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Appunti sulla Cornice

Estetica
Università degli Studi di Milano
12 pag.

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LA CORNICE

Dispositivo fondamentale per comprendere l’immagine, apparentemente marginale. Oggetto di molte


riflessioni nel 900, come testimoniano i saggi raccolti in tale antologia.
Perché parlare di cornice ancora oggi?
Oggi assistiamo da più parti a una sorta di rigetto della cornice, a una decostruzione della cornice
potremmo dire. In molte pubblicità ad esempio (visivamente o più esplicitamente suggeriscono che la
cornice non è tanto una barriera insuperabile quanto invece qualcosa che si possa ‘rompere’ e
oltrepassare).
Casco di realtà virtuale -> oggetto che più si presta a questo tipo di riflessione  Osmosi tra il mondo
dell’immagine e il mondo ambiente esterno. Il casco ci consente una coincidenza del campo iconico con il
nostro campo visuale della percezione naturale (visione a 360° e anticipiamo che in tale visione viene a
perdersi una libertà molto basilari, una libertà che avevamo nelle altre esperienze ‘tradizionali’ di
immagine, che è la libertà di indirizzare lo sguardo fuori dall’immagine, fuori campo iconico)
Se sono di fronte a un quadro posso scegliere di non guardarlo
La qual cosa finisce per indebolire e idealmente cancellare la distinzione tra immagine e realtà, in termine
fenomenologici la distinzione tra perzepetion e wahrnemung

Si potrebbe parlare di unframedness e framelessness -> situazione in cui viene meno esattamente il
dispositivo di delimitazione della cornice. Di fronte a tali potenti tecnologie immersive noi possiamo
appunto ragionare sullo statuto della cornice
Si tratta di quella che abbiamo chiamato archeologia dei media: quando ci si rende conto delle potenzialità
di un medium quando si è sul punto di perderlo, quando diventa obsoleto (l’abbiamo detto nel passaggio
dall’analogico al digitale). Allo stesso modo potremmo dire oggi che vale la pena interrogarsi sulla cornice
proprio nel momento in cui i caschi virtuali la superano rompendola.

Ma la riflessione sulla cornice non inizia con il 900. Bisogna fare un passo indietro e guardare non tanto a
teorici (una ‘’teoria della cornice’’ compare nel XX secolo) quanto più agli artisti, che spesso anticipano le
riflessioni più sistematiche o astratte dei teorici, filosofi, psicologi eccetera

Prendiamo ad esempio Salvator Rosa che ha dato il nome ad una cornice (omonima) che affermava
<<l’ornamento era alle pitture un gran ruffiano>> nel senso che la cornice è mediatore di quell’attrazione
che lo spettatore prova nei confronti del quadro, lo sposalizio tra quadro e spettatore era favorito proprio
dalla cornice che agiva come fosse ‘’un ruffiano’’, un ‘’cupido’’. E potremmo dire che l’assenza di tale
mediazione trasformerebbe la relazione in una pericolosa  per mediare ambiente ‘’interno/esterno’’

La storia delle cornici è molto complessa. La cornice può avere anche carattere architettonico , di forma
quadrata o rotonda (tondo doni), può avere forme irregolari (come sperimentarono i surrealisti) e anche di
materiali molto differenti.

Tornando al secolo di Rosa (XVII) -> sembra essere un periodo cruciale per la presa di coscienza del ruolo
della cornice. (passo si Poussin pag -> indicazione della funzione isolante della cornice. Probabilmente
temeva che il suo dipinto senza cornice avrebbe potuto confondersi con gli altri della collezione del suo
committente. È stato mostrato in particolare da Poussin che è stato proprio il XVII secolo che ha inaugurato
una riflessione sulla pittura come medium (…) metapittura ‘’un quadro ti fa vedere un quadro’’

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Pittura che dichiara di essere dipinta -> opacità del medium
Il 600 è il secolo di una variazione intensa sul tema dell’incorniciamento, che può accadere sotto forma di
finestra (es La tempesta, Porcellis, 1629) oppure il tema delle porte, molto esplorato in quel secolo, o
ancora il tema delle nicchie (natura morta di Cotan). Queste tre articolazioni dell’inquadramento dice
sempre Stoichita hanno dato luogo ad altrettanti generi pittorici che in quel secolo hanno cominciato a
distinguersi. Dalle finestre -> pitture di paesaggio Dalle porte-> pittura di interni Dalle nicchie-> nature
morte.
Ma il XVII secolo è stato addirittura il secolo in cui fu dipinta la cornice stessa come soggetto (verso di un
quadro, Cornelis Gysbrechts) -> gesto pioniere e anticipatore di una pratica che sarebbe stata piuttosto
corrente, quella di rappresentare delle cornici senza immagini nell’opera (es notti bianche di Paolini)

