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Coltivazioni Erbacee

di Carla Cavallo
Appunti relativi al corso di Coltivazioni Erbacee tenuto dal professore C.
Ruggiero, all'interno del corso di laurea magistrale in Scienze e Tecnologie
Agrarie della Facoltà di Agraria dell'Università degli Studi di Napoli "Federico
II". Gli appunti offrono un'accurata classificazione e descrizione di tutti i tipi di
coltivazioni erbacee (piante alimentari, piante industriali e piante foraggere).

Università: Università degli Studi di Napoli - Federico II


Facoltà: Agraria
Corso: Scienze e Tecnologie Agrarie
Docente: C. Ruggiero
Carla Cavallo Sezione Appunti

1. Cereali
Fam. Graminaceae o Poaceae. Sono monocotiledoni.
Cereali: piante il cui prodotto, granella o altri materiali che si conservano allo stato secco e vengono
destinati all’alimentazione soprattutto sotto forma di farine
Sono importanti per la conservazione, hanno un gusto neutro, hanno eccellente equilibrio tra proteine e
carboidrati. È però scarso contenuto di amminoacidi come lisina e triptofano e di sali minerali.
L’uomo si è evoluto con questi alimenti, infatti gli africani hanno un intestino più lungo (alimentazione a
base di sorgo) i bianchi un po' di meno (frumento) e i cinesi ancora più corto (riso).
Tra i cereali si annoverano anche piante che non fanno parte delle Poaceae come: grano saraceno
(Polygonaceae), quinoa (Chenopodiaceae).
Cereali maggiori: mais. Frumento e riso.
Cereali minori: orzo, sorgo, miglio, avena e segale.
Piante a ciclo autunno-vernino (microterme): frumento, avena, segale, triticale, orzo.
Ciclo primaverile-estivo (macroterme): mais, riso, miglio, sorgo, quinoa, grano saraceno.

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2. Famiglia Poaceae
Caratterizzate da morfologia simile:
Frutto: cariosside (frutto secco indeiscente), frutti riuniti in spighette inserite sul rachide in modo alternato
Infruttescenza: spiga (peduncolata o sessile)
Fusto: culmo. I fusti sono riuniti in cespo perchè quasi tutte possono accestire.
Foglie: lanceolate, sessili e parallelinervie. Munite di ligula e auricole.
Radici fascicolate. Costituite da due serie di radici:
Seminali: nascono da seme dopo la germinazione (da 3 a 8) sostengono le piante nella prima fase dello
sviluppo
Avventizie: si sviluppano successivamente dai rami dei culmi
Germinazione: emissione radichette
Emergenza: fuoriuscita della piumetta
Accestimento: produzione di nuovi germogli
Levata: i rami si sviluppano velocemente. Sottofase “botticella”: si forma la spiga all’apice e la pianta
presenta un rigonfiamento
Spigatura: si rende evidente la spiga (sviluppo determinato)
Fecondazione: cleistogama, interna.
Ingrossamento della granella
Maturazione: più livelli:
Maturazione lattea: granella già sviluppata, materiale interno ancora non indurito. Massimo accumulo di
sostanza secca
Maturazione cerosa: non fuoriesce il liquido ma la granella si intacca ancora con l’unghia
Maturazione fisiologica: le spighette si staccano.
In genere si raccoglie a valori di umidità del 13-15% (20-22% nel caso del mais). La conservabilità
maggiore ad umidità del 13-15 %, a valori maggiori si sviluppano funghi.

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3. Frumento
Grani di forza: frumenti più ricchi di proteine di quelli normali, pasta più elastica e di migliore qualità, (la
pasta non scuoce perché non fuoriesce l’amido se si è formata una specie di retina intorno).
I frumenti duri sono aristati, mentre i teneri possono essere anche mutici.
Il culmo è pieno nell’ultimo internodo del frumento duro.
Oggi abbiamo frumenti teneri che non superano i 30-40 cm per evitare l’allettamento (si può concimare con
+ azoto).
Densità: 400-450 spighe/m2.
La cariosside presenta un solco al centro che divide la parte apicale da quella basale, qui si vanno ad
annidare carboni e carie. In realtà è un ovario e non un frutto: il tegumento esterno è la crusca, all’interno
c’è la farina (nel caso del frumento duro essa è chiamata semola). Solo nel germe ci sono grassi (oli) per il
resto il frumento ne è povero. Sali minerali contenuti: calcio, fosforo e potassio.
Se si rompe la cariosside si vede una parte farinosa (grano tenero) o traslucida (nel duro, se c’è una parte
farinosa la granella è bianconata), la bianconatura è un carattere distintivo del frumento duro. Questo
dipende dall’andamento climatico, dalla nutrizione azotata.

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4. Caratteristiche morfologiche del frumento


Caratteristiche morfologiche del frumento

Apparato radicale fascicolato, le radici seminali sono 3-5. Con l’accestimento si sviluppano radici
avventizie.
Il fusto si comincia a vedere dopo l’accestimento. Incannatura: levata. Il numero di nodi e di internodi e di
foglie è un fattore fisso.
Le foglie sono parallelinervie o lanceolate.
La spiga è costituita da spighette inserite sul rachide.
Il fiore o infiorescenza è monovulare. Lo stigma resta all’interno delle brattee (glume e glumelle).
Il grado di accestimento è maggiore nei grani duri, il colore più intenso è nei grani teneri.

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5. Esigenze climatiche del frumento


Il frumento si adatta molto ai diversi climi, tranne per quelli tropicali perché è una pianta longidiurna.
Germinazione: 2-3°C (optimum 18-20°C). La semina quindi viene fatta tra metà novembre e dicembre, al
massimo si può arrivare a metà gennaio.
Accestimento: riesce a sopportare temperature basse.
Levata: risente molto dei ritorni di freddo quindi al sud conviene anticipare, altrimenti si possono avere
problemi di gelate. Temperature> 8°C.
Spigatura: temperatura tra 15 e 20-25°C
Maturazione: optimum 20-25°C. Metà maggio, max luglio in pianura.
Le esigenze in luminosità sono alte, quindi vanno bene zone ben esposte. Fiorisce a temperature maggiori di
12h (dopo il 21 marzo) Le varietà alternative sono meno sensibili al fotoperiodismo, si usano quando si deve
rimandare di molto la semina (mai oltre metà gennaio).
Il frumento duro ha mediamente esigenze termiche maggiori.

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6. Esigenze idriche del frumento


Normalmente la coltura viene fatta in asciutto perché viene coltivata in periodi piovosi, dove c’è alta
disponibilità idrica si è cercato di irrigare il frumento, ma le piante crescevano troppo alte ed erano molto
soggette all’allettamento. Esigenze minime: 600-800 m3/ha -> 6000 m3/ha.
Quando c’è poca acqua nel periodo di riempimento della cariosside possiamo avere la “stretta”, ci sono
problemi nella migrazione degli elementi nutritivi per cui la granella resta striminzita-> bisogna evitare
varietà precoci. A questo proposito il miglioramento genetico ha cercato di diminuire la fase di maturazione
e non quella iniziale.

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7. Esigenze pedologiche del frumento


Il frumento non ha particolari esigenze. Si hanno alte produzioni con terreni migliori (medio impasto,
argillosi, pH neutro, discreta dotazione di sostanza organica). I frumenti duri preferiscono terreni più
argillosi perchè hanno + proteine ed il fabbisogno di azoto è maggiore (se vengono fatte concimazioni vanno
bene anche i terreni sabbiosi), ma dato ke le produzioni sono minori i fabbisogni globali sono simili al
tenero.
Non va bene un eccesso di sostanza organica per cui non si fanno né letamazioni, né altre concimazioni
organiche, non si fa mai succedere il frumento ad un prato di medica.

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8. Esigenze nutritive del frumento


Per produzioni elevate dobbiamo avere concimazioni elevate.
Per ogni quintale di granella vengono assorbiti 2,5 kg di N; 1-2 kg di P2O5; 1,6-1,7 kg di K2O.
Produzione di 1 ha: 80q/ha (nel sud Italia le medie sono sui 50q/ha).

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9. Avvicendamento
Il frumento va dopo un rinnovo o una miglioratrice perché è una sfruttante.
Rotazione: RINNOVO-SFRUTTANTE-MIGLIORATRICE-RINNOVO (SFRUTTANTE)
Il rinnovo riceve ottime concimazioni, sarchiature e lavorazioni profonde (barbabietola, mais, pomodoro,
patata), lascia il terreno ben lavorato, ricco di elementi nutritivi (sostanza organica già decomposta) e con
poche infestanti.
Il frumento si presta anche alla monosuccessione, bisogna però stare attenti al mal del piede e alle altre
malattie.

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10. Tecnica colturale del frumento


Nel caso di una monosuccessione dopo la trebbiatura si fa un’aratura, dopo la prima pioggia si passa l’erpice
(ma il terreno non deve essere bagnato altrimenti può destrutturarsi). Tra le alternative abbiamo: sod-seeding
(semina su sodo, si fa un diserbo superficiale con Glyphosate) e il minimum tillage (lavorazione minima,
usata per limitare l’erosione del terreno e risparmiare energia), danno però una produzione minore rispetto ai
metodi tradizionali (- 5/10 q/ha). Il diserbo viene fatto 3-4 settimane prima della semina con un diserbante
economico ed efficace. Nel caso di monosuccessione la lavorazione deve essere più profonda (fino a 50 cm),
poi si passano l’erpice e la fresatrice.
Pre-semina: Operazione di falsa semina: si prepara il letto di semina così le infestanti nascono, poi si fa un
trattamento con Glyphosate o Trifluralin (ideale x monocotiledoni)
Pre-emergenza: trattamento che si fa alla semina o al massimo dopo una settimana, si usano prodotti selettivi
ed anti-germinello, non è adatto ad infestanti a ciclo primaverile.
Post-emergenza: trattamento fatto alla 5^ foglia (levata). Si usano prodotti selettivi per le dicotiledoni (anche
i + economici).
La scelta della varietà va fatta in relazione a condizioni termiche ed idriche (rischio di stretta, mal del piede,
ruggine).
Il frumento duro in genere è più alto ed è maggiormente soggetto all’allettamento.
Fittezza: per avere buone produzioni si dovrebbero avere 400-500 spighe/m2 considerando un indice di
accestimento di 1,5 c’è bisogno di un investimento di 300 piante/m2 a cui si aggiunge un 10-15% in più.
Peso medio di 1000 semi: 35-45 gr (tenero) 45-55 gr (duro).
La semina può essere fatta a spaglio o a righe (15-20 x 2-3 cm) con macchine usate per distribuire i
concimi, si usano 1,5-2 q per ha, la tessitura incide sulle perdite: min-sabbioso ben preparato, max: argilloso
non preparato.
Concimazione per produzioni medie: 150 kg/ha di N; 75 kg/ha di P2O5 50 kg/ha di K2O (si omette in
terreni argillosi). L’epoca di concimazione coincide con la semina, infatti al momento di deporre il seme si
affianca una dose di concime (P e K). La concimazione azotata viene divisa: 1/3 alla semina e il resto
dall’accestimento in poi. Può essere dato sotto forma ammonica (diventa azoto nitrico in un tempo che va
una settimana ad un mese), solfato ammonico, urea, fosfato ammonico, non viene data sotto forma nitrica. Il
frumento assorbe N alla fioritura e alla formazione della granella, questo pressupporrebbe delle
concimazioni fogliare che in realtà non vengono fatte perchè costose..
Con terreni acidi non si dà solfato ammonico, se basici non si dà calcio-cianammide. In genere i terreni sono
neutri e sub-alcalini. I concimi fosfatici sono tutti acidi (es. Perfosfato minerale). Spesso viene utilizzata
l’urea perché è la più economica e con temperature alte si trasforma brevemente in nitrato.
La raccolta meccanizzata viene fatta con la mieti-trebbiatrice. Il momento adatto è il 13-14% di umidità
della granella. Il mattino presto non è il momento ideale perché c’è la rugiada.
Produzioni: duro: 30-> 60 q/ha media 35-40 q/ha tenero: 50->80 q/ha media: 60-70 q/ha. In genere sono
più alte al nord perchè i terreni sono più adatti e la meccanizzazione è migliore.

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11. Frumento: qualità del prodotto


Il contenuto proteico è determinante per il grano duro perchè condiziona la resa in semola (direttamente
proporzionali), esse rendono la pasta più elastica. Per il grano tenero il contenuto in proteine è positivo per
l’uso zootecnico, ma è negativo ai fini della panificazione (dal 12 al 18%).
Dopo la molitura abbiamo: crusca, cruschello, semola e farine varie. La resa in farina dipende dal peso
ettolitrico (si usa un cilindro con dimensioni determinate), dipende dal tegumento esterno e la quantità di
materiale interno. I semi grossi in un recipiente pesano di meno (ma in rapporto a quelli piccoli danno più
farina).
La bianconatura viene valutata per il grano duro: al taglio la granella si presenta ambrata, lucente e vitrea. Se
ci sono delle macchie bianche, il prodotto viene svalutato. L’indice di giallo indica il contenuto in caroteni
(+ giallo= + proteine), è indipendente dalla bianconatura, dipende da caratteristiche genetiche.

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12. Avversità alla crescita del frumento


Carie: attacca la cariosside, la granella diventa polverosa. Prevenzione con concia dei semi con antifungini o
antiparassitario (spesso Tiram). Le rotazioni interrompono il ciclo del parassita.
Carbone: attacca tutta la spiga che diventa nera. Si combatte con rotazione e concia del seme.
Fusarium: attacca la spiga, plantule, culmi e foglie. Si manifesta come la verticillosi, la pianta appassisce
perchè si insinua nei vasi xilematici.
Mal del piede: attacca radici e spighe. Le radici si presentano nere a causa di ristagni idrici, per pioggia o
irrigazioni sbagliate o ringrano. Bisogna evitare il ristagno idrico e fare le rotazioni.
Cercospora: attacca normalmente la barbabietola. Bisogna prevenire con rotazione e trattamenti.
Oidio: dà un ammasso bianco ed è favorita da umidità e temperature alte. Si tratta con prodotti a base di
zolfo.
Ruggini: pustole di vario colore (grigia, nera, ecc.) sulle foglie. Bisogna combatterle con varietà resistenti
soprattutto nelle zone umide e poco ventose. Varietà precoci permettono di sfuggire al periodo di maggiore
diffusione di alcune specie di ruggini.
Septoriosi: si combatte con la concia dei semi.
Elateridi: chiamati anche ferretti. Si combattono con trattamento geodisinfestanti a base di
calciocianammide.
Afidi: gradiscono colture molto azotate, per cui bisogna limitarsi nella somministrazione di N.
Tignola: farfalla che allo stato larvale mangia le cariossidi contro la quale si possono fare specifici
trattamenti.
Calandra: punteruolo (coleottero) attacca anche i semi del fagiolo, cece, pisello, ecc. Se si congelano i
fagioli appena raccolti per far morire le uova.

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13. Orzo
Viene usato per l’allevamento animale, a volte anche come insilato, per l’alimentazione umana viene
fermentato per fare la birra.
Alla maturazione cerosa il contenuto di umidità è alto (65-70%) a queste condizioni il materiale è
fermentescibile. In questo caso anche la paglia ha un certo valore nutritivo. La raccolta in questo momento è
ideale per i prodotti che vengono poi insilati
Alla maturazione agraria molti elementi nutritivi migrano dalla paglia alla granella. Gli zuccheri solubili
presenti possono subire una fermentazione malo-lattica e poi vengono quindi insilati.
Le varietà distiche (con due cariossidi) vengono utilizzate per fare la birra, i tetrastici sono meno produttivi,
mentre gli esastici sono usati per produrre granella.
Nome volgare: Hordeum vulgare, la ligula, l’appendice tra guaina e lamina è normale, le auricole invece
sono accavallate. L’accestimento è elevato, il fusto è senza midollo, le spighe sono sempre aristate, la
cariosside è vestita. Peso di 1000 semi: 27 gr (esastico) 56 gr (distici e tetrastici).
Rispetto al frumento è più precoce, per cui meno soggetto alla stretta. Non viene spesso usato negli erbai
perché il fusto e le foglie sono ruvide e quindi poco gradite dagli animali (viene invece usata l’avena).
L’orzo esige temperature maggiori. Resiste bene alla salinità. In genere l’orzo è più alto del frumento per cui
è più sensibile all’allettamento, per questo ha esigenze minori in termini di N. (100-150 kg/ha di N).
Esigenze in K2O: 50 kg/ha.
Per l’orzo da birra vengono usati semi con germinabilità > 95% ed un calibro > 22 mm. Se è ricco di
proteine e -glucani il prodotto sarà più scuro. Azoto: max 80-100 kg/ha. La somministrazione si fa ad inizio
levata (tra gennaio e febbraio).

