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Storia delle Relazioni Internazionali

di Alice Lavinia Oppizzi


Appunti del corso in Storia delle Relazioni Internazionali della prof.ssa Vignati e
riassunto dei libri di Keylor e Di Nolfo. A.A. 2009/2010

Università: Università degli Studi di Milano


Facoltà: Scienze Politiche
Alice Lavinia Oppizzi Sezione Appunti

1. Dopo la prima guerra mondiale


Trattati di pace 1919: fine della Prima Guerra Mondiale, drastico mutamento della cornice internazionale.
Inizio della storia delle relazioni internazionali per come la intendiamo in Italia.
Cause:
estensione: guerra “mondiale” -> coinvolge il mondo intero
durata:
a) Necessità di consenso -> diffusione della propaganda -> discorsi sull’evil other, retaggio di odio
alimentato dai governi.
b)Necessità di centralizzare e convertire l’economia -> economia di guerra diretta dal governo
ricorso alla guerra oltre le linee nemiche -> diffuso sostegno del nazionalismo, addirittura fomentato; basi
del tramonto del colonialismo.
3 imperi completamente cancellati: crollo degli Imperi Centrali (austro-ungarico, ottomano, tedesco) e anche
fine dell’impero zarista (rivoluzione 1917).

In questo contesto -> vuoto di potere, minaccia comunista -> ci si riunisce per stipulare i trattati di pace.

PARIGI
Clima: alla Conferenza di Parigi c’è un’atmosfera di precarietà, la situazione è totalmente rivoluzionata ed
inoltre incombe la minaccia comunista.
Perché Parigi: i francesi insistono per coronare la vittoria. Ma la Francia si presenta devastata dal conflitto.
Chi partecipa: ci sono tutti ma a comandare sono Usa, Gb, Francia, Giappone, Italia. Il Giappone e l’Italia
nutrono interessi a livello locale. Di fatto i negoziati sono tra i primi tre.

USA -> Wilson si dichiara contro la diplomazia segreta, parla della necessità di creare un’organizzazione
internazionale garante della pace. I famosi “14 punti di Wilson” vengono enunciati dallo stesso già nel 1918,
come reazione alla rivoluzione russa, proposta fortemente propagandistica e idealista. I quattordici punti
presentati alla Conferenza di pace di Parigi nel 1919 prevedevano:
1) Abbandono della diplomazia segreta -> trattati di pace palesi, apertamente conclusi in seguito ai quali
non vi potranno essere accordi internazionali segreti di alcuna specie. La diplomazia agirà sempre
apertamente ed alla vista di tutti.
2) La libertà dei mari in pace e in guerra -> libertà assoluta della navigazione marittima,
3) Rimozione delle barriere doganali, libero accesso alle materie prime.
4) Riduzione degli armamenti -> procedere ad un disarmo generalizzato
5) Definizione delle dispute coloniali secondo modalità che tenessero conto degli interessi tanto delle
potenze occupanti quanto delle popolazioni soggette -> rigorosa osservanza del principio che, nella
soluzione di tutte le questioni di sovranità, gli interessi delle popolazioni in questione debbono essere
considerate alla stessa stregua, che le eque pretese degli Stati dei quali il giusto titolo è in discussione.
6) Evacuazione dei territori russi occupati,
7) Di quelli belgi -> il Belgio deve essere sgombrato e restaurato.
8) Di quelli francesi, compresa l'Alsazia-Lorena -> tutto il territorio francese dovrebbe essere liberato, le
regioni invase dovrebbero essere ricostruite ed il torto fatto dalla Prussia alla Francia nel 1871 con
l’occupazione dell’Alsazia-Lorena dovrebbe essere riparato.

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9) Ridefinizione dei confini italiani secondo "criteri di nazionalità chiaramente identificabili";
10) Autonomia delle diverse popolazioni entro l’Impero austro-ungarico;
11) Risistemazione dell'area balcanica che ricostituisse tra l'altro il territorio di Serbia, Montenegro e
Romania, assicurando alla prima adeguati sbocchi al mare;
12) Autodeterminazione per le popolazioni non turche entro l’Impero ottomano e il controllo
internazionale degli stretti dei Dardanelli
13) Costituzione di una Polonia indipendente con accesso al mare;
14) Creazione di un'associazione di tutte le nazioni e stipulazione di un patto per la reciproca garanzia
dell'indipendenza politica e dell'integrità territoriale.
-> leva sul principio di autodeterminazione dei popoli. Wilson arriva a Parigi intenzionato ad applicare i
suoi 14 punti.
GB -> Lloyd George ha come obiettivo quello di conservare l’impero coloniale inglese e per fare ciò deve
essere libero di muoversi autonomamente (isolazionismo) fregandosene dell’Europa e concentrandosi
sull’impero, mira ad un balance of power, nessuno stato europeo deve essere abbastanza forte da poter
attaccare gli altri.
FR -> Clemenceau ha invece come obiettivo di evitare una nuova invasione della Germania; rendere i
tedeschi inoffensivi! Tutta questa questione viene negoziata nel trattato di Versailles. Il progetto di
Clemenceau era ispirato alla visione di Richelieu (contro le potenze che circondavano la Francia); l’ideale
era smembrare la Germania, ma ciò non era possibile e quindi il progetto venne ridotto e incentrato sulla
questione Renania (importante dal punto di vista economico) che deve diventare autonoma, staccata dalla
Germania e militarmente controllata dalla Francia. Su queste richieste Clemenceau si scontra con Lloyd
George, il quale crede che la Francia in tal modo acquisterebbe troppo potere, Wilson afferma che le
richieste vanno contro il principio di autodeterminazione. Morale: si cercherà di assecondare i francesi.

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2. TRATTATO DI VERSAILLES
Clausole Territoriali
Alsace et Lorraine à la France
Renania smilitarizzata + presenza di truppe internazionali che vigilano (comunque sovranità tedesca)
Saar amministrata per 15 anni dalla Società delle Nazioni con referendum allo scadere del termine per
decidere a chi assegnarla
Germania cede territori a favore di Belgio e Danimarca
Germania perde Danzica a favore dei Polacchi (violazione principio del principio di autodeterminazione dei
popoli allo scopo di dare alla Polonia uno sbocco sul mare
La Slesia viene affidata per i 2/3 alla Germania e per 1/3 alla Polonia (la Gb non voleva uno stato polacco
interposto tra Francia e Russia
Divieto Anschluss alla Germania: non può annettere l’Austria, nonostante ciò sia contro il principio (che si
applica quando fa comodo) di autodeterminazione dei popoli (si avvicinerebbe troppo a zona Balcani).
Le colonie tedesche vengono spartite tra Francia e Gb. Italia niente colonie in Africa. Le isole a nord del
Pacifico vengono date al Giappone. Le isole a sud dell’equatore ad Australia e New Zeland (praticamente
alla Gb, per bilanciare il Giappone).
Clausole Militari-Economiche
Ridurre flotta ed esercito
ART 231; la Germania è responsabile della guerra e deve pagare delle riparazioni agli stati vincitori;
questione al centro dell’opinione pubblica per evidenti ragioni. Tutti gli stati avevano promesso che la
Germania avrebbe pagato, bisognava spremerla! ; sia Francia che Gb avevano enormi aspettative. Il padre
dell’Europa, Jean Monnet, in questo periodo era una voce fuori dal coro: egli auspicava una collaborazione
economica per scongiurare i conflitti, collaborazione anche con la Germania; nessuno gli dà ascolto. La
Francia si accoda agli altri per fare spremuta di tedeschi. L’ART 231 prevede il pagamento di un danno
legato alla “responsabilità”; il concetto di responsabilità viene associato al concetto di “colpa”; una valenza
morale che offende i tedeschi. I tedeschi non possono negoziare ed il popolo tedesco non accetterà mai la
sconfitta, una sconfitta non sentita; negli anni successivi si assiste al revisionismo in merito al trattato di
Versailles; Germania e Ungheria. In parallelo nasce l’antirevisionismo; da parte degli stati che vedono nei
trattati di pace una garanzia della propria sicurezza/esistenza: Francia, Polonia, Romania, Cecoslovacchia,
Jugoslavia. Contrapposizione revisionismo-antirevisionismo originata dai trattati.
Gb e Usa non condividevano ma comunque comprendevano le esigenze francesi; prendono una decisione
che compensa le lacune del trattato di Versailles; 2 trattati di garanzia; Usa e Gb si impegnano a tutelare la
sovranità francese; trattati mai ratificati perché vi era in realtà un altro patto contenuto nel Trattato Istitutivo
della Società delle Nazioni che regolava l’intervento in caso di aggressione.
Società delle Nazioni; Assemblea formata da tutti gli stati + Consiglio formato da Usa, Gb, Francia,
Giappone, Italia.
Art. 10: (voluto da Wilson) obiettivo della Società delle Nazioni è la difesa della sovranità delle nazioni. In
caso di violazione di quest’ultima, la Società delle Nazioni avrebbe dovuto riunirsi in Consiglio e
“consultarsi”; Wilson non voleva essere obbligato ad intervenire, era cosciente della maggioranza
isolazionista all’interno degli Usa; voleva che il Trattato venisse approvato dal Congresso.
Un altro meccanismo inserito all’interno del Trattato Istitutivo garantiva il diritto di chiamarsi fuori; regola
dell’unanimità per prendere le decisioni.

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Il Trattato viene comunque rifiutato dal Congresso perché Wilson commette errori, non interpella il Senato
(repubblicano) e nemmeno l’opinione pubblica. L’art.10 era in contrasto con la politica estera Usa e il
Congresso lo voleva modificare, mentre Wilson no:
volevano una clausola per poter uscire dalla Società delle Nazioni
volevano inserire la dottrina Monroe nel patto Covenant, in modo che gli europei si facessero gli affari loro,
senza ficcare il naso in questioni Usa; scopo: avere libertà in America Latina
meccanismo dei mandati per le colonie: sistema di mandati amministravi che preludessero all’indipendenza
Wilson non transige sull’art.10, il Congresso au contraire vuole preservare il proprio potere senza essere
“scavalcato” dalla Società delle Nazioni.
Wilson popstar allora decide di fare un tour in giro per gli Usa; mira a convincere l’opinione pubblica che
aderire alla Società delle Nazioni è un’opportunità; tatticona del going public: convincere l’opinione
pubblica per convincere il Congresso.
L’asso nella manica il fatto che ha chiesto che il Covenant fosse allegato al trattato di Versailles; aveva in
tal modo meno probabilità di essere bocciato; questa genialata non funziona;
Nemmeno la Gb ratifica il trattato di garanzia e la Francia rimane col due di picche.
La Società delle Nazioni diventa più un club per pochi, prettamente europeo. Includeva le aspettative di
protezione dei paesi più piccini. Lacune & limiti ressortissants dalla Conferenza di Parigi.

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3. ALTRI TRATTATI
Austria – Trattato di Saint Germain (sett.1919)
L’Austria perde un bel po’ di territori: cede un pezzo di Polonia, di Jugoslavia, di Cecoslovacchia, un po’ dà
pure all’Italia. Complessibìvamente: nasce uno stato macrocefalo: Austria molto piccola con capitale
l’enorme Vienna. L’Austria viene anche danneggiata economicamente. Da ricordare il divieto all’Anschluss.
Italia – Trattato di Rapallo
L’Italia era entrata in guerra grazie al patto segreto di Londra (ministro Sonnino) in cambio di Alto-Adige,
Trieste, Istria, Dalmazia; ma NON chiesero Fiume; cioè crea un dibattito e Wilson si infuria perché
innanzitutto il patto di Londra essendo segreto veniva condannato dagli Usa che non erano coinvolti; in
secondo luogo molte richieste italiane violavano il principio di sovranità. Nonostante ciò accettano
paradossalmente di concedere all’Italia l’Alto-Adige, in quanto il nuovo confine garantisce stabilità. Sul
confine orientale invece, non transige; Sonnino e Orlando fanno scenate e per protesta se ne vanno,
cercando di ottenere il consenso del popolo italiano. La questione viene lasciata a Italia e Jugoslavia; il
trattato di Rapallo assegna Trieste all’Italia, l’Istria e un pezzo di Dalmazia. Fiume alla Società delle
Nazioni; tutto sommato, un successo; grazie al fatto che Francia e Gb se ne fregano e grazie agli sforzi di
Sforza (ah ah), che aveva la tatticona di cercare il sostegno delle grandi potenze.
Bulgaria – Trattato di Neuilly
Perde dei territori, ma tra gli sconfitti è quella che ci smena di meno.
Ungheria
L’ultimo trattato ad essere firmato a causa di un’insurrezione comunista che allunga i tempi. Perdita di
numerosi territori magiari; ciò alimenta il revisionismo. Perde un pezzo di Cecoslovacchia (la Slovacchia),
cede dei territori alla Jugoslavia, perde la Transilvania. Ancora una volta violato il principio di
autodeterminazione.
Perché vengono creati nuovi stati in violazione del principio di autodeterminazione? ; cordone sanitario
contro comunisti, gli stati vicini alla Russia non devono essere né troppo piccoli né troppo grandi. Ma il
sistema di Versailles è intrinsecamente debole e lacunoso nel complesso.
Tutta la storia del dopoguerra è la storia delle cause della Seconda Guerra Mondiale e dell’erosione del
sistema di Versailles (e nel Pacifico del sistema di Washington, creato a seguito della conferenza di
Washington).

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4. CONFERENZA DI WASHINGTON – Il Pacifico


In Europa la seconda guerra mondiale sarà frutto dello sfaldamento dell’ordine di Versailles, per quanto
riguarda l’area del Pacifico, invece, essa è frutto dello sfaldamento dell’ordine di Washington.
La conferenza di Washington ha luogo nel 1921-22 ed è l’espressione della politica internazionale degli
Stati Uniti, una politica di isolazionismo (che li porta peraltro a non ratificare il covenant). L’immagine
degli Usa isolazionisti va tuttavia ridimensionata, si tratta infatti di un isolazionismo solo apparente. La
stessa conferenza di Washington parte da un’iniziativa americana.
Gli interessi Usa erano concentrati sul contenimento del Giappone:
Il Giappone viene visto come una minaccia a seguito della rivoluzione Meji (1870 circa), la quale portò
all’occidentalizzazione del paese, alla fine del feudalesimo, ad una modernizzazione dell’economia, ad un
incremento demografico.
A livello strutturale il Giappone aspira ad espandersi (attacca Cina e Russia. Si alleò con la Gb in funzione
anti-russa e per questo esce dal conflitto rafforzato: annette le isole a nord dell’equatore ed ottiene una
presenza in Cina. Wilson si oppose alla presenza giapponese in Cina, ma accettò poiché i giappo
minacciarono di non aderire alla Società delle Nazioni e inoltre erano utili contro Russia.
Un altro motivo di contrasto fu che il Giappone pretese una clausola contro il razzismo ma Wilson si rifiutò
è la clausola non si mise.
Gli Usa possedevano dei territori nel Pacifico (Filippine, Hawaii, Samoa) che erano direttamente minacciati
dal Giappone. Del resto dopo il primo conflitto mondiale, il Giappone investe moltissimo nel riarmo. Anche
gli Usa vorrebbero aumentare la flotta pareggiando quella inglese, ma hanno contro il Congresso e
l’opinione pubblica; allora il Segretario di Stato architetta un progetto che prende corpo con la conferenza
di Washington: impone cioè la convocazione di una conferenza sul disarmo navale. Vengono convocate 9
potenze; Gb, Giappone, Usa, Fr, Italia + Cina, Portogallo, Belgio e Olanda per estendere il dibattito ai
problemi in generale riguardanti il Pacifico.
Trattato delle 4 potenze.
USA-GB-JAP-FR; trattato di carattere politico; le potenze si impegnano a non modificare l’assetto
territoriale vigente. Pretesa che la Gran Bretagna rinunci all’alleanza col Giappone
Trattato delle 5 potenze.
GB-FR-USA-JAP-ITA; 1922 viene concluso grazie ai servizi segreti Usa: un tot di navi ciascuno; il
Giappone all’inizio ne vuole di più, ma poi cede. Divieto sottomarini e divieto di fortificazione per 10 anni.
Trattato delle 9 potenze.
Si affronta la questione delle Cina; accesso ai commerci “porta aperta” con impegno a non violare la
sovranità cinese. Quest’ultimo principio viene subordinato alla capacità dei cinesi di essere in grado di darsi
un governo stabile.
Bilancio.
Vittoria diplomatica degli Usa; convinzione che i giapponesi fossero arrendevoli.

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5. POLITICA ESTERA FRANCIA


In Europa alle origini della seconda guerra mondiale c’è il fallimento della politica di contenimento della
Germania. La Francia coglie la minaccia tedesca, ma non adotta buone misure per prevenirla.
Intreccio di politiche settoriali, manca un disegno globale coerente. Politica contraddittoria e pertanto
destinata al fallimento. La Francia è divisa tra intransigenza e dialogo.
La politica in Renania presenta caratteri sia di separatismo che di collaborazione economica, con l’obiettivo
di allontanare la Renania dalla Germania.
Esecuzionismo; con riferimento al trattato di Versailles, volontà di farlo rispettare, soprattutto in merito a
riparazioni ex art 231.
L’aspetto più importante della politica estera francese è da ricercare nelle alleanze.
1920 Alleanza col Belgio: anche il Belgio teme la Germania, ma di solito è neutrale. Nel ’36 violerà anche
quest’alleanza dichiarandosi neutrale in occasione della rimilitarizzazione della Renania.
Polonia: risorge come stato a scapito della Germania ed è pure in guerra con la Russia (20-21). È dunque
oggetto sia del revisionismo tedesco che di quello russo. L’alleanza è di cooperazione militare, condividono
le stesse apprensioni.
In Francia il governo Briand appoggiato dalla sinistra radicale cambia strategia e svolta dal dialogo con
paesi revisionisti (anche Ungheria) al dialogo con paesi anti-revisionisti tipo Cecoslovacchia (1924),
Jugoslavia (1926-27), Romania (1926-27). Questi stati si erano già uniti tra loro conto l’Ungheria formando
la Piccola Intesa.
Alleanze deboli: le potenze della Piccola Intesa si schierano più che altro contro l’Ungheria, non la
Germania. Esse sono un ostacolo per un’alleanza con la Russia. Polonia e Cecoslovacchia stanno discutendo
tra loro. Sono tutte alleanze bilaterali.
Nonostante i limiti, non c’erano alternative:
Non poteva allearsi con la Russia comunista. Avevano inoltre delle controversie in atto perché i bolscevichi
decidono di nazionalizzare dei capitali che erano francesi, senza indennizzo per questi ultimi. Rifiutano
anche di pagare i debiti contratti dallo zar.
Non poteva allearsi con l’Italia perché le aveva impedito di prendere delle colonie tedesche in Africa.
Non può rinnovare l’Intesa con la Gb; grande causa del fallimento del contenimento tedesco; ciò perché la
Gb come isola non teme più la Germania e cerca invece il balance of power temendo più la Francia della
Germania, in quanto la Francia aveva una buona aviazione e controllava un bel tratto di Medio Oriente (Iraq,
Mesopotamia, Palestina..). Avevano visioni contrastanti sulla questione tedesca, ad esempio alla Gb non
interessava della questione Anschluss. In merito al disarmo, la Gb lo vuole generalizzato mentre la Francia
vuole che sia la Germania a cominciare; anti-revisionismo francese vs possibilismo inglese. In merito alle
riparazioni, infine, la Francia predicava l’esecuzionismo mentre la Gb il “ricostruzionismo”, con Keynes che
metteva in guardia sulle conseguenze economiche delle riparazioni e sul pericolo di una deriva comunista.
La Francia durante la guerra si era indebitata, aveva bisogno di soldi! Debiti interalleati, attriti. I governi
europei avrebbero voluto la cancellazione del debito Usa. Questi rifiutano, anzi, alzano pure le barriere
tariffarie. La Germania nel ’21 domanda una moratoria dei pagamenti.

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6. RUSSIA
Anche la Russia voleva risolvere la questione degli indennizzi. La Russia era isolata e mirava ad uscire da
questo stato di isolamento grazie alla figura del ministro ierin (ex nobile diventato comunista e abile
diplomatico). Egli firma dei trattati di pace di mutuo riconoscimento coi paesi confinanti. Inoltre cerca di
dialogare con le potenze europee, presentando la Russia come un potenziale mercato, facendo leva sugli
interessi economici.
1921: trattati commerciali con Gb e Germania + convocazione di una conferenza per discutere la questione
indennizzi.
La Gb era interessata ad allearsi commercialmente con la Russia perché la NEP sembrava allettante.

La Gb ritiene vantaggiosa dal punto di vista economico la ridiscussione delle riparazioni previste da
Versailles, revisionismo; la Francia resta da convincere ma Briand sembra possibilista.
Si avvia il dialogo a Londra; la Gb propone alla Francia una garanzia britannica in cambio di una revisione
delle riparazioni tedesche e degli indennizzi russi; Briand nega possibilità cancellazione indennizzi sul
fronte russo, ma si mostra possibilista per le riparazioni tedesche MA a patto che la garanzia britannica
copra tutti i confini usciti da Versailles. La Gb non vuole perché se ne frega del destino di certe aree quali la
Polonia.
1922 Cannes; conferenza preparatoria in cui Briand e Lloyd George si incontrano nuovamente in disparte e
la Gb propone una garanzia di tipo regionale. Briand nel frattempo è caduto in minoranza e gli viene
imposto di non accettare. Egli si dimette e gli succede Poincaré, del filone degli intransigenti.
1922 Genova; vengono invitati anche Germania e Russia. Gli Usa non partecipano, quindi non si può
parlare dei debiti, questione decisamente legata alle riparazioni.
In aprile 1922 Germania e Russia si appartano a Rapallo e stipulano il Trattato di Rapallo, un trattato tra
esclusi. Cicerin parla di disarmo e di coesistenza pacifica, suggerisce dei percorsi che attirano l’attenzione
dell’opinione pubblica. La Germania si lascia convincere e firma, nel timore che anche la Russia avanzi
pretese di riparazioni. Il Trattato di Rapallo ha due pilastri: uno politico-diplomatico e l’altro economico-
militare:
a)politico-diplomatico: i due governi si riconoscono a vicenda (ciò comporta l’invio reciproco di
diplomatici); superamento dell’isolamento
b)economico-militare: rinuncia ad ogni rivendicazione di tipo economico tra loro. Clausola della nazione
favorita; se concedi qualcosa a uno stato terzo, lo devi concedere pure a me! Clausola segreta; Parte
integrante del trattato era anche un protocollo aggiuntivo segreto relativo alla cooperazione militare tra i due
paesi. Tale protocollo prevedeva la possibilità per i tedeschi di testare le proprie armi in territorio sovietico,
aggirando la demilitarizzazione imposta dal trattato di Versailles.
Fine Conferenza di Genova; restano tutti i problemi e la Francia con la sua intransigenza ha aggravato la
propria situazione.
1922; la Germania avanza una nuova richiesta di moratoria: la Gb dice ok; la Francia dice ok se in cambio
mi dai risorse produttive e mi fai sfruttare le miniere; teoria dei pegni produttivi. Nel 1922 la Francia aveva
intenzione di invadere la Ruhr e di occuparla. In gennaio 1923 l’esercito francese occupa la Ruhr, sentendosi
giustificati dal fatto che la Germania non ha pagato le riparazioni, inadempienza volontaria dei tedeschi che
non consegnano migliaia di pali telegrafici; reazione tedesca: resistenza passiva, sciopero, no
collaborazione con le truppe occupanti. Ciò causa crisi in Germania e iperinflazione in Francia. Servirebbe

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un intervento degli Usa per risolvere la situazione.
1924; In Germania Stresemann (dx) è di nuovo cancelliere e riuscirà ad ottenere la revisione di Versailles;
vuole ottenere il revisionismo attraverso il dialogo; inizialmente chiede un accordo con la Francia, ma
questa rifiuta. Allora la Germania pone fine alla resistenza passiva. Germania, Francia e Usa decidono di
costituire un Comitato per le Riparazioni; 1924 comitato Dawes:

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7. PIANO DAWES
interventi, riforme sul sistema monetario tedesco e nuovo calendario sul pagamento delle riparazioni.
1. Riparazioni; modificate le scadenze, bisogna pagare ogni anno sempre un po’ di più (rate crescenti) per
cinque anni, poi si vedrà in base all’andamento dell’economia tedesca. Nessun riferimento alla cifra totale.
2. Riforme economiche in Germania; interventi su politica monetaria: viene introdotto un nuovo marco e
viene attuata una riforma della Banca Centrale Tedesca (Reichbank) a cui viene imposta una politica
deflazionistica, di contenimento dell’inflazione; contenere la domanda di moneta (per emetterne meno) e
aumentare il tasso di sconto; ciò richiama in Germania capitali americani, perché ci sono più interessi sui
prestiti.

Nel 1924 ha luogo a Londra una conferenza per l’attuazione del piano Dawes. Presero parte il laburista Mc
Donald, il nuovo governo francese, guidato da Herriot del Cartel de Gauche vincente su Poincaré. Herriot
vuole creare un fronte amico con la Gb, ma fallì e dovette accettare di liberare la Ruhr nel giro di un anno,
perdendo così l’ultimo strumento di pressione e venendo insultato! Ma almeno ottiene il protocollo di
Ginevra; arbitrato (obbligo di ricorso all’arbitrato per la risoluzione di controversie: se non ricorri
all’arbitrato di uno stato terzo allora sei un aggressore!) –sicurezza (1- abolire il principio di unanimità, in
caso di crisi e violazioni si può votare a maggioranza di 2/3, viene meno il diritto di veto; 2- decisioni della
Società delle Nazioni vincolanti) –disarmo (politica di disarmo generalizzato).
Il protocollo di Ginevra fallisce perché Mc Donald fallisce e viene sconfitto dal conservatore Baldwin che
negò la validità del protocollo firmato dal predecessore.

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8. TRATTATI DI LOCARNO 1925


Noti nel loro complesso come Patto di Locarno, i trattati e le convenzioni sono di diversa tipologia, e non
sono stati tutti firmati dalle stesse potenze.
Il trattato principale, detto Patto Renano, tra Germania, Francia, Belgio, Gran Bretagna e Italia, prevedeva
una garanzia collettiva delle frontiere francesi e belghe con la Germania (quindi solo confini occidentali
della Germania), la smilitarizzazione di una zona sulla sponda sinistra del Reno, il divieto di ogni
aggressione, l’obbligo di ricorrere all’arbitrato pacifico in caso di controversie ed il riconoscimento
reciproco dei confini.
GB e Italia; potenze garanti, si impegnavano ad intervenire in aiuto dello Stato se fosse stato vittima di
un’aggressione.
Mussolini tentennò al momento di firmare perché non era d’accordo sul fatto che venissero tutelati solo i
confini occidentali della Germania, operando così distinzioni tra “confini di serie A e confini di serie B”; ma
accettò spinto dalla diplomazia italiana, sperando di ottenere prestigio.
Locarno parte tutto da una proposta della GB, dinnanzi alla quale Stresemann si pone degli obiettivi:
entrare nella Società delle Nazioni; accolta
diritto di sottrarsi ad azioni contro Russia; accolta
ritornare in possesso delle colonie perse; NON accolta
evacuazione di una parte della Renania dal contingente internazionale che ne controllava la
smilitarizzazione; accolta; la Francia non ha più garanzie che la Renania venga smilitarizzata davvero.
Eccezioni al Trattato di Locarno:
La Francia può invadere la Germania SE la Germania invade gli alleati della Francia (Polonia e
Cecoslovacchia); Briand tenta di rassicurare gli alleati
Accordi che stabiliscono che la Germania può entrare nella Società delle Nazioni e l’evacuazione della
Renania ; gli alleati della Francia diffidano poiché quest’ultima risulta indebolita dal punto di vista
politico-economico. La Polonia inizierà a dialogare con Germania e Urss.

