MOVIMENTO, DERIVA, “un nuovo orizzonte in cui il mondo vissuto è visto come un’opera d’arte
e l’arte propriamente detta come arte al secondo grado o semplicemente
ORDINE:
come parte dell’opera complessiva”2.
Viviamo in un mondo arricchito dagli “ornamenti della natura”, ma
a nostra volta lo modifichiamo con nuove “forme e figure” (non necessa-
LA VITA INQUIETA riamente gradevoli). Questo continuo lavorio di trasformazione (che non
sempre è abbellimento), prima di essere compiuto da quella che chiamia-
mo arte, viene messo in opera dall’ornamento.
13
mine greco, kosmos, da cui derivano – non è un caso – due parole italiane che è eccellenza nell’arte, e gli spiriti ottenebrati da questi giudizi in-
che pure ci paiono estremamente distanti: “cosmo”, appunto e “cosmetica”. consistenti non hanno la forza di apprezzare ciò che può esistere con
Il fatto è che kosmos, con cui si indicavano anche gli oggetti decorati, aveva autorevolezza e secondo i principî della convenienza”5.
per i Greci una risonanza ben più vasta, tanto da significare anche “ordine”
e “cosmo”3; non meno ampio il raggio di riferimenti di ornamentum per i La lunga storia dell’ornamento è segnata da un’alternanza di decise stron-
Romani4. Nel mondo classico l’idea di fronzolo (o, peggio, di paccottiglia) cature e di elogi entusiastici. Doppiamente significativo, allora, che sia un
è ben distante da quella di ornamento. artista a elogiare se stesso a proposito di una scultura decorativa; l’iscrizione
Si trattava, insomma, di un argomento da prendere sul serio, tanto che si svolge lungo il “tralcio abitato” scolpito da Nicolò sul Portale dello
che potevano fioccare condanne: nella Roma di età augustea, Vitruvio (VII, Zodiaco a San Michele della Chiusa (1120 circa) recita: “Presti attenzione
5.4) critica apertamente – definendolo “una moda depravata” – quel tipo a quest’opera chiunque sia capace di misurarne il valore, guardate i fiori
di decorazione pittorica che nel Rinascimento verrà chiamata “grottesca” inframmezzati a belve!”. Ho appena parlato di scultura “decorativa”, ma
(fig. 1): siamo proprio sicuri che venisse intesa solamente così dall’autore (e dai con-
temporanei)? È questo uno dei temi cruciali (e non solo per il Medioevo)6.
“Sugli intonaci si dipingono infatti mostruosità piuttosto che imma- Forse nessun testo è capace di rendere l’ammirazione dell’uomo me-
gini precise conformi a oggetti definiti: al posto delle colonne, cioè, dievale per il mondo ornamentale come quello di Gerald of Wales, alla
si dispongono calami, al posto dei frontoni motivi ornamentali con fine del XII secolo; egli descrive un codice altomedievale irlandese perduto
foglie arricciate e volute, e poi candelabri che reggono immagini di (Book of Kildare) e ne magnifica la decorazione a intreccio (che doveva es-
tempietti, con teneri fiori che spuntano sopra i frontoni di questi ulti- sere analoga a quella del celebre Book of Kells) resa con virtuosistica abilità:
mi come da radici in mezzo alle volute, con all’interno, senza una spie-
gazione razionale, figurine sedute, ed ancora piccoli steli che recano “Il libro […] contiene la concordanza dei quattro evangelisti secondo
figurine divise in due metà, una a testa umana l’altra a testa animale. Girolamo: quasi ogni pagina presenta figure diverse, rese bellissime
Ma queste figure non esistono, non possono esistere, non sono mai da vari colori. Su una di esse puoi vedere, divinamente impresso, il
esistite. Come può infatti un calamo sostenere davvero un tetto o volto della Maestà di Dio; poi le forme mistiche degli evangelisti, ora
un candelabro gli ornamenti di un frontone o un piccolo stelo tanto con sei, ora con quattro, ora con due ali; qui c’è l’aquila, poi il vitello,
gracile e flessibile reggere una figurina seduta, o come è possibile che qui l’immagine dell’uomo, poi quella del leone; e ancora altre figure,
dalle radici e dai piccoli steli nascano ora fiori ora figurine divise in quasi all’infinito. Se guardi quest’opera in modo superficiale e, come
due? Eppure la gente vede queste finzioni e lungi dal criticarle ne trae si fa di solito, con scarsa attenzione, ti sembrerà uno sgorbio [litura]
diletto, senza riflettere se qualcuna di esse sia possibile nella realtà o e non un intreccio [ligatura]; così non riuscirai a vedere nessuna sot-
no. Insomma, le nuove mode si sono imposte a tal punto che cattivi tigliezza, dove invece tutto è sottigliezza. Se invece spingi lo sguardo
giudici pretendono di convincere di incompetenza artistica quella dei tuoi occhi a osservare con maggiore intelligenza, e ti sforzi di pe-
1. Andrés de Melgar (attribuito)
netrare all’interno dei segreti dell’arte, potrai notare intersecazioni
Fregio a grottesche, [intricaturas] tanto delicate e sottili, tanto serrate e compatte, tanto
1545-1560 circa
annodate e strettamente collegate, e inoltre tanto abbellite da vividi
New York, The Metropolitan
Museum of Art colori, che potrai esser certo che tutte queste forme sono state create
dalla diligente cura di angeli, piuttosto che di uomini”7.
