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POSTIMPRESSIONISMO

Non è un movimento vero e proprio, ma una fase storico-artistica molto articolata, che
comprende gli orientamenti artistici che si sviluppano nell’ultimo ventennio dell’800.
Questi risulteranno fondamentali per l’arte del’900 in Europa in particolare per la nascita
delle avanguardie storiche.
Il postimpressionismo è così chiamato dagli storici, perché rappresenta un superamento, o
anche una reazione all’impressionismo, ma si basa sui contenuti ereditati dall’Impr.
Importanti in questo periodo, le nuove scoperte scientifiche e tecnologiche che portano
alla nascita della fotografia e del cinema, perfezionando allo stesso tempo le tecniche della
riproduzione a stampa.
La ricerca dell’impressionismo si era basata su un principio tecnico che era alla base della
pittura di Manet: usare solo colori puri, evitandone la sovrapposizione. In tal modo i dipinti
acquistavano una maggiore luminosità.
Questo procedimento fu portato alle estreme conseguenze da George Seurat, il fondatore
di uno stile definito «pointillisme», puntinismo.
Seurat non mescola i colori sulla tavolozza, ma li stende per piccoli punti sulla tela, gli uni
accanto agli altri a formare una specie di mosaico.
Questa tecnica definita divisionista, consiste nell’accostamento di colori puri tenuti tra
loro divisi- derivante dalle teorie del chimico Chevreul sul contrasto simultaneo, secondo il
quale se si accostano due colori complementari le qualità di luminosità di ognuno vengono
esaltate (per visualizzare i rapporti tra i colori, aveva anche predisposto un cerchio
cromatico costituito da 72 sfumature, ogni colore opposto al suo complementare.
Seurat si basava su un principio ottico fondamentale: il «melange optique», ossia la
mescolanza ottica: se i puntini diventano eccessivamente piccoli, o se aumenta la distanza
dell’osservatore dai puntini, l’occhio dell’osservatore non ha più la capacità di separare i
due puntini ma vede un’unica macchia di colore.
Se questi sono blu e gialli, vede un terzo colore dato dalla somma dei due, in questo caso
un verde più brillante di qualsiasi verde che possa ottenere il pittore con la mescolanza dei
pigmenti.
Un principio totalmente scardinato dai postimpressionisti, è la tela come spazio specifico;
non è più la pennellata ad evocare quest’idea di spazio autonomo ma è il motivo
geometrico, il disegno in sé.
I Postimpressionisti vogliono arrivare a un’idea di sintesi nei ritratti e nel paesaggio infatti
si parla di sintetismo. Feneon teorico del neoimpressionismo, nell’86 invita questi pittori a
sintetizzare il paesaggio.
La pratica dell’accostamento dei colori complementari, anticipato in modo del tutto
istintivo da Delacroix, che Seurat considera 1 sperimentatore del colore.

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La pittura si Seurat venne definita Impressionismo scientifico, in quanto conferisce un
carattere scientifico alla pittura; la sua tecnica influenzerà molti artisti, tra cui Signac -
proseguirà e trasformerà la tecnica di Seurat, portandola dal punto, ad una nuova
modulazione della pennellata
Nel 1898 Signac pubblica un volume che è considerato a pieno titolo un trattato di pittura,
si intitola da Delacroix al neoimpressionismo- attraverso quest’opera Delacroix viene
definitivamente legittimato.

-Una domenica pomeriggio all’isola della grande Jatte


Il soggetto è impressionista, raffigura una movimentata domenica pomeriggio, dove
uomini e donne passeggiano o sono seduti all’ombra, i bambini giocano. Tra la folla spicca
una coppia, l’uomo con il cappello a cilindro, il bastone, e il monocolo, cammina tenendo
un sigaro in mano, la donna dal cappellino, con un vistoso mazzolino di fiori, dal vestito
rigonfio, si ripara dal sole con un ombrellino e tiene al guinzaglio una scimmietta-
rappresentano l’eccentricità classe borghese.
Sulla scena domina un ‘atmosfera di calma e silenzio, le fig risultano ferme, statiche,
bloccate, in movimento solo il cane e la bambina che corre, il caos solo apparente.
Le fig e la natura senza peso, inanimate paiono bolle di sapone.
La disposizione geometrica, quasi scenografica dei personaggi, l’asse di simmetria
segnalato dalla giovane donna che tiene per la mano una bambina.
Tecnica: i puntini di colore sono deposti sulla tela tenendo presente la teoria del contrasto
cromatico, per ottenere la massima luminosità.
Seurat ebbe bisogno di numerose sedute sul posto, per realizzare dei bozzetti nella stessa
ora del giorno e con la stessa luce. Il dipinto contrariamente alla tecnica veloce degli
impressionisti, richiese quasi 2 anni di lavoro.

-Bagno a Asnières (1883-1884)


Dipinto di grande formato, rifiutato dal Salon del 1884, esposto ad una mostra
indipendente nello stesso anno.
Soggetto: uomini e ragazzi seduti o distesi che prendono il sole sulle rive erbose della
Senna o fanno il bagno. Nel fiume in lontananza vi sono vele leggere e canoe, all’orizzonte
un ponte, delle case e le ciminiere delle industrie della periferia di Parigi.
I corpi delle figure sono resi in modo volumetrico senza rendere visibile il chiaro-scuro,
risentono della geometria compositiva, pose statiche e classicheggianti, dell’immobilità di
P. della Francesca.
Per Seurat il disegno costituisce un importante terreno di sperimentazione.
Lavora su carta ruvida, miscellanea permette la frammentazione del segno, non vi è tratto
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continuo, questi materiali trattengono il pigmento grasso della matita detta Contè, molto
morbida e pastosa, concentrandolo essenzialmente sulle minime rugosità della superficie
del supporto.
Ciò lo si vede nel Ragazzo seduto, uno dei disegni preparatori per la tela Bagno ad
Asnières. Il ragazzo ritratto di profilo dal vero è lumeggiato senza l’impiego di biacca, ma
modulando con grande perizia ed espressività la pressione della matita.