Per avere tuttavia una teoria compiuta della cornice si dovrà aspettare 1902 -> saggio sulla cornice di
Simmel. 1921 Meditazione sulla cornice di Gasset 1930 la cornice che scompare due volte di Bloch ecc altri
saggi nel libro

Simmel -> premessa generale a Simmel è sempre la separatezza tra vita e arte. 1902
Titoli delle slides
- Micrologia
- Forza centripeta
- Forza centrifuga
- Dal descrittivo al prescrittivo
- Cornice come corrente, quadro come isola
- Cornice vs ponte
- Paradigma energetico
- Pittura ≠ fotografia (non esplicitamente espresso ma…) -> Ortega già smentisce ciò
- Kunstwerk vs Kunstgewerbe (principio della utilizzabilità, che nel kunstwerk non devo mettere in
primo piano rispetto al piano estetico)
- Oggetti di Katerina Kamprani nella serie Uncomfortable
- Stile -> essere in stile vs avere uno stile (sempre opposizione Kunstwerk e Kunstgewerbe)
- Un elemento di ‘’filosofia della storia’’ -> simmel non si limita a dire che la cornice ha una storia ma
proprio in virtù del PRESCRITTIVO-> NORMATIVO simmel vede una logica del progresso

Jose Ortega Y Gasset - 1921


- Rapporto di reciproca necessità
- Non abito-corpo
- Il quadro apre uno spazio di irrealtà
- La cornice è quell’oggetto neutro che permette la cesura tra reale e irreale (l’indecisione nei confini
tra mondo reale e arte turba il nostro piacere estetico) -> riferimento a Simmel (dimensione
insulare del quadro e scissione vita e arte)
- Cornice dorata -> lontano da ogni elemento naturale (gli oggetti naturali ci prospettano problemi
pratici <- la contemplazione estetica è disinteressata)
- La cornice sta al quadro come l’angelo sta al paradiso (custodi di realtà altra)

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Ernst Bloch – 1930
- Un più ampio dispositivo di incorniciamento -> funzione narrativa
- Motivo cinese dell’entrare nel quadro; motivo giapponese degli specchi  strategia ben precisa
che prende il nome di mise en abyme (Andrè Gide)
- Tema della porta
- Due leggende, il pittore Wu Tao-Tzu (entrare nel quadro) e lo scrittore Han-Tse (entrare nel testo)

Meyer Schapiro - 1969


- il campo è un costrutto storico e culturale (//Lascaux, ambienti immersivi che sembrano ritornare,
diverso approccio alla superficie nell’arte arcaica)
- tendiamo anche a dare per scontato margini e cornice
- quadri senza cornice e il nostro concetto di cornice (riprende Simmel ma non è sulla sua linea
estremamente normativa, al contrario analizza altri tipi di cornice per evidenziarne le potenzialità
espressive)
- Altri tipi di cornice
- Attraversamento della cornice
- Cornici irregolari
- Dunque la cornice rettangolare è solo uno degli usi possibili (Schapiro è molto più liberale, aperto,
rispetto a Simmel)
Due sono dunque i gesti importanti nell’argomentazione di Schapiro
1. La cornice così come la conosciamo, come delimitazione rettangolare di una superficie piana
levigata, non è naturale, l’immagine non compare in questo formato naturalmente, come se queste
condizioni di esponibilità fossero degli a priori
2. Tutti i tipi di cornice sono strumenti espressivi ma nessuno di essi è assolutamente necessario o
universale. Le varianti nella storia dimostrano semmai la libertà dell’artista nel costruire
<<deviazioni efficaci da quelle che potrebbero sembrare condizioni aprioristiche>>

