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NOVECENTO: crisi di alcuni presupposti che avevano retto lo sviluppo della civiltà fino a quel momento, in diversi

terreni (es: economia con il fallimento del capitalismo libero e concorrenziale=fase protezionista). Superata la crisi vi è
una grande ripresa della produzione legata ad una fase di profonde innovazioni tecnologiche (seconda rivoluzione
industriale) con cui avanza una più complessa organizzazione delle fabbriche e del movimento operaio. Emerge il
conflitto di classe della società borghese, costituzione dei partiti di massa e ampliamento del diritto di voto che
rivelano l’inadeguatezza delle forme di rappresentanza elitaria tipica del liberalismo. A ciò si devono anche sommare
delle politiche di espansione coloniale con obbiettivi economici, politici. L’imperialismo si traduce quindi in un totale
assoggettamento del pianeta alle potenze coloniali e i movimenti nazionalistici ne traggono alimento, rafforzandosi
ovunque. Siamo nelle cause della Grande Guerra, con una grande crisi ed instabilità generali che hanno il culmine nel
1914.

Dal punto di vista filosofico, nascono pensieri diversi: relativismo (riconoscimento dell’impossibilità di attingere ad una
realtà oggettiva e assoluta), posizioni legate all’istintività non riconducibile a categorie razionali e un’accentuazione
del ruolo della coscienza soggettiva nella percezione del mondo esterno. Subentrano alcune figure influenti: Friedrich
Nietzsche che auspica l’avvento dell’oltre-uomo che va oltre i limiti dell’umano e affronta la vita con ‘coraggioso
pessimismo’; Bergson approfondisce il concetto di slancio vitale contrapponendo alla materia che va
progressivamente a depotenziarsi la vita, come azione che di continuo si arricchisce. Mette anche in discussione
l’omogeneità del tempo vissuto ed evidenzia come la percezione che ne abbiamo di modifichi continuamente:
l’autentica natura del tempo non è quella che la scienza gli attribuisce considerando i momenti tutti uguali, ma quella
psicologica che si qualifica come durata, in base all’intensità con cui si vive un certo momento. Vengono quindi
introdotte ‘nuove scienze’ (sociologia, antropologia, psicologia) in contrapposizione dell’unica descrizione oggettiva
della realtà. Sigmund Freud acquisisce rilievo, costruendo attorno alla nozione di inconscio una nuova interpretazione
non solo legata alla malattia mentale, ma all’interiorità di ciascuno: il metodo psicanalitico. Psicanalisi come terapia e
approccio per caprie la psiche umana che prima veniva solo considerata come coscienza, razionalità. Ora le pulsioni
inconsce sono poste in primo piano. Molti fenomeni artistici attingeranno da ciò. Come attingeranno alle scoperte
scientifiche di Einstein e Planck che conducono ad una nuova concezione di materia, meno statica e meno assoluta.

È il periodo in cui nascono le cosiddette ‘avanguardie storiche’ che si manifestano in un ampliamento di ciò che può
divenire oggetto di rappresentazione e la sperimentazione di nuovi linguaggi. In ambito militare indica il reparto che
precede le truppe in marcia verso il nemico; qui è usato in senso metaforico per indicare chi è in una posizione
avanzata rispetto alle concezioni del proprio tempo con una nuova visione del mondo e nuovo linguaggio. Ci sono tre
‘avanguardie’: avanguardie storiche (espressionismo, cubismo e futurismo), neoavanguardie (neodadaismo,
espressionismo astratto) e le transavanguardie. Uno dei temi prediletti era la metropoli, intesa come soggetto e non
solo come palco scenico della vita mondana. Si svincola dal suo significato tradizionale per diventare luogo simbolico.

I FAUVES

Termine coniato da Louis Vaux-celles nel 1905, significa ‘belve’ (per la violenza e l’intensità dei contrasti cromatici),
per il gruppo che lavorerà del biennio 1905-1907 (dopo gli artisti si rivolgeranno ad altre correnti o alcuni
percorreranno strade personali come Matisse). Artisti diversi per formazione e finalità ma accomunati da
un’innovativa concezione del linguaggio pittorico, imperniata dal rifiuto del disegno e sull’impiego del colore come
elemento fondante della loro composizione. Alla pittura precedente, sostituiscono pennellate più dense e strutturate:
segmenti colorati fitti come se fossero attraversati da un’energia propria, disposte in campiture larghe e piatte.
Caratteristiche: esuberanza del colore, rifiuto delle leggi prospettiche, del volume, del chiaroscuro, di ogni forma di
imitazione del vero, natura celebrata come luogo dell’istinto e della felicità. Non è un movimento organizzato. È
spesso messo in discussione che essi siano la variante francese dell’espressionismo tedesco, in quanto essi usano il
colore per strutturare la composizione mentre gli espressionisti per destabilizzare le forme. Essi sono un punto di
partenza per tutte le esperienze pittoriche che faranno del colore lo strumento espressivo prioritario.

Uno dei principali modelli figurativi è Cézanne con il ciclo delle bagnanti. Lusso, calma e voluttà (1904-1905) di Matisse
ne prende spunto ma eliminando la profondità spaziale puntando invece alla fluidità della linea per definire le forme e
al colore piatto. No adesione al naturale. Grande semplificazione del disegno, pare una fusione tra spazio e aria.

ANDRÉ DERAIN – L’età dell’oro (1905) → colori accesi e visionari; esperienza breve nei Fauves perché già nei dipinti
successivi si interessa di più alla resa dei volumi che all’espressione dei colori.
RAOUL DUFY → paesaggio urbano e naturale rappresentato con forme asciutte, depurate da ogni accenno di
descrizione, con colori squillanti e materici. Nelle opere tardive si concentrerà sulla geometrizzazione delle forme.

MAURICE DE VLAMINCK → pennellate violente (simili a Van Gogh per la stesura). Modalità pittorica che lo mette in
relazione con gli artisti della Brücke in quanto si caratterizza per la violenta cromatica e la capacità di rendere le forme
e gli spazi con tratti sintetici, senza schema geometrico o razionale.

HENRI MATISSE (1869-1954)

Elemento strutturale delle sue composizioni: tessere di colore dilatate in grandi campiture piatte di colore,
antinaturalistiche, brillanti e decorative. I suoi colori invece di essere valorizzati dai contrasti, ne erano divorati:
aderisce quindi ai Fauves. Per lui la composizione è l’arte di sistemare in modo decorativo i diversi elementi che il
pittore ha a disposizione per esprimere i propri sentimenti. L’espressione è in tutta la disposizione del quadro.

Gioia di vivere (1905-1906)

Manifesto della sua nuova e personale concezione di pittura. Ripropone il tema delle bagnanti, collocandole in un
paradiso terrestre in cui l’umanità felice e gioiosa si muove abbracciandosi e danzando. I corpi sono evidenziati da
linee colorate che li distinguono dalle campiture di colore diluito che ricoprono interamente la tela. Da qui si
concentrerò principalmente su forma e colore come elementi costitutivi autonomi. Le varie parti si accordano,
restituendo allo spettatore un insieme armonico e vibrante, una visione positiva e solare dell’esistenza.

1908-1910: invenzioni sempre meno descrittive, in cui prevale la visione astratta e uno spazio bidimensionale perché
secondo lui soggetto e sfondo hanno lo stesso valore sul piano compositivo.

La danza (1909-1910) – La musica (1910)

Definitiva maturazione dell’indagine sulle valenze compositive del colore, sulle potenzialità ritmiche e dinamiche della
linea. Forza del segno pittorico che si nota nella definizione dei contorni delle figure. Usa solo 3 colori: rosso per i
corpi, blu per lo sfondo e verde per il terreno. La linea invece di separare dallo spazio, diventa parte del ritmo della
composizione. I colori a larghe pennellate non appiattiscono l’immagine, ma la rende dinamica in un’atmosfera
incantata. Le 5 danzatrici si muovono in modo irregolare ma armonico, secondo uno schema ovale: le due in primo
piano non si toccano. I 5 musicisti invece guardano immobili verso lo spettatore, privi di relazioni visive ma messi
insieme dall’armonia data dall’esercizio della propria arte. Le due opere sono accumunate dalla musicalità e la visione
emozionale e vitalistica dell’autore: oggetti e figure sono accostati in quella gioia di vivere che è per lui il più alto
valore che l’arte possa indicare.

Lo studio rosso (1911) – La stanza rossa (1908) → verso l’astrattismo, lo spazio reale cede lo spazio definitivamente a
quello pittorico e mentale dell’arte.

Grande apertura verso le culture non occidentali, nello specifico quella africana di cui ammira la semplificazione,
tentando di riprodurne l’essenzialità (es: Ritratto con riga verde, 1905). Attratto anche dalla cultura Medio orientale
che conferisce grande importanza ai rapporti delle singole figure/forme sulla superficie e al ripetersi armonico delle
linee. Questi caratteri accompagnano le ‘gouaches découpées’ degli anni 40: un serie di collages con fogli di carta
ritagliata e dipinta da Matisse con singoli colori puri, accesi e vivaci.

Artigianato: produzione di ceramiche e arazzi e a costumi da scena per il teatro. Tra il 1948 e 1951 progetta in toto la
Cappella del Rosario a Vence dove crea un esempio di sintesi delle arti, integrando la struttura dell’edificio con
decorazioni parietali, vetrate e arredi. Primo complesso edilizio interamente concepito da un pittore. Con ciò si
conclude il suo percorso creativo.

DIE BRÜCKE + ESPRESSIONISMO

Pittori tedeschi: poetica sviluppata su un senso tragico e talvolta mistico. L’espressionismo accentua il ruolo del
soggetto, riconoscendo come modelli la pittura drammatica ed esistenziale, affidata alla violenza espressiva del
colore. Arte africana e orientale ammirata da questi artisti per spontaneità e il fascino grottesco.
1905-1913: Die Brücke (‘Il ponte’), intendono esasperare il versante psicologico della rappresentazione e si esprimono
con un linguaggio incisivo che da ai dipinti un carattere di immediatezza e aggressività. Uso marcato e spezzato del
segno e accostamenti cromatici violenti. Frequenti richiami all’arte primitiva e medievale tedesca: attrazione verso le
manifestazioni artistiche delle civiltà ‘incontaminate’ dagli stereotipi della cultura e le logiche del progresso. Si
sciolgono alla vigilia della IGM ma i suoi componenti continuano a lavorare in altre correnti/gruppi. Si propone di fare
da collante tra gli artisti impegnati in un rinnovamento tematico e linguistico, lanciando ‘un ponte’ verso il futuro.
L’arte deve esprimere il disagio esistenziale dell’uomo contemporaneo. Interesse ambivalente verso le nascenti città
urbane. La città è uno dei temi centrali dell’Espressionismo tedesco.

In alcuni artisti la natura è vista come alternativa allo spazio urbano, immergendosi nella quale l’umanità può
riacquistare la propria libertà e vivere secondo l’istinto e non secondo le costruzioni sociali (es: Karl Schmidt-Rottluff
con Estate, 1913).

ERNST LUDWIG KIRCHNER (1880-1938)

Potzdamer Platz (1914)

Trasmette il diffuso malessere che respira nella città con forme acute e linee spezzate, tracciate con un segno veloce e
interrotto: ritmo frenetico della scena. Linearità angolosa e contrasti di luce e ombre. Colori freddi stesi con
pennellate nervose che concorrono a determinare un senso di disarmonia e precarietà. Spazio instabile a causa delle
diagonali che non convergono verso un punto di fuga, incombente sullo spettatore, rendendolo partecipe
dell’inquietudine dei passanti. Figure alte e inquietanti che ricorrono anche in altre opere. Immagini standardizzate
senza umanità. Umanità contemporanea caratterizzata da un’incapacità di comunicare (figure estranee tra di loro).

Cinque donne nella strada (1913)

Non c’è una volontà di denuncia politica-sociale, ma è un frammento di vita metropolitana la cui caratteristica sembra
essere una distanza tra gli individui. Figure dal profilo tagliente e indurito.

ERICH HECKEL (1883-1970) - Fratello e sorella (1911)

Recupera dall’arte primitiva la tecnica artistica della xilografia, apprezzata per la componente artigianale e per
l’incisività del segno grafico. Ritratto con riferimento all’arte arcaica extraeuropea (volto della ragazza) e arte
medievale tedesca (marcati contorni neri e vibrazioni luminose).

EMIL NOLDE (1867-1956) - L’ultima cena (1909)

Suggestioni della pittura 800 francese + tele di Munch rielaborate con inclinazione al misticismo. Soggetto biblico e
religioso. Si è affidato all’immediatezza e eloquenza del colore; ricerca cromatica con grande libertà nel disegno.

ESPRESSIONISMO AUSTRIACO → intreccio con l’epoca della Secessione, con massimo esponente Klimt. Mantiene
inalterata la propria veemenza ma accoglie un gusto per le preziosità formali che conferiscono alle opere toni
estetizzanti. Ricerca una raffinatezza piuttosto che una violenza cromatica. I temi sono espressione di esigenze
interiori e soggettive spesso trattate con sensibilità esasperata. Esplorazione della coscienza e dell’inconscio. Tra i
protagonisti Egon Schiele che si concentra sulla figura umana con tendenza decorativa (La morte e la fanciulla, 1915-
16). Oskar Kokoschka - La sposa del vento, 1914.

Italia: Lorenzo Viani.

IL CAVALIERE AZZURRO (DER BLAUE REITER)

Monaco. Clima vivace post secessione che funga da richiamo per molti artisti stranieri tra cui Kandinskij. Nel 1909
entra a far parte della Nuova Associazione degli Artisti. 1911: Kandinskij e Marc se ne allontanano e fondano il ‘Der
Blaue Reiter’. Maggiore originalità espressiva dei Fauves, sollecitata da una tensione spiritualistica. Tendono verso la
creazione di un universo puramente pittorico, nel quale ogni nesso con la realtà oggettiva sembra superato e l’opera
nasce in risposta a un impulso spirituale. L’arte deve dare un volto all’interiorità. Marc usa forme semplificate e colori
puri per suggerire l’esistenza di una realtà diversa da quella che vediamo. Disegna animali e usa il colore per definire i
volumi e veicolare emozioni e simboli (I piccoli cavalli blu, 1911). L’importanza data al colore da questi artisti è
testimoniata dal nome scelto: cavalieri come figura romantica come metafora dell’artista che lotta per affermare una
nuova arte. È un sodalizio internazionale e chi vi aderisce è attratto dalle forme spontanee ed essenziali dell’arte
primitiva e infantile.
ASTRAZIONE – KANDINSKIJ E KLEE

VASILIJ KANDINSKIJ (1866-1944)

Sul finire del 1800 è mandato nel Vologda per studiare le tradizioni della Russia rurale, le quali gli insegnarono a
‘muoversi nel quadro’. Arte e tradizioni che si tramandavano affascinavano l’artista e si sedimentarono nella sua
fantasia per emergere anni dopo in modo originale.
1896: va a Monaco per studiare pittura, dipingendo inizialmente campagna russa (es: Vecchia Russia, 1904).
1908-1910: si allontana dalla rappresentazione di soggetti reali, evidente in Paesaggio con torre, 1908 in cui le forme
iniziano a dissolversi e le zone di colore diventano violenti lampi visivi.
1909: dipinge Impressioni (mantengono un legame con la natura esteriore), Improvvisazioni (esperienze
principalmente inconsapevoli di eventi di carattere interiore) e Composizioni (espressioni che si formano in modo
simile le quali vengono poi esaminate ed elaborate). Vi è un progressivo abbandono della realtà. L’obiettivo è di
evocare con il colore uno stato d’animo nello spettatore. Il colore come mezzo per influenzate l’anima. Il suo pensiero
è legato alla filosofia di Bergson e alle teorie del tempo inteso come processo fluido.

Allo scoppio della guerra torna in Russia, per tornare poi in Germania nel 1922. Concluderà la sua vita a Parigi essendo
un punto fondamentale per tutti gli artisti impiegati in tali ricerche.

Il primo acquerello astratto (1910)

Macchie colorate (rosso e blu predominanti) con alcune venature trasparenti che lasciano intravedere il bianco dello
sfondo, dando un senso di profondità fluttuante. Ci sono anche pennellate di varie forme, lineari e tocchi brevi; alcuni
paiono indicatori di una direzione del tratto e alcuni contornano la macchia. Primo testo pittorico non figurativo
dell’arte occidentale: giocoso scarabocchio infantile, eseguito di getto fissando sulla carta un impulso creativo,
affidando solo a colori e forme il compito di trasmettere l’emozione.

PAUL KLEE (1879-1940)

Segue l’opera immaginativa di Marc. Studia a Monaco ma si stacca degli insegnamenti accademici. Durante un viaggio
in Italia è affascinato dalle arti primitive (medievali) preferendoli ai classici. Interesse per le culture meno sorvegliate e
le forme espressive dell’infanzia. 1912: aderisce al Cavaliere Azzurro. Nei dipinti del 1914 (dopo un viaggio in Turchia)
il colore esplode (Cupole rosse e bianche, 1914) in quanto il colore trasforma le forme sulla tela in un ritmo costruttivo
e pura poesia. Pur condividendo l’idea astratta di Kandinskij, porta avanti un’ipotesi diversa: compito dell’artista non è
più rappresentare i fenomeni naturali come si presentano ma risalire alla loro genesi per reinventarli oltre la
definitezza delle forme. Klee non scioglie mai del tutto astrazione figurazione; alcuni suoi titoli rimandano sempre
all’oggetto da cui ha avuto origine l’opera.

IL CUBISMO

Ripresa di Cézanne in cui i piani si aprono e le cose vengono prese da angolature diverse. L’oggetto dipinto nasce dalla
somma di atti percettivi diversi che si organizzano insieme. Picasso e Braque come principali interpreti. Volontà di
mostrare la realtà non come appare agli occhi ma come appare alla mente. Ricerca della purezza delle forme e si
concentra sugli elementi essenziali della pittura (spazio, composizione). Si può suddividere in 3 momenti (suddivisione
convenzionale, perché in alcuni periodo le fasi si contrappongono:

- Fase iniziale: 1907-1909 → suggestioni di Cézanne + suggestioni dell’arte spagnola di età romana e africana;
soggetti comuni indagati nella struttura e nel rapporto con lo spazio;
- Fase analitica: 1909-1911 → i piani si moltiplicano, la volumetria si frantuma con il risultato che lo spazio
appare profondamente modificato dalle relazioni con il singolo oggetto che si muove in esso. L’atmosfera è
considerata un corpo solido con cui tutti gli altri elementi interagiscono (ripresa delle teorie di Einstein sullo
spazio che si contrae/allarga a secondo dell’oggetto che ci sta dentro). Viene tenuto conto della quarta
dimensione, quella temporale che permette di rappresentare sia il movimento dell’oggetto che il flusso di
coscienza personale. Drastica riduzione del colore (nero, bianco, terra): non ha alcun senso descrittivo ma
diventa fattore mentale che enfatizza la semplificazione delle forme. Le parole che compaiono nelle opere
sono importanti perché sottolineano con la loro bidimensionalità quella della superficie e di sostituire alla
rappresentazione un sistema di segni che rende presente un oggetto senza imitarlo; detta fase analitica per
l’approfondito studio del soggetto e i diversi piani che danno una visione più ‘ragionata’;
- Fase sintetica: 1912-1913 → tentativo di ricostruzione dell’oggetto anche se semplificato nelle componenti e
libero da regole pittoriche. Ripreso l’impiego del colore con una volontà di ricostruzione mentale di un
oggetto o insieme di oggetti nello spazio quotidiano. Volontà di collegare sempre di più l’espressione artistica
con lo scorrere dell’esistenza: vengono inseriti ‘elementi’ del vissuto (giornali, tabacchi…) facendo nascere i
‘collages’ e i ‘papier collés’.

Rientra anche in questa fase la scultura, con la realizzazione di composizioni plastiche. Non trova però molto sviluppo
in quanto il concetto di spazio creato dall’oggetto stesso e di una realtà frammentata in tempi percettivi diversi è
insita nel concetto stesso di modellato (e quindi non fu una grande novità). Esse trarranno spunto dei principi di
riduzione e di geometrizzazione della forma.

1909: iniziano ad esporre ai Salons anche altri artisti che si ispirano alla corrente ma con modalità e finalità diverse →
versioni ‘eretiche’. Gruppi come il ‘Section d’Or’ che applica la rigorosa scientificità al processo di scomposizione
cubista; il ‘cubismo orfico’ che recupera la dimensione emotiva del colore, giungendo ad esiti completamente astratti.