L’esprit di Locarno
La premessa di Locarno fu il piano Dawes che aveva creato un clima di fiducia. I protagonisti furono Briand
e Stresemann; quest’ultimo vinse il nobel per la pace. Solo a metà degli anni ’30 l’idea di ottimismo e
fiducia legata a Locarno venne scalfita. Briand veniva visto come colui che aveva risolto, appariva come
vincitore.

Motivi di ottimismo:
Gli stati ritrovano stabilità economica tornando nel 1925 a utilizzare il gold standard, ancorando cioè la
moneta all’oro
Nel 1926 un accordo tra Francia, Germania, Belgio, Lussemburgo e Saar viene firmato sancendo la
collaborazione nel settore dell’acciaio; “pull dell’acciaio”, cooperazione transnazionale tra privati che diede
l’impulso ad una riflessione sulla cooperazione tra stati
L’ingresso della Germania nella Società delle Nazioni in qualche modo legittima quest’ultima
Tra il ’25 e il ’29 il dialogo tra Germania e Francia appare di nuovo possibile, si assiste ad una serie di
incontri informali
1926: avvio conferenza preparatoria della conferenza sul disarmo.

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Limiti di Locarno
La garanzia delle Gb è una garanzia di tipo militare, ma in realtà la Gb non sta investendo nel settore
militare e non sarebbe in grado di intervenire
La Germania ha riconosciuto SOLO il suo confine occidentale; il lato orientale è stato trascurato; Urss
irritato (nel ’24 è arrivato Stalin e l’Urss è stati riconosciuto da tutti gli stati): Stalin è sostenitore della
rivoluzione in un solo stato ed inizia dunque a tessere relazioni internazionali; per effetto di Locarno questo
dialogo subisce una battuta d’arresto; timore di accerchiamento; eccezione: la Germania stipula un trattato
di amicizia con l’Urss per rassicurarla; ciò indebolisce la stabilità del sistema europeo
Il fatto che i confini orientali non vengano garantiti fa imbestialire gli alleati della Francia; Briand li aveva
rassicurati con le eccezioni al trattato; ma le eccezioni dipendono comunque dal consenso della Società
delle nazioni.
L’ingresso della Germania nella Società delle Nazioni provoca screzi tra Francia-Polonia perché la
Germania entra come membro del consiglio permanente e la Polonia vorrebbe lo stesso privilegio. Invece
non lo ottiene poiché la Germania accetta di entrare nella Società delle Nazioni solo se la Polonia non è nel
consiglio permanente; sembra quasi che la Francia favorisca la Germania;
Sulla Renania Stresemann ottiene una grande revisione di Versailles; non si ha più la certezza che la
Germania stia smilitarizzando; incertezza & timore tra gli alleati della Francia, che non ha più strumenti di
controllo e perde sicurezza.

Perché Briand dovette accettare un trattato così lacunoso?


Perché un accordo tra Francia e Gb era già fallito e quindi non aveva molte altre scelte. Briand almeno
ottiene la garanzia britannica. La Francia era ancora vulnerabile e dipendeva da Gb e Usa per via della
debolezza del franco e della conseguente necessità di capitali. Inoltre voleva veramente un minimo di
distensione con la Germania.
Briand era consapevole delle lacune del trattato di Locarno, lo capiamo da alcune scelte fatte per rimediare
fino al ‘32:
1) tra il ’26 e il ’29 intensifica i rapporti con la Piccola intesa (Polonia, Cecoslovacchia, Jugoslavia).
2) sul piano militare inizia a fortificare la linea Maginot, in quanto la Renania non è più sicura; ma gli
alleati si infuriano perché la Francia pensa solo ai suoi confini
3) 1928 patto Briand-Kellog; (Francia-Usa) condanna della guerra; modo antisgamo per ottenere una
protezione da parte degli Usa. Ma Kellog mica è scemo, non vuole veramente assecondare Briand, solo che
ha i movimenti pacifisti alle costole e allora per disimpegnarsi lo trasforma in un accordo multilaterale,
privo peraltro di misure pratiche
4) 1929: Briand progetta un’Unione Europea economica, progetto lasciato decadere, Briand era troppo
avanti e precorreva i tempi; la creazione di un mercato comune e il riconoscimento reciproco della sovranità
era qualcosa di anacronistico, il nazionalismo era dilagante in quel periodo. Stresemann era favorevole ma
morì poco dopo.
Prima di morire, Stresemann riuscì ad ottenere un’altra revisione di Versailles; piano Young 1929:
evacuazione di tutta la Renania (abbandonata definitivamente nel ’30).
Riepilogo operato di Stresemann: 1924 evacuazione Ruhr e rinuncia Francia pegni produttivi – 1925
Trattato di Locarno una parte della Renania - aiuti finanziari - 1929 piano Young, Renania.

Un anno dopo la Germania ottiene la moratoria di un anno delle riparazioni. Dal ’32-33 la Germania si gioca

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la carta Hitler: o mi dai concessioni o favorisci l’ascesa di Hitler che sfrutta il malcontento dei tedeschi.

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9. CRISI DEL ‘29


Cause:
1) Finanziamenti e prestiti anche a chi non se lo può permettere e non potrà restituire
2) Eccesso di produzione
3) Speculazioni in borsa
Si diffonderà in Europa tramite la Germania. La prima risposta sarà di chiusura, di adozione di misure
protezionistiche, chiusura dei mercati, crisi politiche. A soffrire in particolar modo della chiusura dei mercati
è il Giappone, poiché necessita di materie prime (per tal motivo nel ’31 invadrà la Manciuria).

Conferenza navale, Londra 1930.


Conferenza che regolava la guerra sottomarina e gli armamenti navali.
Il Giappone vi prese parte con Shideara a scopo di aumentare le navi. Non riuscì del tutto nell’intento;
polemiche dell’opinione pubblica; si rafforzarono così i sostenitori dell’espansionismo, voglia di riscatto, di
liberarsi dall’opposizione occidentale; interessi economici in Manciuria, dove il Giappone controllava già la
ferrovia.
Questione Manciuria.
1931; con la scusa di un incidente sulla ferrovia (interpretato come un boicottaggio) i militari invadono la
Manciuria (senza la partecipazione del governo). La Cina allora si è rivolta alla Società delle Nazioni e agli
Usa; la Società delle Nazioni è in imbarazzo perché simpatizza per il Giappone; immobilismo; creazione di
una commissione da inviare in loco presieduta da un esponente della Gb. Scopo dichiarato: indagare; Scopo
vero: temporeggiare. Nel frattempo cade il governo Giapponese moderato e ne arriva uno che sostiene i
militari.
Nel 1932 Stimson (segretario di Stato Usa) invia una nota diplomatica alla Cina e al Giappone dicendo che
la posizione statunitense è di NON riconoscere nessuno stato frutto di un’azione militare; dottrina Stimson,
dottrina del non riconoscimento; dottrina ambigua perché non comporta nessun intervento. Stimson
vorrebbe un embargo petrolifero o finanche una guerra (Hoover aborriva la guerra), la dottrina enunciata è
un compromesso.
I giapponesi invadono Shangai; nessuna vera reazione Usa.
Contemporaneamente, 1932, il Giappone crea in Manciuria uno stato fantoccio, il Manciuquo; non
riconosciuto dagli Usa.
Intanto Lytton, commissario della Società delle Nazioni, manda un rapporto “dico-non dico” con le
conclusioni circa la situazione; colontà di non rompere del tutto con il Giappone: elogiano il Giappone,
deprecano le mancanze cinesi, MA auspicano una Manciuria autonoma ma annessa alla Cina, solo un
auspicio; il Giappone lascia comunque la Società delle Nazioni; un altro aspetto che evidenzia il crollo del
sistema di Washington.

La crisi del ’29 aveva avuto conseguenze politiche anche in Europa, colpendo i paesi più deboli; la
repubblica di Weimar e l’Austria, i quali tentarono un’unione doganale nel 1931; questo passo venne
interpretato come un tentativo di Anschluss; condanna Austria.

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10. Conferenza sul Disarmo Terrestre – Ginevra 1932


Approfittando della tattica “o lo fai o c’è la minaccia tedesca”, la Germania chiede l’applicazione del
principio parità tra gli stati, in poche parole chiede che alla Germania sia concesso di riarmare. In un primo
momento la Francia dice NO. Intanto le elezioni in Germania iniziano a vedere il trionfo dei nazi. In Francia
invece arriva di nuovo Herriot il quale avvia un dibattito sulla proposta tedesca; emerge la volontà di
accogliere la richiesta tedesca, poiché essa è giuridicamente fondata e poi permetterebbe di avviare il
dialogo sul disarmo con la Germania compresa. Fine ‘32; accolta la richiesta tedesca.
La Francia è imbrigliata nelle alleanze degli anni ‘20
La Gb condivide molte istanze della Germania, e poi ha altro a cui pensare in Medio Oriente
L’Urss, col ministro degli esteri Litvinov, conduce una politica a favore della politica di sicurezza
collettiva; 1932: patti di non aggressione con gli stati baltici, la Polonia e la Francia a scopo di contenere la
Germania in cui nel frattempo è arrivato Hitler. Nel 1933 Usa e Urss si riconoscono a vicenda. Nel 1933
l’Urss firma un trattato di amicizia con l’Italia. Nel 1934 entra nella Società delle Nazioni; la Germania esce
nel 1933.
Hitler al potere, 1933.
Quando Hitler sale al potere, non è che inizia subito a fare il gradasso, ma lancia segnali distensivi. Ad
esempio nel 1934 fa un patto di non aggressione con la Polonia MA alla Conferenza per il disarmo pretende
un accordo dal valore giuridico che permetta alla Germania di riarmare; NO! ; la Germania abbandona la
Conferenza e la Società delle Nazioni.
Alla fine del 1932 Mussolini assume l’incarico di ministro degli esteri per contenere Hitler anche se a tratti –
per interessi italiani – gli va incontro; Politica del Pendolo, non dettata da ideologie.
Nel 1933 Mussolini (antirevisionista, vuole contrastare personalmente il revisionismo tedesco) avanza una
proposta di “Patto a 4”; dar vita a una sorta di direttorio di potenze europee: Italia, Francia, Gb, Germania;
il progetto fallisce perché la Francia si oppose (la Piccola Intesa se la sarebbe presa! ; Francia ostaggio delle
alleanze).
Nel 1934 Mussolini (pendolone!) si riavvicina a Hitler, cioè organizza un incontro a Stra con lui per capirne
le intenzioni (timore Anschluss). In quest’incontro Hitler non si sbilancia con Mussolini e si limita a dire che
vorrebbe i nazi trionfanti in Austria. Mussolini dice che le vicende austriache non devono essere un ostacolo
per intrecciare un rapporto tra Italia e Germania; Hitler interpreta che all’Italia non gliene frega nulla
dell’indipendenza dell’Austria.
Nel 1935 c’è un colpo di stato nazista in Austria in cui viene ucciso Dolfuss mentre la moglie e i figli erano
a Riccione. Anche se Dolfuss muore, il colpo di stato fallisce e Mussolini muove le truppe al Brennero;
Hitler protesta e si dice estraneo al colpo di stato.
a seguito di quest’avvenimento, si assiste a un riavvicinamento Italia-Francia in funzione antitedesca. Infatti
il nuovo ministro Barthou in questo periodo è in cerca di nuovi alleati!
Avvicinamento Italia-Francia; obiettivo che il governo francese cercava di raggiungere da tempo. Barthou
voleva infatti revisionare la politica estera francese, sviluppare un progetto di ampio respiro, lungimirante e
frutto di una lucida analisi della situazione europea; la Germania era il principale pericolo per la Francia
(altri vedevano l’Urss come principale pericolo). Barthou si era preoccupato leggendo il Mein Kampf,
Barthou era sveglio e sfiduciava nella sicurezza collettiva (la Società delle Nazioni non era in grado di
tutelare gli interessi francesi) ; ricerca di nuovi alleati. Era difficile ricucire con la Polonia poiché
quest’ultima aveva appena siglato il patto di non aggressione con la Germania.

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Barthou consolida le vecchie alleanze e cerca di avvicinarsi a Urss e Italia.
Gennaio 1934: accordo commerciale con l’Urss; approccio non ideologico alla politica estera. Barthou
delinea un percorso da seguire per arrivare all’alleanza con l’Urss; progetto della Locarno Orientale;
Polonia-Cecoslovacchia-Germania-Urss-StatiBaltici avrebbero dovuto sottoscrivere delle reciproche
garanzie di confini; inoltre era previsto un accordo tra Francia e Urss; tattica per allearsi con l’Urss.
Litvinov era favorevole a questo progetto.
La Germania si oppose.
La Polonia si oppose ancora più tenacemente; entrando in conflitto con la Francia e temeva l’invasione
sovietica.
Barthou allora di accorge di avere bisogno dell’appoggio della Gb, in quanto garante del patto di Locarno;
Barthou va a Londra e incontra resistenze (anche se poi comunque darà il suo appoggio), la Gb vorrebbe
rimanere il garante della pace tra Francia e Germania; Barthou si arrabbia tantissimo, anche perché nel
frattempo in Germania c’è stata la notte dei lunghi coltelli (giugno 1934, epurazione SA e altri oppositori
politici), insomma ormai la minaccia tedesca è chiara! Anche il tentativo di colpo di stato in Austria lo
conferma; Barthou coglie l’occasione per esprimere solidarietà nei confronti dell’Italia.
Sia Italia che Francia dopo il colpo di stato in Austria appoggiano l’entrata nell’Urss nella Società delle
Nazioni.
La Locarno Orientale è fallita (Berlino e Varsavia contrarie) e Barthou si concentra allora su Urss e Italia.
Visto che l’Italia ha rapporti tesi con la Jugoslavia, Barthou deve cercare di tranquillizzarla; invita il re
Jugoslavo in Francia; vengono uccisi entrambi in un attenatato di un nazionalista croato (Marseille, octobre
1934) ; muore l’unico francese con le palle e arriva Laval, il quale si impegna a proseguire la politica di
Barthou, ma non è vero, perché torna ad una politica ambigua e oscillante; infatti vorrebbe dialoghi con
Hitler e pace con Gb.
Per andare a patti con Hitler gli viene in mente una genialata… ; disimpegnarsi in merito all’imminente
plebiscito nella Saar (previsto per inizio 1935). Il povero Barthou aveva già iniziato la campagna elettorale e
c’erano buone possibilità di vincere. Laval invece smette di far campagna elettorale e il 90% dei saarois vota
per l’annessione alla Germania. Così Laval crede ingenuamente di aver quietato Hitler (il quale invece sta
riarmando da mesi).
Intanto Laval continua l’avvicinamento con l’Italia; tanto Mussolini gli sta pure simpatico! Sorgono però
dei problemi, quelli che fino ad allora avevano impedito un accordo: mancata concessione di alcuni territori
all’Italia, questione tunisina. Si arriva comunque nel 1935 agli accordi Mussolini-Laval:
concessione all’Italia di aggiustamenti territoriali in Africa
status dei cittadini italiani in Tunisia assimilato a quello dei francesi
collaborazione tra i due governi in caso di Anschluss e concentrazione di un’azione comune nel caso di
riarmo tedesco.
Il governo italiano fa pressioni al fine di raggiungere anche accordi militari oltre che politici e la Francia
accetta perché ormai la situazione è chiara.
È chiaro nel 1935 che la Germania sta riarmando (violando Versailles). La Gb allora rinuncia alla regola dei
10 anni e inizia a riarmare, la Francia porta la leva obbligatoria da uno a due anni. Hitler utilizzerà questa
mossa francese come un pretesto per annunciare che violerà unilateralmente il trattato di Versailles;
reintromette la coscrizione

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11. REAZIONE; IL FRONTE DI STRESA - 1935


Francia, Italia, Gb
Discutono circa la reazione al gesto di Hitler, si chiedono se portare la questione alla Società delle Nazioni.
Risultato; dichiarazione in cui condannano la violazione tedesca e si impegnano ad intervenire in caso di
ulteriore violazione. La Francia nel 1935 si allea con l’Urss, un trattato di mutua assistenza che fa
riferimento alla Società delle Nazioni; no meccanismi automatici, impegno solo politico e non militare.
Alleanza debole a causa delle perplessità francesi sull’Urss, ma comunque speranza di intimorire la
Germania con la minaccia di una guerra su due fronti.
Il fronte di Stresa inizia quindi a sgretolarsi da solo a causa di decisioni successive nel corso del 1935;
L’alleanza francese con l’Urss spaventò Italia e Gb.
Firma di un accordo navale tra Gb e Germania: la Germania può violare Versailles, ma non deve superare il
35% della flotta inglese; revisionismo limitato: la Gb vuole contenere la Germania, sa che vuole riarmare,
glielo consente ma limitandola. La concessione alla Germania serve a rimandare la guerra nel breve periodo
(la Gb non era ancora pronta a un conflitto), è la scelta del male minore.
La scelta italiana di invadere l’Etiopia è il colpo fatale al fronte di Stresa. L’Italia aveva avuto nel corso del
‘900 aveva ottenuto un certo controllo dell’Etiopia. Nel 1934 gli etiopi si ribellarono e attaccarono gli
italiani. Negli accordi con Laval era previsto l’intervento francese anche in una situazione simile: Mussolini
sosteneva che Laval gli aveva dato carta bianca per l’Etiopia. Inoltre alla conferenza di Stresa Mussolini
aveva fatto in modo che si stabilisse “niente più violazioni di Versailles in Europa”, in modo da avere via
libera in Africa. Mussolini espresse l’intenzione di entrare in guerra con l’Etiopia. Quest’intenzione palese
divenne un problema per Francia e Gb. La Francia non ha interessi a intervenire in Etiopia, cerca di non far
condannare l’Italia e di non farla allontanare dal Fronte di Stresa (evitare sia la guerra che l’allontanamento
italiano). La Gb non aveva solo questo problema politico; possedeva anche dei territori in zona e aveva
condotto un sondaggio dal quale era emerso che secondo l’opinione pubblica la Gb doveva opporsi alle
violazioni del diritto internazionale e astenendosi dall’uso della forza. Davanti alla determinazione italiana
propongono due soluzioni: 1- un mandato, non un’annessione; 2- l’annessione di una parte del territorio
etiope. Vennero respinte entrambe le proposte, Mussolini infatti è convinto che Francia e Gb non
interverranno. Ottobre 1935 l’Italia muove guerra all’Etiopia; Gb e Francia appoggiano sanzioni della
Società delle Nazioni contro l’Italia; embargo economico (no petrolio); vogliono lasciare aperto uno
spiraglio di dialogo e infatti elaborano il compromesso Laval-Hoare, che prevedeva che se l’Italia avesse
cessato il fuoco avrebbe ottenuto i 2/3 dell’Etiopia; questo patto non va in porto e i due ministri si
dimettono e finiscono le possibilità di dialogo tra i tre paesi. Intanto Hitler (che è uscito dalla Società delle
Nazioni) continua a rifornire l’Italia di materie prime. Conseguenze: crisi politica in Francia, spaccatura tra i
3 paesi, rottura del Fronte di Stresa (Mussolini capisce che Gb e Francia non sono in grado di sostenere le
iniziative italiane, a causa delle pressioni della loro opinione pubblica); all’Italia non resta che rivolgersi a
Hitler (e il pendolo continua..). L’Italia è pronta ad ammettere una forma di controllo tedesco sull’Austria
purché essa rimanga uno stato indipendente (stato fantoccio).

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12. CONSEGUENZE 1936:


La Germania rimilitarizza la Renania, violando ancora Versailles e violando Locarno.
Hitler emette una nota in cui azzarda che:
La Germania è autorizzata a rimilitarizzare perché gli accordi di Locarno sono già stati violati dalla Francia
(che ha stipulato accordi di mutua assistenza con l’Urss)
Propone un patto di non aggressione a Belgio Francia e poi Cecoslovacchia; progetto prevedibile perché la
Francia nel ’35 (nello stesso giorno in cui Hitler rimilitarizza la Renania) ratifica l’accordo con l’Urss e
Hitler ha garanzie di non aggressione da Italia e Gb, ma non dalla Francia.
Garanzia dall’Italia: Mussolini dichiara sciolto l’accordo di Stresa
Garanzia dalla Gb: disposti a chiudere un occhio (rispetto a violazione Locarno) se la Germania entra in
Renania con un ingresso non armato.
La Francia invece non dà garanzie, ma alla rimilitarizzazione della Renania NON INTERVIENE, NON SI
OPPONE.
Perché la Francia non si oppone alla rimilitarizzazione della Renania?
Pensano di aver sopravvalutato la potenza militare tedesca
Applicano l’appeasement
Non hanno strumenti militari per intervenire (poche armi obsolete, impostazione di difesa, non di attacco
Vicinanza elezioni; forze del governo pacifiste, rischio di perdere le elezioni
Poche risorse economiche
Isolamento diplomatico
La Francia non fa nulla ottiene solo la condanna da parte della Società delle Nazioni;
Conseguenze politiche:
ulteriore rottura tre Francia e Polonia
la Piccola Intesa capisce che per trovare sicurezza bisogna guardare a Urss o Germania
il Belgio diventa neutrale compromettendo la solidità francese
Conseguenze militari:
la Germania rimilitarizzata, rafforzata, quasi inattaccabile
Hitler sempre più potente

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13. Nuova fase della politica tedesca


Per circa due anni in Germania segue una politica più accorta, Hitler evita di violare ancora Versailles.
Sviluppa la sua politica sotto 3 direttrici:
1) Sviluppo di una politica volta a minare le alleanze della zona (Piccola Intesa) e vuole ottenere una
penetrazione economica.
2) Ricerca di alleati; Italia e Giappone; RoBerTo. Perché il Giappone? Perché poteva minacciare l’Urss,
soprattutto in Manciuria, e indurla ad allentare i legami con Francia e Piccola Intesa. Può preoccupare anche
la Gb e farla arrivare ad un accordo con la Germania. L’alleanza col Giappone prende forma grazie agli
uffici dei diplomatici Von Ribbentrop e Oshima, il 25 novembre 1936 la Germania ed il Giappone
intensificarono i loro rapporti stipulando il Patto anticomintern, in funzione anticomunista; carattere
esclusivamente politico; in quanto la Germania ha rapporti anche con Chan Kai Shek, non ha mai
riconosciuto il Manciuquo, e il Giappone teme di essere trascinato in guerra. Perché l’Italia? Avvicinamento
grazie al pendolone Mussolini durante la guerra in Etiopia; il nuovo ministro degli esteri è Galeazzo Ciano,
fermo sostenitore dell’alleanza coi tedeschi. Nel 1936 l’Italia riconosce un accordo tra Austria e Germania
(accordo secondo il quale Hitler riconosceva l’indipendenza dell’Austria in cambio dell’annullamento
dell’interdizione dei nazi in Austria). ; Firma dei protocolli di ottobre “Asse Roma-Berlino”, per iniziativa
tedesca. Non si tratta di un’alleanza, ma di accordi; viene riconosciuta la missione in Etiopia, gli impegni e
viene riconosciuto Franco. ; Mussolini si sta avvicinando alla Germania, assecondando i piani di Hitler
(mire su Austria), in cambio della zona mediterranea. Mussolini non abbandona del tutto la politica del
pendolo, lascia aperto uno spiraglio di dialogo anche con gli altri paesi; 1937 Gentlemen Agreements tra Gb
e Italia: in cui l’Italia si impegna a mantenere lo status quo nel Mediterraneo; guerra civile spagnola.

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14. Guerra civile spagnola 1936


Ha ripercussioni internazionali, marca un netto avvicinamento tra Italia e Germania, coinvolge tutte le
potenze.
Scoppia nel luglio 1937, quando l’esercito di Franco insorge contro il governo popolare; intervento Francia
(governata dallo stesso Fronte Popolare, solidarietà ideologica, ma intervento breve a causa dell’opinione
pubblica). Viene proclamato quindi il non intervento in Spagna, rispettato solo da Francia e Inghilterra
(anticomunismo, ma intenzione a mantenere rapporti con governo spagnolo per Gibilterra). L’Italia
ufficialmente interviene a favore di Franco; non per motivi ideologici, ma per la volontà di controllare le
Baleari e di evitare una saldatura tra governo spagnolo, francese e sovietico, evitare di essere schiacciata nel
Mediterraneo. Anche la Germania ovviamente interviene per Franco (il quale spaccia alla Germania armi)
ed il suo intervento è anche rivolto a testare a che punto è la potenza bellica tedesca. L’interento Urss è
controproducente poiché crea una frattura nel fronte popolare.
Anche se la guerra civile spagnola è l’anticamera della seconda guerra mondiale, non si può ancora parlare
di un fronte fascista né di un fronte antifascista: da una parte l’ipotesi di un fronte filofascista è prematura,
poiché Germania e Italia, seppur convergenti in Spagna e avvicinate dai protocolli dell’Asse, sono ancora
divise da strategie molto distanti; dall’altra l’ipotesi di un fronte antifascista non spiegherebbe il non
intervento della Gran Bretagna né i suoi accordi con Hitler; la Gran Bretagna non solo persegue una politica
di accordo con la Germania, ma anche di riappacificazione con l’Italia in virtù di un comune interesse a
mantenere la stabilità nel Mediterraneo: il 2 gennaio 1937 i due governi firmano un gentlemen’s agreement
riguardante la cessazione dell’intervento italiano in Spagna e l’impegno a non modificare lo status quo nel
Mediterraneo; la concretizzazione di tale accordo si ha con la firma degli ACCORDI DI PASQUA
nell’aprile 1938, che ribadiscono il disimpegno italiano in Spagna, il disinteresse italiano alle Baleari,
l’impegno britannico a riconoscere l’impero italiano in Etiopia.

