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“SAGGIO FOTOGRAFICO

DI ALCUNI ANIMALI E PIANTE FOSSILI DELL’AGRO VERONSE”


1858-1860
Alberto Prandi

Ai Lettori. I luminosi progressi della Fotografia, e le portentose applicazioni fatte a quest’arte in


questi ultimi tempi, sono note a tutti ed hanno empito il mondo di giusta maraviglia1.

L’esordio al Saggio fotografico di alcuni animali e piante fossili dell’Agro Veronese, con cui
Abramo Massalongo presenta e illustra al lettore le ragioni dell’innovativa proposta editoriale, resti-
tuisce oggi la meraviglia provata dal giovane scienziato, e da quanti, assieme a lui, s’impegnarono in
quel lavoro d’interrogazione della natura da cui molti s’aspettavano risposte nuove e rivelatrici, desti-
nate ad incidere profondamente il sapere sociale e fors’anche, si sperava, indirizzare i destini dell’uo-
mo. Parole rivelatrici, che testimoniano la perspicacia ch’ebbe Massalongo e i suoi sostenitori, nel
saper progettate, attorno alle nuove potenzialità della fotografia, un modello applicativo del mezzo che
oggi rimane paradigmatico. Un testo che nell’evocare le portentose applicazioni, conferma la consa-
pevolezza del valore dell’opera ch’ebbero i protagonisti dell’impresa: Abramo Massalongo (1824-
1860) per la cura scientifica, Moritz Lotze (1809-1890) per l’esecuzione delle tavole fotografiche, il
marchese Ottavio di Canossa (1819-1905) promotore e finanziatore, ed infine, con il ruolo d’attivo
sostenitore, anche Edoardo De Betta (1822-1896).
Il Saggio fotografico è un volume che presenta 64 stampe fotografiche su carta illustranti reperti fos-
sili appartenuti alle collezioni dei Marchesi Canossa, del Conte Giovanni Gazola, di Edoardo De Betta,
e dell’autore, tutte accompagnate da testi di commento. La formula editoriale si discosta dal conven-
zionale albo d’illustrazioni e propone una edizione in cui la nuova tipologia d’illustrazione visiva divie-
ne protagonista del saggio e istituisce un rapporto di complementarietà irrinunciabile con l’illustrazio-
ne testuale, pur con tutti i vincoli dovuti al fatto che i due metodi di stampa, quello fotografico e quel-
lo tipografico, rimanevano, all’epoca, ancora incompatibili tra loro. Il volume risulta quindi composto
di due parti, la prima costituita dall’atlante delle illustrazioni testuali, la seconda dall’atlante delle illu-
strazioni visive. Le immagini, vennero impresse utilizzando i due procedimenti fotografici allora in

1 ABRAMO BARTOLOMEO MASSALONGO, Saggio fotografico di alcuni animali e piante fossili dell’Agro Veronese illustrati da A.B. Massalongo fotogra-
fati da Maurizio Lotze, Verona, 1859, p. V.

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vigore. Il primo, quello più precoce già in fase di progressivo abbandono, ottenuto con l’impiego d’un
supporto di carta salata, che offriva immagini morbide con delicate degradazioni tonali su superficie
opaca, il secondo, più recente e in via d’affermazione, ottenuto con l’utilizzo di carta all’albumina, che
offriva immagini più nitide, trasparenti e contrastate su superficie satinata o lucida. I due metodi d’e-
secuzione delle stampe fotografiche, vennero selezionati in base all’effetto finale desiderato per ogni
singolo soggetto. Infine, le fotografie vennero montate su cartoni, abbinate alle segnature con i testi
impressi tipograficamente, e legate a formare il libro: Saggio fotografico.
“Fin qui, che io mi sappia, gli artisti si sono limitati a giovarsi delI’arte fotografica per ripro-
durre vedute, tele, quadri, ed altri portenti dell’arte e della natura; non ancora però alcuno si è
cimentato ad un lavoro scientifico, valendosi della fotografia per illustrazione di oggetti naturali,
come si farebbe della Litografia e della Fisiotipia: e credo che questo Saggio avrà l’onore di esse-
re uno dei primi tentativi, che spero verrà ben presto seguito da altri, non potendosi in alcun altro
modo ottenere quella perfezione nel disegno di certi oggetti, che valendosi della Fotografia, colla
quale gli originali si moltiplicano e si sottopongono allo sguardo di tutti2”. La lunga descrizione
analitica dei fossili si chiude con una breve nota, composta in corpo minore, e posta in coda all’ul-
tima scheda. “Devo rettificare o dirò meglio dilucidare” precisa Massalongo “un’espressione che si
legge alla pag. 5 di questo Saggio, dove è detto che non ancora alcuno si è cimentato ad un lavoro Museo Civico di Sto-
scientifico valendosi della Fotografia per illustrazione di oggetti naturali. Dovea dire, che non anco- ria Naturale di Vero-
ra venne pubblicato un lavoro di Paleontologia coll’aiuto della Fotografia; perché, infatti, non igno- na, Foto Massalon-
ro che fino dal 1850 pubblicavasi a Parigi dal tipografo Corbeil il Manifesto di una Photographie go, Tavola XXXVI,
menabò e tavole alle-
Zoologique la quale dovea vedere stite.
la luce per cura de signori L.
Rousseau ed A. Devéria, opera
che io non ho avuto la sorte di
vedere” e conclude “non ignoro
pure che furono fatte in più luoghi
prove fotografiche di corpi orga-
nici fossili e viventi; ma che io
sappia non ancora è stata pubbli-
cata un opera paleontologica colle
tavole fotografate3”.

2 Ibidem, p. V-IV.
3 Ibidem, p. 98.

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La posizione della nota, posta in coda all’ultima scheda, suggerisce ch’essa sia stata compilata e
aggiunta successivamente alla data del 1° ottobre 1858, data che figura a chiusura dell’introduzione.
Presumibilmente la nota venne inserita dopo la consegna del testo alla tipografia, avvenuta nei giorni
a seguire la lettera del 30 maggio 1859, con cui Ottavio di Canossa accusa ricevuta del manoscritto, si
complimenta del lavoro e invita Massalongo ad avviarne alla stampa4. La cautela con cui Massalongo
definisce i limiti dell’iniziativa comprova l’attenzione verso la qualità del lavoro scientifico cui era
dedito, e rivela una sorta di prudenza, dettata dalla consapevolezza delle difficoltà ad accedere alla let-
teratura scientifica più aggiornata, che di quando in quando, affiora nelle trattazioni dell’autore.
La delucidazione di Massalongo è peraltro pertinente. Infatti, fin dalla fine del 1852, e non dal 1850,
come erroneamente affermato nella nota, si poterono leggere, nei cataloghi della libreria Masson o
nelle maggiori riviste scientifiche, le inserzioni editoriali relative alla pubblicazione di Photographie
zoologique…5 L’opera, di cui avrebbero dovuto comparire dieci fascicoli di sei tavole ciascuno, non
giunse a compimento. Vennero pubblicati i primi tre fascicoli, che presentarono complessivamente 18
tavole, di cui solamente le prime 6 furono realizzate con stampe fotografiche, in carta all’albumina trat-
te da negativi al collodio, ed eseguite da Auguste-Rosalie Bisson (1826-1900) e Louis-Auguste Bisson
(1814-1876). Le tavole successive, tratte da fotografie dei Bisson e di Louis-Amédée Mante (1826-
1913), vennero realizzate in fotoincisione, ed eseguite con il metodo sperimentato da Abel Niépce de
Saint Victor (1805-1870). Nessuna delle tavole proposte in Photographie zoologique… riproduceva
reperti fossili, bensì esemplari di insetti, rettili ed altro, dalle collezioni zoologiche del Museo parigino
di Storia Naturale. L’iniziativa, anticipata da La Lumiere, l’autorevole settimanale parigino dedicato
alla fotografia, ebbe vasta risonanza all’epoca tanto che l’eco giunse ai maggiori periodici di divulga-
zione a diffusione internazionale, e ciò fu dovuto all’acceso dibattito che interessò l’ambiente scienti-
fico e i cultori della fotografia, più che agli esiti dell’impresa editoriale6. Gli autori dell’opera, Achilles

