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Il contesto storico-culturale

Tra il 1873 e il 1896, la scienza e la tecnologia continuarono i


loro sviluppi e progressi però, ci fu una grave crisi economica,
la lunga depressione, dovuta alla sovrapproduzione che influì
anche sull’arte impressionista. Quest’ultima infatti, entrò
anch’essa in crisi e lasciò spazio al Postimpressionismo e al
Simbolismo.

Il Postimpressionismo
Alla fine fine dell’Ottocento, molti artisti si servivano della nuova
tecnologia: Degas utilizzava la macchina fotografica, Monet
dipingeva il vapore delle locomotive e tutti si interessarono alla
descrizione scientifica della luce. Però la nascita della
fotografia, accentuò la crisi in cui si trovava la pittura poiché
adesso gli artisti si chiedevano di cosa poteva occuparsi,
appunto, la pittura, dal momento in cui era il mezzo fotografico
a rappresentare la realtà.

Crisi ed evoluzione dell’Impressionismo


Già nel 1880 l’Impressionismo era diffuso in Francia, ma anche
all’estero e non sono il Europa. Nel 1885 nella galleria di Theo
Van Gogh, si riunivano alcuni artisti al tempo ancora
sconosciuti tra cui : Seurat, Signac, Henri de Toulouse-Lautrec
e Gauguin, che apprezzavano le opere di Cézanne, che però
viveva isolato a Aix-en-Provence. Per vedere le sue opere
bisognava addentrarsi negli scantinati di Père Tanguy, un
mercante di stampe giapponesi. Nel 1910 Roger Fry coniò il
termine Postimpressionismo, in occasione di una mostra
allestita a Londra, intitolata, Manet and the
post-impressionists, dove vennero esposte le opere di Van
Gogh, Manet, Cézanne e Gauguin.

Il dominio del colore


L’impressionismo prese due strade differenti: da una parte c’era
l’esaltazione dell’emotività personale con Van Gogh e Gauguin,
che utilizzavano la pittura per esprimere una realtà interiore,
invece dall’altra parte c’era una ricerca scientifica e razionale, in
particolar modo con Seurat e Cézanne, secondo i quali le opere
dovevano descrivere una realtà esterna, indipendente
dall’artista che dipingeva e dal contesto sociale in cui si
trovava.

Il Simbolismo come ingresso del Novecento


Durante gli anni in cui la pittura impressionista entrava in crisi,
nell’ambito letterario nasceva il Simbolismo, un movimento che
esprimeva il proprio dissenso verso la materialità che si andava
instaurando nei rapporti interpersonali. Lo scopo dei poeti
simbolisti era quello di evocare, attraverso, appunto, dei
simboli, degli stati di coscienza complessi. Questo movimento
letterario, influì molto sulla pittura, sull’architettura e anche
sull’arredamento, anticipando il Surrealismo, però, fu una delle
principali basi per la nascita dell’Espressionismo.

Postimpressionismo come premessa delle


Avanguardie
I Postimpressionisti, sono gli artisti che porranno le basi per la
nascita delle Avanguardie Storiche, che sono nate nei primi
decenni del Novecento, con le quali vedremo un rinnovamento
ed un’evoluzione del linguaggio pittorico. I quattro pilastri del
Postimpressionismo sono: Gauguin, Seurat, Van Gogh e
Cézanne. Lo scopo di questi artisti è quello di liberare la pittura
dalla necessità di rappresentare il mondo esterno, conferendole
una propria autonomia. Inoltre, il 1886, è un anno di svolta per
la storia dell’arte, poiché segna la fine dell’arte impressionista,
con la sua ultima e ottava mostra al Salon des Indépendants di
Parigi.