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15. I rapporti tra Germania e Paesi dell’Est


I rapporti tra Germania e Paesi dell’Est si intensificarono; la Jugoslavia addirittura non dà più grano
all’Italia per darlo alla Germania. 1937; accordo Romania-Germania sul petrolio. Oltre alla strategia
economica Hitler si avvale anche della diplomazia: non è pertanto un problema allacciare legami con
l’Ungheria revisionista. Polonia, Romania e Jugoslavia, invece, erano antirevisionisti.
La Polonia viene rassicurata da Hitler. Egli dal 1936 la induce ad un accordo contro l’Urss, ma senza sortire
risultati perché la Polonia costituiva un equilibrio tra Urss e Germania. Allora Hitler fa leva sulla
contrapposizione Polonia vs Cecoslovacchia e cerca di rassicurarla.
Jugoslavia e Romania non temono la Germania. Allora Hitler tenta una rassicurazione indiretta, facendo
pressioni sull’Ungheria affinché essa spinga col revisionismo contro questi due paesi (ad esempio
rivendicare i territori ungheresi in Jugoslavia).
Fa inoltre credere che la Jugoslavia sarà violenta contro i cecoslovacchi.
I propositi di Hitler 1936-1938 zona Sudeti.
Voleva annettere una parte di Cecoslovacchia e per farlo cerca di isolare quest’ultima in ogni modo:
favorisce accordo Ungheria-Jugoslavia per aumentare i contrasti.
Voleva annettere l’Austria in seguito.
Nel 1937 Hitler rivela i suoi piani al comando del Reich (Hossbach Memorandum); includono i piani di
pulizia etnica miranti la ricerca di uno spazio vitale per la sopravvivenza dei tedeschi in termini di razza
(non di etnia e cittadinanza come per Stresemann).
Agire contro la Cecoslovacchia, ormai abbandonata dalla Francia, non è un problema.
Il 6 novembre 1937 l’Italia si aggiunge a Germania e Giappone nel patto Anticomintern. Mussolini va a
colloquio con Ribbentrop, il quale voleva sondare la posizione italiana circa l’annessione dell’Austria;
Mussolini dichiarò di non aver più intenzione di fare la sentinella dell'indipendenza austriaca. A fine 1937
gli austriaci scoprono che Hitler vuole fare il colpo di stato, sicché il governo austriaco parla direttamente
con Hitler, ma viene aggredito verbalmente, no dialogo, Hitler lo accusa di “leso germanismo”. L’Austria si
trova isolata e dovrebbe sottostare a Hitler, nominando come ministro degli interni un esponente nazista e
dando vita ad una politica economica assieme alla Germania. Dopo una lunga campagna politica, che
comprese le minacce di guerra di Hitler, un avvocato nazista, Inquart, venne nominato Ministro degli Esteri
e in seguito Cancelliere d'Austria. Il 12 marzo del 1938, la Germania annunciò
l'annessione (Anschluss) dell'Austria, che divenne una provincia tedesca. Hitler nega che l’Anschluss possa
essere un primo passo verso un’espansione ai danni dell’Italia e Mussolini è d’accordo così il 13 marzo
Hitler entra a Vienna. La Francia si limita ad inviare una nota di protesta. L’Italia inizia la Campagna
d’Albania e cerca di allearsi con la Gb; vedi accordi di Pasqua 1938; sembra che l’Italia stia ricominciando
a fare la pendolona, ma Hitler fa una gita in Italia e spezza questo nuovo dialogo sul nascere. Ribadisce che
non si vuole più espandere e che i tedeschi dell’Alto Adige possono spostarsi, quindi no necessità
annessione.
Dopo l’Austria viene dunque il momento della CECOSLOVACCHIA, dove abitano, nella regione dei
SUDETI, 3 milioni e mezzo di tedeschi: tra questi si diffonde un movimento autonomistico, sempre più
impregnato di nazismo. La Cecoslovacchia era importante strategicamente ed economicamente. Nel 1937
Henlein e il movimento filo-nazista sviluppatosi nell’area avviano una campagna mirata all’ottenimento
dell’autonomia. Il passo successivo sarebbe stata l’annessione. Francesi e inglesi si consultano ma non
arrivano ad alcuna intesa. La Gb aiutava la Francia esclusivamente in caso di attacco diretto.

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Minaccia dell’uso della forza: crescono i concentramenti di truppe tedesche in Sassonia ed il 30 maggio
1938 Hitler dà ordine che la Wermacht sia pronta ad entrare sul territorio cecoslovacco a partire dall’1°
ottobre.
Hitler ha in mente un’idea e passa alla via diplomatica; al nido dell’aquila propose a Chamberlain un
accordo che penalizzava i cecoslovacchi, Chamberlain è incline perché lui è il tipo che ama l’appeasement.
Ci pensa un po’.
Il 22 settembre Chamberlain si reca nuovamente in Germania: non si tratta più di negoziare, il governo di
Praga deve accettare la cessione dell’intera regione dei Sudeti alla Germania. Il 28 settembre, senza
consultare il suo governo, Chamberlain scrive a Hitler che tutto può essere risolto “senza guerra e senza
ritardi”, offrendogli così la possibilità di completare il suo bluff.
Conferenza di Monaco.
Il 29-30 settembre 1938 viene convocata la CONFERENZA DI MONACO (Italia, Francia, Germania, GB),
durante la quale tutte le richieste del fuhrer vengono accolte ed il presidente cecoslovacco Benes si piega ad
accettare l’annessione del territorio dei Sudeti alla Germania. Mussolini (che, convocato come mediatore
della crisi, elenca una serie di proposte concordate col Fuhrer) e Chamberlain (che ottiene la firma di un
documento in cui è ribadita l’importanza primaria delle buone relazioni anglo-tedesche e l’impegno di
adoperarsi per mantenere la pace) si ergono a pacificatori poiché la guerra è stata evitata. Benes non viene
nemmeno ascoltato e i sovietici, che sarebbero potuti intervenire militarmente a fianco della Francia, non
vengono informati della conferenza (sindrome dell’escluso, percezione di Stalin che Francia e Gran
Bretagna vogliano spingere le mire di Hitler verso est). 3 azioni di politica distensiva di Hitler:
inviolabilità dei confini cecoslovacchi
trattato di non aggressione con la Gran Bretagna (settembre)
trattato di non aggressione con la Francia (dicembre)
Tuttavia Hitler viola i confini cecoslovacchi: il 15 marzo 1939 le truppe tedesche entrano a Praga,
annettendo il resto della Boemia e della Moravia. Se fino alla conferenza di Monaco le azioni di Hitler
potevano essere ricondotte ad un principio di legittimità, ora l’invasione dei confini cecoslovacchi è
totalmente illegittima poiché viola un accordo firmato pochi mesi prima da Hitler in persona. Ciò rende da
ora in poi impossibile ogni compromesso: Chamberlain dichiara FINITA LA POLITICA
DELL’APPEASEMENT ed il 31 marzo 1939 offre la propria garanzia all’indipendenza della Polonia
La conferenza di Monaco fu la massima espressione della politica di appeasement inglese, considerato anche
da Truman come una causa della Guerra Mondiale. L’appeasement britannico degli anni ’30 è la naturale
prosecuzione della politica estera intrapresa negli anni ’20. Esempi di appeasement; accordo navale anglo-
tedesco 1935, promozione parità tra Francia e Germania, posizioni in merito alla Renania e all’Anschluss.
L’appeasement rispecchia la volontà inglese di ritardare (non scongiurare!) lo scontro con la Germania.
Chamberlain si dichiarò soddisfatto del compromesso di Monaco e per questo è stato fortemente criticato.
perché la Gb non era in grado di affrontare subito Hitler? ; non era militarmente capace! (conseguenza delle
scelte degli anni ’20). Inoltre era in corso in Gb una crisi strutturale accentuata dalla crisi del ’29. Non
poteva affrontare una guerra da sola, doveva organizzare una coalizione e non godeva dell’appoggio dei
dominios, ormai semi-indipendenti e disinteressati alle vicende tedesche.

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16. SITUAZIONE POSSIBILI ALLEATI GB


Gli Usa negli anni ’30 (post crisi) attuano una politica isolazionista (e protezionismo economico). Nel 1935
approva una legge di neutralità, che vieta di commerciare con paesi in guerra, costringe il governo Usa ad
astenersi (?). Roosevelt mette in quarantena gli stati che volevano scardinare l’ordine internazionale. Ma gli
americani sostengono l’isolazionismo del Congresso e quindi viene meno l’intervento statunitense.
Francia: disponibile ma INUTILE! ;
Rimangono Urss e Italia; ma Churchill era un anticomunista, ma era d’accordo all’accordo con Italia e Urss,
ma invece il governo era contro e restò contro fino al ’38; restio per ragioni ideologiche. Per quanto
riguarda l’Italia beh le sue scelte da ciula pendoloni inaffidabili parlavano da sole.
L’opinione pubblica britannica influenzava il governo e viceversa, in un circolo vizioso. L’appeasement era
anche un modo per convincere l’opinione pubblica di avere intenzioni pacifiste, così quando sarebbe
scoppiata la guerra l’opinione pubblica avrebbe sentito che era stato fatto tutto il possibile per evitarla.
Fine dell’appeasement; 15 marzo 1939, ma è frutto di un processo graduale che matura all’inizio del ’39 ;
ci si rende conto che dopo Monaco Hitler vuole rivolgere la propria attenzione verso altri territori (Romania,
Ucraina, Polonia, Olanda probabilmente). Nel febbraio ’39 Hitler non mostrava segni di arresto quindi
l’appeasement era destinato a fallire; la Gb dava la propria garanzia alla Francia in caso di attacco, accelerò
il riarmo in materia intensiva con sostegno sindacati-lavoratori. Il 15/3/1939 Hitler annette la Boemia-
Moravia, zona della Cecoslovacchia non abitata da tedeschi; violazione principia autodeterminazione dei
popoli e pacta sunt servanda; abbandono ufficiale politica appeasement; in caso di altre simili azione,
interverrà!
Il governo britannico garantisce la Polonia –prossima vittima di Hitler- e si impegna quindi ad entrare in
guerra contro la Germania. Dopo l’invasione dell’Italia in Albania la Gb dà la garanzia anche a Turchia,
Grecia e Romania. ; si inizia a contemplare come obiettivo (mai raggiunto) l’alleanza con l’Urss; quando ci
si rende conto che la Germania è inarrestabile; MA Urss SCETTICO!, Litvinov non è d’accordo.
Aprile ’39: negoziati Gb, Urss, Francia. Nello stesso giorno Stalin avvia un dialogo con la Germania;
politica del doppio binario. Il 10 marzo 1939 la Russia dice che non aveva problemi ideologici per la
collaborazione, ma il dialogo con la Francia si rivela un po’ difficile e quindi Stalin propone un’alleanza
tripartita; Gb e Francia temporeggiano chiedendo all’Urss di dare garanzie ai paesi centrali minacciati ma
loro non danno nulla in cambio; alla fine Gb e Francia accettano la proposta di Stalin, ma solo accordo
politico e non militare; l’Urss lo voleva militare! MA quando vengono avviati i negoziati NON portano ad
un’alleanza… perché parallelamente cerca la collaborazione sia con gli anglo-francesi, sia con i tedeschi.

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17. Patto Molotov-Ribbentrop - 1939


Nel 1939 viene nominato Ribbentrop al posto di Neurat e nel luglio i negoziati per accordo con Urss si
accelerano (problemi col Giappone…).
Accordo commerciale firmato il 20/08/39; la Germania propone inoltre un patto di non aggressione; tre
giorni dopo viene firmato il patto Molotv-Ribbentrop;
la parte pubblica non è un accordo ma solo un patto di non aggressione
contenuto segreto: spartizione Polonia e stati Baltici tra Urss e Germania
contenuto segreto: Bessarabia riconosciuta da Germania a Urss
Tale patto scombussolò gli equilibri politici; perché scongiurava una guerra su due fronti per la Germania.
L’Urss aveva stipulato questo patto non perché fosse hyper fiduciosa, ma perché aveva timore che la
Germania andasse avanti in Urss dopo aver preso la Polonia.
Effetti; l’Urss poteva contrastare meglio il Giappone. Consapevolezza Urss che Hitler attaccherà di sicuro
prima i francesi che l’Urss. L’Urss comunque rafforza i confini in caso di invasione tedesca.
La notizia dell’accordo è una bomba diplomatica, che inaugura una grande crisi dell’immagine dell’Unione
Sovietica all’estero, persino fra i partiti comunisti europei; Ciano descrive il patto come un “orribile
connubio”. Nell’alleanza nazi-sovietica l’ideologia conta ben poco, poiché basata unicamente su scelte di
convenienza politica per entrambe le parti.

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18. Patto d’Acciaio – 22 maggio 1939


La Germania si rafforza diplomaticamente. Perché sopraggiunge il patto tra Italia e Germania?
1) L’Italia si accorge che la politica del pendolo non funziona e che Gb e Francia ora se ne disinteressano.
Mussolini non era più in grado di influenzare Hitler, quindi deve fare un accordo in modo anche da essere
informato delle decisioni crucche.
2) La Gb non era ancora in grado di contrastare Hitler e Ciano capisce che alzando la posta con la Germania
si alza anche quella con la Gb.
Viene specificato da Mussolini che l’Italia non era in grado di scendere in guerra prima di 2 o 3 anni;
rafforzare esercito, sistemare questioni sospese in Albania, spostare apparato industriale a Sud.
Ciano incontra Ribbentrop, viene lasciato alla Germania il compito di redigere il testo.
Ecco il testo tedesco:
di carattere offensivo e non difensivo (nega la possibilità rinvio della guerra), obbligo di consultazione tra i
2. Memoriale Cavallero; interpretazione italiana del testo che ribadisce incapacità italiana di scendere subito
in guerra.
La Germania violerà il trattato perché non consulterà l’Italia; Ciano si sente raggirato, tensione rapporti.
L’Italia ribadisce che se la Germania attacca la Polonia e la Gb interviene, l’Italia non sarebbe scesa in
guerra.
01/09/1939; la Germania attacca la Polonia

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19. FASI DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE


dallo scoppio della guerra (1 settembre 1939) fino all’invasione tedesca dell’Unione Sovietica (giugno-
dicembre 1941);
dall’attacco giapponese a Pearl Harbor (7 dicembre 1941), che porta gli USA ad entrare in guerra, fino alla
cobelligeranza italiana con le forze alleate (USA, URSS, GB) nel settembre 1943; grandi conferenze.

2 settembre 1939 l’Italia dichiara la sua non belligeranza; o sei belligerante o neutrale! Stranezza.
3 settembre 1939 Francia e Gran Bretagna dichiarano guerra alla Germania in difesa della Polonia.

FRONTE ORIENTALE: il blitzkrieg ha pieno successo, infatti il 25 settembre Varsavia è nelle mani dei
tedeschi. I sovietici varcano il confine polacco, assestandosi sulla linea stabilita dai protocolli segreti del
patto Molotov-Ribbentrop. Il 28 settembre tali accordi sono perfezionati (modifiche del protocollo segreto):
l’URSS ottiene la Lituania in cambio di un’avanzata tedesca in Polonia; è Hitler a fare questa proposta,
perché crede possibile riaprire la strada del compromesso: infatti vuole utilizzare la Polonia come merce di
scambio, pensando che Chamberlain avrebbe accettato più probabilmente una Polonia più piccola ma non
una Polonia per metà sovietica; ma ormai l’offensiva di pace di Hitler trova risposta negativa prima dalla
Francia e subito dopo dalla Gb, che vede l’ingresso nel governo di uomini come Churchill (fautore
dell’intransigenza antigermanica). Nel frattempo Stalin riscuote ciò che gli spetta: Estonia, Lettonia e
Lituania accettano l’ingerenza dell’URSS (costruzione di basi sovietiche), ma la Finlandia oppone
resistenza: si apre la cosiddetta “guerra d’inverno” (1939-1940), mediocre prova delle armate sovietiche, che
incoraggia Hitler a persistere nella sua strategia occidentale, vista la presunta fragilità militare dell’URSS. In
questa occasione la Società delle Nazioni ha un ultimo soffio di vita: espelle l’Unione Sovietica (ciò peserà
molto quando, sulle ceneri della Società delle Nazioni, nascerà l’Organizzazione delle Nazioni Unite).

FRONTE OCCIDENTALE: il 9 aprile 1940 Hitler occupa Danimarca e Norvegia, per poi rivolgersi verso la
Francia. Dopo aver violato la neutralità di Belgio e Olanda, il 14 giugno 1940 le forze tedesche entrano
trionfalmente a Parigi. La Germania occupa i 2/3 della Francia e lascia 1/3 ai francesi, repubblica di Vichy.
La flotta francese rimane ferma. Il governo francese, stabilito a Vichy, è affidato al filonazista Pètain, il
quale firma l’armistizio il 22 giugno 1940 sulla vettura ferroviaria di Rethondes (dove era stato firmato
quello del 1918). Quando le operazioni contro la Francia mettono in luce la netta supremazia tedesca, a
Mussolini (che aveva espresso mille critiche/perplessità e aveva tentato di sganciarsi da Hitler) non resta che
prendere posto al tavolo dei vincitori, così il 10 giugno 1940 l’Italia dichiara guerra ad una Francia morente
e alla Gran Bretagna.
La conseguenza dell’entrata in guerra dell’Italia è che la guerra inizierà ad estendersi oltre l’Europa; area
balcanica + nord africa.
Mentre i tedeschi elaborano la strategia contro la Gran Bretagna, rimasta sola a combattere, il 28 ottobre
1940 Mussolini inizia le operazioni contro la Grecia, ma gli esiti negativi costringono le truppe tedesche a
soccorrere quelle italiane, imponendo il loro armistizio nel 1941. In questo momento tutta l’Europa è sotto il
controllo tedesco, ad eccezione della Gran Bretagna, dove il 9 maggio 1940 Winston Churchill sostituisce
Chamberlain nella carica di Primo ministro. Ad agosto Hitler inizia a bombardare sistematicamente la Gb;
la Gb resiste, grazie alla compattezza della società civile britannica e all’utilizzo dei radar (comunque
difficoltà a livello economico).

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Roosevelt a metà del 1940 è preoccupato dalla piega che sta prendendo il conflitto, dice che gli Usa faranno
tutto il possibile senza però inviare uomini. Aiuti cash & carry: io te li do’ ma tu paghi il trasporto (la Gb
non era in grado). Una vittoria tedesca non avrebbe consentito la sopravvivenza della democrazia americana,
così Churchill decide di incontrare Roosevelt; accordo raggiunto (anche impegno reciproco di rinuncia al
protezionismo) + inizio trattative legge “affitti e prestiti”; gli Usa sono in guerra ma ancora indirettamente.
Germania e Urss, intanto, si fortificano entrambe e si allontanano progressivamente
Hitler propose un patto a 4 ma tra fraintendimenti vari, l’intesa saltò.
Il 27 settembre 1940 Germania, Giappone e Italia firmano il PATTO TRIPARTITO (alleanza economica,
politica e militare), al fine di riconoscere le aree di influenza in Europa ed Asia e di offrirsi reciproca
protezione rispetto alle mosse degli Stati Uniti.
OPERAZIONE BARBAROSSA: il Fuhrer prevede l’attacco contro l’Unione Sovietica per il 15 maggio
1941, convinto che la superiorità della macchina militare germanica porti ad una vittoria lampo. Tuttavia
incontra ostacoli politico-diplomatici e un’inattesa situazione militare; la costituzione del governo Simovic
in Jugoslavia, favorevole al patto di amicizia coi sovietici; attacco tedesco i 5 aprile 1941. Il 17 aprile
l’esercito jugoslavo firma l’armistizio, mentre i comandi greci firmano la resa il 29 aprile.
L’attacco tedesco all’URSS è così rinviato al 22 giugno 1941: sebbene in un primo momento i sovietici si
trovarono in difficoltà e in una situazione di inferiorità, il rinvio risulterà fatale per l’esito dell’impresa a
causa del “Generale inverno”; la primavera del 1941, con l’operazione Barbarossa, con l’approvazione della
legge Affitti e prestiti, con il trattato di neutralità nippo-sovietico, segna per Hitler l’inizio della fine: se fino
ad ora la vita europea è stata dettata dalle sue decisioni, da qui in poi restituisce l’iniziativa agli altri,
mettendo in moto il formarsi di una coalizione che ha come obbiettivo un’Europa liberata dal dominio
nazista.
L’attacco contro l’Unione Sovietica ha inizio con un ottimismo del tutto fuori luogo, derivante dalla
persuasione della superiorità operativa e tecnologica delle forze tedesche. Il successo iniziale convince
Stalin della necessità di elaborare una strategia difensiva efficace; organizza segretamente la resistenza
sovietica sia dal punto di vista militare sia dal punto di vista propagandistico; costituisce un Comitato di
difesa nazionale e chiama tutto il paese a combattere quella che i sovietici chiamano “la grande guerra
patriottica” per l’indipendenza e la libertà democratica (riferimento a Usa e Gb) dei popoli; ciò trasforma
l’Armata rossa in un grande esercito di liberazione dalle atrocità tedesche. L’8 dicembre, ormai a pochi
chilometri dal centro di Mosca, l’impossibilità di ogni ulteriore avanzata costringe Hitler a sospendere
l’offensiva.
Gli STATI UNITI nel frattempo affrontano un processo lento e tortuoso di abbandono dell’isolazionismo:
dal 1935 gli USA si astengono dall’intervenire in conflitti che coinvolgono altri paesi, attenendosi alle
proprie leggi di neutralità (anche se queste vengono aggirate durante il conflitto sino-giapponese: la Cina
nazionalista evita di dichiarare apertamente guerra al Giappone allo scopo di non vedersi chiusi gli aiuti
USA; ciò spiega quanto sarà dura per gli USA la perdita della Cina con l’avvento di Mao Tse Tung l’1
ottobre 1949). Nel 1937 ROOSEVELT pronuncia a Chicago il “Discorso della Quarantena”, in cui denuncia
il carattere totalitario del nazifascismo paragonando lo scoppio della violenza internazionale ad una malattia
contagiosa. Tuttavia tutti i sondaggi esprimono una larga opposizione a qualsiasi coinvolgimento degli Stati
Uniti delle vicende europee, perciò fino alle elezioni del 1940, che gli assicurano il terzo mandato,
Roosevelt ha le mani legate. A modificare questo stato di cose sopraggiungono contemporaneamente le
iniziative tedesche contro Norvegia, Danimarca, Olanda, Belgio, poi l’attacco alla Francia, e al tempo stesso
il maturare della convinzione che non si possa più posticipare l’invio di aiuti alla Gran Bretagna. In questa
situazione Roosevelt cerca di convincere l’opinione pubblica in due modi:

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agendo sul profilo propagandistico: “se la casa del vostro vicino sta bruciando, potreste continuare a
rimanere chiusi in casa vostra?”. Ribadisce che la sicurezza americana dipende dalla sopravvivenza della
GB, la quale va aiutata con ogni mezzo;
mettendo in atto una strategia step by step: dal 1939 viene messa in atto la politica del CASH AND CARRY
(paga e porta via), che permette ai belligeranti di acquistare merci in USA ma solo se in grado di pagare in
contanti e di trasportarle su loro navi. Il passo successivo è la presentazione al Congresso del progetto per un
LEND-LEASE ACT (Affitti e Prestiti), che permette al Presidente di “vendere, affittare o prestare armi,
munizioni, generi alimentari e qualsiasi altro strumento di difesa a quei paesi la cui tutela avesse giudicato
vitale per gli Stati Uniti”. Per la prima volta nella sua storia il Regno Unito aspetta ansiosamente
l’approvazione di una legge americana, che entra in vigore l’11 marzo 1941. La legge Affitti e Prestiti
rappresenta una svolta radicale nella politica di neutralità americana.
In seguito all’approvazione del Lend-Lease Act, Roosevelt e Churchill si incontrano su una barca, agosto
1941, per discutere l’evolvere della situazione mondiale, sottoscrivendo alla fine delle loro conversazioni, il
14 agosto 1941, la CARTA ATLANTICA (seme della nascita dell’ONU); prevede l’enunciazione dei
principi per il futuro ordine mondiale:
- dal p.d.v. politico il disinteresse dei due paesi a ingrandimenti territoriali la restaurazione dei diritti di
autogoverno per coloro che ne sono stati privati.
- in economia la libertà d’accesso ai commerci e alle materie prime su basi di eguaglianza, la rinuncia
all’uso della forza nell’ambito di un sistema di sicurezza collettivo;
- La Carta auspica inoltre, a seguito della distruzione finale della tirannia nazista, la nascita di un mondo
sicuro, pacifico, libero dalla paura e dal bisogno.
Le relazioni Usa-Japan intanto sono sempre più in crisi e falliscono i tentativi di porvi rimedio; visioni
inconciliabili, il Giappone vuole via libera in Cina e Indocina.
Il coinvolgimento statunitense negli affari europei è sempre maggiore, fino ad arrivare al momento che
determina l’effettivo ingresso in guerra degli USA: il 7 dicembre 1941 il Giappone attacca la flotta
americana ancorata nelle acque di PEARL HARBOR nell’arcipelago delle Hawaii. L’attacco non è stato
autoprovocato dagli USA, tuttavia le continue tensioni nel Pacifico rendono evidente che Roosevelt non sia
stato completamente colto di sorpresa, pur non potendo prevedere dove e quando si sarebbe verificata
l’aggressione.

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20. La SECONDA FASE della guerra


La SECONDA FASE della guerra si apre con l’intervento degli Stati Uniti. Gli Alleati riescono a costituire
una coalizione antinazista abbastanza salda; Grande Alleanza Usa-Gb-Urss, nonostante animati da principi
e obbiettivi divergenti riguardo il futuro nel dopoguerra. Convergenza tattica motivata dal nemico comune,
ma profonde differenze ideologiche e politiche. L’alleanza resterà sempre un’alleanza anormale e ciò peserà
sulle vicende del dopoguerra.
Il giorno di Pearl Harbor il ministro degli esteri Gb va da Stalin a Mosca e chiacchierano sull’alleanza e su
due problemi principali:
1) La Gb deve riconoscere i nuovi confini Urss, anche se conseguiti in seguito al patto Molotov-Ribbentrop;
la Gb dà risposte ambigue e tergiversa cosciente dell’entrata in guerra degli Usa.
2) Stalin vorrebbe l’apertura di un secondo fronte in Francia perché non è che lui si può smazzare tutti i
tedeschi! ; anche qui Gb tergiversa.
Anche se nel 1941 Stalin è ancora in una posizione di vantaggio, già pensa al dopoguerra e aveva obiettivi di
lungo periodo come quello di avere una cintura di stati che salvaguardasse l’Urss.
La Gb di Churchill mirava invece a mantenere l’impero.
Gli Usa di Roosevelt avevano un Grand Design; la creazione di un nuovo sistema internazionale che
garantisse stabilità e sicurezza. La guerra era frutto del protezionismo azionato durante la crisi ; era dunque
necessario azionare interdipendenze economiche che dissuadessero dal conflitto.
3 soggetti, 3 obiettivi diversi.