4 BIBLIOTECA CIVICA DI VERONA, Fondo Abramo Massalongo, Corrispondenze scientifiche, ms. 1503.3, Ottavio di Canossa ad Abramo Massalongo, 30 maggio 1859.
5 LOUIS FRANÇOIS EMMANUEL ROUSSEAU-ACHILLE DEVERIA, Photographie zoologique ou représentation des animaux rares des Collections du
Muséum d’Histoire Naturelle pubbliée par L. Rosseau et A. Devéria. Procédés de Lemarcier et Bisson Fréres. Ouvrage dédié à MM’s les Professeurs admini-
strateur du Muséum, Paris-Londres, fasc. 1-3 (1853-1854), 18 tav. Inserzioni apparvero in “Annales de sciences naturelles”, ser. 3. Botanique (1852), p. [423]:
“Cette collection de figures est destinée à accompagner les textes des savants illustres dont les écrits ont fait faire à notre époque de si grands progrès aux scien-
ces naturelles. Elle a pour but en donnant une nouvelle application à la photographie de mettre à la portée de tous les reproductions obtenues par ce procédé mer-
veilleux reproductions si fidèles que la loupe suffit pour rendre parfaitement distincts des caractères qui échapperaient à l’il nu sur l’objet lui-même”. Il catalogo
Publications de la librarie Victor Masson sur la médicine et les sciences, Paris, 1 mars 1854, p. 16. L’inserzione annuncia che: “La Photographie zoologique se
composera de soixante planches qui seront publiées en 10 livraisons de six planches chacune. Des tables méthodiques seront données avec la dernière livraison”.
6 A-T.L., La photographie appliquée a la histoire naturelle, in: “La Lumiere”, a. 3, n. 12 (19 mar. 1853), p. 47. Il giornale dedicò numerosi articoli all’iniziativa
e fu al centro di un acceso dibattito attorno alla distribuzione delle quote del contributo tra gli animatori dell’impresa editoriale. Tra i periodici che riportarono
con enfasi la notizia figura Cosmos, vol. 4. (13 janvier 1853), p. 36 e (27 janvier 1853), p. 95, un periodico ch’ebbe ampia diffusione internazionale.

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Devéria (1800-1857) illustratore e conservatore aggiunto al Gabinetto delle Stampe della Biblioteca
Nazionale di Parigi, e Louis Rousseau (1711-1874) naturalista e fotografo del Museo di Storia Naturale
di Parigi, presentarono dei saggi delle tavole all’Accademia delle Scienze di Parigi con cui esemplifi-
carono il loro progetto editoriale. La commissione apprezzò la proposta, e concesse loro un contributo
ravvisando, che se pur i procedimenti fotografici utilizzati dagli autori non presentavano nulla di par-
ticolare, poiché erano quelli utilizzati dai Bisson, nelle officine di Lemercier, per varie pubblicazioni
d’arte, essi, pur se ancora incompleti, consentivano di dimostrare che con l’applicazione della fotogra-
fia era possibile trarre vantaggi nello studio della zoologia, impossibili da ottenere col disegno o con la
litografia7.
A sostegno della risoluzione, la commissione pose un argomento innovativo strettamente connesso
alle potenzialità che venivano attribuite al nuovo mezzo. Per esemplificare il problema venne proposto
un caso familiare agli scienziati e facilmente verificabile. “Quand le zoologiste fait un dessin, il ne
représente que ce qu’il remarque dans son modèle, et, par conséquent, l’image tracée par son crayon
ne traduit que l’idée plus ou moins complète qu’il s’est formée de la chose à reproduire, et il est bien
rare que la figure ainsi obtenue montre nettement des caractères dont l’auteur n’aura pas tenu compte.
Aussi, lorsque, par les progrès de la science, un de ses successeurs fait intervenir, dans la solution des
questions zoologiques, des caractères dont le premier iconographe n’aurait pas fait usage, il est bien
rare qu’il les trouve fidèlement représentés dans les dessins de celui-ci; pour constater la présence ou
l’absence de ces particularités de structure, il ne peut donc se contenter de l’examen des figures déjà
publiées, et il est obligé d’observer à nouveau les objets en nature. Mais avec la photagraphie il pour-
rait en être autrement, car une image photographique bien faite donne, non-seulement ce que l’auteur
a lui-même vu et voulu représenter, mais tout ce qui est réellement visible dans l’objet ainsi reproduit.
Un autre naturaliste pourra donc y saisir des faits que le premier n’aura pas aperçus, et faire réellement
des découvertes à l’aide de l’image, comme il en aurait fait en observant l’objet en nature8”.

7 Rapport sur un ouvrage inédit, intitulé: Photographie zoologique; par MM. Rousseau et Dévéria, in: “Compte Rendu des séances de l’Académies des Sciences”,
séance du lundi 6 juin 1853, p. 991-994. Commissaires, MM. Is. Geoffroy-Saint-Hilaire, Regnault, Valenciennes et Milne Edwards rapporteur.
8 Ibidem, p. 992. “Quando lo zoologo esegue un disegno, rappresenta solo quello che corrisponde al suo modello, e quindi, l’immagine disegnata dalla sua mati-
ta riflette solo l’idea, più o meno completa che s’è formato della cosa da raffigurare, ed è raro che il disegno così ottenuto mostri chiaramente degli aspetti che
l’autore ha ignorato. Inoltre, quando per l’avanzamento della scienza, uno dei suoi successori è intervenuto per risolvere i problemi di carattere zoologico, di cui
il primo iconografo non aveva tenuto conto, è raro che li abbia trovati fedelmente rappresentati nei suoi disegni; per constatare la presenza o l’assenza di queste
particolarità, non può semplicemente esaminare le figure già pubblicate, lui è costretto ad osservare nuovamente gli oggetti in natura. Ma con la fotografia potreb-
be essere altrimenti, una immagine fotografica ben fatta, offre non solo ciò che l’autore ha visto e ha voluto rappresentare, ma tutto ciò che è effettivamente visi-
bile nell’oggetto così riprodotto. Un altro naturalista potrà dunque cogliere gli elementi che non ha visto il primo, e fare effettivamente delle scoperte utilizzan-
do l’immagine, come fosse l’oggetto osservato in natura”.