Architettura: Scuola Boema come unica scuola che si possa definire cubista. Molte sperimentazioni; individuano la
possibilità di superare il decorativismo ormai estenuato che caratterizzava l’architettura del tempo.

PABLO PICASSO (1881-1973)

È dall’incontro con Braque nel 1907 che prende vita il cubismo, avanguardia che avrà il suo massimo picco nell’ambito
della collaborazione tra i due artisti. Egli frequenta Parigi in questi anni, distinguendosi subito nell’ambito artistico. Tra
il 1901 e il 1903 ha il ‘periodo blu’: gamma di colori freddi, impostata su grigi e azzurri, figure solitarie e malinconiche,
rese con una line asciutta e drammatica a tratti espressionista (Poveri in riva al mare, 1903). Dopo il 1904 avrà il
‘periodo rosa’ con una linea più morbida e descrittiva con toni rosa e arancio, soggetti prediletti rimangono gli
emarginati ma con un’atmosfera più rarefatta e nostalgica. Frequenti le figure circensi, che sono il simbolo della
condizione di estraneità dell’artista nella società borghese (I saltimbanchi, 1905). Volumi definiti con maggiore
attenzione. Segna la svolta verso una nuova figurazione e un definitivo distacco da poetiche ancora simboliste il
Ritratto di Gertrude Stein, 1905-06, ritratto non più interessato alla verità fisionomica ma teso a restituire
un’immagine mentale, caratterizzata dalla semplificazione e dall’essenzialità delle forme. Dopo la guerra sceglierà poi
di ritornare alla figurazione e di verificare alla luce dei modelli classici la forma.

Les demoiselles d’Avignon (1907)

Inizio di una visione che sconvolge le tecniche della pittura: viene rivoluzionato il modo classico di rappresentare una
figura, il volume e lo spazio. Corpi ridotti ad oggetti di forma angolosa, aspre e geometrizzanti che si compenetrano
grazie ai loro contorni spezzati. Riprende anche modelli figurativi arcaici (arte egizia, scultura iberica, maschere
africane). Composizione che restituisce molti punti di vista (es: nei volti naso e occhi). Portate alle estreme
conseguenze le forzature prospettiche: stravolto lo spazio dell’immagine con l’appiattimento dello sfondo e lo
scomporsi o sovrapporsi dei piani che elimina lo spazio tra le figure (rappresentato come prisma). Tutto dipinto in
primo piano. Emblema dell’arte anticlassica: all’armonia e bellezza dei corpi si sostituisce la brutale sgradevolezza dei
corpi di 5 prostitute.

Ritratto di Kahnweiler (1910)

Nuovi criteri di rappresentazione applicati anche ai ritratti, lasciando affiorare dalla frammentazione dei volumi alcuni
elementi caratterizzanti. Vengono incastrati, scomposti e spezzati i volumi; il volto è ritratto con punti di vista
differenti, non come lo vedo l’occhio dell’artista, ma come lo pensa la mente. Sono comunque riconoscibili alcuni
elementi (folta capigliatura, le mani, dettagli dell’abbigliamento, bottiglia, testa di una scultura della Nuova Caledonia)

Bicchiere, chitarra e bottiglia (1913)

Fase sintetica in cui sentono la necessità di rendere più compatte le forme concentrandosi sulle linee essenziali
dell’oggetto restituendo un’immagine ‘sintetica’ che li renda riconoscibili. Qui convivono parti dipinte con ritagli di
carta bidimensionali, risolvendo gli oggetti per campiture piatte e chiuse di colore. Solo attraverso la sintesi
conoscitiva delle varie parti, essi ritrovano consistenza volumetrica. Chi guarda l’opera è portato a riflettere sulla
convenzionalità di ogni rappresentazione e la necessità di considerare la pittura un fatto mentale e non imitativo.
GEORGES BRAQUE (1882-1963)

1906: avvicinato ai Fauves con opere che sperimentano il colore e i contrasti (Paesaggio a La Ciotat, 1907). Studia poi
le soluzioni formali de Les demoiselles d’Avignon e porta a termine il Grande nudo, 1908 (scomposizione cubista).
Procede in moto autonomo alla rilettura di Cézanne, modificando il suo linguaggio negli anni (confronto di Viadotto a
l’Estaque, 1907 e 1908). Dopo una prima fase inziale diversa, nel cubismo analitico troverà un comune approccio con
Picasso: in entrambi i quadri rifiutano l’illusionismo prospettico e rappresentano una nuova entità con elementi non
tratti dalla realtà della visione, ma dalla realtà della concezione. Violino e tavolozza (1910) fanno parte della fase
analitica, in cui non viene imitata la realtà.

FUTURISMO

Nasce in Italia con Filippo Tommaso Marinetti (1876-1944) con la pubblicazione del 1909 del manifesto del futurismo.
Futurismo come contrario di passatismo (tutto ciò che ha origine nel passato). Ogni nuova creazione deve nascere dal
progresso e sostituire le forme tradizionali. Simbolo del progresso è la velocità che fonda un nuovo concetto di
bellezza. Negli anni successivi vengono poi scritti altri manifesti. Il movimento non riceve però molta attenzione, la
cultura italiana rimane infatti diffidente delle idee rivoluzionarie del fondatore. Lancia la sfida di un totale
rinnovamento nelle arti e nella vita, mutamento considerato inevitabile e legato alla nuova realtà della civiltà
industriale. Intenzione di fare tabula rasa con la cultura precedente anche se non pochi saranno ancora i collegamenti
con la poetica simbolista-divisionista. Questione centrale: rappresentazione del movimento collegata all’espressione
della dimensione temporale con l’adozione di tecniche come l’iterazione, visioni simultanee del soggetto. Importante
è la scelta dei soggetti, che si concentra sempre intorno alla città, luogo della modernità per eccellenza. Centro
nevralgico è Milano in piena espansione urbanistica e industriale, anche se ci sarà una diffusione rapida grazie alle
‘serate futuriste’ con un grande spirito anticonformista.

Allo scoppio della guerra il movimento si direziona verso la propaganda bellica. Sul piano politico essi sono impegnati
ma spesso con una scarsa consapevolezza. Il movimento viene messo in relazione con il fascismo: gli aspetti di
nazionalismo e radicalismo che lo connotano sono stati visti come atteggiamenti simili fascismo. Anche se la
caratteristica del futurismo è l’anarchia, elemento per cui il fascismo tollererà il movimento senza mai promuoverlo.
Avremo poi un secondo futurismo, spostando il centro da Milano a Roma.

Nuova concezione di spazialità, lo spazio come tradizionalmente concepito non esiste più, ‘lo spettatore è portato
dentro al quadro’. Nuova concezione di spazio accompagnata da una nuova concezione del colore.

UMBERTO BOCCIONI (1882-1916)

Le opere del 1910, in generale, sono ancora molto legate all’esperienze divisioniste e simboliste.

La città che sale (1910-1911)

Sullo sfondo alcuni elementi tipici della città: tram, pali elettrici, impalcature. Al centro c’è un turbinante cavallo rosso
che sembra trascinare nel suo vortice altri cavalli e figure umane. Linee che si muovono in più direzioni e rotti i limiti
della cornice. Interpretata la crescita della città moderna, metaforicamente rappresentata dall’energia che si sprigiona
dalla tensione umana e animale, in un turbine di colore, frammentato in pennellate oblique e filamentose.

La risata (1911) NON SPIEGATA → combinazione di colori e di piani che creano un grande dinamismo, essenziale la
conoscenza del cubismo analitico, anche se impiega tali regole in maniera originale per proiettare le forme nello
spazio e fonderle con esso. Esprime l’animazione della vita notturna cittadina.

Stati d’animo (1911-1912) NON SPIEGATA → serie in cui intende tradurre le immagini in emozioni legate al tema del
viaggio e al congedo di persone care: le linee diventano un prolungamento dinamico dello stato d’animo del soggetto;
protagonista delle tele: un treno (Addii, Quelli che vanno, Quelli che restano).

Materia (1912)

Ritratto della madre dell’artista. Il titolo mette in risalto la comune origine dei termini madre, materia e matrice. Al
centro vi sono le robuste mani serrate in primo piano che con le braccia disegnano un cerchio che si chiude
all’attaccatura delle spalle; qui si innesta il volto cubista scomposto (mostra lo sguardo sia laterale che frontale). Lei da
le spalle ad un balcone di cui si vedono l’inferriata e parte della struttura. Nella zona superiore appare un paesaggio
urbano, circolare, che ricorda quello della Città che sale. La madre sprigiona energia da ogni parte del suo corpo e in
ogni direzione, coinvolgendo l’ambiente circostante. La composizione non rispetta la norma della profondità spaziale e
delle proporzioni, ma risponde all’esigenza di rappresentare sullo stesso piano elementi della realtà percepiti con la
stessa intensità. Perfetta realizzazione del rapporto interno-esterno/figura-ambiente.
Si ispira al Ritratto di Madame Cézanne in una rossa poltrona. Nonostante vi sia un riferimento al cubismo, se ne
distacca.

Forme uniche di continuità dello spazio (1913)

Intende legare all’ambito della scultura il dinamismo dei corpi nello spazio e nel tempo. Vuole far vivere gli oggetti,
rendendo sensibile e plastico il loro prolungamento nello spazio. Si concentra su scultura che tendono all’astrazione
ma il cui soggetto rimane riconoscibile. Qui un uomo avanza con energia, fendendo l’aria. Il corpo è una sorta di
macchina animata dalla tensione di muscoli e tendini, resi attraverso il gioco di parti concave e convesse. La figura si
avvita e dilata nello spazio in un movimento unitario di espansione. Grazie alla tensione dinamica delle linee, lo
spettatore capisce la forma dentro al movimento.

CARLO CARRÀ (1881-1966)

Lo spazio viene scandito da ritmi lineari accentuati e lo spettatore viene proiettato dentro l’azione (es: Funerali
dell’anarchico Angelo Galli, 1910-1911).

Manifesto interventista (1914)

La pittura per lui deve riuscire ad esprimere suoni, rumori ed odori e in tal senso si muove la sua ricerca verso forme
l’astrazione delle forme in senso dinamico. In questo collage, costruito come un vortice dinamico, le parole leggibili
(senso compiuto o onomatopeiche) evocano la confusione rumorosa di una manifestazione politica. Vuole l’astrazione
plastica del tumulto civico.

GIACOMO BALLA (1871-1958)

Rappresentazione del movimento in modo analitico attraverso la successione dei movimenti nello spazio. Ripresa della
fotografia e nello specifico della foto dinamica.

Dinamismo di un cane al guinzaglio (1912) NON SUL LIBRO

La mano del violinista (1912)

Il movimento della mano mentre suona è rappresentato come una sequenza di fotogrammi lievemente sfalsati e
sovrapposti, che realizzano un effetto di grande velocità. Usa la tecnica dell’iterazione (moltiplicazione di immagini
consecutive).

Bambina che corre sul balcone (1912)

Iterazione di elementi come la testa, il gomito, il ginocchio piegati in senso opposto e lo stivale, le aste del parapetto.
Effetto dinamico di grande leggerezza. Si avverte l’eco della scomposizione cromatici puntinista.

SEVERINI, RUSSOLO, PRAMPOLINI, DEPERO NON SPIEGATI P. 1378

POST IGM → crisi della società. La violenza della guerra incise profondamente nella coscienza europea, sulla cultura,
sull’arte e spinge artisti ad una riflessione sulle sorti dell’umanità. Con le avanguardie viene proposto un nuovo
concetto di arte come esperienza globale e comprensibile da ogni essere umano, capace di trasformare il mondo sia
dal punto di vista estetico sia etico. Ogni movimento ha le sue caratteristiche specifiche, ma non mancano affinità e
momenti di confronto. Si sente la necessità di dare una sistemazione metodica alle idee e i diversi movimenti si
confrontano con i bisogni della società.

AVANGUARDIA RUSSA

La Russia negli anni della IGM attraversa una profonda trasformazione nel mondo dell’arte e ne viene messa in
discussione la stessa funzione. Gli artisti sono coinvolti in prima persona nella rivoluzione di ottobre del ’17 e danno il
loro apporto nell’affermazione di nuove concezioni, arricchite dai contatti con le avanguardie occidentali. Malevic e
Tatlin sono i protagonisti dell’avanguardia russa e dalle loro ricerche traggono origine il Suprematismo e il
Costruttivismo. Malevic (1913/1915) si spinge ad esplorare universi formali quanto più lontani dal mondo naturale.
Per lui la nuova lingua dell’arte è l’astrazione totale e basata su forme geometriche elementari e una piccola gamma di
colori. Il suprematismo è il predominio dell’arte sull’oggettività delle apparenze reali, ossia il trionfo di forme astratte
sulla varietà di forme che il mondo ci pone davanti. Al contrario, Tatlin pone al centro della sua attività il valore sociale
e politico dell’opera e si impegna a coniugare forme artistiche con finalità utilitaristiche. Il costruttivismo percepisce
l’arte come una sorta di ingegnere estetico, con il compito di dare concreta realizzazione ad ogni aspetto della vita
sovietica attraverso il linguaggio della tecnologia industriale. L’architettura seguirà questo filone individuando nuove
tecnologie e materiali orientate verso i bisogni della società. Anche Rodchenko e Lissitzkij faranno parte del
costruttivismo, l’uno abbandonando la pittura a favore della fotografia e l’altro creando un ponte tra cultura sovietica
e avanguardie occidentali grazie alle sue attività.
Le due correnti, tuttavia, condividono l’opzione realista come punto di partenza. Tatlin pensa ad un’arte funzionale ai
bisogni della società rivoluzionaria, mentre Malevic fa riferimento alla realtà dell’opera. Entrambe le tendenze
sostengono la necessità che l’artista partecipi operativamente in prima persona alla costruzione della nuova società.
Le accademie delle belle arti, chiuse nel ’18, vengono sostituite dai liberi atelier di Stato, in quanto si riteneva che la
formazione in campo artistico fosse il principale strumento per comunicare le idee rivoluzionarie. Sarà solo dopo la
morte di Lenin che all’arte verrà negata ogni autonomia di ricerca e verrà ridotta a strumento di propaganda politica.

SUPREMATISMO → KAZIMIR MALEVIC (1878-1935)

Dalla tradizione russa apprezza la schematizzazione delle forme e dalle avanguardie la ripartizione geometrica e il
dinamismo. Nei primi anni la sua pittura approda ad esiti cubisti e futuristi (es: L’arrotino, 1912-13). Il suo percorso si
indirizzerà verso il superamento di ogni allusione alla realtà esteriore. Nelle composizioni ‘alogiche’ vengono accostati
vari elementi senza legami logici apparenti (es: Composizioni con Monna Lisa, 1914). Cominciano qui a comparire
figure geometriche bidimensionali di un solo colore, senza alcun riferimento naturalistico: Quadrato nero su sfondo
bianco (1915). Qui la scelta del quadrato testimonia l’abbandono di qualsiasi ricerca di forme originali e nel titolo
stesso è contenuta la rinuncia ad evocare realtà o significati; rappresenta il simbolo di una nuova concezione estetica.
Suprematismo: supremazia della sensibilità pura nelle arti figurative. Concepisce l’astrazione non come soggettiva
lettura della realtà sensibile, ma come suprema schematizzazione di forme geometriche che con la loro essenzialità
conducono all’espressione pura senza rappresentazione. Viene elaborato un linguaggio astratto universale nel quale
forma, colore, suono, spazio, tempo si coordinano in un’unità inscindibile. Malevic inoltre sostiene la necessità di
considerare l’arte come mezzo per l’elevazione spirituale.
Dopo la rivoluzione si dedica all’insegnamento e realizza una serie di monocromi tra cui Quadrato bianco su sfondo
bianco (1918), un punto di arrivo oltre il quale non ci si può spingere, se non negando il senso stesso del dipingere. Lo
spettatore deve necessariamente passare dalla percezione visiva al ragionamento e concentrarsi sull’idea creata più
che sull’esecuzione. Quest’opera è il punto estremo della sua ricerca suprematista in cui viene inscenata la scomparsa
della forma e del colore.

COSTRUTTIVISMO → VLADIMIR TATLIN (1885-1953)

Il movimento sostiene la necessità di superare il concetto di arte da cavalletto (arte con finalità puramente estetica e
compositiva) a favore di un’arte di ‘costruzione’. Interessati ad utilizzare materiali di produzione industriale, veicoli di
partecipazione nei processi di trasformazione sociale e politica. Il raggio d’azione dei costruttivisti si allarga quindi
all’architettura, alla fotografia e al manifesto.

Monumento della III Internazionale (1918-1919)

Struttura monumentale (mai realizzata) da realizzare con materiali di produzione industriale, in omaggio alla società
socialista. Gigantesca torre di acciaio di 400m e costituita da sue spirali intrecciate è una sintesi tra scultura e
architettura ed è simbolo di crescita e progresso. Il progetto prevedeva l’inserzione di tre volumi di cristallo
trasparenti all’interno di un sistema di verticali e spirali. L’organismo era provvisto di meccanismi che ne assicuravano
il movimento a diverse velocità, in modo da integrare il movimento con la composizione (arte totale). Il primo volume
dal basso si doveva muovere molto lentamente girando intorno al suo asse in un anno. Il corpo mediano concludeva la
rotazione in un mese. Il terzo volume ruotava totalmente in un giorno ed era dedicato alla diffusione internazionale
dell’informazione proletaria: vi erano sopra una stampa, una stazione radio, ambienti per la proiezione
cinematografica e una tipografia. Sulla sommità doveva esserci uno stendardo che recitava: ‘Ingegneri, create forme
nuove’.

ALEKSANDR RODCHENKO → rinnova la grafica pubblicitaria eliminando i particolari decorativi e puntano a


composizioni di assoluto rigore geometrico, con contrasti piatti ed aggressivi ed elementi tipografici tridimensionali
innestati su fotografie realizzate con il fotomontaggio o con il collage (es: Manifesto per la propaganda del libro,
1924). Dal 1923 si concentrerà sulla fotografia, impostandole spesso su un asse dinamico diagonale e con angolazioni
ardite, con alternanze di bianco e nero. La rivoluzione in campo fotografico consiste nel fotografare in modo tale da
dare alla fotografia tanta forza da poter fare concorrenza alla pittura e indicare a tutti un nuovo metodo moderno per
scoprire il mondo della scienza, tecnica o vita quotidiana. È l’arte del nostro tempo.

PIET MONDRIAN (1872-1944)

Tenace riflessione sull’arte e sul problema dell’espressione astratta. Iniziale adesione al Realismo che viene superata
in favore dall’espressionismo. La mostra di Van Gogh del 1905 lo induce ad utilizzare il colore per connotare
emotivamente la composizione. 1906-1908: usa una tavolozza immensa (Mulino al sole – Crepuscolo: albero rosso). Si
interessa anche alle esperienze cubiste (aspetto razionale del procedimento artistico) e riconosce ai cubisti di aver
introdotto nella pittura elementi puramente plastici e una nuova tecnica. Non sarà comunque il cubismo a farlo
approdare all’astrattismo, in quanto essi rimanevano legati alle forme e ai volumi delle cose. 1911-1913: inizia a
semplificare la struttura della composizione, riducendo le immagini del mondo sensibile alle pure coordinate visive,
ossia alle semplici linee. Il richiamo al dato naturale parte fortemente attenuato, tanto più si indebolisce, tanto più la
composizione diventa ritmo e rapporto tra i valori cromatici. Egli sostiene che attraverso la superficie delle cose si
vede il loro aspetto interiore e tale immagine si forma dentro di noi in base a come guardiamo la superficie: questo è
ciò che dobbiamo rappresentare. L’arte deve quindi porsi al di là della realtà perché essa è in opposizione allo spirito.
L’artista deve rappresentare l’immagine del mondo svuotata, purificata dalle forme dall’apparenza e filtrata attraverso
il dato della coscienza. Bisogna trovare nuovi strumenti per esprimere il ritmo dinamico delle cose fra le cose, intuibile
solo attraverso un atto intellettivo. Secondo lui l’aspetto delle cose in natura cambia mentre la realtà rimane costante.
Per ottenere questo tipo di visione, detta Neoplastica, egli approda alla soppressione di ogni forma specifica:
Composizioni (1919-1920) dove l’astrazione si precisa nello studiato equilibrio tra quantità spaziali, linee e colori. Gli
elementi visivi vengono ridotti alla sola linea retta con lo scopo di creare sulla tela un rapporto stabile nel punto di cui
esse si incontrano: l’angolo retto. Anche il colore è applicato secondo questa teoria: applicato in modo uniforme con i
tre colori primari (bianco, rosso e blu) che rappresentano tutte le possibili variazioni timbriche. Questi aspetti
accompagnano la poetica di Mondrian in cui vi è l’idea utopica di contribuire alla formazione di un nuovo modo di
vivere, regolato dall’armonia, equilibrio e bellezza, favorendo la nascita di una società che combini il materiale con lo
spirituale.
Negli ultimi anni della sua vita, animerà tali armonie cromatiche con forti vibrazioni interne che ricordano un mosaico
di colori brillanti. Cancellati i rigidi reticoli neri, il colore diventa frenetico (Broadway Boogie-Woogie, 1942-43)
creando un effetto di vitalità.