Per quanto riguarda i problemi immediati circa l’apertura del secondo fronte, Usa e Gb si incontrano alla
Conferenza di Arcadia nel 1942.
1 GENNAIO 1942: DICHIARAZIONE DELLE NAZIONI UNITE; essa viene elaborata durante la
conferenza Arcadia, che Roosevelt e Churchill tengono tra dicembre 1941 e gennaio 1942, e si propone
come una sorta di manifesto della lotta contro l’Asse RoBerTo. I due statisti ribadiscono i principi già
espressi nella Carta Atlantica e assumono due impegni precisi: combattere la guerra con tutte le risorse
disponibili e cooperare con gli altri firmatari della dichiarazione senza sottoscrivere paci o armistizi separati
(per rassicurare Urss). Tra i 26 firmatari anche Cina e Unione Sovietica. Per l’URSS, che da sola sta
reggendo il peso della guerra, sottoscrivere tale impegno comune significa avere la promessa di non essere
abbandonata dai nuovi alleati. Tuttavia l’apertura del “SECONDO FRONTE”, che avrebbe alleggerito la
pressione tedesca sul fronte orientale, si fa attendere per 2 lunghi anni; parte della storiografia sostiene che
ci sia stata intenzionalità a ledere Stalin, affinché nazismo e comunismo si distruggessero vicendevolmente:
tuttavia ciò non è possibile, poiché in questa fase è prematuro parlare di guerra fredda e poiché l’obbiettivo
comune è fermare il nazismo. Il ritardo dipende da diverse difficoltà: i tedeschi non fanno mistero di aver
disposto sulle rive dell’Atlantico un sistema difensivo che essi giudicano inespugnabile; inoltre USA e GB
non attuano le medesime strategie:
la Gran Bretagna ha come priorità la conservazione del suo impero ed è perciò rivolta ad una STRATEGIA
PERIFERICA, che vada quindi a preservare punti strategici in Asia, Africa e vie di comunicazione. I
britannici riescono a persuadere gli americani dell’opportunità di tentare l’OPERAZIONE TORCH: lo
sbarco in Marocco e Algeria dell’8 novembre 1942, che non richiede una preparazione troppo lunga. E’
esattamente espressione della strategia periferica britannica anche lo SBARCO IN SICILIA del 10 luglio
1943, che tuttavia ben poco incide sulle sorti della guerra (per Churchill bisogna colpire “the soft underbelly

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of Europe” = il ventre molle dell’Europa); il 25 luglio un duplice colpo di stato porta alla caduta di
Mussolini (lo stesso Gran Consiglio del Fascismo sfiducia mussolini) e alla formazione del governo militare
con presidente del Consiglio Badoglio il quale deve decidere se continuare la guerra a fianco dei tedeschi
oppure no; alla radiolina dice di sì per evitare rappresaglie tedesche, ma parallelamente negozia
l’armistizio; il 3 settembre 1943 (reso pubblico l’8 settembre, nei giorni di mezzo si decide come affrontare
Hitler per salvare almeno Roma; tragedia l’8 settmebre; attacco tedesco; fuga del governo a Brindisi dando
vita al Regno d’Italia) l’Italia firma l’armistizio, impegnandosi al rovesciamento del fronte e alla
dichiarazione di guerra alla Germania (l’Italia non diventa alleato, ma solo cobelligerante, poiché rimane
paese sconfitto). Frattanto, a nord della linea di combattimento, i tedeschi occupano i 2/3 della penisola e
Mussolini da vita alla Repubblica sociale italiana di Salò;
Gli Stati Uniti prediligono invece la STRATEGIA FRONTALE: il 6 giugno 1944, quasi un anno dopo la
resa italiana, le forze alleate riescono ad attuare l’OPERAZIONE OVERLORD, cioè lo SBARCO IN
NORMANDIA; la Francia viene liberata in poche settimane (25 giugno liberazione di Parigi); nella
primavera del 1945, dopo una logorante battaglia sul Reno, gli alleati penetrano in profondità nel territorio
germanico, mentre i sovietici, occupata la Polonia, avanzano fino a Berlino: il 7 maggio 1945 la Germania
subisce la resa.
Vittoria Urss a Stalingrado e poi l’armata Rossa supera la Russia e avanza verso la Germania, alcune vittorie
Usa sul Giappone…la vittoria è vicina.

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21. TERZA FASE: LE GRANDI CONFERENZE


INTERALLEATE
1. alla CONFERENZA DI CASABLANCA (14 - 24 gennaio 1943) partecipano Roosevelt, Churchill e De
Gaulle, in cui si decise, dopo aver chiuso col fronte africano, di aprire il fronte italiano. Sarà proprio l’Italia
il primo paese dell’Asse a uscire dalla guerra, e dunque anche il primo banco di prova della tenuta
dell’intesa tra le forze alleate. Durante la conferenza Roosevelt e Churchill lanciano a Stalin un messaggio
rassicurante, poiché affermano il principio della resa incondizionata ed il divieto di stipulare paci separate
con le forze dell’Asse. Tuttavia sono proprio gli anglo-americani i primi a contraddirsi: i sovietici sono
coinvolti nelle procedure dell’armistizio italiano, ma di fatto vengono tenuti lontano dalla possibilità di
controllare quanto accade in Italia
ciò costituisce il cosiddetto “precedente italiano”, cioè il paradigma che i sovietici a loro volta seguiranno
durante l’occupazione dei territori dell’Europa orientale. A seguito della resa italiana si tiene la Conferenza
di Mosca (18 – 30 ottobre 1943), durante la quale i tre ministri degli Esteri Molotov, Eden e Hull approvano
la costituzione di una Commissione consultiva europea che predisponga una politica comune nell’Europa
liberata. Di fatto però ciascuno mantiene le proprie riserve mentali riguardo il dopoguerra: mentre Stalin e
Churchill condividono una visione ancora radicata nella cultura europea della politica di potenza, Roosevelt
pensa in termini di ordine mondiale e di organizzazioni adatte per governarlo; il “disegno rooseveltiano”
prevede per gli USA il ritorno a casa senza rimanere invischiati negli affari europei, e ciò può avvenire solo
evitando gli errori già commessi:
bisogna creare un’organizzazione internazionale per la sicurezza collettiva, e poiché per gli USA era stato
un errore rimanere fuori dalla Società delle Nazioni (per non essere poliziotto d’Europa), ora è necessario
convincere l’opinione pubblica che questo nuovo progetto sia molto vantaggioso e poco oneroso, e ciò può
avvenire solo coinvolgendo gli altri grandi, in primis l’Unione Sovietica, con cui condividere l’onere della
sicurezza;
bisogna risolvere l’intrinseco rapporto tra economia e politica, per evitare le conseguenze della crisi del ’29,
che era stata affrontata con politiche isolazioniste le quali avevano creato forti nazionalismi: un dopoguerra
sicuro e pacifico deve abolire politiche protezionistiche e avallare il liberismo economico.

2. CONFERENZA DI TEHERAN (28 novembre – 1 dicembre 1943) Churchill Roosevelt Stalin: il tema
militare si risolve con l’impegno che lo sbarco per il “secondo fronte” sarebbe stato effettuato entro il 1°
maggio 1944, mentre Stalin promette l’apertura da parte sovietica di un fronte contro il Giappone. Sul piano
giuridico-politico Roosevelt e Stalin non hanno difficoltà ad accordarsi su argomenti quali pace, Nazioni
Unite e lotta contro il colonialismo; è così aperta la via che condurrà alla messa a punto dello statuto della
nuova organizzazione universale a Dumbarton Oaks (agosto-settembre 1944; si riuniscono i 4 governi
poliziotti per delineare i contorni della futura Onu; ci sarà ancora disaccordo su 2 questioni: struttura
Consiglio di Sicurezza e rappresentanza stati federati Urss all’Assemblea Generale). Ma il tema scottante a
Teheran riguarda la necessità per l’Unione Sovietica di circondarsi di “stati amici” che facciano da
cuscinetto: pertanto Stalin, che fonde politica di espansione e politica di sicurezza, chiede che non sia messa
in discussione la posizione che l’URSS sta acquisendo in Europa dell’est. La questione riguarda in primis la
Polonia: USA e GB acconsentono allo spostamento del confine polacco di 200 km a ovest, sino al fiume
Older, a danno della Germania (viene mantenuto il principio dell’indipendenza ma non quello

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dell’integrità); perché gli anglo-americani acconsentono alla richiesta di Stalin? Roosevelt e Churchill sono
animati da interessi diversi, anche se li accomuna un forte senso di colpa per la mancata apertura del
“secondo fronte”; inoltre, poiché si parla per la prima volta con Stalin di Organizzazioni Unite, bisogna
considerare il coinvolgimento sovietico nella creazione di stati poliziotto; infine non si ha ancora ben chiaro
cosa Stalin intenda per “stati amici” (futuri “stati satellite”); ciò diverrà più chiaro in occasione del mancato
intervento sovietico all’insurrezione di Varsavia nell’agosto 1944: l’Armata rossa si ferma a poca distanza
dalla città, mentre i tedeschi sterminano la resistenza polacca e distruggono il ghetto. Così, quando i
sovietici entrano a Varsavia, il vuoto di potere è totale, e dopo essersi resi responsabili della fucilazione di
alcune migliaia di esponenti dell’èlite militare polacca, riconoscono come governo provvisorio il Comitato
di Lublino che, formato da esponenti del Partito comunista polacco, prende il posto del governo legittimo in
esilio. Insomma Stalin in Polonia aveva tenuto fuori gli alleati, applicando il precedente italiano. L’altra
grande questione riguarda la Germania: essa avrebbe dovuto essere posta sotto l’influenza della Gran
Bretagna e dell’Unione Sovietica, poiché le truppe americane si sarebbero ritirate; il problema centrale
rimane se il territorio tedesco debba restare sotto una sola autorità politica o se prevederne la divisione; si
affaccia il concetto di “zone”. ; è dunque a Teheran che compare il concetto di sfere d’influenza e non a
Yalta come da immaginario comune. Roosevelt delinea il progetto dei 4 poliziotti; Usa, Urss, Gb, Cina
potenze che avrebbero dovuto collaborare nel 2° dopoguerra come garanti dell’ordine internazionale e della
pace. Sono i primi passi verso l’Onu. Roosevelt pensava ad un’organizzazione che funzionasse grazie ad un
accordo tra grandi potenze prime inter pares. Affrontate anche questione Vietnam e Indocina e questione
degli stretti (Stalin voleva sbocco in Turchia).
1944 -> rapida avanzata degli alleati, armata rossa da est e Usa da ovest. Riconoscimento reciproco Urss e
Regno del sud; Stalin era ancora intenzionato a partecipare alla situazione italiana non gli bastava di aver
ottenuto un insulso comitato consultivo. Negoziato con Badoglio, concessione a Togliatti di tornare in
patria. Irrita gli Usa perché Urss cerca di ritagliarsi spazi dove non ha diritto. CHURCHILL vede che Stalin
c’ha la piva e va a Mosca e discutono dell’accordo delle percentuali, Churchill anti sgamo manda un
pizzino a Stalin con le percentuali Gb-Urss (Romania 90-10, Bulgaria 75-25, Ungheria 50-50, Grecia 10-
90) Churchill voleva trasmettere comprensione all’Urss e tenersi la Grecia.
Nel 1944 anche Bretton Woods (interdipendenze economiche; obbligo per ogni paese di adottare
una politica monetaria tesa a stabilizzare il tasso di cambio ad un valore fisso rispetto al dollaro, che
veniva così eletto a valuta principale, consentendo solo delle lievi oscillazioni delle altre valute; la seconda,
il compito di equilibrare gli squilibri causati dai pagamenti internazionali. Il piano istituì sia il FMI che la
Banca mondiale) e Dumbarton Oaks.

3. CONFERENZA DI YALTA (1 – 11 febbraio 1945, Crimea, vicino a Urss): la sconfitta della Germania è
alle porte; il senso di colpa che aveva in parte animato gli anglo-americani durante gli accordi di Teheran è
svanito; Roosevelt ha capito le intenzioni di Stalin riguardo gli “stati amici”, tuttavia permane la necessità di
tenere vicina l’Unione Sovietica affinché combatta ancora contro il Giappone ed entri nell’Organizzazione
delle Nazioni Unite. Yalta è un momento importante ma non dominante rispetto ad un processo iniziato
parecchio tempo prima, in cui la conferenza rappresenta, a dispetto del deteriorarsi del clima diplomatico,
una pausa di moderazione. I temi affrontati:
accordi sulla Germania: non si parla di smembramento ma di creazione di 4 zone di occupazione (sovietica
+ francese all’interno delle zone americana e britannica); sul piano economico non è intenzione né di
Roosevelt né di Churchill annientare la Germania con le riparazioni, ma Stalin è categorico: avendo subito i
danni maggiori, esige almeno la metà delle riparazioni (10 milioni $); Roosevelt non si mostra ostile

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all’idea, ma le decisioni a riguardo si rimandano a Potsdam;
accordi sui paesi liberati: viene firmata la Dichiarazione sull’Europa liberata, documento in base al quale i
tre grandi si impegnano affinché in ogni stato sia possibile la creazione di “istituzioni democratiche, scelte
autonomamente”, cioè mediante la formazione di governi frutto di “libere elezioni, governi rappresentativi
della volontà della popolazione”;
accordi sulla Polonia: resta poco da deliberare dal punto di vista territoriale, dopo i fatti di Varsavia. Resta il
problema politico, dopo il colpo di mano sovietico di porre al potere il Comitato di Lubino: viene stabilito
che dopo la fine della guerra si costituisca un governo provvisorio di unità nazionale, integrato con elementi
del governo in esilio, col compito di tenere elezioni libere. Dichiarazione dell’Europa liberata.
accordi sull’Organizzazione delle Nazioni Unite: il 1° tema riguarda il numero di rappresentanti che l’URSS
avrebbe avuto nell’Assemblea generale dell’ONU; partecipano come stati fondatori Bielorussia e Ucraina, a
seguito della richiesta sovietica di ammettere nell’organizzazione tutte le repubbliche dell’URSS
singolarmente (richiesta priva di fondamento giuridico, visto che nessuna delle repubbliche sovietiche ha
una personalità internazionale giuridicamente riconosciuta). Il 2° tema riguarda il Consiglio di sicurezza,
l’organo esecutivo dell’ONU: per evitare che esso assuma deliberazioni operative contrarie a una delle 5
potenze previste come membri permanenti (USA, GB, Francia, Cina, URSS; poliziotti del mondo), si decide
che nessuna delle votazioni del Consiglio sarà valida se avrà il voto contrario di almeno uno di tali membri
= diritto di veto (è l’URSS a proporlo, poiché sa di essere in minoranza dopo il rifiuto di far entrare
nell’ONU tutte le repubbliche sovietiche). L’ultimo tema relativo allo statuto dell’ONU riguarda la
questione coloniale: i paesi non ancora divenuti indipendenti saranno sottoposti ad Amministrazione
fiduciaria (Trusteeship) sotto tutela delle Nazioni Unite. Per Roosevelt il varo dell’ONU è il risultato più
importante dei lavori di Yalta: “La conferenza di Crimea è stata un momento di svolta nella storia del
mondo…Essa dovrebbe segnare la fine del sistema delle iniziative unilaterali, delle alleanze esclusive, delle
sfere di influenza, della balance of power, e di tutti gli altri espedienti che per secoli sono stati provati e
hanno sempre fatto fallimento”;
Stalin conferma il suo impegno di entrare in guerra contro il Giappone e avanza le sue richieste come
contropartita per l’intervento sovietico: territori giapponesi nonché la creazione di una compagnia sino-
sovietica per il controllo della ferrovia mancese.

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22. LE ORIGINI DELLA GUERRA FREDDA


mancato adempimento degli accordi di Yalta
passaggio da Roosevelt a Truman
richiesta sovietica di prestiti agli USA
questione tedesca
E’ errato accusare Roosevelt (accusato di essere stato molle e arrendevole perché tanto aveva un piede nella
fossa) di aver venduto l’Europa a Stalin a Yalta: infatti la conferenza è all’origine della guerra fredda non
tanto per le spartizioni territoriali che essa determina, quanto per il mancato rispetto degli accordi in essa
siglati.
Al momento di Yalta Stalin già possedeva la Polonia ed è Stalin a fare concessioni a Roosevelt promettendo
elezioni libere. Roosevelt prima di morire aveva sollecitato Stalin con una lettera a rispettare la
Dichiarazione Europa liberata.
Roosevelt muore il 12 aprile 1945: il giorno stesso TRUMAN prende la carica di Presidente degli Stati
Uniti. Ciò determina un grosso cambiamento nella percezione sovietica, poiché per Stalin viene meno
l’interlocutore che ha avuto durante tutto il conflitto mondiale. Comunque Truman è ben attento a non
cambiare la rotta del suo predecessore, infatti si circonda degli stessi uomini che circondavano Roosevelt.
Tuttavia Truman è poco esperto in politica estera e dà credito a chi chiede più fermezza e ostilità con l’Urss.
Tra il 25 aprile e il 26 giugno 1945 si tiene la CONFERENZA DI SAN FRANCISCO, durante la quale
viene approvata la Carta dell’ONU, firmata da 51 stati; ciò è particolarmente importante per gli USA, poiché
la firma della Carta porta a compimento il progetto di Roosevelt. L’organizzazione che prende vita, che ha il
compito primario di “mantenere la pace e la sicurezza internazionale (art.1)”, è così composta:
un’Assemblea generale, il Consiglio di sicurezza (con le modalità di voto stabilite a Yalta) composto da 11
membri (poi 15) dei quali 5 permanenti, gli altri eletti a rotazione ogni due anni; il segretario generale.
Conclusasi la vicenda ONU a San Francisco, segue l’ultima delle grandi conferenze interalleate, quella
conclusiva dopo la resa della Germania e prima della resa del Giappone: alla CONFERENZA DI
POTSDAM (17 luglio – 2 agosto 1945) Stalin è ancora presente, ma al posto di Roosevelt vi è il più
coriaceo Truman, e Churchill è sostituito, dopo il 25 luglio, da Attlee, il leader laburista che vince le elezioni
in Gran Bretagna grazie ad un programma che punta alla ripresa (proposta di welfare state che si concentri
sui problemi interni); cambiano gli interlocutori, perciò tendono ad affiorare con facilità recriminazioni e
reciproci sospetti. Gli argomenti di discussione a Potsdam:
Polonia: il confine con la Germania viene stabilito lungo la linea Oder-Neisse;
Germania: viene confermata la divisione in quattro zone, ma si stabilisce che una commissione alleata di
controllo coordini amministri il paese come un’unica entità economica; anche Berlino, nel cuore della zona
sovietica, viene divisa in quattro zone di occupazione. Quanto alle riparazioni, Truman è assai meno
morbido di Roosevelt: esse devono essere pagate in termini di risorse e relativamente a quanto sia possibile;
ma poichè la zona sovietica è la meno industrializzata, si prevede che i sovietici possano ricevere sino al
15% degli impianti in eccesso esistenti nelle altre zone. Quanto all’amministrazione economica unitaria,
essa si rivela ben presto impossibile, vista l’enorme diversità tra il sistema economico sovietico e quello
americano. La disparità di ripresa tra la Germania occidentale e quella orientale viene presto a galla, dunque
perché l’Unione Sovietica insiste nel portare avanti tale politica? Perché necessita veramente delle
riparazioni ai fini della propria ripresa; l’URSS aveva infatti già accennato a chiedere prestiti agli USA sin
dal 1942, ma l’idea viene ripresa in varie occasioni, fino a che, poco prima della conferenza di Yalta,

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Molotov illustra all’ambasciatore degli Stati Uniti la precisa proposta sovietica: un prestito di 6 miliardi di
dollari. All’interno dell’amministrazione americana il segretario del tesoro Morgenthau è favorevole ad un
prestito di 10 miliardi (non a caso pari alla domanda di riparazioni tedesche formulata da Stalin a Yalta), ma
è lo stesso Harriman, dopo la morte di Roosevelt e in considerazione del comportamento sovietico in
Polonia a irrigidirsi e a far valere la necessità che il prestito sia accompagnato da precisi accordi politici
internazionali: il rispetto delle condizioni di Yalta. Il commento di Stalin è uno solo: gli USA utilizzano il
loro potere economico per fare ricatti sul piano politico: i sovietici scelgono perciò di provvedere da soli alla
ricostruzione e diventano sempre più ostili a ogni ipotesi americana di collaborazione; Stalin darà il via a
piani economici quinquennali, facendo discorsi del tipo ce la faremo da soli; interpretati come dichiarazione
di guerra fredda.
Giappone: La svolta si ha dopo il successo, del primo esperimento di un ordigno nucleare bellico; il 26
luglio 1945 a Potsdam i governi degli USA, della GB e della Cina inviano un pesante ultimatum a Tokyo,
nel quale fanno allusione ai rischi impliciti nella prosecuzione delle ostilità, senza però rendere esplicita la
minaccia atomica. Stalin non firma l’ultimatum non perché c’è l’intenzione degli anglo-americani di
escludere i sovietici, ma perché l’URSS non si trova in stato di guerra contro il Giappone: l’atomica non è
lanciata in funzione antisovietica, ma per chiudere rapidamente questione giapponese. Il Giappone rifiuta la
resa (no garanzie su prosecuzione impero): il 6 agosto il primo ordigno nucleare viene sganciato su
Hiroshima; l’8 agosto l’URSS dichiara guerra al Giappone; il 9 agosto una nuova bomba viene sganciata su
Nagasaki; il 2 settembre, viene firmato l’armistizio. Il 12 settembre cessano le ostilità in Corea ed il paese
viene diviso in due zone d’occupazione: quella sovietica a nord del 38° parallelo e quella americana a sud
del parallelo stesso.
La vittoria americana sul Giappone influisce sulla posizione sovietica per vari motivi. Stalin non viene
privato di ciò che gli è stato promesso a Yalta, ma l’importanza del successo americano sta nel fatto che gli
USA mostrano di poter dominare non solo l’Atlantico e l’Europa, ma anche il Pacifico e l’Asia.
Alla fine della guerra gli Stati Uniti sono una potenza mondiale, poiché hanno già proiettato la loro potenza
su tutto il globo e in tutti i campi; l’Unione Sovietica è una potenza dalle enormi dimensioni geografiche e
dalle immense riserve di materie prime ma con gravi problemi di ricostruzione materiale e di definizione
degli obbiettivi globali; mentre l’egemonia statunitense e l’occupazione militare dei paesi ex nemici avviene
senza che le popolazioni interessate avvertano odio per gli oppressori, l’egemonia sovietica viene esercitata
in modo oppressivo. Tuttavia dagli archivi sovietici emerge che non ci sia mai stato un progetto per
assicurare a Mosca il controllo totale degli stati dell’Europa dell’est, ma sembra che la
SATELLIZZAZIONE sia stata il risultato delle particolari circostanze di ogni paese e della volontà del
dittatore di garantire in tutti i modi la sicurezza e la potenza dell’Unione Sovietica. Tuttavia sembra che
Stalin prema per ottenere un dominio incontrastato soprattutto nei tre paesi collocati nella regione
strategicamente vitale al di là delle frontiere occidentali della Russia:
POLONIA: viene davvero costituito un governo di coalizione secondo le intese di Yalta, ma le elezioni del
gennaio 1947 vengono alterate in modo tale da assegnare al “blocco democratico”, i comunisti, il 90% dei
voti; ormai è un regime a partito unico.
ROMANIA: dopo lo scioglimento di tutti i partiti tranne il Partito socialdemocratico che si fonde con il
Partito comunista, e dopo l’abdicazione e l’esilio di re Michele, nel 1948-49 la Romania è uno stato satellite
a tutti gli effetti, guidato da Groza.
BULGARIA: quando l’Armata rossa abbandona il paese alla fine del 1947, si lascia alle spalle un regime a
partito unico guidato dal militante comunista Dimitrov.
Sugli altri paesi dell’Europa orientale Stalin sembra, almeno inizialmente, non intenzionato a rafforzare

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eccessivamente la morsa comunista:
UNGHERIA: alle libere elezioni nazionali del 1945 vince il Partito dei piccoli proprietari, il cui leader Nagy
diventa Primo ministro a capo di una coalizione di governo in cui i comunisti occupano ruoli subalterni.
Tuttavia alla metà del 1946 le tensioni politiche tra Washington e Mosca sono cresciute a tal punto che il
Cremino ritiene necessaria la permanenza di un governo amico a Budapest: nel maggio 1947 Nagy è
costretto a dimettersi e nel maggio 1948 un’elezione truccata assicura la vittoria schiacciante del Fronte di
Indipendenza Nazionale controllato dai comunisti.
CECOSLOVACCHIA: il Presidente Benes, rientrato dall’esilio londinese nella primavera del 1945,
mantiene relazioni cordiali con l’Unione Sovietica, volendo fare del proprio paese un ponte tra est e ovest.
Nel dicembre 1945 tutte le forze armate sovietiche abbandonano il paese, lasciandosi dietro un governo di
coalizione che opera secondo procedure indiscutibilmente democratiche.
JUGOSLAVIA: il leader della resistenza jugoslava Tito, alla fine della guerra nuovo “padrone” di Belgrado,
gode di uno status singolare tra i governanti comunisti dell’Europa dell’est per due motivi: in primo luogo
ha colmato il vuoto politico lasciato dai tedeschi senza un’assistenza decisiva da parte dell’Unione
Sovietica; in secondo luogo nutre ambizioni regionali radicate nella realpolitik più che nella classica
ortodossia comunista; progetta un’ampia federazione che riunisca l’intera penisola balcanica sotto
l’egemonia jugoslava, includendo Albania, Bulgaria e la provincia settentrionale della Grecia. Inizialmente
Stalin chiude un occhio di fronte al tentativo di Tito di perseguire una politica estera indipendente e
aggressiva, ma durante l’inverno 1947-48 denuncia la proposta di un trattato bilaterale di amicizia tra
Jugoslavia e Bulgaria e critica l’appoggio jugoslavo alla rivolta comunista greca; finchè nel giugno 1948 a
Bucarest, durante un incontro del Cominform, i delegati denunciano la Jugoslavia per aver sfidato Mosca e
la espellono. Probabilmente la conseguenza più significativa dell’uscita di Tito dalla sfera sovietica è
l’aumento dell’ansia ossessiva di Stalin riguardo alle possibili opposizioni alla sua autorità all’interno del
suo stesso blocco.
Quella che per Stalin è una prudente strategia per costruire una barriera difensiva, nel tentativo di proteggere
le vulnerabili frontiere occidentali della Russia attraverso un “cordone sanitario” di servili stati cuscinetto,
comincia ad essere interpretata dall’amministrazione Truman come il primo passo di una campagna russa
per acquisire il controllo dell’intero continente europeo. In questo clima di profonda diffidenza reciproca,
ritorna a galla la QUESTIONE TEDESCA: sulla base dell’impossibilità di esercitare un’amministrazione
unitaria della Germania, nel febbraio 1946 il segretario di stato americano Byrnes fa circolare l’idea di un
patto venticinquennale di garanzia contro la rinascita del militarismo tedesco. A seguito del rifiuto di
Molotov, il progetto non va in porto, tuttavia esso rappresenta un importante capovolgimento di prospettiva
americana, perché avrebbe significato la presenza di forze militari sul territorio (mentre l’ipotesi iniziale
prevedeva il rapido ritiro di tutte le forze statunitensi dal continente europeo). A ciò segue una dichiarazione
di Stalin il 9 febbraio 1946 in occasione del discorso elettorale: egli annuncia minacciosamente che il mondo
è ormai diviso in due schieramenti ostili, comunista e capitalista, destinati a scontrarsi. Una settimana dopo
l’URSS sembra confermare la svolta aggressiva della politica estera sovietica, poiché rifiuta di entrare a far
parte del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale, istituite nell’estate 1944 alla Conferenza
di Bretton Woods. Negli Stati Uniti la percezione negativa dei messaggi provocatori provenienti da Mosca
sfocia nel TELEGRAMMA KENNAN: Kennan, diplomatico che ha passato gran parte della sua carriera
all’ambasciata statunitense a Mosca, il 22 febbraio 1946 invia ai suoi superiori a Washington un
telegramma, proponendosi di spiegare le origini del crescente atteggiamento bellicoso dell’Unione Sovietica
nei confronti dell’Occidente; i tradizionali nemici della Russia, Germania e Giappone, sono stati sconfitti,
perciò Gran Bretagna e Stati Uniti devono ora essere trasformati da alleati di guerra in pericolosi nemici, al

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fine di giustificare la repressione interna del regime. Il “lungo telegramma” ha un effetto scioccante
sull’amministrazione Truman, ed implica la necessità di una radicale riconsiderazione della politica
statunitense nei confronti dell’Unione Sovietica. Dopo la sua sconfitta elettorale alla fine della guerra
Churchill, sentendo la necessità di una collaborazione anglo-americana in chiave antisovietica, il 5 marzo
1946 pronuncia un famoso discorso: “Da Stettino nel Baltico a Trieste nell’Adriatico una cortina di ferro è
scesa sul continente.”
Kennan annuncia che è necessaria una politica di contenimento e paragona Urss a un virus.
La svolta americana riguardo la questione tedesca si ha il 6 settembre 1946 con la DICHIARAZIONE DI
STOCCARDA: Byrnes rende manifesto il nuovo impegno statunitense nei confronti della Germania,
riguardo la quale non può esserci una soluzione unitaria; l’esercito americano sarebbe rimasto sul territorio
tedesco per tutto il tempo in cui sarebbe rimasta l’Armata rossa, abdicando del tutto l’idea di un rapido
ritiro. I russi interpretano il gesto come intenzione Usa di conquistare il mondo.
Nel frattempo, dopo l’estate 1946, la GRAN BRETAGNA entra nella sua più profonda fase di crisi,
ulteriormente aggravata dall’inverno più freddo nella storia del paese. Il Foreign Office britannico rende
nota la decisione di sospendere la convertibilità della sterlina, introdotta solo pochi mesi prima, e non solo di
tagliare tutti gli aiuti finanziari, ma anche di ritirare tutte le truppe britanniche da Turchia e Grecia:
in TURCHIA Stalin preme per il controllo congiunto turco-sovietico degli Stretti, vitali per la sicurezza
sovietica e per avere uno sbocco sul Mar Nero. Il declino dell’influenza britannica in Turchia lascia spazio
all’intervento di Washington, che interpreta la pressione sovietica come volontà di ottenere libero accesso al
Mediterraneo: perciò Truman invia la portaerei più potente della flotta statunitense e rinforza la presenza
navale nell’area. Ciò incoraggia il governo turco a resistere, nella determinazione a mantenere il controllo
esclusivo degli Stretti;
in GRECIA regna una situazione politica caotica: dopo il ritiro tedesco e l’arrivo delle truppe britanniche
nell’ottobre 1944, appena risulta evidente che le autorità britanniche stanno per riportare al potere ad Atene
il governo monarchico in esilio, l’Esercito comunista greco di liberazione popolare (ELAS) ed il Fronte di
liberazione nazionale (EAM) organizzano un’insurrezione. Stalin, nel rispetto della considerazione della
Grecia come zona di interesse britannico, ignora le richieste d’aiuto dei comunisti greci. Nel febbraio 1945
c’è un cessate il fuoco e nel marzo 1946 il Partito popolare monarchico assume il potere, assicurando un
orientamento di governo conservatore e filobritannico. Ma le forze comuniste riprendono le armi, e nella
primavera 1946 iniziano a ricevere aiuti da Jugoslavia, Bulgaria e Albania. Gli USA vedono la rivolta greca
come un altro esempio dell’ingerenza sovietica, ma in realtà Stalin non aiuta direttamente i ribelli greci sia
perché diffida delle rivoluzioni comuniste che non è in grado di controllare direttamente (caso simile è
quello cinese), sia perché comprende che USA e GB non avrebbero permesso la creazione di un regime
nemico in un paese così strategico.
Il 12 marzo 1947 Truman tiene uno storico discorso, formulando la DOTTRINA TRUMAN; impegno
incondizionato di assistenza statunitense ai paesi che in ogni angolo del mondo siano minacciati sia da
un’aggressione esterna da parte dell’Unione Sovietica sia da una rivolta comunista interna sostenuta da
Mosca.