- le posatrici, coloro che posano (1886-77)


Dipinto di grande formato si può paragonare al dipinto di Pier De Chavannes " Le tre
fanciulle al mare" del 1879.
E presente in 2 versioni: una a Philadelphia e una a Berlino, entrambe realizzate nello
stesso periodo.
Il tema che presenta Seurat fa discutere, in quanto narra della contemporaneità di Parigi
nel 1880, raffigura un momento della vita quotidiana di 3 modelle colte in un momento in
cui sono nel loro camerino, dove ci sono abiti, le scarpe, oggetti appena depositati.
Sulla sinistra c'è una citazione di sè stesso, della grande jatte, in cui mostra delle donne
vestite, come se una scena compenetrasse l'altra, e fa ricorrere alcuni elementi: ombrello
parasole, il cappello.
Le tinte della stanza sono costruite con contrasto rispetto ai colori esterni.
Questo dipinto è percepito dai contemporanei come una parodia, la si vede come un
attacco ad uno dei temi fondanti della pittura classica.
De Chavannes, inserisce i corpi in una dimensione a-temporale, a differenza di quelli di
Seurat che sono in una dimensione temporale, concreti.
Le 3 figure sono poste a triangolo, forse si tratta della stessa donna vista in 3 pose
differenti.
La disposizione ricorda il tema classico delle tre grazie, viste di fronte, di spalle, di profilo.
Il passato, però non viene citato, sembra una citazione trasfigurata, il tema antico viene
banalizzato attraverso la posa sgraziata, non è la posa della modella di fronte al pittore,
che ricorda la statuaria.
Il dipinto è realizzato nello studio dell'artista, che però è spogliato degli attributi tipici del
pittore, il pennello, busti ecc
In questo svolge un imp ruolo la fotografia, in particolare quella pornografica, che si
sviluppa dagli anni '70 dell'800. Essa aveva esplorato il soggetto del corpo nudo in varie
pose, che potevano suggestionare i pittori.
I critici hanno visto una relazione tra Seurat e il fotografo americano Mauridge, il quale
aveva utilizzato delle tecniche che permettevano di ottenere scatti in più prese, gestiti da
un macchina, queste foto segmetizzavano il movimento in vari momenti.

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Suscitò un grandissimo interesse, perchè il pittore non era mai riuscito a vedere certe
posizioni del corpo, come ad esempio il cavallo al galoppo. Nessuno aveva mai visto un
cavallo a galoppo con tutte e 4 le zampe portate al corpo, che non toccano terra, ma si
avvicinano al ventre.
Seraut non è il primo ad usare il tema iconografico del corpo femminile nudo, lo ritroviamo
in Manet nella "Colazione sull'erba", nelle grandi bagnanti di Renoir- la cui plasticità
possente (michelangiolesca), viene negata da Seurat.

-Il Circo (1890-91)


Il circo, insieme a Lochahut (1890) fa parte di una serie di dipinti legata ai luoghi di
intrattenimenti serale della borghesia dell'epoca, attrazione popolare tipica della cultura
cittadina moderna.
L’opera è preceduta da uno schizzo preparatorio che rivela la geometria dell’insieme:
un rigoroso reticolo di orizzontali e verticali.
Il maggior effetto prospettico è dato dalla figura del clown in 1 piano, visto di spalle,
piuttosto che dai palchi che circondano la pista; l’artista riproduce la distinzione in classi
sociali degli spettatori, i posti più alti occupati dai meno abbienti, quelli più vicino alla pista
dalla borghesia.
Il numero di equitazione oggetto del dipinto, era la principale attrazione dei circhi, la più
dinamica ed elettrizzante. Seurat si rifà alle teorie scientifiche di Charles Henry –sosteneva
di poter determinare scientificamente le proprietà che avevano linee e colori di suscitare
particolari emozioni negli spettatori.
Le linee ascendenti, da sinistra a destra davano l’idea di piacere, gioia, ottimismo, quelle
discendenti esprimono passività, dolore tristezza.
I colori caldi (giallo e rosso), esprimono dinamismo, al contrario i colori freddi (blu, verde)
inerzia e inibizione.
Il gioco della frusta e la ballerina sul cavallo crea grande un movimento.
Tanto movimento nella prima parte, quanta staticità nella parte degli spettatori, realizzati
con una tavolozza meno accesa e contrapposta volutamente al 1 piano.
La tavolozza utilizzata è ridotta ai 3 colori primari, con prevalenza di toni caldi in contrasto
con la cornice blu, che contribuisce alla massima luminosità; la cornice è dipinta all'interno
del dipinto stesso, non è di legno.

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PAUL CEZANNE
Nato in Provenza da una famiglia benestante, trascorre diversi periodi a Parigi dove entra a
contatto con i pittori impressionisti quali Pissarro, Degas, Renoir, Monet e gli altri.
Come gli altri impressionisti, si vedeva rifiutato le sue opere dalla giuria del Salon, così
partecipò alla 1 mostra che gli impressionisti tennero nello studio di Nadar nel 1874.
Cezanne espose l’opera «La casa dell’impiccato a Auvers».
La sua aderenza al movimento fu però sempre distaccata. La sua pittura seguiva già agli
inizi un diverso cammino che la differenziava nettamente da quella di Monet o di Renoir.
Mentre questi ultimi erano interessati ai fenomeni percettivi della luce e del colore,
Cezanne cerca di andare oltre ciò che viene rappresentato, non ricorre agli strumenti
tradizionali del disegno, del chiaroscuro e della prospettiva, ma solo al colore (ha valore in
sé).
Sintetizza nel colore la visione ottica e la coscienza delle cose, liberando i suoi paesaggi,
dall’ istantaneità impressionista, rappresenta ciò che rimane, dura nel tempo, l’essenza;
attraverso un lavoro di ricerca di ricostruzione della forma (stile costruttivo), esaminata
nelle sue parti, proponendola in essenziali ed equilibrate composizioni, con rigoroso
rispetto dei volumi attraverso il colore puro.
La sua ricerca troverà molti consensi nelle avanguardie del primo ‘900, soprattutto dai
cubisti che in Cezanne videro il loro precursore.
La sua tecnica è decisamente originale ed inconfondibile: sovrapponeva i colori con
spalmature successive, senza mischiarle, steso con la spatola al posto del pennello,
(definito muratore della pittura), tale tecnica è ispirata alla pittura di Courbet, il primo ad
averne fatto uso.
Era un metodo molto lento e meticoloso, per certi versi simile a quello di Seurat e dei
neoimpressionisti che accostavano infiniti e minuscoli puntini. Cezanne tuttavia, non
ricercava una pittura scientifica, bensì poetica.
Nel 1907 Maurice Denis pubblica un articolo su una rivista, in cui descrive Cezanne, come
un uomo solitario dal pessimo carattere schivo, introverso; aveva abbandonato Parigi per
rifugiarsi in Provenza, luogo della sua infanzia. La sua attività di pittore è contraddistinta da
una insoddisfazione perenne. Si sentiva sempre alla ricerca di qualcosa che non riusciva
mai pienamente a raggiungere.
Pissarro, dopo la morte di Cezanne lo ritrae come un uomo di campagna, dall’ aspetto
rozzo, selvaggio (barba folta), reca alle spalle una serie di immagini che aiutano a
decodificare la cifra del ritratto stesso: un giornale illustrato che mostra una caricatura di
Pieeres, uomo politico, di grande cultura vicino agli artisti, il ritratto di Courbet,
rappresentato come una caricatura.
Sullo sfondo delle scene della campagna francese, luogo frequentato dai 2 artisti.
I soggetti sono riducibili a poche tipologie: i paesaggi, le nature morte, i ritratti a figura
intera.

