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In questa lezione affrontiamo un tema che nel prossimo futuro potrebbe regalare esiti di
grande interesse per le nostre città: il recupero di un'architettura militare. Siamo nel nord
della Francia. Abbiamo lasciato Nantes alle spalle e stiamo navigando sull’estuario della
Loira, verso l’Atlantico. Il battello procede costeggiando una città lineare industriale che
sembra uscita da un quadro futurista: gru, gasometri, container, navi gigantesche,
raccontano l’economia di un grande porto e dei suoi cantieri navali. Dopo aver superato
il nuovo ponte in cemento armato che taglia l’estuario, approdiamo a Saint-Nazaire. La
città oggi conta quasi 70.000 abitanti e lega il suo nome alla tragica memoria della
Seconda guerra mondiale, per via della strenua resistenza delle truppe della Germania
nazista – nota come Poche de Saint-Nazaire – terminata tre giorni dopo la caduta di
Berlino, l’8 maggio 1945. Là dove negli anni Venti e Trenta partivano i piroscafi per
l'America, si staglia la sagoma scura della famosa base dei sommergibili costruita dai
tedeschi. È un bunker in cemento armato che misura quasi 300 metri di lunghezza, 130 di
larghezza e 18 di altezza e l'affascinante storia di questo edificio ha lasciato una traccia
indelebile sul territorio francese. Innanzitutto perché la sua presenza costò la serie di 50
bombardamenti, condotti dall’aviazione angloamericana fino agli ultimi giorni del
conflitto, che distrussero l’85% delle abitazioni di Saint-Nazaire. Poi, dopo che la
ricostruzione della città tentò di volgere le spalle alla massa incombente della fortezza,
la scoperta della bunker-archeologie (titolo di una celebre mostra curata da Paul Virilio a
Parigi nel 1975) diede avvio a un rinnovato interesse per le strutture in cemento armato
realizzate sulle coste francesi dall’Organizzazione Todt, la potentissima impresa di
costruzioni del Terzo Reich. La “Todt”, come allora era chiamata dal nome del suo
fondatore, l’ingegnere Fritz Todt, dal 1940 al 1944 costruì strade, ponti, fortificazioni e
altre infrastrutture su tutti i teatri delle operazioni belliche, potendo contare
sull’arruolamento forzato di circa un milione e mezzo di operai, ridotti in stato di
schiavitù. Nel 1942, dopo la morte di Todt in un incidente aereo, il comando
dell’organizzazione fu affidato ad Albert Speer, architetto e ministro di Hitler, che tra le
altre imprese portò a termine anche la costruzione di cinque basi dei sottomarini U-Boot
sulla costa atlantica: a Brest, Lorient, Saint-Nazaire, Bordeaux e La Pallice. I lavori per
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l’insediamento della base di Saint-Nazaire iniziarono nel marzo 1941 e dopo quattro mesi
furono aperti i primi tre “alveoli singoli”, ovvero, canali coperti in cemento armato lunghi
91 metri e larghi 14, adatti ad ospitare gli U-Boot della Marina. Per l’ampliamento e la
definitiva inaugurazione a pieno regime del bunker trascorse solo un anno Alla destra della
struttura esistente furono aggiunti altri cinque “alveoli singoli” (attrezzati per le
riparazioni “a secco” degli scafi) e verso sinistra altri sei “alveoli doppi” destinati al
ricovero “in acqua” di una coppia di sommergibili. Infine, un corridoio coperto di 5 metri
serviva da una parte le testate dei quattordici “alveoli” complessivi della base e dall’altra
parte una serie di spazi di servizio compresi in una fascia larga 22 metri e lunga quanto
tutto l’edificio. Nel giugno 1942, la base di Saint-Nazaire, su una superficie totale di 39000
mq, era pronta per ricevere 20 sottomarini tedeschi, le cui missioni in quel momento
terrorizzavano i mercantili in rotta sull’Atlantico. Una suggestiva descrizione dell’interno
della base si trova nel romanzo testimonianza di Lothar-Günther Buchheim, Das Boot
(pubblicato nel 1972), da cui è stato tratto il film U-Boot 96 di Wolfgang Petersen.
