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La storia
Nel 1837, dopo un decennio di tentativi in-fruttuosi, l’allora cinquantenne Louis Jac-ques Mandé Daguerre mette
finalmente apunto un procedimento per ott enere im-magini otti che permanenti con l’aiuto di una
camera oscura e mediante il processodi sensibilizzazione, esposizione, sviluppoe fissaggio.La scoperta avviene, in
maniera del tuttoautonoma ed in parte casuale, in seguito adesperimenti realizzati insieme al socio Ni-ceophore
Niépce, morto nel 1833, che giànel 1826 era riuscito ad ott enere la regi- strazione di un’immagine ottica su una
la-stra di metallo. Il procedimento di Niépce,molto primiti vo e totalmente diverso da quello di Daguerre, si
basava su di una la-stra metallica ricoperta con una vernice abase di bitume di Giudea, esposta in unacamera obscura
e fissata con un lavaggioin olio essenziale di lavanda.L’annuncio pubblico della scoperta di Da-guerre viene dato
con molto ritardo, il 7gennaio del 1839, ed il procedimento perottenere i dagherrotipi viene divulgato neidettagli
tecnici solo il 19 agosto 1839 a Pa-rigi, in una storica seduta congiunta dei membri dell’Académie des Sciences e
del-l’Académie des Beaux Arts. Nel periodoche intercorre fra la scoperta e la sua di-vulgazione, Daguerre
cerca di ricavare imaggiori benefici economici possibili dal-la sua scoperta, ottiene una buona pensio-ne da parte
del governo francese, e si ado-pera per sfruttare commercialmente la pro-pria idea. Insieme ad un parente della pro-
pria moglie, Alphonse Giroux, organizzaquella che può essere definita la prima in-dustria fotografica di tutti i tempi. Fa
co-struire da Molteni in parecchi esemplari lef o t o c a m e r e d i l e g n o d i f o r m a t o 16.4x21.6cm battezzate “Le
Daguerroty-pe”, equipaggiandole con obiettivi a me-nisco forniti dall’otti co parigino Charles Chevalier, e
mettendole in vendita per lacifra non troppo modica di 400 franchi del-l’epoca. Inoltre Daguerre fa stampare daltipografo
Giraldon alcune centinaia di co-pie di un opuscolo di una ottantina di pa-gine, un vero e proprio libretto di istruzio-ni
per la realizzazione di dagherrotipi. L’a-stuzia di Daguerre arriva a far brevettare ilproprio metodo in Inghilterra il 14
agosto1839, cinque giorni prima  della divulga-zione pubblica del procedimento.La curiosità e l’entusiasmo
suscitati dalladivulgazione della scoperta sono noti, e de-cine di facoltosi intellettuali e ricercatori,in Europa come in America,
non resistonoal richiamo della possibilità di registrazio-ne dell’immagine ottica.Lo stesso Daguerre nel periodo fra il
gen-naio e l’agosto del 1839 contatta possibiliclienti e corrispondenti, al di qua e al di làdell’oceano.
 
Il procedimento di Daguerre permett e di ottenere un’immagine unica su una lastradi metallo argentato e
richiede esposizio-ni di almeno mezz’ora in pieno sole, ma leimmagini ottenute sono notevoli e perfet-tamente
dettagliate, anche se delicatissimee facilmente deteriorabili. L’esperimentodi Daguerre viene replicato dovunque frail
sett embre e l’ott obre del 1839, uti liz- zando direttamente le apparecchiature com-mercializzate da Giroux o
provvedendo inproprio alla fabbricazione di rudimentalima efficaci camere obscure. In GermaniaSachse realizza i primi
dagherrotipi di Ber-lino, in Italia Tito Pulitiripete l’esperimentodi Daguerre a Firenze il 2 di settembre eFederico Jest lo ripete a
Torino l’8 di otto-bre.Esperimenti simili vengono compiuti dap-pertutto, con risultati più o meno incorag-gianti, e non
mancano i riconoscimenti egli incarichi ufficiali. Lo stato francese in-carica alcuni fotografi di registrare con lostrumentodi
Daguerreleimmaginideiprin-cipali monumentifrancesi e stranieri, men-tre Lerebours pubblica un volume con leimmagini dei più noti