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Lodata la minuzia esecutiva della fotografia, impossibile da ottenersi manualmente, e tralasciate le
dispute sulla fedeltà o meno della restituzione grafica al modello, la commissione spostò l’interesse su
aspetti che assumevano valenza metodologica. Un aspetto significativo per la metodica scientifica
riguardava la possibilità, attribuita alla fotografia, di spezzare il legame vincolante che univa, nelle tec-
niche manuali, la configurazione dell’immagine al suo configuratore, e separare, una volta per tutte, la
rappresentazione del modello indagato dall’esecutore della rappresentazione. Il risultato sarebbe stato
la conquista della possibilità d’ottenere un campione privo della connotazione individuale imposta dal-
l’esecutore grafico, che associata alla proprietà non selettiva della fotografia, la quale impone di regi-
strare tutto ciò che entra nel campo della scena ripresa, avrebbe reso possibile la realizzazione d’un
modello iconografico neutro, equivalente e sostitutivo dell’oggetto rappresentato. Inoltre ad aumenta-
re la significatività del modello fotografico, c’era il fatto ch’esso appariva statico e permanente nel
tempo, a differenza di molti campioni reali. Queste caratteristiche da un lato convergevano verso l’esi-
genza di disporre di campioni con attributi noti e parametrizzati, d’altro lato si associavano alla pro-
prietà della fotografia di consentire indagini differite nel tempo, e promettevano di rendere possibile
l’ottenimento di un modello fotografico sottratto a qualsiasi trasformazione, su cui molti scienziati
avrebbero potuto effettuare molteplici indagini senza limiti temporali. Una prospettiva che pareva ben
accordarsi con la convinzione che la scienza moderna fosse incoercibile, per sua natura evolutiva, pro-
gressiva e socialmente collaborativa.
Della natura dell’impresa parigina, si presume, dovette essere ben informato Pietro Paolo Martinati,
se non ne fece menzione elencando le esperienze che presentavano analogie, nella relazione attorno al
Saggio fotografico…, letta ai soci dell’Accademia di Agricoltura Arti e Commercio di Verona, nella
seduta del 18 aprile 18619. Segnalò invece, l’unica immagine fotografica di un reperto fossile riferibi-
le all’esperienza italiana, e, nell’intento di convalidare il primato dell’iniziativa editoriale veronese,
rilevò come “né vale opporre che fino al 1858 la fotografia aveva già divulgato la bella Phoenicites
Pallavicinii di Cadibona illustrata dal Prof. Eugenio Sismonda, perché quella figura era malamente riu-
scita, e non soccorreva di alcun ajuto la descrizione10”. Un giudizio espresso da Martinati, appoggian-
dosi ad una testimonianza dello stesso Sismonda, ch’era da poco apparsa negli Atti e Memorie
dell’Accademia delle Scienze di Torino11. Benché Martinati si mostrasse cauto nel sostenere la priorità

9 PIETRO PAOLO MARTINATI, Rapporto intorno alle fotografie paleontologiche del signor Maurizio Lotze, letto all’Accademia di Verona il 18 aprile 1861
in: “Memorie dell’Accademia di agricoltura commercio ed arti di Verona”, vol. 39. (1861), p. 274.
10 Ibidem, p. 273.
11 EUGENIO SISMONDA, Notizia Storica dei lavori fatti dalla Classe di Scienze Fisiche e Matematiche della Reale Accademia delle Scienze nell’anno 1859
letta nell’adunanza del giorno 23 dicembre 1860 in: “Memorie della Reale Accademia delle scienze di Torino”, ser. 2., tomo XIX (1861), p. 62.

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e l’unicità dell’impresa veronese, non nascondeva la speranza che essa potesse essere la prima e unica
anticipatrice della nuova applicazione della fotografia, e presentando la sua relazione, azzardava:
“Osiamo anzi dire che non solo in Italia ma anche fuori dalla nostra penisola, per quanto è a nostra
saputa, il felice tentativo del Sig. Lotze non fu da altri compiuto prima di lui, almeno nell’ampiezza del
suo lavoro12”.

Museo Civico di Storia Naturale di Verona, Foto Massalongo, Tavola XXXII.


Stampe fotografiche prima e dopo il rifilo, e la dima.

12 PIETRO PAOLO MARTINATI, Rapporto intorno alle fotografie paleontologiche del signor Maurizio Lotze, letto all’Accademia di Verona il 18 aprile 1861
in: “Memorie dell’Accademia di agricoltura commercio ed arti di Verona”, vol. 39. (1861), p. 273-281.

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Nonostante ciò, la prudenza in Martinati, come già in Massalongo, rese lecito il sospetto, che la con-
sistente attività di ricerca sollecitata dalla centralità della fotografia nella messa a punto di nuove pro-
cedure d’indagine della natura, non potesse avere trascurato del tutto la paleontologia. Infatti, nella
ricerca paleontologica, come in altri settori applicativi, la sperimentazione fotografica diede avvio ad
una filiera progressiva di tentativi. La messa a punto dei metodi fotografici funzionali ai vari settori
specifici della ricerca, non fu legata principalmente allo sviluppo del procedimento in sé, né fu esclu-
sivamente tecnica, piuttosto ebbe ruolo determinante la capacità di prefigurare le possibilità di utiliz-
zare la visualizzazione ed effettuare la parametrizzazione delle configurazioni fotografiche ai fini d’una
determinata ricerca, e solo successivamente, intuiti o individuati questi aspetti, divenne impellente la
necessità di perfezionare la tecnologia e i protocolli procedurali.
Le vicende relative alle sperimentazioni necessarie per la determinazione d’un modello d’illustra-
zione dei documenti paleontologici adeguato alle necessità della moderna indagine scientifica, videro
coinvolti studiosi e fotografi, attivi sin dall’introduzione dei primi procedimenti fotografici. Vennero
testati, sia i procedimenti su lamine dagherrotipiche che le impressioni su carta sensibilizzata, con l’in-
tenzione, da tutti condivisa, di verificare principalmente due aspetti: la potenzialità della rappresenta-
zione fotografica e la possibilità d’una sua integrazione con i procedimenti di stampa tipografica. In
particolare, la sperimentazione relativa all’illustrazione paleontologica, condivise sin dagli esordi le
proprie prospettive di ricerca, in primo luogo, con le tecniche d’illustrazione dedicate prevalentemen-
te alla botanica. Parve, all’epoca che i risultati ottenuti con le nuove applicazioni dei procedimenti di
stampa a matrice naturale, la fisiografia e la fisiotipia, offrissero alla rappresentazione dei reperti fos-
sili le più ampie e complete possibilità di descrizione del documento. Il procedimento di antica tradi-
zione, acquisì un nuovo impulso grazie ai perfezionamenti dovuti a Alois Auer von Welsbach (1813-
1869) e alle produzioni della Hofs-und Staatsdruckerei di Vienna di cui Auer fu direttore. Tra il 1853
e 1854, il manuale descrittivo del procedimento fisiotipico approntato da Auer13 venne tradotto e pub-
blicato in tedesco, inglese e italiano, favorendo la sperimentazione e sollecitando le aspettative di molti.
La fisiografia e la fisiotipia erano basate su di una tecnologia che consentiva la trasformazione del
calco meccanico bidimensionale d’un oggetto, in matrice calcografica o tipografica. L’immagine così
realizzata corrispondeva esattamente all’impronta meccanica dell’oggetto rappresentato. Queste rap-
presentazioni ottenute con soggetti, generalmente vegetali, restituivano immagini stampabili estrema-
mente precise e analitiche, inoltre le dimensioni e i rapporti metrici erano prossimi al reale, e in molti
casi si ottenevano dei tracciati ben riconoscibili, sia della configurazione che della struttura del sog-