Sempre nel XII secolo, ma in Francia: il confronto tra san Bernardo e Suger,
l’abate di Saint-Denis, avviene anche sul tema dell’ornamento; e, anzi, si
direbbe che la diversa idea che l’uno e l’altro hanno del ruolo delle decora-
zioni sia effetto della rispettiva visione religiosa. Il primo disapprovava la
ricchezza ornamentale negli spazi monastici; in Suger, invece, era costante
la celebrazione dello splendore dei materiali preziosi e della bellezza dell’ar-
te applicata all’edificio sacro e al suo corredo liturgico. Quando descrive
l’altar maggiore della chiesa abbaziale, è facile intravedere la polemica
contro chi vi scorgeva uno sfarzo eccessivo (polemica che riappare spesso
anche in contesti religiosi più vicini a noi):
14 15
“I detrattori obiettano anche che una mente santamente ispirata, un ritanesimo anti-ornamentale”14, una guerra ricca di dichiarazioni bellicose,
puro cuore, un’intenzione piena di fede dovrebbero bastare per questa ma non sempre di azioni coerenti15.
sacra funzione [per il calice eucaristico]; e anche noi esplicitamente L’unico a proclamare, con tranquilla sicurezza e ripetutamente, che
e risolutamente affermiamo che queste sono le cose essenziali. Ma l’arte è sempre decorativa fu Henri Matisse16. In Italia, Mario Sironi non
noi siamo convinti che si debba rendere omaggio anche mediante temeva affatto di affrontare l’argomento; nel 1943 scriveva: “L’espressione
l’esteriore ornamento della sacra suppellettile”8. ‘decorazione’ farà digrignare i denti ai militi dell’esercito della salvezza
razionalistica, che hanno deciso di chiuderla in una tomba storica e cul-
3. Verso l’idea di “crimine” turale”17. Anche dopo la seconda guerra mondiale, affibbiare a qualche
Il fatto è che, nel frattempo, si era avviata una distinzione tra il piano artista la qualifica di “decorativo” – a Pollock, ad esempio – equivaleva
dell’ornamento e quello dell’utilità. Isidoro di Siviglia (560-636) si sof- quasi a un’offesa18.
ferma sul corpo umano: le viscere sono indiscutibilmente utili, i piedi e le
mani sono sia belli sia utili, ma altre parti (“le mammelle negli uomini, e 4. Ovunque ornamenti
l’ombelico in entrambi i sessi”) sono “fatte solo per ornamento”9. Nel corso del Novecento, “ornamentale” è divenuto sempre più sinonimo
Nel XV secolo si fa strada un’altra divaricazione, quella tra “bello” e di “non essenziale” o, peggio, di “inutile”, eppure la storia dell’ornamento
“ornato”; secondo Leon Battista Alberti, gli ornamenti sono “come una non si è chiusa e anzi continuiamo a frequentarlo con un’intensità pari alla
luce ausiliaria alla bellezza o come un complemento”; ne deriva che essi nostra inconsapevolezza.
abbiano “il sapore di un qualcosa di accessorio e aggiunto, più che d’in- Prendiamo i tatuaggi: negli ultimi anni la pratica ha preso piede presso
nato”10. Molto più tardi, ritroveremo anche in Kant quest’idea accessoria giovani e adulti, senza alcuna distinzione sociale19. I tatuaggi ci sembrano
dell’ornamento, inteso come ciò che contribuisce a migliorare l’opera, ma del tutto “normali”, eppure, appena ne consideriamo la storia, ci accorgiamo
dall’esterno, come in aggiunta: che solo alcuni decenni fa in Europa non esistevano, se non in aree marginali
(i carcerati); per Loos gli ornamenti erano un “crimine” appunto perché il
“Perfino ciò a cui si dà il nome di ornamenti (parerga), vale a dire tatuaggio era normale presso i “degenerati” europei o i nativi della Nuova
ciò che non rientra internamente come parte costitutiva nell’intera Guinea.
rappresentazione dell’oggetto, ma solo esternamente come accessorio, Il tatuaggio è solo una delle modalità con cui l’uomo interviene per
aumentando compiacimento del gusto, non lo fa però anch’esso se decorare il proprio corpo, ma è la più discussa tra Otto e Novecento20;
non mediante la forma: per esempio, le cornici dei dipinti o i panneg- siamo infatti davanti a una pratica che interpella più discipline, tra cui la
giamenti delle statue o i colonnati intorno agli edifici magnifici. Ma stessa storia dell’arte: la prima immagine della “grammatica dell’ornamen-
se l’ornamento non consiste anch’esso nella bella forma, se, come la to” di Jones è un volto femminile tatuato dalla Nuova Zelanda, in cui egli
cornice dorata, non ha altro scopo che quello di raccomandare me- riconosceva “the principles of the very highest ornamental art”.
diante la sua attrattiva l’approvazione dell’oggetto, allora si chiama Le decorazioni del corpo vanno ben al di là dell’ornamentazione della
decorazione e nuoce alla bellezza autentica”11. pelle e comprendono l’infinita serie di forme e accessori che costituiscono
il nostro abbigliamento21. E poi c’è il mondo degli oggetti: la cornice di un
L’Ottocento è il secolo del trionfo dell’ornamento, e su vari livelli: prima di quadro, un gioiello, il bordo di un manoscritto miniato, le modanature di
tutto la straordinaria esuberanza decorativa che culminerà nell’Art Nouve- un mobile…; ma non è ancora finita, perché le decorazioni si insinuano
au, un patrimonio di forme via via arricchitosi grazie all’adozione di nuovi in luoghi inaspettati: le bardature delle moto “chopper”, i copricerchio-
procedimenti tecnici e alla conoscenza di altre fasi storiche (basti pensare ni delle automobili, le innumerevoli soluzioni del packaging… L’elenco
alla scoperta del colore nella scultura e nell’architettura classiche); il volu- è potenzialmente senza limiti: nel presente come nel passato, la rarità è
minoso The Grammar of Ornament (1856) di Owen Jones (cat. 165-167) è l’oggetto non decorato. Questa pervasività decorativa (presente in tutte le
la prova più evidente di questo straordinario allargamento del repertorio culture) rende talmente familiare l’ornamento da farcelo sembrare ovvio
ornamentale. In parallelo, dalla metà del secolo fino ai primi anni del Nove- (come non è).
cento, gli studi sul tema vanno intensificandosi: quelli di Gottfried Semper,
Alois Riegl, fino a Wilhelm Worringer12. 5. Due percorsi paralleli
Ma proprio quando l’attrazione per il decorativo raggiunge lo zenit – Come orientarci in questa onnipresenza decorativa? Semplificando fin
la coincidenza non è casuale – arriva fulminea la condanna di Adolf Loos troppo le cose, potremmo dire che l’intera storia dell’ornamento è attra-
che, in Ornamento e delitto (Ornament und Verbrechen), equipara senza versata da due grandi linee di sviluppo: da una parte i motivi decorativi
mezzi termini l’ornamento al crimine13. Si avvia così una stagione di “pu- desunti dalla natura, dall’altra quelli di tipo astratto22.