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23. I 3 pilastri della dottrina Truman


1) Politico-Ideale: per convincere opinione pubblica e congresso a stanziare soldi per situazioni in Grecia e
Turchia bisogna presentare il problema come lotta tra bene e male, sistemi totalitari contro free people, non
limitarsi a descrivere la situazione circoscritta.
2) Economico: il piano Marshall allo scopo di colmare il dollar gap che impediva all’Europa di commerciare
con gli Usa.
3) Militare: Patto Atlantico del 1949
Il Congresso risponde prontamente elargendo milioni di dollari, per la Grecia e la Turchia. Per gli Usa le
grandi potenze che storicamente hanno fatto da contrappeso all’impero sovietico non possano più ricoprire
quel ruolo, e debbano perciò essere sostituite dagli Stati Uniti, gli unici ad essere in grado di imporre dei
limiti all’espansione della potenza russa; non attraverso il diretto uso della forza militare, bensì
indirettamente, attraverso la promozione di prosperità, sicurezza e stabilità delle nazioni a rischio. Questa
nuova DOTTRINA DEL CONTENIMENTO si propone di contenere l’avversario all’interno dei propri
confini, arginando il cosiddetto EFFETTO DOMINO delle nazioni che si spostano verso la sfera sovietica
(si parla anche di Teoria della mela marcia, che contagia tutte le mele del cestino); tali rischi sembrano più
vicini che mai, vista anche la presenza dei partiti comunisti, in primis quello francese e quello italiano. Il
contenimento non contempla l’uso dell’arma militare se non come ultima spiaggia: prevede invece da una
parte l’arma politica che faccia sì che non attecchisca l’ideologia comunista, dall’altra l’arma economica che
permetta il risanamento dei paesi a rischio; una massiccia iniezione di aiuti finanziari statunitensi per
risollevare la vacillante economia europea avrebbe potuto evitare la creazione di terreno fertile per
l’attecchimento dell’ideologia comunista. A questo proposito viene elaborato l’European Recovery Program
(ERP), detto PIANO MARSHALL, progetto annunciato al mondo dallo stesso Segretario di Stato ;
situazione critica in cui versa l’economia europea, necessita di assistenza finanziaria per coprire i costi delle
importazioni essenziali (risorse e materie prime), almeno fino alla ripresa delle esportazioni. I due elementi
che contraddistinguono il Piano Marshall sono:
la MULTILATERALITA’: gli aiuti devono essere distribuiti su base multilaterale anziché bilaterale,
affinché sia l’Europa come unico interlocutore a strutturare le modalità di suddivisione dei capitali innestati;
la GENERICITA’: nessun paese è escluso, possono aderire anche i paesi comunisti dell’Europa orientale e
la stessa Unione Sovietica.
Il ministro degli Esteri britannico e francese, convocano una Conferenza a Parigi, alla quale Stalin invia il
ministro degli Esteri Molotov: ma le condizioni legate al programma di aiuti si rivelano ben presto
inaccettabili per l’URSS; il 1° luglio 1947 Molotov abbandona la conferenza denunciando il piano
statunitense come un complotto per ottenere il controllo delle economie europee e come un’intrusione
ingiustificata negli affari interni di stati sovrani. Non partecipano alla conferenza i paesi del blocco sovietico
(Polonia e Cecoslovacchia sono costrette a ritirare le proprie lettere d’accettazione) e neanche la Spagna, per
via delle sue simpatie nei confronti dell’Asse durante la guerra. Le 16 nazioni destinatarie istituiscono
l’Organizzazione Europea per la Cooperazione Economica (OECE), al fine di distribuire i fondi e
promuovere il coordinamento delle loro politiche economiche nazionali (1° fenomeno di integrazione
europea). La risposta sovietica è aspra: nel settembre 1947 si tiene in Polonia, una riunione dei
rappresentanti dei partiti comunisti dell’Europa orientale più quello italiano e francese, e come sostituto del
defunto Comintern (abolito nel 1943 a seguito delle proteste anglo-americane) viene istituito l’Ufficio di
informazione comunista (COMINFORM); esso, apparentemente destinato a coordinare le attività politiche

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dei partiti comunisti europei, diventa in pratica lo strumento del Cremino per il sabotaggio del Piano
Marshall.

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24. IL 1948
CECOSLOVACCHIA: guidata dal Presidente Benes, vi si è instaurato un democratico governo di
coalizione. Ma dopo la decisione di Gottwald, leader del Partito comunista cecoslovacco e Primo ministro,
di piegarsi alla pressione sovietica e di boicottare il Piano Marshall nell’estate 1947, e ancor di più a seguito
del suo sfacciato progetto di riempire la polizia di agenti comunisti, la popolazione cecoslovacca inizia a
ribollire. In risposta al crescente malcontento il Cremino fa pressione sul Primo ministro affinché formi un
governo monopartitico, facendo intendere che l’assistenza militare sovietica sarebbe stata disponibile
qualora richiesta. Il 20 febbraio 1948 Gottwald ricorre a intimidazioni per costringere Benes a nominare un
nuovo governo in cui solo i comunisti possano sceglierne i membri non comunisti: due settimane dopo,
l’unico membro non comunista rimasto, il ministro degli Esteri Jan Masaryk, muore nel misterioso episodio
della defenestrazione di Praga. Seguono le dimissioni di Benes, cui gli succede Gottwald a capo di un nuovo
governo monocolore; questo rappresenta l’ultimo tassello della creazione dei cosiddetti “stati amici”, ma è il
più preoccupante poiché la Cecoslovacchia era uscita dalla guerra con un sistema democratico.
ITALIA: gli Stati Uniti nutrono molte preoccupazioni poiché il Partito comunista italiano è molto forte, ma
nel maggio 1947 la Democrazia Cristiana lo estromette dalla coalizione di governo, nella previsione di
ottenere più probabilmente l’assistenza economica statunitense. Le elezioni italiane del 1948 non vedono il
coinvolgimento diretto di USA e URSS, infatti le armi inviate dai sovietici al PC sono state in gran parte
confiscate, mentre la proposta americana di fornitura di armamenti al governo viene rifiutata da de Gasperi
(perché non abbia effetti controproducenti sulle elezioni ma anche perché l’Italia è in grado di cavarsela da
sola). Se da una parte l’Unione Sovietica annuncia di essere favorevole al ritorno delle colonie in Italia,
dall’altra gli Stati Uniti rispondono di essere favorevoli al ritorno di Trieste all’Italia. Il 18 aprile 1948 si
afferma nettamente la DC di de Gasperi con il 48% dei consensi, senza però determinare il venir meno del
Partito comunista.
GERMANIA: le tre potenze occidentale procedono sulla via dell’unificazione economica e monetaria,
istituendo il 1° marzo 1948 una Banca Centrale che emetta un’unica valuta tedesca da utilizzare nelle tre
zone ovest; il 18 giugno 1948 introducono nelle loro zone unificate una nuova moneta, il marco tedesco, nel
tentativo di combattere l’iperinflazione e il mercato nero. Il 25 giugno l’Unione Sovietica procede con
l’istituzione di un proprio marco all’interno della zona est. L’estate del 1948 segna l’interruzione totale della
cooperazione interalleata nell’occupazione della Germania. La zona occidentale comprende il 75% della
popolazione e le zone industriali più produttive (Ruhr, Renania e Westfalia) e tutto ciò genera notevole
preoccupazione a Mosca sia perché essa esercita una forte attrattiva sui cittadini tedeschi della zona
sovietica, sia perché potrebbe diventare un baluardo delle potenze capitaliste pericolosamente vicino
all’impero sovietico. Così, nell’estremo tentativo di ostacolare gli alleati occidentali, Stalin si serve della
questione monetaria per far scattare la scintilla: la questione riguarda quale moneta debba circolare a
Berlino, situata nella zona sovietica. Le potenze occidentali si accordano per permettere al marco della zona
sovietica di circolare in tutta la città, a patto che la moneta sia stampata sotto la supervisione di tutte le
quattro potenze, per evitare che i russi inondino la città con una moneta che rischia di perdere in breve
tempo il suo valore. I sovietici sono però irremovibili e iniziano a distribuire unilateralmente il loro marco in
tutta la città; gli alleati occidentali reagiscono introducendo nei loro settori il marco tedesco, destinato a
distruggere la debole moneta sovietica. Il 24 giugno 1948 le autorità della zona sovietica reagiscono
interrompendo ogni collegamento stradale e ferroviario tra la zona occidentale e Berlino: col BLOCCO DI
BERLINO, Mosca annuncia che il governo delle 4 potenze nella città è giunto al termine. Washington e

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Londra improvvisano un ponte aereo che assicuri il rifornimento di cibo, carburante e medicine: dopo una
diminuzione nel dicembre 1948 a causa della nebbia, i rifornimenti aerei riprendono, arrivando addirittura
ad un atterraggio ogni 3 minuti. Truman non sospende mai il ponte perché sa che Stalin non avrebbe
rischiato una guerra abbattendo un aereo statunitense o britannico, dato che gli USA godono del monopolio
delle armi nucleari e possiedono una flotta di bombardieri capace di trasportarle sopra bersagli sovietici:
infatti il 12 maggio 1949 Stalin interrompe il blocco; questo è per gli USA un enorme successo, soprattutto
propagandistico. Alla fine della crisi di Berlino:
l’8 maggio 1949 nasce la REPUBBLICA FEDERALE TEDESCA con capitale Bonn;
il 7 ottobre 1949 nasce la REPUBBLICA DEMOCRATICA TEDESCA con capitale il sobborgo berlinese
di Pankow.
Altre 3 grandi questioni riguardano l’anno 1949:
1. la firma del Patto Nordatlantico
2. la nascita della Repubblica Popolare Cinese
3. la nascita del bipolarismo atomico

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25. Patto Nordatlantico


lo statista più preoccupato della vulnerabilità dell’Europa occidentale alle intimidazioni comuniste è quello
il cui paese ha meno da temere da una minaccia comunista interna: il ministro degli Esteri Bevin abbandona
il tradizionale atteggiamento britannico di distacco dal continente europeo e conclude con la Francia, nel
marzo 1947, il TRATTATO DI DUNKERQUE, un patto di mutua difesa che obbliga ciascun paese a
difendere l’altro da un’aggressione. Tuttavia, poiché il patto coinvolge solo due paesi ed è diretto contro
l’ormai improbabile minaccia di un’organizzazione tedesca, Bevin si adopera per trasformare il concetto
bilaterale di mutua difesa in un sistema di sicurezza multilaterale diretto contro la minaccia sovietica.
Ottenuta la risposta favorevole da Washington, Bevin persuade i 3 paesi che da poco hanno formato l’unione
doganale del Benelux (Belgio, Olanda e Lussemburgo) ad iniziare le discussioni con le potenze del Trattato
di Dunkerque: il 17 marzo 1948 i 5 paesi firmano il TRATTATO DI BRUXELLES, che li impegna a
respingere un attacco armato in Europa contro uno qualsiasi di loro. È ovvio che da soli questi paesi non
sarebbero mai stati in grado di difendersi dall’Unione Sovietica, così il 23 aprile 1948 Londra inizia una
serie di negoziati segreti (PENTAGON TALKS) con USA e Canada. Truman deve però affrontare un’ostile
maggioranza repubblicana al Senato, tradizionalmente opposta al coinvolgimento statunitense negli affari
europei in tempo di pace, ma un numero crescente di repubblicani inizia a ripudiare l’isolazionismo del
partito: tra questi il Senatore Vanderberg, Presidente della Commissione esteri. Egli, in collaborazione con il
sottosegretario di Stato Lovett, elabora la cosiddetta RISOLUZIONE VANDERBERG, che viene approvata
dal Senato l’11 giugno 1948: essa autorizza gli USA a partecipare a sistemi di sicurezza regionali in ogni
parte del mondo in modo da eludere il veto sovietico in sede di Consiglio di Sicurezza ONU; essa inoltre
chiarisce la compatibilità della partecipazione statunitense a un sistema di mutua difesa a protezione di una
particolare area geografica con il principio di sicurezza collettiva espresso nella Carta delle Nazioni; l’art.51
della Carta ONU autorizza gli stati membri a partecipare ad accordi di difesa regionali esterni
all’organizzazione mondiale (con questa scappatoia gli USA avevano già aderito agli accordi per la
sicurezza globale all’interno del Trattato di Rio del 1947). La risoluzione è in netta contraddizione con la
tradizione statunitense di non aderire ad alleanze difensive in tempo di pace: questa inversione di tendenza è
provocata dal deteriorarsi dei rapporti con i sovietici e soprattutto dall’episodio shockante della presa del
potere da parte dei comunisti in Cecoslovacchia. Forte della risoluzione Vanderberg, Lovett inizia il 5 luglio
1948 una serie di discussioni (EXPLORATORY TALKS ON SECURITY) con le 5 potenze del Trattato di
Bruxelles ed il Canada, che alla fine dell’anno si allargano anche a Italia, Norvegia, Danimarca, Islanda e
Portogallo; il 4 aprile 1949 questi 12 paesi firmano a Washington il PATTO DELL’ATLANTICO DEL
NORD, cioè un patto di difesa regionale i cui firmatari si impegnano a fornirsi assistenza reciproca in caso
di aggressione militare, sotto gli auspici di un’entità che prende il nome di NORTH ATLANTIC TREATY
ORGANIZATION (NATO). Il Portogallo viene coinvolto nel Patto Atlantico soprattutto a causa
dell’importanza strategica delle Azzorre, oltre che per il fatto che durante la guerra era neutrale ma
filostatunitense; al contrario la Spagna viene esclusa per via della sua vicinanza all’Asse durante il conflitto
mondiale. L’ Italia non è interessata al Patto di Bruxelles sia perché durante la sua firma si stanno svolgendo
le elezioni italiane, sia perché il popolo non vuole più saperne di guerra, ed un alleanza del genere sa proprio
di guerra. Una volta vinte le elezioni, de Gasperi accetta però di entrare nel Patto Atlantico, perché
informato dai suoi ambasciatori in USA dell’importanza di tale adesione. Tuttavia l’ingresso dell’Italia crea
perplessità all’estero, sia per la sua inaffidabilità, sia per il no a Bruxelles; a questo punto è la Francia a
premere affinchè sia accettata l’adesione italiana, per due motivi: 1. senza l’Italia il patto avrebbe coinvolto

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solo i paesi del nord, mentre inserirla significa per i francesi assumere una posizione centrale ed estendere
l’alleanza al Mediterraneo (interessi soprattutto riguardanti l’Algeria); 2. senza l’Italia la maggioranza dei
firmatari sarebbero stati paesi protestanti. Il Patto atlantico contiene numerose scappatoie: l’articolo 5
obbliga ciascun firmatario a intraprendere solo le azioni che giudicherà necessarie in risposta a un attacco
armato nei confronti di un alleato (potrà decidere per l’uso della forza sia per il non intervento); l’articolo 11
stabilisce che le clausole del trattato devono essere rispettate in conformità con le norme costituzionali di
ciascun firmatario; nel caso degli Stati Uniti ciò significa che ogni utilizzo della forza militare nell’ambito
del trattato deve essere approvato dal Congresso = il Patto atlantico non prevede alcuna clausola di
automaticità. Entrando a far parte della NATO, l’amministrazione Truman ripudia due delle tradizioni della
politica estera francese: la convinzione che gli USA non abbiano alcun vantaggio a intervenire nelle
controversie europee a meno che il loro interessi vitali non siano direttamente minacciati; il principio del
panamericanismo, che vede l’Europa come una civiltà estranea ed una potenziale minaccia. Gli USA ora
accettano ed implementano il costituirsi di una comunità atlantica che soppianta la concezione tradizionale
dell’Oceano Atlantico come grande fossato a difesa del nuovo mondo dalle devastanti guerre e dalle
dannose ideologie del vecchio: nasce un blocco difensivo, che, allargato, sopravvive tutt’oggi grazie ad un
allargamento dei suoi obbiettivi: la guerra in Kosovo scoppiata nel 1999, durante la quale la NATO
interviene anche se il paese colpito non è suo membro, mette in luce la necessità di un nuovo concetto
strategico.
I due eventi shock per gli USA sono la perdita della Cina e del monopolio atomico.

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26. Nascita della Repubblica Popolare Cinese


a Yalta Stalin si era impegnato a riconoscere Chiang Kai Shek, ottenendo delle concessioni in Cina;
Roosevelt era perciò stato accusato di aver venduto la Cina a Stalin. Successivamente anche Truman sarà
criticato per non aver fatto abbastanza affinché non si stabilisse il regime di Mao Tse Tung: in realtà durante
la guerra civile cinese scoppiata nel 1945, gli USA aiutano Chiang Kai Shek, ma presto interrompono
intenzionalmente gli aiuti; infatti il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito Marshall, a seguito della sua
missione in Manciuria (’46-’47), nel tentativo fallimentare di stabilire il cessate il fuoco, si rende conto
dell’inutilità degli aiuti USA, sia a causa della corruzione del governo di Chiang e della sua debolezza
militare, sia a causa dell’ampio consenso nei confronti di Mao. 1° ottobre 1949 viene proclamata la
REPUBBLICA POPOLARE CINESE, subito riconosciuta dall’URSS (e dalla Gran Bretagna per via di
Hong Kong), mentre gli USA considerano come legittimo governo cinese Taiwan (Formosa), dove si è
rifugiato Chiang Kai Shek fondando la Cina nazionalista. Mao non è inevitabilmente legato a Stalin, ma si
allinea sulle stesse posizioni per ragioni estremamente concrete: necessità di aiuti per le arretrate condizioni
economiche del paese e timore che gli USA intervengano militarmente per capovolgere il risultato della
guerra civile. Mao non ha altra scelta che avvicinarsi a Mosca: il 30 giugno 1949 egli proclama che la Cina
deve “allearsi con l’Unione Sovietica e con i paesi a democrazia popolare”(“dobbiamo schierarci da una
parte”), segnalando così che non ci sarebbe stato nessun Tito asiatico e che si sarebbe rivolto a Stalin come
guida e supporto. Così il 14 febbraio 1950 viene siglato il trattato sino-sovietico, nato per le necessità del
momento: è un patto difensivo che prevede per la Cina aiuti economici sovietici, in cambio del rispetto delle
condizioni di Yalta.
Nascita del bipolarismo atomico.
I numerosi sforzi per controllare gli armamenti nucleari risultano fallimentari: vedi Piano Baruch (giugno
’46) = promessa statunitense di cessare il monopolio nucleare accettando di trasferire la custodia di tutti i
materiali fissili alle Nazioni Unite e di distruggere la scorta minima di armi nucleari; essa fallisce perché le
condizioni poste sono inaccettabili per l’Unione Sovietica (impegno per i membri delle Nazioni Unite a non
costruire mai armamenti nucleari propri e consenso a ispezioni periodiche). Così, mentre l’URSS è
impegnata in un poderoso riarmo, Truman, nonostante la reintroduzione della leva obbligatoria, non ha il
coraggio di chiedere al congresso un aumento sostanziale delle spese militari. Così si affida al monopolio
nucleare statunitense nel convincimento che questo sarebbe durato: ma la credibilità della deterrenza crolla
il 29 agosto 1949, quando l’Unione Sovietica esegue con successo il suo primo test atomico. La FINE DEL
MONOPOLIO NUCLEARE STATUNITENSE, sommato alla perdita dell’alleato cinese, solleva un’ondata
di preoccupazione che rende necessario un cambio di rotta nella strategia di politica estera.
Il 7 aprile 1950 arriva sulla scrivania del Presidente un documento top secret redatto dal Consiglio per la
Sicurezza Nazionale, conosciuto come NATIONAL SECURITY COUNCIL memorandum 68 (NSC-68):
esso fotografa una situazione allarmante in cui una potenza espansionista ha già inghiottito l’Europa
orientale e la Cina, minacciando anche il resto della massa eurasiatica. Gli autori dell’NSC-68 concludono
che la politica del contenimento di Kennan si è dimostrata insufficiente per fermare l’inesorabile avanzata
del comunismo nel mondo. Il memorandum propone: lo sviluppo della bomba all’idrogeno per ripristinare il
vantaggio nucleare statunitense; un sostanziale incremento delle forze di terra, di aria e di mare; lo sviluppo
delle industrie di difesa per la produzione di armi. Per finanziare un programma di riarmo così massiccio,
l’NSC-68 prevede un aumento del 300% negli stanziamenti per la difesa (dai 13 ai 50 miliardi di $ l’anno).
Si apre un forte dibattito all’interno dell’amministrazione Truman: il Segretario di Stato Acheson diviene il

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più strenuo sostenitore della nuova linea dura, mentre i due maggiori esperti d’affari sovietici in seno al
Dipartimento di Stato, Kennan e Bohlen, osteggiano con forza il progetto in quanto riflette una grossolana
esagerazione delle ambizioni geopolitiche di Mosca. Truman è molto restio a rivolgersi al Congresso ed
esita a pronunciare un appello pubblico ai cittadini per sostenere i duri sacrifici economici necessari a una
tale politica di riarmo.
Guerra di Corea.
Ma l’occasione per avanzare la richiesta di riarmo arriva con la GUERRA DI COREA, che rappresenta la
concretizzazione della minaccia descritta dall’NSC-68: il 25 giugno 1950 lo Stato comunista della Corea del
Nord invade la Corea del Sud; sconfitti i giapponesi, nel 1945 USA e URSS dividono al 38° parallelo la
Corea in due zone provvisorie di occupazione. Fallisce il progetto delle Nazioni Unite di tenere elezioni per
creare un unico governo per tutta la penisola: nell’agosto 1946 nasce in Corea del Sud, a seguito di regolari
elezioni, la Repubblica di Corea guidata da Rhee, nazionalista e filostatunitense che riscuote forti consensi
per non essersi mai macchiato di collaborazione coi giapponesi; nel settembre 1946 nasce in Corea del Nord
la Repubblica Popolare di Corea governata da Kim Il Sung, uomo fidato del Cremino. A questo punto le due
potenze occupanti procedono con i loro piani di evacuazione delle rispettive zone, lasciandosi alle spalle
un’area di potenziale instabilità, visto che i confini sono stati tracciati arbitrariamente e visto che entrambi i
governi condividono l’obbiettivo di unificazione del paese. Ma cosa convince Kim Il Sung nel giugno ’50 ad
invadere la Corea del Sud?
l’esercito popolare nord-coreano gode di un vantaggio decisivo: 135.000 soldati, carri armati sovietici e
artiglieria pesante; al contrario l’esercito sud-coreano è la metà per dimensioni e possiede solo armi leggere
(Truman ha infatti negato a Rhee le armi offensive per paura che siano usate per invadere il nord);

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27. Isolamento diplomatico del governo sudcoreano


Kim Il Sung crede di aver scongiurato la possibilità di un contrattacco statunitense, visto che Acheson ha
dichiarato che la penisola coreana si trova al di fuori del “perimetro di difesa militare” statunitense in Asia;
Sia Mao che Stalin, pur conoscendo le intenzioni di Kim Il Sung, non si impegnano ad aiutarlo: Stalin si
limita ad acconsentire ad un’azione che è per Sung di facile successo, mentre Mao consente il rimpatrio dei
soldati coreani stanziati in Manciuria. Credere che la Corea non sia una zona di interesse per gli USA si
rivela un grave errore: gli Stati Uniti hanno già perso la Cina, perciò è impensabile non intervenire in Corea,
se si vuole evitare l’effetto domino dell’espansione sovietica. La guerra di Corea diventa un’operazione di
polizia internazionale autorizzata dalle Nazioni Unite: infatti la Corea del Sud, in cui si sono svolte regolari
elezioni, si rivolge all’ONU come paese aggredito. Truman convoca una sessione di emergenza del
Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite: grazie all’assenza del voto dei sovietici, che protestano per il
seggio assegnato alla Cina di Chiang Kai Shek e l’esclusione della Cina comunista, gli USA ottengono
dall’ONU l’approvazione dell’intervento militare. Truman invece di recarsi al Congresso con una
dichiarazione di guerra, aggira questo passaggio definendo l’operazione coreana come “un’azione di
polizia”; ciò crea un precedente per i successivi interventi militari statunitensi. Tra settembre e ottobre le
truppe ONU guidate dal generale Mac Arthur scatenano un’efficace controffensiva. Sorge il problema dei
“limiti della guerra”: il generale vuole oltrepassare il 38° parallelo, ma ciò significherebbe andare oltre
l’autorizzazione ONU: Washington autorizza segretamente di proseguire la guerra in Corea del Nord. Stalin
si rende conto del suo errore, così fa rientrare il delegato sovietico al fine di bloccare qualsiasi risoluzione
che minacci l’alleato nord-coreano. In ottobre Truman persuade il governo britannico a presentare la
risoluzione “Unitine for peace”, che viene presentata all’Assemblea Generale, non soggetta alle regole
dell’unanimità (questo stratagemma permette l’approvazione della risoluzione poiché gli USA godono di
una solida maggioranza di voti, ma in futuro si rivolterà loro contro, quando verrà invocato da altri paesi). I
successi delle truppe ONU spingono Mao ad intervenire inviando, in novembre, “volontari” cinesi
(intervenire con l’esercito avrebbe significato dichiarare guerra all’ONU), mentre Stalin evita il
coinvolgimento diretto, inviando aerei sovietici camuffati con insegne nord-coreane. Spiazzato dalla
controffensiva, Mac Arthur chiede di portare la guerra sul territorio cinese, proponendo il lancio della
bomba atomica su Pechino (sottovalutando portata e conseguenze di un’escalation nucleare), il blocco
navale e l’apertura di un fronte guidato da Chiang Kai Shek. Quando il generale autonomamente mette
Pechino di fronte ad un ultimatum, Truman lo allontana, spianando così la strada all’apertura dei negoziati
per l’armistizio. Il 26 luglio 1953 viene firmato l’armistizio, che ripristina la situazione precedente delle due
coree divise dal 38° parallelo. Ciò che è iniziato come una rivalità regionale di scarsa importanza, termina
con l’estensione della Guerra Fredda all’intera area dell’Asia orientale e del Pacifico occidentale.