Il Neoimpressionismo o Pointillisme
Gli artisti impressionisti utilizzavano una pennellata netta o
irregolare e quasi sempre colorata. Con il Postimpressionismo,
i pittori, restrinsero la pennellata, diminuendo così l’aspetto
gestuale. Secondo Seurat, Signac e il teorico Fénéon, l’arte
doveva muoversi a pari passo con le ricerche ottiche,
rifiutando come fonte dell’opera l’emotività soggettiva. In un
dipinto, ogni tono del colore, doveva essere suddiviso nelle sue
componenti primarie per poi essere accostato al suo
complementare. Il colore, adesso, si componeva direttamente
sulla tela e non più sulla tavolozza; i soggetti non era più
indispensabili e non si dipingeva più en-plein-air. Nell’ambito
scientifico il protagonista di questo periodo fu Eugène
Chevreul, al quale fu chiesto di trovare un rimedio al grigiore
delle tinture utilizzate nelle tessiture. Egli si accorse che le
stoffe perdevano la loro brillantezza cromatica a causa del
modo in cui venivano affiancati i filati; i diversi colori dei fili visti
da lontano si fondevano e davano un impressioni di grigio. Fu
Chevreul a sperimentare l’accostamento dei colori
complementari, da cui ricavò delle leggi che furono seguite
anche dai pittori.
Georges Seurat (1859 - 1891)
Nella mostra del 1886 tutta l’attenzione era rivolta al grande
quadro di Seurat, “Una domenica pomeriggio all’isola della
Grande Jatte”, però il pubblico non ne capì il senso e rideva
dinanzi a quest’opera. Invece, Felix Fénéon, si rese conto della
portata innovativa del dipinto e coniò il termine
Neoimpressionismo. Seurat era interessato agli studi di ottica
di Chevreul, Maxwell e Rood, e si definiva Cromoluminista, per
indicare il modo in cui registrava il mutare dei colori in base alla
luce. Il termine, però, era complicato per far si che si
diffondesse, e quindi il termine che si diffuse fu Puntinismo,
ovvero, il metodo a puntini che Seurat utilizzava per comporre
la sue tele, che erano coperte da piccolissime macchie di
colore, che descrivevano la scomposizione fisica della luce e la
sua ricomposizione sulla retina dell’osservatore. Dopo il 1886
Seurat sviluppò la sua poetica con quadri come “Le Modelle”,
ambientato nello studio dell’artista, in cui ci sono tre figure
femminili, ispirate al modello classico delle “Tre Grazie”.
Troviamo qui, un quadro nel quadro, poiché Seurat dipinge di
scorcio “La Grande Jatte”. La cornice, anch’essa, composta da
puntini, sembra parte integrante dell’opera.

Georges Seurat, Una domenica pomeriggio


all’isola della Grande Jatte.
Questo quadro fu iniziato nel 1884 e terminato un anno dopo
con il metodo a puntino che Seurat aveva perfezionato.
Il tema è un tema arcadico, ovvero, il passeggio domenicale
all’isola della Senna, chiamata Grande Jatte. Le figure sono
circa 40 e sono disposte di profilo, di spalle, sedute, a coppie o
in gruppi di tre. Il quadro fu pensato e realizzato in studio, però,
le figure vennero studiate con sopralluoghi da vivo. La vena
ironica di questo dipinto è che nonostante si parli di una scena
sul tempo libero, i personaggi sono imprigionati in abiti rigidi,
infatti sembrano dei manichini in uno scenario teatrale. Il
dipinto è occupato dalle due uniche figure in posizione frontale
che procedono verso lo spettatore, e lo sguardo della bambina
è l’unico in tutto il quadro che guarda verso di noi. L’immobilità
dell’insieme rende e valorizza la vibrazione della luce e il
sistema a puntini.

Paul Cézanne (1839 - 1906)


Paul Cézanne non ebbe lo stesso successo di altri artisti
contemporanei poiché nei suoi quadri ci sono contenuti emotivi
difficili per essere apprezzati facilmente. Egli frequentò il
Collège Bourbon, dove conobbe Zola, di cui divenne amico di
studi e di giochi. Quando però Zola pubblicò il romanzo
“L’opera”, Cézanne decise di rompere i rapporti con lo scrittore,
poiché, nel protagonista del romanzo, che era un pittore fallito,
l’artista vide un riferimento alla sua persona. Nel 1861 ottenne
l’incarico dal padre di andare a Parigi per studiare arte; qui
frequentò l’Atelier dell’Académie Suisse dove conobbe Pissarro.
Nel 1895, invece, ottenne la sua prima mostra verso una
galleria privata.

