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di Fabrizio Calabrò
Gli appunti, basati sui libri "Prima lezione di relazioni internazionali" e
"Istituzioni di relazioni internazionali" di Luigi Bonanate, forniscono una
definizione e ripercorrono brevemente la storia della disciplina delle relazioni
internazionali.
Fabrizio Calabrò Sezione Appunti
a.L’individuo: egli rappresenta l’unità di analisi più elementare delle scienze sociali, su cui l’attenzione si è
collocata nel modo più intenso, essendo il protagonista delle vicende storiche. Tuttavia, l’individuo, diventa
rilevante solo se gli si imputino le ragioni dello scoppio della guerra. A tal proposito sorge il problema,
ancora irrisolto, del rapporto tra il singolo e il contesto in cui si trova.
b.Lo Stato: esso è il prevalente attore delle relazioni internazionali materiali. Chiunque agisca sulla scena
internazionale e abbia una veste pubblica, è esclusivamente il rappresentante di un’autorità. Nel linguaggio
comune, si intende raffigurarlo nella sua globalità, evocando l’immagine di attore unitario.
c.Il sistema internazionale: questa espressione nasce nel 1957, ad opera di Kaplan. Il termine “sistema” non
ha una caratteristica particolare di per sé: la parola riguarda esclusivamente il modo di organizzare un
qualche insieme. Il sistema internazionale, quindi, non rappresenta l’insieme degli Stati, ma un modo per
analizzare la composizione che si crea tra le volontà dei diversi soggetti partecipanti alle Relazioni
Internazionali.
d.Il sistema globale: l’idea di globalità nasconde la teoria della globalizzazione, con la quale si mettono in
evidenza due importanti elementi dell’analisi della vita planetaria. Il primo dipende dall’unificazione del
mondo, per cui si può parlare di società mondiale (o globale). Il secondo, ammette che un sistema di questo
genere abbia una propria indipendenza analitica e sostanziale.
a.Livello teorico, che sta alla base di tutti i livelli, perché cerca di dare una definizione generale ai fatti
internazionali. Inoltre, tenta di trovare i motivi di ciò che accade e per questo motivo è epistemologico.
Altresì, tale livello indirizza gli altri alla strategia di ricerca.
b.Livello storico (o storiografico), che viene usato da alcuni internazionalisti per definire il profilo di ciò che
accade. Oltre a questo compito, questa disciplina ne ha altri che consistono nel definire le linee
organizzative dei fatti internazionali, separare la storia dalla cronaca e, infine, considerare la casualità e le
circostanze degli accadimenti che incidono la vita internazionale.
c.Livello sociologico, che sta attento ai comportamenti (e loro modelli) degli attori della vita internazionale.
Tutto ciò sopperisce allo studio strategico, che ha un alto livello di astrazione. Al contrario, la sociologia
(che rappresenta una sottobranca delle Relazioni Internazionali), desta attenzione a tutti gli aspetti ignorati
dagli studi strategici.
d.Livello economico, che viene annoverato tra i livelli di concettualizzazione, in quanto è al centro del
dibattito degli studiosi di Relazioni Internazionali Qual è il ruolo dell’economia nelle società? E’ un ruolo di
grande importanza, tanto che vi è, uno studio che riguarda l’economia politica internazionale.
e.Livello politologico, che si raccomanda da solo. Si può dire che il linguaggio politico è stato utilizzato,
come medium, da studiosi per lo studio delle Relazioni Internazionali. Fatta questa premessa, il livello
politologico, non può non essere preso in considerazione nello studio della politica internazionale. Una
caratteristica di questo livello, è che, se viene utilizzato come medium mantiene una sua autonomia.
f.Livello concettuale del giudizio (definito anche valutativo o prasseologico). Tale livello è inconfrontabile
rispetto agli altri cinque. Quest’ultimi, infatti, anche se differenti tra loro, sono cumulabili dato che non
comportano un meccanismo di esclusione. La caratteristica di questo livello è che uno studioso, per
analizzare un determinato fatto, deve fare delle scelte (anche di tipo epistemologico) e deve dare un
giudizio. A questo livello, in altre parole, spetta di delineare la strategia di ricerca.
Casella n. 12: livello analitico del sistema internazionale + livello di concettualizzazione storiografico
Da un punto di vista storico, il sistema internazionale si confronta con la teoria dei cicli internazionali,
avanzata da Auguste Comte nel XVIII secolo. Secondo questo filosofo, la vita dell’umanità procede per
cicli, che derivano da guerre specifiche. Comte distingue tre cicli:
- Cicli che nascono da guerre di conquista;
- Cicli che nascono da guerre di difesa;
- Cicli che nascono da guerre commerciali.