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28. Piano Pleven e strategie militari in occidente


Lo scoppio della guerra di Corea incoraggia Acheson ad agire in Germania: dopo l’approvazione del riarmo
della Germania occidentale nell’aprile 1950, all’incontro del Consiglio atlantico di settembre egli propone
formalmente di incorporare 10 divisioni della tedesche alla NATO per rafforzare le difese dell’alleanza.
Parigi non vuole nemmeno prendere in considerazione l’ipotesi di un riarmo tedesco, ma si rende conto che
Washington non è disposta ad accettare un rifiuto. Così il 24 ottobre 1950 il Primo ministro francese Pleven
propone un coraggioso progetto: il PIANO PLEVEN prevede la creazione di una forza militare tutta europea
nella quale i contingenti nazionali dei paesi membri siano integrati al più basso livello possibile; alla
Germania ovest non è consentito avere un proprio esercito nazionale, ma essa può fornire unità militari a
tale forza multinazionale = ciò permetterebbe di rinforzare la difesa europea con soldati tedeschi senza
creare un esercito tedesco indipendente, di integrare unità tedesche in un esercito sopranazionale guidato da
un comandante europeo invece che tedesco, eliminando così la possibilità di rinascita del militarismo
tedesco. Con l’astensione della Gran Bretagna, la proposta Pleven viene accolta da Francia, Italia, Germania
occidentale e Benelux (Belgio, Olanda e Lussemburgo) = l’”Europa ristretta”: il 22 maggio 1952 viene
firmato dai membri della CECA (Comunità europea del carbone e dell’acciaio, 1951) il trattato istitutivo
della Comunità europea di difesa (CED), ratificato dalla Germania ovest e dal Benelux all’inizio del 1954.
l’Italia aspetta prudentemente il pronunciarsi dell’Assemblea Nazionale francese, dove il progetto solleva le
critiche di entrambi gli schieramenti politici: i seguaci del generale de Grulle in pensione denunciano la
proposta di un esercito europeo come un pretesto per il riarmo e la rinascita della Germania, una violazione
intollerabile della sovranità francese; il Partito comunista condanna la CED come strumento dell’egemonia
statunitense in Europa diretta contro l’Unione Sovietica. Probabilmente però, la causa più importante del
fallimento della CED è l’allentamento delle tensioni della Guerra Fredda in Europa, a seguito della morte di
Stalin e della fine della guerra di Corea: l’affievolirsi della possibilità di un conflitto militare con il blocco
comunista scema, pertanto scema anche quel senso di urgenza che ha dato origine all’idea della CED. Perciò
l’Assemblea Nazionale francese seppellisce la CED il 30 agosto 1954. A seguito di questo fallimento, i
funzionari dei 6 stati firmatari si riuniscono nell’autunno 1954 insieme a USA e GB per cercare un mezzo
alternativo per garantire la difesa europea: Dulles ripropone il progetto di Acheson di convocare i paesi
NATO e semplicemente invitare una Germania eccidentale riarmata a prendervi parte; il ministro degli
Esteri britannico Eden propone invece di ridare vigore al trattato di Bruxelles del 1948, affiancando a Gran
Bretagna, Francia e Benelux, anche l’Italia e la Germania Ovest. Entrando a far parte di tale organizzazione,
che viene ribattezzata Unione europea occidentale (UEO), la Germania Ovest sarebbe diventata membro
NATO, contribuendovi con 12 divisioni dell’esercito. Per impedire ai tedeschi di dominare l’alleanza,
vengono aggiunti numerosi emendamenti: la GB si impegna a mantenere le proprie forze armate sul
continente (mezzo per compensare la potenza militare tedesca); l’esercito tedesco non può operare
indipendentemente dal comando NATO; la Germania occidentale si impegna a non produrre mai le armi
ABC (atomiche, biologiche e chimiche), né fabbricare missili a lunga gittata, bombardieri pesanti, navi da
guerra di grandi dimensioni e sottomarini senza il consenso di almeno 2/3 dei membri UEO. In cambio di
tali restrizioni la Repubblica Federale ottiene la fine del regime di occupazione alleata e la restaurazione
della piena sovranità tedesca. Il 23 ottobre 1954 tutti i firmatari si riuniscono a Parigi, aprendo così la strada
alla fine dello status di occupazione della Germania Ovest, al suo riarmo e al suo ingresso nella NATO il 9
maggio 1955.
Patto di Varsavia,

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L’Unione Sovietica cerca di tenere testa alla sfida lanciata dal riarmo della Germania Ovest e del suo
ingresso nella NATO firmando, insieme ai suoi 7 stati satellite dell’Europa orientale, il PATTO DI
VARSAVIA, alleanza militare diretta contro gli Stati Uniti.
Il 1953 segna la fine di un periodo di transizione critica, dalla guerra mondiale alla Guerra Fredda, ed è un
anno di fondamentale importanza per due avvenimenti:
1. il passaggio da Truman ad Eisenhower
2. la morte di Stalin

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29. Passaggio da Truman a Eisenhower


nel dicembre 1950, in piena crisi coreana, dopo aver trasformato la NATO da sistema di forze nazionali
slegate tra loro a forza altamente integrata sotto un comando centrale, e dopo aver trasferito in Europa 4
divisioni di combattimento statunitensi, Truman nomina come primo Supremo Comandante Alleato il
generale EISENHOWER. Egli viene richiamato in patria per la campagna elettorale del 1952: il suo
avversario, il candidato democratico Stevenson, difende con fermezza la strategia del contenimento di fronte
alla minaccia sovietica; il candidato repubblicano Eisenhower va nella direzione opposta, rappresentando la
nuova ala internazionalista del proprio partito, che guarda con favore a un ruolo attivo degli USA. Egli è
affiancato dal candidato vice Presidente Nixon e dall’avvocato Dulles per elaborare la propria piattaforma
elettorale, che giudica la politica del contenimento come vigliacca e immorale, in quanto abbandona milioni
di esseri umani alla schiavitù del dominio comunista. I repubblicani avanzano richieste per la “liberation”
delle “nazioni schiave” dell’Europa orientale attraverso la strategia del ROLL BACK = respingere la cortina
di ferro, ricacciare indietro i sovietici. Contemporaneamente, una rumorosa minoranza tra i repubblicani,
capeggiata da McCARTHY, denuncia a gran voce Truman per aver permesso all’Europa orientale di cadere
sotto la dominazione sovietica, per aver perso la Cina e per aver perseguito una strategia senza possibilità di
vittoria nella guerra di Corea; inoltre il senatore scatena una vera e propria “caccia alle streghe” alle quinte
colonne comuniste che secondo lui infestano il Dipartimento di Stato americano. In questo clima di dissenso
e di sfiducia nei confronti delle politiche perseguite dal Presidente Truman, Eisenhower ottiene alle elezioni
una vittoria schiacciante, nel novembre 1952. Il nuovo Segretario di Stato Dulles dipinge la Guerra Fredda
non come una rivalità tra due superpotenze che cercano di perseguire i loro interessi nel mondo, ma come
una lotta tra le forze del bene e quelle del male: l’obbiettivo principale è la sconfitta e l’eliminazione del
comunismo, piuttosto che il suo contenimento, per questo sono considerati immorali anche i paesi non
allineati. Ma in che modo si dà concretezza a questi obbiettivi? Bisognerebbe accrescere le spese per la
difesa, ma esse sono già state aumentate con l’NSC-68, e l’opinione pubblica non è disposta ad ulteriori
sacrifici; inoltre l’amministrazione Eisenhower si è impegnata a perseguire i tradizionali obbiettivi dei
repubblicani, cioè un bilancio equilibrato, la riduzione della spesa pubblica e delle tasse. Viene così
elaborata la dottrina del NEW LOOK: gli stanziamenti per la difesa vengono limitati a meno del 10% del
PIL, e ciò è possibile potenziando il settore nucleare degli armamenti, permettendo maggiore sicurezza a
minor costo. Questa strategia della deterrenza permette di ridurre le spese militari e di dissuadere l’Unione
Sovietica dall’intraprendere una guerra convenzionale in Europa: infatti i bombardieri statunitensi sono in
grado di lanciare armi nucleari contro i bersagli sovietici, mentre i russi non possiedono bombardieri a lungo
raggio. Secondo Dulles gli USA hanno sviluppato la capacità “di effettuare un’immediata rappresaglia con i
mezzi e nei luoghi più convenienti” : questa nuova strategia di MASSIVE RETALIATION presuppone che
gli Stati Uniti siano pronti a minacciare una guerra nucleare allo scopo di prevenirla (l’ironico motto del
comando aereo strategico è “la pace è il nostro mestiere”). L’essenza della deterrenza è la credibilità, e la
credibilità della dottrina risiede nella FIRST STRIKE CAPABILITY = capacità di distruggere l’avversario
con un solo colpo. E infatti in questa fase solo gli Stati Uniti dispongono di bombardieri a lungo e medio
raggio e di basi che i sovietici non hanno: per Dulles gli USA devono essere disposti “ad arrivare fino al
limite senza entrare in guerra” (politica di brinkmanship, da brink=orlo).

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30. La morte di Stalin 1953


A seguito della MORTE DI STALIN il 5 marzo 1953, il blocco comunista è pervaso da grande incertezza
per il futuro. Il legittimo erede del dittatore, Malenkov, assume immediatamente il controllo sia del governo,
come Primo ministro, sia del partito come Primo segretario. Una settimana dopo però i suoi due potenti
rivali, il ministro degli Esteri Molotov e il capo della polizia segreta Berija, lo obbligano ad abbandonare la
massima carica di partito in favore di CHRUSCEV. Per i successivi due anni Malenkov, Chruscev e altri
colleghi sono obbligati a governare come LEADERSHIP COLLETTIVA, invece che secondo l’abituale
diktat di un singolo capo. Essa inizia subito a promuovere una serie di riforme politiche (amnistia ai
prigionieri politici, rilascio dei medici incarcerati da Stalin, restrizione del potere della polizia segreta) ed
economiche (riduzione delle rimesse obbligatorie da parte delle fattorie collettive, aumento dei prezzi pagati
ai singoli agricoltori, riduzione del prezzo degli alimentari). La maggiore flessibilità sovietica in politica
estera aumenta dopo che, l’8 febbraio 1955, Chruscev riesce ad ottenere il comando del Cremino. La prima
iniziativa di peso riguarda il destino politico dell’Austria: il 15 maggio 1955 viene firmato un trattato che
prevede l’evacuazione di tutte e quattro le forze di occupazione del paese, che riguadagna la propria
sovranità politica sotto la condizione di una perenne neutralità. Oltre ad evacuare l’Austria orientale,
Chruscev il 14 maggio 1955 rinuncia ai suoi diritti previsti dall’accordo raggiunto l’anno precedente con la
Repubblica popolare cinese e nello stesso mese vola a Belgrado per normalizzare le relazioni con il
rinnegato regime jugoslavo. Nel 1957 Chruscev conquista definitivamente la supremazia politica. Mentre in
Unione Sovietica si lavora per sviluppare una politica estera volta al dialogo e alla riduzione delle tensioni
globali, Churchill si sta muovendo nella stessa direzione: il Primo ministro britannico, tornato al potere nel
1951 dopo sei anni di opposizione, è divenuto strenuo difensore della distensione. Churchill era stato fermo
sostenitore delle armi nucleari, ma l’acquisizione dell’atomica da parte dell’URSS nel 1949 gli aveva fatto
sorgere il timore di un possibile Armageddon che avrebbe annientato la civiltà: una volta tornato al potere
conclude che i mezzi più efficaci per evitare l’olocausto nucleare siano periodici faccia a faccia tra i leader
dell’Est e dell’Ovest. L’11 maggio 1953 questo veterano delle conferenze tra i grandi, propone
pubblicamente la convocazione del primo summit dai tempi di Potsdam: la CONFERENZA DI GINEVRA
si svolge tra il 18 e il 24 luglio 1955 e riunisce Eisenhower, Bulganin (accompagnato dal Primo segretario
del Partito comunista Chruscev) e i Primi ministri di Gran Bretagna Eden (che ha definitivamente
rimpiazzato Churchill nell’aprile precedente) e di Francia Faure. Non emerge niente di significativo dalle
conversazioni di Ginevra, ma questa conferenza è importante non tanto per ciò che viene deciso, bensì
perché rappresenta simbolicamente un importante passo avanti nella Guerra Fredda perché riapre le relazioni
tra i due blocchi.
L’apoteosi del nuovo orientamento nella politica estera sovietica si raggiunge nel febbraio 1956, quando
Chruscev convoca il XX Congresso del Partito comunista dell’Unione Sovietica: egli abbandona
formalmente il dogma leninista dell’inevitabilità della guerra tra il mondo capitalista e quello comunista,
difendendo esplicitamente la nuova politica di “coesistenza pacifica” con l’Occidente. Nella parte segreta
del cosiddetto RAPPORTO CHRUSCEV egli pronuncia un roboante discorso contro i crimini di Stalin:
l’arresto e l’assassinio di persone innocenti; il culto della personalità; l’insistenza su una sottomissione
assoluta e indiscutibile da parte dei capi comunisti esteri che ha portato alla rottura con Tito. In aprile
Chruscev scioglie il Cominform e in giugno concede un caloroso benvenuto al maresciallo Tito in visita a
Mosca, pronunciando un severo discorso sulla necessità di garantire una maggiore libertà ai governi
comunisti dell’Europa dell’Est. Chruscev promuove la campagna di DESTALINIZZAZIONE nella speranza

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di incoraggiare un’ordinata trasformazione delle relazioni tra Unione Sovietica e i suoi stati satellite sulla
base del principio delle “vie alternative al socialismo”. Ma la pubblicazione del discorso di Chruscev fa
ribollire i satelliti, in primis la POLONIA: nel giugno 1956 migliaia di operai della città di Poznan iniziano
uno sciopero per protestare contro il potenziamento dell’industria pesante a scapito dei beni di prima
necessità. In mezzo a questo tumulto crescente la leadership politica di Varsavia si orienta verso
l’antistalinista Gomulka, l’unico uomo capace di tenere una linea a metà strada tra l’insurrezione
anticomunista e l’intervento armato sovietico. Il 19 ottobre una delegazione sovietica guidata dallo stesso
Chruscev giunge improvvisamente a Varsavia chiedendo di essere ammessa alla riunione di partito: il
Partito comunista polacco rifiuta, ed elegge Gomulka a Segretario del partito. Di fronte al pericoloso
movimento di truppe oltre il confine, Gomulka rassicura però i funzionari russi sulla lealtà della Polonia,
dichiarando di voler seguire la campagna di destalinizzazione lanciata dallo stesso Chruscev, il quale,
soddisfatto, fa bruscamente ritorno a Mosca. Pur riaffermando l’appartenenza della Polonia al Patto di
Varsavia, conservando il monopolio del Partito comunista e mantenendo una rigida censura sulla stampa
polacca, Gomulka riesce ad ottenere un notevole margine di manovra senza provocare la palese ingerenza
sovietica negli affari interni.

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31. Ungheria
L’agitazione polacca si riversa anche in UNGHERIA: a Budapest, nell’ottobre 1956, gli insorti impongono
al governo il comunista antistalinista Nagy, la reintroduzione del sistema multipartitico e l’uscita dal patto di
Varsavia. Soprattutto quest’ultima pretesa è inaccettabile per Chruscev, perché un’Ungheria neutrale e non
comunista sarebbe un pericoloso precedente: così decide di stroncare sul nascere l’insurrezione ungherese,
inviando il 4 novembre 250 mila soldati e 5.000 carri armati. Nell’arco di tre giorni il Primo ministro Nagy
viene rimpiazzato dal nuovo capo del Partito comunista Kadar: la brutale repressione della rivoluzione
ungherese rivela i limiti degli impulsi riformistici di Chruscev, non solo scuotendo i partiti comunisti
europei, ma fornendo all’Occidente una potente arma nella sua guerra di propaganda contro l’Unione
Sovietica. In questa occasione il Cremlino non teme l’intervento statunitense, non solo perché
l’amministrazione Eisenhower è colta completamente di sorpresa, ma soprattutto perché il governo
americano è concentrato sulle vicine elezioni e sulla crisi di Suez.

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32. Crisi di Suez


l’assunzione del controllo della Compagnia del Canale di Suez, al fine di finanziare la diga con gli introiti
dei pedaggi delle navi; la NAZIONALIZZAZIONE DEL CANALE DI SUEZ non si scontra con le leggi
internazionali, trovandosi esso in territorio egiziano; inoltre Nasser si impegna a indennizzare gli azionisti
espropriati, in maggioranza britannici e francesi, dei cospicui utili che non avrebbero più percepito. Tuttavia
l’operazione incontra l’opposizione di Parigi e Londra: il governo francese è esasperato dal sostegno che
Nasser fornisce ai ribelli algerini, mentre il governo britannico è convinto che Nasser rappresenti una sorta
di incarnazione di Hitler, che deve quindi essere allontanato per evitare gli errori della politica di
appeasement. Così Francia e Gran Bretagna, dopo essersi accordate segretamente con Israele, il 29 ottobre
1956 attaccano a sorpresa attraverso il Sinai ed i principali porti egiziani, scatenando il 2° CONFLITTO
ARABO-ISRAELIANO. L’intervento, che inizialmente è un successo militare, si rivela un disastro
diplomatico nel lungo periodo, a causa della vigorosa opposizione statunitense: Eisenhower è alle prese con
la campagna elettorale, forte del merito di aver posto fine alla guerra di Corea e inoltre l’operazione anglo-
francese ha un forte sapore di colonialismo vecchio stampo. A peggiorare la situazione, l’attacco all’Egitto
coincide con l’’intervento sovietico in Ungheria: come possono gli USA condannare i carri armati sovietici a
Budapest, mentre tollerano i carri armati israeliani nel Sinai e le truppe anglo-francesi lungo il canale di
Suez? Gli USA presentano pertanto all’ONU una risoluzione per l’immediato ritiro delle forze d’invasione,
ma le Nazioni Unite non possono esprimersi poiché vincolate dal veto anglo-francese, così si passa
all’Assemblea Generale. Nel frattempo l’Unione Sovietica propone un intervento congiunto sovietico-
statunitense, minacciando persino un attacco missilistico contro la Gran Bretagna. Di fronte a tali pressioni
Londra e Parigi accettano il cessate il fuoco il 6 novembre 1956, mentre nel maggio 1957 Israele accetta il
ritiro delle proprie truppe dal Sinai in cambio dell’accettazione da parte dell’Egitto di una forza ONU al
confine tra la striscia di Gaza e Israele e nella città di Sharm el-Sheikh. La crisi di Suez non solo è
esemplificativa di una politica di non allineamento da parte dell’Egitto, ma come l’Ungheria rivela che i
satelliti comunisti devono attenersi alle direttive di Mosca, così Suez dimostra che gli alleati NATO, pur
godendo di una maggiore libertà di perseguire gli obbiettivi nazionali, non possono farlo nel caso si
scontrino con gli interessi di Washington.

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33. Dottrina Eisenhower


A seguito della crisi di Suez, nel gennaio 1957 viene pronunciata la cosiddetta DOTTRINA EISENHOWER
= proposta del Presidente che prevede un’estensione degli aiuti economici e militari ai paesi del Medio
Oriente e l’intervento armato in caso di aggressione da parte di un paese comunista.
Nella gara per la superiorità strategica sia per Eisenhower che per Chruscev è opinione condivisa che il
modo più efficace per prevenire lo scoppio di una grave guerra sia potenziare la forza nucleare, permettendo
anche un notevole risparmio derivante dal taglio delle forze convenzionali. La potenza nucleare non riguarda
solo il numero degli ordigni, ma anche i vettori che trasportino gli ordigni a destinazione: ciò è un problema
per i sovietici, che non possiedono un sistema in grado di trasportare le armi atomiche dalle basi sovietiche
ai bersagli statunitensi. A metà degli anni ’50 i russi hanno operativo un bombardiere a lungo raggio, l’M-4
Bison, ma scelgono di non produrne in numero sufficiente a controbilanciare il formidabile arsenale di B-52
statunitensi. Tuttavia, durante uno spettacolo aereo a Mosca nel 1955, facendo volare diverse volte pochi
bombardieri Bison, i russi inducono l’intelligence americana a stimare la potenza aerea sovietica ben oltre la
realtà dei fatti, mentre gli USA possiedono un numero 5 volte superiore di bombardieri a lungo raggio. Ma
l’URSS ben presto colma il vantaggio statunitense, facendo venir meno la certezza di first strike capability:
per superare l’ostacolo dell’estrema efficienza del sistema radar e delle batterie di missili contraerei NIKE
dislocate intorno alle maggiori città statunitensi, i sovietici sviluppano un sistema di trasporto più difficile da
intercettare, cioè il missile balistico intercontinentale (ICBM). Dopo aver testato il primo ICBM al mondo il
21 agosto 1957, il 3 novembre viene lanciato il primo satellite in orbita, lo Sputnik, che allarga la
competizione dal piano degli armamenti a quello della tecnologia. Nonostante anche gli Stati Uniti testino
con successo un Atlas ICBM nel dicembre 1957 ed il satellite spaziale Explorer nel febbraio 1958, il danno
di prestigio è immenso: i russi vincono il primo round della sfida spaziale e per la prima volta l’URSS è in
grado di colpire con un attacco nucleare il territorio statunitense. La perdita dell’immunità da un attacco
nucleare non è solo uno shock per gli USA, ma mette in dubbio l’affidabilità dell’ombrello nucleare
statunitense agli occhi dell’Europa occidentale, non rappresentando più una sicura copertura. Ciò spinge i
capi di governo della NATO ad accogliere la proposta statunitense di creare una riserva atomica in Europa:
alla fine della presidenza Eisenhower circa 500 armi nucleari diventano operative nei paesi alleati, e missili
balistici a raggio intermedio (IRBM) vengono dislocati in Gran Bretagna (missili Thor) e in Italia e Turchia
(missili Jupiter).

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34. Questione Berlino


Sebbene l’offerta Thor-Jupiter non venga estesa alla Repubblica Federale tedesca, la possibilità che essa
possa avere accesso all’arsenale nucleare risveglia nel Cremlino antiche paure di una Germania aggressiva.
Inoltre Berlino Ovest è diventata la scintillante vetrina occidentale del capitalismo, rappresentando perciò
non solo un motivo di imbarazzo, ma anche una potenziale minaccia per i vicini governi comunisti. Questo
modello di successo nel cuore dell’Europa, la “fuga di cervelli” dalla Germania orientale e le pressioni del
Segretario del Partito comunista della Repubblica democratica Ulbricht, spingono Chruscev a riaprire la
QUESTIONE DI BERLINO, rimasta sopita per dieci anni dopo il blocco di Stalin del ’48-’49: il 27
novembre 1958 Chruscev lancia un ultimatum, proponendo la fine dell’occupazione interalleata a Berlino e
la trasformazione della metà occidentale in una “città libera” smilitarizzata; l’ultimatum è un messaggio di
forza non tanto rivolto agli Stati Uniti, quanto alla Germania Est di Ulbricht e alla Cina di Mao, il quale
critica aspramente le scelte di Chruscev. Le tre potenze occidentali occupanti respingono unanimemente
l’ultimatum sovietico, ma acconsentono a partecipare ai negoziati sullo status politico di Berlino. Durante
gli incontri a Ginevra dall’11 maggio al 5 agosto 1959, per sbloccare lo stallo delle discussioni, Eisenhower
inoltra un invito al leader sovietico di visitare gli Stati Uniti: il 15 settembre 1959 Chruscev diventa il primo
leader russo nella storia a mettere piede sul suolo statunitense. I due capi di stato si incontrano a CAMP
DAVID, la residenza presidenziale sulle montagne del Maryland: sebbene dalle discussioni non derivino
progressi significativi, Eisenhower persuade il suo ospite a cancellare l’ultimatum e a partecipare l’anno
successivo a un incontro per negoziare un accordo definitivo sulla questione di Berlino, e accetta l’invito di
Chruscev di ricambiare la visita. Le conversazioni di Camp David sono un successo per il leader sovietico,
che tratta con il Presidente statunitense a pari condizioni non solo aumentando il proprio prestigio in patria,
ma presentandosi al pubblico statunitense non come un tiranno assetato di sangue. Tuttavia il 5 maggio 1960
il Cremlino getta un cattivo presagio sull’imminente summit che si sarebbe dovuto tenere a Parigi,
comunicando che un aereo spia statunitense d’alta quota U-2 è stato abbattuto all’interno del territorio
sovietico. Il Presidente, convinto che l’aereo si disintegrasse all’impatto e che il pilota e che il pilota si
suicidasse col cianuro in suo possesso, inventa una storia fittizia: l’aereo stava conducendo osservazioni
meteorologiche in Turchia ed era involontariamente volato fuori rotta. A questo punto Chruscev mostra sia
l’aereo (con la raccolta di informazioni di intelligence intatto) sia il pilota (che conferma la vera natura della
sua missione). Nel suo discorso iniziale all’incontro di Parigi il leader sovietico pretende con astio le scuse
pubbliche, la punizione dei responsabili e la fine dei voli spia, ma al rifiuto del Presidente statunitense,
Chruscev insiste per posticipare la conferenza di otto mesi e revoca l’invito ad Eisenhower in Unione
Sovietica. Solo con l’avvento dell’amministrazione Kennedy, Chruscev accetta l’incontro, che avviene a
Vienna il 3 e 4 giugno 1961, durante il quale rispolvera la proposta che Eisenhiwer aveva rifiutato nel ’58:
Kennedy però rifiuta la modifica dello status politico di Berlino Ovest. Mentre le due superpotenze si
atteggiano in modo provocatorio, il flusso di tedeschi dell’Est attraverso la breccia di Berlino diventa
torrenziale, fino a che il 13 agosto 1961 la polizia della Germania Est procede a tendere filo spinato lungo il
confine del settore, che tre giorni dopo viene rimpiazzato da un definitivo muro di cemento. Gli USA non
reagiscono, se non condannando verbalmente la costruzione di quel muro che fino al 1989 rimane il simbolo
della Guerra Fredda.

