Sei sulla pagina 1di 16

NARCISO e PIGMALIONE

I.
Partendo da due miti fondanti del mondo classico e seguendo il percorso tracciato da
un importante saggio di un grande studioso1, affronteremo il tema dei confini tra
realtà e immagine, tra realtà e mondo virtuale

I due Narcisi
Lungo il corso della tradizione del mito si distinguono diverse varianti .
1. Narciso ingenuamente crede che a la figura che vede sia reale. Secondo lo
scrittore greco Pausania (110 -180 d. C), quella di N. "è una storia completamente
idiota che un individuo già arrivato all'età di potersi innamorare non sia nemmeno
capace di distinguere che cos' è un uomo e che cos' è un'immagine".
2. Nella variante più nota (quella del poeta latino Ovidio (43 a, C, -18 d. C), nell'opera
"Le metamorfosi"), Narciso dapprima si illude che la figura sia reale, poi prende
coscienza che si tratta della propria immagine ed esausto per non poter possedere
l'oggetto de suo desiderio, muore sul verde dell'erba.
In versione precedente a quella di Ovidio N. muore suicida.
Il filosofo greco Plotino (203-270 d, C.) opterà per l'annegamento. (Plotino «mette in
guardia chi si affretta dietro alla bellezza dei corpi senza comprendere la loro natura
di "mere immagini, orme ed ombre". "Chi inseguisse un corpo bello "per volerlo
stringere, quasi fosse una cosa reale, imiterebbe quell'uomo che, a quanto allude il
mito, mi pare volesse afferrare la sua bella immagine riflessa nell'acqua e finì col
cadere giù, scomparendo nella corrente"
La versione di Ovidio è l'unica che introduce l'elemento dell'auto
riconoscimento nel passaggio dall'ingenuo innamoramento nei confronti di un altro,
che si offre con i medesimi suoi lineamenti, alla presa di coscienza che quel fanciullo
non è altri che lui stesso riflesso in immagine .(Pinotti). Contrapposizione tra realtà
e percezione iconica. Tra Narciso ingenuo e Narciso consapevole. Narciso
ingenuo scambia il riflesso speculare per una persona reale (la causa è un
ottundimento provocato dal dio Eros). Narciso consapevole prende coscienza del
mezzo "acqua" come "specchio". nel momento dell'auto riconoscimento N. si rende
conto di trovarsi di fronte a una rappresentazione, cioè a un immagine che lo
rappresenta'
L'ingenuo crede di trovarsi di fronte a una presenza. Il consapevole si rende
conto di essere di fronte a una rappresentazione. (di frustrazione in frustrazione N si
render conto di trovarsi in un universo di segni.)
:
Nei termini della contemporanea teoria dei media, Pinotti riformula la polarità tra
Narciso ingenuo e Narciso consapevole come antitesi tra effetto trasparenza ed
effetto di opacità del medium. L'ingenuo non riconosce lo specchio acqueo come
supporto materiale che consente all'immagine di manifestarsi in quanto appunto come
immagine.

1
A. Pinotti, Alla soglia dell'immagine. Da Narciso alla realtà virtuale, Einaudi, Torino 2021

1
Caravaggio, Narciso al fonte (1600 ca)
«L'ingenuo Narciso si sporge fatalmente ingannato dal riflesso dell'amato»

Benvenuto Cellini, Narciso 1549

2
A; Masson, Narciso

Nel racconto di Ovidio Narciso piange e le sue lacrime cadendo nell'acqua la


intorbidano. «La perturbazione dello specchio acqueo provocata dalle lacrime esibisce
l'opacità del medium, ne denuncia la funzione di supporto dell'immagine e di
conseguenza esibisce la natura iconica dell'oggetto d'amore»

Questo mito è alle origine della genesi dell'autoritratto. Leon Battista Alberti
vede nella difesa di "Narciso" l'esaltazione embrionale dell'autoritratto .
«La genesi moderna dell'autoritratto sarebbe resa possibile da un processo
"narcisistico di separazione e autonomizzazione dell'individuo rispetto alla sfera
individuale del sacro, in cui è fondamentale il processo di presa di coscienza del Sé»
« Se, come è stato giustamente osservato "ogni epoca forma il proprio Narciso",
considerando la storia dell'iconografia ad iniziare dalle pitture pompeiane, si può
constatare la prevalenza del tipo consapevole, senza però che si cancelli
definitivamente la polarità tra ingenuità e coscienza dell'immagine.
«Anche nell'arte contemporanea, nel suo complesso caratterizzata da un alto livello
di riflessività, il tipo di Narciso consapevole sembra dominare incontrastato: la body
art potrebbe essere interpretata come un incessante instancabile commento al
narcisismo cosciente di sé: "Narciso protesta (gratificandosi) attraverso la coscienza
di sé".
Ma il tipo ingenuo resiste, facendo capolino, per esempio, in Look Mickey (1961) di
Roy Lichtenstein: Donald Duck pescatore guarda eccitato lo specchio d'acqua
convinto di aver preso un grosso pesce, senza accorgersi che l'amo si è impigliato nel
retro della sua giacca, e che - facendo sghignazzare un consapevole Mickey Mause - è
il proprio corpo riflesso quel che scambia per la preda.

