggi invece si ritiene valida la teoria della responsabilità oggettiva relativa, secondo cui lo stato deve
sempre considerarsi responsabile a meno che non dimostri che il rispetto della norma gli sia stato
impossibilitato (per caso o per forza maggiore) .
Tuttavia questo criterio si applica in via residuale perché si verifica spesso che sia la stessa norma
(consuetudinaria o pattizia) a stabilire il regime di responsabilità. Ad es il dovere di protezione degli
stranieri può essere violato solo con colpa, perché la violazione si verifica quando lo stato non ha
predisposto idonee misure preventive o repressive.
Altra questione controversa è la necessità o meno di un danno per il verificarsi dell’illecito. A tal proposito
la Commissione di diritto internazionale ha preso posizione negativa sottolineando come alcune violazioni
siano sentite come illecite anche da stati che non sono direttamente lesi (es violazione di diritto umani
fondamentali) .

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56. Conseguenze dell’illecito nell'ambito del diritto internazionale:


autotutela
Le conseguenze dell'illecito consistono in una nuova relazione giuridica tra lo Stato offeso e lo Stato
offensore, discendente da una norma secondaria (contrapposta a quella primaria, cioè quella violata).
Tuttavia, vi sono vari orientamenti al riguardo:
-Anzillotti: la conseguenza dell’illecito consiste nel ripristino della situazione quo ante, e nel risarcimento
del danno o nella soddisfazione (in caso di danno immateriale) ;
-Kelsen: le uniche ed immediate conseguenze dell’illecito sono le misure di autotutela, mentre la
riparazione è solo eventuale e dipende da un accordo tra i due stati.
L’autotutela è la normale reazione all’illecito, e consiste nel farsi giustizia da sé, ma che in ogni caso non
deve consistere nella minaccia o nell'uso della forza (art. 2 Carta delle N. U.) , se non come risposta ad un
attacco armato già sferrato (art.51) .
Ma al divieto di usare la forza fa eccezione il caso di legittima difesa contro un attacco armato già sferrato,
fermo restando il principio di proporzionalità.
Esistono varie specie di autotutela:
1) Rappresaglia (o contromisura): comportamento dello stato leso che di per sé sarebbe illecito, che diviene
lecito in quanto costituisce una reazione ad un illecito altrui. Essa ha come limiti:
a) proporzionalità: tra violazione e reazione.
b) rispetto del diritto cogente: non si può ricorrere alla rappresaglia se prima non sono stati esperiti tutti i
mezzi per una soluzione della controversia. Fà eccezione, l'uso della forza per respingere un attacco armato.
2) Ritorsione: comportamento inamichevole (rottura rapporti diplomatici o collaborazione) .
3) Autotutela collettiva: intervento degli Stati, in risposta a dei crimini internazionale per i quali tutti gli
Stati possono considerarsi lesi.

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57. Definizione di Riparazione nell'ambito del diritto internazionale


E’ il ripristino della situazione quo ante oltre al risarcimento del danno. Sono forme di riparazione:
-soddisfazione: rappresenta il risarcimento per i danni immateriali, attraverso comportamenti come la
presentazione di scuse, l’omaggio alla bandiera. Se accettata dallo stato leso produce la cessazione di ogni
altra conseguenza dell’illecito.
-risarcimento dei danni: causati a cose o persone.

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58. Sicurezza collettiva prevista dalle Nazioni Unite


Per l’art 39 dello statuto ONU, il consiglio di sicurezza per mantenere o ristabilire la sicurezza e la pace
internazionale può agire con misure:
1) provvisorie (art40) : si tratta di misure non vincolanti, perché consistono in semplici raccomandazioni (es
cessate il fuoco) , per non aggravare la situazione;
2) non implicanti l’uso della forza (art.41) : un’interruzione delle relazioni economiche e diplomatiche.
3) implicanti l’uso della forza (art42) : il consiglio ricorre a misure violente come un’azione di polizia
internazionale, ovvero attraverso una delibera di tipo operativo, può decidere che la forza venga usata e può
dirigere le relative operazioni militari.
Fino ad oggi il Consiglio è intervenuto nella risoluzione di crisi internazionale con 2 sistemi:
a) creazione delle forza delle N.U (caschi blu) : che operano per il mantenimento della pace.
b) autorizzazione all’uso della forza: il consiglio autorizza i singoli stati ad usare la forza contro o all’interno
di uno stato, delegando il comando ed il controllo delle operazioni militari (guerra del Golfo).