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14. Avena
Prima era l’alimento principe per gli equini (avenina è stimolante per le funzioni biologiche dei cavalli).
Utilizzo anche per l’alimentazione umana (fiocchi d’avena e fermentazione per whisky).
L’infruttescenza non è una spiga ma una pannocchia peduncolata. Specie: barbata, abissinica, sativa
(coltivata), fatua (selvatica), ecc. Si possono anche distinguere per il colore: rosse, nere (miscugli per
foraggi). Possono anche essere distinte tra cariossidi nude (poco utilizzate e meno produttive) e vestite. Può
essere distinta dalla ligula evidente e dalla presenza della pannocchia. L’Avena bizantina non è molto
coltivata per cui è diventata un’infestante del frumento. L’avena è più alta del frumento, più fogliosa, le
foglie basali non seccano (+ foglie, miglior qualità) ed è più tardiva.
Si adatta di più alle zone umide e a terreni con pH acido, di meno ai climi caldi.
Avversità: allettamento, ruggine e mal del piede.
Nella rotazione occupa il posto della coltura sfruttante. La preparazione del terreno è come il frumento.
Concimazioni: 100-150 kg/ha di N; 50-75 kg/ha di P2O5 no K.
Abbiamo 350-450 spighe/ha da 100-150 semi/ha. La capacità di accestimento è superiore. Epoca di semina:
da fine ottobre a dicembre, ci sono cultivar alternative primaverili usate in Nord-Europa.
Produzioni medie: 25 q/ha, al massimo si raggiungono 50 q/ha. Si raccoglie quando non sono ancora
presenti i semi (prima del riempimento della cariosside) perché questi sono appetibili dai topi.

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15. Segale
Era coltivata nelle zone fredde ed era usata x l’alimentazione umana e per distillati x vodka. È una specie
alta, più sottile del frumento e si presta ad essere intrecciata x fare cappelli.
La spiga è unica, lassa, sempre mutica.
Si adatta bene a terreni poveri, acidi e a climi freddi.
La tecnica colturale è uguale al frumento, ma si anticipa la semina. Ad altitudini di 1000 m si semina a
settembre.
Le esigenze in N sono minori per problemi di allettamento.
Densità di semina: 100-150 kg/ha di seme.
La granella è nuda quindi viene direttamente usata x l’alimentazione degli animali.
Claviceps purpurea: (segale cornuta) si formano cornetti sulle cariossidi che contengono sostanze tossiche
per gli animali, si può prevenire con seme conciato.

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16. Triticale
Incrocio tra frumento e segale fatto per avere un soggetto robusto e più produttivo anche se poi così non è
stato. La cariosside è meno fermentescibile, teoricamente dovrebbe essere più adatta alla lievitazione, ma
non è lo stesso adatto alla panificazione. Viene utilizzato solo per l’alimentazione animale.
Rispetto ad altri cereali è più precoce e presenta una vegetazione più vigorosa. Viene usato per gli erbai
oppure per essere insilato (stato ceroso), o per granella per l’alimentazione umana.

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17. Mais
Uso principale: alimentazione umana, ma è utilizzato anche per la zootecnia.
Può essere usato come base x mangimi, per insilato alla maturazione cerosa, per polenta, pop-corn,
inscatolato, per olio, per a birra, per il whisky, per materiale plastico, per bioenergia.
Il residuo del mais da granella è composto da stocchi che normalmente vengono trinciati e interrati, se c’è
pericolo che vi siano annidate delle pupe, vengono direttamente bruciati. La paglia serve come
alimentazione degli animali o come lettiera.
Sottospecie:
Indurata: semi vitrei e semivitrei, di solito sono concavi. Sono utilizzati per la polenta e per l'alimentazione
degli animali da cortile
Amilacea: cariossidi più morbide
Saccharata: utilizzati per il mais dolce, lessato o arrostito
Everta: si usa per i pop-corn. (cariossidi dure, piccole e traslucide)
Tunicata: vengono utilizzate a scopi genetici
Indentata: le cariossidi sono infossate ed assumono la forma di un dente di cavallo. È la specie più
produttiva
É caratterizzato da un’alta produttività e da una durata della coltura di 5 mesi.
Il miglioramento genetico ha avuto successo con la messa a punto di molti ibridi.

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18. Caratteristiche morfologiche del mais


Il nome scientifico è Zea mays. L’apparato radicale è fascicolato, fusto diviso in nodi e internodi, è più
robusto del frumento e va da 0,5 fino a 6m, il diametro può essere anche di 10 cm, il midollo del fusto è
pieno, i vasi sono evidenti, il fusto non è ramificato, se presenta delle ramificazioni sono chiamate succhioni
che possono essere tagliate e date agli animali (ora questo carattere è stato eliminato con gli ibridi). I fiori
maschili e femminili sono diversificati: abbiamo la bandiera (pannocchia) che è l’infiorescenza staminifera,
mentre quella femminile è lo spadice che si trova al livello della 7^-8^ foglia.
Lo spadice è ricoperto da brattee di colore bianco-rosa di diversa consistenza che si aprono e presenta la
“spiga” con cariossidi inserite in fila su un soggetto chiamato tutolo.
L’impollinazione è anemofila. Lo stigma è portato all’esterno, barba o setole raccolgono il polline e lo
portano all’ovario per essere fecondato. Per far sì che lo stigma fuoriesca ci deve essere un certo turgore
cellulare, con aridità si hanno quindi problemi di fecondazione.
Le radici sono di tipo fascicolato.
Il fusto è pieno, dolce,(per questo motivo è appetito dagli animali) si presta alla fermentazione lattica x
insilato. Ha un midollo con zuccheri semplici fermentescibili.
Le foglie sono parallelinervie con stomi sia sulla pagine inferiore che superiore.
Ci sono rari casi in cui le piante hanno 2 o 3 spighe.

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19. Ciclo vitale del mais


Germinazione
Attecchimento: primo sviluppo della piantina fino a quando raggiunge 5-6 foglie, fase delicata soggetta a
mortalità
Sviluppo vegetativo: 8-10 foglie
Levata: fase rapida, allungamento degli internodi “a cannocchiale”. Termina con la presenza del pennacchio,
successivamente si ha la fuoriuscita della spiga.
Allegagione
Formazione della granella
Maturazione: lattea- cerosa- agraria- di morte. Nel mais per la produzione di granella secca il grado di
umidità tale da essere conservato è sul 15%. Umidità commerciale: 15,5%

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20. Esigenze termiche del mais


È una coltura macroterma.
Germinazione: min.: 12°C -media: 15°C (riferite al terreno)
Ottimo termico: 24-26°C. Temperature >30°C per il mais sono negative.

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21. Esigenze luminose del mais


Il mais è una pianta C4, cioè il prodotto della fotosintesi è un composto a 4 atomi di carbonio,(es: ac. malico
o ac. ossalacetico), non presentano fotorespirazione e quindi sono soggette a minori perdite, la superiorità
delle C4, si manifesta soprattutto ad elevati livelli di temperatura. Sono piante ad alta capacità fotosintetica
ed hanno bisogno di alte quantità di luce, ma non sopportano eccessi di intensità luminosa perchè si hanno
danni ai cloroplasti.
Il mais rende al meglio al Nord Italia e nei climi tropicali.
Temperature < 10°C sono dannose per la pianta, quindi bisogna evitare ritorni di freddo.

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22. Esigenze idriche del mais


Ha bisogno di alti rifornimenti idrici, non sopporta gli stress soprattutto durante: l’allungamento delle sete
(insieme degli stigmi), allegagione, accrescimento della cariosside.
In media secondo le tabelle abbiamo un accrescimento di 1 gr di SS ogni 400 gr di acqua.
Per produzioni di 20t/ha dobbiamo dare 8000 m3/ha di acqua. Più in generale i volumi sono di 3000-6000
m3/ha. Non si utilizzano mai dei metodi localizzati per l’alto numero di piante ad ettaro. Il metodo più
tradizionale è l’ infiltrazione laterale da solchi. Sifonamento: da un canale di testa partono dei sifoni ad ogni
solco: adatto in zone dove c’è abbondanza d’acqua e la manodopera è economica. Se si usa l’aspersione
dobbiamo considerare una gittata di 120-150 cm.
L’umidità dell’aria deve essere tale da permettere un equilibrio tra traspirazione ed assorbimento radicale.
DVP: deficit di vapore dell’aria. In seguito a stress idrico si ha un accartocciamento delle foglie.

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23. Esigenze pedologiche del mais


Il mais non richiede terreni particolari, vanno bene terreni argillosi, sabbiosi, leggermente acidi o alcalini,
anche salsi. Per produzioni ottimali dobbiamo avere terreni profondi e freschi, la tessitura deve essere non
eccessivamente sabbiosa, ricchi di sostanza organica, soffrono ristagni idrici (vanno bene le migliori
pianure).

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24. Avvicendamento colturale del mais


Nella rotazione il mais ha il posto del rinnovo. In genere segue un prato di lunga durata o segue il frumento.
In situazioni particolari si presta bene alla monosuccessione però necessita un attento controllo delle
malerbe, delle concimazioni e delle irrigazioni.
Nel comprensorio della Mozzarella di bufala campana si effettua la coltivazione del mais all’interno di una
rotazione tipica: erbai di loiessa (Lolium italicum) e mais: la loiessa si raccoglie entro aprile, poi si semina il
mais e a settembre viene seminata di nuovo la loiessa.

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25. Produzioni di mais


Granella secca al 15,5% di umidità.
Mais da insilato: prodotto trinciato allo stadio di maturazione cerosa 65-70% di umidità.
Mais dolce: prodotto raccolto a maturazione lattea.
Granturchino: piante coltivate fino all’emissione del pennacchio (80% di umidità) come erbai intercalari
usate come erba fresca.
Abbiamo due tipi principali:
1° raccolto: seminato nella prima primavera dopo un riposo del terreno o preparazione del terreno a fine
inverno e raccolto entro i primi di maggio.
2° raccolto: si raccoglie il frumento tenero ai primi di giugno, si prepara il terreno e poi si semina
utilizzando degli ibridi molto precoci (maggiormente soggetto alla piralide)

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26. Miglioramento genetico del mais


Non abbiamo materiale genetico stabile, ma soltanto ibridi. Questi ibridi possono essere divisi in base al
numero di linee parentali, quindi abbiamo ibridi a 2 linee e a 4 linee. In base al numero di generazioni
abbiamo gli ibridi di 1^, 2^ e 3^ generazione rispettivamente di costo decrescente.
La divisione più interessante ai fini colturali è la divisione in classi in base alla durata del ciclo. Classe 100:
60-70 giorni; classe 1400: 220-230 giorni. Classi 200, 300, 400 con durate intermedie. In genere quanto più
sono precoci, tanto meno sono produttivi.
Classe 100: piante + piccole, coltivate più fitte (10--12 piante/m2) varietà semivitree
Classe 1400: piante più grandi (3-4 piante/m2) varietà dentate
Nella realtà si utilizzano ibridi a ciclo intermedio (400, 500, 600, 700), quelli più brevi (200, 300) vengono
utilizzati per mais da 2° raccolto.
La scelta dell’ibrido viene fatta secondo:
Lo scopo per cui coltiviamo (granella, mais dolce, ecc.)
Precocità dell’ibrido
Produttività
Stabilità produttiva (valore medio indipendente dall’andamento climatico)
Resistenza all’allettamento
Resistenza all’elmintosporiosi (ci sono ibridi molto resistenti)
OGM: ci sono due grandi gruppi quelli resistenti al Glyphosate e quelli resistenti alla piralide
(particolarmente indicati per mais da 2° raccolto)

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27. Tecnica colturale del mais


Minimum tillage: si può fare su terreni di medio impasto e sciolti, prevede lavorazioni ridotte sulla fila ed
altre come la fresatura, con terreni pesanti si usa il ripper.
Semina diretta: si ripulisce il terreno in superficie con Glyphosate 15 giorni prima della semina
In terreni con pianure argillose vengono impostati con aratura a profondità medie (40 cm). L’aratura viene
fatta tra fine marzo ed inizio aprile. Prima dell’aratura viene fatta la letamazione anche in quantità elevate
perché alte quantità di N non danno prblemi di allettamento.
Successivamente vengono fatte delle lavorazioni di rifinitura con erpice a disco e poi un’eventuale fresatura.
La densità di semina è ben precisa, infatti si usa la seminatrice di precisione che lavora a distanze prefissate
per mettere a dimora un numero preciso di piante. Essa viene scelta in base alla classe dell’ibrido: 300 ->
10-12 piante/m2; 400-> 7-8 piante/m2; 600 piante/m2; 800-> 4-5 piante/m2. La profondità di semina non
deve superare i 5-6 cm (tenere conto della tessitura) e bisogna irrigare subito dopo la semina.
Epoca di semina: primi di aprile fino a maggio.
Concimazioni: letamazioni prima dell’aratura o concimi minerali al momento della preparazione del terreno.
Produzioni medie: 20t di SS compresi gli stocchi, 120-130 q di granella complessiva. Queste produzioni
asportano: 2,5 q/ha di N, 1,5 q/ha di P2O5, 2,5 q/ha di K2O. Nel caso del mais da insilato abbiamo bisogno
di diverse integrazioni tra cui soprattutto di K, invece se gli stocchi vengono interrati viene restituito il K al
terreno.
L’azoto viene dato anche alla preparazione del terreno o all’atto della semina (urea: 50% e poi 50% in
copertura, alla 5^,6^ foglia). Si hanno meno problemi di dilavamento perché si tratta di una coltura
primaverile-estiva. L’urea è molto utilizzata perché dà una maggiore quantità con un prezzo + economico (a
differenza dei nitrati).
In genere vengono dati: 250 kg di N, 120 kg di P2O5 e 200 kg di K2O (si riducono quantità per problemi
economici
Per il diserbo l’atrazina ora non si può più usare, ma negli anni passati era molto usata per:
Ampio spettro d’azione
Persistenza di 6-7 mesi
Specifico per il mais.
Ora si può fare un diserbo pre-emergenza: efficace contro le graminacee estive e un trattamento post-
emergenza con prodotti derivati da urea; oppure un diserbo pre-emergenza contro le graminacee e post-
emergenza contro le dicotiledoni (D-fenossiacetico). La scelta si fa in base ai costi e alle infestazioni. Tra le
infestanti primaverili-estive abbiamo dicotiledoni come il chenopodium e graminacee come panicum e
digitaria. Si deve quindi considerare qual è maggiormente presente e poi agire di conseguenza.
Può anche essere fatta una sarchiatura con sarchiatrici (a 50-60 cm) oppure con motocoltivatore (70 cm),
necessaria quando si usa l’irrigazione da solchi laterali.
In Italia il mais necessita di irrigazione, per metterla a punto bisogna scegliere: momento dell’intervento,
volume da distribuire e metodo da adottare. Viene fatta con una cadenza a turno fisso nei consorzi di
bonifica dove l’acqua viene distribuita a turno fisso, mentre il turno variabile viene scelto in base all’umidità

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del terreno.
Se la coltura scende al di sotto del valore di acqua disponibile (50%) abbiamo diminuzione di produzioni.
Punto di intervento: umidità al 30%. Considerando i valori di pressione, vediamo che il mais sta bene fino a
valori di 0,6-0,7 bar (circa 40 mm), dopodichè si può procedere all’irrigazione. I turni più usati sono tra 7 e
10 giorni.
I sintomi visivi di stress più comuno sono: accartocciamento delle foglie e colorazione bluastra delle stesse,
in genere quando questo succede non si può più rimediare.
Il volume d’acquamento è da 300 a 600 m3 d’acqua, in base alla capacità di campo.
I valori del coefficiente colturale variano in base allo stadio di sviluppo della pianta: alla 5^foglia: 0,3; alla
levata 0,8; alla fioritura: 1,1; maturazione 0,7.

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28. Avversità alla crescita del mais


Sorghum malapense: cosiddetta “cannuccia” somiglia al frumento ma è più scuro e più duro, si riproduce
per rizoma, se non incontra degli ostacoli può diventare molto invadente. Bisogna quindi attaccare il rizoma,
con più lavorazioni di sminuzzamento si aumenta la possibilità di diffusione. Si può combattere con
Glyphosate.
Piralide o sesalide: bisogna bruciare gli stocchi. Esistono OGM resistenti.
Sesamia: attacca foglie o fusto allo stadio iniziale, ma l’attacco maggiore viene fatto sulla spiga. La seconda
generazione è la più pericolosa perché è più numerosa, quindi sono più a rischio le specie tardive, infatti in
Italia meridionale non si fa mais da secondo raccolto. Al massimo possono essere fatti 1 o 2 trattamenti con
esteri fosforici (emulsione o solidi, i quali sono più adatti perché si soffermano all’ascella della foglia,
quindi l’applicazione con spandiconcimi è più semplice). Si ha una riduzione di produzione anche perché
predispone a successivi attacchi di funghi che possono favorire l’insediamento di aflatossine (fonte di
inquinamento per i mangimi). L’attacco è favorita dalla granella umida e che viene conservata a lungo in
magazzino.
Nottuidi: le larve delle farfalle si riparano nel terreno e mangiano le piante al colletto perché. Si combattono
con cloroderivati o esteri fosforici
Grillotalpa: camminando erode e stronca le piantine.
Il mais non viene particolarmente attaccato da malattie fungine, tra le poche abbiamo:
Elmintosporiosi: ci sono degli ibridi resistenti
Carie e ruggine: concia dei semi

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29. Raccolta del mais


Il mais da granella si raccoglie con la mietitrebbiatrice che sfalcia, sgrana la spiga e la mette nel camion.
Questo tipo di mais viene raccolto ad un’umidità del 13-14% (gli ibridi della classe 600 danno granella non
molto umida, altrimenti bisogna ricorrere ad un essiccamento).
Per il mais da insilato si fa la trinciatura-falciatura: tutto il materiale viene falciato e tagliato a pezzi alla
maturazione cerosa, la SS deve essere del 30%, altrimenti con presenza di aria si ha fermentazione butirrica
(materiale + secco: si trancia + piccolo; materiale + secco: si trancia + grande). A questo scopo si usano
ibridi particolari perché mantengono il fusto verde anche a maturazione cerosa così è più digeribile.