3
Quanto alla modalità consapevole, essa compare sotto forma di un'antica
superstizione, riscontrabile in numerose culture, che vuole che chi si guarda
riconoscendosi nello specchio o in un riflesso acquoreo si destini al trapasso. Nel
Ramo d'oro Frazer ha raccolto molti casi in cui il riflesso nello specchio è equiparato
all'anima: tanto per gli Zulu e i Basuto in Africa quanto secondo alcune popolazioni
melanesiane, specchiarsi in una pozza d'acqua espone al rischio che bestie feroci o
spiriti maligni possano impossessarsi dell'anima "Possiamo ora capire perché fosse una
massima tanto dell'India antica quanto dell'antica Grecia quella di non guardare la propria immagine
nell'acqua [....] è questa probabilmente l'origine della classica storia del bel Narciso"
Tenendo conto delle riflessioni frazeriane, in un'affascinante indagine pionieristica
dell'intersezione fra antropologia e psicanalisi, Géza Rohéim mette in parallelo la
nozione do "rimozione" e quella di "tabù", esaminando una racchissima casistica di
esempi tratti dal folklore europeo relativi alla proibizione di guardarsi allo specchio e
alla paura del proprio riflesso speculare (eisoptrofobia o spettrofobia) come timore
dell' auo-riconoscimento, con ampi riferimenti al mito di Narciso.
Il tipo del Narciso consapevole, di matrice ovidiana, ha alimentato in maniera
pressoché unilaterale la storia mainstream 2degli effetti di questo mito, rafforzandosi
in modo decisivo grazie alla concezione psicoanalitica del narcisismo.

Apnea3

Pinotti dimostra che Narciso ha un ruolo fondamentale archetipico nella genealogia


degli ambienti immersivi. L'immersione in senso lato è l'esperienza di un
coinvolgimento totale in un ambiente iconico. In senso stretto il termine "immersione"
è vincolato all'elemento liquido.

2
Termine usato come aggettivo in vari campi delle arti e della cultura per indicare una corrente che, in un
particolare ambito culturale, è considerata più tradizionale e "convenzionale", comune e dominante, venendo
quindi seguita dal più grande pubblico.

3
Apnea. è un videogame in VR pubblicato nel 2015 in cui il giocatore incarna un palombaro sovietico che deve
recuperare un missile nucleare di un sottomarino americano inabissatosi nelle acque dell'Atlantico nel 1968. VR =
una realtà simulata, in pratica un mondo digitale dove si viene immersi indossando un visore.

4
L'immersione in una realtà virtuale che simula un mondo alternativo a quello reale
potrebbe ben essere paragonata a una condizione di apnea, in cui il ritmo per così dire
"respiratorio" che regola le nostre interazioni con il mondo reale viene sospeso e
viene sostituito con una ritmica differente, in cui dobbiamo apprendere nuove
gestualità e nuove prestazioni sensorimotorie

«Narciso è il proto-immersivo che coglie l'immagine come se fosse la realtà stessa


(immediatezza) e vi si relazione come una presenza si relaziona con una presenza e
non come una mera rappresentazione iconica (presenzialità) e, finalmente,
corrispondendo a una a una specifica affordance4, vi si immerge (scorniciamento)
travalicandone la soglia.
Ed è proprio rivolgendoci al passato atemporale del mito di questo proto-immersivo
(Narciso) che possiamo cominciare a intravvedere il senso di quella apparentemente
irrefrenabile inclinazione all'immersività che contraddistingue il nostro panorama
mediale contemporaneo che sembra orientare il prossimo futuro. [...]
Già il primo cinema aveva stretto un patto con il senso letterale dell'immersività : la
ripresa del treno delle Whirpool Rapids in Panorama of Gorge Railway (Edison
1900), che sembra voler condurre lo spettatore nel turbinio delle acque, ne offre un
sigillo precoce. Il patto sarebbe poi stato ribadito e rafforzato dagli sviluppi successivi
di una cinematografia volta a quel che è stato definito un vero e proprio
"enwaterment"5 (water + embodiment 6) dello spettatore, che viene incorporato in una
dimensione liquida e fluida» (esempi. Titanic (1997). Salvate il soldato Ryan (1998):
Nellambito della vdeo arte, il video ambiente Il nuotatore (va troppo spesso ad
Heidelberg), realizzato nel1994 da Studio Azzurro (un gruppo di video artisti che ha
precocemente sperimentato le nuove tecnologie), appare particolarmente significativo
per il nostro discorso, perché inscena in maniera esemplare la dialettica fra incornicia
mento e scorniciamnento. Disposti uno di fianco all'altro, ventiquattro monitor
scandiscono in orizzontale in spazi discreti, ma tale discontinuità è sistematicamente
da quel che i monitor stessi mostrano: un nuotatore che, scivolando da uno schermo
all''altro, ma esonda per così dire dalle loro cornici e impone l'istituzione di uno
spazio continuo

