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Con il termine “astrattismo” si indicano quelle correnti artistiche nate in Europa intorno al 1910 che
rifiutano le forme figurative tradizionali e la rappresentazione di oggetti. Alcuni astrattisti ritengono
di potere esprimere una nuova spiritualità attraverso il libero uso delle forme e del colore; altri
ricercano una perfezione e armonia ideali nella purezza delle linee e delle forme geometriche.
Nei movimenti artistici precedenti la realtà è deformata, manipolata, ricreata, ma non viene mai
completamente eliminata. L'Astrattismo invece rappresenta immagini estranee al mondo reale. Le
figure astratte non imitano la natura, sono pure invenzioni dell'artista. L'arte diventa sempre
più autonoma, elimina la "raffigurazione di un soggetto", diventa pura invenzione espressiva. Si
definisce quindi astratta o non-figurativa l'arte che non riproduce o rappresenta immagini
riconoscibili ma ne fa appunto astrazione.
Non necessariamente l'artista parte dalla realtà e ne astrae la forma. La mancanza di oggetti o temi
leggibili non significa mancanza di significato. I significati sono però solo espressi dalle linee, dalle
forme, dai colori. Come la musica può evocare sentimenti e pensieri senza riprodurre alcun dato
scientifico, la pittura non ha bisogno di imitare o rifarsi alla realtà.
Paul Klee: "L’arte non rappresenta il visibile, ma rende visibile ciò che non sempre lo è."
Per alcuni astrattisti l'arte astratta ha comunque un valore evocativo, emotivo, per altri invece si
tratta di eliminare il sentimento e trovare la forma assoluta.
Nel 1911 alcuni artisti, tra cui Kandinskij, Klee e Marc, fondano Il Cavaliere Azzurro, un gruppo
che diffuse le idee le tematiche dell'avanguardia. Il Cavaliere Azzurro mantenne un intenso rapporto
con Delaunay, che nello stesso periodo lavora in Francia con forme, colore e ritmi cromatici puri. I
pittori del gruppo sostenevano un'arte basata sull’interiorità: l'artista cerca, attraverso forme
semplificate e colori puri, una rappresentazione diversa rispetto a quella suggerita dal reale. Gli
artisti del Cavaliere azzurro erano attratti dalle forme spontanee ed essenziali dell'arte primitiva e
della libertà espressiva del mondo infantile, estraneo ad ogni regola compositiva.
In questo primo periodo la pittura di Kandinsky oscillò tra diverse tendenze: se i dipinti tra il 1900 e
il 1905 sono nettamente impressionisti, tra il 1905 e il 1908 paesaggi a forti colori, con pennellate
larghe e dense, che rivelano nell'intenso cromatismo l'accostamento ai fauves (conosciuti a Parigi
nel 1905), si alternano a opere intinte di una cadenza romantica, memori del folclore russo.
I paesaggi di Murnau sono le prime opere originali: le diverse versioni della Chiesa a Murnau e i
paesaggi alpini annunciano l'emancipazione dalla natura e le ricche armonie di colori delle
"Improvvisazioni". Con tale titolo Kandinsky indicò i quadri che traggono origine da un'emozione
interiore; con quello di "Composizioni" le pitture che si sviluppano da studi precedenti, nella cui
costruzione interviene la coscienza dell'artista.
Gli anni 1910-1914 furono i più fecondi di Kandinsky: gli oggetti perdono gradualmente
la loro realtà ottica e cedono a una realtà assoluta di forme e di colori. Nel 1912 egli pubblica uno
dei suoi più importanti libri riguardanti l’arte, Lo spirituale nell’arte.
Allo scoppio della guerra nel 1914 ritornò a Mosca, dove insegnò all'Accademia e ottenne, nel
1920, la fondazione dell'Accademia russa delle scienze e delle arti. Ritornato in Germania nel 1921,
entrò a far parte del gruppo della Bauhaus. Nel 1926 pubblicò il suo saggio più importante sulla
prassi della pittura astratta: Punto, linea e superficie.