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30. Sorgo
È un cereale primaverile-estivo. Ha la caratteristica di contenere la durrina, un alcaloide tossico per gli
animali, allo stadio giovanile, per cui la raccolta per scopi alimentari deve essere fatta almeno alla fioritura.
Ci sono più tipi di sorghi:
Sorghi zuccherini (Sudan grass): vengono usati per erbai intercalari per produrre foraggio fresco da dare agli
animali, possono essere alti fino a 5m, le loro foglie dolci sono molto appetite dagli animali. Oggi vengono
anche usati per insilato.
Sorgo da granella: è un’andropogonacea. Sorghum vulgare o Sorghum bicolor.
Sorgo da saggina.

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31. Caratteristiche morfologiche del sorgo


Non presenta dimorfismo sessuale, i fiori pistilliferi e staminiferi sono tutti e due nel pennacchio (panicolo).
Rispetto al mais è una pianta più resistente all’aridità. Si cerca di coltivarlo senza acqua, ma le produzioni
sono ridotte. Dopo la semina, se c’è mancanza di acqua non si ha emergenza (nelle zone dell’africa, gli
viene assicurato apporto idrico da piogge regolari).
L’apparato radicale rispetto al mais è più robusto e nella fase di allegagione è più resistente allo stress idrico
perché è caratterizzato da un certo turgore cellulare dato da una migliore osmoregolazione.
Il pennacchio si chiama “panicolo”, esso non ha brattee, per cui i semi possono essere mangiati dagli uccelli,
a questo scopo sono stati messi a punto degli ibridi bird-resistant che sono più fibrosi, sono usati
maggiormente in Asia.
L’uso è prettamente zootecnico (soprattutto volatili) perché non è appetito dall’uomo.

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32. Tecnica colturale del sorgo


Molto simile a quella del mais, ma si hanno produzioni minori: 70-80 q/ha, anche le concimazioni sono
minori perché tali sono le asportazioni. Nella rotazione il sorgo ha lo stesso posto del mais.
L’irrigazione richiede volumi minori rispetto al mais, i turni sono maggiori: da 15 a 25 giorni.
La raccolta si fa con la mietitrebbiatrice con la barra falciante sistemata in modo adeguato. Dato che il
panicolo è una spiga lassa, è facile da sgranare. Anche le avversità sono le stesse del mais.

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33. Altri cereali primaverili estivi


Panico
Miglio: in passato era coltivato anche in Italia, ma ora viene coltivato solo in alcune zone dell’Africa per
l’alimentazione dei volatili. Ha un fusto alto ed ha una spiga con granellini peduncolati.

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34. Riso
Il 60-70% della popolazione mondiale mangia riso. Viene usato per il consumo diretto come granella o
indiretto (sakè, cappelli e stuoie di paglia). In Italia meridionale (Calabria e Sardegna) viene coltivato per
sementi, inoltre vengono prodotte qui le migliori macchine, ma la maggior parte della produzione italiana si
concentra nella pianura padana.
Non può essere coltivato i tutti gli areali perché ha bisogno di vegetare con una lama d’acqua, per cui il
fondo deve essere impermeabile. La presenza dell’acqua è importante per la regolazione termica, in quanto
soffre molto gli sbalzi termici.
Fa parte della famiglia delle Poaceae, la specie che viene coltivata è l’Oryza sativa di cui abbiamo più
varietà botaniche:
Japonica: chicco più tondo, più bianco. È la più produttiva ed è quella preferita dai cinesi
Indica: chicco più allungato, più scuro è quello usato in Italia. È più ricco in proteine
Javanica: poco usata, ma è la più adatta ad essere mangiata con le bacchette.
La cariosside è vestita, quando è rivestita di glume e glumelle è chiamata risone (prodotto raccolto).
È una specie macroterma; optimum: 28-30°C; min: 10-12°C. Il periodo di coltivazione è quello primaverile-
estivo. La semina viene fatta ad aprile-maggio e la raccolta viene fatta a settembre-ottobre.
Nella risaia il terreno viene spianato e arginato, l’acqua va da un campo all’altro e poi defluisce. Si fa a
rotazione per 5-6 anni, poi si rompe la risaia e si fa un’altra concimazione mais o prato stabile (marcite,
d’inverno l’acqua è a 10-15°C, viene usata per prati per evitare danni da freddo, adatta al trifoglio ladino). Il
canale Cavour distribuisce l’acqua per lunghe distanze, serve a regimare le acque.

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35. Fenologia
L’apparato radicale ha tessuti ricchi di aria (aerenchimi), per cui può essere sommersi in acqua.
Somiglia all’orzo per avere la granella vestita ed abbiamo un pennacchio (la granella è peduncolata ma il
peduncolo è più corto rispetto all’avena).
Tutte le piante normalmente assorbono N nitrico, il riso invece assorbe azoto ammoniacale, senza ossigeno
la nitrificazione non si verifica, quindi le concimazioni sono sotto forma ammoniacale.

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36. Tecnica colturale del riso


È una coltura primaverile-estiva le temperature minime sono di 12-15°C e le massime sono di 28-30°C.
Lavorazioni principali: spianamento ed aratura. La semina può essere: a spaglio o a righe, ma il seme deve
essere stato precedentemente ammollato altrimenti galleggerebbe. In alternativa possono essere trapiantate
delle piantine già germinate in modo da avere una certezza della densità di semina e si può avere una
precoce entrata in produzione, ma questa tecnica non viene più usata.
La produttività del riso è molto elevata: 90-110 q/ha. L’azoto può essere somministrato con letame o tra i
concimi minerali con urea agricola perché rispetto al solfato ammonico è più economico, non viene mai
somministrato come nitrato.
Il diserbo è molto importante per il riso, abbiamo vari tipi di infestanti: ad es. Alghe, alcune cyperaceae,
giunchi contro cui si fa un’asciugatura della risaia per 5-6 giorni o si utilizzano prodotti a base di rame. Altre
piante come il giavone non vengono danneggiate dall’asciutta. Diserbanti specifici per il riso: Polinate,
fenossiderivati. La malattia più importante è il brusone, contro cui si usano delle varietà resistenti.
Dopo la raccolta il riso viene prima sbramato (eliminazione bratee) poi viene perlato e lucidato. Con queste
operazioni si eliminano le proteine e i sali minerali, resta solo l’amido. Il riso viene classificato in base alla
dimensione del chicco: 1) comune 2)semifino 3)fino 4)sopraffino

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37. Leguminose
Fanno parte della famiglia delle fabaceae. Possiamo fare una prima distinzione tra:
Leguminose da granella (fava, fagiolo, pisello, cece, lenticchia, cicerchia, lupino): si coltivano per ottenere
semi
Leguminose da foraggio (veccia, pisello, fava, trifogli, cicerchia, lupino): si usa l’intera pianta come
foraggio
Le leguminose da granella possono, a loro volta, essere divise in: macroterme (primaverili-estive) come
fagiolo e soia, e microterme (autunno-vernine) come fava , cece, lupino, lenticchia e pisello.
Per molto tempo sono state trascurate perché contengono fattori antinutrizionali (es. Possono dare favismo),
tannini (riduzione della digeribilità), i pentosani contenuti nei fagioli generano fermentazioni intestinali.
Sono caratterizzate da notevole conservabilità, contengono molte sostanze proteiche (alto valore biologico) e
non hanno bisogno di concimazioni azotate per la simbiosi con Rhizobium (non si sviluppa se sono presenti
ristagni idrici). La simbiosi può essere specifica (es. Bacillus radicicola per la soia) o aspecifica (un unico
batterio che può avere la simbiosi con più piante).
Il cotiledone può essere ipogeo (negli autunno-vernini) o epigeo (fagiolo), in questo caso la germinazione è
più difficile in terreni induriti.

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38. Fava
Due tipi: Vicia paucijuga (foglia composta con al massimo 3 foglioline) e Vicia faba (foglie paripennate con
6 o 8 foglie). Ci sono tre sottospecie: major (fava, peso di 1000 semi >750 gr), minor (favino, peso di 1000
semi <350 gr) ed equina (favetta, peso di 1000 semi compreso tra i 500 ed i 700 gr). Del favino ricordiamo
ecotipi diversi: i neri hanno il seme più piccolo, mentre i bianchi hanno il seme più grande.
L’apparato radicale è fittonante, il fittone è molto robusto; il fusto è quadrangolare. Il fiore è quello
caratteristico delle fabaceae (ha il pistillo, e 5 petali), le foglie sono paripennate. I semi sono dei legumi
deiscenti che sono racchiusi in un baccello.

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39. Tecnica colturale della fava


È una pianta da rinnovo o miglioratrice. Fava maior: da rinnovo, perché è più sviluppata e viene sarchiata,
spesso si coltiva alternata al frumento.
È una pianta microterma, resiste a temperature di massimo -6°C, se queste vengono superate allo stadio di
5^-6^ foglia si hanno notevoli danni, quindi bisogna fare delle semina anticipate (mai prima del 25-30
ottobre). È una pianta longidiurna. È molto sensibile agli stress idrici, però non sopporta valori di umidità
alti, perché favorirebbero attacchi fungini. Gli ambienti ideali sono freschi e non umidi, non eccessivamente
alcalini e non molto sabbiosi.
La preparazione può essere fatta con arature intorno ai 40 cm, poi vengono fatti dei lavori di rifinitura con
frangizolle o fresatrice.
Possiamo coltivare senza letame (20q di granella e 40 q di stocchi). L’azoto si può solo somministrare
all’inizio, come starter (50 kg/ha, per la fava ionica non ce n’è bisogno), quando i batteri simbionti non
hanno ancora cominciato la loro piena attività. Il potassio non deve essere integrato se gli stocchi vengono
lasciati nel terreno. L’integrazione di fosforo consiste in 75 kg/ha di P2O5, cioè 3,5 q di perfosfato minerale,
viene dato con un 20% in più perché, soprattutto in terreni argillosi, tende a insolubilizzarsi. Se si fa la
letamazione, si può sopperire anche ai fabbisogni della coltura successiva, l’ideale è una successione con
frumento. Quindi se scegliamo di letamare dobbiamo solo fare un’integrazione di fosforo di 35 kg/ha di
P2O5, cioè 1,5 q di perfosfato minerale (titolo del letame 1: 0,5: 1). Questa coltura ha anche un alto
fabbisogno di calcio che però viene somministrato insieme agli altri elementi. La fava in genere viene
sarchiata, per cui non c’è bisogno di ulteriore diserbo che viene fatto solo per favino e favetta. Contro le
graminacee utilizziamo ureici in pre-emergenza e contro le dicotiledoni può essere fatto un diserbo selettivo
in post-emergenza.
La fava viene disposta a file di 70-80 cm con densità di investimento di 12-15 piante/m2,mentre il favino
viene seminato a file di 40 cm con una densità di 40-60 piante/m2, la profondità di seminava da 6 a 10 cm
mentre il favino si semina più in superficie.
Le malerbe più pericolose sono le graminacee che non possono essere combattute in post-emergenza, ma
solo con sarchiature pre-eemregenza altrimenti incontreremmo piante già troppo grandi. Per le dicotiledoni
si usano prodotti selettivi.
La semina viene sempre fatta con semi conciati (Thiram) per combattere carie e carboni. In agricoltura
biologica, invece, può solo essere utilizzato solfato di rame.
La raccolta per il prodotto fresco deve essere fatta nel momento più opportuno per cui si fa una misurazione
del grado di maturazione con il tenderometro, si raccoglie l’intero baccello, precedentemente viene fatta una
cimatura per avere baccelli più grandi ed uniformi. Il prodotto per l’uso secco viene raccolto con le normali
mietitrebbiatrici, dato che abbiamo una maturazione scalare, il momento più opportuno si ha quando l’ 80%
del prodotto è maturo ed in buone condizioni.
Avversità:
Orobanche: si contrasta con la rotazione, con un’infestazione notevole bisogna aspettare almeno 5-6 anni per
far ritornare la fava sullo stesso terreno. Si possono anche usare disseccanti (es. Paraquat), ma non sempre

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sono efficaci.
Afide nero: prodotti afidicidi
Antracnosi: concia dei semi
Botritys
Tonchio: attacca il seme immagazzinato

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40. Cece
Ha un valore nutritivo maggiore rispetto alle altre leguminose, viene usato solo per la granella. Viene
considerata una pianta di sostituzione perché quando il tempo non ha permesso la coltivazione di altre
colture si semina il cece che resiste molto bene all’aridità e agli stress. Questo perché: il fusto e l’apparato
radicale sono più robusti, ha un alto rapporto radici/parti aeree (minore richiesta di acqua), le foglie sono
piccole e tomentose (schermano ET-> xerofilismo), infatti queste capacità non viene mai consociato con
l’olivo. Ci sono più tipi di seme: tipo Desy (piccoli e scuri) o tipo Kabul (più grandi e chiari), tra gli italiani
c’è il tipo molisano che è ancora più grande. Le parti verdi sono grossolane ed hanno un sapore acido che
poco si adatta al consumo da parte degli animali, quindi queste non vengono usate.
La semina viene fatta a novembre o a marzo (+ diffusa in italia), la raccolta a luglio-agosto. Si può anche
seminare a novembre e raccogliere a luglio in modo da avere maggiore produzione (25-30 q contro 30-50 q),
ma ciò si può fare agevolmente nei Pesi Arabi. Viene seminata a file di 40 cm (35-50 piante/m2 ) che non
permettono sarchiature, inoltre gli attacchi di Ascochite non consentono letamazioni, per questo non viene
considerata una pianta da rinnovo, ma una miglioratrice.
Ciclo: germinazione (almeno 10°C, no umidità) - emergenza può avvenire anche in terreni che presentano
crosta perché i cotiledoni sono ipogei) - sviluppo vegetativo - fioritura contemporanea (minori problemi di
deiscenza). Il portamento può essere eretto o prostrato (problemi per la meccanizzazione).
Può vegetare in terreni argillosi, meglio se freschi e franchi (preferire argille di tipo caolinitico a quelle di
tipo montmorillonitico). Le produzioni hanno valori maggiori rispetto alla fava: 30-40 q/ha.
Le concimazioni azotate non vengono fatte, o al massimo viene data una piccola quantità come starter (50
kg/ha), il potassio, se la paglia viene lasciata sul terreno, non viene integrato con concimi, ci si limita a dare
4,5 q di P2O5.
La preparazione del terreno viene fatta con un’aratura di 35 cm che viene fatta alla fine dell’estate, se non si
tratta di terreni argillosi può anche essere fatta a febbraio, il successivo amminutamento può anche essere
leggero perché l’emergenza delle piantine è facile. Nel caso di semina su sodo bisogna aver fatto un
precedente trattamento con Glyphosate, ma il problema è dato dal non facile accesso ai terreni in inverno da
parte delle macchine.
Il diserbo contro le graminacee viene fatto con ureici tipo Linuron e contro le dicotiledoni con prodotti
selettivi. La capacità ombreggiante è maggiore del favino, per cui abbiamo minori problemi di infestanti.
Il cece non viene attaccato dall’afide, ma un problema importante viene rappresentato, nelle zone più umide,
dall’Ascochita rabiei contro la quale non sono state messe a punto particolari varietà resistenti (bisogna però
evitare varietà come la Principe che presentano un legume piuttosto grande), è poco resistente alla scabbia
soprattutto se la coltura è autunno-vernina, se l’ambiente è umido e freddo la pianta viene distrutta.
La maturazione dei baccelli è piuttosto contemporanea e difficilmente questi vanno in deiscenza, per cui
abbiamo poche perdite. Si deve fare attenzione al tonchio durante la conservazione del prodotto.

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41. Lupino
Il lupino è coltivato in Europa (Russia, Germania, ecc.), ma anche in Australia. In Italia è diffuso soprattutto
in Campania, dove viene coltivato per il sovescio in agricoltura biologica e non perché fornisce alte quantità
di azoto.
Il lupino contiene la “lupolina”, un alcaloide tossico, per poterlo eliminare bisogna trattarlo con acqua
corrente o bollirlo. Ora sono state selezionate culivar con semi a basso contenuto di lupolina e, quindi, più
dolci, in questo caso questi possono anche essere utilizzati per la zootecnia.
Il lupino contiene 30-35% di proteine (potrebbe essere un valido sostituto della soia), 5-10% di grassi.
Ci sono 3 tipi principali: bianco (Lupinus albus), giallo (latinus), violetto (angustifolium).
Non si adatta a tutti i tipi di terreno, infatti non sopporta terreni alcalini o calcarei, con pH acidi, o che
possano dare asfissia radicale, la tessitura migliore è quella sabbiosa.
È una pianta miglioratrice. La preparazione del terreno viene fatta con arature a media profondità e
l’affinamento delle zolle non è molto spinto, essendo il seme non molto grande.
Concimazione: Azoto: non viene somministrato perché è una coltura azotofissatrice; P2O5: 60-80 kg/ha;
K2O: in genere non viene integrato perché si tratta di una coltura a basso reddito.
Il ciclo è autunno-vernino, è molto sensibile allo stress idrico, per cui se mancano apporti naturali bisogna
integrarli con irrigazione. Dove i climi sono più freddi si può fare anche la semina primaverile.
Le file vengono distanziate di 40 cm in modo da avere 25-40 piante/m2. La capacità di ramificazione
compensa la scarsa densità però le ramificazioni secondarie producono più tardi, tuttavia, i semi non sono
molto deiscenti per cui è possibile la raccolta meccanica. In genere si usa la stessa trebbiatrice del frumento.
Avversità: è molto sensibile agli attacchi fungini (Rhizoctonia, Sclerotinia), ma il maggiore è il Pithyum.

