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I.
Partendo da due miti fondanti del mondo classico e seguendo il percorso tracciato da
un importante saggio di un grande studioso1, affronteremo il tema dei confini tra
realtà e immagine, tra realtà e mondo virtuale
I due Narcisi
Lungo il corso della tradizione del mito si distinguono diverse varianti .
1. Narciso ingenuamente crede che a la figura che vede sia reale. Secondo lo
scrittore greco Pausania (110 -180 d. C), quella di N. "è una storia completamente
idiota che un individuo già arrivato all'età di potersi innamorare non sia nemmeno
capace di distinguere che cos' è un uomo e che cos' è un'immagine".
2. Nella variante più nota (quella del poeta latino Ovidio (43 a, C, -18 d. C), nell'opera
"Le metamorfosi"), Narciso dapprima si illude che la figura sia reale, poi prende
coscienza che si tratta della propria immagine ed esausto per non poter possedere
l'oggetto de suo desiderio, muore sul verde dell'erba.
In versione precedente a quella di Ovidio N. muore suicida.
Il filosofo greco Plotino (203-270 d, C.) opterà per l'annegamento. (Plotino «mette in
guardia chi si affretta dietro alla bellezza dei corpi senza comprendere la loro natura
di "mere immagini, orme ed ombre". "Chi inseguisse un corpo bello "per volerlo
stringere, quasi fosse una cosa reale, imiterebbe quell'uomo che, a quanto allude il
mito, mi pare volesse afferrare la sua bella immagine riflessa nell'acqua e finì col
cadere giù, scomparendo nella corrente"
La versione di Ovidio è l'unica che introduce l'elemento dell'auto
riconoscimento nel passaggio dall'ingenuo innamoramento nei confronti di un altro,
che si offre con i medesimi suoi lineamenti, alla presa di coscienza che quel fanciullo
non è altri che lui stesso riflesso in immagine .(Pinotti). Contrapposizione tra realtà
e percezione iconica. Tra Narciso ingenuo e Narciso consapevole. Narciso
ingenuo scambia il riflesso speculare per una persona reale (la causa è un
ottundimento provocato dal dio Eros). Narciso consapevole prende coscienza del
mezzo "acqua" come "specchio". nel momento dell'auto riconoscimento N. si rende
conto di trovarsi di fronte a una rappresentazione, cioè a un immagine che lo
rappresenta'
L'ingenuo crede di trovarsi di fronte a una presenza. Il consapevole si rende
conto di essere di fronte a una rappresentazione. (di frustrazione in frustrazione N si
render conto di trovarsi in un universo di segni.)
:
Nei termini della contemporanea teoria dei media, Pinotti riformula la polarità tra
Narciso ingenuo e Narciso consapevole come antitesi tra effetto trasparenza ed
effetto di opacità del medium. L'ingenuo non riconosce lo specchio acqueo come
supporto materiale che consente all'immagine di manifestarsi in quanto appunto come
immagine.
1
A. Pinotti, Alla soglia dell'immagine. Da Narciso alla realtà virtuale, Einaudi, Torino 2021
1
Caravaggio, Narciso al fonte (1600 ca)
«L'ingenuo Narciso si sporge fatalmente ingannato dal riflesso dell'amato»
2
A; Masson, Narciso
Questo mito è alle origine della genesi dell'autoritratto. Leon Battista Alberti
vede nella difesa di "Narciso" l'esaltazione embrionale dell'autoritratto .
«La genesi moderna dell'autoritratto sarebbe resa possibile da un processo
"narcisistico di separazione e autonomizzazione dell'individuo rispetto alla sfera
individuale del sacro, in cui è fondamentale il processo di presa di coscienza del Sé»
« Se, come è stato giustamente osservato "ogni epoca forma il proprio Narciso",
considerando la storia dell'iconografia ad iniziare dalle pitture pompeiane, si può
constatare la prevalenza del tipo consapevole, senza però che si cancelli
definitivamente la polarità tra ingenuità e coscienza dell'immagine.
«Anche nell'arte contemporanea, nel suo complesso caratterizzata da un alto livello
di riflessività, il tipo di Narciso consapevole sembra dominare incontrastato: la body
art potrebbe essere interpretata come un incessante instancabile commento al
narcisismo cosciente di sé: "Narciso protesta (gratificandosi) attraverso la coscienza
di sé".