Con l'avvento del nazismo si trasferì a Parigi, dove trascorse i suoi ultimi e dipinse i quadri del
cosiddetto periodo della "grande sintesi". Riemergono i ricordi della gioventù e i legami con
l'Oriente; con una ricchezza inventiva e un'esuberanza quasi barocca Kandinsky aggiunse sabbia al
colore, differenziò i piani ed elaborò intrecci che ricordano damascherie e stoffe preziose.
Le macchie rosse sono distribuite secondo una logica precisa e un equilibrio: una delle macchie si
trova al centro del dipinto e le altre le riecheggiano intorno a formare una sorta di ellisse,
distribuendosi in maniera equilibrata ed equidistante.
Come anche nell’Assunta di Tiziano, dove la figura della Vergine crea un triangolo con gli apostoli
che come lei indossano abiti di colore rosso, la disposizione dei rossi regge la composizione: gli
artisti quindi, sebbene non lavorino più in chiave figurativa o comunque naturalistica, compongono
gli elementi visivi sempre con attenzione ai pesi e agli equilibri di forme, colori e superfici,
spogliandosi dell’aspetto descrittivo delle cose.
La macchia rossa al centro è posta sulla facciata di una chiesa, al posto della croce. L’elemento
iconografico viene quindi sostituito con il colore, che diventa rappresentativo dell’importanza e
della simbolicità dell’edificio su cui è posto.
Anche se frutto di un’approfondita riflessione teorica, l'acquerello sembra eseguito di getto, senza
un progetto compositivo individuabile. Non è un caso che l’arte astratta “nasca” con un acquarello:
l'immediatezza, la libertà formale, la possibilità di creare forme “liquide”, che galleggiano nello
spazio, caratteri propri di questa tecnica, sono particolarmente congeniali all'espressione astratta.
Nonostante l'apparente caoticità della composizione si può cogliere un ritmo fatto di forme e colori
in dialogo tra loro.
Primo acquerello astratto è un trionfo di forme e colori, un universo in cui linee, macchie di colore,
ogni genere di forma non rappresentano altro che sé stessi: qui vigono solo ragioni di armonia
compositiva e di natura ritmica e cromatica, che determinano la struttura dell’opera.
Il quadro si può osservare partendo da un qualsiasi punto, ma ogni segno, ogni pennellata e ogni
colore hanno una loro funzione nel sollecitare sensazioni nello spettatore. Alcuni elementi
sembrano introdurre sulla superficie chiara un senso di profondità fluttuante e vagamente
stratificata, altri più piccoli emergono con forza attraverso un colore più intenso, e risultano più
corposi e attirano l'attenzione quasi a voler ancorare a sé la composizione, sottolineano in questo
secondo senso le due ampie pennellate gialle e la macchia rossa e le macchie blu, nella parte
centrale superiore; sembrano essere limitate nel loro espandersi da linee di colore rossastro.
Nel corso di tutto il secondo decennio del ‘900, prima di evolvere il proprio astrattismo verso uno
stile geometrico, Kandinskij sviluppò e indagò in profondità le straordinarie possibilità offerte dalla
sua intuizione geniale del 1910. Le opere di questo periodo alternano l’astrazione pura a immagini
in cui compaiono chiari ricordi del mondo reale, ma scaturiscono sempre da un'ispirazione libera,
poetica e sognante: per questo la critica ha parlato di un periodo “lirico” dell'astrattismo di
Kandinskij.
Le Composizioni
Nel 1896 Kandinsky si trasferì a Monaco di Baviera, dove sviluppò un nuovo linguaggio pittorico,
che lo aiutò a creare dipinti astratti in diverse serie. Come sappiamo, le influenze musicali furono
fondamentali per l’artista, che nello stesso anno, assistendo all’opera Lohengrin di Wagner, si rese
conto che il modo in cui la musica è in grado di provocare emozioni senza bisogno di contenuti
identificabili poteva essere esteso anche all’ambito pittorico. Per questo nel 1909 cominciò a
lavorare a una serie di tele che, attingendo alla terminologia musicale, chiamo Impressioni,
Improvvisazioni e Composizioni: spesso precedute da schizzi preparatori ad acquerello, nei quali
l’artista si allontanava gradualmente da motivi identificabili, lasciando solo qualche traccia di
rappresentazione.