1917: fondata la rivista ‘De Stijl’ (Lo stile) a cui collabora anche Mondrian. Il tema dell’integrazione delle arti (stretto
rapporto tra pittura, scultura, architettura e design) percorrerà l’esperienza della rivista. Base teorica del
Neoplasticismo è il convincimento che individualismo e soggettivismo provochino angoscia e assenza di senso; solo la
bellezza può eliminare il tragico della vita e l’esperienza della bellezza è legata al rinvenimento di forme universali, un
linguaggio espressivo comune a tutti gli esseri umani. Estetizzare la realtà tramite l’arte permette di arrivare ad
un’armonia riorganizzazione della società. De Stijl è portavoce di un nuovo senso estetico. La visione universale a cui il
Neoplasticismo tende si può realizzare solo attraverso un linguaggio ispirato ai principi immutabili di oggettività e
razionalità che colgono ciò che permane sotto il continuo trasformarsi della realtà. Esso usa forme geometriche
essenziali e rigorose, colori puri che danno vita a griglie composte da elementi ortogonali. Molti artisti però si
espressero in maniera diversa, creando a lungo andare una vera e propria spaccatura. Per esempio, Van Doesburg
comincia a creare opere in netto contrasto con Mondrian, ponendo nella composizione delle linee diagonali, elemento
dinamico che spezza l’equilibrio della composizione.

SCUOLA DEL BAUHAUS (1919-1933) → ‘Casa del costruire’. Mette a fuoco la connessione arte-architettura e tra
ambito creativo e sistema industriale. Progetto dinamico comune. Fondatori: Gropius, Meyer e Ludwing Mies.
Dall’arte, l’architettura ne estrae dei metodi più che delle forme specifiche. Coloro che insegnano e studiano qui
riescono a trasmettere la libertà di ispirazione e l’empatia del percorso creativo e non rinunciano a confrontarsi con le
innovazioni di processo e le ragioni economiche connesse. Per approfondire: pagina 1430.

DADAISMO

Nasce ufficialmente a Zurigo nel 1916 nelle sale del Cabaret Voltaire, con la caratteristica di non aver nessun
programma prestabilito se non quello di opporsi alla cultura che si era resa responsabile della guerra. Dada dichiara la
sua adesione alla ‘legge del caso’, riconoscendo in essa l’unico fattore in grado di guidare le diverse forme di
espressione artistica: si ribella all’arte che l’ha preceduta asserendo una propria indipendenza formale e la volontà di
dare nuova concezione al fare artistico. Materiali effimeri e di recupero diventano i nuovi mezzi di espressione e le
tradizionali scultura e pittura vengono sostituiti da oggetti prelevati dalla realtà: assemblaggi, collage in cui il caso
interviene per dare luogo ad associazioni stranianti. Il nome ‘DADA’ sarebbe stato dettato dal caso o scovato per
mezzo di un tagliacarte scivolato in un dizionario. È allo stesso tempo una parola ma anche un termine onomatopeico
con diversi significati, ma nessuno di questi è privilegiato per descrivere il carattere del movimento. Il poeta rumeno
Tristan Tzara nel 1918 dice che ‘è una parola che non significa nulla’ e che è solo un suono di rivolta e negazione.
Anche Dada ha affidato la sua divulgazione ai manifesti, dialogando con il pubblico in modo provocatorio e diretto
invitandolo ad accettare la loro poetica controcorrente. Si diffonderà in tutta Europa e in alcuni luoghi (NY) aveva già
iniziato a diffondersi in precedenza sul finire dell’800. Intorno al 1922 si va spegnendo.

Cabaret Voltaire: luogo in cui dare espressione al disgusto per il proprio tempo e all’ostilità per la società borghese,
proteste contro la guerra + sfiducia nel futuro. I giovani che si riuniscono lo fanno in maniera goliardica e giocosa con
musica, poesia, teatro. Saranno Janco, Heulsenbeck, Hans Arp e Sophie Tauber Arp a dare via al dadaismo, facendosi
interpreti di una diffusa negazione dell’arte tradizionale e ogni valore morale ed estetico. Inizialmente è una corrente
di pensiero e sono i poeti e gli scrittori a portare la causa. Il netto distacco con la cultura precedente non escluse
nemmeno le Avanguardie: sono comunque parte della storia perché portatrici di linguaggi volti a rinnovare l’arte
stessa. Dada al contrario rifugge da ogni finalità costruttiva.

Hans Arp → il dadaismo ricerca quindi un radicale sovvertimento dei tradizionali processi che regolano la creazione
artistica. Dalla realtà si prendono oggetti e materiali ma è il ‘gesto’ che codifica ogni azione come evento artistico. I
suoi collages (1916-17) sono realizzati facendo cadere sul supporto pezzi di carta ritagliati e bloccandoli nella posizione
che hanno assunto (Quadrati composti secondo le leggi del caso) e così anche i suoi rilievi (accostamento casuale di
materiali dalle forme irregolari). Rifiuto di ogni forma di naturalismo sintetico.

Germania: poeta Huelsenbeck e Raoul Hausmann e altri, tutti trovano nello spirito rivoluzionario Dada lo spunto per
far convivere arte e impegno politico. Fanno largo uso del collage e del fotomontaggio in cui riconoscono gli strumenti
più adatti per strappare un’immagine visivamente e concettualmente fedele di quel caotico periodo. Hausmann
preleva, scompone e ricompone testi e immagini per invitare a leggere in modo critico l’attualità. In Lo spirito del
nostro tempo (1919) vi è una testa di un manichino equipaggiata con vari ingranaggi e strumenti per la misurazione
del tempo e dello spazio, ad indicare come il sistema sociale, controllando la scienza e l’arte, minacci di privare
l’individuo della sua libertà di azione. Kurt Schwitters: ricerca sull’oggetto di recupero e il suo riutilizzo, crea
assemblaggi con oggetti usati e consunti. Da vita a composizioni dette ‘Merzbilder’: bild=immagine/quadro e
merz=sillaba ricavata dalla parola Kommerz mentre lavorava ad un collage. Diventati Merzbilder, gli oggetti perdono il
loro significato e diventano semplici oggetti plastici.

MARCEL DUCHAMP (1887-1968)

Si forma a Parigi, avvicinandosi all’esperienza dei fauves e dei cubisti. 1911-1912: dipinge alcune tele in cui indaga la
scomposizione sequenziale del movimento in modo analitico e senza intenti descrittivi (Nudo che scende le scale n2)
suscitando molte polemiche per il carattere anticonvenzionale e per la scelta ritenuta provocatoria e immorale. Nel
1913 lancia la sua polemica ‘antiartistica’ con la creazione di Ruota di bicicletta: assemblaggio di due oggetti comuni
(ruota di bicicletta e sgabello di legno) con la ruota in grado di girare, senza alcun tentativo di esaltarne l’estetica.
L’anno seguente rinnova la provocazione con Scolabottiglie e In previsione di un braccio rotto usando un semplice
scolabottiglie e una pala. Ready-made: pronto all’uso, quelli ‘semplici’ scelti e presentati come tali e quelli ‘rettificati’
modificati dall’artista nella forma. Le didascalie hanno lo scopo di stimolare la riflessione dello spettatore, non
descrivono l’oggetto ma trasportano la mente verso altri livelli interpretativi, giocati sull’ambiguità delle parole. L’arte
diventa quindi un gioco intellettuale in cui la manualità dell’artista è superata dall’idea.
1917: è nella commissione per selezionare le opere per la mostra di NY degli artisti indipendenti. Presenta anche una
sua opera con lo pseudonimo R. Mutt per non condizionare la giuria: Fontana. Orinatoio prodotto in serie, capovolto.
L’opera viene rifiutata ma essa riassume in punti salienti della filosofia dei ready-made: il rifiuto di un’idea legata alla
manualità e alle capacità tecniche; l’affermazione del primato del processo ideativo su quello esecutivo; l’accettazione
della riproducibilità dell’oggetto artistico a venir meno del presupposto dell’unicità; effetto di spiazzamento; la
possibilità di trasformare un oggetto della quotidianità in opera d’arte grazie alla sua decontestualizzazione. La scelta
anche qui non è estetica, invita solo a riflettere sui convenzionali rapporti degli oggetti del quotidiano. La differenza
con gli ‘object-trouvés’ è proprio questa: gli OT vengono individuati proprio grazie a delle caratteristiche estetiche o
specifici elementi in grado di evocare ricordi, sensazioni e sentimenti.

L.H.O.O.Q. (1919) – DUCHAMP COME RROSE SELAVY (1920-1921) – DUCHAMP (1921) – LA SPOSA MESSA A NUDO DAI
SUOI SCAPOLI (1915-1923) NON SPIEGATA

La sua presenza a NY è uno dei fattori principali per la creazione di una corrente americana con artisti come Picabia e
Man Ray. Picabia produce molti disegni di ispirazione meccanica che accompagnano una serie di dipinti
‘meccanomorfi’ in cui vengono fatte delle analogie tra sessualità umana e il funzionamento dei diversi macchinari; la
macchina non è più un’appendice della vita ma ne fa parte e probabilmente ne è addirittura il centro (Parossismo del
dolore, 1915 e Il fanciullo carburatore, 1919).

MAN RAY (1890-1976)

Opere innovative in puro stile Dada, grazie anche all’amicizia con Duchamp. Gli oggetti sono quasi sempre modificati
dall’artista che ne stravolge la natura con ironia ed inventiva, creando una contaminazione tra prodotto seriale e
opera d’arte pensata per stupire il pubblico e stimolare la riflessione, anche attraverso la componente del mistero
come si vede nelle sperimentazioni fotografiche ‘rayogrammi’: fotografie ottenute non utilizzando una macchina, ma
collocando vari oggetti sulla carta fotosensibile ed esponendoli alla luce per qualche istante. Ciò che ne deriva è la
traccia dell’oggetto, la sua sagoma, creando composizioni enigmatiche. Man Ray è stato il primo artista a concepire le
fotografie dei suoi oggetti non come semplici riproduzioni, ma come opere a se stanti, inaugurando un dialogo tra
operazione artistica e fotografia.

Regalo (1921): Ferro da stiro ‘rettificato’ da una fila di chiodi saldati sulla piastra che lo rendono inutilizzabile.
L’enigma di Isidore Ducasse (1920) NON SPIEGATA

METAFISICA

Giorgio De Chirico come massimo esponente. La compostezza di tale movimento è lontana dalle avanguardie. Le
prime intuizioni ‘metafisiche’ vengono elaborate tra Firenze e Milano nel 1909-1910 per svilupparsi poi a Parigi nel
1911-1915. La sua è un’arte autonoma, interiore e celebrale. Metafisica: indica una rappresentazione straniante ed
enigmatica; ‘oltre-natura’ e nel pensiero filosofico definisce la realtà che sta oltre al dato sensibile. Applicata all’arte,
indica la volontà di andare oltre il mondo della natura o della storia per attingere ad una dimensione ‘altra’, superiore
e trascendente, raggiungibile solo con gli occhi della mente. I quadi metafisici raffigurano oggetti riconoscibili ma posti
in relazione in modo particolare tra di loro. Emerge una mancanza di un legame diretto con la realtà e un senso di
mistero. L’enigma rimane irrisolvibile, ma non per questo produce angoscia: la pittura definisce solo la sua volontà di
parlare di ‘altro’ rispetto al dato fisico. Gli accostamenti a volte sono ironici o volutamente parodistici. Il pittore
propone quindi un’interpretazione svincolata da necessità descrittive e narrative, in favore di una bellezza che cerca
nella figurazione e non nell’astrazione la propria ragione di essere.
I surrealisti riconosceranno in De Chirico il loro punto di riferimento e lo vedranno come ‘artista chiaroveggente’: idea
simbolista del fatto che l’artista in quanto tale sia capace di interpretare una realtà oscura alla maggior parte degli
uomini. Nella metafisica però non vi è nessun richiamo all’inconscio o alla psicologia.
Molti artisti aderiranno in quanto vedranno in questa corrente il passaggio per il ‘ritorno all’ordine’.

GIORGIO DE CHIRICO (1888-1978)

Nato in Grecia, terra a cui è legato (interesse per la mitologia e i monumenti della classicità). Si stabilirà a Monaco di
Baviera nel 1905, si iscrive all’accademia di belle arti e approfondisce la conoscenza del simbolismo tedesco. Entra
anche in contatto con la filosofia con la quale condivide l’idea che la Grecia sia la culla della civiltà e apprende il
profondo significato del non senso della vita e come tale non senso possa essere trasformato in arte; ciò lo induce ad
esprimersi con metafore con una rappresentazione sospesa e misteriosa della realtà. 1909: viaggio a Roma e Firenze.
Nel 1912 e 1913 esporrà ai Salons parigini, conoscendo gli stili delle avanguardie, rimanendo però fedele al suo
linguaggio.

Enigma di un pomeriggio d’autunno (1909)

Ispirato a Firenze, piazza Santa Croce. Importante perché è la nascita della metafisica. Racconta di aver avuto la strana
impressione di aver visto quella piazza per l’ennesima volta ma come se l’avesse vista per la prima volta, momento
enigmatico e inspiegabile che gli ritorno alla mente ogni volta che rivede quel quadro. Attraverso un’illuminazione
anche le cose più ovvie rivelano un versante sconosciuto. Diventa quindi una metafora che unisce passato e presente.

Torre rossa (1913) – La nostalgia del poeta (1914) – Canto d’amore (1914) NON SPIEGATE

Le muse inquietanti (1917)

Ferrara, ne interpreta l’anima segreta. Ben riconoscibile è il castello Estense sullo sfondo, affiancato da una fabbrica
con due ciminiere: commistione di antico e moderno, di una nobiltà tramontata e ordinaria quotidianità. Per il pittore
la città è una delle più belle d’Italia e lo colpiscono ‘le vetrine, le botteghe, abitazioni…’. In primo piano le Muse,
ridotte a fantocci stolidi e incomunicanti: a sx volta le spalle e risulta dall’assemblaggio di pezzi scultorei con la testa di
manichino da sartoria; dx seduta su una scatola azzurra, rimanda ad una scultura classica, ma si rivela un manichino
nella tratteggiatura e nell’attaccatura della testa. Ai piedi oggetti enigmatici. In secondo piano, una statua classica che
rimane nell’ombra di un palazzo. La combinazione di tali elementi, disposti al fuori di ogni logica spaziale, crea un
gioco di mistero, malinconia e ironia, inquietudine e divertimento. Le figure sono come su un palcoscenico inclinato,
chiuso sullo sfondo dal castello, sottolineando il distacco dalla realtà della scena e la proiezione della finzione. Tutto è
raffigurato con precisione e dettaglio.

IL RITORNO ALL’ORDINE

Post IGM – totalitarismi → propaganda

Piano culturale e artistico: situazione complessa e in generale vi è un forte distacco dal passato. Si impone la necessità
di una revisione delle scelte presenti prima del conflitto. Bisogna fare i conti con l’irrazionalismo e le avanguardie
storiche, senza rifiutarle in blocco, ma tentando di recuperare solo la componente meno soggettivistica. Si delineano
così una pluralità di esperienze artistiche e una varietà di centri di attività e irradiazione. Le Avanguardie hanno ormai
concluso la loro fase eroica, non riuscendosi più ad imporre come nuova modernità. In questi anni si delineano
principalmente due visioni: chi propugna un’arte che ricerca un rapporto diretto con la realtà (Nuova Oggettività
tedesca) o chi mira all’affermazione di un ideale artistico di ordine formale (Purismo). Urge comunque un ritorno alla
chiarezza e alla razionalità. Nel campo della pittura esso si traduce in un’esigenza figurativa di ritorno alla forma e alla
tradizione, con l’intento di ripristinare il valore delle qualità tecniche e compositive dell’opera d’arte.

Il termine è di origine francese (rappel à l’ordre) coniata dal critico francese Maurice Raynal, ha caratterizzato l’arte
europea fino alla metà degli anni ’20. Il ritorno all’ordine non si fa solo alle tecniche ma anche ai temi, inducendo un
ripiegamento su soggetti intimistici. Si tratta di una concezione diversa della modernità, capace di conciliare novità e
tradizione; le opere di antichi maestri sono considerate principi spirituali che danno sostanza a nuove idee. Non è un
movimento o uno stile, ma una tendenza, un atteggiamento mentale. Affonda le sue radici sia nella disillusione post
conflitto, ma anche nelle diverse proposte del simbolismo di fine ‘800. Ha una diffusione internazionale, nello
specifico in Francia, Germania e Italia.

FRANCIA

Derain: abbandona lo sperimentalismo dell’Avanguardia per seguire il ritorno all’ordine. Ritratto di Lucie Kahnweiler
(1913) rappresenta la moglie nei termini di un saldo classicismo, che unisce al rigore compositivo dei ritratti di Ingres
una minuziosa resa dei dettagli memore dei grandi artisti nordici.

Severini: Maternità (1916): moglie che allatta con la grazia solenne della pittura del 400 toscano.

Picasso: Olga in poltrona (1917): dedicato alla sua compagna, armoniosa linea con realismo decorativo. Grande
importanza ai contorni rispetto al volume della figura e ricercatezza nella stesura cromatica; Il flauto di Pan (1923):
richiamo alla mitologia classica nel soggetto e nell’ambientazione.
PURISMO → LE CORBUSIER (1887-1965)

1921: manifesto del purismo. L’intento è di aggiornare la tradizione dell’avanguardia cubista nell’ottica di una nuova
visione del mondo, basata su purezza classica e razionale del disegno. Di fondamentale importanza sono la geometria,
la semplicità, la linea continua e la proporzione; principio formatore è la sezione aurea. I soggetti sono
prevalentemente nature morte che si presentano come un insieme di oggetti comuni impaginati secondo schemi
armonici desunti dall’architettura: diventano un sistema di linee verticali e orizzontali dando origine alle ‘pitture
architettoniche’. Anche il colore ha un ruolo importante (prevalgono giallo ocra, rosso, terra, bianco, nero, blu).

GERMANIA

Grosz e Dix maturano una concezione della pittura come strumento di denuncia della drammatica e contraddittoria
realtà politica e sociale della Germania, usano uno stile figurativo, incisivo e diretto che si serve di caricature
grottesche per restituire un ritratto crudo del loro tempo. Volontà di offrire uno sguardo oggettivo sul mondo: Nuova
Oggettività tedesca. L’impegno politica riguarderà vari settori della cultura.

Beckmann: precursore in quanto introduce opere di matrice espressionista di immediata leggibilità. Notte (1918-
1919): opera visionaria e allucinata che rappresenta una donna e un uomo sotto tortura e l’indifferenza dei carnefici.
Si vuole denunciare la ferocia e l’indifferenza degli esseri umani nei confronti dei loro simili.

Otto Dix: realizza opere polimateriche, ritornando però alla pittura negli anni ’20. Pragerstrasse (1920): frammento di
drammatica quotidianità post-bellica. Trittico della metropoli (1927-1928) e Trittico della guerra (1929-1932).

Grosz: stile pittorico in cui convergono deformazioni espressioniste e dinamismo futurista. Metropolis (1916-1917):
città caotica e convulsa dominata dai grattacieli con l’atmosfera della società industriale non percepita come
progresso ma come mancanza di senso. I comunisti cadono, i titoli salgono (1920): i militari aggrediscono i lavoratori
affinché questi desistano dal rivendicare i loro diritti e non intralcino l’ascesa dei nuovi capitalisti. Le colonne della
società (1926): feroce critica della classe dirigente tedesca, deformata grottescamente. Nazista il cui cranio
scoperchiato rivela un cavaliere, simbolo della guerra; il giornalista al servizio del potere con un pitale rovesciato in
testa; il finto socialista che al posto del cervello ha sterco fumante; il giudice che brancola ad occhi chiusi; il militante
con spada insanguinata il cui volto è già un teschio. Tale polemica gli costerà la perdita della cittadinanza.

