Motivazioni: Nella storia della cultura ben pochi fenomeni hanno avuto la capacità di attrarre e
coinvolgere artisti, musicisti e, al tempo stesso, scienziati e filosofi come lo è stata la correlazione
tra suono e colore. Quando parliamo di questo rapporto, ci riferiamo senza volerlo ad un fenomeno
chiamato sinestesia, dal greco percepire insieme. L’interesse per la sinestesia compare agli inizi
dell’800 quando era ancora considerata come un mero espediente poetico o un’invenzione della
fantasia. Fu solo verso gli anni ‘70/’80 dello stesso secolo che attenti studi psicologici legittimarono
il fenomeno, e furono presto seguiti dall’introduzione della parola “sinestesia” per designare il
fenomeno.
Dobbiamo tuttavia aspettare il 1980 prima che siano effettuati studi neurofisiologici su soggetti
sinestetici. Questi studi dimostrarono che in concomitanza di esperienze sinestetiche, il cervello
attiva contemporaneamente aree sensoriali differenti e le moderne tecniche di neuro immagine
funzionale ne offrono la dimostrazione. Accade perciò che, ad esempio, zone adibite alla percezione
uditiva si attivino contemporaneamente a quelle visive o olfattive, consentendo una sorta di doppia
percezione dello stimolo normalmente avvertito ed analizzato da un senso solo. Nonostante il fatto
che solo oggi siamo in grado di definire il fenomeno sinestetico attraverso un preciso protocollo
scientifico, fatto di test accurati, ottenuti sia attraverso l’utilizzo di apparecchi tecnologici molto
avanzati, sia per mezzo di analisi psicologiche mirate e specifiche, questo concetto ha sempre
suscitato un notevole interesse in ambito artistico. Ricordiamo ad esempio, in ambito poetico, Keats
e Schelley, all’inizio dell’Ottocento, i quali usavano spesso metafore e immagini intersensoriali,
Rimbaud e i poeti simbolisti, alla fine dell’Ottocento, i quali accostavano immagini visive ad
immagini sonore o a sensazioni di carattere olfattivo.
Le ricerche artistiche più interessanti riguardano tuttavia il rapporto tra suono e colore ed i risultati
ottenuti in ambito musicale e figurativo. Moltissimi sono stati i pittori che durante tutto il
Novecento hanno indagato la possibilità di creare relazioni tra queste due forme di espressione.
Dall’astrattismo di Klee e di Kandinsky al futurismo di Pratella, Russolo e Carrà, passando
attraverso il cubismo di Picasso e Braque, per arrivare, dopo le esperienze Bauhaus, alle
avanguardie di metà ‘900 con l’arte cibernetica di Schoeffer e le opere del regista astratto
Fischinger. Ad accomunare gli artisti elencati è stata la realizzazione di innumerevoli opere che
ricercano profondamente la connessione tra questi due mondi espressivi e, al fine di una corretta
comprensione del fenomeno in questione, non meno importanti risultano i loro manifesti artistici.
Altrettanto significativi sono stati gli apporti in ambito musicale: Skrjabin, Rimsky-Korsakov,
Schönberg, Webern, Milhaud, Stravinsky, Xenakis. .
Il mio obiettivo è quello di dimostrare in quale misura sia possibile congiungere discipline
apparentemente distanti. Al fine di risolvere questo quesito ho indagato nella storia concentrandomi
su personaggi e movimenti artistici che hanno avuto come obiettivo quello di associare diverse arti
e diversi ambiti.
Il fine di questa tesina, quindi, è quello di palesare che è possibile la realizzazione di una sorta di
“opera d’arte totale” ancora più completa di quella intesa da Richard Wagner. Perché in quella da
me proposta non si conciliano solo le arti, ma anche la letteratura e la fisica.