16 17
2. Wiligelmo complessa di relazioni. L’artista non ricopia i motivi che trova in natura,
L’Arca di Noè (particolare
delle Storie della Genesi), ma li rielabora, li combina, li trasforma; in quest’ottica, anche l’antitesi
inizi del XII secolo naturalistico-astratto perde la propria ragione25. D’altra parte, nella storia
Modena, duomo
dell’arte questa contrapposizione è più sfumata di quanto sembri; un solo
esempio: Wiligelmo, il più “naturalista” tra gli scultori attivi nel duomo di
Modena, non ha problemi a usare il motivo della doppia pelta per indicare
le onde del mare, e poi a riusarlo all’interno di una cornice (fig. 2).
6. Perché ci orniamo?
Uno dei temi cardine, nella vita dell’ornamento, è il rapporto con la na-
tura. Ben prima che la scienza tentasse di precisare meccanismi e cause
dei motivi “decorativi” che si vedono – mettiamo – su pavoni o farfalle,
ci siamo accorti che il nostro ornarci aveva un corrispettivo negli animali:
quando diciamo, ad esempio, di un tale che “si pavoneggia”, dimostriamo
di sentire una sostanziale analogia tra il nostro comportamento e quello di
alcuni volatili particolarmente appariscenti.
A partire dal XIX secolo, il tema chiama in causa la scienza stessa;
Charles Darwin in più occasioni non esita a usare il concetto di ornamento
a proposito degli animali e a paragonare il loro comportamento a quello
umano; non risparmia aggettivi per descrivere il variopinto aspetto di al-
Abbiamo attorno a noi una natura che ci dà l’impressione di farsi cuni animali: “belle tinte”, “forme squisite”, “raffinata bellezza”, “grande
bella, nel mondo vegetale prima di tutto: erbe, arbusti e alberi hanno da perfezione”; certi dettagli paiono piuttosto “opera dell’arte che non della
sempre fornito gli ingredienti fondamentali del linguaggio decorativo; natura”26. Il fagiano Argo (cat. 2), per il quale chiama in causa addirittura
all’interno di questo mondo – soprattutto in certe fasi della storia dell’arte le “Madonne di Raffaello”27, lo colpisce particolarmente:
classica e medievale – è sorprendente la frequenza con cui racemi, frutti,
fiori rivestono gli oggetti o i monumenti più disparati; ma è ancora più “Non conosco – scrive Darwin –nella storia naturale un fatto più
stupefacente l’insinuante predominio dei fogliami, quasi che la foglia fosse meraviglioso di quello che la femmina dell’Argo possa apprezzare
in grado di rendere in modo migliore la molteplice varietà della popola- la squisita sfumatura degli ornamenti ad occhio e l’elegante modello
zione delle piante. “Tutto è foglia!”: potremmo applicare l’affermazione di delle penne delle ali del maschio. Colui il quale crede che il maschio
Goethe a buona parte del campo ornamentale. sia stato creato come esiste oggi, deve riconoscere che le grandi piume,
C’è poi la decorazione di tipo astratto: per fare un esempio, la nascente che impediscono alle ali di volare, e che, come le penne primarie, sono
cultura artistica greca, tra il IX e l’VIII secolo a.C., presenta vasi deco- spiegate in modo al tutto particolare a questa sola specie durante l’atto
rati quasi esclusivamente con motivi geometrici. Questo doppio binario del corteggiamento, ed in nessun altro tempo, gli furono state date
naturalismo-astrazione ha generato un lungo dibattito nella storia degli per servir di ornamento. Se questo è il caso egli deve pure ammettere
studi almeno dalla fine del XIX secolo: quale è venuto prima e, soprattut- che la femmina venne creata e fornita della facoltà di apprezzare così
to, che rapporto c’è tra i due23? Uno dei più grandi studiosi dell’universo fatti ornamenti. Io differisco solo in ciò, che credo che il maschio del
ornamentale, Alois Riegl, negava che l’elemento generatore fosse lo studio fagiano Argo acquistò graduatamente la sua bellezza, per ciò che le
della natura; a proposito dell’acanto, la pianta regina della decorazione femmine ebbero preferito per lo spazio di molte generazioni i maschi
vegetale, Riegl escludeva che l’uomo avesse “elevato a motivo artistico la meglio ornati; la facoltà estetica delle femmine avendo progredito
prima erbaccia in cui si era imbattuto”24; per lo studioso viennese tutta la per l’esercizio o l’abitudine nello stesso modo come il nostro proprio
storia dell’ornamento si svolge, per così dire, all’interno dei laboratori degli gusto è andato graduatamente migliorando”28.
artigiani, è dalla loro libera invenzione che sgorga l’inesauribile corrente
dei motivi decorativi. Adattamento all’ambiente, mimetismo, processo della selezione naturale:
Quella di Riegl è una posizione rigida – come, vent’anni dopo, quel- l’“ornamento” nel regno animale non ha una spiegazione univoca29, ed è
la di Adolf Loos –, lo sviluppo dell’ornamento, come di altri fenome- altrettanto difficile individuarne le relazioni con il comportamento umano.
ni artistici, non avviene in uno spazio neutro e asettico, ma in una rete Quando gli uomini si ornano non fanno altro che proseguire “natural-
18 19
mente” quanto accade nel regno animale, oppure forniscono una risposta difesa della vita e la conservazione della specie), al contrario sembrerebbero
culturale al loro stato di inerme nudità30? Una cosa è fuori discussione: l’ir- l’esito di un “enorme sperpero”, di un “dispendio fastoso” privo di senso36.