Schad: ‘schadogrammi’ ossia immagini ottenute con oggetti qualunque che impressionano la lastra fotografica e
danno esiti simili ai collages. Realismo gelido a tratti quasi fotografico, in cui i personaggi hanno volti duri e
inespressivi e l’atmosfera è rarefatta tanto da sembrare un sogno o un’allucinazione (Autoritratto con modella, 1927).

ITALIA

1918: primo numero di ‘Valori Plastici’ i cui collaboratori concordano sul ripudiare gli sperimentalismi delle
Avanguardie e nel proporre un’arte saldamente legata ai valori tecnici e formali del passato. Lo scopo era di riunire
intorno alla rivista alcuni dei migliori artisti del momento e con l’intento di collegarsi al contesto internazionale (è
importante per l’aggiornamento sulle esperienze artistiche europee).

CARLO CARRÀ → Pino sul mare (1921): composizione semplice che mostra un esile pino che si flette leggermente
verso il mare e un cavalletto su un panno bianco steso ad asciugare, posti fra la parete di un anonimo edificio e un
promontorio con radi cespugli. Atmosfera di sospesa solitudine che ospita banali oggetti della vita quotidiana con una
semplicità formale che richiama Giotto.

FELICE CASORATI (1883-1963)

Realismo magico: arte dai soggetti reali, immersi in una dimensione misteriosa e magica, memore della staticità
metafisica. Casorati darà vita ad una pittura fatta di figure immote, assorte, di rigore geometrico ed evidenziate da
una luce fredda, come nel Ritratto di Silvana Cenni, 1922.

Meriggio (1923)

Corpo della fanciulla a destra che riprende il Cristo morto del Mantegna. Il tema scabroso è trattato con concisione
lineare e rigore geometrico ed è ambientato in una placida luce pomeridiana che accresce il senso di straniamento.
Continuerà con questo severo classicismo 400esco negli anni a venire con nature morte, nudi e maschere.
IL GRUPPO ITALIANO NOVECENTO

1922: si riuniscono per la prima volta nella Galleria Pesaro di Milano su iniziativa della giornalista e critico d’arte
Margherita Sarfatti. 1923: prima mostra. Pur con alcune differenze, gli artisti che ne fanno parte sono accomunati dal
desiderio di opporsi alle sperimentazioni dell’Avanguardia per promuovere una moderna arte italiana che si confronti
con la grande tradizione pittorica nazionale. Il nome scelto allude, infatti alla volontà di incarnare l’espressione
artistica più significativa della propria epoca. Le opere esposte alla mostra mostrano una predilezione per la figura
umana. Il movimento ha una precisa organizzazione e alcuni artisti italiani che vivono all’estero promuovono le mostre
(già molto famose in Italia). Agli inizi degli anni ’30 inizia la crisi del gruppo e a determinarne la fine concorrono le
polemiche e i contrasti interni. Il movimento non era comunque forte abbastanza per diventare espressione ufficiale
del fascismo. Manca di connotati precisi e univoci; ne emerge un linguaggio di recupero della tradizione nei termini di
una solida plasticità delle figure, precisione del segno, semplificazione rigorosa ma sempre realistica, con atmosfere
solenni simili al realismo magico.

MARIO SIRONI (1885-1961)

1919-1920: pittura che approda ad un linguaggio sintetico ed essenziale dove il tema privilegiato sono periferie
urbane immerse in atmosfere cupe (Paesaggio urbano con camion, 1920). È il pittore dei paesaggi urbani meccanici.
Aderisce con sincerità al fascismo, sostenendo l’esigenza di una pittura legata alla tradizione e incentrata sui valori
sociali. Le ultime opere mostrano evoluzione stilistiche, sperimentando una pittura vicina all’astrazione
(Composizione, 1956).

L’allieva (1923-1924)

Figura femminile attorniata da riferimenti classici (statua antica, anfora, piramide), richiama i modi della ritrattistica
rinascimentale. Lo spazio della scena ricco di tensione emotiva ed è costituito per piani geometrici semplici. Ricercate
analogie: la posizione delle braccia richiama la squadra e la piramide; l’ovale del viso richiama l’anfora; la scollatura
rimanda all’arca a tutto sesto sullo sfondo. Trattamento cromatico con netti passaggi di chiaro scuro che crea forte
contrasto e da evidenza plastica alla figura.

SURREALISMO

André Breton (poeta) raccoglie l’eredità dadaista per dare origine al movimento: il carattere evocatorio è attenuato,
l’arte come produzione di opere non è negata e la pratica creativa ritrova i caratteri di una disciplina formale che deve
guidare le intenzioni dell’artista. 1924: primo manifesto. Il surrealismo vuole affermare le proprie idee senza negare il
futuro, ma perché esso diventi degno di essere vissuto con le teorie freudiane come punto di partenza. Ricerche
intorno ai meccanismi del sogno, ai metodi della scrittura automatica. La follia, l’allucinazione, il sogno sono luoghi di
conoscenza per l’uomo, manifestazioni che consentono di penetrare il mistero della realtà e accedere alla ‘surrealtà’,
solo dimensione dell’autenticità. Lo stato di veggenza dell’artista è una condizione essenziale per lo sviluppo
dell’immaginazione. Valori: assoluta libertà creativa, recupero dell’istinto. Principale riferimento: De Chirico. Gli artisti
surrealisti non propongono uno stile unitario, ma diverse risposte ad un principio di immaginazione che coinvolge
l’esistenza. Il surrealismo non si scrive o dipinge, si vive. Si affidano alla forza visionaria delle immagini, accostate in
modo casuale ed evocate attraverso l’automatismo psichico (trascrizione automatica del flusso di pensiero) senza il
controllo della ragione.

Coinvolgimento esistenziale che si manifesta anche nell’impegno sociale: avversione verso le logiche di potere che
guidano l’Europa. Come antidoto, propongono una mobilitazione permanente, intesa come rivolta sia dello spirito che
sociale. 1929: secondo manifesto: si propone di far coincidere la ribellione morale promossa dal pensiero freudiano e
la ribellione sociale marxista. Convinzione che l’intellettuale abbia il diritto di aderire alla rivoluzione con i propri mezzi
espressivi. 1969: si spegne il movimento.
Grande espansione grazie anche al trasferimento di Breton e alcuni artisti negli Stati Uniti che ne diffonderà i principi
in America. Influenzerà decisamente anche i gruppi del secondo dopoguerra.

Max Ernst (1891-1976) → opere con carattere complesso e sperimentale, naturale sviluppo dell’esperienza dadaista.
Indaga i processi formativi dell’immagine, l’instabilità dei suoi significati. All’inizio accosta elementi in modo casuale
senza alcuna descrizione narrativa ma che sollecitano libere associazioni mentali e non trovano un’unica chiave di
lettura (Oedipus Rex, 1922). Inventa il frottage: strofinamento tramite matite o pastelli di un foglio di carta posto su
una superficie scabra in modo da ricavarne una traccia visibile; alla base vi è quindi una costante interrogazione della
materia come fonte stessa dell’immagine, senza controllo logico. Usa anche la decalcomania (premendo una sull’altra
due superficie colorate e poi staccandole) e il dripping (gocciolamento del colore sulla tela). Negli anni ’30 la sua
pittura si permea di un’atmosfera inquietante (riferimento alla situazione europea).

André Masson (1896-1987) → interessato alla trascrizione immediata degli impulsi psichici, vuole portare sulla tela i
segni dettati dai flussi di immaginazione che affiorano dall’inconscio; indaga anche la possibilità espressiva della
materia (La battaglia dei pesci, 1926: polimaterico). Carattere principale: metamorfosi, movimento, germinazione
incassante tramite segni e colori (Metamorfosi degli amanti, 1938).

Roberto Sebastián Matta (1911-2002) → si affida all’automatismo per liberare un impulso che crea immagini
organiche fluttuanti in una dimensione nuova, determinata da bagliori e oscurità; tele di grande formato.

Yves Tanguy (1900-1955) → paesaggi irreali avvolti da una luce metallica che evocano il mondo lunare o marino dove
compaiono enigmatiche forme biologiche; i titoli alludono ad un misterioso legame tra l’immagine raffigurata e il
mondo reale (Eredità dei caratteri acquisiti, 1936).

Paul Delvaux (1897-1994) → dipinge scene in cui i sentimenti umani sono personificati dall’incontro tra personaggi
muti e indifferenti, collocati in una composizione di assoluta immobilità che ricorda De Chirico (L’aurora, 1937).

Juan Mirò (1893-1983) → si avvicina dopo aver assimilato l’avanguardia cubista. Aderisce per l’idea di comunicazione
che possa sprigionare energie immaginative non riducibili alla sola pittura, ma in grado di suggerire una costante
germinazione di emozioni impreviste. Il quadro deve essere fecondo. Linguaggio personalissimo che si esprime in un
automatismo grafico che genera segni e forme che si estendono in un moto infinito (Carnevale di Arlecchino, 1924-25)

SALVADOR DALÍ (1904-1998)

Ammira gli artisti del passato ma si avvicina anche agli artisti dell’arte moderna: le prime opere sono paesaggi e ritratti
che riprendono gli impressionisti, cubisti e Cézanne. 1921: Madrid, accademia delle belle arti da cui viene espulso
perché giudica gli insegnanti incompetenti. Inizia ad interessarti alle teorie sull’inconscio e sull’importanza dei sogni e
viene a contatto con il manifesto del ’24. La sua pittura è orientata alla scoperta delle pulsioni nascoste, dal rapporto
delle forze oscure e opposte, dalle teorie freudiane della sessualità.
Il metodo adottato da Dalì per portare sulle tele le associazioni di immagini dell’inconscio è detto ‘paranoico-critico’,
ispirandosi allo stato di delirio provocato dalla paranoia (alterazione della psiche). L’artista parte dalla visione reale o
mentale di un oggetto ma lascia che il ‘delirio-paranoico’ intervenga a trasformare quel dato oggetto in un altro,
generando immagini enigmatiche distorte o doppie. Ruolo attivo dell’artista, che elabora e organizza creativamente le
immagini per svelare ciò che si cela nel proprio mondo interiore e per presentarlo come realtà alternativa,
perfettamente compiuta.
Dalì si presenta in molto fotografie e autoritratti con abiti eccentrici e baffi all’insù, ama attirare l’attenzione su di se
anche con atteggiamenti provocatori. Può essere considerato un precursore dell’uso del corpo e della performance
come manifestazione artistica.

Enigma del desiderio, mia madre, mia madre, mia madre … (1929)

Espressione del complesso di Edipo. Raffigura un allucinato autoritratto ‘molle’, sul quale un’enorme massa celebrale
divisa in celle riporta ossessivamente la scritta ‘mi madre’.

La persistenza della memoria (1931)

Compaiono i famosi orologi molli. L’ambiente è un paesaggio marino vicino a Port Lligat, dove viveva con la compagna
Gala. Paesaggio desertico in cui sono in contrasto l’uniforme stesura marrone in primo piano e lo specchio d’acqua
azzurro in fondo alla tela, su cui si riflettono le scogliere e il giallo e il blu del cielo. Vi sono alcune figure enigmatiche:
frammento di volto con la palpebra chiusa, le lunghe ciglia e il naso pronunciato; tre orologi molli e un orologio a
cipolla brulicante di formiche. Il quadro nasce dopo una cena con il formaggio Camembert: attraverso il contrasto tra
la crosta dura e il cuore molle, mette in discussione l’oggettività del tempo. Il tempo è molle, cioè soggettivo,
mutevole e plasmabile, così come la consapevolezza che noi ne abbiamo, la memoria.

Venere di Milo a cassetti (1936) NON SPIEGATA → frazionamento del corpo che allude alla dimensione misteriosa
dell’inconscio.
Telefono Aragosta (1936)

Esempio di ‘oggetto surrealista’: nuova interpretazione della scultura. Si vuole provocare una rivoluzione dell’oggetto
realizzando copie di oggetti percepite solo nei sogni; essi non sono legati ai mezzi specifici della scultura ma sono liberi
da preoccupazioni formali e possono essere definiti ‘oggetti a funzionamento simbolico’. Viene riproposta l’esperienza
artistica del ready-made ma caricando l’oggetto di un nuovo significato espressivo: far emergere aspetti della sfera
dell’inconscio (motivo privilegiato per la formazione: associazione improbabile). Talvolta sono objets trouvés, oggetti
comuni decontestualizzati in cui si proietta l’identità stessa dell’artista con le sue ossessioni o desideri. Producono
spesso un effetto ironico stimolando l’acquisizione di più punti di vista.

RENÉ MAGRITTE (1898-1967)

Prende ispirazione dalle avanguardie: il futurismo gli suggerisce di sovrapporre figure diverse nello spazio secondo
concetti di dinamismo e simultaneità; il cubismo lo guida in un’analisi struttura della pittura che si deve confrontare
con la superficie bidimensionale della tela. Sarà la pittura di De Chirico ad avvicinarlo ai surrealisti francesi. Sulla sua
formazione incide anche un fatto biografico: suicidio della madre. Pittura dichiaratamente banale e accademica che
usa per costruire luoghi, spazi e rapporti che rivelino il mistero dell’esistenza, il sentimento di angoscia o stupore che
sorge davanti ad una rappresentazione. Partendo dalla convinzione che il significato del mondo è impenetrabile,
concepisce la pittura come strumento di evocazione del pensiero e se ne serve per svelare i rapporti segreti ed
invisibili che si celano nella realtà. Dipinge secondo il principio della riconoscibilità e i suoi oggetti sono legati da
rapporti illogici (La riproduzione vietata, 1937).

La condizione umana I (1933)

Ricorre agli strumenti della rappresentazione per metterne in discussione il suo significato. Il quadro mostra la vista da
una finestra davanti alla quale è posto un cavalletto che mostra un paesaggio che coincide con quello esterno,
rappresentando esattamente la parte che la tela copre. Lo spettatore si trova quindi allo stesso tempo sul quadro,
dentro la stanza, e all’esterno, nel paesaggio reale. È così che noi vediamo il mondo, lo vediamo all’esterno di noi
stessi e al contempo ne abbiamo una rappresentazione dentro di noi. Vuole mostrare come vediamo e non vediamo
contemporaneamente il mondo. Il soggetto non sa più se la sua rappresentazione sia illusione o abbia a che fare con la
realtà. Noi abbiamo un’immagine del mondo esclusivamente in noi stessi e la nostra rappresentazione non può che
alterarlo. La rappresentazione non ci offre nessuna garanzia che dietro alla tela ci sia davvero quel paesaggio.

L’uso della parola (1928-1929)

Tema della convenzione rappresentativa da un altro punto di vista. La negazione afferma l’incolmabile distanza fra
l’oggetto, la sua raffigurazione e la sua denominazione verbale. La pipa disegnata non può essere fumata, la scissione
tra l’immagine dell’oggetto e l’oggetto stesso allude a quella tra la realtà e la nostra rappresentazione, quindi tra
realtà ed arte.

L’impero delle luci (1954) NON SPIEGATA

Golconda (1953) NON SUL LIBRO

ARTE TOTALITARIA IN EUROPA – ASTRATTISMO IN EUROPA – MATURITA’ DI PABLO PICASSO – ARTE IN MESSICO –
STATI UNITI TRA REALISMO E ASTRAZIONE NON SPIEGATO

ARCHITETTURA – RAZIONALISMO EUROPEO E ARCHITETTURA ORGANICA

Aree urbane dell’Europa e degli Stati Uniti: profondamente segnate degli effetti dell’industrializzazione. Pochi si
interrogano però sulla riformulazione del ruolo delle città, nonostante si impegnino alla loro riorganizzazione. Vi sono
due grandi categorie: razionale e organico, diverse ma accomunate dall’opinione che l’architettura debba incidere in
senso migliorativo per la società. Gli architetti quindi non si limitano alla progettazione di edifici ma si dedicano
all’elaborazione di vari e propri piani finalizzati a trovare nuovi modi di costruire e quindi di abitare. Si occupano anche
del disegno di arredi per migliorare la vita quotidiana. Vanno alla ricerca di una committenza che condivida con loro
questa volontà di cambiamento. Protagonista di questa fase è Le Corbusier che incarna la figura dell’architetto che
vuole cavalcare l’industrializzazione. La fascinazione per l’industria ha radici nel Purismo. Sostiene il modello della
razionalità e teorizza la casa come ‘macchina per abitare’ mentre parte della sua produzione è volta alle
sperimentazioni dei processi industriali dell’edilizia. Fiducia nella forza rigeneratrice dell’architettura. In Italia,
l’esponente maggiore è Giuseppe Terragni cui, nel regime fascista, fa veicolare attraverso il razionalismo le istanze
dell’architettura moderna. In America avremo Frank Lloyd Wright esponente dell’architettura organica, vuole
rifondare i valori originari dei coloni americani, in termini di uso dello spazio e di dialogo con la natura. In Europa tale
ricerca è portata avanti da Alvar Aalto che guarda all’architettura come uno strumento per migliorare la quotidianità.
La natura e l’uomo sono i riferimenti di questa seconda architettura.

LE CORBUSIER (1887-1965)

Uno dei più importanti architetti del 900 il cui pensiero ha avuto un grande seguito in tutto il mondo. Nasce in Svizzera
e la sua formazione architettonica si deve alle letture e ai viaggi. Sarà il viaggio in Grecia che gli farà scoprire il
Partenone di Atene collocato in un tempo suggestivo e meccanico nei dettagli. La duplice valenza delle forme del
tempo (razionali ma anche in grado di trasmettere valori) diviene fonte di ispirazione fondamentale, così come
l’inscindibile unità fra opera costruita dall’uomo e paesaggio. Il suo non sarà un itinerario sempre lineare nel suo
lavoro, molte opere avranno ancora un’impostazione accademica (Maison Dom-Ino, 1914: rapporto architettura e
produzione industriale; Maison Citrohan, 1922: attenzione di produrre case seguendo procedimenti industriali +
compare per la prima volta la distribuzione su due livelli). 1922: piano per Città contemporanea per tre milioni di
abitanti – Immeuble villas. 1927: Villa Stein a Garches.

1927: definisce i 5 punti fondamentali dell’architettura moderna:


- Pilotis: grazie all’uso del cemento armato, fondamenta puntiformi al posto dei muri pilastri, eleva gli edifici
dal suolo, dando maggiore luce e togliendo umidità;
- Tetto-giardino: ricrea in alto la porzione di terreno sottratta alla natura per fare l’edificio;
- Pianta libera: non ci sono più pareti portanti quindi vi è libertà della configurazione della pianta;
- Finestra a nastro: ampie finestre che corrono sulla facciata da un pilastro all’altro, illuminando i locali;
- Facciata libera: libera da pesi e può modularsi in corrispondenza delle funzioni presenti e degli spazi interni.

Villa Savoye a Poissy (1928)

Maglia quadrata di pilastri in cui vi è un garage delimitato le pareti ricurve lasciando libero lo spazio intorno scandito
da pilotis. Il corpo della villa appare sopraelevato, formato da un basso volume squadrato segnato sulle quattro
facciate da una medesima lunga apertura orizzontale, vetrata nella parte abitata e aperta nella parte tetto-giardino.
Gli ambienti sono disposti a L. Sul tetto piano, abitabile, alcune superfici curve richiudono una zona riservata e un
solarium che si affaccia sulla sottostante terrazza. Per collegare tra loro i piani vi sono sia scale sia un sistema di rampe
(passeggiata architettonica).

Le Corbusier creerà anche piani per alcune città, come Algeri (Plan Obus, 1933). Sviluppate anche ricerche
architettoniche che mettono in discussione alcuni punti del Razionalismo, all’origine di ciò la rottura dell’equilibrio tra
volontà di modificare con il progetto l’assetto urbano e il desiderio di esplorare le potenzialità dell’architettura.

Cappella di Notre-Dame du Haut a Ronchamp, 1950-55 – Unité d’habitation, 1945-52.