siti architettonici edarcheologici, realizzate mediante incisionitratte dai dagherrotipi che gli vengono for-niti dai suoi
corrispondenti in tutto il mon-d o , i n ti t o l a n d o i l l i b r o “ E x c u r s i o n s D a - guerriennes”. Altri libri simili a
quello diLerebours vengono progettati e realizzati,almeno in parte, mentre si tenta di impian-tare, ma con scarso
successo iniziale, unprimo commercio di immagini dagherroti-piche originali. Da parte sua Daguerre, inmeno di due
anni, arriva alla trentanovesi-ma ristampa del manuale, che viene tra- dotto in almeno otto lingue.I diversi
ricercatori che si appassionano al-la scoperta di Daguerre trovano ben presto il modo di migliorarla, riducendo il
for-mato e migliorando le fotocamere, ma so-prattutto aumentando chimicamente la sen-sibilità delle lastre, fino ad arrivare ad espo-
sizioni di pochi minuti. Contributi impor-tantialla sensibilizzazione delle lastre ven-gono offerti, indipendentemente, da Clau-
det, Goddard e Kratochwila. La spinta de-cisiva per l’affermazione del dagherrotipocome strumento professionale
arriva tut-tavia solo con la commercializzazione, apartire dalla fine del 1840, dell’obiettivoda ritratto calcolato dal
matematico Josef Petzval e prodotto industrialmente a Vien-na da Voigtlaender. Il nuovo obiettivo haluminosità f/3.7,
è dieci volte più rapidodi quello di Chevalier e permette di otte-nere delle immagini perfettamente espo-ste in pochi
secondi.Conlariduzionedrasticadeltempodiespo-sizione si spalancano le porte al genere fo-tografico più desiderato, il ritratto, che per-mette
difissarelesembianzedelvoltouma-no in maniera meccanica e automatica. Nel1841 si aprono i primi studi dagherrotipi-ci, dapprima a
Londra, ad opera di Baird,detentore del brevetto di Daguerre, segui-to sempre a Londra dal francese Claudet,che nel
1853 viene chiamato ad eseguireun ritratto della regina Vittoria. Altri studisi aprono a New York, e subito dopo in tut-te le
capitali, compresa naturalmente Pa-rigi, dove operano i fratelli Susse, Louis eAuguste Bisson. Nel 1842 sono già ope-
ranti lo studio Schall a Berlino, lo studioB i o w e S t e l z n e r a d A m b u r g o , l o   s t u d i o Howie a Edimburgo, lo
studio Gluckmana Dublino, e perfino lo studio Dauthendeya San Pietroburgo. Nelle principali citt à europee ed
extra europee vengono apertisempre nuovi studi, battezzati“gallerie da-guerriane”.In Italia sono noti gli studi dagherrotipicidi
Alessandro Duroni e di Luigi Sacchi aMilano, ed altri studi fissi o ambulantiope-rano a Genova, a Venezia e altrove. Perfi-no
nella Roma papalina, conservatrice e chiusa ad ogni innovazione tecnologica, ildagherrotipista Suscipj riesce a
riprende-re notevoli immagini della città eterna. Nel-le città minori e nei paesi in cui non esi-stono studi dagherroti pici
arrivano i da-gherrotipisti ambulanti, che non mancanodi visitarle periodicamente in occasionedelle
principali feste locali e delle fi ere. Fra i dagherrotipisti ambulanti il più notoè lo svizzero Isenring, inventore di un com-
plesso metodo per la colorazione a manodelle lastrine mediante un sistema di ma-scherine intagliate.Anche se il
dagherrotipo presenta notevo-li inconvenienti, come l’inversione dei la-ti nell’immagine, talvolta corretta da pri-smi e
specchi, ma soprattutto gli alti costi,la qualità incostante, la non riproducibilità dell’opera, la pericolosità
degli elementi chimici maneggiati e l’estrema delicatez-za dell’immagine, soggetta a graffi ed os-sidazione, l’immagine
ottica su metallo co-nosce una stagione di grande popolarità esuccesso.Nel novembre 1850 inizia a New York
lapubblicazione della rivista “The Daguer-rian Journal”, ed il culmine del successo vieneraggiuntonel1851,conlaprimagran-