13 LUIGI AUER, Scoperta della stampa naturale, od invenzione del mezzo di produrre nel modo il più pronto ed il più semplice ...: esposizione letta nella clas-
se di matematica e di storia naturale dell’Accademia imperiale delle scienze a Vienna, Vienna, 1853.

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getto. Benché la stampa a matrice naturale e la fotografia apparissero tecnologie radicalmente diffe-
renti, esse condividevano quella che all’origine parve la ragione principale della loro fortuna: entram-
be consistevano in un “metodo, secondo il quale la natura, ovvero l’originale stesso, si prestano alla
stampa14”. Di fatto, ben presto, l’interesse verso la stampa a matrice naturale venne ridimensionata dra-
sticamente dalla fotografia, e il passaggio significò il trasferimento del metodo di generazione della
rappresentazione da una matrice ottenuta dall’impronta fisica dell’oggetto ad una matrice ottenuta dal-
l’impronta fisico-chimica del riflesso dell’oggetto. In tutti e due i casi parve che l’uomo e la sua falla-
cia venissero definitivamente escluso dalle responsabilità relative alla rappresentazione, inoltre il
secondo metodo offriva uno straordinario vantaggio: la rappresentazione concordava con le abitudini
visive dell’uomo occidentale moderno.
Non sorprende quindi che, rapidamente scemate le aspettative suscitate dalla stampa a matrice natu-
rale, la fotografia costituisse l’alternativa più promettente da sperimentare. Sorprende semmai, che, né
nella nota di Massalongo, né nella relazione di Martinati si faccia riferimento all’atlante paleontologi-
co di Johann Jakob Kaup (1803-1873)15. Pubblicato a Darmstadt nel 1954, l’atlante apparve in singo-
lare sintonia con il volume di John Collins Warren (1778-1856)16, edito a Boston nello stesso anno.
Entrambi i volumi proposero l’utilizzo diretto della fotografia, finalizzato all’illustrazione di reperti
paleontologici e alla loro diffusione editoriale. Kaup, illustrò il primo fascicolo con nove tavole che
recavano applicate altrettante fotografie eseguite da Wilhelm Thomas, tutte stampate su carta nel for-
mato 14,5x18,5 cm e una tavola litografica. Warren illustrò il saggio con una fotografia eseguita da
Silsbee, stampata su carta salata nel formato 20,3x20,3 cm. Nel primo caso le fotografie riproduceva-
no dei frammenti ossei ridotti ad 1/3 della grandezza naturale, nel secondo caso una impronta fossile.
Inoltre, in entrambe le opere, gli autori esaltavano la precisione della rappresentazione fotografica, e
sottolineavano la possibilità di indagare il reperto fotografato come si trattasse dell’oggetto stesso. Se
l’eco dell’opera di Warren, nelle recensioni d’epoca delle riviste europee, fu debole, l’atlante di Kaup,
al contario, godette di buona fortuna. Significativa, tra le recensioni, quella apparsa sull’autorevole rivi-
sta della Geological Society of London17, dove all’elogio per l’utilizzo e al riscontro del primato di

14 ALOIS AUER VON WELSBACH, Die Entdeckung des Naturselbstdruckes oder die Erfindung, von ganzen Herbarien, Stoffen, Spitzen, Stickereien und
überhaupt allen Originalien und Copien, ... ohne dass man einer Zeichnung oder Gravure auf die bisher übliche Weise durch Menschenhände bedarf, Wien, 1854,
p. 22.
15 JOHANN JAKOB KAUP, Beitraege zur naeheren Kenntniss der urweltlichen Saeugethiere von Dr. J. J. Kaup […], Erstes Heft, mit 9 Photographien und einer
Lithographie, Darmstadt, 1854.
16 JOHN COLLINS WARREN, Remarks On Some Fossil Impressions In The Sandstone Rocks Of Connecticut River, Boston, 1854. La pubblicazione è nota per
essere la seconda opera illustrata con fotografie apparsa negli Stati Uniti, ma la prima pubblicazione di carattere scientifico.
17 “The Quarterly journal of the Geological Society of London”, vol. 11 (1855), p. LXXXI-LXXXII.

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Kaup per l’applicazione della fotografia alla paleontologia, seguono le segnalazioni delle più recenti
ricerche scientifiche italiane. Tra queste un apprezzamento particolare venne espresso, per la qualità
delle illustrazioni al saggio Sulla flora fossile di Sinigalia, pubblicato da Massalongo nel Giornale
dell’Istituto Lombardo di Scienze Lettere ed Arti di Milano18.
Il precoce ricorso alla fotografia sperimentato da Kaup e Warren non ebbe seguito, e le edizioni illu-
strate dedicate alla paleontologia seguitarono a proporre tavole litografiche, nell’attesa del perfeziona-
mento d’un efficace metodo fotomeccanico di stampa che permettesse la pubblicazione delle immagi-
ni analogiche. Dovette trascorrere più d’un lustro, prima che la comparsa dell’opera di Massalongo e
Lotze, riproponesse l’uso della fotografia. Nel frattempo altre sperimentazioni si misurarono con la
possibilità di ottenere fotograficamente illustrazioni adeguate alle esigenze dell’indagine scientifica.
Nel 1856, a due anni dalla fondazione dell’Institut für Österreichische Geschichtsforschung, Theodor
Ritter von Sickel (1826-1908), in sopralluogo agli archivi di Milano e Venezia19, scelse i manoscritti da
esemplificare in fotografia nel suo atlante paleografico20. Sickel incaricò Alessandro Duroni (1807-
1870) dell’esecuzione delle fotografie conservate nell’archivio milanese, e Moritz Lotze dell’esecu-
zione delle fotografie conservate nell’archivio veneziano e alla Biblioteca Marciana21. Monumenta
graphica medii aevi venne annunciato nel 1858 sottolineando, anche in questo caso, il primato del-
l’impresa editoriale dovuto all’utilizzo della fotografia applicata alla riproduzione dei documenti paleo-
grafici, e avviò le pubblicazioni delle tavole fotografiche alla metà dell’anno successivo, con l’uscita
primi due fascicoli.
Alla fine degli anni Cinquanta, quello delle edizioni fotografiche sembrava prospettarsi come un
promettente settore produttivo. Al prestigio, dovuto al credito degli incarichi, per i fotografi, si aggiun-
geva il valore economico delle commesse, dovuto all’alto numero di copie positive richieste per ogni
fornitura. A Moritz Lotze, forte della partecipazione all’autorevole impresa editoriale diretta da Sickel,

