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Rafael Moneo Museo del Teatro romano, Cartagena

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Quasi alla fine del Mediterraneo, sulla costa iberica, la città di Cartagena ci accoglie con
un vento caldo e un vecchio sottomarino. Di fronte al porto turistico fa bella mostra di sé
il pionieristico Sottomarino progettato alla fine dell'Ottocento da Isaac Peral, ingegnere,
navigatore ed eroico figlio della città. La storia di Cartagena è tutta nel suo stretto
rapporto col mare. Perciò, il tranquillo volto attuale delle strade e delle piazze, ricche di
architetture del primo Novecento, nasconde un’anima segreta e anche un po’ burrascosa.
Un’insenatura naturale è infatti una posizione strategica per le attività militari. E
Cartagena, cresciuta su cinque colli che sorvegliano il suo piccolo golfo, ha avuto un ruolo
da protagonista negli eventi che hanno scosso la storia del Mediterraneo, dalla guerra
punica alla guerra civile spagnola. Da qui, Annibale partì con i suoi elefanti verso la
penisola italica, dieci anni prima della conquista della città da parte di Publio Cornelio
Scipione, detto l’Africano, nel 209 a.C. Come racconta Tito Livio, il condottiero romano
vinse la strenua difesa punica e ispanica solo grazie ai “prodigi degli dei”, che gli
suggerirono il passaggio delle truppe attraverso lo stagno, luogo in cui la sorveglianza era
allentata. Scipione battezzò la città Nova Carthago e diede un segno di temperanza latina
lasciando liberi gli abitanti e i loro beni, compresa una bella principessa aggiunta dai suoi
soldati al bottino di guerra. La nota vicenda storica ispirò numerosi pittori, da Poussin al
Tiepolo, e anche i melomani la conoscono bene per le altrettanto numerose opere musicali
che hanno messo in scena questo luminoso esempio di virtù. A Nova Carthago i Romani
costruirono un monumentale teatro per 6000 spettatori, con una cavea del diametro di
circa 90 metri appoggiata a un rilievo e un proscenio con un doppio colonnato corinzio.
Terminato probabilmente poco prima della nascita di Cristo, l’edificio subisce gli effetti
della distruzione della città da parte delle tribù barbare nel V sec. Sulle sue rovine si
insedia un quartiere commerciale legato al porto a cui va ad aggiungersi, nell'Alto
Medioevo, la cattedrale di Santa María la Vieja, definitivamente distrutta durante la
Guerra civile. Il teatro romano di Cartagena rimane sepolto fino agli anni Ottanta del 900,
ma molti dei suoi preziosi marmi si trovano dispersi nella chiesa e negli edifici dell’antico
borgo che nei secoli lo hanno nascosto, custodendone l’antica bellezza. Dopo la scoperta
accidentale di alcuni resti, la campagna di scavi inizia nel 1990 e in sette anni porta alla

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luce il teatro. Al lavoro degli archeologi si affianca quello dell'architetto madrileno Rafael
Moneo, premio Pritzker, incaricato di progettare un percorso espositivo in grado di
valorizzare questo straordinario sito. Finalmente, dal 2010, a Cartagena possiamo visitare
il Museo del Teatro Romano. L’ingresso è sulla centralissima plaza de l’Ayuntamento, a
pochi passi dal lungomare, nel Palacio de Riquelme. Da qui, superiamo la sala che racconta
la storia degli scavi, ed entriamo in una lunga galleria sotteranea, piena di reperti, che
conduce alla base di una torre quadrata alta tre piani. Abbiamo attraversato la calle
Muralia del Mar e ci troviamo in una stretta porzione della cortina edilizia, che Moneo
definisce chiaramente con un rivestimento di pietre rigate in diagonale. All’interno, sul
lato sinistro della torre, le scale mobili indicano la direzione della visita, organizzata su
tre livelli: al primo sostiamo ammirati di fronte ai frammenti di travertino rosso delle
colonne e ai capitelli in marmo pentelico al secondo siamo invitati da una statua ad
affacciarci sulla città, mentre al terzo piano una balconata consentela veduta dall’alto
del museo e immette in un’altra galleria. Colpisce la semplicità degli elementi con cui
l’architetto ha interpretato il tema dello scavo archeologico, attraverso la ricercata
collocazione dei reperti che appaiono quasi sospesi nell’ambiente su pavimenti, pareti e
piedistalli pronti ad accogliere sorprendenti effetti di luce. Ma la vera sorpresa arriverà
tra poco. La galleria aperta al terzo piano della torre è tutta rivestita in mattoni ed è
illuminata da lampade incassate nel pavimento. Dopo una decisa svolta a sinistra, saliamo
su una passerella e all’improvviso l’ambiente cambia il proprio aspetto: ora siamo sotto
la chiesa medievale, tra i resti romani, illuminati da luce artificiale e spiegati pezzo per
pezzo con lunghe didascalie. L’apertura in fondo annuncia la fine del passaggio
sotterraneo e un ballatoio coperto da un pergolato metallico ci accompagna fino allo
spettacolo che tanto attendevamo: la magnifica vista sul teatro restituito alla città.
All’aria aperta, a contatto con l’antico edificio, Moneo rende più esplicito l'intervento sui
tracciati della storia. L’architetto, infatti, lavora con i frammenti antichi per comporre le
linee dei passaggi gradinati, per lasciarci immaginare il doppio colonnato del proscenio,
per disegnare una balconata in legno e infine, per la costruzione di un muro in pietra che
delimita il margine dello scavo. Dopo aver apprezzato tutti i dettagli di questo dialogo
con l’archeologia, usciamo dal teatro romano, e percorriamo una scalinata che gira
attorno al complesso monumentale, si ferma di fronte alla chiesa in una terrazza
affacciata sull’arsenale e termina all’ingresso della collina del Parque Torres, in un
giardino che offre sia nuove viste dall’alto sul teatro, sia un bellissimo panorama della
città. A Cartagena, nel Museo del Teatro Romano, l'architetto Rafael Moneo pratica la

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virtù della temperanza e rinuncia ai piaceri della memoria con un sottile gioco di
ricuciture, posto di fronte all’occhio dei visitatori in uno spettacolare movimento
caleidoscopico, che marca il tempo e le sue stratificazioni. Così, l’architetto assegna alla
conoscenza del passato un ruolo strategico per la costruzione del futuro.

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