rinunciabile esigenza a decorare la pelle, il volto, gli arti; nei suoi Problemi
di stile (Stilfragen, 1893), Alois Riegl arrivò a sostenere che l’uomo aveva 8. La “natura formante” dell’uomo
ornato il proprio corpo ancor prima di proteggerlo con vestiti31. “C’è nell’uomo – scriveva Goethe – una natura formante, che ben presto si di-
mostra attiva, non appena l’umana esistenza abbia raggiunto la sicurezza. Una
7. “Una geometria generata spontaneamente dalla vita” volta che non abbia più da preoccuparsi né da temere, il semidio, operoso nella
Spesso nella storia della cultura ha fatto capolino l’ipotesi che nel mondo propria quiete, cerca intorno a sé una materia per infondere in essa il proprio
naturale esista una sorta di segreta intenzione ornamentale: già nel tardo spirito. Così il selvaggio con fantasiosi disegni, con vivaci colori, con figurazio-
Cinquecento certi collezionisti cominciarono a raccogliere, nelle loro “ca- ni vegetali, adorna le sue noci di cocco, i suoi pennacchi, il suo stesso corpo.”37
mere delle meraviglie”, pietre, fossili, conchiglie le cui forme e i cui colori Le noci di cocco presenti nella collezione di Lazzaro Spallanzani (1729-
sembravano esito del lavoro di un artista (cat. 11-12). 1799)38 (cat. 24) – non certo decorate da “selvaggi” – sono l’ennesima prova
Alla fine del Settecento il fisico tedesco Ernst Chladni aveva scoperto del bisogno che l’uomo di qualunque latitudine ed epoca ha di riversare or-
che, a seconda delle vibrazioni sonore causate dalle corde di un violino, la namenti sugli oggetti che lo circondano. La necessità, la spontaneità, l’istin-
sabbia sparsa su una lastra disegnava figure regolari dotate di simmetrica tività dell’ornamento escono tutte allo scoperto quando l’uomo-decoratore
articolazione (cat. 14-15). Nel campo dell’inorganico, come in quello della interviene su forme naturali considerate già di per sé belle, senza preoccu-
vita biologica, si incontrano forme regolari, ora del tutto semplici ora com- pazioni per prevedibili ridondanze: un Nautilus che apparteneva ancora a
plesse, e di nuovo abbiamo l’impressione di avere davanti oggetti lavorati Spallanzani – uno scienziato, si noti – venne lavorato con un motivo a fiori
dall’uomo; non per nulla, tra il 1899 e il 1904, Ernst Haeckel aveva dedicato (cat. 25); nella stessa collezione, un corallo rosso venne intagliato con una
numerose tavole illustrate ai radiolari e ad altri organismi marini, quelli che figura di fanciullo (cat. 22-23). Quella che Goethe definisce “natura forman-
definì Forme artistiche della natura (Kunstformen der Natur) (cat. 16-20); te” (eine bildende Natur) non esita insomma a ornare ciò che è già ornato.
pochi decenni dopo, Karl Blossfeldt intitolò Forme originarie dell’arte (Ur- Ma, per quanto riguarda la dimensione decorativa, che cosa è lo “spi-
formen der Kunst) una raccolta di fotografie di dettagli di piante32 (fig. 3). rito” che l’uomo infonde “nella materia intorno a sé”? Si tratta dell’anima-
3. Karl Blossfeldt Si trattava, piuttosto, di “forme originarie della natura”, replicava zione, dello sforzo di infondere vita nelle cose inanimate39. Lo rivelano,
Acanthus mollis, 1928
Los Angeles, The J. Paul Getty
Walter Benjamin recensendo Blossfeldt33; esse “sono state fin dall’inizio tra tantissime, due opere che pure, secondo la storia dell’arte, non hanno
Museum all’opera come forme originarie di tutto il creato” e si offrono per questo nulla in comune: la Cista Ficoroni e una miniatura di epoca romanica. La
come “formule di stile”. prima è la più celebre tra le ciste prenestine, una produzione tipica della
Anni dopo, Roger Caillois cercò di leggere cultura ellenistica in area italica; lasciamo da parte il mito descritto sul
assieme fenomeni “decorativi” disparati (senza ventre del recipiente, e anche le magnifiche fasce decorative che lo borda-
escludere le forme della materia inanimata): “esi- no, ma osserviamo le basi che lo sostengono (fig. 4): zampe animali che
ste […] una geometria generata spontaneamente schiacciano ranocchi, idea del tutto sganciata dal mito quanto dagli ornati
dalla vita e singolarmente più sviluppata di quel- del recipiente. Il manufatto – un contenitore di oggetti della parure fem-
la che appare nella tela di un ragno, nella corona minile – si anima come un essere vivente, e lo conferma l’artista, che lo fa
dei petali, nella disposizione delle foglie sullo parlare nell’iscrizione sul coperchio (“Novios Plautios mi fece a Roma”).
stelo, nella spirale delle conchiglie o nel guscio Nella seconda immagine, una miniatura del XII secolo, il vescovo di
degli echinodermi”34; si chiese quindi se ci fosse Reggio Eriberto dialoga con due suore (fig. 5); fermiamoci non tanto sulle
una sorta di principio nascosto che accomuni belle cornici vegetali in alto e in basso, ma sull’animale (un leone?) che
l’impressionante varietà dei motivi presenti nel- separa i tre personaggi ed è tutt’uno con la colonna40: questa volta si è volu-
la vita biologica: “l’ipotesi porta a immaginare to animare un elemento architettonico, procedimento che verrà applicato
che esista, tra gli esseri viventi in generale, una innumerevoli volte nei contemporanei edifici sacri (il duomo di Modena,
‘tendenza’ a produrre dei disegni colorati e che ad esempio). Non si tratta di riprodurre la vita organica nelle sue forme
questa tendenza produca in particolare, alle due esteriori, quanto di imitarla nella sua possibilità generativa, imprimendo
estremità della scala evolutiva, le ali della farfal- movimento (anche quando li riveste di motivi geometrici) nei manufatti.
la e i quadri dei pittori”35. Ma l’“armonia” e la In altre parole, l’artista realizza un oggetto (qualunque esso sia) destinato
“bellezza” dei regni biologici – secondo Caillois a essere visibile e a interagire con gli uomini; per questo lo pensa secon-
– non obbediscono a un principio di utilità (la do l’unica forma di creazione che conosce, quella della generazione filiale;
20 21
a quel punto l’oggetto è “vivo”, se parla lo fa in Le ornamentazioni passano senza sforzo dal livello artigianale a quello
prima persona (come in molte firme d’artista nel propriamente artistico, come accade con i tessuti ripresi in tanti dipinti
mondo antico e medievale), e viene rivestito di rinascimentali (cat. 54), episodi in cui l’ornamento riprodotto non perde
decorazioni poiché così si presentano le creatu- d’effetto, ma sembra anzi aumentare in vigore. Talora i passaggi sono in
re nel mondo naturale. E questi ornamenti sono senso inverso, e senza fine: nel 1886 il ricco volume curato da Sidney Va-
governati, per usare parole di Benjamin, da “una cher riproduce i tessuti che i pittori del Quattrocento italiano avevano de-
delle forme più profonde e imperscrutabili del scritto nei dipinti della National Gallery londinese (cat. 56-58); il volume,
creare, la variazione”41. a sua volta, offrirà modelli ad altri artisti, illustratori, artigiani.