Ma il tipo ingenuo resiste, facendo capolino, per esempio, in Look Mickey (1961) di
Roy Lichtenstein: Donald Duck pescatore guarda eccitato lo specchio d'acqua
convinto di aver preso un grosso pesce, senza accorgersi che l'amo si è impigliato nel
retro della sua giacca, e che - facendo sghignazzare un consapevole Mickey Mause - è
il proprio corpo riflesso quel che scambia per la preda.
3
Quanto alla modalità consapevole, essa compare sotto forma di un'antica
superstizione, riscontrabile in numerose culture, che vuole che chi si guarda
riconoscendosi nello specchio o in un riflesso acquoreo si destini al trapasso. Nel
Ramo d'oro Frazer ha raccolto molti casi in cui il riflesso nello specchio è equiparato
all'anima: tanto per gli Zulu e i Basuto in Africa quanto secondo alcune popolazioni
melanesiane, specchiarsi in una pozza d'acqua espone al rischio che bestie feroci o
spiriti maligni possano impossessarsi dell'anima "Possiamo ora capire perché fosse una
massima tanto dell'India antica quanto dell'antica Grecia quella di non guardare la propria immagine
nell'acqua [....] è questa probabilmente l'origine della classica storia del bel Narciso"
Tenendo conto delle riflessioni frazeriane, in un'affascinante indagine pionieristica
dell'intersezione fra antropologia e psicanalisi, Géza Rohéim mette in parallelo la
nozione do "rimozione" e quella di "tabù", esaminando una racchissima casistica di
esempi tratti dal folklore europeo relativi alla proibizione di guardarsi allo specchio e
alla paura del proprio riflesso speculare (eisoptrofobia o spettrofobia) come timore
dell' auo-riconoscimento, con ampi riferimenti al mito di Narciso.
Il tipo del Narciso consapevole, di matrice ovidiana, ha alimentato in maniera
pressoché unilaterale la storia mainstream 2degli effetti di questo mito, rafforzandosi
in modo decisivo grazie alla concezione psicoanalitica del narcisismo.
Apnea3
2
Termine usato come aggettivo in vari campi delle arti e della cultura per indicare una corrente che, in un
particolare ambito culturale, è considerata più tradizionale e "convenzionale", comune e dominante, venendo
quindi seguita dal più grande pubblico.
3
Apnea. è un videogame in VR pubblicato nel 2015 in cui il giocatore incarna un palombaro sovietico che deve
recuperare un missile nucleare di un sottomarino americano inabissatosi nelle acque dell'Atlantico nel 1968. VR =
una realtà simulata, in pratica un mondo digitale dove si viene immersi indossando un visore.
4
L'immersione in una realtà virtuale che simula un mondo alternativo a quello reale
potrebbe ben essere paragonata a una condizione di apnea, in cui il ritmo per così dire
"respiratorio" che regola le nostre interazioni con il mondo reale viene sospeso e
viene sostituito con una ritmica differente, in cui dobbiamo apprendere nuove
gestualità e nuove prestazioni sensorimotorie
4 affordance. L’affordance è una sorta di invito all’uso, che ci arriva direttamente dall’oggetto, che dunque ci
suggerisce l’insieme di azioni potenziali che con esso si posso compiere. Quindi una affordance fornisce un
“suggerimento” che aiuta la persona all’utilizzo di un determinato oggetto. Il manico di una tazza suggerisce che
questa possa essere afferrata.
5
enwaterment. Vortice marino, mulinello
6
embodiment. incarnazione, personificazione, forma di realizzazione, incorporare
5
[...]