de mostra internazionale di fotografia allaEsposizione Universale di Londra al Cry-stal Palace, che celebra i fasti della
civiltàindustriale di metà secolo. Alla mostra pre-valgono senza mezzi termini i dagherroti-pi, specialmente quelli americani,
ma so-no presenti anche i calotipi su carta, e so-prattutto le stampe da negativi su vetro, unanuova tecnologia che insidia
pericolosa-mente la supremazia dei dagherrotipi. Sim-bolicamente, nel luglio dello stesso anno1851 Daguerre muore, nel
suo ritiro di Brysur Marne, stroncato da un attacco cardia-co all’età di 64 anni.Mentre in Europa dopo il 1851 il
negativosu vetro prende rapidamente il posto del dagherrotipo presso paesaggisti e ritratti-sti, negli Stati Uniti
la moda del dagherro-tipo si dimostra più duratura, resistendo pertutto il decennio, fino al 1860 ed oltre, co-me la
prati ca fotografi ca più diff usa. Al-l’indomani della sua divulgazione il da- gherrotipo viene diffuso in
America da Sa-m u e l M o r s e e d a l l ’ a g e n t e d i D a g u e r r e , François Gouraud. Già nel 1841 si comin-ciano ad
aprire a New York i primi studidagherroti pici di oltre Atlanti co, fra cui quellodiMatthewBrady.Altristudisiapro-no a Boston e
a Philadelphia, e ben prestoin tutte le principali città dell’Est america-no. L’imprenditore John Plumbe arriva
apossedere ben quattordici studi, dissemi-nati fra Boston e St. Louis. Nella sola NewYork sono presenti nel 1853 più
studi da-gherrotipici che in tutta l’Inghilterra, e nel-la sola Broadway se ne contano trentaset-te, più che in tutta
Londra. Già nel 1844 sitiene una prima grande mostra di dagher-rotipi, e nel 1860, all’epoca della sua mag-giore
diffusione, si contano negli USAol-tre tremila studi dagherrotipici, fra fissi eambulanti. Il dagherrotipista Babbit si sta-
bilisce nei pressi delle cascate del Niagarae riprende con conti nuità, e spesso dallo stesso punto di vista, i
diversi gruppi deivisitatori.La grande diffusione del dagherrotipo ne-gli USA, paese libero da qualsiasi brevet-to o
patente europea, porta anche ad un mi-glioramento della qualità dell’immagine.Grazie al processo elettrolitico e alla luci-
datura a macchina, le lastre prodotte negliUSApresentano una maggiore lucentezzae definizione rispetto a quelle di
fabbrica-zione europea. Sulle sponde dello Hudson,presso New York, attorno ad una fabbricadi lastre dagherrotipiche
nasce una vera epropriacittà,battezzataDaguerrevile,men-tre si stima in tre milioni di dagherrotipi laproduzione annua americana.
In pochi an-ni il dagherrotipo arriva sulla costa occi-dentale, a San Francisco, dove fra il 1850e il 1864 fioriscono una
cinquantina di stu-di. Nel 1853 il commodoro Perry sbarca inGiappone portandosi al seguito il dagher-rotipista
Brown.Dopo aver conosciuto questo incredibile successo, il dagherrotipo viene bruscamentemesso da parte. Le
ragioni: è incapace difornirecopie,senonconprocedimenticom-plessi e qualitati vamente mediocri, è an-cora
eccessivamente costoso nonostantel’enorme diff usione e concorrenza, e so- prattutto è pericoloso a
causa della mani-polazione di sostanze chimiche altamentetossiche. L’immagine su metallo deve ce-dere il posto ai più
duttili negativi su ve-tro, economici, ritoccabili e riproducibili avolontà senza alcuna perdita qualitati va. Come in
Europa, anche negli Stati Uniti latecnica dagherroti pica, incapace di evol- versi ulteriormente, viene
definitivamentelasciata cadere nell’oblio. Al suo posto so-pravvivono per qualche decennio ancora letecniche dell’ambrotipo e del
ferrotipo, chebasandosi su economici e piccoli negativisu vetro montati su un fondo di carta o distoffa nera, cercano di
imitare il preziosoeff ett o visivo off erto dagli autenti ci da- gherrotipi, ormai fuori mercato.

