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Prefazione pag 3
La natura morta del seicento napoletano pag 5
Natura morta napoletana nel settecento pag 11
Biografia dell’artista pag. 15
Onofrio Loth specialista di pesci e fiori pag 19
Due splendide nature morte inedite firmate di Onofrio Loth pag 27
Indice delle tavole pag 29
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Prefazione
Nel 2010 nel concludere il mio breve saggio sulla produzione di Onofrio
Loth, affermavo: “ L’auspicio è che quanto prima il reperimento di altre
opere o documenti possa meglio focalizzare la personalità di questo artista
che lavora, non solo nel Seicento, ma anche nei primi quindici anni del
Settecento, fino alla sua morte improvvisa nel 1717 (e non 1715, come
erroneamente segnalato in molti testi)”.
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La natura morta del seicento napoletano
Ai primi del Seicento infatti era ferrea legge che l’importanza di un dipinto
fosse commisurata in base al soggetto raffigurato. L’idea che presiedeva al
concetto di bellezza di un’opera d’arte era quella dell’estetica classica che
si basava su modelli metafisici, archetipi irraggiungibili della realtà
oggettiva.
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seguite all’abolizione del maggiorascato, dal semplice declino economico
che costringeva a malincuore a vendere i gioielli di famiglia.
Nomi senza opere, ancora alla ricerca di una fisionomia artistica che ce li
renda più familiari.
Antonio Mariano, dopo la citazione nel manoscritto del Tutini, non è mai
più ricomparso nelle fonti successive, né ci è nota alcuna sua opera.
Se questi generisti minori sono ancora poco più che un nome per gli
studiosi, ben diversa è la situazione per Luca Forte e Jacopo Recco
(erroneamente indicato come Russo nel manoscritto autografo). Nelle opere
di questi artisti possiamo cominciare a distinguere, perché ben delineati, i
caratteri precipui della natura morta napoletana che sottopone il
caravaggismo ad un bagno di visionarietà romantica con i frutti: mele, uva,
fichi, melograne ed i fiori più disparati sottoposti ad una spietata indagine
luministica, che ci restituisce la rappresentazione nella compattezza della
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sua piena volumetria, con una cura meticolosa nella definizione
dell’esteriorità delle forme, rese con precisione nelle loro rugosità, nelle
variazioni cromatiche tanto raffinate da fare apprezzare la vita palpitante
che è racchiusa all’interno della materia, con la linfa che sgorga copiosa
dando vitalità ed energia ai sapori ed agli odori, che miracolosamente
sembrano manifestarsi e potersi cogliere con lo sguardo attento e non più
con il gusto o con l’odorato.
Gli studi sulla natura morta napoletana debbono, come sempre, partire dalle
notizie che ci fornisce il De Dominici, preziose e a volte bussola
indispensabile per le ulteriori ricerche.
Quasi nulli sono i contributi degli altri storici, fino agli anni tra le due
guerre che vedono i brevi saggi del Marangoni, del Cecconi e dell’Ortolani,
in occasione della stesura del catalogo per la grande mostra del 1938.
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trasferiti da un’area geografica all’altra. Tra gli emigranti di lusso il
Verruchius, il Maestro del Metropolitan. il Maestro della Floridiana e,
pronto a fare le valigie, anche il tanto osannato Maestro di Palazzo San
Gervasio.
Per far progredire gli studi sarebbe quanto mai opportuno organizzare un
grande mostra sulla natura morta napoletana, ponendo gli uni vicino agli
altri i soli dipinti firmati o documentati, per poter operare gli opportuni
confronti; un'impresa non facile per la dispersione di tali tele in raccolte
private, difficili da identificare e spesso situate all'estero.
L’avvio, nei primi decenni del secolo, risente del fecondante messaggio che
i fiamminghi irradiano in tutta Europa, sedimentato dall’esperienza
caravaggesca, che ci perviene da Roma, divenuta di nuovo centro
propulsore del nuovo verbo. Anche dalla Spagna giungono gli echi del
successo che il genere sta riscuotendo, ma gli scambi non saranno a senso
unico, come lentamente gli studi stanno dimostrando. A Napoli si
costituiranno vere e proprie consorterie con dinastie di specialisti legati da
vincoli di sangue come i Recco e i Ruoppolo, che monopolizzeranno per
decenni il mercato, divenuto cospicuo per le richieste crescenti da parte di
una borghesia laica, che considera la natura morta uno status symbol da
esibire e di cui compiacersi, né più né meno di come era accaduto nel nord
Europa alla nascita del genere.