Kandinsky considerava le Composizioni come il risultato della sua filosofia artistica. Esse
furono sin da subito molto controverse e gli spettatori rimasero completamente sconcertati, poiché
sembravano loro dipinti caotici, senza soggetto, struttura o forme riconoscibili; ma Kandinsky non
fu del tutto scontento di questa opinione. Egli spiegò la filosofia alla base del suo nuovo approccio
artistico in un trattato dal titolo Lo spirituale nell’arte del 1911.
Per questa serie di opere, inizialmente trasse ispirazione da soggetti religiosi come il Giardino
dell'Eden, il Diluvio ma soprattutto l'Apocalisse, descrivendo l’artista come un profeta e che
anticipa nei temi delle sue opere la distruzione e le follie della Prima Guerra Mondiale.
Composizione VI (1913)
Kandinskij dedicò sei mesi allo studio preparatorio per la Composizione VI, diluvio universale: il
punto di partenza dell'opera fu il dipinto su vetro Diluvio Universale di un anno precedente, ad oggi
perduto, di cui la tematica apocalittica rimase. Il soggetto del dipinto è quindi l’episodio biblico
che determinò una rinascita spirituale per l’umanità: il diluvio universale.
Se nel Diluvio Universale ancora sopravvivevano elementi figurativi e narrativi, come animali,
persone, piante, lampi e pioggia, qui ogni ricordo di mimetismo si perde in forme frantumate,
lunghe strisce, linee, forme scure e colori, rendendo il dipinto la prima opera astratta in senso
stretto della serie delle Composizioni nella quale «il motivo originario del quadro si dissolve e si
trasforma in un essenza interiore puramente pittorica, autonoma e oggettiva».
Così come l’artista ha fatto per l’elaborazione della sua opera, anche noi non dobbiamo cercare in
essa gli elementi esterni e descrittivi del diluvio universale ma gli elementi interni, ciò che
Kandinsky chiamava l'immagine interiore. L’immagine interiore del diluvio universale è quella di
una improvvisa catastrofe che arriva nella nostra vita e la sconvolge repentinamente. Questo
“trauma” lo troviamo in alto a sinistra dove i colori tendono al nero e le forme si distinguono
appena, questo è il diluvio che sta arrivando.
Il colore dominante qui è il nero, che Kandisky associava all'angoscia, egli, come la musica alle
note, affidava al colore possibilità emozionale della pittura: ogni colore ha uno specifico peso
emozionale, che nello Spirituale dell'arte verrà associato anche al suono di uno strumento musicale.
A proposito del nero che usa in questa parte disse: “il nero è qualcosa di spento come la cenere, è
qualcosa di immobile come un cadavere che non conosce gli eventi e lascia che tutto scivoli via da
sè, è come il silenzio del corpo dopo la morte”.
Subito dopo, avanza lento e morbido il marrone, colore ottuso e poco dinamico che risuona come
un impercettibile mormorio della terra, che alza la neve come le pause bianche che fanno da
contrappunto a queste linee curve che nel loro andamento obliquo spiraliforme, suggeriscono un
crescendo sempre più largo e uno spostamento anche verso il basso. La materia reagisce alla sua
distruzione ed esplode in una lotta furibonda che si scatena tra colori gialli: il giallo è una tinta
piena di energia centrifuga che tende ad espandersi, ma viene subito raffreddato dal blu che è un
colore freddo, e allora tutto acquista un accento malato. “Un malato che aggredisce la gente
all'improvviso, getta le cose per terra disperde inutilmente le sue energie in tutte le direzioni fino
all'esaurimento” e allora troviamo la grande lotta interiore che divampa in ciascuno di noi dopo il
trauma, che può essere di origine esterna ma che sempre viene vissuto interiormente e che nella
disperazione e nella rabbia ci farà precipitare, assistendo proprio ciò che Freud avrebbe chiamato la
risposta nevrotica al trauma. Esplodono il conflitto e la disperazione, e dopo questo crescendo la
sinfonia esplode in tre movimenti.
