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Dall'economia preindustriale al miracolo economico italiano: una

panoramica storica
di Valentina Minerva
Appunti esaustivi delle lezioni di Storia Economica. Rivedono le principali tappe
dell'evoluzione dell'economia internazionale e nazionale.
Si parte dalle caratteristiche principali dell'economia preindustriale, per poi
analizzare approfonditamente cause, conseguenze e sviluppi della rivoluzione
industriale inglese. Si passa attraverso la prima e la seconda guerra mondiale
presentando i mutamenti economici a seguito dell'impegno bellico, dei risultati
dei conflitti e soprattutto della crisi del 1929. Si conclude infine con un'analisi
della nascita, e della crisi poi, del miracolo economico italiano.

Università: Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano


Facoltà: Economia
Esame: Storia economica - a.a. 2006
Docente: Locatelli Andrea Maria
Valentina Minerva Sezione Appunti

1. Società ed economia preindustriale

L’economia è la gestione delle risorse (materiali o immateriali) per rispondere a dei bisogni cambiati nel
corso del tempo. L’economia di mercato è il modo migliore per rispondere a questi bisogni.

L’economia di mercato è l’interazione tra


- OFFERTA : gestione delle risorse
- DOMANDA : soddisfazione dei bisogni
L’economia di mercato è nata con l’età moderna (indicativamente inizia nel1492 con la scoperta
dell’America e finisce nel 1789 con la Rivoluzione francese) in Europa, dove poi si è sviluppata.
L’economia di mercato può essere definita come un processo lungo e graduale, dove sono stati eliminati
progressivamente una serie di fattori negativi e appunto gradualmente sono emerse le caratteristiche che ora
la compongono.
L’Europa fino all’anno 1000 era un popolo di barbari, e così una crescente popolazione mise a coltivazione
una crescente estensione di terra, si diffusero molti insediamenti umani dove prima le terre erano incolte,
cresce il numero delle città, si sviluppano le tecnologie di guerra , dell’architettura, dei trasporti e
dell’agricoltura. Tutte queste innovazioni permisero all’Europa di sviluppare il commercio, la produzione e
l’organizzazione economica. Fino ad un certo momento dove l’Europa occidentale entra in competizione
con l’Europa orientale, dato che i prodotti che prima venivano comprati nell’Europa orientale ora venivano
prodotti in quella occidentale ed esportati.

L’economia è iniziata nel 1500, ha riguardato tutta l’Europa, ma ha raggiunto l’apice tra nella seconda metà
del 1700 in Inghilterra nella sua prima fase, la rivoluzione Industriale. Si è poi diffusa nell’Europa
occidentale nel 19° secolo, grazie alla dotazione di risorse che non esistevano nelle aree extraeuropee.
In Europa con il 1500 nasce una situazione capitalistica nel commercio, caratterizzata da un predominio
rispetto agli altri Paesi.

Le dinamiche demografiche

- lenta crescita della popolazione


- alta natalità (35-45 per mille)
- alta mortalità, in realtà il tasso di mortalità era inferiore rispetto a quello di natalità, ma avvenivano spesso
improvvise mortalità catastrofiche, di cui la popolazione risentiva immediatamente.
* mortalità ordinaria (30-35 per mille)
* mortalità catastrofica, (20-30 %), dovuta da la crisi di sussistenza e tensione sui prezzi delle derrate
alimentari causa di sotto nutrizione dei meno abbienti, manifestazioni epidemiche, operazioni militari con
fine di rovine e miserie, carestie e guerre guerreggiate (truppe in combattimento).
- reversibilità demografica: ovvero c’era una grande presenza di popolazione giovane e scarsa presenza di
popolazione anziana, di conseguenza la società preindustriale era un sistema incapace di reggere la crescita
della popolazione e soddisfarne i bisogni con le risorse (vincolo maltusiano).

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Composizione della società

- La grande proprietà, il latifondo, erano in mano al feudatario. La terra veniva distribuita in base
all’appartenenza sociale, non esisteva il mercato, a differenza dell’economia di mercato dove la terra si
compra e si vende.
- La comunità del villaggio gestisce la terra, quindi la sussistenza della comunità viene prima di tutto.
- Utilizzando il sistema del maggese, la terra deve riposare un anno, questo rendeva, dal punto di vista
economico, il sistema inefficiente e a basso rendimento.

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2. Fattori che frenano lo sviluppo dell'economia preindustriale


L’economia preindustriale era caratterizzata da diversi vincoli, che hanno frenato lo sviluppo:

- L’economia era basata fondamentalmente su un sistema dominato dalla ruralità (agricoltura), quindi c’era
una centralità del sistema agricolo.
- Il sistema agricolo aveva come obbiettivo la possibilità di disporre in quantità sufficiente del grano per
poter provvedere ad un’economia di sussistenza, per far sopravvivere la collettività.

- L’economia era caratterizzata da bassi rendimenti della terra e bassa produttività del lavoro.
- L’irrazionale utilizzo dei suoli: perché si utilizzava la terra per la sopravvivenza. Era la comunità a
gestire la terra, quindi le regole della collettività del villaggio erano superiori rispetto all’iniziativa
individuale. Era il villaggio a decidere cosa produrre, in che quantità, ecc…
- Gli uomini non riuscivano a far conciliare la crescita della popolazione e la disponibilità delle risorse;
quindi la società preindustriale non era in grado di riuscire a soddisfare i bisogni della popolazione, perché
non è capace di generare risorse.
La rottura di questo vincolo è uno dei fattori dell’economia di mercato.
La centralità dell’agricoltura si legava alla produzione e al consumo del grano e per questo era
indispensabile usare il maggese, che lasciava riposare il terreno un anno. L’agricoltura si basava su una
produzione cerealitica.

Tecniche colturali nell'economia preindustriale

Il grano era la coltivazione fondamentale per le popolazioni europee, ma era una risorsa depauperante che
costrinse gli agricoltori a trovare un modo di conservare la fertilità della terra, altrimenti dispersa dal
succedersi anno dopo anno delle coltivazioni.
Al tempo non esistevano conoscenze agricole che permettevano di provvedere ad una corretta lavorazione
del terreno e all’impiego di fertilizzanti.
L’unico modo per ricostituire la fertilità una rotazione agraria su ciclo biennale, sistema a due campi
possibile nell’area mediterranea per la terra leggera e asciutta di queste zone, e consisteva nell’alternanza di
un anno con coltivazione a cereale vernino e l’anno successivo a maggese; o triennale, sistema a tre campi,
possibile nell’Europa continentale per le sue terre pesanti, dove venivano alternati i cereali vernini
(frumento e segale), i cereali primaverili (orzo e avena) e il maggese.
Il maggese è una pratica agricola (di solito svolta in maggio) che consiste nel lasciare la terra un anno a
riposo e nel frattempo prepararla per una successiva coltivazione a cereali. Venivano quindi strappate
l’erbacce e la terra veniva concimata, per recuperare le proprie caratteristiche nutritive, depauperate dalle
precedenti colture.

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I tre sistemi di coltivazione, fondiari:
- SISTEMA ATLANTICO : tipico delle zone costiere occidentali, è un sistema fondiario dove prevale il
pascolo. È il contadino a gestire la terra.
- SISTEMA MEDITERRANEO : tipico della Spagna, Francia meridionale e Italia, unisce in rotazione
biennale le culture arboree e i cereali. Anche qui è il contadino a gestire la terra.
- CAMPI APERTI / OPEN FIELD : tipico delle Midland inglesi, della Francia settentrionale, dell’area
tedesca e delle aree meridionali della Scandinavia. La produzione rimane sempre la stessa, ovvero cereali e
piante arboree, ma cambia la gestione della terra: la gestione è collettiva, i campi sono a disposizione di tutta
la comunità, che decide cosa si coltiva e chi acquista il prodotto.
Al momento della mietitura il prodotto ritornava al proprietario legale in giusta proporzione, dopo di che
fino alla successiva lavorazione, diventava proprietà collettiva. Durante queste fasi di uso libero, unite alla
possibilità di utilizzo dei common lands ( terre cedute dal feudatario che consentivano il pascolo, la raccolta
di legname e se ricche d’acqua, la pesca) permettevano alla comunità di usufruire dei beni per l’economia di
sussistenza.
Il singolo individuo non poteva occuparsi della terra senza la decisione della collettività: primo perché le
proprietà fondiarie erano costituite da piccoli appezzamenti non continui e sottoposti da molti vincoli d’uso,
se il singolo individuo non avrebbe potuto fare niente senza essere notato dai vicini; secondo perché i singoli
coltivatori non avevano le attrezzature necessarie per gestire una terra.

- L’Europa preindustriale ha una scarsa capacità di innovarsi tecnologicamente. Ad esempio non


disponevano di fertilizzanti, di conseguenza le terre dovevano stare ferme un anno.
- Le terre vengono gestite dalla comunità perché il sistema non è in grado di generare risorse per tutta la
popolazione, per questo deve garantire una sussistenza a tutti.
- La struttura sociale dipende dalle risorse naturali. Il sistema produttivo è vincolato dalla disponibilità
delle risorse naturali. La Rivoluzione Industriale rappresenta la liberazione di questo vincolo: la società non
dipende più dalle risorse naturali, ma è l’uomo che le crea, che le genera.

La società preindustriale era legata all’unico prodotto che si poteva produrre, quindi l’uomo dipendeva dalle
risorse.
- Nell’età preindustriale non esistevano fabbriche, ma solo manifatture.

Anche la manifattura era dipendente dal sistema agricolo.


Qualsiasi sistema produttivo parte dalle materie prime (INPUT) che vengono trasformate in prodotto finito
(OUTPUT).
Gli economisti si soffermano sul processo di trasformazione: quando prevale il lavoro umano sul fattore
tecnologico siamo di fronte alla manifattura, viceversa quando prevale il fattore tecnologico sul lavoro
dell’uomo, siamo di fronte alla fabbrica.

Formule del rapporto tra lavoro umano e fattore tecnologico o capitale


LAVORO UMANO: L
FATTORE TECNOLOGICO O CAPITALE: K
L/K =

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- L > K : manifattura
- L < K : fabbrica (Questa formula rappresenta il passaggio all’economia di mercato)

Nell’età preindustriale erano tre i tipi di manifattura:


- RURALE / PROTOFABBRICA : è una manifattura che dipende dai prodotti agricoli, che utilizza come
materie. Viene quindi eseguita in campagna, perché ha bisogno della terra, quindi sta vicino alla terra.
Un esempio di manifattura in questo periodo è quella tessile.
FATTORE DI SUCCESSO : permette una grande quantità di prodotto a basso costo e il coltivatore era
impegnato anche quando non lavorava la terra.
- URBANA: L’artigiano era un artista, e lavorava prevalentemente su commissione per produrre beni di
lusso che in gran parte non erano essenziali. Per difendere e regolare questo mercato chiuso, perché produce
solo per i nobili, per il Re, gli artigiani si associavano tra di loro. Nascono così le corporazioni, ovvero
associazioni di autogoverno di artigiani urbani, che stabilivano cosa produrre, fissavano il prezzo e
concedevano l’autorizzazione per fare questo lavoro. La corporazione controlla quindi il mercato e gestisce
la domanda. Una forma moderna di corporazione sono i cartelli.
- MERCANTE IMPRENDITORE : è un intermediario, che acquista la materia prima, la da in lavorazione
a qualcun altro, poi ritira il prodotto finito e lo vende. I mercanti imprenditori operavano soprattutto nel
settore tessile.
Il mercante imprenditore riusciva così a far circolare quei beni rurali, condizionati dall’autoconsumo o dai
minimi mercati locali, e troppo deboli per entrare in competizione con un mercato esterno.

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3. Il mercante imprenditore, la manifatturea e la distribuzione del


reddito nell'economia preindustriale
- Non è lui il produttore, perché da la materia prima in lavorazione a terzi.
- Per comprare la materia prima doveva già possedere capitale da investire
- La sua attività principale è la vendita, la commercializzazione.
- A differenza dell’artigiano urbano, il mercante imprenditore non vende solo in città, me è lui che crea per
la prima volta nella storia europea, una rete commerciale tra aree distanti, lontane.
Nell’Europa preindustriale, soprattutto nell’Italia settentrionale (Milano, Firenze), nella Francia della
Borgogna e dell’Alsazia, e in tutte le città tedesche (che erano stati a sé)ci sono molti mercanti imprenditori.
- il mercante imprenditore recupera i capitali vendendo, e chi ne aveva in grandi quantità, oltre a svolgere
l’attività principale di commercializzazione, diventava banchiere, prestava quindi i soldi in cambio di
interessi.
Le tre forme di manifattura corrispondono alle tre dimensioni di mercato:
- RURALE / PROTOFABBRICA: rappresenta il mercato di sussistenza, autoproduzione, non si vende a
qualcun altro, quindi il mercato è pari a 0.
- URBANA: il mercato è la città o al massimo il contado, il territorio intorno alla città; quindi si parla di
mercato locale.
- MERCANTE IMPRENDITORE: oltre al mercato locale, ha un mercato regionale. Si definisce regionale
perché gli Stati Nazionali non esistevano ancora, erano ancora tutti regionali.
PROBLEMI:
Per la prima volta il mercante imprenditore nella sua rete commerciale ha a che fare con i confini regionali,
quindi doveva pagare il dazio, la tassa regionale.
Inoltre esisteva il problema del denaro, perché ogni Re aveva la sua moneta. Ed era anche un problema il
trasferimento del denaro. Questo da vita ai circuiti commerciali. Per avere uno sviluppo dell’attività
commerciale è essenziale avere un mercato con caratteristiche il più possibili simili.
Un esempio pratico che si può rifare a quanto detto è quello del mercante FUGGHER:
Fuggher era un artigiano che produceva vestiti a Lipsia (vestiva i nobili della città). Un giorno decise di
comprare la stoffa e darla in lavorazione al contado, rischiando i capitali, poi lui l’avrebbe venduta in
Europa. Questa vendita andò bene, così Fuggher iniziò ad avere negozi in giro per l’Europa. Da questi ebbe
molti profitti, iniziò così a prestare soldi in cambio di interessi. Arrivò a finanziare persino Carlo V. Diventò
così finanziatore del papato, perché assumeva sempre più potere.
Il mercante imprenditore rappresenta il passaggio verso il cambiamento, sta rompendo il quadro storico.

Il reddito è la quantità di ricchezza che ogni persona ha a disposizione. Nell’età preindustriale la


distribuzione del reddito è fortemente sperequata, poiché poche persone hanno tanto reddito e tante persone
hanno poco reddito. Per questo doveva prevalere un’economia di sussistenza, in quanto la maggior parte
della popolazione disponeva di quote di reddito appena sufficienti per acquistare i beni fondamentali per la
sopravvivenza: derrate, vestiario, abitazione.
L’economia industriale cambierà questa distribuzione.

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È una società che non investe e consuma molto, solo per quell’elite di persone che hanno molto reddito

La Francia, se pur legata alla produzione agricola, rafforza la sua posizione in campo industriale: sete, lini,
vetrerie, carta, stampa.
Più rilevanti sono i progressi dei Paesi Bassi e dell’Inghilterra dove tra 1500 e 1600 prende forma una
manifatturiera fondata sulla produzione della lana, uno sviluppo dell’industria mineraria e metallurgica, con
un forte incremento della produzione di carbone.

- l’inefficienza e gli alti costi del trasporto via terra: la pessima condizione delle strade
- la relativa efficienza dei trasporti via acqua i canali navigabili: la navigazione marittima
- esito: la difficile specializzazione produttiva

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4. Crescita economica con l'espansione coloniale


La crescita economica viene calcolata attraverso:
- PIL, prodotto interno lordo: quantità di beni prodotti da un paese in un tempo dato, tendenzialmente un
anno.
- prodotto interno procapite

L’Europa del 1500-1600, per la prima volta nella storia, misura una crescita del PIL intorno al 3-4 %
l’anno, soprattutto in Francia, Olanda e Inghilterra.
Questa crescita è legata ad una crescita economica, dalla fine dell’Impero Romano lo popolazione per la
prima volta cresce, in particolare quella francese e inglese.
La popolazione cresce grazie innanzitutto alla scomparsa della peste, all’apertura del continente ai commerci
con le colonie che arricchiscono i porti europei e i loro retroterra, all’espansione delle città sedi governative
dei nuovi stati assoluti e crescita di molti centri urbani minori, ai progressi delle attività agricole produttive,
grazie al maggiore sfruttamento dell’energia idrica e delle risorse minerali e forestali, all’aumentata gamma
di cibi e alla maggiore igiene urbana e personale. Inoltre il maggior numero di persone che dovevano trovare
da vivere o spingeva verso un migliore utilizzo di campi già coltivati, spingeva verso la colonizzazione di
terre ancora inabitate.
La conquista del continente permetteva di trovare nuovi spazi e mercati.
Questo aumento demografico genera una pressione di domanda sulle risorse agricole.

L’Europa ha bisogno di produrre di più, verrà quindi messa a coltura più terra ed aumenta l’estensione
produttiva, verranno quindi messe a frutto terre relativamente vicine, soprattutto differenziate dai climi,
dalle risorse naturali e dalla densità di popolazione. Tutto ciò genererà relazioni mercantili interregionali.

L’afflusso di oro e argento proveniente dal Nuovo mondo, genera l’inflazione, perché aumenta la
circolazione della domanda rispetto ad un’offerta statica.
INFLAZIONE: aumento dei prezzi, ovvero il rapporto tra il costo di produzione e il valore della moneta.
Se c’è in giro molta moneta, e quindi la popolazione è disposta a comprare, ma l’offerta è sempre stabile, i
prezzi tendono a salire e cresce l’inflazione.
Quindi la crescita economica è contemporanea alla crescita dell’inflazione. Questo favorisce i debitori, che
in questo modo devono pagare di meno perché il valore della moneta è sceso, e penalizza i creditori, che
recupereranno di meno. Quindi tutti quei proprietari, creditori rispetto agli affitti dei contadini, vogliono
rivedere i canoni di locazione. Avverranno delle rivolte dei contadini.
Il mercante imprenditore invece guadagna da questa situazione. Viene definita inflazione da profitti, quindi
si ritrova con un guadagno in più. Questi soldi, soprattutto in Francia e in Inghilterra, meno in Spagna e
Portogallo, verranno investiti in nuove attività.

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L’inflazione genera una rivoluzione commerciale (avvenuta nel 1500) e ha come protagonisti l’Olanda con
Amsterdam, il Belgio con Anversa e l’Inghilterra della Regina Elisabetta I.
Con la rivoluzione commerciale avviene il passaggio dalla centralità dell’Italia (area mediterranea) alla costa
Atlantica, legato al commercio con le colonie dell’Asia, dell’Africa e del Sud America. Si commercia quindi
a livello mondiale. Gli inglesi hanno colonie nel sud-est asiatico, mentre gli spagnoli nel sud America.
La Spagna e il Portogallo affidano la gestione dei commerci allo stato, alla corona, a funzionari pubblici.
L’Inghilterra, la Francia e l’Olanda, invece, affidano la gestione dei commerci ad operatori privati per la
prima volta. Questi però hanno dei problemi:
- hanno bisogno di capitali per i trasporti
- aumentano i rischi di trasporto, dove se qualcosa andava male, venivano perse grosse quantità di capitali.
Le regole sono libere perché la casa reale non ha influenza sui commerci, infatti non fornisce le navi. Però
questi problemi generano nuovi atteggiamenti in chi gestisce i flussi commerciali.

Tutti gli imprenditori privati si rifanno ad un modello sviluppato nel Medioevo: la Società in nome
collettivo. Per formare questa società, si univano più persone, che mettevano in comune i capitali, si
dividevano i rischi di mercato e le spese. Questa realtà viene chiamata compagnia regolata, tipico modello
olandese.
I mercanti avevano diritto di monopolio su alcune aree e una volta che si associavano, mettevano in comune
le risorse ad esempio per comprare le navi. Inoltre venne creato un organismo che coordinava e gestiva.
DIFETTI:
- c’erano molti conflitti sulla spartizione delle aree
- spesso qualche mercante non rispettava le regole.
In Inghilterra fanno una piccola modifica, che segnerà la storia economica e finanziaria occidentale.
Separano la gestione dalla proprietà: alcune persone avevano il compito di gestire i flussi (comprare le navi,
vendere, commerciare), mentre altri mettevano i capitali e in cambio avevano degli interessi. Chi metteva i
capitali poteva anche fare l’agricoltore, il commerciante, erano persone disposte ad investire del capitale.
In questo modo chi metteva i capitali non aveva il rischio di gestione.
Questa realtà si evolverà in Società per azioni: ovvero la raccolta di capitali, senza coinvolgerli nella
gestione. Il patrimonio della società è diviso in tante quote messe in vendita, a persone che non gestiscono la
proprietà e annualmente ricevono utili.
Viene creato un mercato finanziario. Si può affermare che sia nato prima il mercato finanziario che il
sistema produttivo industriale.
15 marzo 1600 : viene costituita la Compagnia delle Indie Orientali inglese
1602 : viene costituita la Compagnia delle Indie Orientali olandese
Queste società hanno avuto successo per il meccanismo economico, perché se fallisce la società, fallisce la
gestione, non gli azionisti che diventano creditori della società, a differenza della Società in Nome

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Collettivo.
Inoltre lo stato diede a queste due compagnie, l’esclusiva sul mercato, chi voleva commerciare, doveva per
forza passare per la Compagnie delle Indie.
La Compagnia era una sorta di amministratore della corona. Ad esempio i gestori della Compagnia olandese
venivano nominati dalla Corona.
Mentre i gestori della Compagnia inglese venivano nominati dagli azionisti con il crescere delle attività.
La società tendeva a dividere il capitale in quote e cercare nuove fonti di finanziamento per aumentare il
capitale. Tutto questo genera un mercato.

Con la creazione del mercato, subentra la necessità di:


- avere delle REGOLE, per comprare e vendere le quote (azioni) : CODICI DI COMMERCIO
- avere un LUOGO per le contrattazioni: BORSA VALORI
- avere degli OPERATORI PROFESSIONALI che si occupino di vendita e acquisto delle azioni :
AGENTI DI CAMBIO
Le Borse di Amsterdam e di Londra sono le prime.
L’economia di mercato nasce appunto tra la separazione tra proprietà e gestione, senza chi risparmi e investe
non può avvenire lo sviluppo economico commerciale.

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5. Mutamento culturale e importanza del carbone dopo l'espansione


coloniale
Il quadro politico-culturale dell’Europa ha un cambiamento tra 1600 e 1700. (rivoluzione protestante, fine
idea impero e rapporto col papato, affermazione Stati Nazionali, declino della Spagna)
Si affermano due elementi di rottura del sistema preindustriale:
- l’affermazione della scienza pura, ovvero la ricerca
- sviluppo della tecnologia
Tra 1500 e 1700 maturano nel mondo anglosassone e francese una serie di progressi nella conoscenza del
mondo fisico: l’uomo conosce e gestisce le risorse naturali.
Il mondo anglosassone utilizza le conoscenze teoriche per organizzare la gestione delle risorse, e avviene
l’applicazione di queste conoscenze al sistema economico produttivo. L’organizzazione delle conoscenze si
chiama TECNOLOGIA.
Il PERCORSO TECNOLOGICO (tra 1600 e 1700) afferma la trasformazione da INVENZIONE, ovvero
la scoperta scientifica e INNOVAZIONE ovvero le tecniche, l’applicazione delle scoperte scientifiche.
Non tutte le invenzioni però diventano innovazioni. Per il sistema economico contano le innovazioni.
Il processo di trasformazione è stato messo in atto dagli inglesi. Spesso le innovazioni sono nate non per
opera di scienziati ma per opera di mercanti imprenditori o artigiani.
L’affermazione del mondo scientifico è legata alla società inglese, dove la ricerca empirica, la
sperimentazione, assume un ruolo fondamentale. L’innovazione nell’economia preindustriale è servita a far
passare il concetto di macchina mossa da energia inanimata, quindi rappresenta il passaggio da un’economia
ORGANICA a un’economia MINERALE. L’operatore economico dell’età preindustriale è dipendente dalla
disponibilità geografica e dalla quantità delle risorse agricole. L’innovazione tecnologica rompe questa
dipendenza, così diventa l’uomo a gestire, manipolare, cambiare, le risorse naturali.
NOTE:
- la tecnologia permette all’uomo per la prima volta di gestire le risorse: può decidere quanta energia
produrre senza essere legato al sole.
- La tecnologia nei sistemi economici ha permesso di incrementare la produttività, ovvero il rapporto tra il
prodotto finito e le risorse impiegate, ci vogliono meno input per avere più output. Il telaio meccanico
(Inghilterra 1600) permette di impiegare meno cotone.
- Storicamente l’innovazione è legata ad un processo di miglioramento, non di rivoluzione. L’innovazione è
un processo incrementale – learning by doing
- Questo processo di innovazione ha riguardato solo l’Inghilterra, non altri paesi dell’Europa. Questo perché
l’Inghilterra ha un sistema sociale propenso al cambiamento, all’innovazione. Infatti l’innovazione è legata
ad una società aperta.
- Da questo processo di innovazione si arriva alla produzione di beni standardizzati, perché sono stati creati
sistemi produttivi grazie all’innovazione tecnologica. In questo modo i beni che prima potevano essere
utilizzati solo da un élite, ora circolavano tra più persone. La trasformazione del processo produttivo è dato
dalla liberazione delle dipendenza dell’uomo dalla gestione delle risorse.
Senza le compagnie regolate e le società per azioni, non saremmo arrivati alla fabbrica e senza l’innovazione
tecnologica non saremmo arrivati al processo di fabbrica.

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Il carbone a legna viene sostituito al carbone fossile, che permette l’impiego come fonte primaria di
energia.
Questa sostituzione nasce da un sistema economico sviluppato:
- Tra il 1540 e il 1640 la popolazione inglese passò da 3 a 6 milioni. Questa crescita esercitò una forte
pressione sui mezzi di produzione, che avevano bisogno di nuova energia, perché la legna non bastava più.
Esisteva la necessità di trovare combustibile a basso costo in sostituzione alla legna, risorsa naturale alla
quale, fino ad ora, gli uomini erano legati.
La pressione demografica genera la domanda, il sistema sociale ed economico inglese, doveva trovare la
soluzione. Questa soluzione era data dalla conformazione geografica del territorio inglese, che aveva un’alta
disponibilità di giacimenti superficiali di carbone accessibili.
- Gli inglesi nel 1700 avevano una stabilità politico-istituzionale, con la Regina Elisabetta prima, che non gli
impegnava in guerra, a differenza degli altri paesi che dovevano fronteggiare guerre di religione e
successioni dinastiche.
- La Regina Elisabetta I e il Re Enrico VIII vollero una svalutazione del valore della moneta e questo
alimentò l’inflazione. Per i mercanti imprenditori si parlava di inflazione da profitti, e i guadagni venivano
investiti nello sfruttamento del carbone e dei canali.
- Lo scisma anglicano, ovvero la rottura di Enrico VIII con la chiesa cattolica, portò alla nascita della chiesa
anglicana. Ma questo portò un cambiamento anche a livello economico, perché la corona inglese incamera.
Le terre in un primo momento andarono in mano alla chiesa, aumentando il suo patrimonio, ma
successivamente il Re confisca e rivende queste terre, non le tiene per se perché lui aveva bisogno di denaro
in cassa, crea così un MERCATO, con investimenti. Si parla di mobilizzazione della terra, perché la terra
viene messa in circolazione.
Per la prima volta viene venduta e comprata la terra. Finisce il passaggio di proprietà in base alla nascita,
perché viene sostituito dal diritto di proprietà per NEGOZIO ECONOMICO.

Il carbone segna quindi il passaggio dalla manifattura alla fabbrica, senza il carbone fossile, e quindi
l’energia non sarebbe stato possibile questo passaggio.
Perché…
- L’uomo ha così un’abbondante fonte di energia termica. La legna era condizionata dalla disponibilità di
foreste e soprattutto dalla localizzazione. Anche il carbone fossile in un primo momento resta legato alla
localizzazione, perché si trovava solamente nelle aree del nord dell’Inghilterra, però si poteva trasportare.
Quindi il carbone permette di generare più energia termica rispetto alla materia prima.
- Il carbone fossile permette l’utilizzo dell’energia a vapore e quindi delle macchine, questo vuol dire
aumentare la produzione e le unità di produzione.
Però la fabbrica richiede due fattori fondamentali:
- Più capitali, quindi più investimenti per costruire la fabbrica
- L’organizzazione della produzione, perché è la macchina a determinare tempi e modi. L’organizzazione
non era mai esistita fino ad ora. Da qui nasce l’operaio, ovvero una persona che non deve avere una
preparazione come l’artigiano, ma presta il suo lavoro in cambio di un salario.
NOTA:
L’Inghilterra non si è industrializzata tutta, ma per aree regionali, per zone.
Il passaggio dalla manifattura alla fabbrica in Inghilterra è avvenuto nello stesso luogo e nella stessa area di

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dove era presente il carbone. Quindi nella prima fase si resta legati alla localizzazione.
Progressivamente però, avviene uno spostamento in zone lontane dalle miniere. Questo è reso possibile dai
mezzi di trasporto, come la ferrovia e dai canali. Ci si sposta perché diventa molto più importante la
localizzazione su Londra, che approvvigionarsi della materia prima che si può spostare con le ferrovie.
Quindi la fabbrica è legata a:
- La possibilità di trasportare materie prime e prodotti finiti. Il problema dell’imprenditore è avere mezzi di
trasporto che costino poco e permettano di trasportare le materie prime.
- L’accesso al mercato, ora è l’imprenditore a cercare i mercati e a spostarsi nei mercati.