Nei primi tempi la natura morta a Napoli fece una timida comparsa
prevalentemente attraverso brani, anche cospicui, ai margini di
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composizioni di carattere sacro o profano che fossero, spesso con inserti
d’altissima qualità e con caratteristiche di intensità e verità visiva da sfidare
le più brillanti prestazioni dei pittori «maggiori». Nei quadri del Falcone e
dello Stanzione cominciano ad apparire sempre più ampi ed articolati
stralci di natura morta, di pregnante corposità, sui quali si sono arrovellate
senza trovare una risposta soddisfacente generazioni di studiosi, ansiosi di
decifrare la mano di un misterioso collaboratore specialista.
La Tecce, nella scheda relativa del catalogo della mostra sulla civiltà del
Seicento, oltre a ripercorrerne puntigliosamente la vicenda attributiva,
concludeva, senza tema di smentite, che la grande natura morta da cui
prende il nome convenzionale l’artista andava ascritta all’ambito
napoletano, ribadendo l’intuizione del Causa che riteneva il pittore attivo
non solo nel vicereame, ma anche a Roma ed in Spagna, a partire dal
secondo decennio del secolo.
Nella monografia del 1990 sulla natura morta Spinosa, pur cauto sulla
questione, non dedica un paragrafo al Maestro di Palazzo San Gervasio,
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mentre alcune sue opere, che Causa faticosamente gli aveva riferito, si
trovano aggruppate sotto altre aree geografiche ed altri nomi, tra cui quello
di Pietro Paolini, un artista di scuola lucchese.
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Natura morta napoletana del Settecento
La natura morta napoletana è più apprezzata dal mercato antiquariale
che dalla critica, più conosciuta dai collezionisti che dal grande
pubblico. Essa non raggiunge i fasti del secolo precedente, ma
mantiene un livello dignitoso almeno per i primi cinquanta anni, per
spegnersi poi senza svilupparsi in esiti di un qualche interesse, ad
eccezione forse di Mariano Nani, figlio di Jacopo ed attivo in Spagna
fino alle soglie dell’Ottocento e del notevole Mariano Cefis, sco-
perto nel corso delle ricerche esperite per la stesura di questo
contributo, con i quali si chiude una gloriosa tradizione.
Purtroppo sul destino del genere nel secolo dei lumi ha pesato il
giudizio negativo di Raffaello Causa, il quale, riteneva il trapasso tra
Seicento e Settecento alla stregua di un vero e proprio passaggio dal
sonoro al muto e sentenziava, nella sua impareggiabile esegesi
sull’argo- mento, pubblicata nel 1972 sulle pagine della Storia di
Napoli, che con la rinuncia del Belvedere ai piaceri della pittura si
chiude il secolo d’oro e dietro di lui una folla di fioranti facili e svelti
di mano ed una torma di imitatori fanno ressa su un mercato molto
florido, dove alcune richieste, scaduto il gusto dei committenti, si
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esaudiscono a metraggio; i protagonisti sono tutti scomparsi, la
parlata si è fatta fioca, incolore, dialettale e financo rozza e sgarbata,
non vi è più nulla o ben poco da salvare, nonostante i fasti vecchi e
nuovi del mercato dell’arte.
Già nella precedente mostra sulla natura morta, svoltasi nel 1964, i
generisti napoletani del Settecento erano mal rappresentati, con pochi
dipinti ed alcuni nemmeno autografi.
Ben più pacato era stato il giudizio della Lorenzetti nel catalogo della
memorabile mostra su tre secoli di pittura napoletana, tenutasi nel
1938: “Mentre dilaga il decorativismo settecentesco nelle sue forme
geniali ed artificiose il sentimento realistico nella sua più solida
concretezza è custodito dai pittori di natura morta che nello stretto
legame con la tradizione seicentesca dipingono animali, fiori,
erbaggi, frutti di mare sul fondamento di uno stile di remota
ascendenza caravaggesca in cui si avverte qualche transito più
esteriore di fiamminighismo.
Favorevoli erano stati anche gli interventi del Testori nel 1958, che
aveva riconosciuto i meriti del Realfonso e del De Logu, nel 1962, il
quale, nel suo aureo volume sulla natura morta italiana, aveva
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dedicato ampio spazio e considerazione ai generisti napoletani,
fornendo numerose notizie nuove e formulando per molti giudizi
lusinghieri.
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Biografia dell’artista
Il L. si unì in matrimonio con Silvia Quarto, dalla quale ebbe una figlia,
Giovanna. Questa si sposò nel 1709 con l'avvocato Agnello Cozzolino, il
quale, a quanto pare anche grazie ai buoni uffici dello stesso De Dominici,
fu nominato da Niccolò Gaetani dell'Aquila d'Aragona, duca di Laurenzana
(insieme con la dotta consorte, Aurora Sanseverino, convinto estimatore e
importante committente del L.), governatore dei territori di Alvignano e
Draguni.