Un’altra impostazione teorica sul sistema internazionale, è stata avanzata da O. Spengler, il quale, credeva
che la storia dell’umanità sia caratterizzata da 50 anni di guerre. Organski, invece, ritiene che ci vogliano
15-20 anni affinché uno Stato possa risorgere dalla guerra. La teoria dei cicli, tuttavia, non riesce quasi mai a
trovare punti di riferimento scientificamente applicabili. Vale la pena, quindi, soffermarsi su un tentativo
operato in questa direzione da una corrente scientifica, la quale si è proposta di proiettare nel futuro la teoria
dei cicli internazionali. Così, sulla base di una serie di dati statistico-economici, essa ha sostenuto che le tre
fasi riconoscibili in ciascun ciclo siano rappresentate, da una prima di crescita produttiva, una seconda di
aumento di conflittualità, e infine, da una terza di aumento dei prezzi: al termine di questo ciclo
scoppierebbe una guerra, che sarebbe seguita da un nuovo e analogo ciclo.
Il problema sta nel fatto che la teoria dei cicli non è supportabile da dati economici. Tuttavia, si può dire che
gli ultimi cinque secoli di storia europea sono stati caratterizzati dalle guerre, ognuna delle quali sono
avvenute a distanza di 100 anni:
-Guerra dei 30 anni (1618-1648);
-Guerra di successione spagnola (1701-1713);
-Guerre napoleoniche (1803-1815);
-I guerra mondiale (1914-18).
Modelsky afferma che un lungo ciclo si può analizzare, a livello internazionale, attraverso 4 fasi:
-L’emergere di una potenza mondiale;
-La sua de-legittimazione;
-De-concentrazione del potere;
Casella n. 13: livello analitico del sistema internazionale + livello di concettualizzazione sociologico
Studiare la configurazione degli Stati in diverse fasi, è una fase interessante. Per questo motivo sono state
avanzate diverse tipologie di analisi. La prima di queste è la proposta di Kablan, che consiste nel
rappresentare le Relazioni Internazionali attraverso 5 modelli:
-Equilibrio di potenza;
-Sistema bipolare rigido o flessibile;
-Modello universale dei rapporti internazionali;
-Modello gerarchico;
-Modello anarchico.
Recentemente è stata proposta una versione di questo tipo di analisi: si tratta della “teoria della stabilità
egemonica”, entro la quale si fanno rientrare i regimi internazionali. Tale modello si applica nel campo dei
rapporti fra gli Stati amici. Il livello sociologico è valido, perché si basa sull’economia, sulla politica e
sull’interdipendenza fra gli Stati. Il suo punto debole sta nel fatto che la potenza egemone è diventata
instabile.
Casella n. 14: livello analitico del sistema internazionale + livello di concettualizzazione economico
Le Relazioni Internazionali, in questo caso, si basano sull’equilibrio, concetto che è stato avanzato da Adam
Smith nelle sue Ricerche sopra la natura e la causa della ricchezza delle nazioni, nelle quali viene
enfatizzato il mercato in situazione di equilibrio: sistema nel quale produttori e consumatori trovano un
punto di equilibrio, grazie all’aiuto di una mano invisibile. Un altro filosofo, David Hume trasla il concetto
di equilibrio nella vita internazionale: in questo caso i rapporti internazionali, possono essere spiegati
attraverso l’instaurazione di un equilibrio in qualche modo realizzatosi, e la guerra discende, ovviamente
dalla rottura di questo equilibrio. L’unico elemento di rottura di tale equilibrio è il “vuoto di potenza” che si
potrebbe verificare in qualche area del mondo. La teoria dell’equilibrio deriva dai funzionalisti, i quali
ritengono che essa sia la migliore condizione per la conservazione del sistema. Non sempre, però, è ottimale.
Casella n. 15: livello analitico del sistema internazionale + livello di concettualizzazione politologico
In questo concetto vengono analizzati due concetti chiave: i modelli di sistema e la guerra costituente.