La tecnica
Il processo dagherrotipico si basa su di unsupporto meccanico costituito da una sot-tile lastra di metallo, di solito
rame, rico-perta da un velo di argento lucidato allaperfezione. La lastra argentata, assoluta- mente
inerte, viene resa sensibile alla lucemediante l’esposizione ai vapori di iodio.Gli ioduri d’argento che si formano ven-
gono trasformati in argento metallico dal-l’azione della luce, formando un’immagi-ne latente che diventa evidente
sotto l’a-zione dei vapori di mercurio. Per elimina-re gli ioduri non colpiti dalla luce è suffi-ciente immergere la lastrina
già sviluppa-ta in una soluzione di cloruro di sodio, o ditiosolfito di sodio, più comunemente notocome iposolfito di
sodio.La lastrina fissata e abbondantemente la-vata conserva permanentemente l’imma-gine impressionata, ricca di
dettagli e sfu-mature. Per osservare l’immagine dagher-rotipica, scura su fondo argentato lucido,occorre inclinare la
lastra per farvi riflet-tere la luce.Uti lizzando il proprio procedimento Da- guerre riesce ad ottenere delle buone
im-magini, in giornate di sole pieno, con espo-sizioni di mezz’ora circa. Dopo l’annunciodella scoperta altri ricercatori riescono
adaumentare la sensibilità delle lastre sotto-ponendole anche ai vapori di cloro e bro-mo. L’esposizione viene così
ridotta a cin-que, sei minuti. L’immagine viene inoltrerinforzata e resa più contrastata con un trat-tamento al cloruro di oro.
Grazie a questiprocedimenti, e grazie all’obiettivo di Petz-val, è possibile estendere l’impiego del da-gherrotipo dai soggetti
statici, come pae-saggi, architett ure, e monumenti , ai sog- getti viventi, ai quali si chiede di rimanereimmobili
solo per pochi minuti.Il ritratto dagherrotipico sostituisce in bre-ve tempo le miniature fatte a mano, e glistudi di
ritratti sti prolifi cano, nonostante l’empiricità e la tossicità del procedimen-to. La sensibilizzazione della lastra
non èsoggett a a regole fi sse, e il risultato mi- gliore viene giudicato ad occhio a secondadella colorazione
assunta dalla lastra stes-sa. Lo stesso vale per la fase di sviluppo con i vapori di mercurio. I procedimenti
disensibilizzazione e di sviluppo avvengonoa caldo, riscaldando le sostanze chimichesu appositi fornelli, senza un vero
control-lo della temperatura. La stessa esposizio-ne delle lastre nelle fotocamere dipende dalla sensibilità raggiunta
dalla lastra e dal-le condizioni atmosferiche, e non è raro chela seduta dagherrotipica si concluda con unfallimento. Nell’epoca di
maggiore fiori-tura del dagherrotipo viene considerata unabuona media una lastra riuscita su tre ten-tativi. I vapori di cloro, iodio,
bromo e mer-curio sono irritanti e velenosi, e alla lungaminano la salute dei dagherrotipisti, moltidei quali si
condannano da soli ad una fi-ne prematura. Tutto questo si traduce in co-sti altissimi, ma tutti questi svantaggi nonfermano la
passione per l’immagine otticafinalmente registrata e messa alla portatadi tutti.Delicatissima, soggetta a graffi e alla
ossidazione, la lastra deve essere protetta daicontatti accidentali e dall’aria con un ve-tro messo a strett o
contatt o. Messo sott ovetro, incorniciato e spesso protetto da an-tine incernierate e finemente decorate,
ognid a g h e r r o ti p o c o s ti t u i s c e u n p e z z o v e r a - mente unico, e si impreziosisce ancora dipiù, diventando un
oggetto di distinzionee classe.

Gli strumenti
La prima fotocamera commercializzata daDaguerre, “Le Daguerrotype”, è grande epesante, è formata da una grossa
scatola inlegno rivestita internamente in velluto ne-ro con la parte posteriore scorrevole per lamessa a fuoco e con
uno specchio mobileper la corretta osservazione dell’immagi-ne, altrimenti con i lati invertiti. “Le Da-guerrotype”
viene venduta insieme ad unarmamentario costituito fra l’altro da duegrosse casse in legno con due
fornellini,una per la sensibilizzazione con cristalli diioduro, e una per lo sviluppo delle lastre con il mercurio.