4 affordance. L’affordance è una sorta di invito all’uso, che ci arriva direttamente dall’oggetto, che dunque ci
suggerisce l’insieme di azioni potenziali che con esso si posso compiere. Quindi una affordance fornisce un
“suggerimento” che aiuta la persona all’utilizzo di un determinato oggetto. Il manico di una tazza suggerisce che
questa possa essere afferrata.
5
enwaterment. Vortice marino, mulinello
6
embodiment. incarnazione, personificazione, forma di realizzazione, incorporare

5
[...]
«Nel 2020 Pierre "Pyarè" Friquet , artista che realizza ambienti virtuali immersivi, ha
presentato al Soundace Film Festival l'opera Space Out, da fruire nuotando sott'acqua
con un casco per la VR impermeabile, un viaggio liquido dalla Terra alla Luna, che
consente una immersione completa, "fluttuando nell'acqua con gli occhiali VR diventa
una simulazione dello spazio come tutti i sensi immersi in assenza di gravità"
Mapnea è anche un'installazione immersiva che combina la realtà virtuale al
documento interattivo, realizzata nel 2016 da Vanessa Vozzo e dedicata al tragico
naufragio del 3 ottobre 2013 nel mare di Lampedusa in cui perirono almeno 368
migranti:attraversando tre momenti distinti (una sala espositiva in cui si può prendere
visione di fotografie, video e documentazione relativa al naufragio; una proiezione; un
video a 360 gradi che immerge lo spettatore nelle acque siciliane»
Apnea di V. Viozzo richiama la figura del Narciso proto-immersivo e in particolare a
quella della morte per acqua.
[...]
Comincia così a delinearsi il profilo ambiguo dell'immersione come vera e propria
erma bifronte: da un lato, come destino di morte e di perdita dei contorni del Sé
nell'indistinzione che fonde insieme realtà e immagine e annulla la capacità dl
soggetto di assumere una distanza critica nei confronti della situazione che lo avvolge
[...] Dall'altro lato, come occasione di coinvolgimento nella, e di partecipazione alla,
situazione, che supera la tradizionale posizione frontale del soggetto di contro
all'oggetto e apre inediti orizzonti esperienziali e conoscitivi: un'occasione che,
proprio come un'immersione in apnea, è delimitata nel tempo e destinata alla
riemersione, ma che promette di trasformare i soggetti che ne fanno esperienza».

NARCISO E PIGMALIONE
II
.
In un testo di un autore greco del IV secolo d.C è «descritto uno splendido Narciso in
marmo accanto a una fonte di acqua limpida. L'abito era modellato in modo talmente
abile da lanciar trasparire il corpo in tutto il suo splendore. L'espressione

6
dolorosa lasciava intravedere il tragico destino che lo attendeva.
Siamo di fronte alla situazione di una statua che si specchia nella fonte riproducendo
il proprio ritratto speculare. Il che comporta un raddoppiamento iconico: l'immagine
di una immagine per cui viene meno il rapporto di dipendenza del rappresentante dal
rappresentato (reciproca imitazione tra segni). L'elemento liquido, grazie alla
costitutiva mobilità, finisce per animare la statua, come se si trattasse di Narciso in
carne e ossa: quello stesso cui l'acqua, nella versione immersiva della leggenda aveva
tolto la vita. Il tema ricorrente classico dell'animazione dell'inanimato, viene qui
riformulato: il medium liquido (l'acqua) mobilità il medium solido (la pietra).
Questo procedimento sembra rimandare al mito di Pigmalione [...]
«Se l'errore di Narciso era stato in origine quello non di innamorarsi di se stesso, ma
di scambiare l'immagine per la realtà, nel passaggio alla realizzazione dell'opera
scultorea Pigmalione è fin dall'inizio consapevole della natura iconica della scultura
che lui stesso scolpisce.». Nel contesto di questo discorso «Pigmalione è evocato non
per l'offuscamento della coscienza di immagine e lo scambio tra percezione iconico e
percezione reale -prendere un'immagine per realtà - bensì per la trasformazione
dell'iconico stesso in reale -metamorfizzare un'immagine in realtà, secondo uno
sviluppo cronologico e storico -culturale che dalla leggenda ovidiana discende
attraverso i secoli fino ad abbracciare gli androidi di Blade Runner e di Westword
Blade Runner lungometraggio è ambientato nel 2019 in una Los Angeles distopica , dove replicanti con le stesse
sembianze dell'uomo vengono abitualmente fabbricati e utilizzati come forza lavoro nelle colonie extraterrestri. I
replicanti che si danno alla fuga o tornano illegalmente sulla Terra vengono cacciati e eliminati fisicamente da agenti
speciali chiamati "blade runner". La trama ruota attorno a un gruppo di androidi recentemente evasi e nascostisi a
Los Angelese dove il poliziotto Rick Deckard, pur essendo ormai fuori servizio, accetta un'ultima missione per dare
loro la caccia.
WestWorld (mondo dei robot) è un film western di fantascienza del 1973 scritto e diretto da Michael Chrichton. Il film
segue gli ospiti adulti che visitano un parco futuristico di divertimenti interattivo contenente androidi realistici che
iniziano all'improvviso a non funzionare correttamente a causa di un guasto informatico. .

