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Georges Seurat e il Neoimpressionismo

Negli anni ’80 dell’Ottocento due giovani artisti, Georges Seurat (1859-1891) e Paul Signac
(1863-1935) vollero regolamentare la pennellata libera e irregolare dell’Impressionismo in nome di
una più stretta aderenza dell’arte alle leggi della scienza ottica, con l’obiettivo dichiarato di definire
una «grammatica della visione». Essi cercavano di applicare coscienziosamente le scoperte di
Chevreul (legge del contrasto simultaneo dei colori, enunciata nel 1839) e di Maxwell (sintesi
sottrattiva), sintetizzate nel recente contributo dello statunitense Ogden Rood (La scienza moderna
dei colori, in originale Modern Chromatics, 1879).
Il critico Félix Fénéon fu il primo a intuire la portata innovativa delle opere di Seurat, in particolare
Una domenica pomeriggio all’isola della Grande Jatte: in occasione dell’ottava ed ultima mostra
del gruppo impressionista, nel 1886, Fénéon coniò riferendosi proprio a tale dipinto il termine
Neoimpressionismo, che mentre evidenziava la matrice impressionista dell’interesse di Seurat
per la luce e la percezione, ne rimarcava la novità nel concepire la luce come entità da analizzare
scientificamente nei suoi rapporti con il colore.
Il procedimento adottato da Seurat e da Signac prevede infatti la scomposizione di ogni tinta nei
colori primari che la costituiscono, quindi l’apposizione sulla tela, in una miriade di piccolissime
pennellate puntiformi (per le quali Seurat si serviva persino della punta di un chiodo) di tali colori
puri, accostati ognuno al proprio complementare per ottenere il massimo della luminosità.
Onde evitare il fenomeno della sintesi sottrattiva, che avrebbe comportato la perdita di luminosità e
intensità delle tinte, l’artista non mescolava più i diversi pigmenti sulla sua tavolozza, ma li
depositava puri sulla tela in piccoli punti, sfruttando la cosiddetta «ricomposizione retinica», ovvero
la caratteristica dell’occhio umano di percepire a una certa distanza come una campitura unica ciò
che è costituito in realtà da tanti puntini di più colori diversi. Ad esempio, per dipingere un prato
verde Seurat non mescola più il giallo e l’azzurro ma li accosta in piccoli punti distinti sulla tela; in
tal modo l’occhio dello spettatore percepisce una campitura uniforme di colore verde, ma di un
verde più luminoso e brillante di quello che l’artista otterrebbe con la mescolanza di pigmento giallo
e azzurro sulla tavolozza.
Proprio da tale procedimento ha origine il termine Pointillisme (in italiano, «Puntinismo») attribuito
dalla critica allo stile pittorico di Seurat, ma non accettato dall’artista, che invece preferiva la
dizione Cromoluminismo (con riferimento allo studio dei rapporti luce-colore), oppure quella di
Impressionismo scientifico in opposizione all’Impressionismo definito «lirico» di Monet e Renoir.
Per i Neoimpressionisti la ricerca di una nuova tecnica pittorica diventava l’aspetto saliente del
quadro, a scapito del soggetto rappresentato, che perdeva di importanza. Rispetto a quanto valeva
per l’Impressionismo, il dipingere en plein air veniva limitato alle fasi di studio preliminare, in
quanto il procedimento puntinista era troppo lungo, specie nel caso di tele di grandi dimensioni, per
poter essere espletato in sedute all’aperto.