La struttura della visione della realtà


Cézanne dipingeva dal vero secondo quella che egli chiamava
ma pétite sensation, ovvero la mia piccola sensazione, dalle
quali egli ricavava delle immagini che successivamente
perfezionava. Secondo la sua teoria la natura, come la luce del
sole, era impossibile da rappresentare, e quindi per farlo
bisognava utilizzare i colori intesi come degli equivalenti
pittorici; inoltre, bisognava eliminare: i contorni e i profili delle
figure, poiché il disegno è solo un artificio, non esiste in natura.
La costruzione del disegno quindi avveniva attraverso la
modulazione: delle macchie di toni diversi, erano poste una
accanto all’altra e conferivano, proprio per i toni diversi,
l’illusione della tridimensionalità. La conseguenza di questa
tecnica era la sensazione di solidificazione degli oggetti e
dell’atmosfera che li circonda. Questa sensazione era
accentuata dal fatto che Cézanne utilizzasse materiali
opacizzanti per stendere i colori, in modo da non far riflettere la
luce sulle superfici delle pennellate.
Negli ultimi venti anni della sua vita dipinse principalmente:
nature morte, ritratti e paesaggi.

La serie delle bagnanti


La serie delle bagnanti è la sintesi più importante tra natura e
figura umana. Cézanne dedicò 200 studi a questo tema, fino ad
arrivare a tre grandi tele, che oggi sono conservate
rispettivamente al Philadelphia Museum, alla National Gallery di
Londra e alla Fondazione Barnes. In queste tre tele ci sono 14
figure, poste in due gruppi, davanti a dei tronchi di alberi che si
curvano come se fossero delle volte gotiche. Le figure
compongono dei triangoli e il colore ocra della pelle contrasta il
blu del cielo ed ogni altro tono è smorzato. I corpi nudi delle
donne al bagno, perdono connotazione erotica e arcadica e
diventano natura nella natura. Lo scopo di Cézanne, come gli
altri artisti impressionisti, era quello di liberare la pittura dal
dover rappresentare ad ogni costo le cose, per conferirle un
ruolo autonomo.

Paul Cézanne, Due giocatori di carte


In questo dipinto Cézanne prende come modelli i contadini di
Aix-en-Provence, ma il suo obiettivo non è quello di descrivere il
mondo rurale o altri aspetti sociali, ma semplicemente la logica
del gioco. Lo spazio è costruito su una griglia di orizzontali: i
piani del tavolo e le linee della finestra, e di verticali: le gambe
del tavolo, la bottiglia, la sedia del giocatore di sinistra e le
pieghe del tavolo a sinistra. L’immagine appare leggermente
decentrata, poiché, il tavolo e il riflesso della bottiglia che ha il
compito di dividere i due campi d’azione dei protagonisti, sono
spostati verso destra rispetto ai margini del quadro. Il dipinto è
costruito sulle variazioni di toni di tre colori fondamentali: il blu,
il giallo e il rosso.
Paul Cézanne, la Montagne Sainte-Victoire
La Montagne Sainte -Victoire, è stata l’ossessione di Cézanne,
poiché egli la dipingeva molto spesso da prospettiva sempre
diverse e con tecniche differenti. Nel dipinto del 1892-1895, la
montagna domina la pianura a est della città di
Aix-en-Provence. Le case sono dei volumi senza finestre e
l’acquedotto divide orizzontalmente il quadro in due metà.
Nei dipinti del 1905 e 1904-1906, i contorni sono più sfumati e
le macchie di colore accennano solo sommariamente gli
oggetti reali, diventano quasi astratti.
Paul Gauguin (1848 - 1903)
Paul Gauguin fece del sogno e del misticismo la regola della
sua vita. Infatti, Seurat aveva cercato di superare
l’Impressionismo con la scienza, Gauguin lo supererà con le
verità mistiche.