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una ghirlanda di fiori "nell'antiporta della camera dell'Udienza" (G. Michel
- O. Michel, pp. 316 s.), ricevendo, l'8 giugno e il 14 ag. 1715, due
pagamenti per complessivi 119,50 scudi. L'anno precedente il L. aveva
eseguito due grandi tele pendants, raffiguranti Nature morte con putti, su
commissione del cardinale Fabrizio Spada, per le quali fu compensato con
una somma totale di 90 scudi. Collocate nella stanza del palazzo cosiddetta
dell'Aurora, esse sono ancora oggi conservate nella Galleria Spada a Roma.
Si tratta in effetti di due realizzazioni di spiccato pregio, nonché di opere
chiave nel contesto della natura morta romana di inizio secolo.
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Sempre in De Dominici viene segnalato come il L. avesse diversi allievi e
seguaci, tutti a loro volta specialisti di natura morta. In maggioranza,
peraltro, essi risultano oggi sostanzialmente confinati al ruolo di nomi
senza opere nel mare magnum della produzione napoletana di nature morte
fra il XVII e il XVIII secolo: si tratta di Ridolfo Scoppa, Nicola Indelli,
Domenico Grosso. Ma sono stati posti in connessione col L., oltreché con
Ruoppolo, anche i lievemente meglio noti Aniello Ascione, e i fratelli
Gaetano e Geronimo Cusati.
Ancora secondo De Dominici, il Loth morì a Napoli nel 1717, dopo otto
giorni di agonia, in conseguenza di un attacco apoplettico.
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Onofrio Loth specialista di pesci e fiori
Scarse sono le notizie che abbiamo su Onofrio Loth (Napoli 1665 - 1717), i
cui estremi biografici ci sono stati forniti dal Prota Giurleo, mentre il De
Dominici, il quale lo conosceva personalmente, ci racconta di un
apprendistato presso Giovan Battista Ruoppolo, una delle più apprezzate
botteghe specializzate di fine secolo e che già in giovane età dimostrò
inclinazione per la pittura” laonde riuscì valentuomo in molti generi di
cose, cioè frutti, fiori, pescagione, frutti di mare, cacciagione ed altro; ma
l’uva la dipinse eccellentemente, con i pampini delle viti naturalissime e
fresche, ed in questa parte superò il maestro, come andrà nel comporre con
bizzarria i suoi quadri”.
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Fu grazie all’insegnamento del suo maestro che il Loth sviluppò le sue
brillanti qualità di colorista, il suo amore per la resa oggettiva della realtà
ed il suo estro decorativo.
Il biografo settecentesco ci informa inoltre che al principio del secondo
decennio del Settecento il pittore si trasferisce a Roma dove fu molto
apprezzato dalla locale aristocrazia.
Nato a Napoli nel 1665, fu tra gli allievi prediletti di Giovan Battista
Ruoppolo ed ebbe a sua volta tre scolari di cui poco sappiamo: Ridolfo
Scoppa, Nicola Indelli e Domenico Grosso.
Questa passione per la commedia non è una novità per i pittori del Seicento
napoletano. Ricordiamo la stessa inclinazione in Salvator Rosa ed in
Andrea Belvedere ed anche in Nicola Vaccaro, tutti abilissimi nel recitare
“all’impronto”, nell’epoca in cui Andrea Perrucci dava alle stampe nella
nostra città, ed era il 1699, il suo intrigante trattato “Dell’arte
rappresentativa premeditata ed all’improvviso”.
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Dal De Dominici veniamo a conoscenza che il Loth era bizzarro nel
comporre, mentre altre notizie sull’artista ci vengono fornite dal Mazzullo e
dal Michel grazie ai quali sappiamo che Onofrio entra nel 1689 nella
Corporazione dei pittori.
Nella città eterna egli partecipò, nel 1715, assieme ad altri artisti diretti
dall’architetto e pittore Domenico Paradisi, su incarico del principe
Francesco Maria Ruspoli agli arredi decorativi, oggi perduti, del piano terra
del palazzo di famiglia in via del Corso. Egli dipinse frutta, fiori e putti su
specchi ed una ghirlanda di fiori nell’antiporta della camera dell’udienza.
Ebbe, in due tranche, pagamenti per un totale di 119 ducati.