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6. Intervento dello Stato nello sviluppo economico del periodo


preindustriale
Nell’agricoltura, nell’industria e nel sistema creditizio ci sono stati una serie di operatori che sono mutati
nel tempo. In questo ciclo progressivamente è intervenuto un nuovo soggetto, lo Stato, il potere pubblico,
che ha interagito nella vita economica.
Nel sistema preindustriale il potere pubblico era in mano al re, mentre nella Rivoluzione Industriale il potere
pubblico diventa lo Stato Nazionale, che ha assunto nella storia economica europea forme diverse.

Con il passaggio dall’economia preindustriale all’economia di mercato avviene anche una trasformazione
del sistema politico-istituzionale, (Il sistema politico-istituzionale indica come sono organizzati i poteri che
gestiscono la vita cittadina)
Che riguarda il passaggio da sistema feudale a liberismo.
Non c’è capitalismo senza liberalismo. (Il liberalismo rappresenta il sistema politico istituzionale. Non va
confuso con liberismo, che è una dottrina economica).
Quindi in tutti i paesi in cui si è sviluppata l’economia di mercato, si è affermato il liberalismo. L’economia
di mercato si è affermata prima negli stati dove si è affermato il liberalismo, mentre i paesi che sono rimasti
indietro (Spagna e Portogallo) sono paesi che non hanno affrontato il liberalismo.
Questo processo ha molto inciso nell’affermazione della Monarchia Costituzionale inglese.
L’Inghilterra oltre ad essere il primo paese a provare la Rivoluzione Industriale, è stato il primo paese a
passare dalla Monarchia feudale alla Monarchia Costituzionale (il parlamento controlla il Re). Questo
passaggio avviene con la morte di Carlo I Stuart.

All’inizio del 1600 con la Gloriosa Rivoluzione di Cromwell in Inghilterra, finisce il sistema industriale e si
afferma il sistema del liberalismo, dove i poteri si controllano.
Questo processo va in contemporanea con la formazione degli Stati Nazionali, insieme di persone che si
riconoscono in una nazione, finisce così il modello feudale. Questo processo genera:
- PRINCIPIO DELLA FISCALITÀ CON RAPPRESENTANZA : non c’era nessuna tassazione senza
rappresentanza, ovvero siccome esiste uno stato, l’operatore economico deve partecipare al pagamento delle
tasse, me decide come. La rappresentanza è data dalla Camera dei Lord che decide insieme al Re le tasse.
- Con la rivoluzione francese, si afferma il DIRITTO DI CITTADINANZA : ogni operatore economico ha
diritti e doveri, che il sistema politico deve fare rispettare. Tutto ciò permette l’economia di mercato. In
questo modo viene riconosciuto un diritto sul mercato, se no il mercato sarebbe in mano al più forte come
nel sistema feudale.

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7. La rivoluzione industriale 1760 - 1850


- L’economia di mercato NON È la rivoluzione industriale inglese, ma è nata dalla rivoluzione industriale.
- La Rivoluzione Industriale NON È una rivoluzione, perché è un processo graduale e lungo nel tempo, che
parte dalla società preindustriale e arriva al 1800.
- La Rivoluzione Industriale NON È industriale, o meglio, NON È SOLO industriale, perché in realtà è
cambiato tutto il sistema economico e sociale.
- La Rivoluzione Industriale è preceduta da una RIVOLUZIONE AGRICOLA
- La rivoluzione non è solo agricola ma anche AGRARIA

Cambia il modo di coltivare la terra perché vengono inserite nuove tecniche culturali e criteri gestionali.
- Finisce il metodo del maggese, che viene sostituito dal SISTEMA DELLE ROTAZIONI : la terra viene
coltivata costantemente cambiando ogni anno il tipo di coltura.
- Vengono introdotti nuovi tipi di colture: leguminose da foraggio (erba medica e trifoglio) e radici (rape e
patate).
- La rotazione può essere biennale o quadriennale della terra. Questo è reso possibile grazie all’utilizzo dei
CONCIMI e dall’invenzione e utilizzo di una serie di MACCHINE. Quindi l’uomo interviene sulla terra.
- Viene introdotto l’ALLEVAMENTO BOVINO.

La seminatrice, la zappatrice a cavalli che alleviò il lavoro con la zappa, migliorò l’aratura grazie al
miglioramento degli aratri e perfezionata con l’impiego di ferro leggero che consentiva un risparmio nei
costi di manodopera e di impiego di animali da tiro; si sviluppò anche la trebbiatura.
Tutte queste innovazioni portano al primo modello di azienda capitalistica.
Perché…
- Esiste una SINERGIA (interdipendenza) tra coltivazione e allevamento bovino, che è un ottimo fattore di
concimazione.
- C’è una perfetta allocazione rispetto al mercato: per la prima volta l’agricoltore può produrre e vendere.
Queste tecniche vengono sviluppate in Lombardia, poi i viaggiatori inglesi copiano e importano in
Inghilterra. Questa è una capacità del mondo anglossassone di acquistare le conoscenze.

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8. Rivoluzione agraria e demografica nella rivoluzione industriale


Nei Paesi Bassi l’uso più intensivo della terra si manifestò grazie a cinque progressi:
- La sostituzione del maggese con colture fertilizzanti (leguminose da foraggio) inseriti in cicli pluriennali
lunghi fino a sei anni
- Il mantenimento della fertilità grazie al letame reso possibile dall’aumento del bestiame alimentato dai
nuovi foraggi
- L’introduzione di nuovi attrezzi
- L’introduzione di nuove colture industriali, come il il lino, il tabacco, la patata
- Lo sviluppo dell’orticoltura, attraverso colture di serra.

L’evoluzione tecnica dell’agricoltura olandese, è stata permessa grazie alla differenziazione del suolo:
sabbioso, morboso, argilloso.
Inoltre anche in Olanda era avvenuto il superamento dei legami feudali.
L’agricoltura olandese aveva assunto caratteri di un’agricoltura commerciale. La pressione della domanda
portò a soluzioni tecniche per una specializzazione produttiva ed un efficiente uso della terra. Per colmare
gli squilibri di mercato, alcune derrate alimentari venivano importate dal Baltico, inserendo così l’economia
locale in uno scambio continentale.
Questa agricoltura mercantile, modificò il rapporto popolazione-risorse e aumentò l’inurbamento.

Cambiamento nell’organizzazione giuridica della proprietà.


- È la fine degli open fields e della comunità di villaggio. Dal 1500 in poi progressivamente in Inghilterra
non ci sono più.
- Finisce anche il latifondo. In questa cosa gli inglesi sono stati i primi e unici. Questa è una delle ragioni del
grande ritardo dell’Europa continentale.
Questo processo va sotto il nome di ENCLOSURES (le recinzioni), si afferma così la proprietà privata.
Nell’Inghilterra di inizio 1700 sia i proprietari feudatari, sia gli operatori economici, in particolare i mercanti
imprenditori, vedono una crescita dei prezzi dei prodotti agricoli e dei manufatti tecnici, che unita alla
scoperta delle terre unificate, genera la volontà di iniziare a coltivare di più i cereali e sviluppare
l’allevamento bovino e ovino.
C’era però un ostacolo: i campi aperti, che venivano gestiti dalla comunità di villaggio. Questo sistema
doveva cessare per permettere un individuale gestione della terra.
Per fare questo gli inglesi si inventano una strategia:
prevedere degli atti legislativi (leggi), con i quali lo Stato espropriava la terra alla comunità e la rivendeva ai
singoli. Questi atti si chiamano ENCLOSURES ACT (atti delle recinzioni, che avvenivano con muri a secco
o siepi).
Lo Stato riconosce quindi l’acquisto e la vendita della proprietà privata, superando il sistema della società
preindustriale. Si crea il mercato.
La proprietà privata era connessa ad un DIRITTO PATRIMONIALE. È il primo episodio di
PRIVATIZZAZIONE di un BENE ECONOMICO.
Effetti della Rivoluzione agraria
- Cambia il sistema agricolo inglese, diventa un sistema fondato sulla PROPRIETÀ PRIVATA.

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- Non si parla più di economia di sussistenza, ma SI PRODUCE PER IL MERCATO, questo viene definito
individualismo agrario. L’individualismo agrario indica la libera disponibilità della terra alle decisioni
produttive di chi è proprietario. È un concetto inserito da Bloch.
- Molta gente che viveva nella comunità di villaggio e che non diventa proprietaria terriera, si deve trovare
un lavoro. Questi diventeranno potenziali OPERAI nelle fabbriche. Avviene un processo di mobilità del
lavoro dall’agricoltura all’industria nascente.
- Avviene un processo di INURBAMENTO: passaggio dalla campagna alla città perché ci sono le fabbriche.

L’Inghilterra sperimenta una forte caduta della mortalità, un incremento della natalità e di conseguenza una
crescita della popolazione urbana.

Il teorema di Malthus sull'andamento della popolazione

Malthus ha descritto con un teorema l’andamento dell’andamento della popolazione rispetto all’andamento
delle risorse.
L’andamento della popolazione cresce secondo una progressione geometrica.
L’andamento delle risorse, invece, cresce secondo una progressione aritmetica.
Quindi le risorse crescono con un tasso inferiore rispetto al tasso di crescita della popolazione.
Questo porta ad uno stato stazionario, dove dato che non c’erano risorse per tutti, la popolazione viveva una
sorta di depressione, di conseguenza avrebbero fatto meno figli. Secondo Malthus questo permetteva di
riequilibrare la popolazione. Inoltre altri fattori regolativi erano le guerre e le carestie.
Il teorema di Malthus è stato completamente smentito con la Rivoluzione Industriale, perché Malthus aveva
fatto queste osservazioni riferendosi ad una società preindustriale, senza tener conto dell’innovazione
tecnologica, e quindi del cambiamento della produzione. In questo teorema non viene introdotto
l’importante fattore della produttività del lavoro e delle risorse.
Smentendo Malthus si può affermare che con la Rivoluzione Industriale avviene una crescita della
popolazione. Il sistema delle risorse regge l’aumento della popolazione.
Tutto questo è legato all’affermazione del sistema di fabbrica e alla nascita dell’industria del cotone (è una
pianta). Gli inglesi prendevano il cotone dalle colonie in India e nel sud degli Stati Uniti d’America.

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9. L'economia di mercato nella rivoluzione industriale


Il sistema di fabbrica si afferma grazie a:
- La scoperta del telaio meccanico e quindi la meccanizzazione della filatura del COTONE.
- Nuovo combustibile: il CARBON FOSSILE.
- SIDERURGIA: ferro e acciaio, ghisa e altoforno
- Nuova fonte di energia: LA MACCHINA A VAPORE
Questi elementi rappresentano la Rivoluzione Industriale inglese.

- Questa nuova tecnologia genera nuovi prodotti che prima non c’erano, che sono:
- COTONE e TESSUTI DI COTONE, costavano poco e potevano essere prodotti in maggiore quantità
rispetto alla lana e alla seta
- FERRO, che sostituisce il legno
- ENERGIA A VAPORE
Questi elementi avevano prezzi molto bassi ed erano presenti in grande quantità. Erano quindi accessibili a
tutti.
Ogni innovazione è fattibile economicamente solo se riduce i costi e permette un incremento delle
produzione.
- Viene generata anche una nuova organizzazione nella produzione.
Avviene il passaggio alla PRODUZIONE DI MASSA, si deve produrre in grande quantità e in serie, si
producono BENI STANDARDIZZATI.
- Viene generata anche una nuova organizzazione del lavoro.
La fine degli open fields segna l’affermazione dell’individualismo agrario, si formano così le figure dei
coltivatori agrari, proprietari terrieri.
Le altre persone, che non diventavano proprietari terrieri, sperimentarono il processo di inurbamento.
Trasferendosi nelle città diventano OPERAI, in cambio di un salario vendono il proprio lavoro.
Invece molte di quelle persone che hanno capitali, iniziano ad investirli nella nuova tecnologia, si forma così
la figura degli IMPRENDITORI: rischiano il capitale per produrre, inoltre gestiscono e organizzano la
fabbrica. Non c’è più la figura del mercante imprenditore. Questi nuovi imprenditori capitalistici,
provenienti dagli strati medi della società ed interessati in particolare alla produzione tessile, assunsero il
ruolo di innovatori nel momento in cui riorganizzarono secondo nuovi criteri le attività produttive e
introdussero nuove macchine. La loro miglior attitudine consisteva nel calcolare in anticipo le possibilità di
profitto conseguenti all’assunzione del rischio di investire risorse in nuove direzioni produttive prima e nelle
nuove tecniche poi.
Questi tre elementi si svolgono all’interno di un MERCATO.

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10. Rivoluzione dei trasporti, distribuzione delle risorse e divisione


del lavoro nella rivoluzione industriale
Questo processo di affermazione sul mercato è legato ad una rivoluzione dei trasporti.
Questa rivoluzione avviene a Londra, che rappresenta il mercato fisico della Rivoluzione Industriale e che
necessita di creare una struttura di servizi.
Si sviluppano:
- strade e canali
- le ferrovie
I canali servivano per mettere in comunicazione le numerose reti idrografiche naturali, così da facilitare il
trasporto di merci voluminose e di modesto valore come i cereali. Il primo stimolo alla costruzione di canali
provenne dal processo di urbanizzazione (soprattutto di Londra), per soddisfare il bisogno cittadino di
carbone da impiegare come combustibile sia domestico che industriale.
NOTA
La Rivoluzione Industriale inglese non è avvenuta grazie alle ferrovie, ma avviene per lo sviluppo delle
strade e dei canali.
Il mercato senza una rete commerciale non può funzionare.

Con la Rivoluzione Industriale viene risolto il problema della sussistenza, il sistema è in grado di generare
risorse per tutti. Avviene quindi una DISTRIBUZIONE DELLE RISORSE; l’obbiettivo della popolazione è
accumulare risorse, reddito. In questa fase interviene un nuovo soggetto: lo Stato, che attraverso la politica
fiscale, muove le risorse.

L’affermazione del sistema di fabbrica corrisponde con l’affermazione della macchina. La meccanizzazione
è l’affermazione del nuovo modo di lavorare: la macchina prevale sull’uomo.
Nel 1766 Adam Smith cerca di dare una spiegazione economico matematica all’affermazione di fabbrica e
nel suo libro “La ricchezza delle Nazioni” introduce un concetto fondamentale:
Il sistema di fabbrica ha introdotto la DIVISIONE DEL LAVORO, ovvero la specializzazione.
L’economia di mercato si regge sulla specializzazione, ovvero sulla scomposizione delle tradizionali
mansioni artigiane e sulla rassegnazione di ogni determinata operazione del processo produttivo a ciascun
operaio.
Questo significa che con la divisione del lavoro, ognuno si occupa di un pezzo.
Questo concetto coinvolge anche le aree regionali, le Nazioni. Perché ogni Nazione si specializza nella
produzione di determinati beni, e le altre Nazioni comprano da questa i beni prodotti, di conseguenza la
Nazione produttrice acquisterà i prodotti che le servono da altre Nazioni specializzate.
La specializzazione del lavoro permette di far funzionare il mercato, è la regola: c’è qualcuno che produce
per vendere sul mercato, e qualcuno che acquista e a sua volta produce.
Secondo Adam Smith, le Nazioni sarebbero cresciute maggiormente economicamente, quanto più si

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sarebbero specializzate nella divisione del lavoro.

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11. Le innovazioni tecnologiche nella rivoluzione industriale


L’innovazione tecnologica si è sviluppata nel 1700, ma la crescita della produzione e del reddito è iniziata a
partire dal 1800. Ad esempio la divisione del lavoro è iniziata nel 1700 ma ha prodotto effetti nel 1800.
Le innovazioni:
1709 - Abrahm Darby crea l’ALTOFORNO, la fusione in altoforno con l’impiego del carbone coke e
inventò così una tecnica di produzione della ghisa
1712 - Thomas Newcomen crea la MACCHINA A VAPORE
1730 - Jon Key perfeziona il TELAIO CON NAVETTA VOLANTE
1765 - James Hargreaves perfeziona il FILATOIO MECCANICO,“SPINNING JENNY”
1767 - Richard Arkwright perfeziona la FILATOIO IDRAULICO “WATER FRAME”
1783 - Henry Cort definisce il processo di PUDDELLAGGIO che porta alla LAMINAZIONE DEL FERRO
RAFFINATO IN BARRE
In quasi 100 anni sono stati messi a punto sia la meccanizzazione dell’industria tessile, sia lo sfruttamento
del ferro per la sua produzione.
Non sono stati scienziati a creare queste innovazioni, ma artigiani.
Lo sviluppo della scienza pura è avvenuto in Francia, ma l’applicazione della scienza in Inghilterra.
Da tutto ciò di può dedurre che è la macchina che dà la produttività, non è più importante il lavoro.

Lo sviluppo tecnologico è un processo graduale fatto di perfezionamenti.


Questo processo viene chiamato dagli economisti CURVA TECNOLOGICA.
Ogni innovazione tecnologica ha una sua curva (parabola), ovvero ha un avvio, un apice e una fase di
declino.
La curva tecnologica può avere però degli scostamenti, delle rotture, che avvengono solitamente quando si
introduce un sistema che non funziona. In economia questi scostamenti si chiamano…
SALIENTI AVVERSI : un blocco nel processo di sviluppo di un prodotto tecnologico. L’elemento
introdotto non funziona e l’investimento fatto porta frutti negativi.
Ogni curva tecnologica è legata ad una CURVA DEGLI INVESTIMENTI e a una CURVA DEI RICAVI.
Tutti i fattori tecnologici hanno la parte discendente della curva legata a due fattori:
- L’affermazione sul mercato di un nuovo prodotto. Il carbone verrà sostituito dall’elettricità.
- La MODIFICA DEI VANTAGGI COMPARATI

Questo processo di sviluppo tecnologico ha avuto una scansione temporale:


1760 – 1800: fase dell’AVVIO del cambiamento, legato all’industria del cotone
1800 – 1830: fase del GRANDE CAMBIAMENTO: affermazione
dell’economia di mercato perché cambiano tutti gli indici:
- CRESCITA DEMOGRAFICA : rispetto alla situazione preindustriale grazie alla fine dei momenti critici e

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catastrofici e ad un innalzamento della qualità delle componenti medie di vita. La crescita ora è una crescita
irreversibile.
- TASSI DI CRESCITA : aumenta la produzione procapite in un contesto di crescita demografica
- CRESCITA DELLA PRODUTTIVITÀ DEI FATTORI
- CRESCITA DELLA PRODUZIONE INDUSTRIALE
1830 – 1850: vede il passaggio dal settore cotoniero ai settori pesanti: SIDERURGIA, MECCANICA.
È l’età delle ferrovie, con la quale avviene il compimento della Rivoluzione Industriale.

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12. Il teorema di vantaggio comparato di Aldo Ricardo


E’ un concetto inventato da Aldo Ricardo, che nel suo libro "Principi di economia politica", esplica un
teorema.

Un prodotto ha successo fino a quando è più conveniente di un altro, ma la convenienza dipende dai
VALORI DI SCAMBIO, cioè il rapporto fra il prezzo e il costo di produzione.

BENE A rapportato al BENE B


P/C : P/C

Si rapporta il valore di scambio del Bene A con il valore di scambio del Bene B per decidere che bene
acquistare
Da tutto ciò nasce un altro concetto: la COMPETIZIONE FRA MERCATI: il consumatore acquista il bene
con il maggiore valore di scambio.
Con la Rivoluzione Industriale si comprano i beni della fabbrica, piuttosto che quelli dell’artigiano.

L’economia di mercato si regge quindi sulla divisione del lavoro e sulla competizione fra i mercati.
Ricardo codifica questo concetto con tre modelli:
- MERCATO MONOPOLISTA : il mercato è in mano ad un unico soggetto, che stabilisce i prezzi di
vendita.
- MERCATO OLIGOPOLISTA : il mercato è in mano ad un gruppo di pochi grandi produttori, che si
mettono d’accordo
- MERCATO PERFETTAMENTE CONCORRENZIALE : esiste una pluralità di soggetti, ed è un
mercato aperto a nuovi operatori.
Il mercato della Rivoluzione Industriale inglese è un mercato perfettamente concorrenziale, perché è l’unico
efficace per lo sviluppo economico, mentre gli altri non permettono lo sviluppo economico perché “saltano”
il teorema dei vantaggi comparati.

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13. Lo sviluppo dei mercati con la rivoluzione industriale:


siderurgia e trasporti
L’avvio dell’industrializzazione è legata al cotone, perché il cotone è un MERCATO PILOTA, ovvero un
mercato dove il prodotto garantisce l’avvio di una nuova produzione e dove gli investimenti vengono
ripagati dai ricavi.
L’industria del cotone ha successo perché:
- Esiste una domanda ampia e flessibile
- Gli investimenti limitati costano poco
- La tecnologia era semplice e accessibile a tutti
- Il sistema di fabbrica del cotone garantiva un’elevata concentrazione: dalla materia prima si arriva nello
STESSO LUOGO al prodotto finito.
- È un MERCATO LIBERO: non ci sono i pesi delle cooperazioni.
- I fattori produttivi erano profondamente adatti alla lavorazione meccanica, cioè la curva tecnologica è
perfettamente funzionante, non ci sono salienti avversi.
Un mercato pilota diventa moltiplicatore dello sviluppo di altri mercati: quando tutta la lavorazione del
cotone fu meccanizzata, il settore cotoniero si manifestò un fattore moltiplicatore verso l’esterno. Per
produrre il cotone c’era bisogno delle macchine, quindi si sviluppano anche altri settori produttivi.
Nel 1830 il 50% delle esportazioni inglesi era costituito dal cotone.
Nel 1786 il filatoio di cotone costa 38 scellini.
Nel 1807 lo stesso filatoio costa 7 scellini.

Nella Rivoluzione Industriale c’è un fattore che nella prima fase rimane fra la vecchia manifattura e il
sistema di fabbrica: il lavoro.
Perché nella Rivoluzione Industriale importa avere tanti operai ma non specializzati. Quindi il lavoro non
viene coinvolto nei processi di meccanizzazione, perché gli imprenditori volevano tanti operai a basso
prezzo. Il lavoro costava poco.

Per quanto riguarda l’aspetto economico – finanziario, con la Rivoluzione Industriale inglese non cambia
niente, perché proprio perché il mercato richiedeva bassi investimenti e c’era tanta domanda, la curva era
perfetta.
Quindi bastava investire un piccolo capitale, con l’autofinanziamento si espandeva la propria produzione.
Quando la tecnologia diventerà più costosa e ci saranno molti più mercati in competizione entrerà il
finanziamento.
Le Rivoluzione Industriale non è legata allo sviluppo del mercato economico finanziario, ma è legato alle
infrastrutture: ferrovie e canali.

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- La siderurgia è una lavorazione che esisteva già prima, era legata alla metallurgia, ma anche la siderurgia
ebbe una trasformazione dal passato.
- Lo sviluppo della siderurgia inglese si è affermata nel 1800.
- A differenza del cotone, l’Inghilterra disponeva di una ricchezza di ferro e carbone sul proprio territorio.
Gli effetti della siderurgia si visualizzano nel processo produttivo, perché è la prima volta c’è una grande
quantità di ferro a un costo limitato; la siderurgia è in grado di sostituire la legna nelle produzioni.
La riduzione del prezzo e la grande disponibilità del ferro determinarono la riduzione dei costi di produzione
in TUTTI i settori produttivi.
- Il ferro serviva per la costruzione delle macchine industriali, per la lavorazione agricola (ramala). Questo
porta all’interazione tra la siderurgia e gli altri settori.
- Permette di sviluppare i mezzi di trasporto, come le ferrovie.
- Permette la produzione di massa, quindi la produzione di beni standardizzati.
Se il cotone rappresentava il mercato pilota, il ferro era la base della Rivoluzione Industriale.

La Rivoluzione Industriale è legata allo sviluppo delle strade e dei canali. Le ferrovie sono un prodotto, non
la condizione dell’avvio della Rivoluzione Industriale.
Le strade e i canali sono legati:
- Al miglioramento tecnologico, perché gli inglesi hanno inventato l’asfalto.
- TURNPIKE ACTS : serie di atti legislativi del governo inglese con cui si concedeva a dei privati di gestire
le strade con la riscossione di un pedaggio. Questo pedaggio veniva utilizzato per il mantenimento delle
strade. Inoltre lo Stato offriva un incentivo per chi diventava operatore di strada.
- La prima ferrovia è la STOCKTON DARLINGTON del 1829. Lo Stato concede agli operatori economici
la possibilità di costruire le ferrovie e questi operatori utilizzano le società per azioni.
Le ferrovie inglesi sono la prima grande occasione di investimento azionario della storia economica europea.
Mentre per i francesi, tedeschi e italiani sarà lo Stato a costruire le ferrovie.

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14. Le politiche dello Stato nella rivoluzione industriale: monetaria,


doganale e sociale
L’Inghilterra vive la Rivoluzione Industriale con la Monarchia Costituzionale.
L’esercizio del potere, la sovranità, non è più sotto il modello assolutista, ma si regge su un CONTRATTO
con il POPOLO. Il Re esercita in nome del popolo.
Questo modello verrà superato dai francesi con la Rivoluzione Francese.
Esiste quindi un PARLAMENTO, composto dalla CAMERA DEI LORD e dalla CAMERA DEI
COMUNI, rappresenta alcuni classi sociali e legifera insieme al Re.
Questo permette l’affermazione di una serie di diritti di proprietà.
Lo Stato viene coinvolto nel processo della Rivoluzione Industriale, perché lo Stato con la sua azione
influisce nei processi economici.
Dalla Rivoluzione Industriale in poi tutti i paesi con forma CAPITALISTICA presentano un’interazione fra
il sistema politico e il sistema economico. Questa interazione, avvenuta tra il 1700 e il 1800, assume due
modelli:
- MERCANTILISMO : modello francese. La crescita economica secondo questo modello è data dalla forza
che una Nazione ha nel commercio internazionale. Quindi quanto un paese esporta è il grado della sua
crescita.
Lo Stato deve fare il possibile per conquistare e difendere mercati, sostenere le esportazioni.
- LAISSEZ FAIRE o LIBERISMO : lo Stato deve lasciare operare liberamente le forza economiche, non
deve interferire nel funzionamento del mercato.

Lo Stato deve solo garantire il buon funzionamento del mercato, quindi lo Stato è REGOLATORE:
- Dal punto di vista della POLITICA MONETARIA, deve garantire la stabilità della moneta.
- Dal punto di vista della POLITICA DOGANALE, controlla i flussi commerciali.
- Dal punto di vista della POLITICA SOCIALE, elimina o riduce le distorsioni del mercato.
L’idea del liberismo ha un presupposto teorico, che è la LEGGE DI SAY: l’offerta incontra sempre la
domanda e la domanda incontra sempre l’offerta. Ovvero il mercato è capace di AUTOREGOLARSI,
attraverso la regolazione dei prezzi. Il mercato non deve intervenire perché il mercato si regola da solo.

E’ l’azione che lo Stato inglese utilizza per regolare i flussi commerciali.


Londra a metà del 1700 era un porto economico, e il cotone e i prodotti siderurgici passavano da questo
mercato.
Lo Stato inglese crea la NAVIGATION ACT : è una legge del Parlamento, che afferma che tutti coloro che
volevano esportare o importare sul mercato di Londra dovevano utilizzare navi inglesi. Con questa legge
Londra aveva il monopolio sul commercio. Quindi viene sancito il primato inglese sul commercio
internazionale.

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La centralità del commercio su Londra ha un effetto di sviluppo sulle:
- ASSICURAZIONI : (Lloytz di Londra sono l’associazione degli assicuratori inglesi). Si sviluppa un
sistema di assicurazione.
- AGENTI DI CAMBIO : coloro che trattavano sia i contratti commerciali che i cambi valuta.
Questi due fattori rendono Londra nel 1800 centro finanziario e commerciale.