1. Il primo è al centro a sinistra ed è un'esplosione calda di gialli e di rossi, che però sfumano sia
nel colore che nella forma, il rosso sfuma verso il rosa e il giallo via via si sposta verso il
bianco, il blu si sposta verso l'azzurro; anche le forme non hanno più contorni e tutto è avvolto
come in un grande vapore acqueo, si crea un grande effetto di sospensione. A proposito di
questa graduale acquisizione di bianco da parte dei colori Kandinsky spiega: “il bianco lo
sentiamo come un suono molto simile alle pause musicali, è un silenzio che non è morto ma è
ricco di potenzialità; il bianco ha il suono di un nulla prima della nascita: è il silenzio della
fecondità di chi rinuncia a farsi sentire all'esterno per raggiungere nel profondo di sé le radici
della verità e della vita”.
Se il diluvio è la vita che si è fermata e si è spenta, come possiamo riaccenderla, da dove viene
il colore del mondo? Il miracolo della sua apertura avviene in questa parte bassa a destra, dove
avanzano lentamente ed inesorabilmente linee lunghe e solenni; qui la vita si accende la vita
grazie al desiderio, un desiderio di vivere. Il desiderio è un'onda solenne, che non teme l'urto
con le linee di bufera.
2. Il secondo movimento della sinfonia è largo, che si oppone diagonalmente all'irrompere del
diluvio della morte ed è il movimento oppositivo della vita. L'incontro con il desiderio è
disorientante, non ha un effetto di rassicurazione, perché significa incontrare se stessi che
significa, incontrare la parte peggiore di noi stessi, quello che di solito vorremmo evitare quello
che non vorremmo mai sapere e che facciamo di tutto perché ciò accada.
3. Kandinsky tutto questo ce lo racconta ed è il terzo movimento dell'opera: sono neri che si
inseriscono quasi a voler sovrapporre al canto del desiderio la loro presenza, ma proprio in
questo movimento Kandinsky buca il cielo, perché di ogni trauma rimane una cicatrice e
sono questi neri, che persistono che qua e là nella vita.
Vi è però la luce della resurrezione, che appare come uno strappo nella notte, ma il bianco della
resurrezione non neutralizza il nero: la via del colore del desiderio della vita non esclude mai
l'abisso della morte, il diluvio, perché è da quell'abisso che viene il colore del mondo. La
dimensione della resurrezione che Kandinsky ci mostra in quest'opera non è quella della luce
che trionfa dall'alto confinando l'ombra in un angolo e quella dei gialli, dei rosa, degli azzurri,
del bianco che incorporano il diluvio, dandogli una forma nuova. L'incanto della resurrezione
è lo stesso della creazione artistica, che eleva il dolore del trauma alla dignità sublime della
poesia.
Nel dipinto è evidente l’importanza dei cerchi che hanno un ruolo dominante. “Il cerchio – scrisse
Kandinskij – è la sintesi delle più grandi opposizioni. Esso combina il concentrico e l’eccentrico in
un’unica forma e nell’equilibrio. Delle tre forme primarie è quella che meglio e più chiaramente
indica la quarta dimensione”.
Alcuni autori hanno letto l’opera in chiave figurativa interpretando i cerchi come pianeti che
fluttuano nello spazio cosmico. Questa interpretazione è suggerita dalla natura cromatica della
composizione e dalla disposizione dei cerchi che sembrano sottoposti alle leggi della reciproca
attrazione gravitazionale.
Bauhaus e De Stijl
Nel 1919 l’architetto Walter Gropius è chiamato a
dirigere la scuola di Belle Arti di Weimar. La scuola
cambia poi nome, divenendo la Bauhaus, e si trasforma in
uno dei più importanti centri artistici del secolo. La scuola
abbandona ogni forma accademica superando anche la
frattura tra l’arte e la produzione industriale grazie a
nuovi criteri di progettazione che nobilitano l’oggetto di
serie. Gli artisti alla Bauhaus studiavano le caratteristiche
dei materiali, dei colori, delle forme geometriche e di
quelle naturali.
