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Pissarro

La vita:
● Nacque il 10 luglio 1830 a St. Thomas, nelle isole Antille
● Quando all'età di 12 anni andò a studiare in Francia maturò una sincera passione per
la pittura, ma la sua vocazione fu fortemente ostacolata dal padre;
● nonostante questo Pissarro non abbandonò mai le sue ambizioni pittoriche, e fuggì in
Venezuela, dove eseguì i suoi primi dipinti per pagarsi un viaggio per Parigi, dove
conobbe personaggi influenti come Courbet, Monet e Cézanne;
● dopo un soggiorno a Londra tornò a Parigi, dove morì il 13 novembre del 1903.

Giovinezza:
A dodici anni Pissarro, assecondando le volontà del padre, andò a studiare in Francia, nella
scuola di un sobborgo parigino, Passy. Fu proprio grazie ai continui stimoli degli insegnanti di
quest'istituto che Pissarro maturò una sincera passione per il disegno e la pittura, che ebbe
modo di mettere a frutto quando diciassettenne fece ritorno alle Antille. La sua passione per le
Belle Arti, tuttavia, fu fortemente ostacolata dal padre, che desiderava piuttosto che si avviasse
alla carriera di merciaio, ritenendola meno azzardata sotto il profilo economico. Nonostante
queste rilevanti difficoltà Pissarro non abbandonò mai le sue ambizioni pittoriche, che coltivava
allorquando ne aveva l'opportunità.
Un'amicizia, tuttavia, era destinata a cambiare per sempre il destino del giovane Camille: quella
con Fritz Melbye, pittore danese dal quale fu persuaso a dedicarsi pienamente all'arte.Ormai
animato da un'intensa inquietudine creativa Pissarro decise di abbandonare le Antille e di fuggire
in Venezuela, dove eseguì i suoi primi dipinti per pagarsi il viaggio per l'Europa.

il periodo francese:
Pissarro giunse a Parigi nel 1855, in un momento in cui la città serbava un grandissimo fervore
artistico, ben espresso nell'Esposizione Universale tenutasi proprio in quell'anno e nelle novità
pittoriche introdotte da Gustave Courbet.
A Parigi Pissarro ebbe modo di conoscere approfonditamente Claude Monet,Armand Guillaumin
e Paul Cézanne, altri artisti che come lui nutrivano una spiccata insofferenza per i
convenzionalismi accademici e per la dittatura artistica dei Salons.Grazie a queste solide e belle
amicizie Pissarro aveva l'opportunità di condividere le proprie esperienze artistiche con
qualcuno, sapendo al contempo di non essere solo nella sua «battaglia» pittorica.
Dopo lo scoppio della guerre franco-prussiane Pissarro si rifugiò a Norwood, un villaggio alla
periferia di Londra: fu nella capitale britannica che incontrò Paul Durand-Ruel, mercante d'arte
che con mirabile lungimiranza scoprì l'autentico valore degli Impressionisti in un periodo in cui
erano ignorat.Meno felice, tuttavia, fu il ritorno a Parigi nel 1871: una volta sopraggiunto
nell'atelier, infatti, scoprì che molti dei 1.500 dipinti che aveva realizzato in più di venti anni erano
stati saccheggiati o distrutti dalle milizie prussiane.
Nonostante l'oltraggioso affronto ricevuto dalle truppe prussiane, Pissarro continuò a lavorare
alacremente e a giungere a mutamenti stilistici e tematici anche radicali.La sua produttività
diminuì drasticamente solo dopo un atroce abbassamento alla vista, accompagnato da
un'intensa fotosensibilità: ciò malgrado continuò a dipingere, guardando dai vetri delle finestre
degli alberghi nei quali alloggiava.Morì infine a Parigi il 13 novembre del 1903.

LO STILE:
I dipinti di Pissarro ricevettero lezioni fondamentali da Jean-Baptiste-Camille Corot e dei vari
pittori di Barbizon, i quali avevano cercato di liberare il paesaggismo dalle pastoie della
pittura classica, impegnandosi al contempo di trascrivere direttamente il paesaggio sulla tela
con una grande attenzione agli stimoli cromatici e luminosi. Altra preziosissima fonte di
ispirazione fu il repertorio pittorico di Gustave Courbet, dal quale Pissarro attinse le
composizioni saldamente costruite e i vigorosi contrasti.
Al di là di Constable e Turner, che Pissarro ebbe modo di apprezzare durante il soggiorno
londinese, molto incisiva fu l'influenza esercitata dalle antichissime stampe giapponesi,
giunte in Europa a seguito di un'apertura del Giappone all'occidente, nelle quali viene
delineata un'atmosfera fluttuante, fiabesca, grazie all'utilizzo di colori smaglianti e di
composizioni ardite di cui Pissarro ne rimase profondamente affascinato.