Riguardo i modelli di sistema, alcune ricerche si sono dirette verso il mondo bipolare delle Relazioni
Internazionali, in cui gli Stati si proteggono a vicenda. Da un lato è presente la politica del terrore, dall’altro
lato si sono costruite le alleanze. Quest’ultimo modello è diventato teoricamente autosufficiente, da quando
un politologo, ha proposto un suo modello delle coalizioni, in cui ha fatto una serie di calcoli per trovare la
coalizione ottimale per vincere una competizione. La migliore soluzione, secondo lui, è la coalizione
minima vincente. che ha come obiettivo il miglioramento delle alleanze. Al di fuori di questa coalizione, le
altre sono sub-ottimali. Altre ricerche, invece, hanno approfondito il multipolarismo. In questa categoria
rientrano i soggetti sovranazionali, che hanno sostituito lo Stato.
Per quanto riguarda la guerra costituente, si può affermare, che la vita internazionale ruoti intorno alla
guerra, e che la storia delle relazioni internazionali possa essere ricostruita attraverso la periodicità delle
grandi guerre. In questa impostazione, le guerre presiedono alla nascita di nuovi sistemi. Accanto al concetto
di guerra costituente, vi è la guerra globale, proposta da Modelski. Tale concetto, venne ripreso sia da R.
Gilpin (guerra egemonica), sia da J. Levy (guerra generale).
Casella n. 17: livello analitico del sistema globale + livello di concettualizzazione storiografico
L’ipotesi che viene presa in considerazione è quella di Wallerstein. Nel 1970 egli avanzò una teoria
presente nell’opera Il sistema mondiale dell’economia moderna. L’idea di fondo è quella di considerare il
mondo come un sistema sociale unitario, che ha una sola divisione del lavoro e una molteplicità di sistemi
culturali. L’elemento principale di questo quadro storiografico, è la periodizzazione avanzata da
Wallerstein, che mira all’interdipendenza delle diverse manifestazioni della vita umana:
I.1450-1640;
II.1650-1730;
III.1730-1917
IV.1917-1978.
Del mondo che viene così individuato, è possibile distinguere:
-Un centro costituito dalle grandi potenze politiche, economiche e culturali;
-Una periferia che offre le risorse disponibile per lo sfruttamento dello sviluppo economico, e dipendente dal
centro;
-Una semi-periferia, che funge da anello di congiunzione tra i due blocchi contrapposti
Nel suo complesso questa impostazione suggerisce che la storia del mondo è unitaria, contraddistinta da uno
sviluppo unitario e unilineare.
Casella n. 18: livello analitico del sistema globale + livello di concettualizzazione sociologico
Il superamento dei confini nazionali implica che le teorie vanno poste all’interno di una società
internazionale. I media e le tecnologie hanno provveduto a colmare i limiti del mondo antecedenti alla sua
contemporaneità.
Casella n. 19: livello analitico del sistema globale + livello di concettualizzazione economico
Il rapporto fra politica ed economia è cresciuto si è intrecciato talmente tanto, che è stato creato uno studio
basato sull’intreccio “economia-politica internazionale”. I problemi che devono essere risolti da questa
materia sono: la redistribuzione della ricchezza, che acquista particolare rilevanza nel momento in cui
Casella n. 20: livello analitico del sistema globale + livello di concettualizzazione politologico
Va sotto il nome di “teoria dei regimi internazionali” una problematica di particolare interesse per l’analisi
internazionalistica, il sviluppo origina alla metà degli anni settanta. Il “regime” è un elemento funzionale,
che si riferisce a entità materiali o immateriali che propongono o si propongono di risolvere questioni
globali. Bisogna cooperare per stabilire un regime, affinché questi problemi vengano risolti. Si profila, in tal
modo, una situazione nella quale la guerra è inessenziale.
Casella n. 23: livello analitico del sistema internazionale + livello di concettualizzazione valutativo
(“ordine internazionale”)
La teoria dell’ordine internazionale ipotizza che la sistematicità internazionale dipenda dal tipo di pace che
viene prodotta dalla fine della guerra. Essa viene combattuta, per affermare e rivendicare un principio di
ordine internazionale che sarà imposto con le armi. Quest’ordine dapprima costituente deve
progressivamente estendersi all’insieme di Stati che partecipano alla vita di relazione. Tuttavia l’ordine
internazionale, dopo un periodo di massimo successo, conosce una crisi profonda.