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42. Cicerchia
La cicerchia (Latyrus sativus) è una pianta rampicante, nelle grandi coltivazioni viene coltivata senza
sostegno, mentre questi vengono usati per le colture orticole.
La sua coltivazione era stata abbandonata, ma negli ultimi anni si sono riscoperte le sue caratteristiche
nutrizionali. Si aveva il problema dei semi che contengono un glucoside dannoso che provoca latirismo
(blocco dei muscoli) se ingeriti in alte quantità.

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43. Lenticchia
La lenticchia (Lens esculenta) è una coltura molto diffusa perché resistente al freddo e all’asfissia radicale,
non è rampicante. Ne conosciamo molti ecotipi: piccola, media e grande di Pantelleria. Le piccole (es. Di
Castelluccio) sono più resistenti al freddo rispetto alle altre.
La semina viene fatta a file di 20 o 40 cm per avere una densità di 40-60 piante/m2.La raccolta può essere
fatta in modo meccanico sia per le piccole, che per le grandi. È una coltura molto suscettibile alle malattie
fungine, quelle che la riguardano sono le stesse del lupino.

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44. Pisello
Specie: Pisum sativum, le specie selvatiche che fanno parte del genere Latyris, tra cui il “pisello odoroso”. È
una papilionacea, le foglie sono trasformate in cirri che servono per sostenere la pianta. Le stipole sono
trasformate in foglie e sono attive nella fotosintesi. È una pianta microterma, sopporta temperature > 27-
28%. Allo stadio di 5-6 foglie resiste al freddo (temperature > -6, -8°C), successivamente è meno resistente.
Il pisello viene coltivato per l’alimentazione umana, viene utilizzato: fresco, congelato (uso più diffuso) e
secco (poco usato per l’alimentazione umana, piuttosto viene destinato agli animali e chiamato “pisello
proteico”). Contiene: 20-25% di proteine, 40-70% di amido, fibra, pochi grassi e non presenta fattori
antinutrizionali a differenza degli altri legumi.
Le coltivazioni si distinguono in base alla destinazione: baccelli freschi o produzione di granella.
Per produrre baccelli freschi è meglio se la maturazione è scalare, le piante sono rampicanti spesso vengono
sostenute con una rete; prima venivano sostenute con rami di potatura (frasche): mezza frasca: max 50 cm,
frasca intera anche 1,5 m. Hanno un ciclo autunno-vernino, molto adatto al clima mediterraneo. La raccolta
può essere fatta in modo manuale (maggior parte dei casi) o meccanico. La distanza tra le file è 0,80-1 m per
permettere la sarchiatura (max per coltura da cornetti).
Coltivazione per granella: pianta a maturazione lenta e contemporanea, non rampicanti. Il ciclo è
prevalentemente primaverile-estivo e si adatta ai climi dell’Italia settentrionale ed altre zone d’Europa. I
legumi vengono classificati in base alla grandezza e al grado tenderometrico (la maturazione completa dà un
prodotto duro, non adatto a questo uso).
Si adatta a tutti i tipi di terreni, tranne quelli molto argillosi o molto calcarei o che diano problemi di asfissia
radicale. È molto resistente al freddo fino allo stadio di 5-6 foglie (max -8/-6°C) oltre no perché lo stelo si
allunga. È sensibile all’aridità, nella fase di riempimento del seme questa può dare restringimento dello
stesso che quindi risulta più duro.
Nell’avvicendamento il pisello viene considerata una pianta miglioratrice perché le distanze di semina
permettono di fare sarchiature (soprattutto nelle colture per baccelli freschi) ed inoltre è un’azoto-fissatrice.
Spesso viene coltivata prima (solo coltura ortiva perché sarchiata) o dopo il frumento.
La preparazione richiesta consiste in un’aratura a 35-40 cm, un affinamento medio (il seme è abbastanza
grande, quindi non ci sono esigenze particolari), una discatura (solo in terreni argillosi) e una zappatura.
La semina viene fatta a fine ottobre-metà novembre (freddo -> caldo), sempre con seme conciato. Le file
delle specie rampicanti vengono disposte a distanze di 80-100 cm per avere una densità di 25-30 piante/m2,
per le nane si usa una distanza di 40 cm per avere 40-60 piante/m2, la profondità di semina è 4-8 cm. Si
usano sempre semi conciati.
Il diserbo può essere fatto: in pre-emergenza con prodotti anti-germinello; in pre-semina con un diserbante
totale come il Glyphosate, oppure in post-emergenza con prodotti selettivi di contatto (ureici: anti-
germinello per graminacee; diazine: anti-germinello per le leguminose). La sarchiatura non può essere fatta
dove la distanza tra le file è di 40 cm. Infestanti: graminacee o crucifere
Produzioni medie: 30-50 q /ha. Concimazioni: non vengono fatte integrazione di azoto, al massimo vengono
dati 50 kg/ha come starter. La letamazione non viene fatta, beneficia degli effetti di letamazioni su colture

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precedenti. Apporti di P2O5: 75-100 kg/ha. In genere non ci sono particolari esigenze in termini di potassio
perché naturalmente contenuto nel terreno, al massimo vengono dati 50 kg/ha.
Il ciclo biologico segue la legge delle somme termiche. Le ore si sommano oltre i 10°C. In base a questo,
quindi, si fanno delle distinzioni tra classi in base alla precocità: 600- 800- 1200
Avversità:
Peronospora: se la coltura è in uno stadio avanzato si trova in ambiente umido non bisogna seminare troppo
presto;
Oidio: si sviluppa con temperature troppo alte, ad esempio se si semina troppo tardi;
Antracnosi: si combatte con seme conciato e buona rotazione (mai monosuccessione) l’ideale è dopo il
frumento o dopo cereali autunno-vernini.
Tonchio: problema per la granella secca, per la quale in genere vengono fatti trattamenti appositi.

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45. Fagiolo
È una coltura primaverile-estiva ed è stata usata per l’alimentazione umana (baccelli freschi o da sgusciare o
semi secchi). La parte vegetativa non è commestibile dagli animali, per cui non può essere usata in
zootecnia.
Fa parte delle leguminose, i cotiledoni sono epigei, le foglie cotiledonari sono rotondeggianti e semplici. Le
foglie vere e proprie sono: composte, di forma triangolare, trifogliate,imparipennate e tomentose. Il fusto è
cilindrico a portamento eretto (varietà nane, più coltivate e più adatte alla meccanizzazione) o rampicante.
I nani sono i più coltivati perché si prestano meglio alla meccanizzazione. Da questi abbiamo i fagiolini da
industria e tra quelli da seme abbiamo i borlotti e i cannellini. I rampicanti sono qualitativamente migliori
dei nani, ma si prestano meno alla meccanizzazione perché necessitano di reti, pali, sostegni, la raccolta è
manuale e scalare)
La coltivazione differisce in base alla destinazione del prodotto come:
Baccello fresco (fagiolino): vengono usati tipi “Bob” molto usati per colture meccanizzate. Vengono
utilizzati dall’industria per poi essere inscatolati. I baccelli sono di colore verde intenso, cilindrici e lunghi.
L’aspetto fondamentale è che il baccello, essendo costituito da due valve legate da vasi fibrosi, questi non
devono essere troppo lignificati.
Baccello pieno sgusciato allo stato fresco
Seme secco classico usato per l’alimentazione.
Ci sono più varietà:
- Phaseolus vulgaris: tipo di fagiolo più usato;
- P. coccineus: fagiolo di Spagna
- P. Lumatus
- P. Acutifolius: utilizzato solo per miglioramento genetico
Tra i fagioli per seme ricordiamo diversi tipi: Bob, cannellini (bianchi e lunghi), borlotti (colore scuro
screziato), tabacchino (color crema, più piccolo del cannellino)
Contenuto nutritivo: 20-25% di proteine; 50-70% di amido; 4-5% di fibra; calcio, potassio e fosforo. Non ci
sono elementi anti-nutrizionali. La qualità viene espressa in base alla resistenza alla cottura.
I terreni calcarei danno prodotti duri perché il calcio si addensa nelle vicinanze delle membrane. Il deficit
idrico dà problemi di durezza e problemi nella cottura.
Il fagiolo è una specie macroterma. La temperatura per la germinazione è di 12-15°C quindi si può avere a
partire dal mese di aprile. Per il resto del ciclo non sopporta molto le alte temperature: valori > 25-28°C
possono danneggiare molto la coltura. Questa specie si avvantaggia molto dell’umidità dell’aria, infatti al
momento dell’allegagione un’umidità bassa può dare cascola dei fiori, per cui si deve fare attenzione nel non
avere la fioritura in luglio. In genere fiorisce quando il giorno comincia ad abbreviarsi, non sopporta venti e
gelate primaverili.
Il terreno ideale non deve essere arido, con alto contenuto in calcare,con pH alcalino, soggetto a salinità o a
ristagni idrici; bensì la tessitura deve essere di medio impasto il pH leggermente acido, altrimenti il prodotto
finale sarà caratterizzato da una qualità scadente.

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Nell’avvicendamento il fagiolo può avere il ruolo di coltura principale o intercalare nel caso delle varietà
precoci. È considerata una specie miglioratrice, non un rinnovo, perché non sopporta la letamazione ed,
inoltre, le varietà nane vengono seminate a 40 cm, per cui non possono essere sarchiate. In genere i tipi
tardivi sono utilizzati per avere seme secco, mentre i precoci per avere fagioli freschi. Il fagiolino in genere
si semina a luglio/ agosto per essere raccolto a settembre/ottobre, quindi può essere coltivato come
intercalare dopo la raccolta del frumento. Tra le varietà precoci utilizzate per avere semi secchi abbiamo i
borlotti, chiamati anche quarantini (=40 giorni).
La preparazione del terreno non prevede un eccessivo affinamento perché i semi sono di dimensioni
abbastanza grandi da non avere problemi di emergenza. Si fa un’aratura media o leggera, l’apparato radicale
non è molto potente, l’emergenza è con i cotiledoni epigei, per cui ci possono essere molti problemi in caso
di crosta superficiale (mai terreni limosi).
La semina viene fatta a distanza di 80 cm, a volte viene fatta “a postarella”: vengono messi più semi nello
stesso posto in modo che si possano aiutare l’un l’altro per rompere la crosta superficiale, in questo caso la
distanza è di 20-30 cm. Per i tipi nani di fanno file di 40 cm (seminatrice) oppure di 5-10 cm (seminatrice
pneumatica di precisione; 40-50 piante/ha). Spesso viene fatta una consociazione con il mais (il mais ha
bisogni di azoto e il fagiolo ha bisogno di un sostegno, si fa solo con raccolta manuale). La profondità di
semina va dai 4 ai 10 cm in base alla tessitura del terreno.
La preparazione del terreno richiede un leggero affinamento perché il seme è abbastanza grande, in genere si
fa solo se si ha il problema della formazione di crosta superficiale (si evitano terreni limosi).
Concimazione: una letamazione potrebbe dare problemi fitopatologici, si usano solo concimi minerali:
azoto: 50 kg/ha, 75 kg/ha di P2O5. Il calcio puà creare dei problemi alla coltura per cui il concime più usato
è il fosfato biammonico (18-46), viene dato alla preparazione del terreno, alla semina potrebbe dare delle
nascite disformi.
Il diserbo può essere meccanico (motocoltivatore) o chimico, quest’ultimo può essere fatto: pre-semina
(efficacia contro Cyperus), pre-emergenza o post-emergenza.
L’irrigazione è molto importante per avere un buon accrescimento e prodotti di qualità , bisogna usare acque
dolci non alcaline. Turno fisso: 7 giorni. Turno variabile: non far scendere l’umidità del terreno al di sotto
del 60%.
Avversità:
Elateridi: nei terreni argillosi si nascondono ed escono di notte, mentre nei terreni sabbiosi vengono predato
dagli uccelli
Nottuidi: le larve stroncano il fusticino appena nato (geodisinfestazione), per il fagiolino bisogna fare
attenzione alla persistenza dei prodotti usati.
Afide nero: prevenzione con prodotti di contatto
Ragno rosso: problema per le colture tardive, in quanto defoglia la coltura velocemente.
Tonchio: problemi per i semi secchi conservati in quanto depone le uova nei semi secchi, la larva cresca
mangia i semi e poi sfarfalla. Bisogna quindi fare la lotta allo stadio di uovo con citotropici (subito dopo la
raccolta o prima).

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46. Piante oleifere


Vengono utilizzate per la produzione di oli vegetali. Hanno una buona quantità di proteine ma poco amido.
Danno dei sottoprodotti utilizzati in vari modi (panelli di soia, di girasole, ecc.). Sono numerose:
Colza e ravizzone: Brassicaceae
Soia e arachide: Fabaceae
Girasole: Asteraceae
Lino: prima considerato una pianta da fibra, oggi prevale l’uso per olio
Ricino: molto usato per lubrificare i motori aerei
Tra i meno utilizzati abbiamo la zucca e la noce.

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47. Colza
La colza (Brassica Napus oleifera) è una pianta oleifera. In Italia si pensava potesse sostituire in importanza
il frumento (vengono coltivati nello stesso periodo) ma ciò non è avvenuto quindi la sua produzione è andata
scemando.
La sua caratteristica è nel contenere un certo quantitativo di acido erucico, un acido tossico per questo sono
stati messi a punto degli ibridi a basso contenuto di questa sostanza in modo da permettere tranquillamente
l’utilizzo per l’alimentazione umana. Questo acido ha caratteristiche positive nell’uso industriale, anche se
ormai a questo scopo vengono sempre usato degli oli sintetici. I panelli residuali vengono poi utilizzati in
zootecnia (integrazione proteica). Un ulteriore utilizzo è rappresentato dalla trasformazione in bio-diesel
(successo subordinato all’andamento dei prezzi del petrolio, si avvantaggia dall’alto contenuto di acido
erucico e clorofilla).
Il frutto è una siliqua (asse centrale + due valve laterali), i semi contengono: 42% grassi (max: 52%) 20%
proteine. La radice è un fittone ingrossato al colletto come le altre crucufere. Le foglie sono a rosetta in un
primo periodo(fino allo stadio di rosetta la pianta ha la massima resistenza al freddo, fino a -15°C), poi
assumono la forma di lira, sessili, amplessicaule, indivise. Il fusto è eretto, ramificato arriva fino a 1,5 m. La
fioritura è scalare, le infiorescenze sono a grappolo, i fiori sono gialli, a croce, a volte bianchi. Il seme è
liscio, piccolo e scuro, bruno-rossastro e tondo. Il peso di 1000 semi va sui 3,5-5 gr. È simile al broccolo ma
ha le foglie più scure e lucide.
Ci sono più tipi: autunno-vernini e primaverili. In genere non si semina la colza in estate perché è molto
sensibile alla siccità e quindi richiederebbe irrigazione in Italia.
I terreni non devono essere eccessivamente alcalini, e deve essere accuratamente preparato soprattutto in
terreni argillosi, perché il seme è molto piccolo. La preparazione del terreno prevede un’aratura a 30-35 cm
(il terreno deve sempre essere in tempera).
I tipi invernali per la fioritura hanno bisogno di 10 h di luce, i primaverili 20 h.
Nell’avvicendamento la colza ha lo stesso posto del frumento: va bene dopo un rinnovo o una miglioratrice.
Non viene mai fatta la monosuccessione per problemi di nematodi. I risultati migliori si hanno quando la
coltura succede ad una leguminosa o ad un erbai misto, si può anche fare frumento-colza.
Concimazioni: l’azoto è fondamentale, ne vengono somministrati da 100 a 150 kg/ha, 1/3 viene
somministrato alla semina con concimi ammoniacali o urea, gli altri 2/3 vengono dati in copertura, possono
essere usati anche nitrati per “spingere” la coltura (con temperature basse la nitrificazione è lenta). Poi
vengono dati 50-70 kg/ha di P2O5 e 50 kg/ha di K2O che vengono interrati al momento della preparazione
del terreno. Il potassio è l’elemento più importante per la sintesi dei grassi.
Le file vengono distanziate a 30-40 cm per ottenere circa 40 piante/m2 usando 10 kg/ha di seme. Per la
colza si considera un 30% di fallanze nella semina, bisogna tenere conto del valore agronomico (purezza x
germinabilità). La semina viene fatta ad una profondità di circa 0,5 cm.
Il diserbo non può essere meccanico perché le file sono troppo strette. Sono stati introdotti degli OGM di
colza resistenti al Glyphosate, quindi se vengono coltivati questi tipi possiamo usarlo come diserbante, ma in
Europa non è permesso coltivarli, quindi si usano prodotti come Trifluralin e Cloro.

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L’irrigazione non viene mai fatta perché la coltura vegeta in zone con piovosità elevate, la coltura è sensibile
agli stress idrici e alla salinità.
Per la raccolta ci sono problemi per la deiscenza della siliqua, quindi si deve trovare il giusto momento per
raccogliere senza anticipare troppo altrimenti si può avere un prodotto scadente (quantità eccessiva di
clorofilla). L’umidità ideale è del 12%,non deve essere mai >20%.
Avversità: ruggine bianca, Plasmodiophora, cavolaia.
Nello stoccare i semi si deve essere molto attenti all’umidità (12-20%) ed ai tempi di conservazione perché
l’alto contenuto in grassi dà un veloce irrancidimento.