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59. Funzione giurisdizionale internazionale


La giurisdizione internazionale (intesa come accertamento vincolante del diritto) ha sostanzialmente natura
arbitrale, perché è ancorata al principio per cui un giudice non può giudicare se la sua giurisdizione non è
stata volontariamente accettata dalle parti della controversia (ciò implica anche accettarne la decisione
vincolante) .
In questo secolo si sono formati diversi meccanismi e procedure che da un lato, tendono a favorire
l’accordo, e dall’altro tendono ad istituzionalizzare gli arbitri.
Il punto di partenza è l’arbitrato isolato: gli stati nominano un arbitro per risolvere le loro controversie,
dettano qualche regola procedurale e si impegnano a rispettare la decisione finale.
Agli inizi del secolo poi compare:
-la clausola compromissoria: obbliga tutti gli stati che aderiscono ad una convenzione di ricorrere
all’arbitrato in caso di controversie relative all’interpretazione o all’applicazione della convenzione
medesima.
-trattato generale di arbitrato: estende l’obbligo a tutte le controversie che possono sorgere in futuro fra le
parti contraenti (tranne quelle relative al dominio riservato) .
Dopo la 1° guerra mondiale nasce la Corte permanente di giustizia internazionale, sostituita nel 1945
dall’attuale corte internazionale di giustizia, che ha sede all’Aja e funziona in base ad uno statuto allegato
alla carta N.U., secondo cui i membri sono permanenti e giudicano in base a complesse norme procedurali
inderogabili dalle parti.
Per controversia istituzionale si intende un disaccordo su un punto di diritto o di fatto, un contrasto quindi
tra tesi giuridiche o tra interessi di 2 soggetti.
Gli Stati sono liberi di deferire ad un Tribunale internazionale una qualsiasi controversia che riguardi i loro
rapporti.

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60. Mezzi diplomatici di soluzione delle controversie internazionali


-Negoziato: il + semplice di contatto diplomatico tra le parti; è un mezzo diretto e senza alcuna particolarità
dal punto di vista giuridico;
-Buoni uffici e Mediazione: si adopera quando fra le parti in causa interviene uno stato terzo o un organo
supremo di uno stato o di un’organizzazione internazionale a titolo personale;
-Conciliazione: le commissioni di conciliazione sono composte da individui che esaminiamo la controversia
in tutti i suoi aspetti, formulando una proposta di soluzione che le parti sono libere di accettare o meno.
Sempre + spesso il ricorso alla conciliazione, che di solito è un’alternativa all’arbitrato, è previsto come
obbligatorio.

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61. Principio della libertà dei mari in ambito di Diritto