K. Holsti elenca le condizioni che un sistema di ordine internazionale deve saper realizzare al termine di
una guerra:
a)Gli Stati vincitori della guerra devono detenere una capacità di governo;
b)I vincitori devono essere legittimati a essere i leaders del nuovo ordine internazionale;
c)Le regole, i valori che stanno alla base dell’ordine devono essere riconosciuti da tutti gli Stati (vincitori e
sconfitti);
d)Chi sta alla guida del nuovo ordine deve assolvere il compito di controllo e soluzione dei conflitti;
e)Bisogna che la pace sia il nuovo criterio dell’ordine internazionale;
Casella n. 24: livello analitico del sistema globale + livello di concettualizzazione valutativo (“società
cosmopolitica”)
Il principio cosmopolitico implica che ogni individuo condivide la stessa appartenenza al genere umano, da
cui si fa discendere il principio di fratellanza universale che dovrebbe portare accomunare tutti gli individui.
Astrattamente affermato (grazie al suo ideale altissimo), la concezione cosmopolitica è inapplicabile
materialmente.
Delle quattro impostazioni ora analizzate, tre (idealismo, realismo, cosmopolitismo) offrono un sistema di
credenze, applicabile a qualsiasi altro aspetto della realtà politica e sociale. La teoria dell’ordine
internazionale, invece, si limita a offrire un programma di ricerca, nel quale nessuna credenza potrà
influenzare le scelte di chi lo perseguirà. L’idealismo, il realismo e il cosmopolitismo sono concezioni
“olistiche”, nelle quali l’interdipendenza fra le diverse realtà sia unitaria, ma al tempo stesso mantenga
indipendenti le sue caratteristiche. Del tutto differente è l’impostazione dalla quale muove la proposta
dell’ordine internazionali, che si organizza sulla base di ipotesi, che sono tra loro collegate senza che ciò
implichi un’interdipendenza fra le varie realtà. Ciò ne fa un tipo di analisi incomparabili rispetto agli altri
tre, in quanto è molto più “indeterministica”: questa caratteristica è stato l’elemento da cui siamo partiti, per
arrivare ad un ordine comune alle diverse conoscenze internazionalistiche. Adesso potremmo costruire un
modello piramidale, alla base del quale si avranno le impostazioni empiriche o di breve o medio raggio.
Deduciamo così, che alla base di tutto ciò, ci sia l’ordine internazionale strettamente collegato alla
problematica della guerra costituente.
Hamilton nel Federalista scrive che gli Stati sono obbligati ad avere una politica estera che risponda a
regole comuni perché le regole della politica estera sono cogenti.
Tocqueville scrive che nella politica estera gli Stati democratici devono ricercare qualità che in sé non
hanno.
L’ideale democratico è in sé autosufficiente, non basta per giustificare le politiche estere in capo ad ogni
Stato. Regime democratico inferiore agli altri.
E’ necessario sempre decidere quanto conti nell’elaborazione delle politiche estere la prospettiva soggettiva
dello Stato e quanto la politica internazionale.
Da un punto di vista soggettivo ci si chiede le politiche estere da chi vengono elaborate e con quali criteri.
Vengono utilizzati criteri di razionalità -> è necessario che non vi siano fraintendimenti o inganni nella
raccolta delle informazioni. Se queste sono inesatte e pilotate si creano situazioni di crisi.
Ed è proprio sulla definizione di questo particolare momento della vita di uno Stato che gli studi
internazionalistici si sono a lungo soffermati.
Affinché vi sia una situazione di crisi secondo Michael Brecher sono necessaria 3 condizioni:
a)la minaccia ai valori fondamentali di uno Stato
b)alta probabilità di coinvolgimento dello Stato in ostilità militari
c)tempo limitato per reagire alla minaccia esterna
Queste condizioni hanno a che fare esclusivamente con l’aspetto delle relazioni esterne dello Stato. Non
vengono considerate altre variabili.
Robert Putnam risponde a queste domande con una proposta: il gioco a due livelli.
Dice infatti che le politiche dello Stato somigliano ad un gioco a due livelli: ossia uno quello della politica
interna e l’altro quello della politica internazionale. I soggetti che partecipano al gioco della politica interna
vi partecipano anche quando impegnati in trattative con soggetti esterni allo Stato, ossia quando devono
ottenere una decisione che dovranno far valere a livello internazionale. E, al contrario, quando partecipano
al gioco politico internazionale devono riuscire ad ottenere decisioni che possano essere ben accolte
all’interno del loro paese.
Emerge quindi che la politica interna e la politica estera di uno Stato sono in sostanza un tutt’uno.
Infatti coloro che prendono le decisioni nei due ambiti sono gli stessi personaggi, ma è necessario che le
decisioni prese nei due ambiti siano coerenti.
Infine non esiste decisione di politica interna che non abbia rilevanza internazionale e viceversa.