La politica monetaria durante la Rivoluzione Industriale riguarda due ambiti:


Il sistema creditizio - le Banche
La Banca raccoglie il risparmio ed eroga il credito. Inoltre emette la moneta e le promesse di pagamento
(cambiali).
Nel 1819 dopo che gli inglesi avevano vinto su Napoleone a Waterloo, la crescita dei commerci era
maggiore rispetto alla disponibilità di moneta. Allora il governo con la PEEL’S ACT, stabilisce alcune
regole sul funzionamento del sistema creditizio:
- Riconosce che esiste un’unica banca sul territorio nazionale, la Banca d’Inghilterra, che può emettere
moneta. (La moneta veniva emessa già dal 1600, ma qua si tratta di un’unica banca). Fungeva da banca del
governo e da custode della riserva aurea nazionale, perché le grandi banche del paese utilizzavano i suoi
biglietti per costituire le proprie riserve.
Inoltre la Banca d’Inghilterra aveva la possibilità di autorizzare altre 60 banche private londinesi che non
emettevano banconote e da altre circa 800 piccole banche private con limitato diritto di emissione.
- La sterlina viene ancorata al valore dell’oro. Da allora in poi, fino agli accordi di Bretton Woods, la
sterlina diventa la moneta di riferimento di tutti gli scambi commerciali mondiali. Questo rapporto viene
chiamato SISTEMA AUREO o GOLD STANDARD.
L’Inghilterra per la prima volta separa la funzione di emissione dalla funzione di raccolta risparmio e
erogazione credito. Nasce una BANCA CENTRALE che controlla la circolazione della moneta. Questa
banca garantiva che tutta la moneta cartacea in circolazione aveva un corrispettivo in oro.

La finanza pubblica

Ovvero le spese e le entrate dello stato.


Nell’età moderna la finanza pubblica era la finanza del Re. Con l’affermazione della Rivoluzione Industriale
e dell’economia di mercato, il governo inglese tende a separare la gestione della finanza pubblica dalla
gestione del patrimonio della corona inglese. Questo per poter:
- Fare INVESTIMENTI per opere pubbliche, che interessavano la collettività.
Gli investimenti si fanno attraverso l’emissione di OBBLIGAZIONI: si danno soldi allo Stato in cambio si
hanno degli interessi, e ad una certa scadenza verrà restituito tutto il capitale prestato.
Tutto questo viene chiamato DEBITO PUBBLICO, perché lo Stato oltre a restituire la quota prestata, deve
pagare gli interessi.
- Gestire la fiscalità, le tasse. Lo Stato introduce una POLITICA FISCALE, ovvero l’utilizzo delle entrate

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dello Stato in relazione agli interessi della collettività.
Gli inglesi scelgono durante il 1800, nel periodo di affermazione della Rivoluzione Industriale la politica
fiscale con tassazione indiretta, quindi quella che colpisce gli scambi e le persone con reddito più basso.
Le TASSE si dividono in:
- TASSE DIRETTE : colpiscono il reddito e la ricchezza delle perone (IRPEF)
- TASSE INDIRETTE : colpiscono gli scambi fra beni, non le perone, quindi colpiscono il NEGOZIO
ECONOMICO (IVA).
Le TASSE DIRETTE sono PROGRESSIVE, a seconda del reddito. Le TASSE INDIRETTE sono
PROPORZIONALI, per quota fissa.
L’effetto economico è che le tasse indirette sono legate alla disponibilità del reddito, mentre le tasse indirette
colpiscono indistintamente al di là del reddito, e tendono a penalizzare coloro che hanno un reddito minore.
La tassazione indiretta scelta dagli inglesi è una FISCALITÀ REGRESSIVA.
Storicamente con lo sviluppo economico dei paesi europei è avvenuto un passaggio dalla fiscalità indiretta
alla fiscalità diretta.
Gli inglesi hanno scelto questa fiscalità perché se qualcuno voleva comprare qualcosa doveva andare a
Londra e quindi pagava le tasse. La fiscalità indiretta è quindi legata alla centralità di Londra, come polo
commerciale.
Inoltre non fu prevista nessuna tassazione sulle attività finanziarie tra 1700 e 1800, questo garantiva che
Londra era il polo finanziario e garantiva profitti agli agenti di cambio, agli assicuratori, alle banche e di
conseguenza alla banca inglese.
Con la Rivoluzione Industriale e l’affermazione dell’economia di mercato, la politica fiscale ha un impatto
sul sistema economico, perché incide sulla distribuzione del reddito. Nell’economia industriale bisogna
creare il reddito. In questo processo è intervenuto lo Stato.
Il problema non esisteva nella società preindustriale perché la fiscalità riguardava solo i fatti del Re.

La Rivoluzione Industriale cambia le condizioni di vita e i modi di vivere. Nasce una nuova struttura
sociale: si affermano la borghesia, gli operai e avviene l’abbandono delle terre, che porta ad un processo di
urbanizzazione. Questo processo di urbanizzazione, o meglio l’abbandono delle terre, comporta per il
governo inglese l’affermazione per la prima volta di un intervento pubblico assistenziale.
Lo Stato si fa carico delle persone che abbandonano la terra e che non trovano posti di lavoro nelle
fabbriche, diventando masse che non hanno reddito in una società dove il lavoro era fondamentale per
sopravvivere.
A differenza nella società preindustriale era la collettività ad occuparsi della popolazione e non c’era nessun
intervento pubblico che provvedeva ai poveri.
Nasce così con la Rivoluzione Industriale la figura del DISOCCUPATO.
Questa questione passa sotto una serie di leggi: POOR LAWS, che vengono approvate tra il 1830 e il 1850
in Inghilterra.
Queste leggi prevedevano l’assistenza pubblica ai poveri e agli indigenti, attraverso l’erogazione di un
salario minimo.
Sono state le prime leggi contro la povertà e la disoccupazione.
Queste leggi sancivano l’erogazione per parrocchie, che allora in Inghilterra avevano una funzione sia
amministrativa che religiosa.

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Un effetto della disoccupazione è stato il Luddismo, ovvero un movimento di lotta violenta contro
l’introduzione delle macchine industriali. I luddisti erano artigiani e lavoratori, prevalentemente tessili che
attribuivano all’industrializzazione le cause del proprio immiserimento.
Due economisti hanno esposto la loro opinione sulla questione che riguarda il rapporto fra l’assistenza
pubblica e il mercato.
MILL: pensava che queste leggi favorivano la disoccupazione, perché la gente che non trovava lavoro
aveva garantito un reddito minimo, ma questo non gli incentiva in una ricerca. Questo reddito minimo era la
sostituzione ai beni che la collettività di villaggio forniva alla popolazione per la sopravvivenza nella società
preindustriale.
DAVID RICARDO: sosteneva che la legislazione sociale era una garanzia per lo sviluppo industriale
inglese per due ragioni:
- riduceva il conflitto sociale, la gente che non trovava lavoro non aveva reazioni violente in quanto un
reddito minimo le era garantito.
- Era una garanzia maggiore per chi voleva fare l’imprenditore, perché se qualcosa andava male e l’attività
falliva, l’imprenditore aveva comunque un reddito minimo assicurato.
Le analisi storiche del 1800 davano ragione a Ricardo, perché con questo reddito minimo garantito,
aumentava la capacità di intraprendere della società inglese, che lasciava la terra e tentava di lanciarsi in una
nuova attività.
Un’altra questione sociale che avviene nella seconda metà del 1800, riguarda la QUESTIONE OPERAIA,
cioè il miglioramento delle condizioni di lavoro degli operai nelle fabbriche.
Vengono riconosciuti i diritti dei lavoratori:
- La settimana lavorativa diventa di 5 giorni (anziché 6)
- Si lavora per 8 ore
Gli operai per tutelarsi misero insieme le proprie forza, in modo da essere più forti di fronte
all’imprenditore. Le esperienze sono le SOCIETÀ DI MUTUO SOCCORSO inglesi. Gli operai creavano
casse comuni per acquistare dei beni e migliorare le condizioni di vita.
Da queste società nascono i SINDACATI, ovvero associazioni che lottano per il riconoscimento di alcuni
diritti dei lavoratori.
NOTE
L’economia di mercato rende il lavoro come una merce come tutte le altre, ma il lavoro è fatto da uomini,
che hanno bisogno di certe condizioni di vita.

Dall'economia preindustriale al miracolo economico italiano: una Pagina 29 di 104


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15. Le interpretazioni della rivoluzione industriale: pluricasuale e


regionalista
La Rivoluzione Industriale non è l’affermarsi di un solo fattore, quale lo sviluppo tecnologico, ma è data da
un insieme casuale di fattori, che interagiscono contemporaneamente tra di loro in Inghilterra.
VISIONE MONOCASUALE di CARL MARX (anni ’50, ’60, ’70)
Secondo Marx c’è stata solo una CAUSA che ha generato la Rivoluzione Industriale, ovvero la Rivoluzione
Agricola, che ha rappresentato il superamento del passato e ha avviato la Rivoluzione Industriale.
Il CONTENUTO della Rivoluzione Industriale è il cambiamento tecnologico e quindi l’affermazione della
fabbrica.
Mentre gli EFFETTI sono la Monarchia Costituzionale, il diritto di proprietà, ecc…
I veri signori sono stati i Capitalisti, ma perché sono legati allo sviluppo tecnologico.

Sidney Pollard sosteneva che la chiave della Rivoluzione Industriale non era lo Stato Nazione, quindi non è
un fenomeno nazionale ma regionale, per aree regionali.
Quindi la cosa importante erano i fattori economico-sociali localizzati a livello regionale, quindi la
disponibilità di materie prime, il cambiamento dell’agricoltura, lo sviluppo tecnologico e l’applicazione, la
modifica dell’assetto sociale.
Questa ipotesi ha avuto successo perché spiega molto bene l’industrializzazione europea e dei paesi come
l’Italia.
Inoltre spiega perché alcune realtà si sono sviluppate e poi sono passate ad una fase di declino, quindi perché
vengono meno i fattori produttivi, e avviene uno spostamento geografico di questi, quindi una ricollocazione
dei fattori economici in un’altra area.
Secondo Pollard le cause di declino di certe regioni sono date da.
- Esaurimento dei minerali o scoperta di fonti di approvvigionamento alternative più economiche.
- Spostamento di localizzazione o nuovo sviluppo dei trasporti, che rende la posizione di alcune regioni
meno favorevole rispetto a regioni rivali.
- Una regione industriale per svilupparsi deve avere una certa dimensione.
Inoltre Pollard afferma che lo sviluppo delle regioni non protagoniste dirette dell’innovazione, è dovuta
dagli effetti indotti delle regioni leader in termini di regolarizzazione delle attività produttive, disponibilità
di materie prime, più stretti legami con i mercati urbani, potenziamento delle infrastrutture di servizio e di
comunicazione.

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16. La diffusione della rivoluzione industriale tra 800 e 900


Tra il 1890 e il 1914 si compie il modello di industrializzazione nato nella Rivoluzione Industriale, quindi
l’economia di mercato, che gradualmente si è sviluppata dall’Europa preindustriale, ha raggiunto il suo
apice nel MODELLO CLASSICO in questo arco di tempo.

MODELLO CLASSICO : è il modello nato dalla Rivoluzione Industriale inglese, che si basa sull’idea di
Adam Smith della specializzazione (divisione del lavoro) e sulla centralità del mercato secondo un sistema
di libero scambio.
Dopo la I Guerra Mondiale questo modello va in crisi, il suo collasso avviene negli anni ’30, dopo la crisi
del ’29. Dopo la II Guerra Mondiale, nasce nel sistema occidentale un nuovo modello: l’ECONOMIA
MISTA.

Il trionfo dell’economia di mercato classica si compie tra 800 e 900 intorno all’INTEGRAZIONE DEI
MERCATI.
L’Europa Occidentale fino a metà 700 era caratterizzata da un’economia preindustriale, di sussistenza, con
una realtà manifatturiera commerciale dipendente dal l’agricoltura. Inoltre l’uomo aveva l’impossibilità di
gestire le risorse autonomamente.
Gradualmente si passò dall’economia preindustriale ad un’economia di mercato, dove cambiò
principalmente la possibilità per l’uomo di gestire le risorse e produrre per il mercato, per vendere.
Questo processo graduale ha avuto un protagonista principale: l’Inghilterra. Il modello che ha avuto
compimento con la Rivoluzione Industriale inglese, si è poi diffuso in Europa in tempi e modi differenti e ha
segnato tutto l’800.
A fine 800 questo modello è diventato determinante su tutte le relazioni economiche internazionali. La
crescita dello sviluppo economico internazionale dipende dall’industrializzazione dei Paesi. Occidentali
(ovvero l’Europa occidentale + gli Stati Uniti).
Questa integrazione dei mercati è resa possibile da:
sviluppo economico, incremento della poduttività, delle produzioni e degli scambi commerciali tra le
economie di mercato
Tra 800 e 900 avviene l’espansione di questo modello: si ampliano i traffici commerciali e avviene la
mobilità delle persone e dei capitali. Inoltre c’è una centralità dei paesi occidentali nel sistema delle
relazioni internazionali.
Lo sviluppo economico di parte dell’Europa e di parte dell’America porta ad un incremento della
produttività e della produzione di una grande quantità di beni commerciabili in tutto il mondo.
Tra il 1885 e il 1914 il modello europeo influenza tutto il sistema economico internazionale, non riguarda
solo la produzione industriale ma anche quella agricola, inoltre determina un incremento degli scambi
commerciali.
Durante il 800 e alla fine di questo secolo ci furono tassi di crescita altissima che avverranno ancora solo tra
il 1950 e il 1960.

Dall'economia preindustriale al miracolo economico italiano: una Pagina 31 di 104


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EFFETTO NEGATIVO:
Questo incremento dei flussi commerciali genera la CRISI AGRARIA, cioè l’invasione dei prodotti
agricoli dall’America del Nord e dall’Australia.
La reazione a questo fu la politica protezionistica e i dazi doganali, ma questo non bloccò la crescita degli
scambi internazionali, perché:
- L’Inghilterra e l’Olanda rimangono attaccati al libero scambio
- Inizia un processo di accordi bilaterali tra Strati.
Il primo processo di accordi bilaterali tra Stati è il trattato di COTTEN e CHEVALIER, che viene
denominato ACCORDO DELLA NAZIONE FAVORITA: Inghilterra e Francia stabilirono tra loro una
tabella delle tariffe doganali. Il trattato prevedeva che questa tabella fosse applicata anche a tutti i paesi con
cui Francia e Inghilterra avevano scambi. Così si regolano i flussi commerciali.
Questo accordo tra Francia e Inghilterra porta allo sviluppo delle MULTINAZIONALI, perché un modo per
superare i dazi doganali era costruire aziende in vari paesi, dove il capitale apparteneva all’azienda di
origine, però la titolarità giuridica era sparsa nel mondo.
lo sviluppo tecnico e l’integrazione dei mercati.
Lo sviluppo tecnico è legato ad alcune innovazioni tecnologiche: il telegrafo e il telefono, che permettono
una maggiore integrazione dei mercati, perché questi oggetti consentirono di mettere in comunicazione con
grande rapidità centri lontani e per alcuni prodotti il mercato venne ad assumere una dimensione mondiale.
il regime aureo e l’integrazione dei mercati finanziari
La politica monetaria inglese fece della sterlina la moneta di riferimento a livello mondiale, e di Londra la
principale piazza finanziaria internazionale.
Tra 800 e 900 si assistette ad una crescente diffusione del sistema aureo (gold standard), con l’ancoraggio
all’oro di molte monete.
Si creò un sistema di relazioni finanziarie che facevano perno sulla sterlina e questo rendeva agevoli i
movimenti di capitali tra le diverse nazioni.

Dall'economia preindustriale al miracolo economico italiano: una Pagina 32 di 104


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17. Il gold standard dopo la rivoluzione industriale


Il sistema monetario internazionale noto come regime aureo (gold standard) si affermò nel secondo
Ottocento e non venne messo in discussione sino al 1914.
Il primo cardine del sistema fu l'ancoraggio della sterlina all'oro (resta invariato nel tempo il contenuto in
oro dell'unità monetaria; una sterlina contiene 7,322238 grammi di oro fino).
Secondo cardine era la piena convertibilità della moneta cartacea in oro, che impediva l'eccessiva emissione
della carta moneta. L'emissione resta ancorata alla quantità delle riserve auree disponibili.
Il regime aureo “produsse un meccanismo automatico di aggiustamento internazionale degli squilibri delle
bilance di pagamenti tale da mantenere i cambi fra le monete fissi e quindi un notevole ordine e stabilità
dell'economia internazionale, che poteva contare su monete che non cambiassero di valore”
le grandi migraizoni dall’europa

Tra il 1200 e il 1700 l’Europa non vide grandi migrazioni, con l’affermarsi della II Rivoluzione Industriale,
avviene una ripresa delle grandi migrazioni, mentre nel corso del 900 non ce ne furono.
L’Europa sperimenta quindi un processo di flussi migratori da parte degli europei verso l’America, questo
perché in America c’erano tante risorse e poca popolazione. Queste migrazioni derivarono dalla crisi
agraria, perché chi non aveva trovato lavoro si trovava con un problema di sopravvivenza.
Inoltre l’emigrazione avviene in presenza di una forte crescita economica.
Gli storici hanno due tipi di risposta a questa situazione.
- L’industrializzazione europea è avvenuta per regioni, ci sono regioni industrializzate e regioni no. La bassa
mobilità tra regioni ha portato alle migrazioni: era più facile emigrare verso gli Stati Uniti, per trovare
lavoro e fare soldi, che nelle regioni europee.
- Il progresso dell’industrializzazione europea, con la centralità del fattore lavoro, aveva esaurito tutti gli
sbocchi occupazionali. Infatti gli economisti sostengono che in Europa a inizio 900 c’era un grande conflitto
tra operai e imprenditori.

Questo modello di integrazione dei mercati ha anche un’espressione politica: IMPERIALISMO e


COLONIALISMO.
Dalla fine dell’800 l’integrazione fra economia e politica diventa determinante: le relazioni economiche
influenzano anche le scelte politiche, perché gli Stati si muovono anche in collegamento al sistema
economico.
Il colonialismo, che è figlio dell’imperialismo, simboleggia questa relazione tra economia e politica. Le
migrazioni avvenivano anche dalla stessa Europa che cercava nuovi sbocchi, si parla di sfruttamento da
parte del popolo europeo occidentale delle risorse dei popoli del terzo mondo.
Dal punto di vista economico il colonialismo riguarda solo lo sfruttamento delle risorse e delle materie
prime, però non avviene la diffusione nel terzo mondo dell’economia di mercato.
Il processo di colonialismo, che ha portato alla conquista di nuovi mercati, avviene in un momento dove
Germania e Stati Uniti sperimentano un dinamismo economico.

Dall'economia preindustriale al miracolo economico italiano: una Pagina 33 di 104


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I veri protagonisti del colonialismo sono i primi arrivati alla I Rivoluzione Industriale, ovvero Inghilterra e
Francia.
Il colonialismo non ha molto a che fare con l’integrazione dei mercati, ma ha una dimensione politico-
militare, per questo Germania e Stati Uniti hanno avuto il maggior sviluppo sena essere colonialisti.
I mercati coloniali hanno continuato a essere mercati di materie prime (perché le colonie erano legate alla
materie prime).

Questo schema viene rotto da una materia prima: il PETROLIO.


Perché questa materia prima fondamentale non si trova nei paesi occidentali (prima metà 900), e quindi
bisogna andare verso il medio oriente per prenderlo.
Per la prima volta un fattore energetico non è più collocato su territorio dei paesi occidentali.
All’inizio del 900 si realizza un cambiamento nella gerarchia economica mondiale: L’inizio del 900 segna il
declino della centralità dell’Inghilterra. Secondo gli economisti ogni processo economico di ogni paese ha
una fase di declino, e il declino inglese è dato da:
- Il venir meno della forza propulsiva della Rivoluzione Industriale e dal fatto che arrivavano altri
concorrenti a cambiare il quadro economico: Germania e Stati Uniti.
- Il sistema politico, ovvero il liberalismo, a inizio 900 va in crisi, perché si è affermata una nuova classe
sociale: il mondo operaio, che non si riconosce nel modello del liberalismo, che non riconosceva il suo
ruolo.
- Viene meno la leadership politica inglese, che viene superata da Germania eStati Uniti.
- Il modello di innovazione tecnologica legata alla sperimentazione non va più bene, perché prevale
l’innovazione tecnologica legata alla scienza applicata come fattore di sviluppo.
Il declino inglese, che è un declino industriale, spinge l’Inghilterra a sviluppare il terziario e i servizi
finanziari: la borsa e le banche. La Borsa di Londra diventa il mercato portante, il cuore del sistema
finanziario mondiale, però va in contemporanea con il declino industriale.
Le nuove potenze industriali sono Germania e Stati Uniti.
All’inizio del 900 oltre all’affermarsi della Germania e degli Stati uniti, si affermano Giappone e Italia.
Nel 900 tutti i paesi che si sono industrializzati non hanno più fatto riferimento al modello inglese e tra
questi c’è l’Italia.
Il modello dell’economia classica finisce con l’Industrializzazione degli Stati uniti.

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18. Diffusione dell’economia industriale nell’Europa continentale


La Rivoluzione Industriale inglese non si è diffusa in Europa, non è stata quindi una vera riproduzione della
Rivoluzione Industriale inglese.

ELEMENTI FONDAMENTALI della distribuzione della rivoluzione industriale in Europa:


L’Europa è un continente agricolo, dove permanevano le strutture agrarie tradizionali, per questo aveva
un’ATTITUDINE DISTRUTTIVA nei consumi, ovvero quando il raccolto era buono si mangiava, quando
non portava buoni frutti c’erano periodi di carestia e l’economia non era capace di soddisfare la domanda
agricola. In particolare in Italia.
L’Europa continentale del 1800, che deve confrontarsi con il processo di sviluppo economico inglese, è
l’Inghilterra del 1500.
Questo “rilassamento” viene definito DIFFERENZIALE DELLA CONTEMPORANEITÀ, ovvero ogni
processo di sviluppo economico avviene in un dato tempo e in dato spazio e soprattutto ogni modello di
sviluppo economico è differente dall’altro.

- dispersione spaziale : rappresenta la prima differenza con l’Inghilterra.


L’Europa di inizio 1800 è frantumata in tanti stati, è una pluralità di realtà molto complessa, a differenza
dell’Inghilterra è un unicum.
Mentre gli inglesi raggiungono l’apice, l’Europa è più impegnata nelle guerre che nei processi di sviluppo.
(Era l’epoca di Napoleone che voleva conquistare tutta l’Europa).
Inoltre, sempre a differenza dell’Inghilterra, il formarsi degli STATI NAZIONE non ha favorito l’affermarsi
dell’economia capitalistica, ha segnato invece, molte guerre e lotte (Rivoluzione Francese).
Quindi l’industrializzazione Europea non è andata di pari passo con il formarsi dell’Europa contemporanea.
Infatti il processo di industrializzazione europeo è più regionale che nazionale. Questo elemento segna la
storia dell’Europa continentale economica. Siamo in una situazione dove lo sviluppo economico è contro lo
stato nazionale.

- dispersione cronologica : ogni regione dell’Europa è arrivata in tempi diversi all’industrializzazione.


Il fenomeno dell’industrializzazione può essere considerato come un terremoto, il cui epicentro è
l’Inghilterra e di diffonde ed estende a cerchi concentrici: la prima tappa riguarda il Belgio è l’Olanda; la
seconda la Francia e la Germania e poi i paesi ritardatari.
La differenza cronologica è data da:

- accesso alla tecnologia

- strutture economiche differenti


Questi due fattori determinano la differenza di tempo.
Ad esempio mentre gli inglesi scoprivano nuove innovazioni tecnologiche, gli italiani dovevano ancora

Dall'economia preindustriale al miracolo economico italiano: una Pagina 35 di 104


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industrializzarsi. Inoltre la struttura economica era fondamentale per arrivare all’industrializzazione.
rapporto industrializzazione – accesso tecnologico : L’industrializzazione è legata all’accesso all’economia.
Il contesto internazionale, dato dal sistema industriale, dai flussi commerciali, dalle politiche doganali e dal
sistema finanziario, che la Francia ha nel 1875 è diverso da quello del Belgio nel 1825.
L’industrializzazione è legata al momento in cui un paese si affaccia all’economia di mercato.
L’economia di mercato a livello di sviluppo economico dei paesi è tremendamente CONSERVATRICE
(comanda chi ha iniziato, i più potenti), perché è piuttosto difficile immettersi sul mercato.
Questi paesi che rincorrevano l’Inghilterra avevano bisogno di:

- capitali:per acquistare la tecnologia ed entrare sul mercato. Il sistema creditizio diventa molto più
articolato, nasce la BANCA MISTA.
Gli operatori del Belgio del 1825 hanno un COSTO CAPITALE (costo di investimenti per avviare l’attività)
di ingresso molto minore rispetto agli operatori italiani nel 1900, perché con il passare del tempo questi costi
sono cresciuti.
Il Belgio si industrializza con cotone e carbone, il costo capitale è basso; mentre l’Italia deve entrare in
settori per lei nuovi e con una forte concorrenza, e questo richiede molti più capitali. L’Italia si innoverà
grazie all’innovazione tecnologica.
- Dato che il mercato richiedeva più capitali, ci sono – IMPRENDITORI, perché poche persone avevano le
possibilità economiche di accedere ad una fabbrica. Non erano i primi, dovevano competere con
l’Inghilterra in quanto a macchinari, impianti, apparecchiature.
- Dalla crescita della tecnologia deriva una MAGGIORE FORMAZIONE PROFFESSIONALE e
CONOSCENZA TECNOLOGICA : i paesi vincenti saranno quelli in grado di fornire questi due fattori.
- Da tutto porta ad un RUOLO PIÙ ATTIVO DELLO STATO nell’Industrializzazione europea, perché gli
Stati per rincorrere l’Inghilterra dovevano sostenere alti costi.

- demografia: l’industrializzazione europea ha dimostrato di nuovo che il teorema di Malthus era sbagliato,
perché le risorse sono cresciute tanto quanto la popolazione, addirittura la storia dell’Europa del 1800 segna
un tasso di crescita delle risorse molto maggiore rispetto alla popolazione.
La disponibilità di queste risorse era dovuta all’INTEGRAZIONE COMMERCIALE: mano a mano che è
cresciuta l’industrializzazione europea, mano a mano i flussi commerciali sono cresciuti.
L’Europa è diventata un grande mercato: alcuni mercati si sono uniti e hanno creato una sussidiarietà tra di
loro. Si crea il concetto della divisione del lavoro, la specializzazione in alcune attività.

È l’integrazione dei mercati che permette la crescita delle risorse in maniera maggiore o uguale alla
popolazione.
- L’industrializzazione europea ha segnato l’introduzione del concetto di CICLO in economia, ovvero
l’insieme degli andamenti di crescita o di declino. L’industrializzazione europea che riguarda l’800 è così
scomposta in cicli:
1790 – 1820: CICLO DI ESPANSIONE

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1821 – 1850: CICLO DI DEPRESSIONE (CRISI)
1851 – 1872: CICLO DI ESPANSIONE
11873 – 1893: CICLO DI DEPRESSIONE
1894 – 1914: CICLO DI ESPANSIONE (periodo della Belle epoque)
Questi cicli segnano l’andamento dell’economia e permettono di capire quando un paese si affaccia
all’industrializzazione in che ciclo entra.