Gli oggetti devono assomigliare ai corpi, Una volta entrato in un libro di modelli e isolato in elenchi, il singolo
qualunque sia il loro scopo e la loro dimensione: motivo perde la sua eventuale esuberanza e si rapprende in uno schema
succede così, ad esempio, che nella trattatistica astratto. Così l’ornamento ci appare in una veste nuova, pronto per analisi
architettonica rinascimentale si mettano in rela- tipologiche e tassonomie, ma irrimediabilmente privato di ogni slancio
zione le modanature che ritmano l’esterno di un
edificio con la forma del corpo umano42. L’im- 5. Il vescovo di Reggio Eriberto
dialoga con due suore, XII
pressione di arbitrarietà che a volte le decorazioni secolo (copia da originale
suscitano non deriva proprio da questa intenzio- dell’XI secolo)
Vienna, Österreichische
ne tesa ad animare oggetti o edifici a tutti i costi, Nationalbibliothek, ms. 792
senza badare cioè alle possibili incongruenze o
contraddizioni?43
9. Trasmigrazioni e passaggi
Ammesso che la legge dominante all’interno del
reame dell’ornamento sia quella dell’animazione,
4. Novios Plautios osserviamone i meccanismi. Il primo momento è quello della realizzazione
Cista Ficoroni (particolare),
concreta; fase cruciale per Gottfried Semper, il quale pensava che le pratiche
IV secolo a.C.
Roma, Museo Nazionale decorative fossero strettamente congiunte a quelle tecniche (la realizzazione
Etrusco di Villa Giulia dei tessuti, l’intreccio dei cesti viminei). L’artigiano deve adattarsi a materiali
diversi, escogitare soluzioni per luoghi e situazioni differenti. Da qui deriva la
necessità, per così dire, di tesaurizzare i motivi decorativi e allestire repertori a
disposizione; ecco, ad esempio, la nascita in età rinascimentale di manuali per
ricamatori o calligrafi (cat. 100-102, 139).
In questo laborioso mondo dell’ornamento regna il silenzio: sono
anonimi gli inventori dei pattern44 e pure questi ultimi sono privi di nome;
i termini con cui li indichiamo (anche quelli più brillanti, come “ovuli e
dardi”, “cani correnti”, “gattoni rampanti”…) sono quasi sempre trovate
di studiosi moderni.
Il repertorio di motivi decorativi è per definizione mobile e aperto:
l’ornamento è destinato a trasmigrare, essere ceduto e ripreso. I temi che
passano da un’epoca a un’altra, da un territorio a un altro, da una cultura
a un’altra sono innumerevoli45.
A volte alcuni motivi scompaiono per secoli e riappaiono in tutt’altra
dimensione e in tutt’altra epoca (come alcuni temi della scultura altomedie-
vale che riaffiorano in certi esempi di artigianato popolare46). In certi casi si
svuotano di significato, in altri ne assumono uno d’improvviso o in maniera
artificiale (chi avrebbe detto che la svastica prima del nazismo è stata solo un
ornamento?47).
22 23
vitale. Anche se di origine vegetale, le decorazioni distese sulla copertina il quale a sua volta perdeva la propria piattezza cartacea e si dilatava in
del “New Yorker” da Saul Steinberg non si possono di certo annaffiare profondità finché il cuore dell’osservatore quasi scoppiava per reazione
(cat. 156)! a quell’espandersi”54. Lo scrittore (tra l’altro, un appassionato studioso di
Nei repertori, in questa situazione che spezza il rapporto con luoghi lepidotteri) coglie perfettamente una delle singolarità dell’ornamento, la
e oggetti, l’ornamento si presenta in un’inedita veste concettuale e si lascia frequente compresenza di precisione e di ambiguità e, insieme, la pluralità
avvicinare da un approccio teorico48. Ma la sua vera dimora è nella concre- delle direzioni in cui l’attenzione può avventurarsi.
tezza dell’opera, nell’abilità o nel virtuosismo del lavoro manuale: da qui Anni prima, nel suo Vita delle forme (1934), Henri Focillon aveva
nasce il piacere che ci accompagna alla vista dell’ornamento quotidiano o analizzato questa ambivalente complessità della decorazione in una pagina
scaturisce addirittura quel potere di pacificazione interiore raccontato da magistrale, ancora più godibile nella traduzione di uno storico dell’arte che
Yves Bonnefoy a proposito dei sarcofagi di Ravenna: ne seguì le tracce, Sergio Bettini (1905-1986):
“C’è nell’ornamento, o almeno nell’intrico di trecce e arabeschi, di ro- “Prima ancora di essere ritmo e combinazione, il più semplice tema
sette e fogliami delle tombe di Ravenna, una virtù che all’inizio non si d’ornamento, la flessione d’una curva, un racemo, che implica tutto
riesce a spiegare. Un potere di acquietamento, ho detto, e di vertigine, un avvenire di simmetrie, di alternanze, di raddoppiamenti, di ripie-
che richiama e trattiene lo sguardo nelle curvature o sulle sporgenze del gamenti, cifra già il vuoto dove appare e gli conferisce un’esistenza
marmo: che vive d’una vita sottile creatasi intorno a lui, fatta di fremiti. inedita. Ridotto ad un esile tratto sinuoso, è già una frontiera e una
Congiunzione della purità di un’acqua e della fluidità di una parure, strada. Arrotonda, affila, seziona il campo arido dove si inscrive. Non
d’una solenne immobilità e di moti segreti, inspiegabilmente l’angoscia soltanto esiste per se stesso, ma configura il suo ambiente, al quale
peggiore vi si quieta”49. la sua forma dà una forma. Se noi seguiamo questa forma nelle sue
metamorfosi, e non ci contentiamo di considerare i suoi assi, la sua
10. Minacciose carte da parati armatura, ma tutto quel ch’essa stringe in questa sorta di griglia, noi
Chi direbbe che gli ornamenti nascondano insidie? Nella stanza descritta in ci troviamo sotto gli occhi una varietà infinita di blocchi di spazio i
Ligeia, Edgar Allan Poe immagina un tessuto in cui gli “arabeschi eran fatti quali costituiscono un universo frammentario, intercalare. Talora il
in modo da cambiare aspetto”50; entrando sembravano “semplici disegni fondo resta largamente visibile, e l’ornamento vi si distribuisce con
mostruosi”, ma avanzando “ci si vedeva attorniati da una processione con- regolarità in filari, in quinconce; altra volta il tema ornamentale riboc-