internazionale marittimo
Il potere di governo degli stati incontra dei limiti anche con riferimento agli spazi marini. In materia esistono
4 convenzioni di codificazione approvate a Ginevra (1958) ratificate ciascuna di esse da non + di 50 stati.
Per il principio della libertà dei mari (che ha dominato per vari secoli il diritto internazionale marittimo) il
singolo stato non può impedire ne intralciare l’utilizzazione degli spazi marini, l’unico limite è costituito dal
rispetto delle libertà altrui.
Ma da sempre gli stati hanno preteso di assicurarsi un certo controllo delle acque adiacenti alle proprie
coste, perciò il suddetto princ ha subito un’erosione che può essere così sintetizzata:
a) alla fine del sec scorso, la prassi internazionale ha riconosciuto la figura del mare territoriale, cioè di
quella fascia di mare costiero equiparata addirittura al territorio dello stato, e quindi sottoposto al potere di
governo dello stato costiero;
b) dopo la fine della 2° guerra mondiale, il presidente Truman rivendicava a favore degli stati uniti il
controllo e la giurisdizione sulla piattaforma continentale, cioè sulle risorse su quella parte del fondo e del
sottosuolo marino che costituisce il prolungamento della terra emersa e che si mantiene a profondità costante
prima di sprofondare negli abissi (zoccolo continentale);
c) negli anni 80, la prassi ha riconosciuto l’istituto della zona economica esclusiva estesa fino a 200 miglia
marine dalla costa, secondo cui le risorse della zona appartengono allo stato costiero.
Norme di cortesia: il comportamento è sentito come socialmente dovuto.
Trattato ai tempi del sovrano: Il trattato veniva negoziato dagli emissari del Sovrano, definiti
"plenipotenziari", in quanto dotati di "pieni poteri", per la negoziazione. I plenipotenziari predisponevano il
testo dell'accordo e lo sottoscrivevano. Seguiva poi la ratifica da parte del Sovrano, con cui accertava se i
plenipotenziari si fossero effettivamente attenuti al mandato ricevuto. Alla fine, per portare la volontà del
Sovrano a conoscenza delle controparti, avveniva lo scambio delle ratifiche.
-Competenza a stipulare trattati: Una violazione grave delle norme statutarie sulla competenza a stipulare
può comportare l'invalidità dell'accordo. Poiché, però, le norme contenute nel Trattato istitutivo sono
modificabili dalla consuetudine, la competenza a stipulare può anche risultare da regole consolidatesi nella
prassi dell'organizzazione, purché accettata dagli Stati membri e sempre che non ci sia un organo giudiziario
incaricato di vegliare sul rispetto del trattato.
Nel nostro ordinamento amento la competenza a ratificare appartiene all’esecutivo ed è disciplinata dagli
articoli:
-art. 87: il P.d.R. ratifica i trattati internaz, e se occorre, previa, autorizzazione delle Camere.
-art. 80: specifica quali sono le materie per le quali è prevista l'autorizzazione che deve essere data con legge
(trattati di natura politica, o che prevedono regolamenti giudiziari, o modificazioni di leggi) .
-art. 89: nessun atto del Presidente è valido se non è controfirmato dal ministro proponente che se ne assume
la responsabilità (controfirma ministeriale) .
Il fatto di riconoscere un privilegio al diritto comunitario rispetto al diritto pattizio, non deve indurre a
ritenere che le norme comunitarie prevalgano rispetto ai principi fondamentali sanciti a livello

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costituzionale, perché il diritto internazionale devono coesistere in un equo regime di reciproco
condizionamento.
Uti Possidetis: princ che si riferisce ad una norma del 1810, che si applica ai paesi sorti dal proc di
decolonializzazione e prevede che gli stati latino-americani ereditino dalla Spagna le frontiere delle
circoscrizioni amministrative spagnole, esistenti al momento dell’acquisto dell’indipendenza.
A tal riguardo vi sono 2 teorie:
-monisti: il diritto statale trova fondamento nel diritto internazionale;
-dualisti: l'ordin statale è separato da quello della comunità degli Stati.
L’osservanza del Diritto Internazionale da parte di uno Stato deve ritenersi affidata in primo luogo agli
operatori giuridici interni.

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62. Definzione di Mare territoriale


Mare territoriale: zona di mare adiacente alle coste considerata parte del territorio dello stato e sottoposta
alla sovranità dello stato costiero cosi come la terraferma (art1 convenzione di Ginevra) .
Il potere dello stato costiero sul mare territoriale incontra 2 limitazioni:
a) dir di passaggio inoffensivo delle navi straniere: è inoffensivo quel passaggio che non reca il pregiudizio
alla pace e alla sicurezza dello stato costiero;
b) divieto di esercitare la giurisdizione penale: sui fatti puramente interni, che si verificano sulla nave
straniera, su quei fatti cioè che non ledono la vita della comunità territoriale.
Un limite interno del mare territoriale è costituito dalle baie, ovvero le insenature che penetrano in
profondità nella costa, cioè quelle la cui superficie è uguale o superiore a quella di un semicerchio avente
per diametro la linea di entrata.
Si definiscono inoltre baie storiche, quelle sulle quali lo stato costiero vanta diritto esclusivi consolidatisi nel
tempo, esse sono considerate acque interne, qualsiasi sia la loro superficie.
Per determinare il limite interno del proprio mare territoriale, l’Italia ha adottato il sistema delle linee rette
con un atto amministrativo, il che ha suscitato non poche perplessità perché si è derogato ad una norma di
legge con un atto amministrativo che è gerarchicamente inferiore.