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19. Effetti dell’industrializzazione dell’Europa continentale


Con l’Industrializzazione dell’Europa continentale cambiano le RELAZIONI ECONOMICHE
INTERNAZIONALI: l’asse euro-atlantico (Europa + Stati Uniti) domina e gestisce le relazioni
internazionali. Il sistema economico è basato sull’asse euro-atlantico. Si afferma così l’economia di mercato
a livello mondiale.
Tra il 1750 e il 1913 si è strutturato il DUALISMO tra i PESI SVILUPPATI e il TERZO MONDO.
L’Europa e gli Stati Uniti hanno una popolazione inferiore al resto del mondo, ma hanno una forte centralità
a livello economico.
L’economia di mercato dal 1850 in poi ha un grosso problema: ha bisogno di nuovi mercati. Il capitalismo
sembra funzionare in modo ottimale quando si registra un’espansione nell’attività economica, ovvero
quando crescono i mercati e la popolazione, si aprono nuovi mercati e ci sono più persone che consumano.
I paesi europei hanno cercato i nuovi mercati nel resto del mondo. Ad esempio il capitalismo ha bisogno del
petrolio, che però non è localizzato in Europa.
Europa + Stati Uniti rappresentano un fornitore per gli altri paesi del mondo di TECNOLOGIA DI
SECONDA GENRAZIONE (manufatti che in Europa non erano più vendibili) e importano, acquistano
MATERIE PRIME (lavoro).
L’asse euro-atlantico ha determinato un SISTEMA ECONOMICO FINANZIARIO che è diventato
modello mondiale, l’asse centrale di tutte le relazioni internazionali.
1850
In questa data a Londra viene inaugurata la PRIMA ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE DEI SISTEMI
TECNOLOGICI.
Da questa data parte l’industrializzazione europea.
PRIMA DEL 1850 : si sono sviluppati il BELGIO e la SVIZZERA
DURANTE IL CORSO DEL 1800 : si sono sviluppati la FRANCIA e la GERMANIA
DOPO IL 1850 : si è sviluppata l’ITALIA (tra il 1890 e la Prima Guerra Mondiale)
Mentre gli Stati Uniti erano molto arretrati, a metà ‘800 hanno vissuto un grande processo di crescita Nel
corso del 1800 avverrà il declino dell’Inghilterra e l’affermarsi degli Stati Uniti.
NOTA:
Inizio 1800 – Londra è il centro finanziario
Dal 1945 al 1946 – Londra perde questo primato, mentre si sviluppa la città di New York come centro
finanziario.
Dal sistema aureo, sterlina – oro, si passa al rapporto DOLLARO – VALUTA NAZIONALE. Il dollaro si è
affermato con la crisi di Wall Street del 1929. Ogni paese garantiva la stabilità della sua moneta grazie ai
dollari che disponeva.
NON SI SONO MAI SVILUPPATI : SPAGNA e RUSSIA
GERMANIA e STATI UNITI: hanno trovato un MODELLO INDUSTRIALE FORTE, un processo di
sviluppo alternativo, completamente diverso da quello inglese e in concorrenza con questo.
FRANCIA e ITALIA: si sono SPECIALIZZATI in una fetta di mercato,. La Francia ha scelto di produrre

Dall'economia preindustriale al miracolo economico italiano: una Pagina 38 di 104


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prodotti di alta qualità per una nicchia, mentre l’Italia ha puntato all’innovazione tecnologica attraverso
l’elettricità e la chimica (gomma, prodotti tessili sintetici)

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20. L'industrializzazione del Belgio - 1830


Il Belgio è stato il primo paese a raggiungere un livello elevato di industrializzazione, perché:
- Ha sfruttato la concentrazione delle risorse
- Ha sfruttato la vicinanza con l’Inghilterra, e ha collegamenti con i grandi Stai Continentali (Francia,
Germania e Olanda)
- La sua collocazione favoriva la mobilità di importanti flussi di tecnologia di iniziative imprenditoriali e di
capitali.
Il Belgio come l’Inghilterra all’inizio del 1800 era un paese UNICO, PICCOLO.
L’industrializzazione belga è avvenuta tra il 1790 e 1830.

- REGIONE MANIFATTURIERA : con una forte presenza di mercanti imprenditori, che investono le
loro risorse non in nuova terra, ma nelle attività industriali copiando l’Inghilterra. Il mercante imprenditore
vede il modello inglese come una possibilità di fare ricchezza. È quindi un’industrializzazione tradizionale,
legata al cotone. Sono i mercanti imprenditori a diventare imprenditori, che sono ricchi perché in passato
avevano commercializzato.
- DOTAZIONE DI RISORSE (localizzazione delle risorse di Pollard) : come l’Inghilterra il Belgio gode di
molte miniere di carbone, per questo gli viene molto facile copiare la meccanica e la siderurgia inglese.
Inoltre il §Belgio godeva di ferro, legname, energia idraulica, lino, lana. Dal punto di vista delle industrie, si
erano sviluppate le industrie estrattive, siderurgiche, meccaniche, cotoniera, laniera, del vetro e della
chimica.
- Per frenare la fuga di tecnologia verso il Belgio, gli inglesi fecero una legge che proibiva l’acquisto dei
brevetti inglesi, da impiegare fuori dalla Nazione, senza l’autorizzazione del governo inglese.

Per la prima volta l’industrializzazione è legata allo STATO BELGO.


Nel 1822 il sovrano concesse l’autorizzazione per la costituzione a Bruxelles di una società bancaria
d’investimento: si forma così la SOCIETÈ GENERAL DE BELGIQUE: è una società per azioni con un
capitale azionario dato dai soci che sono: i mercanti imprenditori (spesso uniti in associazioni) e la corona
belga. Rappresenta un’osmosi tra potere pubblico e privati, così vengono messi insieme una quantità di
capitali piuttosto elevata, da investire in nuove imprese e per competere con gli inglesi.
Questa società aveva avuto parte nella costituzione e nello sviluppo delle principali imprese metallurgiche,
aveva investito nei canali, aveva contribuito con il governo alla costituzione di una società per stimolare
l’esportazione di articoli di cotone, aveva fatto investimenti in società minori.
Nel 1835 un gruppo di banchieri ottenne l’autorizzazione a fondare un’altra banca a capitale azionario, la
BANQUE DE BELGIQUE : il capitale era sempre in mano in parte agli imprenditori e in parte al governo.

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Oltre a dare prestiti, per la prima volta, la Banca compra il capitale delle società, diventa socio delle
imprese.
Tutto questo da vita ad un mercato molto controllato, oligopolista, con effetti negativi nel lungo periodo.
Nel 1850, la Societé general de Belgique e la Banque de belgique sottoscrissero il capitale costitutivo
della BANQUE NATIONALE DE BELGIQUE : questo nuovo ente, nato per iniziativa governativa, aveva i
compiti di banca centrale con monopolio dell’emissione di cartamoneta e consentì ai due istituti già esistenti
di dedicarsi esclusivamente alle funzioni commerciali e di investimento.
Grazie all’unione delle risorse, il modello belga è il modello della GRANDE IMPRESA, la società per
azioni, con una tecnologia elevata in termini di volumi rispetto all’Inghilterra, che invece aveva un modello
individuale con il piccolo imprenditore.
Inoltre il Belgio è caratterizzato da una CONCENTRAZIONE IMPRENDITORIALE, caratteristica di tutti i
settori forti dell’economia belga.
Tra i 1700 e 1800 il Belgio e la Francia hanno vissuto una storia politica piuttosto complessa. La Francia
all’inizio del 1800 diventò una potenza nazionale, il Belgio si staccò dall’Olanda.

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21. L'industrializzazione della Francia


- La Francia avvia l’industrializzazione in un periodo di instabilità politica.
- Nella Francia dell’800 permangono, più che in altri paesi europei, regole dell’economia preindustriale.
Permane il modello dell’ancien règime come modello economico francese.
A differenza dell’Inghilterra, in Francia la proprietà fondiaria e l’investimento fondiario rimangono un
fattore fondamentale, perché la terra è ancora il simbolo del prestigio sociale.
La Francia di metà ‘700 è già una potenza politica militare, è un paese con una grande presenza sui mercati
commerciali, è il paese più mercantilista. Inoltre tra fine 1700 e inizio 1800 sviluppa il commercio.
Nel 1850 la Francia era ancora legata ad un processo industriale lento e graduale: aveva grandi potenzialità
ma non è riuscita ad avviare l’industrializzazione. Questo perché si il modello di industrializzazione francese
è un modello DUALISTA:
- La società mantiene le NEBUOLCSI PROTOINDUSTRIALI, ovvero si basava sul mantenimento e lo
sviluppo della manifattura rurale (in particolare settore tessile), non del sistema di fabbrica, perché queste
manifatture permettevano ai contadini di integrare il loro reddito. Il sistema agricolo è integrato con la
manifattura. Quando il contadino non lavorava la terra, si occupava della manifattura tessile.
Nel 1830 il sistema agrario francese era ancora arretrato, c’era un’ampia presenza del maggese, e una
piccola porzione di coltivazioni foraggere. Durante il 1830 e 40 è avvenuto un processo di trasformazione
grazie alla crescita dei redditi agricoli, dovuta all’aumento del volume delle vendite stimolato dalla domanda
dei mercati rurali, dai miglioramenti tecnici e organizzativi e dal calo dei prezzi dei beni industriali.
L’aumento del potere d’acquisto degli agricoltori e l’aumento della domanda rurale hanno portato ad una
crescita economica del paese.
- La Rivoluzione Francese e le Guerre Napoleoniche hanno cambiato al storia politica francese, ma non
hanno favorito l’avvio dell’industrializzazione.
Per arrivare alla Rivoluzione Agraria, ad una Monarchia Costituzionale, alla legge della tassazione con
rappresentanza e ai diritti di proprietà, i francesi hanno dovuto ghigliottinare il re e la regina. A metà ‘700 la
Francia era potenzialmente sullo stesso piano dell’Inghilterra, per le sue risorse, ma non si è industrializzata
come l’Inghilterra proprio per l’instabilità politica.

1° TEMPO – 1820-1850 : lunga fase di crescita, senza però una trasformazione strutturale, cioè la Francia
ha una grande diffusione della manifattura rurale, ma non si industrializza.
2° TEMPO – 1851-1870/71 : passaggio, decollo all’industrializzazione. Gli economisti utilizzano il termine
TO TAKE-OFF per indicare questa fase. In Inghilterra il passaggio all’industrializzazione avviene in modo
lento e graduale, mentre nei paesi europei, soprattutto quelli che sono arrivati tardi, hanno registrato un
salto, un cambiamento radicale, per questo questa fase viene indicata con quel termine.
In Francia lo Stato ha sostenuto l’industrializzazione con la costruzione delle infrastrutture, in particolare
delle ferrovie(modello totalmente diverso da quello del Belgio e dell’Inghilterra).
Le ferrovie hanno portato l’industrializzazione perché:
- Servono ad integrare i mercati e le mobilità delle risorse: riducono i costi di trasporto e favoriscono la
divisione del lavoro, la specializzazione.
- Dato che utilizzano il ferro, permettono di sviluppare l’industria meccanica-siderurgica.

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In Francia il sud e il centro avevano una vocazione agricola, il nord una vocazione industriale. Le ferrovie
avevano il compito di congiungere il sud, che produceva prodotti agricoli con Parigi, e da qua i prodotti
venivano commercializzati in tutta Europa.
3° TEMPO – 1873-1885 : fase del grande boom, dell’industrializzazione della Francia, che diventa quindi
un paese industrializzato (100 anni dopo l’Inghilterra).
La terza fase parte dal 1873 perché sono sempre le vicende politiche francesi a segnare la storia economica.
Nel 1870 i francesi persero la guerra con la Germania a Sedan: l’Alsazia e la Lorena (dove c’è Strasburgo)
passarono in mano ai tedeschi. (nella prima Guerra Mondiale ritorneranno a far parte della Francia).
La guerra ha rallentato il processo di industrializzazione e ha generato una crisi, perché nell’Alsazia Lorena
c’erano molti giacimenti di carbone, con la perdita di queste terre la Francia perde questi fattori, e questo
incide molto, perché la Francia era legata al tessile.

La Francia aveva piccole-medie imprese disperse sul territorio, mentre la presenza di alcune grandi imprese
nelle città più importanti, quali Parigi, Marsiglia e Lione. Queste grandi città erano legate alle COMMESSE
(ordinativi) dello Stato.
Si svilupparono molto le piccole medie imprese perché l’industria tessile e favorevole alle piccole imprese
per diversi motivi:
- Richiedono pochi capitali, non ci vogliono grandi investimenti
- Richiedono meno costi
- Minimizzano i rischi
Però la piccola medio impresa è possibile solo per il settore tessile.
Prima del 1870 il modello francese era basato sul rapporto manifattura-agricoltura, dopo sulle piccole
imprese dislocate e la presenza di grandi imprese nelle grandi città.

Per tutta l’Europa nel 1800 gli open fields sono finiti. In Francia questa fine è data dalla violenta
Rivoluzione francese. Mentre gli inglesi con la fine della comunità di villaggio hanno una crescita della
popolazione, i francesi non crescono perché rimangono sulla terra, trovando un nuovo modello di
agricoltura-manifattura, crescendo poco, la terra era in grado di garantire risorse e un buon livello di reddito
per tutti.
Questo modello dualistico è legato ad una bassa crescita della popolazione durante l’800. La società
industriale ha cambiato radicalmente gli andamenti e le scelte demografiche.
Nell’economia preindustriale era importante avere figli per lavorare la terra, il capitale era costituito dalla
forza lavoro. L’economia di mercato elimina quest’esigenza, perché la forza lavoro era data dall’energia a
vapore. Le scelte demografiche sono quindi date dalla disponibilità di reddito.
La Francia è un esempio di questo rapporto. La bassa crescita demografica è legata al permanere della forza
lavoro in ambiente agricolo. I padri lasciano ai figli la terra, e questi continuano l’attività. Si formano così
piccole attività famigliari, diffuse sul territorio, che attraverso la manifattura hanno un buon livello di vita.
Il sistema agricolo permette un livello di reddito sufficiente alle famiglie, per questo le persone non
andavano a fare gli operai, non si urbanizzavano. A differenza dell’Inghilterra dove la Rivoluzione Agricola
e Agraria segna una rottura: le persone che non avevano da lavorare si spingevano verso l’urbanizzazione e

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o diventano imprenditori, o operai.
Il rapporto popolazione territorio garantisce lo sviluppo duale tra manifattura e agricoltura.

Il modello di industrializzazione francese (agricoltura – manifattura; piccole – grandi imprese) va in crisi


nel 1885 con la CRISI AGRARIA che segna tutta l’Europa e la fine del modello dualistico francese,
costringendo la Francia trovare un’altra via.
La crisi è data da una consistente afflusso sul mercato europeo di CEREALI e CARNE dagli Stati Uniti, a
prezzi molto più bassi perché:
- Per un miglioramento dei tempi e dei costi di trasporto (navi a vapore).
- Per un miglioramento delle linee ferroviarie che avanzavano nei grandi territori agricoli americani
portarono ad una diminuzione dei costi di trasporto.
- Perché gli Stati Uniti essendo grandi, possono produrre grandi quantità.
- Per via di una rilevante meccanizzazione delle coltivazioni cerealitiche e dell’estensione dell’allevamento
nelle vaste praterie erbose.
NOTA:
Gli Stati Uniti sono ancora un sistema agricolo non industriale.
Tutto ciò genera la crisi perché vengono ridotti i profitti degli agricoltori europei, di conseguenza il loro
reddito e il loro potere d’acquisto, tutto ciò porta il sistema manifatturiero ad avere un calo nelle vendite, e
quindi di profitti per gli agricoltori e così via…inizia il ciclo!
La crisi agraria genera un rallentamento della produzione manifatturiera ed ad aggravare la situazione, i
prezzi dei manufatti non calano, quindi gli agricoltori oltre ad avere meno profitti e reddito, devono
comprare i manufatti ad un prezzo troppo alto per loro.
Tutto ciò genera la GRANDE DEPRESSIONE.
Quello che è cambiato dall’economia preindustriale è che i settori economici sono interconnessi, quindi se
un settore va male, incide su tutti gli altri settori.
La GRANDE DEPRESSIONE (che colpirà anche l’Italia), porta la Francia a dover adottare un nuovo
modello, quello tedesco.

Conseguenze della crisi agraria in Francia

La crisi agraria è legata allo sviluppo


- Della GRANDE IMPRESA
- Da una nuova fase del SISTEMA CREDITIZIO: il CREDITO MOBILIAREO CREDIT MOBILIÈR, che
risponde con agilità e prontezza ai bisogni del commercio e delle grandi imprese che stavano sorgendo nel
campo delle costruzioni ferroviarie e dell’edilizia. È una forma di banca diversa dalla SOCIETÈ GENERAL
DE BERGÈ perché è una società privata d’affari (MERCIAI BANKING – banca d’affari).
Le caratteristiche di questa banca sono:
- Non raccoglie il risparmio, non ha quindi una clientela, ma esercita solo il credito industriale, finanzia le
imprese.
- Partecipa al capitale azionario delle imprese.
- Investe in opere infrastrutturali, cioè nelle ferrovie.
Si crea quindi un rapporto tra questo modello di banca e le stato francese, che costruisce le ferrovie secondo

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il modello della concessione, ovvero la Stato decide le linee, acquista i terreni, segue le progettazioni e
costruisce le ferrovie. Gli operatori privati e le società private finanziate dalla banca, gestiscono le ferrovie.

- Intervento dello Stato:


* NELL’ISTRUZIONE TECNICA: nel 1794 lo Stato per la prima volta finanzia una struttura di ricerca e
insegnamento legata alla scienza applicata (politecnico).
* NELLA COSTRUZIONE DELLA RETE FERROVIARIA: la rete ferroviaria prese lo slancio nel 1841.
La crescita della rete e l’efficienza del sistema contribuirono alla formazione di un mercato nazionale e alla
diminuzione del costo dei trasporti.
- Questo cambiamento va di pari passo con il MODELLO AMMINISTRATIVO francese. Cioè la Francia
mentre sperimenta un processo di industrializzazione, dopo le guerre napoleoniche, costruisce un nuovo
modello amministrativo: gestisce la pubblica amministrazione e le risorse. Si definisce un MODELLO
CENTRALISTA CONCESSORIO, ovvero l’amministrazione autorizza le attività, lo Stato interviene
all’inizio del processo.
Il modello anglosassone era un MODELLO FEDERALISTA REGOLATORE, dove ognuno può fare quello
che vuole a meno che vada contro la legge, e allora viene punito. Lo Stato interviene solo in caso di
controversie.
Il ruolo della legge e della pubblica amministrazione ha interagito nel processo di industrializzazione: tutti i
paesi europei hanno accompagnato l’industrializzazione a un modello amministrativo, a differenza
dell’Inghilterra.

La Francia era un paese povero di carbone, penalizzata anche dagli alti costi di estrazione e di trasporto.
Alcuni centri industriali del nord-est, in Normandia e nella regione parigina si svilupparono grazie alla
disponibilità di energia idraulica, ma quando dovettero sostituirla con il vapore, ci furono dei problemi. La
Francia era il solo paese industriale a dover importare carbone per le necessità interne.
La riduzione del reddito agricolo dovuto dalla crisi agraria, privò l’industria dal mercato interno. Questo
portò ad un cambiamento del sistema manifatturiero.

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22. L'industrializzazione della Germania


L’industrializzazione tedesca è nata con lo sviluppo dei beni capitale e dell’industria di base.

- A livello economico è un paese che si regge sul sistema agricolo che si basava sul latifondo (grandi
proprietari terrieri)
- A livello politico si regge sul rapporto tra i latifondisti e l’esercito.
La Germania è un paese fortemente diviso, frammentato:
- La Germania era una federazione di 38 Stati posseduti dal Re di Prussica che è il grande centro politico e
militare ed rappresenta lo Stato che si affermò sugli altri paesi con l’attuale capitale, Berlino.
- L’area da Amburgo a Colonia ha una grande tradizione commerciale, infatti in passato commerciavano con
il Ducato di Milano, Roma, la Serenissima (Venezia), la Scandinavia e i Paesi Baltici.
- C’è la presenza di un’altra area esterna che viene integrata, è l’area della Baviera e dell’Austria. Quest’area
era caratterizzata da una forte autonomia politico istituzionale, perché aveva una matrice cattolica; ha una
tradizione economica diversa, quindi senza latifondo ma con la piccola proprietà fondiaria e la manifattura.
- A differenza della Francia e dell’Inghilterra questi paesi, a causa della religione protestante hanno un alto
livello di analfabetizzazione.
- Il quadro politico, culturale e sociale si lega all’industrializzazione tedesca per l’UNIFICAZIONE
POLITICA della Germania.
I tedeschi sono diventati Nazione per andare in guerra.

Si parla di LEGA DOGANALE O ZOLLVEREIN.


La lega doganale è un accordo tra Stati tedeschi per liberalizzare i mercati, ridurre o eliminare la barriere
protezionistiche e mettere in comune i mercati, questo permette di superare la frammentazione. Inoltre
questa lega permetteva di difendere il mercato dai concorrenti esterni.
L’industrializzazione tedesca ha avuto avvio dall’integrazione dei mercati.
La Germania è stata protagonista della II Rivoluzione Industriale, con un nuovo processo di
industrializzazione che parte dalla dotazione delle RISORSE NATURALI: carbone, ferro (come il Belgio).
Quindi la Germania non aveva il problema energetico.
Un altro punto di forza è che i tedeschi, come i francesi, costruirono una rete ferroviaria, collegata alla lega
doganale, perché si mettono così in connessione in mercati con la ferrovia.
Lo Stato costruisce la linea, mentre la gestione è dei privati.
Le ferrovie unite allo sviluppo dei canali permisero di raggiungere i principali centri e concorrere con
successo con le importazioni inglesi.

La prima novità dell’industrializzazione tedesca è la GRANDE IMPRESA, giuridicamente è una società per
azioni, ma è una società che è organizzata in diverse UNITÀ PRODUTTIVE, DIVISIONI.

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Ci sono tante unità produttive sparse per il paese, inoltre il processo di produzione non è gestito da una sola
persona, l’imprenditore, ma da diversi uffici, quindi le funzioni sono suddivise.
La proprietà non coincide con la gestione.
Questo modello è legato alla produzione dell’ACCIAIO, il nuovo materiale che integra o sostituisce il ferro
e la ghisa, e alla CHIMICA.
NOTA:
Nel caso tedesco si presenta un rapporto tra lo sviluppo tecnologico e nuove forme di industrializzazione. La
tecnologia permette di competere con l’Inghilterra. Inoltre il caso tedesco è un nuovo esempio, come
l’Inghilterra, del passaggio da invenzione a innovazione.
CONCLUSIONE:
Avviene una rottura nel processo di sviluppo economico quando avviene un’innovazione tecnologica
significativa. La Germania è protagonista di una nuova industrializzazione grazie all’innovazione.

L’Inghilterra, nella sua industrializzazione, non aveva un rapporto con le banche, però si afferma la borsa.
La Germania genera un nuovo istituto finanziario: le BANCHE MISTE o UNIVERSALI.
Queste banche:
- Raccolgono il risparmio privato
- Esercitano il credito a breve termine e a medio lungo termine solo alle imprese (di 25/30 anni), questi
ultimi crediti vengono chiamati CREDITI INDUSTRIALI.
- Le banche finanziano le imprese attraverso:
* Mutui e prestiti
* L’acquisizione di una partecipazione nel capitale azionario
* L’emissione di prestiti obbligazionari delle imprese.
OBBLIGAZIONI: titoli che un soggetto emette, e a una determinata scadenza chi ha acquistato le
obbligazioni riceve indietro il capitale e degli interessi.
L’elemento nuovo è che la banca raccoglie il risparmio privato e lo usa per finanziare le imprese con la
garanzia che ognuno può andare a ritirare i suoi soldi.
Il problema sorge quando le banche non sono in grado di restituire i capitali ai correntisti.
Questo sistema permette di avere grandi capitali da prestare agli imprenditori per gli investimenti in nuove
tecnologie. Le banche in cambio chiedono di partecipare al consiglio di amministrazione.
Nel modello inglese invece, bastava l’autofinanziamento per garantire gli investimenti

In Germania si diffusero i cartelli industriali per una ricerca di maggiori garanzie di stabilità sui mercati.
Questi cartelli sono un accordo tra due o più imprese per eliminare la pressione concorrenziale in un settore
produttivo attraverso la fissazione dei prezzi, la spartizione del mercato e altra pratiche monopolistiche.

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I cartelli si svilupparono soprattutto in settori quali le ferrovie, la metallurgia e l’industria estrattiva.
Il caso tresco testimonia una crescita economica nei settori controllati dai cartelli, ma questa crescita è
dovuta anche alla scelta di Biesermark di una nuova politica commerciale differente dall’Inghilterra (che
aveva una politica LIBERO SCAMBISTA, ovvero un commercio libero con tutti, senza dazi doganali).
I tedeschi adottarono una politica PROTEZIONISTICA, introducendo dazi e limitazioni. I dazi sono una
tassa applicata sui flussi commerciali, a seconda delle tasse si determinava la convenienza di importare ed
esportare beni.
La politica protezionistica permette di sostenere l’industrializzazione nascente, inoltre si allarga anche alla
politica diplomatico-militare.
Questa politica è anche detta politica protezionistica nazionale, perché applica dazi alle importazioni e
favorisce le vendite sottocosto all’estero rispetto al mercato interno (DUMPING).Questo permette di
difendere i prodotti nazionali dalla concorrenza e sostenere le esportazioni all’estero.

Difetti della politica commerciale in Germania

Nel breve periodo questa politica permette di garantire la difesa dell’industria che si sviluppa, però nel lungo
periodo ha degli effetti negativi:
- I consumatori devono pagare di più i prodotti, e questo porterà ad un calo della domanda.
- Nel frattempo gli altri paesi reagiscono con la stessa politica, generando un blocco nel commercio
internazionale.
Con la fine dell’800 e l’industrializzazione tedesca finisce quindi l’era del libero scambio (tranne in
Inghilterra dove durerà fino alla I Guerra Mondiale)

Lo Stato interviene in economia con politiche e soldi, in particolare nelle infrastrutture. Interviene anche
nella formazione professionale.

Istruzione professionale

Lo Stato investono con denaro pubblico in facoltà scientifiche. La Germania è dotata di un eccellente
sistema di istruzione professionale e di formazione tecnica e professionale, questo portò alla crescita
dell’industria chimica e elettrica.

Tutela del lavoro subordinato e tutele economiche

Le Grandi Imprese sono composte, oltre che da macchinari e impianti, da un agglomerato di operai, perché
richiedono grande forza lavoro.
Il rapporto tra il mondo operaio e la classe imprenditoriale diventa un problema per lo sviluppo economico,
per questo è stata approvata una tutela dei lavoratori che riguardava:
- Orario di lavoro
- Associazionismo, quindi la possibilità di unirsi in gruppo per mettersi contro l’imprenditore

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Questi sono problemi già affrontati in Inghilterra, però la legge tedesca approva un RICONOSCIMENTO
LEGISLATIVO, che riconosce appunto ai lavoratori il diritto di:
- 8 ore di lavoro
- diritto di sciopero
- diritto al libero associazionismo, quindi la possibilità di formare dei sindacati.
Tutto ciò perché il movimento operaio iniziava a risentire delle dottrine del marxismo. Il comunismo e il
socialismo si contrappongono all’economia di mercato.
Poi anche perché per gli imprenditori era molto meglio avere a che fare con i sindacati, che gli garantivano
la pace sociale, piuttosto che avere a che fare con il singolo individuo.
La legge voleva evitare che il confitto all’interno della fabbrica diventasse un conflitto politico.
Inoltre vengono fatte una serie di TUTELE ECONOMICHE PER I LAVORATORI: il cancelliere
Biesermark introdusse per la prima volta l’intervento dello Stato nel garantire alcuni diritti economici ai
lavoratori:
- ISTRUZIONE, che diventa finanziata dallo Stato, rispetto a prima che era privata.
- SANITÀ, viene introdotto il servizio dei medici, mentre all’inizio dell’ ‘800 si parlava solo di medicina
preventiva
- PENSIONI, ovvero l’accumulazione di capitale che permetteva di avere un salario anche quando non si
lavorava più.
Nasce così lo STATO SOCIALE (Welfare State), perché la politica tedesca voleva garantire la pace
sociale, perché una società più equilibrata permette di mantenere alti i consumi e quindi la domanda.

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23. L'industrializzazione negli Stati Uniti


Gli Stati Uniti sono diventati un paese nel 1800, ed economicamente sono diventati una potenza nella
seconda metà dell’ ‘800.
Il modello politico-istituzionale statunitense nasce dalla Madrepatria (l’Inghilterra), inoltre gli Stati Uniti
nascono in contemporanea alla Rivoluzione Francese e ne risentono molto di questa rivoluzione.

- Il popolo degli Stati Uniti è stato completamente sradicato dai popoli europei nella seconda metà
dell’800: in primo luogo da inglesi, francesi e olandesi; in secondo luogo dagli irlandesi, dopo la grande crisi
agraria del 1844, gli irlandesi fornivano prodotti agricoli all’Inghilterra, con la crisi agraria questi migrarono
verso gli Stati Uniti; e dagli italiani, soprattutto del sud e del nord-est.
Per questo non esistono gli americani, ma il popolo è formato da un crogiuolo di razze, etnie e culture
diverse.
Le popolazioni emigravano verso gli stati uniti per lavorare ed arrivare ad una situazione di benessere
attraverso la creazione di ricchezza; quindi queste popolazioni erano disponibili ad iniziare nuove attività
economiche. L’imprenditorialità nasce appunto dal fatto che le perone emigravano negli Stati Uniti per
avere un prospettiva futura.
NOTA:
Secondo Veben la religione è collegata allo sviluppo economico, quindi il capitalismo sarebbe collegato solo
all’etica protestante, perché i valori del cattolicesimo sono contrari. Quest’idea viene smentita dal caso degli
Stati Uniti, perché l’etica religiosa è legata più ad una visione politica che economica. Negli Stati Uniti è,
invece, il sistema sociale a rallentare lo sviluppo economico.
- Anche geograficamente gli Stati Uniti si sono costruiti nel tempo, dalla Costa Atlantica alla Costa Pacifica.
La costruzione geografica è andata di pari passo con lo sviluppo economico. Gli altri paesi europei prima di
arrivare ad un’economia industriale, avevano vissuto una fase in un’economia preindustriale, mentre gli
Stati Uniti sono nati già industrializzati. Molto importante è lo sviluppo della ferrovia.
- È un paese molto grande, con grandi risorse, ma con poca popolazione. Economicamente questo fattore
porta ad una bassa disponibilità del lavoro e un alto costo di questo. Inoltre questa è la grande diversità con
l’Europa.
In Europa il problema fondamentale era proprio gestire il lavoro: c’è tanta popolazione, ma ci sono poche
risorse e pochi spazi a disposizione.
Mentre gli Stati Uniti sono completamente il contrario, hanno una grande quantità di risorse, ma la
popolazione è scarsa, e quindi non hanno mai avuto il problema di gestire il lavoro, ma anzi, il problema
diventa gestire le risorse.
Infatti gli Stati Uniti hanno dovuto introdurre le macchine nei processi produttivi per sostituire gli uomini,
che non c’erano, e la meccanizzazione riguarda sia l’industria che l’agricoltura.
L’industrializzazione americana è fondata principalmente sull’innovazione tecnologica. Il modello

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imprenditoriale viene copiato dalla Germania e quello finanziario dall’Inghilterra.
Grazie alla ferrovia, che passava in grandi spazi, gli Stati Uniti potevano meccanizzarsi.