Leggiamone qualche riga per avere un'idea di come si presentava quel luogo: “Nei box
sulla nostra destra sono attraccati i sommergibili in avaria. Scafi mutilati, arrugginiti e
coperti di cancrenose chiazze di minio. Odore di metallo ossidato, di vernice, di nafta,
acidi andati a male, di gomma bruciata, benzina, acqua salmastra, pesce putrido. Ai bacini
galleggianti seguono i bacini di riparazione. Sul fondo di essi giace un sommergibile
sventrato come una balena sbudellata. Gli sono attorno un gran numero di operai, nani da
quassù, insetti brulicanti su un pesce morto”. ll cemento armato utilizzato per la
costruzione delle pareti del bunker contiene una quantità impressionante di ferri, mentre
per la copertura è sperimentata un’ingegnosa struttura, denominata Fangrost, adatta a
limitare i danni dei frequenti bombardamenti aerei. Il tetto della base è così formato da
una serie di strati di cemento armato diversamente composti con granito e placche
metalliche per un’altezza totale di cinque metri e mezzo, ai quali si aggiunge lungo quasi
tutta la superficie una vera e propria “camera d’aria” ottenuta da una sovrapposizione
intrecciata di muri paralleli, scoperta al secondo livello, il cui compito era semplicemente
quello di ammortizzare le esplosioni. Da questo “tetto armato” è partita la rinascita della
base dei sommergibili di Saint-Nazaire. Nel 1994, è avviato il programma “Ville-Port”, la
cui prima fase si conclude con la riapertura del bunker e con la realizzazione della lunga
rampa, firmata da Manuel de Solà-Morales, che collega il centro urbano con la copertura
della fortezza. Dallo stesso spazio, così carico di memoria, è partito lo studio berlinese
LIN Architects, fondato da Finn Geipel e Giulia Andi, che ha vinto il concorso per la
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trasformazione di un “alveolo”della base in un centro dedicato alla musica e l’arte
contemporanea. Dopo quattro anni di lavori, il nuovo spazio è stato inaugurato nel 2007.
La cupola geodetica in alluminio posta sul tetto e connessa con la parte sottostante da
un’apertura con scala e ascensore, copre un ambiente morbido, luminoso e raccolto, in
una ricercata contraddizione con le dure geometrie del bunker La presenza di questo
piccolo elemento diventa ancor più carica di significati simbolici dopo averne conosciuto
l’origine: la cupola apparteneva infatti alla torre dell’aeroporto di Tempelhof a Berlino
da lì è stata smontata e ricostruita sul bunker “francese”. L’intervento dentro la massa di
cemento armato della base è invece rivolto a conservare l’impressionante dismisura della
costruzione bellica, e della sua tragica bellezza addomesticandone semplicemente i
caratteri attraverso il controllo degli effetti della luce sull’ambiente. Tre sono gli
elementi del progetto: il corridoio che attraversa l’intera lunghezza della base segnato da
un “cielo” di punti luminosi appesi al soffitto da aste metalliche; lo spazio che contiene
un archivio, un bar e un ambiente a doppia altezza per gli eventi musicali; e infine la
trasformazione dell’“alveolo n. 14” in un centro per “le forme d’arte emergenti”
attraverso il montaggio sul soffitto di un’attrezzatura metallica adatta a sostenere una
serie di fari. Il lavoro dello studio LIN ha così interpretato con intelligenza e rispetto la
difficile memoria del luogo, lasciandone intatta l’atmosfera drammatica, con l’obiettivo
di aprire un nuovo dialogo tra il futuro della città e l’indistruttibile presenza storica di
un’architettura nata dal seme della violenza ed ora restituita alla vita civile. Grazie a
questo progetto, la base dei sommergibili tedeschi di Saint Nazaire è oggi uno spazio che
ospita eventi d'arte e musica, così come ad esempio il “Giardino” realizzato sul tetto di
cemento armato da Gilles Clement, guru dell'architettura del paesaggio.
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