L'immagine di Pigmalione non è rappresentazionale, non riproduce mimeticamente un


modello esterno ad essa. L'immagine pigmalionica si presenta piuttosto come
simulacro "costruzione artificiale mancante di un modello originario, il simulacro si
dà come esistente per sé. Non copia necessariamente un oggetto del mondo, ma vi i
proietta. Esiste". In questo senso, Pigmalione è il mito fondatore del simulacro in
quanto mito di superamento e di cancellazione dei limiti fra la realtà e la sua
rappresentazione. La statua di P. non imita nulla e nessuno e la donna che gli dei gli
concessero in sposa è un essere strano, un artefatto dotato di anima e corpo, ma
nondimeno un fantasma
Il motivo della trasformazione di un statua in essere vivente è ricorrente anche in
altre culture d esempio nella cultura indiana e islamica con delle varianti e si inoltra
fin dentro nel 900

Animazione dell'inanimato

il mito di Pigmalione, insieme alle storie che ci raccontano di amori per le statue, o
di immagini ritenute vive o capaci di prendere vita, è diffuso su scala transculturale
e si sviluppa attorno alla figura dell'artista. L'archetipo nella cultura greca è
rappresentato dal mitico artefice Dedalo: si diceva che le sue statue, se non venivano
legate fuggivano e se e andavano, mentre, se legate rimanevano fisse. Nell'Iliade
troviamo Efesto che, oltre ad essere abile orafo e fabbro di armi invincibili, è artigiano
di androidi servizievoli: "due ancelle simili a fanciulle vive, avevano mente nel
petto, avevano voce e forza; sapevano le opere per dono dei numi immortali".

7
La volontà di vivificare la statua, (l'inanimato), emerge ogniqualvolta si
instaura una relazione non riconducibile alla contemplazione estetica disinteressata:
nei casi, per esempio, della funzione religiosa e rituale, oppure erotica.
«Un esempio rilevante è offerto dal pellegrinaggio ai "sacri monti distribuiti nei
territori piemontese e lombardo " e realizzati a partire dagli anni Ottanta (i lavori a
quello più celebre, a Varallo, datano dal 1481): santuari integrati nell'ambiente
subalpino, le cui cappelle ospitato statue a grandezza naturale in terracotta policroma
o in legno, raffiguranti in stile altamente realistico scene della vita di Cristo, della
Vergine. dei santi. Ma fra tutti i materiali disponibili per gli scultori è stata in
particolare la cera garantire la massima resa in termini di rappresentazione verosimile
alla carne viva, offrendo la possibilità di confondere la soglia che separa
rappresentazione e presenza.
Il sogno millenario della vivificazione della statua riceve un impulso nel Settecento
coinvolgendo anche intellettuali, filosofi e studiosi di estetica.

Inanimazione dell'animato

«Alle strategie dell'animazione dell'inanimato fa da fondamentale controcanto il


processo, uguale e contrario, dell'"inanimazione dell'animato". Qui centrale è la
tipologia dei Tableaux vivants7, di cui si ha notizia almeno a partire dall'età
ellenistica : persone in carne e ossa che si "congelano" nell'intento di riprodurre
dipinti o sculture di tema sacro o profano: "Esseri umani immobili, elevati a opera
d'arte, vengono percepiti come immagini ed esercitano un effetto esemplare".
questo genere diffuso in epoca medievale e rinascimentale continua a svilupparsi nei
secoli successivi per giungere fino alla nostra contemporaneità.

Tableau vivant di Caravaggio.

E. Wurm One minute sculptures

7
Tableau vivant significa "immagine vivente". Il termine, preso in prestito dalla lingua francese e si riferisce a un tipo di rappresentazione in cui un
gruppo di attori o ballerini si dispone sulla scena, rimanendo in silenzio, in modo da ricreare o evocare un quadro o un'immagine celebre, una scena
religiosa e simili.,

8
«La soluzione più estrema che si possa immaginare per l'animazione dell'inanimato è
la rappresentazione iperrealista del cadavere, così come è stata praticata da Maurizio
Cattelan (considerato uno dei più importanti e controversi artisti italiani
contemporanei). Riguardo ai suoi manichini in cera o in resina, a grandezza naturale e
inquietamente realistici è stato detto che questi fantocci vuoti e assenti sembrano
cadaveri. Cattelan impicca a un albero di una piazza di Milano tre fantocci di bambini
«che sembravano dei bambini vivi diventati morti: diventati immagini di se stessi.
[...]I bambini impiccati da Cattelan chiudono così macabramente , il cerchio aperto
dal Pigmalione ovidiano: una scultura che sembra prendere vita solo per andare a
morire»