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63. Definzione di Zona contigua in ambito di Diritto internazionale


marittimo
B) Zona contigua: zona d’alto mare entro la quale lo stato costiero può esercitare poteri di vigilanza
doganale e sanitaria, che si estende fino a 12 miglia (la convenzione di Montego ha esteso il limite a 24) .
C) Piattaforma continentale: parte del suolo marino contiguo alle coste dello stato che costituisce il naturale
prolungamento delle terre emerse e che si mantiene ad una profondità costante di circa 200 mt per poi
precipitare negli abissi (artt 76 e ss convenzione di Montego) .
Lo stato costiero ha il diritto di sfruttare tutte le risorse estraibili da questo spazio, ma deve garantire la
libera circolazione delle acque.
D) Zona economica esclusiva: zona entro la quale lo stato costiero ha il controllo di tutte le risorse
economiche, sia biologiche (pesca) che minerali del suolo e del sottosuolo marino, nonché delle acque
sovrastanti. Il limite esterno di tale zona può estendersi fino a 200 miglia marine, a partire dalla linea di base
del mare territoriale.
E) Mare internazionale: spazio marino oltre la zona economica, ovvero laddove cessa ogni tutela degli
interessi degli stati costieri. Nel mare internazionale tutti gli stati hanno eguale diritto di navigazione, pesca
ecc, con il limite negativo di non poter utilizzare gli spazi marini fino al punto di sopprimere ogni possibilità
di utilizzazione per gli altri stati.
Al riguardo la conferenza di Montego Bay ha adottato il sistema dello sfruttamento parallelo, per il quale
ogni area da sfruttare è divisa in 2 parti uguali di cui una viene attribuita allo stato che l’ha individuata,
mentre l’altra è attribuita all’organizzazione stessa, magari in associazione con i paesi in via di sviluppo.

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64. Trattati relativi alla Protezione dell’ambiente marino


Vi sono molti trattati che prevedono limitazioni e divieti per tutelare l’ambiente marino, per es.
la convenzione di Montego Bay stabilisce che gli stati hanno il dovere di proteggere e preservare l’ambiente
marino.
L’autorità preposta a comminare sanzioni e ad imporre divieti è lo stato della bandiera e lo stato costiero
(per gli stati sottoposti a giurisdizione nazionale) , che può intervenire su una nave altrui nel mare
internazionale per impedire o attenuare danni al proprio litorale derivanti da un incidente già avvenuto.

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65. Diritti relativi alla navigazione Marittima


Ogni nave è sottoposta esclusivamente al potere dello stato di cui ha la nazionalità (stato della bandiera) .
Costituiscono eccezioni al potere esclusivo dello stato:
a) pirateria: la nave pirata, cioè quella che compie violenze contro le altre navi, può essere catturata da
qualsiasi stato e sottoposta a misure repressive;
b) contrabbando di guerra in tempo di pace: lo stato nel cui territorio è in atto una guerra civile può visitare e
catturare, anche in acque internazionali, qualsiasi nave che voglia aiutare gli insorti.
c) diritto di visita: si tratta di un limitato diritto di visita delle navi altrui in alto mare da parte di navi da
guerra, quando vi è un fondato sospetto che la nave pratichi la pirateria o la tratta di schiavi, che faccia
partire trasmissioni radio-televisive non autorizzate, che adoperi la bandiera in maniera fraudolenta.
d) nave straniera nella zona economica esclusiva: se la nave entra nella zona esclusiva di un altro stato,
questo può esercitarvi tutti i poteri connessi alla regolamentazione dello sfruttamento delle risorse;
e) diritto di inseguimento: l’inseguimento deve cessare se la nave entra nel mare territoriale di un altro stato.
f) bandiera ombra: ogni stato fissa le condizioni per immatricolare le navi nei propri registri navali.

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66. Diritti relativi alla navigazione Aerea


Le norme al riguardo sono sorte sulla falsariga di quelle riguardanti la navigazione marittima ma si sono poi
consolidate nel tempo come norme consuetudinarie.
Oggi vige il principio della sovranità dello stato sullo spazio aereo sovrastante il territorio e il mare
territoriale dello stato. Lo spazio aereo che non sovrasta nessun territorio o mare territoriale deve
considerarsi libero per l’utilizzazione di tutti gli stati.
Molti stati hanno istituito le zone di identificazione aerea, per cui lo stato costiero impone, agli aerei
stranieri che entrano in dette zone e che sono diretti verso le coste, l’obbligo di sottoporsi ad identificazione
e localizzazione.