Tra i diversi laboratori tenuti alla Bauhaus dominava la ricerca di una coerenza tra la forma degli
oggetti e il loro uso, e le tecniche di produzione. In funzione proprio di questa ricerca i valori
estetici vengono messi da parte → razionalismo.
Nel 1925, dopo alcuni contrasti con le autorità e la crescente ostilità dell’opinione pubblica, la
Bauhaus si sposta a Dessau. Otto anni dopo, nel 1933, dopo essersi trasferita a Berlino, la scuola
venne chiusa per ordine del neocancelliere Adolf Hitler.
Molto importante nella storia della Bauhaus fu il De Stijl, movimento artistico fondato nei Paesi
Bassi conosciuto anche come Neoplasticismo.
Le teorie del Neoplasticismo ricercano la purezza della forma, che deve essere razionale per
rappresentare degnamente l'essenza delle cose. Anche i colori vanno accostati seguendo principi
di armonia, mettendo vicini i colori puri, cioè rosso, blu e giallo e quelli considerati non-colori, in
altre parole nero, bianco e grigio. Segno distintivo del Neoplasticismo è l'uso dell'angolo retto,
simbolo di un orientamento organizzato e di quiete, contro l'arte tradizionale, descritta dal gruppo
come morfo-plastica. Esprimendo la ricerca degli artisti per l’universale, poiché l’individuo stava
perdendo il suo significato, questo linguaggio austero doveva rivelare le leggi che governano
l’armonia del mondo. Gli artisti del De Stijl volgono la loro arte alla fusione ideale di forma e
funzione.
Nel 1914, trattenuto in Olanda, dove era tornato, dallo scoppio della guerra, continuò il processo di
semplificazione iniziato in Francia. Nel 1916 incontrò Theo Van Doesburg, insieme col quale
proseguì le ricerche sulla forma geometrica in quadri che sono composizioni sintetiche di rettangoli
e quadrati di colori spostati, distribuiti secondo le diagonali. Nel 1917 fondò con altri artisti il
gruppo De Stijl, collaborando attivamente alla rivista dallo stesso nome.
Attraverso le ricerche di quegli anni arrivò a rinunciare completamente a qualsiasi rapporto con
l'immagine fornita dalla natura giungendo, verso il 1920, alla forma definitiva del suo quadro, in cui
i rettangoli che dividono la superficie sono delimitati da sottili strisce nere e i colori usati sono tre
primari (rosso, azzurro, giallo) e tre non colori (nero, grigio, bianco).
Nel 1940, a New York, la sua pitture subì ancora un mutamento: i contorni lineari dei suoi riquadri
vennero sostituiti da strisce composte da una specie di mosaico di vari colori.
✽ Colore e illuminazione: Mondrian scelse di utilizzare una gamma cromatica limitata. Il tronco
è dipinto con un acceso colore rosso, che caratterizza anche il titolo, mentre il cielo e parte del
terreno sono colorati di blu. I rami filiformi e contorti sono tracciati con tratti neri e linee curve
che si originano dal tronco rosso. Inoltre, l’albero è lumeggiato in rosso arancio e giallo.
L’immagine non simula un’illuminazione naturale, ma le forme si evidenziano grazie al valore
timbrico dei colori che creano contrasti di chiarezza e intensità cromatica. Infatti il tronco, dal
colore rosso-arancio, crea un contrasto tra complementari con il fondo blu-azzurro. A terra,
invece, sotto l’albero, il suolo è coperto da foglie dello stesso colore del tronco. Lo sfondo è
privo di dettagli ambientali. Lo spazio circostante è completamente blu, di una tonalità tanto
intensa quanto irreale.
✽ Tecnica: Mondrian dipinse Albero rosso con impasti di colori ad olio applicati su tela.
✽ Spazio: Lo spazio diventa quasi bidimensionale: si intravede infatti una sottile linea che evoca
l'orizzonte in basso. Il cielo poi diventa un piano contro il quale si staglia l’albero.
Formalmente, Albero rosso pare infatti avere ancora una rappresentazione naturale. Il tronco e i
rami sono costruiti in modo reale ed è presente, ancora, una interpretazione emotiva delle forme
in chiave espressionista.