tinua di quelle forme spaventose la cui invenzione si deve alle superstizioni ca con prolissità e divora il piano che gli serve di sostegno. Il rispetto
dei normanni, o ai colpevoli sogni dei monaci”; come non bastasse, una o l’annullamento del vuoto crea due ordini di figure. Sembra che lo
corrente d’aria dava alle stoffe “una paurosa e inquietante animazione”. Ci spazio, disposto largamente intorno alle forme, le mantenga intatte
sono poi gli incubi delle carte da parati, quelle che sembrano muoversi nei e sia garante della loro fissità. Nel secondo caso, esse invece tendono
paradisi dell’hashish in Baudelaire e quelle che imprigionano la protagoni- ad accoppiare le loro curve rispettive, ad inseguirle e raggiungerle, a
sta di La carta da parati gialla (The Yellow Wall-paper, 1892) di Charlotte mescolarle, o almeno, dalla logica regolarità delle corrispondenze e
Perkins Gilman51. Un’altra carta da parati minacciosa (“ci diventi matto, dei contatti, esse passano a quella continuità ondulante, nella quale il
caro te”) compare in una poesia di Christian Morgenstern52. rapporto tra le parti non e più discernibile, dove il principio e la fine
Un passo di Pnin (1957), un romanzo di Vladimir Nabokov, mostra sono occultati con cura”55.
di nuovo una decorazione inquietante53. Addormentato su una panchina,
il protagonista sogna la propria camera di bambino e il suo arredamento, Cogliamo qui, finalmente, l’elemento essenziale dell’ornamento sul pia-
e mentre le decorazioni del paravento della stanza vanno confondendosi no esecutivo e su quello percettivo, l’elemento che solo può rispondere al
con quelle del parco, il bambino, in preda alla febbre, ingaggia una sorta bisogno (non importa se consapevole o meno) di realizzare e vedere un
di battaglia con la carta da parati: come aveva sempre fatto, riesce a coglie- oggetto animato: il movimento. Sia che abbiamo davanti la ripetizione di
re lo schema che in verticale raggruppava, “con confortante precisione”, un semplice schema geometrico o l’ondulato snodarsi dei racemi vegetali,
una serie di fiori e di foglie; ma ora non è più in grado di individuare il un complicato intrecciarsi di nastri o una serrata sequenza di modana-
“sistema di inclusioni e delimitazioni” determinato dal medesimo schema ture architettoniche (e si potrebbe proseguire a lungo…): in tutti questi
in orizzontale. C’era senz’altro una “chiave del disegno”, ma era stata abil- casi riconosceremo itinerari decorativi che, apparentemente senza scopo,
mente nascosta dal “perfido disegnatore”. Accadeva poi che “il fogliame e partono, si allungano, ritornano su se stessi, modificandosi per divenire
i fiori, indisturbati in tutte le circonvoluzioni del loro ordito, sembravano irriconoscibili o mantenendo fino in fondo la propria identità iniziale: in
distaccarsi come un unico corpo ondulante dallo sfondo azzurro pallido, altre parole, forme d’un incessante movimento56.
24 25
11. Sconfinamenti, mediazioni, metafore 6. Particolare di cornice con
kyma lesbio
Attestato già nel Settecento, il parallelo tra ornamento e musica diventa una Roma, Foro di Traiano
sorta di luogo comune in età romantica e nel corso dell’Ottocento. Kant lo pro-
pone in un quadro ampio, che ricollega – ancora una volta – natura e ornato:
“I fiori sono bellezze naturali libere. […] Molti uccelli (il pappagallo,
il colibrì, l’uccello del paradiso), una quantità di animali marini for-
niti di conchiglia sono bellezze di per sé, alle quali non corrisponde
affatto un oggetto determinato secondo concetti in considerazione
del suo fine, ma che piacciono liberamente e di per sé. Allo stesso
modo, i disegni alla greca, il fogliame in cornici, o su carte da parati,
etc. di per sé non significano niente: non rappresentano niente, alcun
oggetto sotto un concetto determinato, e sono bellezze libere. Si può
annoverare nella medesima specie anche ciò che in musica ha il nome
di fantasie (senza tema), anzi tutta la musica senza testo”57.
26 27
Nella Bibbia, in una delle più antiche descri- moniti di san Bernardo contro la proliferazione decorativa di certi mona-
zioni di un tessuto, non c’è nessun riferimento steri (“quelle ridicole mostruosità, quella bellezza per dire così deforme e
ai significati delle “melagrane di lana viola, rossa quella bella deformità”) e si lasciasse così libero campo alle fantasie degli
e scarlatta” (Esodo, 28,31-34); come nota Gom- scultori, lasciando uno spazio modesto alle figure dei santi (fig. 9)?74 E
brich, “per le Scritture è più che sufficiente che come spiegare le coppie di colonne annodate come serpenti ai quattro
il Signore volesse i paramenti del sacerdote in angoli del chiostro?
questo modo e non in altro”71.
Nella prima metà del XIII secolo, un capitello 13. Una deriva sotto controllo
di Bitonto (Bari) reca un’iscrizione frammentaria: Nei mosaici di San Marco, nelle sculture romaniche (e pressoché in ogni
“Doctoris studium, laudes pensando […]u, has / forma ornamentale) c’è qualcosa da portare alla luce. È ciò che Bonnefoy
tricatas in me studuit formare figur[as]”72. Nono- chiama “potere di acquietamento” e “di vertigine”. L’esecutore conosce (e
stante le lacune, riusciamo a capire che la scritta lo spettatore percepisce) il paradosso di qualsiasi decorazione: un pattern
teneva più argomenti assieme: l’oggetto che parla estremamente semplice può generare una sequenza sempre più complessa
in prima persona; il tema della sapienza dell’artista e potenzialmente infinita; la mescolanza, la trasposizione, la concatenazione
e delle lodi meritate; l’insistenza sullo “studium”, delle forme – ingredienti base dell’ornamento – possono trasformarsi in
l’appassionata diligenza dello scultore; e infine le un meccanismo senza argini, il luogo della metamorfosi e dell’ibridazione
“tricatae figurae”, le figure intrecciate, cioè i draghi degli esseri.