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67. Diritti relativi alla navigazione Cosmica


Ad essa si applica il principio della libertà di sorvolo degli spazi nullius, perché il cosmo è considerato
territorio nullius e quindi lo stato che lancia un satellite ha il diritto al governo esclusivo di quest’ultimo.
Il trattato del 1967 in materia di utilizzazione ed esplorazione dello spazio extracosmico (inclusi luna e corpi
celesti) , definisce gli astronauti come inviati dell’umanità, impegnando gli stati a dar loro ogni possibile
assistenza in caso di incidenti o pericolo.
Visto che l’orbita geostazionaria, può ospitare un numero limitato di satelliti, allora vale il principio
dell’equo sfruttamento di questo spazio da parte di tutti gli stati.

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68. Regolamentazione giuridica delle regioni polari


Esse sono considerate come spazi soggetti, e non assoggettabili, alla sovranità di alcuno stato. L’Antartide è
stato internazionalizzato con il trattato di Washington del 1959, ovvero un complesso di norme che ne
disciplinano lo sfruttamento in base ai seguenti principi:
-interdizione da ogni attività militare e di esperimenti nucleari;
-libertà di ricerca scientifica: lo stato che vuole praticarla deve notificarlo agli stati membri;
-cooperazione nella ricerca scientifica.
Il trattato distingue 2 categorie di stati contraenti:
a) parti consultive: i primi firmatari del trattato e gli stati che dimostrano il interesse scientifico per
l’Antartide, con attività di ricerca;
b) parti non consultive: gli altri stati.
Le parti consultive hanno il diritto esclusivo di condurre ispezioni su navi, basi, personale e materiale altrui
al fine di controllare l’osservanza del trattato.
Tale trattato vincola solo le parti contraenti, gli stati terzi sono liberi di sfruttare le risorse dell’Antartide,
purché ciò avvenga nell’interesse della comunità.
Nel 1991 è stato firmato a Madrid un protocollo che congela per 50 anni lo sfruttamento minerario
dell’Antartide, ma esso non è ancora in vigore.

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69. Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e


delle libertà fondamentali
Fu firmata a Roma nel 1950. Contiene due generi di norme: uno a carattere sostanziale (in cui è offerto il
catalogo dei diritti e delle libertà fondamentali) e una a carattere procedurale.
E' composta da tanti membri quanti sono gli Stati, con un mandato di 6 anni.
Fino al 1998 svolgeva funzioni istruttorie e di conciliazione sui ricorsi che venivano presentati sulla
violazione della Convenzione da parte di uno Stato contraente. I ricorsi erano presentabili da Stati, individui
e gruppi di individui.
Nel 1998 vi fu una riforma: il Comitato dei ministri decide a maggioranza dei 2/3 se c'è stata violazione e
pone un termine entro cui è necessario eliminarla. Questo sicuramente è un intervento di carattere politico
più che giuridico.

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70. Convenzione Americana dei Diritti dell'uomo


firmata a San José de Costa Rica nel 1969: stabilisce che gli Stati contraenti sottopongono rapporti periodici
sulle misure prese in osservanza del patto al Consiglio Economico e sociale delle Nazioni che può a sua
volta trasmetterli alla Commissione dei diritti umani dell'ONU perché formuli raccomandazioni di
ordinamento e generale o sottoporli all'Assemblea generale.

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71. Carta Africana del 1986


Prevede un comitato per i diritti dell'uomo (18 membri in carica per 4 anni) che può esaminare i reclami
presentati contro uno Stato contraente da altri Stati o da individui. La procedura non sfocia in atti vincolanti.
Riceve, inoltre, anche i rapporti degli Stati sull'applicazione del Patto nei rispettivi territori.
Sono 2 patti internazionali uno sui diritti economici, sociali e culturali, l'altro sui diritti civili e politici.

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72. La Dottrina dell’act of State


Teoria per quale una Corte deve necessariamente applicare una legge o un altro atto che costituisce
espressione della sovranità di uno stato straniero, anche quando questa risulta palesemente in contrasto con
norme di diritto internazionale o con norme intere dello stato alla cui giurisdizione sono sottoposte.
E’una dottrina molto criticata, perché pone delle limitazioni alla giurisdizione dello stato che non trovano
alcun fondamento reale e che spesso si risolvono in una mancata applicazione delle norme di diritto
internazionale.