18 Ibidem, p. LXXXIII. Recensione al saggio: ABRAMO MASSALONGO, Prodromus florae fossilis Senogalliensis in: “Giornale dell’I. R. Istituto Lombardo
di scienze, lettere ed arti e Biblioteca Italiana”, vol. 5, fasc. 27 (gen. 1854), p. 197-230, tav. II-V.
19 CESARE CANTÙ, Scorsa di un lombardo negli Archivj di Venezia, Milano-Verona, 1856, p. 16.
20 Monumenta graphica medii aevi ex archivis et bibliothecis imperii Austriaci collecta edita jussu atque auspiciis ministerii cultus et publicae institutionis caes.
reg, Vindobonae, 1858-1882. L’edizione consiste in 10 portfolio che vennero pubblicati periodicamente fino alla nona dispensa edita nel 1869. La decima dispen-
sa venne pubblicata solamente nel 1882, corredata di tavole fotomeccaniche, poiché le immagini fotografiche adottate nelle dispense già edite, con il tempo
mostrarono un degrado così marcato da comprometterne, in certi casi l’utilizzo. Cfr. ARTHUR GIRY, Monumenta graphica medii aevi ex archivis et bibliothecis
imperii Austriaci collecta, 10e livraison, par K. KRIEGER, Bibliothèque de l’école des chartes, tome 44 (1883), p. 89.
21 GIUSEPPE COSSA, Intorno alla collezione Monumenta Graphica Medii Ævi in: “Atti dell’Istituto Lombardo di Scienze, Lettere ed Arti”, vol. I (1858), p.
287. La presentazione dell’impresa editoriale si basa sulla prefazione all’edizione apparsa nel 1858, e il fascicolo che la ospita venne pubblicato il 23 febbraio
1859.

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l’occasione che, alle soglie del 1858, si veniva prospettando attorno al progetto dell’illustrazione foto-
grafica dei fossili veronesi, dovette apparire una buona opportunità per accedere al mercato delle edi-
zioni fotografiche, e un buon motivo per partecipare all’impresa, non come mero esecutore, bensì con
un rilevante ruolo autoriale. Per quanto è noto dell’impresa editoriale, vi sono almeno tre aspetti che
depongono in tal senso. Il primo riguarda il titolo: Saggio fotografico di alcuni animali e piante fossi-
li dell’Agro Veronese illustrati dal Prof. A. B. D. R. Massalongo, fotografati da Maurizio Lotze, ch’è in
questo senso esplicito, poiché dichiara la centralità della fotografia e l’equivalenza dei ruoli autoriali.
Il secondo riguarda la richiesta di duecento copie stampate del saggio, ad evidente uso commerciale,
avanzata a Ottavio di Canossa nell’agosto del 185922, ed, infine, il terzo riguarda il riconoscimento che
gli venne attribuito il 18 aprile 1861 dall’Accademia di Agricoltura Arti e Commercio di Verona, per
la priorità dell’applicazione della fotografia alla storia naturale, almeno in Italia, per la perfezione
dello eseguimento, e per l’utilità del trovato23.
Fu una partecipazione a pieno titolo, ma non servì ad evitare si creasse tra il fotografo alemanno e
Abramo Massalongo, un lungo dissidio che investì e mise in pericolo il buon fine dell’impresa. Pur
senza chiarire le ragioni del contenzioso, lo stesso Martinati dovette farne cenno in occasione della rela-
zione che tenne all’Accademia di Verona, mettendo in luce sia il costante impegno di Ottavio di
Canossa, che, oltre ad accollarsi l’onere economico, si prodigò nel patteggiamento tra il fotografo e il
naturalista, sia la pazienza mediatrice di Edoardo De Betta24.
Il 30 maggio 1858, Ottavio di Canossa, accusando ricevuta del manoscritto di Massalongo, conclu-
se la sua lettera osservando: “Mi lusingo che anche il Signor Lotze avrà la compiacenza di preparare
alcune serie complete delle sue bellissime fotografie al fine di aver alcune prove della si bella e desi-
derata illustrazione dei molti tesori naturali25”. A quella data si può presumere che Moritz Lotze aves-
se già iniziato le riprese fotografiche dei reperti fossili, e fors’anche terminate nelle convinzioni di
Canossa. Fatto, evidentemente, non vero se, trascorsi più di due mesi, il 16 agosto dello stesso anno, il
marchese di Canossa si premurò di riferire a Massalongo: “Mi è grato significarle che il nostro distin-
tissimo fotografo è animato da un vero proponimento di volerla finita”, rassicurandolo che “si vuol pro-

22 BIBLIOTECA CIVICA DI VERONA, Fondo Abramo Massalongo, Corrispondenze scientifiche ms. 1503.4, Ottavio di Canossa ad Abramo Massalongo, 16
agosto 1859.
23 Cfr. Estratto del processo verbale della seduta del 18 aprile 1861 in: “Memorie dell’Accademia di agricoltura commercio ed arti di Verona”, vol. 39. (1861),
p. 413-414; e la relazione presentata da PIETRO PAOLO MARTINATI, Rapporto intorno alle fotografie paleontologiche del signor Maurizio Lotze, letto
all’Accademia di Verona il 18 aprile 1861 in: “Memorie dell’Accademia di agricoltura commercio ed arti di Verona, vol. 39 (1861), p. 273-281.
24 PIETRO PAOLO MARTINATI, Ibidem, p. 273-281.
25 BIBLIOTECA CIVICA DI VERONA, Fondo Abramo Massalongo, Corrispondenze scientifiche, ms. 1503.4, Canossa, 3, Ottavio di Canossa ad Abramo
Massalongo, 30 maggio 1859.