Lo Stato americano non segue né il modello inglese, né il modello francese, ma è un modello di uno Stato
che:
- Regola le disfunzioni del mercato
- Non fa l’imprenditore
- Non costruisce le ferrovie, ma le sostiene con la legislazione.
Lo Stato sostiene le ferrovie con la legislazione perché il miglior modo per garantire lo sviluppo economico
è far funzionare il mercato, e il mercato funziona al meglio quando è in una situazione di concorrenza
perfetta. Per questo la legge si basa su una politica ANTIMONOPOLISTICA.
Inoltre lo Stato interviene sull’ALFABETIZZAZIONE, perché era essenziale l’istruzione professionale e
scientifica, per garantire le innovazioni tecnologiche (che era l’unico modo per gli americani di gestire le
risorse).

La meccanizzazione porta alla III RIVOLUZIONE:


la bassa popolazione e di conseguenza la grande innovazione tecnologica erano volte alla GRANDE
IMPRESA, copiata dalla Germania ma sviluppata in un nuovo modello: cambia il rapporto con il mercato,
con gli output, con la produzione. Il prodotto finale cambia, perché si basa sul MODELLO DI HENRY
FORD (inizio 900).
Secondo questo modello la produzione doveva essere di massa, bisognava produrre beni standardizzati in
serie che potevano comprare tutti. Ford produsse il MODELLO T, ovvero una macchina che dovevano
comprare tutti gli operai.
Quindi non si parla più di mercato di nicchia, come in Francia, o di beni primari infrastrutturali come in
Germania, ma di una produzione di massa.
Quindi si produce per un mercato diffuso, questo porta a due conseguenze:
- per applicare questo modello bisogna introdurre il MODELLO DI TAYLOR, ovvero il concetto di
ORGANIZZAZIONE SCIENTIFICA DEL LAVORO O CATENA DI MONTAGGIO: ogni operaio
svolgeva una parte del lavoro, si occupava sempre dello stesso pezzo.
Viene superata completamente la manifattura, l’operaio fa una parte e solo quella.
- Per applicare questo modello bisogna MANTENERE ALTI I SALARI, perché per sostenere il consumo di
massa era importante che gli operai avessero un salario per comprare il MODELLO T.
Solo se chi produce può consumare, il mercato si sviluppa, quindi solo la domanda sostiene l’offerta.
L’Europa invece ha mantenuto i costi bassi rendendo basso il costo del lavoro, solo che poi non ci sono i
mercati.
Mentre questo è possibile negli Stati Uniti perché gli americani sono pochi rispetto alle risorse e quindi
esiste una grande possibilità di sviluppo.

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L’Italia è stata il primo paese a seguire il modello Americano, con la Fiat di Agnelli.

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24. Premesse all'industrializzazione dell'Italia alla fine dell'800


L’industrializzazione italiana è avvenuta alla fine del 1800.
PREMESSE [ come l’Italia è arrivata all’industrializzazione…
- L’Italia ha subito un complicato processo di unificazione politica. Dopo essere diventata una Nazione, si è
industrializzata.
Il risorgimento è la condizione per il processo di industrializzazione.
- La storia economica italiana è segnata da una serie di DUALISMI, che rappresentano le categorie che
portano all’industrializzazione. Il dualismo è una contrapposizione tra realtà diverse. Ci sono due tipi di
dualismo:
* STORICO – GEOGRAFICO [ riguarda il nord e il sud, due sistemi economici differenti che non si sono
integrati
* SISTEMA AGRICOLO – SISTEMA INDUSTRIALE [ in Italia affinché si affermasse il sistema
industriale, bisognava sconfiggere gli interessi agrari.
- L’industrializzazione italiana è avvenuta per l’azione dello Stato.
- L’Italia si è agganciata agli altri paesi industrializzati in 50 anni, come ultimo paese, e attraversando due
guerre.
L’Italia che arriva all’unificazione è un paese agricolo, ma è segnato da un EQUILIBRIO AGRICOLO
COMMERCIALE, ovvero l’idea che l’Italia ha una centralità agricola, dove la maggior parte della
produzione agricola (in particolare cereali e prodotti derivanti dalla gelsicoltura) viene esportata e gli
interessi di coloro che producono ed esportano sono gli interessi determinanti dagli assetti economici;
politici, perché si ricollegano al processo di unificazione politica e sociali, perché indicano la posizione nella
struttura sociale. Essere proprietari agrari aveva un valore sociale a tal punto che il risorgimento viene
considerato l’asse tra il mondo agrario e casa Savoia.
CAMILLO CONTE DI CAVOUR quando scrisse il programma economico dell’Italia si disse a favore del
libero scambio.
L’Italia oltre ad essere segnata dall’equilibrio agricolo commerciale, è segnata da una spaccatura dell’assetto
agrario, ovvero l’organizzazione della proprietà fondiaria:
- A Sud prevale il latifondo, la grande proprietà a coltura estensiva
- Al Centro – Nord l’affitto, la mezzadria: una divisione dei prodotti della terra tra il proprietario e il
contadino che ha in affitto la terra, con in più una serie di servitù e canoni che pesano sul contadino, ovvero
le spese di conduzione della terra.
- In questo quadro c’è un’accezione: la COLTURA CAPITALISTICA della Pianura Padana.

La produzione agricola, in particolare del grano e dei cereali da una parte, e della gelsibachicoltura
(allevamento del baco da seta) dall’altra segna il sistema agricolo italiano. La produzione cerealitica è
soprattutto del Sud, la produzione della gelsibachicoltura riguarda l’area centrale della Lombardia, più due
sottozone della Brianza e l’area dell’alto milanese.
In quest’area dove si sviluppa la gelsibachicoltura e l’attività del tessile avverrà il primo salto verso

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l’industrializzazione italiana.
Quindi si può affermare che l’industrializzazione italiana è avvenuta a Milano e nelle aree attorno.
L’equilibrio agricolo commerciale, che segna tutta la prima metà dell’800, va in crisi nel 1880 a causa della
crisi agraria (il grano americano arriva a competere anche con il grano pugliese), che comporta una crisi nel
mercato italiano. Le cause che hanno portato alla crisi sono:
- L’Italia aveva un sistema basato sulle esportazioni dei prodotti agricoli. Con l’arrivo degli Stati Uniti,
l’Italia si trova un concorrente molto potente sul mercato.
- L’Italia è stata colpita da una serie di malattie infettive che colpirono il gelso e la vite, e l’Italia non era
sviluppata né tecnologicamente, né scientificamente, per combattere queste malattie.

Infatti la vite italiana fu sostituita da quella americana.


- Sulle malattie del gelso e del baco si innesta la concorrenza asiatica, in particolare del Giappone, sulla seta.
Questa crisi porta all’industrializzazione, attraverso un periodo molto lungo (dal 1883 al 1894), durante il
quale il modello economico italiano cambia: la crisi agraria fa scomparire l’equilibrio agricolo commerciale
e lentamente si afferma un nuovo modello.
Il nuovo modello si basa sulla necessità dell’industrializzazione del paese.
L’Italia nata dal Risorgimento è un paese agricolo perché le classi determinanti sono legate a interessi agrari.
Inoltre la società ha una cultura antindustrialista.
L’Italia che è nata è un’Italia anticattolica che esclude dalla società la figura del contadino (legato al
cattolicesimo) e le istanze possibili di chi vuole cambiare, ovvero la piccola borghesia e il mondo operaio. I
mercanti imprenditori e i proprietari delle manifatture rurali spostano le loro ricchezze dalla terra
all’industria, in particolare verso il cotone.
Questo modello segna lo sviluppo economico italiano fino al 1884. è il sistema economico ad indurre il
cambiamento.
Entrano in gioco nuovi dualismi. Il primo avviene tra sistema politico liberale del Risorgimento e sistema
economico nazionale.
Un secondo dualismo è di tipo geografico, perché la capitale politica è a Torino, Firenze e Roma, mentre
quella economica è a Milano.
Questa contrapposizione verrà risolta attraverso:
- La scelta di industrializzarsi attraverso la scelta del nazionalismo.
- La politica giolittiana, ovvero il tentativo di Giolitti di ricongiungere attraverso la legislazione le masse
operaie e contadine nell’albo della stesso quadro politico istituzionale.
Il processo di industrializzazione avviene sotto la sinistra storica con l’idea di Crispi, che l’Italia deve essere
un paese industriale.

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25. L'industrializzazione dell'Italia nel Novecento. Dal 1896 al


1963/64
L’Italia tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 è segnata da un aumento della CAPACITÀ PRODUTTIVA,
per quanto riguarda il settore del tessile, della siderurgia, l’agroalimentare e la chimica.
Il modello di industrializzazione si basa sempre su un rapporto duale, perché è legato ad alcuni fattori
tradizionali, quali tessile e siderurgia e ad alcuni fattori innovativi, quali chimica e settore agroalimentare.
Siderurgia e tessile presentano inoltre una prevalenza del lavoro rispetto ai capitali, come il modello inglese.
Mentre i settori innovativi sono legati alla produzione agroalimentare, alla chimica, in particolare alla
lavorazione della gomma e ad altri due settori: il settore elettrico e la meccanica.
Inoltre l’Italia presenta una crescita anche dal punto di vista della FORZA MOTRICE DELL’ENERGIA,
però sempre basata su un dualismo tra vecchio e nuovo, perché la siderurgia e il tessile utilizzano il carbone
fossile (cresce la fonte energetica ma in un contesto tradizionale), mentre la chimica l’elettricità.
Anche in questo caso si presenta un dualismo geografico: il tessile e la siderurgia vengono prodotti nel
centro nord dell’Italia, mentre la chimica ha una sola localizzazione, Milano.
Questo dualismo geografico e settoriale diventa anche organizzativo perché siderurgia e tessile sono legati
alla piccola media impresa (sempre come il modello inglese), mentre la chimica il settore elettrico e la
meccanica sono legati alla grande impresa, con tecnologia e costi che richiedono finanziamenti.
Questi elementi segnano il sistema economico italiano fino ad oggi.

L’industrializzazione avviene ad opera di:


- MERCANTI IMPRENDITORI, soprattutto lombardi, che abbandonavano questo modello per orientarsi
verso il sistema di fabbrica, abbandonando quindi la produzione di seta per il cotone. L’esempio più pratico
avviene nell’alto milanese.
- ARTIGIANO e in alcuni casi gli operai delle botteghe artigiane, che si mettono in proprio soprattutto nel
settore della meccanica.
I soldi per mettersi in proprio li ottenevano dalla vendita della proprietà contadina, che permette l’avvio
dell’impresa. Questo è un tipico0 modello di autofinanziamento (come avveniva in Inghilterra).
- lo STRANIERO, si tratta di imprenditori stranieri che vengono in Italia, soprattutto svizzeri e tedeschi
Vengono in Italia perché la manodopera costa meno e c’è un nuovo mercato potenziale.
Esistono poi in questo processo di industrializzazione alcuni fattori a sostegno del cambiamento:
- AGRICOLTURA : a partire dalla crisi agraria viene attuato un processo di modernizzazione di alcune
nuove produzioni: barbabietola da zucchero, agrumi e i formaggi. Ma soprattutto avviene l’attivazione
dell’uso delle macchine e dei concimi chimici.
- RAPPORTI ECONOMICI CON L’ESTERO : muta la forma delle relazioni economiche dell’Italia con
l’estero. L’Italia aumenta le importazioni, acquistando materie prime e macchinari, mentre diminuiscono le
esportazioni di tessuti di cotone. Per cui la bilancia commerciale italiana presenta saldi negativi.

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Definizione di bilancia commerciale: differenza tra esportazioni e importazioni di beni e servizi. Indica la
misurazione contabile che misura i movimenti di denaro verso e da un singolo paese, connessi agli scambi di
merci.
Definizione di bilancia dei pagamenti: differenza tra entrate ed uscite di valuta. Indica la rilevazione
contabile delle transazioni finanziarie internazionali di un paese connesse agli scambi di merci, ai servizi e ai
diversi movimenti di denaro (rimesse emigrati, spese per turismo, investimenti stranieri)
La bilancia commerciale italiana è per tutto il periodo negativa, perché l’Italia importava più di quanto
esportava. Questo perché l’Italia era un paese arretrato che doveva industrializzarsi, ma per questo aveva
bisogno di materie prime, tra le quali il carbone, e macchinari di cui non disponeva. Questi elementi
vengono acquistati da Francia, Germania e Inghilterra, che erano già sviluppate.

Mentre la bilancia dei pagamenti italiana è in attivo (almeno fino al 1907) per:
- RIMESSE EMIGRANTI : i soldi che gli emigrati mandavano a casa.
- TURISMO
- NOLI MARITTIMI : tasse che un soggetto doveva pagare per attraccarsi con una barca al porto. L’Italia
allora era ancora la via di comunicazione verso il medioriente e quindi l’Asia, quindi Inghilterra e Francia
pagavano per attraccarsi ai porti di Genova e Napoli.
Questa positività della bilancia della bilancia dei pagamenti garantisce la STABILITÀ DEI CAMBI,
DELLA LIRA (tipica situazione dei paesi arretrati o in via di sviluppo).
rapporto con le banche
Si sviluppa un nuovo sistema creditizio in età giolittiana (quando Giolitti era presidente del consiglio).
Il nuovo sistema creditizio è più solido, perchè l’Italia adotta il modello tedesco della banca mista o
universale.
Protagonista di questo modello è la BANCA COMMERCIALE ITALIANA, che viene fondata nel 1894 con
capitali tedeschi, austriaci e svizzeri.
Il primo amministratore delegato era Otto Joel e il capitale segue il modello tedesco.
La Comit partecipa al capitale azionario di molte aziende. Si sviluppano le società anonime, che precedono
le società per azioni, che hanno le stesse caratteristiche di queste ultime.

Inoltre in Italia si sviluppa un SISTEMA BORSISTICO, segnato da una serie di forti speculazioni.
Il 1907 è un anno importante perché l’Italia sperimenta la CRISI FINANZIARIA: le speculazioni in borsa
fanno crollare le quotazioni di molte società, questo fattore si ripercuote sul patrimonio delle banche, perché
le banche detengono molte azioni e si trovano in una crisi di liquidità, non hanno quindi i soldi per garantire
i conti correnti dei risparmiatori. Le banche compravano le azioni con i risparmi dei correntisti, però
garantivano a questi che in ogni momento avessero avuto bisogno di soldi la banca glieli restituiva.
Questa crisi venne risolta grazie ad una nuova istituzione: la BANCA D’IALIA, nata il 1 gennaio 1894 in
Italia. La Banca d’Italia è importante perché per la prima volta svolge il ruolo di BANCA CENTRALE.
La Banca Centrale è l’istituzione RESPONSABILE DEL FINANZIAMENTO DEL SISTEMA
CREDITIZIO, non presta soldi ai privati, ma alle banche, è il prestatore di ultima istanza, finanza le banche,

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cioè è in grado di determinare la disponibilità di mezzi di finanziamento e l’offerta di credito da parte delle
banche (in relazione agli obbiettivi stabiliti dai responsabili della politica economica nazionale).
La banca centrale regola questa cosa tramite il TASSO DI SCONTO, ovvero il costo con cui la banca presta
i soldi alle altre banche. In questo modo può regolare la disponibilità di moneta, perché se la Banca Centrale
dà meno soldi alle banche, queste danno meno soldi ai privati.
La Banca Centrale non opera da sola ma in collegamento con il ministero dell’economia.
Fino al 1948 era il governo a nominare il governatore della Banca Centrale, da allora in poi la Banca
Centrale è autonoma.
La Banca Centrale risolve la crisi perché riduce i soldi alle banche.
Questa crisi segna l’avvio all’industrializzazione perché il mercato finanziario italiano, se pur cresciuto, era
molto ristretto rispetto alla necessità del sistema industriale e quindi dipende dalle banche. Siccome la Borsa
è ristretta ed è soggetta a fenomeni speculativi, le imprese che hanno bisogno di soldi si rivolgono alle
banche.
Nasce il modello BANCOCENTRICO, la banca è fondamentale perché è l’unica erogatrice del credito alle
imprese.
Oggi non c’è più questo sistema perché la Banca Centrale si è trasferita a Francoforte e ha una funzione
europea, non più nazionale.
lo stato
La finanza pubblica sostiene per la prima volta il processo di industrializzazione, agevola con l’età
giolittiana l’industrializzazione.
Questo avviene attraverso il RISANAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA : il bilancio italiano del
1861 era fortemente in deficit. Dal 1894 l’Italia avvia un processo di risanamento del bilancio.
È importante questo risanamento perché:
- lo Stato non doveva stampare moneta per coprire le spese, e così si riduce l’inflazione.
- Lo Stato riduce l’emissione di obbligazioni grazie al pareggio e gli investimenti possono andare verso altre
attività, come investimenti azionari, conti correnti in borsa. In questo modo la banca può finanziare le
imprese.
Lo Stato ha due modi con cui finanziare le entrate:
- tasse
- emettere moneta: si stampa moneta senza far crescere il PIL. Più moneta c’è, più c’è l’inflazione.
Questione ferroviaria
Nel 1905 viene costituita la SOCIETÀ DELLE FERROVIE dello Stato. Fino ad allora, per quasi 40 anni, la
rete ferroviaria era stata data in concessione a società private francesi che finanziavano società stranieri per
la costruzione delle ferrovie.
Lo Stato decideva le linee, inoltre forniva un indennizzo per km costruito. Questa concessione da parte dello
Stato ad una società privata in Italia non funzionava, perché queste società tendevano a vendere tutto perché
i capitali stranieri non avevano un utile a causa di una limitata domanda di trasporto.
Le ragioni della carenza della domanda di trasporto ferroviario sono:
- le linee furono pensate non per mettere in comunicazione i mercati, me per ragioni politico-militari. Infatti

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servivano per collegare i porti con le linee di confine per il trasporto degli eserciti. L’unica ferrovia che
metteva in comunicazione i mercati è la linea Milano-Venezia costruita dagli austriaci, e non dai Savoia.
- Proprio perché grazie alle ferrovie si congiungeva il sud al nord, c’era poco da trasportare a causa
dell’arretratezza del sud che non generava volumi di trasporto, perché i prodotti agricoli erano trasportati per
nave. Inoltre le ferrovie in Italia non rappresentano un fattore di sviluppo come in Germania.

L’Italia tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 è un paese che presenta una stabilità della finanza pubblica.
Ma il governo italiano non sfruttò questa stabilità per attuare una riforma della fiscalità, che rimane ancora
basata sulla centralità dell’imposizione diretta che colpisce i consumi. Questo ha un effetto depressivo sulla
domanda interna, perché è una fiscalità che colpisce i meno abbienti.
Lo sviluppo industriale italiano è uno sviluppo che è carente della domanda. L’industrializzazione punta
sull’innovazione tecnologica, ma non sostiene la domanda.
Il mercato è quindi limitato perché c’è poca domanda.

Si sviluppa un conflitto sociale tra le masse contadine, il mondo operaio e la casse imprenditoriale.
Nel 1895 a Milano ci furono scioperi repressi con la forza. Con le elezioni del 1900 e con il governo
Giolitti-Zanardelli si avvia la RIFORMA SOCIALE che porta all’industrializzazione. Questa riforma però
non avrà un effetto positivo nel lungo periodo.

- Viene fatta una legge di tutela sul lavoro minorile e femminile


- Vengono riconosciuti i sindacati, che gestiscono il collocamento.
Questa riforma però segna l’esplodere del numero di scioperi, inoltre si rafforzano le organizzazioni dei
lavoratori di matrice sociale-riformista. Arriva in Italia la dottrina marxista, nasce il partito comunista e
socialista. Tutto ciò porta ad uno scontro politico, attraverso l’aumento degli scioperi.
Il processo di industrializzazione italiana si confronta con questo elemento ideologico, le relazioni
industriali in Italia hanno assunto una connotazione politica.
I partiti comunista e socialista utilizzano il movimento operaio come avamposto di un obbiettivo politico: la
rivoluzione politica.
Lo Stato liberale non riesce a risolvere questa questione operaia.

Nel 1913 avviene una crisi interna: il modello liberale finisce. Per l’Italia equivale a una crisi di offerta, di

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sovrapproduzione che riguarda l’industria tessile. Questa industria non riesce più a vendere all’estero a
causa della concorrenza asiatica.
Questo problema trova una soluzione nella I Guerra Mondiale.
La I Guerra Mondiale con le COMMESSE BELLICHE, rappresenta il superamento della crisi del 1913,
perché la classe di dirigenti pensa che la guerra sia un fattore di industrializzazione e che le commesse
belliche siano un fattore di sviluppo.
L’Italia non è ancora industrializzata e la guerra è il motore per sostenere l’industrializzaizone, perché la
guerra sostiene:
- SETTORE MECCANICO SIDERURGICO : la Fiat riconverte la produzione di auto in macchine belliche.
- SETTORE CHIMICO : che si riconduce alla produzione di esplosivi.
Quindi sul piano economico lo stato con la spesa pubblica sostiene l’industrializzazione con la siderurgia e
la chimica.

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26. Effetti economici della prima guerra mondiale sull’economia


italiana: le riparazioni
Il trattato di Versaills afferma l’identità politica nazionale, il nazionalismo a partire dai popoli, però questo
non tiene conto degli assetti economici. Infatti i sistemi economici non corrispondono ai sistemi nazionali.
Si disgrega l’impero austro-ungarico, nascono tanti stati con forte indebitamento e senza mercati di
produzione. L’Austria ha una grande capacità produttiva senza avere le materie prime.

La Cecoslovacchia aveva molte manifatture, ma non le materie prime.


- QUESTIONE DELLE RIPARAZIONI : sempre sotto il principio nazionalista, i paesi vincitori (Francia,
Inghilterra e Stati Uniti) chiesero ai paesi vinti di pagare i danni di guerra. Ma i paesi vinti sono solo la
Germania; questo genera una forte debolezza della Germania, perché essendo stata sconfitta non ha i soldi
per pagare. Questo porta ad un conflitto economico tra Germania e paesi vincitori.
- La debolezza della Germania, dovuta alla necessità di pagare i debiti di guerra, la porta ad un processo di
inflazione elevato: IPERINFLAZIONE TEDESCA.

La questione delle riparazioni segna tutto l’asse economico europeo e ha un peso essenziale anche per
l’Italia. I paesi coinvolti nel conflitto accumulano grandi debiti verso l’Inghilterra e gli Stati Uniti, perché gli
chiedevano soldi per la guerra, per importare le fonti energetiche (carbone), le materie prime e i prodotti
alimentari.
Nel corso della conferenza di pace di Versaills emerge l’idea che le potenze vincitrici dovevano chiedere ai
vinti di occuparsi dei debiti, in questo caso alla Germania.
Le entrate di questa riparazione servivano per ripagare i debiti all’Inghilterra e agli Stati Uniti. Ad
aumentare la crisi fu l’insistenza americana.
Il principio delle riparazioni era tedesco ed era stato preventivato prima della guerra.
Il problema era quantificare le riparazioni: infatti avvennero una serie di accordi per arrivare alla riparazione
della guerra.
La Germania era costretta a produrre per gli altri, per questo durante gli anni ’20 chiese una revisione delle
riparazioni. Questo percorso segna lo sviluppo economico dell’Europa. La Germania in questo periodo
aveva questo problema, e questo aveva portato alla perdita di uno dei motori fondamentali.
In aggiunta a tutto ciò ci furono molti scontri.
Per ripagare i debiti di guerra la Germania apre una serie di debiti con gli Stati Uniti. Questo fa si che il
paese che doveva pagare i debiti chiedeva altri prestiti al paese che doveva ricevere i soldi. Tutto ciò segna
profondamente gli anni ’30, dopo la crisi del ’29.
Questo processo mina il sistema finanziario internazionale.
Perché i tedeschi oltre a dover ripagare i debiti di guerra aumentano il debito pubblico attraverso l’emissione
di moneta cartacea senza una corrispondenza del PIL, tutto ciò genera inflazione.

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La I Guerra Mondiale segna non solo la fine della centralità della Germania ma lascia un quadro instabile
dell’Europa.
Il nuovo baricentro economico mondiale sono gli Stati Uniti, che finanziano la guerra.
Viene meno sul piano economico internazionale un altro paese: la Russia, che era fornitrice di cereali.
Scompare così il mercato russo ,legato anche al fatto che non c’era più l’area russa dove esportare.

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27. L'economia italiana dopo la prima guerra mondiale


In tutto questo quadro di crisi, l’Italia è un paese che esce dalla I Guerra Mondiale vincitrice, ma con un
grosso debito pubblico, triplicato rispetto a quello che aveva prima della guerra, inoltre un debito pubblico
che ha superato il debito nazionale.
Le spese pubbliche erano coperte solo in parte dalle entrate fiscali, le tasse. Lo Stato italiano per coprire la
quota che manca:
- INCREMENTA LE TASSE. Nel 1920 viene introdotta l’imposta sui conflitti di guerra, perché molti
imprenditori avevano fatto molti guadagni dalle commesse belliche.
- TAGLIA LE SPESE attraverso l’ABOLIZIONE DEL PREZZO POLITICO DEL PANE, che genera una
riduzione nel breve periodo della spesa, ma porta ad un calo della domanda.
- AUMENTA LA CIRCOLAZIONE MONETARIA. Nel dicembre del 1918 la moneta in giro era triplicata
rispetto a quella che c’era nella guerra. Nel giro di 5 anni c’è una crescita sostanziale della circolazione
monetaria che GENERA L’INFLAZIONE.
A queste componenti si aggiunge la QUESTIONE SOCIALE della:

Nel 1918 vengono congedati 1 400 000 uomini.


Nella primavera nel 1919 altri 400 mila uomini.
Nell’estate del 20 un altro milione.
Tutte queste persone che per 4 anni hanno fatto i militari devono cercare lavoro, ma il mercato italiano non è
in grado di ricollocare la forza militare volontaria. A questo si contrappongono le aspettative dell’esercito di
essere premiato dopo la vittoria.
Il governo arriva così ad una serie di lavori pubblici, soprattutto per l’area nord est per sistemare il territorio,
in modo da occupare questi lavoratori momentaneamente. Infatti nella seconda metà del 1919 la questione
sociale diventa pesante nelle campagne, in particolare nella Val Padania e in campo industriale, perché non
viene riassorbita la manodopera e avvengono una serie di licenziamenti.

Il sistema economico industriale ha una forte difficoltà a ritornare ad una produzione di pace.
L’emigrazione non funziona più e gli Stati Uniti dopo la Prima Guerra Mondiale chiudono le porte.
La ripresa italiana è quindi segnata da:
- inflazione
- disoccupazione
Questo porta sul piano sociale al BIENNIO ROSSO (1919-1920) dove, sulla spinta dei movimenti
comunista e socialista, avviene una forte ondata di scioperi e rioccupazione delle campagne. Ci furono forti
proteste nel settore agricolo: veniva chiesta l’assunzione obbligatoria nelle aziende agricole e in modo
particolare:
- la riduzione oraria del lavoro senza riduzione del salari

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- partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese
L’idea comune di tutti era l’autogestione e collettivazione di fabbriche e terre.

Avvenne una reazione di totale chiusura di fronte all’occupazione delle terre, che riguardava l’area centro
meridionale. Inoltre è una reazione padronale che davanti allo sciopero chiusero le fabbriche.
Il risultato congiunto di
- inflazione
- crisi economica
- proteste popolari
è uno spostamento sul piano economico del reddito dalla classe medie urbane, borghesia verso i braccianti,
operai e mezzadri.
Nel 1921 con la caduta dei prezzi, anche la borghesia si trova in difficoltà. Questa data è un punto di svolta
economica e politica, perché la crisi economica legata all’inflazione e allo spostamento del reddito, con una
forte questione sociale, genera l’arrivo di Mussolini.