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73. Principio della Tabula Rasa


Il principio della tabula rasa si applica integralmente ai trattati bilaterali, conclusi dal predecessore, e vigenti
nel territorio distaccatosi. Tali trattati potrebbero continuare ad avere valore solo se venissero rinnovati
attraverso un apposito accordo con la controparte. Allo stesso modo vale per i trattati multilaterali chiusi,
così come stabilisce anche la Convenzione del 1978, con riguardo, ovviamente ai soli Stati ex coloniali.
Per quel che riguarda i trattati multilaterali aperti, il principio della tabula rasa subisce un temperamento: lo
Stato di nuova formazione può, anziché aderire , procedere alla c.d. notificazione di successione. Con questo
atto la sua partecipazione retroagisce al momento dell’acquisto dell’indipendenza, al contrario dell’adesione
che ha effetto ex nunc.
Le norme consuetudinarie sono suscettibili di interpretazione analogica?
L'analogia è una forma di interpretazione estensiva, che consiste nell'applicare una norma ad un caso che
essa non prevede, ma i cui caratteri essenziali siano analoghi a quelli del caso previsto. Nell'ambito del
diritto consuetudinario, il ricorso all'analogia ha senso solo con riguardo alle fattispecie nuove.

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74. Elenco delle principali Convenzioni nel diritto internazionale


la Convenzione di Vienna del 1961 sulle relazioni ed immunità diplomatiche;
la Convenzione sulla piattaforma continentale;
la Convenzione di Vienna del 1969 sul diritto dei trattati;
la Convenzione di Vienna del 1986 sul diritto dei trattati conclusi da Stati con organizzazioni internazionali
e tra organizzazioni;
la Convenzione di Vienna del 1978 sulla successione dei trattati;
la Convenzione di Montego Bay del 1994 sul diritto del mare.

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75. Principio del Crimina Juris Gentium


Ogni stato può punire gli individui che si siano macchiati di tali delitti (crimina juris gentium), si può
procedere alla punizione anche se il colpevole sia stato catturato all’estero in maniera illegittima ed anche se
il reato sia prescritto. Però uno stato può, ma non ha l’obbligo di punire, così come non ha l’obbligo di
concedere l’estradizione del colpevole (per molte convenzioni vale la regola “ o estradare o giudicare”.

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76. Divieto dell'uso della forza armata in ambito di diritto


internazionale
Il divieto di uso della forza armata non ha altre eccezioni: né per proteggere la vita dei propri cittadini
all'estero, né per grosse violazioni dei diritti umani nei confronti dei propri cittadini. Quando si parla di uso
della forza, non rientra la forza interna nella sovranità territoriale e nella normale potestà di governo di uno
Stato sovrano.

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77. Definizione di responsabilità in ambito di diritto


Si distinguono 3 tipi di responsabilità:
1) per colpa: l’autore commette l’illecito intenzionalmente o per negligenza; (colpa lieve o grave) .
2) per dolo (nulla quaestio) : vi è l’intenzione di nuocere e di violare la norma.
3) responsabilità oggettiva: che può essere:
a) relativa: sorge col compimento dell'atto illecito, ma l'autore se ne libera invocando una causa di
giustificazione consistente in un evento esterno che gli ha impedito il rispetto della norma.
b) assoluta: la responsabilità sorge automaticamente e non ammette cause di giustificazione.
Oggi vige il sistema "residuale", per il quale lo Stato risponde di qualsiasi violazione del diritto
internazionale da parte dei suoi organi, purché non dimostri l'impossibilità assoluta (cioè non da lui
provocata) di rispettare l'obbligo.
Esiste anche una forma di responsabilità da atto lecito con riferimento al settore delle attività altamente
pericolose ed inquinanti (centrali nucleari) .
Tuttavia le convenzioni che si occupano del risarcimento dei danni prodotti da attività pericolose,
impongono agli stati contraenti l’obbligo di predisporre, nel loro ordinamento amento, degli adeguati sistemi
di responsabilità civile.