Con l’intento di dimostrare ciò, mi sono affidato al colore come collante per la mia ricerca. L’ho
scelto innanzitutto perché è un elemento “semplice”, “primordiale”; in secondo luogo perché è
possibile affrontarlo secondo una prospettiva pluridisciplinare, essendo “materia” di diverse
discipline scolastiche.
Kandinsky pensa che dipingere sia un’arte molto simile alla musica e quindi capace di trasmettere
emozioni in maniera astratta, senza rappresentare la realtà. I musicisti possono usare le note per
comporre la musica, gli artisti allo stesso modo possono usare i colori e le forme. Nelle sue opere
parte sempre dalla realtà per poi però allontanarsene poco a poco; gli oggetti che sceglie di
rappresentare sembrano dissolversi in macchie colorate che diventano protagoniste assolute. Il
colore è la chiave di violino dei suoi quadri, ad ogni colore corrisponde un significato, mai casuale.
Bellissimo il significato che nell’opera “Lo spirituale dell’arte” attribuisce ad ogni colore che
descrive in base alle sensazioni e alle emozioni che suscitano nello spettatore, paragonandoli a
strumenti musicali.
Il giallo: è follia ricca di vitalità e viene paragonato al suono di una tromba, di una fanfara.
L’azzurro: è il blu che tende ai toni più chiari, è indifferente, distante ed è paragonabile al suono di
un flauto.
Il blu: è profondo e quando è intenso suggerisce quiete, quando tende al nero è drammatico, quando
tende ai toni più chiari le sue qualità sono simili a quelle dell’azzurro, se viene mischiato con il
giallo diventa malto. E’ associato al suono del violoncello.
Il rosso: è caldo, vitale, vivace, irrequieto ma diverso dal giallo. L’energia del rosso è controllabile,
quella del giallo più libera. Il rosso medio è profondo, il rosso scuro è più meditativo. È paragonato
al suono di una tuba.
Composizione VII, è considerato, oltre che un punto di svolta all’interno della carriera stessa
dell’autore, anche uno delle opere simbolo del movimento dell’astrattismo. Leggiamo dunque
questo dipinto come si leggerebbe uno spartito musicale di una sinfonia.
A sinistra, in basso, il bianco e i colori chiari rappresentano il silenzio, il non suono del momento in
cui il maestro alza le braccia e i musicisti inforcano gli strumenti e si preparano a cominciare.
Colori caldi e freddi, sempre tenui e stesi a larghe campiture e con linee morbide, corrispondono a
varie sequenze di suoni, che conducono, in un crescendo cromatico, verso il centro del dipinto.
Siamo ora nel primo movimento: prevalgono il ritmo, la tensione, il vorticare frenetico
di linee e colori che costituiscono il climax del momento artistico, sia pittorico sia musicale.
Il secondo movimento richiama, cromaticamente, l’ouverture: colori tenui e freddi stesi a grandi
campiture e secondo una linea morbida, in una distensione melodica tesa però a sfociare nelle
cromie e nella composizione vorticosa dell’ultima parte dell’opera, che si getta quasi nel nero, in
un non-suono ben diverso da quello dell’inizio, che non lascia spazio ad alcuna possibilità. Siamo
alla fine.
L’opera, realizzata in soli tre giorni di lavoro, ma preceduta da oltre trenta bozzetti, è
uno spartiacque nella produzione del pittore moscovita: qualsiasi rimando alla realtà e
alla mimesi del mondo che lo circonda è ormai venuto meno e non è più possibile collegare
logicamente quanto vediamo sulla tela con le cose che ci circondano. È proprio il colore in quanto
tale a determinare questo passaggio o, ancor di più, il modo in cui l’autore ne sfrutta tutte le infinite
potenzialità, anche per quanto riguarda il collegamento tra arte e musica.