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48. Ravizzone
Fa parte delle Cruciferae (Brassica campestris var. Oleracea). Si distingue dalla colza per le foglie più pelose
e meno verdi, non ha l’ingrossamento al colletto), il contenuto in olio è del 35%.
È coltivato prevalentemente come erbaio, dato che cresce in inverno è molto resistente, in pianura padana
viene anche coltivato a fine estate per avere prodotto già ad ottobre. Non viene quasi mai usato per
l’alimentazione degli animali da latte perché dà un odore sgradevole al latte.

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49. Soia
Ha un contenuto in grassi del 20%, proteine: 40-45%. L’alto contenuto proteico la rende un alimento
pregiato per la zootecnia. È usata anche per l’alimentazione umana però si pensa che abbia effetti sugli
estrogeni.
La moderna classificazione la definisce Soja hispida (Moich.) o Ussuriensis (usata per OGM) Linneo invece
la classificava come Glycine max. Ha lo stesso aspetto del fagiolo ma è più robusta. Le foglie sono
trifogliate, il fusto è come il lupino: tomentoso e ramificato, le radici sono a fittone dotate di tubercoli
radicali, i baccelli sono piccoli quasi come un pisello, dritti o ricurvi. Il peso di 1000 semi va da 50 a 450 gr.
Ci sono specie a sviluppo determinato o indeterminato (non usata a fini agricoli)
La soia ha batteri azoto fissatori specifici, per cui la prima volta che si coltiva soia in un terreno bisogna
inoculare il terreno con questi microorganismi o, in alternativa, i semi. Entro 5 anni non bisogna rifare
l’inoculo. Questi batteri in un primo periodo trattengono il 50% di azoto per il loro ciclo biologico,
successivamente ne cedono alla pianta il 70-80%, poi nell’ultima fase l’azoto va dalla pianta ai semi.
Questa coltura è macroterma, per cui la temperatura minima richesta è 4-6°C, l’optimum è a 24-26°C. In
origine è una pianta brevidiurna (con giornate corte viene avviata la fioritura) ma il miglioramento genetico
ha permesso di avere delle specie neutrodiurne che sono le più coltivate in Italia. Considerando le somme
termiche le molto precoci fanno parte della classe 0-0: 2800 (semina fine aprile) o 2500 (semina metà
giugno), mentre le tardive della classe II: 3500 (semina aprile) o 2900 (semina metà giugno). In genere si
usano le più tardive che hanno un ciclo di circa 5 mesi.
La soia non si adatta ai terreni calcarei, ha difficoltà a vegetare se ci sono dei ristagni idrici, nei terreni
argillosi ci sono problemi con semine molto precoci. Soffre molto lo stress idrico durante la fioritura.
Rispetto al fagiolo è più adatta a terreni argillosi e alla salinità. Il letto di semina si prepara con l’aratura ad
una profondità di 30-35 cm oppure può essere fatto un sod seeding. Dopo l’aratura vengono fatte delle
operazioni di amminutamento, ma non troppo eccessive perché il seme è abbastanza grande.
All’interno della rotazione si pone come una miglioratrice. In genere succede il mais o il frumento. Non si
coltiva dopo un prato, ma si presta bene a succedere i cereali.
La densità di semina è di 30-35 piante/m2, le file vengono disposte a file di 40-50 cm con 6-7 cm di distanza
sulla fila. La semina viene fatta con la seminatrice di precisione.
Queste distanze non permettono di fare la sarchiatura, per cui si rende necessario un diserbo chimico che
può essere frazionato in: pre-semina, pre-emergenza, post-emergenza.
Nella gran parte dei casi si utilizzano varietà OGM, tra queste la più importante è quella resistente al
Glyphosate.
L’irrigazione è molto importante, soprattutto durante la fioritura. Si usano soprattutto i metodi per
aspersione. L’intervento si fa ad un livello di acqua disponibile del 50-60%, valore di evaporato 40-50 mm.
In genere si interviene ogni 10-15 giorni, durante la fioritura si adottano turni più brevi o si utilizzano
volumi irrigui maggiori.
Concimazioni:50 kg/ha di N (starter); P2O5: 60-75 kg/ha; K2O: 50 kg/ha
Avversità: peronospora, virosi, ragnetto rosso, il mezzo di lotta più opportuno è l’ultilizzo di semi conciati.

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La raccolta viene fatta in modo meccanico, si deve tenere conto della varietà: se l’impalcatura è alta i
baccelli non devono essere troppo bassi altrimenti una quota si perde. Alla raccolta l’umidità del seme può
essere intorno al 14%, per la conservazione non deve essere superiore al 12%.

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50. Girasole
È una pianta molto diffusa nei paesi slavi. In Italia è diffusa solo nel centro perché la piovosità estiva
permette di avere buone produzioni. Fa parte delle Asteraceae. Il girasole (Heliantus annus), prevede due
sottospecie: sativus e ornamentali, inoltre sono 3 i tipi: medio-rutenico, austro-rutenico e armenico.
Viene utilizzata per l’estrazione di olio destinato all’alimentazione umana, i panelli sono usati in zootecnia.
Inoltre i semi possono essere usati come mangime per uccelli oppure possono essere tostati e venduti per
l’alimentazione umana. I girasoli possono essere utilizzati anche a scopo ornamentale. In Russia vengono
coltivati anche dei tipi da foraggio, ma sono poco usati.
I semi sono degli acheni, frutti secchi indeiscenti (contenuto in olio va dal 35% al 67%, le proteine vanno
dal 20 al 30%). La radice è un fittone molto robusto, il fusto è costoluto, peloso, può essere alto fino a 15 m,
ma in genere è 150-250 cm (vengono preferite specie basse), le foglie sono picciolate e semplici, i fiori sono
composti, le infiorescenze sono delle calatidi di 20-25 cm in media, dotate di movimento eliotropico col
tempo si fermano in direzione nord-nord.est, il movimento è regolato da ormoni. La disposizione di foglie e
rami in linea di massima segue la serie di Fibonacci.
I grassi sono composti per 40% di acido oleico, per il 60% di acido linoleico, i tipi selezionati hanno fino
all’80% di acido oleico, la qualità è superiore, ma sono meno produttive. L’olio ha la caratteristica di
produrre, a temperature alte, acroleina, un’aldeide tossica per il fegato.

Lo sviluppo comprende delle fasi ben precise.


- Germinazione-emergenza.
- Formazione delle foglie (fino a 5^-6^ foglia)
- Bottone fiorale: resta latente per molto tempo
- Fase di crescita
- Fioritura
- Formazione e maturazione dei semi: momento più delicato. Siccità, temperature alte o attacchi parassitari
limitano la produzione finale.

È una coltura macro-terma: fino a 5°C non subisce danni. La germinazione in genere si ha da 10°C in poi
(temperatura del terreno) che in genere si hanno da metà marzo. L’optimum è sui 18-24°C, al di sopra dei
27°C non si hanno buoni risultati. I semi devono germinare al più presto perché più soggetti alla
decomposizione che dà acidi.
L’apparato radicale è profondo ma abbastanza sensibile agli stress idrici, soprattutto durante il periodo di
formazione degli acheni. Indice di conversione: per un grammo di sostanza secca ci vogliono 450 grammi di
acqua.
I terreni non devono essere nè calcarei, nè alcalini, nè eccessivamente sciolti perché poveri, sono preferibili
terreni con pH tendente all’acido.
Secondo le somme termiche possiamo dividere in classi che vanno da 1600 a 3000. Le varietà precoci
possono utilizzare al meglio la piovosità primaverile, ma nel sud Italia non ha avuto successo.

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Il ciclo colturale va da metà marzo a settembre-ottobre. Buone produzioni si aggirano sui 35 q/ha, il prezzo
si aggira sui 40€/q.
Nella rotazione è considerata una coltura da rinnovo perché viene sarchiata (da 5 a 8 piante/m2) , sopporta le
letamazioni e quindi lascia alla coltura successiva una buona preparazione. Va bene dopo un prato. Se nella
rotazione c’è una crucifera bisogna lasciare un intervallo di almeno 2 anni tra le due, altrimenti possiamo
avere attacchi di sclerotinia, colza e girasole non vanno mai nella stessa rotazione a meno che essa non sia
quinquennale. Per quanto riguarda l’azoto risulta una sfruttante, il lato positivo sta nella struttura che
conferisce al terreno.
Le file vengono disposte a distanze di 70 cm, per avere una densità di 5-8 piante/m2 (varietà precoci a
distanze minori, le tardive a distanze maggiori). L’epoca di semina va dalla prima quindicina di marzo. La
semina anticipata porta ad un risparmio di acqua ed a produzioni maggiori. I semi sono quasi sempre
conciati.
La concimazione (produzione di 35 q/ha) prevede la somministrazione di 80-120 kg/ha di azoto, 30-50
kg/ha di P2O5 e con 250 kg/ha di K2O. Il potassio di solito è accumulato nel fusto quindi si deve interrare lo
stocco, basta quindi integrare gli apporti solo con 50 kg/ha. In genere può essere somministrato in più forme
come solfato di potassio, feldspato e granito. Per quanto riguarda il fosforo, i terreni non sono acidi il fosfato
monocalcico tende a retrogradare: prima diventa bicalcico e poi tricalcico (insolubile) e quindi non
utilizzabile. Quindi il concime si posiziona vicino al seme, visto che è immobile. L’azoto alla semina viene
dato in quantità di 1/3 o 1/2, il resto in copertura.
Per la preparazione del terreno bisogna fare un’aratura a 35-40 cm, se il terreno argilloso si consiglia di
preparalo a novembre. L’amminutamento non deve essere eccessivo perché il seme non è molto piccolo, può
essere fatto con frangizolle (erpice a disco) o fresatrice.
L’irrigazione è necessaria nelle zone asciutte. Si fanno dei turni di 15-20 giorni, considerando l’acqua
disponibile: 30-40% e valori di 50-60 mm di evaporato. Nella altre zone si può fare un’irrigazione di
soccorso durante le fasi più delicate per la crescita, l’allegagione e la formazione dei semi. Indice di
cconversione: 450 gr di acqua per 1gr di SS.
Di girasole ci sono molte varietà, le distinguiamo principalmente in base al contenuto di acido oleico, ed
anche molti ibridi quelli con alto acido oleico sono usati per l’alimentazione umana e quelli con alto acido
linolenico sono usati per l’alimentazione animale. In genere con produzioni maggiori abbiamo un minore
contenuto in acido oleico. Si possono distinguere le varietà anche in base al contenuto in olio che va dal 35
al 69%.
La raccolta può essere fatta con la mietitrebbiatrice modificata ad un umidità di circa il 12%, per avere una
buona conservazione non bisogna superare il 9% di umidità.
Avversità: nottuidi e grillotalpa (geodisinfestazione)

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51. Piante industriali - patata


Viene coltivata per molteplici usi: il tubero per l’alimentazione umana e animale, poi l’amido viene usato a
vari scopi: per produrre materiale plastico, per distillato, ecc. La parte edule è il tubero (non se è verde), la
parte aerea produce solanina, un alcaloide tossico.
La patata (Solanum tuberosum) ha la radice che presenta un fittone non molto robusto che tende a
ramificarsi, si presenta quasi fascicolato, è una pianta stolonifera, dagli stoloni ingrossati si hanno i tuberi.
Se il tubero è troppo superficiale inverdisce, se troppo profondo è più difficile scavarli, è auspicabile che i
tuberi siano vicini al fusto piuttosto che dispersi, il miglioramento genetico è volto a migliorare questa
caratteristiche. Il fusto è quadrangolare, verde intenso e ramificato, le foglie sono lobate, il frutto è una
bacca che può contenere o meno dei semi, l’infiorescenza è apicale ed è a racemo (bianca o viola).
La riproduzione viene fatta con i tuberi o pezzi di tuberi, a volte anche con i semi (a volte possono anche
essere sterili).
Può essere coltivata da inverno a primavera (Campania), oppure da primavera a estate (ciclo normale,
coltivata in Sicilia, Calabria). Per coltivare in asciutto le patate devono essere scavate entro giugno. Le
patate novelle invece sono quelle che vengono scavate a maggio.
Il prezzo si aggira sugli 0,08-0,12 €/kg (può cambiare in base alla precocità)
La semina in genere si fa intorno a metà aprile, se si fa più tardi la tuberificazione è scadente. La patata
bisestile si semina a febbraio e si raccoglie a giugno.
Il tubero può essere tondo o allungato, la parte prossima al terreno viene chiamata apicale, quella più bassa
ombelicale (da qui parte lo stolone). Le gemme presenti sul tubero vengono chiamate occhi, questi possono
essere più o meno infossati (per l’industria il carattere migliore è di gemma superficiale). In genere gli occhi
si trovano nella parte apicale. Se si vuole seminare con tuberi tagliati in pezzi si deve stare attenti a tagliare i
tuberi in senso trasversale in modo da avere un pari numero di gemme. I tuberi possono essere a pasta gialla
(preferita per la cucina e per l’industria) o bianca (migliore per la produzione di distillati, amido e gnocchi)
che è più produttiva, ha più acqua per cui è meno consistente. Il periderma esterno può essere anche rosso o
violetto.
Per quanto riguarda le esigenze termiche dobbiamo tenere conto che le patate gelano già a 2°C. La
vegetazione comincia a 10°C, l’optimum si ha a 25°-28°C, meglio non superarle. È molto esigente in luce,
con molta umidità si hanno problemi di peronospora e marcescenza (alternanza secco-asciutto problemi di
scabbia). La pianta è brevidiurna, con giornate corte si ha il risveglio delle gemme, la tuberificazione inizia
dopo giugno.
Per una giusta formazione del tubero non vanno bene terreni compatti, argillosi, alcalini, salini e umidi. Le
condizioni ideali sono date da: terreni sabbiosi o di medio-impasto, sub-acidi, ricchi di potassio, azoto e
sostanza organica.
La patata è una pianta da rinnovo perché richiede letamazioni e lavorazioni profonde. Una monocoltura
darebbe problemi di nematodi e dorifora. Va bene una precessione del frumento o di altri cereali
(l’importante è che non siano colture soggette alla peronospora). La preparazione del terreno consiste in
un’aratura profonda dopo una letamazione o un sovescio.

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Concimazione: quella di fondo viene fatta con letame e urea (non oltre l’ 1/3 del totale di azoto), quella di
copertura con nitrato amminico. Esigenze per 100 q di tuberi raccolti: 50 kg di N, 25 kg di P2O5, 75 kg di
K2O (in genere 100 kg/ha di K2O). La produzione media è di circa 300 q/ha, produzioni alte si aggirano sui
500 q/ha (-> 250 kg di N, 125 kg di P2O5, 375 kg di K2O). Nel caso di semina a postarella viene dato al
momento della semina un concime binario come il 18-46 (fosfato biammonico)
Le malerbe possono essere eliminate con sarchiatura (tra le file con motocoltivatore e sulla fila a mano),
oppure con un diserbo in pre-emergenza (consigliato), pre-semina o post-emergenza. La germinazione è
lenta (15-20 giorni) questo dà due problemi:
I concimi a pronto effetto vengono dilavati, quindi mai dare >1/3 del totale di urea.
Il terreno, non essendo coperto per circa 20 giorni, ha bisogno di un diserbo pre-emergenza o sarchiatura.
L’irrigazione può essere fatta per aspersione (meno indicata per problemi fitosanitari) o per infiltrazione
laterale da solchi, in genere viene fatta nel periodo di maggio-giugno, perché se c’è un periodo secco il
prodotto sarà costituito da patate molto piccole. Se si utilizza il turno fisso questo si aggira sui 7-10 giorni.
Non bisogna mai scendere al di sotto del 40-60% dell’acqua disponibile o 30-40 mm di evaporato.
La semina viene fatta a file distanti: 60-75x 20 cm, la densità va da 5 a 7 piante/m2, le tardive, più
produttive, vengono disposte a densità minori. Dopo la semina per evitare che le patate fuoriescano dal
terreno si fa una successiva rincalzatura. La profondità è 10-15 cm. Si può anche fare una concimazione tra
un tubero all’altro (fosfato biammonico o perfosfato), il solfato ammonico non deve mai andare a contatto
con le colture perché è caustico, inoltre dà un residuo acido nel terreno.
Avversità: peronospora (trattamenti preventivi), scabbia (controllo con irrigazione o drenaggio), nematodi
(evitare che la patata ritorni sullo stesso terreno per almeno 2-3 anni), virosi (usare materiale di
propagazione virus-esente a sua volta coltivato in ambienti con condizioni avverse ai virus come in alta
montagna), dorifora (rotazioni, Carbaryl o esteri fosforici).
La raccolta deve essere fatta nel periodo più opportuno che viene individuato controllando che le patate non
siano nè troppo tenere, nè la formazione del periderma sia troppo spinta. Con il rifrattometro si controlla che
le patate non contengano un’alta quantità di zuccheri riduttori (problema in ambienti più freddi). In genere a
questo punto la pianta è secca. La conservazione deve essere fatta in ambianti freschi ed asciutti, ma non
molto freddi.