Jacques Derrida
- Confronto serrato con Kant, paragrafo 14 della Critica del giudizio, questione parergonale
- Per Derrida il problema è come distinguere il parergonale?
- Etimologia di parergon
- L’essenza della rappresentazione sarebbe dunque il corpo nudo senza panneggi (senza parergon)? È
difficile distinguere para/ergon
- Dove inizia e dove finisce un parergon?
- Es dei panneggi, delle colonne
- Problematica delle architetture dipinte -> inscrizione nell’ambiente
- Ciò che li (i panneggi e le colonne) costituisce come parerga non è semplicemente l’esteriorità
(altrimenti sarebbero parerga anche il terreno su cui sorge il tempio, l’incrocio stradale eccetera)
ma il legame strutturale interno che li lega alla mancanza nell’ergon (mancanza costitutiva),
potremmo dire la supplementarietà, l’aspetto integrativo esteriore che costituisce l’opera stessa.
Interazione di ergon e parergon.
- La cornice parergonale di distacca da due sfondi ma in rapporto a questi si fonde con l’altro.
(argomento dello sfondo è tipicamente Gestaltico)
- L’argomento di Derrida vuole ‘sensibilizzarci’ rispetto alla difficoltà di capire cosa sia centro e
periferia, cosa necessario e cosa contingente, cosa opera e fuori opera e ci fa notare che nella
nostra tradizione culturale (esempio paradigmatico in Kant) questi sforzi per delimitare i due lati

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della questione sono molto problematici e devono forzatamente passare per quei dispositivi di
soglia che negoziano al nostro sguardo questa stessa differenza.

Rudolf Arnheim 1982

- Cornice che separa dall’ambiente esterno (da Simmel in poi lo sappiamo) -> l’opera non è una cosa
tra le cose, la cornice è un dispositivo di separazione che sottolinea anche uno statuto ontologico
dell’immagine differente
- La cornice mette tra parentesi il riferimento al mondo pratico per guardare al contenuto racchiuso
nei propri limiti come asserzioni su quello stesso mondo
- Serve pure da intermediario (Ortega, Derrida)
- << Ogni cornice va pensata come centro di energia, i cui effetti particolari dipendono dalla sua
configurazione e dal suo orientamento nello spazio >> -> la cornice è una delimitazione energetica,
apporta delle modificazioni fondamentale al campo di forze (effetto di insieme cui collaborano gli
elementi dell’immagine e la cornice)  approccio gestaltico
- Necessità da parte del nostro occhio di completare le figure su base di esperienza pregressa
(psicologia della Gestalt) -> quando la cornice opera un taglio, tendiamo a completare la figura. -> i
centri di forza vengono negoziati a seconda di dove il taglio opera. Lautrec
- (legge della forma chiusa)
- Es. Mondrian (-> poi gruppo mu)

- Degas  baricentro non è nel centro geometrico del quadro -> tendiamo a integrare le figure
- Tema già introdotto dalle riflessioni di Schapiro, che torneremo ad approfondire con il gruppo mu
per quanto riguarda la retorica della cornice.

- Quadrato come formato ‘’standard’’ -> schapiro dice che non è affatto naturale (riprendi prima) ma
è una condizione storica, un a posteriore che è diventata una sorta di a priori.

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- Es di Mondrian è in antitesi -> la composizione stessa deve fornire le coordinate fondamentali ->
deviazioni perpetrare dalla cornice -> la cornice nella sua struttura a losanga funziona come una
deviazione rispetto al reticolo ortogonale offerto dal quadro. (osservazione acuta di Arnheim che fa
capire che gli artisti che hanno deciso di deviare dalla norma che è diventata standard, abbiamo
sostanzialmente adottato una linea di cornice retorica -> deviazione retorica  gruppo mu)
- Inversione del quadro ---< ci rendiamo conto della funzione energetica della cornice

LOUIS MARIN (semiologo)


Saggio 1988
 Concetto di rappresentazione
Punto di partenza è una voce del dictionnaire del 600 (secolo che abbiamo visto cruciale per l’affacciarsi del
problema della cornice e della presa di coscienza della rappresentazione). Alla voce rappresentazione
troviamo innanzitutto sostituzione (definizione di segno -> stare per qualcos altro)
- Con le conseguenze politiche della rappresentazionalità (es democrazia non diretta ma
rappresentazionale)
Marin aggiunge sostituzione sottoposta alle regole di una economia mimetica (paradigma mimetico che
abbiamo visto in Platone). Likeness che abbiamo visto in pierce
Rappresentare significa anche mostrare, esibire qualcosa di presente. In altri termini significa presentarsi
nell’atto di rappresentare qlcs. Ogni processo ha quindi due dimensioni (una riflessiva e una transitiva). Una
dimensione riflessiva che va in direzione dell’opacità del segno e quella transitiva che va in direzione della
trasparenza. In ogni rappresentazione vi è un rappresentato ma al contempo esibisce le modalità del suo
proprio rappresentare, oggi diremmo che la questione si pone in una dialettica tra trasparenza e opacità del
medium (fondamentale per comprendere le strategie rappresentazionali degli ambienti immersivi)
ricapitolando ogni segno ha nella sua capacità rappresentazionale due volti, un volto trasparente che va in
direzione della transitività, il segno come verbo transitivo passa verso il proprio rappresentato e io nel
segno colgo il rappresentato come se non ci fosse il segno (immediatezza del segno, che è sempre un
effetto); e una opacità del segno che va in direzione di una riflessività (in ogni atto rappresentativo
riflessivamente mi posso concentrare sulle modalità della rappresentazione)
cosa c’entra LA CORNICE in tutto questo?
Fa parte di quei dispositivi che ogni rappresentazione comporta per presentarsi nella propria funzione, nella
propria funzionalità di rappresentazione. Tanto più inavvertiti (trasparenti) nei discorsi quanto più la
transitività si impone con forza.
I due poli possono essere implementati in misura differente e in modo inversamente proporzionale.
La cornice, se messa a fuoco, appartiene proprio a quella dimensione riflessiva, ma raramente, dice Marin,
ci ricordiamo o poniamo l’attenzione sulle cornici.
Marin si concentra anche sulle sfumature di senso della cornice in termini di diverse lingue