La realtà virtuale
Pigmalione è il preconizzatore della realtà virtuale. In un racconto pubblicato nel
1935, i Gli occhiali di Pigmalione un racconto di uno scrittore americano di
fantascienza, Stanley G. Weinbaum. Il protagonista, Dan Burke, incontra professor
Albert Ludwig che gli illustra un dispositivo di sua invenzione in grado di rendere i
sogni reali e di fare un film proprio reale. Il suo intento è la realizzazione un cinema
totale e sinestetico caratterizzato dall'immersività (non sei davanti a uno schermo, ma
fai parte dell'ambiente), della presenza (ti riguarda in prima persona) e
dell'interattività (parli alle immagini e ne ricevi risposta). Per accedere a questo
miracolo occorre indossare degli occhiali particolari - una combinazione di maschera
antigas, occhiali da aviatore e boccaglio da sub nei quali viene versato un positivo
liquido (nel senso di positivo fotografico). Ogni goccia contiene tutta la storia una
storia. Attraverso un processo di elettrolisi si produrrà l'epifania: seduto nela
squallida camera s'albergo del professore, Dan si troverà in un'animata e incredibile
foresta preistorica, e grazie al'incontro con una ragazza si troverà inghiottito
definitivamente nell'ambiente simulato. Il nome della terra in cui si trova è Paracosma
(=terra oltre il mondo)..
«Davvero leggendo le pagine di Weibaum viene da ripetere con Stoichita che sulla
soglia dell'effetto Pigmalione [...] sta la Realtà Virtuale»
Un'occhiata all'orologio rivela a Dan che i giorni avventurosi vissuti a
Paracosma corrispondono in realtà a cinque ore-. Dan ha anche occasione di
incontrare il professor Ludwig, il quale gli rivela che si è trattato di un "trucco
fotografico, ma stereoscopico".
[...]
Finché dura l'effetto di realtà dell'illusione, non solo Paracosma appare a Dan
perfettamente reale, ma questo effetto produce un ribaltamento ontologico rispetto
alla realtà reale dalla quale egli proviene: è il suo mondo a essere considerato
fantasmatico rispetto a quello simulato. [...]
Il medium fotografico è il trampolino più efficace per assicurare l'effetto di realtà
all'artificio della simulazione», Se la tradizione millenaria aveva considerato
l'immagine sia sul piano gnoseologico (conoscitivo) sia su quello ontologico
(dell'essere) come dipendente dal modello reale di cui era rappresentazione, con
l'avvento del fotografico avviene un fatale ribaltamento dei rapporti: chiediamo alla
fotografia (e poi al video ) di certificare che un avvenimento si sia effettivamente
verificato, che una persona o un evento siano veramente esistiti.

9
La simulazione toglierebbe terreno di sotto ai piedi delle tradizionali opposizioni
metafisiche: realtà/rappresentazione, reale/illusorio, realtà/immagine. Il virtuale non
sarebbe "altro che la smania di fare in modo che l'immagine non sia più un'immagine"
Eppure la fine delle storie d'amore all'interno di questa esperienza8 ci suggerisce che
l'esperienza della simulazione virtuale (proprio come ogni esperienza che possiamo
condurre oggi con una casco di VR) è un'esperienza costitutivamente a termine: è un
segmento di vissuto temporalmente e incorniciato da un inizio e da una fine,
all'interno del quale sperimentiamo una confusione dei confini tra la realtà e la sua
rappresentazione, e un obnubilamento della nostra capacità di percepirli, segmento a
conclusione del quale siamo condotti a riflettere su quel che accomuna e quel che
distingue l'una e l'altra dimensione. A riflettere sulla soglia che le unisce e al
contempo le separa.

Androidi

Per affrontare questo argomento, Pinotti si sofferma sulla nozione di perturbante.


nella relazione animato inanimato. Perturbante è lo stato di sospensione , di incertezza
fra il dominio dell'animato e dell'inanimato (nel nostro caso gli esseri artificiali, gli
androidi) senza che si possa attribuire con sicurezza quello che percepiamo dell'uno o
dell'altro regno. In altre parole 'perturbante' è la condizione di disorientamento in cui
ci troviamo quando non riusciamo a prender consapevolezza della soglia che separa la
realtà dalla rappresentazione. Nella seconda metà del 900 ha assunto una specifica
denominazione (la uncanny valley "la valle del perturbante"). Secondo un ingegnere
robotico giapponese,Masahiro Mori, un essere artificiale ci apparirà tanto più
familiare quanto più simile all'uomo risulta il suo aspetto esteriore. se però l suoi
connotati diventano troppo simili a quelli di un essere umano si verificherà un crollo
repentino dei valori di familiarità (appunto visualizzati da una 'valle' nel grafico che li
rappresenta). Tali valori riprenderanno a crescere solo quando l'androide sarà talmente
simile al'uomo da non poter esserne distinto. La ricerca in questo campo si posta degli
obbiettivi di umanizzazione: aggiungere agli androidi esperienze emozionali, dare
loro capacità empatiche.