«Nel 2020 Pierre "Pyarè" Friquet , artista che realizza ambienti virtuali immersivi, ha
presentato al Soundace Film Festival l'opera Space Out, da fruire nuotando sott'acqua
con un casco per la VR impermeabile, un viaggio liquido dalla Terra alla Luna, che
consente una immersione completa, "fluttuando nell'acqua con gli occhiali VR diventa
una simulazione dello spazio come tutti i sensi immersi in assenza di gravità"
Mapnea è anche un'installazione immersiva che combina la realtà virtuale al
documento interattivo, realizzata nel 2016 da Vanessa Vozzo e dedicata al tragico
naufragio del 3 ottobre 2013 nel mare di Lampedusa in cui perirono almeno 368
migranti:attraversando tre momenti distinti (una sala espositiva in cui si può prendere
visione di fotografie, video e documentazione relativa al naufragio; una proiezione; un
video a 360 gradi che immerge lo spettatore nelle acque siciliane»
Apnea di V. Viozzo richiama la figura del Narciso proto-immersivo e in particolare a
quella della morte per acqua.
[...]
Comincia così a delinearsi il profilo ambiguo dell'immersione come vera e propria
erma bifronte: da un lato, come destino di morte e di perdita dei contorni del Sé
nell'indistinzione che fonde insieme realtà e immagine e annulla la capacità dl
soggetto di assumere una distanza critica nei confronti della situazione che lo avvolge
[...] Dall'altro lato, come occasione di coinvolgimento nella, e di partecipazione alla,
situazione, che supera la tradizionale posizione frontale del soggetto di contro
all'oggetto e apre inediti orizzonti esperienziali e conoscitivi: un'occasione che,
proprio come un'immersione in apnea, è delimitata nel tempo e destinata alla
riemersione, ma che promette di trasformare i soggetti che ne fanno esperienza».
NARCISO E PIGMALIONE
II
.
In un testo di un autore greco del IV secolo d.C è «descritto uno splendido Narciso in
marmo accanto a una fonte di acqua limpida. L'abito era modellato in modo talmente
abile da lanciar trasparire il corpo in tutto il suo splendore. L'espressione
6
dolorosa lasciava intravedere il tragico destino che lo attendeva.
Siamo di fronte alla situazione di una statua che si specchia nella fonte riproducendo
il proprio ritratto speculare. Il che comporta un raddoppiamento iconico: l'immagine
di una immagine per cui viene meno il rapporto di dipendenza del rappresentante dal
rappresentato (reciproca imitazione tra segni). L'elemento liquido, grazie alla
costitutiva mobilità, finisce per animare la statua, come se si trattasse di Narciso in
carne e ossa: quello stesso cui l'acqua, nella versione immersiva della leggenda aveva
tolto la vita. Il tema ricorrente classico dell'animazione dell'inanimato, viene qui
riformulato: il medium liquido (l'acqua) mobilità il medium solido (la pietra).
Questo procedimento sembra rimandare al mito di Pigmalione [...]
«Se l'errore di Narciso era stato in origine quello non di innamorarsi di se stesso, ma
di scambiare l'immagine per la realtà, nel passaggio alla realizzazione dell'opera
scultorea Pigmalione è fin dall'inizio consapevole della natura iconica della scultura
che lui stesso scolpisce.». Nel contesto di questo discorso «Pigmalione è evocato non
per l'offuscamento della coscienza di immagine e lo scambio tra percezione iconico e
percezione reale -prendere un'immagine per realtà - bensì per la trasformazione
dell'iconico stesso in reale -metamorfizzare un'immagine in realtà, secondo uno
sviluppo cronologico e storico -culturale che dalla leggenda ovidiana discende
attraverso i secoli fino ad abbracciare gli androidi di Blade Runner e di Westword
Blade Runner lungometraggio è ambientato nel 2019 in una Los Angeles distopica , dove replicanti con le stesse
sembianze dell'uomo vengono abitualmente fabbricati e utilizzati come forza lavoro nelle colonie extraterrestri. I
replicanti che si danno alla fuga o tornano illegalmente sulla Terra vengono cacciati e eliminati fisicamente da agenti
speciali chiamati "blade runner". La trama ruota attorno a un gruppo di androidi recentemente evasi e nascostisi a
Los Angelese dove il poliziotto Rick Deckard, pur essendo ormai fuori servizio, accetta un'ultima missione per dare
loro la caccia.
WestWorld (mondo dei robot) è un film western di fantascienza del 1973 scritto e diretto da Michael Chrichton. Il film
segue gli ospiti adulti che visitano un parco futuristico di divertimenti interattivo contenente androidi realistici che
iniziano all'improvviso a non funzionare correttamente a causa di un guasto informatico. .