Il periodo di Pont-Aven
Gauguin decise di trasferirsi in un luogo vergine e
incontaminato per trovare ispirazione, e scelse Pont-Aven, una
città sulla costa della Bretagna. Qui conobbe Émile Bernard che
dipinse “Bretoni in una prateria verde”, un quadro che per le
campiture di colore e per i contorni marcati, tanto che nacque
una disputa tra i due sulla priorità dell’invenzione stilistica che
fu chiamata Sintetismo. Nel 1889 Gauguin si trasferì a Poldhu,
dove dipinse capolavori come il “Cristo giallo”

Verso l’esotismo
Nel 1891 Gauguin si trasferisce a Tahiti dove dipinse i suoi
quadri più noti. Da quel momento egli inizia ad utilizzare colori
accesi tra cui il giallo, rosso e blu che accosta in modo
luminescente. Nei suoi autoritratti vediamo che si considera un
profeta visionario, in quanto il suo scopo è quello di portare dei
valori diversi dalle consuetudini sociali; anche quando non
dipinge scene sacre, si dedica a scene di vita quotidiana
semplice e buona, fatta di cose essenziali come il riposo,
l’amore, il cibo e la preghiera. In “Orana Maria”, ovvero Ave
Maria, egli reinterpreta il vangelo con personaggi tahitiani e la
presenza di simboli non cristiani; accosta scene sacre
occidentali come l’Annunciazione e l’Adorazione dei pastori, a
scene sacre orientali, le due donne che avanzano hanno le mani
giunte ma non in segno di preghiera ma come segno di
benvenuto, tipicamente orientale. Il tutto è ambientato tra
caschi di banane, palmizi e fiori.

Paul Gauguin, La visione dopo il sermone


Ne “La visione dopo il sermone”, vediamo un gruppo di
contadine che dopo aver ascoltato il racconto della lotta tra
Giacobbe e l’Angelo in un sermone, ne vede la scena uscendo
dalla chiesa. L’angelo è rappresentato come un lottatore di
Sumo; in questo caso Gauguin si allontana dall’iconografia
occidentale della figura dell’angelo e per descrivere la scena
della lotta si ispira ad un disegno del maestro giapponese
Hokusai. L’albero in diagonale separa simbolicamente la sfera
della realtà da quella dell’immaginazione.
Paul Gauguin, Da dove veniamo? Cosa siamo?
Dove andiamo?
Paul Gauguin poco prima di morire dipinse il suo quadro più
grande, intitolato “Da dove veniamo? Cosa siamo? Dove
andiamo?”. Il quadro, letto da destra a sinistra, descrive il
passaggio dalla vita alla morte. Infatti, a destra vediamo un
neonato accanto al quale ci sono tre figure accovacciate; al
centro c’è un personaggio tahitiano che raccoglie un frutto e
che separa il dipinto in parti asimmetriche; e a sinistra c’è una
donna che ricorda le mummie peruviane precolombiane, ed è
posta nella stessa posizione delle tre figure a destra, proprio
per indicare la ciclicità della vita. Accanto a questa donna, c’è
una ragazza giovane che sembra ascoltare le esperienze di vita
che questa donna le racconta, appunto, delle quali dovrà farne
tesoro. Nella parte retrostante del quadro, sempre leggendo da
destra a sinistra, troviamo una coppia che passeggia, ad
indicare il viaggio che un uomo e una donna compiono insieme
nella vita; e più sinistra c’è un idolo orientale con le braccia
rivolte verso il cielo che sta raccogliendo il frutto della
conoscenza, oppure sta pregando, indicando l’assoluto, l’eterno
e tutto ciò che ci aspetta dopo la morte. Le tre domande nel
titolo non hanno una risposta e il quadro descrive l’enigmaticità
della vita, anziché trovarne una soluzione.