RAZIONALISMO IN ITALIA

1919-1923: Giovanni Muzio decora la facciata della Ca’ Bruta dando la possibilità di riconoscere gli appartamenti
anche da fuori: i motivi architettonici appaiono frammenti di un antico ordine che deve essere ricostituito in una
nuova ed originale sintesi di modernità e tradizione. L’architettura moderna si affermerà in Italia grazie ad un gruppo
di sette giovani architetti (Gruppo 7): progettano la Casa Elettrica (1930) come edificio in acciaio e vetro che mostra al
suo interno tutti gli elettrodomestici esistenti. Nel nome della razionalità, basata sulla purezza, sull’assoluto, le
proporzioni essi tentano di conciliare la tradizione mediterranea con il moderno. Verranno poi a delinearsi le
Esposizioni italiane di architetti razionali, dirette dal MIAR (movimento italiano architettura razionale) sorto nel 1930.
Mussolini stesso dichiarerà questa architettura come architettura del fascismo (verrà definita ‘architettura di stato’).
Essi non auspicavano al fascismo ma la coincidenza con lo spirito di modernità del movimento e il rinnovo del paese. Il
Palazzo delle esposizioni (1932) e la nuova città universitaria di Roma (1932-1935) saranno razionali. Piacentini
costruirà anche la piazza bresciana Piazza della Vittoria (1929-1932) in tale stile: diventerà modello per i successivi
interventi promossi dal fascismo per la città italiane. Via Roma a Torino, Stazione di Firenze (1933-1935). Con queste
opere si vuole affermare che un edificio funzionale può trovare posto all’interno di un contesto storico, senza
modificare la modernità dell’uno per un ‘falso’ rispetto dei valori dell’altro. Casa del fascio, Palazzo littorio di Roma. A
metà degli anni ’30 il termine ‘razionalismo’ diventa ambiguo e lo si accusa ormai di essere sinonimo di arte di stato e
di aver sostituito all’originalità iniziale un interesse per la ‘meditarraneità’, confondendo il richiamo degli ideali
dell’antichità classica con la politica espansionistica del fascismo. Nel 1933 muore definitivamente.

GIUSEPPE TERRAGNI → più grande tra gli architetti italiani tra le due guerre. Tre opere (Como) rappresentano
emblematicamente i tre momenti della sua vicenda professionale: Novocomum (1928-1929): nuova estetica per un
edificio di appartamenti; Casa del fascio (1932-1936): sede dal partito nazionale fascista con una continuità tra
esterno ed interno per mostrare alle persone in funzionamento della ‘macchina’ del partito; Asilo infantile Antonio
Sant’Elia (1936-1937): ambiente luminoso e aperto alla natura con un’articolarità spaziale di forme semplici.

FRANK LLOYD WRIGHT (1867-1959)

Originario del Wisconsin, negli anni ’20 va a lavorare a Chigago dove diventa assistente degli architetti Sullivan e Adler
(Auditorium cittadino). 1893: lascia lo studio di Sullivan e la sua ricerca si orienta verso un’architettura in cui le parti
dell’organismo costruito si integrano e nella quale concetti di forma e funzione si fondono: ‘architettura organica’. I
primi edifici coerenti con ciò saranno le ‘case nella prateria’ (Robie House, 1909): basse e sviluppate in orizzontale
adagiate sul terreno, gli spazi interni sono fluidi e legati tra di loro e il centro simbolico dello spazio domestico è il
camino. Le terrazze e le verande si proiettano sul giardino. Architettura che infrange la scatola muraria e spaziale
tradizionale per configurare un nuovo modello di casa. Costruirà anche Uffici Larkin (1904), Unity Temple (1906),
Taliesin (east and west), Imperial Hotel (1915-1922), Miniatura (1923), Johnson Wax (1936) e Museo Guggenheim
(1943-1959).

La casa sulla cascata (1936-1939)

Costruita per Edgar Kaufmann. Risposta in chiave organica e romantica allo stile internazionale. Usa calcestruzzo
armato per realizzare solai che si protendono a sbalzo sulla cascata sottostante, sostenuti da rustiche murature di
pietra. Alto camino in pietra da taglio come cuore pulsante della casa. Spazi interni in colloquio diretto con la natura
attraverso i materiali, i punti di vista e le aperture.

Post 2GM → guerra fredda. Fisionomia artistica e culturale non omogenea: atteggiamenti di decisa rottura con il
passato si alternano al riproporre idee delle Avanguardie. Tutti gli orientamenti però hanno in comune la volontà di
schierarsi contro l’assurdità e l’efferatezza della guerra.

Differenze/affinità INFORMALE E ESPRESSIONISMO ASTRATTO AMERICANO → superano entrambi la figurazione e


affidano nuove soluzioni espressive all’energia gestuale, all’incisività del segno pittorico, alle qualità tattili e psico-
percettive del colore. Vi sono però anche alcune differenze: gli informali statunitensi rivelano un’interpretazione
pessimista della realtà contemporanea ma intendono il fare artistico come riscatto, sia in chiave spirituale che
psicologica. Gli informali europei invece appaiono disillusi rispetto ad un’idea dell’arte come soluzione ai problemi del
vivere. A dispetto delle differenze però il linguaggio formale si diffonde agli inizi degli anni ’50 come linguaggio della
contemporaneità e utilizzato come strumento espressivo in chiave costruttiva.

Confronto SPAZIALISMO E INFORMALE → spazialismo agli antipodi dell’informale perché le sue opere non si spiegano
come la traduzione in arte di quell’esistenzialismo negativo che sta alla base dell’informale e dall’arte grezza. Gli
informali vogliono azzerare ogni legame con la cultura positivista e la tradizione artistica occidentale, gli spazialisti ne
promuovono il superamento ma non la distruzione, poiché l’obiettivo è elaborare una visione dell’arte e dello spazio
artistico in linea con la trasformazione del mondo contemporaneo con cui l’arte non è il conflitto ma in sintonia.

ESPRESSIONISMO ASTRATTO AMERICANO

Nuovo fenomeno artistico dalla specifica identità americana, apparso nei primi anni ’40 e affermatosi all’inizio dei ’50.
Linguaggio originale, basato sull’interesse per gli elementi intrinseci della pittura più che per i soggetti rappresentati.
Regole convenzionali abolite per esprimere sulla tela (spesso di grande formato) una libera energia creatrice. Si
sviluppa secondo due varianti: action painting ossia una pittura gestuale e materica che arriva ad impegnare tutti il
corpo dell’artista in azioni pittoriche (incarna la spasmodica ricerca di esprimere un disagio interiore attraverso un
percorso fisico di cui la tela è testimonianza) e color field painting ossia una pittura semplificata, emotivamente più
controllata, che privilegia ampie superfici di colori monocromi e mira al coinvolgimento psico-percettivo dello
spettatore (filtra le pulsioni interiori con stesura del colore delicata e vibrante).
Si origina dal programma di sostegno per artisti che crea occasioni di lavoro (Federal Art Project) rilanciato dal New
Deal che permette momenti di confronto e la formazione di una coscienza artistica unitaria e autonoma. Per
l’affermazione della nuova tendenza è decisivo il contributo dei critici e quello dei mercanti. Figura di rilievo è Peggy
Guggenheim, gallerista e collezionista catalizzatrice del rapporto tra la migliore arte europea e i giovani statunitensi.
L’attività delle gallerie concorre alla diffusione delle correnti e al consolidare il percorso di nuovi artisti locali dediti
all’espressione informale. La definizione ‘Scuola di NY’ (espressionismo astratto) si deve al fatto che la maggior parte
degli aderenti lavora qui. A tale corrente fanno anche riferimento alcuni pittori che operano sulla West Coast,
esponenti della ‘Scuola del Pacifico’.

I surrealisti che dopo il ’39 andranno negli Stati Uniti eserciteranno una grande influenza sugli astrattisti americani,
importando le teorie della psicanalisi e dell’inconscio.

JACKSON POLLOCK (1912-1956)

Esponente più celebre della nuova arte americana del dopo guerra; vita sregolata (alcolismo) che lo condurrà alla
tragica morte in un incidente stradale. Ciò concorrerà a mitizzare la sua figura. 1933: studia a NY; 1935: lavora come
muralisti per il Federal Art Project. Ammira artisti del passato (Michelangelo) e contemporanei (Picasso) che riprende
nei suoi disegni tormentati che sprigionano energia. Guarda anche ai surrealisti e alla psicanalisi (lo colpiscono le
teorie di Jung: inconscio collettivo in base alla quale l’umanità condividerebbe miti e forme primordiali, gli archetipi,
che possiedono per tutti gli uomini di tutte le culture lo stesso significato). Attratto dall’arte dei nativi americani: i
dipinti di questo periodo raffigurano personaggi simili a idoli tribali (es: The Moon Woman, 1942: segni che riportano
ad una pittura automatica e paiono anticipare il dripping, no prospettiva).
1943: prima personale mostra presso la Art of this Century (galleria di Guggenheim).

Elabora un linguaggio indipendente che è terra feconda per il successivo linguaggio dell’arte. Superato il retaggio
surrealista che fa riaffiorare immagini figurative, mette a punto i mezzi per una nuova modalità del dipingere. Rinuncia
a lavorare sul cavalletto o sulla parete: grandi tele messe sul pavimento così che possa operarvi attorno e sopra.
Sperimenta la tecnica del dripping: intingere pennelli larghi nel colore lasciandolo sgocciolare con diversi movimenti
della mano e con intensità diverse sulla superficie (userà anche stecchini, bastoni, spatole, coltelli). Così ottiene una
spazialità omogenea, senza gerarchie o confini (unica dimensione). Cambia la concezione tradizionale dello spazio
pittorico. Le relazioni cromatiche, l’andamento oscillante del segno e la fitta tessitura costituiscono le nuove
coordinate dell’immagine. Il segno lascia il campo alle tensioni visive e tattili lasciate dal colore, come si nota nella tela
Number 27 (1950) in cui l’artista entra fisicamente nella tela e guida con il proprio gesto il colore, creando un
dinamismo il cui perno è l’emotività dell’autore. Siamo in un primo tipo di ‘performance’, in cui il valore espressivo
nasce dall’azione combinata del corpo, della mente e del sentimento dell’artista + capacità tecnica. È per questo che la
sua pittura si definisce Action painting.

‘all-over’ (a tutto campo): altro termine usato per la sua pittura. Le tele sembrano non avere limiti o cornice, il colore
deborda ed entra prepotentemente nel nostro spazio visivo, la rappresentazione non ha una direzione determinata, lo
spettatore di immerge in questo vortice che rivelano quanto l’improvvisazione, seppur guidata da un equilibrio
compositivo, sia alla base dell’Informale di Pollock. Non esistono progetti, studi o bozzetti: segue una spinta creativa
interiore, spesso sulle note della sua amata musica Jazz. È interessante vedere come il prodotto di questa arte sia poi
esposto nella maniera canonica, appendendo le tele al muro.

Hans Hofmann → scuola di NY, influenzato da Kandinskij. Si prefigge il compito di rimettere in discussione le
Avanguardie attraverso una rigorosa metodologia sperimentale. Le sue opere fanno prendere coscienza della libertà
del gesto creativo e suscitano l’esigenza di un linguaggio per il presente (Spring, 1944).

Arshile Gorky → si interessa alle metodologie d’indagine dei surrealisti, collegandole ad un forte senso del colore e del
segno. Vuole indagare l’inconscio con la tecnica dell’automatismo, giungendo alla stesura del colore come ultima fase,
dopo rielaborazioni dei disegni preparatori. Segni che creano uno spazio ricco di sonorità cromatiche (Garden in Sochi,
1941).

Willem De Kooning → pittura impetuosa, cromaticamente espressionista, carica di azione ed energia irruente con due
temi fondamentali: il paesaggio, elaborato fino a raggiungere una estrema riduzione astratta, e l’archetipo femminile.
Woman I (1950-1952): allucinata figura femminile, deformata, sembra un idolo arcaico (simile ad un totem). Sorride in
modo sinistro, occupa lo spazio con aggressività e con colori contrastanti e pennellate violente, visibilmente tracciate
sulla tela. Ciò esprime il coinvolgimento emotivo dell’artista nella tela, in cui si allude anche alla violenza presente
nella società nordamericana.

Franz Kline → vigorosi segni neri invadono lo spazio. White Forms (1955): bianco applicato in relazione alle aree nere,
cosicchè perde il valore di sfondo per assumere il ruolo di protagonista della superficie. Energia controllata e attenta ai
valori formali (molti studi preliminari con disegni preparatori). Il tracciato evoca gli spazi urbani alienanti, il silenzio
delle strade e la solitudine della vita metropolitana.

Robert Motherwell → forme nere su tele di ampie dimensioni. Tenta di realizzare un’opera che per quanto grande sia,
sia un gesto spontaneo dello spirito fatto in un momento di passione.

Mark Tobey → scuola del Pacifico. Declinazione dell’espressionismo astratto basata sul segno. Interesse per le culture
del Medio Oriente (persiana e giapponese). Egli inventa un universo di segni minuti, tracciati con un controllato
movimento della mano, che si dispongono sulla tela formando una fitta rete intrecciata. Tela come strumento per la
pratica contemplativa, lontana dalla volontà di decifrare il contenuto della composizione.

Sam Francis → scuola del Pacifico. Ammiratore del Giappone. Colore luminoso, liquido e trasparente, sembra fluttuare
liberamente nello spazio bianco della tela, di grandi dimensioni e spesso lasciata grezza (senza una tinta di base).
Coniuga il valore degli spazi vuoti con l’impatto visivo delle macchie cromatiche e sperimentali.

MARK ROTHKO (1903-1970)

Esponente principale del Color field painting. Nei primi dipinti si riconoscono elementi di matrice surrealista che
ricordano forme arcaiche e primordiali, ispirandosi alla mitologia e ai suoi archetipi (Sacrifice, 1946). A distanza di
pochi anni, inizia a sperimentare campiture di colore di forma rettangolare, semplici, sovrapposte ad un fondo
monocromo, contorni incerti ed evanescenti che determinano una superficie fatta di sottili e quasi impercettibili
vibrazioni cromatiche. La pittura con il variare del colore stimola non solo la percezione visiva (sembra che gli elementi
si muovano) ma anche l’emozione, suscitando nello spettatore un’adesione intima e spirituale. La grande tela crea uno
stato d’intimità e chi rimane colpito solo dal colore non ha compreso l’opera. Egli vuole esprimere emozioni umane
fondamentali (Untitled, 1953).

Black on Maroon (1958)

Tela divisa in due grandi rettangoli verticali marroni che irrompono il nero dello sfondo e nei margini verticali emerge
di nuovo il marrone. Disinteressa per la geometria e la precisione delle forme: i campi di colore sono aperti, margini
incerti e colori che vibrano. Le forme fluttuano nello spazio.

Adolf Gottlieb – Clyfford Still

Barnet Newman (1905-1970) → pittura monocroma dal formato prevalentemente orizzontale con tele sempre di
grandi dimensioni, scandita da bande verticali di colori piatti (le ‘zip’). Vir Heroicus Sublimis (1950-1951): linee sottili
che insieme superano e uniscono la composizione che hanno il ruolo di attivare la superficie della tela. I campi
cromatici sono divisi e alternati secondo misure e proporzioni che non sono più quelle classiche, generando nello
spettatore riflessione e spaesamento. Qui i campi di colore si dividono nettamente. Dimensione contemplativa ed
evocativa. A livello formale, le tele sono un superamento dell’espressionismo astratto verso l’astrazione post-pittorica
poiché viene meno l’elemento espressionista, ovvero l’elemento gestuale.

Cristi delle coscienze: viene messa in discussione la fiducia nella centralità dell’essere umano e nella sua possibilità di
costruzione razionale del mondo. Ciò trova espressione nella corrente filosofica dell’esistenzialismo: convinzione che
non vi sia alcuna essenza dell’uomo da ricercare e a cui appoggiarsi. Al centro dell’indagine va collocata l’esistenza
dell’uomo, il suo essere nel mondo. La vita allora si mostra con tutti i suoi caratteri di finitezza e precarietà e la stessa
libertà porta con sé il dilemma della scelta. Nelle arti visive, questa crisi si traduce nel rifiuto di considerare l’uomo e il
suo mondo come soggetti privilegiati della creazione artistica e nell’introduzione di nuove modalità di lavoro. Le opere
sono caratterizzate dal nuovo rapporto tra artista e materiale.

INFORMALE

Usato per la prima volta in un saggio introduttivo di una mostra nel 1951 indicando molte opere di molti artisti diversi,
facendo emergere la portata internazionale del fenomeno. Non significa informe, ma allude all’abbandono dei principi
formali e costruttivi finora vigenti. Queste ricerche si identificano in un linguaggio pittorico anti-figurativo, dividendosi
in materico e gestuale. Per molti artisti europei l’unica reazione alla tragica esperienza bellica e fare tabula rasa dei
valori formali ed espressivi della tradizione per rifondare da zero il fare artistico. Il punto di partenza è l’energia nel
gesto dell’artista, nella forza di comunicare delle materie impiegate e nell’incisività dei segni. È proprio attraverso una
materia densa che viene fuori la tragicità del momento storico. Abbiamo una gestualità controllata. È un’arte che non
si muove contro le nozioni di bellezza, forma, spazio, estetica ma al di fuori di esse.

EUROPA

JEAN FAUTRIER (1898-1964) → Otages (1943)

Imprigiona in densi impasti di cemento colle e pigmenti colorati, stesi su carta e stracci, il dramma delle tante morti
che aveva sentito dal muro di casa sua che lo separava dal vicino campo di prigionia nazista. Materia stratificata simile
alla carne umana, sembra voler trattenere e far pulsare ancora la loro vita strappata. La materia crea forme che
paiono volti umani devastati da ferite e dolore.

JEAN DUBUFFET (1901-1985) → emerge la consapevolezza della crisi dell’uomo contemporaneo con tratti quasi
grotteschi. Lavora materiali diversi enfatizzandone le qualità intrinseche sia visive che tattili, caotico miscuglio
primordiale, entro il quale ricava una figurazione ispirata ai graffiti urbani, al disegno infantile, all’immaginario
popolare e quotidiano (Noeud au chapeau, 1946 – La mucca col naso sottile, 1954). Gli elementi paiono abbozzati con
la spontaneità di un bambino ed è per questo che vengono definiti ‘art brut’ ossia ‘arte grezza’. Spesso lascia che sia la
sola materia la protagonista dell’opera, evitando cenni figurativi. Nelle ‘paste alte’ fa uso di materiali da lavoro con i
rispettivi strumenti con l’obiettivo di dare corpo alle immagini che si presentano nella fantasia con immediatezza.

ANTONI TÀPIES (1923) → materiali da costruzione per creare una materia fredda che dilatandosi sulla tela assume la
concretezza di un muro sul quale l’artista interviene tracciando vari segni perché rimanga sempre un’impronta della
propria essenza.

WOLS (1913-1951) → espone i ‘guazzi’ realizzati durante in conflitto: opere la cui alterità si manifesta non nella
drammatica esuberanza della materia ma nel segno che fa affiorare sulla superficie del foglio la vita segreta delle cose.
Attraverso dei tagli, emergono elementi che l’uomo non può comprendere se non con l’uso di una lente
d’ingrandimento. La sua arte trae ispirazione dalla contrapposizione tra il confuso ‘agire’ con cui gli esseri umani si
alludono di dare un senso alla loro effimera vita.

HANS HARTUNG (1904-1989) → sconvolto dall’esperienza nel campo di prigionia e dall’amputazione di una gamba,
esprime il proprio dramma in una pittura violentemente gestuale che ha come protagonista un segno possente e
doloroso, quasi collerico, tracciato prevalentemente in nero su sfondi monocromi bruni o azzurri (T. 1956-11).

GEORGES MATHIEU (1921) → concepisce la pittura come una lotta tumultuosa che impegna corpo e mente nel
tentativo di tradurre sulla tela i concetti di velocità, dinamismo e tempo. I dipinti privi di spunti narrativi hanno titoli
che rimandano alla guerra e alla lotta. Rapidità del gesto esecutivo come condizione necessaria affinchè il segno
cromatico preceda qualsiasi significato. I segni esistono in quanto strutture di materia. Realizza opere alla presenza del
pubblico (anticipa le performance).

Nouvelle École de Paris: Coniugano l’eredità delle avanguardie (astrattismo ed espressionismo) con il tentativo di
restituire sensazioni ed emozioni tramite la partecipazione emotiva e la visione soggettiva del pittore che si serve di
forme e colori essenziali. Traggono spunto dalla realtà fisica e sensoriale dell’uomo, confermandone la centralità.

ITALIA

GIUSEPPE CAPOGROSSI (1900-1972)

1950: abbandona la pittura figurativa per una ricerca basata sulla ripetizione di elementari segni bidimensionali a
forma di tridente o di forchetta, proposti in molte varianti morfologiche e organizzati secondo diverse soluzioni
combinatorie e cromatiche. La superficie della tela diventa un campo ideale nella quale i vari elementi si dispongono e
si intersecano creando forme ritmiche. Tali opere sono chiamate Superficie e non numerate.
1951: espone a Roma nell’unica mostra del gruppo Origine. Gruppo che afferma di voler liberare la ricerca artistica
dalle sovrastrutture e di voler esprimere all’origine l’emozione della vita nel mistero del suo evolversi.
ALBERTO BURRI (1915-1995)

Senso della misura e rigore compositivo che riesce a conservare anche in assenza di figurazione, impronta i valori di
equilibrio ritmico e dell’ordine spaziale nella sua ricerca artistica. Usa materiali extrapittorici di scarto ai quali riesce a
dare una nuova qualità estetica. Nelle prime opere materiche lascia alcune porzioni di tela ‘nude’ senza intervenire
con la pittura, per far emergere il valore autonomo del supporto. Sacchi: usa sacchi di juta per creare apporti formali e
spaziali semplicemente sfruttando le qualità del materiale. Sono testimonianza metaforica dell’esperienza dolorosa
della guerra. Successivamente userà anche il fuoco per lavorare su materiali plastici (legati al tema del consumo).