Altri due personaggi fondamentali per l’uso del colore nell’arte sono il chimico Michele Eugéne
Chevreul e il fisico Odgen Nicholas Rood. Ideatori rispettivamente della teoria del contrasto
simultaneo e della legge dell’irradiazione. Il contrasto simultaneo è l'effetto visivo che si determina
ponendo un colore in rapporto con altri colori suoi complementari, in modo che questi ne
influenzino l'aspetto esaltandosi a vicenda. La teoria di Rood riguarda la pista-luce: cioè nel
contatto di due superfici colorate, quella relativamente più luminosa tende ad accrescere la sua
luminosità nelle zone di frontiera, mentre l'altra, per contrasto, si scurisce. Questi studi si sono
rivelati fondamentali per il movimento dell’impressionismo e del post-impressionismo; per esempio
George Seurat partirà da questi principi per inventare la tecnica puntillista (o divisionista).
Fisica
Composizione VII (1913), Vassilij Kandinskij (1866-1944), olio su tela,
Mosca: Galleria Tret’jakovi.
Conferenza tenuta a Berlino il 10 Novembre 2012 presso
l’International Guitar Accademy:
“Se durante un concerto avessimo la possibilità di osservare l’aria, mentre vibra simultaneamente
influenzata dalle voci e dagli strumenti, con grande stupore vedremmo colori organizzarsi e
muoversi in essa”.
Newton teorizzò per primo la relazione fra luce bianca e colore. Egli dimostrò che la luce bianca era
composta da una miscela di sette colori, ciascuno caratterizzato da una diversa lunghezza d’onda e
quindi da un diverso angolo di rifrazione, in un esperimento con un prisma triangolare nel 1976.
Newton cominciò le sue esperienze con i prismi verso il 1665. La prima trattazione di Newton sulla
luce e sui colori fu New Theory About Light and Color, divulgata sul periodico della Royal Society.
L’opera principale di Newton sull’ottica, dal titolo Optiks, or a Treatise of the Reflexions, Inflexions
and Coulors of Light fu pubblicata a Londra nel 1704.
Primo esperimento: nel più famoso degli esperimenti descritti, Newton analizzò ciò che accadeva
quando la luce solare attraversava un prisma: lasciò filtrare, attraverso una fessura, la luce del sole
che incideva prima su un prisma e poi su uno schermo bianco posto ad alcuni metri di distanza. A
causa del fenomeno della rifrazione sullo schermo appariva un’immagine ellittica, leggermente
colorata di blu ad un estremo e di rosso all’altro che Newton chiamò spettro (dal latino specere
apparire). La luce, secondo la legge della rifrazione, passando da un mezzo meno denso ad uno più
denso, avrebbe dovuto essere deviata secondo un angolo fisso: lo spettro avrebbe dovuto quindi
presentare una forma circolare. Newton, dopo aver misurato i seni degli angoli di incidenza e di
rifrazione, concluse che la luce solare era composta da raggi di diversi colori, cui corrispondevano
diversi indici di rifrazione. Attribuì la forma ellittica dell’immagine sullo schermo alla
sovrapposizione di immagini di diversi colori; solo le due immagini estreme apparivano rosse e blu,
mentre quando i diversi colori erano mescolati, la sensazione visiva risultava diversa da quella che
essi avrebbero prodotto singolarmente. Il colore è dunque una sensazione soggettiva causata da uno
stimolo fisico oggettivo, la luce.
Secondo esperimento: Newton realizzò poi un esperimento di verifica: mise una tavoletta con un
foro dietro al prisma dal quale era rifratta la luce solare; dopo aver fatto passare nel foro una piccola
parte dello spettro, questa era prima proiettata su un’altra tavoletta, anch’essa con un foro, e poi
attraverso un secondo prisma: sullo schermo l’immagine dello spettro risultò ancora più ellittica.
Egli interpretò questo secondo esperimento come una decisiva conferma dei risultati del primo.
Ideò, poi, un terzo esperimento: dopo aver fatto attraversare un prisma da un raggio di luce,
indirizzò lo spettro prodotto su una lente convergente, che provocava una rifrazione opposta alla
prima. Nel fuoco della lente si ricomponeva, per addizione cromatica, la luce bianca.