PISSARRO E IMPRESSIONISMO:
Considerando la sua partecipazione a tutte le 8 esposizioni del gruppo è inevitabile dare per
scontato che Camille Pissarro risponda alla generica definizione di «pittore impressionista». Egli,
in realtà, si pose in maniera ambivalente davanti alle ambizioni del gruppo: se da un lato
decantava la mobilità della luce e degli effetti cromatici e le potenzialità del principio compositivo
en plein air, impiegando al contempo macchie di colori piccole e irregolari, dall'altra dava vita a
composizioni che, seppur in assenza di linee di contorno, sono solide e ben congeniate, inondate
di una luce.Se inoltre gli Impressionisti canonici erano completamente assoggettati alla
paesaggistica, Pissarro era interessato anche alle fisionomie umane, rese tuttavia staticamente,
senza l'elettrizzante dinamismo che animava le figure di Degas.
Nonostante queste divergenze Pissarro esercitò una forte e duratura influenza sugli
Impressionisti.Per Renoir era rivoluzionario, mentre Cézanne ammise senza pudori di sorta che
per lui Pissarro fu come un padre,al punto da presentarsi come Paul Cézanne, allievo di
Pissarro.Armand Silvestre arrivò persino a definirlo «l'inventore della pittura impressionista»,
ruolo che tuttavia è più prudente assegnare a Monet: l'adesione all'Impressionismo di Pissarro,
infatti, era più ideale che sostanziale.Ciò, tuttavia, non deve sminuire l'impegno impressionista di
Pissarro.

PISSARRO E NEOIMPRESSIONISMO:
Nemmeno Pissarro, tuttavia, uscì indenne da quella che è stata definita la «crisi
dell'Impressionismo», avvenuta quando il movimento aveva ormai perso ogni spinta propulsiva,
con i vari artisti che iniziarono a seguire esclusivamente la loro sensibilità. Così fece Pissarro, il
quale aderì per qualche momento agli indirizzi artistico-scientifici del Divisionismo, gettandosi a
capofitto in una nuova avventura stilistica nonostante l'età ormai avanzata. L'alfiere di questo
movimento era Georges Seurat, artista che dopo essersi interessato alle ricerche di cromatica
del chimico Michel-Eugène Chevreul sviluppò una tecnica detta del pointillisme, consistente
nell'accostamento di colori puri sotto forma di minuscoli puntini depositati sulla superficie pittorica
con la punta del pennello. Apprezzando molto le teorie di Seurat Pissarro ne emulò la maniera
per qualche anno.
Quella divisionista, tuttavia, era una tecnica che oltre a necessitare di un certo rigore tecnico,
imponeva un approccio sostanzialmente teorico e gestazioni lunghissime, certamente difformi
dall'indole energica di Pissarro e dalla sua volontà di instaurare un contatto vitale con la Natura.

LA GELATA BIANCA:
introduzione:
Gelata bianca è un dipinto olio su tela (di dimensioni 65x93 cm), realizzato nel 1873 e
conservato nel Museo d'Orsay di Parigi.
L'opera fu esposta per la prima volta nell'Esposizione degli Impressionisti del 1874.
L'accoglienza meritata dall'opera fu molto equivoca: Philippe Burty fu abbastanza indulgente
(«Un effetto di Gelata bianca, ad opera di Pissarro ricorda l'argomento dei migliori dipinti di
Millet»), a differenza del critico Louis Leroy, noto detrattore degli Impressionisti, che si
sperticò in critiche feroci e distruttive.

La tecnica:
Pissarro cerca di riprodurre la sensazione ottica con la maggior fedeltà possibile.
Impiegando al contempo macchie di colori piccole e irregolari, l'autore dà vita ad una
composizione che, seppur in assenza di linee di contorno, è e ben congeniata, inondata di
una luce che «modella ed evidenzia le forme con dolcezza e vivacità, pur non arrivando mai
a dissolverle» (Cricco; Di Teodoro)
La tecnica di Pissarro risponde e prende parte all'impressione trasmessa dal motivo scelto.
Nonostante una pennellata più ampia, nonostante un'analisi della luce meno approfondita di
quella condotta da Monet nello stesso periodo, La Gelata bianca, nel cogliere un momento
particolare di una giornata invernale, rientra nell'ambito delle ricerche impressioniste.
Pissarro fa uso di una composizione sicura ed equilibrata, definita da una luce che modella
ed evidenzia le forme con dolcezza e vivacità, senza conferire loro un senso di fugacità
istantanea, bensì contribuendo a stimolare e a concentrare l'attenzione dell'osservatore su
ogni cosa. Imposta il quadro con larghezza, privilegiando uno sviluppo orizzontale per creare
un effetto "panoramico". Stabilisce l'equilibrio delle masse di colore, ravvivandole poi con
vivaci colpi di pennello; distribuisce armonicamente i toni, equilibra fra loro gli elementi
compositivi, scegliendo con abilità determinati accostamenti cromatici in modo da esaltarne
la luce.