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35. Aree fulcro durante la presidenza Kennedy: AMERICA


LATINA - INDOCINA - Guatemala
Il GUATEMALA è alla fine della seconda guerra mondiale uno dei paesi economicamente più
sottosviluppati e socialmente più arretrati dell’emisfero occidentale. Salito al potere Arbenz, nel giugno
1952 promulga il più vasto programma di distribuzione di terra nella storia dell’America Latina: esso
autorizza l’espropriazione di migliaia di acri di terra da ripartire tra le persone che la hanno a lungo
coltivata. Ciò non minaccia solo gli interessi dell’èlite di proprietari terrieri guatemaltechi, ma anche quelli
delle imprese straniere: nel febbraio 1953 il governo Arbenz notifica alla statunitense United Fruit Company
l’espropriazione di 225 mila acri di terreno incolto, a seguito di un indennizzo di 600 mila $ (cioè quanto la
compagnia ha dichiarato come valore fiscale della sua proprietà). La compagnia risponde con la richiesta di
15 milioni di $ e si rivolge a Washington. Nel frattempo il governo britannico affronta una situazione
analoga in Iran: il Primo ministro iraniano nazionalizza l’industria petrolifera iraniana, irritando i vertici
britannici della Anglo-Iranian Oil Company, che si rivolgono a Washington: Eisenhower incarica la CIA di
rimuovere il Primo ministro Mossadegh; il successo dell’operazione incoraggia l’amministrazione USA a
organizzare una campagna simile contro Arbenz in Guatemala. Quando Arbenz chiede aiuto ai sovietici,
ottenendo dalla Cecoslovacchia 2000 tonnellate di vecchi fucili e mitragliatori tedeschi confiscati alla fine
della guerra, Eisenhower coglie il pretesto per dare inizio all’operazione CIA; il 18 giugno 200 esuli
guatemaltechi addestrati entrano in Guatemala, mentre la capitale viene bombardata da uomini della CIA.
Arbenz fugge in esilio, ed il paese sarà in seguito governato da una serie di dittature di destra che
mantengono stretti legami con Washington. L’operazione della CIA è il primo esempio di intervento
statunitense in America Latina dalla proclamazione della “politica di buon vicinato” di Roosevelt. Le
reazioni dei latino-americani che lamentano l’ingerenza statunitense sono molteplici e vengono confermate
dall’accoglienza ben poco festosa a Nixon, il cui viaggio “di amicizia” si trasforma in un disastro sul piano
dell’immagine. Ciò spinge i funzionari di Washington a prestare maggiore attenzione alla situazione
dell’America Latina: sono perciò comprensibili le parole di Kennedy del suo discorso inaugurale del 20
gennaio 1961, durante il quale annuncia un ampio progetto di aiuti statunitensi alla regione come perno della
nuova amministrazione. Questo programma di aiuti senza precedenti all’America Latina prevede
l’estirpazione di analfabetismo, fame e malattia e aumento della crescita annuale del 2,5%. La differenza di
questo programma rispetto al piano Marshall è che esso non prevede una struttura intermedia che sappia
destinare i fondi dove veramente ce n’è bisogno, evitando la maldistribuzione. Kennedy si rende in parte
conto del problema, così chiede ai paesi destinatari l’approvazione di misure di distribuzione della terra e di
riforma fiscale. Di fatto gli aiuti non verranno distribuiti equamente, aumentando così il divario già esistente
tra le èlite e i poveri.

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36. Cuba. La crisi dei missili


A CUBA la dittatura di Fulgencio Batista al governo dagli anni ‘30 viene rovesciata il 1° gennaio 1959 dopo
una guerriglia iniziata 3 anni prima sulle montagne della Sierra Maestra dal movimento rivoluzionario di
Fidel Castro. Nell’aprile seguente il nuovo leader cubano visita gli Stati Uniti per rassicurare
l’amministrazione Eisenhower delle sue buone intenzioni, negando la presenza di comunisti e dichiarando
solennemente la sua amicizia nei confronti degli USA. Tuttavia Castro procede a lanciare un vasto
programma di riforme che avrebbe sicuramente turbato Washington: nella primavera del ’59 avvia un
trasferimento di proprietà da far impallidire il piano di Arbenz, espropriando tutte le proprietà di dimensioni
superiori ai mille acri e ridistribuendole nazionalizzate ai contadini e alle cooperative. Gli USA, che
inizialmente riconoscono il nuovo regime, diventano ostili quando Castro colpisce, con la riforma agraria, il
monopolio sulla canna da zucchero della statunitense United Fruit. Il 14 ottobre 1960 Castro nazionalizza
tutte le aziende straniere, cosa che spinge Washington a imporre un embargo su tutte le esportazioni verso
l’isola. Quando il leader cubano riduce il personale dell’ambasciata statunitense all’Avana, Eisenhower
interrompe le relazioni diplomatiche con Cuba. A questo punto Castro si rivolge all’URSS che si impegna
ad acquistare lo zucchero a prezzi superiori di quelli del mercato internazionale. All’Assemblea Generale
dell’ONU del settembre 1960, Fidel pronuncia un’arringa inveendo contro i mali dell’imperialismo
statunitense ed elogiando il suo nuovo protettore sovietico. Cuba rappresenta una minaccia per gli USA,
perché è il primo paese così vicino in cui si afferma un regime filosovietico, così, insediatosi alla Casa
Bianca, Kennedy approva il programma ereditato dal suo predecessore: il 17 aprile 1961 circa 1600 esuli
cubani addestrati dalla CIA sbarcano nella BAIA DEI PORCI, ma la popolazione non si solleva contro
Castro come ipotizzato. L’operazione è un fallimento, e ne viene organizzata una seconda per sabotare il
governo cubano (OPERAZIONE MANGUSTA), che però non avrà mai luogo. Nell’aprile 1962 Mosca
approva la richiesta di Cuba di armi convenzionali contro un possibile attacco statunitense; a maggio
Chruscev ottiene l’approvazione per la costruzione di basi missilistiche a Cuba, operazione mai compiuta
dall’Unione Sovietica al di fuori dei propri confini. in ottobre un aereo U-2 statunitense torna con fotografie
inequivocabili di siti missilistici sovietici in costruzione sull’isola: tutti i consiglieri di Kennedy concordano
che l’unica soluzione sia la rimozione di tutti i lanciamissili dall’isola. kennedy ordina di passare al massimo
stato d’allerta prima della guerra, gesto che quintuplica il numero di bombardieri atomici tenuti in volo, e il
22 ottobre 1962 annuncia pubblicamente l’imposizione di una quarantena navale all’isola, evitando
accuratamente il termine “blocco” perché questo significherebbe un atto di guerra. Avverte Mosca che un
missile nucleare lanciato da Cuba contro qualsiasi paese dell’emisfero occidentale sarebbe considerato come
un attacco agli Stati Uniti e innescherebbe la rappresaglia atomica. 180 navi da guerra statunitensi creano
una linea di quarantena attorno alla punta orientale di Cuba: nella fase culminante della CRISI DEI
MISSILI, 30 navi da carico sovietiche sono dirette a Cuba; la tensione inizia ad allentarsi il 24 ottobre,
quando le quattro navi che trasportano IRBM invertono la rotta (mentre la nave con a bordo la testata
nucleare è già arrivata nel porto cubano). La decisione sovietica di non sfidare il blocco statunitense non
risolve il problema dei missili che già si trovano sull’isola: Chruscev fa pervenire alla Casa Bianca una
lettera in cui richiede, in cambio della rimozione dei missili a Cuba, l’impegno a non invadere l’isola e a
rimuovere gli IRBM Jupiter installati in Turchia. Per non dare l’impressione di piegarsi alla pressione
sovietica, Kennedy si impegna pubblicamente a non invadere Cuba in cambio della rimozione dei missili,
mentre attraverso suo fratello assicura privatamente all’ambasciatore sovietico di ritirare i missili dalla
Turchia, una volta rientrata la crisi. Castro, ignaro delle trattative segrete tra Mosca e Washington, chiede

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inutilmente a Chruscev di lanciare un attacco nucleare preventivo contro gli USA; l’Europa non è
minimamente tenuta in considerazione durante l’intera vicenda, la sua sicurezza è secondaria.

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37. Indocina
Spesso si tende a legare le crisi coreana e vietnamita, poiché entrambe rappresentative della cosiddetta
“teoria del domino”. Ma le due vicende sono molto differenti, perché mentre la vicenda coreana è scatenata
dall’attacco della Corea del Nord nei confronti della Corea del Sud (25 giugno 1950), nel caso del Vietnam
non c’è una data precisa di inizio del conflitto: si parla di escalation verso lo stato di guerra.
La penisola indocinese, territorio compreso tra Cina e Siam (Tailandia) che include Cambogia, Laos e
Vietnam, è dalla seconda metà del XIX secolo colonia francese. Il movimento indipendentista vietnamita
assume maggiore importanza dopo la prima guerra mondiale, sotto la leadership di HO CHI MINH: ex
maestro elementare, dopo aver viaggiato in tutto il mondo, nel 1918 si trasferisce a Parigi, dove si unisce a
un gruppo di vietnamiti nazionalisti emigrati che si ispirano al principio wilsoniano di autodeterminazione
dei popoli -> una volta divenuto chiaro che tale principio è riservato ai soli popoli bianchi, Ho si converte
all’ideologia marxista-leninista, fondando nel 1929 il Partito comunista indocinese. La sconfitta della
Francia nel giugno 1940, rivela la vulnerabilità del grande impero coloniale un tempo invincibile e sembra
far avvicinare l’indipendenza vietnamita: tuttavia nel settembre 1940 le forze giapponesi si riversano nel
Tonchino, la provincia più settentrionale del Vietnam, fino ad occupare l’intero paese. Ho torna
segretamente in patria, dopo l’esilio in Cina, per organizzare la resistenza contro francesi e giapponesi: nel
maggio 1941 fonda il VIETMINH (Lega per l’indipendenza del Vietnam) e aiuta l’intelligence USA
fornendo informazioni sui movimenti delle truppe giapponesi, nella speranza di ottenere poi l’appoggio
statunitense per una rapida indipendenza. Con la sconfitta del Giappone, il 25 agosto 1945 il Vietminh
costringe ad abdicare Bao Dai, l’imperatore posto dai giapponesi come governo di facciata, e il 2 settembre
Ho Chi Minh proclama l’indipendenza della Repubblica democratica del Vietnam, dichiarando (per
accattivarsi il pubblico statunitense) “che tutti gli uomini sono creati uguali e dotati di diritti inalienabili”.
Roosevelt è contrario alla ricostituzione del potere coloniale francese e propone per l’Indocina
un’amministrazione fiduciaria internazionale per prepararla all’indipendenza, tuttavia Churchill denuncia la
proposta come un pericoloso precedente che potrebbe sminuire la posizione coloniale della Gran Bretagna in
Asia. La proposta va in fumo dopo la morte di Roosevelt ed il vuoto di potere postbellico viene colmato dai
cinesi a nord e dai britannici a sud del 16° parallelo: esaurite le operazioni di disarmo dell’esercito
giapponese il controllo torna nelle mani dei francesi, i quali il 23 novembre 1946 scatenano la guerra contro
il Vietminh ; Ho Chi Minh predilige la strategia della guerriglia, evitando gli scontri in campo aperto e
concentrandosi su attacchi “hit-and-run” (attacco a sorpresa e dispersione nelle campagne), mentre i francesi
costruiscono avamposti militari isolati nelle campagne da dove conducono missioni “search-and-destroy”
per snidare i vietminh dai loro nascondigli. I francesi, dopo aver riconosciuto l’indipendenza del Vietnam
all’interno dell’Unione Francese, il 14 giugno 1949 riportano al governo Bao Dai.

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38. Coinvolgimento statunitense in Vietnam può essere diviso in 4


fasi
1ª FASE: guerra franco-indocinese dal 1946 al 1954 (TRUMAN ; EISENHOWER).
L’amministrazione Truman è in origine imparziale verso la guerra nel Sud-Est asiatico poiché concentrata
sulla situazione europea (prima fase del contenimento). Tuttavia la defezione della Jugoslavia dal blocco
sovietico porta a vedere Ho come un potenziale Tito, e diversi avvenimenti spostano l’attenzione di
Washington sull’Asia (ottobre 1949 Mao proclama la RPC; aprile 1950 NSC-68; giugno 1950 guerra di
Corea) ; gli USA vedono sempre meno la guerra in Indocina come una lotta anticoloniale e sempre più
come teatro della Guerra Fredda. Il 5 gennaio 1950 Ho proclama, dal suo nascondiglio nella giungla, la
ricostituzione della Repubblica democratica del Vietnam, subito riconosciuta da Mosca e Pechino. Per
controbilanciare l’invio di armi ai Vietminh da parte dei cinesi, il 15 maggio 1950 Truman annuncia l’invio
di 15 milioni di $ a sostegno dello sforzo bellico francese, che ben presto diventano 150 milioni. Dopo la
clamorosa sconfitta francese all’inizio del 1954 nel villaggio di Dien Bien Phu, il Congresso statunitense,
ricordando i precedenti 3 anni di stallo in Corea, si oppone inequivocabilmente all’intervento militare in
Vietnam, respingendo così la richiesta francese di immediato supporto aereo (nonostante Eisenhower tema
che una potenziale sconfitta francese dia il via all’effetto domino delle forze comuniste nel Sud-Est
asiatico).

2ª FASE: dal 1954 al 1963.


A seguito della definitiva sconfitta francese dell’8 maggio 1954, viene organizzata una conferenza a Ginevra
delle 5 potenze (USA, URSS, Cina, GB, Francia): nonostante siano frantumate le speranze della Francia di
preservare la propria autorità coloniale in Indocina, i Vietminh in questa fase fanno un passo indietro. Infatti
la leadership post-staliniana del Cremlino, preoccupata di preservare la sua nuova reputazione di
moderazione e propensione al dialogo, chiede cautela alla delegazione di Ho Chi Minh, e lo stesso fa la
Cina, appena uscita da tre anni di combattimenti in Corea. La conferenza termina il 20 luglio con la
divisione del Vietnam al 17° parallelo, la proclamazione di due governi provvisori (quello del Vietminh a
Nord e quello di Bao Dai a Sud) e la riunificazione del paese entro 2 anni sulla base di libere elezioni. Per
rispetto ai suoi protettori sovietici e cinesi Ho è costretto ad ingoiare una soluzione di pace che gli nega la
vittoria contro una potenza coloniale esausta, consegnando il 20% del territorio conquistato a sud. Nel
frattempo Bao Dai sceglie come Primo ministro Ngo Dinh Diem, il quale, ignorando il divieto di stringere
legami militari con paesi stranieri, si rivolge agli USA. L’iniziale entusiasmo statunitense per la riunione di
Ginevra evapora appena diventa evidente la portata del trionfo di Ho, accompagnato dallo scarsissimo
consenso di Diem: Washington non ha alcuna intenzione di attenersi agli accordi nel caso in cui
interferiscano con il contenimento del comunismo in Asia ; Laos, Cambogia e Vietnam del Sud vengono
inseriti nel trattato SEATO (che già comprendeva USA, GB, Francia, Australia, Nuova Zelanda, Filippine,
Tailandia, Pakistan): alla fine del 1954 gli USA hanno sostituito la Francia nella causa anticomunista in
Indocina. Non si fanno le elezioni previste per l’estate del 1957: la linea provvisoria lungo il 17° parallelo si
fortifica in una frontiera politica di fatto, separando due stati ideologicamente antagonisti. La cancellazione
delle elezioni e l’istituzione del governo monocratico di Diem provocano la reazione di Ho, che organizza le
masse rurali del Sud contro il governo di Saigon; nel frattempo Diem si inimica non solo i contadini locali
promovendo una riforma agraria con meccanismi corrotti di redistribuzione della terra (sono favoriti i

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profughi cattolici provenienti dal Nord), ma anche i funzionari di governo di carriera, praticando il
nepotismo. A causa della repressione della polizia di Diem nei confronti dei simpatizzanti nord-vietnamiti
nel Sud, Ho decide di rinforzare la guerriglia del Sud per rovesciare il governo di Saigon: il 20 dicembre
1960 alcuni agenti di Hanoi costituiscono nel Sud il Fronte di liberazione nazionale, braccio della guerriglia
nel Sud che si nutre delle continue infiltrazioni dal Nord attraverso il Sentiero di Ho Chi Minh e che Diem
bolla come “Viet Cong” (Vietnamiti Comunisti). Eisenhower aumenta gli aiuti al governo Diem in modo
radicale, spendendo 1,5 miliardi di $ tra il 1954 e il 1961, mentre Unione Sovietica e Cina contribuiscono
con 570 milioni di $ di armi e forniture ad Hanoi. Quando si insedia l’amministrazione KENNEDY nel
gennaio 1961, cresce l’ammontare di aiuti militari statunitensi a Saigon e il numero di consulenti militari si
gonfia fino a 16.500; inoltre si persuade Diem ad adottare il “programma di villaggi strategici” per
proteggere i contadini dai vietcong trasferendoli in villaggi protetti da filo spinato e mine ; il programma è
supervisionato da Ngo Dinh Nhu, corrotto, autocratico e oppiomane fratello di Diem, detestato dai contadini
che, radunati in campi recintati, si allontanano completamente dal governo di Saigon diventando facile preda
per il vietcong. Diem si isola dalle masse rurali, facendo sempre più affidamento su una piccola corte di
cattolici di lingua francese che vivono in città: ciò aumenta il risentimento della maggioranza buddista del
Sud Vietnam, finchè nel 1963 il governo proibisce la celebrazione delle festività buddiste reprimendo nel
sangue manifestazioni contro tali restrizioni alla libertà di culto. Diem non fa altro che fomentare una
sempre maggiore opposizione al suo regime, perdendo anche l’approvazione da parte di Washington. Il 1°
novembre 1963 Diem viene assassinato dalle opposizioni locali; il 22 novembre Kennedy viene assassinato
a Dallas.

3ª FASE: presidenza JOHNSON (1963-1969).


Dopo l’assassinio di Ngo Dinh Diem il Sud Vietnam attraversa una fase di grande instabilità politica. Il
nuovo presidente Johnson, affiancato dagli stessi uomini di Kennedy, il Segretario alla Difesa McNamara e
il Consigliere per la Sicurezza Nazionale Bundy, è convinto che solo l’annientamento del Nord Vietnam
libererebbe il Sud: la prima ipotesi di risoluzione da sottoporre al Congresso è il bombardamento del
Vietnam del Nord. Il pretesto per convincere il Congresso di una tale espansione dell’impegno militare
statunitense viene fornito a Johnson tra il 2 e il 4 agosto 1964 da un incidente poco chiaro nel Golfo del
Tonchino: il 2 agosto un cacciatorpediniere statunitense che dichiara di trovarsi in acque internazionali
comunica di aver subito un attacco ; sembra che la nave sia stata colpita veramente, ma in acque territoriali
nord-vietnamite; il 4 agosto due cacciatorpediniere in acque internazionali rilevano rumori di siluri in
avvicinamento ; nonostante le navi non siano state colpite realmente, Johnson chiede l’intervento con l’uso
della forza: il 7 agosto il Congresso approva la RISOLUZIONE DEL TONCHINO, con cui dà carta bianca
al Presidente per perseguire la non dichiarata guerra in Vietnam. A seguito della vittoria alle elezioni
presidenziali del novembre 1964, Johnson prepara una campagna di bombardamenti massicci
(OPERAZIONE ROLLING THUNDER): dopo l’iniziale proibizione di bombardare le aree urbane
densamente popolate del Nord, vengono gradualmente abolite le restrizioni. Tuttavia l’operazione non
infrange a lungo la capacità bellica del Vietnam del Nord, poiché gli ufficiali vengono trasferiti dalle città
bersagliate in sicuri nascondigli rurali; inoltre i bombardamenti strategici invece di distruggere il morale,
rafforzano la resistenza popolare. È necessario dunque ripensare la strategia militare: il 10 marzo 1965
Washington annuncia l’invio di 2 battaglioni statunitensi (3000 marines)= 1° contingente di truppe di
combattimento regolari inviate in Vietnam; nonostante la promessa di Johnson durante la campagna
elettorale di “non mandare i ragazzi statunitensi a 15mila miglia dalle loro case per fare quello che i ragazzi
asiatici avrebbero dovuto fare da soli”, il numero delle truppe cresce continuamente, arrivando ad un picco

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di 540.000 nel 1969. Gli americani si trovano di fronte ad una guerriglia che non sanno combattere e la
campagna “search and destroy” non riesce a scovare i vietcong: così, per rimuovere la fitta vegetazione, gli
aerei statunitensi cominciano a spruzzare agenti chimici, come l’agent orange, contenente diossina, che ha
distrutto l’ambiente ed ha avuto effetti dannosi sulla salute sia dei civili vietnamiti sia dei soldati
statunitensi. Negli Stati Uniti nasce un acceso dibattito sull’intervento in Vietnam: chi ne sostiene
l’illegalità, condanna l’inserimento statunitense in una guerra civile; chi ne sostiene la legalità, dichiara
legittima la richiesta di aiuto da parte di Diem, visto che di fatto le due zone si comportano come entità
statuali, anche se non si sono svolte regolari elezioni. I consensi in USA crollano nel 1968, quando il
Vietnam del Nord organizza una grande offensiva nel Sud, nella speranza di incitare una sollevazione di
massa che dimostri che il nuovo regime di Thieu e Ky non è degno di supporto.
L’OFFENSIVA DEL TET
Parte il 30 gennaio 1968, primo giorno di festa che i vietnamiti celebrano all’inizio del nuovo anno lunare,
nonostante i due Vietnam abbiano concordato una tregua festiva: l’attacco a sorpresa è inizialmente un
successo, ma ben presto il passaggio da tattiche di guerriglia a una guerra convenzionale si dimostra un
disastro di fronte alla superiorità militare statunitense. Tuttavia l’operazione ha un importante significato
politico, poiché dimostra l’infondatezza delle dichiarazioni di Johnson di una vittoria dietro l’angolo e mette
in luce la capacità dei nord-vietnamiti di sopportare orrende perdite e continuare a lottare in una lunga
guerra di logoramento. Il consenso USA diminuisce ulteriormente a seguito del massacro di My Lai, lo
sterminio di 347 civili inermi da parte di un plotone americano. La crescente opposizione pubblica si
manifesta nei sondaggi della campagna presidenziale del 1968, nei quali è chiaro il vantaggio di Robert
Kennedy, candidato democratico che si muove su una piattaforma pacifista: ciò persuade Johnson a limitare
i bombardamenti e ad avvicinarsi alle condizioni nord-vietnamite per i negoziati di pace. Il 3 marzo 1968 il
governo nord-vietnamita accetta l’incontro con gli statunitensi a Parigi, ma i dialoghi di pace vengono
boicottati dal governo sud-vietnamita di Thieu, che riceve segretamente, dal candidato alla presidenza
Nixon, l’invito ad attendere un’amministrazione repubblicana più vicina ai suoi interessi.

4ª FASE: dal 1969 presidenza NIXON – armistizio 1973.


Ritiratosi Johnson dalla candidatura per il suo secondo mandato, il repubblicano Nixon vince le elezioni e,
affiancato dal Consigliere per la Sicurezza Nazionale Kissinger, elabora una duplice strategia per far uscire
le forze statunitensi dal Vietnam senza subire il disonore della sconfitta militare. La guerra in Vietnam è
ormai una perdita di uomini e di risorse statunitensi, ma il problema del disimpegno statunitense è che il
Vietnam del Sud verrebbe abbandonato, screditando così la credibilità degli USA agli occhi dei propri
alleati: nella primavera del 1969 Nixon incontra il Presidente sud-vietnamita Thieu ed enuncia la
DOTTRINA NIXON ; gli USA riducono le loro forze di combattimento in Vietnam, mentre aumentano il
supporto logistico all’esercito sud-vietnamita. Questa strategia di VIETNAMIZZAZIONE affianca al
disimpegno una progressiva responsabilizzazione del Vietnam del Sud, che deve assumersi il peso maggiore
dello sforzo bellico. Il numero dei soldati statunitensi scende dai 540mila di quando Nixon entra alla Casa
Bianca ai 25mila alla fine del suo primo mandato. La vietnamizzazione è affiancata da una duplice strategia:
canale militare: bombardamenti sul Nord Vietnam estesi anche alla Cambogia;
canale diplomatico: miglioramento dei rapporti con URSS e Cina:
Nixon mette in atto una POLITICA TRIANGOLARE (USA-URSS-CINA) inserendosi nella falla creatasi
tra i due alleati comunisti ed entrando in un’ottica di multipluralismo diplomatico per guadagnare ampio
margine di manovra: ogni avvicinamento degli Stati Uniti all’Unione Sovietica provoca fra i cinesi la

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sensazione di isolamento e viceversa ogni avvicinamento degli Stati Uniti alla Cina provoca tra i sovietici la
stessa sensazione. Il forte rapporto tra le due potenze comuniste si deteriora gradualmente a partire dalla
seconda metà degli anni ’50: Mao perde fiducia nell’URSS come benefattore economico e si imbarca in un
massiccio programma, il “Grande Balzo in avanti”, per raggiungere l’autosufficienza economica; nel
frattempo Chruscev nel 1959 nega l’invio del prototipo dell’atomica e dell’assistenza sovietica al
programma nucleare cinese; inoltre, nel timore di una guerra nucleare, ripudia la dottrina dell’inevitabilità
del conflitto tra il blocco comunista e quello capitalista ; questo avvicinamento di interessi tra statunitensi e
sovietici, preoccupa la Cina, che non vuole restare economicamente sottosviluppata, militarmente debole e
diplomaticamente isolata. La crescente spaccatura diventa incolmabile durante gli anni ’60, finchè il 2
marzo 1969 la “guerra di parole” tra Mosca e Pechino degenera in una guerra vera e propria: forze militati
sovietiche e cinesi si scontrano in un conflitto di frontiera. In questo clima di tensione gli USA possono
inserirsi nel contrasto:
USA-URSS: il miglioramento dei rapporti tra le due superpotenze si concretizza nel settore degli armamenti,
nel quale la competizione è divenuta estremamente costosa. Tra il 1969 e il 1971 vengono studiati gli
accordi per la limitazione degli armamenti strategici: il 26 maggio 1972 Nixon e Breznev firmano lo
Strategic Arms Limitation Treaty (SALT) ; svolta importante che determina l’inizio della DISTENSIONE.
USA-CINA: nel timore di quella che ormai Mao considera la minaccia sovietica, la Cina accoglie i segnali
amichevoli da parte degli Stati Uniti. Il miglioramento delle relazioni sino-statunitensi si concretizza nella
DIPLOMAZIA DEL PING-PONG, che nasce quando, rimosse nel marzo 1971 tutte le restrizioni
statunitensi sui viaggi in Cina, il governo cinese invita una squadra americana di ping-pong che si trova in
Giappone. A giugno Nixon revoca l’embargo ventennale sulla Cina; a luglio Kissinger si reca segretamente
a Pechino. Nel febbraio 1972 Nixon è il primo Presidente statunitense nella storia a viaggiare in Cina: tale
apertura crea margine di manovra per gli USA ed evita l’isolamento della Cina.
Dal settembre 1972 solo 39mila addetti militari statunitensi rimangono in Vietnam del Sud. Il 27 gennaio
1973 viene firmato l’accordo per il cessate il fuoco, poco dopo l’inizio del secondo mandato di Nixon: gli
USA si impegnano a rimuovere tutte le forze armate entro 60 giorni. Ho Chi Minh, morto nel 1969, non vive
abbastanza per vedere il trionfo militare del suo paese nel 1975 e la riunificazione del Vietnam l’anno
seguente. Gli Stati Uniti escono sconfitti: 58mila soldati hanno perso la vita e centinaia di migliaia di
sopravvissuti hanno sopportato a lungo ferite o menomazioni fisiche; i costi esorbitanti della guerra sono
arrivati a 50 miliardi di $ l’anno. Nasce la “sindrome del Vietnam”= la riluttanza a utilizzare la forza
militare all’estero per perseguire interessi statunitensi.