EMILIO VEDOVA (1919-2006)

Pittura gestuale che usa come soluzione per combinare arte e impegno, intendendo la liberazione del proprio segno
violento come atto di rivolta morale e ideologica. Opere monumentali ispirandosi al dinamismo futurista e l’action
painting. Sono vere e proprie installazioni in cui lo spettatore deve entrare e interagire.

SPAZIALISMO – LUCIO FONTANA (1899-1968)

Interessato a superare la tradizionale concezione della scultura come oggetto statico e chiuso nei suoi limiti fisici
rispetto allo spazio che l’accoglie. Questa volontà di rompere con il passato si presenta sia nella produzione astratta e
figurativa. Lo Spazialismo è un movimento che si propone di introdurre una concezione del tutto nuova dello spazio,
opera e spazio devono arrivare a coincidere, coinvolgendo lo spettatore in un’esperienza di fruizione che deve tenere
conto anche della dimensione soggettiva e temporale. Lo spazio è un concetto che l’artista intende tradurre e rendere
chiaro al pubblico tramite il suo gesto creativo. Uno dei presupposti maggiori è anche quello di ‘arte totale’: specificità
espressive singole che trovano un’armonica fusione (es: Signora seduta, 1934 e Scultura astratta, 1934). È anche la
possibilità di esplorare il cosmo oltre i limiti noti grazie alle varie innovazioni tecnologiche, che avranno un riscontro
anche nel mondo dell’arte. La scoperta di nuove forze fisiche e il dominio di materia e spazio crea una trasformazione
di pensiero, che deve andare di pari passo con un cambio nell’essenza e nella forma.

Ambiente spaziale a luce nera (1949): Nuova visione dell’arte. Sala completamente dipinta di nero illuminata da una
luce ultravioletta che comunica l’impressione di fluttuare in una dimensione infinita e avvolgente. L’artista entra nel
vivo della ricerca spazialista, tesa al superamento dei limiti fisici dell’opera tradizionale. Opera ambientale in cui ogni
spettatore reagisce con il suo stato d’animo.
Concetto spaziale a neon (1951): Sperimentazione della luce come materiale dell’opera, usato direttamente come
segno nello spazio.
Il concetto spaziale avrà più declinazioni, attraverso i buchi spaziali (gesto non distruttivo ma costruttivo), le pietre la
nature (sfere di materiale poggiate per terra che sembrano essere state plasmate dall’energia della materia stessa).
Tagli: gesto non istintivo, ma operazione mentale calibrata. L’artista incide con un taglio netto la superficie della tela,
sempre monocroma dipinta con colori puri (blu o rossa), resa liscia e immateriale dall’idropittura (tipo di pittura per
intonaci che diluita con acqua trasforma il supporto in una specie di parete). Concetto spaziale. Attesa – Concetto
spaziale. Attese (1965-1966): tela con uno o più tagli che creano un’apertura verso l’infinito. I tagli vanno oltre la tela,
collegando il mondo fisico dello spettatore con il mondo altro che sta al di là di essa. Apertura verso una dimensione
sospesa (ecco perché il nome Attese) in cui l’uomo appartiene in modo eguale al presente e al futuro.

POST 2GM → molti approcci diversi per rispondere al disagio esistenziale, alla memoria della tragedia bellica e
all’insicurezza causata dalla guerra fredda. Molti fanno dell’essere umano il soggetto privilegiato delle loro opere con
l’obiettivo di dare volto e forma al dramma di cui egli è sia artefice che vittima. Molti artisti rispondono a ciò non solo
esplicando il loro disagio, ma tentando di far coincidere l’impegno culturale con quello politico e di trovare le modalità
espressive più adatte per dare voce ai temi di attualità. In Italia si accede un dibattito tra chi sulla ha bisogno di
trovare un linguaggio artistico chiaro e facilmente comprensibile a tutti e chi rivendica la libertà di sperimentare.
Siamo nell’epoca dell’avvento dei prodotti di massa e degli strumenti per stimolarne l’acquisto con protagonista una
classe media sempre più estesa, che vede nella proprietà delle merci e nel loro consumo il nuovo modo per valutare il
successo personale. Questo nuovo scenario si impone sulla scelta artistica, tanto che è favorito un ‘ritorno all’oggetto’
e alla realtà concreta delle cose. Importanti in questo senso sono due mostre collettive: New Media – New Forms
(1960), che è per la prima posizione, e The Art of Assemblage (1961) che guarda di più ad una linea di continuità con le
Avanguardie. Sarà il New Dada statunitense (concentrati sull’oggetto in sé) una delle principali correnti del tempo con
il suo corrispettivo europeo, il Nouveau Realisme (indica una nuova via per essere ‘realisti’, agendo direttamente sulla
vita quotidiana, senza cadere nella trappola di rappresentazioni tradizionalistiche di tipo illustrativo; concentrati
sull’atteggiamento dell’individuo in questa nuova società). Entrambe stimolano il coinvolgimento attivo del pubblico in
quanto manufatto del processo mentale che guida l’artista nel suo atto creativo. Le ricerche sperimentali del secondo
dopoguerra sono dette NEOAVANGUARDIE.

NEW DADA AMERICANO

Affine al Dada storico per la rilevanza assegnata agli oggetti quotidiani del processo artistico, matura nell’ambiente di
NY attorno alla figura di John Cage e Merce Cunningham, i quali si impegnano per l’interscambio e la commistione tra
le diverse discipline espressive, affinchè l’opera d’arte sia un microcosmo aperto ad ogni aspetto della vita.

ROBERT RAUSCHENBERG (1925-2008)

Pratica indifferentemente la pittura, la fotografia, l’assemblaggio di oggetti quotidiani/rifiuti al fine di moltiplicare gli
effetti espressivi e rendere più efficace la comunicazione. Il risultato è un’opera che esce dai confini della cornice o dal
piedistallo per dilatarsi nello spazio ed entrare in contatto diretto con lo spettatore: nascono così i Combines ossia
opere che uniscono pittura e scultura e che comunicano sulla base di un linguaggio del tutto nuovo (Coca-Cola Plan,
1958 – Monogram, 1955-59). A questi reperti spesso si uniscono fotografie, oggetti personali con rimandi
autobiografici attraverso i quali l’artista si propone di lavorare nello stacco tra ‘vita e arte’. Obiettivo: condividere
testimonianze del proprio vissuto e rompere l’invisibile muro che separa l’opera appesa alla parete e lo spettatore che
la contempla passivamente. Molte volte lavora agisce sugli oggetti che sceglie, enfatizzando il rapporto tra lui e
l’oggetto.

Bed (1955)

Vero e proprio letto, con materasso, cuscino, biancheria appeso alla parete come un quadro. L’opera provoca
spiazzamento sua per la novità che per l’immediatezza con cui il letto sfatto trascina lo spettatore nella dimensione
intima e privata dell’artista. La differenza tra gli oggetti quotidiani di Rauschenberg e il ready-made dadaista è che
questi ultimi sono semplicemente decontestualizzati, mentre i suoi sono manipolati e trasformati dell’intervento
pittorico e dal rimando autobiografico.

JASPER JOHNS (1930)

Inizia a dedicarsi a serie di opere che raffigurano oggetti banali e immediatamente riconoscibili del paesaggio
quotidiano e della contemporaneità. Per dipingerli ricorre alla tecnica dell’encausto che toglie ogni vitalità al gesto di
dipingere e pone in rilievo il lento processo di costruzione dell’immagine finale: la pittura, nel suo aspetto tecnico e
operativo, è la vera protagonista dell’opera. Vuole indurre lo spettatore a riflettere sui problemi filosofici e linguistici
sottesi alla rappresentazione artistica del dato reale.

Three flags (1958)

La bandiera non è una vera bandiera (è solo dipinta) ma non è neppure la rappresentazione della bandiera: è un
oggetto nuovo (un quadro) con caratteristiche fisiche proprie (peso, materia) che per consuetudine linguistica è
ricondotto all’idea di bandiera.

Painted bronze (1960)

Coppia di lattine di birra realizzate in bronzo dipinto. Gioca ironicamente sull’ambiguo confine tra realtà e finzione, tra
oggetto e la sua rappresentazione. Si diverte a disorientare lo spettatore, che all’inizio non è in grado di capire se si
trova davanti a due autentiche lattine o ad una scultura. Il valore aggiunto che le deriva dal suo status è evidenziato
dalla collocazione sul basamento.

NOUVEAU RÉALISME

Nasce nel 1960 ed è definito ‘un nuovo avvicinarsi percettivo al reale’. La formula è volutamente generica così da
poter essere condivisa da più artisti, raccoglie esperienze già in atto e tra loro eterogenee ed è il corrispettivo europeo
del New Dada (sono praticamente contemporanei). Denominatori comuni nella corrente: negazione del concetto
tradizionale di opera come manufatto commerciabile, sperimentazione di nuovi mezzi linguistici e tecnici, tendenza a
porsi di fronte alla realtà contemporanea con spirito critico. Guarda alla realtà con atteggiamento critico ed ironico,
analizzando i comportamenti sociali che determinano relazioni di volta in volta differenti con il contesto. Il New Dada
vi differisce in quanto si propone di inglobare la realtà nell’opera con l’intento di annullare la distanza tra arte e vita.

YVES KLEIN (1928-1962)

Realtà che gli interessa: non solo quella oggettuale ma anche quella che riguarda il pensiero e le sensazioni. Introduce
l’idea di artista come ‘medium’ capace di comunicare con il pubblico tramite la propria sensibilità pittorica
immateriale, cioè svincolata dall’opera-oggetto. Concepisce la pratica artistica come ricerca di soluzioni espressive
capaci di trasmettere il sentimento dell’armonia e dell’infinito e di mettere l’uomo in relazione con l’assoluto.
Monochromes: dipinti realizzati con un solo colore puro che sottraggono allo spettatore ogni punto di vista stabile su
cui fermare lo sguardo, portandolo a perdersi nella contemplazione (ogni colore ha un suo significato). Tali colori si
appropriano anche di oggetti (Spugne) provocando la metamorfosi estetica del materiale. Anthropométrie, 1960:
colore sulla tela come traccia di un evento, svolte alla presenza del pubblico, modelle nude che diventano pennelli
viventi, ricoprendosi di colore e lasciando lo stampo sulla tela.

Arman → tendenza a sostituire l’opera d’arte con il ‘processo’ o il ‘comportamento’ necessari a visualizzare o a
mettere in atto un’idea. Riprende oggetti della vita di massa riprendendo i suoi comportamenti: spreco, accumulo,
culto della macchina, pubblicità: Le Plein, 1962: satura autentica immondizia nello spazio espositivo della galleria.
Poubelle I, 1959-60: accumuli come oggetti che riflettono la vita di chi li ha usati. Chopin’s Waterloo, 1961: gesto della
rottura, fa a pezzi oggetti che poi fissa su pannelli, conferendo agli oggetti nuova dignità formale ed estetica.

César → scarti che diventano protagonisti delle Compressions (1962) realizzate con rottami di automobili o di
elettrodomestici, pressati e trasformati in colorati parallelepipedi. Da un lato, tali opere conservano la memoria degli
oggetti originali, dall’altra assumono una valenza estetica nuova grazie agli apporti cromatici e formali che si creano
tra le componenti.

Rotella → ‘décolleges’ realizzati staccando dai muri cittadini interni blocchi stratificati di manifesti pubblicitari
intervenendo su di essi, staccandone alcune parti. Gli strappi fanno riaffiorare parole e immagini (Marylin, 1962)
dando vita ad una composizione estetica nuova.

Tinguely → recupera e valorizza rottami di macchinari industriali o di automobili, se ne serve per creare ‘macchine
inutili’ che si sottraggono alle logiche del sistema industriale e sono prive di funzioni produttive (Baluba n3, 1961).

PIERO MANZONI (1933-1963)

Vuole fare dell’arte un campo in cui agire liberamente, in cui lasciare un segno del proprio ‘essere nel mondo’. Per lui
l’arte non deve assolvere il compito di rappresentare oggetti o esprimere sentimenti; esorta gli artisti a liberare la
superficie della tela dalla sua condizione di puro supporto per forme dipinte per sfruttarne al meglio le possibilità di
luogo e spazio totale. Opere Achromes (ispirazione a Fontana): per lui il colore è inevitabilmente portatore di valori
che compromettono il significato autentico della superficie, la sua dimensione assoluta. Qui sono senza colori e il
bianco risulta dall’immersione della tela nel caolino e poi lasciata asciugare. Secondo lui la dimensione
comportamentale e la scelta operativa dell’artista hanno maggiore importanza dell’opera finale. Tende infatti alla
smaterializzazione delle opere, usando l’oggetto solo per dare concretezza fisica alle proprie idee (Linee). È
considerato il Re Mida dell’arte: tutto ciò che tocca diventa arte, trasforma oggetti semplici o corpi di modelle,
firmandoli, in opere (Merda d’artista).

POP ART

Massimo successo negli Stati Uniti ma nasce in Gran Bretagna nell’ambito delle attività del gruppo ‘Indipendent
Group’ (1952) che nasce dal ritrovo di artisti, scrittori e architetti londinesi nell’istituto di arti contemporanee. Essi si
riuniscono per discutere su i diversi aspetti del nuovo immaginario della cultura di massa (in gran parte cultura
d’importazione). Il termine deriva da Lawrence Alloway: il termine pop art è da adoperare insieme a ‘pop culture’
facendo riferimento ai prodotti dei media di massa, non alle opere d’arte che hanno come soggetto la cultura
popolare. Inoltre, la pop art non ha un atteggiamento critico nei confronti della cultura popolare, ma al contrario
viene accettata, discussa e consumata con entusiasmo. Uno dei risultati di tali discussioni fu di togliere la cultura
popolare dal pure rilassamento e trattarla come arte. Per questo diventa un fenomeno prettamente statunitense. La
pop art britannica è caratterizzata dalla riflessione sugli strumenti e suoi modi espressivi della comunicazione di
massa; orientano il loro interesse verso quei particolari codici visivi con cui la cultura di massa diffonde i messaggi.
Questo è un fatto comune con quella americana, ossia la ricerca di un sistema di segni. Gli artisti britannici non
rinunciano però ad un legame emozionale con l’oggetto, al contrario della relazione più fredda e analitica degli
americani. Questo processo ha creato un terreno di incontro tra arti visive, popolari, mass media e tecnologia. Si
estende in tutto l’occidente.

GRAN BRETAGNA

- EDUARDO PAOLOZZI (1924-2005)

Realizza una serie di collages con frammenti di fumetti, pubblicità e riviste (I was a rich man’s plaything, 1947). In
questi lavori convivono il fascino esercitato dalle nuove immagini e l’influenza delle avanguardie: tecnica del collage
(dada-surrealista) restituisce il bombardamento dei messaggi visivi con cui entra in contatto quotidianamente.

- RICHARD HAMILTON (1922)

L’interesse dei membri dell’IG per l’immaginario contemporaneo si esprime anche tramite l’allestimento di mostre e
installazioni. In ‘This is tomorrow’ spicca Hamilton, le cui citazioni della cultura popolare spaziano da Marylin a
bottiglie di birra. Sul manifesto vi è Just what is it that makes today’s homes so different, so appealing? (1956) un
collage in cui vi è una stanza con la curvatura della Terra vista dallo spazio, un culturista, una pin-up, gli
elettrodomestici, cibo in scatola, fumetti, insegne del cinema. Indica che dopo aver conquistato le strade cittadine, la
muova cultura è entrata nelle case dell’uomo contemporaneo, trasformando abitudini e stile di vita.

- DAVID HOCKENY (1937)

Inizialmente le sue opere riproducono oggetti di consumo, dopo il suo trasferimento il California invece raccontano la
ricca e spensierata vita che sta facendo, attraverso immagini colorate che paiono istantanee. Uso dei colori acrilici che
fa ottenere campiture piatte e precise (A bigger splash, 1967).

- ALLEN JONES (1937)

Sviluppa il tema dell’erotismo in una serie di sculture che interpretano letteralmente la condizione della donna-
oggetto riducendola ad un complemento d’arredo (Chair, 1969).

STATI UNITI

1962: anno cruciale per la storia della Pop americana: vengono create una serie di mostre a cui partecipano gli artisti
significativi del momento. The New Realists è quella più significativa perché sottolinea la diversità nell’atteggiamento
pop americano e la sua enfatica monumentalizzazione dell’iconografia pubblicitaria.

- ROY LICHTENSTEIN (1923-1997)

Opera inizialmente sviluppando il fumetto (Hopeless, 1963). Vignette rese indipendenti dal punto di vista compositivo
e narrativo e create come se con l’aiuto di una lente di ingrandimento si potesse vedere il retino tipografico. Scritte e
immagini perdono il loro significato originario e appaiono come un inaspettato insieme di segni grafici. In Rouen
cathedral, 1969 reinterpreta il lavoro di Monet, esprimendo il suo personalissimo linguaggio e proiettandolo in una
dimensione nuova e contemporanea.

- ANDY WARHOL (1928-1987)

Figura emblematica della cultura americana anni ’60. Egli cambia l’idea stessa di artista che per la prima volta diventa
imprenditore di sè stesso, attento alle pubbliche relazioni, comunicatore e consapevolmente inserito nel sistema di cui
è parte, deciso ad affermarsi economicamente e socialmente come artista. Approda all’arte dal mondo della
comunicazione pubblicitaria, elaborando un linguaggio freddo e impersonale dichiarando di voler fare un’arte che sia
impassibile registrazione della realtà. Utilizza quindi tecniche di produzione industriale e crea la cosiddetta ‘Factory’,
vera e propria impresa di produzione di opere con un team. Lattina di zuppa campbell (1968): scelta in quanto
emblema del gusto popolare, ripetuti come sono ripetuti sugli scaffali del supermercato e trasformati in un insieme
inedito di forme e colori. Riproduce anche personaggi famosi: Shot Orange Marylin (1964): prende una fotografia del
film Niagara e la riproduce in serie, come immagini separate su tela che si differenziano solo per il diverso sfondo
monocromo. Colori saturi con effetto ‘fuori registro’: colore che esce dai contorni. Non è un vero ritratto della star, ma
riproduzione della sua immagine pubblica, quella diffusa dai media.
- CLAES OLDENBURG (1929) → porta nella scultura nuovi materiali; opere di grandi dimensioni con materiali
colorati e morbidi e oggetti comuni di diversa natura.
- TOM WESSELMANN (1931-2004) → propone spaccati di vita domestica assemblando oggetti reali e dipinti
eseguiti con lo stile impersonale dell’estetica pubblicitaria.
- GEORGE SEGAL (1924-2000) → modo diverso di interpretare la società contemporanea; usa ambienti
tridimensionali in cui colloca calchi di gesso che raffigurano persone colte nella più semplice quotidianità.
Sono figure anonime che esprimono la solitudine delle metropoli con rimandi alla poetica esistenzialista.

ITALIA

Anche se è un’arte con diffusione mondiale, ha il suo maggior sviluppo dell’area anglosassone. Si diffonde grazie alla
potenza dei mezzi di comunicazione ma chi vi è interessato incontra delle difficoltà ad inserirsi in una cultura molto
specifica come quella che l’ha generata. Vi è infatti una stretta relazione tra pop art e il contesto socioeconomico. Al
momento della sua diffusione, in Italia siamo nel periodo del boom economico. Gli artisti principali sono: Schifano
(elementi del contesto urbano, immagini tratte dai media), Angeli (ripetizione seriale di icone e simboli ormai divenuti
stereotipi che si poteva trovare dappertutto tanto che diventano un oggetto nuovo, in quanto nessuno ci faceva più
caso) e Festa (recupera la immagini dei capolavori del passato riproducendo frammenti di opere celebri come quelle di
Michelangelo). Roma è il principale centro di diffusione grazie agli artisti della Scuola di Piazza del Popolo: scuola
fortemente connotata in senso autoctono con una grande attenzione alla tradizione italiana.