Animazione dell'inanimato
il mito di Pigmalione, insieme alle storie che ci raccontano di amori per le statue, o
di immagini ritenute vive o capaci di prendere vita, è diffuso su scala transculturale
e si sviluppa attorno alla figura dell'artista. L'archetipo nella cultura greca è
rappresentato dal mitico artefice Dedalo: si diceva che le sue statue, se non venivano
legate fuggivano e se e andavano, mentre, se legate rimanevano fisse. Nell'Iliade
troviamo Efesto che, oltre ad essere abile orafo e fabbro di armi invincibili, è artigiano
di androidi servizievoli: "due ancelle simili a fanciulle vive, avevano mente nel
petto, avevano voce e forza; sapevano le opere per dono dei numi immortali".
7
La volontà di vivificare la statua, (l'inanimato), emerge ogniqualvolta si
instaura una relazione non riconducibile alla contemplazione estetica disinteressata:
nei casi, per esempio, della funzione religiosa e rituale, oppure erotica.
«Un esempio rilevante è offerto dal pellegrinaggio ai "sacri monti distribuiti nei
territori piemontese e lombardo " e realizzati a partire dagli anni Ottanta (i lavori a
quello più celebre, a Varallo, datano dal 1481): santuari integrati nell'ambiente
subalpino, le cui cappelle ospitato statue a grandezza naturale in terracotta policroma
o in legno, raffiguranti in stile altamente realistico scene della vita di Cristo, della
Vergine. dei santi. Ma fra tutti i materiali disponibili per gli scultori è stata in
particolare la cera garantire la massima resa in termini di rappresentazione verosimile
alla carne viva, offrendo la possibilità di confondere la soglia che separa
rappresentazione e presenza.
Il sogno millenario della vivificazione della statua riceve un impulso nel Settecento
coinvolgendo anche intellettuali, filosofi e studiosi di estetica.
Inanimazione dell'animato
7
Tableau vivant significa "immagine vivente". Il termine, preso in prestito dalla lingua francese e si riferisce a un tipo di rappresentazione in cui un
gruppo di attori o ballerini si dispone sulla scena, rimanendo in silenzio, in modo da ricreare o evocare un quadro o un'immagine celebre, una scena
religiosa e simili.,
8
«La soluzione più estrema che si possa immaginare per l'animazione dell'inanimato è
la rappresentazione iperrealista del cadavere, così come è stata praticata da Maurizio
Cattelan (considerato uno dei più importanti e controversi artisti italiani
contemporanei). Riguardo ai suoi manichini in cera o in resina, a grandezza naturale e
inquietamente realistici è stato detto che questi fantocci vuoti e assenti sembrano
cadaveri. Cattelan impicca a un albero di una piazza di Milano tre fantocci di bambini
«che sembravano dei bambini vivi diventati morti: diventati immagini di se stessi.
[...]I bambini impiccati da Cattelan chiudono così macabramente , il cerchio aperto
dal Pigmalione ovidiano: una scultura che sembra prendere vita solo per andare a
morire»
La realtà virtuale
Pigmalione è il preconizzatore della realtà virtuale. In un racconto pubblicato nel
1935, i Gli occhiali di Pigmalione un racconto di uno scrittore americano di
fantascienza, Stanley G. Weinbaum. Il protagonista, Dan Burke, incontra professor
Albert Ludwig che gli illustra un dispositivo di sua invenzione in grado di rendere i
sogni reali e di fare un film proprio reale. Il suo intento è la realizzazione un cinema
totale e sinestetico caratterizzato dall'immersività (non sei davanti a uno schermo, ma
fai parte dell'ambiente), della presenza (ti riguarda in prima persona) e
dell'interattività (parli alle immagini e ne ricevi risposta). Per accedere a questo
miracolo occorre indossare degli occhiali particolari - una combinazione di maschera
antigas, occhiali da aviatore e boccaglio da sub nei quali viene versato un positivo
liquido (nel senso di positivo fotografico). Ogni goccia contiene tutta la storia una
storia. Attraverso un processo di elettrolisi si produrrà l'epifania: seduto nela
squallida camera s'albergo del professore, Dan si troverà in un'animata e incredibile
foresta preistorica, e grazie al'incontro con una ragazza si troverà inghiottito
definitivamente nell'ambiente simulato. Il nome della terra in cui si trova è Paracosma
(=terra oltre il mondo)..