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52. Barbabietola da zucchero


Viene coltivata per avere saccarosio estratto dalle radici, da essa proviene il 90% del saccarosio usato in
Europa. Ci sono anche altri tipi di barbabietola come quella rossa (radice) e quella da foglie. Le foglie del
colletto sono usate per l’alimentazione del bestiame, così come altri residui di lavorazione: lo zucchero
viene estratto per cristallizzazione, il residuo è costituito dalle polpe, la melma residua è definita borlande.
Molti di questi sottoprodotti vengono bruciati per produrre il concime salino potassio, ricco di carbonato di
potassio (molto utile in terreni acidi)
In Italia veniva molto coltivata, però dopo l’istituzione delle quote da parte dell’Unione Europea, l’Italia ha
ceduto molte quote, per cui ora molti zuccherifici al sud hanno chiuso, quindi la sua coltivazione al incontra
il problema del trasporto, che ha minore incidenza nel nord Italia.
La barbabietola (Beta vulgaris var. Saccarifera- da zucchero; var. Crassa- da foraggio; var. Cruenta- da orto)
fa parte della famiglia delle Chenopodiaceae. Il fusto è costoluto, presenta dei rami da cui fuoriescono le
infiorescenze; la radice presenta rizomi, il frutto è un glomerulo che contiene da 4 a 5 semi. È una pianta
biennale come la carota, nel 1°anno forma la radice e una rosetta di foglie inserite sul colletto con gli
internodi raccorciati, è il periodo di massimo accumulo di zuccheri nella radice; nel 2° anno il fusto si
accresce a spese delle sostanze accumulate nella radice e fuoriesce lo scapo fiorale; a volte si può avere la
pre-fioritura quando, cioè, lo scapo fiorale fuoriesce al 1° anno (dipende da durata del giorno e temperatura,
al 2°caldo-> fioritura). Le foglie hanno una scarsa capacità di ritenzione idrica, hanno un picciolo lungo e
costoluto.
La radice ha forma tronco-conica, viene suddivisa in tre parti: colletto, corpo e parte radicale. Il colletto e le
foglie non hanno interesse industriale e vengono usati per l’alimentazione animale. Il corpo è più ricco di
zucchero (il 15-25% contro il 8-12%). Le radici hanno un peso da 2 a 10 kg in base alla varietà, hanno
diversi contenuti in zucchero (inversamente proporzionale al peso).
La semina viene fatta con i glomeruli, da ognuno fuoriescono 4-5 piante in base alla compattezza del
terreno. Per evitare affollamenti dannosi, dopo l’emergenza si fa il diradamento per lasciarne solo una,
quest’operazione è molto minuziosa e, quindi, costosa. Per non avere questo affollamento di piantine si può
rompere il glomerulo per seminare i semi singolarmente, quest’operazione, a sua volta, non è semplice
perché sono molto piccoli. I semi estratti in questo modo non sono semplici da distribuire, per cui si
preferisce confettarli con argilla. Il miglioramento genetico ha fatto in modo da avere piante con semi
monogermi. Per questa coltura non si utilizzano piantine già germinate perché darebbero piante con radici
biforcate (rizomiosi). La densità di semina va da 7 (PP) a 13 (ZZ) piante/m2. Si preferisce la semina a
quadrato con file non più ampie di 45-50 cm. La profondità di semina è sui 2-3 cm. Questa operazione viene
fatta con la seminatrice di precisione.
La coltivazione al nord è primaverile-estiva, mentre al sud è autunno-vernina. Il ciclo produttivo dipende dal
fotoperiodo e dalle temperature (l’alternarsi di giornate corte e lunghe e di temperature alte e basse danno
l’input alla pianta della fine del primo anno, dopo del quale, essa forma lo scapo fiorale).
Il miglioramento genetico ha fatto in modo che ci siano dei soggetti resistenti alla fioritura e che vengono
usati per la semina autunnale (marca A o AA), più pesanti (P o PP), più ricchi in zuccheri (Z o ZZ). AA: tipi

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primaverili o autunnali che tendono alla triennalità, altrimenti non protrebbero essere seminati in autunno.
PP: tipi più precoci. ZZ: meno precoci. I tipi N, NP, NZ, hanno caratteristiche intermedie. Con alta fertilità
si scelgono i P, altrimenti si usano i tipi Z.
L’accumulo di zuccheri è determinato dalla fotosintesi e, quindi, dalla capacità di traslocazione, fenomeno
che avviene di notte a basse temperature (12-14°C). Quindi le condizioni ideali sono rappresentate da
giornate lunghe e notti fresche, tipiche dell’Europa centrale. Le temperature minime vanno dagli 8 ai 15°C,
in base alla fase di crescita, l’optimum è a 18- 22°C.
Ciclo vegetativo:
- Germinazione : 8°C. Semina primaverile (metà febbraio-inizio marzo, semina autunnale:ottobre, anche
novembre)
- Emergenza, formazione di 5-6 foglie. È il periodo utile per fare il diradamento.
- Sviluppo delle foglie
- Sviluppo della radice e accumulo di zucchero (durante il primo anno lo zucchero va dalle foglie alle radici,
il secondo anno fa il percorso inverso) . Dopo si procede alla raccolta.
Il succo delle radici viene fatto cristallizzare e precipitare in un’apposita vasca. La cristallizzazione viene
ostacolata dalla presenza di ammine, date da eccessi di azoto (se presenti possono rovinare tonnellate di
zucchero presenti nella vasca, per cui si procede prima della lavorazione, ad un’analisi delle radici). Quindi
non si deve concimare dopo la formazione dell’apparato fogliare. Le letamazioni possono essere pericolose
perché quando c’è molta S.O. una buona disponibilità idrica attiva le popolazioni microbiche nitrificanti. I
terreni più adatti sono quelli profondi, fertili, anche argillosi (ma non con argille destrutturate), il pH può
anche essere sub-alcalino e ci possono anche sopporta livelli più alti della media di salinità, bisogna che ci
sia buon drenaggio, altrimenti ci possono essere problemi di marcescenza della radice.
Nella rotazione viene considerata una pianta da rinnovo perché richiede lavorazioni profonde perché la
semina con seme confettato deve essere piuttosto precisa e letamazioni (massimo 300 q/ha), lascia il terreno
pulito da malerbe. Quindi dopo va bene un prato o un cereale autunno-vernino
Le malerbe vanno controllate nella prima parte del ciclo vegetativo perché poi il terreno viene
completamente coperto dalle foglie. Ci sono dei diserbanti selettivi per la bietola: pre-semina, pre-
emergenza o post-emergenza. La sarchiatura non è permessa dalla distanza delle file.
Asportazioni per 1q di prodotto: 0,4-0,5 kg di N; 0,15-0,18 kg di P2O5; 0,35-0,65 kg di K2O. Con
produzioni di circa 500-600 q di radici abbiamo: 250 kg di N, 75 kg di P2O5, 300 kg di K2O. Il fabbisogno
di K è alto perché questo elemento si accumula nelle radici che non vengono lasciate nel terreno, viene
integrato con cloruro di potassio. La P2O5 viene data in forma di perfosfato. La concimazione azotata può
essere fatta sotto forma alla semina con letame e in copertura si può dare solfato ammonico, nitrato
ammonico o urea, al nord si divide 1/2 alla semina e 1/2 in copertura, mentre al sud 1/3 semina e due
interventi di 1/3 in copertura per il maggior dilavamento. Ci possono, eventualmente, essere carenze di
microelementi come Bo e Mn, si possono quindi fare concimazione di microelementi però con pH acidi
sono solubili, con quelli basici no e, in questo caso, si possono fare delle concimazioni fogliari
L’irrigazione, se non bastano le piogge, viene fatta a 30- 40% dell’acqua disponibile e a 30-40 mm di
evaporato con 1 turno a settimana.

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Avversità: Chenopodium album, virosi, afidi, Cercospora (viene evidenziata da macchie di cioccolato, si
lotta con trattamenti sistemici), peronospora, oidio, sclerotinia e Rhizoctonia solani (buon drenaggio e
rotazioni ampie), rizomania (ramificazione delle radici, può essere incrementata da stress idrici).
La raccolta si fa quando si ha il massimo sviluppo della radice e le foglie cominciano a seccarsi. Si può fare
in modo meccanico con una macchina simile alla vangatrice, però al posto della vanga presenta un elemento
simile ad un forcone.

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53. Tabacco
Il tabacco (Nicotiana tabacum o rustica)iene usato per produrre materiale da fumo, da fiuto, da masticare,
insetticidi, solfato di nicotina (usato contro gli afidi). Si studiano utilizzi alternativi per il seme, dato che è
ricco di grasso e proteine. Non è utilizzabile come foraggio perché la nicotina è tossica per gli animali.
È una pianta a radice fittonante, il fusto è di dimensione variabile (da 50 cm a 2-3 m) e viene chiamato
stocco, la foglia è semplice di forma lanceolata e dimensioni variabili, il prolungamento della nervatura
centrale è chiamato costa. Un carattere molto importante è il rapporto costa/lamina inversamente
proporzionale alla qualità. L’infiorescenza è un corimbo, il frutto è una capsula. I semi sono molto piccoli
20-30000 semi pesano 1g, in genere in campo vengono piantate delle piantine già germinate in appositi
semenzali (spesso usato floating system). I rami laterali si chiamano cacchi e vengono eliminati perché non
favorevoli alla produzione (scacchiatura). Le foglie sono prima disposte a rosetta, poi seguono la levata, la
comparsa del bottone fiorale e la fioritura.
I tipi di tabacco vengono divisi in base alle caratteristiche commerciali, date soprattutto dal materiale
gentico e dai tipi di cura che subisce dopo la raccolta:
Tabacchi scuri: Kentucky, Brenta, Beneventano. Curati a fuoco. Vengono usati per trinciati da sigari.
Chiari americani: Burley, Maryland, Virginia. Cura all’aria: le foglie vengono infilzate e poi appese.
Orientali o levantini:Xanti-Yakà, Perustiza, Erzegovina. Hanno la foglia piccola, colore giallo. In genere
vengono miscelati agli altri per dare aroma. In genere vengono curati al sole.
Sub-tropicali: Scafati, Avana. Tabacchi da fascia, cioè la foglia si usa per avvolgere il sigaro.
Il prezzo viene deciso di volta in volta in base alla qualità del prodotto che viene classificata in categorie, in
senso decrescente: A, B, C e fuori categoria.
I criteri oggettivi che determinano la qualità della foglia sono: grandezza (+ grande + pregio), integrità,
consistenza (peso, morbidezza) e colore (parametri: lucentezza, croma e tinta), combustibilità, contenuto in
alcaloidi (nicotina), in nitrati (problemi di tossicità), in cloro (diminuisce la combustibilità), residuo
bituminoso (dato da sostanze aromatiche, è un parametro di valutazione perché poi viene eliminato con i
filtri).
Il tabacco è una specie macroterma, l’optimum di temperatura è tra i 25 e i 28°C, soffre con temperature <
10°C oppure > 30°C. Richiede molta luminosità, è una pianta brevidiurna, ma sono stati selezionati tipi
neutrodiurni. Sopporta bene l’umidità dell’aria, per i tipi da fascia per aumentarla si coltiva sotto garza.
Si presta alla coltivazione in tutti i tipi di terreno: sciolti, non eccessivamente argillosi, sabbiosi o salini. I
levantini vengono coltivati in terreni sciolti e poco fertili per avere un prodotto ottimale. In terreni salsi il
prodotti è scadente anche per la presenza di cloro. I tipi come il Kentucky preferiscono terreni più duri e
compatti, quelli come il Burley, delle condizioni intermedie. In genere le esigenze idriche sono molto scarse.
Il tabacco è considerata una coltura da rinnovo. Non si adatta a succedere colture come l’erba medica,
perché si avrebbe un terreno ricco di sostanza organica ed azoto che farebbero cadere la qualità dei prodotti.
La successione ideale può essere una coltura di frumento o un erbaio. La monocoltura non è consigliabile
per problemi fitopatologici.
La preparazione del terreno richiede un’aratura ad una profondità di 30-35 cm, meglio se fatta in autunno

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nei terreni argillosi, l’amminutamento del terreno può essere fatto anche solo con un erpice perché si
trapiantano piantine già germinate (Aprile-Maggio).
Il trapianto può essere fatto a mano o con la trapiantatrice: si assolca il terreno, si trapianta, poi si effettua
l’irrigazione sulla fila per promuovere l’attecchimento della piantina. Distanza tra le file >70 cm, all’interno
della fila la distanza varia in base alla varietà: Kentucky 1-2 piante/m2, Burley 6-7 piante/m2, levantini 25-
30 piante/m2.
Concimazione: è possibile la letamazione ma non molto abbondante: 300-350 q/ha (non per i levatini).
Asportazioni per Virginia Bright per ogni q di produzione: 2 kg di N; 0,6 kg di P2O5; 3,5 kg di K2O. Per
una produzione media di 35 q integriamo: 70 kg di N (al massimo 140); 50 kg di P2O5; 50-75 kg di K2O. I
quantitativi di potassio integrati sono di molto inferiori alle esigenze, questo perché in genere esso è
contenuto nei terreni e nei fusti che, di norma, vengono interrati. Fosfato e potassio vengono interrati alla
preparazione del terreno. L’azoto viene frazionato: 1/3 al trapianto, 1/3 alla 5-6^ foglia, 1/3 alla levata. Tra i
concimi non si usano mai cloruri.
La prima irrigazione viene fatta al trapianto (metà aprile, può essere fatta direttamente dalla trapiantatrice o
per infiltrazione laterale da solchi, consigliata per minori problemi di peronospora). Volumi irrigui: dal 40%
di ET fino al 120% ET, in genere viene fatto l’80%; se si considera l’acqua disponibile non si va mai <50%.
I turni nei terreni argillosi sono di 10-15 giorni, in quelli sabbiosi sono di circa 7 giorni.
Il diserbo viene fatto con prodotti specifici per il tabacco. Se nella coltura precedente sono stati fatti dei
trattamenti persistenti, si possono ancora avere effetti residui dannosi (es: atrazine, diazine). È possibile
anche fare la sarchiatura meccanica tra le file e a mano sulla fila. Dopo il primo mese di vita non c’è bisogno
di trattamenti particolari.
La raccolta viene fatta a foglie o a pianta. La raccolta a foglia viene fatta in modo scalare (in 5-6 raccolte)
dal basso verso l’alto (basali, I, II, III mediana e apicali). Le foglie apicali sono di qualità media, sono più
piccole e più scure; le basali hanno la qualità più scadente, mentre le migliori sono le mediane. Quelle a
contatto con il terreno vengono scartate. Spesso però si preferisce raccogliere la pianta intera, in questo caso
si richiede la cimatura (circa 23-25 foglie/pianta), un’operazione che viene fatta quando compare il bottone
fiorale, per evitare che il materiale nutritivo finisca completamente nelle foglie, può anche essere fatta
meccanicamente.
Avversità:
Peronospora: sono stati selezionati individui resistenti (es: beneventano), trattamenti preventivi
Virus: il più diffuso è il virus del mosaico del tabacco (TMV). Si previene con l’uso di materiale di
propagazione certificato.
Orobanche: fare rotazioni
Sclerotinia: attacca i fusti
Grillotalpa e agrotidi (le larve mangiano le piante al colletto di notte): vengono combattuti con
geodisinfestanti (in genere si usano esteri fosforici).

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54. Pomodoro
Il pomodoro è una pianta molto importante sotto diversi aspetti, ne esistono vari tipi a seconda
dell’utilizzazione finale:
Uso industriale: per concentrato, polpa, a pezzi, pelato. Si usa il tipo S. Marzano oppure il Roma. Il S.
Marzano tende ad essere alto ed ha una maturazione scalare, mentre il Roma ha la fioritura più
contemporanea. La pellicola deve essere spessa per resistere ai vari trasporti.
Da mensa (orticoltura)
Da serbo: da conservare (es: piennolo).
Vengono coltivate più varietà di pomodoro (Lycopersicon esculentum):
- var. Cerasiforme: da mensa
- var. Pyriforme: a pera (es: S. Marzano)
- var. Comune Bailey: tipo Pachino
- var. Validum: si usa per il miglioramento genetico.
I nuovi ibridi a sviluppo determinato, ramificano molto alla base ed hanno una fioritura contemporanea. La
fase vegetativa è molto corta (dall’emergenza fino alla formazione del primo palco fiorale, dura circa un
mese), in genere alla formazione del primo palco fiorale viene fatta una cimatura così si sviluppano nuovi
rami, fiori e foglie. Seguono poi: fioritura, allegagione e maturazione. Il pomodoro da mensa viene raccolto
all’invaiatura, il pomodoro da industria quando ha raggiunto un colore rosso (il colore rosso è un attributo di
qualità perché testimonia la presenza di licopene, dalle qualità antiossidanti).
Le foglie sono composte, leggermente lobate. Il fusto è cilindrico, liscio, peloso, con alcune ghiandole
odorose. L’apice, se stimolato dalla cimatura, aumenta la ramificazione per aumentare i fiori.
L’infiorescenza è a racemo, i fiori sono gialli ed imbutiformi. Il frutto è una bacca in cui si distingue: un
epicarpo esterno, la polpa interna, la placenta e i semi all’interno. Se la placenta si distacca dalla polpa, il
pomodoro si definisce “scatolato”.
I semi e la pellicola, per l’uso industriale, sono da considerare scarti (usati per la zootecnia perché i semi
contengono proteine e grassi, mentre l’epicarpo contiene fibra), in questo caso il prodotto viene quantificato
in base al suo residuo secco. Il contenuto di acidi e zuccheri viene valutato a tutti gli scopi, il rapporto
acidi/zuccheri è importante ai fini del sapore, inoltre viene anche considerato importante il contenuto in
acido ascorbico (vitamina C).