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28. La situazione economica di Germania e Stati Uniti dopo la


prima guerra mondiale
Lo scenario economico internazionale presenta una frantumazione politica, che diventa anche una
frantumazione economica.
Gli Stati dopo il trattato di Versaills sono tutti indebitati e ricorrono al mercato nazionale per avere soldi.
Nel frattempo gli Stati Uniti adottano un atteggiamento isolazionista, ovvero non si fanno a carico della crisi
economica europea. Inoltre si trovano a finanziare i paesi (Germania), da cui dovrebbero avere indietro i
loro soldi.
Questo processo è segnato dall’iperinflazione tedesca: la circolazione monetaria cresce in modo molto
veloce, perché viene stampata moneta. Tutto ciò genera la debolezza di uno dei motori più importanti del
sistema economico, quale la Germania. Questa crisi viene definita CRISI FINANZIARIA DELLA
REPUBBLICA DI WEIMAR.
Il tracollo dell’economia tedesca avviene nel 1927. La causa della crisi è data dagli Stati uniti che decidono
di non erogare più prestiti alla Germania, dato che essa non era in grado di restituire quanto prestato. La
Germania era incapace di riattivarsi e di restituire i capitali. Tutto ciò porta ad una conseguenza politica che
è il nazismo.
Alla fine degli anni ’20 l’assenza di un coordinamento internazionale e la concertazione internazionale
anche sul piano economico genera una crisi economica.
Negli anni ’20 le economie occidentali erano interdipendenti tra di loro, quindi se una andava male, ci
rimettevano anche le altre. Per questo la debolezza finanziaria tedesca si ripercuote su tutto il sistema. Gli
anni ’20 sono segnati non solo dalla difficile ripresa dopo la guerra, ma anche da tutta la debolezza del
sistema occidentale che è diventato interdipendente, ma gli operatori non se ne rendono conto.
Inoltre questi anni segnano il decesso per eutanasia del sistema economico liberale, il capitalismo liberale
nato nel 1400 e che ha avuto come cuore l’Inghilterra finisce con gli anni ’20.
Le cause sono:
- inflazione
- disoccupazione
Questi due elementi incidono su tutti i paesi contemporaneamente. Le politiche economiche messe in atto
non funzionano, perché se si riduce l’inflazione aumenta la disoccupazione, e viceversa.

Le politiche economiche sono:


- PAREGGIO DI BILANCIO : ridurre spesa pubblica
- STABILITÀ MONETARIA : legata al gold standard
- PROTEZIONISMO : difesa dei mercati.
Questi tre fattori messi insieme contemporaneamente, aggravano di più la situazione e continuano a generare
inflazione e disoccupazione.
KEYENES, un diplomatico inglese, nel 1930 scrisse la soluzione a questo problema, ma non fu utilizzata
dagli Stati Uniti fino all’inizio degli anni ’50. Keyenes colse che il sistema liberale capitalistico nato dalla

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Rivoluzione Industriale, con gli strumenti che ha, non è in grado di uscire dalla crisi data dall’inflazione e
dalla disoccupazione, bisogna quindi inventarsi una nuova politica economica.
Prima che gli Stati Uniti applicassero quanto detto da Keyenes, sono passati 20 anni drammatici, durante i
quali il mondo ha vissuto la II Guerra Mondiale, e dal punto di vista economico sono stati segnati dalla crisi
del ’29 di Wall Street. Con la crisi di Wall Street sembrava finito il capitalismo. In questi anni nessuno
aveva in mano un modello economico.
In questo quadro internazionale rientra l’Italia, un paese che ha speso tanto per la guerra, ha una moneta
svalutata perché importa molte materie prime ed esporta molto meno di quanto importa, quindi la bilancia
commerciale è negativa. Inoltre a causa della crisi economica internazionale calano le rimesse degli
emigranti e anche se è un paese vincitore è soggetta al problema dei debiti di guerra.
A questo si aggiungono i problemi sociali, dati dalla smobilitizzazione delle forze armate e dalla
disoccupazione crescente, legata alla riconversione dell’industria. Tutto ciò genera uno scontro sociale tra
imprenditori, proprietari agricoli e operai, contadini. Le proteste sociali si annettono all’ideologia politica
del comunismo. Questa situazione porta al fascismo, sostenuta dagli imprenditori, perché Mussolini
garantiva l’ordine dopo il biennio rosso.
La differenza con la Germania è che Mussolini punta di più sulla questione sociale, rispetto ad Hitler che è
più legato all’economia, per risollevare l’economia dall’inflazione e dalla necessità di pagare i debiti.

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29. La crisi dell'economia italiana dopo la prima guerra mondiale


Per la prima volta tra gli anni ’30 e ’40 c’è un’interazione tra economia e politica, perché la crisi
economica diventa una crisi politica, legata al nazismo e alla dittatura.
L’Italia ha anche un problema nel sistema industriale, per quanto riguarda la riconversione. L’Italia si è
industrializzata molto tardi rispetto agli altri paesi. La I Guerra Mondiale garantisce all’Italia
l’industrializzazione. La quota degli occupati in industria è maggiore rispetto a quella degli occupati in
agricoltura, grazie alle commesse belliche. Ma è una crescita squilibrata perché riguarda solo il nord-ovest e
solo il settore meccanico siderurgico e la chimica.
Finita la guerra bisogna riconvertire questi colossi industriali per la produzione per il mercato di pace, e il
problema si presenta nell’aggiornamento economico.

A riguardo entrano in gioco tre società:


- ANSALDO: industria cantieristica, e successivamente meccanico siderurgica localizzata a Genova
- TERMI: localizzata a Termi
- ILVA: a Milano

Queste tre società, finita la guerra, varano una serie di progetti che presentano dei problemi:
- NON TENGONO CONTO DEL MERCATO : varano progetti di crescita sproporzionati rispetto alle
richieste del mercato. Prospettano una crescita delle loro attività, che non sarà mai assorbita dal mercato,
perché mancano proprio le esigenze del mercato, dato che loro rimangono legato a volumi di produzione
delle commesse belliche, ma il mercato richiede altri volumi, è un mercato che non c’è e che è in crisi.
- NON HANNO UN’INNOVAZIONE TECNOLOGICA : varano piani industriali senza prevedere un
aggiornamento tecnologico, gli impianti erano molto costosi, perché ad esempio nel campo della siderurgia
al posto di utilizzare carbone, usavano rottame, che rendeva di meno e costava di più.
- SI INDEBITANO CON IL SISTEMA CREDITIZIO : per avviare questi piani ci vogliono dei soldi e
queste aziende chiedono finanziamenti alle banche miste.
Solo che le stesse banche miste per finanziare le imprese oltre a fornire prestiti, acquistano azioni delle
imprese stesse. Si crea così un rapporto di FRATELLANZA SIAMESE (concetto inserito da Stringher),
perché le imprese chiedevano prestiti alle banche, che in cambio chiedevano una garanzia con i titoli delle
aziende e entravano a far parte del capitale azionario. Quando però la crisi esplode, le azioni crollano, le
banche rimangono senza soldi. Quindi le imprese non sono in grado di restituire i soldi alle banche, e in
aggiunta queste banche devono restituire i soldi ai risparmiatori e questo genera un’ulteriore crisi
finanziaria.

I protagonisti della crisi sono due grandi aziende: l’ANSALDO e la FIAT.


L’ANSALDO era cresciuta rapidamente durante il conflitto, a livello di dipendenti e di produzione di navi

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da guerra, materiale bellico, ferrovie.
Questa azienda era gestita dalla famiglia Perrone, che vara un piano di industrializzazione dopo la I Guerra
Mondiale: l’ANSALDO aveva una liquidità molto alta, che unita ad una previsione di crescita produttiva
molto alta, prevedeva un sistema verticale a ciclo completo, ovvero dalla materia prima al prodotto finito.
Il nucleo di questo sistema erano le miniere di Cogne, lo sfruttamento degli impianti idroelettrici e la
produzione di acciaio. Nonostante la validità tecnologica del progetto, i risultati di vendita furono negativi,
perché finite le commesse belliche, era avvenuto un calo netto della domanda di acciaio e ferro.

La FIAT ha avuto una grossa crescita di fatturato e di occupati durante la I Guerra Mondiale. Quest’impresa
vara un piano industriale che si basa su due pilastri:
- vendita sul mercato italiano di una macchina utilitaria a basso costo e prezzo.
- Grande conquista del mercato russo.
Solo che il mercato italiano non ha una richiesta di macchine.
La Fiat aveva chiesto finanziamenti alle banche, pensò che per ripagare questi finanziamenti l’unica strada
era ACQUISTARE LE BANCHE. Solo che per comprarle c’era bisogno di alleati, per questo si creano altri
debiti.

L’Ansaldo tenta la scalata della BANCA ITALIANA DI SCONTO (BIS), che l’aveva finanziata durante la
Guerra. Alla fine della Guerra l’Ansaldo utilizza gli stessi soldi prestati per comprare azioni della stessa
BIS. In questo modo nel momento in cui si aveva il controllo della banca, i debiti sparivano.
La Fiat, invece, si allea con un finanziere piemontese, Gualino, che tenta la scalata del CREDITO
ITALIANO (CREDIT).
Se il rapporto tra l’Ansaldo e la Bis non funziona, quello tra la Fiat e il Credit funziona.
Quando la Fiat conquistò il controllo del Credit, i banchieri costituirono una società esterna, un
CONSORZIO ESTERNO alla banca per raccogliere risorse per comprare azioni del Credit. Inizia così una
guerra tra Fiat e Credit, che finisce con la vittoria dei banchieri, perché la Fiat ha un problema di mancanza
di utili.
Si può definire una guerra tra banche e mondo imprenditoriale.
Da tutto ciò si può trarre che il modello della banca mista che finanzia l’impresa va in crisi negli anni ’20,
perché le imprese industriali, di fronte ad un fallimento dei loro piani industriali, tendono a conquistare il
controllo delle banche per annullare i debiti. Questo annullamento crea però il crollo dei titoli azionari delle
aziende che si ripercuotono sulle banche.
Tutto ciò genera la fuga dei risparmiatori, perché la gente andava agli sportelli di tutte le banche per ritirare i
propri soldi. Questo è ciò che è successo alla Bis.
Infatti il 29 dicembre del 1921 la Bis fu messa in liquidazione con grosse ripercussioni sul sistema
economico italiano.
La Bis era esposta con gli Ansaldo, che tentano lo stesso percorso della Fiat. Nel frattempo crollano le
azioni dell’Ansaldo, che è incapace di ripagare i debiti.
La Bis entra quindi in crisi.

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Il 24 novembre del 1920 viene costituita la banca d’Italia, il credit, la Banca di Roma e la Banca
Commerciale, che si occupavano di aiutare la Bis, con la condizione che però i Perrone uscissero dalla
proprietà dell’Ansaldo, in questo caso alla banca sarebbero stati dati 600 milioni. Questo avvenne ma i soldi
finirono subito.

Si crea una corsa dei risparmiatori a ritirare in tutte le aziende bancarie i propri risparmi. Questo costringe il
governo ad intervenire.
Dal 1920 in poi la crisi tra banche e imprese segna l’ingresso dello Stato come imprenditore.
Lo Stato in Italia diventa un soggetto che entra in economia perché:
- Crea una struttura pubblica che salvi le banche
- Crea una struttura pubblica che acquisisca il controllo di alcune imprese.
Il problema è dato proprio dal fatto che l’Ansaldo e la Bis falliscono. L’Italia decide di salvare queste due
realtà attraverso un terzo soggetto: lo Stato.
Questo modello ci ha allontanato da quello anglossassone, perchè si utilizzano le risorse pubbliche per
sostenere le banche e le imprese.
Il modello anglossassone invece avrebbe fatto fallire le imprese e le banche, avrebbe dato vita ad una serie
di licenziamenti e avrebbe generato poi nuove imprese e banche attingendo al mercato finanziario.
In Italia il mercato finanziario è rimasto limitato, in Inghilterra no. Questo è proprio dato dall’intervento
dello Stato e dalla tendenza del risparmio italiano a orientarsi verso il deposito bancario.
Però in Italia non esisteva un mercato finanziario che in quegli anni poteva sostenere la crisi dell’Ansaldo e
della Bis.
La scelta dell’intervento dello Stato è data dalla scelta di mantenere in vita l’industria nascente in un
momento di crisi internazionale. Inoltre c’è una situazione politico – militare molto complessa. L’unica
strada era quindi far intervenire lo Stato.

Beneduce, funzionario della Banca d’Italia e Stringher, governatore sempre della Banca d’Italia,
NOTA:
Nelle scelte economiche hanno avuto un ruolo fondamentale i tecnici dello Stato, ovvero i grandi dirigenti
dello Stato, che non hanno una formazione politica, ma che comunque hanno svolto un ruolo politico.
Beneduce da vita al CONSORZIO PER LE SOVVENZIONI DEI VALORI INDUSTRIALI (CSVI).
Questo consorzio era già nato nel 1914, con l’idea che doveva essere un ente di diritto pubblico, cioè con
capitale pubblico. Inizialmente doveva finanziare le attività belliche, ma venne però reso inattivo durante la
Guerra. Dal 1920 diventa il braccio operativo della Banca d’Italia.
Il consorzio si accollò le partecipazioni delle banche nelle imprese. Quindi rilevava le azioni che le banche
avevano nelle imprese e diventa socio indiretto delle imprese. Per comprare queste azioni utilizza il denaro

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pubblico.
L’intervento dello Stato in economia durante gli anni 30 e 40 parte dalla Banca d’Italia, perché vennero
salvate prima le Banche, e dopo le imprese. Si parla di PARTECIPAZIONI BANCARIE, perché lo Stato
non entra nel capitale azionario ma compra partecipazioni e crediti delle banche verso le imprese.
Salvando le banche si garantivano i depositi dei risparmiatori privati.
Il consorzio nel 1922 venne diviso in due sezioni:
- Una sezione doveva finanziare le imprese attraverso le sovvenzioni
- L’altra aveva in mano le partecipazioni
Lo Stato per la prima volta entra nel capitale delle aziende.
Inoltre Beneduce affianca al Consorzio il Crediop, il suo capitale era interamente pubblico ed era costituito
dalla CASSA DEPOSITO E PRESTITI, che è la Banca del Ministero dell’Economia, e dalla CASSA
NAZIONALE DELLE ASSICURAZIONI SOCIALI. Lo stato finanzia quindi le opere pubbliche da una
parte utilizzando la fiscalità, dall’altra utilizzando accantonamenti per il sistema pensionistico.
Il Crediop oltre a finanziare le opere pubbliche, aveva la possibilità di procurarsi capitali attraverso
l’emissione di obbligazioni, che erano esentasse sugli interessi.
Questo segna profondamente il mercato italiano, perché il risparmio privato dal 1920 si orienta verso le
opere pubbliche piuttosto che verso le attività industriali, perché i risparmiatori non pagavano le tasse.

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30. La situazione economica internazionale tra le due guerre


L’economia che dal 1925 fino al 1929 è un’economia dove il sistema capitalistico occidentale non ha un
punto di riferimento, perché:
- Le politiche economiche classiche non funzionano
- Il gold standard va in crisi
- Avviene una crisi del commercio interno, che porta alla scelta del protezionismo, ma è un
PROTEZIONISMO COMPETITIVO, ovvero non solo difende il mercato interno con i dazi, ma aggredisce,
si cerca di entrare con la vendita sottocosto (dumping) nel mercato estero.
A questo si aggiunge il trasferimento dell’inflazione agli altri paesi, attraverso la svalutazione della moneta.
Se si esporta con moneta svalutata, si esporta l’inflazione.

Gli Stati adottarono una POLITICA DI STABILIZZAZIONE.


Il modello del capitalismo liberale va in crisi e tutti gli Stati tentarono di contrastare questa crisi con le
vecchie politiche economiche fino ad ora perseguite.
Il sistema monetario, di quasi tutti i paesi, uscito dalla guerra, è molto provato, a causa delle svalutazioni
delle monete e anche perché salta il sistema del gold standard.
Alla fine del conflitto era impossibile riformare il gold standard perché non tutti i paesi avevano una riserva
aurea sufficiente per garantire la convertibilità della propria moneta in oro. La soluzione non è un nuovo
sistema, ma una trasformazione del gold standard, che dà vita al:

Ogni paese poteva detenere una parte più o meno ampia delle risorse necessarie non solo in oro, ma in altre
due monete: sterline e dollari. La riserva non è quindi solo aurea. Dollaro e sterlina sono considerate valute
di riserva e quindi sono più solo monete di scambio.
L’andamento positivo dell’economia degli Stati Uniti, permette al dollaro di essere valuta di riserva; mentre
il declino dell’Inghilterra fa si che la sterlina non possa garantire la sua funzione di valuta di riserva.
Questa politica di stabilizzazione per fermare la crisi del declino del capitalismo riguarda quindi in
particolare l’Inghilterra e gli Stati Uniti.

Si pongono come obbiettivi per risolvere il problema:


- la stimolazione del commercio internazionale, garantendo la stabilità dei prezzi e dei cambi. Ma questo
obbiettivo non viene raggiunto fino al 1950.
- Garantire i propri investimenti finanziari all’estero, tornati consistenti dal 1924.

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La sterlina non riesce ad essere garante del gold exchange standard, perché l’Inghilterra non ha un livello di
crescita del PIL che garantisca la stabilità della moneta. È quindi sottoposta a fenomeni di speculazione sulla
sterlina e ne risente tutto il sistema monetario (ovvero il gold exchange standard).
In questa situazione tutti i paesi tendevano a svalutare la propria moneta.
L’Inghilterra aveva una bilancia commerciale negativa, perché importava più di quanto esportava, inoltre la
bilancia dei pagamenti vedeva perdere molta sterlina.

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31. L'economia e la politica italiana tra le due guerre mondiali e nel


fascismo
Mentre c’era la crisi economico – finanziaria, l’Italia vive un cambiamento politico.
L’economia tra le due guerre per l’Italia è segnata da un fatto non economico: il FASCISMO.
Nel 1920 l’Italia era un paese industrializzato, a livello mondiale non c’era più il capitalismo, e vivrà questo
momento con un cambiamento politico che influenzerà il sistema economico.
Il Fascismo ha influenzato il sistema economico perché:
- Mussolini ha costruito lo Stato Imprenditoriale negli anni 20 e 30. Il fascismo non ha abolito né il Crediop
né il Consorzio.
Nel 1933 è nata l’IRI.
- Sul piano economico – sociale l’Italia fascista riceve aiuti dagli Stati Uniti. Gli accordi per il risanamento
dei debiti sono stati firmati a Washington.

La politica economica fascista si divide in due fasi:


1922 – 1925 : FASE LIBERALE del fascismo con Alberto De Stefani, Primo Ministro delle Finanze di
Mussolini, e in seguito anche Ministro del Tesoro.
1925 – 1939 : FASE AUTARCHICA con Giuseppe Volpi che succede a De Stefani.

La politica di De Stefani è una politica liberale: nonostante il fascismo, si mantiene una politica economica
legata all’economia classica, ovvero:
- Pareggio del bilancio (tenuto secondo le istanze di De Stefani e approvato da Mussolini) attraverso una
ristrutturazione della pubblica amministrazione, contenimento della spesa pubblica e graduale riforma del
sistema fiscale.
- Mantenere bassi i salari, in particolare quelli delle attività industriali
- Risistemare i canali di credito, ovvero permetter il ritorno della funzionalità del rapporto tra Banca Mista e
Imprese.
- Libera circolazione delle merci, quindi non secondo una via protezionistica.
Questa politica prende il nome di RISANAMENTO DELLA FINANZA PUBBLICA DI DE STEFANI,
con la quale vengono fatte le seguenti azioni:
- Tagli drastici alla spesa pubblica che riguardano in primo luogo la funzione amministrativa, e affidamento
di alcuni servizi pubblici ai privati.
- Viene fatta una riforma fiscale con l’allargamento della base imponibile, data dai soggetti chiamati a
pagare le imposte.
- Riduzione della pressione fiscale sugli investimenti.
Il risultato ottenuto in breve tempo è il pareggio di bilancio, viene quindi azzerato il debito pubblico.
Questa stagione è molto breve perché nel 1925 finisce, perché questo modello aveva delle debolezze

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strutturali.

Idee portanti della politica economica di De Stefani

Le idee portanti di questa politica erano:


- Avere un’Italia con un’economia aperta, sorretta dalle esportazioni.
- Per ottenere questo modello bisognava tenere basso il costo del lavoro, per tenere bassi i prezzi per le
esportazioni.
Così si crea un circolo virtuoso del modello liberale: il modello si basa sulle esportazioni, le esportazioni
generano profitti, i profitti generano investimenti, gli investimenti generano produttività, che permette nuove
esportazioni.

Punti deboli della politica economica di De Stefani

I punti deboli sono dati da alcune condizioni:


- Gli industriali dovevano investire nelle attività industriali in Italia, se questi non lo facevano, perché
magari gli conveniva di più investire in altre attività e/o in altri paesi, il sistema saltava.
Infatti il sistema va in crisi perché non tutti i profitti vengono investiti, e per fare investimenti si ricorre alle
banche. Qui rientra il fatto che erano però necessari bassi tassi di interesse, e questo porta di conseguenza ad
una forte tensione inflazionistica.
- Era necessaria un’offerta di lavoro elastica, ovvero lavoratori disponibili a lavorare con una bassa crescita
del salario.
De Stefani fu costretto a dimettersi per le pressioni degli ambienti industriali, e il 13 luglio del 1925, fu
sostituito dal finanziere Giuseppe Volpi.

L’Italia è un paese che esporta, però Giuseppe Volpi riconosceva che la bilancia commerciale era negativa,
perché l’Italia non dispone di risorse produttive (materie prime e tecnologia) per reggere questo modello
(fattore che non era stato preso in considerazione da De Stefani).
Questo fa si che la lira subisca un processo di svalutazione, quindi tensioni inflazionistiche e di conseguenza
una crisi finanziaria.
Lo Stato per frenare le speculazioni ricorre ai mercati esteri, ma l’Italia era ancora condizionata dalla
questione delle riparazioni.
Il modello liberale è andato in crisi perché le relazioni economiche internazionali si reggevano sul libero
scambio e sulla stabilità della moneta. Questo salta in tutti i paesi e in particolare in Italia, a causa del
protezionismo; inoltre saltano i cambi degli anni ’20 perché non funziona più il gold standard.
Di fronte a questa crisi Volpi e Mussolini cercano di:
- Risolvere la questione delle riparazioni con gli aiuti degli Stati Uniti, con un accordo attraverso il quale il
governo italiano poteva avere un prestito internazionale.
- Sostituire le importazioni con prodotti di origine nazionale.
Per la sostituzione delle importazioni con prodotti di origine nazionale, Mussolini da vita a:
- Battaglia del grano

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- Bonifica integrale

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32. Interventi nell'economia del fascismo


Fu varata il 20 giugno 1925.
Vengono varate una serie di iniziative per la meccanizzazione della produzione agricola, in particolare la
produzione di cereali. Viene costituito un comitato permanente che dispone di un piano per migliorare:
- La rendita dei terreni: l’Italia doveva avere il primato della produzione cerealitica. L’Italia importava i
cereali, se fosse stata lei stessa a produrli, questo avrebbe inciso sulla bilancia commerciale in modo
positivo. La produzione di cereali era l’unico modo per poter intervenire sulla bilancia commerciale.
- Si assorbiva tutta la manodopera che non poteva più emigrare, era manodopera del sud.
- Garantiva uno sviluppo dell’industria meccanica e chimica per i fertilizzanti. In questo modo si ha anche il
consenso del mondo imprenditoriale, che con De Stefani era andato in crisi.
- Il fascismo riesce a recuperare il consenso del regime delle campagne.
NOTA:
La Fiat produceva le macchine agricole.

L’obbiettivo di Mussolini non era solo meccanizzare l’agricoltura, ma anche aumentare la produzione
agricola attraverso l’estensione agricola.
Questo portò ad una grossa spesa pubblica, perché lo Stato si fece carico di risanare le zone paludose.
Le iniziative furono avviate dal 1923, ma i lavori si avviarono solo con la “legge Mussolini” del 1924.
La bonifica integrale funzionava dal momento in cui lo Stato rendeva coltivabili i terreni e i proprietari
terrieri investivano su queste terre. Ma quest’azione venne a mancare, perché i proprietari terrieri non
investirono in queste terre, anche a causa dell’insufficienza del credito, che invece era rivolto al settore
industriale.
Il mondo contadino, inoltre, era molto restio al cambiamento, con l’idea che non si doveva diffondere la
piccola proprietà agraria, ma doveva permanere il latifondo con tanti braccianti.
La bonifica integrale era un’occasione per ridurre il deficit della bilancia commerciale, ma il mondo agrario
e il credito non ci credono, perché le banche continuavano a prestare crediti alle imprese e i contadini erano
restii alle trasformazioni.
Tutto ciò porta al fallimento della bonifica integrale.

Un’altra questione che pesava sul sistema era ridurre la svalutazione della moneta, e il governo interviene
per risolvere questo problema attraverso la QUOTA NOVANTA:
Con questa sigla si vuole intendere la stabilizzazione della lira. Mussolini con un discorso sostenuto a Pesaro
affermò che il governo italiano, congiunto con la Banca Italiana, sarebbe intervenuto sul mercato finanziario
per difendere la lira e fissare il valore di cambio della lira a quota novanta.
Questo incise sulle aspettative degli operatori economici.
Il termine Quota novanta deriva dal fatto che Quota novanta era il valore di cambio della lira con la sterlina
il giorno della Marcia su Roma, quindi non ha una motivazione economica, ma e più legato alla politica.
RAGIONI DI QUOTA NOVANTA

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- Desiderio simbolico del processo politico economico del regime.
- Mussolini voleva assicurarsi il sostegno delle classi medie, duramente colpite dall’inflazione.
- Ci furono delle pressioni da parte degli Stati Uniti veruna stabilizzazione della lira, perché gli americani
avevano deciso di prestare soldi all’Italia, ma era pericoloso prestare soldi ad un paese con un processo di
svalutazione della moneta in corso.

L’Italia degli anni ’20 e ’30 presentava una BILANCIA COMMERCIALE NEGATIVA, perché
IMP > ESP
Le importazioni erano maggiori delle esportazioni perché l’Italia aveva una carenza di:
- Materie prime e Tecnologie
- Il PIL cresceva poco, questo richiedeva l’importazione di beni e materiali esteri.
La BILANCIA DEI PAGAMENTI, che riguarda i flussi finanziari e che va sempre correlata con la bilancia
commerciale, presentava
USCITE > ENTRATE
Il rapporto tra IMP > ESP e tra USCITE > ENTRATE, genera una debolezza della moneta e una perdita di
ricchezza per il paese. Tutto ciò porta a delle speculazioni su questa moneta, perché si acquista e si vende
moneta per lucrarne un profitto.
La conseguenza è che il paese decide di chiudere il mercato adottando una politica protezionistica.

TUS – TASSO UFFICIALE DI SCONTO : costo, tasso d’interesse con cui la Banca Centrale presta soldi
alle altre banche. Per regolare l’inflazione bisogna agire sul TUS.
È un meccanismo a cascata: la Banca Mista chiede soldi alla Banca Centrale per poi prestarli agli
Imprenditori. Se si interviene sul TUS, questo inciderà sui soldi che la Banca Mista chiede alla Banca
Centrale, di conseguenza la Banca Mista chiederà meno soldi alla Banca Centrale e presterà meno soldi agli
Imprenditori.
Quindi matura l’idea che la Banca Centrale:
- Regola il credito, intervenendo sul TUS
- Regola la massa monetaria
Questo è il modello anglosassone.
Con la crisi del ’29 questa struttura ha portato grossi danni.
INDICI NUOVI:
W / P = SALARI / PREZZI : permette di verificare i SALARI REALI, quindi la possibilità che una persona
ha di comprare
: / P = PROFITTI / PREZZI : permette di verificare i PROFITTI REALI, capacità di guadagnare di
un’impresa.
Quindi è importante considerare la crescita dei salari e la crescita dei prezzi. Il mercato funziona sul
rapporto tra salari e crescita dei prezzi. Se si agisce sui prezzi, si riduce la circolazione monetaria o il
credito, ma se si riduce il credito gli imprenditori hanno meno soldi da investire.
QUOTA NOVANTA
Quota Novanta puntava a stabilizzare la moneta, alzandone il valore e contrastando gli attacchi speculativi

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sulla lira.

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33. Gli effetti di quota novanta del fascismo


EFFETTI NEGATIVI
- Genera un calo delle esportazioni, che ha un effetto negativo anche sulla bilancia commerciale. Quindi
questa manovra va contro l’esigenza di risanare la bilancia commerciale.
- La rivalutazione della moneta va insieme ad una politica di deflazione (riduzione dell’inflazione) che nel
caso italiano ha provocato un rallentamento della produzione.
EFFETTI POSITIVI
- Si pagano meno le importazioni, soprattutto di materie prime.
- Stabilizzando la moneta si favorisce la formazione del risparmio.