Aveva così dimostrato che il processo di dispersione della luce era un fenomeno reversibile e che i
colori non sono una modificazione della luce bianca ma, al contrario, la compongono; il prisma non
la modifica ma la separa dalle sue componenti. Nei decenni successivi agli esperimenti di Newton,
diversi scienziati si interessarono allo studio del colore, ma si dovrà attendere il XIX secolo per
trovare studi che influiscano direttamente sulle ricerche degli artisti.
ATTENZIONE - Un suono non evoca per se stesso alcun determinato colore e viceversa, noi
possiamo sovrapporre i due spettri, non importa come in rapporto l'uno all'altro. Noi non dobbiamo
cercare di sapere se il tal suono è blu o giallo, ma se i colori si comportano fra loro come i suoni.
La maniera più semplice per ottenere il grigio, in pittura, consiste nel mescolare due colori detti
complementari. Li troviamo alle estremità di un diametro qualunque del circolo dei colori: rosso e
verde, per esempio. . .
Questa proprietà non si riscontra mai fra due colori scelti in altro modo. .
Ora, cosa curiosa, se facciamo ascoltare due suoni presi alle estremità di un diametro qualunque del
circolo dei suoni, Mi bemolle e La, per esempio, otteniamo una sonorità molto importante in
musica, cioè il Tritono, terrore dei cantori del Medioevo. Il Tritono presenta un carattere
indeterminato; non interroga, non conclude; è neutro. Non dice sì e non dice no, dice "forse". Non è
gaio né triste, è amorfo. Questa prerogativa non appartiene che a due suoni diametralmente opposti.
Potremmo chiamarli "suoni complementari", per analogia con i colori. .
Un esempio è quello di Ernest Chausson, in Amour d'Antan, egli lascia l'ascoltatore in sospeso con
tritono MIb-LAb.wav
una piccola frase costruita su un Tritono: :
Amour d'Antan_Chausson.wav
Scopriamo così una delle tante analogie fra i suoni e i colori: per ottenere il grigio con due colori o
un accordo neutro con due suoni, è necessario e sufficiente prenderli alle estremità di un diametro
qualunque nel circolo dei colori o dei suoni.
Due personaggi che svolgevano efficacemente sia attività musicale che pittorica sono stati Arnold
Schönberg e Paul Klee.
La produzione artistica di Paul Klee è sconfinata. Il suo corpus di opere comprende circa novemila
lavori. Oltre alla pittura egli fu molto attento anche ad altri campi del sapere, come quello della
filosofia, della poesia e della musica. Ecco qui un esempio di compenetrazione tra le differenti
espressioni della mente umana. É molto importante soffermarsi sui collegamenti tra differenti arti
poiché permettono di comprenderle profondamente. L’analisi risulta completa se si considerano più
aspetti di differenti prodotti artistici, la visione si amplia e le opere su cui ci si sofferma assumono
una luce nuova. Partendo da Paul Klee si può compiere un discorso molto più vasto e importante
sull’arte contemporanea e sulla musica del Novecento. Una delle valutazioni più importanti da
compiere è legata alla passione per la musica e alla perfetta conoscenza dei processi di
composizione, elementi che permettono di comprendere e interpretare la pittura kleiana. La musica
diviene per l’artista uno stimolo intellettuale di un certo valore, fattore che dovrebbe essere valido
per qualsiasi uomo di cultura.
Nel 1910 vennero esposti quaranta quadri del futuro inventore del metodo dodecafonico. L’anno
dopo, la pittura di Arnold Schönberg ebbe un importante successo, perché alcuni suoi quadri
vennero esposti nella mostra del Cavaliere azzurro a Vienna. E’ possibile dunque fare il punto sulla
funzione della pittura nella creatività del compositore. Non si tratta di una funzione occasionale, era
in effetti, come comporre musica, un mezzo per esprimersi, per esporre sentimenti e idee.