7. Particolare del pavimento che vanno annodandosi a cespi e fiori (fig. 8). Quale lettura dava lo spettatore Osserviamo il flusso ininterrotto delle forme nel loro svolgimento su-
medievale della basilica di San
medievale di un capitello come questo? Era davvero preoccupato (come siamo perficiale: ne può derivare un tranquillizzante piacere; lo spiega un brano
Marco a Venezia
noi) del suo “significato”? L’artista non sente alcun bisogno di precisare che di Oscar Wilde, che è una vera e propria celebrazione dell’ornamento75:
cosa siano le “figure” in questione, nonostante la scultura si trovasse all’interno
di una chiesa; la sacralità del luogo viene a coincidere con quella delle immagi- “Quell’arte, che è francamente decorativa, è l’arte con la quale vivere.
ni, che non hanno alcun bisogno di essere caricate di significati. Essa è, fra tutte le arti visibili, l’unica arte che in noi crea tanto l’umo-
D’altra parte, a San Michele della Chiusa – come abbiamo visto – an- re, che il temperamento. Il semplice colore, non guasto dal significato,
che Nicolò chiede al fedele-spettatore di ammirare gli animali che si muo- non accompagnato da una forma definita, può parlare all’anima in
vono tra tralci vegetali, e non sente il bisogno di rimarcarne la (improba- mille maniere diverse. L’armonia che sta nelle proporzioni delicate
bile) simbologia. E quando Gerald of Wales ammonisce lo spettatore a uno di linee e masse trova rispecchiamento nella mente. Le ripetizioni
sguardo meno superficiale, non lo esorta a una lettura simbolica e perciò dei pattern ci danno un senso di riposo. Le meraviglie del disegno
più profonda, ma lo invita a dipanare il groviglio decorativo e seguirne le eccitano la fantasia. Nella pura grazia dei materiali impiegati esistono
intricazioni; questa “ruminazione visiva” diventa una meditazione tramite elementi latenti di cultura. E non è tutto. Per il suo deliberato rifiuto
gli occhi e si offre come viatico verso il sacro73. della Natura con ideale di bellezza, ed anche del metodo imitativo del
La domanda sul significato diventa (ai nostri occhi) urgente quando pittore ordinario l’arte decorativa non si limita a preparare l’anima a
la profusione di ornamenti è stupefacente in varietà e quantità, come sul ricevere la vera opera di fantasia, ma sviluppa in essa quel senso della
pavimento di San Marco a Venezia (fig. 7); davanti a opere simili affiora rma che è la base di ogni conquista sia creativa che critica”76.
la nostra assillata ipotesi di una forma fine a se stessa, e da qui gli sforzi 8. Gualtiero da Foggia
per individuare significati riposti e simbologie interne (assecondando la Capitello con figure di draghi,
prima metà del XIII secolo
voglia di “misteri” che tanto piace ai mezzi di comunicazione di massa).
Bitonto (Bari), Museo
Ecco, insomma, la preoccupata ricerca di un “programma decorati- Diocesano
vo”. Eppure certi insiemi non si lasciano affatto addomesticare dal nostro 9. Capitello, prima metà
bisogno di “significato”: nel duomo di Modena, il maggior sforzo degli del XIII secolo
Abbazia di Chiaravalle della
scultori (a cominciare da Wiligelmo) si concentra sulla lunga serie di ca- Colomba (Fidenza), chiostro
pitelli che contrappuntano la successione di logge dell’esterno. Non ap-
pena li interroghiamo uno a uno e nel loro complesso, riceviamo risposte
deludenti (se chiediamo loro un “programma”).
E che dire, per restare in Emilia, del chiostro di Chiaravalle della Co-
lomba? Possibile che in questo complesso cistercense nessuno ricordasse i
28 29
Ancora una volta l’indifferenza per i significati, il superamento dell’imita- 1
Leonardo 1996, p. 145, cap. 20 (cfr. anche capp. 47
Chapoutot 2017, p. 84.
36, 438, 511). 48
Focillon 2002, p. 15: “l’essenza dell’ornamento è
zione della natura, la cancellazione delle rappresentazioni. Ma, appena al di 2
Calvino 1980, p. 297. Si tratta dei Dialoghi di Fran- nel suo potersi ridurre alle forme più pure dell’in-
là della piacevole, tranquillizzante armonia descritta da Wilde, si può aprire cisco de Hollanda (1517-1585) con Michelangelo. telligibilità, così che il ragionamento geometrico
la vertigine di un universo caotico. La vitale confusione delle forme può as- 3
Si veda infra P. Cesaretti, Kosmos. si possa senza eccezioni applicare all’analisi del
4
Si veda infra M. Bettini, Ornamentum. rapporto tra le parti”. Sull’ornamento come pro-
sumere i contorni di un delirio come quello descritto da Nabokov in Pnin. 5
Vitruvio 1997, II, p. 1045. La decorazione descritta cesso cognitivo e speculativo, cfr. Bonne 1996, pp.
Nel corso della loro diffusione rinascimentale, le grottesche – nel fan- dovrebbe corrispondere alla fase IIA del cosiddetto 207-249.
tastico combinarsi di vita vegetale, animale e umana – mostrano questo II stile. Sulla grottesca, si veda infra C. Franzoni, 49
Bonnefoy 1982.
Arabesco. 50
Poe 1971, pp. 219-220 (trad. di D. Cinelli).
doppio volto, ora celebrate come spazio di libertà assoluta e luogo di signi- 6
Si veda infra. 51
Grignard 2014.
ficati reconditi, ora condannate come decorazioni deliranti. Nella seconda 7
Giraldi Cambrensis 1867, p. 123 (trad. mia). 52
Gombrich 1984, p. 218.
metà del Cinquecento, nonostante i pittori lo adottassero ormai da decen- 8
Panofsky 1999, p. 124. 53
Ringrazio Enrico M. Davoli per avermelo segna-
ni, alcuni continuavano a guardare con sospetto questo genere decorativo: Isidoro di Siviglia, Etimologie, XI, 25: Eco 2008, lato.