Non essendo protetta daibrevetti industriali, dal momento che il go-verno francese con la pensione di Stato con-cessa a
Daguerre ne ha acquistato i dirittiper cederli simbolicamente al mondo inte-ro, la fotocamera di Daguerre viene copia-
ta e prodotta da altri fabbricanti, fra cui lostesso Chevalier e quel Lerebours autoredelle “Excursions
Daguerriénnes”. L’o-biettivo utilizzato su quasi tutte le fotoca-mere francesi è ancora quello di Chevalier,composto
da due lenti accoppiate, della lun-ghezza focale di 360mm e della luminositàparagonabile a f/11 - f/16.Strutturalmente
semplice, la “camera ob-scura” per dagherrotipi viene costruita daabili artigiani per conto di istituti scientifi-ci, di
scienziati dilettanti o di semplici ap-passionati facoltosi. Jest se ne fa costruireuna simile a Torino, altre vengono
costrui-te in Inghilterra, in Germania e in Austria,dove sono attivi gli artigiani Ekling e Wai-bl. Le fotocamere vengono
realizzate in di-mensioni diverse, ma seguendo lo stesso schema costruttivo, senza apportarvi mo-difiche
sostanziali, se non alcuni accorgi-menti per rendere la fotocamera pieghevo-le e più adatt a al trasporto per
riprese inesterni. Anche il manuale di Daguerre, ac-cusato di essere scritt o in un linguaggio troppo scientifico,
viene riscritto, interpre-tato e ristampato da diversi autori in nu- merose edizioni diverse.Negli Stati Uniti
Walcott sosti tuisce l’o- biettivo con uno specchio concavo postosul fondo della fotocamera, per concentra-re la
luce su una lastrina dalle dimensionidrasticamente ridotte a 5x6cm e posta nelfuoco del sistema. È grazie a questa
foto-camera, una scatola in legno dalla formaallungata, che il ritratti sta Baird inizia la propria proficua attività a
Londra, specia-lizzandosi in piccoli ritratti, talvolta anchedelle dimensioni 18x25mm, da incastona-re in medaglioni.Il
passo decisivo per il ritratto viene com-piuto con la messa a punto da parte del prof.Josef Petzval di un obiettivo per ritratto co-stituito
da quattro lenti con luminosità re-lativa f/3.7. L’obiettivo viene costruito inserie da Peter Wilhelm Friedrich
Voig-tlaender nella sua officina di Vienna, poitrasferita a Braunschweig nel 1849, e vie-ne utilizzato sulla fotocamera
per dagher-rotipi costruita completamente in metallodallo stesso Voigtlaender. La fotocamera diVoigtlaender viene messa in
commercio nelgennaio del 1941 ed è costituita da un lun-go tubo metallico di forma conica con unobiettivo di Petzval
con lunghezza focaledi 148mm all’estremità anteriore, ed un se-condo cono rovesciato smontabile conte-nente nella parte più
larga una lastrina ro-tonda di 96mm di diametro e con una len-te per l’osservazione dell’immagine all’e-stremità
opposta. Il tutto è solidamente an-corato ad uno stativo con la base che ap-poggia in tre punti, regolabili con viti.
Lafotocamera, ma sopratt utt o l’obietti vo diVoigtlaender incontrano un enorme suc- cesso, spianando la
strada alla nuova pro-fessione di ritrattista dagherrotipista e ri-ducendo drasticamente le dimensioni del-le lastre.
Dalla lastra di 216x162mm uti-lizzata da Daguerre si passa alla mezza la-stra, al quarto, al sesto e addirittura all’ot-tavo
di lastra, di 72x54mm. Le lastre piùpiccole utilizzate in dagherrotipia sono diun sedicesimo di lastra, ed esistono
ancheformati, più squadrati o più allungati, di-versi da quelli derivati dalla lastra di Da-guerre. Solo eccezionalmente vengono
uti-lizzatelastredidimensionimaggioridiquel-le di Daguerre, fino a 68x63cm. Le lastri-ne di dimensioni più piccole richiedono
untempo di esposizione proporzionalmente minorerispettoaquellepiùgrandi.Secondo una tabella dell’epoca, in pieno
sole, ri-spetto ai sei o dieci secondi necessari perla lastra intera, erano sufficienti dai tre aisei secondi per la
mezza lastra, da uno aquattro secondi per il quarto di lastra, e unsecondo o ancora meno per il sesto di la-stra. Nel
caso di foto in studio con luce dif-fusa questi valori venivano moltiplicati pertre o per quattro.In base all’impiego a cui
sono destinate, siviene a creare una diversificazione fra i di-versi tipi di fotocamera. Quelle di dimen-sioni maggiori,
per la lastra intera o per lamezza lastra, vengono equipaggiate con obiettivi poco luminosi e sono adatte
alleriprese statiche di paesaggi, architetture emonumenti. Le stesse fotocamere vengo-no utilizzate anche dai
calotipisti per otte-nerenegativisucarta.Lefotocamereespres-samente progettate per il ritratto utilizzanoinvece formati più piccoli e
vengono equi-paggiate con il nuovo prodigioso obiettivodi Petzval o con obiettivi costruiti da altriottici seguendo lo
stesso schema di Petz-val. Obiettivi tipo Petzval vengono monta-ti anche su fotocamere in legno, spesso ar-
tisticamente decorate e impreziosite, men-tre la fotocamera metallica di Voigtlaenderviene presa a modello da altri
costruttori,come Steinheil. La stessa Voigtlaender, ac-canto al tubo metallico del 1840 mette inproduzione fotocamere in
legno di noce edell’obiettivo di Petzval vengono costrui-te molte versioni successive, con la lumi-nosità oscillante fra
f/3.6 e f/4 e focale fi-no a 305mm. Se per tutti gli anni Quaran-ta e Cinquanta la tipologia delle fotocame-re non
cambia sostanzialmente, salvo l’im-piego di rudimentali soffiettipieghevoli perle fotocamere da esterni, anche gli obietti-vi
non subiscono evoluzioni degne di no-ta, almeno fino all’ultimo decennio del se-colo. Nel 1862 Voigtlaender festeggia il tra-
guardo di diecimila obiettivi venduti.