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I paesaggi sono tra la produzione di Cezanne, quella più emozionante e poetica; vi
dominano i colori verdi, distesi in infinite tonalità diverse, tra cui si inseriscono tenue tinte
di colore diverso.
-la casa dell’impiccato (1872-73)
E una delle 3 tele che Cézanne presenta alla 1 mostra impressionista del 1874.
Dipinto a Auvers-sur-Oise, un paese nei pressi di Parigi, mostra l’influsso dell’amico
Pissarro, con il quale Cezanne andava a dipingere all’aria aperta i paesaggi di campagna
dell’Île-de-France; e rivela evidenti contatti con l’impressionismo, molto personale e
rivisitato dall'artista stesso. Le pennellate appaiono vibranti e frammentate, le tonalità
chiare e scure vengono accostate le une alle altre nella ricerca continua di forme e di
contorni strutturali, creando diversi effetti cromatici.
La composizione segue una logica costruttiva: il punto centrale del dipinto è dato dall’
incrocio di 2 strade sul 1 piano; una strada sulla sinistra che sale e la strada di destra che
scende verso la casa dell’impiccato che si intravede al di là delle fronde di un albero che in
modo longitudinale seziona il dipinto stesso.
Le 2 strade costituiscono le assi dinamiche e creano un forte impatto, gli alberi vengono
arcuati dentro il taglio della composizione.
L'assenza di personaggi, e le tonalità scure, fredde in 1 piano, conferiscono all’opera un
senso di staticità, accompagnato ad un forte sentimento di abbandono, solitudine.
Volumi e spazi sono strutturati non secondo le norme prospettiche, ma mediante larghe
masse di colori, la pennellata in alcuni tratti si fa densa e materica, consistente, sembra
"costruire" il quadro determinata dallo scarso olio impiegato per diluire i pigmenti,
conferendo alla superficie una scabrosità e corposità.
Il suo procedimento, lo stile e l’atmosfera conferita ai soggetti si allontanano dalla vivezza
cromatica, dalla pennellata mossa e leggera e dalla vitalità delle scene contemporanee
dipinte da Monet e Pisarro in quegli anni.
- Lo stagno di Osny (1875)
In questo dipinto Cezanne è pervenuto all’idea di attualità della superficie pittorica e data
dalle grandi stesure a spatola soprattutto sul fogliame.
La diagonale verde che attraversa il dipinto appare come un taglio, l’elemento che
controbilancia è l’albero curvo sembra inserire una forza interna in quella diagonale.
Il tema delle macchie di colore viene indagato in modo preciso e diventerà il tratto della
pittura di Cezanne. Il colore non è dato con intenzione chiaroscurale. Tutto l’albero in
realtà è in ombra attua una sintesi di quello che vede.
-Golfo di Marsiglia (1878/1879) inizio di una serie in Provenza
Il dipinto mostra una parte del golfo di Marsiglia, sulla costa della Provenza vista dall’alto
dalla catena montuosa (Estaque). In questo luogo. Torna sul soggetto dei paesaggi marini,
che aveva frequentato agli inizi della sua formazione, è un ritorno all'infanzia.
In una lettera a Pissarro descrive il panorama e parla del sole atroce che trasforma gli
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oggetti in figure, silouette.
Il distacco dagli impressionisti è definitivo, per l’abolizione della prospettiva tradizionale e
la sintesi dei diversi piani. La composizione è suddivisibile in 4 zone: la riva realizzata con
un impasto spesso, è la parte più carica, materica; l'acqua, la catena montuosa e la sottile
striscia di cielo con pennellate che diventano più sfrangiate.
-il lago di Annecy (1890)
Situato al confine con la Svizzera, in 1 piano un grande albero che si specchia nell'acqua del
lago e sullo sfondo un castello e monti che si riflettono nell'acqua. Non c'è alcuna presenza
umana e tutto sembra inserito in un'atmosfera magica e incantata.
I veri protagonisti sono i colori, toni blu e verdi con punte di violetto e di giallo sui monti.
Il senso di profondità è dato dai tagli prospettici e dalle zone di colore diverso.
Quest’opera esprime armonia e senso di serenità e di calma. L'equilibrio e la compiutezza
del paesaggio evocano un'immagine poetica, misteriosa e silenziosa.
-Montagna di Sainte Victoire (1904/06)
Su questo soggetto Cezanne realizza circa 30 dipinti, in cui sperimenta numerose variazioni
dei pv, dei colori osservati, e arriva a quell’estremo che intravedeva nella pittura di Manet,
giunge alla rarefazione delle macchie di colore, lasciando vedere la tela sottostante.
L’immagine è ottenuta solo con il colore che viene steso a piccole pezzature con direzioni e
orientamenti diversi. Prevalgono nel basso i toni arancio e verde, mentre il profilo della
montagna è della stessa tonalità azzurra del cielo in cui si staglia.
Il verde ritorna anche nel cielo, come riflesso capovolto della terra verso l’alto.
La visione è ferma, immobile, dotata di una sua precisa staticità che rende questo dipinto
del tutto diverso dai quadri impressionisti. Non c’è la ricerca dell’attimo fuggente né la
rappresentazione della mobilità della luce.
Le nature morte – tema che attira particolarmente l’attenzione di Cezanne, nel corso della
sua carriera (sensibile agli aspetti secondari della vita quotidiana).
Cezanne realizza numerosi dipinti nei quali va alla ricerca della geometria delle forme,
costruisce i frutti attraverso il colore; dichiarava di modulare con il colore piuttosto di
modellare con il chiaroscuro le sue nature morte, con l’idea di ricondurre la realtà a 3 solidi
geometrici fondamentali, il cono, il cilindro, la sfera.
Le mele e arance sono realizzate come perfette sfere, assumono un peso specifico, sono
disposte in modo ben studiato, e armonico nello spazio, tra cui inserisce anche semplici
oggetti quotidiani: vasi, bottiglie, brocche, recipienti, bicchieri, (ripetuti anche in altri
quadri) organizzate entro prospettive con molteplici pv.
Nelle nature morte dell’ultimo periodo inserisce tovaglie bianche, o drappi decorati, che
arricchiscono l’accordo cromatico principale.
Es. Natura morta con fruttiera (1880- Moma NY)