Caratteristiche dei pomodori pelati:


- Pelabilità: semplicità nel togliere la pellicola.
- Uniformità del colore: se la parte apicale (dove c’è l’inserzione del picciolo) è colorata o meno.
- Marciume apicale: fisiopatia dovuta a stress o sbalzi idrici.
Le produzioni massime possono arrivare a 2000-3000 q/ha. La media per i pelati è 400-700 q/ha, per il
pomodoro da concentrato (tondo) è 800-1200 q/ha. I risultati migliori si hanno con terreni di medio impasto,
tendenti all’argilloso, profondi, con buona dotazione di sostanza organica, ricco di P e K.

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Per il pomodoro da mensa la coltivazione si fa:
- Sotto copertura (es: serra) e con riscaldamento con terreno inerte,
- Si fa la cimatura completa,
- Vengono usati bombi per l’impollinazione,
- Fertirrigazione,
- Controllo dei parassiti.
È una pianta macroterma, a 10°C già comincia a vegetare, temperatura minima 5-6°C, temperatura massima:
32-35°C, optimum: 24-26°C. Se vengono superate le temperature massime possiamo avere: rallentamento
dello sviluppo, cascola fiorale, aborto fiorale, scottature sulle bacche di colore bianco, proliferazione di
afidi.
Il pomodoro è brevidiurno, ma oggi sono stati selezionati tipi neutrodiurni. Gradisce alte intensità luminose
ed una certa escursione termica perché a temperature basse viene favorita la traslocazione delle sostanze
sintetizzate. A questo riguardo non vanno bene luoghi dove è frequente il vento di scirocco. L’escursione
termica influenza positivamente, quindi: fruttificazione, qualità e quantità dei frutti. Se si coltiva in serra, di
notte è preferibile rinfrescare tramite le aperture della stessa.
Nell’avvicendamento il pomodoro è una pianta da rinnovo, quindi è l’ideale la successione di un cereale (es.
Mais), una crucufera o un prato. Evitare alternanze con altre solanacee (es: tabacco, peperone, ecc.) per
intervalli minori di tre anni perché favorirebbero virosi e peronospora. Alla preparazione del terreno si fa un
sovescio o si interra del letame.
La semina può essere diretta (ormai non più usata): a postarella, o con il seme confettato. Dato che il seme è
piccolo bisogna preparare il terreno con un buon affinamento e una rullatura, perché il seme è piccolo e
tende ad aggrumarsi. In genere il pomodoro non viene più seminato, ma vengono trapiantate piantine già
germinate (trapianto fatto con apposite macchine), che non devono essere molto vecchie altrimenti si
possono avere problemi di apparato radicale spiralato. Queste vengono coltivate appositamente in ambienti
protetti, il sistema più usato è il floating system. Dopo il trapianto si procede alla rincalzatura per
promuovere la formazione di radici avventizie. Viene fatto intorno alla prima settimana di aprile cercando di
evitare periodi di alta umidità che possono favorire la peronospora. Non sono necessarie lavorazioni
particolari del terreno.
La concimazione si basa sull’uso del letame che può essere anche abbondante, avendo un titolo di 1-0,5-1, si
deve integrare solo il P, nel caso in cui ci si trovi in terreni carenti. Si considera un letame bovino mischiato
con paglia di orzo. Con una produzione intorno ai 2000 q/ha si danno fino a 300-350 kg di N. Esigenze
medie: 150-200 kg di N; 75-100 kg di P2O5; 75-100 kg di K2O.
Il pomodoro si dispone in file di circa 80 cm in modo da avere 5-6 piante/m2, il tipo S. Marzano viene
messo a distanze di 1-1,2 m in modo da avere 4-8 5-6 piante/m2, in questo caso la raccolta viene fatta a
mano. Per il pomodoro da industria si usano le file binate: le distanze sono di 40 cm da un lato e 100-200 cm
dall’altro per permettere il passaggio delle macchine.
Il diserbo può essere fatto con la sarchiatura e la rincalzatura dove viene permesso dalla disposizione delle
file. Nella maggior parte dei casi viene fatto in modo completamente chimico sia in pre-semina, pre-
emergenza e post-emergenza.

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L’irrigazione viene fatta con manichette forate (a goccia), infiltrazione laterale o per aspersione (problemi di
peronospora). Un leggero stress idrico nelle prime fasi dà molti vantaggi: stimola l’apparato radicale,
stimola la ramificazione e la fioritura ed evita problemi parassitari. Alla fioritura bisogna intensificare
l’irrigazione perché è un momento molto delicato. Volume irriguo: 60% di acqua disponibile, 100 E.T, 40
mm di evaporato di classe A, il turno di 5-6 giorni; dopo l’invaiatura si diminuiscono gli apporti: 40% di
acqua disponibile, 60% di E.T., 60 mm di evaporato, questo perché si possono avere problemi di
marcescenza.

Avversità:
Nottuidi: mangiano le piante al colletto, si eliminano con geo-disinfezione.
Peronospora: viene lottata con vari prodotti, tra cui rameici.
Malattie vascolari: tracheomicosi e tracheoverticillosi, bisogna controllare gli apporti idrici, soprattutto nei
primi stadi (attenzione all’umidità dei terreni argillosi).
Virus: utilizzo di materiale sano.
Afidi: prodotti afidicidi.
Ragno rosso: c’è il problema che i prodotti che lo combattono sono ad alta persistenza. Meglio anticipare la
coltura se c’è alta probabilità di avere infestazioni.
Scatolatura: causata da squilibri idrici
Scottatura: causata dalla mancata copertura delle bacche da parte delle foglie, che a loro volta, possono
essere state danneggiate da peronospora
Marciume apicale: frequente in zone asciutte, soprattutto per il S. Marzano.

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55. Piante foraggere


Sono piante che vengono coltivate per poter essere date come alimento agli animali che le possono pascolare
o raccolto e dato fresco, oppure prima consevato (insilamento, essiccamento, fienagione). La palabilità è la
caratteristica di queste piante di essere gradita dagli animali. (influenzato anche dal livello di maturazione).
Ci sono due tipi principali:
Prati: colture destinate a foraggio, persistono nel terreno per più di un anno. Possono essere: permanenti
(naturali e, ovviamente, polifiti) o artificiali (essenze scelte appositamente, possono essere monofiti o
polifiti)
Erbaio: coltura che dura meno di un anno, coltivato come una coltura normale, può essere monofita o
polifita. Autunno-vernini: semina a settembre-ottobre; primaverili-estivi: semina in primavera e raccolta a
luglio-agosto.
La coltivazione cambia in base allo scopo di produzione:
- Insilato: loietto, Dactilis, graminacee. Il materiale deve avere zuccheri solubili
- Fieno. Qualitativamente variegato. L’importante non è il volume di produzione, ma la qualità misurata con
valore nutritivo/massa. La massa cresce in modo quasi lineare con l’andare del ciclo della pianta.
- Erba disidratata: per avere paglia, si può fare solo con alcune essenze,in genere viene fatto con i materiali
migliori, es: erba medica.
Possono essere usate varie famiglie: le graminacee e le leguminose sono le più gradite. Le crucifere
crescono anche con temperature abbastanza basse e la loro massa è abbastanza consistente, ma non sono
adatte per produzione di insilato e il loro utilizzo massiccio può cambiare il sapore del latte degli animali
che ne vengono alimentati.
Graminacee più utilizzate:
- Avena: sia bianca che nera
- Lolium: perenne o multifolium (italicum)
- Segale
- Frumento: non vengono usate varietà nane.
- Triticale
- Dactilis glomerata: erba mazzolina
- Festuche e code (coda di topo, coda di volpe, ecc.)
- Leguminose: erba medica, vari trifogli, vecce, pisello da foraggio (proteico), fava o favino, lupino (per
semi), sulla, lupinella, fieno greco. Coltivate da sole o in miscugli.

La coltura specializzata è la meno indicata perché ha bisogno di concimazioni azotate (nei miscugli unendo
più specie i fabbisogni di azoto vengono coperti con leguminose), la stabilità produttiva è minore perché con
i miscugli con un’annata non favorevole ci sono sempre delle colture che non vengono danneggiate.
Per fare i miscugli si deve fare attenzione alla contemporaneità di maturazione. Se tutte le colture sono
comtemporanee si possono creare degli antagonismi. L’ideale è avere una colture inveranale ed una
primaverile (es: veccia con graminacee, utile anche per sostegno; oppure lolium con trifoglio squarroso).

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Umidità: insilati: circa 30%, fieno circa il 15%. Ceneri: parte minerale, non concorre alla frazione nutritiva
del foraggio, ma comunque importante (CA, Mg, Fe): le graminacee hanno molto Si che non è nutriente, le
leguminose hanno molto Ca e P, importanti per l’animale. Proteina grezza: ricavata analiticamente in base al
contenuto di N, i ruminanti riescono anche a trasformare in proteine l’urea, se in basse concentrazioni.
Estratto etereo: corrisponde ai grassi: è alto per il girasole, basso in quasi tutti gli altri: dall’1 al 3%. Fibra
grezza: inversamente proporzionale al contenuto energetico, è importante per esercitare il rumine ed
alimentare la microflora, aumenta con l’avvicinarsi della maturazione (NDF: + digeribile; ADF e ADL:
parte non digerita, massima in corrispondenza della maturazione).
Il materiale foraggero è fatto di: foglie, fusti, frutti e semi. Il valore nutritivo dipende dal rapporto tra le
varie componenti. Nel fusto ci sono cellulosa e lignina (componenti di > peso) per questo deve essere ben
sviluppato ma non lignificato. Le foglie hanno proteine e suberina. I frutti e i semi hanno proteine, amidi e
grassi. Per l’insilamento il prodotto viene trinciato e conservato, per il fieno si procede all’essiccamento, se è
troppo veloce le foglie si staccano e il prodotto è peggiore (le foglie devono essere poco staccabili).
Condizionamento: si schiaccia il fusto per farlo essiccare prima, quanto più vicino all’epoca delle foglie.
L’epoca ideale per la fienagione è dopo la fioritura e prima della maturazione cerosa. Nelle graminacee la
foglia non tende a staccarsi, tra le leguminose il migliore è il trifoglio squarroso.

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56. Erba medica


Chiamata anche Lucerna o Erba di Spagna. È una leguminosa. È la coltura specializzata più coltivata, l’uso
più comune è in coltura specializzata per ottenere fieno secco, spesso viene disidratata per avere farina di
medica. Se usata come erba fresca conviene farla prima appassire perché altrimenti potrebbe creare dei
problemi di meteorismo (contiene delle saponine che nel rumine danno delle fermentazioni metaniche).
L’erba medica è sempre caratterizzata da una buona capacità di ricaccio, la proporzione foglie/steli è a
vantaggio delle foglie, che sono le più pregiate dal punto di vista nutritivo.
Ci sono diverse specie:
Medicago sativa: ha il legume spiralato;
Medicago falcata: ha il legume a forma di falce, morfologicamente è molto diversa dalla precedente. È di
origine siberiana, per cui è molto resistente al freddo. Non viene coltivata in purezza perché poco produttiva.
Dal loro incrocio è nata la Media o Variegata, viene coltivata in ambienti più freddi.
Altre varietà naturali: Gelatinosa, Prostrata, Arborea (molto usata per gli animali al pascolo).
Mediche selvatiche: genere Latyrus: fiore giallo, prostrate, poco adatte per produrre erbai da sfalciare, buone
per il pascolo.
La radice è un fittone con elevata profondità, resistente all’aridità. Il fusto è eretto, crea un cespo al livello
del suolo con numerosi germogli. Le foglie sono composte, trifogliate, la foglia centrale è leggermente
picciolata. Il legume è leggermente spiralato. Il seme è reniforme, come il fagiolo. Il peso di 1000 semi è 20
gr.
Esigenze climatiche: in estate si ha una fase di stasi, questa viene superata con adeguate irrigazioni. La
media e la falcata vanno in stasi vegetativa invernale per cui resistono al freddo. La germinazione avviene
anche a 5-6°C, quindi si potrebbe seminare anche a febbraio, ma possono esserci problemi per entrare in
campi argillosi. Con la semina ad ottobre ci si deve assicurare che in inverno a piantina sia completamente
formata.
Per formare un grammo di sostanza secca ci vogliono 900 g di acqua.
Vanno bene terreni argillosi, purchè siano ben drenati e ben strutturati perché soffre molto i ristagni idrici.
Sono adatti i terreni di medio impasto, ma anche calcarei, sabbiosi, purchè siano profondi. Sopporta male
pH acido e la salsedine.
Può essere utilizzata come prato specializzato poliennale (5-6 anni). Nel 2° anno si ha la migliore
produzione, poi diminuisce, ma dipende dal terreno, in genere viene coltivata per 4 anni; c’è convenienza
finchè si hanno almeno 100-150 cespi/m2. Una monosuccessione dà problemi in termini di eccesso di azoto.
É una specie fuori rotazione perché altrimenti questa sarebbe troppo lunga. Dopo la medica non viene mai
coltivato il frumento (eccesso di N), nè leguminose, ma va bene un rinnovo (pomodoro, medica, mais) che è
in grado di sfruttare ciò che ha lasciato la medica. Per non correre il rischio di forti inerbimenti è ottimo se la
coltura precedente abbia depauperato il terreno (es: frumento).
Concimazione: dato che la coltura permane in campo 4 anni, all’aratura o alla semina viene fatta una
concimazione fosfo-potassica. P2O5: 75 kg/ha per ogni anno di permanenza, non c’è bisogno di K. Se si
semina in autunno bisogna fare la concimazione in estate. Si può anche fare semina su ristoppio (minimum

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tillage, poco indicata per problemi di P). Si può anche seminare a febbraio con in atto la coltura di frumento
(bulatura), la pianta di frumento protegge la medica dalle gelate tardive. Se si vuole coltivare in asciutto si
consiglia la semina in ottobre.
L’affinamento del terreno deve essere molto spinto perché i semi sono piccoli, inoltre si fanno due rullature:
una prima della semina e una dopo per promuovere l’attecchimento dei semi. Per seminare a spaglio bisogna
diluire i semi con altro materiale coma sabbia. Le file vengono ad una distanza di 20 cm per avere circa 200-
300 piante/m2. C’è bisogno di circa 15-20 kg/ha di semi perché questi, essendo piccoli, sono soggetti agli
agenti atmosferici, inoltre germinano lentamente, circa il 20% è rappresentato da semi duri che
germineranno molto tempo dopo. La profondità di semina non è più di 3-4 mm. I semi devono essere
possibilmente prodotti in Italia perché le varietà più economiche sono argentine ed hanno più semi duri.
Se si coltiva dopo un cereale al primo anno può essere necessario un diserbo, questo può essere: presemina,
pre-emergenza o post-emergenza. L’operazione migliore è la falciatura, anche se anticipata.
L’irrigazione dipende dall’economia della coltura: può essere a scorrimento o per aspersione (a goccia o per
infiltrazione non è possibile). I turni possono essere anche di 15 giorni con volumi consistenti (anche 750
m3). Può essere utile la scarificatura: viene fatta per medicai di 2-4 anni in cui il terreno è compatto.
Avversità: funghi e insetti non vengono combattuti perché costoso. Grandi problemi con la cuscuta che può
essere prevenuta con rotazione che prevedano cereali. Trattamenti con disseccanti durante l’estate con un
disseccante totale.
Ecotipi: varietà adattate a determinati ambienti. I tipi francesi si sono adattati al nostro ambiente. Una delle
più coltivate è l’ascolana.
Viene conservata in balle piccole (più facilmente commercializzabili), in rotoballe (circa 2,5 q) o in fasciato
(qualità migliore).

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57. Trifoglio ladino


L’uso maggiore è per le marcite che si trovano in zone pedemontane dove l’acqua infiltrata sui monti a valle
risorge in fontanili a temperatura costante di circa 15°C, in inverno la presenza di quest’acqua permette la
vegetazione. Sono state uno dei primi esempi di prato stabile.
È una leguminosa: Trifolium repens. La caratteristica è di essere rizomatoso, le foglie hanno delle strisce
bianche. Le parti utilizzate sono lo stelo e le foglioline. Viene falciato in continuazione, perché più viene
falciato, più prodotto si pttiene. La qualità è eccellente per la netta preponderanza delle foglie. È una varietà
gigante. Ha un capolino bianco. Il seme è il più piccolo tra i trifogli: se ne usano 6-8 kg/ha.
Nel sud Italia non è molto usato, è più diffuso nelle regioni settentrionali. Dura anche 2-3 anni.

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58. Trifoglio alessandrino


È originario dell’Asia Minore. Tra i vari trifogli è quello che dà materiale meno grossolano e di qualità
migliore. Esistono 4 biotipi: Fahl, Saidi (+ resistente alla siccità), Kadrawi (ciclo lungo), Miskawi (precoce,
può dare anche 3 tagli).
Le caratteristiche che lo distinguono sono: eccellente qualità, poco resistente al freddo, infatti ad altitudini
maggiori abbiamo scarsi risultati.