Il linguaggio
Poiché dai tempi di Daguerre ad oggi le leggi dell’ottica e della prospettiva, così co-me le leggi della percezione visiva, non so-no
cambiate, non si può propriamente par-lare di un linguaggio dagherrotipico oppo-sto o diverso dal linguaggio
fotografico. Sipuò invece parlare di una modifi cazione nel tempo del gusto, della composizione,degli stili, e
perfino di una evoluzione del-la cultura visiva. Le prime immagini otte-nute in studio da Daguerre, pittore e sce-
nografo di una certa fama, e mostrate co-me prova dei risultati raggiunti, sono del-le nature morte di chiara impronta
classi-cistica illuminate lateralmente dalla luce diuna finestra.Dalle nature morte lo stesso Daguerre pas-sa ben presto alle
riprese en plein air, conalcune vedute della Parigi più nota, da No-tre Dame ai Boulevards. Si tratta di imma-gini
prospetticamente corrette e dettaglia-tissime, che mostrano strade assurdamen-te vuote e deserte, a causa della
eccessivalunghezza della posa, incapace di registra-re il rapido passaggio di persone, cavalli ecarrozze. Solo in una immagine
scattata nel1839 da una finestra, in basso nell’imma-gine, compare la confusa silhouette di unapersona, un passante
fermo ad un angolodi marciapiede per farsi lucidare le scarpe,che è rimasto immobile nella stessa posi-zione abbastanza
a lungo da lasciare la pro-pria traccia sulla superficie sensibile dellalastra. Le prime immagini dagherrotipichefatte scattare
su commissione dal governofrancese e da Lerebours sono riprese di luo-ghi e monumenti celebri e servono comebase per
successive incisioni, in cui l’arti-s t a r i e l a b o r a i l m a t e r i a l e v i s i v o a g g i u n - gendo, secondo la propria
fantasia, perso-naggi e passanti, eliminando nello stessomomento eventuali oggetti di disturbo.Conleprimeriprese
dagherrotipichedipae-saggi e monumenti, al di là della esattezzadella prospettiva e della illuminazione, ri-cercata invano dai
pittori per alcuni seco-li, si stabiliscono due principi fondamen-t a l i . I l p r i m o è q u e l l o d e l l a
r e s ti t u z i o n e “istantanea” del soggetto. Anche se il tem-po della ripresa dura mezz’ora abbondan-te, il soggetto
viene restituito per gradi, aseconda del contrasto, ma tutto insieme, enon come una somma di partielaborate unadi seguito
all’altra come nel disegno o nel-la pittura. Il secondo è quello del realismo,della impossibilità di falsificare sulla lastrail
soggetto ripreso. In particolare è questosecondo elemento, prediletto dalla borghe-sia industriale e commerciale
dell’epoca,alla ricerca di una propria estetica distinti-va che, al di là dell’equivoco generato circa la presunta
oggettività della fotografia,determina il successo della nuova arte. Os-servare un dagherrotipo di luoghi lontani efino
ad allora conosciuti attraverso la me-diazione fantastica di narratori o disegna-tori, permette una conoscenza “diretta”
emostra lo scarto esistente fra la realtà e lasua interpretazione più o meno infedele. Fra il linguaggio pittorico già
all’epoca ten-dente al realismo ed il nuovo linguaggio fotografico, che del realismo è la quintes-senza, si
instaurano rapporti tesi ed ambi-gui. Mentre schiere di artisti, in particola-re miniaturisti, passano con disinvoltura
dauno strumento all’altro, altri artisti rimastifedeli al mezzo pittorico cominciano ad uti-lizzare a piene mani i dagherrotipi per
do-cumentarsi e per procurarsi modelli visivisenza doversi sottoporre a costosi noleggio a lunghi spostamenti. Da
parte sua la pit-tura, impossibilitata a competere in quan-to a realismo con i nuovi strumenti, elabo-ra nuove e più