Nella stessa misura in cui il mondo va globalizzandosi perché le interdipendenze economiche, finanziarie,
sociali, culturali, sanitarie etc, vanno arricchendosi è chiaro che tende ad una sorta di unificazione.
Ogni scelta fatta da uno Stato ha un immediato riflesso internazionale.
Tutte le politiche analizzate provengono da un approccio stato centrico.
Sorge quindi una domanda: la politica estera di ogni Stato dovrà mirare a modificare a proprio vantaggio
l’assetto dei rapporti interni a quella comunità o al contrario dovrà agire a favore della conservazione dello
status quo?
Giungiamo così al cuore del problema: gli Stati sono tendenzialmente preposti alla concordia oppure sono
ostili l’uno con l’altro?
Di solito gli Stati, secondo una concezione statalista, adottano una politica estera rivolta all’interno. Sneyder
dice che il concetto centrale delle relazioni internazionali è costituito dal “dilemma della sicurezza”. La
politica estera dovrà quindi tendere alla sicurezza ed essere una politica di autodifesa.
Secondo questa logica le politiche estere devono essere per forza inquadrate in politiche multilaterali o
unilaterali, devono comunque essere armate, conflittuali.
L’immagine della “palla da biliardo” sembra riassumere il punto: ogni Stato risponde agli stimoli che
provengono dall’esterno, nel quale tante soggettività statuali interagiscono continuamente tra loro.
Si ha una trasposizione in termini sociologici della teoria anarchica: non vi è interazione se non per reazione,
dopo uno stimolo.
Si tratta di una sociologia interattiva stimolo-risposta: se nessuno muove nulla tutto resta fermo.
Lo statalismo in un sistema di rapporti così vasto comporta quindi che ci sia qualche delegato che
dall’esterno diriga l’elaborazione della politica estera. Se è l’esterno a determinare i comportamenti del
singolo Stato ciò implica che ogni interno partecipi in qualche misura di un esterno.
Se tanti interni, ossia tante soggettività statali, agiscono in un unico contesto, un unico ambiente che agevola
le loro relazioni, allora gli interni si disporranno in quella che chiameremo “società internazionale”. Questa
possibilità non viene ammessa dagli internazionalisti che credono che le politiche estere siano
incomunicabili.
Diciamo intanto che non si potrà parlare di sociologia internazionale senza che sia rinvenuta una società.
Secondo Lea Brilmayer vi sono degli incroci strutturali tra ciascuno Stato, gli altri Stati, i propri cittadini e
quelli di tutti gli altri Stati come in un rettangolo di forze che si sostengono le une con le altre e si richiedono
-> una vera e propria società internazionale.
Nel ’77 Headley Bull pubblica “La Società anarchica – lo studio dell’ordine nella politica internazionale”.
Qui immagina che gli Stati siano impegnati in un processo in cui società e anarchia si debbano incontrare.
Gli Stati partono da una fase di separazione (anarchia) ma finalizzata a creare ordine, una società
internazionale. Gli Stati, secondo Bull, tendono progressivamente a prendere posto in un luogo comune
chiamato appunto società internazionale.
Nella vita internazionale esiste un diritto pubblico internazionale, un diritto privato int. , un diritto penale
int. , ossia esistono delle regole condivise.
Es. acutizzarsi del flusso della prostituzione o della mafia russa dopo la caduta del muro.
Un evento politico (caduta muro) ha un riflesso diretto e immediato su un comportamento sociale. Ciò
testimonia l’esistenza di un tessuto connettivo sociale che unifica il mondo. Si creano ai margini, al di là
delle intenzioni degli Stati, dei luoghi condivisi di scambio dove si sviluppano relazioni umane, economiche,
una società insomma.
Talcott Parsons scrive che nella teoria sociologica attuale l’ordine è concepito sulla base dell’esistenza di
un controllo normativo. Le componenti normative essenziali possono essere concepite come norme e come
valori. L’esistenza di un sistema di valori e di norme condivise fa in modo che si crei un’armonia di rapporti,
un’integrazione tra le persone e i vari sottosistemi.
Lo stesso può dirsi per gli Stati: a un estremo c’è l’hobbesiano, lo stato di guerra, all’altro c’è uno stato di
integrazione completa in cui un’0azione deviante nei confronti dell’ordine normativo è inimmaginabile.
Il crollo dell’ordine e la guerra conseguente non implicano l’inesistenza di forze capaci di contestare ciò ma
semplicemente che queste non sono state sufficientemente forti per prevenire una crisi del genere.