«Davvero leggendo le pagine di Weibaum viene da ripetere con Stoichita che sulla
soglia dell'effetto Pigmalione [...] sta la Realtà Virtuale»
Un'occhiata all'orologio rivela a Dan che i giorni avventurosi vissuti a
Paracosma corrispondono in realtà a cinque ore-. Dan ha anche occasione di
incontrare il professor Ludwig, il quale gli rivela che si è trattato di un "trucco
fotografico, ma stereoscopico".
[...]
Finché dura l'effetto di realtà dell'illusione, non solo Paracosma appare a Dan
perfettamente reale, ma questo effetto produce un ribaltamento ontologico rispetto
alla realtà reale dalla quale egli proviene: è il suo mondo a essere considerato
fantasmatico rispetto a quello simulato. [...]
Il medium fotografico è il trampolino più efficace per assicurare l'effetto di realtà
all'artificio della simulazione», Se la tradizione millenaria aveva considerato
l'immagine sia sul piano gnoseologico (conoscitivo) sia su quello ontologico
(dell'essere) come dipendente dal modello reale di cui era rappresentazione, con
l'avvento del fotografico avviene un fatale ribaltamento dei rapporti: chiediamo alla
fotografia (e poi al video ) di certificare che un avvenimento si sia effettivamente
verificato, che una persona o un evento siano veramente esistiti.
9
La simulazione toglierebbe terreno di sotto ai piedi delle tradizionali opposizioni
metafisiche: realtà/rappresentazione, reale/illusorio, realtà/immagine. Il virtuale non
sarebbe "altro che la smania di fare in modo che l'immagine non sia più un'immagine"
Eppure la fine delle storie d'amore all'interno di questa esperienza8 ci suggerisce che
l'esperienza della simulazione virtuale (proprio come ogni esperienza che possiamo
condurre oggi con una casco di VR) è un'esperienza costitutivamente a termine: è un
segmento di vissuto temporalmente e incorniciato da un inizio e da una fine,
all'interno del quale sperimentiamo una confusione dei confini tra la realtà e la sua
rappresentazione, e un obnubilamento della nostra capacità di percepirli, segmento a
conclusione del quale siamo condotti a riflettere su quel che accomuna e quel che
distingue l'una e l'altra dimensione. A riflettere sulla soglia che le unisce e al
contempo le separa.
Androidi
8
Dan nel mondo virtuale è guidato da un'incantevole ragazza, Galatea,di cui si innamora ma che è già
promessa a un altro
10
inc. Il dotto Robert Ford (Antony Hopkins), fondatore del processo visionarlo e
novello Pigmalione nella serie, pontifica sulla perfezione della tecnologia di
simulazione da lui inventa dalla poltrona del suo studio, circondato da una galleria di
busti fisiognomici (i modelli replicanti).
Il tutto sembra destinato a una eterno ritorno dell'identico, finché un bug
nel'update del software non consente inaspettatamente ai ricordi delle violenze subite
di riaffiorare dapprima in maniera: confusa e intermitente, poi in modo sempre più
coerente -alla coscienza di alcuni di loro: la ragazza del ranch, Dolores Abernathy,
ricordando, si rende conto della replicazione, e lentamente ma inesorabilmente accede
alla consapevolezza della propria natura di andreide. La presa di coscienza si
trasforma in programma politico e militare con buona pace di Asimov. Dolores
capeggia una rivoluzione androide, organizza un vero e proprio esercito, che condurrà
fuori dal parco nel mondo reale con l'obiettivo di rendere agli umani pan per focaccia,
rivolgendo in sovrappiù contro di essi la loro stessa tecnologia: fuori dal parco per
sottrarsi alla cattura. Dolores saprà incarnarsi in corpi differenti, assumendo immagini
e identità eterogenee che moltiplicano vertiginosamente l'effetto di replicazione.