IL CORPO COME NUOVO MEDIUM

1968: drastici mutamenti nella concezione del corpo e della libertà individuale, crescente attenzione anche dai mass
media. Una delle risposte degli artisti è la Body Art (arte del corpo e con il corpo) che raggruppa tendenze diverse,
tutte con lo scopo di porre il corpo dell’artista al centro del processo creativo, è il materiale con cui compie azioni in
uno spazio e un tempo prestabiliti per l’opera finale, realizzandola sotto gli occhi stupiti degli spettatori. Atto creativo
che si esercita in luoghi pubblici e penetra nella vita quotidiana di tutti. Elemento decisivo: componente performativa.
Grande importanza della fotografia e delle registrazioni, altrimenti l’opera verrebbe persa dopo il suo compimento.
Body art ≠ azionismo viennese → legata alla cultura austriaca in cui predomina la connotazione teatrale rimandando
ad una ritualità di ascendenza pagana. Body art: corpo usato per una riflessione sui temi dell’identità sessuale,
dell’emotività, del dolore, della morte nella società contemporanea. Sono entrambe forme espressive nuove, possono
essere considerate eredi delle serate futuriste e dadaiste. L’interesse per il corpo, porta anche l’interesse per la sfera
relazionale dell’individuo: molte azioni della Body art si svolgono in contesti privati al cospetto di poche persone. Le
loro reazioni diventano parte integrante dell’opera, mettendola in diretto contatto con la vita reale.
Atteggiamento diverso, ma sempre teso a creare una relazione con il pubblico, è quello dell’happening, ossia dell’arte
come evento. Kaprow introduce un concetto innovativo dell’opera d’arte: ogni gesto, ogni momento della vita è
potenzialmente un’opera d’arte e per poterlo rendere tale occorre solo decidere di volerlo vivere come azione
artistica.
Fluxus: non è un movimento ma un atteggiamento. Anche qui l’arte coincide con la vita. Nome: idea del continuo
fluire dell’esistenza e del passaggio da un individuo all’altro dell’esperienza (George Maciunas). Prima tendenza del
‘900 con carattere intercontinentale: assenza di confini geografici e dei confini tra le varie arti, tentando di inglobare
ogni manifestazione della creatività umana.

AZIONISMO

Profondamente legata alla guerra. Danno vita ad azione provocatorie, cruente e spesso autolesionistiche nel quale
malessere esistenziale e psicologico si intrecciano con la volontà di penetrare nelle oscure zone tra psiche e fisicità,
con la volontà di opporsi ai tabù imposti dalla società. Giudicata immorale. Le loro performance risultano poco
tollerabili, in quanto obbligano gli spettatori a confrontarsi senza alcuna mediazione con tematiche ‘scabrose’: a
vedere con i propri occhi e a provare con i propri sensi il male di vivere. Alcuni tra i più noti esponenti sono Hermann
Nitsch, Adolf Frohner e Otto Mühl. Essi danno vita ad opere cruente, come per esempio la performance in cui Nitsch
aveva infierito sulla carcassa crocefissa di un agnello e aveva poi sparso sangue e vernice rossa tutto intorno. Il loro
manifesto teorico si chiama ‘L’organo di sangue’. Nitsch inoltre presenterà una serie di performance dette ‘Aktion’ e
numerate progressivamente in cui sarà sempre presente il tema del sacrificio in varie forme, vivendo una sorta di
esperienza mistica in comunione con la natura e i suoi esseri viventi. Lo scopo è quello di fare provare a tutti
indirettamente l’esperienza del sacrificio e di far comprendere il dolore ad esso legato: riferimento alla morte di Cristo
a quella delle vittime dell’Olocausto. La fotografia occupa una parte importante, in quanto viene utilizzata proprio
come mezzo di diffusione e vero e proprio strumento dell’arte. Combinando il modo originale linguaggio pittorico e
fotografico, viene esplorato l’universo psichico e corporeo, i suoi limiti e fragilità.

BODY ART

Anni ’70, Stati Uniti. Uno degli esponenti è Vito Acconci, il quale coinvolge persone del tutto ignare delle sue
intenzioni, in attesa della loro reazione infastidita. Intraprende varie azioni che hanno come fine la conoscenza del
proprio corpo, arrivando a mordersi con violenza in un processo dove è contemporaneamente soggetto attivo e
oggetto passivo. Le impronte dei denti vengono fotografate, ricoperte d’inchiostro e poi stampate su carta in una
provocatoria reinterpretazione della forma dell’artista (Trademarks, 1970). Affronta il tema della violenza che ogni
singolo individuo può esercitare su sè stesso e sul prossimo in situazioni quotidiane. Chris Burden invece affronta una
riflessione su contesto storico e sociale: in Shoot, 1971 si fa sparare da un amico con un fucile al fine di denunciare
l’assuefazione alla violenza del popolo americano ed esplorare la tensione emotiva che investe chi sa che sarà oggetto
di aggressione.

Gina Pane (1939-1990) → artista francese. Si infligge vere e proprie ferite, provocando reali sofferenze al proprio
corpo. Nelle sue performance indossa sempre un abito bianco, mette in scena il proprio supplizio e sacrificio per
rendere consapevole il pubblico che pericolo e sofferenza sono inesorabili compagni della vita che si celano anche
dietro la gioia e la bellezza. Azione Sentimentale, 1973: stringe a sé un mazzo di rose, simbolo dell’amore mistico ed
erotico, con le spine conficcate negli avanbracci, ad indicare come anche i sentimenti più profondi possano arrecare
dolore.

Marina Abramovič (1946) → mette a dura prova il proprio corpo e il proprio equilibrio psichico ed emotivo. Rhythm 0,
1974: invita il pubblico ad usare sul suo corpo nudo e steso sul tavolo una serie di oggetti poggiati su un altro tavolo;
nel giro di qualche minuto si ritrova sfregiata e con una pistola puntata alla testa, tanto da dover far interrompere la
performance. Vuole dimostrare la tendenza dell’essere umano ad approfittare della vulnerabilità degli altri
(soprattutto delle donne) per esercitare controllo e violenza. Legata sentimentalmente e lavorativamente all’artista
Ulay, con lui usa il corpo per esplorare le dinamiche sociali (Imponderabilia, 1977). Affronta anche tematiche legate
alla guerra nell’ex Jugoslavia: Balkan Baroque, 1997 in cui trascorre alcune giornate in un sotterraneo a lavare ossa di
bovino insanguinate (metafora delle migliaia di vita spezzate dalla guerra in Bosnia), evocando un rito di purificazione
e infliggendosi ‘tortura fisica’ (odore acre).

Gilbert&George → annullano la propria identità di individui per assumere quella di sculture viventi. Offrono il loro
contributo al tema della coincidenza tra arte e vita: arte che non vuole più solo rappresentarla, ma coincidervi e
trasformarla. Singing Sculpture – Underneath the arches, 1969: si presentano al pubblico vestiti in abiti dal taglio
classico, con volto e mani ricoperte di vernice color bronzo. In piedi sopra un tavolino che diventa piedistallo, cantano
‘Underneath the arches’, canzone popolare inglese che evoca i sogni di due barboni costretti a vivere sotto i ponti.
Ogni volta che la canzone finisce, i due si passano degli oggetti e quando la musica riprende tutto ricomincia. Essi
introducono l’uso della cinepresa e della fotografia nelle loro opere, visto come medium più adatto per far coincidere
l’arte con la vita.

HAPPENING

Progressivo superamento della concezione dell’opera d’arte come manufatto estetico da contemplare passivamente.
Allan Kaprow (1927-2006) trasforma definitivamente il rapporto tra artista/opera e fruitore. Gli Happening esistono
solo in funzione di un pubblico che voglia prendervi parte e giocare con l’artista, il quale si limita a fornire alcune
indicazioni. La differenza della performance è che l’evento qui è totalmente imprevedibile perché è lasciato nelle mani
nella spontaneità dei partecipanti. Utilizza ambienti come la strada o della quotidianità. Vogliono un’arte che non sia
differente dalla vita ma che sia un’azione della vita. Il termine viene usato per la prima volta da Kaprow in relazione ad
un suo intervento alla Reuben Gallery di NY: 18 Happenings in 6 parts, 1959: sei serie di azioni che hanno luogo
simultaneamente in 3 ambienti diversi della galleria in cui sono disposti vari oggetti di cui gli spettatori sono invitati a
fornirsi. Yard, 1961: dispone per terra centinaia di copertoni usati usati e invita i visitatori a camminare, sedersi,
sdraiarsi e a spostarli a loro piacimento. È importante che il pubblico non abbia freni inibitori e agisca senza tanto
interrogarsi sul significato. Ai copertoni non manca un risolto metaforico: servono per inquinare il mondo dell’arte con
i rifiuti del mondo reale, della vita vissuta.
FLUXUS

1962, fenomeno così poliedrico da rendere difficile ogni definizione. Non è un movimento in quanto manca di
un’organizzazione interna coerente. L’idea comune è che tutto è arte e chiunque lo può fare: attitudine a vivere ogni
momento della vita come evento artistico. Valicati i confini tra arte visiva, poesia, musica, teatro. Traggono spunto
dalla vita quotidiana e si servono di qualsiasi tipo di oggetto, sperimentando un nuovo modo di vedere la realtà e
trasformando la vita quotidiana in opera d’arte.

NEOAVANGUARDIE ANNI ‘60 E ‘70

Aspetti comuni:

- Interesse più che all’opera in sé e al suo significato, al metodo e le modalità operative utilizzate;
- Uso di nuovi materiali, tecniche e nuovi linguaggi;
- Maggiore interazione tra le varie discipline;
- Rifiuto del sistema commerciale che regola il mondo dell’arte;
- Rapporto sempre più diretto tra comportamento artistico ed esistenza quotidiana.

Pratica performativa, interesse per la natura, tendenza alla dematerializzazione dell’opera. Molte opere possono
essere considerate sia per un movimento che per l’altro, come anche molti artisti. Il precursore di queste tendenze è
Duchamp con la sua idea di un’arte al servizio della mente e non degli occhi. Il valore artistico dell’opera risiede quindi
di più nel progetto e nell’idea, nell’aspetto concettuale più che in quello esecutivo. La figura dell’artista assume
caratteri simili a quella del filosofo, del regista, del compositore o dell’architetto: conta non il fare manuale ma la
capacità di ideare, progettare e condurre una riflessione estetica originale. Vi è la tendenza degli artisti ad unirsi in
gruppi; assumo un ruolo importante i critici-curatori che si fanno portavoce e mediatori del rapporto artista-pubblico.

Approda l’idea che la nostra conoscenza del mondo avviene tramite la percezione di fenomeni che è
ininterrottamente attiva e molti artisti operano per andare oltre l’inevitabile plasticità dell’opera d’arte tradizionale.
Nuova ed inedita cooperazione tra arte e scienza/tecnologia che ha il merito di favorire la fuoriuscita dell’artista dallo
stereotipo romantico del ‘bohemien’. Nuova figura del creatore che sa usare le nuove scoperte per potenziare le
proprie capacità espressive.

OPTICAL ART

Victor Vasarely (1906-1997) → esponente delle ricerche cinetiche che intendono il valore plastico dell’opera in senso
più ampio rispetto alla tradizione, cioè generato illusionisticamente dalle forme e dai colori che costituiscono l’opera
stessa. Il principio base dell’arte ottica è che il movimento può essere introdotto nell’opera non soltanto tramite
marchingegni atti a muovere realmente alcune delle sue componenti (cosa che farà poi l’Arte cinetica), ma anche
attraverso accorgimenti ottico-percettivi capaci di generale un dinamismo virtuale negli occhi dell’osservatore. Sono
inganni ottici, ottenuti grazie ad una profonda conoscenza delle teorie delle forme, dei colori e della percezione
(Homok, 1969-1973).

ARTE CINETICA

Jesus Raphael Soto (1923-2005) → è il movimento dello spettatore a provocare un sostanziale cambiamento nella
percezione dell’opera. Gran muro panoramico vibrante, 1966: superficie attraversata da un fitto gioco di strisce e
linee, combinate in modo sempre diverso, capaci di modificarsi e di creare sempre immagini nuove ed illusorie con il
semplice spostamento del corpo o dello sguardo nello spazio. Generale effetto di disturbo nello spettatore.

Pol Bury (1922-2005) → movimento dell’opera meno illusorio e più concreto. I lavori hanno un motore incorporato e
invisibile che attiva un reale e lento movimento rotatorio che provoca un continuo cambiamento dell’immagine. Rods
on round background, 1963: ciuffi di sottili fili di metallo spuntano perpendicolarmente dalla superficie lignea come fili
d’erba mossi dal vento: allusione al mondo organico.

Nicolas Schöffer (1912-1992) → sperimenta il movimento nella dimensione architettonica e concepisce un’unione tra
suono e scultura ai fini della produzione artistica (Torre spaziodinamica cibernetica, 1961).

Alexander Calder (1898-1976) → Trappola per aragosta e coda di pesce, 1969. NON SUL LIBRO
Gianni Colombo (1937-1993) → L’artista mette in secondo piano la propria individualità per lavorare in team. In
Europa i gruppi più noti sono: Gruppo Zero e GRAV; in Italia Gruppo N e Gruppo T. Lui fa parte del gruppo T, progetta
opere ambientali, installazioni, sculture nelle quali lo spettatore viene spinto a prendere coscienza delle modalità con
cui quotidianamente e in modo automatico esperisce gli spazi della vita quotidiana. Spazio elastico (1968): ambiente
buio dipinto di nero in cui l’artista tende tra il soffitto, le pareti e il pavimento, una fitta rete di fili bianchi, collocati a
distanza costanti e illuminati da una luce ultravioletta. I fili all’inizio sono immobili, si spostano poi all’improvviso e
oscillano sul proprio asse per mezzo di un motorino, disorientando e spiazzando gli spettatori che non hanno più dei
riferimenti sicuri per muoversi nello spazio.

ARTE PROGRAMMATA

La sua definizione può già essere applicata alle opere precedenti; si riferisce alla possibilità di una programmazione
tecnica o elettronica dell’opera da parte dell’artista, programmazione che resta vincolata alla presenza recettiva dello
spettatore, il quale è coautore dell’opera stessa.

Coinvolgendo in modo così diretto lo spettatore si arriva ad una democratizzazione dell’arte, essa diventa un’arte per
tutti. Viene promossa la sua produzione in serie per coinvolgere un numero sempre maggiore di fruitori; la diffusione
dei multipli però priva l’oggetto del suo carattere unico ed elitario. Ciò è reso possibile dall’annullamento della
componente artigianale in favore di quella progettuale: l’artista esprime la sua creatività attraverso la riflessione e
un’idea. La specificità che ne rimane è quindi concepita nell’idea e non nell’opera fisica in sé. Per l’artista
programmatore lo scopo è sempre quello di stimolare lo spettatore con nuove esperienze percettive.

MINIMALISMO

Una delle maggiori tendenze dell’arte americana degli anni ’60. Interesse per l’oggetto, strutture plastiche e
tridimensionali, forte semplificazione delle forme, fredda e impersonale razionalità del linguaggio. Le opere
minimaliste sono solidi geometrici di immediata evidenza, realizzate con materiali industriali o
semilavorati/prefabbricati, presentati in stretta relazione con il luogo che le contiene, ripetuti in serie o moduli, con
colori propri del materiale o ridotti a bianco, nero, grigio. Sono opere con un ‘minimo contenuto artistico’, cioè una
forte o totale riduzione del lavoro manuale. Precursori possono essere Malevic e i costruttivisti russi. Iniziatore della
tendenza: Frank Stella

Donald Judd (1928-1994) → strutture geometriche regolati, nitide e taglienti, esposte in rapporto con lo spazio, in
pezzi unici o serie sequenziali, sul pavimento o sulla parete in orizzontale o verticale. Le serie si sviluppano come un
insieme unitario, senza gerarchia. Untitled (Stack), 1967: parallelepipedi applicati verticalmente sulla parete ad
intervalli regolari che hanno la stessa misura degli oggetti. Ogni opera ha un numero variabile di pezzi ma sempre in
numero pari, così da non avere mai un centro. Spazio pieno e spazio vuoto creano un ritmo percettivo nella mente
dello spettatore che sente anche il vuoto come presenza.

Robert Morris – Carl Andre

Dan Flavin (1933-1996) → interessato all’utilizzo della luce elettrica: opere composte da tubi fluorescenti, allestite in
studiata relazione con lo spazio espositivo a creare ambienti di luce diffusa. Spesso diffondono colori diversi che
danno vita ad altre tinte. Monumento per V. Tatlin (1964): dedicato a Tatlin, combinazioni di luce a neon bianca
variatamente disposti sulla parete o sugli angoli. Il numero 61 richiama la forma di alcuni edifici sovietici degli anni ’20.

Sol LeWitt (1928-2007) → crea strutture modulari (Five modular structures, 1972) in cui non mancano suggestioni
dell’architettura modulare. Sculture ambientali costituite da forme reticolari bianche che si sviluppano in maniera
seriale in quadrati e cubi, secondo rigorosi calcoli matematici (come le strutture molecolari). Egli si riconosce già in
quella che sarà l’Arte concettuale.

ARTE POVERA

1967, Germano Celant. Comune interesse per i materiali poveri e semplici provenienti tanto dal mondo naturale
quanto da quello industriale. Nasce a Torino. L’artista si sente attratto dalla natura e dai suoi componenti per la loro
caratteristiche fisiche, chimiche, biologiche e riinizia a sentire il volgersi delle cose nel mondo, non solo come essere
animato ma come produttore di fatti magici e meraviglianti. Organizza le cose viventi. Elimina tutto ciò che può
sembrare rappresentazione mimetica per approdare a questo tipo di arte ‘povera’. Il termine fa riferimento sia ai
materiali che al procedimento linguistico di riduzione al primario operato dagli artisti. Scelgono di non operare con le
immagini (rappresentazioni della realtà) ma con oggetti provenienti direttamente dalla realtà, valorizzandone le
proprietà e le qualità intrinseche. Diffusione a livello internazionale.

Giulio Paolini → si confronta con le problematiche connesse al linguaggio dell’arte, alla figura dell’artista, agli
strumenti e alle modalità del suo operare, evidenziando una forte componente di matrice concettuale. Giovane che
guarda Lorenzo Lotto, 1967.

Alighiero Boetti → tautologia che caratterizza i lavori delle Mappe, 1989-1992.

Luciano Fabbro → Italie, 1971.

Michelangelo Pistoletto → si concentra sul rapporto arte-vita, oggetto-comportamento. Specchi (serie), 1962: lastre di
acciaio inossidabile legate ad uno specchio su cui è applicata un’immagine fotografica raffigurante oggetti o più spesso
figure umane. L’osservatore e l’ambiente circostante entrano fisicamente a far parte del lavoro artistico, che diviene a
tutti gli effetti una ‘opera aperta’, cioè mutevole e sempre nuova perché sensibile ad ogni variazione esterna. Spazio
immutabile della rappresentazione che riflette la mutevolezza dell’esistenza. La venere degli stracci, 1967.

Marzio Merz → lavori che si basano sull’idea di crescita e sviluppo. Igloo, 1969. Serie di Fibonacci (Mole).

Giuseppe Penone → Alberi, 1969.

LAND ART

‘arte della terra’: interventi realizzati a diretto contatto con la natura da parte di alcuni artisti. Detta anche
‘environment art’ (arte ambientale). Non sono installazioni scultoree in ambienti naturali: non sono immessi elementi
estranei ma modifica la natura solo con ciò che gli è messo a disposizione. Avvia un dialogo con l’ambiente, condotto
con la consapevolezza che con il passare del tempo tali segni saranno modificati e poi cancellati dalle trasformazioni
naturali. Caratteri comuni: volontà di operare a stretto contatto con gli scenari naturali incontaminati; rifiuto
dell’opera come manufatto per il mercato artistico; considerazione della natura come coautrice dell’opera; carattere
effimero dell’opera stessa. Si sviluppa principalmente negli Stati Uniti, grazie agli ampi scenari incontaminati.

Robert Smithson → Spiral Jetty (1970): nel lago salato dello Utah sollevando e spostando tonnellate di massi e terra,
enorme spirale di roccia e terra si dispiega dalla riva al centro del lago. È un segno primordiale che si lega alla storia di
un luogo millenario: secondo una credenza locale, vi si creavano enormi gorghi provocati da un grande canale
sotterraneo che collegava il lago all’oceano. Inizialmente era percorribile, ora è possibile vederla solo più da un
elicottero.