«A una analoga frequentazione della soglia ci inducono le tre stagioni dlla


pluripremiata serie televisiva Westword, creta da Jonathan Nolan e Lisa Joy e prodotta
dalla Hebo. Ispirata al film omonimo del 1973, la serie ci trasporta in un parco a tema
in cui -come precisa il sottotitolo della versione italiana - i guests (ospiti) vi si recano
per una vacanza all'insegna della più sfrenata trasgressione morale, al fine di sfogare
le proprie fantasie più turpi e delittuose sugli hosts, androidi in tutto e per tutto
somiglianti a esseri umani, percettivamente indiscernibili, che subiscono
ripetutamente abominevoli violenze, massacri, stupri, senza potersi ribellare né
ricambiare il favore: sono infatti programmati per obbedire alla prima legge della
robotica formulata da Isac Asimov fin dagli anni Quaranta del secolo scorso, in virtù
della quale un robot non può mai recare un danno a un umano. Le linee narrative che
strutturano la vita nel parco e che gli androidi sono programmati per replicare
all'infinito non vengono conservate nella loro memoria: i traumi che i cyborg
subiscono per mano degli esseri umani sono sempre nuovi, le loro ferite sempre di
nuovo rimarginate e i loro corpi sempre di nuovo rappezzati nei laboratori della Delos

8
Dan nel mondo virtuale è guidato da un'incantevole ragazza, Galatea,di cui si innamora ma che è già
promessa a un altro

10
inc. Il dotto Robert Ford (Antony Hopkins), fondatore del processo visionarlo e
novello Pigmalione nella serie, pontifica sulla perfezione della tecnologia di
simulazione da lui inventa dalla poltrona del suo studio, circondato da una galleria di
busti fisiognomici (i modelli replicanti).
Il tutto sembra destinato a una eterno ritorno dell'identico, finché un bug
nel'update del software non consente inaspettatamente ai ricordi delle violenze subite
di riaffiorare dapprima in maniera: confusa e intermitente, poi in modo sempre più
coerente -alla coscienza di alcuni di loro: la ragazza del ranch, Dolores Abernathy,
ricordando, si rende conto della replicazione, e lentamente ma inesorabilmente accede
alla consapevolezza della propria natura di andreide. La presa di coscienza si
trasforma in programma politico e militare con buona pace di Asimov. Dolores
capeggia una rivoluzione androide, organizza un vero e proprio esercito, che condurrà
fuori dal parco nel mondo reale con l'obiettivo di rendere agli umani pan per focaccia,
rivolgendo in sovrappiù contro di essi la loro stessa tecnologia: fuori dal parco per
sottrarsi alla cattura. Dolores saprà incarnarsi in corpi differenti, assumendo immagini
e identità eterogenee che moltiplicano vertiginosamente l'effetto di replicazione.
I temi già emersi in Blade Runner (l'androide inconsapevole della propria
natura artificiale, il robot più umano dell'umano non solo sotto il profilo
dell'anatomia, ma anche sotto quello della capacità emozionale) si intrecciano al topos
della rivolta delle macchine: il servo (-assistito) si ribella al padrone, l'immagine si
scorcia (il parco, in fondo, è in tutto e per tutto un dispositivo di incorniciamento,un
enorme piedistallo) per fuoruscire nel mondo realtà. Vedremo nella quarta stagione
(annunciata da Hbo già nel 2020 e attesa per il 2022) se gli umani riusciranno a
ricacciare gli androidi dentro il parco [...] E se Dolores, novella Alice, scoprirà che
cosa si trova in fondo alla tana di Bianconiglio.
Da Pigmalione & Galatea a Ford e Dolores, i casi che ho ricordato non
costituiscono naturalmente che un minimo campionario di una tradizione culturale
molto complessa. Ma sono sufficienti per identificare un movimento dialettico fra
l'immagine che si fa corpo vivo (animazione dell'inanimato): un movimento dialettico
che risulta almeno significativo per il discorso che sto cerando di sviluppare qui,
poiché rientra a pieno titolo nel contesto generale di ambientazione dell'immagine e
dell'indebolimento della soglia che separa e unisce l'ambito iconico dal mondo reale»
(A. Pinotti, Alla soglia dell'immagine- Da Narciso alla realtà virtuale, Einaudi,
Torino 2021).