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L’anno precedente aveva eseguito, in collaborazione con Sebastiano Conca
per le figure, due grandi Nature morte con putti(tav. 3 - 4), pendants, su
incarico del cardinale Fabrizio Spada per le quali ebbe un compenso di 90
scudi. Questi dipinti, collocati nella stanza del palazzo detta dell’Aurora,
sono oggi visibili nella pinacoteca della Galleria Spada e rappresentano una
delle opere chiave della pittura di genere a Roma ad inizio secolo.
Sono realizzate con una pennellata libera ed elegante, molto vicina agli
esempi del Brueghel e sono state ritenute a lungo opera del Berentz, fino al
reperimento dei tre documenti di pagamento, nei quali si evince che
collaborò per le figure Sebastiano Conca.
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Ancora prima anche lo Hoogewerff, nel 1924, aveva pubblicato due dipinti
del Loth, di soggetto floreale, di cui uno con Fiori, frutta e pavone, ma
senza fornire notizie più esaustive sulle due tele, soprattutto se firmate, la
seconda delle quali, un Vaso di fiori, a giudizio del Causa certamente del
Belvedere.
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Una Natura morta di fiori e frutti presso una fontana(tav. 5 ) di collezione
privata è stata di recente pubblicata dal Salerno.
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L’auspicio è che quanto prima il reperimento di altre opere o documenti
possa meglio focalizzare la personalità di questo artista che lavora, non
solo nel Seicento, ma anche nei primi quindici anni del Settecento, fino
alla sua morte improvvisa nel 1717 (e non 1715, come erroneamente
segnalato in molti testi).
25
Bibliografia
De Dominici B. - Vite de pittori, scultori ed architetti napoletani 1742 – 45
(ristampa anastatica del 1979), pag. 299 - 300 - Napoli 1742 – 45
AA. VV. – in Thieme U. - Becker F. (per Domenico Grosso), XV, pag.
106 – Lipsia 1922
Hoogerwerff - in C. J. – Nature morte italiane del ‘600 e del ‘700, in
Dedalo, IV, pag. 722 - 1924
Ortolani S. – La pittura napoletana dei secoli XVII – XVIII –
XIX(catalogo), pag. 131 – Napoli 1938
Prota Giurleo U. – Pittori napoletani del Seicento, pag. 21 - 22 – Napoli
1953
Haugh H. – Natures mortes du muse des beaux arts de
Strasbourg(catalogo), num. 45(per Domenico Grosso) – Strasburgo 1954
Perez Sanchez A. E. – Pintura italiana del siglo XVII en Espana(catalogo),
pag. 348 - 349 – Madrid 1970
Causa R. – La natura morta a Napoli nei Sei e nel Settecento, in Storia di
Napoli, V, tomo 2, pag. 1047 – Cava de Tirreni 1972
AA.VV. - Dizionario enciclopedico Bolaffi dei pittori e degli incisori
italiani;VII, pag. 49 – Torino 1975
Michel G. – Michel O. - La decoration du Palais Ruspoli en 1715 et la
redecouverte de Monsù Francesco Borgognone, in Melanges de l’Ecole
Francais de Rome, moyen age- temps modernes, I, pag. 268 – 314 – 316sg
– 1977
Spike J. – Italian still life paintings from three centuries(catalogo), pag.
131, num. 28 – New York 1983
Salerno L. – La natura morta italiana 1560 - 1805, pag. 200 – 201 – 258 –
259 – 408 – 411 – 412, fig. A 63 – Roma 1984
Salerno L. – Nuovi studi sulla natura morta italiana, pag. 97 – 98 – 99 –
110 – 116 – 117 – 168, fig. 108 – 109 – 110(anche per Domenico Grosso) -
Roma 1989
Tecce A. – in La Natura morta, II, pag. 941, fig. 1140 – Milano 1989
Rybko A. M. – in La pittura in Italia. Il Settecento, II, pag. 773 – Milano
1990
Cannata R. – Vicini M. L. – La Galleria di Palazzo Spada. Genesi e storia
di una collezione, pag. 133 - 143 – Roma 1992
Muti L. - in Barocco italiano. Due secoli di pittura nella collezione
Molinari Pradelli, pag. 70 – 71, fig. 25 – Milano 1995
della Ragione A. - Il secolo d'oro della pittura napoletana, vol. VI, pag. 387
- 388 - Napoli 1999
Bortolotti L. – in Dizionario biografico degli Italiani ad vocem, pag. 181 –
182
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Due splendide nature morte inedite firmate
di Onofrio Loth
Nel 2010 nel concludere il mio breve saggio sulla produzione di Onofrio
Loth, che invito il lettore a consultare digitando il link
http://achillecontedilavian.blogspot.com/2012/04/onofrio-loth-specialista-di-pesci-e.html
affermavo: “ L’auspicio è che quanto prima il reperimento di altre opere o
documenti possa meglio focalizzare la personalità di questo artista che
lavora, non solo nel Seicento, ma anche nei primi quindici anni del
Settecento, fino alla sua morte improvvisa nel 1717 (e non 1715, come
erroneamente segnalato in molti testi)”.