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I Ritratti
L’attenzione alla geometria solida ritorna anche nei suoi ritratti a figura intera, tra cui la
serie di Madame Cezanne (1888/89), l'altro "donna con caffettiera" (1890-94).
Quest’ultimo mostra quelle che erano state le conquiste della natura morta con Amorino.
Ci sono alcune idee che elabora nello stesso tempo: trattamento del tavolo aperto alla
visione, come una parte del busto della stessa donna. Sono fuori dimensione le mani, non
le sapeva trattare, le mani da sempre sono considerate la cosa più difficile da realizzare dai
pittori, perchè servono alla lettura psicologica. Scompare l'espressione nel volto delle
donne.
Cezanne riprende il tema classico del nudo percorso dagli impressionisti. Ne realizza 3
serie:
-Della 1 serie 1873/1877 –appartiene il dipinto bagnanti in riposo (1885-87)
L’opera risente del clima impressionista, (Renoir- le grandi bagnanti) in cui vediamo figure
già trattate e inserite nella natura in modo armonioso.
Le figure diventano più monumentali in Cezanne, c'è un'accentuazione dei contorni, la
tessitura cromatica tende ad una sintesi e un'armonia tono su tono, ottenuta attraverso
l’uso di tessere a mosaico, che assumono una ritmicità particolare.
-2 -1879/1890 –I Bagnanti (museo d'Orsay)
I corpi sono trattati come volumi pieni, connotati di un peso pittorico che è portato quasi
all'estremo da Cezanne.
La linea ha un tratto meno incisivo, stesure omogenee di colore, rende il volume senza
ricorrere al chiaroscuro, ma attraverso lo spessore del tratto. La capacità di lavorare sui
volumi è così forte da strutturare la spazialità stessa del dipinto, lo spazio sembra
articolarsi intorno al peso delle figure.
Le pose dei corpi sembrano richiamarsi a dei modelli rinascimentali, in particolare a Luca
Signorelli. Alcuni elementi, come i volti, non sono dipinti, manca il disegno; vi è solo un
uomo con linee accennate, per il resto siamo di fronte a masse di colore.
Secondo alcuni critici si tratta di un processo che tende all’astrazione, limite che raggiunge
Cezanne (Manet- bouquet Olimpya).
- 3 più tardiva 1895/1905
Considerata la più importante, realizzata in 3 grandi tele, un ritorno alle grandi dimensioni
con l’obiettivo di lasciare un testamento spirituale.
Il tema di questa serie è il ritorno alla natura, intrecciato con una nuova tematica, il tema
di un mondo perduto, legato all'esperienza pittorica, si ha una sorta di struggimento
romantico.
Cezanne abbandona il nudo maschile e tratta quello femminile, queste tele sono
conservate alla National Gallery di Londra la 1° è databile tra 1894-1905, la 2° 1900-05 e la
3° più grande è datata 1906, conservata a Philadelphia.
Gli alberi sono piegati a favore di una prospettiva personale, non matematica, in cui gli
elementi sembrano convergere verso il centro. I corpi strutturano l’ambiente circostante,
seguono queste linee di forza (lezione di post impressionismo come Seurat).
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VINCENT VAN GOGH
Nasce in Olanda da una modesta famiglia, studia la pittura fiamminga 500, il rinascimento
italiano, a 28 anni inizia a dipingere. Nella località del Bramante dipinge la dura vita dei
contadini, serie definita periodo nero, per i toni catramosi e scuri. Uno dei più celebri è:
-Mangiatori di patate (1885)
Rappresentata una famiglia molto povera di contadini, ritratti dal vivo, mentre stanno
consumando il pasto, immersi in un’oscurità appena rischiarata dal lume di una lampada a
petrolio appesa al soffitto. I volti di queste persone sono individuati da piani spigolosi,
scavati, deformati dalla fatica e dalla rassegnazione, le mani nodose e callose per il lavoro
dei campi, rese da pennellate cariche e pastose.
I colori terrosi e pastosi si limitano all’ocra, marrone e verde cupo.
L’ambiente è molto modesto, nonostante la povertà, miseria cè tenerezza, solidarietà, un
legame affettivo tra le persone. Van G. affronta il tema della povertà in modo
compassionevole descrivendo pittoricamente la vita aspra e dura dei contadini, minatori.
-Confronto per la scelta tematica della classe sociale con "il vagone di 3 classe" di Daumier
(1865).
Nel 1886 Vincent raggiunge il fratello Theo a Parigi che dirigeva una galleria d’arte, col
quale istaura una fitta corrispondenza.
A Parigi Van Gogh entra in contatto con gli Impressionisti e i divisionisti, rimane colpito per
i colori brillanti.
Van Gogh perfeziona il suo stile personale, schiarisce la tavolozza, ma non usa solo i colori
primari come Seurat, perchè temeva che quell’ esercizio avrebbe portato la sua pittura ad
essere superficiale, usa i complementari.
La pennellata si frantuma, i tratti vengono dinamizzati dal pittore, lo si può vedere nell’
Autoritratto con cappello del 1887, uno dei numerosi che Van Gogh realizza; costituiscono
una sorta di diario intimo.
Si può paragonare alle stampe giapponesi, per l’uso del colore piatto, senza profondità.
La pennellata viene dinamizzata, parte dallo sguardo e si e si irradia in tutto il volto,
ottenuto con linguette di colore, che seguono una disposizione raggiata e centrifuga.
La giacca è trattata con tocchi accostati l’uno all’altro, il fondo sui toni dell’azzurro e del
violetto, data da pennellate medie.
Lo sguardo è vuoto, gli occhi irrequieti e le labbra serrate, l’estrema magrezza fanno
trasparire il carattere instabile di Vincent, percorso incessantemente da inquietudini.
Il dipinto racconta un’azione drammatica attraverso la pennellata dinamica, i colori puri
complementari, brillanti dati a piccole virgole, diventano gesto dell'artista.
Dopo 2 anni Vincent si trasferisce a Sud della Francia ad Arles, con l’idea di creare una
comunità degli artisti, l’Atelier del Mezzogiorno. Questo periodo fu tra i più fecondi, la