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59. Piante tessili


Piante tessili
Non sono più molto usate perché ora si usano solo materiali plastici. Molte sono le piante da cui si ricavano
fibre per tessuti di vario genere, marineria, corde, spaghi, ecc. Le più diffuse sono il lino (dà tessuti pregiati),
canapa (soprattutto per corde), cotone, poi abbiamo:
Kenaf: introdotto negli ultimi anni per la produzione di cellulosa perché molto produttivo in termini di
biomassa, ma non ha avuto molto successo.
Iuta: usata principalmente per produrre sacchi
Ramiè: fibra indiana di qualità, come la seta.
Ortica: utilizzata per la produzione di fibra perché ad un certo stadio vegetativo se raccolta e macerata dà
una buona fibra.
Ginestra: usata ancora in Calabria, viene macerata per ottenere fibra.
La fibra è un materiale tipo cellulosa lungo da poter intrecciare (maggiore qualità quantp più è lunga e
sottile) è nei vasi liberiani (tra la corteccia e l’asse centrale del fusto), nel caso del cotone essa è attaccata ai
semi, ha l’aspetto di una peluria. Per avere un buon prodotto commerciale, quindi si cerca di avere fusti alti
(tranne nel caso del cotone) quindi non devono crescere in zone ombreggiate.

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60. Canapa
È una pianta tessile che, in alternativa, viene anche coltivata per i semi che possono essere una buona fonte
di grassi e oli, può essere usato per l’alimentazione animale, ma anche umana. Altri usi alternativi possono
essere la produzione di carta moneta e di materiali isolanti.
Oggi è coltivata solo in minima parte, dato che la sua coltivazione non è libera dato il suo utilizzo per la
produzione di sostanze stupefacenti, in Campania i terreni dove veniva coltivata ora sono stati occupati dal
tabacco. Ora sono ammesse solo le coltivazioni che presentano piante con THC <0,2%.
Prima il singolo prodotto veniva raccolto da un apposito consorzio che ne valutava la qualità per
corrispondere il giusto prezzo al produttore. La parte esterna del fusto è usata per la fibra. Il sottoprodotto
che si ottiene è chiamato canapulo o cannavacciuolo, corrisponde alla parte interna che prima veniva usata
per produrre i teli dove venivano messe le mele annurche per essere essiccate.
La canapa fa parte dell’ordine delle Hurticales, ce ne sono due specie principali: Cannabis sativa (più alta,
contenuto di THC minore) e Cannabis indica (contenuto maggiore in THC). Tra le varianti della C. sativa
abbiamo: Pelusella, turca, Cinese (la più alta); alcune sono tipiche italiane come: Campana, Superfibra,
Fibranova, Carmagnola, sono prodotte con il metodo tedesco della tassellatura: si prendono dei campioni di
fusto per saggiare la resa in fibr, si analizza il contenuto in fibra e poi si prendono i semi, con questo metodo
il contenuto in fibra è passato dal 15% al 30%.
La canapa è una pianta dioica: le piante staminifere fioriscono prima e producono il polline, le pistillifere
fioriscono dopo, il seme in esse contenuto è una nocula che contiene: 35% di grassi, 20% di proteine e il 5%
di fibra grezza. L’olio che si ricava viene usato per l’alimentazione umana e può essere necessario per
alcune specie di animali.
La radice è un fittone. Il fusto è cilindrico più o meno ramificato (per la produzione di fibra è meglio che
non sia ramificato, per la produzione di semi sì) lungo da 150 a 500 cm. Il derma è la parte centrale con vasi
legnosi (come il sambuco). La fibra primaria è lunga 16 mm, la secondaria è più corta e più pregiata. Le
foglie sono palmato-sette con margine seghettato. La corteccia esterna rappresenta il canapulo, dal fusto e
dai semi abbiamo la bacchetta (fusto senza foglie) che, per macerazione (prima essiccazione, poi
macerazione in acqua, il moneto più opportuno è alla decomposizione delle pectine: la corteccia si stacca
facilemente ma non è decomposta), dà lo stigliato. Con 100 q di bacchetta abbiamo 20-30 q di stigliato.
Le esigenze in luce sono alte, una coltivazione fitta ci permette di avere piante più alte. Temperature: per la
germinazione abbiamo bisogno di 8-10°C, per la fioritura di 19°C, per la maturazione 23-24°C. Temperature
alte e aridità portano alla pre-fioritura (la pianta non si sviluppa bene prima di fiorire), è più facile che ciò
avvenga con semine tardive.
Per le migliori produzioni abbiamo bisogno di terreni fertili, profondi, freschi e moderatamente argillosi (in
Italia: Emilia-Romagna e Campania). È considerata una pianta da rinnovo, va molto bene dopo un prato o
frumento. Con monocoltura possiamo avere problemi di sclerotinia.
La preparazione del terreno prevede un’aratura a 35-40 cm, consigliata da metà febbraio, poi viene fatta una
rifinitura per avere terreno sottile perché il seme ha un diametro di 2-3 mm ed ha problemi di emergenza. La
semina viene fatta verso marzo-aprile (Nord Italia), in terreni argillosi la preparazione viene fatta nell’anno

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precedente (possono anche essere disposte delle porche).
Concimazione: possono essere dati 500-600 q/ha di letame. Quantità di elementi da fornire: 90-100 kg/ha di
N; 40-60 kg/ha di P2O5; 100-150 kg/ha di K2O. L’apporto di K può essere eliminato o ridotto a 50 kg/ha.
L’azoto viene dilazionato in due interventi, con colture primaverili-estive non si danno nitrati (costano di
più), ma urea o ammoniaca.
Densità di semina: 120-150 piante/m2, le file vengono distanziate di 15-20 cm, si usano 50-60 kg di
semi/ha. Si usa la stessa seminatrice del frumento e si semina a fila continua. Nel caso di coltivazione da
seme di fanno delle file di 5-70 cm con meno di 10-15 kg/ha. Si può anche fare una coltura per avere sia una
parte dei semi che una parte di fibra (coltivazione mista), in questo caso la densità di semina è 40-60
piante/m2, la raccolta viene fatta all’inizio della formazione del seme, altrimenti se si va troppo in avanti nel
tempo la fibra ottenuta va bene solo per l’industria.
La raccolta viene fatta ad inizio formazione dei semi (modello misto). Per la produzione di semi si raccoglie
dopo un mese che questi si sono formati. Si può fare con la falciatura, poi vengono lasciate le andane nel
terreno, così essiccano in 4-5 giorni, poi si fanno fasci da mandare al macero (passato) o all’industria,
meccanicamente l’operazione viene fatta con la falcia-condizionatrice. Per i semi si fa una trebbiatura a 1,5
m perché il materiale vegetale è enorme. Dopo la falciatura si schiaccia il fusto con la condizionatrice per
avere le balle. In Campania si faceva nella II parte di luglio e si macerava ad agosto. La macerazione veniva
fatta in grosse vasche in cui veniva messo il materiel che poi veniva coperto da grandi massi.
Le produzioni medie sono: 80-120 q di bacchetta; 20-30 q di stigliato; 15-20 q di seme (valori per un ha) il
diametro dei fusti va da 2 a 4 cm (dipende dalla fittezza), se sono troppo sottili e la zona è ventosa possiamo
avere allettamento..
Avversità: nottuidi, grillotalpa e piralide che vengono prevenuti con geodisinfestazione, peronospora e
sclerotinia (rotazione e concia del seme). Fisiopatie: stress idrico, eccessi termici dati da irrigazioni sbagliate
o da errati tempi di semina.
Irrigazione: infiltrazione laterale da solchi (produzione per seme) o a scorrimento (buona preparazione del
campo), oppure aspersione (turni di 10-15 giorni, 40-50% di acqua disponibile e 40-60 mm di evaporato).
Il diserbo non sempre è necessario dato che le fittezze a cui vengono coltivate le piante non permettono la
proliferazione di infestanti. Si può fare solo in pre-semina per coprire il periodo in cui il terreno è ancora
libero, ma se si semina a febbraio non ci sono molti problemi. L’unica infestante è il convolvolo che riesce
ad arrampicarsi sui fusti per avere luce, il convolvolo perenne ha già le radici che vengono eliminate
dall’aratura, mentre quello annuale viene combattuto con un diserbo annuale pre-semina.

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61. Lino
Nel passato era una pianta molto importante per la fibra, ora ha più importanza per la produzione dell’olio
per uso alimentare e non. Per l’alimentazione umana è molto importante perché l’olio ottenuto dai semi
contiene molti acidi grassi monoinsaturi precursori degli omega (linoleico, linolenico, oleico, palmitico). A
livello industriale è usato per vernice. Il residuo di lavorazione della produzione di olio consiste in panelli di
lino che sono usati per l’alimentazione animale.
La coltivazione cambia a seconda se il prodotto principale è la fibra (viene coltivata più fitta per avere piante
più alte e con meno foglie) o i semi.
Il lino (Linum usitatissimum) fa parte della famiglia delle linaceae. È una pianta originaria della zona del
Mar Caspio, non si adatta molto bene ai climi meridionali, infatti per questo il Canada si adatta molto bene
ad ospitare questa coltura. In Italia non ci sono più molte coltivazioni ma ne viene importata una buona
quantità. Abbiamo due ecotipi:
Lino da fibra: fusto alto, lungo fino ad 1 m, poco ramificato, fusto elastico, pochi fiori (azzurri o bianchi). I
semi si trovano nelle capsule a 5 logge e sono piccoli, rossastri e bruni.
Lino da seme: taglia bassa (circa 60 cm), ramificata, fibra corta, infiorescenza sviluppata, fiori azzurri e
violacei. I semi sono più grossi e di colore rosso, quando vengono in contatto con l’acqua calda, danno una
sostanza mucillaginosa usata a scopo per medico per pomate.
Il seme contiene: 31% di grassi, 25% di proteine, 30% di fibra, 5% di mucillagine. La radice è un fittone
poco ramificato che facilita la roccolta che può essere fatta per estirpazione. Il frutto è una capsula. Il fiore è
composto da 5 petali. Il peso di 1000 semi è 5,5 g.
Esigenze climatiche: per la germinazione servono almeno a 10°C, fiorisce a 15°C e matura a 20°C. Le
temperature alte stimolano la ramificazione, quindi sono adatte ai tipi da olio. Durante l’inverno non
sopporta temperature sotto lo 0.
Preferisce terreni non argillosi (meglio se di medio impasto), profondi, ben dotati di sostanza organica
(intorno al 2-3%, valori superiori danno problemi di alletamento). Il pH ottimale è meutro o sub-acido. Non
sopporta ristagni idrici.
Il lino da fibra si semina da ottobre a dicembre (es: sicilia), il ciclo dura 180-200 giorni. Il lino da olio si
semina da febbraio ad aprile (es: piemonte), il ciclo dura 80-100 giorni.
Nella rotazione il lino è una pianta da rinnovo. Non va bene dopo l’erba medica perché non sopporta eccessi
di sostanza organica. La monosuccessione non viene mai fatta, si consiglia di non far ritornare sullo stesso
terreno la coltura per almeno 5-6 anni.
La preparazione del terreno viene fatta con un’aratura a 35-40 cm, poi viene fatta una rullatura, ma non nei
terreni argillosi. Non si deve accedere con la profondità. Per i tipi da fibra le file vengono disposte in modo
molto fitto, a 10 cm per avere 1800-2000 piante/m2, si usano 180-200 kg/ha. Per i tipi da olio si usano 80-90
kg/ha di semi per avere 800-1000 piante/ha distanza tra le file 10 cm, cambia la disposizione sulla fila.
Concimazione: non bisogna eccedere nella letamazione. L’azoto viene distribuito in due interventi, ne
vengono dati 80-100 kg/ha. P2O5:80 kg/ha; K2O: 50-100 kg/ha che vengono dati all’atto della preparazione
del terreno.

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Il diserbo può essere fatto in: pre-semina, pre-emergenza (es: Linuron o Linacil) o post-emergenza (quando
le piante hanno 15 cm di altezza). L’irrigazione prevede almeno tre interventi fondamentali: il primo tra
primavera- estate...
La raccolta per estirpamento può essere fatta in modo meccanico. Con la falciatura, anche se bassa, una
quota notevole resterebbe nel terreno. Dopo l’estirpamento le piante vengono raccolte in andane. Il
momento adatto per la raccolta si ha quando il colore della pianta comincia a virare, cominciano le foglie
basali, poi quelle via via superiori. Nel caso di coltivazione per seme la raccolta si fa quando sono pronte le
capsule.
La fase di macerazione delle fibre viene a terra, ogni tanto bisogna girarla, l’operazione viene conclusa in
circa due settimane. Se la maceratura non viene fatta bene, ci sono problemi per la stigliatura. Il rendimento
di stigliato è del 30%. La qualità del prodotto dipende dalla zona di coltivazione (Es: sono di alta qualità di
lini delle Fiandre).

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62. Cotone
Il 2,5% della produzione agraria mondiale è rappresentata dal cotone, che quindi richiede quantità notevoli
di agrofarmaci (25% degli insetticidi e 11% dei pesticidi). La fibra si ricava dalla peluria intorno ai semi,
quindi con la raccolta di hanno contemporaneamente semi e fibra. I semi contengono: 20% proteine e 15-
20% grassi.
La raccolta viene fatta con la gimenatrice che stacca la bambagia dal seme. Abbiamo due modelli produttivi:
a fibra corta (si punta sulla quantità di prodotto che, quindi, è più scadente), fibra lunga (si punta sulla
qualità) o a fibra media.
Il cotone fa parte della famiglia delle Malvaceae, le specie di interesse agrario sono molte: Gossipium
arboreum (albero del cotone, fibra corta), G. tomentosum, G. thuberi, G. sturtianum, G. barbadense (fibra
lunga), G. herbaceum (fibra corta), G. hyrsutum (fibra media, è il più coltivato).
In Italia non è molto diffusa questa coltura perché nei nostri climi arriverebbe a settembre e con le piogge il
prodotto sarebbe irrimediabilmente rovinato.
Tra le specie quelle di interesse agrario sono le cespugliose con rami eretti picciolati. Le foglie sono
palmate, lobate, picciolate. I fiori sono grandi, peduncolati, di colore giallo, bianco o rosso, il frutto è una
capsula da 3 a 5 logge in cui c’è il seme con la peluria la quale rappresenta il prodotto agronomico.
La germinazione avviene a 15-20°C (si semina a maggio), l’optimum è 25-28°C, la maturazione avviene a
25-30°C. Il ciclo completo va da 5 a 7 mesi. Le varietà precoci sono meno produttive, le varietà tardive lo
sono di più.
Non ha esigenze particolari in termini di terreno, quelli più adatti sono i profondi, fertili, vanno bene anche
quelli con pH alcalino e salinità elevata. Si adatta bene a molte situazioni pedologiche. Per avere buone
produzioni il pH massimo deve essere di 8,5.
È una coltura da rinnovo quindi va bene dopo i frumento, altri cereali, o dopo un prato. Il grado di
affinamento del terreno non deve essere eccessivo perché i semi sono di circa 1cm di lunghezza e di 8 mm
di spessore, va bene anche solo una lavorazione con il frangizolle. È una coltura che può essere letamata, le
quantità indicative sono: 400-500 q/ha.Esigenze nutritive: 100-150 kg di N (vengono divisi tra semina e
copertura), 50-60 kg di P2O5 e 50-70 kg di K2O.
La semina viene fatta a file di 80-100 cm per cui possono essere fatte sia la sarchiatura che la rincalzatura.
La densità di semina è di 4-7 piante/m2. Il diserbo chimico può essere fatto in pre-semina, pre-emergenza o
post-emergenza.
Questa coltura richiede irrigazione, può essere fatta per scorrimento, per aspersione (con cannone, prima
della comparsa del fiore), per infiltrazione, o con il sistema messicano (il canale d’irrigazione è collegato in
modo che la fila venga irrigata due volte: in entrata e in uscita). I momenti critici sono la fase precedente ala
comparsa del primo bottone fiorale e la fioritura, la maturazione deve essere in asciutta. Volumi: 4000-5000
m3/ha

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Indice
1. Cereali 1
2. Famiglia Poaceae 2
3. Frumento 3
4. Caratteristiche morfologiche del frumento 4
5. Esigenze climatiche del frumento 5
6. Esigenze idriche del frumento 6
7. Esigenze pedologiche del frumento 7
8. Esigenze nutritive del frumento 8
9. Avvicendamento 9
10. Tecnica colturale del frumento 10
11. Frumento: qualità del prodotto 11
12. Avversità alla crescita del frumento 12
13. Orzo 13
14. Avena 14
15. Segale 15
16. Triticale 16
17. Mais 17
18. Caratteristiche morfologiche del mais 18
19. Ciclo vitale del mais 19
20. Esigenze termiche del mais 20
21. Esigenze luminose del mais 21
22. Esigenze idriche del mais 22
23. Esigenze pedologiche del mais 23
24. Avvicendamento colturale del mais 24
25. Produzioni di mais 25
26. Miglioramento genetico del mais 26
27. Tecnica colturale del mais 27
28. Avversità alla crescita del mais 29
29. Raccolta del mais 30
30. Sorgo 31
31. Caratteristiche morfologiche del sorgo 32
32. Tecnica colturale del sorgo 33
33. Altri cereali primaverili estivi 34
34. Riso 35
35. Fenologia 36
36. Tecnica colturale del riso 37
37. Leguminose 38
38. Fava 39
39. Tecnica colturale della fava 40
40. Cece 42
41. Lupino 43
42. Cicerchia 44
43. Lenticchia 45
44. Pisello 46
45. Fagiolo 48
46. Piante oleifere 50
47. Colza 51
48. Ravizzone 53
49. Soia 54
50. Girasole 56
51. Piante industriali - patata 58
52. Barbabietola da zucchero 60
53. Tabacco 63
54. Pomodoro 65
55. Piante foraggere 68
56. Erba medica 70
57. Trifoglio ladino 72
58. Trifoglio alessandrino 73
59. Piante tessili 74
60. Canapa 75
61. Lino 77
62. Cotone 79

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