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prio dedicare alle innocenti fogliette dalle antichissime età, e mi accertò le molte volte che se ne occu-
perà tosto e bene. Certamente” concluse con evidente riferimento al contenzioso che s’era aperto nel
frattempo “l’ho stretto con quante ragioni, preghiere e minacce potei26”.
Inadempienza del fotografo o intransigenza dello studioso? Non è dato saperlo! Certamente, nel-
l’occasione, Massalongo non dovette essere stato eccessivamente accondiscendente con il fotografo,
se furono indotti a interporsi come mediatori Canossa e De Betta. Neppure lo fu con i suoi interlocu-
tori, se persino Edoardo De Betta, spazientito rimarcò: “Io non sono il fotografo, né v’è titolo che tu
t’inquieti meco, poiché se ti occorrono dargli sollecitazioni puoi farlo tu stesso e con minor incomo-
di, attesa la maggior vicinanza alla sua abitazione” e essendo che “finora la fotografia non fu ancora
mai fatta, così ho ritirato ieridì il mio pesce e te l’avrei anche spedito pel studio se non mi avessero
fatto ritenere che eri già partito per Venezia. Poiché sono a tempo te lo invio, e ti raccomando ogni
cura27”.
Lungi dal ricomporsi, il contenzioso dovette inasprirsi parecchio, poiché trascorsi altri sei mesi, l’11
marzo 1860, Canossa si premurò di informare Massalongo: “Anche oggi fui a battere il ferro aleman-
no, il quale mi fece vedere molte belle prove già preparate, e mi diede grandi speranze di consegnarmi
presto alcune copie complete”. Canossa pare intendere l’apprensione dello scienziato, che nel frattem-
po aveva visto aggravarsi sensibilmente la forma di tubercolosi contratta in gioventù. “Non vedo il
momento di potermi a Lei presentare con alcune delle stesse, per anticiparle quel piacere che il foto-
grafo ferito vuol farle desiderare. Per ora” concluse “questa è la migliore via28”. Solamente una nota al
piede della lettera fa presagire che il termine dell’impresa, non fosse poi così vicino: “Avrà forse inte-
so” riferisce Canossa “come si siano guastate alcune delle centinaja delle nostre tavole in mano del
Lotze per l’umidore”. Occorsero ancora due mesi, perché ne uscisse “la prima serie completa dalle
mani dell’artista nel maggio del 1860”, testimonierà Pietro Paolo Martinati, nel corso dell’adunanza
dell’Accademia di Verona, in cui venne assegnata la medaglia d’oro di seconda classe all’operato di
Moritz Lotze29.

26 BIBLIOTECA CIVICA DI VERONA, Fondo Abramo Massalongo, Corrispondenze scientifiche, ms. 1503.4, Canossa, 4, Ottavio di Canossa ad Abramo
Massalongo, 16 agosto 1859.
27 BIBLIOTECA CIVICA DI VERONA, Fondo Abramo Massalongo, Corrispondenze scientifiche, ms. 1503.4, De Betta, 16, Edoardo De Betta ad Abramo
Massalongo. La lettera non reca data, ma presumibilmente può riferirsi alla prima metà del 1858, quando Massalongo fu impegnato a organizzare le riprese dei
reperti fossili da lui selezionati per la pubblicazione.
28 BIBLIOTECA CIVICA DI VERONA, Fondo Abramo Massalongo, Corrispondenze scientifiche, ms. 1503.4, Canossa, 5, Ottavio di Canossa ad Abramo
Massalongo, 11 marzo 1860.
29 PIETRO PAOLO MARTINATI, Rapporto intorno alle fotografie paleontologiche del signor Maurizio Lotze, letto all’Accademia di Verona il 18 aprile 1861
in: “Memorie dell’Accademia di agricoltura commercio ed arti di Verona”, vol. 39. (1861), p. 274.

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Massalongo si spense il 26 maggio 1860. Il 22 luglio di quell’anno, fu Emilio Cornalia, amico e cor-
rispondente dello scienziato, a ricordare, nel corso dell’adunanza della Società Italiana di Scienze
Naturali in Milano, come Abramo “amò il disegno squisito e quando solo rappresenta con fedeltà i vari
oggetti della natura, e pel primo ideò in Italia una pubblicazione in cui obbligata la natura a copiar se
medesima30”.
Quasi ad accompagnare l’itinerario di ricerca di Massalongo, l’applicazione della fotografia alla
descrizione dei reperti fossili, giunse a chiudere l’esperienza con cui lo scienziato affrontò i problemi
della rappresentazione destinata alla divulgazione delle sue investigazioni. La fotografia, il procedi-
mento con cui obbligata la natura a copiar se medesima, parve a molti la soluzione radicale e defini-
tiva d’un problema che fu particolarmente sentito da quanti si cimentarono nelle indagini delle scien-
ze naturali.
La cura dedicata alla descrizione visiva con cui lo scienziato operò nel corso delle sue indagini è docu-
mentata sia dalla ricca raccolta di disegni, abbozzi e annotazioni visive, conservata tra le sue carte scien-
tifiche, sia dalla qualità di molte delle tavole che accompagnarono le sue pubblicazioni, di cui le litogra-
fie colorate illustranti Prodromus florae fossilis Senogalliensis sono esempio31. Ma a sottolineare l’inte-
resse verso i metodi di esecuzione delle immagini, finalizzate ai propri studi, rimangono anche le prove
ch’egli fece eseguire nel 1851 per verificare la qualità d’una pietra litografica scoperta sui colli verone-
si32, o la tavola cromatica con l’elenco dei pigmenti e delle terre colorate33, oltre ad un modesto gruppo
di fotografie. Quest’ultime costituiscono una presenza marginale nel contesto dell’iconografia ospitata nel
fondo. Si tratta di alcune microfotografie e di un paio di reperti fossili, tutte impressioni in carta salata o
su carta all’albumina34. Esemplari molto disomogenei per qualità e tipologia, che non riconducono a indi-
zi d’utilizzo sistematico della fotografia. Nell’insieme gli strumenti, i metodi e le abitudini visive di
Abramo Massalongo sono legati alle tecniche di rappresentazione grafica e litografica in uso. Un model-
lo operativo che si avvaleva di schizzi d’insieme associati a elementi tassonomicamente significativi det-
tagliati e associati a notazioni metriche, di tessitura, di colore ecc. Tutti elementi che costituivano un siste-
ma di notazione articolato, da cui, poi, attingere per la preparazione del disegno litografico riassuntivo.

30 EMILIO CORNALIA, Sulla vita e sulle opere di Abramo Massalongo in: “Atti della Società Italiana di Scienze Naturali”, vol. II (1859-1860), p. 198.
31 ABRAMO BARTOLOMEO MASSALONGO, Prodromus florae fossilis Senogalliensis in: “Giornale dell’I. R. Istituto Lombardo di scienze, lettere ed arti e
Biblioteca Italiana”, vol. 5, fasc. 27 (gen. 1854), p. 197-230, tav. II-V.
32 BIBLIOTECA CIVICA DI VERONA, Fondo Abramo Massalongo, Manoscritti diversi, ms. 1502/III, fasc. 101, Prove di pietra litografica scoperta da
Massalongo, 1861. L’immagine litografata reca in negativo l’iscrizione: «L.P. Pietra litografica dei colli veronesi scoperta da M.A.».
33 BIBLIOTECA CIVICA DI VERONA, Fondo Abramo Massalongo, Ibidem, ms. 1502/II, 74, [Tavola cromatica].
34 Le fotografie sono conservate in BIBLIOTECA CIVICA DI VERONA, Fondo Abramo Massalongo, Manoscritti diversi. Quattro microfotografie, una foto-
grafia di fossile vegetale e una tavola del Saggio fotografico sono conservate in ms. 1502/1, mentre una carta salata d’un fossile è conservata in ms. 1502/VIII.