Seurat, Una domenica pomeriggio all’isola della Grande Jatte (1884 – 86)
A soli 24 anni, nel 1884, l’artista affronta due dipinti di grandi dimensioni, Bagnanti ad Asnières
(Londra, National Gallery) e Una domenica pomeriggio all’isola della Grande Jatte. Entrambe le
località, già rappresentate dagli Impressionisti, si trovano, una di fronte all’altra lungo la Senna, a
nord ovest di Parigi.
Tuttavia, mentre Asnières costituiva una delle mete più frequentate dalla classe operaia durante il
riposo domenicale – e non a caso sullo sfondo dei Bagnanti si scorgono le ciminiere fumanti delle

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fabbriche di Clichy – l’isola della Grande Jatte era invece prediletta dalla borghesia, che oltre a
praticarvi il canottaggio o la vela, dava mostra di sé dove sui prati dove si ostentavano abiti alla
moda e abitudini eccentriche (ad esempio la scimmietta al guinzaglio, in primo piano a destra), e
perfino si adescavano “clienti” da parte delle cortigiane, come potrebbe suggerire secondo alcuni
critici la donna in piedi che pesca nel fiume, sulla sinistra. Si tratta quindi di due paesaggi “sociali”,
oltre che naturali, che sembrano farsi eco, specularmente, sulle opposte rive della Senna.
Queste due tele di Seurat, pur condividendo il tema con parecchie opere impressioniste, se ne
distaccano per le dimensioni imponenti (circa 2 metri per 3) che si ricollegano ai classici prodotti
della pittura accademica francese, e soprattutto per la tecnica adottata, che intendeva applicare
meticolosamente al campo artistico le nuove scoperte della scienza ottica, e non più limitarsi alla
mera registrazione di ciò che coglie a prima vista, istantaneamente, l’occhio umano.
Mentre nei Bagnanti ad Asnières predomina il tono azzurrino e iridescente dell’acqua, nella
Grande Jatte prevale il verde piatto del prato, chiazzato dalle zone d’ombra più scure secondo
forme astratte. Su questo prato indugia una piccola folla di circa 40 figure, geometrizzate e ridotte
a volumi rigidi e semplificati, evidenti soprattutto nei costumi femminili dove spiccano cappellini di
varie fogge, l’ombrellino parasole e la tournure (detta anche pouf oppure cul de Paris) cioè la
sottostruttura a stecche che sosteneva e gonfiava lo strascico della gonna sul retro.
Le figure umane appaiono immobili e statiche, perdendo quella vivacità e immediatezza che erano
state l’obiettivo primario di un Renoir: ciò dimostrò a Fénéon, che recensì il dipinto nell’ultima
mostra impressionista (1886), il definitivo superamento dell’Impressionismo, mentre altri critici più
conservatori parlarono di «Assiri coperti da nugoli di insetti». In realtà una delle fonti principali di
Seurat erano stati proprio i fregi mesopotamici ed egizi conservati al Louvre, oltre ad una copia
delle Storie della Vera Croce di Piero della Francesca che ornava l’Accademia di Belle Arti di
Parigi. L’artista stesso dichiarò inoltre che, come Fidia aveva rappresentato nei fregi del Partenone
la processione delle Panatenee, così «anch’io desidero ritrarre le persone del nostro tempo in ciò
che hanno di essenziale, voglio ritrarle in quadri combinati in armonia di colori».
I personaggi di Seurat, più che individui reali, ricordano manichini inseriti in uno scenario teatrale,
secondo un allineamento regolare che riecheggia le ricerche di Piero della Francesca sulla sezione
aurea e sui rapporti proporzionali. Tuttavia la calma immobilità, quasi ieratica, che emana dal
dipinto convive con lo sguardo ironico rivolto dall’artista ad una società eccessivamente formale,
rigida e vuota di valori: la signora con la scimmietta al guinzaglio richiama le caricature dell’epoca
che satireggiavano i comportamenti più eccentrici dell’alta società.
La composizione fu meticolosamente studiata da Seurat con disegni e schizzi dal vero, realizzati
ad olio en plein air e poi assemblati in studio sul quadro finale, come rivelano alcune anomalie
nella gradazione prospettica non regolare delle diverse figure. Al centro del dipinto spicca la donna
in piedi, frontale, con il parasole rosso, che conduce per mano una bambina: quest’ultima assume
un particolare rilievo, non solo per la veste bianca, che costituisce la zona di massima luminosità
nella scena, ma perché è l’unica figura che guarda negli occhi lo spettatore, e rappresenta perciò
l’invito del pittore a considerare la sua opera con la stessa limpidezza e innocenza di sguardo della
bimba.
Tra le decine di personaggi si notano inoltre un’infermiera, riconoscibile dalla divisa con la cuffia
bianca e rossa, che accompagna un’anziana signora, una coppia di militari e un suonatore.
È da notare infine che la cornice dell’opera è stata dipinta essa stessa dal pittore direttamente sulla
tela, usando nelle diverse zone il colore complementare a quello della parte di scena più prossima
a quel tratto specifico di cornice; ad esempio, vicino all’acqua azzurra del fiume la cornice è di
colore arancio, mentre a contatto con il prato verde è rossa, e dove il terreno è aranciato essa
diventa blu.
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Georges Seurat, Bagnanti ad Asnières, 1883 – 1884 (Londra, National Gallery)