Vincent van Gogh (1853 - 1890)


Vincent van Gogh esercitò un’impressione forte e duratura sugli
artisti e sul pubblico del Novecento. Le sue opere emanano
luce e forza vitale ma anche disperazione; il loro senso va
cercato nella vicenda esistenziale dell’artista, che reinterpreta il
tema del genio incompreso e della solitudine nella società
dell’uomo-massa. Nei primi anni Ottanta, egli iniziò a dipingere
quadri come “I mangiatori di Patate”, nel quale utilizza colori
cupi, e racconta la vita di contadini dai visi rudi e piatti.
La svolta parigina
Vincent van Gogh nel 1886 raggiunse il fratello Theo a Parigi,
dove conobbe Toulouse-Lautrec, Emile Bernard, Gauguin e
Seurat; egli fu influenzato da questi artisti e abbandonò i colori
scuri e freddi e i temi sociali per utilizzare una tavolozza chiara,
accesa dai contrasti tra i colori complementari e modulata sulla
luce del mattino. Egli utilizzò una pennellata allungata e scissa
che segue il verso della cosa dipinta; inoltre, rinnovò la
prospettiva ispirandosi alle stampe giapponesi e, dalle
riproduzione di Hokusai, imparò la tecnica grafica del disegno a
punto e tratto.
Fuga ad Arles
Vincent Van Gogh nel 1888 si trasferì nel Sud della Francia,
dove sognava di fondare l’atelier du Midi, una comunità di
artisti che avrebbero convissuto nella casa gialla di Arles. Qui
van Gogh e Gauguin vissero insieme per qualche mese, ma i
due litigavano spesso a causa delle diverse visioni sullo scopo
e sul metodo dell’arte. Gauguin abbandonò Arles e van Gogh si
tagliò il lobo dell’orecchio. Gli ultimi due anni di vita li passò al
manicomio di Saint-Remy e nel 1890 si suicidò a
Auvers-sur-Oise.

L’opera matura
L’opera matura di van Gogh si snoda in meno di 4 anni; in questi
anni egli dice di dipingere come un sonnambulo, ma
nonostante ciò è pienamente cosciente delle proprie intenzioni
e delle proprie innovazioni artistiche. Un’opera della maturità è
“La notte stellata”, del 1889, nella quale egli rappresenta un
cielo notturno e gli astri appaiono come dei punti fermi attorno
al quale gravitano il colore e il pensiero.
Vincent van Gogh, Tre autoritratti
Gli autoritratti di van Gogh testimoniano la concezione che
l’artista aveva del suo ruolo, ovvero un personaggio marginale
rispetto alla società e che non è integrato in essa. Van Gogh
ritrae spesso se stesso poiché reputa la sua persona centrale
rispetto alla propria pittura, e per questo motivo ogni
evoluzione artistica è sottolineata da almeno un autoritratto.
Nell’ “Autoritratto con cappello a feltro” del 1887, egli si ritrae
nei vestiti composti di un parigino quindi con cappello, cravatta
e giacca, ma guarda oltre la sua condizione sociale, e il suo
sguardo è puntato verso una missione salvifica da compiere,
ovvero, diventare sacerdote di una nuova comunità di artisti.
Questo desiderio è testimoniato anche dall’aureola che parte
dalla giacca, infatti ha gli stessi colori della giacca, per
estendersi verso l’alto. L’aureola è presente anche nell’
“Autoritratto a Paul Gauguin” del 1888, in cui il fondo è di un
verde acceso, ripreso dalle stampe giapponese alle quali van
Gogh si ispirava. In questo dipinto vediamo che la cravatta, che
è simbolo di integrazione sociale è scomparsa.
Vediamo invece, un vero e proprio, disorientamento nell’
“Autoritratto” del 1889, evidenziato dalla pennellata turbolenta
dello sfondo. Van Gogh aveva affrontato quattro gravi crisi
nervose durante le quali scrive alla sorella che non sapeva cosa
facesse, dicesse o volesse. In tutte e tre le opere l’individuo non
è nel mondo, ma è il mondo.