I caratteri generali:
Nell'arte di Pissarro assume un ruolo fondamentale l'ispirazione che il pittore trae dai
paesaggi campestri, lavorando "en plein air". La sua pittura è caratterizzata dai colori freschi
e molto vivi, concreti e squillanti e da un grande effetto di solidità, tipico elemento
cezanniano, con grande attenzione alla costruzione dei volumi e definizione di spazi ben
precisi. I quadri di Pissarro non sono incentrati sulle figure, bensì sul paesaggio e sulla
natura. Seguendo l'insegnamento artistico di Corot e soprattutto di Courbet, Pissarro vuole
scoprire nella natura la fonte di una diretta ispirazione pittorica, osservando umilmente il
paesaggio circostante, esprimendone in pittura l'impressione profonda, quasi un senso di
eternità, in lui suscitata. L'attimo percepito viene eternizzato dall'emozione che lo spettacolo
della natura suscita nell'animo dell'artista e restituito attraverso l'uso dei colori e della luce.
La descrizione:
Allontanandosi dai nozionismi aneddotici della pittura di paesaggio, in questo quadro
Pissarro raffigura un mattino invernale. Il gelo intirizzisce il contadino, che si avventura per i
campi con un fardello sulle spalle, e rende sordo il terreno. Il paesaggio raffigurato è in effetti
quasi opprimente, ed aleggia un'atmosfera stagnante, raggelante nella sua immobilità, che
intorpidisce la mente e lo spirito. La pittura a spatola , la densità della pennellata
determinano un paesaggio compatto, chiuso, in cui l'aria sembra proprio che non circoli.
Questa sensazione è accentuata dalle diagonali ascendenti dei solchi che scandiscono la
composizione. Anche il personaggio che trasporta un fardello sembra schiacciato dal
carattere opprimente di questo greve paesaggio invernale.

Boulevard Montmartre di notte:


l'introduzione:
Boulevard Montmartre di notte è un dipinto a olio su tela di Camille Pissarro, databile al 1897 e
conservato nella National Gallery di Londra.
Dopo esser stato per circa trent'anni una delle figure di riferimento per la nascita e lo sviluppo del
movimento impressionista, nel corso degli anni 1890 Pissarro tornò a uno dei suoi interessi
principali, ovvero la rappresentazione delle strade di Parigi. La sua tecnica, sebbene
cristallizzata in forme che venivano superate in quegli anni dai post-impressionisti, dimostrava
una grande attenzione agli effetti legati al progresso, dalle luci artificiali allo smog del nascente
inquinamento atmosferico.

La storia:
Nel 1897 il gallerista Durand-Ruel suggerì a Pissarro di produrre una serie di una medesima
veduta in diverse condizioni climatiche e a diverse ore del giorno. L'artista, che era alloggiato al
Grand Hotel de Russie, rappresentò allora quello che vedeva dalla sua finestra, ovvero una serie
di vedute dall'alto di Boulevard Montmartre, in tutto quattordici. Di tutta la serie, la tela di Londra
è l'unica in notturno.
Come tutte le opere di Pissarro, la tela non è firmata, né fu mai esposta. Pervenne alla sua sede
attuale nel 1925, quando fu acquistata dalla National Gallery di Londra col sostegno del
Courtauld Fund

La descrizione:
L'affollato viale parigino è rappresentato di notte e bagnato, dopo un acquazzone. A Pissarro
interessava la modernità, per cui l'opera gli diede l'occasione di studiare l'effetto delle nuove luci
elettriche dei lampioni, allineati al centro della strada, e i bagliori arancioni delle luci a gas nelle
vetrine: l'artista cercò di rappresentare i diversi effetti della luce artificiale con colori diversi, ora
pallidi e bluastri, ora caldi e intensi. Segni verticali sbrigativi lungo i marciapiedi, quasi astratti,
indicano la folla che scorre sotto gli alberi e le tende dei negozi. Una serie di carrozze in fila sul
ciglio della strada, con le luci accese, sta aspettando l'uscita degli avventori dello spettacolo al
Moulin Rouge, situato dietro l'angolo.
Il cielo scuro mostra una sorta di nebbiolina al centro, legata alle nubi non ancora passate o, più
probabilmente, all'inquinamento dell'aria, fenomeno ritenuto interessante dall'artista. Le stelle
nella parte superiore del cielo, ottenute con piccoli schizzi di bianco, dimostrano comunque che
sta tornando il sereno, che presto asciugherà le strade bagnate.

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