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INDICE DELLE TAVOLE
Tav 1 : Onofrio Loth - Natura morta con ghirlanda di fiori e scena pag 29
bacchica 9 – Natu papag 30
Tav 2 : Onofrio Loth - Natura morta con ghirlanda di fiori e scena
bacchica – pag. 30
Tav 3 : Onofrio Loth - Natura morta pag 31
Tav 4 : Onofrio Loth - Natura morta con frutta ed un uccellino pag 34
Tav 5 : Onofrio Loth - Natura morta di crostacei pag 33
Tav 6 : Onofrio Loth - Natura morta con frutta e genietti pag 33
Tav 7 : Onofrio Loth - Natura morta di ostriche pag 34
Tav 8 : Onofrio Loth - Natura morta con frutta, putti e fontana pag 34
Tav 9 : Onofrio Loth –Natura morta con granchio, molluschi e frutti
di mare pag 35
Tav 10 : Onofrio Loth - Natura morta con ortaggi pag 36
Tav 11 : Onofrio Loth - Natura morta con frutta, vaso di fiori ed una
Fontana pag 36
Tav 12 : Onofrio Loth - Natura morta di frutta in un paesaggio pag 37
Tav 13 : Onofrio Loth - Natura morta con giara di terracotta, pesci e
- una fontana pag 38
Tav 14 : Onofrio Loth – Attribuito – Granchio gigante pag 38
Tav 15 : Domenico Grosso - Natura morta con due pesci pag 39
Tav 16 : Domenico Grosso - Natura morta con un pesce pag 39
29
30
Tav 1 : Onofrio Loth - Natura morta con ghirlanda di fiori e scena bacchica –
102-74 - firmata O.Loth f - Reggio Emilia - Collezione Rava
31
Tav 2 : Onofrio Loth - Natura morta con ghirlanda di fiori e scena bacchica –
2-102-74 - firmata O.Loth f - Reggio Emilia - Collezione Rava
32
Tav 3 : Onofrio Loth - Natura morta 37-47
Milano antiquario Giorgio Baratti
33
Tav 4 : Onofrio Loth - Natura morta con frutta ed un uccellino – 37-47
Milano antiquario Giorgio Baratti
34
Tav 5 : Onofrio Loth - Natura morta di crostacei - f 75-128
firmata O.Loth f – Valencia Museo
35
Tav 6 : Onofrio Loth - Natura morta con frutta e genietti -175-245 –
(con Sebastiano Conca) – documentata1714 Roma Galleria Spad
36
Tav 7 : Onofrio Loth - Natura morta di ostriche - firmato Loth f. - 75 -128 -
Valencia museo
37
Tav 8 : Onofrio Loth - Natura morta con frutta, putti e fontana -
con Sebastiano Conca - 175 - 245 - Documentato 1714 –
Roma Galleria Spada
38
Tav 9 : Onofrio Loth –Natura morta con granchio, molluschi e frutti di mare –
49-64 Italia collezione privata
39
Tav 10 : Onofrio Loth - Natura morta con ortaggi - 36-48 –
Italia Collezione privata
40
Tav 11 : Onofrio Loth - Natura morta con frutta, vaso di fiori ed una fontana
-firmata- 155-120 – Italia Collezione privata
41
Tav 12 : Onofrio Loth - Natura morta di frutta in un paesaggio – 116-91
New York, Sotheby’s
42
Tav 13 : Onofrio Loth - Natura morta con giara di terracotta, pesci e crostacei
77-109 – Marano di Castenaso - Collezione Molinari Prandelli
43
Tav 14 : Onofrio Loth – Attribuito – Granchio gigante –
Italia – Mercato antiquariale
44
Tav 15 : Domenico Grosso - Natura morta con due pesci – firmato D.Grosso
Rona Finarte – Novembre 1988
45
Tav 16 : Domenico Grosso - Natura morta con un pesce – firmato D.Grosso
Rona Finarte – Novembre 1988
46
Indice
Prefazione pag 3
La natura morta del seicento napoletano pag 5
Natura morta napoletana nel settecento pag 11
Biografia dell’artista pag. 15
Onofrio Loth specialista di pesci e fiori pag 19
Due splendide nature morte inedite firmate di Onofrio Loth pag 27
Indice delle tavole pag 29
47
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