I temi già emersi in Blade Runner (l'androide inconsapevole della propria
natura artificiale, il robot più umano dell'umano non solo sotto il profilo
dell'anatomia, ma anche sotto quello della capacità emozionale) si intrecciano al topos
della rivolta delle macchine: il servo (-assistito) si ribella al padrone, l'immagine si
scorcia (il parco, in fondo, è in tutto e per tutto un dispositivo di incorniciamento,un
enorme piedistallo) per fuoruscire nel mondo realtà. Vedremo nella quarta stagione
(annunciata da Hbo già nel 2020 e attesa per il 2022) se gli umani riusciranno a
ricacciare gli androidi dentro il parco [...] E se Dolores, novella Alice, scoprirà che
cosa si trova in fondo alla tana di Bianconiglio.
Da Pigmalione & Galatea a Ford e Dolores, i casi che ho ricordato non
costituiscono naturalmente che un minimo campionario di una tradizione culturale
molto complessa. Ma sono sufficienti per identificare un movimento dialettico fra
l'immagine che si fa corpo vivo (animazione dell'inanimato): un movimento dialettico
che risulta almeno significativo per il discorso che sto cerando di sviluppare qui,
poiché rientra a pieno titolo nel contesto generale di ambientazione dell'immagine e
dell'indebolimento della soglia che separa e unisce l'ambito iconico dal mondo reale»
(A. Pinotti, Alla soglia dell'immagine- Da Narciso alla realtà virtuale, Einaudi,
Torino 2021).
11
Lo specchio
12
speculum, dal latino specere (guardare, osservare), e dal greco skeptomai
(io guardo, scruto).
Ma allora lo specchio riflette solo ciò che appare o permette invece
di andare oltre, alla ricerca di senso? L’etimologia consentirebbe l’una e
l’altra ipotesi. La letteratura, la tradizione, l’esoterismo, le religioni, i
miti, le civiltà come hanno interpretato la funzione dello specchio?
Gli specchi, secondo varie tradizioni, sarebbero in grado di imprigionare
l’interiorità umana, l’anima.
Anticamente era infatti in uso, nella stanza in cui veniva composto
un defunto, coprire gli specchi, per permettere un trapasso sereno
nell’aldilà. Da questo deriva certamente anche il tradizionale
riconoscimento di “colui che vaga senz’anima”, il vampiro, il non-riflesso
per eccellenza ed anche il modo più sicuro per uccidere
un basilisco (rettile che secondo le credenze medievali dava la morte con
lo sguardo), istantaneamente folgorato dalla propria immagine allo
specchio o comunque riflessa.
Lo specchio è anche usato per comunicare con degli spiriti, e a esso,
per la divinazione, sono attribuite capacità simili a quelle della sfera di
cristallo.
Le incarnazioni diaboliche evitano gli specchi poiché la loro anima
apparirebbe in tutta la sua bruttura, come in una radiografia. Lo specchio
è anche simbolo di vanità e orgoglio, come ricorda il mito di Narciso (che
riprenderemo più avanti). Nel cristianesimo è la Maddalena ad essere
spesso rappresentata con lo specchio, la peccatrice che lava ed unge con
olio profumato i piedi al Cristo. Nell’antica Grecia, le streghe di Tessalia
scrivevano le loro predizioni, con il sangue umano, su degli
specchi. Pitagora insegnava che le Tessalie, presunte streghe, riuscivano a
fare delle meraviglie con lo specchio magico, e creavano perfino la luna.
I Romani sapevano leggere sugli specchi, che chiamavano “speculum”.
Già dall’era delle primitive società si credeva, come si crede ancora oggi,
che gli specchi riflettano l’anima e devono essere protetti, altrimenti
l’anima muore.
Secondo una leggenda cinese di Jorge Luis Borges: un tempo, il mondo
degli specchi e il mondo degli uomini non erano, come adesso, cioè non
comunicanti. I due mondi erano molto diversi: non coincidevano né gli
esseri, né i colori, né le forme. I due regni, lo speculare e l’umano,
vivevano in pace e attraverso gli specchi si entrava e si usciva. Una notte
gli appartenenti allo specchio invasero la terra, irrompendo su
quest’ultima con ingenti forze. Dopo sanguinose battaglie, le arti magiche
dell’Imperatore Giallo prevalsero. Egli ricacciò gli invasori, l’imprigionò
negli specchi, e impose loro il compito di ripetere, come in una specie di
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sogno, tutti gli atti degli uomini. Li privò della forza e della propria
figura, riducendoli a meri servili riflessi. Un giorno, tuttavia, essi si
scuoteranno da questo letargo magico: “loro usciranno dalla prigione e
inonderanno la terra”.