Georges Seurat, Una domenica pomeriggio all’isola della Grande Jatte, 1884 – 86 (Chicago, Art Institute)

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Seurat, Il circo (1890 – 91)
Seurat morì prematuramente a 32 anni, forse per difterite, nel 1891. Una delle sue ultime opere,
rimasta incompiuta alla morte dell’artista, è Il circo (Parigi, Musée d’Orsay), in cui il metodo del
puntinismo è applicato alla luce artificiale di un ambiente chiuso. Il dipinto risente altresì dei contatti
fra il pittore e Charles Henry, un matematico francese che si interessava anche di psicologia, di
musica, di storia dell’arte. In saggi come Estetica scientifica e Teoria delle direzioni Henry teorizzò
una corrispondenza tra colori, linee, forme geometriche da un lato, e precise reazioni psicologiche
dall’altro. Seurat conobbe Henry, che era amico intimo di Fénéon, alla mostra impressionista del
1886, e da quel momento cercò di sperimentarne le teorie nei propri dipinti.
Ad esempio, Il circo presenta nella parte inferiore, occupata dall’arena dove si svolgono acrobazie
equestri, una prevalenza di colori caldi (in particolare rosso e giallo), che secondo Charles Henry
esprimono energia, dinamismo e vitalità, e di linee ascendenti dirette verso destra, che per Henry
corrispondono a sensazioni di allegria e positività. La parte superiore, con le gradinate in cui siede
il pubblico, è caratterizzata da linee orizzontali rigide che esprimono calma e attenzione.
Nel quadro le ombre sono rese con puntini blu che si infittiscono nelle parti più scure, mentre la
cornice, anche in questo caso dipinta dall’artista direttamente sulla tela, con il colore blu, lascia
intravedere i diversi elementi della scena (le gradinate, il parapetto dell’arena, il costume rosso del
clown in primo piano) che proseguono sotto di essa. Ciò rappresenta un tentativo di Seurat di
superare i confini che separano tradizionalmente la realtà dalla sua rappresentazione pittorica.
Nonostante il dominante interesse per la tecnica, l’artista non trascura però qualche accenno alla
rigida suddivisione in classi della società dell’epoca, collocando negli ordini inferiori della gradinata,
più vicini alla pista, figure di borghesi in abiti alla moda, mentre i popolani assistono allo spettacolo
nelle file più in alto, per le quali il biglietto costava meno. Il circo dipinto da Seurat è riconoscibile
come il famoso Circo Fernando, molto popolare tra i parigini in quel periodo, che in seguito cambiò
nome in Circo Medrano, e che fu immortalato anche da Degas e Toulouse-Lautrec.

(prof.ssa Simonetta Parodi)

Georges Seurat, Il circo, 1890 – 1891 (Parigi, Musée d’Orsay)


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