Schönberg era l’unico "non professionista" che venne accolto fra i pittori d'avanguardia, inoltre era
cultore del professionismo in musica (era un formidabile insegnante) e fu uno degli ideatori della
musica seriale dodecafonica. Dato che quando in musica si parla di colori si parla di timbro, mi
sembra opportuno citare la Schönberghiana "Klangfarbenmelodie", la melodia di suoni-colori
caratterizzata da molteplici sfumature timbriche. Tale approccio trascende il sistema musicale,
innescando un processo percettivo connesso al rapporto tra suoni e colori, tra musica e pittura.
La tecnica della melodia dei timbri è ben visibile nel terzo brano dei Cinque pezzi per orchestra
op.16, intitolato Farben (colori). E’ soprattutto qui, che l'individuazione timbrica raggiunge il
livello più alto.
L'uso di questa tecnica nuova, che poi Schönberg avrebbe analizzato e spiegato nel particolare nel
suo Trattato d'armonia (1911), è cosciente non soltanto nella prassi compositiva di questo pezzo,
ma anche nelle raccomandazioni al direttore d'orchestra che si trovano in calce alla pagina: «Non è
compito del direttore mettere in risalto singole voci che sembrino (tematicamente) importanti, o
attenuare funzioni di suoni che appaiano poco equilibrati. Dove la voce ha da risaltare più delle
altre è strumentata corrispondentemente e i suoni non devono essere attenuati. È invece suo
compito vigilare affinché ogni strumento suoni esattamente secondo la prescritta gradazione di
colorito. Gli accordi devono mutare con tanta dolcezza, da non far avvertire alcuno stacco quando
entrano gli strumenti, di modo che il mutamento risulti solo per effetto del nuovo colore
strumentale». La rivoluzionaria novità di Colori, se si pensa all'anno in cui fu scritto, è testimoniata
dall’impossibilità di dare una completa traduzione sonora della sua concezione musicale, tanto essa
si libra verso un ideale sonoro sconosciuto quanto perfetto.
Un altro musicista che ha elevato il rapporto suono-colore è Olivier Messiaen, per il quale il colore
è il modo visuale della musica. Messiaen concepisce delle combinazioni complesse di colori,
corrispondenti agli accordi musicali. La sua composizione più significativa in questo senso è “Le
banquet celeste”. .
Ma l'opera più stravagante in questo ambito fu scritta da Aleksandr Skrjabin. La sua composizione
Prometeo (1909), un'opera avvolta nei misteri dell'occulto, è una sintesi di suoni e colori.
Accordo mistico.wav
Mentre la musica si espande nell'ambiente circostante, un magico gioco di luci avvolge musicisti e
spettatori. Infatti, Skrjabin inserì nel grande organico orchestrale una particolare tastiera
(appositamente costruita dall’ingegnere Aleksandr Mozer), che doveva proiettare determinati colori
in corrispondenza allo svolgimento musicale. Si tratta del clavier à lumières, uno strumento
musicale a tastiera elettrofono che proietta, a ogni nota o cambio d'armonia, un fascio di
luce colorata. I colori sottolineano i vari stati d'animo evocati dalla musica e indicati da Skrjabin
nella partitura secondo il sistema sinestetico
Letteratura
Sinestesia tra parola e colore
Charles Baudelaire impone con la raccolta “I fiori del male” una svolta del gusto e della poetica.
Egli accentua i caratteri conflittuali tra poeta e società.
Si apre così la generazione dei poeti maledetti, personaggi di una vita sregolata, dediti all’alcol e
droghe, rifiutando il conformismo borghese. È il maestro del Simbolismo, una tendenza che si
sviluppa in Francia negli ultimi anni dell’Ottocento. Dal punto di vista stilistico, Baudelaire usa, da
una parte, un’attenta cura per la forma, dall’altra un linguaggio evocativo che vuole richiamare
sensazioni ed emozioni grazie alle parole. Questa evocazione può avvenire grazie all’uso dei suoni,
oppure attraverso l’uso della sinestesia (fusione dei cinque sensi). Secondo Baudelaire ci sono delle
corrispondenze fra i vari elementi della natura e significati apparentemente lontani da essi: tutto ciò
che ci circonda, insomma, è simbolo di qualcos’altro, ma bisogna essere capaci di decifrare questi
simboli. Il poeta è, a differenza della gente comune, capace di trovare queste corrispondenze.
