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João Luís Carrilho da Graça, Museo del Castello di San Giorgio,

Lisbona

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La meta di questa lezione è il Castello di San Giorgio a Lisbona. Dedicato a San Giorgio
alla fine del 1300, per celebrare il matrimonio tra Giovanni I, re del Portogallo, e Filippa
d’Inghilterra, il monumento nazionale conserva l’atto di fondazione della città, ben prima
di quella che la leggenda assegna all’eroe greco Ulisse. Eccolo lassù! Se non ci sentiamo
di salire a piedi, come il grande poeta Fernando Pessoa consigliava al turista, possiamo
prendere il tram n. 28 per arrampicarci lungo i vicoli del quartiere dell’Alfama. Durante
lo spaventoso terremoto che distrusse Lisbona nel 1755, la prima grande catastrofe della
Modernità, questa fu l’unica parte della città a salvarsi. Ma se Voltaire, autore del Poema
sul disastro di Lisbona, fosse passato di qui due secoli dopo, avrebbe ascoltato la voce di
Amalia Rodrigues, regina del fado nata in queste strade. E avrebbe sicuramente trovato
un argomento in più contro la teoria del “tutto è bene”, con la quale il buon vecchio
Leibnitz sosteneva il nostro mondo come “il migliore dei mondi possibili”. Perché in realtà,
come dice la canzone, “Lisbona...non sarà mai felice”: la sua anima porta sulla terra le
inquietudini dell’Oceano. Del resto, si sa, il senso di nostalgia alimenta da sempre la
cultura portoghese. Dopo la sosta obbligata al Miradouro, per le foto di rito al panorama,
entriamo finalmente nel recinto vero e proprio del Castello, la cui origine come luogo
abitato risale al VII secolo a.C. Le ricerche archeologiche condotte su questo perimetro
storico attestano ritrovamenti relativi al succedersi degli insediamenti fenici, romani e
arabi, fino al periodo aureo che la fortezza vive dal XIII sec. All’inizio del XVI, quando è
trasformata in Palazzo reale. Oltre le mura e le celebri torri del Castelejo, si estende il
sito archeologico di Praça Nova. Sottoposta da anni a numerose campagne di scavo, dal
2010 l’area è finalmente aperta al pubblico grazie alla realizzazione di un progetto
affidato a João Luis Carrilho da Graça, classe 1952, indiscusso protagonista
dell’architettura contemporanea portoghese ed europea. Andiamo a studiare quest’opera
di architettura contemporanea che ha trasformato in un museo i 3500 metri quadrati del
sito archeologico del Castello, con una spesa contenuta che non ha superato 1 milione di
euro. Una sottile parete continua di acciaio corten, introduce al fascino delle rovine,
recintando il nucleo archeologico e orientando la visita attraverso gradini, pianerottoli e

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Introduzione alla Storia dell'Architettura Contemporanea - ARCHCONT101
sedili di pietra. Ora scendiamo verso quello che è al tempo stesso il primo livello del sito
e il suo ultimo periodo di occupazione, cioè i resti del pavimento del palazzo
quattrocentesco dell’arcivescovo di Lisbona. Qui troviamo una piattaforma sospesa che
protegge i mosaici recuperati dagli scavi. Poco più avanti, una serie di pareti bianche,
dichiaratamente astratte, galleggiano sopra le fondamenta visibili di due abitazioni
risalenti alla dominazione araba del XI sec. La copertura di questa nuova struttura, in
legno e policarbonato, filtra la luce naturale all’interno di uno spazio nel quale è
riprodotta idealmente l'antica misura domestica. Alla sera, la luce artificiale sottolinea il
punto di contatto tra le antiche mura e le nuove pareti bianche, dando vita così a uno
spettacolare effetto scenografico. Infine, nella parte più bassa dell’area, sono esposti i
resti dell’insediamento preistorico, protetti da un volume indipendente che, con un
movimento a spirale, si estende dalle pareti perimetrali di acciaio corten. Costruito con
un materiale “modernamente antico”, lo scrigno metallico è attraversato da fessure
orizzontali che invitano il visitatore ad osservarne il prezioso contenuto interno. In questo
progetto, dunque, Carrilho da Graça porta un contributo di straordinario interesse al tema
del rapporto con la memoria del passato. A contatto con lo scavo archeologico,
l’architetto rivela gli strati della storia e contemporaneamente, attraverso
l’interpretazione critica dei segni esistenti, ci aiuta a cogliere il senso del tempo e quei
valori del passato che la nostra epoca non può rinunciare a conoscere, conservare e
rinnovare.

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