✽ Composizione e inquadratura: Albero Rosso presenta un’inquadratura orizzontale, che ricorda
quella tradizionalmente utilizzata per il paesaggio. La composizione è essenziale, con l’albero
dipinto al centro e perfettamente incorniciato dal rettangolo dell’immagine. La curva creata dal
tronco verso destra, domina la struttura compositiva e da essa si generano le curve dei rami.
Per comprendere l’opera, dobbiamo forse ascoltare le parole stesse dell’autore, che afferma in una
lettera ad Arnold Saalborn: «Il comune essere umano cerca la bellezza nella vita materiale, ma
l’artista non dovrebbe farlo. La sua creazione deve collocarsi ad un livello immateriale: quello
dell’intelletto». Sono due concetti che dobbiamo tenere in mente, quando contempliamo una delle
composizioni astratte di Mondrian, se vogliamo evitare di vedere sulla tela quello che non c’è e
confondere quel punto di arrivo con il percorso che l’artista ha dovuto compiere per arrivarvi.
Mondrian credeva che questo linguaggio visivo astratto potesse trasmettere l'equilibrio e l'armonia
universali che sono alla base di tutta la realtà. Vedeva la sua arte come un modo per rappresentare
l'essenza spirituale sottostante dell'universo, che credeva potesse essere espressa attraverso semplici
forme geometriche e colori primari.
Quest’opera aderisce perfettamente ai dogmi del neoplasticismo in pittura che, sotto l’ala
dell’astrattismo geometrico, assomigliava molto più ad un’operazione matematica piuttosto che
pittorica, basando la sua teoria sugli elementari della linea, del piano e dei colori primari.
L’autore dichiarò di essersi ispirato alla natura: “La natura mi ispira, mi mette in uno stato
emozionale che mi provoca un’urgenza di fare qualcosa. Voglio arrivare più vicino possibile alla
verità e astrarre ogni cosa da essa, fino a che non raggiungo le fondamenta. Credo sia possibile
che, attraverso linee orizzontali e verticali costruite con coscienza, guidate da un’alta intuizione, e
portate all’ armonia e al ritmo, queste forme basilari di bellezza, aiutate se necessario da altre
linee o curve, possano divenire opere d’arte, così forti quanto vere.”
Quest’opera si deve guardare con il proposito di trovarsi di fronte a un’idea, una ricerca estrema
dell’armonia teorizzata dal pittore. Dovrebbe essere osservata come si osserva un teorema
matematico o un assunto filosofico.
Per l’osservatore è inutile cercare di intravedere delle irregolarità tra le campiture; cercare di
dedurre qualcosa dello stato d’animo dell’artista da eventuali ondulazioni delle rette. Offenderemo
Mondrian, se lo facessimo. Mondrian non vuole rappresentare proprio nulla e certamente non il
proprio stato d’animo.
L’artista qui rappresenta elementi indispensabili e inseparabili. Il quadrato blu non è nient’altro che
un quadrato blu, così come le linee parallele e perpendicolari sulla tela che si rincorrono e si
scontrano formando un connubio tanto ingegnoso quanto euritmico. È come singole arie che
insieme danno vita a una grande opera sinfonica, come la scelta scrupolosa del lessico per la
composizione poetica. E ogni elemento si richiama all’altro in maniera del tutto univoca e
dipendente.
Dal 1909 dipinge la serie della città di Parigi e della Torre Eiffel, in cui l'interesse si spostò
gradualmente dalla scomposizione dei volumi, propria del cubismo analitico, alla scomposizione
del colore e allo studio del movimento.
Intorno al 1912 infatti Delaunay si allontanò dal cubismo e, insieme alla moglie Sonia, creò una
corrente detta orfismo → le scomposizioni del colore con i loro effetti di compenetrazione, di
simultaneità, di dinamismo, acquistano un valore autonomo, indipendente dagli oggetti
rappresentati = teoria artistica che considerava il quadro come un'organizzazione ritmica basata su
una scelta di piani colorati
"The colored planes are the structure of the picture, and nature is no longer a subject
for description but a pretext."