11
Lo specchio

Simbolicamente la Luce rappresenta l’illuminazione, la consapevolezza


e la saggezza. Possiamo allora dedurre che l’introspezione è un esercizio
sterile se non si affronta con mente illuminata. Il simbolismo dello
specchio è legato alla credenza che l’immagine riflessa riveli e contenga
l’anima della persona. La rottura di questo oggetto è di cattivo augurio
poiché è recepita alla frattura dell’anima. In numerosi paesi si crede che
lasciare che un bambino si guardi allo specchio sia una pratica da evitare,
in quanto abbrevierebbe la sua vita. Questo perché lo specchio è
concepito come qualcosa che cattura l’anima, capace di imprigionare
l’energia spirituale del soggetto, per cui una persona vulnerabile,
specialmente un bambino, può trovarsi svuotato della propria anima.
Tutto ciò che è atto a mostrare noi stessi a noi, induce a due differenti
comportamenti: ritirarci o restare. Così penso abbia fatto anche il primo
uomo che si sia imbattuto nell’acqua e vi abbia guardato sopra, scorgendo
il proprio volto: paura della visione, con conseguente ritiro del sé;
comprensione della visione; seconda occhiata alla visione e superamento
della paura iniziale. Comprensione del sé.
C’è uno spazio diverso, sul fondo dello specchio: una superficie che
tanto assomiglia all’acqua ed all’anima umana e si risolve in un gioco di
riflessi, le cui regole sono quelle del doppio. Così lo specchio diviene
strumento di conoscenza o di punizione, oggetto-ponte fra realtà e
fantasia, mezzo magico d’indagine nell’oltre e metafora della nostra vita,
se è vero che uno specchio in frantumi riflette tra le proprie schegge
un’immagine simile a quel che siamo diventati oggi, piccole luci di un
insieme perduto, lievi bagliori di arcobaleni immaginati, irrisolti residui
di tempi non spesi.
Specchiarsi comunque mette paura, rivelarsi a se stessi anche: sono in
gioco, di fronte allo specchio, tutti i timori umani e gli umani difetti,
difetti che lo specchio svela indifferente, oggettivamente ed
imparzialmente, direi con crudele malvagità.
Riflettiamo dunque, e mai parola fu tanto pertinente in tema di specchi.
L’etimologia della parola specchio, precisando che nel mondo speculare
si può anche giocare con le immagini e rovesciarle. Qual è la verità?
Siamo noi, nello specchio, ove quel che è destra diviene sinistra? O
siamo altro da noi, in una simmetria rovesciata? Per specchio intendiamo
la superficie levigata che riflette i raggi luminosi che la colpiscono e
dunque riflette anche l’immagine che essi formano. Specchio deriva da

12
speculum, dal latino specere (guardare, osservare), e dal greco skeptomai
(io guardo, scruto).
Ma allora lo specchio riflette solo ciò che appare o permette invece
di andare oltre, alla ricerca di senso? L’etimologia consentirebbe l’una e
l’altra ipotesi. La letteratura, la tradizione, l’esoterismo, le religioni, i
miti, le civiltà come hanno interpretato la funzione dello specchio?
Gli specchi, secondo varie tradizioni, sarebbero in grado di imprigionare
l’interiorità umana, l’anima.
Anticamente era infatti in uso, nella stanza in cui veniva composto
un defunto, coprire gli specchi, per permettere un trapasso sereno
nell’aldilà. Da questo deriva certamente anche il tradizionale
riconoscimento di “colui che vaga senz’anima”, il vampiro, il non-riflesso
per eccellenza ed anche il modo più sicuro per uccidere
un basilisco (rettile che secondo le credenze medievali dava la morte con
lo sguardo), istantaneamente folgorato dalla propria immagine allo
specchio o comunque riflessa.
Lo specchio è anche usato per comunicare con degli spiriti, e a esso,
per la divinazione, sono attribuite capacità simili a quelle della sfera di
cristallo.
Le incarnazioni diaboliche evitano gli specchi poiché la loro anima
apparirebbe in tutta la sua bruttura, come in una radiografia. Lo specchio
è anche simbolo di vanità e orgoglio, come ricorda il mito di Narciso (che
riprenderemo più avanti). Nel cristianesimo è la Maddalena ad essere
spesso rappresentata con lo specchio, la peccatrice che lava ed unge con
olio profumato i piedi al Cristo. Nell’antica Grecia, le streghe di Tessalia
scrivevano le loro predizioni, con il sangue umano, su degli
specchi. Pitagora insegnava che le Tessalie, presunte streghe, riuscivano a
fare delle meraviglie con lo specchio magico, e creavano perfino la luna.
I Romani sapevano leggere sugli specchi, che chiamavano “speculum”.
Già dall’era delle primitive società si credeva, come si crede ancora oggi,
che gli specchi riflettano l’anima e devono essere protetti, altrimenti
l’anima muore.
Secondo una leggenda cinese di Jorge Luis Borges: un tempo, il mondo
degli specchi e il mondo degli uomini non erano, come adesso, cioè non
comunicanti. I due mondi erano molto diversi: non coincidevano né gli
esseri, né i colori, né le forme. I due regni, lo speculare e l’umano,
vivevano in pace e attraverso gli specchi si entrava e si usciva. Una notte
gli appartenenti allo specchio invasero la terra, irrompendo su
quest’ultima con ingenti forze. Dopo sanguinose battaglie, le arti magiche
dell’Imperatore Giallo prevalsero. Egli ricacciò gli invasori, l’imprigionò
negli specchi, e impose loro il compito di ripetere, come in una specie di