Vincent van Gogh, La camera dell’artista


Van Gogh nel 1889 realizza “La camera dell’artista” che
rappresentava il riposo e l’ordine mentale nel quale l’artista
avrebbe voluto vivere nella sua stanza ad Arles. Questo ordine
mentale è espresso attraverso le tinte piatte distese in maniera
chiara e distinta. Egli inoltre realizzò “La sedia di van Gogh” e
“La sedia di Paul Gauguin”. Questi due dipinti rappresentano
due oggi inanimati, ma sono dipinti con forte evidenza tanto da
diventare il centro del quadro. Van Gogh realizza la sua sedia
sul colore giallo, un colore diurno, che ha utilizzato anche nel
realizzare “I Girasoli”. Invece nella “Sedia di Paul Gauguin” van
Gogh vuole compiere una sintesi del linguaggio artistico
dell’amico, abbassando i toni, semplificano i piani e dando una
visione notturna al lavoro dell’amico.

Henri de Toulouse-Lautrec (1864 - 1901)


Henri de Toulouse-Lautrec realizzava reportage grafici e
pittorici della vita notturna parigina. Il suo dipinto più noto è “Au
Moulin Rouge”: sul fondo vediamo Toulouse-Lautrec e suo
cugino attraversare la sala, a destra la star del momento, La
Goulue, che si pettina guardandosi in uno specchio, ripresa di
spalle; in primo piano ci sono dei personaggi famosi del tempo
attorno ad un tavolo, e in primissimo piano Toulouse-Lautrec
ritrae un’altra star del locale; l’artista realizza un’ombra
verdastra sul viso che ha i toni dell’illuminazione artificiale e
anticipa i colori acidi della pittura fauve. Toulouse-Lautrec fu
anche un grafico pubblicitario: realizzò cartelloni teatrali, e
interprete degli intrattenitori del tempo come la Goulue, e altri.

Le donne di Lautrec
Nel 1896 Toulouse-Lautrec realizzà dieci litografie dal titolo
“Elles”, quelle lì, per l’editore Gustave Pellet. In queste litografie
egli riprende con occhio fotografico e senza alcun
compiacimento delle donne e modelle, come possiamo vedere
in “La toilette” egli ritrae una ballerina di spalle mentre si
arrotola una calza e in “La pagliaccia Cha-u-kao” ritrae la
pagliaccia mentre si allaccia il corsetto.

Henri Rousseau, il “Doganiere” (1844 - 1910)


Henri Rousseau a 41 anni si pensionò dal suo impiego presso il
dazio parigino (da qui il soprannome doganiere) e divenne
pittore professionista. Egli nel 1894 realizza “La guerra” che ha
come sottotitolo “passa in modo terrificante, lasciando
dappertutto disperazione, lacrime e distruzione”. Il soggetto è
un’immagine apocalittica. Al centro del quadro c’è la furia della
discordia che balza con il suo cavallo nero su un campo pieno
di cadaveri; ogni elemento del quadro ha un significato
allegorico. I suoi dipinti più noti fanno parte della serie delle
giungle, in cui la superficie della tela è riempita da animali,
piante e fiori e solo alcune volte c’è la presenza della figura
umana. Nel “Sogno” egli rappresenta una donna sdraiata su un
divano, mentre un mago tra le foglie suona il flauto per lei.

Il rinnovamento della scultura


Auguste Rodin (1840-1917)
Rodin è uno dei massimi scultori francesi di fine secolo.
Il suo maestro fu Michelangelo, come possiamo vedere dalla
somiglianza tra il pensatore di Michelangelo realizzato per la
tomba di Lorenzo De’ Medici, per la basilica di San Lorenzo a
Firenze e il pensatore di Rodin.
Nel 1880 gli fu commissionata una porta monumentale per il
Musée de Arts Decoratifs. Rodin realizzò un portale alto 4 metri
e mezzo, ricoperto da bassorilievi ispirati all’inferno dantesco.
Al centro di questo portale c’è la figura di Dante, sotto le vesti
del pensatore. Secondo Rodin, Dante non fu soltanto un
visionario e uno scrittore, ma anche uno scultore.