potenti forme espressive,che culminano nel movimento impressio-nista.Con la possibilità concreta di fermare sul-
lalastral’immaginedelvoltoumanoilcam-po d’azione del dagherroti po si allarga a dismisura. Se i pochi ritratti dagherrotipi-ci
realizzati prima della commercializza-zione degli obiettivi luminosi sembrano piùmaschere funerarie imbiancate che ritrattidi
persone viventi, ben presto il ritratto fo-tografico acquista una sua dignità e una suaspecificità. Ancora condizionati dalla mo-
da imperante, basata su fondali dipinti emesse in scena pompose, e condizionati dalla necessità di
bloccare il movimento con appositi strumenti, dai poggiatesta na-scosti alle colonnine classiche poste in bel-la
evidenza, i ritratti dagherrotipici acqui-siscono comunque una propria autonomiaespressiva. Presso gli studi
dagherrotipicisi predispongono abiti ed accessori appo-siti, né troppo scuri né troppo chiari, e sis u g g e r i s c o n o
p o s e e a tt e g g i a m e n ti i m - prontati al personaggio da ritrarre. Impos-sibili da ritoccare pesantemente, i dagher-
rotipi tradiscono tutti quei difetti fisici cheil miniaturista poteva agevolmente correg-gere o nascondere, ed offrono uno
specchiospesso impietoso della realtà.Assolutamente monocromatico, il dagher-rotipo viene accusato di non riprodurre
larealtà con sufficiente enfasi, e per ovviarea questa presunta mancanza si fa uso del-la colorazione eseguita a mano,
con tecni-che specialistiche e diversificate, da partedi quegli stessi miniaturisti che avevano abbandonato il
proprio mestiere.Meno legati agli schemi classici dei da- gherrotipistieuropei, i dagherrotipistiame-ricani raggiungono
nell’arte del ritratto ri-sultatipiù efficaci, come è testimoniato da-gli scarni ed espressivi ritrattidi personagginoti, come il presidente
Abramo Lincoln,lo scrittore Edgar Allan Poe, lo stesso Sa-muel Morse. Più ancora dei paesaggi e deimonumenti
riprodotti su commissione, ilritratto permette al nuovo strumento di li-berare tutte le proprie potenzialità espres-sive.
Dal personaggio in posa si passa allaripresa di animali domestici e di bambini,e perfino di gruppi e scene domestiche.
Sidefi niscono nello stesso tempo i  principifondamentali della ripresa fotografica, cherimangono inalterati fino
ad oggi. Questiprincipi vengono riassunti nelle tre sceltedel fotografo, l’angolo di ripresa, la lun- ghezza focale e
il momento della ripresa,dalle quali dipende la qualità espressiva elinguistica dell’immagine ottica.Con la riduzione dei
tempi di posa entro li-miti accettabili nasce anche, in Europa co-me in America, un nuovo genere fotogra-fico che si
rifà all’analogo genere pittori-co, ma con tutt ’altro spirito, il nudo. Fi- nalmente liberi di riprodurre in tutti i
suoidettagli e senza veli il corpo umano, quel-lo femminile soprattutto, ma anche quellomaschile, i dagherroti pisti
scoprono unanuova fonte di lavoro e di guadagno. Al-l’inizio con la scusa di fotografare model-le per giovani artisti
sprovvisti dei mezziper noleggiare una modella vivente, ma poicon scopi sempre meno mascherati, ven-gono messe in
commercio in maniera sem-pre più massiccia le immagini di nudo. Dal-le pose classiche e pudiche si passa velo-cemente a
pose sempre più disinibite e am-miccanti, fino ad immagini esplicitamenteerotiche e, in qualche caso, alla vera e pro-
pria pornografia. L’altra faccia del verismosi mostra fi nalmente priva di ipocrisie e compromessi. Immagini di nudo
singole ostereoscopiche, in bianco e nero o colora-te a mano, cominciano ad essere diffuse inmaniera più o meno
clandestina presso glistudi artistici e dagherrotipici, i negozi diottica, i bordelli di lusso e i salotti borghe-si.