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tavolozza divenne talmente luminosa da abbagliare, Arles gli ricordava il Giappone per la
limpidezza dell'atmosfera ed i colori gioiosi.
Di questo periodo fanno parte una serie di dipinti dai toni carichi del mediterraneo:
Seminatore al tramonto
Vincent guarda il mediterraneo con gli occhi di Millet che apparteneva alla sua prima
formazione, del Seminatore, ne riprende la posa, ma cambia la linea dell'orizzonte che si
sposta sensibilmente, prende più valore la zona tra il pittore e la scena.
-Veduta di Arles con iris in 1 piano –ricorda la stampa giapponese del pittore Hiroshige.
-Ponte di Langlois- Il ponte interpretato come metafora del passaggio tra la vita e la morte,
l'acqua come simbolo di purificazione, è ben resa attraverso le pennellate, da più
attenzione all’acqua che alle persone, appena abbozzate.
Nel 1888 Gauguin lo raggiunge ad Arles, va ad abitare nella celebre Casa Gialla, presa in
affitto da Vincent, poi distrutta dalla 2 guerra mondiale.
Essa è raffigurata in un dipinto, che Van Gogh definì come una casa piena di sole, trae da
questi colori un'aspirazione particolare per le sue opere.
I due avevano in progetto di fondare un nuovo centro pittorico partendo proprio dal borgo
di Arles; il difficile carattere di entrambi, e le differenti opinioni artistiche, erano oggetto di
continue liti violente, che portarono alla fine della loro convivenza e collaborazione, questo
ebbe conseguenze catastrofiche (Van Gogh si taglia un’orecchio per l’eccessiva rabbia).
Vincent fu più volte ricoverato in una casa di cura di Saint-Remy per gli eccessi di follia.
Tra il 1888 e 1889 ad Arles e St. Remy dipinge numerosi capolavori: La camera da letto
della quale vi sono 3 versioni (al museo di Van Gogh, al museo D'Orsay, al museo di
Chicago).
Secondo Gogh, questo è uno dei quadri più riusciti, sono presenti tutti i colori
complementari, con questo dipinto voleva dare rilievo alla semplicità delle cose, era lo
spazio intimo del pittore.
Il mezzo per trasmettere questa tranquillità, era il colore; fa riferimento al Giappone, e allo
spazio prospettico: usa una prospettiva sghemba, irregolare, ma questo voluto errore è
controbilanciato dalla capacità espressiva dei colori stessi, che rendono la composizione
equilibrata.
Appartengono a questo periodo anche Le sedie, rappresentate per esorcizzare il senso di
vuoto e di smarrimento causato dall'improvvisa partenza di Gauguin, Van Gogh ritrae le
sedie sulle quali lui e l'amico si sedevano e conversavano:
La sedia di Vincent è meno elegante, in legno grezzo con seduta in paglia, sulla quale sono
appoggiati la pipa e il tabacco, attributi di semplicità, che raccontano le abitudini
quotidiane di Gogh, i colori sono più vivaci.
La sedia scelta per Gauguin è più raffinata ed elaborata, da salotto, prevalgono tonalità più
scure; sulla seduta vi sono una candela accesa e due libri, simboli di cultura ed ambizione.
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Sempre in omaggio alla pittura di Gauguin, Van Gogh sembra in parte abbandonare la sua
tipica pennellata pastosa, per adottarne una più piatta e misurata, tipica della «pittura a
memoria» promossa dall'amico.

-Serie sui girasoli


Questi dipinti vengono realizzati da Van per decorare lo studio della sua "Casa Gialla" ad
Arles, e la camera degli ospiti; ciò rappresentava per il pittore una specie di omaggio
all’arte giapponese, poiché l'uso di adornare le pareti di una casa con pannelli dipinti
faceva parte della tradizione di quel popolo.
Le prime opere della serie dipinta nel 1887 a Parigi, è caratterizzata da girasoli piantati a
terra, su sfondo blu/violetto, tonalità complementari del giallo.
In seguito, la 2 serie dipinta nel 1888 ad Arles, è caratterizzata da girasoli in vaso, su uno
sfondo giallo.
In tutti i dipinti vi è l'esaltazione del colore giallo che rappresentava in quel momento, per
il pittore, una vera e propria ossessione.
I colori sono stesi con pennellate ruvide e dense, disposti a strati l’uno sull’altro finché i
pigmenti erano ancora umidi; a volte procedeva a scalfire la superficie fresca usando anche
l'impugnatura del pennello. Si tratta di un approccio "scultoreo" alla pittura, in cui le
ombre e le luci sono date, oltre che dai pigmenti, dallo spessore dell'impasto cromatico
(tecnica ad impasto solido).
Il fondo presenta una tessitura più piatta e uniforme, data da ampie pennellate orizzontali
e verticali, che si incrociano, in contrasto con i fiori rappresentati da tocchi mobili, che
seguono l'andamento di petali e foglie, e acquistano personalità, si animano, caricandosi di
un significato simbolico, metafora della vitalità della natura.
Il risultato finale è un'immagine vivace e gioiosa.

-Il Caffè di notte –raffigura un locale di Arles dove van Gogh era solito trascorrere le
serate. Con questa opera voleva esprimere la violenza delle passioni umane, che
degeneravano, soprattutto nei caffè.
I bar e i locali notturni erano un soggetto ampiamente frequentato dagli Impressionisti,
che ne celebrarono lo status di luogo di ritrovo della «vita moderna». Il caffè di notte,
tuttavia, è assai lontano dalle atmosfere festose e dalle gamme cromatiche allegre di quei
dipinti. Lo spazio del Café di notte è angoscioso, i personaggi raffigurati, sono isolati, come
chiusi in sé stessi. La sedia vuota in 1 piano, simile a quella dipinta da Van Gogh nello
stesso periodo, vuole sottintendere il significato dell'assenza.
Lo specchio è torbido, offuscato, sulfureo, (al contrario dei vivaci specchi impressionisti- Il
bar delle Folies-Bergère di Manet).