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Disegno a contorno e chiaroscuro, tavole cromatiche, litografia monocroma e colorata, rispondono
a convenzioni rappresentative che condividono solo in parte, talvolta in minima parte, i propri codici,
le proprie regole e i modelli con la fotografia. L’esperienza veronese dello scienziato e del fotografo si
compì quando ancora non erano maturi, né i tentativi d’adeguamento della fotografia alle convenzioni
in uso, né le caratteristiche delle nuove possibilità offerte dalla rappresentazione analogica.
La prova fu una esperienza anticipatrice, a cui non fece seguito un confronto sulla proposta illu-
strativa né tanto meno un dibattito sul valore di quell’applicazione così particolare dell’illustrazione
fotografica35. Di certo influì sulla modesta risonanza, ch’ebbe l’opera, la prematura scomparsa di
Abramo Massalongo, l’apparente assenza di iniziative promozionali di Moritz Lotze, e forse anche la
difficoltà ad accompagnare quell’esperienza con una valutazione critica delle possibilità del mezzo e
della sua influenza sulla disciplina, come accadde invece in occasione della proposta parigina di
Rousseau e Dévéria.
Eppure nel corso della lavorazione del Saggio fotografico furono certamente affrontati problemi ineren-
ti la particolare formalizzazione che la fotografia proponeva dei reperti fossili, lo attesta la varietà d’ogni
esemplare delle illustrazioni destinate al volume, che si conservano ancor oggi36. Sono positivi in più copie,
realizzati con varianti dei materiali fotografici, della tecnica d’esecuzione, dell’impressione e in particolare
dell’intonazione delle stampe. Compaiono supporti in carta salata, in carta all’albumina, intonazioni viranti
al giallo, al bruno, al rosso, ecc. Una varietà di esemplari che ebbe una sola ragione d’essere: la preoccupa-
zione di riuscire a rendere le immagini fotografiche quanto più possibile verosimili. “Il colore naturale delle
roccie è bianco sudiccio volgente al nocciuola nei saggi del M[onte] Bolca e dei Pernigotti” si premurò di
specificare Massalongo, nell’introduzione al Saggio fotografico “cinereo in quelli di Chiavon e Vegroni,

35 Una certa eco l’iniziativa dovette comunque averla, sopratutto riguardo l’affermazione della legittimità e dell’autorevolezza che potevano avere le fotografie
dei reperti paleontologici, se Giacinto Namias, in occasione dell’Esposizione Internazionale di Londra del 1862, suggerì di non inviare delle fotografie delle sale
del Gabinetto di lettura dell’Istituto Veneto a Palazzo Ducale, poiché quel monumento è conosciutissimo, bensì, propose, “si potrebbe invece inviare i disegni
delle piante fossili cavate dai monti di queste province […]” e conservate nel museo dell’istituto, cfr.: ISTITUTO VENETO DI SCIENZE LETTERE ED ARTI,
Archivio, busta 134, Esposizione mondiale di Londra nel 1862. Erano trascorsi solo pochi mesi dall’adunanza in cui s’era ricordata l’opera di Massalongo, cfr:
ROBERTO DE VISIANI, Relazione della vita scientifica del dott. Abramo Bartolomeo Massalongo in: “Atti dell’I. R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti”,
ser. 3., tomo 6. dispensa quarta (1860-1861), p. 241-305. L’Istituto inviò due fotografie, e pochi anni più tardi, in occasione dell’Esposizione Universale di Parigi,
tornò ad inviare le fotografie dei reperti paleontologici veneti, assicurandosi così una menzione d’onore, cfr.: ISTITUTO VENETO DI SCIENZE LETTERE ED
ARTI, Archivio, busta 134, Esposizione di agricoltura arti ed industria nel 1867 a Parigi.
36 MUSEO CIVICO DI STORIA NATURALE DI VERONA, Foto Massalongo. Il Museo conserva tre scatole con cartelle che raccolgono i materiali editoriali
necessari all’allestimento delle tavole del Saggio fotografico… Sono presenti le cartelle di 39 tavole su 40, e manca la cartella riferita alla tavola n. 16. Ogni car-
tella contiene un numero vario di stampe fotografiche, generalmente realizzate sia in carta salata che in albumina su carta, di cui molte realizzate con varianti
d’intonazione. Le fotografie possono presentare vari stati, dalle stampe integrali delle lastre, alle copie rifilate a misura editoriale e scontornate. In aggiunta molte
cartelle contengono i menabò con le prove di impaginazione delle tavole e le relative dime per il rifilo delle immagini.

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giallognolo pallido in quelli di Salcedo e del M[onte] Pastello: mentre hanno la tinta castagno-sbiadita le
impronte del M[onte] Bolca, Salcedo, e M[onte] Pastello, castagno-cupa quelle dei Pernigotti, nera quelle di
Chiavon e dei Vegroni, di maniera che potrà il lettore formarsi facilmente un’idea, quali sieno gli oggetti che
pel colore possono meglio corrispondere alla fotografia37”. Com’era abitudine annotare gli appunti visivi con
le indicazioni dei colori del soggetto rappresentato, alla stessa maniera Massalongo accompagnò le fotogra-
fie con i riferimenti alla colorazione dei reperti fossili. Se negli appunti visivi l’annotazione aveva il compi-
to d’associare i colori agli elementi monocromi dello schizzo, nel Saggio fotografico, rovesciandone la fun-
zione, le indicazioni di colore servirono a consentire all’osservatore di valutare la singolare concordanza del
colore delle fotografie con il colore degli originali. Le annotazioni sui colori sono le uniche osservazioni pre-
senti nel saggio che riguardano in modo puntuale e circostanziato la relazione tra la rappresentazione foto-
grafica e il soggetto rappresentato. Furono necessarie, poiché parve agli autori, una grande conquista aver
sfruttato la somiglianza dei colori dei campioni fossili con le intonazioni correnti delle fotografie, per ren-
dere quest’ultime così fedeli da far dire a Martinati “trovammo nella copia l’originale, in questo la copia38”.
Con questa felice coincidenza, nelle intenzioni degli autori, l’unico limite inteso della fotografia, dovuto sue
alle caratteristiche monocromatiche, sarebbe caduto, seppure occasionalmente.
L’intero progetto d’illustrazione fotografica fu condotto nella convinzione d’una sostanziale iden-
tità tra l’oggetto fotografato e la sua rappresentazione fotografica. Una convinzione che fece dichiara-
re a Massalongo: “La mano degli uomini per quantunque molti e gloriosi fossero per essere i suoi pro-
gressi, non si sarebbe giammai approssimata a quel grado di perfezione cui attinge la fotografia: e la
ragione ne è per se stessa manifesta, non potendo gli sforzi umani che imitare, mentre quivi la natura
riproduce e moltiplica se stessa, vivificata direi quasi dal soffio onnipotente dell’Eterno Fattore39”.
Dello stesso segno furono i riferimenti o le scarne recensioni al Saggio fotografico che apparvero nella
letteratura scientifica nazionale40. Solamente nel 1865, il recensore del Geological Magazine, mostrò