Se possiamo quindi dare dei giudizi di valore alle politiche estere possiamo distinguerle tra:
-politiche estere democratiche (es. USA contro la Germania nazista)
-politiche estere non democratiche/autoritarie (es. Italia fascista, Chile di Pinochet).
Le organizzazioni governative devono inoltre essere create con atto pubblico e manifesto che contenga tutte
le finalità e le modalità di governo dell’organizzazione.
Definizione organizzazioni internazionali governative: unione di più soggetti di diritto internazionale che
viene costituita su base paritaria, dotata di un proprio ordinamento e di organi e mezzi propri e che mira a
conseguire finalità comuni ai membri che la compongono.
Le ONG sono degli organi consultivi che si propongono obiettivi e finalità non difformi da quelle della
Carta di San Francisco, svolgono cioè attività di implementazione e rafforzamento degli obiettivi delle
organizzazioni governative.
Per diventare internazionali devono essere collocate in Stati diversi, anche se lo Statuto può essere
depositato nella sede principale dell’organizzazione.
Possono diventare consultive solo se capaci di veicolare le domande provenienti dalla cittadinanza del
mondo.
Un’altra caratteristica delle ONG è che devono godere di autonomia istituzionale. Non devono essere un
prodotto delle organizzazioni governative.
Per questo è necessario che siano dotate di un bilancio proprio.
Dal punto di vista della struttura istituzionale le ONG riproducono quella delle organizzazioni governative:
Assemblea, che rappresenta le istanze di base; un organo Consultivo; un Segretariato (organo tecnico).
Due elementi vanno chiariti: come si caratterizza l’ambiente nel quale si situano questi organismi e qual è il
ruolo di queste organizzazioni?
Se la politica internazionale è concepita in una prospettiva stato centrica (approccio stato centrico) le
organizzazioni internazionali sono concepite come networks, come reti, dei mezzi che aiutano gli Stati a
formulare la loro politica internazionale.
Se invece è concepita come una grande arena, come un sistema allora le organizzazioni internazionali
possono assumere il ruolo di agorà, ossia di piazze in cui può crescere e svilupparsi l’azione internazionale.
le organizzazioni internazionali in questo caso possono iniziare a svilupparsi come attori, ossia sono dotate
di autonomia.
Nella prima accezione traspare che le organizzazioni internazionali sono considerate come un mezzo per
servire gli obiettivi degli Stati, sono uno strumento egoistico perché funzionali alle finalità statali. Il loro
ruolo è limitato.
Nella seconda sono degli spazi dove vengono discussi i problemi degli Stati e hanno quindi un ruolo
maggiore, sono attori.
In quest’ultimo caso possono scrivere l’agenda dei problemi che vanno affrontati es. peace-keeping, materia
delle quale si occupano le organizzazioni internazionali e che viene messa nella loro agenda ed imposta poi
agli Stati. Le organizzazioni internazionali non si limitano a proporre le questioni in agenda ma assumono
compiti direttivi, strutturando l’accesso delle varie questioni in agenda.
Le organizzazioni internazionali scrive la Caffarena hanno dato vita ad un nuovo diritto -> diritto del mare.
Secondo l’autrice oggi le organizzazioni governative possono avere un ruolo che si consolida con quello
degli Stati.
Secondo gli idealisti, la natura dell’uomo è buona, socievole e pacifica: ne deriva che lo scoppio delle
guerre derivi dall’arretrato sviluppo delle istituzioni statuali, alle quali gli esseri umani si sono dapprima
dedicati; le guerre scoppiano per le loro incomprensioni reciproche che vengono esaltate ed esasperate.
La scuola realistica, invece, ritiene che la natura dell’uomo è egoista e aggressiva, cosicché nessuno Stato
potrebbe imbarcarsi in politiche estere che non affermino il proprio “interesse nazionale”. In tal modo i
periodi di pace nella storia non sono altro che momenti di tregua tra un tentativo e l’altro, degli Stati, di
affermare il proprio predominio.
E’ arrivato il momento di sfuggire a giudizi e pregiudizi: è giunto, quindi, il momento degli approcci
storiografico, giuridico, politologico, economico, filosofico. Noi analizzeremo solo i primi tre.
La dimensione politologica è importante, poiché studia il complesso delle interrelazioni che uniscono gli
Stati. E basta aggiungere che la guerra è politica o che quest’ultima provoca le guerre, per comprendere
l’importanza di tale dimensione.