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-La notte stellata (1889)
Raffigura un paesaggio notturno di Saint-Rémy, in 1 piano un alto e scuro cipresso, che si
staglia contro il cielo notturno, agisce come un intermediario tra la terra e il cielo, e tra la
vita e la morte: sembra quasi una fiamma scura che divampa all'improvviso alla ricerca
dell'infinito.
A fianco un piccolo paesino, forse Saint-Rémy, dominato dalla cuspide di un campanile, che
riprende la statuaria verticalità del cipresso, si disperde su una vallata, sembra perduto
nell'immensità del movimento cosmico che fluisce sopra di esso.
Il paesaggio, rinvia alla grandiosa natura decantata dal romantico Caspar David Friedrich,
soprattutto con i monti retrostanti.
L'inquietudine dell'artista, esplode nella porzione superiore della tela, relativa al cielo.
Questo spazio è rischiarato dalla luce aranciata della falce lunare, a catturare l’attenzione
sono le stelle, rappresentate come palle di fuoco, che sembrano ruotare su sé stesse
trascinate nella corrente densa dello spazio modellato in onde, gorghi titaniche e vorticose.
Reso da pennellate fluide che raggrumandosi e ispessendosi, distribuiscono la materia
pittorica secondo irradiazioni circolari.
La visione è resa armoniosa dal contrasto tra l'ultramarino, le tonalità blu cobalto (cielo) e
giallo indiano (stelle).

La Pietà- unica opere di carattere religioso


Tratta da una litografia della Pietà di Delacroix, Van Gogh rimase colpito non solo per la
bellezza dell’opera, ma per il tema del dolore, sofferenza, condizione nella quale Gogh
aveva temperato la sua arte e avrebbe bruciato la sua esistenza fino alla tragica
conclusione.
Le due figure, a differenza dell'opera di Delacroix, non si stagliano su un cielo tenebroso
che induce a pensare alla morte, quanto piuttosto su un cielo luminoso araldo
dell'imminente resurrezione. È forse raffigurato lo stesso bisogno redentivo (dai disturbi
mentali, dall'estrema solitudine in cui era precipitato dopo la rottura con l'amico Gauguin)
cui l'artista aveva sempre aspirato (il volto di Cristo è l’autoritratto dell’artista).

Nel 1890 viene ricoverato ad Auvers, assistito del dottor Gachet, collezionista di quadri
impressionisti, realizza 3 tele raffiguranti i campi di grano intorno al paese.
Campo di grano con corvi (1890)
Ultimo dipinto prima di suicidarsi con la pistola, in quest’opera vi è racchiusa non solo la
tragica esistenza del pittore, disperazione, rabbia, solitudine, ma tutta la sua vibrante
tecnica esecutiva; infatti ritenuto il suo testamento artistico e individuale.
Raffigura una tempesta, dove il cielo azzurro è incupito dal nero delle nubi minacciose, e si
sta per abbattere su un campo di grano, tagliato da 3 viottoli, le cui spighe sono piegate dal

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vento, e trattate con frustate di giallo; in basso si leva uno stormo di corvi neri, resi da
pochi tratteggi neri (presagio di morte).
Il dipinto è realizzato con una violenza che mai prima di allora Van Gogh aveva osato
riversare in una tela; l’artista pare guardare impotente l’evento che si compie sotto i propri
occhi, sta immobile come un uccellino in gabbia.

SIMBOLISMO
Nasce in Francia nel 1885 con la pubblicazione del manifesto simbolista sul quotidiano
Le Figaro, da parte del poeta Morèas.
Alla base si colloca una visione antipositivista della realtà. Alla ragione l'artista
contrappone l'irrazionale, il misterioso e il soprannaturale. Alla rappresentazione della
realtà esterna, introdotta dal Realismo, contrappone l'espressione del vero interiore.
Scopo dell'estetica simbolista è penetrare al di là delle apparenze del reale, non si
accontentano del visibile, ma si vuole giungere al significato profondo e irrazionale.
Nel campo della pittura, il Simbolismo riunisce tutte le tendenze e le personalità artistiche
che si distaccano dalla rappresentazione della realtà sensoriale, propria del Realismo,
dell'Impressionismo e del Neo-impressionismo. In questo senso, il Simbolismo non si
presenta come un movimento o una corrente vera e propria, ma come un clima
intellettuale che interessa correnti o singole individualità artistiche in tutta Europa.
Per gli artisti la realtà autentica non va individuata nell’esistenza oggettiva delle cose, ma
nelle idee, traducendole nel linguaggio sintetico dei simboli.
Il mondo dei simbolisti è dominato dal sogno, dall'immaginario, dal fantastico, dal
soprannaturale.
I prodromi del simbolismo risalgono agli anni ’60 dell’800, vanno ravvisati in artisti come
Goya, nel frontespizio della serie dei capricci (sonno della ragione che genera mostri).
Si affermano temi legati alla religione, alla mitologia, scene bibliche, storia antica, anche
simbologie orientali, alchemiche ed esoteriche.
Sul piano stilistico le opere si caratterizzano per le tonalità cupe e un raffinato
decorativismo, che concorrono a suggerire un certo senso di mistero.
Principali interpreti del Simbolismo in Francia sono Moreau, de Chavannes e Redon. Nelle
loro opere affiorano atmosfere di sogno, dominate da un senso di silenzio e mistero.
Il legame tra la letteratura e arte, è molto stretto, saranno le emozioni evocate dai racconti
di Allan Poe o dalle poesie dei “poeti maledetti”: Baudelaire, Rimbaud, Verlaine e
Mallarmé a fornire spunto di ispirazione per le opere.
Tra i teorici Huysman letterato, figura chiave di questo scenario simbolista, nel 1884
pubblica A Rebours (controcorrente), testo destinato a sconvolgere una generazione di
scrittori. Il protagonista è un aristocratico, Des Esseintes, rimane orfano in giovane età,
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viene educato dai padri gesuiti, si nutre di letture religiose e di classici latini e francesi;
grazie a queste diventa un grande letterato ed esperto d’arte. Conclusi gli studi, si immerge
nella vita mondana di Parigi; tuttavia, ne rimane deluso e decide di allontanarsi
rifugiandosi in una casa di campagna, qui si dedica a soddisfare i propri piaceri e desideri:
arreda la casa con cura maniacale, scegliendo meticolosamente i colori e gli abbinamenti
che più lo soddisfano.
Si immerge nei suoi ricordi e riflette sul mondo, questo lo portano dapprima ad una
malattia isterica, poi alle allucinazioni, fino a quando non rimane allettato, ormai debole,
spossato. La consapevolezza del suo stato d'infermità lo costringe, infine, a riallacciare i
legami con la società e a fare ritorno, deluso, a Parigi.
Tramite questa narrazione si può capire l’epoca di fino ‘800, l’insofferenza degli
intellettuali, nei confronti della vita monotona, borghese, legata al processo di
industrializzazione, al guadagno; inoltre si capisce l’arte del suo tempo anche attraverso la
collezione privata, formata da molte opere simboliste di Moreau, Redon.
Moreau è considerato il padre del simbolismo, molti suoi dipinti sono nella collezione
immaginaria del romanzo di Huysman: Orfeo agli inferi (1865), la cui testa poggia sulla lira,
incastonata come un cammeo, Apparizione (1876), fa riferimento ai temi antichi ma visitati
in chiave fantastica, mostra la testa mozza del battista che appare a Salomè dallo spavento
della visione la donna fa cadere gli abiti e si sveste all’interno di un ambiente ecclesiastico.
Redon nella sua produzione s'intrecciano miti classici e orientali a temi tipici del suo
tempo, basati sullo strano, bizzarro, grottesco.