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Funzione deittica della cornice : la cornice mostra, indica una presenza

Gesto di indicare è un’antica teorica esposta da Alberti, de pictura (primo grande testo di teoria
dell’immagine moderno)
È la cornice nel suo insieme che funge da deittico, ci chiama a una certa modalità per osservare il quadro
Paradigmi del segno sono due: carte geografiche e ritratti (modalità in cui rapprese ha la possibilità di
rappre se stessa

Altro campo interessante per dialettica rappresentato e rappresentazione sono le carte geografiche. Carta
di parigi del 1652

1. Sorta di mise en abyme (immagine nell’immagine) all’interno della carta geografica


2. Piccole figure umane che sembrano contemplare la carta geografica stessa  riflessività sulla
natura rappresentazionale della mappa
Sono questi due, due processi di cornice, due effetti modalizzati dell’opacità riflessiva
Chiasma potere e immagine
- L’immagine ha un potere
- Il potere (politico) esige di essere messo in immagine
Questo intreccio potere e immagine contraddistingue l’approccio di Marin all’iconosfera

Abbiamo anche il mondo dei ritratti/autoritratti, che nel 600 costituisce un campo fecondo, secondo Marin,
per indagare le strategie di cornice, ovvero la dimensione riflessiva, opaca
- Ritratto di Poussin, autoritratto

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Rappresenta innanzitutto il soggetto pittore e ancor più il pittore al lavoro con i suoi strumenti e mezzi 
riflessività.  il rovescio del quadro!
Nel ritratto di Poussin sono rappresentati gli stessi elementi- condizioni di possibilità della rappresentazione
pittorica stessa (da questo punto di vista è l’incorniciamento della rappresentazione stessa) -> opacità del
medium pittura

GROUPE MU
Semiologi belgi KLINKENBERG, MINGUET, EDELINE
Saggio 1989
Innanzitutto ci propone di distinguere tra due concetti che normalmente usiamo come sinonimi
Contorno: tracciato immateriale che divide spazio in due regioni ≠ limite
Bordo: un ulteriore oggetto che delimita, un artefatto che designa un enunciato di ordine iconico

La cornice così come ce ne siamo occupati è solo una delle possibili incarnazione del bordo. ‘’sottoclasse’’
del bordo.

Carattere storico del bordo: ciò che è bordo oggi poteva non esserlo prima (!)
Qui il gruppo esprime un dubbio esplicitamente contro Schapiro

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- Siamo sicuri che le pitture rupestri non avessero bordo? -> Schapiro sul formato

Fatte queste premesse i tre si dispongono a delineare una retorica della cornice, retorica che in quanto tale
necessita la stabilizzazione di una norma, e che prevede poi deviazioni rispetto alla norma stessa (cioè
consente scarti di senso)
Norma in materia di cornice: (modello storicamente affermato)

Retorica sui due piani che conosciamo da De Saussure


1. Piano del significato: si interrogano sulla funzione indessicale del bordo
2. Piano del significante: interrogarsi sulla materialità