La poesia simbolista viene rappresentata anche da altri poeti maledetti francesi: Paul Verlaine,
Stéphan Mallarmé e Arthur Rimbaud. Secondo quest’ultimo, in specifico, il poeta deve farsi
veggente per poter esplorare l’ignoto e cogliere l’assoluto. L’intuizione del Simbolismo è che sotto
la realtà apparente, si nasconda un’altra realtà misteriosa e profonda. Viene così manifestata la
sfiducia verso la scienza, la quale non è capace di penetrare nell’animo umano, né di spiegare i
desideri dell’inconscio e il bisogno per gli uomini di esplorare l’ignoto.
Il poeta può quindi penetrare attraverso l’intuizione. L’arte è l’unico strumento con cui si può
esplorare e rendere accessibile ciò che è ignoto e irrazionale. I simbolisti elaborano un linguaggio
nuovo, non più logico, permettendo di portare alla luce le corrispondenze e i legami misteriosi tra
le cose. La parola quindi deve possedere una magica virtù evocando una realtà profonda dietro alle
apparenze e deve avere la capacità di comunicare le emozioni del poeta. I poeti simbolisti
accentuarono l’aspetto musicale del linguaggio, privilegiando il suono rispetto alle parole essendo
la musica, la più evocativa delle arti, indefinita e irrazionale, ma capace di cogliere il mistero della
natura e di caricarsi di una forza misteriosa ed evocativa.
La fusione di colori, profumi e suoni allude a una profonda unità della natura che si riflette in una
percezione sinestetica altrettanto unitaria e profonda. I diversi sensi (zone cerebrali), che di solito
rispondono e agiscono separati, agiscono simultaneamente.
La poetica del simbolismo si fonda sul valore della parola “ pura” che riporta a una realtà più
profonda. Per raggiungerla i simbolisti valorizzano alcune figure retoriche, ed in particolare la
sinestesia (che consiste, come abbiamo già visto, nell’associare in un unico nesso parole o immagini
riferite a differenti sfere sensoriali) o l’analogia (la messa in relazione di due o più cose distanti fra
loro nella realtà). Nello stesso tempo essi rinnovano la metrica e il ritmo dei versi per raggiungere
un’insolita musicalità.
Eugenio Montale
Sinestesia tra poesia e musica
L’ispirazione di Eugenio Montale alla musica di Claude Debussy, è evidente e fu esplicitata in
un’intervista da Montale stesso:
quando cominciai a scrivere le prime poesie degli “Ossi di seppia” avevo certo un’idea della
musica nuova e della nuova pittura. Avevo sentito i Minstrels di Debussy e nella prima edizione del
libro [Ossi di seppia]c’era una cosetta che si sforzava di rifarli
Nella raccolta Ossi di seppia, spiccano in particolare due poesie, Corno inglese e Minstrels,
quest’ultima porta lo stesso titolo di un preludio del musicista e compositore francese.
Il filo conduttore fra Claude ed Eugenio è la vicinanza di pensiero e la voglia di scardinare i principi
tradizionali di musica e poesia, alla ricerca di un’arte e di una composizione che possano esprimere
una gamma variegata di percezioni e colori.
Bibliografia:
Trattato di armonia, Arnold Schönberg;
L’inganno dei sensi. Storia della percezione sinestetica tra vista e tatto dall’antichità
all’arte del Cinquecento, Angelica Polverini;
Sitografia:
www.francescomorante.it
www.scienzainrete.it
www.ondiola.com
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www.bridgemanimages.com
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www.sassilive.it
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