Altro pittore emblema del simbolismo è Emile Bernard tra i fondatori della scuola di Pont-
Aven, insieme a Gauguin. La sua non è una pittura fondata sulla visione reale, ma "di
memoria", basata sui ricordi e le impressioni suscitate, con i soggetti racchiusi da una linea
scura, come nelle vetrate delle cattedrali gotiche.
Maddalena al bosco dell’amore (1888), raffigura in 1 piano la sorella stesa sul prato che
sta sognando a occhi aperti e sta ascoltando le voci della natura, rapporto di osmosi, e in 2
piano il bosco con un laghetto, sembra un fondale teatrale. Il dipinto è concepito per fasce
digradanti.
Il tema del bosco sacro lo troviamo in un dipinto di Denis, Le muse, con riferimento alla
mitologia classica, per le figure, muse ispiratrici delle arti e della scienza, ma i volti sono
riconoscibili, reali e non idealizzati.
I colori sono ridotti, primari, e stesi non a piene campiture ma in modo più descrittivo e
con un’intenzione mirata alla composizione, gli alberi scandiscono la struttura compositiva
del dipinto, e sono alternati, un albero chiaro, uno scuro. Il bosco realizzato come spazio
irreale, è concepito come un teatro.

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-Paesaggio con alberi verdi di Denis (1893)
Raffigura una processione di donne abbozzate dalle quali se ne stacca una, che è
richiamata da una natura superiore, e va incontro ad un angelo posto in 2 piano, oltre la
fascia blu, sorta di recinzione, rappresenta la divisione tra mondo concreto e mondo
dell’immaginazione. Si tratta di una allegoria della foresta magica, fa riferimento alla
letteratura antica (ciclo di re Artù) alla quale guardano molti poeti, come Baudelaire e
pittori simbolisti, come De Chavanne.
Denis non usa la pennellata divisa, ma la campitura larga, evoca in molti dipinti atmosfere
sospese, estenuate o decadenti ma che vogliono essere percettibili sul piano emotivo allo
spettatore.

Il gruppo dei Nabis (profeti) viene fondato nel ’91, da Serusier, dopo aver fatto parte della
Scuola di Pont Aven in Bretagna, seguì le idee artistiche di Gauguin e rimase molto
influenzato dai suoi insegnamenti sintetisti e simbolisti.
Sérusier guidato e ispirato da Gauguin, realizzò un dipinto ad olio su una piccola scatola di
legno, intitolato “Le Talisman, l’Aven au Bois d’Amour” (1888), al confine fra astratto e
figurativo, con un uso sapiente dei colori.
Partendo dal sintetismo e dal simbolismo di Gauguin, condizionati dall’arte giapponese, i
Nabis presero le distanze dal realismo impressionista per rappresentare con un nuovo
linguaggio artistico le emozioni allo stato puro.
Non era il tema del dipinto ad esprimere il significato bensì l’armonia della composizione e
dei colori intensi e accesi, lasciando libero sfogo all’immaginazione, alla fantasia,
all’interiorità.

GAUGUIN
Trascorre l’infanzia a Parigi, desideroso di una vita semplice, libera senza condizionamenti,
lontano dalla cultura soffocante, nel 1885 si trasferisce in Bretagna a Pont-Aven, regione
fredda e arretrata con usanze radicate, qui lavora con un gruppo di artisti aventi tendenze
simboliste- Scuola di Pont- Aven, essi rifiutano la riproduzione della realtà e lo stile
descrittivo dell’impressionismo, dando libero sfogo alle emozioni e proponendo una
visione soggettiva della realtà, ricca di significati simbolici percepiti dall’artista;
Alla ricerca di luoghi intatti e tradizioni genuine per elaborare il loro nuovo linguaggio
espressivo.
Adottano la tecnica del Cloisonnisme (da cloison, recinto): consiste nella stesura di
campiture di colore piatte, delimitate da un marcato segno nero, su modello del cloisonnè
impiegato nelle vetrate gotiche e nell’oreficeria medievale.

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La marcata linea di contorno assume un forte valore espressivo, contribuisce a metter in
risalto ciò che viene dipinto, i colori accesi, puri e non complementari, privi di chiaroscuro e
sfumature spesso irreali, innaturali, dettati dall’immaginazione; rendono piatto il dipinto,
di ispirazione all’arte giapponese.
In questo periodo G. dipinge:
-La visione dopo il sermone (1888)
Considerato una sorta di manifesto della sua pittura, 1 dipinto sintetista.
Amalgama con grande maestria il mondo arcaico della Bretagna, il fervoroso misticismo,
l’interesse per l'arte giapponese ed i suoi orientamenti stilistici cloisonniste.
Il nome dell'opera richiama una tematica cardine che getterà le basi per le future correnti
simboliste: quella della visione.
Gauguin coglie il momento in cui delle donne bretoni nei loro costumi tradizionali
fuoriescono dalla chiesa, dove avevano ascoltato un episodio tratto dalla Genesi, ove si
narra della lotta tra Giacobbe, e un angelo misterioso. (Allegoria tra il bene e il male.)
Affascinate dall'orazione sermonica, le suore nell'opera si lasciano travolgere dalla fantasia
e immaginano la lotta, rappresentata sull'immenso campo rosso dello sfondo.
Il ramo che taglia l’opera lo riprende da una stampa giapponese.
-Il tema viene trattato anche da altri artisti, tra cui Bernard -Dipinto di una processione di
bretoni con abiti tradizionali, (esposta nel 1887).

Il Cristo giallo (1889)


Raffigura donne bretoni nei loro costumi tradizionali inginocchiate ai piedi di un crocifisso
ligneo, dove il Cristo è contornato in nero e verde, ed è totalmente giallo, come le colline
retrostanti, la stessa cromia indica la religiosità delle donne in preghiera per il dio-uomo e
la propria terra.
Il colore riveste una grande importanza, non corrisponde a quello oggettivo,
antinaturalistico.