Effetti sul sistema economico di quota novanta


Consolidamento della base industriale, però viene fondato su un’organizzazione della produzione.
Quota novanta favorisce la formazione di cartelli industriali, si sviluppano quindi grandi gruppi industriali
che tendono a fare i cartelli. Questo segnerà tutto l’assetto economico italiano fino al 1970.
PRINCIPALI CARTELLI
- MECCANICO SI: legato all’industria elettrica e che ha come capofila la Edison.
- CHIMICO : che ha come capofila la Montecatini.

Taglio del costo del lavoro. (Approvato dal Regime)


I salari vennero ridotti del 15%. Questo processo andò di pari passo con l’approvazione di una legge,
CODICE ROCCO, che ha retto l’ordine pubblico fino all’introduzione della nostra costituzione.
Questa legge proibiva gli scioperi e le associazioni sindacali. I sindacati e le rappresentanze dei lavoratori
erano integrati nelle CORPORAZIONI DEI LAVORATORI E nelle CORPORAZIONI DEGLI
IMPRENDITORI. Erano nominate dal governo e per ogni corporazione (che era per professione) c’era a
capo un GERARCA FASCISTA. In questo modo le corporazioni erano riconosciute e controllate dallo
Stato. Queste corporazioni costituivano il 2° ramo del parlamento, con la funzione di consulenza del
governo.
I cartelli e il taglio del costo del lavoro con la politica quota Novanta, rappresentano la condizione con cui il
governo dà avvio alla GRANDE IMPRESA meccanico siderurgica, elettrica e chimica.
Nel 1926 venne fatta un’ennesima riforma del sistema bancario.
La riforma prevedeva che:
- la Banca d’Italia, come Banca Centrale, non solo ha l’unicità di emissione di banconote, ma ha dei limiti
per l’emissione: deve detenere una riserva metallica per il 16.5 % della circolazione monetaria. Questa
riserva non andava in circolazione ma serviva per evitare le speculazioni.
- La Banca d’Italia stabilisce il TASSO UFFICIALE DI SCONTO.
- La Banca d’Italia ha poteri di vigilanza e autorizzazione del sistema creditizio, gestisce quindi il credito.
Per aprire una filiale bisognava avere l’autorizzazione della Banca.

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Il ministro Volpi, con questa riforma, voleva trovare un’autorità che gestiva e controllava il credito, per
evitare tutte le crisi.
Però in questa riforma manca la regolamentazione tra la Banca Mista e l’Impresa. Proprio la causa della crisi
non viene toccata, questo perché:
- RAGIONE POLITICA : il Regime aveva fatto una grande alleanza con il mondo industriale e della
borghesia, per questo era pericoloso andare a toccare gli interessi degli imprenditori. Inoltre quasi tutti i
banchieri erano iscritti al Regime fascista.
- RAGIONE ECONOMICA : se si punta a sviluppare la grande impresa e i cartelli industriali, non si può
eliminare una delle fonti di approvvigionamento del credito, ovvero la Banca Mista.
Però non modificando questo rapporto, al sistema che cresce e si sviluppa rimane questo virus al suo interno.
Nel 1928 l’Italia sta sviluppando il processo di industrializzazione: è un paese che punta a essere sviluppato
industrialmente, legato alla meccanica siderurgica, alla chimica e al fattore energetico. Inoltre punta ad
essere autarchico dal punto di vista agricolo. Però non ha ancora risolto il problema tra credito e impresa.
Avviene così un fenomeno che riguarda tutto il mondo.

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34. La crisi economica del 1929


Questa crisi distrugge sia gli equilibri italiani che internazionali.
Viene definita “grande” perché ha avuto una durata e profondità superiore a tante altre crisi. Inoltre questa
era la crisi che Marx aveva annunciato come la fine del capitalismo. Soprattutto era una crisi imprevista.
Il 24 ottobre 1929 inizia la crisi con il crollo della Borsa di New York.
In realtà la crisi ha colpito i paesi occidentali in momenti e con intensità diversi.
Ad esempio la Germania entra in crisi prima di tutti gli altri paesi (fine 1928), ed è una crisi pesantissima.
Invece il Giappone non l’ha proprio sperimentata.
Tra il 1929 e il 1932 il reddito nazionale degli Stati Uniti diminuisce del 28% e la produzione industriale del
44.7%.
Il problema è dato dal calo drastico e netto della produzione.
Inizialmente si pensava che la crisi fosse un solito abbassamento della capacità di produrre, in particolare
per gli Stati Uniti. Anche il crollo della borsa è interpretato come una fase di assestamento.
Invece la Crisi del ’29 da crisi finanziaria diventa una crisi dell’economia reale. È una crisi industriale.
Si può definire come il killer del capitalismo liberale.

- Da crisi finanziaria diventa Crisi industriale.


- Il commercio internazionale si ridusse ad un terzo del valore e a due terzi dei volumi precedenti.
- Crollano PIL e produzione industriale, così come i prezzi.
- Si ridussero i salari (nominali e reali) e si contrasse l’occupazione.
- È iniziata nel 1929 ed è finita nel 1946.

Non esiste pieno accordo sulle cause della crisi del 1929. Sicuramente furono molte e complesse:
1.MUTAMENTI STRUTTURALI DEI MERCATI
2.ANDAMENTO DELLA DOMANDA : è la domanda che va in crisi. Il sistema capitalismo oltre a
regolare e sviluppare l’offerta, deve anche sviluppare e regolare la domanda, il potere d’acquisto.
3.CATTIVO FUNZIONAMENTO DEL GOLD EXCHANGE STANDARD
4.CAMBIAMENTO DELLE ASPETTATIVE DI MERCATO : l’economia non si regge solo su andamenti
reali ma anche sulle aspettative degli operatori.
5.INTERVENTI ERRATI DEL FEDERAL RESERVE BOARD
6.ERRATE POLITICHE ECONOMICHE IN MOLTI PAESI
7.MANCANZA DI COOPERAZIONE INTERNAIZONALE E DI UNA LEADERSHIP CONDIVISA : i
flussi economici vanno oltre la dimensione nazionale, non bastano più le politiche dei governi, ma ci
vogliono politiche economiche a livello internazionale.

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1.) MUTAMENTI STRUTTURALI DEI MERCATI
Con questa espressione si intende:
- un incremento della rigidità del mercato dei prodotti, perché aumentano le concentrazioni, i cartelli e i
monopoli. Si associano quindi grandi gruppi industriali che controllano il mercato.
- Accresciuta rigidità nel momento nel mercato della manodopera: blocchi alle emigrazioni.
- Queste rigidità, date da un mercato che tende a limitarsi, rendono più difficile il ripristino automatico degli
equilibri economici dopo una crisi.
Il mercato non si autoregola più: l’offerta non incontra la domanda e la domanda non incontra più l’offerta.
Questo era l’elemento fondamentale del libero scambiamo.

2.) ANDAMENTO DELLA DOMANDA


La domanda, specialmente di beni di consumo durevoli (che servono per la produzione), non segue il forte
incremento della base produttiva. Il sistema non è in grado di consumare tutto ciò che viene prodotto.
La grande crescita realizzata durante la I Guerra Mondiale esplode perché c’è una sovrapproduzione.
È quindi una crisi strutturale e non più congetturale. Per la prima volta dagli anni ’30 in poi il mercato
manca della domanda, fino ad ora non era mai accaduto.

3.) CATTIVO FUNZIONAMENTO DEL GOLD EXCHANGE STANDARD


In molti paesi si registra una contrapposizione tra politiche fiscali espansive (date dall’aumento della spesa
pubblica) e politiche monetarie restrittive (rivalutazione della lira per mantenere stabilità dei cambi),
rappresenta quindi il contrasto tra il crescere del debito pubblico e la riduzione del credito.
Questo concetto che apparteneva al capitalismo liberale non funziona più, perché viene generata inflazione e
disoccupazione.
La politica monetaria restrittiva porta ad un calo delle esportazioni, quindi meno profitti e quindi cosa si
tassa:
Inoltre l’Inghilterra non si rende conto di non essere più il paese che può fare da perno del sistema, non è più
in grado di reggere, perché il PIL non le permette di garantire che la sterlina sia la moneta di riferimento. È
il declino dell’Inghilterra.
Mentre gli Stati Uniti, che avrebbero potuto sostituire l’Inghilterra, non assumono negli anni ’20 e ’30 il
ruolo di guida del sistema economico, ovvero non utilizzano il dollaro come moneta di riferimento 8fino alla
II Guerra Mondiale).
Gli Stati Uniti diventeranno guida nel momento in cui sperimentano loro stessi la Crisi del ’29.

4.) CAMBIAMENTO DELLE ASPETTATIVE DI MERCATO


L’economia dalla Crisi del ’29 in poi non è solo fatta dall’incontro tra la domanda e l’offerta, ma è anche
legata alle aspettative degli operatori economici, ovvero da quanto gli operatori economici pensano di
guadagnare o perdere da un’azione economica.
Le aspettative sono legate alle previsioni future: gli imprenditori investono se hanno fiducia nel mercato; i
risparmiatori tendono a risparmiare in funzione delle loro prospettive di reddito.

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Quindi gli investimenti sono in funzione del tasso d’interesse, il risparmio è in funzione del reddito..
La Crisi del ’29 indica proprio questo, perché gli imprenditori smettono di investire perché i tassi sono alti e
perché l’offerta non incontra più la domanda e viceversa, e quindi perché quanto prodotto non verrebbe
consumato.
Mentre i risparmiatori davanti alla disoccupazione tendono a non consumare e mettere da parte i soldi.

5.) INTERVENTI ERRATI DEL FEDERAL RESERVE BOARD


La Federal Reserve Board era la Banca Centrale Americana. I responsabili della politica monetaria e
creditizia pensavano che la crisi fosse procurata dall’eccesso di moneta e credito, che generava speculazioni
sulla moneta; decisero quindi di mettere in atto una POLITICA RESTRIITIVA, però il sistema aveva già un
calo negli investimenti, e riducendo ulteriormente la moneta e il credito, si riducevano di conseguenza
ulteriormente gli investimenti.
L’errore è aver ritenuto che fosse una crisi solo finanziaria.

6.) ERRATE POLITICHE ECONOMICHE IN MOLTI PAESI


Tutti i paesi industriali fecero delle scelte sbagliate. Gli errori principali che hanno portato alla Crisi sono
stati:
- Rimanere legati alla TEORIA ECONOMICA CLASSICA, al modello del capitalismo liberale, che non era
stato in gradi di affrontare una crisi che era contemporaneamente finanziaria e economica. L’economia reale
non era capace di produrre una domanda che sosteneva l’offerta.
- La sincronia tra componente finanziaria e economica, per la prima volta, non permetteva i MECCANISMI
COMPARATIVI: se si restringeva il credito crollavano gli investimenti, se si attuava una politica
protezionistica avveniva una svalutazione della moneta.
I governi puntarono al modello classico:
- Bilancia in pareggio
- Difesa della stabilità della moneta, attraverso una rivalutazione della moneta
- Protezionismo.
Solo che questo meccanismo tradizionale, invece di risanare la crisi, portò negli anni ’30 a:
- Deficit nella bilancia dei pagamenti.
- Crollo nel commercio internazionale.
- Alla fine ulteriore riduzione dell’attività economica (fallimenti e disoccupazione).

7.) MANCANZA DI COOPERAZIONE INTERNAZIONALE E DI UNA LEADERSHIP


CONDIVISA
Non c’era cooperazione internazionale ed era tecnicamente assente un PRESTATORE
INTERNAZIONALE, che permettesse l’avvio di una politica di una spesa espansionistiche. Il sistema
economico internazionale era interdipendente e i flussi commerciali andavano oltre la dimensione nazionale,
per questo c’era bisogno di qualcuno che regolasse e intervenisse nei momenti di crisi sostenendo la moneta
e attuando politiche di risanamento.

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Questo soggetto nascerà solo nel 1945, e sarà il FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE.
Per cui ogni paese si gestiva da solo seguendo una politica tradizionale di capitalismo liberale con:
- Bilancio in pareggio attraverso o la riduzione delle spese, o l’aumento delle tasse, per arrivare a ridurre la
domanda.
- Protezionismo, ma di conseguenza tutti i paesi applicavano il protezionismo. Inoltre in questi anni il
protezionismo è legato a fenomeni di DUMPING ovvero vendere sottocosto all’estero rispetto ai prezzi
interni. Il paese che seguì di più questa politica fu la Germania nazista.
Così crollava il commercio internazionale.
La dimensione internazionale si scontrò con la dimensione degli operatori che era nazionale, questo portò
alla crisi.
In riassunto gli effetti della depressione furono:
- CADUTA DEI PREZZI
- CADUTA DEGLI INVESTIMENTI : la caduta degli investimenti agì da moltiplicatore della riduzione
dell’attività economica, ridurre gli investimenti in un momento di crisi non permette la ripresa. Gli
investimenti potevano migliorare la tecnologia, aumentare l’occupazione e quindi aumentare la domanda.-
- CROLLO DELLA PRODUZIONE : il crollo della Borsa di New York si estese subito alla produzione
industriale americana.
- CROLLO DEL CREDITO
- CRISI DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE
MOLTO IMPORTANTE!
La crisi è un processo drammatico che:
- si espande dal 1929 fino agli anni 1933/34.
- Dagli Stati uniti, che erano l’epicentro del terremoto, si trasferisce dal 1930/31 in Europa proprio perché
l’economia ormai è interrelata. Per questo avrebbe avuto bisogno di regole comuni. Ciò che succede a New
York, succede anche a Londra e a Berlino.

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35. Risposte alla crisi economica del 1929: tariffa doganale di


Smooth-Hawley e New Deal negli Stati Uniti
Di fronte a questa crisi radicale, l’America adottò il protezionismo e gli altri paesi la copiarono a catena. Il
17 giugno 1930 il Congresso statunitense approvò questa nuova tariffa doganale.
I dazi doganali sulle importazioni erano fissati al 60%, con punte per alcuni prodotti all’80% o al 100%, era
quasi impossibile importare in America.
La Crisi del ’29 e la su diffusione in Europa è imputabile agli Stati Uniti fino al 1933/34 e l’errore più
grande è stato questa scelta protezionistica con questa lega doganale.
Non solo perché gli altri paesi imitarono la politica protezionistica, ma perché viene meno il mercato che era
diventato leader mondiale, gli Stati Uniti.
1. Il NEW DEAL avvenuto negli Stati Uniti e legato al presidente Roosvelt.
La finanza pubblica, lo Stato, deve fare investimenti pubblici per sostenere la domanda. Gli investimenti
pubblici creano occupazione e l’occupazione crea domanda.
NOTE:
- L’intervento pubblico doveva essere temporaneo, non doveva essere per sempre, ma solo nei momenti di
crisi.
- Il New Deal ha un padre, John Keynnens.

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36. Risposte alla crisi economica del 1929: Stato imprenditore e


Stato corporativo o autarchico in Italia
L’Italia reagisce alla crisi del ’29 (che però in Italia arriva nel ‘31/’32) in due modi:
- STATO IMPRENDITORE : diverso dallo Stato che investe, perché fa l’imprenditore nel lungo periodo.
Questa viene chiamata ECONOMIA MISTA (pubblico e privato).
- STATO COORPORATIVO O AUTARCHICO (prendere dal testo)
Lo Stato Imprenditore nasce dalla crisi del ’29 che in Italia arriva all’inizio del ’32.
Il Consorzio per la Sovvenzione dei Valori Industriali è la chiave che porterà alla proprietà non più delle
banche, ma delle imprese, viene quindi creato un ente che ha proprietà delle aziende.

Lo Stato Imprenditore nasce attraverso i salvataggi bancari e industriali e l’ISTITUTO DI LIQUIDAZIONE


che porta alla creazione dell’IRI e dell’IMI.
SALVATAGGI BANCARI
Il Banco di Roma alla fine degli anni ’20 aveva visto un grande sviluppo:
- prestava credito a medio termine alle imprese.
- Presentava un’apertura internazionale.
- Finanziava il rinnovamento edilizio di Roma.
Questi due finanziamenti portano ad una crescita della Banca, che aveva però difficoltà nella raccolta del
credito. Questo perché:
- Aveva finanziato l’area del Medioriente, che era una zona molto a rischio
- Aveva finanziato attività immobiliari, ma gli immobiliari non restituiranno mai questi capitali.
Il Banco di Roma, con gli effetti della crisi del ’29, sperimenta così un processo di fallimento.
Il risanamento avviene attraverso l’intervento del Consorzio per la Sovvenzione dei Valori Industriali che si
accolla i crediti inesigibili del Banco di Roma:
il Banco di Roma rappresenta l’ultimo episodio tra Banca Mista e impresa. Mano a mano che passava il
tempo peggiorava questo rapporto per le azioni speculative.
Dopo la Crisi del ’29 il modello della Banca Mista va in crisi e viene ripensato in due modi:
- Viene creato un intervento dello Stato direttamente sulle imprese: lo Stato finanza il risanamento e lo
sviluppo delle imprese. Non c’è più il salvataggio da parte delle banche.
- Viene abolito il Consorzio per la Sovvenzione dei Valori Industriali e viene creato l’ISTITUO DI
LIQUIDAZIONE nel 1927: si finanziava lo sviluppo industriale, senza che veràà effettuato più alcun
salvataggio.

E’ un ENTE, dotato di personalità giuridica, non è più un organo dello Stato quindi non è più un ufficio

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amministrativo.
Ha un SUO CAPITALE, formato dal SOLDI PUBBLICI. Ha quindi la possibilità di agire in modo
autonomo.
Il suo compito era risanare le imprese in difficoltà, gestirle o liquidarle.
È il primo esempio di ente con cui lo Stato gestisce le imprese.
Il fascismo che era nato da un modello liberista, arriva ad un modello di economia mista, con un forte
intervento dello Stato.
L’intervento dello Stato avviene prendendo i soldi dal bilancio pubblico e comprando le azioni delle
imprese. In questa azione inizialmente c’è la Banca d’Italia, poi i finanziamenti pubblici.
L’Istituto di Liquidazione ottenne anche delle partecipazioni di controllo in alcune imprese precedentemente
legate alla BIS, tra cui l’Alfa Romeo.
L’Istituto di Liquidazione viene sostituito nel 1933 dall’Istituto per la Riconversione Industriale: IRI.

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37. La crisi economica in Italia dal 1931


La crisi in Italia segna una trasformazione del sistema economico, perché:
- Interviene lo Stato anche come imprenditore.
- Cade il reddito nazionale per l’affermazione della crisi nata nel ’20 in America.
- La crisi colpirà in particolare il settore agricolo
- Porterà ad una ristrutturazione del settore industriale e del sistema bancario.
- L’Italia uscirà dal commercio internazionale, iniziando così la fase autarchica perché non ha più i mercati
di sbocco e perché dopo l’avventura Eritrea, l’ONU impone le sanzioni per la prima volta nella storia.
Nel corso del biennio ’28 – ’29 l’industria italiana si era ripresa grazie alla politica di Quota Novanta, solo
che la crisi del ’29 (‘31/’32 per l’Italia) bloccò questa ripresa.
La crisi riguardò soprattutto il settore agricolo: non riuscivano più a vendere prodotti agricoli all’estero,
calava di conseguenza il reddito. Tutto ciò porta ad una disoccupazione del settore agricolo soprattutto
nell’area del Sud. (Nel sud si registrava un 49% della popolazione che lavorava la terra, con solo un 27% del
PIL).
Di fronte al crescere della disoccupazione al Sud, il regime e lo Stato Italiano impiegarono i disoccupati
nella pubblica amministrazione (non vengono quindi indirizzati verso l’industria).
La pubblica amministrazione, in Italia, oltre che fornire servizi ai cittadini ed erogare competenze dello
Stato, ha avuto una funzione di regolatore della disoccupazione.
Con il fatto negativo che la pubblica amministrazione gravava sul bilancio pubblico.

In Italia cala il reddito industriale perché calano le vendite : cala il fatturato : calano i profitti. Questo
genera:
- Le imprese tendono a non assumere e a licenziare : DISOCCUPAZIONE : calano i consumi : cala la
domanda.
- Gli imprenditori non investono più a causa del tasso d’interesse : calano gli investimenti : cala la
produzione : e così via…
In Italia il calo della domanda genera un calo del reddito, dei consumi e degli investimenti. Tra il 1930 e il
1940 l’Italia passa da un indice di produzione uguale a 79 a un indice di produzione uguale a 43.

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38. Il sistema bancario in Italia: IMI, INA e Banca mista


La crisi della Banca Mista fu risolta anche qui tramite l’acquisizione del controllo delle banche da parte
dello Stato. Non c’è più il salvataggio ma il controllo pubblico.
Questo perché l’intervento dello Stato negli anni 30 è legato ad evitare un tracollo economico del paese: lo
Stato deve intervenire perché non ci sono capitali privati in grado di salvare le banche, perché siamo un
paese che è arrivato tardi all’industrializzazione ed un paese dualistico.
Una crisi bancaria generale, sarebbe stata esistenziale per l’intera economia italiana. Sarebbero mancati i
fondi per attuare i programmi in corso nel settore agricolo, sarebbe mancato il finanziamento alle imprese
proprio in una fase economica particolarmente delicata. Allo stesso modo, la chiusura di alcune imprese
chiave, avrebbe avuto pesanti ricadute sulla stessa capacità produttiva del paese.
Al Sud la quota di agricoltura era maggiore (per il dualismo). Il passaggio dei disoccupati alla pubblica
amministrazione avviene al Sud perché al Nord c’era l’alternativa dell’industrializzazione, mentre per il Sud
non c’erano altre prospettive.
Inoltre non si emigrava più in Germania, a causa del Regime, e negli Stati Uniti perché avevano chiuso le
porte all’emigrazione, soprattutto ai paesi europei.
Il regime di fronte alla crisi, oltre a diventare imprenditore, sviluppa la pubblica amministrazione, avviando
forme di assistenza sociale. Vengono creati così due enti che dovevano gestire alcune prestazioni sociali. Le
politiche sociali crearono…
- Il sistema pensionistico
- Assicurazione su malattie e infortuni sul lavoro
Il modello per garantire questi due fattori era dato da due enti, parastatali a capitale pubblico, controllati
dallo Stato ma autonomi:
- INPS : istituto nazionale previdenza sociale
- INA : istituto nazionale per assicurazioni
Questi enti vengono creati dal Fascismo e nascono per rispondere alla crisi economica..
Il sistema pensionistico e l’assicurazione su malattie e infortuni sul lavoro erano a carattere pubblico per
sostenere la domanda, però si carica così sulla collettività l’onere di questi due sistemi, tramite la fiscalità.
La fiscalità generale si fa carico di pensioni e sanità per favorire i consumi.
L’elemento critico di questo modello è il livello di pressione fiscale che serve per sostenere il modello.
Questo sarà dagli anni 30 il problema di tutte le economia europee.
Il governo di allora voleva fare riforme di struttura che dovevano evitare il rapporto negativo tra banche e
imprese. Vengono creati:
- ISTITUTO MOBILIARE ITALIANO – IMI : nel 1931
- IRI : nel 1933
Oggi questi due enti non esistono più.

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E’ un ente di diritto pubblico, che:
- Concedeva mutui : prestava soldi alle imprese.
- Assumeva partecipazioni azionarie alle imprese.
In pratica svolgeva le stesse funzioni della Banca Mista, è lo Stato che si assume l’onere di fare il credito
industriale.
L’IMI aveva un capitale di 531 milioni. Il capitale però non era dato dalla raccolta del risparmio privato, ma
dall’INA e dall’INPS, poi anche dalla Cassa Depositi e Prestiti (che rappresenta il tesoro dello Stato) e da
numerosi istituti di credito di diritto pubblico, tra cui il Banco di Napoli, il Banco di Sicilia, l’Istituto San
Paolo e 21 casse di risparmio.
Gli accantonamenti per pensioni e le assicurazioni venivano quindi utilizzati per finanziare l’attività
imprenditoriale.
L’IMI doveva finanziare le imprese perché:
- Per una ragione che riguarda la struttura economica: così poteva alleggerire il sistema bancario dalla
domanda di credito a medio lungo termine. Alle banche rimanevano le funzioni di raccolta del risparmio e
derogazione del credito a breve termine. Questa viene chiamata RIFORMA BANCARIA – 1936. Le banche
non si occupavano più dei crediti a medio lungo termine e soprattutto dei crediti industriali, se non con
appositi istituti.
- L’IMI non doveva salvare le imprese ma doveva finanziare le attività industriali che avevano un mercato,
doveva finanziare lo sviluppo industriale.

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39. L'intervento dello Stato nell'economia: la teoria di Keynes, i


piani economici e le nazionalizzazioni

-Uso della leva fiscale per favorire la formazione del risparmio (motore di sviluppo) e il reinvestimento dei
profitti.
-Nazionalizzazioni.
-Elaborazione di piani economici (programmazione)
-Sviluppo delle infrastrutture e dei servizi pubblici.
-Coinvolgimenti delle parti sociali, ed organismi internazionali nelle scelte pubbliche.
Dagli anni ’50 in poi si interviene con la politica fiscale, mentre negli anni ’20 e ’30 si utilizzava una
politica monetaria.
La politica monetaria interveniva sugli investimenti e quindi agiva sull’offerta, mentre l’idea di Keynes era
sostenere la domanda e per questo bisognava favorire il risparmio.
La politica fiscale sostiene il risparmio attraverso:
- La TASSAZIONE PROGRESSIVA, ognuno partecipa alle spese dello Stato in base al proprio reddito.
- La costruzione dello STATO SOCIALE (WELFARE STATE). L’istruzione, la sanità e il sistema
pensionistico dovevano essere a carico della fiscalità generale, della collettività. Questo perché si riduceva
così il costo per ogni individuo di queste tre componenti, incrementando il risparmio che poteva essere
impiegato nel consumo.
ECONOMIA MISTA vuol dire utilizzo della politica fiscale per sostenere la domanda.

Si crea un largo consenso intorno all’intervento statale in economia. Secondo la teoria di KEYNES, lo Stato
doveva intervenire in economia per sostenere la domanda. Questo viene definito economia mista.
Negli anni ’20 e ’30 lo Stato svolgeva funzioni di salvataggio in questi anni, invece, sviluppa i seguenti
obbiettivi economici:
- Contrastare le fluttuazioni cicliche.
- Sostenere la domanda.
- Garantire la piena occupazione.
- Favorire il pieno utilizzo della capacità produttiva: non ci dovevano essere risorse inutilizzate.
- Garantire l’equilibrio della bilancia dei pagamenti.
- Favorire uno sviluppo economico equilibrato.
Dietro questo modello c’era l’idea che lo Stato interveniva prima, per sostenere lo sviluppo e lo faceva
investendo:
- Nelle industrie strategiche.
- Nelle infrastrutture.
I settori ritenuti strategici erano:
- Meccanica e siderurgia
- Energia, con la creazione dell’AGIP e dell’ENI
- Petrolchimica

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- Telecomunicazioni
- Trasporti

Lo Stato deve fare l’imprenditore e deve gestire le risorse e i servizi. Questo processo riguardò tutta
l’Europa. Esempi di erogazione di servizi possono essere la BBC, le ferrovie, i telefoni, gli aerei.
Per l’Italia:
- Energia elettrica con la costituzione dell’ENEL.
- Telefonia con la SIP, che poi diventerà TELECOM.
L’Italia garantiva tramite la nazionalizzazione, attraverso il telefono e l’energia elettrica,
l’industrializzazione.

Lo Stato, o meglio l’esecutivo (il governo) dopo aver consultato le forze sociali, ovvero sindacati e
imprenditori, stabilisce una serie di obbiettivi economici:
- Tasso d’inflazione
- Tasso di disoccupazione
- Tasso della produttività del lavoro (collegato al livello e all’aumento dei salari)
Inoltre individua le risorse per raggiungere questi obbiettivi. Questa è la programmazione.
La gestione delle risorse è la legge finanziaria, legata al bilancio dello Stato, e con questa legge vengono
stabilite entrate e uscite.

Lo sviluppo delle infrastrutture e dei servizi pubblici

Lo Stato si occupa di costruire le infrastrutture e fornire servizi pubblici. Questo modello vede un
cambiamento dalla Rivoluzione Industriale inglese, perché si basa sullo Stato, sulla collettività, che i fa a
carico di costruire e fornire.
Questo durerà fino a metà degli anni ’90.
Cambiano quindi le infrastrutture e di conseguenza il ruolo dello Stato. Il vero problema in questi anni non è
costruire le ferrovie, ma le autostrade e gli aeroporti. In Italia tramite l’IRI vengono appunto costruite queste
infrastrutture.
Anche i servizi pubblici cambiano: lo Stato non investe più nell’istruzione elementare, ma in quella
universitaria. Inoltre investe nella telefonia e nella televisione.
Erano due gli obbiettivi che portavano ad investire nella televisione:
-la televisione era un’industria a livello tecnologico molto elevato.
-Serviva a garantire la formazione di un livello nazionale elevato.