Se in Europa il dagherrotipo si limita, conpoche eccezioni, a questi generi, in Ame-ricalamaggiorelibertàdai


condizionamentiaccademici e il maggiore spirito imprendi-toriale portano il dagherrotipo ad affronta-re nuovi temi. Si
documenta l’espansioneverso i territori dell’ovest, la corsa all’oroin California, la nascita delle nuove città,il progredire
della civiltà industriale e com-merciale, l’apertura delle strade ferrate. Vengono immortalati sulla lastra momen-ti
irripetibili e avvenimenti drammatici, in-cendi e disastri ferroviari.Se il ritratto ha fornito uno spaccato atten-dibile
della società borghese dell’epoca, inuovi temi affrontati in America fornisco-no uno spaccato altrettanto attendibile
diuna società in rapido movimento.Il fatto di poter registrare le immagini spin-ge i ricercatori verso formule tecniche sem-pre più
spinte, verso nuovi modi di utiliz-zare lo strumento dagherrotipico al di fuo-ri degli schemi. Qualcuno cerca di ferma-re
sulla lastra l’immagine degli astri, qual-cun altro quella delle forme di vita più pic-cole, collegando una camera
dagherrotipi-ca ai telescopi o ai microscopi. Nel 1844Martens, sfruttando la flessibilità delle la-strine in rame si fa
costruire una fotoca- mera panoramica ad obiettivo rotante, og-gi perduta, ed otti ene con essa
splendidepanoramiche di Parigi, con rotazioni di 150o di 180 gradi, su lastre di formato 12x22cmo 12x38cm, ma perfi no di
16x52cm e di32x95cm. La panoramica su lastra unica diMartens rimane tutt avia un’eccezione, enegli USAsi
preferisce accostare più ri-prese singole effettuate ruotando la foto-camera, come dimostrano una ripresa in ot-to lastre
eseguita nel 1848 a Cincinnati eduna ripresa in cinque lastre eseguita da Wil-liam Shew a San Francisco nel 1852.Ma
l’applicazione più fortunata e diffusa èquella del dagherrotipo con la visione ste-reoscopica. Come è noto due
immagini ri-prese da punti di vista appena diversi e vi-sionate contemporaneamente restituisconol’illusione della
profondità e del rilievo. Questo principio, noto fino dai primi delsecolo, viene applicato a coppie di imma-gini
dagherrotipiche dello stesso soggettoa p a r ti r e d a i   p r i m i a n n i C i n q u a n t a . A l l a Esposizione Universale di Londra
del 1851viene presentato lo stereoscopio lenticola-re, e la nuova moda prende campo. Dap-prima le coppie di immagini
vengono rea-lizzate con la stessa fotocamera in due mo-menti successivi e dopo aver spostato l’ap-p a r e c c h i o m a ,
a p a r ti r e d a l 1 8 5 2 , s i c o - minciano a costruire apparecchi doppi, co-me quello del francese Ninet, che permet-
tono di ottenere simultaneamente coppie didagherrotipi su latrine allungate di forma-to 12x24cm.Nonostante una certa
difficoltà presentatadalla visione stereoscopica della coppia dilastrine lucide, che spesso riflettono la lu-ce in maniera
diseguale, vanificando l’ef-fetto voluto, l’immagine ottica in rilievo sudagherrotipo conosce un periodo fortuna-tissimo, e vengono
scattate con il nuovo si-stema numerose coppie di immagini di pae-saggi e monumenti, ritratti e scene eroti-che. In ogni famiglia
borghese dell’epocaera presente un visore stereoscopico per poter apprezzare questo tipo di immagini.Come è
noto la passione per l’immagine inrilievo perdura e si rafforza dopo l’avven-to della lastra in vetro. Forse è meno
notoche moltissimi dei dagherrotipi arrivati fi-no a noi sono la metà di un dagherrotipostereoscopico, tagliato in due e
venduto se-paratamente dalla lastra gemella.

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