Nel 1888 Gauguin si reca per un breve periodo ad Arles insieme a Van Gogh fino al 1890,
realizza dipinti quali Il Caffè, Le arlesiane, Van Gogh che dipinge i girasoli.
-Atelier di Emile Schuffenecker (1889) - rappresenta l’epilogo di un’amicizia con il pittore,
immortalato con la sua famiglia.
S. aveva organizzato una mostra di Gauguin all’interno del Café Volpini, a Parigi,
permettendo a molti altri giovani pittori di conoscerlo e di apprezzarlo. Ma verso la fine
degli anni ’80, dopo questa mostra, il rapporto fra i due cambia e la loro amicizia si
deteriora. Proprio in questo periodo Gauguin dipinge questo quadro che, come si può
notare, non è certo lusinghiero nei confronti della famiglia Schuffenecker.

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Viene realizzato dopo il ritorno dalla Provenza, troviamo una cifra vangoghiana nei colori
(giallo e arancione).
Dipinge con grande attenzione i volti delle bimbe (resa ancora naturalistica) e la moglie
Louise, molto imponente, severa, descritta come una persona aggressiva, dovuto forse a
qualche lite che si era manifestata fra i 2, quando Gauguin era ospite a casa loro.
Emile appare ridicolizzato e sminuito, indossa pantofole troppo grandi, e appare intimidito
nei confronti della moglie, non lo raffigura come un pittore nell’atto di dipingere, sembra
che la tela gli stia precipitando addosso.

-Ritratto di Van Gogh (1889)


-La bella Angèle (1889)
-La signora ritratta è un’albergatrice di Pont-Aven, Gauguin decise di ritrarla utilizzando
una nuova sperimentazione formale: la figura è inserita in un tondo, realizzata con una
tecnica che ricorda il cloisonné, sullo sfondo elementi floreali di ispirazione giapponese.
Il dipinto fu considerato da Degas un vero e proprio capolavoro, perchè connubio di
elementi diversi che non sono dati dalla realtà ma dal montaggio immaginativo dell’autore,
tanto che il pittore francese lo acquistò per la sua collezione nel 1891.

Nel 1890 Gauguin si trasferisce a Tahiti in Polinesia, apprende il gusto del decorativismo
floreale tipico delle donne polinesiane, emergono elementi religiosi.
-Ave Maria
Riprende il tema dell'Annunciazione ma lo ambienta nel contesto tahitiano.
Tra i rami di un arbusto, raffigura un angelo dalle ali bianche che indica a due donne
tahitiane la Madonna con il Bambino posta in 1 piano.
Sulla sinistra rappresenta una natura morta di frutta esotica e la scritta «Ia orana Maria»
che in tahitiano significa «Ti saluto, Maria». Il quadro testimonia, l'interesse suscitato in
Gauguin dalle visioni mistiche.

-Come, sei gelosa? (1892)


Dal punto di vista compositivo descrive con particolare interesse la fisionomia di 2 fanciulle
e si sofferma sul plasticismo robusto, quasi michelangiolesco.
Il pittore dispone in maniera speculare elementi analoghi, in modo tale che le loro teste
diventano due estremi della stessa direzione, al perizoma rosso della ragazza al sole,
corrisponde dal lato opposto il pareo rosso della ragazza in ombra.
L'osservatore, tuttavia, non è colpito solo da questa sorta di chiasmo pittorico: a destare la
sua attenzione interviene anche lo spiccato antinaturalismo pittorico dell'opera.
Gauguin, infatti, applica i colori non in ragione di una presunta rispondenza con la realtà,
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bensì in virtù del loro valore simbolico, in modo tale da ottenere uno straordinario potere
suggestivo: la sabbia si tinge di rosa, l'acqua, increspandosi inscena un trionfo di colori,
tonalità rossastre, brune, nere che non corrispondono alla realtà.
In piena ottemperanza con la tecnica cloisonniste già maturata a Pont-Aven, le figure sono
definite da una spessa linea di contorno, tracciata da Gauguin con perfetta padronanza.

-"Da dove veniamo, chi siamo, dove andiamo" (1897/98) conservato a Boston, dipinto
dalle dimensioni monumentali, sorta di testamento spirituale.
Realizzato nel 2 viaggio in Polinesia nel 1895, poco prima di un tentativo non riuscito di
suicidio.
Il titolo ripropone i grandi quesiti della storia dell’umanità, sono forse i discorsi delle 2 fig
in porpora che avanzano quasi all'interno di una sorta di nube, come se provenissero da un
ulteriore mondo.
Raffigura una sintesi della sua persona come uomo e pittore, il dipinto è un assemblaggio
di tele di sacchi di juta, a cui vi lavora con grande dedizione e non realizza schizzi
preparatori. Questo dipinto è concepito giustapponendo una serie di scene individuali, a sé
concluse, come se svolgesse un'idea di temporalità, considerate un montaggio dai critici;
le varie scene si susseguono secondo un andamento orizzontale, che ricorda i fregi antichi,
e sembrano quasi ritagliate e incollate, prive di profondità prospettica.
Ogni elemento ha un suo significato simbolico e tutti insieme formano una storia di cui lo
spettatore può comprendere il significato.
C'è un’allegoria sul tempo: la nascita, la vita e la morte, rappresentate rispettivamente da
un bambino (estremità destra), giovani donne, e una vecchia (estremità sinistra) la quale
riflette sulla vita passata, sui rimorsi, rimpianti.
Ci sono elementi tipici del paesaggio della Polinesia, alberi azzurri, un idolo haitiano con le
braccia alzate, sembra additare l’aldilà.
Al centro la figura maschile in piedi, coglie un frutto da un albero, è la più luminosa
dell’intero dipinto, rappresenta l’uomo che coglie nel momento più esaltante della propria
vita, la giovinezza, può rinviare al concetto ebraico-cristiano della caduta, peccato.
Il dipinto cerca una sintesi tra elementi religiosi occidentali e credenze orientali.
G. descrive l’opera in una lettera ad un amico, dalle parole emergono le cifre della
sofferenza dell’uomo anche se Gauguin è un uomo ancora abbastanza giovane (50 anni)
ma pensa già alla morte.
Il dipinto, non si rifà alla ricerca dei valori perduti, ma è un rifiuto della società a lui
contemporanea: c'è una ricerca delle radici dell'uomo.
Sono diversi i modelli ai quali Gauguin si è ispirato: si può paragonare all’idolo haitiano
della dea China, a modelli francesi, come Ingres e Manet, per la posa del corpo femminile
al centro, declinato con "Le dejeuner sur l'herbe"di Manet.

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