Lo specchio è anche legato al senso della vista, strumento umano di
indagine del sensibile, ma adatto anche a scrutare l’oltre. Ecco che lo
sguardo ha una duplice funzione: vedere con gli occhi non è tutto. Gli
occhi sono infatti anche: “specchio dell’anima”, e quindi tramite fra
esteriorità ed interiorità.
Nelle molteplici tradizioni il nesso mistico è tra l’immagine speculare e
l’oggetto fonte dell’immagine.
La tematica della specularità è tema ricorrente nelle letterature, legando
romanzi come: “Cuore di tenebra” di Conrad oppure: “Uno, nessuno e
centomila” di Pirandello al concetto della conoscenza di sé e del doppio,
caro alla psicologia ed alla psicanalisi ed anche – come abbiamo visto –
ad autori quali Borges: lo specchio è una delle più ossessive costanti
tematiche del grande scrittore argentino, sempre attratto dal fantastico
(ossia da quelle «ombre» che si rendono disponibili alla vista «oltre» o
«attraverso» lo specchio) e sostenitore di un’idea di letteratura intesa
come menzogna.
Lo specchio è deformante per definizione: restituisce un’immagine
inversa a quella del reale. Ma anche per questo è un mefistofelico
tentatore: seduce perché soddisfa il nostro faustiano bisogno di conoscere.
Ci consente di gettare lo sguardo sul nostro volto (almeno per
similitudine), quel volto che altrimenti ci sarebbe il più straniero di tutti, e
soprattutto ci consente di affacciarci su un mondo diverso: il mondo
capovolto, il mondo degli opposti. Nello specchio l’immagine appare
meravigliosamente perfetta, sia per somiglianza, sia per mobilità, sia per
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fedele obbedienza a ogni nostro gesto; immagine di un’immagine, l’alter
ego, il fantasma, il doppio del soggetto, essa ha però spesso ispirato anche
sensazioni oscure.
Nel folklore di vari paesi europei è da questa credenza del doppio che
provengono il divieto di guardarsi di notte allo specchio, nel quale l’alter
ego può perdersi, il divieto di mostrare un cadavere in uno specchio,
l’usanza di velare gli specchi nella casa di un morto, il timore di rompere
lo specchio, poiché la persona viva subirebbe la stessa sorte della sua
immagine. A volte è visto come la porta di un altro mondo, l’aldilà.
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degli dei. Narciso venne condannato, da Nemesi, ad innamorarsi della sua
immagine riflessa nell’acqua. Disperato perché non avrebbe potuto
soddisfare la passione che nutriva, si struggeva in inutili lamenti, ripetuti
da Eco. Resosi conto dell’impossibilità del suo amore Narciso si lasciò
morire.
Lo specchio dunque: piccolo dolore quotidiano del quale non
possiamo fare a meno. Del concetto del doppio che cela l’ aspirazione
dell’ uomo ad autoperpetuarsi, e a un intenso rapporto emotivo di amore e
odio, la vista della propria immagine riflessa nello specchio, non è
soltanto una prova irrefutabile della propria esistenza: come in un
interminabile gioco di specchi, essa continua a proporre vecchi e nuovi
motivi allegorici e di introspezione, anche se l’immagine di noi stessi
sempre ci inquieta.
BIBLIOGRAFIA
Jurgis Baltrusaitis: Lo specchio. Rivelazioni, inganni e science-fiction (1979), Adelphi, Milano 1981
Umberto Eco, Sugli specchi, Bompiani, Milano 1995
Ju.I. Levin, Lo specchio come potenziale oggetto semiotico
Jurgis Baltrušaitis, Lo specchio rivelazioni, inganni e science-fiction. Traduzione di Claudio
Pizzorusso. (1981).
Andrea Tagliapietra, La metafora dello specchio. Lineamenti per una storia simbolica. Editore:
Bollati Boringhieri.
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