1. vediamo alcune possibili deviazioni


a. Soppressione della cornice x sconfinamento -> l’enunciato iconico fuoriesce dal bordo (abbiamo visto
gino severini, Ritmo plastico del 14 luglio;) tutto ciò che trasgredisce i limiti imposti dal bordo assume una
funzione dinamica
b. figure che chiamano ‘’per aggiunta’’ nel senso di una delimitazione: i limiti che ci aspetteremmo
dall’enunciato sono ridotti dal bordo (es Magritte -> non vi è abituale rapporto sfondo e figura).
La delimitazione può essere al suo interno ulteriormente articolata in una figura retorica che delimita
perché è indotta oppure perché induce (indotta quando la causa della forma è imposta dalla forma
dell’enunciato; nel caso di Dalì abbiamo l’opposto, il paesaggio non ha forma, la cornice impone al
paesaggio una forma antropomorfa)
c. altra modalità del ‘’per aggiunta’’ è il confinamento (opposto allo sconfinamento)
opere in cui la tela non è dipinta interamente, ad esempio (es Andy Warhol)
d. compartimentazione (es il giudizio di Paride)  all’interno l’enunciato è a sua volta ‘’incorniciato’’ _>
articolazione interna e esterna -> dialettica competitiva che si instaura

2. figure retoriche che insistono sul bordo significante (nella sua materialità di segno) troviamo anche qui
diverse opzioni, che insistono tutte su una norma di base, un grado zero che è considerato il quadrato di
listelli (simmel eccetera). Nella nostra epoca la cornice tende a sparire, modalità di soppressioni non sono
dunque così note, anche se:
a. figure per soppressione -> distruzione
b. aggiunta per iperbole (diametralmente opposte)  gli impacchettamenti di Christo (incorniciamento
così potente da far sparire l’enunciato)
c. sostituzione plastica della forma o della materia o anche i colori
d. sostituzione iconica dove possiamo riconoscere riferimenti iconici (cornici decorate con figure)

in conclusione possiamo dire che tutti questi casi assumono un particolare significato/potenza significativa
proprio nel momento in cui deviano dalla norma (scarti retorici)
questo sforzo tassonomico volto a classificare, è tale, cioè funziona da tassonomia, nel momento in cui
accettiamo quella norma (non naturale ma dettata dalla storia, come abbiamo già visto in Schapiro)
rapporto tra retorico e letterale va sempre pensata tenendo conto del proprio indice storico

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STOICHITA
1993, margini (capitolo di un saggio)
Storico dell’arte rumeno
Con questo testo torniamo a parlare di 600, XVII secolo, un secolo che come abbiamo già detto mette a
tema la questione dei margini (nella prassi stessa della pittura) prima che il 900 ne affronti la questione dal
punto di vista concettuale.
Quale dei due mondi appartiene alla cornice? Al mondo dell’immagine o non-immagine? La risposta non
può che essere bivalente, quel sia, sia o né né.
La cornice non è ancora immagine ma non è un oggetto tra gli altri

È una questione che Stoichita affronta da una prospettiva di mise en Abyme, perché il 600 è un sec che
mette la cornice non solo attorno le immagini ma anche nell’immagine. La rende ogg stesso del dipinto,
dunque la questione reale diventa questa: se la cornice reale, di legno, divide l’immagine dalla non
immagine, una cornice dipinta nel quadro, cosa divide?
Ogni meccanismo di dipinto nel dipinto -> la separazione stessa è messa a tema (mise en abyme, termine
coniato da andre gide).

Potremmo ipotizzare che la cornice dipinta sia lì a separare la trasparenza del medium dalla sua opacità.
Rievochiamo non a caso l’autoritratto di Poussin.

Avevamo già anticipato che la sua è una riflessione che passa attraverso tipologie di margini imparentate
con la cornice (finestra, porta, nicchia)
Tre tipi di margini che costituiscono il momento genetico di altrettanti generi pittorici
La finestra genera il paesaggio, la porta genera la pittura di interni e la nicchia genera la natura morta.

Vuole ricostruire come il 600 affronta la questione dei bordi

Vediamo più da vicino


NICCHIA-NATURA MORTA

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Fa riferimento alla tradizione dei Bodegones (Cotan, Ramirez)
 La nicchia non sfonda il muro ma lo scava
Gli oggetti sembrano fuoriuscire, avvicinarsi allo spettatore (effetto di trompe l’oeil)
Bordo superiore della nicchia non viene rappresentato (esiste dunque un fuori immagine)

Perché la questione della cornice sembra in contrasto con il trompe l’oeil?