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40. L'economia mista: parti sociali ed organismi internazionali nella


politica economica
L’economia mista vede il modello concentrativi, ovvero il concetto di accordo tra le parti sociali e gli
organismi internazionali nelle scelte pubbliche, avviene così il superamento del modello corporativo
fascista.

- Livelli di occupazione negli anni ’60 che non si erano mai sviluppati prima.
- Questo modello di economia mista ha garantito per almeno 50 anni a livello economico stabilità e sviluppo
economico e a livello politico un periodo di pace.
NOTE:
Alcuni storici recenti hanno sostenuto che questo modello è finito con la fine della Guerra Fredda e con l’11
settembre 2001.
Questo processo è legato essenzialmente ad un grande motore, l’America, perché la II Guerra Mondiale ha
rappresentato a livello di vite umane per l’America un grande sacrificio, però a livello economico non è stata
toccata, ma anzi con il Piano Marschall ha sperimentato uno sviluppo economico. Questo piano inoltre è
stato un modo per collocare sul mercato europeo la loro capacità produttiva.
Gli storici sostengono che questo è cambiato proprio l’11 settembre 2001, perché gli americani hanno
provato sulla loro pelle una grossa ferita. Lo sviluppo economico era infatti permesso dal fatto che non era
avevano sperimentato la Guerra.
L’economia mista si è retta sul modello americano. Il simbolo dello sviluppo economico degli anni ’50 in
poi è stato New York, l’attacco dell’11 settembre è avvenuto proprio su New York. Inoltre il modello si è
chiuso perché sono entrati due nuovi concorrenti: la Cina e in minor modo l’Europa.

Il modello di economia mista che si sviluppa in tutta l’Europa occidentale, in Italia ha assunto il nome di
Miracolo Economico perché tra il 1953 e il 1963/65 l’Italia è il paese che ha sperimentato il più alto tasso di
crescita (+7% del PIL). L’Italia era il paese guida, da qui nasce il nome Miracolo Economico.
Questa crescita ha un’origine: l’Italia è stata in grado dopo il 1945/46 di avviare un processo di ricostruzione
grazie a:
- Gestione del Piano Marschall
- Attuazione di una politica di stabilizzazione monetaria, che permetteva di ridurre l’inflazione e di garantire
la stabilità dei prezzi. Nel ‘47/’48 l’Italia ha avuto una politica liberista, che permesso poi di avviare la
politica Keynesiana.
Questa politica ha un padre: Luigi Einaudi, che fu Ministro del Bilancio, Ministro del Tesoro, Governatore
della Banca d’Italia e Presidente della Repubblica.
- Dal ’48 in poi viene attuata una politica di espansione e sviluppo: l’Italia deve diventare un paese

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industriale (conoscere il quadro politico italiano).
Fino al ‘47/’48 c’è un governo di unità nazionale, poi cambia in un governo Centro Destra.
Nel 1951 l’agricoltura partecipava alla produzione del PIL per il 23.4%, mentre nel ’67 per il 14%; invece
c’è una forte crescita di industria e terziario.
L’industria riguarda soprattutto:
- L’elettricità, avvenne una completa elettrificazione del paese.
- Per la prima volta l’Italia ha un’industria siderurgica o dell’acciaio che raggiunge livelli di produzione
degli altri paesi europei.
- L’Italia a differenza degli altri paesi europei sperimenta una crescita molto alta della pubblica
amministrazione
- Si sviluppa il settore petrolchimico: veniva utilizzato il petrolio insieme alla chimica.

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41. Il miracolo economico in Italia dopo la seconda guerra mondiale


L’Italia che esce dalla II Guerra Mondiale avvia un processo di crescita economica, che in realtà riguarda
l’economia di tutti i paesi occidentali dal 1945 al 1963.

- Dopo la II Guerra Mondiale gli Stati Uniti si incaricano di essere il paese leader a livello mondiale,
evitando gli errori fatti durante gli anni ’20 e ’30.
Decidono di aiutare l’Europa a ricostruirsi dopo che è uscita dalla II Guerra Mondiale, che è l’esatto
contrario di quanto hanno fatto dopo la I Guerra Mondiale. Tutto ciò è realizzabile attraverso il PIANO
MARSHALL: gli Stati Uniti trasferivano:
* Aiuti umani e risorse finanziarie. Non chiedono quindi indietro i pagamenti dei debiti di guerra, ma li
danno.
* Materie prime e tecnologia, che gli europei pagheranno in un secondo momento, quando il sistema
economico si sarà ripreso.
Questi trasferimenti permettevano di riattivare il sistema. In questo modo viene trasferito il modello
economico americano in tutti i paesi europei.
- Questo piano riguarda però solo una parte dell’Europa, quella occidentale, che si fermava a Berlino
(dall’altra parte era presente l’Unione Sovietica con il patto di Varsavia).
Lo sviluppo avviene quindi in un quadro di GUERRA FREDDA, con un confronto tra gli Stati Uniti e i
paesi occidentali e l’Unione Sovietica e i paesi satelliti, definiti “cortina di ferro”.
- Per gli storici economici il 1900 è iniziato con la I Guerra Mondiale e quindi la fine del capitalismo
liberale, ed è finito nel novembre del 1989, con la caduta del muro di Berlino.
Un ulteriore aspetto più legato all’economia riguarda la COOPERAZIONE INTERNAZIONALE dopo la II
Guerra Mondiale: i paesi non si confrontano più, ma interagiscono, bisognava creare istituzioni che
favorivano l’integrazione dei mercati. Il commercio internazionale è garanzia dello sviluppo. Il sistema
economico andava oltre la dimensione nazionale e andava regolato.

- FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE : serve a regolare il sistema monetario e interviene in


occasione delle crisi finanziarie.
- GATT : è un accordo generale sul commercio e le tariffe, ovvero rappresenta l’applicazione a tutti i paesi
che aderiscono della clausola della Nazione più favorita (il modello è il trattato di Cotten e Chevalier), è il
principio del libero scambio.
- PROCESSO DI INTEGRAZIONE EUROPEA : passaggio dalla Ceca alla Cee, creando un unico
mercato europeo, per evitare le guerre commerciali degli anni ’20 e ’30. Se l’Europa occidentale è un’unica
entità, l’economia è in grado di competere con le altre nazioni.

L’Italia nel frattempo…

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-Diventa una repubblica.
-Sceglie di stare dalla parte occidentale.
-È un paese che fra tutti i paesi occidentali si trova nella posizione peggiore, anche più della Germania. Si
trova in una condizione negativa dal punto di vista politico perché non solo ha sperimentato la dittatura, ma
sperimenta la Guerra Civile e i Savoia scappano in Egitto.
-Viene considerata dagli alleati in modo negativo.
L’Italia che esce dalla II Guerra Mondiale non ha un modello economico, sceglie così di collegarsi al
modello economico capitalistico americano.
La scelta occidentale e la scelta europea è fondamentale per lo sviluppo economico italiano. Per questo
l’Italia adotta questo modello, perché è la garanzia di sviluppo, con la necessità di uscire da una situazione
negativa.
L’Italia dal 1950 al 1973 è uno dei paesi che cresce di più, insieme alla Germania. L’Italia ha avuto la
migliore performance partendo da una situazione negativa. Registrava un tasso di crescita del 5%.
L’Italia diventa così un paese industrializzato, cresce agli stessi livelli dei paesi che si erano industrializzati
durante il 1800.
Le condizioni di questo tasso di crescita sono:
-la scelta di adottare il modello del capitalismo americano, imputabile a De Gasperi e alla classe
imprenditoriale con Agnelli, Pirelli e alcuni banchieri).
-La scelta europea, con l’inserimento quindi nel modello europeo.

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42. Il miracolo economico italiano: il settore industriale


Negli anni del Miracolo Economico l’Italia vede il passaggio da una struttura industriale fondata sul
settore tessile e su altre produzioni tradizionali. Questo patrimonio iniziale declina a favore di produzioni
metalmeccaniche legate ai beni d’investimento e all’industria di largo consumo.
È un processo di cambiamento nella continuità, ovvero si passa dal produrre ghisa e acciaio, a costruire
autostrade e ponti, si continua comunque nello stesso settore.
In questi anni prevalgono due elementi che riguardano la capacità tecnologica:
-L’innovazione tecnologica
-Grande capacità di trasformazione delle materie prime, che permette di generare nuovi mercati e nuovi
prodotti.
Questi due elementi segneranno profondamente il Miracolo Economico, soprattutto nel settore industriale.
Sotto questo aspetto il Miracolo Economico è molto vicino alla Rivoluzione Industriale Inglese per la
creatività tecnologica particolare.
Lo sviluppo dell’Italia quindi è reso possibile non solo dall’adozione del modello capitalistico americano,
ma anche per questa creatività tecnologica.

Oltre alla capacità tecnologica, che rappresenta il cuore del Miracolo, ci sono stati altri fattori che hanno
permesso la crescita dell’Italia:

1.Creazione di istituzioni nuove che si rilevano particolarmente adatte, facilitano e sostengono il processo
economico.
Questo era permesso grazie al fatto che si forma la Repubblica e negli italiani si forma l’idea di una
rinascita, per questo c’era una forte coesione sociale (fattore politico).
2.Lo sviluppo industriale è reso possibile dalla grande disponibilità di manodopera a basso costo. I salari
erano bassi e la gente era disposta a lavorare per poco. Le persone del Sud emigravano verso Milano e
Torino per trovare lavoro, ed erano disposti a lavorare a bassi salari (fattore economico).
Questi livelli salariali bassi permettevano agli industriali di avere alti profitti, che portavano a più
investimenti, in attività industriali (non in borsa).
3.Viene adottato il modello americano: è il modello della società dei consumi di massa. Si produce
affinché tutti consumino. Prima questo modello non esisteva, la produzione riguardava i tessuti e l’industria
metalmeccanica. L’Italia è però in grado di sviluppare il modello americano, basandosi sulla produzione di
massa, con l’aggiunta della creatività italiana. Si sviluppano due simboli della produzione italiana: la vespa e
la 500. L’idea innovativa è che si producano beni per l’uso di massa a bassi costi, con l’idea che i beni si
riciclano, bisogna cambiarli.
4.Il Miracolo Economico italiano è reso possibile attraverso la liberalizzazione del commercio
internazionale, perché si sono aperti nuovi spazi. Questo permette da una parte la specializzazione dei vari

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paesi e dall’altra porta all’aumento della competizione, e di conseguenza all’aumento dell’efficienza dei
beni per combattere la concorrenza. Ciò che caratterizza l’Italia in questi anni è l’economia di mercato, la
produzione di massa e il mercato concorrenziale. Avviene il passaggio da CECA a CEE, perché si crea un
mercato che riguarda tutti i paesi europei.
5.Bassa crescita dei prezzi delle materie prime, in particolare il basso costo del petrolio. Si sviluppa
l’ENI, che era una compagnia italiana che andava a prendere il petrolio e lo raffinava (questa è la grande
innovazione italiana). L’ENI non guardava solo ai paesi dell’Africa, ma anche ai paesi del Sud America.
6.A differenza degli anni ’20 e ’30, c’è una bassa speculazione monetaria per la legge bancaria fatta dal
fascismo e dai cambi fissi. Questo porta alla crescita dell’investimento estero. Si sviluppano le
multinazionali nei paesi stranieri.
7.Politiche economiche interne espansive (modello keynesiano). Lo Stato e il sistema economico mettono
in atto politiche di investimento che portano ad una stabilità del pareggio di bilancio. La politica fiscale ha
un ruolo determinante rispetto a quella monetaria. In Italia si volevano fare politiche economiche espansive
che sostenessero la domanda, in realtà queste politiche hanno sostenuto l’offerta, perché sono state politiche
di incentivazione dell’industria.
Proprio per questo il sistema keynesiano ha una questione aperta, ovvero che offerta e domanda sono legate
alla distribuzione del reddito, che riguarda la fiscalità e la dinamica salariale (come crescono i salari).

Dopo il Miracolo Economico l’Italia è un paese che vive di esportazioni: sono le esportazioni che
sostengono lo sviluppo. Per la prima volta è un paese dove le esportazioni di prodotti sono maggiori delle
importazioni di servizi e beni.
Questo è reso possibile dal commercio con i paesi europei, in particolare con la Germania. La scelta tedesca
è legata al fatto che l’Italia era la fornitrice di meccanica di precisione.
Per la prima volta c’è una riduzione di importazione dagli Stati Uniti e soprattutto in quegli anni l’Italia
esporta negli Stati Uniti più di quanto esporta.
Le esportazioni aumentano perché:
- Cala il peso dell’industria tessile, aumenta il peso per la meccanica e il petrolchimico.
- Vengono prodotti meno prodotti agricoli e più prodotti industriali.

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43. I finanziamenti economici durante il miracolo economico


italiano
L’Italia tra gli anni ’50 e ’60 è un paese dove cresce la capacità di risparmio.
Questa capacità di risparmio che si colloca nelle banche, permette una capacità di investimento nelle
imprese, infatti il 30% degli investimenti alle imprese deriva dalle banche. Quindi il principale fornitore di
liquidità sono ancora le banche. Questo fattore distanzia l’Italia dal modello americano, dove invece cresce
moltissimo il mercato borsistico.
Per la grande capacità di fare profitti le imprese si autofinanziano. Questo è il tipico modello della piccola
media impresa, che negli anni ’60 inizia a svilupparsi prima nell’area Lombarda, poi si sposta verso il nord-
est.
Si forma così un nuovo dualismo:
- GRANDE IMPRESA : a nord-ovest, nel triangolo Torino, Milano, Genova.
- PICCOLA-MEDIA IMPRESA : a nord-est
Questo dualismo si lega al dualismo NORD – SUD, che vede un nuovo contrapporsi, perché nel nord si
colloca l’industria privata; al sud l’industria pubblica, che è legata a una scelta di finanziamento da parte
dello Stato, attuata negli anni ’50, per uno sviluppo industriale.
Anche il Sud doveva industrializzarsi e per farlo utilizzava il modello della grande impresa, però a
partecipazione statale.
Per questo viene creato un ente: la CASSA DEL MEZZOGIORNO: ente finanziatore di progetti industriali.
L’ente prevedeva la nascita di grandi poli industriali che dovevano irradiare attività industriali, questo
garantiva occupazione e un indotto di piccola – media impresa che forniva alla grande impresa:
Questi poli non hanno però funzionato perché:
- per la scelta delle produzioni industriali: si è puntato sul metalmeccanico siderurgico e acciaio, che si sono
dimostrati obsoleti.
- La collocazione geografica di questi poli industriali più che su ragioni economiche è stata determinata da
interessi socio-politici.
- Questo progetto di inserire i poli industriali con infrastrutture per sviluppare sul territorio l’industria,
presupponeva una società civile aperta all’attività industriale. Storicamente per condizionamenti pesanti
questo non si è verificato. Lo sviluppo del Sud non è avvenuto perché la società non si è aperta all’industria.

Il mercato finanziario si sviluppa poco perché c’è una centralità del sistema bancario.
Crescono il numero delle società per azioni, ma non quello delle società quotate in borsa.
GLI ISTITUTI DI CREDITO SPECIALI
Nel finanziamento, soprattutto della piccola media impresa si sono sviluppati gli ICS. Sono delle banche di
medio credito che:
- Non raccolgono il risparmio
- Fanno credito industriale di medio lungo periodo.
I soldi li prendono:
-Emettendo obbligazioni o titoli di reddito fisso, che venivano collocati sul mercato finanziario.

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-Lo Stato in realtà era sostenuto dal risparmio dei privati. Il finanziamento dello Stato era regolato con un
contributo sugli interessi tramite agevolazioni. Non dava quindi direttamente i soldi all’ICS, ma pagava gli
interessi che l’imprenditore doveva dare all’ICS per il finanziamento fatto..
Questo sistema funzionava benissimo negli anni ’50 e ’60, però negli anni ’70 ha un fattore negativo, perché
a metà anni ’70 verrà deciso di utilizzare il finanziamento pubblico solo per le imprese del Sud del paese.
Il Nord veniva quindi finanziato nella maniera tradizionale, non agevolata.

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44. I nuovi compiti dello Stato durante il miracolo economico


italiano
Il Miracolo Economico italiano è legato anche alla SPESA PUBBLICA. A questa si aggiunge il RUOLO
DELLE PARTECIPAZIONI STATALI, ovvero le quote dello Stato nelle imprese e quindi la figura dello
Stato come imprenditore.
Nel 1956 verrà creato un ministero delle partecipazioni statali.
La spesa pubblica è stata resa possibile dal miglioramento dei conti pubblici. Lo Stato non ha fatto
l’imprenditore con un deficit, ma ha realizzato una spesa pubblica con un assestamento dei conti pubblici, di
conseguenza il deficit viene ridotto e l’Italia ha così un bilancio in pareggio.
Questo permetteva allo Stato di avere un minor costo sugli interessi dei titoli di Stato. Questa riduzione è
andata di pari passo con l’aumento delle entrate dello Stato, soprattutto grazie alla RIFORMA VANONI,
varata nel 1951, che prevedeva la dichiarazione annuale dei redditi.
Tutti i cittadini contribuivano alle spese dello Stato dichiarando il loro reddito e il cittadino viene tassato in
base a quella dichiarazione. Non è quindi il fisco ad accertare le imposte.
Definitivamente l’Italia scelse di far prevalere l’imposizione fiscale diretta sull’imposizione indiretta. L’idea
essenziale era il principio che ogni cittadino avrebbe contribuito alle spese dello Stato in base al proprio
reddito.
La spesa pubblica è resa possibile da una politica di risanamento del debito pubblico, che fa si che lo Stato
spenda meno soldi per gli interessi e abbia un incremento delle entrate che permettono di destinare risorse
agli investimenti.
Questo processo finisce intorno alla metà degli anni ’60, dove il ciclo RISANAMENTO DEBITO
PUBBLICO – INCREMENTO DELLE ENTRATE – INVESTIMENTI salta, perché:
- Iniziano a crescere in Italia:
TASSO DI EVASIONE : non vengono pagate le tasse
TASSO DI ELUSIONE : vengono nascoste alcune fonti di reddito
- La politica economica tende a spendere in deficit. La spesa pubblica viene attuata senza copertura
finanziaria. Questo perché la politica di programmazione (lo Stato si da alcuni obbiettivi che concorda con le
parti sociali) a metà anni ’60 viene meno. La politica tende a spendere non in modo ordinato, ma per
rispondere ad interessi politici ed economici.
Lo Stato investe senza copertura:
- Nella scuola
- Nel sistema agricolo
- Per il capitolo del Mezzogiorno
- Nel disagio sociale
- Per le politiche di incentivazione all’attività industriale : lo Stato si è fatto carico di sostenere le aziende in
crisi per motivi occupazionali.

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Tra il 1966 e il 1973 sono gli anni in cui l’Italia sperimenta la fine di questa crescita. Ormai è un paese
industrializzato, mentre nel 1861 non lo era ancora. Però c’erano ancora una serie di questioni irrisolte.

Il Miracolo Economico italiano di è retto sulla grande disponibilità di manodopera a basso costo. Le
industrie italiane erano competitive perché l’Italia aveva un costo del lavoro basso, quindi una bassa crescita
dei salari. Se questo è il fattore vincente per le esportazioni, nel lungo periodo però risulta una
penalizzazione perché tiene bassi i consumi interni, la domanda interna.
Nel frattempo arrivavano sulla scena economica mondiale paesi competitivi, che producevano gli stessi
beni, ma presentavano prezzi convenienti. L’Italia perse così quote di mercato, ma non aveva il mercato
interno che la sostenesse.
- Aver costruito un modello che si reggeva sulle esportazioni genera una dipendenza dal mercato straniero,
dipendenza dalla concorrenza straniera. Nel frattempo si affacciava sulla scena un altro paese, il Giappone,
con un modello di completa imitazione di quello americano, che si reggeva sul basso costo del lavoro e
faceva concorrenza ai prodotti italiani.
- L’Italia ha investito molto. Però gli investimenti non sono valutabili solo dal punto di vista quantitativo,
perché molti degli investimenti fatti non sono stati profittevoli, soprattutto gli investimenti pubblici e le
partecipazioni statali nell’area meridionale, e nella chimica della Montecatini nella parte Nord.
Queste ombre hanno un elemento che riguarda soprattutto i consumi. Il basso costo del lavoro ha tenuto
bassa la domanda, però il Miracolo Economico italiano è anche segnato da una cattiva distribuzione della
crescita dei consumi, e cioè che la struttura dei consumi tende a modificare, diminuisce la percentuale dei
redditi destinati ai consumi di prima necessità e subisce un forte incremento il consumo di prodotti durevoli,
quali televisioni, auto, frigoriferi.
Però esistono anche i consumi pubblici. In quegli anni si registrò un’inadeguatezza di questi servizi pubblici,
che non tennero il passo della domanda crescente:
- Sistema scolastico
- Sistema sanitario
- Sistema dei trasporti
L’Italia aveva una forte spesa per la pubblica amministrazione e per gli investimenti, ma con un basso
livello dei servizi pubblici.
È un paese che cresce molto nei livelli di consumo privato, ma poco nei livelli di consumo pubblico, ovvero
nella fornitura e nella gestione di servizi.

Lo Stato imprenditore dal 1966 in poi perde l’originaria finalità, ovvero investire in settori strategici, ma
tende ad utilizzare la spesa pubblica nelle imprese per ragioni occupazionali.
Infatti
-l’IRI : che aveva come obbiettivo lo sviluppo del settore dell’acciaio e delle infrastrutture;

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-la FINSIDER : che aveva come obbiettivo lo sviluppo della cantieristica e la costruzione di dighe, ponti,
ecc;
-l’ENI : che doveva occuparsi del petrolio,
diventano holding proprietarie di aziende che non hanno uno spazio sul mercato, che sono in perdita, ma che
vengono mantenute in vita per garantire l’occupazione.
Questo processo si concluderà tra il 1993 e 1994 quando ci sarà lo smantellamento di queste aziende.

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45. La fine del miracolo economico italiano negli anni '70


La fine del Miracolo Economico va di pari passo con la grande rivoluzione sociale degli anni ’70. (Dal 1963
al 1968 sono gli anni del governo centro sinistra). La crisi della società italiana ha uno sbocco drammatico,
perché gli anni ’70 erano gli anni del terrorismo.
Quindi la fine del Miracolo Economico va di pari passo con una crisi sociale pesante.
Il 1962 è l’anno in cui l’Italia raggiunge la piena occupazione. Dal 25 aprile 1945 e 2 giugno 1947 fino al
1962 l’Italia sperimenta una crescita economica industriale che prevedeva la piena occupazione e bassa
inflazione. Solo che questa piena occupazione soprattutto nel Nord Italia era segnata da:
- basso costo del lavoro
- grande flusso migratorio da Sud e dal Nord – est verso il Nord – ovest
Questo genera la richiesta da parte del mondo operaio e impiegatizio, rappresentati dal mondo sindacale, di
un aumento dei salari..

- Aumenta il costo del lavoro


- Gli imprenditori per mantenere le quote di profitto trasferiscono l’aumento del costo del lavoro sui prezzi.
- Nel medesimo tempo la Banca d’Italia e le banche tengono basso il costo del denaro, con l’intento di
compensare il progressivo venir meno della possibilità di finanziamento.
- Avviene un incremento dei prestiti, soprattutto crescono notevolmente i prestiti a breve termine a basso
costo.
Tutto ciò genera l’inflazione!!!
Da una parte la crescita dei salari genera una crescita dei prezzi che genera inflazione.
Dall’altra per garantire i finanziamenti alle imprese tengono prestiti a breve termine a basso costo e anche
questo genera inflazione.
Però se crescono i prezzi avviene un calo della esportazioni, cala di conseguenza la produzione, e questo
genera disoccupazione!!!
Si innesta così dalla seconda metà degli anni ’60 il processo di inflazione – disoccupazione, che verrà
interrotto solo a metà anni ’90.
A questa drammaticità si affianca un forte incremento della spesa pubblica, perché di fronte alla
disoccupazione lo Stato interviene con i sussidi e con la cassa d’integrazione.
Viene attuata una politica di salvataggio di imprese che non hanno una prospettiva di mercato, ma vengono
mantenute in vita per l’occupazione. La spesa pubblica doveva sostenere la disoccupazione, che è un
tradimento alla politica di Keyenes. Solo che questa non viene finanziata con l’incremento delle tasse, ma a
deficit, emettendo titoli del debito pubblico.

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L’intervento dello Stato in Italia non è legato ad una politica di programmazione, ma risponde alle
emergenze. L’Italia ha un modello di economia mista, sostenuto dall’intervento pubblico, che è reso
possibile dal miglioramento dei conti pubblici, ma non è programmato.

I compiti dello Stato erano:


- Creare le condizioni per un processo continuo di crescita della ricchezza.
Le condizioni sono:
- Investimento tecnologico, avvenuto solo negli anni ’50.
- I fattori di funzionamento del mercato. Ma in Italia spesso la domanda non ha incontrato l’offerta e
l’offerta non ha incontrato la domanda.
- Operare sulle strutture della società italiana al fine di eliminare gli squilibri economici e settoriali, ovvero i
dualismi, soprattutto quelli che riguardano:
- Nord – Sud
- Agricoltura – Industria
- Mondo imprenditoriale – Mondo operaio
Lo Stato italiano non è stato in grado di eliminarli, e questi sono stati una delle cause della fine del Miracolo
Economico.
La Spesa Pubblica italiana non è stata indirizzata sugli investimenti, né sulla riduzione di questi squilibri, ma
ha avuto una funzione di redistribuzione del redito. Solo che man mano gli interessi particolari hanno
vincolato questa redistribuzione, per questo il reddito è andato a chi aveva più forza contrattuale con lo
Stato. Questo è stato il vero problema.

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Indice
1. Società ed economia preindustriale 1
2. Fattori che frenano lo sviluppo dell'economia preindustriale 3
3. Il mercante imprenditore, la manifatturea e la distribuzione del reddito nell'economia 6
4. Crescita economica con l'espansione coloniale 8
5. Mutamento culturale e importanza del carbone dopo l'espansione coloniale 11
6. Intervento dello Stato nello sviluppo economico del periodo preindustriale 14
7. La rivoluzione industriale 1760 - 1850 15
8. Rivoluzione agraria e demografica nella rivoluzione industriale 16
9. L'economia di mercato nella rivoluzione industriale 18
10. Rivoluzione dei trasporti, distribuzione delle risorse e divisione del lavoro nella 19
11. Le innovazioni tecnologiche nella rivoluzione industriale 21
12. Il teorema di vantaggio comparato di Aldo Ricardo 23
13. Lo sviluppo dei mercati con la rivoluzione industriale: siderurgia e trasporti 24
14. Le politiche dello Stato nella rivoluzione industriale: monetaria, doganale e sociale 26
15. Le interpretazioni della rivoluzione industriale: pluricasuale e regionalista 30
16. La diffusione della rivoluzione industriale tra 800 e 900 31
17. Il gold standard dopo la rivoluzione industriale 33
18. Diffusione dell’economia industriale nell’Europa continentale 35
19. Effetti dell’industrializzazione dell’Europa continentale 38
20. L'industrializzazione del Belgio - 1830 40
21. L'industrializzazione della Francia 42
22. L'industrializzazione della Germania 46
23. L'industrializzazione negli Stati Uniti 50
24. Premesse all'industrializzazione dell'Italia alla fine dell'800 53
25. L'industrializzazione dell'Italia nel Novecento. Dal 1896 al 1963/64 55
26. Effetti economici della prima guerra mondiale sull’economia italiana: le riparazioni 60
27. L'economia italiana dopo la prima guerra mondiale 62
28. La situazione economica di Germania e Stati Uniti dopo la prima guerra mondiale 64
29. La crisi dell'economia italiana dopo la prima guerra mondiale 66
30. La situazione economica internazionale tra le due guerre 70
31. L'economia e la politica italiana tra le due guerre mondiali e nel fascismo 72
32. Interventi nell'economia del fascismo 75
33. Gli effetti di quota novanta del fascismo 78
34. La crisi economica del 1929 80
35. Risposte alla crisi economica del 1929: tariffa doganale di Smooth-Hawley e New 84
36. Risposte alla crisi economica del 1929: Stato imprenditore e Stato corporativo o 85
37. La crisi economica in Italia dal 1931 87
38. Il sistema bancario in Italia: IMI, INA e Banca mista 88
39. L'intervento dello Stato nell'economia: la teoria di Keynes, i piani economici e le 90
40. L'economia mista: parti sociali ed organismi internazionali nella politica economica 92
41. Il miracolo economico in Italia dopo la seconda guerra mondiale 94
42. Il miracolo economico italiano: il settore industriale 96
43. I finanziamenti economici durante il miracolo economico italiano 98
44. I nuovi compiti dello Stato durante il miracolo economico italiano 100
45. La fine del miracolo economico italiano negli anni '70 103

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