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Indice
1. Definizione di diritto internazionale 1
2. Soggetti del diritto internazionale 2
3. Funzioni del diritto internazionale 4
4. Caratteristiche di autodeterminazione del diritto internazionale 5
5. Definizione di norme consuetudinarie 6
6. Applicabilità della consuetudine agli stati nuovi 7
7. Suscettibilità delle norme consuetudinarie di interpretazione analogica 8
8. Principi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili 9
9. Definizione di principio formale e principio materiale 10
10. Definizione di principio di equità 11
11. Mancanza di codificazione scritta del diritto internazionale 12
12. Vincoli degli accordi di codificazione 13
13. Dichiarazioni di principi emanate dall'assemblea dell'onu 14
14. Caratteristiche degli accordi internazionali 15
15. Procedimento di formazione dei trattati internazionali 16
16. Procedimenti particolari di formazione dei trattati internazionali 17
17. Inefficacia dei trattati nei confronti di stati terzi 18
18. Incompatibilità fra norme convenzionali 19
19. Riserve nei trattati internazionali 20
20. Interpretazione dei trattati internazionali 21
21. Stipulazione di un trattato internazionale da parte di un organo incompetente 22
22. Successione degli stati nei trattati internazionali 23
23. Ipotesi di successione degli stati nei trattati internazionali 24
24. Convenzione di Vienna del 1978 sui trattati internazionali 26
25. Cause di invalidità e estinzione dei trattati internazionali 27
26. Mezzi per far valere l’estinzione o invalidità nei trattati internazionali 28
27. Procedura della convenzione di Vienna per far valere estinzione e invalidità 29
28. Guerra come causa di estinzione o sospensione dei trattati internazionali 30
29. Denuncia quale manifestazione della volontà di uno Stato di sciogliersi dal vincolo 31
30. Procedimenti previsti dagli accordi internazionali 32
31. Raccomandazioni in diritto internazionale: Effetto Liceità 33
32. Finalità dell'Organizzazione delle Nazioni Unite - O.N.U. 34
33. Elenco delle Istituzioni specializzate delle Nazioni Unite 35
34. Caratteristiche e funzioni delle Comunità Europee 37
35. Gli organi delle Comunità Europee 38
36. Relazioni esterne della CEE 39
37. Caratteristiche del Consiglio d'Europa 40
38. Definizione di Sovranità Territoriale 41
39. I limiti al Dominio Riservato 42
40. Trattamento degli Stranieri in ambito di Unione Europea 43
41. Investimenti stranieri in ambito di diritto internazionale 44
42. Definizione di nazionalizzazione di beni stranieri 45
43. Caratteristiche dell'istituto della protezione diplomatica 46
44. Trattamento degli agenti diplomatici: immunità 47
45. Il trattamento degli stati stranieri: concetto di immunità relativa 48
46. Adattamento del Diritto Statale al Diritto Internazionale 49
47. Adattamento al Diritto Internazionale Consuetudinario 50
48. Adattamento ai Trattati e alle Fonti da essi derivate 51
49. Adattamento agli Atti delle Organizzazioni Internazionali 52
50. Adattamento al Diritto Comunitario 53
51. Rapporto fra Norme Comunitarie e Leggi Ordinamentarie 54
52. Competenze delle Regioni nell'ambito del Diritto Internazionale 55
53. Regolamentazione della violazione delle Norme Internazionali 56
54. Definizione di fatto illecito nell'ambito del diritto internazionale 57
55. Elementi controversi dell’illecito nell'ambito del diritto internazionale: colpa e danno 58
56. Conseguenze dell’illecito nell'ambito del diritto internazionale: autotutela 59
57. Definizione di Riparazione nell'ambito del diritto internazionale 60
58. Sicurezza collettiva prevista dalle Nazioni Unite 61
59. Funzione giurisdizionale internazionale 62
60. Mezzi diplomatici di soluzione delle controversie internazionali 63
61. Principio della libertà dei mari in ambito di Diritto internazionale marittimo 64
62. Definzione di Mare territoriale 66
63. Definzione di Zona contigua in ambito di Diritto internazionale marittimo 67
64. Trattati relativi alla Protezione dell’ambiente marino 68
65. Diritti relativi alla navigazione Marittima 69
66. Diritti relativi alla navigazione Aerea 70
67. Diritti relativi alla navigazione Cosmica 71
68. Regolamentazione giuridica delle regioni polari 72
69. Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà 73
70. Convenzione Americana dei Diritti dell'uomo 74
71. Carta Africana del 1986 75
72. La Dottrina dell’act of State 76
73. Principio della Tabula Rasa 77
74. Elenco delle principali Convenzioni nel diritto internazionale 78
75. Principio del Crimina Juris Gentium 79
76. Divieto dell'uso della forza armata in ambito di diritto internazionale 80
77. Definizione di responsabilità in ambito di diritto 81

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