37 ABRAMO BARTOLOMEO MASSALONGO, Saggio fotografico di alcuni animali e piante fossili dell’Agro Veronese illustrati da A.B. Massalongo foto-
grafati da Maurizio Lotze, Verona, 1859, p. VII.
38 PIETRO PAOLO MARTINATI, Rapporto intorno alle fotografie paleontologiche del signor Maurizio Lotze, letto all’Accademia di Verona il 18 aprile 1861
in: “Memorie dell’Accademia di agricoltura commercio ed arti di Verona”, vol. 39 (1861), p. 274.
39 ABRAMO BARTOLOMEO MASSALONGO, Saggio fotografico di alcuni animali e piante fossili dell’Agro Veronese illustrati da A.B. Massalongo foto-
grafati da Maurizio Lotze, Verona, 1859, p. V.
40 Cfr. EMILIO CORNALIA, Sulla vita e sulle opere di Abramo Massalongo in: “Atti della Società Italiana di Scienze Naturali”, vol. II (1859-1860), p. 198-199; ROBER-
TO DE VISIANI, Relazione della vita scientifica del dott. Abramo Bartolomeo Massalongo in: “Atti dell’I. R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti” ser. 3., tomo 4.,
dispensa quarta (1860-1861), p. 269-270; PIETRO PAOLO MARTINATI, Rapporto intorno alle fotografie paleontologiche del signor Maurizio Lotze, letto all’Accademia
di Verona il 18 aprile 1861 in: “Memorie dell’Accademia di agricoltura commercio ed arti di Verona”, vol. 39. (1861), p. 273-279; Scienze naturali. […] 3. Applicazioni
della fotografia a ritrarre le impronte di animali e di piante fossili; opera del Dott. MASSALONGO di Verona in: “Civiltà Cattolica”, ser. 4, a. 12° (23 ott. 1861), p. 362.

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di aver analizzato l’esperimento iconografico e intervenne con pertinenza. Comparò e valutò la propo-
sta illustrativa in relazione alla possibilità d’indagarne ch’essa offriva, lodò le tavole in cui la fotogra-
fia restituiva i dettagli più differenziati e leggibili, mentre dichiarò di ritenere più efficace la sintesi pro-
posta dai disegni litografici, là dove la fotografia non era stata in grado di differenziare la struttura, la
materia e la forma del reperto fossile.
Il Saggio fotografico fu davvero impresa unica per molti aspetti, certamente coraggiosa. Oggi è,
almeno per la storia della rappresentazione fotografica, uno degli esempi più significativi su cui stu-
diare le vicende che caratterizzarono la messa a punto dei modelli illustrativi che la fotografia ci pro-
pone correntemente41.

41 ABRAMO BARTOLOMEO MASSALONGO, Saggio fotografico di alcuni animali e piante fossili dell’Agro Veronese illustrati da A. B. Massalongo foto-
grafati da Maurizio Lotze=Specimen photographicum animalium quorumdam plantarumque fossilium Agri Veronensis A.B. Massalongo descripsit Mauritius
Lotze photographice expressit, Veronae, 1859, 101 p., 40 c. di tav. con 64 fotografie. Il volume venne diffuso in due versioni. La versione con il solo testo e la
versione illustrata dalle tavole fotografiche. Unico accenno alle tirature si trova in una lettera di Canossa in cui riferisce la richiesta di Lotze di disporre di due-
cento esemplari del volume, vedi: BIBLIOTECA CIVICA DI VERONA, Fondo Abramo Massalongo, Corrispondenze scientifiche ms. 1503.4, Ottavio di Canossa
ad Abramo Massalongo, 16 agosto 1859; Il Saggio fotografico… venne presentato al pubblico, per il suo interesse nell’ambito degli studi di storia della fotogra-
fia, in occasione dell’esposizione Lotze, Lo studio fotografico 1852-1909, che si tenne a Verona, nelle sale del Museo di Castelvecchio, dal 26 luglio al 4 novem-
bre del 1984. Venne esposta la copia del saggio appartenente all’Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere di Verona, accompagnato da alcuni esemplari delle
stampe fotografiche non montate su tavola, e conservate al Museo Civico di Storia Naturale di Verona. La campionatura esposta dava conto delle varianti in stam-
pa realizzate dal fotografo, servendosi sia dei due procedimenti in vigore, che utilizzavano l’uno il supporto in carta salata e l’altro il supporto in carta all’albu-
mina, sia le varie intonazioni in uso. Vennero presentate delle tavole: III, 2 campioni in carta salata e 3 in carta all’albumina; IX, 3 campioni in carta salata e 3
in carta all’albumina; XXI, 1 campione in carta salata e 2 in carta all’albumina; XXXI, 1 campione in carta salata e 2 in carta all’albumina. In quell’occasione,
Lorenzo Sorbini divenuto da poco direttore del Museo Civico di Storia Naturale di Verona, ne fece una descrizione, rilevò l’originalità dell’impresa fotografica
e fornì una bibliografia di riferimento a cui rimando. Cfr.: LORENZO SORBINI, Il Saggio fotografico di Abramo Massalongo e Moritz Lotze in: Lotze, Lo stu-
dio fotografico 1852-1909, Verona, Museo di Castelvecchio, 1984, p. 64-65. In precedenza, della vicenda, s’era già occupato nel 1982, PIERPAOLO BRU-
GNOLI, La prima pubblicazione scientifica con illustrazioni scientifiche in: “Labyrinthos” a. 1, n. 1/2 (1982), p. 139-147, mentre per la storiografia fotografica
del Novecento è da segnalare la menzione in: ERICH STENGER, Die Photographie in Kultur und Technik. Ihre Geschichte während 100 Jahren, Leipzig, 1938,
p. 137. Riguardo ai repertori generali relativi alle pubblicazioni scientifiche illustrate da fotografie o da illustrazioni tratte da fotografie con procedimenti foto-
meccanici, rimando a due testi di riferimento che offrono esaurienti bibliografie descrittive: LUCIEN GOLDSCHMIDT-WESTON J. NAEF, The Truthful Lens.
A survey of the photographically illustrated book 1844-1914, New York, 1980 e FRANK HEIDTMANN, Wie das Photo ins Buch kam, der Weg zum photographi-
sch illustrierten Buch anhand einer bibliographischen Skizze der frühen deutschen Publikationen mit Original-Photographien, Photolithographien, Lichtdrucken,
Photogravuren, Autotypien und mit Illustrationen in weiteren photomechanischen Reproduktionsverfahren; eine Handreichung für Bibliothekare und Antiquare,
Buch- und Photohistoriker, Bibliophile und Photographiksammler, Publizisten und Museumsleute, Berlin, 1984. Per un bibliografia specifica relativa alle pubbli-
cazioni illustrate di paleontologia cfr: FRANZ KIRCHHEIMER, Die Einführung des Naturselbstdrukes und der Photographie in die erdwissenschaftliche
Documentation in: “Zeitschrift der Deutchen Geologischen Gesellschaft”, vol. 133, teil 1 (1982), p. 1-117.

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