Michael Heizer → Double negative (1969) NON SUL LIBRO

Walter De Maria → Lightning field (1935): installazione artificiale di 400 aste in acciaio inossidabile che si oppongono
al caos naturale che si sviluppa orizzontalmente; crea uno spettacolo naturale durante i temporali in quanto diventa un
enorme campo magnetico attirando cascate di fulmini.

James Turrel → Roden crater project (1977): trasforma un volcano spento dell’Arizona in un luogo per l’osservazione
del cielo e delle costellazioni.

Richard Long – Amish Fulton → interventi meno radicali, di solito non lasciano tracce (temporanei spostamenti del
territorio), documentati con fotografie e video. Rapporto con il paesaggio che diventa proiezione autobiografica del
vissuto.

POSTMODERNO

Anni 70/80: le trasformazioni economiche e sociali inducono architetti e artisti a prendere atto della distanza dalla
modernità. Avviene una vera e propria rottura con le ideologie, i valori e le utopie progettuali del mondo moderno. Le
arti visive assecondano in vari modi questo comportamento. Vi è la convinzione che oggetti e immagini abbiano preso
il sopravvento: molti artisti si accostano all’universo dei mass media e della società dei consumi con un atteggiamento
nuovo, guidato dalla consapevolezza della loro artificiosità. Vengono anche portate nuove tematiche (lotta femminista,
pari diritti, gay). La crisi, in generale, derivata dalla consapevolezza di non avere a disposizione risorse energetiche
infinite (come invece si credeva). Come prerogativa, gli artisti vogliono instaurare un dialogo paritario tra mondo
occidentale e orientale. La diffusione dell’arte avviene grazie all’elevato numero di mostre, esposizioni, riviste, gallerie
che portano un ampio flusso di visitatori da tutto il mondo. Si configura anche un nuovo linguaggio, versatile e
polivalente, che da un lato si impossessa con fini creativi delle nuove tecnologie e dall’altro ama contaminarsi con
ambiti affini (es: pubblicità, cinema, moda). Sempre più frequenti le collaborazioni artistiche. Moltiplicarsi delle
modalità espressive: video (danno vita ad installazioni interattive e nuove ricerche), internet (diffusione e condivisione)
e robotica ed informatica (cyber art). Anche la fotografia viene usato intensamente, come mezzo espressivo autonomo
o come elemento di ricerca. Questo però non vuol dire che le ‘antiche’ tecniche artistiche vengano perse
completamente: hanno trovato una nuova interpretazione.

ARTE CONCETTUALE

Intreccia diverse linee di ricerca che si sono già affermate in precedenza (minimalismo, arte povera, land art): legame
dato dal comune principio duchampiano della preminenza del processo progettuale che di quello esecutivo. Tali opere
si caratterizzano per la scarsa rilevanza attribuita all’aspetto formale, materiale e manuale, presentandosi sottoforma
di pubblicazioni, testi scritti o fotografie che documentano l’aspetto ideativo del lavoro. Ridotto il manufatto artistico
essenzialmente a concetto, privilegiando il pensiero più dell’operatività. Abbiamo una sorta di ‘dematerializzazione’
dell’arte in quanto oggetto. Vi è un mutamento generale dell’arte il quale si apre a forme artistiche che non possono
essere giudicate e comprese sulla base di manifestazioni concrete ma si basano su procedure e processi. Cambiamento
dell’arte che non riguarda solo la forma e il soggetto, ma la sua stessa struttura. Ciò comporta un’indagine e una presa
di posizione sulla natura dell’opera d’arte e sulla sua funzione: riducendola a concetto fa un’analisi su che cosa essa sia
nell’arte contemporanea mettendo in luce caratteristiche della sua concezione e struttura. Rivoluzionario è l’aspetto
filosofico e investigativo dell’opera e l’interesse per i codici linguistici che la compongono. È anche affrontato il tema
della sua mercificazione, in modo critico e negativo. Emergerà anche la pittura Analitica, pittura con risvolti concettuali
in quanto vuole rendere l’arte autonoma. Alcuni artisti si concentreranno sulla riflessione sul tempo mediante la
documentazione della propria esistenza quotidiana, del proprio vissuto. Il tempo è concepito per la sua durata
(Bergson) → Opalka (opere in cui scrive tutti i numeri espressi nel titolo), On Kawara (dipinge un’opera al giorno e se
non la completa nelle 24h la distrugge). Nasce anche la Narrative Art, che è sostanzialmente collegata a quella
concettuale: temi della vita quotidiana o dell’ambiente circostante, superando lo stile freddo e inespressivo dei
concettuali. Le loro composizioni danno luogo a storie, a volte con rimandi autobiografici o con la volontà di fare
memoria.

Joseph Kosuth (1945) → One and Three chairs (1965): assimila l’arte al linguaggio e alle opere a enunciati,
dimostrazioni, riflessioni sulla natura e sull’essenza del linguaggio artistico. Quest’opera fa parte di ‘Protoindagini’. È
mostrata una sedia reale (rappresentazione fisica) accanto alla fotografia a grandezza naturale della sedia
(rappresentazione iconica) e l’ingrandimento fotografico della definizione di sedia tratta dal dizionario
(rappresentazione verbale). Viene messa a fuoco la relazione tra oggetto, la sua immagine e la sua spiegazione
facendone risaltare l’equivalenza comunicativa: essi esprimono un’unica idea di arte resa esplicita attraverso diversi
modi rappresentativi. Fotografia e definizione rivelano anche l’approssimazione con cui i linguaggi codificati dagli
uomini si rapportano alla realtà. Prime indagini (1966-1968): ingrandimenti fotografici di pagine di dizionario.

Lawrence Weiner → afferma la sostituzione dell’opera in quanto concreto manufatto con una formulazione linguistica,
presentando ingrandimenti scritti su pareti di gallerie e musei (A sound grown softer, 1967).

Hans Haacke → Shapolsky et al. Manhattan Real Estate Holdings, 1971: evidenzia lo squallore edilizio delle periferie
urbane di NY + riproduce opere dell’800 evidenziando ciò che sfugge al visitatore del museo: trame di mercato e
circolo di denaro che sta dietro alla diffusione dell’opera d’arte.

Bruce Nauman → utilizza parole e frasi riprodotte con tubi di luce a neon, sculture e fotografie: From Hand to Mouth,
1967: rappresentazione concettuale della distanza tra la parola e l’azione.

RITORNO ALL’IMMAGINE E ALL’OGGETTO → primi anni ’80, ritorno all’opera figurativa. ‘ritorno’ = interruzione nella
pratica della figurazione che in realtà non si è mai effettuata del tutto, il termine si comprende meglio se messo in
relazione con le ricerche concettuali degli anni ’70, che più o meno hanno emarginato i modi tradizionali di intendere e
fare arte. L’inversione si avvisa quando alcuni artisti ricominciano ad utilizzarli nelle stanze dei musei e nei libri e non
più negli ambienti tradizionali del quotidiano. Tramite questi ‘prelievi’ dalla tradizione della storia dell’arte si riscattano
e rientrano a pieno titolo nella dimensione della concettualità. Rinnovamento nella consapevolezza del loro valore. Si
usa il termine Trasnavanguardia. Tale processo di revisione porta all’Italia, paese-museo per eccellenza. Nel 1982 avrà
poi modo di evolversi la Graffiti Art (NY). La nuova figurazione si propone con modalità e tematiche eterogenee ma
inedite e si compiace nel mescolare momenti e aspetti diversi della storia delle immagini. Verrà poi usato il termine
‘postmoderno’ unendo un po’ tutte le ricerche (artistiche e architettoniche) di fine secolo. Caratteristiche comuni
sono: rifiuto del mito dell’originalità, crisi delle grandi ideologie, affermazione delle culture minoritarie, perdita di
fiducia nella storia e nel progresso. Gli artisti affrontano tali problematiche con atteggiamenti ironici e provocatori. La
pittura neo-figurativa ricorre spesso allo stereotipo, alla citazione con esiti che si traducono nel pastiche stilistico
(ibridazione modelli e forma) e nella celebrazione del kitsch (cattivo gusto veicolato dalla società moderna di massa
dall’ideologia del consumismo e dell’industria culturale).

Per il recupero della pittura, la ‘citazione’ è una delle prime modalità per confrontarsi con l’arte del passato,
recuperando tecniche e linguaggi relegati in posizioni marginali dalle ricerche concettuali. Il passato è rivisitato facendo
ricorso alle tecniche tradizionali del disegno, pittura scultura per approdare ad opere autonome e personali. Con il
termine Transavanguardia si intende una sua natura ibrida trans-culturale e trans-storica del nuovo linguaggio, incline
a mescolare con disinvoltura momenti e caratteri di tradizioni artistiche diverse (nel tempo e nello spazio). Metafora
del cieco vivente: l’artista della Transavanguardia si guarda attorno con uno sguardo frammentario, capace di cogliere e
far convivere elementi distanti, incurante di ridurli ad un principio di unità ed equilibrio.

RICERCHE NEO-OGGETTUALI NELLA SCULTURA → la scultura torna a farsi oggetto, scelta che nasce dall’esigenza di
abbandonare l’immaterialità di molte opere del concettuale, ma che non implica una netta cesura. Si trovano modalità
operative che recuperano la dimensione mentale, autoriflessiva e processuale precedente. In Europa si sviluppa il
fenomeno della New British Sculpture, artisti uniti dall’interesse per il materiale e per i procedimenti, considerati
fattori primi del fare arte.

- Tony Cragg → le sue opere sono rilievi costituiti da frammenti di oggetti di plastica colorata, recuperati da
discariche e composti sul muro o sul pavimento in grandi figure: l’atto creativo restituisce nuova vita al
materiale di scarto, considerato inutilizzabile.

- Anish Kapoor → realizza oggetti dalle forme geometriche e simboliche che ricopre con finissima polvere di
pigmenti blu, rossi, gialli; le sculture appaiono prive di peso e quasi immateriali, l’inganno ottico che
sottintende le creazioni richiedono allo spettatore un coinvolgimento totale di corpo e mente.

- Haim Steinbach → realizza mensole triangolari su cui sono appoggiati in serie degli oggetti della vita
quotidiana.

- Jeff Koons → elettrodomestici di largo uso esposti in teche di vetro illuminati: si collocano tra la fredda
serialità del prodotto industriale e la celebrazione pop dell’oggetto di consumo. Le opere successive sono
sculture in porcellana, vetro soffiato o altri materiali raffinati contrastati da alcuni elementi kitsch.

GRAFFITI ART

Inizio anni ’70, vagoni delle metropolitane di NY: compaiono i primi ‘tags’ ossia firme in codice tracciate con lo spray o
con il pennarello nero dai ‘writers’: giovani dei sobborghi (per lo più afroamericani e portoricani) che mossi dal
desiderio di uscire dall’anonimato, rischiano multe e arresti. Con il tempo, le tags diventano sempre più grandi e
colorate, si estendono a parole e immagini e si trovano sui muri delle stazioni e nel contesto urbano. Inizialmente ciò
viene visto come atto vandalico, ma l’atteggiamento cambia quando compaiono i primi articoli che identificano le tags
come le nuove forme di espressione artistica. I writers diventano ‘graffiti artists’ e nel 1973 viene fatta la prima mostra.
Sottratti alla strada, la Graffiti art perde presto la sua forma originaria e la sua espressività spontanea e rabbiosa di
riappropriazione della città da parte di giovani marginati.
- Basquiat → il rappresentante più noto; inizia a 16 anni sui vagoni con la firma SAMO (same old shit). Il suo
atteggiamento di critica verso la società cambia quando viene notato da Warhol, il quale decide di farne una
star per il mondo dell’arte. Abbandona quindi il muro e la strada, proiettando sulla tela un mondo di forme
trans-culturali, dove l’immaginario popolare americano si fonde con simboli e scritte che rimandano alla sua
vicenda autobiografica. Piano lessons (1983): linguaggio incisivo con un forte cromatismo, segno grafico
scarno ed elementare che rappresenta i due supereroi dei fumetti Batman e Robin alle prese con una lezione
di musica. La composizione non da un racconto cronologico da seguire, è priva di coordinate spazio-temporali,
si può solo riconoscere la notorietà dei due personaggi.
- Haring: → dapprima nelle metropolinate ny traccia con il gessetto bianco disegni contro la guerra, la
discriminazione raziale, sessuale, gli abusi di potere. Affida i messaggi a personaggi di sua invenzione
concepiti come sagome colorate contornate da un nero spesso: Radiant Boy e Barking Dog. Si trasferiscono
ben presto nel circuito espositivo, diventando anche centro della produzione di gadgets. Queste figure
compiono gesti e personificano abitudini in cui si riflettono le ossessioni della società e dell’artista stesso per il
denaro, sesso e tecnologia. La semplicità delle sue opere riesce a comunicare le emozioni associate
all’immagine, trascurando i dati accessori. Quando scopre di essere positivo all’AIDS decide di impegnarsi in
una campagna di sensibilizzazione pubblicitaria: Murale con il bambino radiante (1898): inno alla pace e
all’armonia che richiama una ‘radiante’ umanità variopinta che lotta contro il male, ricerca l’equilibrio con la
natura, si prende cura della vita; tutte queste figure paiono danzare a ritmo di una musica rap.

I NUOVI MEDIA

Accelerazione dell’acquisizione dei nuovi ‘media’ espressivi; la ricerca nel campo tecnologico ha messo a
disposizione più strumenti. La televisione è stato un medium che ha rivoluzionato il campo dell’arte: dall’interesse
per questo mezzo è nata la videoarte che grazie all’evoluzione tecnologica si è servita di apparecchi sempre più
versatili e sofisticati. Il medium tecnologico ha un forte impatto sull’immaginario collettivo, al di là delle informazioni
e dei contenuti che trasmette. I nuovi media uniformano, selezionano e omologano le informazioni in modo neutro
ma rivelando allo stesso tempo la riduzione del mondo ad un villaggio globale. Anche il computer negli anni è
diventato medium del fare artistico: strumento per la creazione di immagini e per l’accesso alla rete. Il video è quindi
diventato uno dei mezzi più diffusi nell’ambito della creatività contemporanea (Nam June Paik: Voltaire, 1989). Non è
un movimento artistico ma una categoria di opere accumunate dall’uso di un medium per trasmettere immagini
elettroniche. È importante distinguere tra opere concepite per la loro trasmissione via video (videoarte) e quelle
nate con altre finalità ma che hanno usato il video come mezzo. Grazie a ciò vi è un coinvolgimento maggiore dello
spettatore, si creano spazi multimediali e interattivi, dove il pubblico diventa parte integrante dell’opera. Dagli anni
80 molti artisti privilegiano la fotografia, mettendola al pari delle tradizionali tecniche artistiche. La maggior parte
degli artisti ne ha un approccio concettuale, proposto e analizzato nelle sue potenzialità comunicative e ambiguità
linguistiche. Determinante è stato l’avvento di ripresa e stampa. Gli artisti tendono spesso alla sperimentazione e alla
multimedialità.

VIDEOARTE

Bill Viola → uno dei primi artisti a passare dalla videoarte trasmessa via monitor alla videoinstallazione ambientale
attraverso l’impiego di proiezioni multiple (Nantes Triptych, 1992).

Douglas Gordon e Philippe Parreno → realizzano il film/ritratto su Zidane, 2006.

Eija-Liisa Ahtila → videoarte che indaga la realtà interiore, spesso tratta di giovani donne ed esplora emozioni e
sentimenti che regolano i rapporti umani (The House, 2002).

Pipilotti Rist → video come strumento per indagare la psicologia femminile; con una dose di ironia da forma visiva ai
pensieri, sensazioni segrete e fantasie che animano l’animo della donna in diverse situazioni. Spesso sono ruoli ed
immagini stereotipate. Ever is over all, 1997: in due proiezioni parallele, scorrono immagini rallentate di una distesa
di fiori rossi e di una giovane che passeggia per strada, sorridente, indossando un abito azzurro e un paio di
pantofole rosse. Atmosfera idilliaca sottolineata dalla romantica colonna sonora, è interrotta quando la donna si
scaglia con violenza contro una macchina parcheggiata, danneggiandone in parabrezza con il fiore che diventa la sua
arma; dopo riprende allegra la sua camminata fino alla vettura successiva dove ripete l’atto. L’opera è un attacco al
cliché della donna romantica, frivola e spensierata e si carica di valore aggiunto in un mondo (dell’arte) che è stato
per secoli territorio maschile.

Studio Azzurro → dimensione dell’interattività: il pubblico assiste al racconto e interagisce con le immagini
proiettate; creano ambienti sensibili finalizzati a potenziare il messaggio dell’opera (Dove va tutta ‘sta gente? 2000).

Shirin Neshat → usa la fotografia per denunciare la condizione della donna nel mondo islamico Turbant series e
Women of Allah).
FOTOGRAFIA

Coniugi Becher → progetto di catalogazione delle architetture industriali europee in via d’abbandono o dismesse,
lavorano con rigore scientifico esclusivamente in bianco e nero, con un punto di vista sempre ribassato per isolare
l’edificio dal suo contesto e mettere in risalto le qualità formali. Usano un criterio seriale della fotografia,
presentandole in gruppi tipologici (carattere concettuale). Gas Tanks (spherical), 1963-92.

Thomas Struth → esordisce con fotografie in bianco e nero di periferie cittadine, solo in seguito inserirà il colore e la
presenza umana, con temi che portano lo spettatore a concentrarsi sulla ricchezza di sfumature che la realtà offre a chi
la osserva con attenzione. Anche nella serie Museum Photographs vuole richiamare l’attenzione sull’osservazione:
fotografa i diversi atteggiamenti dei visitatori nei musei di fronte alle opere d’arte per mostrare le diverse reazioni,
come in Louvre 4 (1989) in cui i visitatori guardano la Zattera della Medusa. Usando il grande formato porta coloro che
guardano la foto a condividere un’esperienza potenziata e straniata, in quanto si trovano davanti a due opere nello
stesso tempo.

Andreas Gurky → si serve della componente digitale per post-produrre l’immagine con effetti di distorsione o
saturazione. Lo fa con precise valenze linguistiche: vuole dimostrare il senso di annientamento dell’individuo di fronte
al gigantismo della natura e dell’architettura (99 Cent II, 2001).

Sam Taylor-Wood → fotografie in cui la dimensione narrativa è superata, sostituita dall’esplorazione dei sentimenti e
degli stati d’animo dei soggetti coinvolti. Usa diversi dispositivi linguistici che distanziano le sue immagini dalla realtà
(Soliloquy, 1998 circa).

Nan Goldin → medium fotografico per costruire un diario di immagini che colgono attimi di vita non solo di famigliari e
amici ma anche della sua vita privata e della cultura ny (Nan and Brian in bed, NYC, 1983).

Andres Serrano → affronta i temi dell’erotismo e della morte dell’individuo (The Morgue, 1992).

ARTE E COMPUTER

Avvento dell’informatica che ha portato un cambiamento anche nel modo dell’arte. Nel 1960 viene coniato il termine
‘computer graphics’ per indicare disegni realizzati con il computer e stampati con il plotter. È l’inizio degli anni ’70 ad
essere cruciale: Harold Cohen crea un congegno per disegnare. Le prime immagini sono astratte, per poi diventare
nature morte e personaggi in seguito (prima erano bianche e nere, colorate a mano da lui, e poi a colori). Sono
realizzate su supporti come grandi tele e durante le esposizioni il pubblico può assistere al processo di esecuzione della
macchina. Con la successiva invenzione di software più sofisticati è stato possibile ottenere immagini più elaborate.
Prende avvio un processo interattivo tra il computer e l’artista che si estende anche nel rapporto opera-osservatore.

Jeffrey Shaw → The legible city (1898-1891): il visitatore pedala su una bicicletta il cui manubrio è collegato al
computer con la possibilità di scegliere e visualizzare su un grande schermo un percorso stradale di una città. Lungo le
strade che percorre virtualmente vi sono grandi scritte che sostituiscono gli edifici.

Cory Arcangel → Super Mario Clouds (2002): quando il computer diventa alla portata di tutti e si diffonde internet si
inizia a parlare di New Media Art. Nasce nel contesto del Web la Net Art, i cui lavori sono immateriali e interattivi,
fruibili ad un pubblico inimmaginabilmente vasto. Nei primi anni 90 hanno ancora una struttura ad archivio che
valorizza la possibilità di scambio e condivisione dell’informazione digitale. Si confronta con il campo dei video games.

PUBLIC ART: NON SUL LIBRO → Mimmo Paladino – La sposa di Messina (La montagna di sale), 1990. Oldenburg e Van
Bruggen – Ago, nodo e filo, 2000.

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