13
sogno, tutti gli atti degli uomini. Li privò della forza e della propria
figura, riducendoli a meri servili riflessi. Un giorno, tuttavia, essi si
scuoteranno da questo letargo magico: “loro usciranno dalla prigione e
inonderanno la terra”.
Lo specchio è anche legato al senso della vista, strumento umano di
indagine del sensibile, ma adatto anche a scrutare l’oltre. Ecco che lo
sguardo ha una duplice funzione: vedere con gli occhi non è tutto. Gli
occhi sono infatti anche: “specchio dell’anima”, e quindi tramite fra

esteriorità ed interiorità.
Nelle molteplici tradizioni il nesso mistico è tra l’immagine speculare e
l’oggetto fonte dell’immagine.
La tematica della specularità è tema ricorrente nelle letterature, legando
romanzi come: “Cuore di tenebra” di Conrad oppure: “Uno, nessuno e
centomila” di Pirandello al concetto della conoscenza di sé e del doppio,
caro alla psicologia ed alla psicanalisi ed anche – come abbiamo visto –
ad autori quali Borges: lo specchio è una delle più ossessive costanti
tematiche del grande scrittore argentino, sempre attratto dal fantastico
(ossia da quelle «ombre» che si rendono disponibili alla vista «oltre» o
«attraverso» lo specchio) e sostenitore di un’idea di letteratura intesa
come menzogna.
Lo specchio è deformante per definizione: restituisce un’immagine
inversa a quella del reale. Ma anche per questo è un mefistofelico
tentatore: seduce perché soddisfa il nostro faustiano bisogno di conoscere.
Ci consente di gettare lo sguardo sul nostro volto (almeno per
similitudine), quel volto che altrimenti ci sarebbe il più straniero di tutti, e
soprattutto ci consente di affacciarci su un mondo diverso: il mondo
capovolto, il mondo degli opposti. Nello specchio l’immagine appare
meravigliosamente perfetta, sia per somiglianza, sia per mobilità, sia per

14
fedele obbedienza a ogni nostro gesto; immagine di un’immagine, l’alter
ego, il fantasma, il doppio del soggetto, essa ha però spesso ispirato anche
sensazioni oscure.
Nel folklore di vari paesi europei è da questa credenza del doppio che
provengono il divieto di guardarsi di notte allo specchio, nel quale l’alter
ego può perdersi, il divieto di mostrare un cadavere in uno specchio,
l’usanza di velare gli specchi nella casa di un morto, il timore di rompere
lo specchio, poiché la persona viva subirebbe la stessa sorte della sua
immagine. A volte è visto come la porta di un altro mondo, l’aldilà.

Anche le fiabe hanno utilizzato


gli specchi come varco o porta fra mondo reale e mondo fantastico, ove
non valgono le comuni leggi fisiche, come per Alice, nell’aldilà dello
specchio o dove un protagonista si misura con il proprio antagonista, in
un gioco di chiaroscuri la cui apparente idoneità alla comprensione dei
bambini cela spesso significati ben più complessi. Quello secondo me più
famoso è quello della Regina cattiva della fiaba di Biancaneve. Quello
che viene interpellato con le parole: “Specchio delle mie Brame chi è la
più bella del Reame?” Esso invia alla Regina Nera la sua immagine
speculare, che è ovviamente Biancaneve-bianca, figliastra ma non figlia
della donna nera. Dunque due potenti elementi femminili si sfidano, dal
diritto e dal rovescio di uno specchio, ma la Regina Nera della fiaba, non
accetta la condivisione del potere con una Regina Bianca.
Secondo il mito narrato da Ovidio nelle Metamorfosi Narciso era un
bellissimo giovane, di cui tutti, sia donne che uomini, si innamoravano
alla follia. Tuttavia Narciso preferiva passare le sue giornate cacciando,
non curandosi delle e degli spasimanti; tra questi era la ninfa Eco.
Rifiutata da Narciso la ninfa, consumata dall’amore, si nascose nei boschi
fino a scomparire e a restare solo un’eco lontana. Non solo Eco, ma tutte
le giovani ed i giovani disprezzati da Narciso, invocarono la vendetta

15
degli dei. Narciso venne condannato, da Nemesi, ad innamorarsi della sua
immagine riflessa nell’acqua. Disperato perché non avrebbe potuto
soddisfare la passione che nutriva, si struggeva in inutili lamenti, ripetuti
da Eco. Resosi conto dell’impossibilità del suo amore Narciso si lasciò
morire.
Lo specchio dunque: piccolo dolore quotidiano del quale non
possiamo fare a meno. Del concetto del doppio che cela l’ aspirazione
dell’ uomo ad autoperpetuarsi, e a un intenso rapporto emotivo di amore e
odio, la vista della propria immagine riflessa nello specchio, non è
soltanto una prova irrefutabile della propria esistenza: come in un
interminabile gioco di specchi, essa continua a proporre vecchi e nuovi
motivi allegorici e di introspezione, anche se l’immagine di noi stessi
sempre ci inquieta.

BIBLIOGRAFIA
Jurgis Baltrusaitis: Lo specchio. Rivelazioni, inganni e science-fiction (1979), Adelphi, Milano 1981
Umberto Eco, Sugli specchi, Bompiani, Milano 1995
Ju.I. Levin, Lo specchio come potenziale oggetto semiotico
Jurgis Baltrušaitis, Lo specchio rivelazioni, inganni e science-fiction. Traduzione di Claudio
Pizzorusso. (1981).
Andrea Tagliapietra, La metafora dello specchio. Lineamenti per una storia simbolica. Editore:
Bollati Boringhieri.

Riccardo Alberto Quattrini, Lo specchio tra simbolismo e immagine


Tagsimmaginesimbolismospecchiospeculare

16

Potrebbero piacerti anche