9
p. 111. 54
Nabokov 1998, pp. 23 sgg.
Gabriele Paleotti, arcivescovo di Bologna, le definiva “nate dalle tenebre” 10
Alberti 2010, pp. 211-213. 55
Focillon 2002, pp. 29-30.
come “ucelli di notte”77. In un passo di Vasari, il giudizio positivo arriva 11
Kant 1995, pp. 207-211. 56
“L’elemento cinetico che impropriamente defi-
solo quando capricci e mostruosità vengono sottoposti a regole e le grot- 12
Si veda infra A. Pinotti, Polarità. niamo ornamento”: non è casuale che questa affer-
13
Si veda infra M. Biraghi, Loos. mazione di Hans Belting sia stata fatta a proposito
tesche vengono inserite – quasi catturate – in fregi e in partiture precisi: 14
Dorfles 2017, p. 134. Sul timore modernista di degli evangeliari celtici, cfr. Belting 2007, p. 170.
un “contagio decorativo”, si veda Soulillou 2000, 57
Kant 1995, pp. 207-211.
“Le grottesche sono una spezie di pittura licenziose e ridicole molto pp. 241-258. 58
Si veda infra A. Anceschi, Musica.
15
Si veda infra il saggio di P. Nardoni. 59
Ferri 1965, pp. 674-675; cfr. anche Lévi-Strauss
fatte dagl’antichi per ornamenti di vani, dove in alcuni luoghi non 16
Matisse 2003, p. 278, nota 31. 2001, p. 140. Gombrich dedica al rapporto mu-
stava bene altro che cose in aria; per il che facevano in quelle tutte 17
Sironi 2000, p. 69. sica-ornamenti il capitolo finale del suo saggio
sconciature di monstri per strattezza [stravaganza] della natura e per 18
Krauss 2007a, p. 249. (Gombrich 1984, pp. 451-482).
grìcciolo [capriccio] e ghiribizzo degli artefici, i quali fanno in quelle
19
Marrone, Migliore 2018. 60
Battistini 1987, pp. 77-90.
20
Canales, Herscher 2005, pp. 235-256. 61
Si veda infra P. Gandolfi, Calligrafia.
cose senza alcuna regola, appiccando a un sottilissimo filo un peso 21
Per una tipologia degli “interventi estetici sul cor- 62
Mardersteig 1970, p. 451.
che non si può reggere, a un cavallo le gambe di foglie, a un uomo le po”, si veda Remotti 2018, pp. 22 sgg. 63
Si veda infra S. Nicolini, Scarabocchio.
gambe di gru, et infiniti sciarpelloni [bizzarrie] e passerotti; e chi più 22
Lévi-Strauss 2001, pp. 135 sgg. 64
Grabar 1992.
23
Cfr. infra A. Pinotti Polarità. 65
Sui nodi, si veda Belpoliti, Kantor 1996 e infra M.
stranamente se gli immaginava, quello era tenuto più valente. Furono 24
Riegl 1963, p. 9. Belpoliti, Nodo; sul tema degli intrecci, si veda infra
poi regolate, e per fregi e spartimenti fatto bellissimi andari”78. 25
Una discussione dei temi anche in Cohn 2000, R. Gilodi, Intreccio.
pp. 11-33. 66
Si veda infra L. Zoja, Horror vacui.
26
Darwin 1872, p. 366. 67
Sul tema del rifiuto della decorazione a fiori in
Dietro al senso di ordine dell’ornamento c’è anche la paura del caos. Quan- 27
Sull’argomento si veda Bredekamp 2015, pp. 253 Tempi difficili di Dickens (1854), cfr. Gombrich
do Meyer Vaisman, in MM (cat. 208), trasforma di colpo la decorazione sgg. 1984, pp. 61-62.
in soggetto, facendo coincidere l’opera d’arte e la sua ornamentazione, ci 28
Darwin 1872, p. 577. 68
Poe 1997, pp. 126-128.
29
Si veda infra A. Bonfitto, Animali. 69
Melville 1851, cap. CX, p. 535.
accorgiamo definitivamente che quello non è il posto dell’ornamento. Per 30
Remotti 2011. 70
Per l’individuazione di significati nell’ornamen-
secoli la sua dimora sono stati i margini, i bordi, le cornici. Sappiamo dire 31
Riegl 1963, p. 4. tazione di età augustea, cfr. Sauron 2018.
fino a che punto, in queste posizioni intercalari e subordinate, è vissuto a 32
Blossfeldt 1928. 71
Gombrich 1984, p. 364.
proprio agio e in libertà, o vi è stato tenuto a bada?
33
Benjamin 2010, pp. 174-176. 72
Gattagrisi 1989; sulle forme ibride nel Medioevo
34
Caillois 1998, p. 29. rimangono fondamentali le ricerche di Jurgis Bal-
35
Ivi, p. 25. trušaitis (cfr. Baltrušaitis 2006).
36
Ivi, p. 34. 73
Bonne 2000, pp. 75-108. Sul possibile rapporto
37
Goethe 1773 (trad. di R. Assunto, in “Psicon”, 4, tra ornamentazione e meditazione, cfr. Grabar
1975, pp. 23-32). 1989, pp. 254 sgg.
38
Spallanzani 1985. 74
A proposito della difficoltà di leggere insiemi
39
Gombrich 1984, pp. 270, 281; si veda infra Th. come questo, cfr. Kojima 2018, pp. 57-63.
Golsenne, Animazione. 75
Gombrich 1984, pp. 101-102.
40
Zanichelli 2008, pp. 488-489. 76
L’artista come critico, citato in Gombrich 1984,
41
Benjamin 2010, p. 176. p. 102.
42
Si veda infra S. Bettini, Modanature. 77
Chastel 1989, p. 64.
43
Sul concetto di “arbitrarietà” degli ornamenti, cfr. 78
Vasari 1568, I, cap. XXVII.
Grabar 1989, p. 252.
44
Si veda infra M. Carboni, Autore.
45
Cfr. Saxl, Wittkower 1948, sezioni 2-4.
46
Gioseffi 1978.
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