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39. ASCESA E CADUTA DELLA DISTENSIONE


La massiccia campagna di riarmo intrapresa dall’Unione Sovietica mira al raggiungimento della parità
strategica con gli Stati Uniti: alla fine degli anni ’60 l’arsenale sovietico di ICBM conta 1050 unità contro le
1054 statunitensi. Nel 1967 il Segretario alla Difesa statunitense McNamara giunge a considerare
l’emergente condizione di parità nucleare tra le due superpotenze come un elemento positivo per la stabilità
mondiale: USA e URSS hanno raggiunto la condizione di “mutua distruzione garantita” (Mutual Assured
Destruction, MAD)= la capacità di distruggere più di un quarto della popolazione nemica e oltre la metà
delle sue industrie in caso di rappresaglia contro un’offensiva iniziale ; questa reciproca vulnerabilità
paradossalmente garantisce ad entrambe le parti quella sicurezza minima necessaria al raggiungimento di un
progresso nei negoziati per il controllo degli armamenti. Tuttavia alcuni avvenimenti impediscono tali
discussioni durante il mandato di Johnson, in primis l’intervento americano in Vietnam: la decisione del
Presidente di sospendere i bombardamenti nella primavera 1968 sblocca la situazione ; il 19 agosto 1968 il
governo sovietico invita quello statunitense a un summit a Mosca, ma quando i carri armati entrano in
Cecoslovacchia, Johnson declina l’invito in segno di protesta simbolica (anche se la tacita accettazione di
Washington dell’ingerenza sovietica a Praga, viene molto apprezzata a Mosca e mantiene viva la speranza di
discussioni sul controllo degli armamenti). Il 1° luglio 1968 USA, URSS e GB firmano il TRATTATO DI
NON PROLIFERAZIONE (NPT) impegnandosi a non fornire armi o tecnologie per produrle ai paesi non
nuclearizzati. Nel 1969 l’avvento dell’amministrazione Nixon a Washington e il contemporaneo trionfo di
Breznev a Mosca, preparano le condizioni per un significativo progresso nel controllo degli armamenti
strategici: il primo incontro si tiene a Helsinki il 17 novembre 1969, seguito da sei sessioni tenutesi a turno
nella capitale finlandese e a Vienna. Dopo due anni e mezzo di negoziati e mentre Nixon diventa il primo
Presidente statunitense, dai tempi di Roosevelt a Yalta, a recarsi in Unione Sovietica, un accordo è pronto
per essere firmato: il 26 maggio 1972 i due leader firmano il Trattato per la limitazione degli armamenti
strategici (Strategic Arms Limitation Treaty, SALT). Il SALT I, restringendo a 1618 i missili balistici
intercontinentali (ICBM) sovietici contro i 1054 americani e a 950 i missili balistici lanciati da sottomarino
(SLBM) sovietici contro i 710 americani, sembra a prima vista attribuire un vantaggio all’Unione Sovietica.
Di fatto però gli Stati Uniti godono di 3 vantaggi: una flotta di bombardieri a lungo raggio quantitativamente
e qualitativamente superiore, capace di trasportare le testate nucleari sui bersagli sovietici; il deterrente
nucleare britannico allineato alla strategia statunitense; una superiorità tecnologica decisiva nella
costruzione delle testate. Il trattato SALT I rappresenta la prima effettiva limitazione della corsa agli
armamenti nucleari dalla fine degli anni ’40.
DE GAULLE, leader del libero governo francese in esilio durante la seconda guerra mondiale, dopo essersi
dimesso nel 1946, viene richiamato al potere nel 1958 per salvare la Francia dal caos politico causato dal
disastroso sforzo per risolvere la questione algerina:
in ALGERIA sono presenti oltre 1 milione di francesi non disposti ad abbandonare i propri privilegi: lo
scontro con il Fronte di liberazione nazionale culmina nella battaglia di Algeri (1957), vinta con metodi
brutali dai francesi. La costituzione del comitato di salute pubblica da parte dei coloni più oltranzisti, che
sembra preannunciare un colpo di stato militare in Francia, mette in crisi definitivamente la 4° repubblica.
Torna così al potere De Gaulle, che reagisce duramente alla campagna terroristica condotta in Francia dagli
oltranzisti di destra dell’OAS (Organisation Armèe Secrète). Nel 1962 l’Algeria ottiene l’indipendenza.
Dopo essersi liberato dal fardello coloniale e aver aumentato notevolmente i poteri del Presidente a spese del
Parlamento, De Gaulle si concentra su due obbiettivi: riportare la Francia al rango che le spetta di potenza

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preminente in Europa ed emancipare l’Europa dall’egemonia esercitata dalle due superpotenze. Inoltre egli
sostiene che l’Europa non debba affidare la propria sicurezza agli Stati Uniti, i quali hanno ormai cessato di
essere lo “scudo” per rallentare l’avanzata comunista ; la dottrina strategica di Eisenhower della Massive
Retaliation non rappresenta per De Gaulle una risposta al problema della sicurezza europea; ma non trova
soddisfacente neanche la dottrina di Kennedy della RISPOSTA FLESSIBILE = non rappresaglia massiccia,
ma risposta proporzionata e convenzionale alla minaccia dei paesi del Patto di Varsavia: il timore è che la
scomparsa dell’impegno incondizionato di deterrenza nucleare statunitense possa invogliare l’Unione
Sovietica a ingaggiare una guerra convenzionale in Europa. Nel giugno 1985 De Gaulle propone una
radicale ristrutturazione della NATO per rafforzare il ruolo della Francia, creando un direttorio interno
tripartito composto da USA, GB e Francia: quando la proposta viene respinta da Washington, De Gaulle
cerca allora di aumentare l’influenza francese al di fuori della NATO con il progetto FORCE DE FRAPPE =
forza d’attacco nucleare indipendente dotata di 62 bombardieri Mirage IV. L’obbiettivo principale della
force de frappe è politico piuttosto che militare, mirando ad aumentare il prestigio e il potere della Francia
affinché essa assuma il ruolo di terza forza rispetto alle due superpotenze e il ruolo di guida di un’Europa
occidentale libera dal controllo statunitense. Il 14 gennaio 1963 De Gaulle pone il veto alla richiesta di
ammissione della Gran Bretagna nella CEE, definendola il “cavallo di Troia statunitense”, cioè lo strumento
con cui gli USA possono esercitare la loro influenza in Europa. Nel frattempo, nel tentativo di creare un
progetto di indipendenza europea, rafforza i legami con la Germania, firmando il 23 gennaio 1963 con il
Cancelliere Adenauer il TRATTATO DELL’ELISEO, che prevede la collaborazione franco-tedesca su
questioni di sicurezza ; tuttavia l’accordo è reso innocuo da un preambolo che riafferma la lealtà della
Repubblica Federale agli Stati Uniti (5 mesi più tardi, con le dimissioni di Adenauer, il progetto per un asse
Parigi-Bonn viene lasciato cadere). Il 7 marzo 1966 De Gaulle annuncia a Johnson l’allontanamento delle
forze militari e aeree francesi dalla NATO (esce solo dal braccio militare, rimanendo membro del Patto
atlantico). Tutti i tentativi di rompere il sistema bipolare internazionale falliscono: la rivolta studentesca e gli
scioperi del ’68 scuotono la V Repubblica e le difficoltà finanziarie costringono il governo De Gaulle ad
accettare l’assistenza anglo-americana; inoltre l’invasione della Cecoslovacchia rappresenta un duro colpo,
visto che l’attenuazione dei legami con gli Stati Uniti dipendeva anche da un allentamento da parte di Mosca
della morsa sull’Europa dell’Est: De Gaulle rassegna le proprie dimissioni nell’aprile 1969, facendo crollare
il progetto di distensione in un’Europa guidata dalla Francia ed emancipata dalle due superpotenze. Ma la
chiave della distensione non va cercata a Parigi, bensì a Bonn: sotto la gestione del Cancelliere Adenauer dal
1949 al 1963, la Repubblica Federale rifiuta di riconoscere la Repubblica Democratica, e mira alla
riunificazione del paese attraverso libere elezioni, che certamente porterebbero all’assorbimento dello stato
comunista dell’Est. Il successore Erhard riafferma questa politica di forza nei confronti dei paesi comunisti
dell’Est, fino a che nel dicembre 1966 viene costituito un nuovo governo di coalizione che porta al
Ministero degli Esteri il socialdemocratico Brandt, il quale incarna un nuovo approccio alla politica estera
nei confronti del blocco sovietico: egli è convinto che un miglioramento delle relazioni tra Germania Ovest
e blocco comunista spianino la strada alla riunificazione dei due stati tedeschi. Durante il 1967 Brandt
muove i primi passi della sua nuova OSTPOLITIK (politica orientale) ripristinando legami diplomatici con
Romania e Jugoslavia, nonostante entrambe abbiano riconosciuto la Germania Est (ripudiando così la
dottrina Hallstein = qualunque relazione diplomatica intrattenuta da un paese terzo con la Repubblica
Democratica Tedesca è da considerarsi un atto ostile e porta all'immediata interruzione delle relazioni
diplomatiche), e riapre le relazioni commerciali con i paesi dell’Est. Dopo un arresto temporaneo
dell’apertura verso Est a seguito dell’intervento militare in Cecoslovacchia nel ’68, Brandt riprende la sua
Ostpolitik: il 28 novembre 1969 dimostra le sue buone intenzioni nei confronti dell’Unione Sovietica

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firmando il trattato di non proliferazione; è il primo Cancelliere tedesco occidentale a visitare la Germania
Est nel marzo 1970; il 20 agosto 1970 a Mosca firma un trattato bilaterale di non aggressione, che include
l’impegno a riconoscere lo status quo in Europa (inclusi i discussi confini occidentali della Polonia e il
confine tra le due Germanie); il 7 dicembre 1970 sigla a Varsavia il riconoscimento della linea Oder-Neisse
e come gesto simbolico visita il ghetto di Varsavia e rende omaggio alle vittime del nazismo. A seguito di
tutte queste aperture, la dirigenza sovietica decide di sacrificare Ulbricht nell’interesse della distensione,
sostituendolo il 3 maggio 1971 con il più condiscendente Honecker. Il 21 dicembre 1972 i due paesi firmano
il TRATTATO DI BASE, che prevede l’espansione delle relazioni culturali ed economiche e lo scambio di
missioni diplomatiche. Quando il trattato di Base viene ratificato dalla Germania Ovest l’11 maggio 1973, la
Germania Est ottiene finalmente il riconoscimento diplomatico (gli USA temporeggiano fino al 4 settembre
1974). Il culmine di questa trasformazione storica si ha il 18 settembre 1973, quando i due stati tedeschi
entrano alle Nazioni Unite. L’Ostpolitik della Germania Ovest completa il tentativo di Nixon e Kissinger di
una distensione mondiale fra i due blocchi ; la DISTENSIONE viene intrapresa dagli USA perché la
politica perseguita fino ad ora non è più sostenibile; anche l’URSS sceglie la strada della distensione, poiché
trova ancora meno sostenibili i costi della corsa agli armamenti, aggravati dai costi relativi alla gestione dei
paesi satellite e da un crollo di immagine dovuto all’episodio della Primavera di Praga

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40. PRIMAVERA DI PRAGA


Nel gennaio ’68 il segretario del partito, lo staliniano Novotny, viene rimosso e sostituito da Dubcek,
comunista dissidente. La Cecoslovacchia vive una stagione di radicale rinnovamento politico e di esaltante
fermento intellettuale. Dubcek, pur non avendo intenzione di uscire dal patto di Varsavia, costituisce una
minaccia per l’URSS, preoccupata per gli effetti sugli altri stati del blocco orientale. Il momento culminante
della cosiddetta primavera di Praga ha luogo il 21 agosto 1968, quando le truppe sovietiche occupano Praga
ed il resto del paese ® è fortemente simbolica l’immagine dei carri armati che affrontano la protesta
studentesca. Per giustificare l’intervento delle forze armate si usa la DOTTRINA BREZNEV o DOTTRINA
DELLA SOVRANITA’ LIMITATA, secondo cui è necessario intervenire nei paesi satelliti qualora essi
siano minacciati da forze ostili al socialismo; inoltre a nessuna nazione è consentito lasciare il Patto di
Varsavia o disturbare il monopolio del potere da parte del partito comunista.
Durante l’incontro a Mosca del maggio 1972 Breznev e Nixon prendono accordi per procedere alla
Conferenza per la sicurezza e la collaborazione in Europa (CSCE) e ai negoziati sulla mutua e bilanciata
riduzione delle forze (Mutual and Balanced Force Reductions, MBFR). Mentre i negoziati procedono per
due anni, Nixon si dimette dal suo incarico nell’agosto 1973 a seguito dello scandalo Watergate (scoperta di
attività illegali da parte dell'amministrazione Nixon durante la campagna elettorale presidenziale del 1972, e
conseguente tentativo di ostruzione della giustizia da parte dello stesso Presidente). Così è il successore
FORD ad incontrare Breznev alla CONFERENZA DI HELSINKI del 1° agosto 1975, durante la quale viene
firmato l’Atto Finale della Conferenza per la Sicurezza e la Collaborazione in Europa, considerato da molti
come coronamento della distensione. Le proposte sottoposte alla conferenza vengono divise in 3 categorie o
CESTI:
1. riconoscimento formale dell’inviolabilità delle frontiere e dell’integrità territoriale di ogni stato sovrano in
Europa (= riconoscimento degli stati così come sono usciti dalla seconda guerra mondiale). Il primo cesto
rappresenta il principale trionfo del blocco comunista, che ottiene il riconoscimento delle acquisizioni
territoriali postbelliche di Polonia, Cecoslovacchia e Unione Sovietica, nonché l’annessione di Estonia,
Lettonia e Lituania del 1940;
2. insieme di provvedimenti per l’estensione della collaborazione intereuropea per il commercio, l’industria,
la scienza e la tecnologia, pensati per ridurre le tensioni tra Est e Ovest;
3. difesa dei diritti umani e rispetto delle libertà politiche quali la Carta Atlantica e la Dichiarazione
sull’Europa liberata ® in cambio del tanto desiderato riconoscimento da parte dell’Occidente dello status
quo territoriale europeo, il Cremlino è costretto al rispetto dei diritti umani.
Le dimissioni forzate di Nixon non fermano il progresso dei negoziati sul controllo delle armi strategiche:
Ford, che ha poca esperienza negli affari esteri, mantiene in carica il Segretario di stato Kissinger, il quale
vola a Mosca nel gennaio 1976 per presentare la proposta finale per il trattato SALT II. I negoziati vengono
però rallentati da varie questioni: Kissinger protesta per la presenza sovietico-cubana in Angola, mentre
Mosca è risentita per la sua esclusione dai negoziati di pace in Medio Oriente; inoltre alcune proposte
dell’amministrazione Ford per il controllo degli armamenti si rivelano inaccettabili per i sovietici (es.
aumentare il limite di missili Cruise, velivoli in miniatura privi di pilota che superano il controllo radar, ma
che i russi non sono ancora riusciti a perfezionare). Nel frattempo all’interno degli Stati Uniti si cerca di
impedire all’amministrazione di fare ulteriori concessioni nel campo del controllo degli armamenti, tanto
che il repubblicano Reagan accusa la politica estera “Ford-Kissinger” di mettere a repentaglio la sicurezza
nazionale statunitense ignorando l’aggressività dell’Unione Sovietica. Colpito dagli attacchi del suo stesso

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partito e timoroso di apparire debole di fronte all’URSS, nel marzo 1976, mentre si prepara a lanciare la
propria campagna elettorale, Ford annuncia che sta per abbandonare il termine “distensione”, e in aprile
decide di interrompere in negoziati SALT II per il resto del suo mandato. L’elezione del Presidente
CARTER nel gennaio 1977 porta alla Casa Bianca un uomo con un’esperienza di politica estera ancora
minore rispetto a quella di Ford. Carter rimprovera Nixon di aver danneggiato l’immagine degli USA e per
questo già durante la sua campagna elettorale annuncia di voler riportare moralità nella politica estera
statunitense (i suoi slogan sono: “no more Watergate, no more Vietnam”). Così si gioca subito la carta dei
diritti umani: per costringere l’Unione Sovietica a rispettare i diritti umani è però necessario che gli Stati
Uniti stessi li rispettino ; per questo gli USA devono mettere pratica la politica dei diritti umani con tutti,
amici e nemici, e ciò si realizza tagliando gli aiuti economici e militari ai paesi che violano i diritti umani,
smettendo di abbracciare qualsiasi dittatore purchè anticomunista. La politica dei diritti umani e della
distensione è fortemente sostenuta dal Segretario di stato Vance, ma si scontra con il sostegno ad un ritorno
della politica del contenimento da parte del Consigliere per la Sicurezza Nazionale Brzezinski, un emigrato
polacco che vede l’URSS come una potenza intrinsecamente espansionista, che approfitta della fase di
distensione per allargarsi sulle periferie. Carter non riesce a creare sinergia tra queste due visioni opposte. Il
SALT II, firmato il 18 giugno 1979, non viene ratificato dal Senato a causa di un mutamento dello scenario
internazionale che accresce il senso di vulnerabilità e di perdita di prestigio nel mondo, e che spinge Carter a
considerare vincenti le posizioni di Brzezinski:
nel 1977 Carter fa approvare il TRATTATO DEL CANALE DI PANAMA, che ne restituisce la sovranità ai
panamesi (l’ultima nave statunitense passa nel 1999);
l’11 novembre 1975 l’ANGOLA si dichiara indipendente. Nonostante una fazione sia appoggiata da soldati
cubani, il Senato americano rifiuta di aiutare le fazioni oppositrici: la nuova Repubblica popolare
dell’Angola rende pubblico il suo orientamento marxista e l’8 ottobre 1976 firma un trattato ventennale di
amicizia con l’Unione Sovietica. Ciò non rappresenta necessariamente una vittoria sovietica, tanto che gli
investimenti statunitensi in Angola non vengono ostacolati; tuttavia l’amministrazione Ford interpreta la
guerra civile angolana nella peggiore luce possibile, descrivendo la forza di spedizione cubana come
emanazione di Mosca e condannando l’intervento sovietico in quanto violazione dello spirito di distensione.
La preoccupazione maggiore è che il successo sovietico in Angola spinga altri movimenti di liberazione nel
Terzo Mondo a cercare il sostegno sovietico;
quando nel ’78 Brzezinski annuncia la fine della distensione, si riferisce alla vicenda africana del conflitto
tra Etiopia e Somalia nel CORNO D’AFRICA, sostenendo che “la distensione è affondata nelle sabbie
dell’Ogaden”: l’imperatore etiope Selassiè, a lungo sostenitore degli Stati Uniti, viene rovesciato da un
colpo militare che pone al potere, nel febbraio 1975, il colonnello Mengistu, il quale vira nettamente a
sinistra chiedendo supporto a Mosca e all’Avana. Nel frattempo la Somalia decide di sfruttare la caotica
situazione etiope per rivendicare la provincia etiope dell’Ogaden, abitato da una maggioranza di etnia
somala. Poiché la Somalia ha firmato nel 1974 un trattato di amicizia con l’Unione Sovietica, quest’ultima si
trova nell’imbarazzante situazione di decidere chi appoggiare nel crescente conflitto nel Corno d’Africa.
Quando le truppe somale invadono l’Ogaden nella primavera del ’77, Breznev opta per appoggiare l’Etiopia,
presumibilmente per la sua popolazione più numerosa e per le dimensioni maggiori. Di conseguenza la
Somalia effettua una brusca inversione della propria politica estera, espellendo tutti i consulenti sovietici e
cubani, ripudiando il trattato di amicizia somalo-sovietico e chiedendo il supporto statunitense: gli USA
esitano ad appoggiare la Somalia, consapevoli di ricevere la richiesta dell’aggressore ; Brzezinski propone
di inviare una forza navale nella regione per evitare l’espansione sovietica, mentre per Vance i sovietici non
hanno mire espansionistiche, considerando la vicenda come una crisi locale. In questa fase Carter appoggia

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Vance, anche se sono forti le preoccupazioni per la minaccia sovietica. Su richiesta di Mosca le forze etiopi
interrompono la controffensiva evitando di sconfinare in territorio somalo, ed il conflitto finisce nel ’78 con
entrambi i regimi al potere e nessun cambiamento territoriale;
il teatro della svolta è però l’Asia: il 25 dicembre 1979 l’Unione Sovietica invade l’AFGHANISTAN,
rovesciando Amin (il cui governo non era considerato scomodo dagli USA) e insediando il governo
filocomunista di Kemal à è il primo intervento sovietico armato in uno stato non satellite, un paese libero e
non allineato, ma nonostante sia un’aggressione, essa non è espressione di una politica espansionistica, bensì
di una politica di sicurezza: Amin attua una politica vicina alla Cina, al Pakistan e di riavvicinamento agli
USA, ma l’URSS non vuole perdere l’Afghanistan come stato amico, per la sua importanza in quanto stato
cuscinetto. Mentre i sovietici insediano il nuovo governo, una coalizione di fondamentalisti islamici
organizza un’insurrezione contro il governo Karmal: ciò determina la diserzione di un terzo dell’esercito
afgano in favore dei ribelli e dunque richiede lo spiegamento di ulteriori truppe sovietiche, fino a
raggiungere le 100 mila unità nella primavera del 1980. il governo statunitense reagisce con indignazione,
informando Breznev che la presenza di forze sovietiche in quel paese avrebbe danneggiato ciò che restava
dello spirito della distensione. Il Cremlino ignora gli avvertimenti, pensando che gli USA avrebbero
acconsentito tacitamente come in Ungheria nel 1956 e in Cecoslovacchia nel 1968: invece gli Stati Uniti si
uniscono a Egitto, Pakistan e Cina per fornire assistenza militare coperta alla resistenza islamica (scompare
la priorità per la difesa dei diritti umani); impongono sanzioni all’URSS (embargo alle esportazioni di grano,
restrizioni all’accesso alle acque statunitensi adibite alla pesca e alle esportazioni di alta tecnologia);
propongono il boicottaggio i Giochi Olimpici di Mosca del luglio 1980 (sono per lo più i paesi del Terzo
Mondo a boicottare, eccetto i paesi africani che non erano stati appoggiati dagli USA nel boicottaggio di 4
anni prima contro l’apartheid). Carter aumenta il budget per la difesa, rinvia la ratifica del SALT II e porta la
questione in seno alle Nazioni Unite à il Consiglio di Sicurezza non riesce a esprimersi per il veto sovietico,
ma l’Assemblea Generale chiede il ritiro dell’Unione Sovietica, e ciò è interessante perché esprime la
volontà di molti paesi di nuova indipendenza, che evidentemente temono che si sia creato un pericoloso
precedente (appoggiano i sovietici solo i paesi ad essa allineati e l’India). Carter considera ormai
l’operazione militare sovietica come l’ultima goccia di una serie di atti di aggressione per mezzo dei quali
l’Unione Sovietica cerca di sfruttare “l’era dei buoni sentimenti”, così nel gennaio 1980 egli svela la
DOTTRINA CARTER: gli Stati Uniti considerano il Golfo Persico così importante per la propria sicurezza
che da ora in poi negheranno a qualsiasi potenza straniera il controllo della regione, con ogni mezzo
necessario, incluso l’intervento militare. Al momento di lasciare la Casa Bianca nel 1981, Carter si è
trasformato, da strenuo sostenitore dei diritti umani e della distensione, in un acceso oppositore della
minaccia dell’espansionismo sovietico. Le truppe sovietiche vengono bloccate in una fase di stallo dai
mujaheddin musulmani, che continuano a ricevere armi statunitensi e cinesi attraverso il Pakistan.
L’amministrazione Reagan aumenta il coinvolgimento militare statunitense fornendo il più avanzato missile
manuale, lo Stinger. Con l’aumentare delle vittime sovietiche molti osservatori iniziano a riferirsi alla
situazione afghana come alla versione sovietica del Vietnam. Gorbacev informa privatamente Reagan della
sua intenzione di ritirarsi dall’Afghanistan durante il loro primo incontro al summit di Ginevra del novembre
1985: nel febbraio 1988 il Cremlino annuncia pubblicamente l’intenzione di ritirarsi entro un anno, e nel
febbraio 1989 l’ultimo soldato sovietico lascia il paese;
un altro duro colpo accusato dagli Stati Uniti proviene dall’IRAN: nel gennaio 1979 lo shah lascia il paese, e
il potere va nelle mani dell’ayatollah Khomeini, che trasforma il paese da monarchia laica e moderna in
repubblica fondamentalista islamica. Tutti i legami tra Iran e Stati Uniti vengono troncati di colpo; i vasti
interessi economici statunitensi vengono confiscati; il personale militare e di intelligence statunitense viene

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espulso; i membri filostatunitensi della vecchia èlite politica e militare che non riescono a fuggire vengono
imprigionati o uccisi: Teheran non avrebbe più ricoperto il ruolo di surrogato degli USA nel Golfo Persico
assegnatogli da Nixon; al contrario, l’Iran avrebbe guidato i gruppi islamici contro il cosiddetto “Grande
Satana”. Quando militanti iraniani sospettano un complotto statunitense per rimettere lo shah sul trono, il 4
novembre 1979 centinaia di essi si precipitano all’ambasciata statunitense a Teheran, prendendo in ostaggio
69 membri del personale diplomatico e consolare. La CRISI DEGLI OSTAGGI consuma l’amministrazione
Carter per il resto del suo mandato, fino a quando non vengono liberati nel gennaio 1981, con
l’insediamento di Reagan.

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Indice
1. Dopo la prima guerra mondiale 1
2. TRATTATO DI VERSAILLES 3
3. ALTRI TRATTATI 5
4. CONFERENZA DI WASHINGTON – Il Pacifico 6
5. POLITICA ESTERA FRANCIA 7
6. RUSSIA 8
7. PIANO DAWES 10
8. TRATTATI DI LOCARNO 1925 11
9. CRISI DEL ‘29 14
10. Conferenza sul Disarmo Terrestre – Ginevra 1932 15
11. REAZIONE; IL FRONTE DI STRESA - 1935 17
12. CONSEGUENZE 1936: 18
13. Nuova fase della politica tedesca 19
14. Guerra civile spagnola 1936 20
15. I rapporti tra Germania e Paesi dell’Est 21
16. SITUAZIONE POSSIBILI ALLEATI GB 23
17. Patto Molotov-Ribbentrop - 1939 24
18. Patto d’Acciaio – 22 maggio 1939 25
19. FASI DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE 26
20. La SECONDA FASE della guerra 29
21. TERZA FASE: LE GRANDI CONFERENZE INTERALLEATE 31
22. LE ORIGINI DELLA GUERRA FREDDA 34
23. I 3 pilastri della dottrina Truman 38
24. IL 1948 40
25. Patto Nordatlantico 42
26. Nascita della Repubblica Popolare Cinese 44
27. Isolamento diplomatico del governo sudcoreano 46
28. Piano Pleven e strategie militari in occidente 47
29. Passaggio da Truman a Eisenhower 49
30. La morte di Stalin 1953 50
31. Ungheria 52
32. Crisi di Suez 53
33. Dottrina Eisenhower 54
34. Questione Berlino 55
35. Aree fulcro durante la presidenza Kennedy: AMERICA LATINA - INDOCINA - 56
36. Cuba. La crisi dei missili 57
37. Indocina 59
38. Coinvolgimento statunitense in Vietnam può essere diviso in 4 fasi 60
39. ASCESA E CADUTA DELLA DISTENSIONE 64
40. PRIMAVERA DI PRAGA 67

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