Auguste Rodin, I monumenti pubblici


Gli ultimi monumenti realizzati da Rodin furono: I borghesi di
Calais e Balzac. I borghesi di Calais rappresentano 6 cittadini di
Calais che si offrirono vittime al re inglese Edoardo III, nella
guerra dei Cent’anni, affinché ponesse fine all’assedio della
città di Calais. Rodin realizza un gruppo compatto e
rappresenta questi cittadini presi dalla paura, dallo sconforto e
dalla follia mentre stanno lasciando ogni certezza, le proprie
case e i propri affetti. Invece, il monumento dedicato allo
scrittore Honoré de Balzac, è un volume massiccio che si
allontana dalla verticale, e per questo motivo, dà sia senso di
imponenza ma anche senso di bilico, e proprio per questo
motivo fu rifiutata dalla Société des Gens de Lettres.

Il simbolismo
La realtà attraverso l’intuizione
Il simbolismo è un movimento che coinvolse le arti visive, la
letteratura e la musica. Questo movimento si propose come un
sistema di analisi della conoscenza, etico ed estetico; era
legato alle correnti filosofiche della seconda metà del secolo,
da Schopenhauer a Nietzsche e Bergson, che credeva che la
realtà potesse essere raggiunta attraverso l’intuizione e non la
percezione del reale. Il simbolismo ebbe in Francia grandi
precursori tra cui Gustave Moreau, e nel 1899 venne fondato il
Gruppo dei Nabis, che concepiva l’artista come una sorta di
profeta.
Il Gruppo dei Nabis
Il portavoce del gruppo fu Maurice Denis, e tra gli artisti che lo
composero, ricordiamo Sérusier e Bonnard.
Sérusier realizzò “Il Talismano”, nel quale vediamo un intrico di
colori del tutto astratto, che divenne il talismano di questa
nuova pittura, ed è una delle opere principali del gruppo.
Maurice Denis fu un innovatore dell’arte sacra e realizzò “Le
muse nel bosco”, nel quale egli ritrae questo bosco
incontaminato come luogo in cui nasce l’arte, e popolato da
divinità ispiratrici.
Bonnard invece, pose la sua attenzione sul rapporto tra la
materia e la memoria, ovvero, la cosa vista e il ricordo della
cosa vista. In “Toilette du matin” egli ritrae la schiena di Marthe,
moglie e modella del pittore, che contiene lo stesso azzurro e
rosa delle pareti che vediamo sullo sfondo del dipinto.

Il Simbolismo in Italia: Il divisionismo


Il simbolismo in Italia arrivò con Vittore Grubicy de Dragon, che
grazie al contatto con il Belgio, Olanda e Francia, e alla
conoscenza della stampa artistica straniera, portò in Italia il
puntinismo. Infatti il Simbolismo italiano dal punto di vista
tecnico trasse ispirazione da questo metodo usato da Seurat e
Signac, infatti fu ribattezzato Divisionismo. I temi del
Divisionismo furono la natura e i problemi sociali della civiltà
contadina. L’artista più importante del divisionismo fu Giuseppe
Pellizza da Volpedo che realizzò il “Quarto Stato”.

Il Quarto Stato di Giuseppe Pellizza


Al centro del dipinto vediamo queste tre figure che
rappresentano le componenti fondamentali che sorreggono
l’intera società, la forza lavoro intesa anche come maternità.
Queste tre figure si staccano dalla folla di contadini, creando un
effetto aggettante, che dà l’impressione che la folla stia
avanzando, ed esprime l’inevitabile avanzata delle masse
lavoratrici. Pellizza coniuga il realismo con la monumentalità
attraverso il drappeggio dei vestiti dei personaggi, e con
l’elevazione spirituale rappresentata dalla luce più chiara al
centro in primo piano.

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