Quest’ ultimo tende a negare la natura dell’immagine e a proporre ciò che l’immagine rappresenta non
come una raffigurazione ma come fosse l’oggetto stesso in carne ed ossa nell’ambiente  strategia di
ambientalizzazione dell’ immagine (trasformazione dell’immagine in oggetto naturale presente
effettivamente nello spazio in cui è l’osservatore) -> se accentuo i dispositivi di incorniciamento questo
effetto di ‘’realizzazione’’ viene in qualche modo a ridursi

In un’analisi più ravvicinata vi sono 5 ‘’spazi’’

Forza ‘’aniconica’’ della nicchia con fondo nero (aniconico perché non ci mostra figure, è un quasi-nulla) ma
è la forza principale del dipinto e sembra costituire il tema fondamentale dei bodegones di Cotan. <<gli
oggetti ci si trovano per puro caso>>

FINESTRE-PAESAGGISTICA

La finestra è un dispositivo alla base della genealogia della pittura di paesaggio. <<Quale fu il ruolo che la
finestra dipinta ebbe a svolgere nella presa di coscienza di sé della nuova pittura?>>
(La tesi di Stoichita è che questi dispositivi servano alla pittura a prendere coscienza di sé)
La finestra attualizza la dialettica esterno/interno senza la quale il significato del paesaggio non potrebbe
nemmeno essere percepito

Momento precursore offerto dalla lettera di Pietro Aretino a Tiziano, in cui dice che in una situazione post-
cena, dopo il pasto serale, <<mi levai da tavola sazio e poggiate le braccia sul piano della cornice della
finestra, mi diedi a guardare il mirabile spettacolo che facevano le barche infinite>>
(siamo a venezia-> canal grande) e disse ‘’ tiziano dove sei?”  importante perché dice che già nel 1544
venezia era percepita come un quadro e la condizione di questa percezione (Stoichita la chiama aprioristica)

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(visiva-iconica) è data dalla cornice della finestra, che consente poi l’ekfrasis del paesaggio come fosse
dipinto da Tiziano
Aretino vede un paesaggio di Tiziano grazie e dalla finestra

PORTA- PITTURA DI INTERNI


La porta e la finestra sono strettam imparentate -> aperture nella parete. Eppure la loro peculiarità dice
Stoichita, funziona in senso tot diverso. Mentre la finestra è un’apertura verso il fuori, la porta non sembra
riguardare la vista (dalla porta si entra e si esce, dalla finestra si guarda)
Quello che caratterizza davvero la porta è lo sguardo verso l’interno (soprattutto domestico)
Classico esempio si Van Hoogstraten (vista su tre stanze)  mise en abyme di spazi recedenti
Serie di incorniciature che termina con l’incorniciatura di un quadro dipinto sul fondo.

Ci troviamo di fronte, con questi esempi, a una riflessione metapittorica. Una pittura dunque non
innanzitutto impegnata a raffigurare oggetti ma a riflettere sul proprio funzionamento ‘’mentre funziona’’.

CONCLUSIONE
Prendiamo in considerazione quell’effetto di scorniciamento che alcuni artisti hanno messo in campo.
Uomo alla finestra di Van Hoogstraten (movimento aggettante dell’uomo sporto dalla finestra)
Fuggendo dalla critica, Borrell del Caso
Questo movimento out non riguarda solo l’arte pittorica. Accenniamo alla cinematografia (superfantozzi di
Neri Parenti che commenta quelle leggenda che sostiene che alla prima proiezione dei Lumiere il pubblico
fosse terrorizzato all’arrivo del treno)

Avevamo sottolineato che il grande sforzo tecnologico per realizzare schermi ad alta definizione (immagine
come immediata, non artefatta)

Ejzenstein aveva ben presente questo tema (cinema 3d…)

Entrare/uscire dallo schermo è un topos largamente espolarato (Woody Allen, pubblicità espresso,
Videodrome, David Cronenberg (televisione)
Video dei a-ha

Oggi parlare di questa cancellazione progressiva mondo dell’immagine-realtà dobbiamo rivolgerci alla
questione dei caschi virtuali

La fruizione ‘’normale’’ o tradizionale permette una libertà cruciale, quella di poter distogliere lo sguardo in
ogni momento. Tale libertà è completamente negata con i caschi di realtà virtuale. (unframedness)
Ambienti immersivi: l’immagine è ‘’tutto ciò che c’è da vedere’’
AN-ICONOLOGY (immagini che tentano di negarsi)
 Immediateness vs mediateness  trasparenza e opacità
 Unframedness vs framedness  oggetto naturale vs immagine di
 Presentness vs refentiality  esserci nell’immagine (in ambiente immersivo) vs essere di fronte
all’immagine all’immagine

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Nativi touch screen

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